Movimento Studenti di Azione Cattolica · In autunno, quando ci sarà il referendum costituzionale,...
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Studenti informati,
cittadini protagonisti
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con il contributo di
Umberto Ronga*
*Avvocato, dottore di ricerca (PhD) in ‘Diritto pubblico e costituzionale’, consulente giuridico della Presidenza del Consiglio, collabora con il Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione.
INDICE
Introduzione pag 3
Parte 1: sulla strada di don Milani pag 6
Parte 2: la Costituzione e i referendum pag 9
Parte 3: il referendum costituzionale 2016 pag 15
Proposte di attività pag 30
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Per la Proposta dell’anno 2016 si ringraziano Michele Giovanardi,
Giovanni Mugnaini, Roberta Lancellotti e Silvia Malacarne.
Un grazie particolare a Umberto Ronga, per questa Scheda Formativa.
Introduzione
«Nessuno può esigere da noi che releghiamo la religione alla segreta intimità delle
persone, senza alcuna influenza sulla vita sociale e nazionale, senza preoccuparci
per la salute delle istituzioni della società civile, senza esprimersi sugli
avvenimenti che interessano i cittadini.
[…] Una fede autentica – che non è mai comoda e individualista – implica sempre
un profondo desiderio di cambiare il mondo, di trasmettere valori, di lasciare
qualcosa di migliore dopo il nostro passaggio sulla terra.
[…] Tutti i cristiani, anche i Pastori, sono chiamati a preoccuparsi della costruzione
di un mondo migliore. Di questo si tratta, perché il pensiero sociale della Chiesa è in
primo luogo positivo e propositivo, orienta un’azione trasformatrice, e in questo
senso non cessa di essere un segno di speranza che sgorga dal cuore pieno d’amore
di Gesù Cristo».
Papa Francesco, Evangelii Gaudium, 183
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Perché un’associazione di studenti riflette su un referendum, se solo 1/5 degli
studenti stessi potrà votare? In autunno, quando ci sarà il referendum costituzionale,
solo gli studenti più grandi avranno diritto di voto. Perché allora abbiamo dedicato
l’OktoberFest al referendum?
Perché il referendum riguarda la Costituzione italiana. E la Costituzione è il patto che
tiene insieme tutti i cittadini di uno Stato. Non solo: questo voto avrà effetti che
saranno significativi anche in futuro. Perciò ognuno di noi è coinvolto nel
referendum; ognuno ha il diritto e il dovere di formarsi un’opinione; ognuno può
animare il confronto con gli altri studenti, gli amici, gli adulti e le proprie comunità!
Con il referendum costituzionale, i cittadini italiani potranno confermare o
respingere le modifiche alla Costituzione approvate dal Parlamento su iniziativa
del governo. Parlando di referendum, qualcuno cercherà risposte semplici. A ognuno
di noi potrebbero chiedere: ma è meglio votare per il SÌ o per il NO? O anche:
l’Azione cattolica da che parte sta? Davanti a queste domande, due premesse e una
riflessione.
La prima premessa. Il referendum chiede ai cittadini di votare su un tema
specifico: la riforma della Costituzione. Non possiamo paragonare questo voto a
quello delle elezioni, quando siamo chiamati a scegliere tra vari partiti, con le loro
idee e i diversi candidati. La Costituzione è la “carta d’identità” del nostro Paese. La
maggioranza del Parlamento ha proposto di modificarla in diversi punti: sta a
ciascuno di noi conoscere queste modifiche, valutare se le riteniamo nel complesso
positive o negative, e formare così il nostro pensiero.
La seconda premessa. Anche se la scelta che chiede il referendum è semplice (la più
semplice possibile: SÌ o NO), la questione su cui si vota è complessa. Non nel
senso di difficile; ma nel senso che le modifiche alla Costituzione sono diverse, e
diverse anche le conseguenze. Una stessa persona potrebbe essere pienamente
favorevole ad alcune modifiche, e pienamente contraria ad altre. E allora? Allora,
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ognuno di noi ha la sua testa: bisogna provare a conoscere il meglio possibile la
riforma, per capire se le ragioni del SÌ ci sembrano più o meno valide di quelle del
NO. In questa OktoberFest cerchiamo di spiegare meglio che possiamo la riforma, e
andiamo a leggere direttamente i testi: ognuno potrà farsi la sua idea in modo
indipendente.
E infine, la riflessione. L’Azione cattolica sceglie di non schierarsi, come associazione,
per il SÌ o per il NO; e il Msac condivide pienamente questa scelta. Perché? Perché
le ragioni del SÌ e del NO sono entrambe legittime, e la nostra associazione non
vuole ingabbiare il discernimento di ogni persona. Schierarsi per il SÌ o per il NO,
come associazione, sarebbe come dare un indirizzo preciso ai tantissimi tesserati e
simpatizzanti dell’Ac. Invece l’Ac, che è un’associazione senza preferenze partitiche,
non prende posizione per l’uno o per l’altro fronte, ma si pone un obiettivo: quello
di invitare ogni persona a una riflessione consapevole, a scegliere con la
propria testa e in modo libero dalle semplificazioni. Più di ogni cosa, l’Ac vuole
«generare processi»1: processi di pensiero, di studio e di confronto, ascoltando anche
chi ha sensibilità e storie diverse dalla nostra! Questo, per l’Azione cattolica, è
prendersi cura del bene comune.
1 Qui l’articolo del Presidente nazionale Matteo Truffelli sul referendum: “L’Ac e il referendum, l’importanza di generare processi” http://azionecattolica.it/riforma-costituzionale/l%E2%80%99ac-e-il-referendum-l
%E2%80%99importanza-di-generare-processi
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L’Ac e, di conseguenza, il Msac, dunque, non indicheranno se votare per il SÌ o per il
NO. Ma ogni Msacchino e ogni socio di Ac è libero di costruire la propria idea, e di
sostenerla con passione in tutte le sedi possibili! Alcuni tra noi saranno per il SÌ, altri
per il NO. È il bello della democrazia e della libertà di pensiero. L’importante è
pensare con la propria testa, e non con gli slogan che troviamo sui social; e rispettare
sempre chi ha un’opinione differente dalla nostra.
Parte 1: sulla strada di don Milani
Questa scheda formativa si inserisce nel percorso formativo di riscoperta della figura
di don Milani e attualizzazione del suo insegnamento nello spirito del nostro tempo.
La scuola di don Milani è una scuola che non si può replicare.
Per la figura carismatica di don Milani a cui i ragazzi erano
tanto attaccati. E anche perché quei ragazzi erano quei ragazzi:
l’alternativa per loro erano le pecore e i campi. Non è possibile
pensare oggi a una scuola non istituzionalizzata. Per essere
strumento di uguaglianza una scuola deve essere necessariamente
istituzionalizzata.
È vero, oggi non esistono le condizioni per replicare la scuola di don Milani. Ma ciò
che possiamo fare è tentare di fare nostro lo spirito di questo grande uomo, Pastore e
maestro, al fine di promuovere processi positivi nei luoghi in cui la nostra vita si
svolge. In primis, la scuola.
