Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

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MOTORI A BUSTIONE INTER

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Giancarlo Ferrari

MOTORI

A

COMBUSTIONE INTERNA

W i n u v v i f

e d i z io n i il capitello t o r i n o

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Progetto grafico e copertina: Mario Tenna

Realizzazione editoriale:

ediText,’J s erv iz i red a z io n a li r p e r l'ed itoria.

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Montaggi e incisioni:Oddi Fotoincisione - Torino

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1- edizione: Marzo 19922- edizione ampliata e corretta : Settembre 1996

Ristampa

5 4 3 2 1 2000 1999 1998 1997 1996

© Edizioni «Il Capitello»Via Sagra San Michele, 27 - 10139 Torino

In copertina:Formazione e sviluppo del fronte di fiamma in un motore ad accensione comandata (particolare della Tavola 30 a p.655).

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Prefazione

Il libro raccoglie gli appunti delle lezioni tenute presso il Politecnico, nell’ambito del corso di «Motori a combustione interna» per allievi ingegneri meccanici. Dopo due decenni sostituisce la dispensa, che inizialmente ha avuto il merito di fornire agli allievi un aiuto nella preparazione dell'esame. Col passare del tempo essa ha finito però per offrirmi un alibi, per rinviare l’impegno di dare una veste più organica e dignitosa ad una materia in rapida evoluzione.

Il corso presuppone una buona conoscenza dei principi fisici su cui si basa il funzionamento dei motori, quale è quella garantita dal corso di macchine, attraverso un’analisi critica dei cicli termodinamici e delle curve caratteristiche che ne sintetizzano le prestazioni. Esso può quindi approfondire i processi termofluidodinamici nei motori: ossia le interazione tra i fluidi interessati (aria, combustibile, refrige­rante, ecc.) e gli organi della macchina, con i quali hanno scambi di energia principalmente in forma meccanica e termica. Concentrato così l’interesse sui problemi energetici, si è scelto di tralasciare i temi ugualmente importanti per il buon funzionamento di un motore, che investono gli aspetti più propriamente meccanici e costruttivi. Questi ultimi sono infatti coperti da altri corsi di base e specialistici tenuti al Politecnico.

La mia più viva gratitudine va a tutti Coloro che mi hanno fornito suggerimenti, dati e materiale illustrativo, così come ai lettori che mi vorranno segnalare le inevitabili mancanze. Un particolare ringrazia­mento all'Editore, cui spetta il merito della chiarezza e dell’eleganza della presentazione tipografica.

L’autore

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Simboli e abbreviazioni

simbolo titolo unità

a Velocità del suono m/sa Indice in relazione esponenzialea p Accelerazione del pistone m/s2A Area di una data superficie o sezione m2A eq Area equivalente di luce passaggio fluido m24 Area della sezione trasversale del cilindro m2A4>4 Anticipo Apertura valvola d’Aspirazione 0

AAL Anticipo Apertura luce di Lavaggio o

AAS Anticipo Apertura valvola di Scarico 0

b Larghezza di un elemento mb Perimetro bagnato di una sezione mb Braccio di una coppia m

c ConcentrazioneCsc Consumo specifico di combustbile g/kWhCse Consumo specifico di energiaC P Calore specifico a pressione costante kJ/(kg-K)Cv Calore specifico a volume costante kJ/(kg-K)c Coefficiente di proporzionalitàc Corsa del pistone mmc Coefficiente di efflusso0, Coefficiente di efflusso, misura delle sole

perdite fluidodinamicheCs Coefficiente di swirl

d Diametro di sezione circolare mmd, Diametro foro iniettore (¿ITId' Diametro goccia di combustibile (im4 Diametro medio di Sauter |a.m

Diametro minimo fungo valvola mmD Alesaggio: diametro del cilindro mmDa Numero di Damkòhler

e Energia interna per unità di massa kJ/kgE Energia interna del sistema kJK Energia di attivazione kJ/mole

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E Modulo elastico MPa

f Coefficiente di attrito/ Frequenza Hz

fc Frequenza del ciclo Hzfo Frequenza propria di un sistema HzF Forza NF Funzione

g Accelerazione di gravità 9,81 m/s2g Gioco tra due elementi accoppiati |j.mG Grandezza generica

h Altezza, alzata valvola mh Coefficiente di scambio termico W(m2-K)h Entalpia per unità di massa kJ/kgH /C Rapporto tra numero di atomi

di idrogeno e di carbonioH1 Potere calorifico inferiore del combustibile MJ/kg

i Indice del generico elemento di un insieme1 Momento d’inerzia m4I Funzione integrale modello detonazioneICB Istante iniezione combustibile O

k Rapporto tra i calori specifici cp/cvk Conduttività acustica mk Energia cinetica turbolenta J/kgK Rapporto adimensionale costanteKe Costante elastica N/mK Rapporto corsa/alesaggio

l Lavoro per unità di massa kJ/kgIn Logaritmo naturale (in base e = 2,718282...)log Logaritmo decimale (in base 10)L Lunghezza caratteristica mk Lunghezza della biella mL Lavoro globale JL e Lavoro utile effettivo JL Lavoro indicato J4 Lavoro del ciclo di sostituzione fluido J

m Indice in relazione esponenzialem Massa del sistema kg

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m Portata in massa kg/sm Parametro di raffreddamento m 1M Momento di una coppia N mM Numero di Mach

n Velocità di rotazione giri/s«m Velocità di rotazione giri/minn Indice politropica o esponenzialen Ennesimo elemento di un insiemeN Numero degli elementi di un insiemeNC Numero di cetanoNO Numero di ottanoNu Numero di Nusselt

V Passo: distanza tra due elementi in successione mP Pressione PaPa Pressione ambiente o di alimentazione PaPo Pressione all’uscita dal compressore PaPoi Pressione nel cilindro motore PaPm Pressione mandata gruppo sovralimentazione PaPme Pressione media effettiva PaPm i Pressione media indicata PaP, Pressione residui in camera combustione PaP Potenza kW<P Velocità di preparazione della miscela kg/°Pe Potenza utile effettiva kWP Potenza indicata kWP r Numero di PrandtlPMI Punto morto inferiorePMS Punto morto superiore

q Calore per unità di area kJ/m2Calore per unità di massa kJ/kg

q Flusso di calore per unità di area kW/m2

ì Flusso di calore per unità di massa kW/kgQ Quantità di calore kJQ Potenza termica kW

r Rapporto volumetrico di compressioneR Raggio di una circonferenza mR m Raggio di manovella mR Costante equazione di stato dei gas kJ/kg KR, Ricchezza relativa della miscela

Velocità di reazione del combustibile kg/°

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Re Numero di ReynoldsRCA Ritardo Chiusura valvola d’Aspirazione o

RCL Ritardo Chiusura luce di Lavaggio o

RCS Ritardo Chiusura valvola di Scarico o

s Spessore, larghezza sede valvola mms Spazio percorso mmSp Spostamento del pistone dal PMS mm

Area della sezione trasversale m2S Entropia del sistema kJ/K

t Tempo sT Temperatura °KT Periodo del ciclo sTa Numero di Taylor

u Velocità m/s

MPVelocità istantanea del pistone m/s

“ p Velocità media del pistone m/su? Intensità di turbolenza m/s

V Volume specifico m3/kgV Velocità assoluta m/sV Cilindrata: massima variazione volume di lavoro mm3V Volume della camera di combustione mm3y \ Volume del cilindro al PMI (V^ = V + Vc) mm3y t Cilindrata totale del motore mm3V Volume totale di lavoro istantaneo mm3V Portata in volume m3/s

XV Velocità relativaVelocità di reazione

We Numero di Weber

X Variabile indipendenteX, y, z Coordinate spaziali mX Frazione adimensionale o indice esponenziale

Frazione in massa bruciata

y Coefficiente adimensionaley Rapporto H /C del combustibile

z Quota geodetica mz Indice in relazione esponenziale

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le tte rag re c a

tito lo u n ità

a Rapporto in massa: aria/combustibile«s Rapporto di miscela stechiometrico

P Angolo o

P Coefficiente di energia pulsante. Frazione che brucia in fase premiscelata

\r Coefficiente area di passaggio valvola a fungo

5 Spessore m8 Coefficiente di correzione della densitàA Variazione di una grandezza

e Numero di giri per cicloe Rapidità di dissipazione dell’energia cinetica

turbolenta W/kg£ Emissività relativa a quella del corpo nero

c Fattore di efficienza del turbocompressore? Coefficiente di compattezza scambiatore m2/m3

1 a Efficienza di un'alettaì l a c Rendimento adiabatico del compressoreT ic Rendimento globale del compressore'Hg Rendimento globale del motore■Hi Rendimento indicato del motoreTlo Rendimento organico del motoreTI, Rendimento globale della turbinan,c Rendimento globale del turbocompressore

e Angolo di rotazione della manovella 0

0 , Durata angolare del lavaggio o

er Angolo di ritardo 0

es Durata angolare dello scarico o

x Conducibilità termica W/(m-K)A Indice d ’eccesso d’aria (a / a s)

Coefficiente di lavaggioK Coefficiente di trattenimentoX Coefficiente di riempimentoX Coefficiente di riempimento del compressoreA

8

Rapporto raggio di manovella / lunghezza biella (Rm/ L b)

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le tte rag re c a

tito lo u n ità

Viscosità dinamica N-s/m2V Massa molecolare

V Viscosità cinematica m2/s

% Coefficiente di perdita o di maggiorazione

7t Lunghezza circonferenza/diametro (= 3,14159...)Efficienza nella trasmissione di energia

P Densità: massa dell’unità di volume kg/m3

a Tensione superficiale N/ma Porosità di un condotto foratoa Rapporto tra superfici o sezioniI Simbolo di sommatoria

X Tempo caratteristico s\ Ritardo d’accensione s

<P Coefficiente riduzione portata pulsante9 Grado di avanzamento reazioni di autoaccensione$ Rapporto di equivalenza (as / a)

Funzione di flusso comprimibileFattore di comprimibilità

X Diffusività termica m2/s

¥ Rapporto tra masse nel processo di lavaggio¥ Coefficiente lavoro di aspirazione

co Velocità angolare rad/s®o Pulsazione propria di un sistema rad/s

in d ic e s ig n ific a to

0 Condizioni di ristagno della corrente1 Riferito alla sezione 1 (iniziale)2 Riferito alla sezione 2 (minima)3 Riferito alla sezione 3 (indisturbata a valle)a Riferito all’ariaa Ambiente, aspirazione

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c Ciclo di lavoroc Cilindro della macchinae Effettivoa Riferito al gasg Goccia di combustibilei Indicato da trasduttorein IniezioneI Condizioni limiteI Riferito al liquidom Media sul ciclom MeccanicoP Relativo al pistone o al pompantes Condizioni stechiometriches Spillo iniettoret Condizioni teorichet Relativo alla tubazioneu UtileV VaporeV Riferito al volume

apice significatoo Condizioni fissate dalle norme/ Riferito alle condizioni ideali* Riferito alle condizioni soniche

segnomatematico

significato

_ Grandezza media nel tempo* Diverso da= Coincidente con

Approssimativamente uguale a~ Proporzionale a< Minore di> Maggiore di« Molto più piccolo di» Molto più grande di< Minore o uguale a> Maggiore o uguale a

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Indice

1 .Caratteristiche dei motori acombustioneinterna

2.Alimentazionearianel motore a quattro tempi

Prefazione ................................................................................. 3Simboli e abbreviazioni ............................................................ 4

1.1 Classificazione dei motori .................................... ............ 211.2 Campi di impiego ......................................................... ....231.3 Parametri caratteristici ................................................. ....28

1.3.1 Grandezze geometriche e cinematiche ................291.3.2 Coppia e potenza effettive ................................. ....321.3.3 Grandezze indicate ............................................ ..... 341.3.4 Rendimento organico .......................................... ....351.3.5 Consumo specifico di combustibile........................361.3.6 Coefficiente di riempimento ....................................371.3.7 Relazioni tra i parametri caratteristici ....................38

1.4 Prestazioni dei motori .......................................................401.4.1 Curve caratteristiche ............................. ...............401.4.2 Accoppiamento del motore all’utilizzatore ............431.4.3 Superfici tridimensionali e piani quotati ............. ....48

Bibliografia ................................................................................. ....51

2.1 Alimentazione aria nei motori ..... ...................................522.2 Analisi semplificata del processo in un motore

a quattro tempi ............................................................. ....532.3 Determinazione del coefficiente di riempimento ............582.4 Effetti quasi-stazionari ................................................. ....59

2.4.1 Riscaldamento della carica fre sca ..................... ....602.4.2 Resistenze fluidodinamiche................................ ....61

2.5 Condizioni di flusso attreverso le valvole ........................632.5.1 Sezione di passaggio ......................................... ....642.5.2 Coefficiente di efflusso........................................ ....662.5.3 Alzata massima della valvola ............................. ....702.5.4 Geometria del gruppo condotto-valvola ................712.5.5 Diagramma della distribuzione .......................... ....80

2.6 Influenza dell’apporto di combustibile ......................... ....872.6.1 Effetto del rapporto aria/combustibile ....................872.6.2 Calore latente di vaporizzazione ............................88

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2.6.3 Influenza del sistema di alimentazionedel combustibile ................................................. 89

2.7 Effetti di alcuni altri parametri motoristici .................... 902.7.1 Temperatura dell’aria ambiente ......................... 902.7.2 Temperatura del refrigerante ............................. 912.7.3 Rapporti geometrici caratteristici del motore . 92

Bibliografia ................................................................................. 95

3.Alimentazionearianel motore a due tempi

3.1 II processo di lavaggio ................................................. 973.2 Disposizione delle luci ................................................. 1013.3 Coefficienti globali caratterizzanti il lavaggio ............. 1053.4 Coefficiente di e fflusso................................................. 1093.5 Analisi sperimentale del processo di lavaggio............ 113

3.5.1 Prove su motori al banco .................................... 1133.5.2 Rilievi su modelli ................................................. 1143.5.3 Risultati sperimentali ........................................... 118Progetto dei gruppi di lavaggio e scarico .................... 1203.6.1 Area geometrica delle luci ................................. 1203.6.2 Dettagli nei disegni di luci e condotti ................. 1233.6.3 Ottimizzazione delle fasature............................. 127Scelta del coefficiente di lavaggio ............................... 129Compressori usati come pompe di lavaggio............... 131

Bibliografia ..... ............................................................................ 140

3.6

3.73.8

4 t 4.1 Funzioni dei sistemi di aspirazione e scarico ............. ..142e '-tpm i 4,2 Condizioni di moto del fluidi ......................................... ..143blSiemi 4 3 Effetti dinamici in un motore a quattro tempi ............. ..146di aspirazione 4 .3.1 Effetto inerzia le.................................................... ..146e Scarico 4.3.2 Effetti d’o n d a ........................................................ ..150

4.4 Effetti dinamici in un due tempi ve loce ..........................1544.4.1 Dimensionamento della camera di espansione . 1564.4.2 Sistemi a geometria variabile

con il regime del motore ......................................1594.5 Modelli per il calcolo dei flussi

in aspirazione e scarico ..................................................1614.6 Modelli del tipo «filling and emptying» ..........................1624.7 Modelli gasdinamici.........................................................165

4.7.1 Modelli monodimensionali ................................. ..1654.7.2 Modelli multidimenslonall......................................169

Bibliografia ................................................................................. ..171

5, 5.1 Definizioni e scopi 1735.2 Classificazione dei sistemi 176

La . 5.3 La turbosovralimentazlone 179sovraiirnen- 5 .3.1 Energia posseduta dai gas di scarico 179tazione 5.3.2 Sistema a pressione costante 181

5.3.3 Sistema ad impulsi 1855.3.4 Convertitori di impulsi 189

5.4 Sovralimentazione del motore a quattro tempi 1915.5 Sovralimentazione del motore a due tempi 196

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5.6 II raffreddamento della carica .........................................2005.7 Accoppiamento del sovralimentatore al motore ......... ..205

5.7.1 Parametri di portata e di velocitàdelle macchine ......................................................205

5.7.2 Compressore comandato meccanicamente ..... ..2065.7.3 Turbocompressore azionato

dai gas di scarico ................................................ ..2105.8 Modelli per il calcolo del turbocompressore .............. ..212

5.8.1 Temperatura all’ingresso in turbina .................. ..2135.8.2 Calcoli semplificati di tipo semi-empirico .......... ..2155.8.3 Modelli gasdinamici ............................................ ..219

5.9 Risposta al transitorio di un motore sovralimentato ... 2225.10 Motori per propulsione stradale .....................................2245.11 Effetti della sovralimentazione sulle sollecitazioni

meccaniche e termiche e sulle emissioni ..2275.12 Sovralimentazione ad onde di pressione: il Comprex . 230Bibliografia ................................................................................. 232

6.1 Esigenze dei motori a combustione interna..................234f'nm hnctih ili 6 2 Combustibili attualmente utilizzati .................................236L-omDUSlipill 6 3 Aria necessaria per la combustione ............................ ..241per motori 6.4 Potere calorifico ............................................................ ..246

6.5 Resistenza alla detonazione ........................................ ..2486.6 Accendibilità ................................................................. ..2556.7 Volatilità ......................................................................... ..2586.8 Specifiche relative alla composizione ......................... ..260Bibliografia ................................................................................. ..262

7.Alimentazione combustibile nel motore Otto

7.1 Esigenze del motore a ciclo Otto ..................................2637.2 Carburatore elementare .................................................2677.3 Dosatura del carburatore elementare ......................... ..2687.4 Circuito del minimo ....................................................... 2727.5 Correzione della ricchezza

fornita dal circuito principale ........................................ 2747.6 Dispositivi supplementari ............................................. 2777.7 Carburatore completo .....................................................2817.8 Scelta delle dimensioni

delle principali sezioni di controllo dei flussi ............... 2857.9 Carburatori di tipo diverso ............................................ 2897.10 II circuito del combustibile ............................................ 2917.11 Distribuzione della miscela fra i cilindri ....................... 2937.12 L’iniezione di combustibile nel motore Otto ................ 2957.13 Sistemi d’iniezione per motori Otto ............................. 298

7.13.1 Iniezione elettronica a punti multipli ................ 2987.13.2 Iniezione meccanica a punti multipli ................ 3007.13.3 Iniezione a punto singolo ................................. 301

7.14 Regolazione della dosatura mediantesonda lambda .................................................................302

Bibliografia ............................................. .................................... 305

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8.Iniezionedicombustibile nel motore Diesel

9.Motodella carica nel cilindro

10.Combustione nel motore Otto

8.1 Problematiche generali ................................................ ..3078.1.1 Esigenze del motore Diesel ..................................3078.1.2 Funzioni dell’apparato d’iniezione ................ . . 3088.1.3 Principali sistemi d’iniezione .................................309

8.2 Soluzioni costruttive specifiche......................................3118.2.1 Pompe d’iniezione in linea ................................. ..3118.2.2 Pompe d’iniezione con distributore ......................3148.2.3 Sistemi ad accumulazione di pressione ..............3148.2.4 Gruppi d’iniezione a controllo elettronico.......... ..3158.2.5 Gli iniettori ..............................................................315

8.3 Caratteristiche dello spray di combustibile ................. ..3178.3.1 Formazione dello sp ra y ...................................... ..3178.3.2 Polverizzazione del g e tto ......................................3188.3.3 Penetrazione del g e tto ........................................ ..3238.3.4 Diffusione del getto ............................................. ..327

8.4 Scelta dei componenti principalidel gruppo di iniezione ................................................. ..3298.4.1 Dimensionamento della pompa ......................... ..3298.4.2 Dimensionamento delle tubazioni ..................... ..3318.4.3 Dimensionamento dell’iniettore ......................... ..333

8.5 Comportamento effettivo del gruppo di iniezione .........3368.5.1 Andamento della pressione nella tubazione..... ..3378.5.2 Ritardo d’iniezione ........................... ................. ..3408.5.3 Modelli di simulazione dei sistemi d’iniezione ... 341

Bibliografia ................................................................................. ..345

9.1 Importanza dei dettagli nei campi di velocità 3479.2 Caratterizzazione delle condizioni di moto 350

9.2.1 Separazione del moto turbolentoda quello medio 351

9.2.2 Scale caratteristiche dei motori turbolenti 3579.3 Movimenti rotatori organizzati dalla carica 361

9.3.1 Swirl 3619.3.2 Tumble 3629.3.3 Squish 367

9.4 Evoluzione delle condizioni di moto durante il ciclo 370Bibliografia 373

10.1 Richiamo dei principi di combustione ......................... ..37510.1.1 Velocità di combustione.................................... ..37510.1.2 Autoaccensione ................................................ ..37710.1.3 Propagazione del fronte di fiamma ................. ..38110.1.4 Combustione turbolenta .....................................38510.1.5 Combustione d iffusiva.........................................388

10.2 Combustione normalenel motore ad accensione comandata ........................ ..39010.2.1 Propagazione del fronte di fiamma ................. ..39010.2.2 Sviluppo della pressione nel cilindro .................39510.2.3 Dispersione ciclica ............................................ ..399

10.3 Influenza dei parametri più significativisulla combustione normale ......................................... ..401

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10.4 Calcolo della legge di rilascio del ca lo re ..................... ..40710.5 Combustioni anomale .....................................................411

10.5.1 Accensione a superficie .................................... ..41110.5.2 Detonazione .........................................................412

10.6 Progetto della camera di combustione..........................41910.7 Simulazione del processo di combustione

nel motore Otto ............................................................. ..42310.7.1 Modelli termodinamici .........................................42310.7.2 Modelli multidimensionali (o gasdinamici) ...... ..428

Bibliografia ................................................................................. ..435

11.Combustione nel motore Diesel

11.1 Caratteristiche del processo ................................. .... 43811.2 II ritardo d’accensione .....................................................440

11.2.1 Processi fisici e chimici ..................................... ..44111.2.2 Correlazioni per il calcolo del ritardo .............. ..442

11.3 Combustione in fase premiscelata e in fase diffusiva . 44311.4 Camere di combustione .................................................447

11.4.1 Motori ad iniezione diretta ................................ ..44711.4.2 Motori a precamera . . . . ...................................... ..453

11.5 Calcolo della legge di rilascio del ca lo re ..................... ..45711.6 Simulazione del processo di combustione ................. ..461

11.6.1 Modelli termodinamici ........................................46111.6.2 Modelli multidimensionali (o gasdinamici) ...... ..468

Bibliografia ................................................................................. .472

12.Formazione e controllo degliinquinanti

12.1 L’inquinamento atmosferico ......................................... 47412.2 Emissioni dallo scarico di un motore Otto .................. 47712.2.1 Ossidi di carbonio ......................................................... 479

12.2.2 Idrocarburi incombusti ....................................... 48112.2.3 Ossidi di azoto ................................................... 482

12.3 Misura delle emissioni ................................................. 48512.3.1 Strumenti non dispersivi a raggi infrarossi ..... 48612.3.2 Strumenti a ionizzazione di fiamma ................ 48712.3.3 Strumenti a chemiluminescenza ..................... 48812.3.4 Cicli di misura .................................................... 489

12.4 Controllo delle emissioni di un motore Otto ................ 49012.4.1 Interventi sui combustibili.................................. 49112.4.2 Azioni sull’alimentazione .................................. 49212.4.3 Interventi sul processo di combustione .......... 49412.4.4 Reattori tèrmici .................................................. 49412.4.5 Reattori catalitici ................................................ 496

12.5 Emissioni dallo scarico di un motore Diesel .............. 49812.5.1 Formazione degli inquinanti gassosi .............. 50012.5.2 Controllo delle emissioni gassose ................... 501

12.6 II particolato nell’emissione del motore Diesel ........... 50412.6.1 Processo di formazione .................................... 50512.6.2 Misura del particolato ........................................ 50712.6.3 Controllo della produzione di particolato ......... 50912.6.4 Trappole per il filtraggio dei gas combusti ....... 511

Bibliografia ................................................................................. 513

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13. 13-1 II motore come sorgente di rumore ............................. ..515Controllo 13-2 Richiami di acustica ..................................................... ..516^ . 13.0 Rumore di combustione e meccanico ........................ ..523del rumore 13 4 Rumore gasdinamico .................................................. ..526

13.5 Tipi di silenziatori.............................................................52913.6 Valutazione dell'attenuazione prodotta .........................53013.7 Caratteristiche degli elementi di un silenziatore ..........533

13.7.1 Camera di espansine in serie .......................... ..53413.7.2 Capacità in parallelo

0 risonatore di Helmholtz ................................. ..53513.7.3 Risonatore a colonna ..........................................53713.7.4 Silenziatore dissipativo..................................... ..53713.7.5 Effetto del flusso medio ......................................54013.7.6 Silenziatori ad elementi perforati ..................... ..541

13.8 Criteri di progetto.............................................................54413.9 Modelli di calcolo dei silenziatori ................................. ..54713.10 II controllo attivo del rumore ..........................................550Bibliografia ................................................................................. ..552

14.Flussi di calore e sistemi diraffreddamento

14.1 Bilancio energetico .........................................................55414.2 Impianti di cogenerazione ..............................................55714.3 Processo di trasmissione del calore in un motore ..... ..560

14.3.1 Calcolo del flusso di calore medio .....................56214.3.2 Influenza delle condizioni di funzionamento ... 566

14.4 Raffreddamento a liqu ido ................................. ......... ..57014.4.1 L'impianto di raffreddamento............................ ..57014.4.2 Lo scambio di calore nel radiatore .....................57414.4.3 il coefficiente di scambio globale ..................... ..57514.4.4 Dimensionamento del radiatore .........................577

14.5 Raffreddamento ad aria .................................................57814.5.1 Superficie esterna di scambioe sua efficienza............................................................. ..57914.5.2 Proporzionamento dell’alettatura.......................58214.5.3 li coefficiente mediodi trasmissione del calore ..............................................58414.5.4 Calcolo della superficie alettata .........................58614.5.5 Circolazione dell’aria ........................................ ..587

14.6 Calcolo del flusso di calore istantaneo..........................59014.6.1 Irraggiamento ......................................................59014.6.2 Modello di Annand ..............................................59314.6.3 Modello di Woschni .............................................595

14.7 Carichi termici e campi di temperatura .........................59714.7.1 Calcolo dei campi di temperature .................... ..59714.7.2 Effetto della variazione del flusso

di calore durante il ciclo .................................... ..59914.7.3 Carichi termici nei principali organi ................. ..601

14.8 Sollecitazioni di origine termica .....................................60514.8.1 Campi di temperatura stazionari ..................... ..60614.8.2 Campi di temperature variabili nel tem po ..........609

Bibliografia ................................................................................. ..612

Page 17: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

ADDendice. A -1 Flussiideali 614p. • A. 1.1 Liquido ideale ..................................................... ..614

A. 1.2 Fluido comprimibile ideale ................................. ..615attraverso 14 4 Flussi ideali .....................................................................617passaggi di data area

Indice analitico .............................................................................619

Tavole ........................................................................................ ..627.Tavola 1 - Sezioni principali di Diesel a quattro tempi ................. ..628Tavola 2 - Motore di caratteristiche sportive (Lancia-Ferrari) .........629Tavola 3 -Motore per autovettura (Fiat Fire/1.100) ..................... ..629Tavola 4 - Motore per autovettura (Alfa-Lancia: 6 cilindri) ..............630Tavola 5 -Motore per autovettura (Lancia Delta 2000 i.e.) ......... ..630Tavola 6 - Motore Diesel per autovettura (Tipo Turbodiesel) .........631Tavola 7 -Motore Diesel per trasporto pesante (Iveco) .................632Tavola 8 - Motore Diesel per applicazioni marine (Sulzer) .............633Tavola 9 - Motore Diesel lenito a due tempi (Sulzer)....... .............634Tavola 10 - Motori con quattro valvole per cilindro ........................ ..635Tavola 11 - Sezioni di un motore a due tempi per motociclo ......... ..636Tavola 12-Camera di risonanza di un motore a due tempi ......... ..637Tavola 13 - Flusso nei sistemi di aspirazione e scarico ........ .........638Tavola 14 - Turbocompressore azionato dai gas di scarico .............639Tavola 15 - Scarico di un motore a sei cilindri (sovralim.) ............. ..640Tavola 16 - Turbocompressore con turbina a doppio ingresso ..... ..641Tavola 17 - Tipici di scambiatori di calore aria/aria ........................ ..642Tavola 18 -Turbocompressore con valvola di by-pass ................. ..643TavolaÌ9-Turbinaagasdiscaricoageometriavariabile ............ ..644Tavola 20 - Principali organi del sovralimentatore Comprex ......... ..645Tavola 21 - Esempio tipico di carburatore a doppio corpo ............ ..646Tavola 22 -Carburatore a diffusore variabile per motociclo .............647Tavola 23 - Pompa d’iniezione ‘In linea” per motore Diesel .............648Tavola 24 - Valvola di riflusso di una pompa d’iniezione................ ..649Tavola 25 - Pompa d’iniezione con distributore incorporato.............650Tavola 26 - Pompa d’iniezione: componenti e mandata gasolio .... 651Tavola 27 - Funzionamento dell’iniettore-pompa tipo Cummins .... 652Tavola 28 -Iniezione per Diesel a controllo elettronico ................. ..653Tavola 29 - Polverizzazione di un getto di gasolio ........................ ..654Tavola 30 - Sviluppo e propagazione del fronte di fiamma ............ ..655Tavola 31 - Visualizzazione dettagli del fronte di fiamma.................656Tavola 32 - Schematizzazione di preaccensione e detonazione . 657Tavola 33 - Distribuzione della legge di rilascio di energia ............ ..658Tavola 34 - Posizioni fronte di fiamma e valori di velocità ............. ..659Tavola 35 - Combustione in un Diesel di grande alesaggio ..... .......660Tavola 36 - Combustione in un Diesel di medio alesaggio ............ ..661Tavola 37 - Camera di combustione ad alta turbolenza (Moirer) 662

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Tavola 38 - Combustione in una camera ad alta turbolenza . Tavola 39 - Combustione in un Diesel a precamera (Comet) Tavola 40 - Combustione in Diesel a precamera (Lanova) ..Tavola 41 - Risultati di modello tridimensionale (KIVA) ........Tavola 42 - Sistema di scarico con reattore catalitico ..........Tavola 43 - Trappola per particolato a filtro ceramico ..........Tavola 44 - Esempio di motore ad elevata turbolenza (CHT)Tavola 45 - Esempio di motore Diesel adiabatizzato ...........Tavola 46 - Componenti ceramici per Diesel adiabatico.......

Tabelle di conversione

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663664665666667668 669669 ,670

671

MOTORIA

COMBUSTIONE INTERNA

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1. Caratteristiche dei motori a combustione interna

1 ./Classificazione dei motori

I motori a combustione interna sono macchine motrici termiche, che si propongono di convertire in lavoro meccanico la parte più grande possibile dell’energia liberata bruciando combustibili entro la macchina stessa.

II fluido di lavoro che, espandendosi e comprimendosi, scambia energia con gli organi mobili della macchina (i cui dettagli costruttivi sono illustrati nella Tavola* 1 fuori testo), è costituito da aria e com­bustibile, prima della combustione, e dai prodotti dell’ossidazione del combustibile in aria, dopo tale processo. La denominazione interna sta quindi a significare che la combustione avviene «aH’interno della macchina», senza ricorrere a un componente esterno (caldaia) in cui fare avvenire le reazioni di ossidazione e, nello stesso tempo, che la sorgente di calore è «interna al fluido di lavoro».

Secondo la definizione data, anche le turbine a gas appartengono a questa categoria di motori, benché tradizionalmente la dizione mo­tori a combustione interna sia sempre stata riservata prevalente­mente alle macchine volumetriche. In questo testo si seguirà que- st’ultima convenzione e non si analizzeranno le turbine a gas come motori autonomi, perché trattate nel corso di turbomacchine.

I motori a combustione interna presentano, rispetto alle altre motrici termiche, il grosso vantaggio di aver eliminato gli scambiatori di ca­lore sia tra i prodotti della combustione (sorgente ad alta tempera­tura) ed il fluido di lavoro, sia tra quest’ultimo e l’ambiente (sorgente a bassa temperatura). Ne deriva una limitazione per le caratteristi­che dei combustibili, che devono assicurare il completamento del processo di combustione nei modi e nei tempi opportuni. D’altra parte, però, si ha una maggiore semplificazione deH’impianto e l’eli­minazione delle perdite inerenti al trasferimento di calore tra due fluidi in uno scambiatore di area finita. Di conseguenza, per la loro semplicità, compattezza ed elevato rapporto potenza/peso, questi motori si sono rapidamente Imposti come sistemi di propulsione dei

* Le Tavole a colori sono riportate alla fine del testo.

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mezzi di trasporto (terrestri, navali e, in maniera più ridotta, aerei) e come generatori di potenza.I criteri di classificazione dei motori a combustione interna sono molteplici e possono essere basati, per esempio, sui seguenti para­metri che ne caratterizzano il funzionamento:1. modo di avviare la combustione del fluido di lavoro: ad accen­sione comandata (da una scintilla), ad accensione spontanea (per compressione);2 . durata del ciclo descritto: ciclo completo in quattro corse del pi­stone (4 tempi), due corse (2 tempi), ecc.;3. natura del combustibile usato: benzina, alcool, gasolio, olio combustibile, gas, doppio combustibile (gas come base e liquido per avviare la combustione), motore poli-combustibile;4. alimentazione dell’aria: motore aspirato, sovralimentato, turbo­compresso;5. alimentazione del combustibile: a carburazione, a iniezione nel cilindro (diretta) o nei collettori di aspirazione (indiretta);6 . regolazione del carico per variazione: della composizione della miscela (regolando la quantità di combustibile), della quantità di ca­rica introdotta per ciclo (di composizione pressoché costante), per combinazione dei due metodi;7. tipo di moto delle parti del motore in movimento: alternativo, ro­tatorio, oscillante;8 . sistema di raffreddamento: ad aria, a liquido, motore adiabatico. Poiché in questo libro ci si propone di trattare i problemi di natura termofluidodinamica connessi con i motori, si farà principalmente ri­ferimento ai primi due criteri di classificazione. In particolare, in base alle modalità con cui si riesce ad avviare il processo di combustione, a loro volta influenzate dalle caratteristiche dei combustibili utilizzati, si distingueranno innanzitutto i motori a combustione interna in:1. motori ad accensione comandata, in cui una miscela di aria e di vapori di benzina viene accesa da una scintilla fatta scoccare tra gli elettrodi di una candela, realizzando così una combustione molto rapida (idealmente a volume costante). Per ragioni storiche questi motori sono anche chiamati «motori Otto».2 . motori ad accensione spontanea o motori Diesel, in cui il com­bustibile viene iniettato, finemente polverizzato, in seno all’aria cal­da e compressa, in modo da provocarne l’autoaccensione e dare origine ad una combustione più lenta e graduale (idealmente a pressione costante).Siccome la combustione costituisce il nucleo centrale del processo di conversione energetica che si intende qui principalmente studia­re, risulta naturale fare innanzitutto riferimento alla precedente di­stinzione. Subito dopo, però, occorre tenere presente che durante un ciclo le reazioni dì ossidazione del combustibile in aria, modifica­no la natura del fluido di lavoro, per cui ne deriva la necessità di provvedere ad una sua periodica sostituzione.L’espulsione dal cilindro dei gas combusti del ciclo precedente e la loro sostituzione con la carica fresca, costituisce una operazione

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1.2Campi di impiego

che influenza in maniera sostanziale le prestazioni del motore. Considerando le modalità con cui awiene il processo di ricambio della carica, si possono distinguere:1. i motori a quattro tempi, in cui più di metà del ciclo di lavoro (che dura quattro corse (o tempi) del pistone, ossia due giri di albero motore) è dedicata all’espulsione dei gas combusti e all’aspirazione della carica fresca ad opera del pistone, realizzando così general­mente un buon ricambio del fluido;2 . /' motori a due tempi, che destinano normalmente alla sostituzio­ne della carica una porzione minore del ciclo di lavoro (la cui durata è di due corse (o tempi) del pistone, corrispondenti ad un solo giro di albero di manovella), per non sacrificare troppo le fasi di espan­sione e compressione cui sono legate le prestazioni del motore. Ne deriva un ricambio del fluido di lavoro meno soddisfacente.

Con lo scopo di stabilire i campi di impiego più indicati per ciascuna categoria di motore, conviene effettuare un confronto tra le presta­zioni offerte dai principali tipi appena visti, in base alle classificazio­ni del paragrafo precedente:— motori Otto e Diesel,— motori a quattro tempi e a due tempi.La prima differenza che appare evidente in un confronto tra le caratteristi­che del motore Otto e quelle del Diesel, è costituita dal più elevato peso di quest’ultimo, in rapporto alla potenza sviluppata (si veda la Tabella 1.1). Questo fatto deriva principalmente dai più elevati rapporti di compressione necessari per portare la pressione e la temperatura dell’aria a valori suffi­cientemente elevati da fare autoaccendere il combustìbile, nel momento in cui viene iniettato nel cilindro. Gli organi del motore devono essere dimensionati per resistere a valori di pressione pressoché doppi in fase di compressione e di combustione, per cui risultano necessariamente (a pari­tà di materiale usato) più pesanti. Se si tiene poi presente il fatto che nel Diesel si fa minore uso delle leghe leggere (per problemi di resistenza mec­canica e di durata dei componenti) e che la potenza specifica per unità di cilindrata è nettamente più bassa (per ragioni che si vedranno tra un momento), si comprende come tale differenza sia ulteriormente esa­sperata, portando il rapporto peso/potenza del Diesel a valori circa tripli di quelli dell’Otto (si veda la Tabella 1.1).La maggiore lentezza poi, con cui si svolge il processo di combustio­ne, unita alle elevate masse degli organi in moto alterno (grandi for­ze d'inerzia), impediscono al Diesel di raggiungere alti regimi di rota­zione. Ne deriva che le potenze specifiche per unità di cilindrata sono sensibilmente più basse (circa la metà: si veda la Tabella 1.1) di quelle dei motori ad accensione comandata di caratteristiche equi­valenti , con un conseguente maggior ingombro a parità di potenza.

Infine, come terzo svantaggio del Diesel, si può ricordare che la ruvidezza della combustione che lo caratterizza, tende ad innesca­re vibrazioni nella struttura del motore, rendendolo più rumoroso e facendo si che la sua installazione risulti più difficile e costosa.

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Per contro, il motore Diesel presenta i seguenti vantaggi:1. ha un migliore rendimento globale perché, nonostante il fatto che a parità di rapporto di compressione il massimo rendimento competa al ciclo con combustione a volume costante (ciclo Otto), in pratica nel Diesel sono possibili (anzi, spesso sono necessari per una pronta autoaccensione del combustibile) più elevati rapporti di compressione (circa doppi di quelli tollerati dal motore Otto), senza pericolo di fenomeni anomali di combustione;2 . il rendimento del motore peggiora meno rapidamente al diminui­re del carico, come conseguenza del sistema di regolazione che nel Diesel può essere adottato. Esso permette di ridurre la potenza sviluppata dal motore aumentando progressivamente il rapporto arla/combustibile, rendendo il Diesel particolarmente adatto per quelle applicazioni (ad esempio propulsione stradale nel traffico urbano: si veda la Tavola 5) che richiedono al motore di funzionare spesso in condizioni di carico parziale;3. utilizza dei combustibili (gasolio, olio combustibile, ecc.) meno pregiati da un punto di vista energetico, perché la loro produzione in raffineria richiede un minor dispendio di energia o hanno talvolta il carattere di residui di altre lavorazioni. Questo aspetto, unito ai minori consumi specifici di combustibile evidenziati al punto precedente, contri­buisce ulteriormente a rendere più economica la gestione del motore.Ne deriva che il Diesel trova un suo naturale campo di applicazione in tutti quei settori in cui il costo di esercizio del motore risulta pre­valente rispetto ai problemi di peso e di ingombro. Questo ha fatto sì che il Diesel coprisse la gamma delle potenze medie ed alte, tipi­che dei motori a combustione interna, affermandosi principalmente come mezzo di propulsione nel settore dei: trasporti industriali su strada (si veda la Tavola 6), mezzi agricoli, macchine per il movi­mento terra, mezzi ferroviari e navali (si veda la Tavola 8)\ nonché come generatore di potenza in impianti fissi (si veda la Tavola 7).Il motore Otto risulta, invece, particolarmente indicato per coprire il campo delle basse potenze, trovando impiego in tutte quelle appli­cazioni (mezzi di trasporto leggeri ed impianti mobili di bassa po­tenza) dove i fattori: elevata potenza specifica (si veda la Tavola 2), leggerezza, contenute dimensioni e dolcezza di funzionamento, ri­sultano prevalenti (si vedano le Tavole 3 e 4).Il ciclo di lavoro poi, indipendentemente daH’approssimare un ciclo Otto o Diesel, si è visto che può essere eseguito in quattro corse del pistone (o tempi), oppure in soli due tempi, utilizzando una pompa di lavaggio per introdurre la carica fresca nel cilindro.In termini generali il motore a due tempi, messo a confronto con il corrispondente a quattro tempi, presenta i seguenti vantaggi:1. una più alta potenza specifica, che teoricamente, a parità di altre condizioni, dovrebbe risultare doppia, perché il due tempi realizza una fase utile ad ogni giro di albero di manovella, anziché ogni due giri. In realtà la sostituzione della carica alla fine di ciascun ciclo è peggiore, per cui il guadagno di potenza è normalmente più limitato del valore teorico (50+60% in più), ma sempre molto elevato;2 . una maggiore semplicità costruttiva perché con questo motore

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Figura 1.1 - Esempio di motore per motociclo. Caratteristiche: ciclo Otto2 tempi,3 cilindri,V, = 387 cm3,D = 57 mm,C = 50,6 mm, Pe = 52,9 kW, al regime n = 158 giri/s.

la frequenza del ciclo viene a coincidere con quella del manovelli­smo, rendendo così possibile l’uso di luci, per l’ammissione e lo scarico dal cilindro, controllate dal pistone, anziché da valvole a fungo, cui normalmente si aggiungono sistemi ausiliari molto sem­plificati (raffreddamento ad aria, lubrificazione per miscela dell’olio con il combustibile, ecc.);3. una maggiore uniformità della coppia motrice, dovuta al fatto che la fase utile di espansione si ripete ad ogni giro di manovella. Questo vantaggio risulta sensibile soprattutto nel caso del monocilindro (piccole potenze), il quale risulta equivalente ad un bicilindro a quattro tempi, per quanto riguarda la regolarità della cop­pia motrice. Anche per questo motivo il funzionamento della cilindra­ta nei due tempi commerciali si limita normalmente al bicilindro, arri­vando a tre o quattro cilindri solo per le potenze più elevate.A questi aspetti positivi del due tempi si contrappongono altrettanti evidenti svantaggi:1. il rendimento del due tempi è più basso, a parità di altre condi­zioni, perché la fase di espansione utile ai fini del raccoglimento del lavoro deve essere sacrificata nel suo tratto finale, per permetterelo scarico dei gas combusti e l’introduzione della nuova carica, mentre il pistone si trova in prossimità del punto morto inferiore;2 . il ricambio del fluido di lavoro alla fine del ciclo è meno buono che nel quattro tempi*, con un conseguente maggior inquinamento

* Occorre però tener presente che è attualmente in fase di sviluppo una nuova generazione di sofisticati due tempi per applicazioni automobilistiche, nei quali si inietta il carburante direttamente nel cilindro, in modo da ottenere una stratificazione della carica (vedi pagina 403) ed una naturale ricircolazione di gas residui (vedi pagina 492), capaci di assicurare bassi consumi e scarichi puliti.

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della carica fresca ad opera dei residui dei gas combusti. Possono quindi derivare conseguenze negative dal punto di vista della rego­larità e della completezza del processo di combustione, che com­portano un ulteriore aumento del consumo specifico di combustibile e della tossicità dei gas combusti scaricati.3. le sollecitazioni termiche e meccaniche degli organi del motore sono aumentate, perché nel due tempi viene eliminata quella parte del ciclo (sostituzione del fluido di lavoro) cui competono i valori di temperature e di pressioni più bassi, mentre si succedono con fre­quenza doppia (a parità di regime di rotazione) le compressioni ed espansioni, con i loro più elevati carichi termici e meccanici.

Sulla base di queste considerazioni si possono facilmente compren­dere le ragioni per cui il motore a due tempi a ciclo Otto trova ampie applicazioni nel settore delle basse potenze globali: motocicli (Figu­ra 1.1), piccoli fuori-bordo, attrezzi portatili, ecc. I motivi principali del suo successo sono dati dalla semplicità costruttiva e dall’elevata potenza specifica, mentre il più alto consumo specifico di combusti- bile e lo scarico più inquinante ne limitano l’uso alle piccole potenze.Il due tempi Diesel, invece, (si veda la Tavola 8 ) si è imposto all’e-

Tabella 1.1 Parametri caratteristici di motori tipici per diversi campi d’applicazione

Tipo di motore n [giri/s] /> [mm] C/D «* [m/s]

Motocicli:Otto 2 tempi Otto 4 tempi

Gruppi mobili: Otto 2 tempi Diesel 4 tempi

Autovetture: Otto 4 tempi Diesel 4 tempi

Trasporto: Diesel 4 1. asp. Diesel 4 1. sovr.

120+160100+160

100+14070+80

90+11070+80

35+4535+40

45+7050+80

40+7070+90

70+10080+100

90+13090+140

0,8+1,0 0,7+0,9

0 ,8+1,0 0 ,9+1,1

0,8+1,0 1,0+1,1

1,0+1,2 1,1+1,3

16+2015+18

14+1810+14

11+1611+13

9+139+13

10+15***9+11

8+12***18+21

9+1120+23

17+2016+17

Media velocità: * Diesel 4 1. sovr.

Motori lenti: ** Diesel 2 1. sovr.

10+30

1,2+2 ,4

150+400

550+850

1,1+1,4

2+3,6

8+11

6+8

15+16

13+15

Per appllicazioni marine, ferroviarie, impianti fissi.Per applicazioni marine e impianti fissi.Rapporti di compressione geometrici, equivalenti a rapporti effettivi (a partire da RCS) di 6+8.

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stremo opposto del campo di utilizzazione dei motori a combustio­ne interna, quello cioè delle potenze molto grandi: propulsione di grosse navi, generatori fissi di potenza, ecc. Per queste applicazio­ni infatti, ai vantaggi tipici del due tempi (alta potenza specifica, semplicità costruttiva e minore manutenzione) si aggiunge, in un Diesel lento, la possibilità di effettuare un buon lavaggio del cilindro con sola aria, incrementare il rendimento globale mediante la prati­ca della turbosovralimentazione, utilizzare combustibili molto sca­denti con residui solidi (ceneri) di combustione, grazie alla assenza di valvole. I maggiori carichi termici e meccanici tipici del due tempi possono poi essere meglio contrastati (efficace sistema di raffred­damento anche per gli organi mobili, robustezza appropriata delle parti più sollecitate meccanicamente) nel caso di grosse cilindrate e di motori lenti.Per concludere, si può dire che i motori a combustione interna, gra­zie alle loro numerose positive caratteristiche, si sono ormai solida­mente conquistato un ampio campo di applicazione (dalla potenza di frazioni di kW a quelle di diverse decine di MW) nell’ambito del settore d’impiego delle macchine termiche. Dopo oltre cento anni di sviluppo, si potrebbe pensare che questi motori abbiano ormai rag-

segue Tabella 1.1 Parametri caratteristici di motori tipici per diversi campi d’applicazione

Tipo di motore

Motocicli:Otto 2 tempi Otto 4 tempi

Gruppi mobili: Otto 2 tempi Diesel 4 tempi

Autovetture:Otto 4 tempi Diesel 4 tempi

Trasporto:Diesel 4 1. asp. Diesel 4 1. sovr.

Media velocità: * Diesel 4 1. sovr.

Motori lenti: ** Diesel 2 1. sovr.

[MPa] ri r%] [kW/dm3] [kg/kW]

0,7-5-1,0 20+25 100+200 0,8+1,50,9+1,1 25+30 70+100 1+2

0,6+0,8 20+28 60+100 1+1,50,7+0,9 30+35 30+50 3+6

0,8+1,4 28+36 40+70 1+20,7+1,2 30+38 25+35 3+4

0,7+0,9 36+44 16+20 4+81,1+1,4 40+46 20+25 3+6

1,5+2,2 42+48 10+22 8+15

1,6+1,8 47+53 2+5 20+40

* Per appllicazioni marine, ferroviarie, impianti fissi.** Per applicazioni marine e impianti fissi.

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giunto il loro massimo e che rimangano poche possibilità di ulteriori miglioramenti.Basta però considerare l’attuale dinamicità dell’industria motoristi­ca, per rendersi conto che la situazione non sta affatto in questi ter­mini. Essa sfrutta prontamente i progressi fatti in ogni settore della tecnica, ed utilizza ampiamente:— nuove apparecchiature per effettuare i rilievi sperimentali,— avanzati modelli di calcolo per conseguire una base razionale

che permetta di meglio comprendere i fenomeni ed introdurre innovazioni nella pfàgettazione,

— tecniche automatizzate per la produzione dei componenti e il loro montaggio,

— nuovi materiali con caratteristiche meccaniche e tecnologiche più soddisfacenti,

— le possibilità offerte dai sistemi di regolazione e di controllo di tipo elettronico.

Ne deriva che i motori a combustione interna stanno attualmente affrontando con successo le due principali sfide del momento: con­tenere i consumi energetici e nello stesso tempo minimizzare l’im­patto negativo esercitato sull'ambiente, dimostrando grande vitalità e capacità di rinnovarsi.

■J .3 Pur presupponendo che il lettore del presente testo abbia familiari-Parametri ^ con 1 Princ'P' 9er|era|i di funzionamento dei motori (appresi attra-

■ .. . verso il corso di macchine), si ritiene opportuno richiamare in que-caratteristici sto paragrafo il significato di alcuni parametri caratteristici, con lo

Figura 1.2 -Rappresentazione schematica del gruppo: cilindro, pistone, biella e manovella, illustrante le principali grandezze geometriche di un motore alternativo, azionato da un manovellismo ordinario centrato.

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scopo di definirli in modo congruente con la successiva trattazione e di introdurre la terminologia e la simbologia usata nel seguito.

Quelle tipiche per la caratterizzazione di un motore alternativo azio­nato da un manovellismo ordinario centrato (Figura 1.2) possonoessere introdotte nei termini seguenti:— alesaggio D : diametro interno del cilindro entro cui si muove il

pistone;— corsa C : distanza percorsa dal pistone dalla posizione più vici­

na alla testa del cilindro (punto morto superiore: PMS) a quella più lontana (punto morto inferiore: PMI), pari al doppio del rag­gio Rm della manovella:

C = 2 t f 1-1m

— sezione trasversale del cilindro A c: area della sezione del cilin­dro normale all’asse, uguale a:

A c = n D 2/4 1-2

— cilindrata* (unitaria) V: variazione del volume de! cilindro, pro­dotta dal pistone durante la corsa:

V = A cC = JtZ)2C /4 1-3

— rapporto volumetrico d i compressione r. rapporto tra il massimo volume del cilindro (pistone al PMI) ed il minimo suo valore, compreso tra la testa ed il pistone al PMS (volume della camera di combustione Vc):

r = ( V + V c) / V c 1-4

— velocità di rotazione dell’albero motore: velocità angolare del­l'albero a manovelle, misurata comunemente mediante il nume­ro di giri completi in un secondo n oppure in radianti al secondo co,essendo le due grandezze legate dalla relazione:

co = 2 jt n 1-5

— frequenza di ciclo fc: poiché il ciclo di lavoro si compie in un giro di albero motore (2 corse del pistone per il motore a due tempi), o più giri, la frequenza di ciclo potrà esprimersi come:

fc = n h 1-6

con:e = 1 per motore a due tempi, e = 2 per motore a quattro tempi, ecc.

* Il termine cilindrata viene spesso usato anche per indicare il suo valore totale (V,= V x numero cilindri). Nel seguito si ricorrerà al simbolo Vt solo quando si pensa possano sorgere equivoci.

1.3.1Grandezze geometriche e cinematiche

Page 30: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

Figura 1.3 - Valori istantanei dei rap­porti adimensio­nali: spostamento del pistone/corsa s JC; velocità del pistone velocità media u J u p, accelerazione deI pistone/ accelera­zione di riferimen­to 2aJu>2C, in funzione delfan- golo dell’angolo di rotazione della manovella e per due diversi valori di A (= lunghezza biella/raggio manovella).

— angolo di manovella 0 : angolo descritto dalla rotazione della manovella a partire dalla posizione di PMS. Supposto 0 espresso in radianti, vale la relazione:

0 = coi = 2 j t « f 1-7

— spostamento del pistone sp: distanza percorsa a partire dalla posizione di PMS, può essere espressa in funzione del rappor­to raggio di manovella Rm / lunghezza biella L b (A = Rm / Lb) e dell’angolo di manovella mediante la relazione:

sp = C I 2 [1 + 1 / A - cos 0 - 1 / A 7(1 - A2 sin2 0) j 1-8

rappresentata in Figura 1.3 per A = 0,25 e A = 0,30.

— velocità media del pistone u : relativa ad un giro completo di al­bero motore, durante il quale esso percorre uno spazio pari a due volte la corsa; quindi:

u = 2 C n 1-9P

Questo parametro risulta più appropriato del semplice numero di giri n per correlare diversi fenomeni fondamentali per la caratteriz­zazione del comportamento di un motore:— perdite fluidodinamiche nel processo di sostituzione del fluido

motore presente nel cilindro,— forze d’inerzia caricanti i principali accoppiamenti cinematici,— perdite energetiche per flusso di calore verso il sistema di raf­

freddamento.

ANGOLO DI MANOVELLA [°]

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Ne deriva una limitazione per i valori di u nell’intervallo 5+20 m/s, con i valori tipici per le varie categorie di motori riportati nella Ta­bella 1.1.— velocità istantanea del pistone «p: si annulla all’inizio ed alla

fine della corsa (da questo fatto deriva l’espressione «punto morto» per le rispettive posizioni del pistone), assumendo in funzione di 0 , i valori forniti dalla seguente relazione (rappre­sentata in Figura 1.3) ottenuta derivando la 1-8 rispetto al tempo:

= up n i 2 J sin 0 + A sin 20/ j 2 -J \ - A2 sin2 0 j l 1-10Mp

nella quale spesso si ritiene A (i cui valori tipici sono À =0,24+0,30) sufficientemente piccolo da poter trascurare A2, considerando perciò l’espressione approssimata:

Hp » «p jt/2 [sin0 + (A/2) sin20] 1-11

accelerazione del pistone ap: per la quale si può ottenere una soddisfacente relazione approssimata derivando la (1-11) ri­spetto al tempo:

ap » co2 C ¡2 [cos0 + Acos20] 1-12

Un andamento tipico di ap è mostrato nel grafico di Figura 1.3, per A=0,25 e A=0,30.volume istantaneo del cilindro V: si tratta del volume disponibile per il fluido di lavoro per ciascuna posizione dell’albero motore, calcolabile con la relazione:

V = v \ —-— + ( r - 1)

1+ -

21-13

mentre la sua variazione con l’angolo di rotazione della manovella, si ottiene derivando la (1-13) rispetto a 0 :

dVdQ

V_2

sin0 +A sin20

2 /1 - A2 sin2

e quella con il tempo sarà data da:

1-14

dVdt

dV dd _ V dB d t 2

sin0 +A sin20

2V 1 - A2 sin20co 1-15

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1.3.2 Coppia e potenza effettive

Figura 1.4- Rappresentazione schematica del principio di funzionamento di un freno dinamometrico, utilizzato per il rilievo delle prestazioni effettive di un motore in sala prova.

Sono i parametri principali per la definizione delle prestazioni di un motore. Nei trattati generali sui principi di funzionamento delle macchine, queste vengono normalmente introdotte partendo da una schematizzazione, in cui inizialmente si idealizza sia il comportamento del fluido che quello della macchina, considerando cioè un tipo di funzionamento del motore com­pletamente ideale (cicli ideali o teorici).Successivamente, pur supponendo ancora la macchina ideale, si mette in conto il comportamento reale del fluido di lavoro (con pro­prietà fisiche e composizione variabili), ottenendo un ciclo limite, vi­sto appunto come il «limite superiore» delle prestazioni ottenibili dal motore perfezionando sempre più la macchina.Infine, si lascia cadere anche l’ipotesi di idealità della macchina per considerare un ciclo indicato, descritto cioè da un fluido reale che evolve in un cilindro reale, caratterizzato dalle sue tipiche perdite energetiche.Poiché qui si darà per noto questo tipo di analisi dei cicli descritti dal motore, si ritiene utile seguire il procedimento logico inverso, defi­nendone cioè in modo operativo direttamente le prestazioni finali, con riferimento alle modalità adottate per rilevarle in sala prova.Supponiamo allora di utilizzare un dispositivo (freno dinamometrico) in grado di assorbire e (normalmente) dissipare l’energia meccanica prodotta dal motore, simulando il comportamento dell’effettivo utilizzatore (mezzo di trasporto, generatore elettrico, macchina ope­ratrice, ecc.). Schematicamente (Figura 1.4) esso è costituito da un rotore collegato all’albero di uscita del motore, accoppiato da forze di natura idraulica od elettromagnetica ad uno statore libero di oscillare rispetto alla struttura fissa, perché supportato da essa mediante cu­scinetti a basso attrito.Apposite normative (SAE, DIN, CUNA, ecc.) precisano gli accessori di cui deve essere munito il motore e le condizioni in cui vanno effet­tuati i rilievi. Il motore in prova trascina il rotore del freno, che a sua

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volta tende a mettere in rotazione lo statore, lanciando verso di esso il liquido che li accoppia (in genere acqua) oppure creando un cam­po di forze elettromagnetiche rotanti. Una cella di carico misura la forza F che deve essere applicata allo statore con braccio b (Figura 1.4) per impedirne la rotazione.In condizioni di equilibrio dinamico del gruppo motore-freno, la cop­pia sviluppata dal motore sarà data da:

M = Fb9Essa misura il momento torcente utile reso disponibile all'albero di uscita del motore, ossia la sua effettiva capacità di compiere lavoro. La potenza effettiva utile sviluppata dal motore sarà data dal pro­dotto della coppia per la velocità angolare, parimenti rilevata nelle condizioni di prova:

P = co M = 2 n n M 1-16e e e

Per confrontare le prestazioni di diversi motori conviene poi fare ri­ferimento ai seguenti due rapporti caratteristici:— potenza per unità di cilindrata = PJV— peso per unità di potenza = peso motore/Pe.Nella Tabella 1.1 sono riportati i loro valori tipici per le principali ca­tegorie di motori, permettendo così di caratterizzarli rispettivamente dal punto di vista dell’ingombro e del peso, proprietà spesso impor­tanti per diverse applicazioni (vedere paragrafo 1.2).

Figura 1.5 - Esempi di diagrammi indicati (rilevati da trasduttori) sul piano pressione-volumi, illustranti i lavori per ciclo scambiati tra fluido e pistone: a) motore a quattro tempi aspirato a carico parziale (per evidenziare il ciclo di ricambio del fluido), b) motore due tempi aspirato a piena ammissione. Si tenga presente che le scale delle pressioni nei due diagrammi sono diverse. Per quanto riguarda i motori sovralimentati, si veda il Capitolo 5.