Lorenzo Milani nasce nel 1923 a Firenze da famiglia di religione ebraica. Nel 1933 a
seguito delle leggi razziali, per non avere problemi di discriminazione i genitori di
Lorenzo Milani decisero di sposarsi con rito cattolico e battezzare il piccolo Lorenzo
Milani. Lorenzo in età adulta lo chiamò sempre il suo “battessimo fascista”. La vera
conversione al cristianesimo avvenne solo nel 1943 quando Lorenzo aveva 21 anni. I
convertiti sono sempre più radicali. Milani nel difficile contesto del dopoguerra
cercherà di vivere il Vangelo e la vicinanza ai poveri, agli ultimi, agli esclusi, in
maniera del tutto radicale e controtendenza rispetto alle posizioni della Chiesa del
tempo. Questo oggi lo rende un modello di riferimento per i cattolici socialmente
attivi ma al tempo gli causò non pochi problemi, tra cui l’”esilio” a Barbiana.
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Venne ordinato Sacerdote nel 1947 e fu subito spedito alla Parrocchia di San Donato
in Calenzano vicino a Firenze, dove avviò una Scuola Popolare, per dare ai poveri gli
strumenti per affrontare la novità dei cambiamenti del tempo. Non è forse quello che
dobbiamo cercare di fare anche noi come movimento?
La grande novità del tempo era la Costituzione.
Nel 1954 dopo uno screzio con la Curia fiorentina, don Milani viene spedito a
Barbiana minuscola frazione del Comune di Vicchio, sperduta tra i monti. Lì, con le
poche anime presenti, da vita a una scuola a tempo pieno, per dare un futuro
diverso a quei bambini che altrimenti avrebbero unicamente lavorato i campi.
In una mano il Vangelo, nell’altra la Costituzione: così i
giovani di Barbiana studiavano e analizzavano con spirito critico la realtà intorno a
loro, con particolare attenzione alle indagini sociali e statistiche, al confronto con gli
intellettuali del tempo, allo studio delle lingue, ai viaggi e all’esperienze dirette.
Don Milani ricorda nella Lettera ai Giudici del 1965 che l'Assemblea Costituente ci
ha invitati a dar posto nella scuola alla Carta Costituzionale «al fine di rendere
consapevole la nuova generazione delle raggiunte conquiste morali e sociali» (ordine
del giorno approvato all'unanimità nella seduta dell'11 Dicembre 1947). Si può dire
che ancora oggi i nostri Ministri dell’Istruzione non stiano del tutto accogliendo
questo invito fatto settant’anni fa! Nel frattempo, come Movimento possiamo dare il
nostro contributo promuovendo il dibattito e la formazione su queste tematiche nella
Scuola, in attesa di una risposta governativa più strutturata e diffusa, come richiesto
esplicitamente nel nostro “Manifesto della Buona Scuola” (Tema 3, Punto 3, p9).
La Costituzione era considerata dal Priore di Barbiana uno strumento fondamentale
per la difesa degli ultimi, i figli dei contadini semi-analfabeti ai quali egli voleva
fornire la cultura come mezzo per emanciparsi da una situazione di inferiorità
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economica e sociale; il Vangelo infatti vale solo per i credenti, ma la Costituzione –
quella – è obbligatorio rispettarla. L’idea era quella di una “Costituzione Viva”.
Una Costituzione che sarebbe diventata solo carta morta se non fosse stata in grado a
vivere nelle mani e nei piedi della gente impegnata concretamente a rimuovere quegli
ostacoli, quella disuguaglianza sociale, così meticolosamente analizzata e denunciata
da don Lorenzo.
Oggi il contesto è differente, esistono nuove disuguaglianze e nuovi rischi per la
nostra democrazia. Ma non per questo gli insegnamenti di don Lorenzo sono meno
validi e attuali. Di don Lorenzo possiamo rivivere la lotta alla disuguaglianza, che si
traduce, oggi più che mai, in una grande sfida educativa. Educare è un processo
comune: nessuno educa nessuno, gli uomini si educano insieme. In questo autunno
affronteremo un referendum costituzionale tramite il quale noi come cittadini ci
pronunceremo su una legge di revisione costituzionale che andrà a modificare una
parte consistente della nostra Costituzione. È nostro compito informarci e informare
sulle reali modifiche agli articoli della Costituzione e sui possibili effetti che questo
può avere sul nostro Paese, le nostre istituzioni, il nostro sistema politico. Come
farebbe don Lorenzo con i suoi ragazzi, dobbiamo essere in grado di formare una
nostra idea personale, con spirito critico, partendo dal testo della riforma e non da
opinioni e pareri preconfezionati. Anche se questo ci può costare più fatica, alla fine
ci darà tanta soddisfazione! E soprattutto alla fine del percorso saremo certi di aver
scelto consapevolmente, dopo esserci informati, quello che consideriamo il bene per
la collettività!
«Conoscere i ragazzi dei poveri e amare la politica è tutt’uno.
Non si può amare creature segnate da leggi ingiuste
e non volere leggi migliori.
[…] Il fine giusto è dedicarsi al prossimo. E in questo secolo
come vuole amare se non con la politica o con la scuola?
Siamo sovrani. Non è più tempo delle elemosine, ma delle scelte».
Lettera a una professoressa
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Parte 2: la Costituzione e i referendum
Tra novembre e dicembre, il popolo italiano sarà chiamato a esprimersi tramite
referendum sul disegno di legge costituzionale promosso da Maria Elena Boschi,
Ministra per le riforme costituzionali e per i rapporti con il Parlamento, con delega
all'attuazione del programma del Governo Renzi. I cittadini potranno votare SÌ o NO
alla riforma, che è già stata approvata dal Parlamento. Se vince il SÌ la riforma verrà
confermata e andrà a modificare una parte consistente della costituzione. Le
modifiche saranno applicate a partire dalla prossima legislatura, ovvero quando la
Camera dei Deputati e il Senato saranno sciolti e ci saranno nuove elezioni.
Ma andiamo con ordine. Che cos’è una Costituzione? Come si fa a modificarla? Si
può fare? Chi la modifica? Perché il referendum? Perché il popolo deve votare sulla
riforma costituzionale?
1. La Costituzione è la legge fondamentale dello Stato.
Questo dal punto di vista del contenuto significa che la Costituzione è il complesso di
regole fondamentali che rendono possibile la vita all’interno di una società.
Concretamente vuol dire due cose: la Costituzione deve garantire i diritti
fondamentali e ci deve parlare dell’organizzazione dello Stato, ovvero ci deve dire
come i vari poteri devono essere divisi fra i vari organi all’interno dello Stato.
Dal punto di vista della forma, la Costituzione è la fonte del diritto superiore a
tutte le altre. Questo significa che tutte le altre leggi e norme le sono subordinate e
devono conformarsi a essa. Nessuna legge può essere in contraddizione con quello
che è scritto nella Costituzione!
Oggi noi diamo per scontata la Costituzione, quasi come fosse sempre esistita, ma
non è così. La Costituzione è una conquista moderna. La più vecchia fra le
Costituzioni di questo tipo è la Costituzione degli Stati Uniti, completata nel 1787 e
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in vigore dal 1789. Seguono a ruota la Costituzione polacca (3 maggio 1791) e la
Costituzione francese approvata il 3 settembre 1791, come previsto dalla
Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789. La nostra Costituzione
italiana è stata approvata dall'Assemblea Costituente “solo” il 22 dicembre 1947 ed
entrò in vigore il 1º gennaio 1948.
Dicevamo che la Costituzione è la legge fondamentale, ma è anche molto di più.
Infatti, di leggi fondamentali ne sono sempre esistite fin dal XVII secolo, ma il
costituzionalismo moderno che si afferma nel XX secolo ha una marcia in più: la
Costituzione è superiore perché deriva dalla volontà del popolo e perché esistono
organi di garanzia autonomi che hanno il potere di farla rispettare, come la Corte
costituzionale della Repubblica Italiana.
Riassumendo la Costituzione è sempre espressione della sovranità popolare che essa
stessa garantisce; contiene la separazione dei poteri (esecutivo, legislativo,
giudiziario); tutela i diritti fondamentali e sancisce la propria superiorità giuridica
come legge suprema a cui tutte le altre leggi si devono conformare. Se non ci sono
questi elementi, non parliamo di Costituzione.
Come “si fa” una Costituzione?
Il popolo è l'unico detentore del potere costituente. Il potere costituente è un potere
di fatto che viene riconosciuto a posteriori, cioè prima che, nella vita di uno Stato
entrino in gioco gli altri poteri (esecutivo, legislativo, giudiziario). Il potere
costituente, dunque, viene prima del potere giuridico: è la volontà politica originaria
di far nascere un nuovo patto sociale. Non è un potere legale, non è disciplinato
da nessuna parte. Quando la costituzione entra in vigore parliamo di potere
costituito e allora entra in gioco la disciplina giuridica.
Concretamente, per fare da zero una Costituzione bisogna:
• definire un organo straordinario “ad hoc” che assuma funzioni di governo
provvisorio
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• definire le regole dell'elezione dell'Assemblea Costituente (l’organo a cui si dà
il compito di scrivere la Costituzione. In Italia, fu attiva tra il 1946 e il 1948)
• elaborare e approvare la Costituzione
• eventualmente ratificare con referendum
2. Si può modificare una Costituzione? Come?
Ogni Costituzione dispone al suo interno delle procedure di modifica e revisione
della Costituzione stessa.
Una Costituzione può autodefinirsi immodificabile? Ci sono stati dei casi nella storia,
come ad esempio lo Statuto Albertino (4 Marzo 1848). Giuridicamente è lecito farlo,
ma il potere costituente del popolo è sempre presente, esiste al di fuori dalla sfera
legale, e può esprimersi in qualsiasi momento. Un altro esempio è la costituzione
francese del 1793 che si dichiarava immodificabile. L'anno successivo vi fu un
avvicendamento al potere e nel 1795 venne scritta una nuova Costituzione.
In generale quindi le Costituzioni si possono modificare. Esistono Costituzioni rigide,
ovvero difficili da modificare, e Costituzioni flessibili, più facilmente modificabili.
Le Costituzioni si dicono rigide quando hanno procedure aggravate per la loro
modifica. “Procedure aggravate” significa che se ad esempio per approvare una
normale legge basta la maggioranza del 50% dei votanti, per approvare una legge di
revisione costituzione ci vuole una maggioranza più grande, ad esempio 60% o 75%
dei votanti (tutte le maggioranze superiori alla maggioranza semplice del 50% dei
votanti sono chiamate maggioranze qualificate). Oppure ci possono essere altre
misure che rendono l'iter di approvazione più lungo e difficile. In questo senso si
parla di “procedure aggravate”: procedure che rendono più “difficile” la modifica
della Costituzione. È una garanzia che ogni qualvolta si modifichi la Costituzione ci
sia il consenso dalla larga maggioranza dei rappresentanti politici.
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Considerando queste caratteristiche possiamo ottenere una scala delle costituzioni,
dalle più flessibili (più facili da modificare) alle più rigide (più difficili da
modificare).
Tra le Costituzioni più rigide abbiamo Germania, Stati Uniti, Svizzera, Giappone, che
richiedono maggioranze maggiori ai 2/3 (66%) per la modifica della Costituzione. I
2/3 sono richiesti in Austria, Belgio, Lussemburgo, Portogallo, Spagna, Norvegia.
Leggermente più flessibili Francia, Svezia, Danimarca, Grecia, Irlanda. Molto flessibili
sono Islanda, Israele, Nuova Zelanda, Regno Unito, Paesi in cui basta una
maggioranza semplice per modificare la costituzione, la stessa maggioranza che serve
per approvare tutte le altre leggi ordinarie.
E l'Italia dove si posiziona? È facile o difficile modificare la nostra Costituzione?
La procedura di revisione costituzionale in Italia è sancita dall'Articolo 138 della
Costituzione:
«Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate
da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre
mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera
nella seconda votazione.
Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla
loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o
cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum
non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione
da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti».
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In Italia, come possiamo leggere dall'art.138 cost, per modificare la Costituzione
abbiamo due opzioni. In tutte e due i casi la legge di revisione costituzionale va
approvata da Camera dei Deputati e Senato due volte, a distanza di almeno tre mesi
tra una votazione e l'altra. Se nella seconda votazione (sia nella Camera che nel
Senato) la legge ottiene i 2/3 dei voti dei componenti, allora si può considerare
approvata. Altrimenti se ottiene solo il 50% dei voti dei componenti, essa si ritiene
comunque approvata dal Parlamento ma deve essere sottoposta a referendum
popolare per la conferma definitiva [questo è il caso in cui ci troviamo noi oggi!].
Se non ottiene neanche il 50% viene automaticamente bocciata senza nessun
referendum.
L'Italia si posiziona quindi in una categoria intermedia tra costituzioni totalmente
flessibili e costituzioni rigide. Infatti esistono meccanismi per rendere la modifica
della Costituzione più difficile. Ma in realtà basta una maggioranza del 50% dei
componenti di Camera e Senato per fare passare la legge in Parlamento e poi si
rimette tutto nelle mani del popolo con il referendum confermativo.
NB: al referendum confermativo non è richiesto un quorum, ovvero una quota
minima di votanti per rendere li referendum valido. Quindi se in tutta Italia
votassero 10 persone e di questi 6 votassero SÌ e 4 No, la legge sarebbe approvata
con li voto favorevole di 6 persone!
Focus: come funzionano i referendum in Italia
In Italia il popolo è chiamato ad esprimersi direttamente solo in due casi: il primo
caso lo abbiamo visto ed è il referendum confermativo per le leggi di revisione
costituzionale qualora non si riesca a raggiungere in Parlamento la maggioranza
qualificata di due terzi. Il secondo caso è quello del referendum abrogativo,
regolato dall'Articolo 75 della Costituzione. Con questo referendum si può eliminare
totalmente una legge oppure eliminare solo una parte di essa.
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Questo tipo di referendum è vietato per alcune materie: ratifica dei trattati
internazionali, amnistia e indulto, materie tributarie e di bilancio. In Italia, quindi,
non sarebbe possibile un referendum su una questione come quella della
BREXIT nel Regno Unito, in cui il popolo si è pronunciato su trattati internazionali.