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1.3.3Grandezzeindicate

Parallelamente alle misure di coppia e potenza effettive, su di un motore al banco prova si possono effettuare diversi altri rilievi. In particolare, utilizzando un trasduttore di pressione, direttamente affacciato alla parete Interna della camera di combustione, ed uno del volume disponibile nel cilindro per il fluido evolvente (dedotto in funzione dell’angolo di manovella e del parametri geometrici: r e A; si veda la 1-13), è possibile rilevare un diagramma (Figura 1.5) che fornisca le pressioni all’interno del cilindro in funzione del volume disponibile. Esso è chiamato tradizionalmente ciclo indicato, per­ché i primi dispositivi usati per effettuare un tale rilievo erano detti «indicatori» (delle effettive condizioni del fluido nel cilindro).Partendo da questo diagramma è possibile determinare il lavoro indicato per ciclo L. ceduto dal fluido di lavoro al pistone, mediante la nota relazione:

Li = j p d V 1-17ciclo

con la quale si calcola in pratica l’area racchiusa dal ciclo indicato. Essa risulterà positiva (lavoro uscente dal sistema fluido = raccolto dal pistone), se il ciclo è percorso In senso orario (ciclo motore: compressione-combustione-espansione; area A in Figura 1.5), ne­gativa (lavoro speso dal pistone = entrante nel sistema fluido) se il ciclo è percorso In senso antiorario (ciclo di sostituzione del fluido, nel motore a quattro tempi aspirato*: area B in Figura 1.5).Analogamente la potenza indicata P. ceduta dal fluido di lavoro al pistone entro il cilindro, sarà data dalla derivata del lavoro indicato fatta rispetto al tempo. Ossia per la 1-6:

P. = dL ./d t = L. f = L. n / t 1-18I I ' I J 0 I

dove si è fatta l’ipotesi che, in condizioni di funzionamento stazio­narlo del motore, L. si mantenga inalterato nel passare da un ciclo al successivo (o meglio, si è supposto di indicare con L. il valore medio relativo ad una successione di cicli, sufficientemente elevata da poter tenere conto della «dispersione ciclica»: vedere il paragra­fo 10.2.3).Poiché il lavoro indicato fornito dalla 1-17 dipende dalle dimensioni del cilindro, per ottenere un parametro che consenta un agevole con­fronto tra diversi motori, conviene considerare il lavoro indicato per ciclo e per unità di cilindrata, chiamato pressione media indicata pmi.

Ossia, in base alla definizione ora data, varrà la relazione:

Pm i = U / V = (1 /V ) j p d V 1-19ciclo

* Nel caso di motore a quattro tempi sovralimentato, anche il ciclo di sostituzio­ne del fluido motore dà normalmente un contributo positivo (Figura 5.11) al la­voro indicato, perché la pressione di scarico è generalmente più bassa di quella di mandata del compressore.

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1.3.4Rendimentoorganico

Figura 1.6 - Andamento tipico del rendimento organico di un motore Otto, al variare della velocità media del pistone (o del regime di rotazione ad essa proporzionale), per diversi valori del carico (espressi come % del suo valore massimo).

nella quale la p m. è presentata come rapporto tra l’area racchiusa dal ciclo indicato e la massima variazione dell’ascissa (la cilindrata spazzata V). La 1-19 quindi, precisa il significato dellapm. come or­dinata media del ciclo indicato e ne giustifica la denominazione adottata (essendo delle pressioni le ordinate del ciclo). Grazie alla1-18 si ottiene poi:

Pi = Pmi V n I e 1-20

che permette di valutare la potenza indicata di un motore, una volta ipotizzato il relativo valore di pml.Inoltre, il rapporto tra la P e la potenza termica messa a disposizio­ne dal combustibile: m H. (vedere il paragrafo 1.3.5) definisce il rendimento indicato ri, del motore:

Ti, = Pi / 1-21

come indice dell’efficienza con cui il calore sviluppato dal combusti- bile è convertito nel lavoro meccanico, fatto dalla pressione dei gas sullo stantuffo.

Si tratta del coefficiente che permette di passare dalle «grandezze indicate» a quelle «effettive», tenendo conto del fatto che una parte della potenza ceduta dal fluido di lavoro al pistone entro il cilindro, deve essere spesa per vincere l’attrito tra i principali accoppiamenti cinematici del motore e per trascinare tutti gli accessori indispen­sabili per il suo funzionamento.Esso diminuisce al crescere di up ed al ridursi del carico (Figura 1.6)

9 12 15 mp [giri/s]

VELOCITÀ MEDIA DEL PISTONE

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e può essere definito in termini di potenze, come rapporto tra la po­tenza effettiva disponibile all’albero motore e quella indicata:

r\0 = Ve/V t 1-22

permettendo di introdurre il concetto di pressione media effettiva Pme'

P me = l o Pmi 1-2 3

come «lavoro effettivo per ciclo ed unità di cilindrata». Questo para­metro assume valori tipici per le varie categorie di motori (secondo quanto riportato in Tabella 1.1) e dà una misura dell’efficienza con cui il progettista è riuscito a sfruttare la cilindrata del motore per un dato regime di rotazione. Una stima della pme permette inoltre di prevedere la potenza effettiva ottenibile da un motore, attraverso la relazione:

= P ^ V n /s 1-24e r me '

ricavata dalla 1-20, tenute presenti le 1-22 e 1-23.

Durante le prove di un motore al banco-freno normalmente vengo­no rilevate anche le portate in massa di aria aspirata ma e quelle di combustibile mc utilizzato per produrre la potenza effettiva Pe.Il rapporto in massa aria/combustibile o dosatura a con cui il moto­re è alimentato, sarà naturalmente dato dal rapporto tra i valori rile­vati di ni e m . relativi ad una determinata condizione di funziona­mento:

a = ma / mc 1-25

Si tratta di un parametro che dipende: dalle caratteristiche del combustibile usato (vedere il paragrafo 6.3), dal tipo di regolazione della potenza impiegato/dal sistema di miscelamento tra aria e combustibile ed esercita una basilare influenza sul processo di combustione. Valori tipici sono:— a = 12+18: per motori ad accensione comandata (Otto) alimen­

tati a benzina, la cui regolazione di potenza è fatta variando la massa di miscela aria-benzina aspirata per ciclo;

— a = 18+70: per i motori ad accensione per compressione (Die­sel) alimentati a gasolio, con regolazione di potenza fatta va­riando il rapporto aria/combustibile.

Una grandezza molto significativa ai fini di poter stabilire con quale grado di efficienza un motore sta utilizzando il combustibile per produrre energia meccanica, è costituita dal consumo specifico di combustibile csc riferito all’unità di lavoro effettivo prodotto:

C sc = m c / p e 1 - 2 6

Esso trova grande impiego nella pratica (vedere il paragrafo 1.4) per quantizzare i problemi connessi con la gestione di un motore.

1.3.5Consumo specifico di combustibile

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1.3.6Coefficiente di riempimento

Presenta però l’inconveniente di non essere una grandezza adi­mensionale. Nell’uso comune cso è espresso in: [(g/h)/kW], ossia [g/kWh], mentre utilizzando unità congruenti del Sistema Inter­nazionale, avendo csc le dimensioni di una massa divisa per l’unità di lavoro prodotto, dovrebbe essere espresso in [Kg/J], oppure per evitare numeri molto piccoli in [g/MJ] (essendo 1 g/kWh = 103/3600 = 0,2778 g/MJ).Un parametro adimensionale, che eviti quindi queste complicazio­ni, può essere ottenuto facendo riferimento, anziché alla semplice portata di combustibile, all’energia da essa convogliata nell’unità di tempo. Poiché quest’ultima può essere calcolata tramite il potere calorifico inferiore H i del combustibile (vedere il paragrafo 6.4) come prodotto rho. H., il consumo specifico d i energia cse per pro­durre l’unità di lavoro utile sarà:

c .,= meHi /P . 1-27

ed il suo reciproco rappresenterà il rendimento globale (r]g) del motore:

•nB = Vc„ = Pe/m cH, 1-28

misura dell’efficienza con cui l’energia contenuta nel combustibile è convertita in lavoro meccanico disponibile all’albero.

Valori tipici di r ig si possono considerare i seguenti:— motori Otto per trazione automobilistica: 0,28+0,36— motori Diesel per trazione pesante: 0,36+0,44— motori Diesel (turbosovralim.) per impianti fissi: 0,40+0,53

La quantità di aria fresca, effettivamente aspirata in un ciclo da un motore volumetrico, è diversa da quella che teoricamente potrebbe riempire un volume pari alla cilindrata (per le ragioni che verranno ampiamente discusse nei prossimi capitoli). Si tiene perciò conto del grado di successo, con cui si riesce a realizzare la sostituzione della carica alla fine di ogni ciclo, tramite un coefficiente di riempimento o di carica \ del cilindro motore, visto come rapporto tra la massa d'aria ma effettivamente introdotta nel cilindro per ogni ciclo:

m = rh e / n 1-29a ae la massa mt che teoricamente potrebbe riempire un volume pari alla cilindrata V, con massa volumica pa corrispondente a prefissa­te condizioni di riferimento:

mt = V Pa 1-30

Il coefficiente di riempimento, risulta perciò definito dalla seguente relazione:

K = m a ! m . = m a ! ( ^ P a ) 1 - 3 1

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Essa dà una misura del grado di utilizzo della cilindrata disponibile per fare entrare nel cilindro nuova aria, alla fine di ogni ciclo. Non fornisce però alcuna indicazione circa il rendimento del processo di conversione, operata nel motore, dell’energia termica liberata dal combustibile in energia meccanica. Per evidenziare il fatto che non concorre a definire il rendimento globale del motore (o l’equiva­lente consumo specifico di combustibile), si è preferito qui adottare la denominazione coefficiente di riempimento anziché quella di rendimento volumetrico, talvolta usata nella letteratura tecnica. Come condizioni di riferimento per la definizione di m t, occorre poi precisare che si possono assumere:— quelle esistenti nel condotto di aspirazione nella zona immedia­

tamente a monte della valvola o della luce di ammissione,— quelle dell’ambiente da cui il motore si alimenta.Nel primo caso si ottiene un coefficiente di riempimento che dà una misura delle prestazioni fluidodinamiche del solo gruppo cilindro- valvola, nel secondo invece, esso tiene conto delle perdite globali che si verificano in tutto il sistema di alimentazione aria.In genere qui si adotterà quest’ultimo riferimento che permette di attribuire a \ una maggiore utilità pratica, mentre si impiegherà il primo nel caso di motori sovralimentati, quando si voglia separare la funzione svolta, nel processo di sostituzione del fluido, dal grup­po di sovralimentazione.Si osserva, infine, che la definizione data di \ attraverso la 1-31, che fa riferimento alla sola aria fresca aspirata, si applica indifferen­temente ai motori ad iniezione di combustibile od a carburazione. In quest’ultimo caso, infatti, la carica fresca è in realtà costituita da una miscela (più o meno completamente allo stato gassoso) di aria e combustibile. Risulta tuttavia agevole, da un punto di vista con­cettuale, separare idealmente la massa d’aria presente nella carica fresca e, in sede sperimentale, rilevare la portata d’aria ma aspirata dal motore al banco prova, inserendo il misuratore a monte del carburatore, in modo da pervenire attraverso la 1-29 e 1-31 alla de­terminazione operativa di Xv. Il vantaggio che ne deriva è dato dall’uniformità di trattazione dei vari motori, per cui risultano ap­plicabili le stesse espressioni analitiche, indipendentemente dal si­stema di alimentazione del combustibile adottato.

1.3 7Relazioni tra i parametri caratteristici

Le grandezze che caratterizzano il funzionamento di un motore, definite nei punti precedenti del presente paragrafo, possono esse­re correlate tra loro in modo da ottenere alcune semplici espressio­ni analitiche, cui può risultare conveniente fare riferimento nel se­guito di questa trattazione per semplificare o sintetizzare l’analisi critica dei fenomeni in esame.In particolare, grazie alla 1-28 la potenza effettiva può essere espressa in funzione del consumo di combustibile:

pe = Tl0mcH, 1-32

Page 39: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

da cui, tramite le 1-25,1-29 e 1-31, si perviene alla relazione:

Pe = rjg — Xv Kpa - 1-33a e

che lega la potenza effettiva sviluppata ai principali parametri carat­teristici del motore.Un confronto della 1-16 con la 1-33 permette di giungere ad una espressione simile per la coppia effettiva erogata dal motore:

Me = — ^ Tìg — K v pa 1-342 n £ a

mentre la pressione media effettiva, attraverso la 1-24 e la 1-32 ri­sulta: H

Pm e = T]0 Pa 1 "35

Dal confronto tra queste ultime due espressioni o della 1 -6 con la 1 - 24 si deduce una relazione tra Me e p mg del tipo:

Afe = V Pme 1*372 n e

che evidenzia, per un motore di assegnata cilindrata V, la semplice proporzionalità tra pressione media effettiva e coppia.Relazioni analoghe a quelle appena trovate per le grandezze effet­tive, si possono ricavare per quelle indicate definite al paragrafo 1.3.3. Dalla 1-21 infatti si ha:

P. = r ,,m W i 1-38

da cui, tramite le 1 -25,1 -29 e 1 -31, si perviene alla relazione:

P, = r,i - K V p a - 1-39a e

che lega la potenza indicata sviluppata ai principali parametri carat­teristici del motore. Dalla 1-39, grazie alla 1-20 si ottiene l’espres­sione corrispondente per lap mi:

Hi ,

Pm \ = 1 i Pa 1 "40a

Un confronto poi tra la 1-21,1-22 ed 1-28 permette di esprimere il rendimento globale del motore come prodotto di quello organico per quello indicato:

1fl 1I = ,n0Pi //ncHl = T|0Til 1-41

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■| .4 Per realizzare un corretto accoppiamento tra motore ed utilizzatorePrestazioni (mezzo di trasporto, generatore elettrico, macchina operatrice, rresiaziom ecc^ ^ indispensabile conoscere come variano le prestazioni del dei motori primo in funzione delle esigenze del secondo. La potenza e la cop­

pia sviluppata da un motore, i consumi di combustibile e l’impatto ambientale prodotto, sono naturalmente la conseguenza delle sue caratteristiche intrinseche e di complessi fenomeni termo- fluidodinamici che in esso si realizzano e che verranno esaminati in dettaglio nei prossimi capitoli. In questo paragrafo tuttavia si ritiene utile anticipare un'analisi semplificata dell’andamento delle presta­zioni di un motore al variare delle condizioni di funzionamento, cui fare riferimento nella trattazione successiva.

1.4 1 Le curve che caratterizzano il comportamento di un motore so-r urve no quelle che esprimono la coppia motrice Me e la potenza effetti-caratteristiche va 'n unz'one c*e* re9ime di rotazione {Figure 1.7 e 1.8).

Occorre però tenere presente che le condizioni di funzionamento non sono definibili con un solo parametro operativo. Ad un dato re­gime di rotazione, infatti, un motore può sviluppare una potenza va­riabile agendo sull’organo della regolazione. Questo, cambiando (motore Otto) il valore del coefficiente di riempimento (mediante una valvola a farfalla presente nel condotto d’aspirazione), regola la massa di miscela aria-benzina bruciata in ciascun ciclo; oppure (motore Diesel) agendo sulla pompa di iniezione, adatta alla poten­za richiesta la massa di combustibile iniettata in una carica d’aria pressoché inalterata.

VELOCITA DI ROTAZIONE nm [giri/min]

1500 3000 4500 6000

Figura 1.7- Potenza e coppia effettive, in funzione del regime di rotazione e nelle condizioni di pièna ammissione, sviluppate da un tipico motore ad accensione comandata per autovettura.Caratteristiche: ciclo Otto 4 tempi, 4 cilindri, Vt= 999 cm3, D = 70 mm, C = 64,9 mm,Pa = 33 KW, aI regime n = 83,3 giri/s M e = 78 Nm, al regime n = 45 giri/s.

£z

o2<CLCLOO

VELOCITA DI ROTAZIONE n [giri/s]

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In condizioni di funzionamento stazionario i parametri che defini­scono il modo di operare di un motore sono quindi necessariamen­te due. Generalmente si utilizzano:— il regime di rotazione dell’albero motore,— il carico imposto dall’utilizzatore.

Quest’ultimo può essere precisato con diverse modalità: posizione dell’organo di regolazione, percentuale della potenza o della còppia massima sviluppabile dal motore a quel regime, pressione media indicata od effettiva fornita, ecc.

Nel dare le curve caratteristiche, quindi, occorre indicare anche le condizioni di carico cui si riferiscono. Generalmente esse sono quelle di massimo carico (o piena ammissione), perché in tale caso le curve forniscono le effettive prestazioni limite che il motore può assicurare.

La Figura 1.7 mostra le curve di coppia e potenza a piena ammis­sione per un motore a ciclo Otto per autovettura. La prima presenta un massimo per un regime di rotazione relativamente basso, rispet­to al campo d’impiego del motore. Tale andamento è giustificabile sinteticamente attraverso la 1-34, tenendo presente che i due pa­rametri che maggiormente variano con n sono: T|s e l v.Il rendimento globale diminuisce al crescere di n principalmente perché aumentano le perdite di energia per attrito negli accoppia­menti cinematici del motore (diminuzione di r jo, che è parte inte­grante di r |g). Se si adottano fasature fisse inoltre, k w presenta

Figura 1.8- Potenza e coppia effettive, in funzione del regime di rotazione e nelle condizioni di pienaammissione, sviluppate da un tipico motore ad accensione per compressione per veicolo commerciale. Caratteristiche: ciclo Diesel 4 tempi, 6 cilindri, Vj= 9,5 dm3,D = 120 mm,C = 140 mm,Pe = 234 kW, al regime n= 36,7 giri/s,M = 1270 Nm,

e ’

al regime n = 22,5 giri/s.

g a: I—o2<0.£LOO

900 1200 1500 1800 2100 nm [giri/min]

VELOCITÀ Di ROTAZIONE

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un massimo (vedere la Figura 2.2), diminuendo ai regimi più elevati a causa delle maggiori perdite fluidodinamiche e per n più bassi, per riflusso nel collettore d’aspirazione di parte della carica già en­trata nel cilindro.Ne deriva che laM e presenta un massimo in corrispondenza del re­gime ottimale ai fini del riempimento del cilindro e successivamente diminuisce al crescere di n, perché decrescono sia rig che Xv. Per regimi inferiori a quello di massimo, invece, la coppia cresce con n perché migliora Xv.La stessa curva letta in scala diversa, per la 1-37 fornisce anche l’andamento dellap me in funzione dei giri del motore.Per passare dalla curva di coppia a quella di potenza, confrontan­do la 1-33 con la 1-34 (oppure tenendo presente la 1-16), si vede che basta moltiplicare le ordinate della prima per le rispettive ascisse. Si ottiene perciò una curva della Pe rapidamente cre­scente nel primo tratto, perché aumentano contemporaneamente sia M e che n. Superato il regime di massima coppia, la P? aumen­ta sempre meno rapidamente con n (perché M e sta diminuendo) fino a raggiungere un proprio massimo*, oltre il quale la diminu­zione di coppia è così forte da non poter più essere bilanciata daH'aumento di n.SI può inoltre osservare, nella Figura 1.8, che la pendenza dei raggi che proiettano dall’origine (non riportata in Figura 1.7) i punti della curva di potenza, risulta proporzionali ad Me (tan p = Pe / n ~ M e), per cui si avrà il massimo valore della coppia in cor­rispondenza del regime, per il quale una retta uscente dall’origine risulta tangente alla curva della potenza. Quest’ultima poi viene utilizzata soltanto in un tratto limitato compreso tra un regime mi­nimo ed uno massimo. Al di sotto del primo, infatti, l’alimentazio­ne del motore diventa irregolare, la curva di coppia instabile e la lubrificazione idrodinamica degli accoppiamenti cinematici risulta inefficace. Il regime massimo di utilizzo del motore cade normal­mente in corrispondenza di quello di massima potenza od è di poco superiore ad esso. Non si ottiene infatti alcun guadagno dal punto di vista energetico nel superare tale regime, poiché la po­tenza sviluppabile in queste condizioni può essere ottenuta an­che a giri più bassi, con sollecitazioni meccaniche degli organi e consumi specifici di combustibile minori.

La Figura 1.8 riporta le corrispondenti curve caratteristiche per un Diesel ad iniezione diretta (turbosovralimentato ed interrefrigerato) destinato alla trazione industriale. Gli andamenti sono dello stesso tipo di quelli discussi In precedenza con alcune modeste differenze:— la curva di coppia del Diesel è normalmente più appiattita, nel

* L’esistenza di un massimo per la curva Pe (n) è garantita da un punto di vista analitico dal fatto che essa si annulla: per n = 0 e per il regime teorico cui corri­sponderebbe un annullamento di M e (per difficoltà di riempimento e la totale dissipazione in perdite organiche della potenza sviluppata dal motore).

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campo di utilizzo del motore, come conseguenza di una mag­giore costanza del coefficiente di riempimento al variare del nu­mero di giri;

— il regime di massima potenza è nettamente meno elevato di quello di un motore Otto, a causa della lentezza con cui si svolge il processo di combustione in un Diesel e delle maggiori masse degli organi in moto alterno;

— il regime di rotazione massimo coincide con quello di massima potenza, per non sollecitare eccessivamente il motore e garan­tirne una maggiore durata;

— risulta meno ampio l’intervallo tra il numero di giri minimo e quello massimo ammissibili, ossia il campo di regimi di pratico impiego di questo tipo di motore.

L'andamento delle curve caratteristiche di un motore risulta partico­larmente importante per lo studio del suo accoppiamento all'utilizza- tore. I casi che si possono presentare sono molto vari, perchè molteplici sono le applicazioni dei motori a combustione interna come generatori di potenza meccanica, tuttavia si possono considerare tre situazioni tipiche:1. la macchina trascinata (ad esempio un generatore elettrico) richiede una velocità di rotazione costante (perchè ad essa è legata la frequenza della corrente prodotta), con una coppia variabile dal minimo al massimo valore, in funzione del carico applicato;2 . il motore deve fornire una coppia crescente con il quadrato del regime di rotazione (Me ~ n2), perchè con tale legge aumenta la resistenza incontrata dall'utilizzatore (elica marina o aeronautica, turbopompa, ventilatore, ecc.);3. vengono richiesti valori estremamente variabili (da un istante all'altro) di velocità di rotazione e di coppia motrice, insieme alla prontezza di risposta nel passare da una condizione all'altra ed alla stabilità di funzionamento a regime (motori destinati alla trazione stradale o ferroviaria).Nel primo caso, per la realizzazione di gruppi elettrogeni, si utilizzano motori in cui si tende a frazionare il più possibile la potenza su di un elavato numero di cilindri ed afar uso di un volano di grande momento d'inerzia, in modo da contenere l'irregolarità di marcia entro limiti piuttosto stretti. Dovendo inoltre il motore funzionare a velocità costante, i principali vincoli di progetto mirano ad assicurare durate consistenti (funzionamento continuato per anni, con pochi intervalli per la manutenzione) ed un consumo di combustibile il più basso possibile, per quel regime di rotazione (al variare del carico imposto). Alla seconda categoria appartengono i motori accoppiati alle macchi­ne a fluido, che incontrano una coppia resistente crescente con il quadrato del regime di rotazione. Per essi si cerca di adattare il più possibile il numero di giri del motore a quello ottimale della macchina operatrice, per ridurre le dimensioni (od annullarne la presenza) del

1.4.2Accoppiamento del motore all’utilizzatore

Page 44: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

Figura 1.9 - Rappresentazio­ne schematica della forza motrice F Jv j disponibile alle ruote (curva caratteristica del motore) e della forza resistente R( v) (caratteristi­ca del veicolo), in funzione della velocità v. Con un rapporto di trasmissione fisso la caratteristica di un motore a combustione intema risulta troppo lontana dall'andamento ottimale, corrispondente alla condizione di potenza costante al variare della velocità (iperbole equilatera).

riduttore (o moltiplicatore) interposto tra le due macchine. Un caso limite è costituito dai Diesel due tempi navali, in cui si è scesi fino la regime di 1 + 2 giri/s, in modo da permettere l'accoppiamento diretto del motore all'elica di propulsione della nave. Particolarmente curati sono i consumi di combustibile lungo la curva di utilizzazione del gruppo e soprattutto al regime di più comune impiego (velocità di crociera).Sui motori destinati alla trazione (terzo caso considerato) grava il maggior numero di esigenze, dovendo essi fornire prestazioni brillanti su di un ampio campo di regimi di rotazione e di carichi, con accettabili consumi specifici di combustibile e qualità dei gas scaricati. In particolare, per sfruttare al meglio la potenza installata, sarebbe auspicabile che tali motori rendessero disponibile alle ruòte una potenza utile costante, al variare della velocità v del veicolo:

P. = (FJ , v = costante 1-42e ' m 'o p t

In tale caso ottimale la forza motrice disponìbile alle ruote (FJ aumenterebbe con legge iperbolica al diminuire di v (vedere Figura 1.9), trovando nella zona delle piccole velocità il suo limite superiore nel valore imposto dal problema dell'aderenza delle ruote motrici al terreno ((Fm)Max = Fad). Inoltre, la resistenza R(v) incontrata dal ve­icolo è una funzione crescente (piùomeno complessa) della velocità,

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Figura 1.10- L'uso di un cambio disconti­nuo a quattro marce permette di avvicinare l'andamento della curva caratteristi­ca di un motore a combustione interna a quella ottimale, corrispondente alla condizione di potenza costante al variare della velocità (iperbole equilatera).

normalmente espressa (in termini semplificati) come somma di due addendi: R=FÌQ+FÌ2p2 1-43

con:— R0: indipendente dalla velocità (tiene conto: della pendenza

stradale, degli attriti, ecc..);— R2v 2: proporzionale al quadrato della velocità (comprende: la

resistenza aerodinamica, l'attrito dei pneumatici, ecc.).

Nel grafico di Figura 1.9sono riportate due tipiche curve di resistenza di un veicolo R(v) ed R'(v), per due diverse pendenze della strada. Il punto d'incontro (per esempio S) tra la caratteristica del motore Fm(v) e quella di resistenza del veicolo R(v), individua nel grafico la condizione di funzionamento a regime. Si può allora notare che la curva motrice ottimale fornita dalla 1 -42 (iperbole equilatera), presen­ta due importanti proprietà:1. risultano sfaM'tutti ¡punti di funzionamento a regime del possibile campo d'impiego del veicolo. Se esso deve infatti affrontare un aumento della resistenza (dovuto ad esempio ad una maggiore pendenza), il motore è sempre in grado di fornire una forza motrice Fm > R, fino al limite dell'aderenza, pur di ridurre opportunamente la velocità.2 . nei transitori mette a a disposizione tutta la potenza installata, per raggiungere con prontezza la condizione di regime, garantendo così la massima forza accelerante (F c = Fm- R) in ogni istante.

Supposto costante il rapporto di trasmissione tra l'albero motore e le ruote, nel diagramma di Figura 1.9 è riportata anche la caratteristi­ca Fm(v) tipica di un motore a combustione interna, la quale risulta simile alla curva di coppiaMe(n) mostrata in Figura 1.7o 7.8(essendo Mb ~ Fm ed n ~ v). La forma di tale curva risulta purtroppo molto

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Figura 1.11 - Tipici andamenti delle curve caratteristiche di potenza e coppia effettive, in funzione del regime di rotazio­ne. L'intervallo compreso tra il numero d i g iri d i massima coppia nu e quello di massima potenza insieme alla corrispondente variazione di coppia, dà una misura dell'ela­sticità o flessibilità d'impiego di un motore destinato alla trazione stradale.

inooc

<0.Q_OO

REGIME MOTORE

LUgoc

<a.0.Oo

HIgcc

<CL0.oo

REGIME MOTORE REGIME MOTORE

diversa da quella ideale discussa in precedenza. Ne derivano le seguenti conseguenze:1. il tratto della Fm(v) decrescente all'aumentare di v, risulta stabi­le (vedere ad esempio il punto S). La parte di caratteristica alla sini­stra del massimo (ad esempio il punto I) non rappresenta però condizioni stabili di funzionamento a regime*. Inoltre il veicolo, nel caso mostrato in Figura 1.9, non riuscirebbe a superare la maggior pendenza stradale che fa passare la resistenza da R(v) a R'(zt).2. la forza accelerante F 'c disponibile nei transitori è molto inferiore a quella utilizzabile, nel caso ottimale di potenza costante al variare

Viene però utilizzata nei transitori di velocità e di carico del motore.

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di v, con conseguente minor prontezza nel passare da una condizio­ne di funzionamento ad un'altra.Si deduce quindi che la trasmissione del moto tra un motore a combustione interna e le ruote, non può ridursi ad un rapporto meccanico fisso, ma deve costituire un gruppo capace di cambiare (in modo discontinuo o continuo) la forma della curva F {v), rendendola adatta alle esigenze della trazione, e di permettere al motore di avviarsi in assenza del carico.La Figura 1.10 illustra le trasformazioni introdotte da un cambio discontinuo a 4 marce sulla caratteristica motrice, avvicinandola all'iperbole equilatera ottimale. Essa sarà approssimata tanto meglio quanto più alto è il numero dei rapporti (fino alla condizione limite di trasmissione continua) e quanto più elastica sarà la curva di coppia del motore. Il concetto di elasticità della caratteristica è normalmente introdotto per esprimere la misura in cui questa curva si avvicina alla situazione ottimale di potenza costante su tutto il campo d'impiego. Essa risulta quindi tanto più elevata quanto maggiore è la differenza tra le velocità massima e minima ammissibili e la variazione dei corrispondenti valori di coppia approssima la curva ottimale a poten­za costante (iperbole equilatera). Tale proprietà può venire precisata con un indice sintetico, legato da relazioni analitiche* più o meno complesse alle grandezze appena ricordate, ma il suo significato può essere facilmente illustrato, commentando i tre tipici andamenti delle curve di coppia e di potenza riportati in Figura 1.11.Il motore a sviluppa un'elevata coppia in prossimità del limite inferiore dei giri di funzionamento, con una conseguente curva di potenza che decresce rapidamente, dopo aver raggiunto un massimo piuttosto limitato. Tuttavia, poiché il campo ottimale d'impiego cade tra il regime di massima coppia «M e quello di massima potenza«p, questo motore offre un ampio intervallo fra questi due punti, con una conseguente buona elasticità e semplifica la progettazione della trasmissione.Il motore b ha una curva di coppia un po’ più piatta, con un massimo spostato verso un regime «M più alto. Siccome la coppia si mantiene più grande al giri più elevati, risulta disponibile una maggiore potenza massima, sacrificando un poco la flessibilità d'impiego del motore.

* Tra le tante, qui ci si limita a richiamare la seguente:

e = /»P - «m\ 2 Mm - Mp = np - nM Mm - MP6 l «p J - M u (nMl nP) np M u ~ M M (nM/ n p)che costituisce una relazione molto semplice con il grosso vantaggio di utilizzare solo dati generalmente noti, anche se in realtà occorrerebbe valutare l'andamento della curva caratteristica sull’intero campo d'impiego del motore. In essa il primo rapporto esprime l’estensione relativa del tratto di curva a coppia decrescente, mentre il secondo tiene conto della diminuzione relativa di coppia rispetto a quella che si avrebbe lungo l’iperbole equilatera ottimale (dove:M =M w(nJrì)). Si avrebbe*? = 1 nel caso di andamento della caratteristica ad iperbole equilatera su tutto il campo di regimi (da n = 0 = nM ad n = np) ed e = 0 nel caso fosse una retta orizzontale (Mb = costante) o tutta crescente con n (valori tipici: e = 0,02 0,15).

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1.4.3 Superfici tridimensionali e piani quotati

Figura 1.12- Diagramma tridimensionale rappresentante l’andamento dei consumo specifico di combustibile (espresso in [g/kWh] e tra parentesi tonde in [g/MJ]), in funzione della P mc (ossia del carico) e del regime di rotazione, per un tipico motore ad accensione comandata per autovettura (lo stesso, le cui caratteristiche sono riportate in Figura 1.7).

Il motore c ha una fasatura ed una geometria del sistema d'aspirazio­ne, ottimizzate per avere la massima coppia ai regimi più elevati. Per ottenere questo risultato, la curva di coppia è costretta a scendere rapidamente al diminuire dei giri (per« < nM) e si mantiene piatta da«M ad hp. Questo fatto, unito airulteriormente limitato intervallo n p - n M, riduce l’elasticità del motore rendendone la caratteristica particolar­mente rigida.

Per una descrizione completa delle condizioni di funzionamento di un motore, si è visto che occorrono due parametri: il regime di rota­zione ed il carico. Una determinata prestazione, che sia funzione di queste due grandezze potrà allora essere rappresentata mediante una superficie spaziale in un diagramma a tre dimensioni, al fine di caratterizzarne l’andamento in modo immediato.La Figura 1.12 riporta i valori del consumo specifico di combustibile csc in un motore Otto per autotrazione, in funzione del carico e del regime di rotazione. Appare così evidente una zona dì mìnimo con­sumo in corrispondenza dì un carico abbastanza elevato (80-5-90% del suo massimo valore) e per regimi prossimi a quelli di massima coppia.A carico costante, al crescere di n a partire dalle condizioni di mini­mo, i consumi aumentano principalmente perché risultano maggiori

CONSUMO COMBUSTIBILE Csc [g/kWh] (g/MJ)

30 40 50 60 70 80 [giri/s]

1800 24003000 3600 4200 4800 [giri/min]

VELOCITÀ DI ROTAZIONE

CGCL

$

LUIL.Li.LU

<QLU2LU2OCi)coLUCCCL

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Figura 1.13- Piano quotato rappresentante l ’andamento del consumo specifico di combustibile (espresso in [g/ kWh] e tra parentesi tonde in [g/MJ}), in funzione della p (ossia del carico) e del regime di rotazione, per un tipico motore ad accensione per compressione per veicolocommerciale (lo sfesso, le cui caratteristiche sono riportate in Figura 1.8).

le dissipazioni per attrito e si ha la tendenza ad arricchire la miscela aria-combustibile per awicinarsi alla dosatura di massima potenza. Al diminuire di n si ha ugualmente un aumento del consumo speci­fico, perché acquistano una maggiore importanza la perdite termi­che per ciclo e si deve utilizzare una miscela più ricca per aumenta­re la velocità di propagazione del fronte di fiamma e rendere più stabile il funzionamento del motore.A regime costante, un aumento del carico a partire dalle condizioni di minimo consumo, comporta una crescita di quest’ultimo perché si va verso la zona di piena ammissione, dove l'alimentazione di­venta ricca per conseguire la massima potenza possibile; mentre una diminuzione del carico produce ancora un aumento del consu­mo, a causa della maggiore importanza relativa delle perdite orga­niche e termiche, in rapporto alla diminuita potenza utile sviluppata.Spesso per descrivere le prestazioni di un motore si ricorre anche all’uso di piani quotati. In questo caso, su di un piano che riporta in ordinate le pme (carico) ed in ascissa i regimi di rotazione n (Figura 1.13), vengono tracciate delle linee che congiungono i punti di fun­zionamento, cui competono gli stessi valori di un dato parametro (per esempio il consumo di combustibile). Si ha così una rappre­sentazione immediata del contributo relativo dato dalle diverse con­dizioni di funzionamento al consumo di combustibile da parte del motore. Sullo stesso piano, p m- n, per una quantificazione imme­diata della potenza sviluppata dal motore, sono spesso riportate anche le linee a potenza costante, le quali, per la 1-24, risultano delle iperboli.Circa l’andamento del consumo specifico di combustibile di un mo­tore Diesel, in funzione delle condizioni di funzionamento del moto-

CDQ_

LULLLLLULUZococoLUocÛ.

600 900 1200 1500 1800 2100 2400

[giri/s][giri/min]

VELOCITA DI ROTAZIONE

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re (si veda l’esempio di Figura 1.13), valgono considerazioni ana­loghe a quelle fatte per l'Otto. In generale si constata che la zona di minimo in questo caso risulta ancora più accentuata ed estesa, per il fatto che la regolazione del motore è fatta agendo sul rapporto aria-combustibile. Lo smagrimento della dosatura permette quindi di ottenere ai carichi parziali un vasto campo di bassi consumi spe­cifici, nonostante la maggiore importanza relativa acquisita dalle perdite organiche e termiche.Grazie all’uso di diagrammi tridimensionali e piani quotati, è quindi possibile rappresentare in modo sintetico e completo le variazioni di prestazioni di un motore su tutto II relativo campo di funzio­namento.

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2. Alimentazione aria nel motore a quattro tempi

2.1Alimentazione aria nei motori

L’importanza del processo di alimentazione dell’aria in una mac­china termica appare evidente, se si tiene presente il fatto che la potenza che essa è in grado di sviluppare risulta, in definitiva, li­mitata dalla rapidità con la quale essa riesce: ad aspirare aria, mescolarla con il combustibile ed espellere i prodotti della combu­stione, dopo averli energeticamente sfruttati al massimo. Questa sequenza è per certi aspetti simile a quella tipica degli esseri vì­venti, per cui, per analogia, si potrebbe parlare di «respirazione» del motore.Una caratteristica tipica dei motori volumetrici è poi costituita dal loro funzionamento ciclico: ciascun cilindro aspira una certa massa d’aria e, dopo la combustione e l'espansione, scarica i prodotti della combustione prima di una nuova aspirazione. Ne deriva che il flus­so in entrata ed in uscita di un motore risulta pulsante. Poiché tale pulsazione coinvolge energia, si può dire che un corretto dimen­sionamento dei sistemi di aspirazione e scarico può ridurre il lavoro speso per mantenervi il flusso richiesto; mentre un proporzio- namento errato può portare questa energia ad agire in contrasto con il riempimento dei cilindri, riducendo così la potenza che il mo­tore può sviluppare.Si è già accennato inoltre, al fatto che il processo di sostituzione della carica presenta caratteristiche sostanzialmente diverse nel caso del motore a quattro tempi, rispetto al due tempi. Nel primo caso, dopo una prima fase di scarico spontaneo, i gas combusti sono espulsi dal cilindro dall'azione del pistone durante l’intera cor­sa di scarico, mentre nella corsa successiva la carica fresca viene aspirata. Più di metà dell’intero ciclo è dedicato a questo processo e si ottiene normalmente un buon ricambio del fluido di lavoro du­rante ogni ciclo. Nel caso del motore a due tempi, allo scarico spon­taneo segue l’espulsione dei gas combusti ad opera della carica fresca, che è forzata ad entrare nel cilindro da una pompa ausiliaria che fornisce l’energia necessaria, mentre il moto del pistone (che nel frattempo si sposta di poco attorno al PMI), non gioca un ruolo importante nel processo. Ad esso è generalmente dedicata una fra­zione inferiore alla metà del ciclo ed il ricambio della carica è di solito meno buono che nel quattro tempi.

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In questo capitolo, si approfondirà il problema dell’alimentazione dell’aria nel motore a quattro tempi, mentre il due tempi sarà studia­to nel prossimo Capitolo 3. Inoltre, si inizierà con l’esaminare i pro­cessi che awengono attraverso le valvole e le luci, prescindendo dagli effetti prodotti dai condotti. L’influenza dei sistemi di aspirazio­ne e scarico sulla sostituzione della carica verrà trattata nel Capito­lo 4, mentre il successivo Capitolo 5 analizzerà la pratica della sovralimentazione, intesa come tecnica per aumentare la massa d’aria aspirata dal motore per ciclo. Infine, nel Capitolo 9 verrà esa­minato il compito aggiuntivo, normalmente affidato al sistema di ali­mentazione, in base al quale esso deve anche imprimere alla cari­ca entrante nel cilindro un opportuno moto turbolento, in modo da favorire il successivo processo di combustione.

L’andamento delle pressioni all’interno del cilindro di un motore (non sovralimentato) a quattro tempi, durante il processo di sosti­tuzione della carica, è illustrato in funzione dei volumi nel dia­gramma di Figura 2.1. In esso si può notare che, con un certo an­ticipo rispetto al PMI, si apre la valvola di scarico. I gas fuoriescono dal cilindro (vedere paragrafo 4.2) sotto l’effetto della differenza di pressione, realizzando la fase di scarico spontaneo. Quando il pistone inverte la sua corsa, la pressione nel cilindro è ormai scesa ad un valore prossimo a quello dell’ambiente p a, in modo da non richiedere la spesa di un eccessivo lavoro, per l’espulsione della massa di gas rimasti nel cilindro durante la cor­sa di scarico.Normalmente, si anticipa anche, rispetto al PMS, l’apertura della valvola di aspirazione e si ritarda la chiusura di quella di scarico, per sfruttare l’inerzia dei gas uscenti per richiamare la carica fre­sca nel cilindro, prima ancora che il pistone inizi la sua corsa di ritorno. Durante quest’ultima, l’aria è aspirata dall’aumento di vo­lume prodotto dal moto dello stantuffo e continua ad entrare nel cilindro per inerzia dopo che esso ha raggiunto il PMI. Per sfrut­tare tale effetto, la valvola di aspirazione chiude generalmente con un opportuno ritardo rispetto al PMI (punto i: Figura 2.1).L’andamento appena descritto delle pressioni nel cilindro risulta alquanto difficile da determinare con i calcoli, a causa del sovrapporsi di diversi effetti: variazioni con il tempo dell’area di passaggio delle valvole, fenomeni d’inerzia, propagazione di onde di pressione nei condotti, ecc. Tali difficoltà giustificano la prassi comune di sintetizzare l’intero processo con un solo indice: il coefficiente di riempimento o d i carica X.v, definito al paragrafo 1.3.6.Si tenga presente, inoltre, che le considerazioni di questo capitolo risultano valide sia per il motore Diesel che per quello Otto a quattro tempi, con la precisazione che il primo, al variare del cari­co (a parità di giri) non varia la massa d'aria aspirata (ossia À.v); mentre nel secondo la valvola a farfalla strozza il condotto di aspi­razione, proprio per provocare una variazione di K e regolare

2.2Analisi semplificata del processo in un motore a quattro tempi

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così la potenza erogata. Per ¡1 motore Otto considereremo quindi solo le condizioni di piena ammissione (valvola a farfalla tutta aperta, ovvero carico massimo), perché è in queste condizioni che la massa d’aria aspirata limita la potenza sviluppata dal mo­tore.Facendo riferimento al diagramma tipico di Figura 2.1, si possono allora analizzare i fenomeni che influenzano il processo di sostitu­zione della carica nel quattro tempi, in modo da legare il coefficiente di riempimento ad alcuni parametri che caratterizza­no il motore e le sue condizioni di funzionamento. A questo pro­posito, si osservi che la quantità di fluido effettivamente aspirata è diversa da quella teorica Vpa, schematicamente per i seguenti motivi:a) i gas combusti che riempiono lo spazio morto, alla fine della fase di scarico, si trovano (Figura 2 .1) ad una pressione p,> p j= pres­sione ambiente) per cui, all’ inizio della fase di aspirazione, si espandono occupando un volume superiore a quello dello spazio morto;b) la pressione che regna nel cilindro alla fine della corsa* di aspira­zione Pi è minore di pa (quindi la densità della carica è p, < pa), perché si deve spendere un certo lavoro/, per vincere le resistenze fluidodinamiche e per accelerare il gas che entra attraverso le luci di aspirazione, mentre l’energia cinetica da esso acquistata, viene in buona parte dissipata;c) durante il processo di alimentazione, avvengono degli scambi di calore fra le pareti del motore ed il fluido entrante, che portano ad un aumento della temperatura della carica e quindi ad una diminu­zione della sua densità.Si osserva, per inciso, che fra questi scambi di calore non va inclu­so il processo di mescolamento dei gas residui con la miscela fre­sca. Infatti, se si suppone che i due fluidi abbiano lo stesso calore specifico e lo stesso peso molecolare (vale a dire stessa R), la contrazione di volume dei residui, come conseguenza del loro raf­freddamento, uguaglia l’espansione della miscela fresca. Quindi questo processo, globalmente, non dà luogo a nessuna perdita di riempimento.Introdotte le seguenti ipotesi semplificative, dettate dall’esigenza di

* Si è già detto che la fine della corsa di aspirazione non coincide con la fine della fase di aspirazione, a causa del ritardo nella chiusura della valvola. Quan­do tale chiusura avviene, la pressione nel cilindro è salita ad un valore p, vicino, od addirittura superiore apa, però contemporaneamente il volume totale è dimi­nuito, essendo iniziata la corsa di ritorno dello stantuffo. Si ha:

v>- = t t t y V's • r - 1

avendo posto y-, = 1 - — -------, dove: sp = spostamento dello stantuffoC r

all’istante i (chiusura della valvola di aspirazione: ossia inizio compressione).

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Figura 2.1 - Andamento tipico delle pressioni in funzione dei volumi, entro il cilindro di un motore (non sovralimentato) quattro tempi, durante il processo di sostituzione della carica. Sono evidenziate le convenzione di segno per il calore Q ed il lavoro L scambiato dal sistema con l'esterno ed i punti del ciclo: r - finecorsa scarico,1 - fine corsa aspirazione, i - inizio fase di compressione (chiusura valvola d’aspirazione).

pervenire ad un’espressione ragionevolmente semplice della rela­zione cercata:— la carica fresca ed i gas residui si comportino come gas perfetti

con gli stessi cp, cv, R,— che non vi sia apprezzabile fuga di carica fresca attraverso la

valvola di scarico, nel periodo in cui (verso la fine dello scarico) entrambe le valvole sono aperte;

si può legare il coefficiente di riempimento alle grandezze che lo influenzano, applicando il principio di conservazione dell’energia al processo di alimentazione. Si può cioè scrivere che la differenza frail calore Q che il sistema globalmente riceve e il lavoro L ceduto al­l’esterno uguaglia la sua variazione di energia interna, ossia la dif­ferenza fra l’energia posseduta dalla massa finale [r / (r - 1 )] V y, p, del fluido e quella relativa alla massa [V / r - 1)]pr di gas residui e alla massa XvVpa di carica fresca:

Q - L = V yi pi e, -

/ V \ 2-1- ^ ^ Pr Cr + K V pa eaJ

Si consideri ora un opportuno incremento di temperatura AT, definito come l’aumento di temperatura che si avrebbe nella carica fresca qualora il calore Q, globalmente ceduto all’intero fluido durante il processo di aspirazione, fosse ceduto alla sola carica fresca ed a

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f i

pressione costante; ossia:

Q = X „ F p acpA T 2-2

Inoltre, il lavoro L, globalmente ceduto all’esterno durante l'intero processo, è dato dalla differenza fra il lavoro ceduto dai gas allo stantuffo e quello compiuto dalla pressione all’ingresso pa sul fluido, ossia: ;

L = ^ p d V - pa Xv V2-3

IPosto: V = £ p d V I (pa V ), la 2-3 diventa:

L = ( y - K Ì P z V 2-4

Sostituendo la 2-4 e la 2-2 nella 2-1 ed esprimendo le masse speci­fiche in funzione della pressione e della temperatura e le energie interne in funzione della temperatura, si ha:

- K J p t V =t\ la

r y p; V p, paV Cy — Cy Tj — A<v 7 Cv Tar - 1 RT, r — \ RTr RTa

da cui, semplificando, dividendo ciascun termine per il fattore p &V cv / R, introducendo k = cp / c, e ricordando che è R I c, = (cp — cv) / Cy = k - 1, si ha:

A TXv k — - (V - >w) (k - 1 )

Ta

'V\ P<r - 1 p a r - 1

Ovvero, risolvendo rispetto a Xv:

1

A TXv (k — + k - 1 + 1) =

Ta

W (k - 1) + r y \ (Pi / Pa) - ( P r / P a )

r - 1

si perviene quindi all’espressione cercata:

1Xm —

1 + A T / T aXV (k ~ 1) + r y, (p \ lpa)~(p, / pa)'

k k ( r - 1) 2-5

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Figura 2.2 - La linea a tratto continuo mostra l ’andamento finale di 'kv in funzione di ùp, mentre l ’area (1) (tratteggiata) rappresenta l ’effetto delle perdite per riscaldamento e l ’area (2) (punteggiata) quello delle perditefluidodinamiche. Le differenze tra la curva finale e quella a tratto e punto sono dovute agli effetti dinamici ed al riflusso.

Noto l’andamento delle pressioni istantanee nel cilindro, la 2-5 permette di calcolare il coefficiente di riempimento del motore. In fase di progettazione, quindi, l’espressione 2-5 consente, per esempio, di stimare un valore di per un nuovo motore, utilizzando dati desunti da motori simili.La sua importanza, però, va ricercata, più che nello strumento di previsione in questa fase, nella sintesi teorica che essa rappresen­ta. Compendiando, infatti, l’effetto dei principali parametri del moto­re e delle sue condizioni di esercizio, tale relazione costituisce una sintetica base logica per l’interpretazione dei fenomeni connessi con il riempimento di un motore a quattro tempi.Schematicamente, si può ritenere che la storia delle pressioni nel cilindro durante tale processo sia soggetta ad effetti che si possono descrivere in modo adeguato in termini di velocità media, cui se ne sovrappongono altri legati alla variabilità delle condizioni di flusso da istante ad istante. I primi saranno chiamati effetti quasi-stazio- nari e fra essi si ricordano: le perdite di pressione dovute alle resi­stenze fluidodinamiche dei vari componenti (condotti, volumi, luci, ecc.) attraversati dai gas, gli scambi di calore con le pareti, ecc. I secondi saranno indicati come e ffe tti d inam ici prodotti daH’instazionarietà del flusso e come tali si possono considerare: i fenomeni inerziali delle masse di fluido In moto, le onde di pres­sione che si propagano nel sistema gassoso con la velocità del suono a, ecc.La relazione 2-5 sintetizza questi effetti precisando che il risultato finale dipende: dalla contropressione allo scarico (ps / p a), dalla perdita di carico in aspirazione all’atto della chiusura della valvola (y<P< / Pa- il cui peso risulta r volte quello del termine preceden­te, perché influenza tutto il fluido presente nel cilindro e non solo quello contenuto nello spazio morto) e dall’andamento delle pres­sioni durante il processo, valutato globalmente dal termine integra-

VELOCITÀ MEDIA DEL PISTONE up

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2.3Determinazionedelcoefficientediriempimento

le L. Per quanto riguarda poi l’effetto del riscaldamento della carica A T, la 2-5 precisa che esso va considerato in rapporto alla tempe­ratura Ta dell’ambiente di riferimento.L’importanza relativa di questi fenomeni dipende dalle condizioni di funzionamento del motore ed in particolare (visto che si è deciso di far sempre riferimento al pieno carico) dalla velocità media del pi­stone. La Figura 2.2 mette allora in evidenza che le perdite per ri- scaldamento della carica (area 1 : tratteggiata) hanno un peso de­crescente con u p (20 + 10%), perché diminuiscono i tempi di per­manenza del fluido a contatto con le pareti del sistema (vedere pa­ragrafo 2.4.1). L’effetto delle perdite di carico in aspirazione e scari­co (le prime con peso r volte quello delle seconde) cresce invece (area 2 : punteggiata) dapprima con « pz (moto turbolento), mentre per alti valori di up l’aumento si fa ancora più forte, fino a costitui­re la causa di circa il 90% della perdita di riempimento. In queste condizioni, infatti, può avvenire che nella sezione ristretta del siste­ma (in genere la luce della valvola), per una frazione sempre più ampia del processo, si verifichino le condizioni soniche, in corri­spondenza delle quali la portata non può ulteriormente aumentare.Gli effetti dinamici (inerziali e d’onda: Capitolo 4) possono poi per­mettere sensibili recuperi di Xv alle alte « p. Se però si adottano fasature fisse (vedere paragrafo 2.5.5), si hanno in genere anche perdite importanti ai bassi regimi del motore, per riflusso nel collet­tore d’aspirazione di parte della carica già entrata nel cilindro.Si tenga presente, infine, che i motori Diesel sono caratterizzati da valori di k v mediamente un po’ più elevati (+5% + +10%) degli Otto, perché hanno: minori resistenze in aspirazione (assenza di carbu­ratore o sensore di portata e di valvola a farfalla), condotti di aspira­zione meno riscaldati, minore frazione di gas residui (r più alti).

In pratica, il coefficiente di riempimento di un motore a quattro tem­pi può essere determinato per mezzo di modelli di calcolo che si­mulano il processo di sostituzione del fluido con diversi gradi di ac­curatezza, a fronte di una crescente complessità. Essi verranno presentati successivamente (a partire dal paragrafo 4.6), perché generalmente simulano il comportamento dei sistemi di aspirazione e scarico nelle loro configurazioni globali.Questi modelli calcolano le condizioni termodinamiche (pressione, temperatura e densità) e cinematiche (velocità) del fluido nelle se­zioni più significative del sistema in funzione del tempo, dalle quali risulta in modo immediato un bilancio istantaneo di masse nel cilin­dro. Nota perciò la massa totale ma di carica fresca aspirata per ciclo, in base alla definizione data (1-31), potrà essere calcolato come rapporto fra ma e la massa teorica di riferimento V pa.

Inoltre, il coefficiente di riempimento può essere misurato su di un motore al banco, rilevando la portata d’aria aspirata dal motore ma. Se si ritiene trascurabile nel motore a quattro tempi la perdita di carica fresca allo scarico durante il breve periodo di contempora­

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2.4Effetti quasi- stazionari

nea apertura della valvola di aspirazione e di scarico (vedere para­grafo 2.5.5), si può ricavare dalla relazione:

ma = X.„ V pa n / e 2-6

in cui tutti gli altri parametri sono noti. Circa la misura di m, vale forse la pena di accennare a ll’ impegno richiesto allo speri­mentatore per poter ottenere un rilievo soddisfacentemente preci­so, a causa della instazionarietà e comprimibilità del flusso.

Quando sono usati per queste applicazioni, infatti, i misuratori di portata richiedono normalmente l’inserimento fra lo strumento ed il motore di una capacità sufficientemente elevata da smorzare le fluttuazioni di portata, onde contenere l’errore di misura. Gli appa­recchi disponibili vanno da quelli classici per il rilievo della portata di un fluido comprimibile (bocca tarata, diaframma, flussimetro, ecc.) a quelli messi a punto specificamente per questo tipo di appli­cazioni (viscosimetro, misuratore volumetrico con sensore a filo caldo, ad ultrasuoni, ecc.). In ogni caso, lo strumento di misura non deve alterare le condizioni di funzionamento del motore, ossia per­turbare la grandezza da rilevare.

Per questo motivo, trova frequente applicazione anche una misura Indiretta di ma, basata sull’analisi dei gas di scarico. Nota la loro composizione, si può infatti risalire al rapporto di miscela a, per mezzo di relazioni analitiche (si veda il paragrafo 6.3) che si dimo­strano sufficientemente precise e ripetibili, specialmente in prossi­mità delle condizioni stechiometriche. Ricordando poi che è: ma = a mc , una misura della portata di combustibile con cui è alimentato il motore, permette di ricavare elaborando in definitiva rilievi di parametri che vengono normalmente registrati dagli attuali banchi prova.Partendo dai numerosi risultati ottenuti, sia per mezzo di modelli di calcolo che per via sperimentale, nei prossimi paragrafi si cercherà di evidenziare l’influenza dei principali parametri del motore e delle sue condizioni di funzionamento, sul coefficiente di riempimento di un motore a quattro tempi.

Si è già avuto modo di osservare nel corso dell’analisi semplificata del processo di sostituzione della carica eseguita al paragrafo 2 .2 , che l’influenza principale sul fenomeno è esercitata dalla tipica instazionarietà del moto dei gas nell’attraversare i sistemi di aspira­zione e scarico. L'importanza relativa delle forze in gioco (forze di pressione, d’inerzia e di attrito) dipende: dalle caratteristiche del fluido, dalle sue condizioni di moto e dalla geometria del sistema. In genere, gli effetti di tipo quasi-stazionario e quelli di tipo più propria­mente dinamico si sovrappongono, esercitando influenze dello stesso ordine di grandezza. Per semplicità di esposizione, si prefe­risce tuttavia separarli e rinviare la trattazione degli ultimi al Capito­lo 4, perché presentano caratteristiche comuni nel motore a due ed

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2.4.1Riscaldamento della carica fresca

a quattro tempi e sono più strettamente legati alle caratteristiche dei sistemi di aspirazione e scarico. Qui ci si limiterà, invece, ad approfondire i fenomeni (come il riscaldamento della carica e la re­sistenza fluidodinamica offerta dai vari componenti attraversati), che possono essere descritti in modo sufficientemente adeguato in termini di velocità media del fluido {effetti quasi-stazionari).

Quando essa si muove attraverso il sistema di aspirazione e dentroil cilindro, viene in contatto con pareti generalmente più calde (di temperatura media Tp). Il grado di riscaldamento subito AT di­pende: dalla sua velocità, dalla durata del processo di aspirazione e dalla differenza di temperatura fra le pareti e la carica. Siccome tale riscaldamento ne diminuisce la densità, con un'influenza nega­tiva sul riempimento, bisognerà cercare di renderlo minimo e, solo nel caso di motore alimentato a carburazione (vedere paragrafo 7.11), contenerlo nei limiti in cui il calore ricevuto viene utilizzato per vaporizzare il combustibile.

Per conservare a questa trattazione una maggiore generalità e ren­derla applicabile sia all’Otto che al Diesel, separiamo l'effetto dovu­to alla vaporizzazione del combustibile (che verrà trattato al para­grafo 2 .6 .2) e supponiamo che il fluido non cambi le proprie caratte­ristiche durante il riscaldamento. Il sistema in esame potrà essere schematizzato (Figura 2.3) come un condotto di diametro equiva­lente ds e lunghezza L, compreso fra la sezione iniziale i e quella finale f.

Ritenendo il processo descrivibile in termini di moto medio, il flusso di calore per unità di tempo Q ricevuto dalla carica fresca fra le se­zioni i ed f potrà essere espresso come:

Q = m acp AT = h ndeL (Tp-T ) 2-7

\ T \ T T A \ V V \ \ \ \ \ \

Figura 2.3 - Rappresentazione schematica di un tratto di condotto (di lunghezza L e diametro interno equivalente d j, compreso tra la sezione iniziale i e finale f, per il calcolo del riscaldamento subito dalla carica che lo percorre (Tp = temperatura media della parete interna).