Il referendum abrogativo può essere richiesto da 500mila elettori oppure da 5
Consigli regionali e si ritiene approvato con il voto favorevole del 50%+1 di tutti gli
aventi diritto al voto (esiste quindi un quorum partecipativo).
Anche l'Articolo 75 viene modificato nella legge di revisione costituzionale del
Governo Renzi. In particolare si aggiunge una regola per cui se il referendum
abrogativo è proposto da 800mila elettori (anziché 500mila), allora basta il voto
favorevole del 50%+1 di quelli che hanno votato alle ultime elezioni per la Camera
dei Deputati (mentre prima ci voleva il 50%+1 di tutti gli aventi diritto al voto: il
quorum partecipativo si abbasserebbe in modo significativo).
NB: in Italia il popolo si può esprimere solo nei due casi sopra descritti, ovvero su
una disegno di riforma costituzionale oppure per eliminare una legge o parte di essa.
Il popolo non può in alcun modo esprimersi per modificare una parte di una
legge esistente o approvare una nuova legge! In Italia si parla di “iniziativa
popolare” quando il popolo propone una legge. La propone ma non la vota! Ci
vogliono 50mila elettori per proporre una legge al Parlamento (vengono definite
“LIP”: Leggi di Iniziativa Popolare); ma poi sta al Parlamento stesso decidere se
considerarla, porla all'ordine del giorno e votarla. Nella maggior parte dei casi il
Parlamento non lo fa (è stato così, ad esempio, per una LIP sulla scuola che era stata
promossa nel 2006).
L'Articolo 71 della Costituzione ci dice a chi spetta l'iniziativa delle leggi, e anche
questo articolo è profondamente modificato con la legge di revisione Costituzionale su
cui il popolo si esprimerà nel prossimo autunno. Il nuovo Art. 71 prevede l'aumento
a 150mila del numero di elettori necessari per l'iniziativa di legge popolare
(attualmente sono 50mila) ma allo stesso tempo garantisce la discussione e votazione
della legge in Parlamento in tempi certi. Quindi una soglia di elettori più alta per
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proporre una legge popolare (da 50mila a 150mila = il triplo) ma con la garanzia che
la legge venga discussa in tempi certi e non finisca nel dimenticatoio, come oggi
avviene nella maggior parte dei casi. Inoltre il nuovo Art. 71, prevede due nuove
tipologie di consultazione popolare: il referendum propositivo e referendum
d'indirizzo, ma non specifica le modalità dei due nuovi referendum e lascia alle
Camere il compito di approvare una legge che specifichi le modalità di attuazione di
questo articolo costituzionale.
Parte 3: il referendum costituzionale 2016
Abbiamo visto che cos'è una Costituzione, da dove origina, che la nostra Costituzione
si può modificare con procedure più complesse rispetto a una legge ordinaria ma
meno rigide rispetto ad altri Paesi. Abbiamo anche capito perché ci sarà un
referendum confermativo e come questi strumenti verranno modificati se la riforma
dovesse essere confermata.
Ora possiamo passare in esame i punti salienti della riforma.
Il primo dovere di un bravo Msacchino è quello di non accontentarsi di pareri
preconfezionati, di seconda mano, ma di creare una propria opinione critica e
informata partendo dai testi, proprio nello spirito della scuola di don Lorenzo Milani.
Allora, forza! Costituzione in mano! Partiamo dall'inizio e arriviamo alla fine e
vediamo che succede. A questo link potete trovare la Costituzione con a fronte i
nuovi articoli e le nuove modifiche introdotte dalla legge di revisione costituzionale:
http://documenti.camera.it/Leg17/Dossier/Pdf/ac0500N.Pdf
Il titolo della legge costituzionale che stiamo esaminando è "Disposizioni per il
superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il
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contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e
la revisione del titolo V della parte II della Costituzione".
Il titolo contiene il cuore della riforma, che va a modificare 47 dei 139 articoli della
nostra Carta costituzionale (anche se alcuni sono modificati solo in conseguenza
dell'abolizione delle province e del bicameralismo perfetto).
Superamento del bicameralismo paritario.
Il bicameralismo paritario significa che ci sono due Camere, la Camera dei Deputati e
il Senato della Repubblica, che fanno le stesse identiche cose, ovvero sono “alla
pari”, paritarie. Le leggi devono essere approvate allo stesso modo da tutte e due le
Camere e gli elettori eleggono i componenti di tutte e due le Camere. Questo lo
indica la nostra Costituzione. Con la riforma Costituzionale si vuole superare questa
situazione, dando alle due Camere organi e funzioni differenti. Vi saranno alcune
materie su cui entrambe le Camere si dovranno pronunciare ma in linea generale le
leggi saranno approvate solo dalla Camera dei Deputati.
Riduzione del numero dei parlamentari
Il numero dei senatori sarà ridotto da 321 (315 + 6 senatori a vita) a 100 (95 + 5
senatori a vita). I senatori non saranno più eletti direttamente dai cittadini ma
saranno scelti tra i membri dei Consigli regionali e tra i Sindaci dei Comuni italiani.
I senatori non riceveranno altro denaro – indennità parlamentare - per il nuovo
incarico rispetto a quello guadagnato come Sindaci o Consiglieri. In questo senso si
parla di contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni. Il mandato da
senatore coincide con quello da sindaco o consigliere. Questo significa che il nuovo
senato sarà un organo in continuo rinnovamento.
Soppressione del CNEL
Viene soppresso il CNEL, Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, previsto
dall'Articolo 99 della Costituzione e abrogato interamente dalla riforma costituzionale.
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Revisione del Titolo V della parte II della Costituzione
Il Titolo V della Costituzione, che va dall'articolo 114 al 133, ci parla di Regioni,
Province e Comuni, ed è già stato oggetto in passato di revisione costituzionale.
Con la riforma vengono soppresse le Provincie (art 114, cost) e viene introdotto il
cosiddetto “regionalismo differenziato” con la modifica dell'art 116, cost. Per
regionalismo differenziato si intende che le Regioni potranno prendere accordi con
lo Stato per acquisire nuove forme di autonomia su alcune materie. Quindi, a
seconda degli accordi che le Regioni stipuleranno con lo Stato, ogni Regione, su certe
materie, potrà avere gradi di autonomia differente rispetto alle altre regioni. In
questo senso si crea un “regionalismo differenziato”. Le materie su cui questi accordi
possono essere presi sono limitate. Questi accordi vanno ratificati da entrambe le
Camere e possono essere presi solo se la Regione ha, nel bilancio, un rapporto tra
entrate e uscite equilibrato (cioè se non ha grossi debiti).
Viene modificato anche l'articolo 117 della costituzione che definisce il riparto di
competenze tra lo Stato e le Regioni, ovvero in quali materie solo lo Stato può
legiferare in maniera esclusiva e in quali invece anche le regioni hanno autonomia
legislativa.
Viene introdotta la possibilità di scioglimento anticipato del Consiglio regionale
con decreto del Presidente della Repubblica, previo parere del Senato della
Repubblica (art 126, cost).
Questi sono i punti principali anticipati dal titolo della legge di revisione
costituzionale. Ma che altro c'è? Partiamo dall'inizio cercando di tralasciare i punti
che abbiamo già trattato e vediamo che altro ha da dirci questa riforma.
Di seguito tutti gli articoli modificati.
Art 48: eliminata l'elezione diretta del Senato. I cittadini eleggono direttamente
solo la Camera dei Deputati, mentre per il Senato è prevista una “elezione indiretta”:
i Senatori sono scelti tra i Consiglieri regionali e i Sindaci dei Comuni italiani.
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Art 55: la legge elettorale deve prevedere un equilibrio di genere uomo/donna fra
gli eletti. La Camera dei Deputati rappresenta la nazione mentre il Senato
rappresenta le autonomie territoriali.
Le funzioni del nuovo Senato sono:
• Raccordo tra Stato ed enti territoriali
• Funzione legislativa, solo nelle materie specifiche previste dalla Costituzione
• Raccordo tra Stato e Unione Europea
• Formazione e attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea
• Valuta le politiche pubbliche e l’attività della pubblica amministrazione
• Valuta l’impatto delle politiche europee sui territori
• Esprime pareri sulle nomine di competenza del Governo nei casi previsti dalla
legge
• Verifica l’attuazione delle leggi dello Stato
Art 57: vengono eletti 95 senatori che rappresentano le autonomie territoriali
(regioni e comuni) a cui si aggiungono 5 senatori a vita scelti dal Presidente della
Repubblica. Province autonome di Trento e Bolzano eleggono un senatore per ogni
Comune. Nessuna regione può avere meno di due Senatori. Anche Trento e Bolzano
ne hanno due a testa. Il numero di senatori per ciascuna regione dipende dalla
popolazione della regione stessa. Il mandato dei senatori coincide col loro mandato
nelle istituzioni locali e regionali, ovvero il Senato si rinnova continuamente. Le
regole per la scelta dei senatori verranno decise con una legge approvata dalle due
Camere.
Art 58: abrogato.
Art 59: Senatori a vita son in carica per sette anni e non possono essere rinnovati.
Art 60: eliminato riferimento al Senato. La Camera dura cinque anni.
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Art 61: eliminati riferimenti al Senato.
Art 62: eliminati riferimenti al Senato.
Art 63: i regolamenti stabiliscono eventuali incompatibilità dei senatori con l'elezione
a cariche negli organi del Senato come la Presidenza del Senato.
Art 64: i regolamenti delle Camera garantiscono i diritti delle minoranze
parlamentari. Il regolamento della Camera disciplina lo statuto delle opposizioni
(che dovrà essere scritto una volta confermata la riforma).
Art 67: viene modificato nella forma l'articolo che afferma che tutti i membri del
Parlamento rappresentano la nazione. Invece, come scritto in precedenza, solo i
membri della Camera rappresentano la nazione. Quelli del Senato
rappresentano il territorio. Rimane invariato per tutti il principio dell'assenza del
vincolo di mandato.
Art 69: indennità parlamentare solo per i membri della Camera. I membri del
Senato non ricevono indennità o altro denaro rispetto a quello che incassano come
consiglieri o sindaci. Questo vale anche per i Senatori a vita che non sono pagati,
cioè non ricevono indennità, per il loro ruolo da senatori.
Art 70: ci parla della funzione legislativa. Ci dice in quali casi le leggi richiedono
l'approvazione di tutte e due le Camere (Camera dei Deputati e Senato della
Repubblica). In tutti gli altri casi basta l'approvazione della Camera dei Deputati.
Vengono anche elencate le procedure e le possibilità di emendamento da parte del
Senato.
Il Senato svolge la funzione legislativa (con la Camera) solo nei seguenti casi:
• Leggi di revisione costituzionale e leggi costituzionali
• Leggi di attuazione costituzionale riguardanti le minoranze linguistiche
• Referendum popolari e proposte di legge di iniziativa popolare
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• Leggi che determinano l’ordinamento
• Legge elettorale
• Legge su organi di governo
• Funzioni fondamentali dei Comuni e Città metropolitane
• Disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni
• Legge che stabilisce norme generali
• Forme e termini di partecipazione dell’Italia all’Unione Europea
• Leggi che determinano casi di ineleggibilità e di incompatibilità con il ruolo di
senatore
• Per tutti gli altri articoli che prevedono espressamente un’approvazione anche del
Senato (57, 80, 114, 116, 117, 119, 120, 122, 132).
NB: tutti gli altri disegni di legge approvati dalla Camera dei Deputati (fuori
dall’elenco qua sopra) devono comunque passare al Senato che entro 10 giorni, su
richiesta di un terzo dei suoi componenti, può decidere di esaminarlo. Nei successivi
30 giorni il Senato può proporre modifiche sulle quali la Camera dei Deputati si
pronuncia in via definitiva. Comunque in sostanza, su tutte le questioni fuori
dall’elenco qua sopra, alla fine decide solo la Camera dei Deputati.
Art 71: il Senato può richiedere la discussione di un disegno di legge alla Camera dei
Deputati. La Camera si deve pronunciare sulla proposta di legge entro 6 mesi. Anche
il popolo può proporre una legge raccogliendo 150mila firme. La discussione e la
delibera sulle proposte di legge di iniziativa popolare sono garantite in tempi
certi. Per favorire la partecipazione dei cittadini vengono inseriti nuovi referendum
popolari: referendum propositivi e d'indirizzo. Come questi concretamente
avverranno lo decideranno le Camere, con leggi approvate congiuntamente.
Art 72: vengono definite le procedure abbreviate per la discussione e l'approvazione
delle leggi. Molto viene rimandato ai regolamenti di ciascuna Camera.
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Art 73: viene introdotto il controllo preventivo di costituzionalità per le leggi
elettorali che servono a eleggere i membri della Camera dei Deputati e del Senato. Se
lo richiedono 1/4 dei componenti della Camera dei Deputati o 1/3 dei componenti
del Senato entro 10 giorni dalla pubblicazione della legge, la legge può essere spedita
alla Corte Costituzionale che giudica, entro 30 giorni, se essa è conforme alla
Costituzione o meno. Nel caso in cui la Corte costituzionale dichiari la legge
illegittima, la legge non può essere promulgata.
Art 74: qualora il presidente della Repubblica richieda una nuova deliberazione sulla
conversione in legge di un decreto legge (ovvero quei decreti emanati dal Governo in
condizioni d'urgenza), la Camera ha altri 30 giorni per convertire il decreto legge.
Art 75: nei referendum abrogativi la legge si ritiene abrogata con il 50%+1 degli
aventi diritto al voto se la proposta di referendum è presentata da 500mila elttori o 5
Consigli regionali. Nel caso in cui la proposta di referendum sia presentata da
800mila elettori allora basta la maggioranza di quelli che hanno votato alle ultime
elezioni per la Camera dei Deputati.