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2.4.2Resistenzefluidodinamiche

avendo ritenuto il riscaldamento quasi-isobarico ed indicato con h un coefficiente di scambio termico convettivo medio, legato alle condizioni di moto del fluido da una relazione del tipo 14-4.Si potrà perciò esprimere h attraverso un coefficiente di proporzionalità:

h = C - Re°'a P r 0A = C P ; m A / ^ \ ° ' 8 _de de \ }

, , ■ • , . 0,8 2-8^ n 0,4 ^ m a l « e= C P r

de \ [X

in funzione della portata di carica fresca per unità di area della se­zione trasversale del condotto: m a1 = ma4 / (je dez). Sostituendo la2-8 nella 2-7, si ottiene:

y--l j-i 0 ,4 *l / * I \ 0|8* rp ^ „ C Pr X ma1 de\ _ TAT = 2? - T\ = — ;--------------------- n L (Tp - T )ma c p [i ^

Ma per un gas che cambia di poco la propria temperatura (vedere paragrafo 14.4), i parametri: Pr, X, cp e n si possono ritenere co­stanti e conglobare nella costante K = 4 C P r0AX / (cp u0 8), perve­nendo alla relazione finale:

A T = 7 Ì - T = Km ~° 'Z ~ (Tp - T) 2-9

Essa conferma che la perdita di riempimento dovuta a questa cau­sa aumenta al:1. diminuire di mp, perché si riduce ma1 e quindi per la 2.9 aumen­ta AT, a parità di altre condizioni;2. al crescere di L, perché crescono: la superficie di scambio ed i tempi di permanenza;3. al diminuire di de, perché aumenta la superficie di contatto per unità di massa di fluido;4. al crescere della temperatura media Tp (di: condotti, valvola, pa­rete cilindro, ecc.), che varia con: il grado di espansione dei gas combusti p s / p t, il rapporto di miscela, la temperatura del refrige­rante ed i dettagli di progetto del gruppo d’aspirazione (per esempioil fatto che questo sia o meno riscaldato per favorire l’evaporazione del combustibile).

La loro presenza nei sistemi di aspirazione e scarico riduce (vedere paragrafo 2 .2) la quantità di carica fresca ammessa nel cilindro, perché ne diminuisce la densità ed aumenta quella dei gas residui. Ciascun componente di questi impianti (filtro aria, carburatore, val­

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vola a farfalla, tratto di condotto, sede e valvola a fungo, silenziato­re, marmitta catalitica, ecc.) provoca cioè una caduta di pressione nella corrente fluida che in prima approssimazione può essere de­scritta in termini di velocità media, con un’espressione del tipo:

Aj?n = (/nè +n) Pn 2' 1°

ossia come somma di una perdita distribuita (misurata dal coefficiente f n - 0,01 + 0,02, in funzione di Re e della scabrezza della parete) e di perdite concentrate di natura specifica, legate ai dettagli costruttivi di ciascun componente.

La condizione di conservazione della portata fra la sezione di con­trollo del flusso nell’ennesimo elemento e la sezione trasversale del cilindro:

P n ^ n ^ n ~ P c ^ p - ^ c

permette di esprimere la velocità media locale u n In funzione della velocità media del pistone e quindi calcolare il contributo di tutti gli elementi del sistema di aspirazione (trascurando le variazioni di massa volumica: pn = pc « pa) mediante la relazione:

Pa ~ PcIn Ao

A n2-11

la quale evidenzia la dipendenza quadratica da wp della totale caduta di pressione fra ambiente esterno (pa) e cilindro (pc) e l’importanza di tenere ampie sezioni di passaggio per il fluido (An). A seconda del tipo di componente, la perdita di carico prevalente sarà di tipo distribuito (ad esempio: tratto di condotto) o concentrato (ad esempio: filtro aria), fino a produrre una caduta di pressione totale, in condizioni di piena ammissione, valutabile approssimati­vamente nei seguenti termini:

- 2pa - Pc « (0,03 - 0,12) pa = (20 -*■ 80) pa y [Pa] 2-12

con contributo preponderante (50 + 70 %) da parte della valvola. Considerazioni analoghe si possono ripetere per II sistema di scari­co, che produce una contropressione all’uscita dal cilindro:

Ps - p a - ^ A p n - Pa 2P 2 (/" / + §") ) 2' 13^en ì vAn

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quantificabile orientativamente, sempre in condizioni di piena am­missione, in:

ps - p a « (0,05 0,2) p a (40 + 150) pE- 2 U p

[Pa] 2-14

Anche in questo caso, il contributo prevalente è dato dalla resistenza fluidodinamica offerta dalla valvola di scarico.

2.5Condizioni di flusso attraverso le valvole

Come organi di controllo delle luci di ammissione e di scarico, in un motore a quattro tempi, vengono usate prevalentemente valvole a fungo [7]. Queste formano con le rispettive sedi le sezioni di passag­gio per il fluido normalmente più ristrette ed a cui competono le maggiori perdite di carico.In questo paragrafo si esamineranno perciò un po’ più in dettaglio le condizioni di flusso che si realizzano attraverso questi compo-

Figura 2.4 - Tipica valvola a fungo per motore a quattro tempi, con indicati i principali parametri geometrici che ne definiscono la forma: dv - diametro minimo del fungo; dM - diametro massimo del fungo,ds - diametro dello stelo;dc - diametro del condotto; h - alzata valvola; s - larghezza della sede;P - angolo della sede.

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nenti, i quali si dimostrano essere fra i più critici d@i s i stsrn i in esame.

2 ,5. j La Figura 2.4 presenta una valvola tipica per motori d'autovettura eSezione di definisce i principali parametri geometrici che descrivono la forma

della valvola e della sede. Da questi ultimi e dall’alzata h dipende il passaggio valore dell’area minima di passaggio perpendicolare alla direzione

del flusso. Se si desidera esprimerla in termini sufficientemente precisi, conviene distinguere [2] tre diverse condizioni in funzione dell’alzata (Figura 2.5).Finché h è medio piccola (0 < h < s / cos P)*, la minima sezione di passaggio è rappresentata dalla superficie laterale di un tronco di cono circolare retto avente: diametro di base minore dv (diametro

Figura 2.5 - Aree di passaggio tra la sede ed il fungo della valvola, per alzate medio piccole (1) e medio grandi (2): h - alzata valvola; s - larghezza della sede; p - angolo della sede;l'e d r - lunghezze delle generatrici delle superfici tronco coniche relative alla situazione (1) e (2)rispettivamente.

Un valore medio tipico [21] può essere ritenuto: 0 < h < 0,125 dw.

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minimo di contatto (con la sede) del fungo, uguale a quello della sede), generatrice perpendicolare alla sede valvola e perciò di lunghezza:

V = h sin (3

diametro della base maggiore:

d, + 2 /' cos p = dv + h sin 2 P

Risulta quindi:

Av = ~ (2dv + h sin 2^) h sin (3 2-15

Per alzate medio alte (s j cos (3 < h <(c/v2 - ds2) / 4dv), l’area minima è ancora rappresentata dalla superficie laterale di un tronco di cono circolare retto, il cui angolo di base aumenta dal valore (3 fino a 90° (diventando così un tronco di cilindro). Il diametro della base mino­re è ancora dv, la lunghezza della generatrice:

l " = -J h2 + s2 - 2sh cos p

il diametro della base maggiore dM (diametro massimo del fungo), per cui si avrà:

A v = ^ (dv + du) -fh2 + s 2 - 2s h cos p 2-16

Infine, quando l’alzata è sufficientemente grande, la sezione mini­ma di passaggio non è più quella compresa fra il fungo della valvo­la e la sua sede, ma è data dalla sezione trasversale minima di quest'ultima, diminuita dell’ingombro dello stelo:

Av -~ a [d ? -d t) 2-174

valida per: h > (d? - d 2) / 4dv, condizione che a volte può non es­sere mai soddisfatta (vedere paragrafo 2.5.3). Normalmente, le sedi valvole vengono realizzate con angoli di 60° e 45°, nei quali casi la 2-15 e la 2-16 diventano:

ÌAvl = 2,72 d, h - 1,18 hper p = 60° J ,-------------

[Av2 = 1,57 {dv + dM)y j h + s2 - sh

ÌAV1 = 2,22 dv h - 1,11 h2per p = 45° \ -------------------

A va = 1,57 (dv + dM)yJ h + s2 - 1,41 sh

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le quali evidenziano come, al diminuire di p, si riducano le aree geometriche di passaggio. I valori di queste ultime, per una coppia tipica di valvole di aspirazione e scarico di un motore Diesel turbosovralimentato sono riportate in Figura 2.6 in funzione dell'an­golo di rotazione dell’albero motore [22],

2.52 II flusso di gas attraverso queste aree, in ciascun istante del pro-Coefficiente cesso, è determinato dalla differenza fra la pressione nel cilindro e

quella nella sezione terminale del condotto in prossimità della vai­ai efflusso vo|a s¡ccome questo salto di pressione varia anch’esso continua-

mente (come la sezione di passaggio), risulta difficile, nelle effettive condizioni di funzionamento, fare delle misure o dei calcoli che per­mettano di studiare nel dettaglio le condizioni di moto dei fluidi.Per fortuna si è trovato che molte informazioni utili si possono ricavare anche utilizzando semplici apparecchiature, in cui le rela­zioni fra le condizioni di flusso e la caduta di pressione sono studiate per configurazioni fisse (valvola ad alzata costante e pistone fermo), con condizioni di flusso stazionario attraverso le luci di passaggio [3],Si è visto, infatti, che le effettive portate di fluido elaborate da un motore funzionante possono essere calcolate con buona precisio­ne sotto l’ipotesi di «flusso quasi-stazionario». Si può cioè ritenere che, in ciascun istante (o posizione angolare della manovella) la portata di fluido effettivo sia uguale a quella misurata in condizioni di flusso stazionario, attraverso la stessa area di passaggio e sottolo stesso salto di pressione. L’errore introdotto dipende, più che dall’ipotesi di base di quasi-stazionarietà, dal valore del passo di tempo assunto per il calcolo e può quindi essere minimizzato pren­dendo intervalli di tempo molto piccoli. Anche nei casi, infatti, in cui

5o3<>LUQLU

CO

LU

NLUCO

LUO=)_ l<LUCC< ANGOLO DI MANOVELLA [°]

Figura 2.6 ■ Rapporto adimensionale: area di passaggio/sezione della sede per le valvole di scarico e di aspirazione di un tipico Diesel quattro tempi sovralimentato. La linea continua rappresenta l ’andamento dell’area geometrica in funzione dell’angolo di manovella, mentre quella a tratti si riferisca all'area efficace (As, A a = area luci di passaggio; A VSJ A va = sezioni delle sedi valvole; Cs, Ca = coefficienti d’efflusso).

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alcuni effetti dinamici introducono delle differenze nei valori assoluti trovati, resta vero, in termini relativi, che le modifiche capaci di mi­gliorare il flusso nel caso stazionario risultano vantaggiose anche nelle effettive condizioni di funzionamento.Si fa allora riferimento alla situazione schematizzata in Figura 2.7, in cui, attraverso il gruppo valvola-tratto di condotto adiacente (o, meglio, un suo modello in materiale facilmente lavorabile e mo­dificabile: legno, plastica, creta, ecc.), viene aspirata aria dal lato cilindro (per simulare l’effetto del pistone), fino a creare a cavallo della sezione ristretta della valvola un salto di pressione prossimo a quello medio presente nei motori (Ap = 2 + 20 kPa). In condizioni di flusso stazionario, sarà allora possibile misurare la portata d’aria effettiva ma che passa attraverso il gruppo, con valvola mantenuta fissa ad una determinata alzata h. Facendo variare Ap ed h, si po­tranno rilevare le portate corrispondenti, in modo da raccogliere un gruppo di dati in grado di fornire parecchie informazioni sul moto dell'aria attraverso la valvola.

Figura 2.7- Dispositivo per il flussaggio di una valvolad'aspirazione. Si crea una depressione nel cilindro, simulando l'effetto prodotto dal moto del pistone e si misura la portata d’aria che attraversa (in condizioni di flussostazionario) la valvola, mantenuta ad alzata costante.

Figura 2 .8- Dispositivo per il flussaggio di una valvola di scarico. Si crea una sovrappressione nel cilindro, simulando l'effetto prodotto dal moto del pistone e si misura la portata d’aria che attraversa (in condizioni di flussostazionario) la valvola, mantenuta ad alzata costante.

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Figura 2.9 - Coefficienti d’efflusso di una tipica valvola in funzione del rapporto alzata/ diametro minimo del fungo, in condizioni di flusso diretto (dal condotto verso il cilindro) e di flusso inverso (dal cilindro verso il condotto).

Si osservi inoltre che lo schema di Figura 2.7 si riferisce evidente­mente ad una valvola d'aspirazione, per provare la quale si potreb­be benissimo soffiare con un ventilatore a monte della valvola, an­ziché aspirare aria a valle. Nel caso di flussaggio della valvola di scarico, invece, dal momento che la geometria di una valvola a fun­go non è simmetrica, per mettersi in condizioni più aderenti alla re­altà da un punto di vista fluidodinamico, conviene (Figura 2.8) sof­fiare dalla parte del cilindro, dal momento che le differenze rilevate sperimentalmente sono talvolta apprezzabili (vedere Figura 2.9).Ritornando ai rilievi di portata effettuati, si può notare che, per poter fare agevolmente confronti con altre situazioni simili od anche sem­plicemente per ricavare informazioni di base sull’andamento del processo, conviene elaborarli in modo da sganciarli il più possibile dalle caratteristiche specifiche delle prove effettuate e dare loro un significato più generale. A tale scopo, conviene ricordare che il pro­blema del passaggio di un fluido (aria, gas, combustibile, ecc.) at­traverso una data sezione è molto comune nello studio dei motori.Per questo motivo, si è ritenuto utile trattarlo separatamente ed in

termini generali nell’appendice A, dove si dimostra che risulta nor­malmente conveniente studiare dapprima un flusso ideale, al quale sono applicabili alcune ipotesi semplificatrici del fenomeno [1]. Gra­zie ad esse è possibile calcolare in termini relativamente semplici (vedere: A-2 o A-3) la portata ideale di fluido m„ che viene poi ri­portata ai valori effettivi tramite un «coefficiente di efflusso» della sezione di passaggio (vedere: A-7).Questo modo di procedere si adatta molto bene al nostro scopo. Si tratta solo di tenere presente che, nel caso in esame, la sezione effettiva di passaggio cambia continuamente con legge relativa­mente complessa (vedere paragrafo 2.5.1), per cui un’ulteriore semplificazione nei calcoli può derivare dal riferire la portata ideale

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ad una sezione costante di calcolo immediato. A questo proposito, conviene ribadire che il coefficiente di efflusso è un parametro di comodo, che può essere definito in maniera assolutamente arbitra­ria e che pertanto non esiste una definizione «corretta» od «erra­ta», ma semplicemente più o meno «conveniente» per gli scopi che ci si propone di conseguire. La sola cosa importante è che le condi­zioni di riferimento vengano definite in modo chiaro e preciso e sia­no poi applicate con congruenza. Lo svantaggio che ne deriva è costituito dal fatto che ogni autore adotta la definizione che meglio si addice alle proprie esigenze, costringendo così ad un loro attento esame, onde evitare di utilizzare in modo scorretto i dati pubblicati.

In questa trattazione, si definirà il «coefficiente di efflusso» di una valvola a fungo, in condizioni di flusso stazionario, come il rapporto fra la massa effettiva d’aria m a misurata con l’apparecchiatura schematicamente mostrata nelle Figura 2.7 e 2.8 e la portata teori­ca che passerebbe in condizioni di flusso ideale m h attraverso la sezione trasversale della sede valvola (jt dy2 / 4) (che risulta, ovvia­mente, costante). Ossia, per la A-3, supponendo di non raggiungere mai durante i rilievi il rapporto critico fra le pressioni, si ha:

Siccome, per regimi nettamente turbolenti, quali quelli che si verifi­cano attraverso le valvole di un motore, C risulta praticamente indi- pendente da Re (ossia dal Ap a cavallo della valvola), i valori di C ottenuti elaborando i rilievi di ms per diverse alzate in base alla2-18, si possono convenientemente riportare in funzione del rap­porto h / iiv. La Figura 2.9 mostra appunto un esempio di valori del coefficiente di efflusso rilevati per la valvola di aspirazione di un motore a ciclo Otto nel caso di flusso diretto (ossia dal condotto verso il cilindro) e di flusso inverso, evidenziando per questo secon­do caso perdite fluidodinamiche più consistenti (specie nel campo delle medie alzate).

Il valore del coefficiente d’efflusso, così definito, varia naturalmente da istante ad istante, perché con l’angolo di manovella 0 cambiano i valori delle alzate della valvola. Nota però la funzione /i(0), i rilievi del tipo riportati in Figura 2.9 (che forniscono il legame C = C{h I dv)), per­mettono di individuare in modo immediato la relazione C = C(0). Risulta così possibile sintetizzare con un solo indice il contributo di: fasatura, legge di alzata e perdite fluidodinamiche di una data val­vola, suN’intero processo di ricambio del fluido. A tale scopo basta calcolare un coefficiente d’efflusso medio C , relativo alla fase di

2

2-18

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2.5.3Alzata massima della valvola

apertura della valvola o, più semplicemente, alla durata dell’intero ciclo motore (4 ir per un quattro tempi), mediante la relazione:

Il significato fisico di C appare evidente se tiene presente che il suo prodotto per l’area di riferimento (normalmente C Av) rappresen­ta l’area costante di passaggio, che durante l’intero ciclo motore, in condizioni di flusso ideale, smaltirebbe la stessa massa che pas­sa effettivamente attraverso la valvola in un ciclo (valori tipici: C= 0,10+ 0,15).

A conclusione di questo punto, si può dire che la conoscenza dei valori dei coefficienti di efflusso del gruppo condotto-valvola costitu­isce all’atto della progettazione una preziosa fonte d’informazioni sul possibile andamento del processo di ricambio della carica.Schematizzando, si può affermare che essa può fornire un’utile in­dicazione nel:1. determinare il rapporto hmax / dv, ossia l’alzata massima hmm della valvola;2. valutare la bontà della geometria del gruppo condotto-valvola;3. prevedere l’influenza di un dato diagramma della distribuzione. Su questi tre punti si darà nel seguito qualche indicazione di carat­tere generale.

Si premette che la legge del moto della valvola viene stabilita, te­nendo presente diverse esigenze:a) buon riempimento del motore;b) assenza di moti oscillatori sovrapposti al moto fondamentale im­posto dalla camma, con abbandono (a causa delle eccessive decelerazioni) del contatto fra i componenti del sistema di comando della valvola, con conseguenti urti e vibrazioni;c) buone condizioni di lubrificazione (e quindi ridotta usura) fra camma e bicchierino (o bilanciere); ossia modeste velocità di strisciamento fra le superfici a contatto.Le esigenze b) e c) definiscono la forma del diagramma delle acce­lerazioni e delle velocità di sollevamento della valvola. Essendo esse trattate ampiamente in altri corsi specialistici, qui non verran­no ulteriormente approfondite. La condizione a), invece, determina gli anticipi all’apertura ed alla chiusura (vedere paragrafo 2.5.5) (ossia la durata angolare del sollevamento) ed il valore massimo dell’alzata.Per quanto riguarda quest’ultimo punto, si può notare come una serie di rilievi del tipo di quelli mostrati in Figura 2.9 fornisce la mi­gliore guida per una scelta dell’alzata massima ottimale. Per meglio chiarire questo discorso, dati simili sono stati riportati in Figura 2.10 e messi a confronto con un coefficiente che dà un’idea approssima­

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ta, ma di calcolo immediato, della variazione dell’area di passaggio attraverso la valvola, al crescere dell’alzata. Esso viene definito come rapporto fra la superficie laterale del cilindro avente diametro di base dv ed altezza h e la sezione trasversale della sede valvola, presa come riferimento per la definizione 2-18 di C:

T = n d ji I (ir ¿v2 / 4) = 4h / dy

Questo indice approssimato della variazione dell’area di passaggio con l’alzata raggiunge dunque il valore 1 per h / dv = 0,25, indicando semplicemente che risulta superfluo superare il valore dell’alzata, in corrispondenza della quale la superficie laterale del cilindro di generatrice h supera la sezione trasversale della sede valvola, poi­ché quest’ultima diventa la sezione minima di controllo del flusso.Nei casi reali, le curve di C in funzione di h / dv possono raggiunge­re (a seconda delle condizioni effettive di flusso) il loro massimo poco prima o poco dopo il valore teorico h/ dv = 0,25 e presentarsi più o meno piatte in prossimità di esso (vedere Figura 2.10). Si può quindi valutare quantitativamente, caso per caso, quanto si guada­gna in area efficace di efflusso incrementando l’alzata massima e confrontare tale vantaggio con l’onere corrispondente delle forti ac­celerazioni dei componenti il sistema di comando della valvola, che si amplificano, a parità di altre condizioni, nel rapporto fra i valori delle massime alzate.

2.5.4Geometria del gruppo condotto- valvola

Si è già avuto modo di ricordare (vedere paragrafo 2.4.2) l’importan­za di poter disporre di ampie sezioni di passaggio per i gas, in modo da contenere le resistenze fluidodinamiche, a parità di valore di up. Si ottengono così elevati coefficienti di riempimento agli alti regimi di rotazione del motore, con conseguenti maggiori potenze specifiche.

Figura 2.10- Andamento, in funzione di h/d„ del coefficiente di variazione dell’area di passaggio attraverso una valvola T, il quale raggiunge il valore unitario perh/dv= 1/4. Sono pure riportati due tipici diagrammi di coefficienti d’efflusso C, che raggiungono il loro massimo, l ’uno poco prima e l’altro poco dopo il valore teorico h/dv= 1/4.

<ZO«zH I

D<HZUJ

gLi­n­aiOo

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Figura 2.11 - Influenza esercitata dal diametro della valvola di aspirazione sul coefficiente di riempimento di un monocilindro (cilindrata =1 dm3), nelle condizioni di pieno carico (100%) e di parzializzazione (50% del carico).

Un esempio tipico di questi risultati è riportato nel diagramma di Figura 2.11, il quale mostra (nelle condizioni di piena ammissio­ne: carico 100%) una netta traslazione della curva di Xv (e quindi di coppia) verso i regimi più elevati, ottenuta incrementando di cir­ca il 12% il diametro della valvola d’aspirazione. Si ha quindi un aumento della potenza ai regimi più elevati (ed in particolare del suo valore massimo), con una curva di coppia più sfavorevole ai bassi numeri di giri. Ai carichi parziali (tipicamente 50% del cari­co), il vantaggio offerto dalla maggiore sezione di passaggio della valvola risulta naturalmente trascurabile.

Essendo la potenza massima sviluppabile dal motore uno dei parametri di maggior interesse, si cerca generalmente di realiz­zare diametri delle valvole e dei condotti più grandi possibili, compatibilmente con lo spazio disponibile sulla testa del cilin­dro. Se la testa è piana (Figura 2.12), il rapporto dvl D al limite può raggiungere il valore ideale 1/2, corrispondente alla condi­zione di tangenza dalle luci delle due valvole (supposte uguali) tra loro ed al contorno del cilindro. In realtà, tale rapporto deve essere ridotto per lasciare fra le sedi lo spessore per la robu­stezza necessaria di questa parte della testa, termicamente molto sollecitata (vedere paragrafo 14.10), ed eventualmente fare posto alla candela od all’iniettore. Se la camera di combu­stione è ricavata nella testata (ad esempio: camera a cuneo od emisferica - Figura 10.22), la superficie disponibile risulta mag­giore della sezione trasversale del cilindro, per cui è possibile ricavare valvole di diametro un po’ superiore.In pratica per la valvola di aspirazione si adotta un diametro un po’ più grande di quello di scarico (dva « 1,1 dvs), per la più mar­cata influenza che hanno le perdite di carico in aspirazione sul processo di riempimento ed il maggior pericolo di insufficiente re-

2000 3000 4000 5000 [giri/min]

ÀoI—zHIsQ.2U J

ccQH II-zyjoLLLLLLIOO

20 40 60 80 100REGIME DEL MOTORE n [giri/s]

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Tabella 2.1 Valori ottenibili del diametro minimo del fungo della valvola dv, in rapporto all’alesaggio D, per i tipi di camera di combustione illustrati in Figura 10.22

Tipo di camera diametro valvola diametro valvoladi combustione aspirazione d,A di scarico (dvJ

testa piana (0,38+0,40 )D (0,35+0,36)D

camera triangolare (0,40+0,42)D (0,36+0,38)D

camera emisferica (0,44+0,46)/) (0,40+0,42)D

quattro valvole (0,32+0,34)D (0,28+0,30)D

frigerazione per le valvole di scarico. Tenendo conto di questo accorgimento, la Tabella 2.1 riporta i valori tipici dei diametri delle valvole di aspirazione e scarico (diametro minimo del fun­go d j, che si possono in pratica ottenere per i quattro tipi di camera di combustione illustrati in Figura 10.22. Da essa risulta come la camera emisferica sia la più avvantaggiata, pur essen­do difficile anche per essa superare il valore d jD = 0,46.La situazione, però, migliora nettamente se si utilizzano più valvole (motori Diesel di elevati alesaggi od anche motori Otto di alta po­tenza specifica), in modo da sfruttare meglio lo spazio disponibile sulla testa (Figura 2.12). Basta infatti osservare che il segmento AB si compone della somma dei due raggi dei cerchi minori (di diame­tro dv) e dell’ipotenusa di un triangolo rettangolo isoscele, i cui cateti sono pure dv:

AB = D = dv + J~2dv

Figura 2.12- Limiti geometrici per i diametri delle valvole nel caso di testa piana: a - due valvole ugua­li (di diametro d j, tangenti tra loro ed al contorno del cilindro (di diametro D); b - quattro valvole uguali, tangenti tra di esse ed al contorno del cilindro.

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per concludere che, nel caso di quattro valvole uguali, il lìmite teori­co viene portato a:

dv / D < 1 / (1 + /~2) - 0,41

Supposto che due valvole siano utilizzate per l'aspirazione e due per lo scarico, il rapporto fra la sezione totale di passaggio Av e quella del cilindro Ac vale:

A J A c = (2ndv2 / 4) / (nD2 / 4) = 2 ( d jD f = 2(0,41)2 = 0,34

con un vantaggio di area, rispetto all’analogo rapporto limite del caso di due sole valvole (che era 1/4) del 30% circa. Si noti poi che ciascuna valvola risulta di diametro minore e perciò con minore inerzia e meglio raffreddabile. Si ha, invece, lo svantaggio di una maggior complessità del gruppo di comando. Attualmente l’uso di più valvole per cilindro appare come una soluzione attraente (spes­so preferita alla sovralimentazione), per incrementare la potenza dei motori ad accensione comandata per autovetture di caratteristi­che sportive (vedere Tavola 10).Si deve poi tener presente che le effettive condizioni di flusso attra­verso una valvola fungo, sono più o meno fortemente influenzate dalla forma del condotto e della camera di combustione. Tuttavia, risulta utile, per capire le condizioni e la relativa importanza dei det­tagli geometrici del suo disegno, considerare dapprima le caratteri­stiche di una «valvola isolata», posta cioè in un condotto coassiale e scaricante in un volume libero [3].La definizione, inoltre, di coefficiente di efflusso data attraverso la2-18 presenta chiari vantaggi dal punto di vista operativo. Il para­metro C, infatti, viene così a conglobare due effetti altrimenti di diffi­cile valutazione:1. le perdite fluidodinamiche che caratterizzano un efflusso reale rispetto a quello ideale e l’effettiva distribuzione delle velocità sulla sezione di passaggio;2. la legge di variazione dell’area geometrica di quest’ultima in fun­zione dell’alzata della valvola.Il vantaggio di poter tener conto di questi due aspetti del fenomeno in esame attraverso un unico coefficiente C risulta evidente dal punto di vista pratico, sia all’atto del suo rilievo sperimentale, che al momento del suo utilizzo per il calcolo della portata effettiva di fluido passante attraverso la valvola.Per evidenziare però le caratteristiche di base del flusso in esame, conviene momentaneamente fare riferimento ad una definizione di C diversa, che separi i due aspetti ricordati in precedenza, accen­tuando l’effetto dei primi. A tale scopo, risulta utile riferirlo ad una sezione di passaggio variabile. Tuttavia, per non complicare ecces­sivamente le cose, si trova comodo fare riferimento, anziché al­l’area geometrica precisa (la cui espressione analitica è piuttosto complessa: paragrafo 2.5.1), ad un suo valore approssimato, dato

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Figura 2.13- Tipiche condizioni di efflusso che si realizzano nella sezione ristretta di una valvola d’aspirazione, al variare dell’alzata. In corrispondenza ad esse il coefficiente d'efflusso, che evidenzia le sole perditefluidodinamiche Cf, assume gli andamenti mostrati nel diagramma.

dalla superficie laterale del cilindro: di diametro di base dM e lun­ghezza della generatrice h.Siccome tale coefficiente è teso ad evidenziare le perdite fluidodinamiche, lo si fndicherà con il simbolo Cf e sarà definito me­diante la seguente relazione:

Cf = rh jm i = ma/(n d Mh p ^ ) =

— m j [jt du h p01 a01 Oj (p2 / 2-19

La Figura 2.13 riporta i valori di C, in funzione del rapporto h / dM, per un tipico gruppo valvola-sede con spigoli vivi. Si può notare come la curva di Cf si spezzi in tre segmenti, corrispondenti ai tre tipi di flusso illustrati nella medesima figura [3].Questi tipici andamenti derivano principalmente da due caratteristi­che dei flussi. Innanzitutto, a causa della sua inerzia, il fluido che scorre lungo una superficie non può mantenersi aderente ad essa dopo uno spigolo vivo che gli imponga una brusca deviazione, ma si ha un suo distacco dalla parete. Per questo, alle alzate maggiori, il flusso uscente dalla valvola ha la forma di un getto libero di tipo conico, che si forma agli spigoli interni della sede e del fungo.

alzate (c) Grandi alzate

uowwn

omHZujgLLLLLUoo

RAPPORTO ALZATA / DIAMETRO VALVOLA h/dt,

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La seconda caratteristica è costituita dal fatto che un getto libero coinvolge nel suo moto il fluido circostante, a causa della sua viscosità. Se il getto è vicino ad una parete, si ha una diminuzione locale di pressione per questo effetto, con risucchio dello strato li­mite vorticoso. Ne deriva che il flusso può riattaccarsi alla superficie di guida, nel caso di sufficiente vicinanza. Questo succede alle al­zate molto piccole, quando il fluido, dopo essersi separato agli spi­goli più interni, si riattacca alle superfici del canale. Per valori inter­medi delle alzate, il getto è normalmente libero su di un lato e riattaccato sull’altro.La Figura 2.14 mostra l’effetto su C, prodotto dalla larghezza s e dall’angolo della sede della valvola p (vedere Figura 2.4). Dai rilievi riportati in Figura 2.14a appare evidente che si dovrebbe scegliere la minima larghezza di sede compatibile con l’esigenza di robustezza meccanica. La Figura 2 .14b mostra che un angolo della sede valvola di 60° dà valori di C, migliori di quelli relativi a 45°, specialmente alle basse alzate. Questi diagrammi mettono anche in evidenza che alcune delle forme di flusso descritte in Figura 2.13 possono non presentarsi, in funzione della larghezza della sede.Risulta chiaro inoltre, che il formarsi di un getto libero costituisce una soluzione meno vantaggiosa del flusso riattaccato, dal punto di vista dello sfruttamento dell’area di passaggio. Ci si deve quindi aspettare un miglioramento di C, arrotondando gli spigoli del canale di guida del flusso. Il più sensibile risulta lo spigolo d'ingresso della sede (spigolo 1): un suo raccordo permette di migliorare C, alle medie e grandi alzate (vedi Figura 2.15).

cjococor>_ iILl i ­nibai

UJoLLt i ­niOO

0,8

0,7

0,6

0,5

0,4

Ang. sede: p = 45° O s/dM = 0,05 A sldw = 0,15 □ s/du = 0,10

Uococo3LLLUQLUI-ZUJoLLLLLUoo

0 0,1 0,2 0,3RAPPORTO ALZATA/DIAMETRO hìd»

0 0,1 0,2 0,3RAPPORTO ALZATA/DIAMETRO hldM

Figura 2.14 - Influenza esercitata sul coefficiente d'efflusso C, di una valvola isolata a spigoli vivi:a) - da una variazione della larghezza di sede s, ad angolo costante (p = 45°); b) - da una variazione dell’angolo di sede (fi), a larghezza costante (s/du = 0,05).

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Figura 2.15 - EffettodeH’arrotondamento dello spigolo d’ingresso della sede della valvola sul coefficiente d’efflusso C,. Questi rilievi [3] mostrano un nettomiglioramento di C, alle medie e grandi aliate, indicando come raggio di raccordo ottimo, per lo spigolo 1, il valore: r /d M = 0,3.

OcocoZ >_ jL i.LLLU

bLUI-zLU

gLLLLLUOO

RAPPORTO ALZATA/DIAMETRO VALVOLA h/dM

Se poi il disegno del condotto è fatto con cura [3], il coefficiente d’efflusso di una valvola completa non è molto inferiore a quello di una valvola isolata (Figura 2.16). Perché ciò avvenga, occorre innanzitutto un raggio di curvatura sufficientemente ampio per il condotto nella zona in cui si impone la variazione di direzione al

Figura 2.16- Influenza della geometria del condotto sulle perditefluidodinamiche attraverso il gruppod'ammissione:(1) - condotto con ampio raggio di curvatura;(2) - condotto con ampio raggio di curvatura ed incremento di sezione in corrispondenza del supporto per la guida della valvola;(3) - condotto con raggio di curvatura troppo piccolo.

□ Condotto 1 O Condotto 2

RAPPORTO ALZATA/DIAMETRO VALVOLA h/du

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flusso, in modo da evitare distacchi di vena nelle zone di de­celerazione. In secondo luogo, la sezione di passaggio dovrebbe essere incrementata in corrispondenza del supporto per la guida della valvola, in modo da ridurre la velocità del flusso (e quindi la perdita) in corrispondenza dell’ostruzione. La Figura 2.16 illustra l’effetto positivo prodotto da questi accorgimenti. L’esperienza, poi, dimostra che il disturbo prodotto dal fatto che una valvola reale non scarica in un ambiente completamente aperto e che l’asse della valvola non coincide con quello del condotto, è generalmente pic­colo. I risultati fin qui illustrati si estendono perciò anche alla mag­gior parte delle configurazioni reali, purché la parete del cilindro non ostruisca nettamente il passaggio della carica.Infine, occorre ricordare che in molti motori (Diesel ad iniezione di­retta od Otto alimentati a miscela magra) al sistema di aspirazione si richiede di produrre anche un movimento della carica di rotazione attorno ad un asse parallelo a quello del cilindro. Questo tipo di moto organizzato (comunemente chiamato «swirl»), unito a quello prodotto dal pistone durante la compressione («squish» = moto di rotazione attorno ad un asse perpendicolare a quello del cilindro) influenza in modo determinante il processo di miscelazione del combustibile con l’aria e quello dì combustione, per cui verrà tratta­to più diffusamente nel Capitolo 9.Anche per la valvola di scarico conviene considerare dapprima il

Figura 2.17- Tipiche condizioni di efflusso che si realizzano nella sezione ristretta di una valvola di scarico, al variare dell'alzata. In corrispondenza ad esse il coefficiente d’efflusso, che evidenzia le sole perditefluidodinamiche Cf, assume l ’andamento mostrato nel diagramma. Le due serie di rilievi si riferiscono a valori diversi del salto di pressione a cavallo della valvola (A. p).

uococoD_ lu.LLLUQLU

UJgLLLLLUOO

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Figura 2.18 - Influènza esercitata sul coefficiente d ’efflusso C, di una valvola di scarico isolata: da una variazione dell’angolo di sede p, a larghezza costante (s/du = 0,05); e dall’arrotondamento dello spigolo 2 della sede (lato cilindro) con un raggio di raccordo di valore: r2/d u = 0,14 (ad angolo di sede costante P=45°;.

comportamento fluidodinamico della valvola «isolata». Alle basse alzate (Figura 2.17) il flusso riempie il canale fra valvola e sede, mentre alle alzate maggiori esso si stacca dalle superfici di guida, formando un getto libero. La Figura 2.17 riporta i coefficienti di efflusso per una valvola di scarico isolata (angolo di sede valvola (3 = 45°) in funzione del rapporto h/dM. Il passaggio fra i due tipi di flusso non è così marcato come per la valvola di aspirazione, ma si può ancora notare come il formarsi di un getto libero comporti uno scadimento di Q. Per h < 0,2 dM, il flusso aderisce alle pareti del canale di guida e C, cresce leggermente con hldM, perché lo spessore dello strato limite assume una importanza relativa mino­re. Per alzate superiori, invece, C, diminuisce a causa di una con­trazione di vena sempre più marcata.Si ricorda, poi, che le valvole di scarico lavorano sotto un. salto di pressione fortemente variabile. La Figura 2.17 fa vedere che C, va­ria solo leggermente con il salto di pressione, diminuendo al cre­scere di questo ultimo. A parità di larghezza di sede, l’angolo di sede valvola di 60° offre C, maggiori per h < 0,15 dM, ma inferiori ri­spetto all’angolo di 45° per le alzate superiori (dove una più forte inclinazione del getto rispetto all’asse della valvola appare svantaggiosa) (Figura 2.18). Lo stesso diagramma mostra il gua­dagno in coefficiente d’efflusso ottenuto raccordando (con raggio =0,14 dM) lo spigolo d’entrata della sede valvola, riducendo così il distacco di vena. La Figura 2.19 riporta l’effetto del condotto sul Cf del gruppo valvola-condotto. Anche qui, l’ampio raggio di curvatura ed il leggero allargamento della sezione di passaggio in corrispon­denza del supporto per la guida-valvola permettono di ottenere va­lori di Cf vicini a quelli della valvola isolata (soluzione: 3 [8,10]).Per concludere, quindi, la determinazione di C su modellini di te­stata, su cui si possono cambiare leggermente i parametri geome­trici, risulta di valido aiuto per il progettista, permettendogli di trova­re la forma più adatta per ottenere buoni Kv.

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LI-LUbniI-2UJou.Li.HIoo

RAPPORTO ALZATA/DIAMETRO VALVOLA h/du

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2.5.5Diagrammadelladistribuzione

Figura 2.19- Influenza della geometria del condotto sulle perditefluidodinamiche attraverso il gruppo di scarico:1) - condotto con raggio di curvatura troppo piccolo;2) - condotto con ampio raggio di curvatura;(3) - condotto con ampio raggio di curvatura ed incremento di sezione in corrispondenza del supporto per la guida della valvola.

Nello studio dei cicli ideali si suppone normalmente che l’apertura e la chiusura delle valvole avvenga istantaneamente, in corrispon­denza dei punti morti. In pratica, le valvole si aprono e si chiudono in un tempo finito (dovuto all’esigenza di fare in modo che velocità ed accelerazioni della valvola non superino valori limite per un fun­zionamento regolare) quando lo stantuffo è piuttosto lontano dai punti morti. In particolare, l’inizio dell’alzata della valvola di scarico e la chiusura di quella di aspirazione sono generalmente distanti (~ 60°) dal PMI.Nella pratica, i dati riguardanti i tempi di apertura delle valvole pos­sono essere riassunti in un diagramma (Figura 2.20), nel quale si riportano gli istanti in cui incominciano ad aprire le valvole e quelli in cui si chiudono, facendo riferimento ai punti morti. In particolare, l'anticipo con il quale viene aperta la valvola di scarico rispetto al PMI (A4S « 40° 60°) ha lo scopo di abbassare la pressione dei gas combusti, prima dell’inizio della corsa di scarico, avvicinandola a quella dell’ambiente esterno, senza però ridurre sensibilmente il lavoro di espansione. Infatti, quando lo stantuffo si avvicina al PMI la pressione nel cilindro raggiunge un valore relativamente basso

□ Condotto 1

iO Condotto 2 A Condotto 3

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Figura 2.20 -Diagrammacircolarerappresentante le fasature delle valvole, ossia gli angoli di apertura e di chiusura riferiti ai punti morti (AAA = Anticipo Apertura valvolad‘Aspirazione; RCA = Ritardo Chiusura valvola d'Aspirazione; AAS = Anticipo Apertura valvola di Scarico;RCS = Ritardo Chiusura valvola di Scarico).

PMS

(0,3 4- 0,6 MPa, nel caso di motore aspirato). La forza risultante agi­sce sull’albero a gomiti con un braccio di leva sempre più piccolo, mentre la valvola si apre gradualmente, per raggiungere un'apertu­ra accettabile, quando la corsa di scarico è già iniziata.

Il diagramma di Figura 2.21 mostra come al crescere di AAS au­menti la perdita per incompleta espansione, ma questo effetto ven­ga compensato da una più completa espulsione dei gas combusti, che fuoriescono in buona parte per scarico spontaneo, e da un con­seguente minor lavoro fatto successivamente dallo stantuffo. Il va­lore ottimale di AAS sarà quello che assicura il miglior compromes­so fra questi due effetti contrastanti.Il ritardo nella chiusura della valvola dì scarico rispetto al PMS {RCS « 10° •*- 30°) deriva dalla gradualità con la quale si chiude la valvola e dalla opportunità di sfruttare l’inerzia dei gas combusti >-- uscenti per richiamare la carica fresca nel cilindro, grazie alla con­temporanea apertura delle due valvole (come verrà meglio precisa­to un poco più avanti).L’anticipo dell’apertura della valvola di aspirazione rispetto al PMS

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(AAA ~ 10° h- 40°) è anch’esso una conseguenza della non istanta­neità nell’apertura della valvola. Infatti, perché la valvola sia suffi­cientemente aperta già al principio della corsa di aspirazione, è ne­cessario che l’inizio dell'alzata venga anticipato rispetto al PMS. Si vedrà inoltre che, grazie alla contemporanea apertura delle due valvole, si ha la possibilità di espellere più o meno completamente i gas residui presenti nello spazio morto.Infine, il suo ritardo alla chiusura rispetto al PMI (RCA «» 40° + 80°) serve principalmente a sfruttare l’energia cinetica dei gas in moto nel condotto di aspirazione per favorire il riempimento del cilindro. Infatti, durante la prima parte della corsa di aspirazione, la carica assume una velocità che si mantiene, per inerzia, ancora elevata, quando lo stantuffo rallenta, avvicinandosi al PMI. Essa perciò continua, per un certo tempo, ad entrare nel cilindro anche quandolo stantuffo ha già iniziato la corsa di compressione. Naturalmente, quanto maggiore è il regime di rotazione, tanto più elevata è l’ener­gia cinetica acquistata dai gas (a parità di sezioni di passaggio) e quindi maggiore è il ritardo da darsi alla chiusura della valvola.

Siccome, nelle soluzioni adottate tradizionalmente per il comando delle valvole, la fasatura non varia con il regime di rotazione, ne deriva che alti valori di RCA migliorano il riempimento alle alte ve­locità, ma comportano maggiori riflussi della carica fresca dal cilin­dro verso il condotto, alle basse. Tutto questo è illustrato nel dia-

Figura 2.21 - Tipica influenza dell'anticipo a ll' apertura AAS della valvola di scarico, rispetto al PMI, sulla perdita di lavoro indicato per incompleta espansione dei gas nel cilindro e sulla riduzione del lavoro di espulsione, fatto dal pistone durante la corsa di scarico.

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Figura 2.22 - Un aumento del ritardo alla chiusura RCA della valvola d’aspirazione rispetto al PMI, produce una traslazione della curva di riempimento verso i regimi più elevati. Se la fasatura non varia con il numero di giri del motore, si accentuano però i riflussi di carica dal cilindro alle basse velocità.

gramma di Figura 2.22, che riporta i valori del coefficiente di riempi­mento in funzione del regime di rotazione, per tre diversi tipici valori di RCA. Appare infatti evidente che la curva di (e quindi di cop­pia) assume sempre il tipico andamento di Figura 2.2, con un massimo in corrispondenza di un regime sempre più elevato, per cui RCA risulta ottimale. A parità di altre condizioni, quindi, aumen­tando il ritardóalla chiusura della valvola d’aspirazione, se ne trasla il massimo verso i regimi più elevati, ma si peggiora il riempimento ai bassi.

L’adozione di alcuni artifici, come l’uso di valvole unidirezionali (ad esempio un pacco di lamelle del tipo di Figura 2.23), permette di eliminare questo inconveniente. Si ottiene così un riempimento del cilindro (e quindi una curva di coppia) buono ai bassi giri, anche nel caso di ampi ritardi nella chiusura della valvola di aspirazione. L’uso di sistemi di comando delle valvole che consentano una va­riazione (continua od anche più semplicemente a gradini) della fasatura in funzione del regime, permetterebbe di ottimizzare RCA per ogni condizione di funzionamento, con evidenti vantaggi per il riempimento.

Da quanto detto risulta quindi che normalmente in un motore, in prossimità del PMS (vedere Figura 2.20), mentre non è ancora chiusa la valvola di scarico, è già aperta quella di aspirazione. L’an­golo di manovella, durante il quale le due valvole sono contempo­raneamente aperte, è chiamato «angolo di incrocio» (o di sovrapposizione [dei due diagrammi di apertura]). Per illustrarne lo

2000 3000 4000 5000 nm [giri/min]

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2UJoILLLLUOO

REGIME DEL MOTORE n [giri/s]

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scopo conviene far riferimento ad un motore che funzioni a pieno carico. In questo caso, poiché le aree di passaggio fra le valvole e le loro sedi sono modeste (valvole quasi chiuse), durante l’incrocio la velocità dei gas è elevata (in prossimità delle sezioni ristrette del­le valvole) e la corrente tende a mantenere la sua direzione verso la luce di scarico, anche quando comincia ad aprire l’aspirazione. Nel cilindro si crea quindi una depressione che viene utilizzata per favorire l’ingresso della carica fresca, producendo così un buon la­vaggio dello spazio morto, senza sostanziale perdita di fluido fresco attraverso la valvola di scarico.

Nei motori a carburazione, però, non si possono tenere grandi in­croci, perché ai carichi parziali e bassi regimi, quando la pressione nel collettore di aspirazione diventa molto più bassa di quella allo scarico e le inerzie dei fluidi in moto si riducono sensibilmente, i gas combusti potrebbero essere sospinti nel condotto di aspirazione e quindi dare luogo in esso a scoppi per accensione prematura della miscela. In genere, quindi, estesi periodi di incrocio favoriscono il riempimento del motore agli alti regimi, mentre portano a difficoltà di funzionamento ai carichi ridotti ed al minimo. Valvole uni- direzionali (del tipo mostrato in Figura 2.23) possono impedire an­che il riflusso dei gas combusti verso l’aspirazione, rendendo possi­bile l’adozione di un ampio incrocio senza grossi inconvenienti.

Figura 2.23 - Esempio di valvola unidirezionale a lamelle, avente lo scopo dì impedire il passaggio dei gas combusti nel condotto d ’aspirazione. Risulta così possibile l’adozione di ampi incroci nei diagrammi di apertura delle valvole, senza grossi inconvenienti ai carichi parziali.

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Se poi il motore a ciclo Otto è sovralimentato, occorre evitare il pericolo di una perdita di miscela fresca attraverso la valvola di scarico durante il funzionamento a piena potenza, a causa del fat­to che la pressione di mandata del compressore supera general­mente la contropressione allo scarico (vedere Capitolo 5). Di conseguenza non si possono tenere ampi angoli d’incrocio in mo­tori di questo tipo. Quelli, invece, che utilizzano l’iniezione di com­bustibile nel cilindro, dopo che tutte le valvole sono state chiuse, possono far ricorso a larghi incroci, senza il rischio di aumentare il consumo di combustibile. In particolare nei Diesel, che adottano un sistema di regolazione con assenza di strozzamento in aspira­zione, la pressione entro il cilindro non è mai molto più bassa della contropressione allo scarico, per cui non si hanno inconve­nienti ai carichi parziali. Se il Diesel è sovralimentato, l’incrocio può essere ulteriormente aumentato, in modo da ridurre la tem­peratura dei gas all’ingresso in turbina, grazie aM’aria che sfugge dalla valvola di scarico e proteggerne così le palette.In generale si può dire che con ampie fasi di ammissione e di sca­rico, gli effetti ottenuti sul riempimento e sulla potenza del motore sono del tipo di quelli conseguibili aumentando le dimensioni dei condotti e delle valvole. Si ha cioè un aumento del regime massi­mo di rotazione ed un incremento di potenza agli alti giri. Con tempi di apertura brevi, si preclude al motore la possibilità di fun­zionare a regimi elevati, con conseguente riduzione della potenza massima a vantaggio di quella ai bassi regimi. Per questi motivi, nel caso in cui le esigenze di potenza massima sono prevalenti (motore di caratteristiche sportive) si adottano generalmente am­pie fasature e grandi dimensioni dei condotti e delle valvole. Al contrario, si useranno angoli e condotti più piccoli quando interes­sa spostare la massima coppia verso i bassi regimi (motore adatto al traffico cittadino).Prima di concludere questo paragrafo, si ricorda che un modo con­veniente per sintetizzare le influenze di tipo quasi-stazionario eser­citate dalla fasatura sul riempimento, consiste nell’utilizzare il coefficiente di efflusso per calcolare (vedere A-10) un’area efficace istantanea: Aef = C n d f / 4, da cui passare alla valutazione della permeabilità della luce della valvola, relativa all’intero processo di ricambio della carica.L’operazione (schematizzata in Figura 2.24) parte dal diagramma delle alzate (adimensionalizzate in termini di dv, per rendere più generale il discorso) in funzione dell’angolo di rotazione della ma­novella 0. Noti i valori del coefficiente di efflusso C = C(h I dv), sarà immediata la costruzione della curva che dà in ogni istante l’area efficace Aef(0). Occorre allora tener presente che la massa m di fluido che attraversa la luce durante l’intera fase di ricambio è pro­porzionale (a parità di velocità e densità) a:

L’integrale che compare al secondo membro della 2-20 (rappre-

2-20

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Figura 2.24 - Rappresentazione schematica del calcolo della permeabilità della luce di passaggio di una valvola. Noto ildiagramma delle alzate (1), attraverso la curva del coefficiente d'efflusso C (2), si perviene a quella della sezione efficace A ef (3). L ’area sottesa da quest’ultima curva misura la permeabilità attraverso la valvola durante l ’intero processo di ricambio della carica.

sentato dall’area tratteggiata in Figura 2.24) è comunemente chiamato (per il suo significato fisico) «permeabilità della luce» e sintetizza gli effetti di: fasatura, alzata e perdite fluidodinamiche della valvola.La relazione 2-20 evidenzia inoltre l’opportunità di contrasta­re la tendenza di m a diminuire, al crescere del regime di rotazio­ne (alti co), ampliando le fasature corrispondenti*. I vantaggi che possono derivare per i motori destinati alla trazione stradale (chiamati a lavorare su di un ampio campo di numeri di giri), dal­l’uso di una fasatura variabile, che possa essere ottimizzata per le specifiche condizioni di funzionamento, sono così evidenti che diversi costruttori stanno cercando di sfruttare le possibilità offer­te dalla tecnologia idraulica ed elettronica per raggiungere questo scopo.

* Si tenga presente che i fenomeni fluidodinamici, che determinano gli anticipi ei ritardi nelle fasature, sono legati ai tempi necessari per il loro completamento, a loro volta proporzionali agli angoli di manovella (0 = coi). Le fasature espresse in angoli (più comode dal punto di vista operativo) devono quindi essere tanto più ampie quanto maggiore è co.

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2.6Influenzadell’apportodicombustibile

2 .6.1 Effetto del rapporto aria/combustibile

Figura 2.25 - Influenza del rapporto di miscela sul coefficiente di riempimento di un motore Otto e di un Diesel. Il coefficiente di riempimento di riferimento Xvr è misurato nelle condizioni stechiometriche

L’aggiunta di combustibile all’aria aspirata può influire sul riempi­mento del cilindro (anche se in termini generalmente contenuti) per diversi motivi:— determina il rapporto di miscela e quindi la legge di rilascio del

calore durante la successiva combustione;— raffredda la carica vaporizzando (se il combustibile utilizzato è

allo stato liquido);— l’impianto di alimentazione del combustibile può influenzare

l’aspirazione dell’aria da parte del motore.Nei prossimi punti si esamineranno separatamente gli effetti di que­sti parametri.

Esso viene evidenziato dai rilievi riportati in Figura 2.25, in cui è mostrato l’andamento, in funzione del rapporto di equivalenza <(> della miscela (vedere paragrafo 6.2), di K IK , (con ^vr: coefficiente di riempimento di riferimento, misurato per<|> = 1) rilevato su motori Diesel ed Otto. Questi ultimi sono stati alimentati con una miscela aria-combustibile completamente allo stato gassoso, per evitare l’effetto della vaporizzazione del combustibile che verrà esaminato più avanti.Nelle condizioni in cui ci si è posti per i rilievi, l’effetto principale del rapporto aria/combustibile sta nella variazione della temperatura dei gas durante il ciclo termodinamico. In effetti, nel caso di motori Diesel (per i quali la variazione di a è sensibile: a = 18 + 70, ossia <t> = 0,8 -s- 0,2), una diminuzione del rapporto aria/combustibile por­ta ad un aumento sia della temperatura di combustione che di quella dei gas residui. Ne deriva un più accentuato riscaldamento

c<<<ohzHI

1,10

1,08

1,06

\ ° o DIESEL □ OTTO

<trif ** 1

LJJE 1.04

i l 1 , 0 2UJ OoO 1,00ir o8: o,98 < cn

NONNo

\

''a -52xL_n__o_lL-B'

0,2 0,4 0,6 0,8 1,0

RAPPORTO DI EQUIVALENZA <b

1,2 1,4

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2.6.2Calore latente divaporizzazione

del fluido durante l’aspirazione (AT maggiori) e quindi un abbassamento diPer i motori Otto, invece, l’influenza di una variazione di ricchezza della miscela su appare più contenuta. Questo si spiega tenendo presente che qui le variazioni di a sono più modeste (a = 12 + 18, ossia <|> = 0,8 + 1,2, altrimenti le velocità di propagazione del fronte di fiamma sono troppo basse) ed in questo intervallo di valori la temperatura di combustione e quella dei gas residui raggiungono un massimo poco accentuato per <j> = 1,1, quindi non si ha un’ap­prezzabile variazione negli scambi termici, per i rapporti di miscela realizzabili in pratica.

Per effettuare i rilievi riportati in Figura 2.25, si è già ricordato che i motori a ciclo Otto sono stati alimentati con miscela completamente allo stato gassoso, mentre nei comuni motori commerciali la misce­la fresca contiene una grande quantità di combustibile non ancora vaporizzata all’uscita dal carburatore. Per valutare l’influenza del calore latente di vaporizzazione H * sul riempimento del cilindro, si può analizzare il processo di evaporazione del combustibile liquido in aria, a pressione costante, scrivendo la seguente equazione di bilancio energetico:

[a ha + (1 - x)h , + x hg]2 = [a ha + h,], + Q

dove:h = entalpia per unità di massax = frazione di combustibile evaporatoQ = calore fornito dall’esterno durante il processo

indici:1 = prima dell’evaporazione2 = dopo l’evaporazione a = ariaI = combustibile liquido g = combustibile gassoso.

Se si esprimono le entalpie per i componenti allo stato gassoso come prodotto cpr (ritenendo poi, per pura semplicità di scrittura, i Cp uguali per aria e vapori di combustibile) e per il liquido h, = cpJ - Hv, si ricava:

Q - x Ka = t2 - z; = —-------- - 2-21(a + 1) cD

* Valori tipici di per i combustibili liquidi più comuni sono: benzina: 400 + 500 kJ/kg; gasolio: « 250 kJ/kg; alcool etilico: 900 kJ/kg; alcool metilico: 1100 kJ/kg.

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2.6.3Influenza del sistema di alimentazione delcombustibile

Questo significa che, qualora il combustibile fosse introdotto liquido all’inizio del condotto di aspirazione, vaporizzasse completamente (x = 1 ) prima della chiusura della valvola e la miscela non venisse ri­scaldata dalPesterno (Q = 0), esso subirebbe un sensibile abbassamento di temperatura AT„, calcolabile in prima approssima­zione con la 2-21. Per esempio, per una benzina (Hv = 400 kJ / kg) mescolata in proporzioni stechiometriche (a = 14,6) con aria, con <2 = 0 dalla 2-21 si ricaverebbe: ATv = - 25°C.Ora, nei motori commerciali, la vaporizzazione è per lo più com­pleta, prima della fine del processo di aspirazione, però la pre­senza di liquido nella miscela, aderendo alle pareti dei condotti, migliora il coefficiente di trasmissione del calore, provocando un aumento del riscaldamento subito (vedere paragrafo 2.4.1). In pratica quindi l’effetto della vaporizzazione risulta normalmente tale da annullare quasi totalmente, nei motori a carburazione, il riscaldamento della miscela da parte delle pareti del sistema di aspirazione.Occorre poi ricordare che il valore del calore latente di evapora­zione è molto elevato per alcuni combustibili di tipo alcoolico (ad esempio l’alcool etilico ha un Hv che è circa pari a due volte, e l'alcool metilico circa tre volte, il valore di quello della benzina). Prescindendo dal riscaldamento dall’esterno, l’abbassamento di temperatura subito dalla miscela per completa evaporazione del liquido, per la 2-21 risulta quindi amplificato nello stesso rapporto. In pratica, nonostante il fatto che anche in questo caso occorra aumentare sensibilmente il riscaldamento dei condotti di aspira­zione, per evitare una eccessiva disomogeneità della miscela, l’uso di combustibili a base alcoolica può offrire, per particolari applicazioni, un apprezzabile miglioramento del coefficiente di riempimento.

Il modo di operare del sistema di alimentazione del combustibile, può influenzare il processo di riempimento del cilindro.Nei motori Diesel l’iniezione avviene a valvola di aspirazione ormai chiusa ed il gruppo di alimentazione del combustibile non interferi­sce con l’aspirazione dell’aria, per cui non si ha in questo caso al­cuna influenza suNel motore Otto, invece, l’apporto di benzina viene effettuato nel carburatore o per iniezione nel condotto, in prossimità della valvola di aspirazione (vedere Capitolo 8). Il secondo metodo risulta nor­malmente più favorevole al riempimento, rispetto al primo, per le seguenti ragioni:— sono minori le perdite di carico in aspirazione, perché sono eli­

minati gli organi di preparazione della miscela del carburatore, anche se restano dei sensori della portata d’aria;

— il riscaldamento dei condotti, per assicurare uniformità nella di­stribuzione della miscela fra i cilindri, può essere ridotto od eli­minato.

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Rilievi effettuati su motori per autovettura che presentano in alter­nativa i due tipi di alimentazione per il combustibile mostrano au­menti dell’ordine del 5 + 10 % di Xv, conseguiti con l’adozione del­l’iniezione di benzina in sostituzione della carburazione.

2.7 II processo di sostituzione della carica risulta così complesso cheEffetti un po’ tutti i parametri che definiscono le condizioni di funziona-

mento del motore e la sua specifica configurazione geometrica di alcuni altri finiscono con influenzarlo. Di molti di essi si è già detto nei paragrafi parametri precedenti. Si tratta, quindi, di ricordare ora l’influenza prodotta damotoristici fattori non ancora specificamente discussi: la temperatura dell’aria

ambiente, quella del refrigerante ed alcuni rapporti geometrici tipici del motore.