Art 77: i cossiddetti decreti leggi, o decreti provvisori aventi forza di legge, sono
decreti d'urgenza che vengono emanati dal Governo saltando l'iter ordinario delle
leggi. Vengono quindi pubblicati senza nessuna discussione o emendamento
parlamentare, ma devono essere convertiti dalla Camera dei Deputati entro 60 giorni.
O nel caso in cui il Presidente della Repubblica richieda una nuova deliberazione,
entro 90 giorni. L'articolo specifica i casi in cui la decretazione d'urgenza può essere
applicata.
Art 78: è solo la Camera dei Deputati che delibera lo stato di guerra e conferisce al
Governo i poteri necessari votando a maggioranza assoluta (50% +1 dei membri della
Camera).
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Art 80: le leggi che autorizzano la ratifica dei trattati relativi alla permanenza
dell'Italia all'Unione Europea sono approvate da entrambe le Camere.
Art 82: Camera può disporre di inchieste su materie di pubblico interesse. Anche il
Senato può farlo ma solo su materie riguardanti le autonomie locali.
Art 83: elezione del Presidente della Repubblica. In prima, seconda e terza votazione
ci vogliono 2/3. In quarta, quinta e sesta votazione i 3/5 dell'Assemblea. In settima
votazione basta la maggioranza dei 3/5 dei votanti.
Art 85: il Presidente della Repubblica è in carica sette anni (invariato). 30 giorni
prima che scada il termine, il Presidente della Camera dei Deputati convoca le
Camere in seduta comune per eleggere un nuovo PdR. Se li Presidente della Camera
è impegnato a svolgere le funzioni del Presidente della Repubblica è il Presidente del
Senato a convocare le Camere in seduta comune e a presiedere.
Art 86: le funzioni del Presidente della Repubblica in caso lui non possa adempirle
sono esercitate dal Presidente della Camera dei Deputati. A oggi in questi casi sono
esercitate dal Presidente del Senato. Inoltre in caso di impedimento permanente o
morte del Presidente della Repubblica è il Presidente del Senato a convocare le
Camere entro 15 giorni per eleggerne uno nuovo.
Art 87: parla delle funzioni del Presidente della Repubblica. Se ne aggiunge solo
una: ratifica dei trattati relativi alla permanenza dell'Italia nell'Unione Europea, dopo
la votazione delle due Camere.
Art 88: il Presidente della Repubblica può sciogliere solo la Camera dei Deputati. A
oggi le può sciogliere tutte e due.
Art 94: nell’ordinamento italiano il Governo, potere esecutivo che da l’indirizzo
politico al Paese, viene nominato dal Presidente della Repubblica. Il Governo è
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composto dal Presidente del Consiglio dei Ministri (detto anche Primo Ministro) e da
tutti i ministri. Questo organo essendo nominato deve poi chiedere la fiducia al
Parlamento eletto dai cittadini, che può accettare o respingere il Governo proposto.
A oggi il Governo deve chiedere la fiducia alle due Camere (Camera dei Deputati e
Senato). Con la riforma di questo articolo dovrà chiedere la fiducia solo alla Camera
dei Deputati.
Art 96: se il Presidente del Consiglio dei Ministri o i ministri commettono reati,
anche se cessati dalla carica, occorre chiede un’autorizzazione al Senato o alla
Camera dei Deputati perché siano processati. Con la riformo questa autorizzazione la
può dare solo la Camera dei Deputati.
Art 97: viene aggiunto un principio di trasparenza nella pubblica amministrazione.
Art 99: è l’articolo che parla del CNEL, Consiglio nazionale dell’economia e del
lavoro. Questo articolo viene abrogato interamente e con esso questo organo.
Art 114: vengono eliminate le Province. La Repubblica italiana si organizza solo in
Comuni, città metropolitane e Regioni.
Art 116: come sopra anticipato viene sancita la possibilità delle Regioni di prendere
accordi con lo Stato per avere più autonomia su alcune materie che sono elencate nel
terzo comma dell’articolo. È il cosiddetto regionalismo differenziato.
Art 117: ci dice che le leggi dello Stato e delle Regioni devono uniformarsi alla
Costituzione e, con la riforma, si specifica che devono anche conformarsi
all’ordinamento dell’Unione Europea (poco cambia nella sostanza perché a oggi è
scritto “ordinamento comunitario”)
Questo articolo è importante perché elenca tutti i casi in cui lo Stato ha legislazione
esclusiva, ovvero solo lui può fare leggi in quelle materie, le Regioni non possono.
Le materie che vengono aggiunte dalla riforma sono le seguenti:
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• Campo assicurativo, di promozione della concorrenza
• Coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario
• Procedimento amministrativo e disciplina giuridica del lavoro nelle
amministrazioni pubbliche cercando una uniformità a livello nazionale
• Disposizioni comuni sulla tutela della salute, politiche sociali e per la sicurezza
alimentare
• Disposizioni comuni sull’istruzione e ordinamento scolastico, università e
ricerca scientifica e tecnologica
• Sicurezza del lavoro, politiche attive del lavoro, disposizioni comuni su
formazione professionale
• Disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni
• Commercio con l’estero
• Coordinamento infrastrutture e piattaforme informatiche
• Valorizzazione beni culturali e paesaggistici, ordinamento sportivo, disposizioni
generali su attività culturali e turismo
• Ordinamento delle professioni e della comunicazione
• Disposizioni generali e comuni sul governo del territorio, coordinamento della
protezione civile
• Produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia
• Grandi reti di trasporto e navigazione d’interesse nazionale, porti e aeroporti
civili di interesse nazionale e internazionali
Con la riforma viene abrogato il comma che elencava tutti i casi di legislazione
concorrente, ovvero quei casi in cui sia Stato che Regioni possono legiferare.
Vengono aggiunte allo stesso tempo tutti i casi in cui è la Regione ad avere potestà
legislativa, in cui cioè tocca a lei fare le leggi. Vi è potestà legislativa regionale
per le seguenti materie:
- Rappresentanza delle minoranze linguistiche
- Mobilità sul territorio regionale
- Organizzazione del servizio sanitario e sociale
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- Promozione dello sviluppo economico
- Organizzazione regionale dei servizi alle imprese e formazione professionale
- Promozione del diritto allo studio, anche universitario
- Promozione beni ambientali, culturali, paesaggistici
- Valorizzazione e organizzazione regionale del turismo
- Coordinamento obiettivi locali e regionali di finanza pubblica
NB: la Regione può legiferare anche in tutti quei casi in cui lo Stato non ha
competenza esclusiva che sono i casi elencati sopra nell’articolo 117. D’altro canto,
viene aggiunta con questa riforma la possibilità per il Governo di intervenire in
materie non riservate alla sua legislazione esclusiva quando sia necessario per
l’interesse nazionale.
Riassumendo: in questo articolo 117 vengono elencate le materie su cui può
legiferare solo lo Stato. In tutte le altre materie posso legiferare anche le Regioni. Si
definiscono inoltre le materie in cui le Regioni hanno potestà legislativa. Ma si dice
anche che in casi straordinari, se fosse necessario per l’interesse nazionale, lo Stato
(tramite l’azione del Governo) può legiferare anche su materie di competenza
regionale.
Art 118: viene ribadito il principio di semplificazione e trasparenza
nell’amministrazione pubblica, secondo criteri di efficienza e responsabilità degli
amministratori.
Art 119: si parla delle risorse economiche per gli enti locali. Si aggiunge che la legge
dello Stato deve definire indicatori di costo e fabbisogno che promuovano condizioni
di efficienza.
Art 120: Il Governo in casi di grave crisi enunciati nell’articolo può sostituirsi agli
organi dei Comuni, Città metropolitane e Regioni. La riforma su questo punto
aggiunge soltanto che il Governo, prima di operare la sostituzione, deve avere il
parere del Senato.
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Con la riforma viene anche aggiunto che la legge stabilisce i casi di esclusione dei
titolari degli organi di governo regionali e locali quando sia stato accertato lo
stato di grave dissesto finanziario dell’ente.
Art 122: con la riforma la Costituzione indica che la legge dovrà regolare gli stipendi
dei politici eletti a livello regionale (emolumenti consiglieri regionali) e in ogni
caso non potranno prendere una cifra superiore a quella dei sindaci dei Comuni
capoluogo di Regione. La legge dovrà anche promuovere l’equilibrio tra donne e
uomini nella rappresentanza.
Art 126: il Consiglio regionale può essere sciolto e il Presidente della Giunta rimosso
per ragioni di sicurezza nazionale. Con la riforma questo deve avvenire previo parere
del Senato. Ad oggi questo avviene sentita una Commissione speciale per le questioni
regionali formata da deputati e senatori.
Art 133: abrogato il primo comma che si riferisce alle Province che la riforma vuole
eliminare. Lasciato invariato il secondo comma.
Art 134: aggiunto un comma finale sulla Corte costituzionale che deve giudicare la
legittimità delle leggi elettorali per la Camera dei Deputati e del Senato ai sensi
dell’articolo 73, ovvero entro 30 giorni dalla richiesta di parere che deve intervenire
entro 10 giorni dall’approvazione della legge elettorale (controllo preventivo di
costituzionalità).
Art 135: nomina dei 15 giudici della Corte costituzionale. Ad oggi 5 sono eletti
dal Presidente della Repubblica, 5 dalle supreme magistrature (Consiglio di Stato,
Corte dei Conti, Corte d Cassazione) e 5 dal Parlamento in seduta comune. Con la
riforma saranno eletti così: 5 dal Presidente della Repubblica, 5 dalle supreme
magistrature, 3 dalla Camera dei Deputati e 2 dal Senato della Repubblica.
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Vengono modificati con questa legge di revisione costituzionale alcune leggi
costituzionali (l.cost 11 marzo 1953, n.1 / l.cost 16 gennaio 1989, n.1 / 22 nov
1967, n.2 ) che prendono atto del nuovo ruolo della Camera dei Deputati come unica
Camera che rappresenta la Nazione.
Facciamo un breve riassunto di quanto visto finora:
• Cambiano le funzioni delle due Camere: si supera il bicameralismo perfetto o
paritario
• Cambia la composizione del Senato: il numero dei Senatori è ridotto da 321 a
100
• La Camera dei Deputati rappresenta la Nazione ed è eletta direttamente dai
cittadini
• Il Senato della Repubblica rappresenta le autonomie territoriali e i senatori sono
scelti tra i Consiglieri regionali e i Sindaci
• Vengono garantiti i diritti delle minoranze parlamentari: la riforma prevede la
scrittura di uno statuto delle opposizioni e l’obbligo di partecipare ai lavori
parlamentari
• Indennità parlamentare solo ai membri della Camera dei Deputati, i senatori
rimangono col loro stipendio da Consiglieri regionali o Sindaci
• La funzione legislativa si differenzia in due tipologie: bicamerale e
monocamerale. Ci sono casi in cui le due Camere decidono insieme. Nel resto dei
casi decide la Camera dei Deputati. Inoltre, su proposta del Governo, la legge dello
Stato può intervenire su materie non riservate alla sua legislazione esclusiva, come
materie di competenza regionale, per la realizzazione di programmi o riforma di
interesse nazionale. È la cosiddetta clausola di supremazia
• Viene introdotto il controllo preventivo di costituzionalità sulle leggi elettorali
• Per i decreti legge (provvedimenti urgenti) si restringe da 60 a 30 giorni il tempo
che il Presidente della Repubblica ha per decidere se rinviare o meno una legge alla
Camera. Se la legge viene nuovamente approvata deve essere per forza promulgata,
come succede anche oggi
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• Viene abbassato il quorum per il referendum abrogativo se la richiesta viene
avanzata da 800mila elettori anziché 500mila (maggioranza dei votanti alle ultime
elezioni per la Camera anziché maggioranza degli aventi diritto al voto)
• Vengono introdotti i referendum propositivi e di indirizzo
• Per quanto riguarda la decretazione d’urgenza la riforma prevede scadenze
specifiche per le varie fasi dell’iter al fine di garantire il rispetto dei termini di
conversione
• Stato di guerra, amnistia e indulto vengono deliberati solo dalla Camera con
maggiorane qualificate. Alla leggi di ratifica dei trattati internazionali partecipa
anche il Senato
• Nuovi quorum per l’elezione del Presidente della Repubblica
• Il PdR può sciogliere solo la Camera dei Deputati, unica camera a cui il Governo
ha un rapporto di fiducia
• Viene soppresso il CNEL
• Si inseriscono principi di trasparenza nell’amministrazione pubblica
• Revisione del titolo V: cancellate le provincie, affermazione del regionalismo
differenziato, nuovo riparto di competenze tra Stato e Regioni, ridefinizione
dell’autonomia degli enti territoriali, potere sostitutivo del Governo che può
sostituirsi agli enti locali in grave crisi, limiti agli stipendi dei Consiglieri
regionali (al massimo possono prendere quello che prende il Sindaco del capoluogo
di regione), scioglimento anticipato del Consiglio regionale per ragioni di
sicurezza nazionale
• 5 giudici della Corte costituzionale invece che essere eletti tutti e 5 dal
Parlamento in seduta comune sono eletti 3 dalla Camera e 2 dal Senato.
Visti e considerati tutti questi elementi sta a noi Msacchini informarci e riflettere con
spirito critico sulle ragioni del SÌ e le ragioni del NO. È evidente che all’indomani
del referendum il panorama istituzionale e politico e italiano non sarà lo stesso. Per
questo è importante operare una scelta responsabile e lungimirante.
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L’invito è quello di fare informazione nelle scuole ma non solo! Anche i più grandi
hanno bisogno dei nostri stimoli! L’informazione deve sfondare i muri delle nostre
scuole e aprirsi alla cittadinanza. Troppo spesso ci lasciamo trascinare da facili slogan
e opinioni riciclate da qualche talk show o da qualche post su Facebook. Facciamo lo
sforzo di informarci e approfondire. Ci costa un po’ più di tempo forse. Ma neanche
tanto.