2.7.1Temperaturadell’ariaambiente

Essa influenza il riempimento perché modifica la temperatura della carica fresca aspirata. In particolare, diversi rilievi sperimentali han­no messo in evidenza un aumento di Av con la potenza ennesi­ma del rapporto Ta / Tar (con Tar - temperatura di riferimento). Il fatto che Xv cresca con (Ta)n significa che l’effetto principale è rappresentato da una diminuzione del calore che il fluido riceve du­rante il processo di alimentazione, perché più piccola è la differen­za fra la sua temperatura e quella delle pareti dei condotti (vedere paragrafo 2.4.1).

Le esperienze condotte su diversi motori hanno poi permesso di stabilire che À.v cresce in modo molto prossimo alla potenza n =0,5 di Ta / Ta, (con Ta, = 302,4 K) nel caso di motori a ciclo Otto (Figura 2.26), specialmente se a carburazione, dove l’effetto di ri- scaldamento dei condotti è maggiore (e voluto, per rendere più omogenea la miscela: paragrafo 7.11).

Nel Diesel l’effetto di T& è più contenuto e mediamente si è trovato un valore sperimentale di n = 0,25 0,3. Si richiama l’attenzione sul fatto che un aumento di non significa affatto un aumento della massa d’aria ma aspirata realmente per ogni ciclo, ma solo un au­mento percentuale di una massa teorica Vpa che in realtà diminui­sce con la prima potenza di Ta. Ossia, la massa effettivamente aspirata:

ma = K V pa ~ ( Ta )" • ^-*a \-*a /

diminuisce (con la potenza: 0,5 per l’Otto e 0,7 0,75 per il Diesel) al crescere di Ta. Poiché la potenza fornita da un motore è in prima approssimazione proporzionale ad ma (a parità di a, ma è propor­zionale alla massa di combustibile che può essere bruciato), per fornire una base comune di confronto, quando si prova un motore in date condizioni ambientali (pa, Ta: pressione e temperatura ambientali effettive), le norme impongono di moltiplicare il valore di potenza

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1,3

OHZLU

UJcc

U.LUOooi-CCOaa.<cc

1,2

1,1 -

1,0 -

0,9260 340 380

TEMPERATURA AMBIENTE [K]

Figura 2.26 - Influenza della temperatura ambiente sul coefficiente di riempimento di un motore Otto. Il coefficiente di riempimento di riferimento è misurato nelle condizioni di temperatura ambiente Tar = 302,4 K.

rilevato al banco prova per un fattore di correzione*, per riportare i rilievi alle condizioni di riferimento (par e Tat).

2.7.2

Temperatura del refrigerante

Il suo effetto è illustrato dai rilievi di Figura 2.27, che riporta un tipi­co andamento del rapporto Xv / k,jr (>.,/r riferito alla temperatura Tr = 363 K) in funzione della temperatura del refrigerante, per un moto­re d’autovettura a ciclo Otto raffreddato ad acqua.Questi dati mostrano che il principale effetto di una variazione della temperatura del refrigerante, consiste in un cambiamento della temperatura media delle pareti con le quali i gas sono in contatto durante il processo di riempimento: ne deriva uno scadimento di

* Come esempio puramente orientativo si riportano i coefficienti correttivi per motori ad aspirazione naturale Otto e Diesel previsti dalle norme SIAE-J1349, limitatamente all’effetto dovuto alla pressione e alla temperatura deH'aria aspirata:

motori Otto -» Cono = ( p j p j (TJTKf s motori Diesel - * CDleS0, = (p jp a) (T JT J0-7dove: pa, = 99 kPa e 7'ar = 298 K, sono i valori standard di riferimento.

In ogni caso si consiglia di consultare sempre la norma completa ed aggiorna­ta, che si riferisce al caso specifico in esame.

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al crescere di quest’ultima (vedere paragrafo 2.4.1), come conse­guenza di un maggiore riscaldamento della carica fresca.

2.7.3 Rapporti geometrici caratteristici del motore

Nei paragrafi precedenti si è discusso ampiamente l’effetto della geometria del sistema condotto-valvola sul riempimento. Resta quindi da esaminare l’influenza di due soli parametri importanti nel­la definizione delle caratteristiche geometriche del motore: il rap­porto corsa / alesaggio ed il rapporto volumetrico di compressione. Per quanto riguarda l’effetto del primo, si può osservare che qualo­ra in un motore si cambi il solo rapporto corsa / alesaggio, lascian­do gli altri dettagli del progetto inalterati, ci si può aspettare che le perdite fluidodinamiche nei sistemi di aspirazione e di scarico resti­no funzione della sola velocità media del pistone mp (vedere para­grafo 2.4.2).

Numerosi rilievi sperimentali infatti confermano che la sola variazio­ne del rapporto C !D (ottenuta per esempio utilizzando alberi moto­re con diversi raggi dì manovella: Figura 2.28) comportano varia­zioni di \ che sono funzione della sola up. Si trova cioè che la ve­locità media del pistone risulta in queste condizioni il solo para-

oi-zni5Q_2UJOC5LLLLLLlOooI—oroQ-Q.

TEMPERATURA REFRIGERANTE [K]

Figura 2.27 - Influenza delia temperatura del refrigerante sul coefficiente di riempimento di un motore Otto. Il coefficiente di riempimento di riferimento X„ è misurato nelle condizioni di temperatura del refrigerante T,= 363 K.

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4 6 8 10 12 14 16

VELOCITÀ MEDIA PISTONE up[m/s]

Figura 2.28 - influenza del rapporto corsa/alesaggio sul coefficiente di riempimento di un motore a quattro tempi. I rilievi mostrano che le variazioni di coefficiente di riempimento, ottenute cambiando il rapporto C/D neH'intervalio di valori: 0,8 + 1,2, sono funzione della sola velocità media del pistone.

metro di controllo* dell’intero processo di riempimento. Questo fatto ha spinto i costruttori a ridurre sempre più tale rapporto, in modo da avere ancora dei buoni agli alti regimi (con mp = 2 C n = cost) ed aumentare così la potenza massima fornita dal motore. Si noti che, al diminuire di CID, a parità di cilindrata, cresce anche l’alesaggio, con la conseguenza di poter ricavare sedi valvole più ampie sulla testata e guadagno in termini di k v anche per questo motivo.Circa l'influenza del rapporto di compressione r, si ricorda che di­versi rilievi sperimentali hanno dimostrato che nel caso in cui la contropressione allo scarico pr j pa si mantiene prossima ad 1, va­riazioni di r hanno piccola influenza su k v. Al crescere di pr / pa e con piccolo «incrocio», si è trovato (vedere Figura 2.29) che l'in­fluenza di r diventa sempre più sensibile. In particolare, si può no­tare nel diagramma di Figura 2.29 che ky cresce con r, perché di­minuisce la quantità di gas residui che si espandono all’inizio del­l'aspirazione, ostacolando l’iniziale introduzione della carica fresca nel cilindro.

* Si ricordi che per queste considerazioni si prescinde sempre dai fenomeni oscillatori nei condotti (lunghezza di questi trascurabile).

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RAPP

ORT

O

CO

EFF.

DI

RIEM

PIM

ENTO

k

J'A

.,

CONTROPRESSIONE ALLO SCARICO p jp a

Figura 2.29 - Influenza della contropressione allo scarico sul coefficiente di riempimento di un motore a quattro tempi, al variare del rapporto volumetrico di compressione r. li coefficiente di riempimento di riferimento è valutato nelle condizioni di assenza di contropressione (p,Jpa = 1).

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3. Alimentazione aria nel motore a due tempi

3.1Il processo di lavaggio

Il motore a due tempi è caratterizzato dal fatto di compiere l’intero ciclo di lavoro in sole due corse: quella di compressione e quella di espansione, mentre la sostituzione della carica (lavaggio) avviene con il pistone in prossimità del punto morto inferiore (vedere Figura 3.1), grazie all’intervento di una macchina separata, chiamata pompa* di lavaggio.L’idea base di questo motore è quindi quella di realizzare una più razionale utilizzazione della macchina. Nel quattro tempi, infatti, la stessa coppia cilindro-pistone compie due funzioni diverse: quella di motore e quella di pompa. Tutti gli organi devono naturalmente essere dimensionati per sopportare i ben più gravosi carichi mecca­nici e termici tipici della parte motrice del ciclo. Separate le due funzioni, nel caso del motore a due tempi, la pompa potrà essere progettata per soddisfare le esigenze più modeste (dal punto di vista delle sollecitazioni), richieste dal processo di sostituzione della carica.Siccome poi nel due tempi la frequenza del ciclo viene a coincidere con quella del manovellismo (un ciclo cioè si completa in un giro), si ha la possibilità di utilizzare, per la sostituzione della carica, luci ricavate nel cilindro e controllate dal movimento dello stantuffo. Ne deriva una maggiore semplicità costruttiva rispetto alle valvole a fungo, che richiedono complessi sistemi di comando e che possono essere mantenute anche nel due tempi per poter realizzare particolari condizioni di flusso durante il lavaggio (vedere Figura 3.3).Si è già detto inoltre che i più grandi motori a combustione interna attualmente costruiti (Diesel fino a 20 MW di potenza) ed i più piccoli (Otto fino a 20 W), seguono il ciclo a due tempi. Nonostante le forti differenze nelle dimensioni, si cercherà di mantenere una certa generalizzazione nell’analisi dei processi che li caratterizzano. Inco­minciando dalla terminologia, si parlerà quindi di «carica fresca» per indicare il fluido di lavoro all’inizio del ciclo, che può essere (come per

* I piccoli salti di pressione in gioco giustificano l’uso di questo termine, nonostante il fatto che il fluido trattato sia comprimibile.

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il motore a quattro tempi) sola aria, per i motori ad iniezione nel cilindro, oppure miscela aria-combustibile*.La Figura 1.5 riporta il tipico andamento del ciclo indicato di un due tempi sul piano pressioni-volumi. Benché le fasi di compressione, combustione ed espansione siano analoghe a quelle di un quattro tempi, ciò che lo distingue è il processo di sostituzione del fluido alla fine del ciclo di lavoro. In esso, infatti, le luci di scarico devono aprire molto prima del punto morto inferiore (60° + 80° a seconda del regime di rotazione), in modo che la pressione nel cilindro scenda ad un valore prossimo a quello della mandata della pompa, all’apertura della luce di lavaggio. Si evita così l’ingresso di gas combusti nel collettore di lavaggio e si favorisce, invece, l’afflusso della carica fresca nel cilindro. Questo fatto rende il diagramma indicato di un due tempi facilmente riconoscibile, a causa della perdita di area (e quindi di rendimento indicato) rispetto al ciclo che si sarebbe ottenuto con

Figura 3.1 - Sezione longitudinale di un tipico motore a due tempi (ad accensione comandata per motociclo), illustrante il processo di sostituzione dei gas combusti da parte della carica fresca (lavaggio del cilindro), mentre il pistone si trova in prossimità del PMI.

* Con l’aggiunta eventuale di una piccola percentuale (1-5-3%) di olio per lubrifi­care gli accoppiamenti interni del motore.

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Figura 3.2 - Andamento tipico delle pressioni in funzione dell’angolo di manovella, entro il cilindro pc, e nei condotti di lavaggio p, e di scarico ps di un motore a due tempi, durante il processo di sostituzione della carica. Sono evidenziate le fasature delle luci:AAS = Anticipo Apertura luce di Scarico,RCS = Ritardo Chiusura luce di Scarico,AAL = Anticipo Apertura luce di Lavaggio,RCL = Ritardo Chiusura luce di Lavaggio.

la normale fasatura adottata per un quattro tempi (linea tratteggiata in Figura 1.5).

Si esamina ora più in dettaglio l’operazione di sostituzione dei gas combusti, presenti nel cilindro alla fine del ciclo, con la carica fresca, comunemente indicata con il termine di lavaggio del cilindro. Essa costituisce la fase caratterizzante e, nello stesso tempo più critica del motore a due tempi, perché si realizza in modo normalmente meno soddisfacente che nel quattro tempi.

A tale scopo, consideriamo il diagramma di Figura 3.2, in cui. è meglio illustrata la parte terminale del ciclo indicato di Figura 1.5, sul piano pressioni-angoli di rotazione dell’albero motore. Le luci di scarico si aprono con un opportuno anticipo AAS rispetto al PMl. La pressione nel cilindropcl cala allora rapidamente per effetto dello scarico spon­taneo dei gas. Questa diminuzione è molto più rapida che in un quattro tempi, dal momento che le aree di efflusso sono fin dall’inizio più grandi, sia perché le luci hanno normalmente un ampio sviluppo in senso circonferenziale, sia perché sono controllate dallo stantuffo, il quale effettua grandi spostamenti per piccoli angoli di manovella, essendo ancora lontano dal PMl.

Lo scarico spontaneo prosegue fino a che la pressione nel cilindro scende al valore che essa assume nel collettore di scaricops. Nella maggior parte dei casi, sfruttando l’inerzia dei gas che escono e l’eventuale riflessione nel collettore dell’onda di pressione che si è formata all’inizio dello scarico spontaneo, sotto forma di onda di depressione (vedere paragrafo 4.4), si riesce a mantenere in questa fase del ciclo un valore di ps inferiore a quello dell’ambientepa in cui il motore scarica, favorendo così «l’estrazione» dei gas combusti dal cilindro.

180

160

„ 140Q_

5 120 ococo£ 100 Q.

80

60-80 -60 -40 -20 0 20 40 60 80

ANGOLI DI MANOVELLA [°]

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Frattanto, non appena la luce di lavaggio si apre (con anticipo AAL rispetto al PMI) e la pressione nel cilindro scende sotto il valore della pressione di lavaggio p„ la carica fresca incomincia ad entrare nel cilindro (vedere Figura 3.1). Essa continua a farlo, finché la luce rimane aperta ed è /?, > poi, formando un fronte più o meno compatto che provvede ad espellere i gas residui. L'andamento di p, dipen­de dalle caratteristiche della pompa utilizzata. Se si utilizza lo stesso carter del motore (vedere paragrafo 3.8),p, presenta un massimo in un istante intermedio traAALePMI {Figura 3.2), come conseguenza congiunta dello spostamento del pistone verso il PMI e dell’apertura delle luci di lavaggio. Nel caso di pompa separata,pt diminuisce molto poco durante tutto il processo, perché solitamente il collettore di lavaggio è realizzato di grande volume, in modo da evitare disunifor­mità di carica fra i vari cilindri.

Mentre la carica fresca entra nel cilindro, i gas combusti continuano ad uscire attraverso la luce di scarico, sia per inerzia (perché hanno acquistato un’elevata velocità in questa direzione durante la fase di scarico spontaneo), sia perché la carica fresca, man mano che entra nel cilindro, crea un aumento locale di pressionefino a valori superiori a quelli p% che si hanno nel collettore di scarico. Si definisce angolo di lavaggio (o periodo di lavaggio) l’angolo (od il tempo) durante il quale le luci di lavaggio e di scarico sono contemporaneamente aperte.Da questa sintetica descrizione, appare evidente che il lavaggio costituisce un’operazione piuttosto complessa dal punto di vista fluidodinamico. Tuttavia, può risultare utile, per la comprensione del fenomeno fisico, far riferimento [1] ad alcune situazioni limite.Intuitivamente possiamo, infatti, pensare che le condizioni di lavaggio più favorevoli si avrebbero qualora la carica fresca formasse un fronte compatto che spinge avanti a sé i gas combusti, senza mescolarsi o scambiare calore con essi (proprio come fa il pistone del quattro tempi durante la corsa di espulsione). Questo processo, che si potrà chiamare di «perfetta espulsione», dovrebbe continuare fino a che tutti i gas combusti sono stati espulsi dal cilindro, che è stato contemporaneamente riempito in modo completo dalla nuova carica.Le condizioni più sfavorevoli si avrebbero, invece, nel caso in cui i gas freschi attraversassero il cilindro formando correnti separate in seno ai gas combusti (senza miscelarsi con essi, ma neppure spingendoli avanti a sé) ed uscissero essi stessi dalle luci di scarico. In questo caso, che si potrà chiamare di «corto-circuito», resterebbe la maggior parte del cilindro non lavata e solo una piccola quantità di carica fresca verrebbe trattenuta nel cilindro.Condizioni intermedie si hanno evidentemente qualora la carica fresca, entrando nel cilindro, si mescoli progressivamente con i gas combusti, attraverso tanti piccoli vortici, fino ad ottenere una mi­scelazione omogenea*. In questo caso, per ottenere un rinnovo

* L'ipotesi di omogeneità è suggerita dalla semplificazione di calcolo che ne deriva (vedere paragrafo 3.3).

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3.2Disposizione delle luci

soddisfacente della carica, occorre accettare una certa perdita di gas freschi attraverso lo scarico.L’effettivo processo di lavaggio di un due tempi presenta, in pratica, caratteristiche comuni a tutti e tre i processi teorici descritti. Ossia, in un motore reale si ha: in parte perfetta espulsione dei gas combusti, in parte miscelazione di gas freschi e combusti (specie sul fronte di separazione dei due fluidi) ed infine perdita di alcune porzioni di carica fresca attraverso le luci di scarico per fenomeni di corto-circuito.

Il prevalere di una condizione rispetto all’altra dipende dai molti parametri che influenzano il lavaggio e che saranno analizzati nei prossimi paragrafi, ma soprattutto dalla particolare disposizione delle luci di lavaggio e di scarico.Da questo punto di vista, si può tentare di raggruppare le varie soluzioni costruttive, che in passato sono state realizzate, in due principali categorie: quelle che permettono di ottenere un lavaggio unidirezionale, ossia senza inversione della direzione del moto della colonna fluida nel cilindro, e quelle che danno luogo ad un lavaggio a correnti riflesse [3].La Figura 3.3 mostra alcuni esempi del primo tipo, caratterizzati dal fatto che le luci di lavaggio sono poste ad un estremo del cilindro, opposte alla zona in cui si trovano le luci di scarico. Nel caso a, con stantuffi contrapposti, sia le luci di lavaggio che quelle di scarico sono controllate da pistoni che sono in numero di due per cilindro e si muovono in senso opposto. Con questa soluzione si sono ottenute le migliori condizioni di lavaggio e quindi le più elevate pressioni medie effettive, pagate con la complicazione costruttiva necessaria per raccogliere la potenza dai due alberi motore. Il sistema appare attraente per tutti quei casi in cui sono importanti elevate potenze specifiche (locomotori, motori per sottomarini, per aerei, ecc.).Nella soluzione b, per il controllo delle luci è usato un manicotto coassiale con il cilindro e dotato di moto roto-traslatorio, in modo da poter aprire e chiudere le due serie di luci con fasatura indipendente. Questo accorgimento non ha però trovato pratica applicazione di tipo commerciale, per i problemi di natura meccanica che pone (attriti, inerzie, ecc.).Nel tipo c alle luci comandate dallo stantuffo si aggiungono le valvole a fungo, del tipo impiegato per i motori a quattro tempi. Si preferisce usare queste ultime per chiudere le luci di scarico, nonostante le maggiori sollecitazioni termiche ed il pericolo di incrostazioni, per poter realizzare le migliori condizioni di lavaggio (assenza di zone non lavate sotto il piattello delle valvole). Questa soluzione consente di ottenere buone pressioni medie indicate, ma non è detto che dia le più elevate potenze specifiche per unità di peso e di ingombro, special- mente se il regime di rotazione del motore risulta limitato dal sistema di comando delle valvole.La disposizione d appare come una modifica della precedente, nata dalla riduzione delle due valvole di scarico ad una sola. Essa è

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Figura 3.3 - Disposizioni delle luci di lavaggio e di scarico, che permettono di realizzare un lavaggio del cilindro unidirezionale:aJ stantuffi contrapposti, bj luci a manicotto, c) valvole a fungo, dj valvola discarico a fungo, e) cilindri gemelli ad U.

attualmente la più usata su Diesel lenti a due tempi di grandi dimensioni, perché consente di ottenere buoni coefficienti di riempi­mento (ossia elevate potenze specifiche) e bassi consumi di combu­stibile su motori a corsa molto lunga.Nell'ultima soluzione illustrata e, si hanno due cilindri gemelli ad U, ossia disposti con assi paralleli e tenuti permanentemente in comu­nicazione attraverso la testa comune. Alla base di un cilindro si hanno le luci di scarico, alla base dell’altro quelle di lavaggio. Il sistema ha avuto qualche applicazione per piccoli motori ad accensione coman­data, mentre non si adatta ai Diesel, perché gli elevati rapporti di compressione impongono serie limitazioni fluidodinamiche in corri­spondenza del collegamento fra i due cilindri.In genere, però, tutti questi sistemi unidirezionali, nonostante le buone prestazioni offerte dal punto di vista del lavaggio, sono meno usati di quelli a correnti riflesse, che presentano sempre una maggio­re semplicità dal punto di vista costruttivo, perché l'introduzione dell’aria di lavaggio e lo scarico dei gas avviene esclusivamente attraverso feritoie aperte e chiuse dal pistone.

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La Figura 3.4 presenta alcune tipiche soluzioni adottate sui Diesel lenti [3]. Nel tipo a le luci di lavaggio e di scarico si trovano affac­ciate, realizzando una corrente di lavaggio trasversale. È essen­ziale che il flusso entrante sia orientato verso l’alto e contro la parete del cilindro (dal lato luci di lavaggio) dalla forte inclinazione dei condotti che portano la carica fresca. Esso viene poi invertito dalla testata, formando una corrente ad «U», capovolta che spinge i gas combusti verso la luce di scarico. Qui c’è però il pericolo di sensibili fenomeni di corto-circuito, sicuramente evitati nella soluzione b dalla sovrapposizione delle feritoie di scarico a quelle di lavaggio, realizzando così un lavaggio in controcorrente. In questo modo si evitano fughe, ma si ha lo svantaggio di un basso valore comples­sivo dell’area delle luci, che risulterebbero troppo piccole per un motore veloce, con perdite fluidodinamiche inaccettabili. Di conseguenza, il tipo b ha avuto pratica applicazione commerciale solo per i Diesel lenti.Una soluzione intermedia è rappresentata dal tipo c a corrente tan­genziale o ad anello (tipo Schnurle), in cui le luci di lavaggio (divise in due o più gruppi) sono disposte perpendicolarmente alla direzione dello scarico. La carica di lavaggio è diretta verso l’alto e contro la parete del cilindro opposta allo scarico dalla conformazione dei condotti. Il tipo d, infine, rappresenta una evoluzione della soluzione a. Grazie ad una forte componente tangenziale conferita al fluido entrante, si realizza un lavaggio a corrente intrecciata', la carica fre­sca sale lungo la parete del cilindro contenente le luci di scarico, è riflessa dalla testata, scende a ridosso della parete di lavaggio,

J ftfi r

Figura 3.4 - Disposizioni tipiche delle luci di lavaggio e di scarico di un due tempi Diesel lento, che permettono di realizzare un lavaggio del cilindro a correnti riflesse dalla testata del motore: a) trasversali, b) in controcorrente, c) tangenziali o ad anello, dj intrecciate.

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lambisce lo stantuffo ed imbocca le luci di scarico, passando sotto la corrente che entra dall’area di lavaggio.

Per i due tempi veloci a ciclo Otto si sono adottati sistemi di lavaggio a correnti riflesse, basati sugli stessi principi fisici, anche se le diverse dimensioni dei cilindri hanno permesso od imposto qualche variante. La Figura 3.6 illustra alcuni tipi fondamentali [2], Nella soluzione a lavaggio trasversale (tipo a), il ripiegamento della corrente entrante verso l’alto è favorito anche da un opportuno deflettore ricavato sulla testa del pistone, impossibile da realizzarsi sui grandi motori per i conseguenti problemi termici. Tuttavia questo tipo (largamente adot­tato in passato) presenta lo svantaggio di appesantire lo stantuffo (il cui baricentro risulta alzato e disassato) e di imporre alla camera di combustione una forma poco razionale.

Le soluzioni più recenti fanno quindi principalmente ricorso al tipo di lavaggio con corrente tangenziale o ad anello (soluzione £>), che consente un buon controllo del processo di lavaggio attraverso l’unione di due colonne fluide (orientate verso la parete opposta allo scarico), che formano un fronte compatto, in grado di evitare sostan­zialmente il mescolamento con i gas combusti. Con l’uso di due sole correnti di lavaggio si corre, però, il rischio di lasciare la zona centrale sovrastante il pistone poco lavata. Adottando un terzo canale di lavaggio (tipo c), fortemente inclinato verso l’alto, si può agire sulla

Figura 3.5 - Disposizioni tipiche delle luci di lavaggio e di scarico di un due tempi Otto veloce, che permettono di realizzare un lavaggio del cilindro a correnti riflesse dalla testata del motore: a) trasversali,b) tangenziali o ad anello (a 2 luci di lavaggio), c) tangenziali o ad anello (a 3 luci di lavaggio).

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3.3Coefficientiglobalicaratterizzanti il lavaggio

corrente principale, spostandola verso l’asse del cilindro. La suddivi­sione poi delle luci di lavaggio in un numero anche maggiore (5 nell’esempio mostrato in Figura 3.1 e 3.16), offre al progettista più libertà nella scelta dei vari parametri in gioco, per ottimizzare l’intero processo.

Anche per il due tempi si può ripetere l’osservazione fatta per il riempimento del motore a quattro tempi (vedere paragrafo 2.3): una analisi dettagliata del fenomeno porta alla stesura di complesse equazioni di bilancio (di massa, quantità di moto, energia, ecc.) in termini differenziali, che possono essere risolte solo ricorrendo a metodi di integrazione di tipo numerico. La disponibilità di calcolatori veloci ha fatto sì che si mettessero a punto, negli ultimi tempi, programmi di calcolo bi- e tridimensionali [17,18,30] che incomincia­no a dare risultati incoraggianti (vedere paragrafo 4.8).Con lo scopo di seguire più facilmente il fenomeno fisico e di definire alcuni coefficienti globali che sintetizzano e caratterizzano il proces­so, tuttavia, si ritiene utile calcolare, in modo semplificato, la quantità di carica fresca che rimane nel cilindro, sfruttando le schematizzazio­ni del fenomeno illustrate al paragrafo 3.1.Basandoci inizialmente sull’ ipotesi di miscelazione omogenea [3] si farà uso del consueto simbolismo, utilizzando in particolare i seguenti indici:a - per la carica fresca presente nel cilindro m - per la miscela gas freschi-gas combusti nel cilindroI - per il fluido fresco inviato dalla pompa di lavaggio. Considerando allora l’intero processo come quasi-stazionario, in un

Figura 3.6 - Rappresentazione schematica del processo di lavaggio, mostrante la situazione nel cilindro di un due tempi in un generico istante t, in cui vi si trova la massa ma di carica fresca e quella m, di residui, mescolate tra loro per formare la massa di miscela mm. Nel tempuscolo d t entra la massa elementare dm ¡attraverso le luci di lavaggio, mentre esce ¡’elemento di carica fresca dmau da quelle di scarico.

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generico istante t, la massa di carica fresca contenuta nel cilindro (Figura 3.6) sarà ma, ed mm quella di miscela gas combusti-carica fresca. Durante il successivo intervallo di tempo dt, la pompa manda un elemento di massa dm,, che rimane in parte nel cilindro, mesco­landosi con i gas combusti, mentre contemporaneamente un ele­mento di carica fresca dmau esce dalla luce di scarico. L’equazione di bilancio delle masse in gioco ci permette di scrivere che l’aumento nel tempo dt della carica fresca presente nel cilindro dma, è uguale alla differenza tra la massa inviata dalla pompa dm, e quella uscita in­sieme ai gas combusti dmau:

dma = dm ,- dmau 3-1

In realtà, dallo scarico è uscita una quantità elementare di miscela gas combusti-carica fresca dmm, che, per Y ipotesi di miscelazione omogenea, starà a dmau nello stesso rapporto in cui latotale massa di miscela presente nel cilindro mm sta alla massa di carica fresca ma, ossia:

dmmldm au = mmlm a 3-2

e sostituendo nella 3-2 si ottiene:

dma = dmt - (ma / mm) dmm 3-3

Per eliminare la variabile mm dalla 3-3, si introducono anche le se­guenti ipotesi:1. le variazioni di pressione nel cilindro durante il lavaggio si ritengo­no così modeste da poter trascurare la comprimibilità dei fluidi;2. gli spostamenti del pistone intorno al PMI sono supposti suffi­cientemente piccoli da poter considerare costante il volume a dispo­sizione dei fluidi nel cilindro e pari ad un valore medio Va.Ne deriva che il volume entrante nel tempuscolo infinitesimo consi­derato, dovrà uguagliare il volume uscente:

dm ,l p, = dmml pm 3-4

Per cui la 3-3, tenuta presente anche la relazione mm / pm = Vcl, diventa:

• dma = dm, [1 - (pm / p,)(ma/ m j] = dmt [1 ~ m j (p, V,)] 3-5

ossia un’equazione differenziale nelle sole variabili ma ed m,, di facile integrazione. Separate infatti le variabili:

dmal [ \ -m al(p ,V c)] = dm,

poiché al primo membro, a meno della costante -1 / p. Ve compare il reciproco del rapporto tra la funzione 1 - ma / (p, Kcl) ed il suo dif­ferenziale, integrando sulla durata dell’intero processo di lavaggio, si ottiene;

In [1 - m j (p, Vcl)] = - m, / (p, Vcl)

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Eliminando il logaritmo, si ottiene la relazione cercata fra ma ed m;.

n% = p, Vct [1 - e x p {- m, / p, Vc, ) ] 3-6

in base alla quale si vede che la prima grandezza cresce con legge esponenziale in funzione della seconda, tendendo al valore limite Pi Vd. Per dare una veste di maggior generalità al discorso, convie­ne però fare riferimento a quantità adimensionali, anziché asso­lute. Introdotto, oltre al già definito coefficiente di riempimento (Àv = maIV Pa).un coefficiente di lavaggio X.,, definito come rapporto fra la massa d’aria inviata dalla pompa di lavaggio per ciclo (m,) e la stessa massa di riferimento (V pa) utilizzata per definire >.v, ossia:

A., = m ,l V pa 3-7dalla 3-6 si ricava:

A.V = Pi V ci / (Pa V " ) [1 - exp ( - À , pa V / p. V ii) ]

Figura 3.7 - Andamento del coefficiente di riempimento e di quello di trattenimento ku in funzione del coefficiente di lavaggio Xb secondo l ’ipotesi di espulsione perfetta e di miscelazione omogenea. Nelle zone tratteggiate cadono di norma i datirappresentativi della maggior parte dei due tempi reali (vedere Figure 3.15 e 3.16).

Posto: Pi K i / P a V = xp 3-8

si ottiene la relazione definitiva:X* = i|> [1 - e x p ( - X, /x|))l 3-9

Il coefficiente adimensionale ip, definito dalla 3-8, è in pratica molto vicino all’unità (perché p, = pa e Vd « V) e fornisce una misura della pressione erogata dalla pompa di lavaggio. Fatta l’ipotesi ^ = 1, la Figura 3.7 mostra l’aumento di Xv al crescere di Tanto maggio­re, cioè, è la mandata della pompa di lavaggio e tanto più grande è il riempimento (Xv tende asintoticamente ad 1 per Xt tendente all’in­finito). La legge di aumento è però di tipo esponenziale, per cui

oco

□<PzUJoLi-li.LUOO

COEFFICIENTE DI LAVAGGIO X,

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gli effetti positivi sono più sensibili per ì bassi valori di X,. Tenu­to costante X, = 1,5 (ipotesi realistica per un Diesel lento), la Figura3.8 mostra il continuo aumento di \ al crescere di con una specie di effetto di sovralimentazione da parte della pompa di lavaggio.L’indicazione fornita dalla 3-9 non è però completa da un punto di vista energetico. Essa ci dice, infatti, che al crescere di X, cresce Xv e quindi la potenza erogata dal motore, senza tener conto del fatto che l’energia necessaria per comprimere la carica dì lavaggio (tanto maggiore quanto più grande è X,) deve essere fornita dallo stesso motore.Per caratterizzare anche da quest’ultimo punto di vista il processo di lavaggio, conviene definire un terzo coefficiente di trattenimen­to o intrappoiamento Xtr, come rapporto fra la massa di carica fresca ma che resta nel cilindro e la massa totale m, fornita dalla pompa:

X,, = /T7a//77, 3-10

Moltiplicando e dividendo il secondo membro per la solita massa di riferimento V pa e ricordando la 3-9, si ha:

Xtr = ^ = J [1 - exp ( - X, /tp)] 3-11

il cui andamento è pure illustrato in Figura 3.7 e 3.8. Si vede, allora, come l’aumento di Xv, ottenuto attraverso un incremento di Xh porti ad una diminuzione di Xtr, con conseguente maggior spesa di ener­gia per il funzionamento della pompa. Si può osservare, in particola­re, come per X,= 1,5 si riesca ad ottenere un buon riempimento (Xv = 0,78), pagato però con un X,r= 0,52 (tollerabile solo per motori molto lenti, che danno luogo a piccole perdite di carico sulle luci), men-

Figura 3.8 - Andamento del coefficiente di riempimento K, e di quello di trattenimento in funzione del coefficiente adimensionale i[> (indice del grado di sovralimentazione fornito dalla pompa), secondo l ’ipotesi di miscelazione omogenea (coefficiente di lavaggio X, = 1,5).

Oh-ZLU2zLU

ÈocHQ

LUI-Zyjo

oo

COEFFICIENTE ip

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3.4Coefficiente di efflusso

tre con X,= 1 si avrebbe: kv = X.tr= 0,63, con un bilancio energe­tico globalmente favorevole per i motori più veloci (vedere paragra­fo 3.7).Se invece dell’ipotesi di miscelazione omogenea, si facesse quella più ottimistica della perfetta espulsione dei gas combusti da parte della carica fresca, le espressioni 3-9 e 3-11 trovate per kv e ktr, in funzione di À,„ si semplificherebbero notevolmente. In tale caso, infatti, finché èX, s 1 non sì haalcunafuoriuscitadi caricafrescadallo scarico, per cui la 3-1 (essendo dmau= 0), integrata sull’intero pro­cesso, dà:

ma = m.

Ricordando le definizioni di: kv, k, e A.tr = kv/k , si ottiene quindi:

kv = k, e ktr = 1 per: À., s 1

3-12k v = 1 e Xtr = 1 / X, per: k, > 1

poiché per valori X, > 1, per l’ipotesi fatta, tutta la massa di carica fresca superiore al valore teorico V pa esce dallo scarico mante­nendosi K = 1 ■ Gli andamenti delle relazioni 3-12 sono riportati con linea a tratto nel diagramma di Figura 3.7, individuando così due zone (tratteggiate nella figura) corrispondenti alle due ipotesi limite fatte, entro cui si vedrà ( paragrafo 3.5.3) che cadono i valori k v e Xtr per la maggior parte dei motori a due tempi reali.

Per meglio chiarire il problema della potenza.spesa per ottenere un dato X,, conviene fare riferimento al concetto di coefficiente di efflusso (vedere A-10), che si potrà applicare, nel caso del due tempi, sia alla luce di lavaggio che a quella di scarico separatamente, indicando­ne con C, e Cs i rispettivi valori. Noti i valori geometrici delle aree delle luci, il prodotto: C,A, rappresenterà l’area efficace istantanea, ossia la capacità di flusso delle luci di lavaggio (funzione del tempo o dell'angolo di manovella), mentre CsAs misurerà la capacità istan­tanea di flusso delle luci di scarico.Poiché durante il lavaggio il flusso di gas attraversa i due gruppi di luci in serie, si può semplificare concettualmente il fenomeno, sostituen­do (Figura 3.9) le due aree utili (C,A e C^AS) con un’area equivalente Aeq, scelta in maniera tale da offrire la stessa resistenza al flusso delle due aree in serie. Benché questa sostituzione sia sempre possibile, una semplice relazione fra le grandezze in gioco si può ottenere solo introducendo le seguenti ipotesi semplificative:1. il fluido sia incomprimibile,2. l’energia cinetica generata sulla prima strozzatura si dissipi com­pletamente nel volume interposto (cilindro) fra le due.In queste condizioni, la portata in massa m risulta proporzionale al-

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Figura 3.9 - Schematizzazione dei due gruppi di luci di lavaggio e di scarico in serie, mediante una sola area di flusso A 6Q, che smaltisca la sfessa portata m, sotto la medesima differenza di pressione Pi - Ih tra il collettore di lavaggio e quello di scarico.

la radice quadrata del relativo salto di pressione, per cui si ottiene la relazione cercata per Aeq con i semplici passaggi algebrici se­guenti:

m ~ C, A, ' l p\ p Qi = Cs As y Pci - p s =

— Aeq i/ J| Ps = cost. = K

Pi ~ PoiK*

(Q A,)2 ’-2 ; Poi - PsK

(Cs/U)2

Pi (-Pei + Pel) - Ps =

K(Aeq)2

3-13

1 / A,)2 (CsAsf

(G A,)2 (CSAS)2 (Cj A,)2 + (Cs As)2

Come esempio, la Figura 3.10 riporta le tre funzioni: C,A| /A c, CsAs / Ac e Aep /Ac, adimensionalizzate tramite la sezione trasversale del cilindro (Ac= jtD 2/4), in funzione dell’angolo di manovella©, per due

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Figura 3.10- Andamento, in funzione dell'angolo di manovella, delle aree efficaci di passaggio attraverso le luci di due tipici motori a due tempi:a) con pistoni contrapposti (diagramma riferito all'albero motore che controlla le luci di scarico),b) con lavaggio a correntitangenziali o ad anello.Le aree sono adimensionalizzate per mezzo della sezione trasversale del cilindro Ac. L’area tratteggiata rappresenta la «permeabilità» dell’insieme delle due luci durante un ciclo.

diverse disposizioni tipiche delle luci di lavaggio e scarico. In analogia con quanto visto per il quattro tempi al paragrafo 2.5.5 (vedere 2-20), si possono integrare i valori istantanei di Aeq/Ac in funzione della variabile 9, in modo da ottenere la «permeabilità» dell’insieme del­le due luci durante l’intero processo di ricambio del fluido (area tratteggiata in Figura 3.10). Quest’ultima, rapportata alla durata dell'intero ciclo del_motore ( 2 jt per un due tempi), dà un coefficiente di efflusso medio C :

_ a 2x AC = — f ^ d d 3-14

2jt Jo A0

il quale sintetizza in un solo indice gli effetti: della fasatura, della variabilità delle sezioni di passaggio nel tempo e delle perdite fluidodinamiche attraverso le_due serie di luci. Il suo prodotto per l’area di riferimento (C Ac = A eq), rappresenta infatti l’area equiva-

nicc<ccoo_CL<cc

ANGOLI DI MANOVELLA [°]

ILILDOC<I—CCoCL□_<CC

ANGOLI DI MANOVELLA [°]

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lente media, ossia la sezione costante di passaggio che, durante Yintero ciclo motore ed in condizioni di flusso ideali, smaltirebbe la stessa massa che attraversa l’insieme delle due luci in un ciclo. Occorre poi tener presente che l’area di riferimento Ac che si è a- dottata in questo caso è molto più grande di quella geometrica delle luci, per cu[ i valori numerici di C risulteranno piuttosto piccoli (me­diamente C = 0,03 * 0,04).

Grazie alla 3-14ed alla definizione di coefficientedi efflusso A-3, laportata media di lavaggio potrà essere espressa dalla seguente relazione:

ni, = Aeq p, a, <Df (p jp {) = C Ac p, a, <J>f (ps I p) 3-15

dove <t>, è la funzione di flusso comprimibile (introdotta al paragrafo A.4). D’altra parte, per la definizione 3-7 di si ha anche:

m, = = À.,l/p an = X,pa>40Hp/2 3-16

essendo: V = Ac C ed u p = 2 C n. li confronto fra i secondi membri della 3-15 e 3-16 permette di concludere che il salto di pressione _p, /pa, che la pompa di lavaggio deve assicurare per poter garantire un certo è funzione crescente del rapporto Xt a p/ C , ossia:

p jp s = / A MP/ C ) 3-17

L’andamento di questa funzione è illustrato in Figura 3.11, per valori tipici di a, (velocità del suono nelle condizioni a valle della pompa di lavaggio). Poiché la potenza assorbita da quest’ultima è, natural-

Figura 3.11 - Pressione (p,) necessaria per effettuare il lavaggio del cilindro(rapportata alla contropressione allo scarico p j, in funzione della velocità corretta: X, « p/ C . Sono state considerate tre diverse condizioni fisiche tipiche a valle della pompa di lavaggio, sintetizzate dai corrispondenti valori della velocità del

Ogoc5cococoaia:a.0 C5 <3

1COcoLUCUO.

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3.5Analisi sperimentale del processo di lavaggio

3.5.) Prove su motori al banco

mente, funzione crescente della portata in massa m, (e quindi di X.,) e della pressionepu la 3-17 ne assicura un rapido aumento al cresce­re di X, e di mp ed al diminuire di C . Da questo tatto discende l’im­portanza di avere dei buoni coefficienti di efflusso, specialmente per motori con alte velocità medie del pistone.Sulla scelta del coefficiente di lavaggio, parametro fondamentale per la progettazione di un due tempi, si tornerà più avanti (vedere pa­ragrafo 3.7), dopo aver completato l’analisi dell’influenza dei princi­pali parametri del motore e delle sue condizioni di funzionamento sul processo di lavaggio, esaminando anche i risultati che si possono ottenere per via sperimentale.

Data la complessità dei fenomeni in gioco, le conoscenze di base sull’andamento del processo di lavaggio in un due tempi, non possono che essere completate ed approfondite attraverso una loro analisi sperimentale [6^-15]. Essa sarà rivolta sia a misurare gli indici globali X.v e X.tr definiti al paragrafo 3.3, sia a rilevare i dettagli delle condizioni di flusso che si realizzano nel cilindro durante il processo di sostituzione della carica, per individuarne i punti deboli: zone non lavate, fenomeni di cortocircuito, ecc. In questo paragrafo, dopo aver ricordato le metodologie usate per effettuare prove direttamente su motori reali al banco ed i rilievi che si possono eseguire su modelli di simulazione del processo in laboratorio, si riporteranno i principali risultati conseguiti con questo tipo d’indagine.

A questo proposito, si osserva che nel due tempi un rilievo accurato degli indici globali del lavaggio, risulta piuttosto difficile. Basta, infatti, pensare che la misura del coefficiente di lavaggio (X, = mJVpa) richiede una procedura analoga a quella vista, per il motore a quattro tempi, per la determinazione di \ . Occorre, cioè, misurare la portata fornita dalla pompa rh, (mediante un misuratore di portata dell’aria aspirata dall’ambiente, disposto ad esempio secondo lo schema di Figura 3.12) e rilevare le condizioni ambientali per avere pa. Notevolmente più complicata è la misura di ^ per il motore a due tempi, perché bisogna determinare la quantità di carica fresca dispersa allo scarico.A tale scopo sono stati proposti diverse metodologie [15], basate sull’uso di modelli o su rilievi eseguiti sullo stesso motore. Fra queste ultime ricordiamo le tre più comuni:1. Metodo della pressione media indicata. Ci si basa sull’espressio­ne analitica di questa grandezza (vedere la 1-40):

= i l i K P a H J a

che viene rilevata dal diagramma indicato (medio per tener conto della dispersione ciclica: vedere paragrafo 10.2.3). Se il motore è alimentato con una miscela omogenea, di composizione a nota, (per questo motivo il metodo si applica solo a motori a carburazione), e

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3.5.2 Rilievi su modelli

potere calorifico H„ rilevate le condizioni ambientali (da cui si ha pa), per ricavare dalla relazione precedente k v, rimane da valutare solo il rendimento indicato r^. Questo si può ottenere dal corrisponden­te valore relativo ad un quattro tempi funzionante in condizioni di similitudine con il motore in esame, moltiplicato per un coefficiente riduttivo (0,85-4-0,95: vedere paragrafo 3.1), dedotto dal confronto frai cicli indicati dei due motori.2. Metodo basato sull’analisi dei gas di scarico. Consiste nella mi­sura della portata di combustibile mc , il quale deve essere iniettato a luci chiuse per essere sicuri che non si disperda allo scarico (il metodo è quindi applicabile solo a motori ad iniezione nel cilindro, Diesel o Otto). Noto mc e valutato a = m jm c, si può ricavare ma e quindi direttamente Per la determinazione di a si esegue l’anali­si di un campione dei gas presenti nel cilindro verso la fine dell’espan­sione, prima che inizi il lavaggio. Si valuta quindi a attraverso dia­grammi sperimentali (del tipo di Figura 6.4), che legano la compo­sizione dei gas di scarico al rapporto aria/ combustibile. Il prelievo del campione può essere effettuato mediante un’apposita valvola cam- pionatrice che si apre (controllata elettronicamente) all’interno del cilindro od all’àltezza della luce di scarico, in modo da raccogliere soloi gas combusti non inquinati dal lavaggio.3. Uso di gas traccianti. Questo metodo si basa sull’uso di piccole quantità di un gas (esempio: monometilammina), che si suppone bruci completamente alle temperature elevate che si hanno nel cilindro durante la combustione, ma resti totalmente inalterato alle più basse temperature che si hanno durante il lavaggio (il limite del metodo sta nella difficoltà di rispettare queste ipotesi). Il gas traccian­te viene mescolato con la carica fresca in percentuale a nota (misurata attraverso I’ analisi chimica di un campione). Se b è la frazione rilevata nel fluido che esce dal condotto di scarico, vale evidentemente la relazione:

k v = k ,k t, = X,(a-b)/a 3-18

Nei piccoli motori Otto a due tempi, partendo dal presupposto che non esista 0 2 nei gas combusti (perché alimentati da una miscela ricca), si utilizza spesso l’ossigeno della carica fresca come gas tracciante [15]. La misura della percentuale di 0 2 presente nei gas scaricati (vedere Figura 3.12), permette di risalire alla frazione di carica fresca cortocir­cuitata e quindi, attraverso la 13-18 al coefficiente di riempimento \ .

Poiché il rilievo dei parametri globali su motori reali (funzionanti al banco prova), risulta dispendioso e complesso, il lavoro di messa a punto del due tempi viene spesso eseguito su modelli in scala op­portuna o mediante apparecchiature di simulazione del processo di lavaggio.La casistica di queste prove è molto ampia, distinguendosi tra i modelli usati, quelli con moto dell’aria in regime stazionario od instazionario, con stantuffo fisso od in moto, con possibilità o meno

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Figura 3.12- Schema del dispositivo per il rilievo del coefficiente di lavaggio e di quello di trattenimento. La portata d'aria che entra nel carter-pompa viene misurata mediante un viscosimetro posizionato tra due serbatoi di smorzamento delle oscillazioni di pressione. Un ventilatore permette di mantenere il valore di pressione atmosferica a ll’ingresso del carburatore (vincendo le perdite di carico del gruppo di misura), oppure di far variare il coefficiente di lavaggio (sovralimentando la pompa).

di riprodurre la fase di scarico spontaneo, ecc. Il cilindro è spesso realizzato in materiale trasparente, in modo da poter seguire con una cinepresa ad alta velocità o con una telecamera i campi di moto della corrente di lavaggio. Il moto dei fluidi può essere evidenziato median­te polvere di magnesia, fiocchetti di lana, fumo, palline di polistirolo espanso, metaldeide*, ecc.Più recentemente si sono applicate anche al due tempi le possibilità offerte daH’anemometria afilo caldo od a luce laser [27], per individua­re nel dettaglio i campi di velocità delle varie correnti durante il lavaggio. A questo proposito, occorre ricordare il tipo di prova proposto da tempo da Jante [7] (facendo uso delle tecniche allora disponibili per rilevare l’andamento dei flussi), che ha dato un contributo notevole alla comprensione dei fenomeni ed al conse­guente sviluppo del motore a due tempi.Il test di Jante prevede che sulla sommità del cilindro, asportata la testata, venga posizionato un pettine girevole, formato da una serie di piccoli tubi di Pitot. Simulate le condizioni di lavaggio, dalla lettura delle pressioni dinamiche è possibile allora risalire alla distribuzione

* La metaldeide sublima a 100 °C, per cui può èssere mescolata al fluido di lavaggio allo stato gassoso. Essa ricristallizza poi quando i gas si raffreddano espandendosi nel cilindro.

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Figura 3.13- Tipiche mappe (test di Jante) della componente assiale della velocità (u jm /s]: positiva se rivolta verso l'alto) nella sezione trasversale del cilindro di motori a due tempi: a) lavaggio insoddisfacen­te perché la lingua centrale si avvina troppo alla luce di scarico; bj condizione di lavaggio sfavorevole perché la corrente di carica fresca è eccessivamente aderente alle pareti del cilindro; c) lavaggio buono perché la carica fresca risale il cilindro nella metà opposta alla luce di scarico; ti) condizione di lavaggio ottimale (per le ragioni dette in c), rilevata con pistone in movimento.

delle velocità della carica nella sezione trasversale del cilindro, verificando l’orientamento delle correnti di lavaggio provenienti dalle luci e valutando in modo immediato l’effetto di variazioni nella geometria del sistema.

La Figura 3.13 mostra quattro tipici campi di velocità rilevati [7] secondo questa metodologia, su di un due tempi con correnti di lavaggio ad anello: i primi tre in condizioni stazionarie (motore fermo) ed il quarto (caso d) in condizioni dinamiche (motore trascinato). I campi a e b appaiono insoddisfacenti perché la carica fresca, pur presentando i massimi valori di velocità sul lato del cilindro opposto allo scarico, forma una lingua troppo allungata verso la luce di scarico (caso a), oppure due lingue aderenti alle pareti e spingentisi verso lo scarico (casob), con conseguenti pericoli di fenomeni di cortocircuito.I diagrammi ce d presentano invece le condizioni richieste per avere un buon lavaggio. Le correnti di gas fresco, infatti, interagiscono-tra

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loro, con la testa del pistone e con la parete del cilindro, per formare un flusso compatto che risale il cilindro, con i valori più elevati di velocità in prossimità della parete e velocità pressoché nulle su di un piano passante per l’asse del cilindro e perpendicolare all’asse di simmetria delle luci, in modo da evitare ogni pericolo di corto­circuito.Anche i coefficienti globali che descrivono il lavaggio (ad esempio: ? ) possono essere determinati con maggiore accuratezza (rispetto ai rilievi fatti su motori al banco), utilizzando apparecchiature riprodu- centi il processo in condizioni controllate: La Figura 3.14 riporta lo schema di un dispositivo [14] capace di simulare un singolo ciclo di lavaggio (mediante anidride carbonica) di un cilindro (di volume costante), pieno di un gas di composizione nota (generalmente: aria). Alla fine del ciclo il contenuto in C02 del cilindro viene esaminato mediante analisi chimica, in modo da risalire a K, attraverso la 3-18.

Figura 3.14- Schema dell'apparecchiatura usata per simulare il lavaggio con C02di un cilindro pieno di aria. Il motore, avente cilindro e basamento a volume costante, è fatto girare per un solo ciclo (con una prefissata velocità di rotazione) da un motore elettrico attraverso un innesto a frizione, con successivo arresto del pistone in posizione controllata (al PMI). Variando la pressione nel basamento s i possono simulare diversi valori del coefficiente di lavaggio [14].

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Figura 3.15 - Influenza del coefficiente di lavaggio sul riempimento di alcuni due tempi Diesel, presentanti diversedisposizioni delle luci per la sostituzione della carica (vedere Figure 3.3 e 3.4). La maggior parte dei rilievi cade nella zona compresa tra gli andamenti previsti daii'ipotesi di perfettaespulsione e da quella di miscela omogenea.

3 .5.3Risultatisperimentali

oi-

yjcc5LU

I -ZUJgLLU.LU

OO

1,0

0,8

0,6

0,4

0,2

< ? / ¿e /

t / /

^ " .a - " "

i Jr\

A Lav. unidirezionale (tipo: d)

i »

O Lav. ad anello (tipo: c)

□ Lav. trasversale (tipo: a)1 1 1 1 1

0,4 0,8 1,2 1,6

COEFFICIENTE DI UWAGGIO X,

2,0

Esaminiamo ora le principali indicazioni che si possono ricavare dai rilievi ottenuti con le metodologie di indagine precedentemente illustrate.LaFigura 3.15 mostra l’effetto del coefficiente di lavaggio X, su quello di riempimento Xv per alcuni due tempi Diesel commerciali [1,5,18]. Un confronto fra questi rilievi ed i valori forniti dalla relazioni teoriche3-9 e 3-12, permette di osservare che per bassi coefficienti di lavaggio (X, = 0,3 -s- 0,6, a seconda della disposizione delle luci) i dati speri­mentali sono molto vicini a quelli previsti dall’ipotesi di perfetta espulsione, mentre per i valori di X, più elevati essi assumono l’an­damento previsto da quella di miscelazione omogenea.Questi risultati, uniti a quelli ricavati con riprese cinematografiche ad alta velocità e con misure anemometriche, permettono quindi di concludere che nei motori reali c’è molta azione di espulsione da parte dei gas freschi (formanti una specie di «pistone» fluido ideale) e miscelazione tra i due fluidi crescente con X,. I più alti coefficienti di riempimento sono forniti, ovviamente, dal tipo di lavaggio unidirezio­nale (soluzione d di Figura 3.3), che presenta il massimo effetto di espulsione da parte della carica fresca. Nel caso di lavaggio trasver­sale, si osservano spesso valori di \ inferiori a quelli previsti dalla teoria della miscelazione omogenea, quindi si deve presupporre la presenza di frazioni di carica fresca cortocircuitata direttamente allo scarico.Per una data disposizione delle luci, andamenti simili si sono riscon­trati al variare del regime di funzionamento, come conseguenza del cambiamento dei profili di velocità delle correnti fluide e dell’influenza degli effetti dinamici (vedere Capitolo 4) prodotti dai sistemi di

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Figura 3.16- Irtfluenza del coefficiente di lavaggio sul riempimento del cilindro di un piccolo due tempi con lavaggio tangenziale (a cinque luci). A l variare del regime di rotazione si hanno andamenti sim ili a quelli previsti dall’ipotesi di miscela omogenea, con valori d i A* più o meno elevati, a seconda delle velocità delle correnti di lavaggio e degli effetti dinamici prodotti dai sistemi di aspirazione e scarico.

aspirazione e scarico. La Figura 3.16 riporta i rilievi di Xv in funzione del coefficiente di lavaggio, effettuati [15] su di un piccolo due tempi (con lavaggio tangenziale a cinque luci) attraverso la misura del­la concentrazione di 0 2 allo scarico (tenendo conto: del rapporto di miscela, dell’anticipo all'accensione e della posizione di prelievo del campione). Si vede allora che il miglior effetto espulsione si verifica per« = 100 giri /s (per il quale il sistema è ottimizzato) .mentre per regimi inferiori e superiori ci si avvicina alla condizione di miscelazione omogenea (con le misure a 133 giri / s appena sotto ta­le curva).Circa l’influenza degli altri parametri motoristici su valgono le considerazioni fatte per i motori a quattro tempi, con lievi modifiche. In particolare, anche per il due tempi si è trovato [29, 30] che \ cre­sce con la potenza ennesima della temperatura ambiente ~ (Ta)n. Per il motore Otto, però, l’esponente risulta nettamente più basso (n = 0,20 -i- 0,25) di quello trovato per il quattro tempi, come con­seguenza dei diversi tempi di permanenza della carica fresca a contato con le pareti del cilindro e del cambiamento del coefficiente di lavaggio dato dal carter pompa. La correzione della potenza fornita dal motore Otto, in funzione delle condizioni ambientali, dovrebbe perciò essere effettuata con una formula simile a quella vista per il motore a quattro tempi (vedere paragrafo 2.7.1), contenente però il fattore (ra / r ar)0'75*0'80.Nel caso del motore Diesel, si è trovato che è ancora influenzato sensibilmente dal rapporto aria/combustibile (K cresce con a), malo è ben poco nel caso di motore a ciclo Otto (a causa delle modeste variazioni di a). L’effetto della temperatura del refrigerante si è mo­strato invece più modesto nel due tempi, in quanto minore è la

COEFFICIENTE DI LAVAGGIO X,

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quantità di calore scambiata dal fluido con le pareti durante il lavaggio (più ridotti sono i tempi di contatto).

3.6Progetto dei gruppi di lavaggio e scarico

3.6.?Areageometrica delle luci

Un buon progetto delle luci e dei condotti di lavaggio e di scarico di un due tempi, deve porsi l’obiettivo di realizzare un efficace riempi­mento del cilindro con la carica fresca, per ogni condizione di funzionamento del motore. Questo risultato può essere conseguito attraverso l’ottimizzazione della scelta:— dell’area geometrica delle luci di passaggio dei fluidi durante il

processo di ricambio della carica,— dei dettagli costruttivi delle luci e dei condotti, in modo da

minimizzare le perdite fluidodinamiche e realizzare flussi favore­voli al lavaggio del cilindro,

— dei tempi di apertura e di chiusura delle luci (fasatura) per ottenere buoni coefficienti di riempimento al variare del regime dì rotazione (elasticità di funzionamento).

Si tratta ora di approfondire questi tre punti su cui, schematicamente, può essere concentrata l’attenzione in fase di progettazione del motore.

L’esigenza fondamentale di ottenere ampie luci di passaggio per l’ingresso e l’uscita dal cilindro del fluido di lavoro, si scontra con le condizioni imposte dai problemi di resistenza meccanica della strut­tura e con la necessità di non sacrificare una grossa porzione della fase di espansione. Occorre quindi trovare un compromesso fra la ricerca di potenze specifiche sempre più elevate (attraverso alti \ ) e quella di buoni rendimenti globali e di una soddisfacente funzionali­tà meccanica dei componenti del motore. Questo può essere fatto ottimizzando innanzitutto la scelta di alcuni parametri geometrici fondamentali, quali i rapporti: corsa / alesaggio, area luci / sezione cilindro ed area luci di scarico / area luci di lavaggio.Per meglio chiarire l’effetto di queste grandezze, si può fare riferimen­to a luci controllate dallo stantuffo, perché, nel caso in cui il due tempi utilizzi le valvole a fungo, valgono ovviamente per esse le limitazioni geometriche e le considerazioni fatte nel paragrafo 2.5.4 per il quattro tempi. Si supporrà inoltre che esse siano rettangolari, sia perché questa forma è effettivamente la più usata (permette la migliore utilizzazione dell’area del cilindro ed un preciso controllo della fasa­tura), sia perché semplifica la parte analitica delle considerazioni che si intendono fare (senza nulla togliere alla loro generalità). In tale caso (vedere Figura 3.17) si può ritenere l'altezza proporzionale alla corsa del pistone:

h = K,C

mentre la larghezza complessiva della serie di luci potrà essere

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Figura 3.17 - Rappresentazione schematica delle luci (supposte rettangolari) controllate dal pistone: a) vista su di un piano longitudinale passante per l'asse del cilindro; b) vista su di un piano trasversale (perpendicolare a tale asse);c) sviluppo di metà della superficie cilindrica.

espressa come frazione della lunghezza della circonferenza di dia­metro!):

Lt = K2K3nD

dove K2 ir D rappresenta la parte di circonferenza occupata dal gruppo di luci ed il coefficiente d’ingombro:

K3 = L J K 2tiD

tiene conto del fatto che la larghezza totale utile per il passaggio del fluido L t è inferiore a quella geometrica disponibile Kz n D, per la presenza di tratti pieni tra due luci consecutive. Il rapporto tra l’area delle luci e la sezione del cilindro risulta allora:

A _ (*i c) (K2 k 3 % d ) = K K cAc x D 2 / 4 1 2 3 D

3-19

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da cui si vede che, per avere ampie sezioni di passaggio per i fluidi, in un due tempi, conviene innanzitutto tenere C ID alto, compatibil­mente con l’esigenza di non alzare troppo la velocità media del pistone (wp = 2 nC) , con il cui quadrato crescono le perdite fluido- dinamiche e quelle per attrito meccanico. Per questi motivi, nei piccoli due tempi veloci si assume normalmente C/ D = 0,8 + 1, nei Diesel lenti navali C / D = 2 + 3,6.

Il valore di fC, fissa la fasatura del motore ed è limitato dalla esigenza di non ridurre eccessivamente le fasi di compressione e di espansio­ne. Più è veloce il motore (alta i<p) e più ampie devono essere le fasature (più grande /C,), perché minori sono i tempi a disposizione per la sostituzione dei gas combusti. Inoltre, la luce di scarico deve aprire prima di quella di lavaggio, per cui si adottano mediamente i seguenti valori:

luci di scarico: K, = 0,20 + 0,35luci di lavaggio: = 0,15 + 0,25

riferendosi quelli più bassi ai motori lenti ed i più alti ai motori veloci e di alta potenza specifica.

Scelto Kì in base alle esigenze di fasatura, il coefficiente K2 (me­diamente K2 = 0,2 + 1) determina il valore complessivo di area che si può prevedere per le luci di un dato tipo. Esso dipende principal­mente dal tipo di lavaggio adottato ed in particolare dalla necessità o meno di realizzare sulla stessa circonferenza sia le luci di lavaggio che quelle di scarico.

Infine, la scelta del coefficiente d'ingombro (i valori tipici sono: K3 = 0,7+ 0,8) deve rispettare le esigenze di resistenza della struttu­ra e la necessità di evitare l’incastramento delle fasce del pistone sulle feritoie.

Circa l'influenza, poi, del rapporto area luci di scarico/area luci di lavaggio, occorre ricordare che diversi rilievi mostrano un benefico effetto sul riempimento dovuto alla riduzione del rapporto A JA t. Si constata, cioè, che una certa contropressione allo scarico risulta benefica ai fini del riempimento, in quanto la pressione finale nel cilindro risulterà intermedia fra quella del collettore di lavaggio e quella di scarico. L’effetto è però legato sia alla velocità media del pistone mp che a X„ poiché dal loro prodotto dipende il rapporto Pi / Ps (vedere Figura 3.11). I risultati sperimentali riportati in Figura 3.18 (relativi alla condizione hp= 9 m/s) mostrano, infatti, un continuo guadagno di k, al diminuire del rapporto delle capacità di flusso delle luci CsAs / C^i nel caso di alti valori di X,. Quando, però, X, scende a 0,6, un eccessivo restringimento delle luci di scarico comporta una perdita in riempimento, per la tendenza dei residui a restare nel cilindro in quantità eccessiva.

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Figura 3.18 - Influenza del rapporto tra l ’area efficace (prodotto dell’area geometrica per il relativo coefficiente d'efflusso) discarico e quella di lavaggio sul riempimento di un due tempi a lavaggio tangenziale.Il restringimento della luce di scarico risulta tanto più efficace, quanto più alto è il coefficiente di lavaggio.

ot-zHI

UJ

ccDLUt-zUJ

oLLILtuo

RAPPORTO AREE EFFICACI / C / l ,

3 .6.2 Dettagli nel disegno di luci e condotti

Una volta scelta l’area globale delle luci, che ottimizza le contrastanti esigenze di un due tempi, occorre definire i dettagli geometrici nel disegno di luci e condotti, per rendere minime le perdite fluidodinami­che (buoni coefficienti d’efflusso) e produrre correnti di lavaggio favorevoli. Per fare questo bisogna tener presente l’andamento tipico delle condizioni di flusso [4] che si verificano attraverso le luci, al variare del loro grado di apertura.Incominciando con il caso dell e luci di lavaggio, \aFigura3.19 mostra che, per piccole aperture, il flusso forma un getto libero, la cui inclinazione e coefficiente di efflusso sono interamente controllati dal bordo interno della luce e dalla forma della corona del pistone. Per le grandi aperture, invece, gli spigoli esterni danno luogo ad un distacco e ad una contrazione di vena, che può essere ridotta raccordando tali

Spigoliarrotondati

\ W W\

7 / \

*\ W \ \

/ /\\

a) Piccole aperture b) Grandi aperture

Figura 3.19 - C ondizioni d i flusso che s i realizzano attraverso le luc i d i lavaggio (con asse perpendicolare alla superficie delcilindro) controllate dal pistone. L ’arrotondamento degli spigoli esterni migliora il coefficiente d ’efflusso alle grandi aperture.

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InclinazioneT^/ assiale

Convergenza assiale

i AperturaI» ,

A ha) Piccole aperture

Spigolivivi

b) Grandi aperture

Figura 3.20 - Condizioni di flusso che s i realizzano attraverso le luci di lavaggio controllate dal pistone, aventi asse inclinato rispetto alla perpendicolare alla superficie del cilindro, in modo da produrre un flusso della carica che risalga verso la testa del motore. Le superfici degli spigoli superiori ed inferiori della luce sono normalmente convergenti verso l’asse del getto.

spigoli e rastremando il canale di passaggio, in modo da accelerareil flusso (riduzione dello strato limite).L’asse delle luci mostrate in Figura 3.19 è diretto perpendicolarmente alla superficie del cilindro. In molti sistemi di lavaggio, però, esso è inclinato rispetto alla generatrice del cilindro, in modo da produrre una corrente di carica fresca che sale verso la testata (Figura 3.20). Anche in questo caso [4], gli andamenti del flusso, alle piccole e grandi aperture, presentano le stesse caratteristiche illustrate in precedenza. Un raccordo degli spigoli di imbocco ed una leggera convergenza assiale (~ 10° + 20°) produce un miglioramento del coefficiente di efflusso.Circa l’effettiva inclinazione del getto entro il cilindro, l’esperienza conferma gli andamenti attesi (Figura 3.21). Per piccole aperture, l’effettiva inclinazione del getto è superiore a quella geometrica della luce, mentre ad apertura totale la situazione si inverte. Un raccordo

Figura 3.21 - Effettiva inclinazione del getto, prodotto da una luce ad asse inclinato, al variare della frazione di area aperta: a) influenza dell’angolo di convergenza e dell’arrotondamento degli spigoli, ad inclinazione assiale costante (= 20°);

40

2- 30 Ouu <3UJz oN < zoz

20

10

a) inclinazione assiale = 20° Convergenza 30°

---------Convergenza 20°

( Spigoli raccordati/ Spigoli vivr \ \

I \* / / / / W/A

Altezza luce1 1 1. . _L .

0,2 0,4 0,6 0,8 1,0

FRAZIONE DI LUCE APERTA

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b) influenza dell’angolo d’inclinazione assiale a convergenza costante (= 10 °) e per spigoli raccordati (raggio = 0,5 spessore parete).

Figura 3.22 - Influenza dell’angolo d’inclinazione sul piano tangenziale dell’asse della luce, sul suo coefficiente d’efflusso, al variare della frazione di area scoperta dal pistone durante la corsa.

EC9IJJ

N<

O

0 0,2 0,4 0,6 0,8 1,0

FRAZIONE DI LUCE APERTA

degli spigoli di ingresso, a parità di apertura della luce, riduce solo di poco l'inclinazione effettiva del getto.Spesso, poi, le luci sono anche dotate di una inclinazione sul piano tangenziale, per orientare il getto di carica fresca nella zona opposta alla luce di scarico o per produrre swirl (utile sia per avere un buon lavaggio che per accelerare la combustione). I rilievi di Figura 3.22

FRAZIONE DI LUCE APERTA

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Figura 3.23 - indicazioni per un corretto disegno, dal punto di vista fluidodinamico, dei canali di lavaggio, cui è affidato il trasferimento della carica fresca dal carter- pompa al cilindro motore.

mostrano allora che, per non peggiorare troppo il coefficiente di efflusso alle grandi aperture, conviene contenere l’inclinazione tan­genziale sui 25° + 30°.Il controllo della direzione del getto entrante nel cilindro è anche

Piccole aperture

Figura 3.24 - Condizioni di flusso che si realizzano attraverso le luci di scarico controllate dal pistone. In b è illustrato il disegno del condotto di scarico che evita l ’impatto del getto dei gas uscenti, al variare della loro inclinazione con la posizione del pistone.

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ottenuto mediante il disegno del condotto di lavaggio, che deve, per contro, fornire le minime perdite di carico. Questo si ottiene facendo gradualmente diminuire la sezione di passaggio, in modo da accele­rare continuamente il flusso ed utilizzando ampi raggi di curvatura (vedere Figura 3.23).Nel caso di luci di scarico, l’esperienza [4] dice che per piccole aperture il flusso uscente forma un getto libero inclinato di 50° + 60° rispetto alla generatrice del cilindro, mentre tale inclinazione cresce (fin verso gli 80°) alle grandi aperture. Ne scende che la luce di scarico dovrà essere disegnata divergente, per poter accogliere (Figura 3.25), senza impatto, il getto di gas di scarico, per un tratto superiore alla quota «L*» di Figura 3.24. Circa l’effetto del raccordo degli spigoli, va osservato che, anche per le luci di scarico, esso apporta un beneficio nel coefficiente di efflusso, però sembra favorire uno sporcamento delle luci dovuto alla formazione di depositi carboniosi.

3 .6.3Ottimizzazione delle fasature

Infine, bisogna tener presente che alla maggior parte dei motori a due tempi è richiesto dal tipo di utilizzazione cui sono destinati (ad esempio la propulsione motociclistica), di funzionare su di un’ampia gamma di numeri di giri. Essi devono quindi presentare non solo un’elevata potenza specifica, ma anche una buona elasticità di funzionamento, ossia la capacità di realizzare riempimenti del cilin­dro (e quindi coppie e potenze) soddisfacenti, al variare del regime di rotazione.

nm [giri/min]4000 5000 6000 7000 8000 9000

nm [giri/min]4000 5000 6000 7000 8000 9000

<>

LULLLLLU

S izLUHoCL

REGIME MOTORE n [giri/s] REGIME MOTORE n [giri/s]

Figura 3.25 - influenza della fasatura della luce di scarico sulla potenza effettiva sviluppata da un due tempi per motociclo (cilindrata 246 crrfi) a piena ammissione ed al 50% del carico. L'anticipo all’apertura AAS rispetto al PMI risulta uguale al ritardo alla chiusura RCS per la simmetria nel moto del pistone.

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L’elasticità del motore dipende, oltre che dalle aree e dai dettagli geometrici delle luci, dalle loro fasature (ossia dai relativi tempi di apertura). Circa l’influenza di quest’ultime, ci limiteremo quia ricorda­re due aspetti tipici del problema:— lo sfasamento tra i tempi di apertura delle luci di scarico e quelle

di lavaggio,— l'ottimizzazione delle fasature al variare del regime del motore.Nel caso in cui le sezioni di passaggio sono controllate dal pistone, è evidente che le fasature risultano simmetriche rispetto al punto morto inferiore. Quando entrambe le luci sono di questo tipo, poiché le luci di scarico devono aprirsi prima di quelle di lavaggio, si ha, in tal caso, lo svantaggio che esse vengono anche chiuse dopo quelle di lavaggio, con il rischio che parte della carica fresca possa fuoriuscire dal cilindro. Per evitare tale inconveniente, si può dimensionare opportunamente il condotto di scarico (vedere paragrafo 4.5), in modo da avere una contropressione al momento giusto.

Questo artificio è ampiamente usato nei motori a due tempi veloci, mentre per i lenti si è preferito generalmente fare le luci di lavaggio più alte (K.i > K1s) di quelle di scarico e munirle di una valvola unidirezio­nale (ad esempio del tipo a lamelle). Esse permettono l’ingresso dell’aria di lavaggio quando la pressione nel cilindro è scesa sotto il valore p u mentre evitano il passaggio di gas combusti nel collettore di lavaggio all’inizio dell’apertura delle luci da parte del pistone.

Se le luci sono invece controllate in modo indipendente, il problema del relativo sfasamento risulta di più facile soluzione, perché si hanno maggiori gradi di libertà (vedere Figura 3.10 -a). Negli attuali Diesel lenti, ad esempio, si utilizza un sistema di lavaggio del tipo (d) di Figura 3.3, nel quale caso si può liberamente sfasare la legge di apertura della valvola a fungo (di scarico), rispetto a quella delle luci di lavaggio.

Per quanto riguarda l’influenza del regime di rotazione sulla fasatura, occorre ricordare che la massa di fluido per ciclo utilizzabile per il lavaggio del cilindro, risulta proporzionale alla permeabilità delle luci ed ai tempi disponibili (proporzionali ad 1 /«), ossia (vedere le 3-15 e 3-16):

m, ~ m j n ~ À eqln 3-20

Questa relazione mette in evidenza l’opportunità di variare fasature ed aree di passaggio con il regime di funzionamento (in analogia con quanto visto per quattro tempi al paragrafo 2.5.5). Per ottimizzare il comportamento del motore agli alti giri, occorrono cioè sezioni di passaggio e fasature ampie, che bisogna però ridurre opportuna­mente al diminuire del regime di rotazione. I rilievi di Figura 3.25 mettono in evidenza i sensibili guadagni di potenza (a piena ammis­sione ed al 50% del carico), che si possono ottenere in un due tempi da motociclo (cilindrata 246 cm3) variando la fasatura (e di conse­guenza l’area) della luce di scarico, con il regime di funzionamento del motore.

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3.7Scelta del coefficiente di lavaggio

Figura 3.26 - Esempio di

Per questo motivo si fa oggi sempre più ricorso a valvole di parzializ­zazione delle luci di passaggio dei fluidi, con il diminuire dei giri del motore, di cui la Figura 3.26 mostra un esempio tipico. Si tratta di un cilindretto (sagomato in modo da adattarsi alla forma circolare del cilindro) che, ruotando attorno al proprio asse, fa variare con il regime la posizione dello spigolo superiore della luce di scarico [21].

Questi accorgimenti, uniti all’uso di camere di risonanza nei sistemi di aspirazione e scarico (vedere paragrafo 4.5), permettono di migliorare in modo sostanziale l’elasticità di funzionamento degli attuali piccoli due tempi per motociclo.

Da quanto detto nei precedenti paragrafi, risulta evidente che il coefficiente di lavaggio è un parametro che esercita un'influenza fondamentale sul processo di ricambio della carica in un due tempi e, di conseguenza, anche sulle sue prestazioni. Il progettista ha quindi la possibilità di fissare X., (compatibilmente con il tipo di pompa di lavaggio scelta), giocando sulle dimensioni della pompa e sul rappor­to fra il regime di rotazione di questa e quello del motore.

valvola di parzializzazione della luce di scarico di un motore per motociclo, per ridurre la fase di apertura al diminuire del regime di rotazione ed ottenere così un buon lavaggio del cilindro su di un’ampia gamma di numero di giri (elasticità di funzionamento).

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Figura 3.27 - Influenza del coefficiente di lavaggio sulle prestazioni (potenza specifica e consumi di combustibile) di un tipico due tempi Diesel.I valori ottimali dipendono dalla velocità media del pistone Ti p e dal coefficiente d'efflusso medio del motore C .

La scelta di X., dovrà allora essere effettuata in modo da ottimizzare le prestazioni globali del motore, che di volta in volta potranno essere:1 . minimi consumi specifici di combustibile,2. massima potenza resa,3. qualità dei gas scaricati, ecc.Con gli elementi forniti in questi paragrafi è possibile impostare un procedimento di calcolo che permetta di valutare tutte le grandezze del motore che interessano, in funzione di facendo delle ragione­voli assunzioni per i vari parametri motoristici e semplificazioni più o meno drastiche per i processi che si intendono simulare. I risultati di questi calcoli di previsione permetteranno agevolmente di fissare, all’aw io del progetto del due tempi, un valore di X-, di miglior compromesso fra quelli che ottimizzano le prestazioni di maggior interesse.Come esempio, in Figura 3.27 viene riportata la potenza specifica (alla sezione trasversale del cilindro A c) ed i consumi di combustibile specifici (alla potenza) per un due tempi, per diverse up e per due valori significativi di C , in funzione di X,. Il valore C = 0,03 per il co- efficiente d’efflusso medio, può essere considerato come un valore medio-buono, facilmente riscontrabile nella pratica, mentre C = 0,04 è da ritenersi ottimo ed ottenibile solo in circostanze particolarmente favorevoli.

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DCO2OO

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Questo esempio mette ancora in evidenza quanto sia importante avere alti valori di C , man mano che cresce «p. Si può, infatti, con­statare come il consumo specifico cresca rapidamente quando la up supera i 5 m/s con C = 0,03. In generale, si può dire che i valori ottimi di A., tendono a diminuire al crescere di s p ed al calare di C , perché, in tal caso, aumenta la pressione di lavaggio richiesta e quindi la potenza assorbita dalla pompa.Per fissare qualche valore numerico indicativo, si riportano nella Tabella 3.1 i valori ottimi di per l’esempio in questione. In pratica, quindi, per i motori lenti (Diesel di grandi dimensioni: up < 5 m/s), si tengono valori di X, > 1,4, mentre per i due tempi veloci (pur prescin­dendo dalla difficoltà pratica di avere X, > 1 con la soluzione a carter- pompa), le considerazioni generali di questo paragrafo consigliano valorijji X, sensibilmente inferiori e tanto più bassi quanto più mode­sto è C e quanto più importanti sono i consumi globali e la qualità dei gas di scarico.

3.8Compressori usati come pompe di lavaggio

In quest’ultimo paragrafo si accenna, infine, ai compressori più comunemente usati come pompe di lavaggio di un motore a due tempi. Rinviando ad un testo specializzato per un’analisi dettagliata dei principi di funzionamento, ci si limita qui a ricordare, per i vari tipi, l’andamento delle rispettive curve caratteristiche, che risulta essenziale per la discussione che seguirà sulle pompe di lavaggio e sul loro impiego come sovralimentatori (vedere Capitolo 5) dei motori.I compressori si distinguono innanzitutto in volumetrici e dinamici. I tipi volumetrici di maggior interesse per i motori sono: gli alternativi a pistone, i rotativi a palette o Roots, quelli a vite o Lysholm, ecc. Tutti questi sono caratterizzati dal fatto che il volume totale a disposizione dei fluido aumenta gradualmente durante la fase di aspirazione, per

Tabella 3 .1 Valori di coefficiente di lavaggio Xlopt che ottimizzano la potenza svi­luppata ed il rendimento globale del motore, in funzione della velocità media del pistone ùp e del coefficiente di efflusso medio (C )

Velocità m edia /. per C = 0,03 >..op: per C = 0,04 del pistone ...................................................... —

massima minimi massima minimiip [rn/s] potenza consumi potenza consumi

5 >1,4 1,1 > 1,4 > 1,4

10 1,4 0,9 > 1,4 1,2

15 1,0 0,8 1,4 1,1

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poi ridursi durante quella successiva di compressione. Alla variazio­ne del volume totale per giro dell’albero si dà il nome di cilindrata Vtc totale del compressore. La portata massica m che attraversa la macchina sarà allora proporzionale a Vtc ed al regime di rotazione nc:

m = KcVtcpanc 3-21

attraverso il coefficiente di riempimento del compressore \ , c, che diminuisce al crescere della velocità (maggiori perdite di carico) e del salto di pressione (maggior importanza acquistata dallo spazio morto e dal trafilamento). Per poter fare dei facili confronti tra tipi di compressori diversi o aventi differenti dimensioni, nel legare le portate smaltite ai lavori di compressione, conviene fare riferimento a grandezze adimensionali. La m può allora essere divisa per una portata di riferimento m * pari alla portata massica ideale critica (ossia sonica) nelle condizioni d’ingresso, attraverso un’area caratteristica della macchina (A2 = n d 2 / 4,coni/ = dimensione caratteristica del compressore: diametro del pistone o del rotore), ossia per la A-6:

m * = A2 p01 o01 [2 / (/t+1)]<*+l>/2<*-1> 3-22

mentre il regime di rotazione nc può essere espresso attraverso il rapporto u /a {u = velocità media del pistone o di trascinamento del rotore; a = velocità del suono alla temperatura di ingresso).

Fissate le condizioni di aspirazione ed il tipo di fluido (aria), il lavoro di compressione risulta allora funzione del solo salto di pressione pc / pa. Con queste assunzioni, in Figura 3.28 sono riportate le linee caratteristiche p jp a = f (m / m*) a regime costante (ossia ad u/a = costante). Sono inoltre segnate (a tratti) le curve ad isorendi­mento, avendo caratterizzato lo scostamento della compressione reale da quella isoentropica mediante il rendimento adiabatico del compressore:

Lavoro isoentropico _ A h is T'ac Lavoro compr. reale A h re

Dall’esame di queste curve si possono ricavare per i compressori volumetrici le seguenti proprietà:1. le linee a regime costante sono molto ripide, ossia vi è una piccola diminuzione di portata (dovuta al calo di > 0 al crescere del rapporto di compressione;2. pc/p aè pressoché indipendente dal regime di rotazione, per cui si può ottenere una alta pressione di mandata anche con basse portate volumetriche;3. la portata massica è pressoché proporzionale al regime di rotazio­ne ed indipendente dal rapporto di compressione;4. non vi sono zone di funzionamento instabile.La seconda categoria di compressori che ci interessa, quella dei

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Figura 3.28 - Curvecaratteristiche dei compressori volumetrici (a) e turbodinamici (b), di interesse per il lavaggio del cilindro o la sovralimentazione di un motore a combustione interna. La prevalenza fornita pc/p a (pc = pressione di mandata del compressore, pa = pressione di aspirazione) viene espressa in funzione della portata massica adimensionale (a regime del compressore costante).

108

P o

Ps .

m lm i(a)

P±P a

21,81,6

1,4

1,2

1,11,081,06

1,04

u la = 0,9

Singolo stadio centrifugo

A° '8^ o 0,84 82

0 .7 / ^ / o , 8 ^ / / y 0 ,75 = rianac = 0,8i \ o , 5 / - \ y \ 10 stadi

Cost. u /a \ \Cost. r|ac ula = 0 ,9 /Pompaggio 0 , 8 / \

0'7/ OSingolo stadio ° '6/N. '

assiale /°'5A / /

y 0,89

assiali

Tiac = 0,90 _ i_____i i i___ i_ _L_ _ l____ L .

0,01 0,02 0,030,04 0,06 0,1

(b)

0,2 0,3 0,4 0,6 0,81,0 m i m *

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compressori (turbo)dinamici, comprende il tipo centrifugo e quello assiale. Il primo è più comunemente usato come macchina accoppia­ta ad un motore alternativo, sia perché può fornire con un solo stadio le pressioni che generalmente sono richieste, sia per ragioni di costo, ingombro, robustezza, elasticità di funzionamento, ecc. Il compres­soreassiale, invece, dovrebbe essere sempre usato in una soluzione a più stadi, per poter raggiungere le pressioni di mandata necessarie.

L'andamento delle curve caratteristiche di questi compressori sono riportate sempre in Figura 3.28 ed evidenziano le seguenti proprietà:1. le linee a regime costante hanno una diversa pendenza: per i compressori radiali hanno un andamento praticamente orizzontale per basse portate, ma calano rapidamente al crescere di m i m*; per gli assiali le linee sono sempre fortemente decrescenti in funzione della portata;2. il rapporto di compressione ottenibile è strettamente legato al regime (cresce pressoché con «c2, a rendimento costante), per cui non è possibile ottenere alti rapporti di compressione con piccole portate;3. la portata dipende dal regime di rotazione ed è fortemente influen­zata da p jp a,4. esiste una zona di instabilità alla sinistra della linea di pompaggio, dove la pressione di mandata è soggetta a grandi pulsazioni, mentre le prestazioni diventano insoddisfacenti. Si deve inoltre notare che, quando il compressore funziona nelle condizioni di r)ac ottimo, basta una piccola diminuzione della portata perché esso vada soggetto a pompaggio.Per le ragioni ora viste, come pompa di lavaggio per il motore a due tempi si fa largo uso di compressori volumetrici: dal tipo alternativo a pistoni (doppio effetto e valvole automatiche unidirezionali a lamelle), ampiamente usato per i Diesel lenti (Figura 3.29-a) ; a quello rotativo Roots (Figura 3.29-c) adottato sui motori di medio alesaggio, perché presenta un ingombro sensibilmente inferiore al tipo a pistone; alla soluzione carter-pompa (Figura 3.29-b), che presenta il vantaggio della semplicità meccanica, basso costo, assenza di perdite ulteriori (oltre quelle del motore) per attrito ed un modestissimo incremento di ingombro e peso.Tutte queste soluzioni sono in grado di assicurare una massa d’aria di lavaggio per ciclo m, (e quindi un coefficiente di lavaggio >.,) pressoché indipendente dal regime di rotazione del motore (propor­zionale a quello del compressore) e dall’eventuale incremento della pressione di mandata. Di conseguenza, X, tende a rimanere costante anche quando le luci vengono parzialmente ostruite dai depositi odi condotti offrono una maggior resistenza al passaggio del fluido (silenziatore, turbina sullo scarico, ecc.), nel qual caso ovviamente aumenta la potenza assorbita dalla pompa.Quando invece si usa un compressore centrifugo come pompa di lavaggio (vedere Figura 3.29-d), la pressione di lavaggio cresce all’incirca con n2 e la portata è fortemente influenzata dal regime di rotazione del motore e dalla resistenza globale offerta dai condotti di aspirazione e di scarico. Di conseguenza, questa soluzione risulta

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accettabile solo per motori destinati a funzionare a regime pressoché costante (generatore elettrico) o quando la coppia può ridursi con n 2 (motore che trascina un’elica navale od aeronautica), mentre risulta insoddisfacente per motori destinati alla trazione stradale o ferroviaria. In Figura 3.30 è illustrato in dettaglio il principio di funzionamento del carter-pompa, che assicura chiaramente valori del coefficiente di lavaggio X, inferiori all’unità, a causa dei bassi riempimenti (>^c) del carter. Per aumentare questi ultimi, si deve rendere minimo lo spazio morto della pompa, tenendo conto della geometria delle masse equilibratrici dell’albero motore. Una grossa influenza, però, è anche esercitata dalla soluzione adottata per fare entrare la miscela fresca nel carter.La via più semplice consiste nell'utilizzare una «terza» luce (dopo quella di scarico e di lavaggio) controllata dal pistone (Figura 3.30). In questo caso, la durata della fase di aspirazione della pompa è determinata dall’altezza della luce e risulta simmetrica rispetto al

Figura 3.29 - Tipici esempi di pompe di lavaggio per motori a due tempi: a) alternativa a pistone e doppio effetto (per motori di grandi dimensioni); b) carter- pompa (per piccoli motori Otto); c) rotativa tipo Roots (per Diesel di media potenza); 6) compressore centrifugo (per motori funzionanti a regime costante).

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1° TEMPO

Figura 3.30 - Principio di funzionamento del carter-pompa:— 1 ° tempo (compressione ed accensione nel cilindro): chiuse le luci di lavaggio, il pistone genera depressione nel basamento, richiamandovi la carica fresca;— 2° tempo (combustione ed espansione nel cilindro): nella sua corsa di discesa il pistone comprime la carica fresca nel basamento e la trasferiscono nel cilindro.

PMS. Ogni ampliamento della feritoia inteso ad aumentare l’anticipo d’apertura, comporta un uguale ritardo di chiusura. L’intera durata della fase è quindi subordinata alla possibilità di realizzare ampi ritardi alla chiusura sfruttando l’inerzia (che è funzione del quadrato del regime dì rotazione) della colonna di gas freschi, che li spinge verso la pompa, nonostante l'aumento della pressione nel carter dovuto all’abbassarsi dello stantuffo.ln altre parole, il riempimento della pompa è sensibile al numero di giri del motore. Quindi un certo anticipo di apertura (60° *■ 80°) della luce, adatto ad esemplo per il regime di massima coppia, risulta eccessivo quando la velocità diminuisce ed insufficiente quando aumenta.

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Figura 3.31 - Valvole ad apertura automatica a lamelle per il controllo della luce di ammissione del carter- pompa: a) una o più lamelle tra loro parallele; b) lamelle disposte a piramide.

Migliori risultati si ottengono con valvole automatiche, formate da unao più (per ridurne l’inerzia) lamelle elastiche (Figura 3.31), la cui flessione è comandata dalla depressione nel carter e limitata da

Figura 3.32 - Valvola a disco rotante trascinata direttamente dall’albero motore, per il controllo della luce diammissione al carter-pompa. Con la tipica fasatura indicata in figura, il condotto d'aspirazione del carter rimane completamente aperto per ben 110° per ogni ciclo.

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p

PMS

PMI

(a) <W

Figura 3.33 - Andamento schematico della pressione nel carter-pompa in funzione dello spostamento del pistone: a) luce d'aspirazione controllata dal pistone; b) luce d’aspirazione controllata da disco rotante. Le minori depressioni prodotte durante la fase di aspirazione, portano nel secondo caso ad un lavoro globale di compressione (area tratteggiata) più piccolo.

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appositi arresti per impedirne deformazioni permanenti (vedere an­che la Tavola 11). Alla loro elasticità è affidata la chiusura, quando si ferma il flusso della carica, mentre la tenuta è assicurata dalla pressione che si crea nel carter alla discesa del pistone.In alternativa, si può far ricorso ad una valvola a disco posta in rota­zione dall’albero motore. Questo è sagomato opportunamente (ve­dere Figura 3.32), in modo da provvedere ad aprire e chiudere la luce di immissione al carter secondo la fasatura voluta. La tenuta è anche in questo caso affidata alla pressione interna, che fa aderire il disco alla parete del condotto, quando essa diventa necessaria; mentre in assenza di pressione nel carter, fra disco e parete non si creano attriti.Con entrambe le soluzioni, le perdite di carico in aspirazione possono essere minimizzate (Figura 3.33), usando condotti corti e di grande diametro (non si deve più giocare sull’inerzia della colonna gassosa) e mantenendo aperto il condotto per un tempo più lungo. Tutto questo comporta un miglior riempimento del carter-pompa, con una minor spesa di lavoro di compressione ed una maggiore pressione di lavaggio.

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4. Sistemi di aspirazione e scarico

I motori sono collegati con l’ambiente esterno, da cui aspirano aria all’inizio di ogni ciclo ed in cui scaricano i gas combusti alla fine, da sistemi di condotti e volumi che risultano in genere piuttosto com­plessi. Per fissare le idee, si può fare riferimento alla Figura 4.1, che mostra lo schema del gruppo di aspirazione e scarico di un motore bicilindrico con turbosovralimentazione ed interrefrigerazio- ne. Ovviamente, al crescere del numero delle funzioni svolte e di quello dei cilindri del motore, la complicazione della struttura au­menta ulteriormente.

Figura 4.1 - Sistema di aspirazione e di scarico di un biciiindro turbosovraiimentato, con inter- refrigerazione della carica prima dell’invio ai cilindri. L'aria aspirata dall'ambiente viene filtrata per eliminare le particelle capaci di usurare gli organi interni del motore; mentre i gas combusti passano in un silenziatore prima di essere scaricati, per attenuare il rumore irradiato nell’ambiente.

4.1Funzioni dei sistemi di aspirazione e scarico

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4.2Condizioni di moto dei fluidi

Schematicamente, si può dire che ai sistemi di aspirazione e scari­co vengano affidati i seguenti compiti:1. favorire con il loro comportamento dinamico il processo di sosti­tuzione del fluido di lavoro alla fine di ogni ciclo ed il riempimento del cilindro con la carica fresca;2. collegare dal punto di vista fluidodinamico il motore ad un even­tuale gruppo di sovralimentazione, che aumenti artificialmente la densità dell’aria con cui il motore viene alimentato;3. attenuare il rumore di natura gasdinamica in aspirazione e scari­co, dovuto al sistema di onde di pressione prodotte dall’instaziona- rietà dei processi che vi hanno luogo;4. offrire una soluzione adeguata a diverse esigenze di natura pra­tica come: garantire un buon filtraggio deH’aria aspirata, presentare una resistenza meccanica ed una durata funzionale adeguata, per­mettere un facile accesso agli organi del motore eventualmente co­perti, adattarsi allo spazio disponibile, ecc.Le funzioni citate al punto 1 costituiscono l’oggetto del presente ca­pitolo; quelle del punto 2 sono trattate nel prossimo, nell’ambito del­le problematiche più generali inerenti la pratica della sovralimenta­zione; quelle del punto 3 vengono affrontate al Capitolo 13, al mo­mento dell’analisi deH’impatto dei motori sull’ambiente esterno; mentre le esigenze pratiche succintamente elencate al punto 4 non vengono ulteriormente approfondite, perché tali tematiche esulano dai limiti posti alla presente trattazione.

In un motore alternativo, alla fine di ogni ciclo, il cilindro scarica con discontinuità i gas combusti nell’ambiente circostante e da esso aspira la nuova carica. Il flusso dal cilindro al condotto di scarico e da quello di aspirazione al cilindro è chiaramente instazionario, così come il sistema di onde di pressione e di velocità che dal cilindro si propaga ai condotti e da questi passa in parte all’ambiente esterno. La Figura 4.2 illustra nel dettaglio questo processo nel caso parti­colare della fase di scarico di un motore a quattro tempi. Nel mo­mento in cui la valvola incomincia ad aprire, la pressione nel cilindro è pari a 4 h- 8 volte la pressione atmosferica, mentre nel condotto essa è prossima al valore ambiente. Il salto di pressione attraverso la valvola è quindi superiore a quello critico (Figura 4.2, posizione 0,) ed il gas è accelerato fino a raggiungere la velocità del suono nella sezione ristretta della valvola. A questa condizione di blocco sonico, segue un’onda d’urto (vedere diagramma sul piano T - S di Figura 5.5-b), attraverso cui esso si espande fino alla pressione del condotto.Qui il gas si trova inizialmente in quiete, ma la sua pressione (dal lato valvola) cresce rapidamente (nel caso di volume del condotto relativamente piccolo), a causa dell’inerzia del sistema. Occorre in­fatti un certo tempo per accelerare la colonna di gas presente nel condotto ed avviare la sua fuoriuscita dall’altro estremo. Man mano che la valvola procede nella sua apertura (Figura 4.2, posizione 02), il salto di pressione andrà diminuendo, perché la pressione nel ci­

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lindro si riduce progressivamente per la fuoriuscita dei gas, mentre quella nel condotto continua ad aumentare, fino a che la portata di gas proveniente dalla valvola è superiore a quella che si scarica aN’altro estremo. Quando questa condizione si inverte (Figura 4.2, posizione: 03), la pressione prenderà a diminuire anche nel condot­to. Talvolta può anche avvenire che il primo impulso di pressione venga riflesso dal sistema di scarico dando luogo ad un secondo massimo (Figura 4.2, posizione: 04) più o meno differenziato dal primo, durante la fase di scarico forzato dal cilindro.In ogni caso, con questo meccanismo, all’ingresso del tubo di scari­co, si produce una serie di onde di pressione che si propagano poi lungo rimpianto di scarico, riflettendosi parzialmente ad ogni di­scontinuità ed interferendo con altre onde di pressione eventual­mente incontrate, fino a raggiungere la sezione terminale del siste­ma, da cui si irradiano parzialmente neH’atmosfera.Analogamente, il susseguirsi delle fasi di aspirazione genera un in­sieme di onde di depressione nel sistema di aspirazione, dalla par-

Figura 4.2 - Andamento, in funzione dell’angolo di manovella 0, delle pressioni nel cilindro pol e nel condotto di scarico ps durante il processo di sostituzione della carica. Nel caso in cui il condotto abbia un volume piccolo, rispetto a quello del cilindro, si forma un impulso di pressione che può influenzare: il processo di sostituzione della carica nel cilindro, l ’energia trasmessa ad un eventuale turbocompressore, il rumore irradiato verso l'ambiente. ANGOLO DI MANOVELLA

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te terminale del quale passano all'ambiente sotto forma di onde so­nore. Nel Capitolo 13 sarà esaminato più in dettaglio il problema del rumore prodotto, mentre in questo capitolo ci si propone di stu­diare l'effetto che queste onde producono all’altro estremo deirim­pianto: quello comunicante con il cilindro. È intuitivo, infatti, che queste oscillazioni di pressione (dell’ordine di qualche centesimo di MPa, nei motori veloci) interferiranno con il processo di riempimen­to o di lavaggio del cilindro, favorendolo od ostacolandolo.

In Figura 4.3 viene mostrato l’andamento tipico della pressione nei condotti di aspirazione e di scarico dal lato valvole, per un motore d'autovettura. Il fatto, ad esempio, che la valvola d’aspira­zione incominci ad aprire quando vi è un picco positivo di pressione e soprattutto chiuda in corrispondenza di un ventre positivo ancora più marcato, favorisce ovviamente il riempimento del cilindro. Analogamente, se si ottiene in prossimità della valvola di scarico un picco negativo di pressione, verso la fine dello scarico (ossia durante l’incrocio), si avrà un buon lavaggio della camera di com­bustione.

La via diretta per determinare l’influenza di un dato sistema di aspi­razione o di scarico sul riempimento consiste naturalmente nello studiare il moto comprimibile ed instazionario dei fluidi nei condotti, in modo da conoscerne l’evoluzione nel tempo durante l’intero ci-

COQ.

3

§$

§LUZococoLUOCQ.

ANGOLO DI MANOVELLA [°]

Figura 4.3 - Andamento, in funzione dell'angolo di manovella 0, delle pressioni nei collettori di aspirazione p B e di scarico p% (in prossimità delle rispettive valvole) del motore di Figura 4.7. Le ampie oscillazioni di pressione influenzano sensibilmente il processo di ricambio della carica. In particolare per n= 3 0 giri/s risulta buono l ’effetto inerziale e favorevoli g li effetti d’onda.

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4.3Effetti dinamici in un motore a quattro tempi

4 .3.7Effettoinerziale

ciò. A partire dal paragrafo 4.5 si accennerà ai modelli di questo processo, attualmente più comunemente usati. Purtroppo, nella maggior parte dei casi, essi risultano abbastanza complessi, per cui conviene premettere alcune considerazioni semplificate, che si ba­sano su di una descrizione sintetica dei fenomeni considerati.

Come accennato al paragrafo 2.2, i fenomeni legati all’instaziona- rietà del flusso (indicati globalmente con il termine di effetti dinami­ci) possono influenzare sensibilmente l’andamento del processo di riempimento di un motore a quattro tempi. Per analizzarli un po' più in dettaglio, anche se in termini semplificati ed intuitivi, conviene di­stinguere innanzitutto l’effetto dovuto al moto di trasporto instazio­nario del fluido (effetto inerziale), da quelli legati al moto delle onde di pressione, che si propagano attraverso i sistemi di aspirazione e scarico con la velocità del suono (effetti d'onda).

Se la frequenza con cui sì succedono le aspirazioni è «opportuna­mente» legata alla frequenza propria del sistema gassoso contenu­to nei condotti, risulta possibile sfruttare in modo ottimale la sua inerzia, convertendone l’energia cinetica (generata dal pistone nella prima parte della sua corsa) in energia di pressione, nel tratto finale della fase di aspirazione. Si noti, per inciso, che dall’espressione dell'energia cinetica del fluido nel condotto:

1 * 1 r cE r = - m u = - p L S2 2

LS

si deduce che l’effetto inerziale (a parità di portata in volume V aspirata dal motore, ossia a parità di regime e di carico) sarà tanto più marcato quanto più il condotto è lungo (L) e quanto minore è la sua sezione S. Naturalmente, occorre tener presente che, per L molto grandi, il condotto può non essere completamente interessa­to dal fenomeno in esame e che per S molto piccole si possono avere eccessive perdite fluidodinamiche.Ora, la colonna di gas in questione è principalmente contenuta nel condotto di aspirazione, ma in parte essa si trova già nel cilindro, che è collegato al primo attraverso la valvola aperta (vedere sche­ma di Figura 4.4). Essa costituisce un sistema oscillante smorzato, con una propria massa ed elasticità distribuita. Per calcolarne, tut­tavia, in modo semplice la frequenza propria^, essa può venir as­similata ad un sistema (ad un solo grado di libertà) formato da una massa ed una molla opportunamente scelte.In particolare si potrà supporre che:1. la massa del sistema sia costituita dal solo fluido presente nel condotto, del quale si mette in conto l’inerzia, trascurandone la comprimibilità;

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2. l’elasticità del sistema sia invece data dal fluido contenuto nel cilindro, che si ritiene venga compresso ed espanso adiabatica­mente, trascurandone il movimento.Con queste ipotesi, facendo riferimento allo schema di Figura 4.4, si ottiene facilmente l’espressione della massa interessata:

m = p L S

Partendo poi dall’equazione caratteristica della trasformazione adiabatica: p V k = cost, posta in forma differenziale:

dp V k + k V k~' p d V = 0

per il fluido contenuto nel cilindro, si ricava la relazione:

dp = - (kp / V) dV

che ne lega la variazione di pressione a quella di volume. Introdotta la coordinata x che definisce la posizione della massa lungo l’asse del condotto e tenuto presente che, alla diminuzione di volume- dV del fluido nel cilindro, corrisponde uno spostamento della massa dx = - dV/S, dalla relazione precedente si ricava:

dp = kpS d x j V

Figura 4.4 - Schematizzazione, mediante un risonatore di Helmholtz, del sistema gassoso contenuto nel condotto d'aspirazione e nel cilindro, supponendo che l ’inerzia del sistema sia data prevalentemente dalla massa di gas presente nel condotto (di lunghezza L e sezione S) e l ’elasticità da quella nel cilindro (di costante elastica Kb e volume medio VJ.

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Durante la fase di aspirazione, il volume del cilindro varia continua- mente, perciò si potrà far riferimento ad un suo valore medio:

= (V, + Vz) /2 = Va( r + 1 ) / 2 = (V /2 )(r+ 1 ) / (r - 1)

Ricordando allora la definizione di costante elastica del sistema, in­tesa come rapporto tra la forza elementare applicata dF e lo spo­stamento dx prodotto:

Kb = dF ! dx = dpS / dx = k p S 2 1 Vm

e di pulsazione propria del sistema:

< = K J m = kp S I p L V m = a *S IL V m

se ne ottiene la frequenza propria:

COo l_ S _^ 2jt 2 ir \ L Vm

che altro non è, in definitiva, se non la frequenza propria del risona­tore di Helmholtz formato dall’insieme condotto-cilindro.

Figura 4.5 - Andamento del coefficiente di riempimento in funzione del rapporto tra la frequenza propria del sistema f 0 e quellacorrispondente al regime di rotazione <fm = n ) , calcolato con la schematizzazione semplificata massa-molla di Figura 4.4. Esso presenta un massimo accentuato circa in corrispondenza del rapporto

costituisce lacondizionetrovatasperimentalmente per ottimizzare l ’effetto inerziale.

<<OH

UJocD

ILIOoo|—GCOD_G_<OC

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D’altra parte, ci si aspetta una relazione tra ^ e la velocità angolare del motore, ossia la frequenza con cui si succedono le aspirazioni, che possono essere favorite od ostacolate dall’inerzia del sistema. Ten­tando di prevedere quello che succede in un’intera corsa d’aspirazio­ne, si può infatti dimostrare, mediante la schematizzazione semplifica­ta massa-molla sopra richiamata od utilizzando un modello più preci­so, che alla fine di essa si ha il massimo spostamento della massa di fluido nel condotto (ossia il massimo riempimento), quando il rapporto tra la frequenza propria del sistema e quella corrispondente ai giri del motore (f m = n [giri/s]) risulta essere un numero pari ( f / f m = 2,4,6, ecc.) come mostrato dei diagramma di Figura 4.5. In esso poi si nota che la condizione nettamente più favorevole, ai fini del riempimento, corrisponda ad una frequenza del risonatore di valore circa doppio di quella del regime del motore:

£ = 2 f = 2 « 4-2J 0 J m

Questo risultato, confermato da numerosi rilievi sperimentali, si può spiegare intuitivamente, tenendo presente che in tali condizioni ottimali, il periodo proprio del sistema (1 l f 0) approssima la durata del­la corsa di aspirazione (180° di manovella, pari a mezzo giro di albero motore: 1 = 1 / ( 2 «)).Ricordando la 4-1, la condizione 4-2 permette di legare il regime di rotazione no, in corrispondenza del quale si riesce a sfruttare in modo ottimale l’inerzia della massa di gas contenuta nel condotto di aspirazione, alla geometria del sistema ed alla temperatura del fluido (tramite a):

a S A ^n. « — V --------■■■■ •• • ^ °

4 n \ L V m

Per ragioni di semplicità, la relazione 4-3 è stata ricavata facendo riferimento ad un monocilindro. Tuttavia, anche nel caso di motori a più cilindri è possibile modellare il sistema d’aspirazione con un risonatore di Helmholtz, considerando i condotti dei cilindri adiacenti come volumi addizionali e ricavando la frequenza propria di un risonatore equivalente [4,6], In ogni caso, la 4-3 è confermata abbastanza bene dall’esperienza, là quale ci assicura inoltre che l’effetto inerziale è uno dei più importanti nei motori che hanno regimi di massima potenza non molto elevati. Tale relazione si presta alle seguenti considerazioni:1. a parità di cilindrata unitaria, volendo abbassare il regime ottimale del motore, si possono adottare i seguenti provvedimenti:— diminuire la sezione S del condotto, a pari lunghezza L\— aumentare la lunghezza L del condotto, a pari sezione S;— in generale, diminuire il rapporto S / L;2. a pari cilindrata unitaria e regime ottimale, risulta fissatoS/L, ossia si potranno adottare:— piccole sezioni e condotti corti;— grandi sezioni e condotti lunghi;(evitando, naturalmente, lunghezze e sezioni troppo grandi o troppo piccole);

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4 .3.2Effetti d’onda

Figura 4.6- Schematizzazione dell’effetto d’onda a valvola aperta. Se l ’impulso positivo di pressione, riflesso daH’estremità aperta del condotto, arriva alla valvola nella seconda metà della fase d'aspirazione, la pressione risultante favorisce il riempimento del cilindro nel momento in cui la valvola sta per chiudersi.

3. a pari regime ottimale, all’aumentare della cilindrata unitaria oc­correrà:— aumentare 5 ad L costante, ossia adottare un condotto di volu­

me proporzionale alla cilindrata unitaria;— in generale, aumentare il rapporto S IL , in proporzione a Vm.

Il processo di riempimento è anche influenzato in modo evidente dagli effetti prodotti dalle onde di pressione che si propagano attra­verso i sistemi di aspirazione e scarico, riflettendosi ad ogni di­scontinuità. Per analizzare un po’ più a fondo questi fenomeni, è comodo distinguere gli effetti d’onda che si verificano a valvola aperta, i quali interferiscono quindi direttamente sull’ingresso della carica fresca nel cilindro, da quelli prodotti dalle oscillazioni di pres­sione che si manifestano nel condotto a valvola chiusa, le quali de­terminano le condizioni che regnano vicino ad essa al momento della sua apertura.Per illustrare l’effetto dei primi, conviene al solito far riferimento al condotto di aspirazione. In esso il pistone, durante la prima fase della corsa di aspirazione, genera (dal lato valvola) un'onda di de­pressione, mostrata in Figura 4.6. Questa si propaga nel condotto con la velocità del suono, fino alla prima discontinuità (che potrà essere: l’ambiente, un volume in serie, una connessione con altri condotti, ecc.), presentante un brusco allargamento di sezione.Siccome il volume a valle risulta grande rispetto a quello del con­dotto, la differenza di pressione tra il condotto e l’ambiente esterno deve annullarsi nella sezione terminale del primo. Da questa condi­zione al contorno del sistema, deriva che un’onda di pressione di

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segno opposto (ossia di compressione, in questo caso) si genera all’estremità aperta, risalendo il condotto in senso inverso, in modo che l'effetto globale delle due onde (incidente + riflessa) sia quello di annullare la differenza di pressione nella sezione terminale. Que­sto risultato è valido in generale, nel senso che ad ogni estremità che possa considerarsi aperta, un impulso di pressione che percor­re un condotto viene riflesso con segno cambiato (vedere il dia­gramma di Figura 4.16).Nel caso specifico considerato, se l’onda riflessa positiva torna ver­so la valvola nella seconda metà della fase d’aspirazione (ossia cir­ca 90° dopo il PMS), provoca un aumento della pressione risultante (Figura 4.6), proprio quando il pistone non è più in grado di aspirare carica fresca, favorendo così il riempimento del cilindro.Nell’analizzare gli effetti d’onda, al fine di metterli in relazione con il ciclo che si sta svolgendo nel cilindro, risulta conveniente ragionare in termini di angoli di manovella anziché di tempi, che risultano pro­porzionali ai primi attraverso la velocità angolare del motore*. Un

REGIME DEL MOTORE [giri/min]

Figura 4.7 - Andamento del coefficiente di riempimento ’ky in funzione del regime di rotazione, nel caso di un motore con condotti d'aspirazione separati e molto lunghi(L = 1,5 m), in modo da evidenziare: l'effetto inerziale (ottimo a 35 giri/s), quello d’onda a valvola aperta (ottimo a 30 e 80 giri/s) e quello d'onda a valvola chiusa (favorevole a 30, 40 e 80 giri/s).Il «buco» di riempimento a 35 giri/s è dovuto a ll’effetto d'onda a valvola chiusa sfavorevole.

oHZLU

Q.5UJOC

UJo

UJoo

2000 3000 4000 5000 6000

REGIME DEL MOTORE [giri/s]

* Si ricorda che, a rigori, la velocità angolare del motore non è costante durante un ciclo, passando da un valore massimo ad uno minimo. Tale variazione (dipendente da: numero dei cilindri, inerzia degli organi in moto rotatorio, ecc.) è minimizzata (mediamente: 2-5-5%) attraverso un'opportuna scelta del volano.

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parametro comodo risulta allora la frazione (in gradi) di angolo di manovella A0*, corrispondente al tempo A t = L ! a, necessario ad un impulso di pressione per percorrere la lunghezza L di condotto alla velocità del suono a:

La condizione per uno sfruttamento ottimale deN'effetto a valvola aperta, vista con il ragionamento intuitivo precedente e confermata dall’esperienza, può allora essere espressa nei seguenti termini:

la quale permette di legare, in prima approssimazione, la lunghezza del condotto al regime dì rotazione ottimale. Tenendo presente i va­lori tipici di a, da un esame della 4-5 si comprende che uno sfrutta­mento consistente di questo effetto lo si avrà solo con condotti lun­ghi o regimi di funzionamento elevati* (vedere l’esempio di Figura 4.7).Va poi considerato che la valvola rimane chiusa per un intervallo angolare abbastanza ampio: A80(= 540° teorici) per ogni ciclo. La massa di gas contenuta nel collettore di aspirazione costituisce (per questo periodo di tempo) un sistema oscillante smorzato, che può essere considerato a partire dalla valvola (estremo chiuso), fino al primo sensibile allargamento (volume del filtro od atmosfe­ra), che costituisce un’estremità aperta. Questo sistema presenta (vedere paragrafo 13.7) un periodo proprio:

Nell’intervallo A0O si stabilirà allora nel condotto una oscillazione di pressione, il cui periodo è dato dalla 4-6. È intuitivo che il riempi­mento sarà favorito (vedere esempio di Figura 4.3) se la valvola aprirà (per il ciclo successivo) in corrispondenza di un picco positi­vo di pressione, mentre sarà ostacolato in caso di ventre negativo. Per valutare l’effetto prodotto dall’onda stabilitasi a valvola chiusa nel condotto, basterà allora verificare quante volte il periodo T0 dell’oscillazione (trasformato in gradi: T0 360° n per la 4-4) è conte­nuto nell’intervallo A0O:

A0* = 360° n A i = 360° n L l a 4-4

2 A0* = 90°

da cui si ricava per la 4-4 la relazione:

n L ~ (90°/720°) a = a / 8 4-5

T o = 1 //o = 4 L / « 4-6

KTa 360° n = A0o~54O°

ossia, per la 4-6:

K «540° a 3 a

4 • 360° n L ~ 8 n L 4-7

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Per il condotto di aspirazione, si avrà un effetto sul riempimento:1. favorevole se in A0O si inserisce un numero intero (K = 1,2, 3,...) di oscillazioni, perché in tale caso si avrà una pressione posi­tiva all’apertura della valvola d’aspirazione (condizione verificata negli esempi di Figure 4.3 e 4.9);2. sfavorevole se in À0O si inserisce un numero frazionario (K = 1,5; 2,5;...) di oscillazioni, perché si avrà allora una pressione ne­gativa aN'apertura della valvola d’aspirazione (condizione verificata nell’esempio di Figura 4.8).L’esperienza prova poi, che gli effetti d'onda a valvola chiusa si ma­nifestano in modo sensibile su motori che funzionano ad alti regimio hanno condotti molto lunghi.Per sintetizzare e confrontare le influenze esercitate su \ dall’effetto inerziale e dagli effetti d’onda appena discussi, in Figura 4.7 è ripor­tata la curva del coefficiente di riempimento di un motore d'autovet­tura (2000 cm3 di cilindrata; 4 cilindri), con condotti d’aspirazione ec­cezionalmente lunghi (La = 1,5 m), in modo da esaltare i fenomeni esaminati. Per una migliore comprensione dei fenomeni, si riportano anche (nelle Figure 4.3, 4.8 e 4.9) gli andamenti delle pressioni nei collettori di scarico e di aspirazione (lato valvole), per alcuni regimi di rotazione tipici.Si richiama infine l’attenzione sul fatto che gli effetti dinamici qui illu­strati, possano ottimizzare il riempimento di un motore a quattro

„ 0,14CO0-

55 0,12 <>o3 0,10LUzoC/3(lìw 0,08 ccCL

0,060 90 180 270 360 450 540 630 720

ANGOLO DI MANOVELLA [°]

Figura 4.8 - Andamento, in funzione dell'angolo di manovella 0, delle pressioni nei collettori di aspirazione pa e di scarico ps (in prossimità delle rispettive valvole) del motore di Figura 4.7. Le ampie oscillazioni di pressione influenzano sensibilmente il processo di ricambio della carica. In particolare per n = 35 giri/s risulta: ottimo l'effetto inerziale, buono quello d’onda a valvola aperta, mentre è sfavorevole (K = 2,5) quello d’onda a valvola chiusa.

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tempi solo per un determinato regime di funzionamento. Per avere delle curve di coppia soddisfacenti su un ampio campo di numeri di giri, solo recentemente si è riusciti a vincere le resistenze dovute alla complessità delle soluzioni e realizzare sistemi di aspirazione a ge­ometria variabile con il regime, in modo da adeguare le caratteristi­che dinamiche delle masse fluide in moto, ai tempi disponibili per il riempimento dei cilindri.

4.4 Effetti dinamici in undue tempi veloce

Nel caso di motore a due tempi, gli effetti dinamici influenzano so­prattutto il processo di lavaggio dei piccoli motori a ciclo Otto veloci. Essi condizionano principalmente le oscillazioni di pressione nei condotti di scarico e di alimentazione del carter-pompa. Le condi­zioni fluidodinamiche nei collettori di lavaggio sono invece legate prevalentemente alle caratteristiche della relativa pompa. In questo paragrafo limiteremo il nostro interesse al comportamento dinami­co dei condotti di scarico di un due tempi veloce, tentando un’anali­si semplificata dei fenomeni che in essi avvengono.A questo proposito, si è già avuto modo di ricordare al paragrafo3.1 l’influenza esercitata sul processo di lavaggio del cilindro dal­l’andamento della pressione nel collettore di scarico, in prossimità della relativa luce. Quest’ultimo dipende principalmente dalla geo-

cdCL

5

§$oi-3LUZococoLUccCL

ANGOLO DI MANOVELLA [°]

Figura 4.9 - Andamento, in funzione dell'angolo di manovella 0, delle pressioni nei collettori di aspirazione pa e di scarico ps (in prossimità delle rispettive valvole) del motore di Figura 4.7. Le ampie oscillazioni di pressione influenzano sensibilmente il processo di ricambio della carica. In particolare per n = 40 giri/s risulta: buono l'effetto inerziale, discreto quello d'onda a valvola aperta e favorevole (K = 2) quello d'onda a valvola chiusa.

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metria del condotto, il cui effetto è schematicamente illustrato in Fi­gura 4.10. Per analizzarne l’andamento, bisogna innanzitutto ricor­dare che un tubo aperto ad una estremità, dovendo realizzare un equilibrio di pressione sulla sezione terminale (come si è visto al paragrafo 4.3.2), riflette un’onda di pressione di segno opposto a quella incidente. Nel caso di condotto chiuso all’estremità, deve in­vece annullarsi la velocità del fluido nella sezione terminale. Si sup­ponga quindi che un’onda (ad esempio di compressione) si propa­ghi verso l’estremo chiuso, inducendo nel fluido una velocità diretta verso di esso. Per rispettare la condizione al contorno, essa deve essere riflessa come onda dello stesso segno, in modo da produrre nel gas una velocità diretta in senso opposto alla precedente (ossia allontanantesi dall’estremo). Questa, infatti, sovrapponendosi all’ef­fetto dell’onda incidente, annullerà la velocità risultante nella sezio­ne terminale.Nel caso allora di semplice condotto cilindrico (configurazione a di Figura 4.10, l’impulso positivo che si forma all’apertura della luce di

(a)

AAS AAL

LUZo«coLUCC0.

PMI RCL RCS

(b)

LUzgcocoLUocQ.

AAS AAL PMI RCLRCS

gcocoLUECCI­

ANGOLO DI MANOVELLA 0

Figura 4.10- Effetti della geometria del sistema di scarico sull’andamento della pressione vicino alla luce del cilindro. Passando dal semplice condotto a sezione costemtefcaso a), a quello con tratto divergente (caso b), ed a quello con camera d’espansione (formata da un elemento divergente, uno cilindrico ed uno convergente: caso c), il diagramma della pressione s i avvicina sempre più all’andamento ideale per avere un buon lavaggio del cilindro.

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scarico (vedere paragrafo 4.2), viene riflesso con segno cambiato (onda di depressione) dall’estremità aperta (vedere il diagramma di Figura 4.16). Aggiungendo un tratto divergente (configurazione b), che si comporta come un condotto progressivamente aperto, si può allungare la durata dell’onda di depressione; mentre un’opportuna scelta della lunghezza del primo elemento cilindrico può ottimizzar­ne la fasatura, facendo in modo che essa si verifichi nella fase cen­trale del lavaggio. Il complesso di scarico può poi essere completa­to con un tratto convergente (configurazione c) il quale, compor­tandosi come un condotto progressivamente chiuso, produce una riflessione dello stesso segno di quella parte dell’impulso iniziale che lo raggiunge. Se quest’onda positiva di pressione ritorna al­l’estremo collegato al cilindro nell’intervallo di tempo in cui la luce di lavaggio si è appena chiusa, mentre quella di scarico è ancora aperta, si eviterà di lasciar sfuggire dal cilindro parte della carica fresca, che vi è già entrata.