Il compito è quello di metterci davanti a ciascun articolo, ciascuna modifica, e
riflettere su quale sia la nostra opinione, cosa ne pensiamo. Gli effetti di alcune
modifiche ci potranno rimanere oscuri o complessi, non esitate a domandare a chi è
più esperto! Piano piano, step by step, ci possiamo fare un’idea sempre più globale e
precisa. Ma soprattutto a seguito del nostro lavoro di ricerca e approfondimento, il
confronto con gli altri sarà più vero, sui contenuti e non su discorsi campati per aria.
Proprio nello stile di don Milani!
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Proposte di attività
Come strutturare una OktoberFest dedicata al referendum costituzionale?
Vi proponiamo alcune possibili attività.
Si possono mescolare, fare tutte insieme, o suddividere anche in più incontri…una
OktoberFest a tappe? Perché no. Tutto può essere utile per arrivare preparati al
referendum costituzionale. L’importante è che il cuore delle nostre proposte sia
sempre nelle scuole, per animare con i Punti d’Incontro la vita degli istituti di tutta
Italia!
1. Approfondimento sulla parte 2 (La Costituzione e i referendum)
Per discutere in modo consapevole del referendum, è importante conoscere di cosa
stiamo parlando. Nel Capitolo 2 di questa scheda formativa definiamo bene tre temi:
- Che cos’è una Costituzione
- Come si modifica una Costituzione (e, nello specifico, come si modifica la
Costituzione italiana)
- Come funziona lo strumento del referendum in Italia
Non è detto che tutti siano informati su queste nozioni. Per esempio, chi non studia
“Diritto” potrebbe essere svantaggiato. Nel nostro OktoberFest possiamo cominciare
da qui, magari con un’attività di tipo laboratoriale: ci dividiamo in tre gruppi (o un
multiplo di tre, se siamo in tanti), e prepariamo dei materiali per auto-formarci sui
temi. Per esempio, potremmo predisporre dei quiz sulle questioni più tecniche (per
esempio, domande come: “Esiste un quorum per il referendum confermativo?”;
oppure: “Quanti parlamentari devono votare le modifiche alla Costituzione italiana,
perché venga approvata senza referendum?”); oppure gli Msacchini che studiano
“Diritto” potrebbero preparare delle brevi presentazioni per gli altri studenti. Questa
parte è un po’ nozionistica, ma possiamo renderla interessante se utilizziamo un
metodo coinvolgente. Meglio non affidare questa parte a un intervento frontale:
rischierebbe di annoiarci, mentre è più divertente riflettere su questi temi in modo
condiviso!
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2. Le modifiche alla Costituzione: presentazione tecnica
Come abbiamo visto, le modifiche alla Costituzione sono tante (ben 47 articoli su
139). Possiamo prevedere nella nostra OktoberFest un momento di spiegazione
“tecnica”: un ospite super partes, cioè che non si sia schierato pubblicamente per il
SÌ o per il NO, può intervenire per spiegare cosa cambia nella riforma. Potrebbe
essere un prof. di diritto, uno studente universitario di Giurisprudenza o Scienze
Politiche, o chiunque si intenda di Costituzione. Se ve la sentite, potreste essere voi
stessi Msacchini a presentare in modo tecnico le modifiche alla Costituzione introdotte
dalla riforma: occorre però studiare molto bene il Capitolo 3 di questa scheda
formativa.
In ogni caso, per questa modalità c’è bisogno di un’attenzione: chi espone deve farlo
in modo oggettivo, spiegando tecnicamente le modifiche senza dare giudizi di
opinione. Una sola voce, infatti, non può essere dibattuta: non è giusto presentare
agli studenti il pensiero di chi sostiene uno dei due fronti, e potrebbe descrivere la
riforma – anche nei suoi aspetti tecnici – in modo da influenzare i pareri a favore
del SÌ o del NO.
3. Dibattito: SÌ o NO?
Nella scheda formativa presentiamo volutamente le modifiche alla Costituzione in
modo neutro, senza commentarne i possibili effetti. Ma è chiaro che ogni
cambiamento comporta delle conseguenze: per i sostenitori del SÌ, l’insieme delle
modifiche alla Costituzione genera un vantaggio per l’Italia; per i sostenitori del NO,
l’insieme delle modifiche ha invece un effetto negativo. Per ragionare sulle
conseguenze, è utile confrontarsi con chi difende pubblicamente l’una e l’altra
posizione. Il tema è molto ampio, per cui vi consigliamo di indirizzare bene gli
ospiti. Magari potete preparare un’intervista, che potrà essere condotta dai Segretari.
Se ritenete, potete dare un tempo limite alle risposte degli ospiti, anche preparando
un simpatico timer che scorre sullo schermo.
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4. La nuova Costituzione, articolo per articolo
Possiamo sfruttare l’utile strumento messo a disposizione sul sito della Camera dei
Deputati: un file che propone il testo della Costituzione con a fronte le modifiche
introdotte dalla riforma Renzi-Boschi:
http://documenti.camera.it/Leg17/Dossier/Pdf/ac0500N.Pdf.
Gli articoli modificati sono tanti, ben 47: potremmo dividerci in gruppetti e studiarli
tutti! Poi, quando ci riuniamo in plenaria, ciascuno potrebbe riferire agli altri sugli
articoli di cui si è occupato il suo gruppo. Una modalità interessante per imparare
tutti, scambiandoci dei contenuti tra noi.
Se tutti gli articoli sono troppi, possiamo fare una scelta: individuiamo magari gli
articoli che introducono le modifiche principali (vedi inizio del Capitolo 3 di questa
scheda formativa) e dividiamoceli.
Potremmo anche fare questo ulteriore lavoro: a ogni gruppo che si occupa di un
certo tema (es.: superamento del bicameralismo perfetto, composizione del nuovo
Senato, abolizione delle province, regionalismo differenziato…) vengono forniti due o
più articoli, comunque in numero pari tra favorevoli e contrari alla modifica. Così,
oltre alla fase di studio, è possibile maturare delle prime opinioni.
5. Variante delle attività 2/3/4: dibattito tra Msacchini con il parere di un
tecnico
Una possibilità interessante potrebbe essere un incrocio delle soluzioni 2,3 e 4.
Gli Msacchini si formano sulle modifiche introdotte dalla riforma, e formulano
insieme delle motivazioni favorevoli al SÌ, e delle perplessità che inducono a votare
NO. Potremmo fare una sorta di “processo”: un gruppo di Msacchini sostiene il SÌ,
un altro gruppo il NO; oppure, tutti lavorano sui temi definiti e individuano sia
elementi positivi che negativi. Alla fine, le riflessioni sono portate a un tecnico (il
prof. di diritto, o studente ecc. di cui parlavamo sopra…). Con lui approfondiremo le
effettive perplessità e gli elementi di bontà delle singole modifiche costituzionali.
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6. Ho letto sul giornale…
In questa modalità partiamo da articoli di giornale. Possiamo selezionare una serie di
editoriali dai maggiori quotidiani o dai siti più competenti. Bisognerà specificare bene
ai ragazzi se quel quotidiano/sito (o anche il singolo giornalista che scrive) ha una
posizione schierata per il SÌ o per il NO. Dagli articoli di giornale possiamo
ricostruire il dibattito, cercando di mettere in luce gli elementi fondamentali della
riforma.
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