4.4.?Dimensionamento della camera di espansione

Sulla base delle considerazioni precedenti, appare evidente l’op­portunità di realizzare, allo scarico di un due tempi veloce, una camera di espansione con un tratto iniziale divergente ed uno finale convergente, secondo lo schema illustrato in Figura 4.11.\ dettagli geometrici dovranno poi essere scelti in modo da ottimizzarne l’effetto per il regime, in corrispondenza del quale si vuole avere la massima coppia. Purtroppo il suo comportamento fluidodinamico è piuttosto complesso, per cui risulta possibile prevedere con accet­tabile accuratezza l’influenza dei singoli parametri geometrici, solo facendo ricorso a modelli sufficientemente precisi (vedere paragra­fo 4.7). Tuttavia, utilizzando le considerazioni fin qui fatte, si ritiene utile riportare un procedimento di calcolo di primo tentativo di questo sistema di scarico, la cui messa a punto definitiva è sempre effettuata sperimentalmente.

Figura 4.11 - Parametri geometrici caratteristici di una tipica camera d’espansione formata da: un tratto divergente, uno (eventualmente) cilindrico ed uno convergente. Posizionata ad una opportuna distanza dalla luce di scarico, questa camera mantiene su di essa (per un regime di rotazione ottimale) un andamento della pressione favorevole al lavaggio del cilindro.

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Circa la scelta della lunghezza del primo tratto cilindrico Lv si può allora osservare che, per avere un buon effetto di estrazione dei gas combusti dal cilindro, favorendone così il lavaggio ed il riempi­mento con la carica fresca, occorre che l’onda di depressione rifles­sa dalla sua sezione aperta (e progressivamente dal tratto diver­gente i 2) arrivi al cilindro, a partire dal momento in cui il pistone incomincia ad aprire la luce di lavaggio. Ne segue che il condotto di uscita dal cilindro dovrà avere una lunghezza L v tale da rimandare un’onda riflessa di depressione dopo 0r (= angolo di ritardo nel­l’apertura delle luci di lavaggio rispetto a quelle di scarico) gradi di rotazione dell'albero motore; ossia:

L 1 = a t j 2 4-8dove:tr = 0r/ (360 n) [s]: tempo di ritardo nell’apertura delle luci di la­

vaggio rispetto a quelle di scarico;a [m/s]: velocità del suono, funzione della temperatu­

ra e della composizione dei gas, che si potrà assumere pari a 600-5-700 m/s, date le elevate temperature;

n [giri/s]: regime di rotazione del motore, per il quale sivuole ottimizzare l’effetto del gruppo.

La relazione 4-8 permette quindi di calcolare una lunghezza L 1 di primo tentativo, mostrando come tale valore (a parità di 0r) tenda a diminuire (camera di espansione vicino al cilindro), al crescere del regime per il quale si vuole ottenere il migliore effetto da parte del sistema di scarico.Man mano poi che l’impulso di pressione penetra nel tratto diver­gente, viene gradualmente riflesso come onda di depressione, al­lungando così l’effetto positivo sul lavaggio del cilindro. Circa l’apertura da assegnare al tratto divergente (tipicamente si può as­sumere: pd = 2° -5- 4°), bisogna tener presente che, normalmente, quanto più essa è grande, tanto maggiore è l’ampiezza della de­pressione riflessa, ma minore ne è la durata. Un divergente ad apertura più graduale, invece, rimanda un’onda negativa di minore ampiezza, ma di maggiore durata.Il diametro del tubo di entrata d, può poi essere scelto in base al­l’esigenza di smaltire la portata di gas combusti V , senza eccessi­ve perdite fluidodinamiche, mediante la relazione:

V g = umn d ì2 l 4 4-9

in cui si può assumere, per la velocità media dei gas combusti, un valore: um = 50-Ì-60 m / s. Si può quindi determinare la lunghezza del divergente L2, in base alla opportunità di troncarlo quando la sua sezione finale ha raggiunto un’area circa 5+6 volte quella del condotto d’entrata, valore altre il quale il suo contributo si fa sempre più modesto. La relazione:

d / = (5 + 6) d 2

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permette allora di ricavare il diametro massimo d2 del divergente, mentre la sua lunghezza sarà data da:

d2 — d, 1¿2 = - „ ~ -------- 4-102 tan (3d

Ora, se il dispositivo di scarico terminasse dove il divergente viene troncato, il benefico effetto dello scarico sul lavaggio non risultereb­be completo, dal momento che una parte di gas freschi introdotti nel cilindro, tenderebbe ad uscire dallo scarico, verso la fine del la­vaggio. Lo stantuffo, infatti, chiude la luce di scarico con un ritardo 6r rispetto a quella di lavaggio, per la simmetria della distribuzione rispetto al PMI. Per impedire che questo avvenga, si è visto che conviene aggiungere al complesso di scarico un tratto convergente che rifletta l’impulso di pressione iniziale come onda positiva, la quale, giungendo alla luce di scarico non ancora completamente chiusa, impedisca al gas fresco di uscire dal cilindro.Per il calcolo della distanza alla quale il cono va posto dalla luce di scarico del cilindro, si può imporre la condizione che l'impulso posi­tivo di pressione giunga alla luce di scarico dopo il tempo t0 (= tem­po che passa fra l'istante di apertura della luce di scarico (partenza dell’impulso di pressione dal cilindro) e la chiusura di quella di la­vaggio). Si determina allora la lunghezza del tratto cilindrico che va inserito fra il divergente ed il convergente, mediante la relazione:

¿3 = ^ + L 2) 4-11

dove:t0 = (6r+e,) / (360°«) [s]: tempo che intercorre tra l’ istante di

apertura dello scarico e quello di chiu­sura delle luci di lavaggio;

a [m/s]: velocità del suono nei gas, che si puòassumere pari a 500 + 550 m/s, poiché essi sono ormai freddi;

6, [°]: durata angolare di apertura delle luci dilavaggio,

0r [°]: ritardo angolare nell’apertura delle lucidi lavaggio rispetto a quelle di scarico;

n [giri/s]: regime di rotazione del motore per ilquale si vuole ottimizzare l’effetto del si­stema di scarico.

Si noti che spesso L? risulta modesto (20 30 mm), per cui, per semplicità costruttiva, si può sopprimere la parte cilindrica, sosti­tuendola con un semplice raccordo fra i due coni. Per fissare poi le dimensioni della parte finale convergente, si può tener presente che la sua inclinazione (ìc influirà anche in questo caso sull’ampiez- za (intensità della contropressione) e sulla durata dell’onda riflessa, nel senso che a grandi valori di (3c corrispondono forti intensità e brevi durate. Come compromesso fra queste due opposte esigen­ze, l’esperienza suggerisce un valore prossimo a p = 6° + 8°.

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4.4.2 Sistemi a geometria variabile con il regime del motore

Il diametro terminale del convergente d3 può poi essere calcolato in base ad un’equazione di continuità della portata del tipo 4-9, tenen­do presente che i gas sono ora più freddi e quindi la portata in volu­me V è ridotta, mentre d’altra parte si potranno assumere per wm valori più elevati (del 50 + 60 %) di quelli indicati per la 4-9, a causa della minore importanza delle perdite fluidodinamiche che si hanno nel breve tratto finale L s.La lunghezza del tratto convergente potrà allora essere facilmente espresso in funzione dei diametri estremi, mediante una relazione del tipo 4-10:

£ _ ~ ^3 ^4 2 tan (3C

Infine, per il tratto di uscita, si può assumere una lunghezza L s = 150 + 200 mm, legata principalmente all’esigenza di contenere il rumore irradiato.Si richiama ancora una volta l'attenzione sull’aleatorietà di parec­chie assunzioni che stanno alla base di questo calcolo (valori della velocità del suono, delle temperature dei gas, ecc.), per cui è dato per scontato che questo procedimento può solo aiutare ad indivi­duare un dimensionamento approssimato, dal quale partire in fase sperimentale per determinare la conformazione più appropriata. D’altra parte, si ritiene che questo schema possa contribuire a chia­rire meglio il processo che avviene nel complesso di scarico di un motore a due tempi Otto veloce e quindi ad indirizzare la sperimen­tazione verso la soluzione più appropriata.

Le espressioni trovate nel paragrafo precedente, per il calcolo delle principali grandezze geometriche della camera d’espansione da collo­care allo scarico di un due tempi veloce (in particolare la 4-8 e la 4-11), contengono il regime di rotazione del motore. Esse mostrano quindi in modo evidente come il sistema di scarico possa essere ottimizzato solo per un particolare regime di funzionamento, in corrisponden­za del quale si avranno buone condizioni di lavaggio del cilindro. Per ottenere curve di coppia accettabili su di un ampio campo di numero di giri, come è richiesto ai motori per motociclo, si è già visto al paragrafo 3.6.3 che è possibile far variare la legge di apertura delle luci con il regime. Un effetto di pari consistenza si ottiene però modificando le caratteristiche proprie dei sistemi di scarico (e/o di ammissione al carter-pompa), inserendo ed esclu­dendo delle capacità in parallelo con il condotto principale, al va­riare del numero di.giri. I sistemi di scarico e di ammissione dei due tempi per motociclo sono quindi diventati dei gruppi relativamente complessi, la cui configurazione cambia con il regime per adeguare gli effetti dinamici, dovuti alle masse di gas in moto, ai tempi dispo­nibili per lo svolgimento del processo di lavaggio.La Figura 4.12 illustra una possibile soluzione di questo tipo, appli­cata al sistema di scarico. Al diminuire del regime di rotazione, una valvola rotativa (azionata da un attuatore di tipo meccanico, pneu­matico od elettronico) mette in comunicazione il condotto di scarico

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Figura 4.12 - Sistema di scarico a geometria variabile con il regime di rotazione, per un tipico due tempi da motociclo. A i bassi regimi una valvola rotativa mette in comunicazione il condotto principale con una camera di risonanza. Le caratteristiche proprie del sistema di scarico vengono così modificate, in modo da adeguare g li e ffe tti dinam ici dovuti a l moto instazionario dei gas, all'allungamento dei tempi disponibili per il lavaggio del cilindro.

con una capacità ricavata in adiacenza del cilindro e della testata. La schematizzazione del percorso fatto dai gas, riportata nella stes­sa Figura 4.12 suggerisce l’idea che le cose vadano allora come se esso si fosse allungato, adeguandosi (conformemente alla 4-8 ed alla 4-11) alla diminuzione del regime.In realtà il comportamento fluidodinamico della camera in parallelo è ben più complesso, modificando le caratteristiche proprie dell’in­tero sistema gassoso. L’influenza dei parametri geometrici che lo definiscono può quindi essere analizzata solo con un modello di calcolo adeguato (vedere paragrafo 4.7).Qui ci limitiamo a ricordare che l’effetto globale prodotto dall’inserimen- to e dall'esclusione della camera di risonanza, si traduce in un am­pliamento dell’elasticità di funzionamento del motore, ossia in un mi­glioramento del processo di lavaggio al variare del regime di rotazione.Una soluzione simile è poi mostrata nella Tavola 12, che riporta la sezione di un due tempi per motociclo, nel quale la rotazione della valvola di controllo posta sullo scarico produce, aJ diminuire dei giri del motore, un triplice effetto:t . parzializza la luce globale di scarico, chiudendo i due canali sup­pletivi laterali, posti nella parte più alta della camicia;2. riduce la fasatura, ritardando l'istante di apertura della luce di scarico da parte del pistone;3. inserisce una camera di risonanza in parallelo col condotto.

Tutti e tre i provvedimenti descritti tendono a migliorare il lavaggio del cilindro e quindi la curva di coppia del motore, ai bassi regimi di rotazione.

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4.5Modelli per il calcolo dei flussi in aspirazione e scarico

Data l’importanza che il processo di sostituzione del fluido dì lavoro ha in un motore volumetrico, per poter ottenere da esso determina­te prestazioni, sono ormai stati studiati e sperimentati diversi tipi di modelli per il calcolo delle caratteristiche dei flussi in aspirazione e scarico.Purtroppo, i fenomeni in questione sono così complessi (a causa principalmente della loro instazionarietà nel tempo) che una descri­zione dettagliata da parte di un modello di calcolo delle vicende su­bite daH’aria e dai gas combusti attraverso i vari componenti del motore (al di là del fatto che alcuni dettagli non sono ancora del tutto noti) porterebbe ad una complessità di gestione del program­ma ed a costi di calcolo non sempre accettabili. Alcuni modelli intro­ducono perciò opportune approssimazioni e semplificazioni, in modo da ottenere un giusto compromesso fra l’accuratezza del­le previsioni richieste e la complessità del programma ed i costi di calcolo.In particolare, si è constatato che il flusso di gas attraverso i vari componenti del sistema è caratterizzato da variazioni sia temporali che spaziali delle proprietà dei fluidi. Per modellare la dipendenza temporale dei fenomeni, per esempio, si potrebbe pensare di divi­dere i componenti del sistema in due gruppi caratterizzati da condi­zioni di flusso diverse. In alcuni componenti (come, per esempio, i condotti) può essere importante il fatto che il flusso venga conside­rato nella sua variabilità nel tempo, data la forte influenza che que­sto aspetto ha sui fenomeni studiati; in altri componenti (come: ci­lindri, turbina, compressore, giunzioni, ecc.) il flusso può essere più comunemente trattato come «quasi-stazionario».In altri termini, per questi ultimi il calcolo può procedere attraverso una serie di piccoli passi di tempo (ad esempio: un grado di mano­vella), ritenendo che la derivata di un dato parametro, fatta rispetto al tempo, si mantenga costante e che i vari fenomeni avvengano in modo «stazionario» soltanto per quel piccolo intervallo di tempo. L’aver sostituito al fenomeno reale instazionario una successio­ne di situazioni quasi-stazionarie introduce, naturalmente, un erro­re nel calcolo, che dipende, più che dall’approssimazione della quasi-stazionarietà, dal valore del passo di tempo assunto e può quindi essere minimizzato prendendo quest’ultimo opportunamente piccolo.Detto questo circa la dipendenza dei fenomeni dal tempo, per quanto riguarda l’influenza dei parametri spaziali, nonostante l’evi­dente pluridimensionalità di molti processi, ci si può limitare (per evidenti ragioni di semplicità del modello) a considerare l’effetto di una sola coordinata di spazio (ipotesi monodimensionale: per esempio, nella trattazione dei condotti) o schematizzare addirittura il sistema come composto da più volumi di controllo con proprietà omogenee in ogni punto (ipotesi zerodimensionale, ritenuta talvolta sufficiente, ad esempio, per la capacità del filtro dell’aria, i silenzia­tori, ecc.).Il tipo di approssimazioni introdotte permette di dividere schemati­camente i modelli, sviluppati per lo studio del flusso di gas nei siste­mi di aspirazione e scarico, nei seguenti gruppi:

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4.6Modelli del tipo «filling andemptying»

1. modelli schematici di tipo semi-empirico che si limitano a calco­lare il flusso di massa attraverso le restrizioni del sistema (valvo­le, luci, ugelli, ecc.), facendo ampio uso deN’ipotesi di quasi-sta- zionarietà e di relazioni sperimentali caratteristiche del particolare motore;2. modelli del tipo «fiiiing and emptying», che, pur utilizzando l'ipo­tesi di quasi-stazionarietà de! flusso, riescono a tener conto dell’ef­fetto di volume finito dei componenti critici del sistema;3. modelli gasdinamici che descrivono in funzione dello spazio e del tempo le condizioni di flusso lungo i condotti, tenendo conto de­gli effetti delle onde di pressione che in essi si propagano.L’uso di un tipo di modello piuttosto che dell’altro è legato allo sco­po che ci si propone di conseguire. Se ci si limita a ricercare le con­dizioni iniziali ed al contorno per modelli destinati a studiare nel det­taglio i processi che si svolgono nel cilindro, normalmente non è necessario descrivere con altrettanta accuratezza i fenomeni che avvengono nei condotti, per cui i modelli del tipo 2 possono essere sufficienti. Se, invece, l’interesse principale è concentrato sull’effet­to prodotto dai dettagli geometrici dei sistemi di aspirazione e scari­co sulle prestazioni del motore, sarà indispensabile studiare gli ef­fetti d’onda lungo i condotti mediante modelli gasdinamici del tipo 3.Modelli del tipo 1, infine, possono essere utilizzati per calcolare il flusso globale di gas entrante o uscente dal cilindro, usando l’ana­logia di una luce avente la stessa area equivalente e mettendo in conto le perdite fluidodinamiche incontrate nei singoli componenti dei gruppi di aspirazione e scarico, con lo scopo di determinare le condizioni al contorno per modelli semplificati che mirano a preve­dere le prestazioni del motore attraverso un’analisi di tipo termodi­namico dei processi che avvengono nel cilindro (vedere paragrafi10.7.1 ed 11.5). Nei prossimi paragrafi ci si limiterà a fornire qual­che ulteriore indicazione sui metodi di calcolo basati sul principio del «fiiiing and emptying» e su quelli di tipo gasdinamico.

Quando la lunghezza! dei condotti che compongono un sistema di aspirazione o di scarico è sufficientemente contenuta, affinché ri­sulti piccolo il tempo impiegato da un’onda di pressione a percorre­re nei due sensi il condotto (At = 2L / a), rispetto al tempo neces­sario al motore per compiere un ciclo, le condizioni del fluido ad ogni istante variano poco da sezione a sezione lungo il condotto. Si commetterà quindi un modesto errore nel considerarle uniformi lungo il condotto, anche se ovviamente variabili in funzione del tem­po. L’esperienza conferma [23] che risulta accettabile trascurare gli effetti d’onda lungo i condotti, quando il tempo At di riflessione lun­go di essi non supera la centesima parte del tempo impiegato a compiere un ciclo (tì = e / n), ossia:

2L t . eA i = — < — = ---- - 4-12

a 100 100 «

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La 4-12 indica chiaramente che questa ipotesi semplificativa sarà tanto più accettabile quanto più i condotti sono corti ed il regime del motore basso. Per fissare le idee, per un motore Diesel a quattro tempi funzionante a 30 giri/s, con una temperatura dei gas di scari­co di 450 °C (a = 500 m/s), la 4-12 fornisce una lunghezza critica L < 0,166 m.Quando la 4-12 è verificata, è possibile studiare le condizioni di flusso nei gruppi di aspirazione e scarico con una tecnica di calcolo chiamata «filling and emptying». Essi vengono assimilati a capacità di volume costante che vengono «riempite e svuotate» con inter­mittenza nel tempo. L’intero sistema viene rappresentato con un solo volume, oppure suddiviso in diverse parti collegate da sezioni ristrette che controllano il flusso dall’una all’altra. Ciascuna capaci­tà è trattata come un volume di controllo (attraverso la cui superfi­cie possono avvenire scambi di massa)'che contiene fluido in con­dizioni uniformi. Le equazioni di conservazione dell’energia e della massa, unite alle condizioni al contorno esprimenti i flussi entranti ed uscenti, permettono di determinare le condizioni del gas in cia­scun volume al variare del tempo [23].

Assegnata: la geometria del sistema, le condizioni di prova del mo­tore e le prime stime di pressione, temperatura e composizione dei gas per ciascun volume di controllo, i calcoli in genere procedono in una serie di passi di tempo (od angoli di manovella), integrando per ciascun volume l’equazione che dà la variazione del parametro cer­cato in funzione del tempo, per calcolarne il valore alla fine del pas­so, noto il suo valore all’istante precedente. Si arriva così a caratte­rizzare ciascun volume componente il sistema in esame in termini di: temperatura, pressione e composizione del fluido in funzione del tempo. Queste informazioni possono permettere di ottimizzare: la geometria dei gruppi di aspirazione e scarico, le aree di efflusso aperte dalle valvole, la loro fasatura, ecc.La Figura 4.13 mostra il confronto fra gli andamenti nel tempo dei valori di pressione calcolati con un modello di questo tipo e misura­ti, nel condotto di scarico e di lavaggio di un motore monocilindrico Diesel a due tempi. Con un piccolo condotto di scarico (di volume piccolo rispetto alla cilindrata: = 0,5 V, ma soprattutto di lun­ghezza pari al diametro), la parte superiore della figura mostra una previsione accurata dell’effettivo andamento delle pressioni. Con un condotto molto grande ( V ^ = 5 V), il diagramma inferiore della Figura 4.13 mostra ancora una soddisfacente previsione del dia­gramma di pressione nel caso di condotto corto (lunghezza del condotto pari al suo diametro: linea continua), mentre le oscillazioni di pressione misurate nel caso di condotto lungo (diametro pari al primo citato e lunghezza pari a 23 volte il diametro) non sono previ­ste dalla simulazione (linea a tratto e punto). Se ne deduce, quindi, che questo tipo di modello è in grado di predire con soddisfacente accuratezza le oscillazioni di pressione in condotti di volume picco­lo o grande, purché corti, in accordo con la limitazione 4-12.

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ANGOLO DI MANOVELLA [°]

Figura 4.13 - Confronto tra i valori di pressione calcolati con un modello tipo “ filling and emptying» (linea a tratti) e misurati nel condotto di scarico e di lavaggio di un Diesel a due tempi. Il modello è in grado di prevedere con sufficiente precisione le oscillazioni di pressione rilevate sperimentalmente, solo nel caso in cui il condotto è corto (dilunghezza pari al suo diametro).

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ANGOLO DI MANOVELLA [°1

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ANGOLO Di MANOVELLA

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4.7Modelligasdinamici

4 .7.1Modellimonodimensionali

I modelli gasdinamici si propongono di risolvere le equazioni che traducono i bilanci di: massa, quantità di moto ed energia, in funzio­ne delle dimensioni spaziali e del tempo, con lo scopo di arrivare a predire, localmente e nel tempo, le condizioni di moto dei fluidi. Al­cuni fenomeni sono tipicamente pluridimensionali, quali: il flusso at­traverso la valvola, il brusco allargamento o contrazione di sezione, la congiunzione di più condotti, ecc.

II moto del fluido lungo un condotto di sezione costante (o gradual­mente variabile) può essere invece studiato con sufficiente preci­sione, anche limitandosi a considerare l’effetto di una sola coordi­nata geometrica, con evidenti vantaggi dal punto di vista della sem­plicità del modello. Fino a che la capacità dei mezzi di calcolo furo­no limitate, questa semplificazione risultò molto importante. Si svi­lupparono così diversi modelli monodimensionali, che si sono rive­lati di grande aiuto nella messa a punto dei sistemi di aspirazione e scarico; mentre solo di recente si stanno affermando quelli multidi- mensionali.

I modelli monodimensionali, in genere, introducono le seguenti ipo­tesi:1. il moto è considerato instazionario nel tempo;2. il fluido comprimibile, senza limiti per le perturbazioni di pressio­ne;3. ritenendo le dimensioni longitudinali dei sistemi studiati netta­mente prevalenti rispetto a quelle trasversali, il moto è ritenuto uni­dimensionale;4. la sezione del condotto variabile con legge assegnata;5. il processo non adiabatico a causa di flussi di calore alle pareti;6. il moto non isoentropico per la presenza di forze viscose alle pa­reti.In particolare, si può osservare che le ultime due ipotesi (5 e 6) rendono il modello aderente alla realtà dei motori, nei quali (specie per quanto riguarda il sistema di scarico) le variazioni di entropia non sono trascurabili. Esse comportano, tuttavia, la complicazione analitica di dover calcolare anche la variazione di entropia nel tem­po in ciascuna sezione del sistema. Allo scopo quindi di ridurre la gravosità del calcolo è anche possibile, per particolari applicazioni (ad esempio: condotti d’aspirazione), utilizzare modelli ulteriormen­te semplificati (modelli omentropici), nei quali le ipotesi 5 e 6 sono sostituite da quelle di adiabaticità ed isoentropicità del processo.Considerando però il caso più generale, si osserva che, avendo in­trodotto l’ipotesi di monodimensionalità del flusso, tutte le grandez­ze che individuano i fenomeni in esame potranno essere conside­rate costanti su ciascuna sezione trasversale del condotto e perciò funzioni della sola coordinata di posizione x (lungo l'asse curvilineo del sistema) e del tempo t. Assumendo come incognite: una varia­bile dinamica (la velocità del gas u = u (x,i)) e due termodinamiche

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(la pressione p = p (x,r) e la densità p = p (x,ì)), le equazioni di conservazione: della massa, della quantità di moto e dell'energia, relative ad un flusso di questo tipo, possono essere scritte nella se­guente forma [13, 14, 15]:

dp / di + u dp / dx + p du ì dx + p u ¿/(In S) / dx = 0

du / dt + u du / Sx + (1 / p) òp / 3x + F = 0 4-13

dp I dt + udp I dx - a2 (3p / dt + u dp / 3x) = (k - 1 )(q + uF)

dove si è indicato con:S = jt d2 / 4 l’area della sezione del condotto,

u2 u 4F = f — T—r - il contributo dovuto alle forze d’attrito alle pareti.

2 Imi dq il calore scambiato alle pareti per unità di tempo

e di massa.Introdotte opportune condizioni al contorno, la soluzione di questo sistema permette di calcolare le condizioni del flusso in ogni sezio­ne del condotto in esame. Si fa però osservare che esso è un siste­ma di equazioni differenziali alle derivate parziali quasi-lineare di tipo iperbolico, per il quale si può dimostrare [15] che non esistono soluzioni analitiche, ad eccezione di casi particolarmente semplici. Si tratta quindi di cercare soluzioni numeriche utilizzando i più co­muni metodi di integrazione, fra i quali il più largamente usato, per ragioni di semplicità e precisione, è basato sul concetto di «linee caratteristiche » .*Benché questo metodo fosse noto ai gas-dinamici da tempo, è sta­to applicato alla risoluzione del flusso comprimibile ed instazionario nei condotti di un motore solo da un paio di decenni. Diversi ricer­catori [13 -s- 17] l’hanno utilizzato, dapprima per via grafica e suc­cessivamente (con la disponibilità di elaboratori elettronici veloci) per ottenere soluzioni numeriche del sistema 4-13.Il significato fisico di questo metodo (Figura 4.14) può essere facil­mente compreso considerando il fatto che, nel flusso comprimibile ed instazionario che si sta studiando, le condizioni del fluido in una data sezione sono determinate dal trasporto di massa e dalle per­turbazioni che viaggiano alla velocità del suono attraverso il fluido stesso. Nella generica sezione i ed al tempo t + Ai, esse possono quindi essere influenzate soltanto dagli stati del gas (relativi al­l’istante precedente t) nei punti: J,M,K, che sul piano fisico (x, t) appartengono a linee uscenti da P, con inclinazione definita dalla velocità del suono e del gas in quel punto. Si può dimostrare che lungo queste linee, dette «caratteristiche», valgono semplici relazio­ni fra le variabili che individuano le condizioni del flusso (condizioni

* Più di recente si sono anche usati [31] metodi alle differenze finite del secon­do ordine (basati sulle tecniche di Lax-Wendroff), ottenendo qualche vantaggio dal punto di vista della rapidità del calcolo e del minor smorzamento dalla solu­zione nel tempo.

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Figura 4.14 - Reticolo sul piano spazio-tempo per l'integrazione del sistema di conservazione 4-13 con il metodo delle lineecaratteristiche. Le condizioni fisiche del gas nel punto P sono influenzate soltanto: dal trasporto di massa e dalle perturbazioni che si propagano nella direzione positiva e negativa dell'asse x.

di compatibilità). Esse definiscono i «parametri di Riemann», che ri­sultano essere delle costanti lungo le linee caratteristiche nel caso di flusso omentropico attraverso un condotto di sezione costante e delle «variabili (di Riemann)» con le ipotesi più ampie assunte in questo paragrafo. Anche in quest’ultimo caso, tuttavia, tali variazioni fra un punto e l’altro di una data caratteristica possono essere facil­mente calcolate integrando la rispettiva condizione di compatibilità.Per la soluzione numerica, sul piano spazio-tempo viene conside­rato un reticolo a maglie rettangolari, il cui passo è fissato nella di­rezione x (Ax = 5 -h 20 mm, scelto come compromesso fra la vo­luta precisione del calcolo ed il tempo di elaboratore necessario), mentre lungo l’asse delle ordinate il passo di tempo è scelto di volta in volta dal programma, in modo da soddisfare i criteri di stabilità e convergenza dei metodi numerici adottati per la soluzione del siste­ma di equazioni differenziali.Ad un dato istante t, si suppone di conoscere lo stato del fluido in ogni punto di griglia lungo l’asse x, si possono calcolare le condizio­ni del gas al tempo (t + A t) nella generica sezione i (punto P in Fi­gura 4.13), determinando i valori delle variabili di Riemann lungo le linee caratteristiche passanti per P. Il procedimento di calcolo è poi ripetuto per un nuovo passo di tempo e per tutte le sezioni del siste­ma in esame, con eccezione di quelle al contorno, dove alcune li­nee caratteristiche cadono fuori dal campo (x, t) e sono sostituite da espressioni che legano le grandezze che individuano il flusso alle condizioni assegnate al contorno.Agli estremi quindi di ogni tratto di condotto, dove questi si collega­no con l’ambiente, con il cilindro attraverso le valvole, con volumi in serie o con altri condotti, occorre definire le condizioni di congruen­za al contorno del sistema condotto studiato. Queste, unite alle condizioni sulle caratteristiche che rimangono nel campo (x, t), de­

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finiscono il tipo di flusso in studio. Occorre però tener presente che il rispettare le condizioni al contorno costituisce la parte più laborio­sa del modello, dal punto di vista sia della definizione delle equa­zioni che reggono i fenomeni, sia della stesura del programma di calcolo e della successiva esecuzione delle elaborazioni [15].La capacità di questo tipo di modello di prevedere l’influenza di un dato sistema di aspirazione o di scarico sulle prestazioni di un mo­tore è stata verificata da diversi ricercatori, confrontando i valori cal­colati per alcuni parametri significativi deirimpianto con quelli misu­rati sperimentalmente in sala prova. Fra i diversi gruppi di risultati ottenuti ci si limiterà qui a riportare, come esempio, quelli relativi ad un motore' turbosovralimentato Diesel a quattro tempi (potenza: 130 kW a 45 giri/s e 6 cilindri in linea) per autocarro. La Figura 4.15 mostra un soddisfacente accordo fra i valori di pressione calcolati e misurati, nel tratto di condotto in prossimità della valvola di scarico del primo cilindro (diagramma a) e nella sezione immediatamente a monte della turbina (diagramma b).

Figura 4.15- Confronto tra i valori di pressione calcolati con un modello basato sull’uso delle linee caratteristiche (linee a tratto e punto) e misurati (linee continue), nel condotto di scarico di un motoreturbosovralimentato Diesel a quattro tempi (potenza 130 kW a 45 giri/s) per autocarro.Il modello prevede con buonaaccuratezza le oscillazioni di pressione rilevate, sia all'estremo del condotto in prossimità della valvola di scarico (diagramma a), sia a ll’ingresso in turbina(diagramma b). Per completezza delle informazioni si riportano, nei due casi, anche gli andamenti calcolati (linee a tratti) delle temperature.

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ANGOLI DI MANOVELLA [°]

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Figura 4.16 - Diagramma tridimensionale illustrante l ’andamento della pressione in funzione del tempo e dello spazio, Iungo un condotto con brusco allargamento di sezione (in /y. Un impulso positivo di pressione proveniente dall’estremità di destra, in corrispondenza del netto allargamento di sezione, viene In buona parte riflesso come onda di depressione che risale a ll’indietro il condotto di minore diametro; mentre in parte si propaga come onda dello stesso segno (ma di minore ampiezza) nel tratto di sezione maggiore.

Una volta poi che i modelli sono stati tarati, utilizzando un insieme omogeneo di dati sperimentali, si dimostrano strumenti particolar­mente validi neN'ottimizzare i parametri geometrici di un dato siste­ma, perché consentono di effettuare una rapida valutazione dell’ef­fetto prodotto dalla modifica di un solo parametro per volta (opera­zione spesso difficile da effettuare sperimentalmente). Essi inoltre forniscono un grande numero di informazioni e di dati, di gran lunga superiore a quello ottenibile sperimentalmente attraverso un nume­ro necessariamente limitato di trasduttori. Questo fatto può facilita­re la comprensione di molti fenomeni fisici, dandone una rappre­sentazione di immediata intuizione (si veda, ad esempio, la rifles­sione parziale di un’onda di pressione in corrispondenza di un bru­sco allargamento: Figura 4.16).

4_72 II continuo incremento della velocità di calcolo e della capacità diModelli memoria degli attuali computer hanno però reso ormai disponibile

ifH • r anche una nuova generazione di modelli multidimensionali, capaci multidimensionali ^i descrivere le condizioni di flusso ed i campi di velocità con molti

maggiori dettagli. Essi offrono quindi un sostanziale aiuto anche nel­l’analisi e nella comprensione dei fenomeni, perché fanno sempre più uso delle sole leggi fisiche di base che regolano i processi, senza dover ricorrere ad una loro descrizione approssimata ed empirica.

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Essi risolvono le equazioni di conservazione di: massa, quantità di moto ed energia in funzione delle dimensioni spaziali del sistema e del tempo per via numerica attraverso:a) la suddivisione delle regioni di interesse in un numero discreto

di zone finite di forma prefissata (chiamate volumi od elementi finiti, a seconda della metodologia di discretizzazione usata), le quali, insieme ai rispettivi nodi, definiscono la griglia di calcolo;

b) la discretizzazione delle equazioni differenziali sulla griglia di calcolo, attraverso una combinazione di integrazione forma­le ed approssimazione nell’ambito di ciascun volume (od ele­mento), in modo da trasformarle in un sistema di equazioni al­gebriche;

c) la soluzione di tale sistema di equazioni algebriche, che leganoi valori delle variabili dipendenti relative ai nodi, mediante un adeguato algoritmo numerico.

In generale, si può però osservare che il problema della simulazio­ne dei processi gasdinamici che avvengono nei sistemi di aspira­zione e scarico, può essere considerato come una semplificazione di quello più generale riguardante i fenomeni che avvengono nei cilindri (dove si ha anche una continua variazione del volume glo­bale del sistema (per il moto del pistone) e della composizione del fluido (per il procedere della combustione)).Per qualche ulteriore caratteristica di questi modelli multidimensio- nali si rimanda perciò al paragrafo 10.7.2, limitandoci qui a mostra­re (nella Tavola 13) un esempio di applicazione relativa ai condotti di scarico, in cui i risultati dei calcoli sono presentati in forma com­patta ed intuitiva (attraverso mappe di diversa tonalità cromatica).

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sovralimentazione

Si definisce «sovralimentazione» l’operazione mediante la quale si precomprime l’intera (od una parte della) carica fresca al di fuori del cilindro di lavoro, con lo scopo di aumentare la massa di aria o mi­scela che un motore riesce ad aspirare per ogni ciclo.Un motore a quattro tempi, come noto, rinnova la propria carica at­traverso la corsa del pistone di espulsione dei gas combusti e la sua successiva ridiscesa, per richiamare nel cilindro il fluido pre­sente nel condotto d’aspirazione. Esso si dice quindi «sovralimen­tato» quando si fa aumentare la densità della carica fresca nel col­lettore di aspirazione ad un valore più elevato di quello che corri­sponde alle condizioni dell’ambiente circostante, mediante un com­pressore.Un motore a due tempi, invece, ha sempre una sostituzione artifi­ciale della carica, mediante una pompa di lavaggio. Esso si defini­sce quindi «sovralimentato» quando è munito di speciali dispositivi atti a produrre nel collettore di lavaggio una sovrapressione, rispet­to all’ambiente circostante, superiore a quei valori (20 + 50 kPa) necessari per effettuare un corretto lavaggio del cilindro.In ogni caso, il principale scopo che ci si propone con la sovrali­mentazione è quello di introdurre nel cilindro una massa di carica fresca superiore a quella corrispondente all'«aspirazione naturale», per ottenere una maggior potenza a parità di cilindrata. A questo proposito, si può ricordare che la relazione 1-24:

Pe = V p ^ n / e 5-1

esprime il fatto che la potenza effettiva di un dato motore può esse­re aumentata: incrementandone il regime di rotazione n (o, meglio, la velocità media del pistone), oppure la pressione media effettiva p me. Nel primo caso le forze d’inerzia aumentano con il quadrato di u p, costringendo ad alleggerire le parti in moto, mentre nel se­condo le forze dovute ai gas crescono solo linearmente con lapme e possono essere meglio contenute attraverso un irrobustimento de­gli organi.Facendo per semplicità riferimento al ciclo limite a quattro tempi (con combustione in parte a volume ed in parte a pressione costan­

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te), la Figura 5.1 confronta quello sovralimentato con quello ad aspirazione naturale. Il primo inizia ad una pressione (e quindi massa per unità di volume della carica) più elevata (punto 1'). Siccome è disponibile una maggior massa d’aria (nello stesso volume c’è aria con una massa specifica superiore), può essere bruciato più combu­stibile, ricavando quindi più lavoro utile. Questo è evidenziato in Figura 5.1 dal fatto che al ciclo sovralimentato corrisponde un’area (proporzionale al lavoro sul pianop - V) maggiore. Nello stesso tempo però il diagramma (a), in cui il confronto è fatto a rapporto di compressione costante, mostra un aumento della pressione massi­ma. Qualora la struttura del motore non potesse sopportare le maggiore sollecitazioni che ne derivano, la Figura 5.1 -tifa vedere che la pressione massima può essere ridotta, diminuendo il rapporto di compressione. Scegliendo opportunamente il volume della camera di combustione (V'c > Vc), si potrebbe addirittura mantenere la pressione massima inalterata, pur rimanendo il vantaggio del mag­gior lavoro per ciclo.Le considerazioni ora fatte sul ciclo limite a quattro tempi, possono essere facilmente estese al due tempi ed ai cicli reali dei motori Otto e Diesel, pervenendo alla conclusione che un aumento di po­tenza, conseguito attraverso la sovralimentazione, porta a motori solidi, affidabili e di alta potenza specifica. Le aumentate sollecita­

Figura 5.1 - Confronto tra il ciclo limite a quattro tempi sovralimentato e quello ad spirazione naturale. Mantenendo inalterato il rapporto di compressione (caso a), la pressione massima del ciclo aumenta in misura minore del lavoro utile. Riducendo opportunamente il rapporto di compressione (caso bj, è addirittura possibile conservare la pressione massima costante, pur ottenendo un maggior lavoro utile (area racchiusa dal ciclo sul piano p-V).

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zioni, infatti, possono essere contenute da un irrobustimento della struttura, mentre si ottengono più bassi pesi per unità di potenza prodotta, a causa del maggior incremento di quest'ultima rispetto al corrispondente aumento di peso.A questo proposito, si dovrebbe poi osservare che lapme può esse­re aumentata anche attraverso l’incremento del rapporto volumetri­co di compressione r, il quale produce un benefico effetto sul rendi­mento termodinamico, ma anche un eccessivo aumento della pres­sione massima. La sovralimentazione, invece, ottiene l’effetto di «gonfiare» il ciclo indicato, aumentando la pme, senza elevare ec­cessivamente la pressione massima.In generale, si può affermare che la sovralimentazione comporta i seguenti vantaggi:a) riduce l’ingombro, il peso e quindi anche il costo per unità di

potenza sviluppata dal motore;b) può migliorare il rendimento, ossia diminuire i consumi specifici

(specialmente per il Diesel e quando si sfrutta l’energia dei gas di scarico per comprimere la carica fresca);

c) migliora il processo di combustione nel Diesel, riducendo il ritar­do all’accensione e permettendo di bruciare combustibili più scadenti di quelli utilizzati nei motori ad aspirazione naturale;

d) rende il motore meno rumoroso, perché assicura una combu­stione più graduale, mentre la turbina posta sullo scarico rego­larizza le onde di pressione nei collettori;

e) contribuisce a rendere gli scarichi meno inquinanti, perché per­mette di recuperare le inevitabili perdite di potenza che comu­nemente si accompagnano ai provvedimenti che riducono le emissioni (adozione di miscele povere, ritardo della accensioneo della iniezione, uso di marmitte catalitiche, ecc.);

f) si ha una modesta diminuzione di potenza al diminuire della densità dell’aria ambiente, dovuta ad un aumento di quota o ad un cambiamento di condizioni atmosferiche (se si utilizza un turbocompressore, si ha un aumento del regime di rotazione di quest’ultimo e quindi un aumento del rapporto fra le pressioni a cavallo del compressore, dovuto all’aumento del salto adiabati­co in turbina, che si trova a scaricare in un ambiente a pressio­ne più bassa).

Per contro, alla sovralimentazione si accompagnano normalmente i seguenti svantaggi:a) aumento dei carichi meccanici e termici sui principali organi del

motore;b) pericolo di detonazione nei motori ad accensione comandata;c) curva di coppia poco favorevole alla trazione stradale o ferro­

viaria (solo con l’uso di un turbocompressore con elevati rap­porti di sovralimentazione);

d) più lunghi tempi di risposta nei transitori (specialmente quando si utilizza un turbocompressore).

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La pratica della sovralimentazione è nata con il motore a combu­stione interna e si è sviluppata parallelamente ad esso con alterna fortuna, condizionata dal progresso avutosi nel settore dei com­pressori e delle turbine (controllo dei processi termofluidodinamici e materiali disponibili).Inizialmente si è affermata nel quattro tempi ad accensione comandata di applicazione aeronautica, per riportare in quota la densità dell’aria di alimentazione ai valori tipici che si han­no a terra, recuperando quindi semplicemente la diminuzione di potenza al crescere della quota di volo (sovralim entazione d i rip ris tino ). Successivamente anche in questo settore si è rea­lizzata una vera e propria sovralimentazione del motore, intesa a ridurne il rapporto peso/potenza. Il successo conseguito nel campo delle competizioni sportive ha, più di recente, reso popolare questa pratica ed indotto le case costruttrici a tentare una sua più consi­stente applicazione anche nel segmento superiore dei motori per autovettura. I pericoli legati a ll’ insorgere della detonazione, hanno però tuttora impedito al motore ad accensione coman­data di sfruttare a fondo le possibilità offerte dalla sovrali­mentazione.Essa si è invece imposta con naturalezza nel campo dei Diesel (il cui processo di combustione risulta così favorito), partendo dalle unità di potenza medio-alta (per impianti fissi, propulsione ferrovia­ria e navale), per estendersi gradualmente fino alla gamma dei mo­tori destinati alla propulsione stradale, in modo da renderne le pre­stazioni competitive con quelle dei motori ad accensione comanda­ta (di rendimenti globali più bassi).

Tutte queste applicazioni hanno permesso di mettere a punto solu­zioni specifiche, per le quali conviene richiamare alcuni criteri di classificazione, prima di passare ad una loro analisi un po' più ap­profondita. A tale scopo, si ricorda che i principali metodi di sovrali­mentazione sperimentati si possono classificare partendo dal punto di vista:— del tipo di motore cui la sovralimentazione viene applicata (a

ciclo Otto o Diesel, a due o quattro tempi);— del principio di funzionamento del compressore che elabora

l’aria o la miscela aria-combustibile (volumetrico, turbodinami­co, ad onde di pressione*);

— della fonte d’energia utilizzata per trascinare il compressore.

Quest’ultimo, infatti, può essere mosso:

a) da un motore esterno (motore termico ausiliario, elettrico, ecc.): si parla in questo caso di sovralimentazione esterna, che ha avuto scarse applicazioni pratiche;

* Gli effetti d’onda nei condotti di aspirazione e scarico possono essere sfruttati, per comprimere la carica fresca, in un’apposita macchina (il Comprex: vedere il paragrafo 5.12) oppure accordando tali sistemi con il regime del motore (vedere il Capitolo 4).

5.2Classificazione dei sistemi

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b) dallo stesso motore, attraverso un accoppiamento meccanico all’albero motore (coppia di ingranaggi, cinghia di trasmissione, accoppiamento idraulico, ecc.), realizzando \a sovralimentazio­ne meccanica (Figura 5.2-a)\

Figura 5.2 - Configurazioni tipiche dei più comuni sistemi di sovralimentazione:a) motore sovralimentato mediante compressore trascinato meccanicamente,b) turbosovraii- mentazione con pressione a monte della turbina costante,c) turbosovrali- mentazione ad impulsi di pressione,d) motore turbocomposito con collegamento meccanico tra l ’albero del motore e quello delturbocompressore.

Aria

Gas

Aspirazione

= i(C)

Scarico

Aria

Gas( d )

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c) da una turbina azionata dai gas di scarico, ottenendo così la combinazione di un motore a pistoni, indicato per l’elaborazione di piccoli volumi e grandi salti di pressione, con un gruppo di turbomacchine adatte ad elaborare grandi volumi e piccoli salti di pressione. Quest’ultima soluzione viene indicata con il termi­ne di turbosovralimentazione a gas d i scarico.

Tenuto presente che i motori a combustione interna hanno un fun­zionamento tipicamente instazionario, mentre le turbomacchine possono essere progettate per accettare flussi variabili nel tempo, ma operano con una maggiore efficienza in condizioni stazionarie, l’ultima soluzione può portare alle seguenti configurazioni:1. Turbosovralimentazione a pressione costante: il motore presen­ta condotti di scarico sufficientemente ampi (Figura 5.2-b) da smorzare le oscillazioni di portata e di pressione, in modo che alla turbina arriva un flusso praticamente stazionario. Questa disposi­zione presenta lo svantaggio di non sfruttare a pieno l’energia pos­seduta dai gas di scarico. In particolare l’energia cinetica, da loro acquistata sulle luci di uscita dal cilindro (durante la fase di scarico spontaneo), viene dissipata nell’ampio volume del collettore e de­gradata con produzione di entropia.2. Turbosovralimentazione ad im pulsi: piccoli condotti collegano (Figura 5.2-c) ciascun cilindro con la turbina, in modo che l'energia cinetica dei gas venga conservata e trasferita ad essa (con la velo­cità del suono) sotto forma di un’onda di pressione. È poi possibile ridurre l’instazionarietà del flusso che investe la turbina, raggrup­pando in un unico condotto gli scarichi di più cilindri aventi una mi­nima sovrapposizione di fasatura nel tempo (per evitare reciproci disturbi). Con più gruppi di cilindri opportunamente sfasati, si può far sì che la turbina, pur funzionando in condizioni instazionarie, possa raggiungere buoni livelli di rendimento nella conversione della maggiore energia disponibile.3. Motore turbocomposito: l’albero del turbocompressore (si può eventualmente avere più di una turbina o di un compressore) è col­legato meccanicamente a quello del motore, permettendo trasmis­sione di potenza tra i due. Normalmente l’energia estraibile dai gas di scarico è superiore a quella necessaria per comprimere l’aria di alimentazione e quindi l’eccesso di potenza può essere riversato sull’albero motore. In alcune condizioni particolari di funzionamen­to, però, (ad esempio nel caso di due tempi a bassi regimi e carichi) può essere necessario un passaggio inverso di potenza, per otte­nere un grado di sovralimentazione voluto. Lo svantaggio di questa soluzione sta nella complessità meccanica del collegamento tra due alberi di potenza ruotanti a regimi ottimali nettamente diversi (quello della turbina è circa 30 volte superiore a quello del motore).

Nei casi 1 e 2 la turbina (per lo più di tipo assiale o centripeto) tra­scina direttamente il compressore di sovralimentazione (general­mente di tipo centrifugo). Le due macchine sono montate sullo stesso albero, costituendo così un gruppo meccanicamente auto­nomo, collegato al motore che alimenta solo per via fluidodinamica, chiamato «turbocompressore» a gas di scarico (vedere Tavola 14).

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5,3 Nel seguito di questo capìtolo si concentrerà l’attenzione soprattut-■ to sulla pratica della turbosovralimentazione, poiché essa appareLa turDoso- come la più interessante dal punto di vista energetico e come quel- vralimentazione \a Che attualmente presenta le più promettenti possibilità di appli­

cazioni pratiche. Dopo aver analizzato le forme di energia pos­seduta dai gas di scarico e sfruttabili in una turbina per trascinare un compressore di sovralimentazione, si esamineranno più in det­taglio le soluzioni concrete brevemente presentate nel paragrafo precedente.

5.3.1 Energia posseduta dai gas di scarico

La turbosovralimentazione a gas di scarico può essere considerata come il tentativo, che ha avuto maggior successo, di recuperare una parte della perdita di energia, dovuta al troncamento della espansione nel cilindro, ad un volume pari a quello iniziale del ciclo.In Figura 5.3 è illustrata, sul piano pressioni-volumi totali, la parte riguardante il processo di sostituzione del fluido, del ciclo limite di un quattro tempi sovralimentato. La linea rappresentante l’espan­sione nel cilindro (secondo un’adiabatica) è stata estesa dal punto2 (corrispondente al PMI) fino alla pressione ambiente pa, secondo una trasformazione che si potrebbe ottenere permettendo al pisto­ne di spostarsi fino al volume V4. La massima energia estraibile dai gas di scarico è quindi rappresentata dall’area tratteggiata 2-3-4-5. Essa viene comunemente chiamata energia di scarico spontaneo ed assume un valore che dipende da quello della pressione e della temperatura nel punto 2, variando approssimativamente dal 15 % del lavoro utile sviluppato per un motore aspirato al 30+40 % per un motore fortemente sovralimentato. Poiché il suo utilizzo in una

Figura 5.3 - Rappresentazione schematica dell'energia posseduta dai gas di scarico di un motore a quattro tempi ed idealmente utilizzabile in una turbina per trascinare un compressore di sovralimentazione. L’area tratteggiata 2-3-4-S rappresenta la massima energia estraibile dai gas combusti, attraverso la loro espansione fino alla pressione ambiente p .j mentre l ’area 3 -4 -6 -7 rappresenta l'energia disponibile per una turbina alimentata a pressione costante ps.

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macchina volumetrica non si è mostrato praticamente convenien­te (per l'alto rapporto v4 / v2 (~ 3) e per la comodità cinematica di avere la corsa di espansione uguale a quella di compressione), si può pensare di completare l’espansione dei gas combusti in una turbina.Supponiamo allora di affacciare quest’ultima direttamente alla val­vola di scarico del motore, in modo che non si abbiano perdite di energia nel condotto di collegamento. In questo caso i gas si pos­sono espandere, secondo la trasformazione 2-3-4, direttamente in turbina, permettendo di raccogliere tutta l’energia di scarico sponta­neo disponibile. Se inoltre la sezione di passaggio della turbina è sufficientemente ampia, la pressione nel cilindro e nel condotto può scendere al valore pa, prima che il pistone si sposti significativa­mente nella sua corsa di espulsione, durante la quale non incontra quindi alcuna contropressione. Questa condizione limite, in cui ogni «impulso di energia» dovuto allo scarico spontaneo del singolo ci­lindro, viene trasferito integralmente alla turbina, può essere consi­derato come un sistema ad impulsi ideale.Supponiamo ora di collocare, invece, tra il motore e la turbina un volume sufficientemente ampio da smorzare completamente le oscillazioni di portata e di pressione dovute agli scarichi dei singoli cilindri. In questo caso la turbina, costituendo una strozzatura per il passaggio dei gas, potrà mantenere al suo ingresso una pressione ps praticamente costante lungo tutto il ciclo. All’inizio della fase di scarico, i gas usciranno spontaneamente dal cilindro, espandendo­si fino alla pressioneps, regnante nel condotto di scarico, (secondo la 2-3) e facendo diminuire la pressione nel cilindro secondo la 2-8.Il pistone quindi inizia la corsa di espulsione 8-7, vincendo la con­tropressione ps e facendo uscire i gas rimasti nel cilindro. Nel trac­ciare il diagramma di Figura 5.3, trattandosi di un ciclo limite, si è supposto che i gas residui restino, alla fine del ciclo, a riempire in­teramente il volume Vc (prescindendo cioè dal fatto che in molti casi pratici si riesce ad effettuare un lavaggio più o meno completo dello spazio morto*).In questo caso, la massima energia estraibile dai gas scaricati e messa a disposizione della turbina è rappresenta dall’area tratteg­giata 3'-4'-6-7. Si noti che il punto 3', relativo alle condizioni di in­gresso in turbina, si trova spostato a destra rispetto a 3, posto sul- l’adiabatica da 2 a p a. I gas combusti, infatti, si espandono nei con­dotti da p 2 a p s, acquistando un’energia cinetica pari all’area 2-3-8, che viene poi dissipata, incrementando la loro temperatura di rista­gno (da T3 a T3'). L’area 3-3'-4'-4 rappresenta quindi un parziale recupero dell’area 2-3-8.Di conseguenza, l’energia a disposizione della turbina può essere pensata costituita da due parti: l’una (area 8-3'-4'-5) avente il ca­rattere di parziale recupero dell’energia di scarico spontaneo 2-4-5

* Se si fosse fatta invece l'ipotesi di lavaggio completo dèi volume Vc, i punti 6 e 7 del grafico di Figura 5.3, risulterebbero spostati sull’asse delle pressioni (volumi nulli).

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5 .3.2 Sistema a pressione costante

(essa viene prelevata dai gas combusti), e l'altra (area 5-6-7-S) che si presenta come energia sottratta al motore durante la corsa di espulsione dei gas dal cilindro, che vengono compressi dal pistone alla pressione p s nel collettore di scarico. Elevando così ps (ridu­cendo per esempio l’area d’efflusso della turbina), si ha la possibili­tà di incrementare il lavoro raccolto in essa (e quindi il grado di so­vralimentazione) fino al valore desiderato.Questa situazione limite, in cui il sistema di scarico riesce a mante­nere a monte della turbina una pressione rigorosamente costante, può essere considerato come un sistema a pressione costante ide­ale. Le soluzioni comunemente usate in pratica e denominate «a pressione costante» e «ad impulsi», si basano sugli schemi ideali appena ricordati, pur scostandosi più o meno sensibilmente da essi, secondo quanto verrà precisato nei prossimi punti.Si ricorda, infine, che, non ostante il fatto che il diagramma di Figu­ra 5.3 (usato per illustrare le forme di energia disponibile per la tur­bina) faccia riferimento ad un ciclo a quattro tempi, le stesse consi­derazioni valgono anche per il due tempi. Si tratta soltanto, in que­sto caso (vedere il paragrafo 5.5), di sostituire all'energia dovuta alla corsa di espulsione del pistone, quella fornita dal compressore alla carica fresca, utilizzata per lavare il cilindro ed espellere i gas combusti (vincendo la contropressione ps).

Il sistema di sovralimentazione a pressione costante di un effettivo motore (in genere pluricilindrico), normalmente differisce di poco dallo schema ideale visto in precedenza (Figura 5.2-b). Esso è ca­ratterizzato dalla presenza di un collettore di ampio volume, posto a valle dei cilindri, che vi scaricano attraverso brevi tratti di condotto (Figura 5.4).Il suo volume deve essere sufficiente per smorzare le oscillazioni di pressione ad un livello accettabile. Quest’ultime, infatti, dovute allo scarico spontaneo di un cilindro (per esempio C, nello schema di Figura 5.4), possono ostacolare lo svuotamento di un altro (colle­gato con lo stesso collettore), che in quel momento sta terminando il processo di espulsione dei gas (C3, con l’ordine di combustione: 1-2-4-3). Se si tratta allora di un quattro tempi, non si riuscirà ad avere un buon lavaggio dello spazio morto durante l’angolo d’incro­cio (vedere paragrafo 2.5.5), mentre la perdita di riempimento sarà ancora più grave nel caso di un due tempi. Il volume ottimale del collettore dipende da diversi parametri: pressione nel cilindro al­l’apertura delle luci, frequenza con cui si susseguono gli scarichi provenienti dai vari cilindri, portata in massa di gas espulsi, area della turbina, ecc. Orientativamente si adottano valori compresi tra1 e 6 volte la cilindrata totale del motore, assumendo naturalmentei valori più bassi nel caso di un elevato numero di cilindri e di limita­zioni più stringenti dal punto di vista dell’ingombro.La Figura 5.5-a mostra un tipico andamento della pressione nel ci­

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Figura 5.4 - Schematizzazione del sistema di scarico di un motoreturbosovralimentato con turbina a pressione costante.I quattro cilindri sono collegati con brevi condotti ad un unico collettore di ampio volume. L’onda di pressione dovuta allo scarico spontaneo del cilindro C, viene quindi smorzata, in modo da non ostacolare lo svuotamento del cilindro C3 che, nello stesso momento, sta terminando la fase diespulsione dei gas combusti.

lindro p cl e nel collettore p a, in funzione dell’angolo di manovella, nell'ipotesi che il secondo sia così grande da mantenere p s costan­te nel tempo. Si può notare che, per un ampio tratto della fase di scarico spontaneo, la differenza p cl - p s si mantiene molto elevata ed il rapporto pc[ / ps superiore al valore critico. Trattando in prima approssimazione il processo come quasi stazionario, appare evi­dente che il sistema a pressione costante sfrutta male l’energia di scarico spontaneo [2],Infatti, finché il rapporto d’espansione è superiore od uguale a quel­lo critico (ad esempio: posizione 0 = 0n) i gas vengono accelerati fino al raggiungimento delle velocità del suono a, nella sezione ri­stretta dì uscita. A partire da tali condizioni di blocco sonico, si avrà la formazione di un’onda d’urto e la loro espansione attraverso di essa fino alla pressione p s, accompagnata da una consistente pro­duzione di entropia (Figura 5.5-b). Più in generale, durante la fase di scarico spontaneo, poiché le differenze di pressionep d - ps sono mediamente alte, si genera un’elevata velocità del fluido In uscita dal cilindro, che viene poi dissipata in moti turbolenti nel collettore.Naturalmente questa energia non viene persa, ma solo degradata dal punto di vista della possibilità di una sua trasformazione in lavo­ro meccanico, con produzione di entropia. L’unica forma di energia effettivamente persa nel suo trasporto dal motore alla turbina è quella dovuta al flusso di calore dal sistema di scarico all’ambiente esterno (essa può però essere resa minima con un buon isolamen­to termico dei collettori). Poiché è aumentata la temperatura di ri­stagno dei gas all’ingresso in turbina, anche il loro volume sarà

~crFasature

^ scarichi

PMS, PMI, PMS. PMI, 0,

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maggiore di quello che sarebbe derivato da un’espansione isoen­tropica fino alla pressione ps. Di conseguenza una parte dell’ener­gia degradata è recuperata nell’espansione in turbina.Si vede quindi che la sola funzione entalpia non è sufficiente a de­scrivere l’efficienza con cui l’energia viene trasmessa dal sistema di scarico. Se si prescinde dalla perdite di calore verso l’esterno, l’en­talpia in uscita uguaglia quella in entrata, senza spiegare la degra­dazione dell’energia che in esso è avvenuta. Un parametro più adatto allo scopo [19] è invece il lavoro isoentropico L IS, che po­trebbe essere ottenuto dai gas in ogni punto del sistema di scarico, se si espandessero isoentropicamente fino ad una pressione di ri­ferimento (generalmente quella dell’ambiente pa, in cui scarica la turbina).Il diagramma di Figura 5.5-b mostra che il lavoro isoentropico, tra­smesso dal sistema di scarico alla turbina (Lis), risulta nettamente

Figura 5.5 -Rappresentazione dello scarico spontaneo, nel caso di un collettore sufficientemente ampio per mantenere la contropressione ps costante nel tempo. Il grafico a mostra gli andamenti delle pressioni in funzione dell’angolo di manovella, mentre il b illustra sul piano entalpia-entropia la dissipazione dell’energia cinetica prodotta nella sezione ristretta della valvola. Il lavoro isoentropico trasmesso alla turbina (I. J , è quindi solo una parte di quello disponibile nel cilindro (LiJc

ANGOLO DI MANOVELLA 0

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Figura 5.6- L’efficienza nella trasmissione dell’energia tra il motore e la turbina, cresce con lacontropressione allo scarico ps. A parità di pressione nel cilindro p2, infatti, diminuisce la durata della fase di scarico spontaneo sotto forti salti di pressione, cui competono le maggiori dissipazioni d’energia.

inferiore a quello disponibile nel cilindro (Lis)c, come conseguenza delle dissipazioni ¡introdotte soprattutto dalla valvola di scarico, nel periodo in cui è grande la differenza di pressione a cavallo di essa. Conviene allora flefinire un coefficiente di efficienza nella trasmis­sione dell'energia nt, come rapporto tra i lavori isoentropici in uscita ed in entrata del sistema:

= (L J J (L J C 5-2

Essa risulta generalmente piuttosto bassa per un collettore a pres­sione costante, ma tende a crescere all’aumentare della contro- pressione p s (a parità di p2), poiché diminuisce la fase di scarico spontaneo sotto forti differenze di pressione. La Figura 5.6 mostra Infatti che, per bassi livelli di sovralimentazione (ad esempio: Ps ! P* = 1 >5 e p 2! pa = 6), l’efficienza nella trasmissione dell’energia del sistema di scarico a pressione costante di un Diesel marino [15] risulta vicina al 40%, mentre per p s / pa = 3 e le stesse condizioni all’apertura dello scarico, jt, supera l’80%. Una volta raggiunta la turbina, i gas vengono poi elaborati in condizioni ottimali, perché le piccole oscillazioni di pressione permettono di utilizzare una turbina a singolo ingresso, che lavorando in modo stazionario li espande fino alla pressione ambiente con il massimo rendimento.Quando la turbosovralimentazione si andò affermando nel campo dei motori alternativi, i bassi rendimenti dei turbocompressori ed i modesti gradi di sovralimentazione hanno favorito l’uso generaliz­zato del sistema ad impulsi (eventualmente adottando un «conver­titore d’impulsi» (vedere i paragrafi 5.3.3 e 5.3.4), per collegare più condotti alla stessa entrata della turbina, in modo da impedire che le onde di pressione generate dagli scarichi di un gruppo di cilindri

K<occai2IHLU

COW2M<OCHfiZyjO

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5 .3.3 Sistema ad impulsi

disturbino gli scarichi degli altri). Successivamente, con l’aumento delle pressioni di sovralimentazione e dei rendimenti dei turbocom­pressori, la soluzione a pressione costante è applicata con sempre maggior frequenza negli impianti fissi, dove i problemi di prontezza di risposta del gruppo sono meno stringenti. Sinteticamente, i van­taggi di questa soluzione, rispetto a quella ad impulsi, si possono così riassumere:1. semplifica la costruzione dei collettori di scarico, che risultano di più facile disegno ed economica costruzione, anche se spesso sono più ingombranti;2. permette di collocare il turbocompressore nel punto più comodo, e semplifica l’operazione di messa a punto;3. la pressione di sovralimentazione risulta più regolare, meno le­gata al numero dei cilindri (specialmente se quest'ultimo non è divi­sibile per 3: vedere il paragrafo 5.3.3) e più facilmente elevabile;4. la turbina risulta più compatta e lavora in condizioni stazionarie con un miglior rendimento globale, perché è possibile ottimizzarla in base ai valori costanti dei parametri di progetto, eliminando le tipiche perdite fluidodinamiche che si hanno in presenza di flusso pulsante;5. si può usare una turbina ad una sola entrata, collegata con l’uni­co sbocco del collettore di scarico, evitando le complessità e le dis­sipazioni dovute alla suddivisione del del suo distributore in più set­tori d'ingresso.

Per contro, il sistema a pressione costante presenta i seguenti svantaggi:1. l’energia posseduta dai gas di scarico è male sfruttata, con con­seguenti difficoltà di adattamento del turbocompressore ad un mo­tore al quale sia richiesto un ampio campo di funzionamento. Ai ca­richi parziali, con regimi non elevati, si può avere una lavoro estrat­to dalla turbina troppo basso per garantire una pressione di manda­ta sufficiente per una buona sostituzione della carica;2. se si chiede una rapida variazione delle condizioni di funziona­mento del motore (ad esempio: improvviso aumento del carico), la risposta del gruppo è molto lenta. Infatti la presenza del grosso vo­lume del collettore di scarico, fa sì che pressione e temperatura al suo interno crescano molto gradualmente e quindi anche il lavoro estratto dalla turbina. Allora la pressione di sovralimentazione, ri­chiesta dalle nuove condizioni di funzionamento, viene raggiunta lentamente ed i tempi caratteristici del transitorio da un regime al­l’altro sono solitamente lunghi.

Il sistema di sovralimentazione ad impulsi è comunemente usato nei motori ad alta e media velocità, destinati a funzionare con cari­chi variabili nel tempo. In questo caso, i collettori di scarico presen­tano un volume relativamente piccolo, per cui sono soggetti ad am­pie oscillazioni di pressione, che riducono il periodo di espansione

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senza contropressione dei gas provenienti dal cilindro. Si ha così una buona efficienza nella trasmissione degli impulsi di energia alla turbina, cui segue però un flusso fortemente instazionario attraver­so di essa.Il gruppo di scarico viene disegnato con l’intento di evitare il più possibile le interferenze tra i singoli cilindri, in modo che lo scarico dell’uno non abbia a disturbare quello degli altri. Nonostante questi accorgimenti, risulta però inevitabile una contropressione più o meno elevata che rende i sistemi reali ad impulsi abbastanza di­versi dallo schema ideale visto in precedenza (Figura 5.2-c). In es­si, infatti, non ci si limita a sfruttare al meglio l’energia di scarico spontaneo, ma se ne sottrae una parte anche al motore, creando una contropressione al moto del pistone di espulsione dei gas dal cilindro.Al paragrafo 4.2 si è già avuto modo di illustrare il processo con cui

£<Q_<I-ZLLI

(a)

Figura 5.7 - Rappresentazione sul piano entalpia- entropia del processo di espansione dei gas combusti, nel caso di scarico in un condotto di piccolo volume, illustrato in Figura 4.2. Man mano che la differenza di pressione tra il cilindro ed il condotto si riduce, l'energia viene trasferita alla turbina (come lavoro ideale isoentropico (L ,J ) con sempre minori dissipazioni.

<CL

(b)

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in un condotto di piccolo volume si forma un impulso di pressione (vedere Figura 4.2), all’inizio della fase di scarico spontaneo. Qui ci si limiterà quindi a far vedere, attraverso un’analisi quasi-staziona- ria del fenomeno, che grazie ad esso si ha un’efficiente trasmis­sione di energia verso la turbina. Nei primissimi istanti di apertura della valvola, infatti, (posizione 0, di Figura 4.2) l’efflusso dal cilin­dro è ancora fortemente dissipativo, come illustrato nel diagramma di Figura 5.5-b. Si noti però che in queste condizioni la portata in massa di gas scaricati è molto piccola (perché tale è la sezione li­bera di passaggio), per cui il suo peso relativo nelPambito dell’intero processo risulta molto modesto. Ben presto tuttavia, la differenza Pz\ -Ps si riduce sensibilmente, facendo in modo che l’energia ven­ga trasferita alla turbina con minori dissipazioni. In corrispondenza dell’angolo 02di Figura 4.2 il flusso è ancora supersonico (vedere Figura 5.7-a), ma esso diventa subsonico prima ancora del PMI, permettendo così di trasmettere la maggior parte dell'impulso di energia, dovuto allo scarico spontaneo con una buona efficienza (vedere ad esempio la posizione 03: Figura 5.7-b). Calcoli fatti te­nendo conto dell’instazionarietà del flusso [19], hanno permesso di attribuire ad un sistema ad impulsi correttamente disegnato, effi­cienze dell’ordine dell’85%.Si tenga inoltre presente che la rapidità con cui la p s cresce, mi­gliorando così l’efficienza del sistema, aumenta al diminuire del vo­lume dei condotti e dei tempi di apertura della valvola di scarico. Siccome però l'energia viene convogliata verso la turbina in gran parte sotto forma di onda di pressione, ma in minor parte anche sotto forma di energia cinetica, non conviene ridurre eccessiva­mente la sezione dei condotti, per evitare di avere forti perdite di tipo viscoso.Il valore ottimale del loro diametro verrà quindi scelto come com­promesso tra le due opposte esigenze ricordate, risultando gene­ralmente pari a quello che assicura una sezione del condotto di poco superiore all’area geometrica, lasciata libera dalla valvola nel­la posizione di massima apertura. La lunghezza dei condotti (che insieme alla sezione concorre a formare il volume) influenza invecei tempi di propagazione delle onde di pressione. Essa viene ottimiz­zata evitando l’arrivo ai cilindri di onde riflesse (provenienti dalla turbina) nel periodo di contemporanea apertura delle valvole, per­ché impedirebbero il lavaggio dello spazio morto. Altri parametri im­portanti sono naturalmente: un buon disegno dal punto di vista flui­dodinamico del sistema di scarico, il numero e l’area delle luci di scarico, l’area equivalente della turbina, ecc.La conformazione dei collettori, poi, occorre che sia adatta ad evita­re le interferenze tra i vari cilindri. I condotti devono quindi essere raggruppati in modo che due cilindri, che scaricano nello stesso collettore, non abbiano le loro valvole di scarico aperte contempo­raneamente. Questo significa che gli scarichi dei cilindri possono essere riuniti a gruppi di due od al massimo di tre, per lasciare un minimo sfasamento (240° in un quattro tempi e 120° in un due tem­pi) tra due scarichi successivi. Ciascun gruppo è poi collegato con un settore di ugelli del distributore della turbina, che deve essere quindi a più ingressi (vedere Tavole 15 e 16).

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Il raggruppamento più efficiente è naturalmente quello a tre cilindri, poiché con esso l’intervallo tra due picchi di pressione consecutivi è mantenuto al minimo valore possibile, senza un’interferenza sensi­bile tra gli scarichi. La Figura 5.8 mostra l’andamento tipico delle pressioni più significative (nel primo cilindro polu nel collettore di scarico ps ed in quello d’aspirazione p m) in un motore a sei cilindri turbosovralimentato ad impulsi, nelle condizioni di pieno carico (per la conformazione dei collettori vedere la Tavola 15). Si può notare che gli impulsi di pressione sono ben differenziati (trasmissione effi­ciente di energia) ed i minimi sono nettamente al di sopra del valore ambientale (parte dell’energia utilizzata in turbina è sottratta al mo­tore). Durante l’angolo d’incrocio inoltre, è pm> p cl, per cui è possi­bile effettuare un lavaggio completo dello spazio morto.

I problemi si pongono però per la turbina, che si trova a lavorare in condizioni di netta instazionarietà, con triangoli delle velocità (e quindi rendimento) contìnuamente variabili. Nonostante le ampie fluttuazioni del rendimento, il bilancio globale continua tuttavia ad essere generalmente favorevole alla soluzione ad impulsi, poiché l’incremento del salto entalpico messo a disposizione della turbina, compensa (con un’opportuna scelta delle caratteristiche del turbo- compressore) le diminuzioni di efficienza dovute al funzionamento instazlonario.

<0Q.

Ili

COCO

CLa.

AAS, RCS,

AAA, RCA,

ANGOLO DI MANOVELLA (cilindro 1)

Figura 5.8 - Andamento, in funzione dell'angolo di manovella, della pressione nel cilindro n. 1 (linea a tratti) e nel collettore di scarico (linea continua) di un motore a sei cilindri, turbosovralimentato con un sistema ad impulsi di pressione. Lo sfasamento di 240° tra i cilindri: 1-3-2 (vedere schema alla Tavola 15) che scaricano nello stesso collettore, permette di evitare le interferenze tra di essi e di realizzare un lavaggio completo dello spazio morto, durante l'incrocio.

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5 .3.4Convertitori di impulsi

Per concludere, a questo punto è possibile riassumere i vantaggi e gli svantaggi della sovralimentazione ad impulsi. Tra i primi ricorde­remo:1. grande quantità di energia disponibile per la turbina, in modo da permettere un buon adattamento del turbocompressore al motore, in un ampio campo di funzionamento;2. sensibile miglioramento delle prestazioni del motore nel transito­rio, con ridotti tempi di risposta del turbocompressore, perché il pic­colo volume del collettore di scarico consente un rapido cambiamen­to dei valori di pressione e temperatura dei gas che arrivano in tur­bina;3. possibilità di ottenere una caratteristica coppia-numero di giri fa­vorevole alla trazione, ossia con pendenza negativa al crescere del regime di rotazione, in modo da garantire la stabilità di funziona­mento del motore (vedere paragrafo 5.10).

Per contro, si possono ricordare i seguenti svantaggi:1. disegno dei condotti più difficoltoso e realizzazione tecnologica più impegnativa, soprattutto con numero di cilindri elevato;2. funzionamento non stazionario della turbina, con perdite fluido- dinamiche ed oscillazioni elevate del rendimento (normalmente co­perte daH’incremento dell’energia disponibile);3. due o più ingressi per la turbina, con aumento di costi per la maggior complessità di realizzazione e con più alte perdite fluidodi­namiche, per la suddivisione del distributore;4. fenomeni di interferenza tra gli impulsi di pressione, che posso­no ostacolare il riempimento di qualche cilindro, in particolari condi­zioni di funzionamento del motore.

I «convertitori d ’impulsi» sono dei dispositivi messi a punto con l'in­tento di combinare i vantaggi dei due sistemi di sovralimentazione illustrati in precedenza: mantenere uno scarico pulsante all’uscita dei vari cilindri (in modo da avere un'efficiente trasmissione di ener­gia) e garantire nello stesso tempo un flusso abbastanza uniforme in turbina (elevandone così il rendimento). Per ottenere questi risultati, occorre riunire gli scarichi pulsanti in un solo collettore prima dell’in­gresso in turbina, evitando però le interferenze tra i vari cilindri.Un convertitore d’impulsi ideale dovrebbe quindi comportarsi come un «rettificatore» di tipo gasdinamico, che permette agli impulsi di pressione di viaggiare dai cilindri alla turbina, ma non in direzione inversa. Il problema è particolarmente sentito nel caso di sistema di sovralimentazione ad impulsi, in cui il numero totale di cilindri non è divisibile per tre e quindi esistono gruppi con uno o due soli cilindri, collegati con un ingresso della turbina. L’efficienza media di que- st’ultima tende allora a diminuire sensibilmente, a causa dell’ampio intervallo di tempo che passa tra due impulsi successivi.La Figura 5.9 illustra il caso di un motore a quattro cilindri, raggrup­pati a due a due, i cui collettori sono collegati ad una turbina con un

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Figura 5.9 - Un convertitore d'impulsi permette di collegare i due collettori di scarico di un motore a quattro cilindri(raggruppati a due a due), con una turbina ad un solo ingresso. Esso consente agli impulsi di pressione di andare dai cilindri alla turbina, ma non in direzione inversa, evitando quindi di disturbarsi reciprocamente durante la fase di scarico.

solo ingresso attraverso il convertitore d’impulsi illustrato nel parti­colare della stessa figura. Quest’ultimo ha la funzione di isolare, da un punto di vista gasdinamico, i due collettori tra di loro evitando le interferenze tra i cilindri, mentre alimenta la turbina con quattro im­pulsi di pressione ugualmente spaziati nel ciclo, garantendone quindi un funzionamento sufficientemente regolare.La Figura 5.10, basandosi sulla visualizzazione del flusso ottenuta per via idraulica [2,3], fornisce un’indicazione schematica del fun­zionamento del convertitore. Non appena un impulso di pressione, proveniente dal ramo superiore sinistro e viaggiante verso la turbi­na, raggiunge la zona di congiunzione tra i due tratti, si forma un vortice in corrispondenza della sezione terminale del ramo inferio­re. Quest’ultimo, comportandosi come una specie di «interruttore gasdinamico», blocca parzialmente il condotto ed impedisce all’im- pulso di pressione di risalire (in forma consistente) lungo il colletto­re inferiore, andando a disturbare gli scarichi dei cilindri 2 e 3.Maggiore è la riduzione di area in corrispondenza della sezione mi­nima del convertitore (mediamente: A m I A x = 0,6-s- 0,8) e più effi­cace è l’effetto di blocco, ma più elevate sono anche le perdite flui­dodinamiche. Un corretto disegno ricercherà quindi un soddisfa­cente compromesso tra la massima riduzione dell’interferenza tra i rami d’ingresso e la minima dissipazione d’energia.Per concludere, si fa osservare che con questo sistema la trasmis­sione di energia tra il motore e la turbina avviene: con alta efficien­za attraverso la valvola ed il collettore (come per il sistema ad im­pulsi), ma con una certa dissipazione nel convertitore. L’efficienza globale risulta quindi un po’ inferiore (mediamente: 75%) a quella del sistema ad impulsi, ma si può contare poi su di un rendimento della turbina un po' più alto (a causa del flusso più regolare), per cui il bilancio globale può risultare vantaggioso.

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5.4Sovra­limentazione del motore a quattro tempi

Il motore a quattro tempi realizza, alla fine del ciclo, una «autono­ma» sostituzione del fluido di lavoro presente nel cilindro. Ad essa dedica due corse del pistone: l’una di espulsione dei gas combu­sti, l’altra di aspirazione della carica fresca. La sovralimentazione può quindi essere attuata in questo motore in modo relativamente semplice.Basta infatti aumentare mediante un compressore la massa volu- mica della carica aspirata, senza doversi preoccupare «eccessiva­mente» di eventuali contropressioni create sullo scarico (che pos­sono essere vinte dal pistone durante la corsa di espulsione). Per queste ragioni la sovralimentazione ha incominciato con l’essere applicata proprio a questo tipo di motore, raggiungendo nel caso del Diesel quattro tempi (soprattutto per impianti fissi, propulsione navale e ferroviaria) una generale diffusione, con tendenza ad estendersi verso la gamma di potenze più basse.In questo paragrafo ci si propone di valutare, in modo semplificato ed immediato, l’effetto prodotto dalla sovralimentazione sulle pre­stazioni di un quattro tempi. In particolare, dal punto di vista della potenza sviluppata, si può schematicamente ritenere che la pres­sione media indicata del motore cresca principalmente per le se­guenti ragioni:

(c) ( d )

Figura 5.10 - Principio di funzionamento di un convertitore: un impulso di pressione proveniente dal ramo superiore sinistro forma un vortice in corrispondenza della sezione terminale del ramo inferiore. Questo blocco gasdinamico impedisce alle onde riflesse dalla turbina di risalire verso i cilindri, disturbandone gli scarichi.

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1. sono aumentate la pressione e la temperatura della carica fre­sca p m e Tm nel collettore di aspirazione, a valle del compressore. Ricordando allora l’espressione dellapmi (vedere la 1-40):

Pmi — li Pa H\ l a

si nota che i termini che sono influenzati dallo stato fisico della cari­ca sono principalmente Àv e pa. Indicando perciò con l’apice le grandezze relative al motore sovralimentato e con l’indice m le con­dizioni di mandata del compressore (ossia all’ingresso del motore), per quanto visto al paragrafo 2.7.1 circa l’influenza delle condizioni ambientali su Xv, si potrà scrivere:

EjhI = h i £? EniPm \ K Pa Ih

con:(1 - n)= 0,5 per un motore Otto,(1 - n)= 0,7 per un motore Diesel,

e dove 6 rappresenta il coefficiente di correzione della massa spe­cifica della carica. La 5-3 sintetizza l'effetto della principale causa di aumento della potenza di un motore sovralimentato, dovuta alla va­riazione di massa per unità di volume della carica, che risulta inferiore al semplice rapportopm/p a per il suo contemporaneo riscaldamento;2. il ciclo di sostituzione del fluido di lavoro fornisce, in questo caso, generalmente un contributo positivo al lavoro indicato. La Fi­gura 5.11 mostra infatti, schematicamente, la parte del diagramma indicato di un motore a quattro tempi sovralimentato, relativa al pro­cesso di sostituzione della carica. Si può notare come la pressione di mandata del compressore pm risulti superiore a quella di scarico del motore ps. Questo si verifica in modo netto quando il compres­sore è comandato meccanicamente, perché in tal caso il motore scarica nell’ambiente (ps = p J. Però, avviene generalmente chepm è maggiore di ps, anche quando il compressore è trascinato da una turbina azionata dai gas di scarico (purché il turbocompressore ab­bia un buon rendimento globale).

Ne deriva che il lavoro positivo fatto dalla carica fresca che entra sul pistone* (rappresentato dall’area compresa tra la relativa linea di pressione e l’asse V) è superiore a quello negativo fatto dal pi­stone per espellere i gas combusti durante la corsa di scarico (area sottostante la relativa linea di pressione). Il lavoro globale per ciclo (Z,st) scambiato tra gas e pistone durante il processo di sostituzione del fluido (pari all’area tratteggiata in Figura 5.11: differenza tra le due ricordate in precedenza) risulta quindi positivo e può essere pensato come una frazione y, del lavoro limite V (pm - ps), ossia:

L st = yt V {pm- ps)

* Si noti che questo lavoro positivo non rappresenta che un parziale recupero del lavoro speso per la compressione della carica fresca da pa ap m.

- 6 5-3

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Figura 5.11 - Parte dei ciclo indicato di un motore a quattro tempisovralimentato, illustrante il processo di sostituzione del fluido di lavoro sul piano pressione-volumi totali, il lavoro globale L st scambiato tra gas e pistone risulta positivo, perchégeneralmente p m è superiore a ps.

Il contributo da esso dato alla p 'mi potrà perciò essere valutato come:

Ap'm, = y\{Pm~P*)

3. è aumentato il volume utile a disposizione della carica entrante. Infatti, i gas residui che riempiono lo spazio morto Vc alla pressione p s, all’apertura della valvola di aspirazione vengono compressi alla pressionepm, occupando un volume V'c < Vc e lasciando disponibile per il riempimento, oltre alla cilindrata V, anche una parte dello spazio morto. In pratica poi si è già ricordato (vedere il paragrafo2.5.5) che nei motori sovralimentati (specialmente se Diesel) con­viene tenere incroci molto ampi, per cui in questi casi pressoché tutti i gas residui sono spazzati via durante l’incrocio e l’intero volu­me morto Vc è disponibile per il riempimento. Schematicamente, si potrà tener conto di questo fatto ritenendo il coefficiente di riempi­mento \ ' v del motore sovralimentato ulteriormente maggiorato ri­spetto all’equivalente dell’aspirato, mediante un coefficiente yv va­riabile tra 1 ed r / ( r - 1).

Globalmente, le tre cause sopra citate permettono di trovare un le­game fra la p mi ed il grado di sovralimentazione pm / pa, espresso dalla relazione:

p 'mi = Pm, 6 yv + JA (Pm - Ps) 5-4

Occorre qui ricordare ancora una volta che questa espressione è puramente schematica e serve solo a sintetizzare in modo sempli­ce le ragioni fisiche che fanno aumentare la p 'mi in un motore so­vralimentato. È possibile ovviamente simulare il ciclo di un motore sovralimentato in modo più o meno dettagliato, con modelli teorici appropriati e quindi valutare l’effetto del grado di sovralimentazione sullap mi in modo più esauriente e sicuro di quanto non faccia la 5-4. Quello che preme, però, è sottolineare che uno studio della sovrali­mentazione di un motore parte normalmente da una valutazione

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del rapporto pm / p a che si prevede possa essere in grado di fornire le prefissate prestazioni del motore in esame.La sovralimentazione produce poi sul rendimento globale del mo­tore (o sul suo reciproco: il consumo specifico di combustibile), ef­fetti diversi da situazione a situazione e talvolta in contrasto tra loro, per cui non riesce semplice prevedere a priori il risultato globale. Per effettuare un’analisi di carattere generale, conviene tuttavia esaminare le influenze che essa esercita separatamente sulle varie forme di perdite che intervengono nella conversione dell’ener­gia termica in quella meccanica e di cui tiene conto II rendimento globale.Se si considera Inizialmente il ciclo termodinamico ideale (con fluido e macchina perfetti), si trova facilmente che il relativo rendi­mento peggiora al crescere di p m / p a, perché nel motore sovrali­mentato occorre ridurre il rapporto di compressione. Tale diminu­zione è particolarmente forte nel caso di motore a ciclo Otto per evitare la detonazione (vedere Figura 5.19), mentre nel Diesel è più modesta e serve a contenere il valore della pressione massima en­tro limiti accettabili.Gli effetti dovuti al comportamento reale del fluido sono da una par­te accentuati dai più elevati valori di temperatura e pressione rag­giunti nel ciclo sovralimentato, dall’altra attenuati dall’ uso di rap­porti aria/combustibile più alti, resi possibili dal fatto che gli incre­menti di potenza vengono ottenuti agendo principalmente sulla massa volumica della carica. Le perdite, poi, introdotte dalla realtà della macchina, sono generalmente ridotte perché il flusso di calore verso l'esterno è percentualmente meno importante ed il processo di combustione è accelerato (specie nel Diesel).Per quanto riguarda, infine, il rendimento organico r|0, occorre ri­cordare che le vere e proprie perdite per attrito meccanico, pur au­mentando per i più alti valori di pressione, crescono meno rapida­mente dellap mi, per cui II vero e proprio rendimento meccanico au­menta sempre con il grado di sovralimentazione. Se però il com­pressore è trascinato dal motore (sovralimentazione meccanica), fra la potenza spesa per muovere gli ausiliari compare un termine che rappresenta il lavoro assorbito dal compressore, che cresce esponenzialmente con il grado di sovralimentazione. Per questo motivo la sovralimentazione meccanica, nonostante II parziale re­cupero di questo lavoro nel ciclo di ricambio della carica, comporta un crescente peggioramento del rendimento organico. Quest’ultimo migliora invece continuamente al crescere di pm / p a nel caso di tur- bosovralimentazione, perché qui l’energia per comprimere la carica fresca viene recuperata dai gas di scarico.Data la diversa entità degli effetti ricordati e la loro azione spesso contrastante, il risultato globale varlerà in genere da caso a caso, tuttavia l’analisi precedente ha messo in evidenza alcune situazioni limite. La sovralimentazione meccanica applicata ad un motore Otto comporta normalmente un peggioramento del rendimento, per la forte diminuzione di rendimento termodinamico ideale (riduzione di r) e di quello organico. La turbosovralimentazione del Diesel produ-

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ce invece comunemente un aumento di r|g perché migliora netta­mente ri0, senza peggiorare nel complesso il rendimento indicato.Si osservi, infine, che per un corretto confronto dal punto di vista del rendimento globale, occorre paragonare il motore aspirato con quello sovralimentato a parità di potenza. Possono allora interveni­re altri fattori (come il più basso numero di cilindri) ad influenzare l’andamento del consumo specifico del motore (specialmente ai carichi parziali). Come esempio, la Figura 5.12 riporta i consumi specifici di combustibile al variare del carico (secondo l'andamento caratteristico imposto dalla propulsione ad elica) di un motore Die­sel navale di medio alesaggio, nella versione aspirata con 9 cilindri (linea a punti), sovralimentato meccanicamente con 6 cilindri (linea a tratto e punto) e turbosovralimentato con 6 cilindri (linea intera). Si può allora notare come il 6 cilindri sovralimentato meccanica- mente abbia un consumo specifico un po’ superiore all’aspirato ai carichi intermedi, con differenze che si fanno più sensibili verso la piena potenza (peggioramento di r)0). Ai bassi carichi si riesce ad­dirittura ad avere un guadagno, In questo caso specifico, perché la sovralimentazione meccanica è esclusa al di sotto del 50% di Pe ed i 6 cilindri lavorano un po’ più vicino alle condizioni di piena ammis­sione. La turbosovralimentazione, invece, esclusi i bassissimi cari­chi (quando la turbina lavora con pessimi rendimenti), mostra sem­pre sensibili (mediamente un 10% in meno) riduzioni di consu­mo specifico di combustibile per il recupero di energia dai gas di scarico).

POTENZA SVILUPPATA [kW]

Figura 5.12 - Andamento, in funzione della potenza sviluppata, del consumo specifico di combustibile di un motore Diesel navale. La versione sovralimentata meccanicamente presenta consumi inferiori solo ai bassi carichi, in corrispondenza dei quali il compressore è escluso; mentre la turbo­sovralimentazione permette di conseguire un netto guadagno di rendimento.

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5.5Sovra­limentazione del motore a due tempi

Premettiamo che la sovralimentazione del due tempi riguarda so­prattutto i motori Diesel (specialmente quelli per propulsione navale ed impianti fissi), poiché questa pratica è difficilmente applicabile, per ragioni di complessità globale, ai piccoli motori Otto, la cui sem­plicità costruttiva costituisce una delle principali attrattive*. In ogni caso, occorre tener sempre presente che il due tempi non è in gra­do di espellere i gas combusti ed aspirare la carica fresca in modo autonomo. Per realizzare questa operazione, esso ha assoluto bi­sogno di disporre di una differenza di pressione positiva tra il collet­tore di lavaggio e quello di scarico. La tecnica di sovralimentazione usata dovrà quindi garantire che questa condizione sia soddisfatta in ogni punto di funzionamento. In assenza di essa, infatti, il due tempi non riuscirebbe a funzionare, a differenza del quattro tempi che si limiterebbe a mostrare una perdita di riempimento.

Circa il tipo di sovralimentazione utilizzabile per questo motore, biso­gna osservare che in un due tempi non basta aumentare la pressio­ne di mandata della carica fresca, perché questa sfuggirebbe attra­verso la luce di scarico. Per trattenere nel cilindro una data quantità di carica, occorre quindi creare un’opportuna contropressione allo scarico (strozzando le luci o inserendo nei condotti di scarico una turbina). Se si tiene inoltre presente che il motore a due tempi ha un più alto consumo specifico di aria (massa di aria per unità di poten­za prodotta) e che può recuperare nel cilindro solo una piccolissima parte del lavoro speso per comprimere la carica, (perché il lavaggio avviene quando il pistone si muove molto poco intorno al punto mor­to inferiore), si comprende come la sovralimentazione con comando meccanico non sia in questo caso conveniente.Anche la turbosovralimentazione, tuttavia, deve fare i conti con tre tipiche difficoltà:1. la già ricordata necessità di disporre di un gradiente positivo di pressione (pm - ps) per poter effettuare il lavaggio del cilindro,2. la più bassa temperatura (e quindi energia) dei gas combusti che arrivano alla turbina, dovuta al fatto che questi sono mescolati con la massa d’aria mandata in eccesso durante il lavaggio,3. lo svantaggio di dover spendere energia per comprimere una massa d’aria in eccesso, che viene solo parzialmente recuperata attraverso una sua espansione in turbina, a causa delle perdite energetiche in quest’ultima e nel compressore.

Per effettuare un’analisi del processo dal punto di di vista energeti­co di un motore a due tempi turbosovralimentato, si può far riferi­mento al ciclo indicato illustrato in Figura 5.13 sul piano pressioni- volumi totali. Al momento in cui si aprono le luci di scarico (punto 1), l’espansione dei gas, anziché proseguire secondo una legge di tipo iperbolico (da 1 a 4), avviene bruscamente secondo la 1-3-0. L’energia comunicabile alla turbina prima che si aprano le luci

* La nuova generazione di due tempi a ciclo Otto, in fase di sviluppo per applicazioni automobilistiche, fa però uso di molte soluzioni sofisticate (iniezione diretta, gestione elettronica della fasatura, ecc.) ed in alcune versioni anche della sovralimentazione.

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Figura 5.13 - Rappresentazione schematica dell’energia posseduta dai gas di scarico di un motore a due tempi ed idealmente utilizzabile in una turbina per trascinare un compressore di sovralimentazione. L ’area 1 -9'-5 (diminuita del lavoro ceduto al pistone: area 1-3-6-5J rappresenta la massima energia estraibile dai gas combusti, attraverso la loro espansione fino alla pressione ambiente p.j mentre l'area 8-9-5-10 rappresenta l’energia disponibile per una turbina alimentata a pressione costante

d’ammissione (quando incomincia ad aprirsi la luce di lavaggio, la pressione nel cilindro è scesa al valore p3) è raffigurata nel dia­gramma dalla differenza tra le aree: 1 -5-7-4 ed 1 -5-6-3, l’ultima del­le quali rappresentando il lavoro ancora fatto dai gas sul pistone. Durante il lavaggio la massa di gas che raggiunge la turbina è uguale (per il principio di conservazione della massa) a quella del­l’aria mandata dal compressore. La pressione di quest’ultima è pm, mentre il suo volume totale dipende dal coefficiente di lavaggio del motore. Se si ritiene che il punto rappresentativo dell’aria necessa­ria per il lavaggio sia 13, l’energia spesa nel compressore per com­primerla dapa a p m sarà rappresentata dall’area: 12-13-14-5.

L’energia disponibile in turbina dipenderà dal tipo di sovralimenta­zione realizzato. Nel caso di funzionamento della turbina a pres­sione costante ps, l’energia cinetica acquistata dai gas nel passag­gio attraverso le luci di scarico (espandendosi fino a ps), viene dis­sipata in moti turbolenti, che portano ad un aumento di entalpia da hg, a h8-. In questo caso infatti, le dimensioni del collettore di scarico devono essere tali da assicurare uno smorzamento abba-

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stanza rapido delle onde di pressione e di velocità che si creano allo scarico di ciascun cilindro.Lo stato finale dei gas all’ingresso in turbina è poi ulteriormente modificato dall’aggiunta di una quantità più o meno grande (a se­conda del valore del coefficiente di lavaggio) di aria che sfugge at­traverso la luce di scarico. Si ha così, un aumento del volume totale di fluido, per cui il punto 8 diventa quello rappresentativo del suo stato sul diagramma. L’energia a disposizione della turbina è data allora dall’area: 8-9-5-10, di cui la parte: 8-9-9'-8' presenta le ca­ratteristiche di un parziale recupero dell’energia cinetica di scarico spontaneo dei gas combusti e del lavoro di compressione dell’aria di lavaggio uscente attraverso lo scarico.Con questa soluzione, l’energia disponibile per la turbina è in gene­re modesta. In particolare alPawiamento ed ai bassi carichi, quan­do il rendimento della turbina a pressione costante è piuttosto pic­colo ed è bassa la temperatura dei gas di scarico, è difficile che essa sia in grado di fornire al compressore l’energia necessaria per avere una pm > ps. Occorre allora prevedere qualche forma ulteriore di aiuto per consentire al due tempi turbosovralimentato a pressio-

Figura 5.14- Tipico motore Diesel navale lento a due tempi, sovralimentato mediante turbocompressore a pressione costante, collegato in serie con la pompa di lavaggio a pistone, per assicurare in ogni condizione di funzionamento del motore una pressione di lavaggio superiore a quella di scarico:1 - compressore di sovralimentazione,2 - interrefrigeratore, 3 - pompa di lavaggio, 4 - raffreddamento carica,5 - collettore di lavaggio, 6 - cilindro motore, 7 - collettore di scarico, 8 - turbina a gas di scarico.

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Figura 5.15 - Schematizzazione del processo di interrefrigerazione della carica compressa mediante uno scambiatore di calore e rappresentazione delle relative trasformazioni sul piano temperatura- entropia (significato degli indici: a = condizioni ambientali, all'ingresso del compressore; c = uscita dal compressore; m = mandata al motore, dopo il raffreddamento).

ne costante, di funzionare correttamente anche ai carichi parziali ed aH’awiamento.Una soluzione largamente usata per la sovralimentazione dei mo­tori Diesel navali lenti a due tempi (illustrata in Figura 5.14) consi­ste quindi nell’adottare un turbocompressore a pressione costante (1-8) in serie con la pompa di lavaggio a pistoni (3), che garantisce in ogni condizione di funzionamento un corretto gradiente p m - ps per il lavaggio. In tale caso la portata d’aria che attraversa il motore è regolata dalla velocità di quest’ultimo (la stessa della pompa) e dal suo carico, poiché agli alti carichi il turbocompressore sovralimenta la pompa, aumentando la massa volumica dell’aria al suo ingresso.Solo con la messa a punto dì turbosovralìmentatorì ad alta efficien­za si è recentemente ottenuto dì poter usare un solo gruppo azio­nato dai gas di scarico con turbina ad impulsi, che si presta a recu­perare maggiori quantità di energia specialmente ai bassi carichi. In tale caso, infatti, usando collettori di piccolo volume si cerca di tra­sferire alla turbina, sotto forma di onde di pressione e di velocità, tutta l’energia dovuta allo scarico spontaneo. Essa è rappresentata sul piano p - V dall’area 1-9'-5, diminuita dell’energia ceduta al pi­stone (area 1-3-6-5), che risulta tanto maggiore di quella tipica del sistema a pressione costante (area: 8-9-5-10), quanto più bassa è la pressione ps all’ingresso in turbina.

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Tuttavia, per i vantaggi presentati dalla soluzione a pressione co­stante (richiamati al paragrafo 5.3.2), si tende spesso a preferire quest’ultimo sistema, pur richiedendo esso un addizionale ricorso ad un’altra forma di energia (derivazione di lavoro meccanico dal mo­tore, motore elettrico ausiliario, ecc.), secondo una grande varietà di so­luzioni, per favorire la partenza e la marcia ai bassi carichi. Accorgimenti simili sono spesso applicati anche alla turbina ad impulsi, per miglio­rarne le caratteristiche iinzionali e consentire l’avviamento del motore.

5.6 Lo scopo della sovralimentazione è quello di aumentare la massaIl ' volumica della carica fresca, con cui viene alimentato il motore, at-

traverso un incremento di pressione. Purtroppo non risulta tecnica- raffreddamento mente possibile comprimere un gas senza aumentarne anche la della carica temperatura, a meno di non raffreddarlo durante il processo.

L’aumento di temperatura della carica, in seguito ad una compres­sione reale, dipende: dal rapporto di compressione, dal rendimento adiabatico del compressore e dalle perdite di calore in esso. Pre­scindendo da queste ultime (piccole in una turbomacchina), la Fi­gura 5.15 illustra l’andamento delle temperature sul piano T-S nel caso di una compressione adiabatica (non isoentropica), seguita

o

£oDQ<OC3

CCLUa.2LUI-

T„ = 40°

Ts = 20°

RAPPORTO DI COMPRESSIONE pJpB

Figura 5.16 - Effetto del rendimento adiabatico del compressore r|ac e della temperatura ambiente Ta sul valore della temperatura dell'aria a ll’uscita dal compressore, in funzione del rapporto di compressione pc I p!r

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F/gura 5.17 - Effetto dell’interrefrigerazione sulla massa volumica della carica inviata al motore. Partendo da una temperatura ambiente dell’aria Ta = 20 °C e supposto il rendimento adiabatico del compressore r)ac = 0,8, il diagramma fornisce il rapporto tra la massa volumica della carica mandata e quella aspirata dall’ambiente, in funzione della temperatura raggiunta dopo il raffreddamento e del rapporto di compressione.

da un raffreddamento in uno scambiatore di calore (che introduce una piccola perdita di pressione). L’aumento di temperatura attra­verso il compressore è facilmente esprimibile in funzione del rap­porto di compressione p j pae del rendimento adiabatico del com­pressore r iac, mediante la relazione:

A T = Tc - T3 = Ta [<pe ! p f ~ ’>'* - 1] / i !ac 5-5

Il diagramma riportato in Figura 5.16 fornisce la temperatura del­l’aria all’uscita del compressore centrifugo per alcuni valori della temperatura all’ingresso Ta e del rendimento adiabatico del com­pressore r|ac, in funzione del rapporto fra le pressioni pQ / p a. Sulla base di questi dati, sì può dire che le temperature di uscita sono sufficientemente alte perché al di sopra del rapporto di sovralimen­tazione 1,5 il raffreddamento si faccia tecnicamente interessante, mentre sia pressoché sempre attuato per rapporti maggiori di 2. I vantaggi che si conseguono possono essere così sintetizzati:1. aumenta la quantità in massa di aria introdotta per ciclo nel cilin­dro e quindi la potenza fornita dal motore. Infatti, l’aumento della massa volumica all’uscita dal compressore è sempre minore del­l’incremento di pressione (vedere il diagramma di Figura 5.17) e solo per una compressione isoterma i due aumenti sono uguali;

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2. si riducono tutti i livelli di temperatura raggiunti durante il ciclo, abbassando così i carichi termici sul motore (che spesso limitano il valore del grado di sovralimentazione) e sulle palette della turbina;3. si migliora il rendimento organico (e quindi il consumo specifico di combustibile), perché si incrementa la potenza resa senza varia­re sensibilmente i livelli di pressione (e perciò le perdite per attrito negli accoppiamenti meccanici);4. si riduce, nel caso di motore ad accensione comandata, il peri­colo di detonazione che costituisce l’attuale limite per la sovrali­mentazione di questo tipo di motore. Le Figure 5.18 e 5.19 illustra­no quantitativamente questo effetto, evidenziando la necessità di ridurre il rapporto di compressione ed insieme raffreddare la carica, per rendere tollerabili elevati valori di pm, senza che insorga la de­tonazione.Una regola empirica permette poi di quantificare i vantaggi elencati, per un Diesel di media potenza, in questi termini: a parità di grado di sovralimentazione, una diminuzione di temperatura dell’aria di 10 °C causa un aumento di massa volumica dell’aria del 3%, del rendi­mento meccanico dello 0,5% e quindi di potenza del 3,5%, con un mo­desto appesantimento corrispondente, dovuto allo scambiatore (0,5%).Come fluido refrigerante può essere usata l'acqua del circuito di raffreddamento del motore (vedere Figura 14.3), con la stringente

Figura 5.18 - Influenza della temperatura della carica mandata al motore sul suo massimo valore di pressione tollerato, senza che si verifichino fenomeni di detonazione, in funzione della qualità del combustibile (espressa attraverso il suo numero d’ottano strada) e del rapporto di miscela (a rapporto di compressione costante r = 7).

05CL

oN<ZoI—LUQfi_iLUoLU

<E

TEMPERATURA DELLA CARICA Tm [C°

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Figura 5.19 - Influenza del rapporto (volumetrico) di compressione del motore sovralimentato e del raffreddamento della carica, sul massimo valore di pressione di mandata tollerato, senza che si verifichino fenomeni di detonazione (per miscela stechiometrica: <|) = 1 e numero d'ottano strada del combustibile NO = 100).

6 7 8RAPPORTO VOLUMETRICO DI COMPR. r

Figura 5.20 - Motore sovralimentato con interrefrigeratore della carica disposto frontalmente, accanto al radiatore deirimpianto di raffreddamento: 1 - motore,2 - turbocompressore,3- valvola di by-pass,4 - interrefrigeratore aria/aria,5 - filtro aria, 6 - condotti di scarico, 7 - condotti d’aspirazione, 8 - valvolaa farfalla.

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Figura 5.21 - Motore sovralimentato con interrefrigeratore della carica raffreddato mediante ventilatore mosso da apposita turbinetta ad aria compressa: 1 - condotto di scarico, 2 - turbocompressore,3 - condotto di adduzione aria compressa, 4 - ventilatore,5 - direzione di flusso della carica fresca, 6 - direzione di flusso dell’aria di raffreddamento,7 - interrefrigeratore aria/aria,8 - condotto d ’aspirazione.

limitazione data dalla sua alta temperatura (tipicamente: 80°+90°); oppure quella di un circuito di raffreddamento separato, soluzione possibile solo con motori per particolari impianti fissi. In entrambi i casi, dato l’elevato coefficiente di scambio termico ottenibile, lo scambiatore risulta particolarmente compatto.Attualmente, però, il progresso tecnico nel campo degli scambiatori rende disponibili interessanti soluzioni in lega leggera anche per lo scambio di calore carica fresca -aria ambiente (vedere Tavola 17). In questo caso si può adottare una delle seguenti disposizioni:a) l’interrefrigeratore della carica è messo di fronte al motore,

adiacente al radiatore deirimpianto di raffreddamento (Figura 5.20) e quindi raffreddato dalla ventilazione naturale derivante dall’avanzamento del veicolo e/o da un ventilatore trascinato meccanicamente dal motore;

b) lo scambiatore di calore aria-aria è raffreddato da un ventilatore separato (Figura 5.21), mosso da una turbina azionata da una piccola frazione di carica compressa.

I vantaggi connessi con il raffreddamento della carica sono così for­ti, che si è tentato di usare per questo scopo, anche speciali cicli frigoriferi del tipo ad assorbimento (utilizzando l’energia dei gas combusti o del fluido refrigerante del motore) o del tipo a compres­sione. Il turboraffreddamento può talvolta costituire un altro mezzo per ridurre la temperatura della carica ad un livello inferiore a quella del mezzo raffreddante, grazie all’uso di un primo turbocompresso­

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5.7Accoppiamento del sovra­limentatore al motore

5 .7.1Parametri diportata e di velocità delle macchine

re a gas di scarico di tipo usuale (che fornisce un valore di pressio­ne un po’ più elevato di quello finale), cui segue un interrefrigerato- re ed un secondo turbocompressore posto in serie (che provvede all’espansione e quindi all’ulteriore raffreddamento dell’aria).

In un motore sovralimentato si realizza l’accoppiamento di due macchine (il motore volumetrico alternativo ed il sovralimentatore), le cui caratteristiche di funzionamento sono spesso nettamente di­verse. Un corretto adattamento (matching) del turbosovralimenta- tore al motore dovrà quindi permettere al gruppo di funzionare in modo soddisfacente su tutto il campo d’impiego, problema partico­larmente sentito per quei motori che sono destinati ad operare su di un ampio campo di regimi e di carichi (ad esempio: motori per pro­pulsione stradale).

L’obiettivo dell’operazione consiste nella scelta del sovralimentato­re, le cui caratteristiche meglio si adattano a quelle del motore, in modo che possa funzionare al massimo rendimento, nelle condizio­ni d’impiego più comuni del gruppo. Si parte perciò dalla conoscen­za delle curve caratteristiche del sovralimentatore, sulle quali ven­gono riportate quelle del motore, per verificare con quale grado di compromesso viene soddisfatta l’esigenza prima ricordata.

Si tratta di un lavoro di ottimizzazione, in cui sono coinvolti numero­si parametri tra loro dipendenti, per cui risulta normalmente piutto­sto laborioso. Esso viene attualmente eseguito con l’aiuto di model­li di calcolo più o meno dettagliati (cui si accennerà nel paragrafo 5.8), capaci di prevedere le mutue interazioni tra i diversi compo­nenti del gruppo. Nel seguito di questo paragrafo ci si limiterà quin­di a richiamare i principi generali che possono guidare in questa operazione, distinguendo il caso di compressore trascinato mecca­nicamente dallo stesso motore, da quello di turbosovralimentazio- ne indipendente.

Si è già ricordato al paragrafo 3.8 l’importanza di far riferimento a grandezze adimensionali per descrivere le curve caratteristiche delle macchine accoppiate al motore, in modo da permettere facili confronti tra macchine di tipo diverso o di diverse dimensioni.

Nell’analizzare però il problema dell’adattamento del sovralimenta­tore al motore, seguendo una tradizione ormai consolidata nel set- t<pre [2], si preferisce utilizzare anziché i rapporti adimensionali m im * ed u / a introdotti al paragrafo 3.8, parametri da essi derivati di uso pratico più comune.

Partendo dalla 3-22 e ricordando l’espressione di a (=Vk R T) e di p (=p / R T) è facile verificare le seguenti relazioni di proporziona­lità, valide sotto l’ipotesi restrittiva di riferirsi:

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5.7.2Compressorecomandatomeccanicamente

1. ad una particolare macchina di assegnate dimensioni (per cui sarà:Ac = cost. e d = cost.),2. ad un particolare fluido di lavoro (normalmente aria, per cui risul­ta: k = cost. e R = cost.),

m rh y R Ta

m P aA c'jk

u nc d

a yfk.R X

Gli ultimi membri della 5-6 e 5-7 definiscono rispettivamente i pa­rametri di portata e di velocità* che permettono di descrivere le prestazioni di un compressore o di una turbina in modo indipenden­te dalle condizioni (pressione e temperatura) d’ingresso. L’aver la­sciato cadere i termini relativi alle dimensioni della macchina ed alle caratteristiche del fluido comporta però il grosso svantaggio che essi non sono più dei numeri puri. I dati riportati nel seguito saranno perciò espressi in unità del sistema SI, ossia:

m[Kg/s], T [K], p [MPa], n [giri/s]

Nel caso di motore sovralimentato mediante un compressore comandato meccanicamente, il risultato ottenuto accoppiando le due macchine può facilmente essere previsto partendo dall’andamento delle curve caratteri­stiche dei vari tipi di compressore richiamate nel paragrafo 3.8 ed osservando che per il motore a quattro tempi la portata massica di aria elaborata vale:

m = pm V n / 2 5-8

per cui, analogamente a quanto visto per i compressori volumetrici (paragrafo 3.8), la 5-8 sul piano m VTa / pa\p m / p a sarà rappresentata da una curva abbastanza ripida, ma inclinata in avanti, perché Xv pm cresce con p m / pa. In Figura 5.22 tali curve sono riportate a linea continua per diversi regimi, espressi come frazione di un generico numero di giri di riferimento del motore«. Se si realizza, poi, anche un sostanziale lavaggio dello spazio morto durante l’incrocio (cosa co­mune nel caso di motore Diesel), la portata massica che attraversa il motore, a paripm/p a, aumenta ulteriormente (linea a tratto e punto). Il regime di rotazione del compressore nc, nel caso di comando meccanico, sta in un rapporto fisso con n (a meno che non sia in­serito un rapporto di trasmissione variabile fra le due macchine). Il punto di funzionamento sarà perciò definito dall'intersezione della caratteristica del motore con quella del compressore al regime nc, corrispondente ad n.

* Talvolta detti anche: portata corretta e velocità corretta (o regime corretto).

m APz

«c

5-6

5-7

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Se il compressore è di tipo volumetrico, le caratteristiche (vedere Figura 5.22) sono molto ripide ed inclinate all’indietro (linee trat­teggiate) e le linee di funzionamento del gruppo sono quelle riportate nel diagramma (in assenza ed in presenza di lavaggio dello spazio mor­to). In particolare, si può allora notare come al ridursi del regime di funzio­namento del motore, la pressione di sovralimentazione diminuisca leg­germente (l’entità dipende dalla rapidità con cui diminuisce >^c al crescere di pm ! pa). Aumentando il rapporto di trasmissione fra motore e compres­sore (n'c> nc), o riducendo il lavaggio durante l’incrocio, la curva di funzio­namento si alza (si hanno cioè più alti valori dipm/p aa parità di portata).La Figura 5.23 mostra poi l’interazione fra un motore a quattro tem­pi ed II relativo compressore turbodinamico trascinato meccanica- mente. I punti di funzionamento sono naturalmente ancora ottenuti dall’intersezione delle linee caratteristiche del motore con quelle corrispondenti del compressore. Ovviamente, in questo caso, la pressione pm si riduce molto più rapidamente al calare del regime, perché In questi tipi di compressore la pressione di mandata cresce con il quadrato del regime di rotazione.Per meglio illustrare il significato del diagrammi ora considerati, conviene ricordare che le richieste di coppia, al variare di n, per un dato motore, dipendono dalla particolare applicazione cui esso è destinato. Schematicamente, sotto questo aspetto, si è già visto al paragrafo 1.4.2 che si possono distinguere i seguenti casi tipici:

Figura 5.22 - Curve caratteristiche di un motore a quattro tempi sovralimentato mediante compressore volumetrico trascinato meccanicamente, in assenza di lavaggio dello spazio morto (linea continua) e con un completo lavaggio (linea a tratto e punto).

Linee di funzionamento

PARAMETRO DI PORTATA m y' Ta / pR

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1. a giri costanti; la coppia varia dal minimo al massimo valore (ad esempio: motore che muove un generatore elettrico);2. la coppia deve aumentare con n 2, perché con il quadrato della velocità aumenta la resistenza incontrata (ad esempio: motore ac­coppiato ad un’elica aeronautica o marina);3. al ridursi del regime di rotazione la coppia dovrebbe crescere (ad es.: motore destinato alla trazione stradale o ferroviaria).Nel primo caso, sia il compressore volumetrico che turbodinamico forniscono prestazioni soddisfacenti. La scelta dipende dal costo, dalla pressione di sovralimentazione richiesta e dal rendimento. Nel secondo caso, entrambi i tipi di compressore forniscono presta­zioni sufficienti, ma il turbodinamico è più indicato, perché dà una pressione di sovralimentazione (e quindi una coppia) che cresce proprio con n 2, come richiesto dall’elica di propulsione. Nell’ultimo caso, infine, il compressore turbodinamico è del tutto inadeguato, perché fornisce una curva di coppia che diminuisce fortemente al ridursi del regime di rotazione, mentre il volumetrico è un po’ più soddisfacente.Nel motore a due tempi la portata massica di aria elaborata, quan­do le luci di scarico e di lavaggio sono contemporaneamente aper­te, dipende soltanto dalla differenza tra le pressioni nei rispettivi collettori. Si è già visto al paragrafo 3.4 che la situazione fisica è

PARAMETRO DI PORTATA m V Ta / p a

Figura 5.23 - Curva caratteristica di un motore a quattro tempi sovralimentato mediante compressore a flusso continuo trascinato meccanicamente. Il grado di sovralimentazione si riduce rapidamente al diminuire del regime di rotazione delle due macchine.

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PARAMETRO DI PORTATA m V ?a / Pa

Figura 5.24 - Curve caratteristiche di un motore a due tempi sovralimentato mediante compressore (volumetrico od a flusso continuo) trascinato meccanicamente. A l crescere della contropressione allo scarico, la linea di funzionamento del motore si innalza, essendo richieste più elevate pressioni di sovralimentazione per far passare la stessa porta d’aria attraverso il motore.

equivalente a quella di due luci in serie, per cui m, può essere espressa facilmente facendo riferimento ad un ugello di area equi­valente Aeq costante, mediante la 3-15:

m, = Aegpifl,4>, ( p j p ) 5-9

la quale risulta indipendente dal regime di rotazione e dal carico. Ne deriva che la curva caratteristica del motore, una volta riportata nel piano di funzionamento del compressore, si ridurrà ad una sola curva (indipendente da n e dal carico) traslante verso l’alto al cre­scere di ps (vedere Figura 5.24). Si noti che l’affermazione che la portata d’aria è indipendente da n e legata solo a pm e p s non può essere estesa alla carica del cilindro per ciclo m a. Infatti, per una data cilindrata, al diminuire di n, aumenta (perché la stessa quantità di aria serve per meno cicli), per cui aumenta Xv.La curva caratteristica del motore taglia quelle dei due tipi di com­pressore come indicato in Figura 5.24, per cui la pressione pm di so­vralimentazione cresce approssimativamente con n 2, sia per il com­pressore volumetrico che per quello turbodinamico. Nel caso però che la pressione di scarico possa variare (ps'> ps), la differenza di comportamento tra i due tipi di compressore si fa sensibile (vedere Figura 5.24) a causa della forma completamente diversa delle loro curve caratteristiche.

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5.7.3 Turbo- compressore azionato dai gas di scarico

Figura 5.25 - Campo di funzionamento (individuato dalle linee a carico costante e da quelle a velocità costante) di un motore a quattro tempisovralimentato, sovrapposto alla mappacaratteristica del compressore con: linea limite del pompaggio, curve a regime nc costante e linee ad isorendimento (rie = cost).

Nel caso di turbocom pressore mosso dai gas di scarico, per va lu ta­re le interazioni tra le due macchine, occorre tener presente che:1. la portata d’aria elaborata dal motore è influenzata dalla contro- pressione allo scarico ps, prodotta dalla turbina;2. il regime di rotazione del turbocompressore (e quindi pm) è de­terminato dalla condizione di equilibrio fra la potenza assorbita dal compressore e quella sviluppata dalla turbina.Per quanto riguarda quest’ultimo punto, rinviando al prossimo para­grafo per un'analisi un po’ più dettagliata delle condizioni di funzio­namento del turbocompressore, qui ci si limiterà ad alcune conside­razioni qualitative, basate sull’osservazione che il suo regime au­menterà al crescere della portata d'aria elaborata dal motore e del­la temperatura dei gas combusti a monte della turbina (ossia, per un dato n, al crescere della coppia sviluppata dal motore).Nel caso di motore a quattro tempi turbosovralimentato, la portata d’aria elaborata dal motore sarà data ancora dalla relazione 5-8, la quale mostra come a parità di giri, al crescere del grado di sovrali­mentazione, essa aumenti con la densità della carica aspirata. La curva caratteristica del motore, a regime di rotazione costante, ri­portata nel piano di funzionamento del compressore m V ra / pa; p m/ p a risulta perciò una retta ripida (Figura 5.25). Essa è però un po’ più inclinata verso portate maggiori al crescere di pm / pa (ri­spetto alle analoghe caratteristiche di Figura 5.22), perché in que­sto caso si possono effettuare buoni lavaggi dello spazio morto agli

PARAMETRO DI PORTATA m V Ta / pa

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alti carichi (fornendo il turbocompressore valori di pm maggiori dip s), mentre ai bassi carichi (restando costante l’angolo di incrocio) si possono avere rifiuti (essendo normalmente ps > pw). La presenza di un interrefrigeratore, inoltre, fa aumentare più rapidamente la massa volumica dell’aria (e quindi per la 5-8 la portata elaborata dal motore), a parità di grado di sovralimentazione, per cui la ca­ratteristica risulta ulteriormente inclinata in avanti.Nel caso di motore destinato ad operare a velocità costante, il pun­to di funzionamento del gruppo si sposta sulla curva caratteristica del motore per quel dato regime, poiché al variare della coppia, cambia il regime del turbocompressore e quindi p m. Dovendo ac­coppiare un turbocompressore ad un motore di questo tipo, biso­gnerà quindi scegliere un compressore tale che la caratteristica a velocità costante del motore cada al centro della sua area di eleva­to rendimento.

Quando invece un motore funziona a carico costante, ma a velocità crescente, la portata d’aria aspirata aumenta (nella 5-8 cresce n). L’area efficace della turbina resta però pressoché costante, per cui aumenta la pressione al suo ingresso e di conseguenza l’energia da essa raccolta. Il turbocompressore accelererà, fornendo una più elevata pressione di sovralimentazione p m. Ne deriva che la carat­teristica a carico costante del motore non sarà un linea orizzontale nel campo di funzionamento del compressore, ma crescerà con n (vedere Figura 5.25), con pendenza meno accentuata in presenza di interrefrigerazione.

Se un motore è destinato ad operare in un ampio intervallo di regi­mi e di carichi (ad esempio motore per propulsione stradale), il suo campo di funzionamento potrà essere definito da una serie di linee a velocità ed a carico costante (Figura 5.25).Un corretto accoppiamento del turbocompressore al motore richie­de perciò che l’intero campo di funzionamento di quest’ultimo cada tra la linea di pompaggio del compressore e quella di minimo rendi­mento accettabile. Occorre anzi tenere un margine di sicurezza (10+20% della portata) tra il punto più vicino alla condizione di pompaggio e la linea limite, per evitare che cause accidentali (oscil­lazioni di pressione nei condotti, sporcamento del filtro, variazione delle condizioni ambientali, ecc.), possano portare il compressore in pompaggio.

Nel caso del motore a due tempi, poiché motore e turbina possono essere considerati come due ugelli di area equivalente costante, collegati in serie, la portata massica che li attraversa potrà essere ancora espressa da una relazione del tipo 5-9, dove compaia l’area equivalente globale calcolata per esempio con la 3-8:

La linea caratteristica del motore risulta quindi unica, indipendente­mente dal carico e dal regime. Fortunatamente, una volta riportata

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sul piano di funzionamento di un compressore turbodinamico (ve­dere Figura 5.26), essa presenta un andamento quasi parallelo a quello della linea del pompaggio. Risulta quindi relativamente sem­plice scegliere un compressore di caratteristiche tali che il gruppo si trovi sempre a lavorare in una zona di buon rendimento, qualunque sia il tipo di funzionamento richiesto al motore. Se è applicato un interrefrigeratore, la curva portata massica-rapporto p m ì pa presen­ta un leggero minor gradiente (ossia la portata massica aumenta maggiormente), avvicinandosi ancora di più alla caratteristica del compressore.Nel concludere questo paragrafo si richiama l’attenzione sul fatto che tutta la discussione è stata condotta confrontando la caratteri­stica del motore con quella del compressore, senza preoccuparsi della turbina. Questo modo di procedere è giustificato dal fatto che quest’ultima può operare con buoni rendimenti su di un campo di portate e salti di pressione ben più ampi del compressore.

5 i8Modelli per il calcolo del turbo- compressore

L’operazione di adattamento di un turbocompressore ad un motore si avvale normalmente di modelli di calcolo delle prestazioni di un dato gruppo. Si ha così la possibilità di eseguire per via sperimen­tale la messa a punto finale, partendo da una configurazione suffi­cientemente vicina a quella definitiva, con gli evidenti vantaggi che ne derivano.

Figura 5.26 - Campo di funzionamento (ridotto ad una soia linea a carico costante e da quelle a velocità costante) di un motore a due tempi sovralimentato, sovrapposto alla mappacaratteristica del compressore con: linea limite del pompaggio, curve a regime nc costante e linee ad isorendlmento (r|c = cost).

Ea,LU

OTCOLUirQ.2ooQoH*OCoa.CL

PARAMETRO DI PORTATA m -¡Ta I p a

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5.8.1Temperatura all’ingresso in turbina

Ora, gli elementi di un gruppo di sovralimentazione (compressore, interrefrigeratore, turbina, ecc.) si possono considerare come parti­colari componenti dei sistemi di aspirazione e scarico di un motore.I modelli in questione possono quindi essere derivati da quelli illu­strati al paragrafo 4.6, opportunamente ampliati per poter includere la trattazione di anche questi elementi. In particolare varranno le stesse ipotesi semplificatrici dei fenomeni simulati e gli stessi criteri di classificazione dei modelli, che andranno dai calcoli schematici di tipo semi-empirico, ai tentativi di descrivere (in forma più o meno dettagliata) i processi termodinamici e fluidodinamici in gioco.

La complessità ed i tempi di calcolo (da cui naturalmente dipende l’accuratezza dei risultati) crescono enormemente nel passare dai primi agli ultimi. In questo paragrafo si illustrerà un esempio di mo­dello semplificato [1], per accennare poi brevemente a quelli di tipo gasdinamico [2, 3]. I modelli semi-empirici, infatti, conservano tutto­ra una loro validità come strumenti per avviare una scelta di primo tentativo del sovralimentatore più adatto per un assegnato motore e presentano il vantaggio di permettere di seguire in modo intuitivo i fenomeni fisici, fornendo un’idea delle grandezze in gioco.

Una delle prime stime che occorre effettuare, quando si eseguono conti semplificati delle condizioni di funzionamento di un turbocom­pressore, riguarda il valore della temperatura dei gas all’ingresso della turbina Ts. Siccome riesce più semplice calcolare le prestazio­ni di un sistema a pressione costante si fa normalmente riferimento a questa condizione, considerando grandezze medie nel tempo ed introducendo poi dei fattori empirici che permettano di includere nella trattazione anche i sistemi ad impulsi.

In particolare, per quanto riguarda Ts occorre tenere presente che questa cambierà da un istante all’altro, così come la velocità e la pressione, perché lo scarico'di un motore è un processo complicato dal punto di vista gasdinamico. Tuttavia, se durante lo scarico rite­niamo che la turbina mantenga la pressione costante nel condotto, la temperatura Ts può essere ricavata con le seguenti semplici con­siderazioni termodinamiche, basate sul diagramma di Figura 5.3.Basta, infatti, osservare che la massa di gas uscente dal cilindro (dapprima per scarico spontaneo e poi espulsa dal pistone) incon­tra nel collettore di scarico una colonna fluida a pressione ps = p3, che può essere assimilata ad un ideale pistone che si sposta da 2 a3, sempre caricato con la pressionep3. Il lavoro totale fatto dai gas durante lo scarico dal cilindro e la successiva espansione è perciòP3(V3 - V 2).

Se si suppone che tutta la massa di gas esca dal cilindro (in modo da poter fare riferimento all’unità di massa) e che il processo sia adiabatico, il principio di conservazione dell’energia fra gli stati 2 e 3 permette di scrivere:

<?2 = e3+ p3 (v3 - v2)

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h 2 - h 3 = p z v 2 - p 3v 3 + p 3 v 3 - p 3 v 2 = p z v 2 1 - —

Per un gas perfetto è: h2 - h3 = cp(72 - 73) e p2 v2 = R T2, per cui (essendo R = c p- c v)\

che permette di prevedere in prima approssimazione* il valore di Ts a partire da quello di T2 e del rapporto d’espansione p3 / p2.Nel caso del motore a due tempi, si ha invece una temperatura Ts minore, perché ai gas combusti del ciclo appena avvenuto si ag­giunge la massa d’aria mandata in eccesso durante il lavaggio. Il legame fra la Ts2 del motore a due tempi e la Ts4 di un motore a quattro tempi corrispondente (ossia che descriva lo stesso tipo di ciclo, con lo stesso rapporto di miscela) può essere stabilito appli­cando la regola della miscelazione isobarica e la definizione di co- efficiente di trattenimento Xtr = m a / m „ nella forma**:

dove si è indicato con Tc la temperatura dell’aria di lavaggio.I valori forniti dalle 5-10 e 5-11 devono poi essere opportunamente ridotti (di 50+100 K) per tener conto delle perdite di calore nel cilin­dro (durante lo scarico), nel collettore e nell’ingresso della turbina, in conclusione si può dire che i valori effettivi di Ts dipendono so­prattutto:— dal rapporto aria combustibile (ossia per II Diesel dal carico: ve­

dere Figura 5.27), cui sono legate le temperature massime di combustione (e perciò la T2),

— dal rapporto di espansionep2 / ps subito dai gas nei collettori di scarico,— dal regime del motore (al crescere di n, diminuiscono i tempi di­

sponibili e quindi le perdite di calore durante il ciclo).Una procedura alternativa consiste quindi nel prevedere l'incre-

* Alcuni valori tipici delle grandezze che compaiono nella 5-10 sono:

Tz - T3R T2

Cp

5-10

Ts2 = 7U - (1- ( rs4 - Tc) 5-11

a) per un motore Diesel'. p-Jp2 = 1/4; k=1,3; T2= 1200 K, da cui: Ts = 992 Kb) per un motore Otto: pJpi='W $\ ¿=1,3; r 2= 1600 K, da cui: TS = 1323 K

** Valori tipici delle grandezze presenti nella 5-11 sono:= 0,6; r s4 - r c = 400 K, da cui: I s4 - r s2 = 160 K.

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Figura 5.27 - Parametri di funzionamento caratteristici (pressione massima di combustione pma„ pressione di sovralimentazione Pnvcontropressione allo scarico /?,, temperatura dei gas in arrivo alla turbina TJ di un motore Diesel quattro tempi sovralimentato (alesaggio =300 mm, corsa = 450 mm, regime di rotazione =7 giri/s), in funzione del carico (espresso dalla pressione media effettiva).

PRESSIONE MEDIA EFFETTIVA [MPa]

mento di temperatura dei gas attraverso il motore (7; - T J, princi­palmente in funzione del rapporto aria/combustibile, utilizzan­do diagrammi sperimentali del tipo illustrati in Figura 5.28 e correg­gendo eventualmente i valori di primo tentativo, in base al rapporto di sovralimentazione ed al regime del motore.Normalmente si raggiungono per Ts i 600 °C nei Diesel ed i 900 + 1000 °C negli Otto, ponendo così non pochi problemi dal punto di vista della resistenza a caldo delle palette della turbina.

5.8.2 Calcoli semplificati di tiposemi-empirico

Valutata Ts, per determinare in modo semplificato le condizioni di funzionamento (stazionario) del turbocompressore, basta scrivere due relazioni, che traducono:— un bilancio di potenze all’albero della turbina e del compresso­

re: = Pt,— un bilancio di masse attraverso le varie macchine in serie, te­

nendo conto dell’apporto di combustibile:mt = mcp( 1 + a) / a

Con lo scopo di scrivere poi delle relazioni applicabili anche al caso

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Figura 5.28 - Valori tipici dell'incremento di temperatura (T% - TJ subito dal fluido di lavoro attraverso il motore (come conseguenza del processo di compressione- combustione- espansione), in funzione del rapporto aria/ combustibile e del rapporto di sovralimentazione.

friIt-T<cr3<:ccLUO.LUH

ZLU2LUccoz

(a) RAPPORTO ARIA / COMBUSTIBILE a

(b ) RAPPORTO SOVRALIMENTAZIONE p jp .

di turbina ad impulsi, si possono utilizzare dei coefficienti empirici correttivi, basati sul diverso comportamento fisico di un efflusso pulsante rispetto a quello stazionario.Si constata infatti che, nel caso in cui un fluido è indotto a passare attraverso un ugello di area costante da un gradiente di pressione pulsante, la massa effluente in dato intervallo di tempo è minore di quella che passerebbe nello stesso tempo, sotto l’azione di un gra­diente costante, pari al valore medio di quello effettivo. Questo è dovuto al fatto che la maggior parte di massa passa nel periodo di maggior gradienti di pressione, richiedendo una maggior spesa d’energia. Si può allora tener conto di questo fatto introducendo un coefficiente riduttivo di portata pulsante <p (< 1 ).L’energia convogliata dal flusso pulsante risulta invece superiore a

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quella associata ad un gradiente costante (pari al valor medio), per­ché alla maggior parte di massa trasportata è associato un maggior contenuto entalpico. Si può quindi tener conto di questo contributo, introducendo un analogo coefficiente di energia pulsante p (>1). Naturalmente, più l’oscillazione di pressione si amplifica, scostan­dosi dal valor medio, e più q> e p si allontano da 1, come è mostrato nel diagramma di Figura 5.29, dove questi due coefficienti sono ri­portati in funzione della differenza tra la media dei valori massimi delle oscillazioni p sM e quella dei minimi p sm, rapportata a ps - pa.Il bilancio energetico all’albero (Pcp = Pt) potrà allora essere espresso dalla relazione:

^cp Cp

= Ts c'p

(p1)

(k - 1)/*- 1

<* ■ - 1 ) /* •

1

le5-12

avendo indicato con l’apice le grandezze relative ai gas combusti e con r], e r ic i rendimenti globali (comprensivi di perdite meccaniche ed adiabatiche) di turbina e compressore.

Figura 5.29 - Valori tipici del coefficiente riduttivo di portata ed amplificativo dell’energia convogliate da un flusso pulsante (rispetto alla situazione stazionaria), in funzione della differenza tra la media dei valori massimi delle oscillazioni (pBJ e quella dei minimi (p ,J , divisa per la differenza p s -p „.

CO.LU\—Z<CO_J3Q_<occLUzLU

LUOO

RAPPORTO CARATTERISTICO: (psM - psm) (ps - p a)

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Introdotto allora un fattore di efficienza 'Q:

Z, = *]cr]<P (T J T a) 5-13

la 5-12 diventa:

Pc_

Pa

(k ’ - 1 )/it ' l ' i k 1 - 1)

5-14

Detta l’area di flusso equivalente del distributore e del rotore della turbina in serie, supponendo che tutta la portata di gas sca­ricata dal motore attraversi la turbina (assenza cioè di by-pass), il bilancio delle portate in massa permette di scrivere la seguente re­lazione:

mt = cp Aeq.t (ps / RTS) V k ' R X <J>f (pa / ps )

da cui, isolando i termini contenenti la pressioneps incognita, si ha:

Le equazioni 5-14 e 5-16 risolvono il problema proposto, per­mettendo di determinare il grado di sovralimentazione pc / pa, una volta noti i principali parametri che caratterizzano il turbocompres­sore e la portata m v Riportate in un grafico del tipo di quello di Fi­gura 5.30, esse permettono inoltre di valutare in modo immediato, l’effetto prodotto dalla variazione di alcuni parametri sulle condizio­ni di equilibrio:

1. supposto che il punto di funzionamento iniziale del gruppo sia 1, un incremento del rendimento del turbocompressore (r|tr |c: otte­nuto ad esempio migliorandone la gasdinamica), che faccia au­mentare t, (da 1,6 a 1,8) porta il punto rappresentativo in 2, con un immediato guadagno in rapporto di sovralimentazione;2. un aumento di Ts (ottenuto migliorando l’isolamento termico dei condotti od arricchendo la miscela) fa crescere la pressione in in­gresso in turbina, perché il volume specifico dei gas è più elevato (ps<I>f cresce con (punto 3") e quindi ancheps / pa (punto 3’)). In conclusione, p Q / pa aumenta sia perché è cresciuta la contropres­sione p s / pa, sia perché è aumentato £ (punto 3);3. la pressione di sovralimentazione fornita dal turbocompresso­re può inoltre essere controllata dall’area di efflusso della turbina. Diminuendo ad esempio Aeqt, il diagramma mostra un aumento di ps <J>, (punto 4"), della contropressione allo scaricop s / p a (punto 4') e quindi di pc / pa (punto 4).

m t = mcp( 1 + a ) / a = qp Aeq<l ps as <E>f (pa / ps) 5-15

ossia:

5-16

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5 .8.3Modelligasdinamici

Figura 5.30 - Diagramma per la determinazione del punto di funzionamento di unturbocompressore a singolo stadio azionato dai gas di scarico, in funzione dei principali parametri che lo caratterizzano, nonché della portata e della temperatura dei gas che arrivano alla turbina.

Nei modelli gasdinamici normalmente utilizzati per simulare il com­portamento dei sistemi di aspirazione e scarico di un motore [2,3], i componenti di un turbocompressore vengono generalmente rap­presentati in forma un po’ più realistica della semplice approssima­zione ad un ugello di area equivalente opportuna, vista nel paragra­fo precedente. Tuttavia anche questi modelli, nei casi più comuni, non arrivano a descrivere nel dettaglio i fenomeni gasdinamici e termodinamici che avvengono in un turbocompressore. Si limitano invece a calcolare le condizioni al contorno prodotte alle estremità dei condotti con cui esso comunica.

Per fare questo è sufficiente modellare la turbina ed il compressore attraverso le loro mappe caratteristiche, rilevate in condizioni di fun­zionamento stazionario. Se il calcolo richiede la conoscenza delle prestazioni in transitorio, l’ipotesi di quasi-stazionarietà del proble­ma permette normalmente di sostituire la situazione reale con una

1,0 1,2 1,4 1,6 1,8 2,0

RAPPORTO ESPANSIONE IN TURBINAp s / pa

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Figura 5.31 - Curvecaratteristiche di una turbina assiale, esprìmenti il rapporto di espansione in funzione della portata massica attraverso la macchina, a giri costanti. A l variare del regime di rotazione, le varie curve possono essereapprossimate da un’unica linea.

PARAMETRO DI PORTATA m J ts I ps

successione dì stati stazionari, per i quali il comportamento di turbi­na e compressore può essere descritto dalle rispettive mappe sta­zionarie (eventualmente corrette con coefficienti empirici).Nel caso di turbina assiale, la curva caratteristica che esprime la portata massica, che attraversa la macchina in funzione del rappor­to di espansione, può realisticamente essere rappresentata da una sola linea (vedere Figura 5.31), poiché i tratti rappresentativi delle condizioni di funzionamento a diverse velocità di rotazione conver­gono verso un’ unica curva. Lo stesso non può dirsi di una turbina radiale, per la quale il campo centrifugo creato dal rotore produce un apprezzabile allargamento delle linee caratteristiche a diversi parametri di velocità (vedere Figura 5.32). I compressori centrifughi ed assiali presentano mappe caratteristiche (vedere Figure 5.25 e 5.26) con una zona ottimale, compresa tra quella di funzionamento instabile (pompaggio per basse portate) e quella di eccessivamen­te basso rendimento.Le caratteristiche di flusso e di rendimento dei componenti di un turbocompressore sono quindi normalmente assegnate per punti (in forma di matrici), dai quali il modello ricava i valori richiesti per interpolazione. Combinando le equazioni che descrivono il flusso nel condotto comunicante con uno dei componenti, con le caratteri­stiche funzionali di quest’ultimo, attraverso le equazioni di conser­vazione di: portata, quantità di moto ed energia, si determinano le condizioni al contorno del condotto richieste.Una volta valutata la potenza istantanea sviluppata dalla turbina e quella assorbita dal compressore, si può calcolare un equilìbra-

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Figura 5.32 - Campo di funzionamento di una turbina radiale. Sul piano rapporto d’espansione - parametro di portata massica, sono riportate le curve a regime costante (linee a tratti) e quelle ad isorendimento (linee continue).

PARAMETRO DI PORTATA m J Ts / ps

mento delle due macchine secondo due procedure. Ci si può limi­tare ad un «bilancio ciclico» di più semplice ed immediato conse­guimento, ottenuto uguagliando l’integrale della potenza istantanea sviluppata dalla turbina, esteso all’intero ciclo motore, a quello della potenza assorbita dal compressore, maggiorata di tutte le perdite meccaniche. Oppure, disponendo di tutte le caratteristiche funzio­nali dei due componenti, si può valutare la differenza delle coppie istantanee disponibili ad ogni passo di tempo ed accelerare o ral­lentare l’albero del turbocompressore, tenendo conto delle relative inerzie («equilibramento istantaneo»).

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5.9Risposta al transitorio di un motore sovralimentato

Per molte applicazioni è importante che un motore sappia adeguar­si rapidamente alle variazioni delle condizioni di funzionamento ri­chieste, le quali schematicamente possono essere distinte in:1. variazione del carico a regime costante (ad esempio: adegua­mento di un gruppo elettrogeno al cambiamento della potenza as­sorbita dall'utenza);2. accelerazione da un basso regime ad uno più elevato, mante­nendosi il motore alla massima coppia (motore per autoveicolo in sorpasso);3. accelerazione da carico ridotto e basso regime a pieno carico e massima velocità (accelerazione di un veicolo o di una nave).

L’ultimo caso ovviamente si presenta come il più impegnativo, ri­chiedendo al motore la massima variazione di potenza. Se questo è sovralimentato meccanicamente, siccome il compressore segue senza ritardo le variazioni di giri del motore [ri), la presenza della sovralimentazione non peggiora i problemi di risposta del gruppo. Un turbocompressore, invece, è collegato al motore solo per via fluidodinamica. Il suo regime di funzionamento «, e la pressione di mandata del compressorep c dipendono dal regime e dal carico del motore, cui sono legate la portata e la temperatura dei gas che arri­vano in turbina.

Quando il motore viene bruscamente accelerato, occorre un certo tempo per riempire i condotti di aspirazione e di scarico ed aumen­tarne la pressione. Inoltre, una parte dell’energia raccolta dalla tur­bina deve prima essere spesa per vincere l’inerzia del turbocom­pressore ed accelerare il regime dei suoi componenti rotanti. La pressione di mandata del compressore durante il transitorio sarà quindi più bassa di quella che verrebbe fornita in condizioni stazio­narie per lo stesso regime istantaneo e carico del motore. Di conse­guenza la sua ripresa sarà rallentata dal fatto di non poter contare su tutta la sua potenza per accelerare il gruppo.

In particolare, nel caso di Diesel turbosovralimentato, all’allunga- mento del tempo di risposta si aggiungerà la svantaggio della pro­duzione di fumo allo scarico, poiché la portata d’aria mandata dal compressore durante il transitorio, risulterà inferiore a quella ne­cessaria per bruciare correttamente tutto il combustibile iniettato dalla pompa.

Per prevedere la risposta di un turbocompressore durante il transi­torio, si potrà partire dall’equazione che ne traduce la condizione di equilibrio dinamico:

d( i ì t / d t = A M , / / t 5-17

dove con: A M, si è indicato l’eccesso di coppia all’albero del turbo- compressore disponibile per l’accelerazione, e con /, il momento d’inerzia del gruppo. Per calcolare il tempo necessario all’accelera­zione occorre integrare durante l’intero transitorio la 5-17, determi­nando il valore di A M x in ogni istante attraverso il calcolo della po­tenza sviluppata dalla turbina e quella assorbita dal compressore, per le varie condizioni di funzionamento del turbocompressore.

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In via approssimata, per poter confrontare diverse soluzioni costrut­tive dal punto di vista del tempo di risposta, è possibile evitare il complesso calcolo dell’intero transitorio, facendo invece riferimento ad un tempo caratteristico x ottenuto come rapporto tra l’energia ci­netica del turbocompressore (misura dell’inerzia del gruppo) e la potenza sviluppabile In turbina (indice della capacità di accele­razione):

m, rie ri, A h is,t (3

avendo indicato con: A h is, il salto entalpico isoentropico disponibile in turbina. Si può notare che il parametro di accelerazione x ha le dimensioni di un tempo e misura la rapidità con cui avviene l’acce­lerazione del gruppo. Quanto più esso è piccolo, tanto più veloce­mente il turbocompressore accelera, anche se esso non rappre­senta l’effettivo tempo richiesto per l’accelerazione.Un’analisi della 5-18 permette di concludere che, per avere una ra­pida accelerazione, occorrono:1. un piccolo momento d’inerzia/t del gruppo;2. un’efficiente trasferimento di energia dal motore alla turbina (alti salti isoentropici A h ist disponibili);3. buon rendimento del turbocompressore (ric ri,).Per valutare l’influenza delle dimensioni del gruppo, si può osser­vare che, in condizioni di similitudine geometrica e cinematica (z>2~ A h ist = cost.), indicata con Duna dimensione caratteristica del turbocompressore, valgono le seguenti relazioni di proporzionalità:

~ D 5; co, ~ 1 / D ; mx~ D 2

Dalla 5-18 si ricava quindi:

t ~ (D 5 / D 2) / D 2 = D

ossia x cresce con le dimensioni del turbocompressore, per cui ri­sulta preferibile, dal punto di vista della prontezza della rispo­sta, usare più unità piccole , piuttosto che una sola grande.A parità di dimensioni, poi, il momento d’inerzia / , è influenzato dai particolari di progetto del gruppo. Ad esempio, l’uso di cuscinetti interni (con il conseguente svantaggio di una loro minore accessibi­lità) alleggerisce l’albero (vedere Figura 5.33); l’adozione di leghe leggere per la girante del compressore ne riduce l’inerzia; così come l'uso di una turbina radiale centripeta, ecc.Infine, si ricorda che una grossa influenza sui tempi di accelerazio­ne del turbocompressore è esercitata dal tipo di funzionamento del­la turbina. Con la soluzione ad impulsi, infatti, non appena si au­menta la quantità di combustibile iniettato nel motore, prontamente aumentano (grazie al piccolo volume del sistema di scarico) i valori di pressione e di temperatura dei gas che arrivano alla turbina. Con il funzionamento a pressione costante, invece, la pressione nel col­lettore di scarico aumenta tanto più lentamente, quanto più grande

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è il suo volume. Questo inconveniente è particolarmente sentito in occasione delle accelerazioni a partire da bassi carichi e velocità, perché in queste condizioni il turbocompressore a pressione co­stante raccoglie minor lavoro (e dispone quindi di un minor eccesso di coppia accelerante) rispetto al tipo ad impulsi.

5.10Motoriperpropulsionestradale

L'accoppiamento di un turbocompressore ad un motore destinato alla trazione stradale risulta normalmente molto più difficile di quan­to lo sia la stessa operazione eseguita per un motore per appli­cazione industriale o marina. Questo fatto è dovuto all’ampia gam­ma di regimi e carichi incontrati, alla necessità di ottenere una cur­va di coppia decrescente con i giri in modo da favorire la guidabi- lità del mezzo ed a ll’opportunità di avere una buona risposta nei transitori.

Per cercare di rendere soddisfacenti le prestazioni di un motore tur- bosovralimentato di questo tipo, si possono allora adottare diversi accorgimenti. Prima di tutto si cerca di realizzare collettori di scari­co di volume relativamente piccolo, in modo da avere ampie oscilla­zioni di pressione, che trasmettono con una buona efficienza im­pulsi di energia alla turbina.Quando, infatti un motore deve lavorare su di un ampio campo di regimi e di carichi, il turbocompressore a pressione costante non presenta un buon comportamento, come risulta dall’esame delle equazioni 5-14 e 5-16, illustrate nel grafico di Figura 5.30. Se, ad esempio, la velocità del motore si riduce sensibilmente, anche la portata mt diminuisce in proporzione. La contropressione all’ingres-

Figura 5.33 - Schematizzazione delle due più comuni disposizioni dei cuscinetti di sostegno dell’albero del turbocompressore: a) cuscinetti esterni (migliore accessibilità, ma maggior inerzia); b) cuscinetti interni (albero più compatto).

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so della turbina (ps / pB) e la pressione di mandata del compressore (Pc ! P ii) risultano allora fortemente ridotte.Con il funzionamento ad impulsi, però, subentra una specie di com­pensazione ai bassi giri. Le onde di pressione, dovute agli scarichi dei cilindri, hanno in questo caso un maggior tempo a disposizione per attraversare la turbina. Ai bassi regimi, quindi, le oscillazioni di pressione nei condotti si fanno più ampie, per cui (Figura 5.29) il fattore <p si riduce e p aumenta. Un più basso valore di cp corrisponde ad una apparente diminuzione di Aeqt e quindi com­porta un aumento di ps / pa, mentre un aumento di p equivale (per la 5-13) ad un incremento del rendimento del turbocompresso­re. Entrambi gli effetti portano ad una diminuzione meno sensibile di pc / pB al diminuire del regime di rotazione. Per quanto visto nel paragrafo precedente (5.9), il funzionamento ad impulsi della turbi­na migliora anche la prontezza di risposta del motore nei transitori.in ogni caso, per ottenere un andamento della curva di coppia favo­revole alla trazione, non è possibile scegliere il turbocompressore avendo di mira la sola massima potenza del gruppo, ma occorre raggiungere un compromesso tra le opposte esigenze. Più si spo­sta il regime di massima coppia verso le basse velocità e più si mi­gliora la guidabilità, ma in genere si riduce corrispondentemente la massima potenza.

Figura 5.34 - Schema di motore turbosovraiimentato con valvola di by-pass a monte della turbina, che scarica l'eccesso di portata di gas combusti a giri elevati del motore, per mantenere costante la pressione di sovralimentazione al variare de! regime di rotazione.

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Figura 5.35 - influenza della riduzione dell’area della sezione d’ingresso in turbina, sulle prestazioni di un motoreturbosovralimentato. La curva della pressione media effettiva pmB (e quindi di coppia) ai bassi giri diventa più elevata, ma diminuisce la potenza massima del motore Pe ed aumentano i consumi specifici di combustibile cs„

I1=LULLLLLU

¡5

oCi­

to0-2

LU

<Q

cocoLUccQ .

2000 4000 6000 [giri/min]

20 40 60 80 100

OOdLUCLcocozoo

REGIME DEL MOTORE [giri/sec]

Normalmente la turbina ed il compressore sono dimensionati in modo da fornire il più elevato grado di sovralimentazione accettabi­le, già in corrispondenza del 40+50% della massima velocità del motore, per avere buone curve di coppia ai bassi giri. Per evitare di ottenere pressioni di sovralimentazione troppo elevate agli alti regi­mi, si provvede allora a scaricare, in queste condizioni, parte dei gas combusti prima deH’immissione in turbina (vedere Figura 5.34),o di aria compressa (solo per il Diesel) dopo il compressore.Lo scarico dei gas combusti è più conveniente, da un punto di vista energetico, rispetto a quello deH’aria compressa, perché riduce an­che la contropressione al motore nelle condizioni di pieno carico, diminuendo così il lavoro fatto dal pistone per I’ espulsione dei gas dal cilindro. Inoltre permette di utilizzare un turbocompressore con una turbina più piccola, con conseguente minore inerzia e maggio­re prontezza di risposta nei transitori. Tuttavia, esso presenta qual­che problema costruttivo in più per la valvola di sfiato (e special­mente il suo gruppo di comando), dovuta all’alta temperatura ed aggressività chimica dei gas combusti. Normalmente la valvola,

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5.11

Effettidella sovra­limentazione sullesollecitazioni meccaniche e termiche e sulle emissioni

munita del suo attuatore, è integrata con la turbina (vedere Tavola 18) ed eventualmente raffreddata da un flusso d ’aria fresca prelevata dalla linea di controllo della pressione di so­vralimentazione.L’uso di una valvola di regolazione della pressione di sovralimenta­zione, permette di incrementare quest’ultima ai bassi giri (e quindi la coppia sviluppata dal motore), scegliendo una turbina di area op­portunamente piccola ed aumentando di conseguenza il flusso di massa attraverso la valvola agli alti regimi. La Figura 5.35 illustra questo principio ed i benefici ottenuti in termini di coppia ai bassi giri, riducendo l’area di ingresso alla turbina fino ad un valore infe­riore alla metà di quello iniziale. Essa riporta però anche gli svan­taggi, consistenti in più elevati consumi specifici di combustibile agli alti regimi, a causa delle forti contropressioni allo scarico del moto­re, prodotte dalle turbine di piccola area.Una soluzione alternativa del problema, consiste nell’utilizzare una turbina a geometria variabile, capace di variare le sue caratteristi­che adeguandole al regime di rotazione del motore. Questa possie­de (vedere Tavola 19) un distributore palettato in cui è possibile controllare sia l’area effettiva della sezione di passaggio per il fluido, sia le perdite fluidodinamiche per incidenza del flusso sulla palettatura del rotore, facendo variare l’angolo della palettatura del distributore in funzione della velocità del motore o della portata in massa dei gas di scarico. Aprendo gli ugelli del distributore agli alti regimi e chiudendoli ai bassi, l’utilizzazione dell’energia dei gas di scarico può essere adeguata in modo da ottenere gradi di sovrali­mentazione soddisfacenti su tutto l’ampio campo di funzionamento del motore. I vantaggi offerti da questo sistema sono certamente alti, a fronte di una qualche difficoltà nel realizzare una turbina a geometria variabile (con il relativo sistema di controllo), che sia affi­dabile ed attraente dal punto di vista dei costi.

L’aumento di potenza dovuto alla sovralimentazione produce un in­cremento delle forze che agiscono sui componenti meccanici del motore e del flusso di calore attraverso gli organi che delimitano la camera di combustione. Questo sovraccarico, di natura meccanica e termica, dovrà essere assorbito da un opportuno irrobustimen­to della struttura, onde conservare l'affidabilità dì funzionamento del motore.Per quanto riguarda le sollecitazioni meccaniche, occorre osserva­re che ogni aumento della pressione di mandata del compressore pm comporta un aumento proporzionale della pressione dì fine com­pressione (fino all’inizio della combustione), se si suppone che ri­mangano Inalterati: il rapporto di compressione, l’esponente della polìtropica di compressione, l’istante di inizio iniezione ed il ritar­do all’accensione (per il Diesel), oppure l’anticipo di accensione (per l’Otto).In realtà, in un Diesel sovralimentato il rapporto di compressione è

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leggermente ridotto (da r = 16+18 a r = 14), l’istante di iniezione riottimizzato, in modo da contenere le sollecitazioni senza sacrifica­re i consumi. Nel caso del motore a ciclo Otto sovralimentato, poi, il rapporto di compressione è sensibilmente diminuito per evitare la detonazione (da r = 9+10 a r = 7).In ogni caso, l’incremento di pressione fra l'inizio della combustione ed il massimo valore raggiunto p max non è proporzionale a pm, ma aumenta molto meno rapidamente della pressione di sovralimenta­zione, dipendendo piuttosto dalla quantità di combustibile bruciato prima di raggiungere nel cilindro p ^ (quantità che tende a mante­nersi costante). Una regola empirica permette dì legare la¿>max in un Diesel sovralimentato alla pressione media effettivap me sviluppata, secondo la relazione:

Pm ax = a p ms + b 5-19

Alcuni valori tipici da inserire nella 5-19 sono a = 5 e b = 2,5 per un motore Diesel a quattro tempi di media velocità. Si può allora notare come lap max raddoppi soltanto (passando da 5,5 MPa a 11,5 MPa) quando lapme viene triplicata (da 0,6 MPa a 1,8 MPa).Di con­seguenza, si può affermare che l’aumento delle sollecitazioni, che deriva daH’incremento degli sforzi meccanici dovuti alla sovralimen­tazione, rimane relativamente modesto. Si dovranno cioè irrobu­stire i principali componenti del motore, ma in ogni caso l’aumento in peso ed ingombro si mantiene piccolo rispetto all’incremento in potenza.La situazione è invece più gravosa per quanto riguarda l’aumento delle sollecitazioni d i origine termica, che costituiscono attualmente il limite più stringente (nelle condizioni di massima potenza) per un ulteriore incremento del grado di sovralimentazione dei motori. A parità di rapporto aria/combustibile, infatti, la quantità di calore libe­rata dal combustibile cresce proporzionalmente alla massa d’aria introdotta nel cilindro, ossia al grado di sovralimentazione. La su­perficie attraverso cui avviene uno scambio di calore tra il fluido di lavoro e quello refrigerante resta invece inalterata. Questo fatto, da una parte fa sì che le perdite di natura termica nel motore sovrali­mentato siano una percentuale più bassa di tutto il calore sviluppa­to, dall’altra porta a flussi per unità di area più alti e quindi a mag­giori gradienti di temperatura tra le superfici interne ed esterne degli organi delimitanti la camera di combustione.

La quantità di calore evacuata per unità di tempo e di superficie q , infatti, (vedere il paragrafo 14.4) è proporzionale al coefficiente di scambio termico h. Siccome quest’ultimo cresce con la potenza0,75 (vedere la 14-7) del numero di Reynolds e quindi della densità del gas nel cilindro, q si trova a crescere praticamente con la po­tenza 0,75 del rapporto di sovralimentazione. Se la temperatura del refrigerante è regolata per restare nello stesso intervallo di tempe­rature, il maggior flusso di calore comporta (per la 14-22, a parità di Te) un sovraccarico termico (alte T) per le pareti interne, che non si trovano direttamente a contatto con il circuito di raffreddamento. Per evitare quindi che le sollecitazioni di origine termica aumentino

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nella stessa misura dei flussi di calore, occorre migliorare l’efficacia del sistema di raffreddamento degli organi più sollecitati (raffred­damento interno del pistone, delle valvole di scarico, della testata, ecc.) ed adottare il raffreddamento deH’aria di alimentazione, per contenere la temperatura media del ciclo (vedere il paragrafo 5.6).Per quanto riguarda, infine, l’effetto della sovralimentazione sulle emissioni allo scarico di un Diesel, si può affermare che le principali differenze sono riconducibili ai diversi rapporti aria/combustibile uti­lizzabili sui motori sovralimentati. In un motore aspirato, infatti, la potenza erogata è limitata dal pericolo del fumo, per cui la pompa di iniezione è regolata in modo tale da fornire un rapporto combustibi­le/aria che presenti un margine di sicurezza nei confronti della for­mazione di particolato. Un motore sovralimentato, invece, opera di solito al limite dei carichi termici o meccanici in certi componenti più sollecitati, e quindi funziona con più alti rapporti aria/combustibile. Ne deriva una riduzione di CO e di incombusti (HC), mentre gli os­sidi di azoto WOx si possono contenere solo quando la carica viene anche raffreddata (ed eventualmente l’iniezione ritardata), in modo che l’aumento del rapporto aria/combustibile non sia accompagna­to da temperature del ciclo più alte.In un Diesel turbosovralimentato, rimane tuttavia il pericolo di for­mazione di fumo in fase di accelerazione, a causa della lentezza del turbocompressore ad accelerare (vedere paragrafo 5.9), che fa sì che si possano raggiungere, all’inizio del transitorio, valori di rap­porto aria/combustibile troppo bassi.Nel caso dei motori a ciclo Otto, la variazione ammissibile dei valori di a è molto ridotta dai problemi di accensione della miscela (vede­re il paragrafo 10.1.3), per cui la sovralimentazione, anziché agire su a, influenza indirettamente le emissioni perché permette di com­pensare le perdite di potenza connesse con le pratiche comune­mente adottate per rendere pulito lo scarico di un motore ad accen­sione comandata. Queste, infatti, (vedere il paragrafo 12.4) consi­stono normalmente: nell’adottare miscele povere (onde ridurre CO ed idrocarburi incombusti), nel ritardare l’istante di accensione (per diminuire gli NOx, ottenendo temperature di combustione più bas­se) e nell’installare marmitte catalitiche allo scarico (in cui ossidare CO ed HC e ridurre gli NOx).Tutte queste misure comportano una diminuzione della potenza resa dal motore, che può essere ampiamente recuperata tramite la sovralimentazione. Per queste ragioni, è possibile fare in modo che un motore sovralimentato produca più potenza di un tradizionale motore aspirato «sporco» (ossia con potenza non limitata dalle mi­sure anti-inquinamento) e scarichi gas della stessa qualità (se non migliori) di un aspirato «pulito».

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5.12 Sovra­limentazione ad onde di pressione: il Comprex

Per completare il quadro tracciato nei paragrafi precedenti, si ritie­ne utile, prima di chiudere il capitolo, accennare ai tentativi di met­tere a punto dei sovralimentatori ad onde di pressione, basati sul principio che le onde di pressione si propagano in un fluido con una velocità (quella del suono) maggiore di quella di miscelamento. Ne deriva la possibilità di aumentare la pressione di un gas (aria), por­tandolo in contatto attraverso una piccola superficie di separazione (per mezzo di canali lunghi e stretti), con un altro a pressione più elevata (gas combusti), evitando il mescolamento tra i due.Tra i dispositivi di questo tipo, quello che ha avuto un maggiore svi­luppo è il Comprex, il quale, sfruttando l’effetto delle onde di com­pressione e di espansione (da cui la denominazione «Comprex»), cerca di utilizzare l’energia residua dei gas combusti dì un motore per comprimere gasdinamicamente la carica fresca (vedere Tavola 20). Il suo organo principale è il rotore (b), con canali di sezione trapezoidale aperti agli estremi e mantenuto in rotazione dal motore mediante una cinghia dentata (c), che fornisce l’energia sufficiente a vincere le sole perdite per attrito.La carica fresca entra nel collettore a bassa pressione (e), viene compressa nei canali del rotore ed inviata al motore attraverso il condotto ad alta pressione (f ). I gas combusti, scaricati dal motore, attraverso il condotto ad alta pressione (g) sono convogliati al roto­re, dove, sotto forma di onde di compressione ed espansione, ce­dono l’energia per comprimere la carica fresca e sono poi scaricati neH'ambiente attraverso il collettore a bassa pressione (h). Lo scambio di energia avviene quindi nei canali del rotore, le cui estre­mità vengono periodicamente chiuse o messe in comunicazione con il collettore opportuno, man mano che passano davanti alle re­lative aperture della parte fissa della macchina (statore).Il ciclo gasdinamico può essere più facilmente seguito, immaginan­do di sviluppare la circonferenza del rotore su di un piano (vedere Tavola 20). Esso ha inizio nella parte superiore della figura, nei ca­nali del rotore che sono pieni di carica fresca a bassa pressione (indicata in azzurro nella Tavola 20). I gas combusti in pressione provenienti dal motore (colore marrone), arrivano al rotore attraver­so il condotto (1). Non appena un vano del rotore, pieno di carica fresca a bassa pressione, viene portato dal moto di rotazione da­vanti al condotto (1), un’onda di pressione percorre il vano con la velocità del suono, comprimendo la carica fresca ed accelerandola verso il condotto dell’aria compressa (4). Man mano che il canale ruota, i gas combusti lo riempiono progressivamente, ma prima che essi ne raggiungano l’estremità (quando ne hanno riempito all’incir- ca i 2/3), il canale cessa dì essere in comunicazione con il condot­to (1) ed ha per un breve periodo l’estremità lato gas chiusa. Frattanto la carica compressa, attraverso il condotto (4), è convo­gliata al motore.Nel canale in esame i gas combusti si trovano ancora compressi, per cui, non appena il suo bordo di uscita viene collegato con il col­lettore a bassa pressione (2), un’onda di espansione lo percorre ed il gas inizia a scaricarsi dal rotore, nel momento in cui il collettore a bassa pressione della carica fresca (3) incomincia ad aprirsi. Que­

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sta viene allora richiamata nel vano del rotore, mentre i gas combu­sti continuano a scaricarsi per inerzia in (2). I canali sono quindi pressoché interamente riempiti di carica fresca ed il ciclo gasdina­mico riprende.La messa a punto di questo gruppo richiede un grosso lavoro, do­vuto principalmente alla necessità di ottenere elevate pressioni di mandata su di una gamma sufficientemente ampia di regimi di rota­zione. Si è detto, infatti, che il rotore è collegato al motore da una trasmissione a rapporto fisso. Occorre, però, ricordare che il tempo impiegato dalle onde a percorrere i vani del rotore dipende dalla temperatura dei fluidi (ossia dal valore della velocità del suono), ma non dal regime di rotazione del motore. Le dimensioni geometriche del rotore (diametro, lunghezza canali, ecc.) possono quindi essere ottimali solo per un dato regime del motore.Inserendo degli appositi volumi nella cassa del rotore (6, 7, 8 nella Tavola 20), con i quali i canali vengono in comunicazione quando passano da un collettore al successivo, si è ottenuto di sovrapporre un sistema di onde di pressione addizionali al processo appena de­scritto, che rende il procedimento adatto alle gamme di velocità e coppie incontrate nei motori per trazione stradale. Per questa parti­colare applicazione, in genere il comprex presenta i seguenti van­taggi rispetto al turbocompressore:1. riesce a fornire una maggiore quantità di aria ai bassi e medi regimi (a causa del suo trascinamento da parte del motore);2. ha un comportamento sicuramente migliore nei transitori, pro­prio perché segue in maniera immediata il regime di rotazione del motore;3. le palette del rotore non devono essere realizzate in materiali resistenti alle alte temperature, perché esse vengono alternativa­mente in contatto con i gas combusti e la carica fresca, per cui si portano ad una temperatura intermedia.

A tutti questi vantaggi sì contrappongono alcuni svantaggi che ne limitano tuttora la diffusione:1. problemi di ingombro e di costo;2. grosse difficoltà nella messa a punto del gruppo, che deve esse­re specifica per un dato motore;3. minore flessibilità nel suo posizionamento, vincolato dalla ne­cessità del trascinamento meccanico.

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Combustibili ■ per motori

6 .1Esigenze dei motori a combustione interna

Nei motori a combustione interna, l’energia termica che viene tra­sformata in lavoro meccanico è fornita dalle reazioni chimiche di ossidazione del combustibile con l’ossigeno dell’aria. Queste rea­zioni hanno luogo nello stesso cilindro motore e devono completar­si in un periodo di tempo molto breve (dell’ordine di qualche ms), liberando la maggior energia termica possibile, senza lasciare trop­pi residui e produrre sostanze tossiche.La preparazione della miscela aria-combustibile, con caratteristiche tali da poter reagire rapidamente, richiede anch’essa tempi e grado di omogeneità dipendenti dal tipo di motore (Otto o Diesel) e dal sistema di alimentazione del combustibile (carburazione o iniezio­ne). Quando la miscela è formata esternamente al cilindro, il com­bustibile (in tal caso chiamato carburante) deve evaporare facil­mente e mescolarsi con l’aria aspirata dal motore, formando con essa una miscela la più omogenea possibile. Se essa viene forma­ta internamente al cilindro, il combustibile viene iniettato verso la fine della compressione e deve facilmente: polverizzarsi, evaporare e mescolarsi con l’aria compressa.In generale si può dire che i combustibili idonei per i motori dovreb­bero presentare i seguenti requisiti:1. abbondante disponibilità, facilità di preparazione e basso costo;2. alto potere calorifico per unità di massa e di volume e facilità di trasporto e stoccaggio;3. rapidità di avviamento e sviluppo del processo i combustione, con ogni temperatura ambiente;4. combustione completa senza prodotti di natura tossica;5. assenza di depositi carboniosi sulle pareti della camera di com­bustione e di prodotti corrosivi.Si può, però, dire che storicamente queste esigenze hanno limitato, meno di quanto a prima vista potrebbe sembrare, l’impiego nei mo­tori dei combustibili a disposizione. Anzi è quasi sempre accaduto che la disponibilità di combustibili di determinate caratteristiche, ab­bia condizionato l’evoluzione e lo sviluppo dei motori e dei loro si­stemi di alimentazione, in modo da ottimizzare le prestazioni del bi-

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nomio motore-combustibile. Così, la possibilità di utilizzare con una certa abbondanza i combustibili liquidi derivati dalla distillazione del petrolio e la relativa facilità con cui essi potevano essere elaborati per soddisfare le esigenze più sopra ricordate, hanno fatto sì che questi costituiscano tuttora la principale fonte energetica (vedere Tabella 6.1) per i motori.Nel corso degli anni settanta, tuttavia, una serie di eventi ha dimo­strato chiaramente la vulnerabilità dei prezzi e delle forniture di pe­trolio, facendo acquistare al mondo industrializzato coscienza della limitatezza delle riserve disponibili di energia. Combustibili alterna­tivi (ossia derivati da fonti diverse da quella petrolifera) sono stati allora ampiamente studiati e provati sui motori. Essi derivano da trasformazioni di sostanze che di per sé non sarebbero in grado di bruciare (ad esempio: biogas ricavato dalla decomposizione dei ri­fiuti solidi urbani, o etanolo prodotto dalla fermentazione di sostan­ze vegetali) o da parziale ossidazione di combustibili naturali per renderli più idonei all’utilizzazione nel motori (ad esempio: metano­lo ottenuto per sintesi da metano e ossigeno; combustibili sintetici liquidi o gassosi prodotti a partire dal carbone). Il loro impiego at­tuale è tuttavia molto limitato, principalmente per problemi di conve­nienza economica.Per quanto riguarda il futuro, si può essere ragionevolmente ottimi­sti pensando che nel breve termine saranno ancora disponibili combustibili derivati dai fossili (resti di sostanze vegetali sintetizzati dal calore solare nelle prime ere geologiche: petrolio, gas metano, carbone). Si può tuttavia prevedere che le loro qualità motoristiche (ad esempio: numeri d’Ottano e di Cetano) andranno gradualmente peggiorando, come conseguenza: dello sviluppo di nuove fonti di energia (che si pensa saranno inizialmente usate principalmente

Tabella 6.1 Consumi di prodotti petroliferi nel mercato interno italiano (espressi in milioni di tonnellate / anno ed in percentuale).

Prodotti

1980 1990 1995

[10et] [%] [106t] [%] [106t] [%]

Benzina trasporti 12,28 12,4 13,49 14,6 16,48 17,7

Gasolio trasporti 10,03 10,1 16,54 17,9 17,94 19,3

Gasolio altri usi 13,59 13,7 9,61 10,4 5,20 5,6

Olio combustibile 36,85 37,3 26,70 28,9 25,19 27,1

Altri prodotti* 26,20 26,5 26,00 28,2 28,16 30,3

Totale consum i 98,95 100 92,34 100 92,97 100

* Petrolchimica, GPL, petrolio, lubrificanti, ecc.

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6.2Combustibiliattualmenteutilizzati

negli impianti fissi, modificando la ripartizione dei prodotti derivati dai combustibili naturali tra i vari utilizzi) e dell’affermarsi di limi­tazioni di natura ecologica nella loro composizione (ad esem­pio: eliminazione dei componenti nocivi per la salute, ma aventi buone caratteristiche dal punto di vista della combustione).Per quanto riguarda il lungo termine, non appare illogico ritenere che qualunque sarà la fonte energetica (con caratteri di: abbondan­za, rispetto dell’ambiente e convenienza economica) che verrà svi­luppata, i motori a combustione interna sapranno rapidamente ade­guarsi alle caratteristiche dei vettori energetici, che saranno da essa ricavati.

Per ragioni di facilità di trasporto e per l’alta densità energetica, cir­ca il 98% dei combustibili usati attualmente per i motori nel nostro paese, sono dei liquidi ricavati dalla distillazione del petrolio (la fon­te energetica tuttora più conveniente). Su alcuni Diesel due tempi di grande potenza si è sperimentato anche l’uso di polverino di carbo­ne, che però ha mostrato di provocare inconvenienti funzionali come l’usura e la corrosione dell’accoppiamento canna-stantuffo, a causa dell’abbondante produzione di ceneri. I combustibili solidi, quindi, è bene che vengano trasformati in liquidi o gassosi per es­sere convenientemente utilizzati nei motori.I combustibili gassosi sono facilmente miscibili con l’aria, ma hanno una bassa energia per unità di volume, con conseguenti problemi di trasporto e stoccaggio. Il più importante, per disponibilità e caratte­ristiche d’impiego, è il gas naturale, costituito prevalentemente da metano (vedere Tabella 6.2). Col diffondersi capillare dei gasdotti, esso ha praticamente sostituito, nei paesi industrializzati, i combu­stibili gassosi derivati dal carbone (gas di città, gas d’acqua, gas d’altoforno). Un certo interesse presenta anche il gas di petrolio li­quefatto (GPL): una miscela (in proporzioni variabili) di propano e butano, che si trovano allo stato gassoso nelle ordinarie condizioni di pressione e temperatura, ma possono essere facilmente liquefat­ti per compressione (a 0,8+1 MPa), a temperatura ambiente. Stoc­cato come liquido in serbatoi in pressione, il GPL viene facilmente ricondotto allo stato gassoso, mediante espansione e riscaldamen­to, al momento deli'utilizzo.Questi combustibili gassosi sono attualmente usati (con un’inciden­za molto modesta: circa lo 0,8%) su motori Otto per autovettura, per ragioni principalmente di convenienza economica; se ne pro­spetta inoltre l’uso in motori Diesel destinati ad impianti fissi ed al trasporto urbano. Questo motore può avere un’alimentazione mista gasolio-metano (dual fue l: il gas è mescolato all’aria nel collettore di aspirazione, mentre un’iniezione pilotata di gasolio (10+25%) avvia la combustione), oppure un’alimentazione esclusiva a gas (ed il Diesel è in tale caso trasformato in motore ad accensione co­mandata). Le ragioni di questo utilizzo sono da ricercarsi neU'ampia disponibilità di questo combustibile e nella possibilità di un loro ap­provvigionamento da fonti diversificate, cui si aggiunge la prospetti-

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va di eliminare il fumo dallo scarico del Diesel. A questo proposito occorre però tenere presente che, se non si esegue un’attenta ri­progettazione del motore in funzione delle caratteristiche del nuo­vo combustibile, si rischia, per contro, di aumentare sensibilmen­te la produzione di inquinanti gassosi (HC, CO e A/Ox: vedere il Capitolo 12).I combustibili liquidi costituiscono la fonte principale di energia per i motori a combustione interna e, tra di essi, di gran lunga i più im­portanti sono quelli derivati dalla lavorazione del petrolio. Una loro prima classificazione (vedere Tabella 6.3) può essere fatta sulla base dell’intervallo di distillazione (ossia il campo di temperatura in cui avviene l’ebollizione dei diversi idrocarburi componenti):— benzina, il combustibile più leggero, costituito da idrocarburi

che distillano tra i 20 °C ed i 200 °C, usato nei motori ad accen­sione comandata;

Tabella 6.2 Principali caratteristiche dei combustibili gassosi di interesse per i motori

Sostanza Massavolumica

a 0 ° C

(P)[kg/m3]

Costituentiprincipali

[% in massa]

Punto di ebollizione

a101,3 kPa

t°C]

Potere calorifico Dosatura inferiore riferito a stechio-

miscela metrica combustibile aria-

(H¡) combustibile (0l8) [MJ/kg] [MJ/m3] [kga/kgc]

Gas di petrolio liquefatto (GPL) 2,25* C-H.;, C4H10 - 30 46,10 3,39 15,50Gas di città 0,56 + 0,61 50 H, 8 CO, 30 CHa -120 = 30,00 = 3,25 10,00Gas naturale = 0,83 76 C, 24 H -162 47,70 —

Gas d’acqua 0,71 50 H, 38 CO — 15,10 3,10 4.30

Gas d’altofomo 1,28 28 CO, 59 N, 12 CO>2 -170 3,20 1,88 0,75Biogas** — 46 CH„ 54 C02 — 27,20** 3,22 —

Idrogeno (H2) 0,090 100 H -25 3 120,00 2,97 34,00Monossido di carbonio (CO) 1,25 100 CO -191 10,05 3,48 2,50Metano (CH4) 0,72 75 C, 25 H -16 2 50,00 3,22 17,20

Acetilene (C2H2) 1,17 93 C, 7 H - 81 48,10 4,38 13,25Etano (C2H6) 1,36 80 C, 20 H - 88 47,50 — 16,12Etilene (C2H4) 1,26 86 C, 14 H -1 0 2 47,10 — 14,70

Propano (C3H8) 2,0" 82 C, 18 H - 43 46,30 3,35 15,60Propilene (C3H6) 1,92 86 C, 14 H - 47 45,80 — 14,70Butano (CtH J 2,7" 83 C, 17 H -10 ; + 1 "* 45,60 3,39 15,40Butene (C,HB) 2,50 86 C, 14 H - 5; + 1*** 45,20 — 14,80

Massa volumica-. del GPL allo stato liquido'. 0,54 kg/dm3; del propano liquido: 0,51 kg/dm3; del butano liquido: 0,58 kg/dm3.

Il biogas purificato contiene il 95% di metano (CH„) e ha un potere calorifico inferiore H, = 37,7MJ/kg.

*** Il primo valore si riferisce all’isobutano; il secondo valore al n-butano o al butene.

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Tabella 6.3 Principali caratteristiche dei com bustib ili liqu id i di interesse per i motori

Sostanza Massa Costituenti Intervallo Calore Potere Dosaturavolumica principali di latente calorifico stechio-

a O° C distillazione di inferiore metricavaporizzazione

(P)[kg/m3] % In massa; [°C] [MJ/kg]

(H )[MJ/kg]

( « J

[kga/k g j

Benzina normale 0,750 + 0,755 86 C, 14 H 25 + 200 380 + 500 43,6 14,8Benzina super 0,730 + 0,760 86 C, 14 H 25 + 200 — 44,0 14,6*Benzina per aviazione** 0,720 85 C, 15 H 40 + 180 — 44,0 —Cherosene 0,770 + 0,830 87 C, 13 H 170 + 260 — 43,5 14,5Gasolio 0,815 + 0,855 86 C, 13 H 180 + 360 = 250 43,3 14,5

Petrolio greggio 0,700 + 1,000 80 + 83 C, 10 + 14 H

25 + 390 222 + 352 39,8 + 46,1 —

Oli pesanti di catrame 0,850 + 0,900 84 C, 11 H 200 + 390 — 40,2 + 41,9 13,5Olio combustibile 1,0-s- 1,1 85 C, 12 H 200 + 390 — 40 + 42 —

n-Petano (C5HÌ2) 0,63 83 C, 17 H 36 352 45,4 15,4n-Esano (C6HJ 0,66 84 C, 16 H 69 331 44,7 15,2n-Eptano (C7H J 0,68 84 C, 16 H 98 310 44,4 15,2n-Esadecano (Ct6H^) 0,88 85 C, 15 H — 226 43,5 14,96

Isoottano (C8H18) 0,69 84 C, 16 H 99 297 44,6 15,2Benzolo (C6Hs) 0,88 92 C, 8 H 80 394 40,2 13,3Toluolo (C7H8) 0,87 91 C, 9 H 110 364 40,6 13,4

Xiolo (W 0,88 91 C, 9 H 144 339 40,6 13,7Etere [(C2H5)20] 0,72 64 C, 14H, 22 0 35 377 34,3 7,7Acetone [(CH3)2CO] 0,79 62 C, 10 H, 28 0 56 523 28,5 9,4

Etanolo (C2H5OH) 0,79 52 C, 13 H, 35 0 78 . 900 26,8 9Metanolo (CH30H) 0,79 38 C, 12 H, 50 O 65 1100 19,7 6,4

Viscosità cinematica v a 20°C in mm2/s (centistokesj: benzina -0,65; Gasolio ~4;etanolo -1 ,5; metanolo ~ 0,75

Valori medi tipici sono compresi tra: 14,5 e 14,8

Motori ad accensione comandata per aviazione

— cherosene, combustibile leggero che distilla tra i 170 e 200 °C, per i turboreattori impiegati nel trasporto aereo;

— gasolio, combustibile di media massa volumica che distilla tra i 180 °C e i 360 °C, per i motori ad accensione per compressione ed il riscaldamento civile;

— olio combustìbile, combustibile pesante che distilla nell'interval­lo 200 + 390 °C, impiegato negli impianti termoelettrici, nel ri- scaldamento industriale e nei Diesel di grande potenza. Esso viene ulteriormente suddiviso in diverse categorie, in base alla fluidità a 50 °C, misurata dalla relativa viscosità cinematica.

Gli idrocarburi costituenti i combustibili liquidi possono essere clas-

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sificati in base alla loro composizione (percentuale di C e H conte­nuti nella miscela, espressa dalla formula semplice) ed alla struttu­ra della loro molecola. Quest’ultima è rappresentata dalla formula di struttura dell’idrocarburo e ne determina le proprietà chimiche e fisiche, influenzando i processi di: evaporazione, accensione e combustione.Da questo punto di vista si può ricordare che i prodotti petroliferi contengono principalmente i seguenti idrocarburi: paraffine (o alca- ni; formula generica CnH2n+2), nafteni (o ciclici:CnH2n) ed aromatici (CnH2n_g o CnH2n 12). Olefine, diolefine ed acetileni sono presenti in misura insignificante nel petrolio grezzo, ma possono essere gene­rate dal processo di raffinazione. Le paraffine (con catena diritta (normali) o ramificata (isoparaffine)) e gli aromatici hanno una catena di atomi di carbonio collegati con un singolo legame, con le valenze libere saturate da atomi di idrogeno.Per illustrare la differenza strutturale tra le paraffine normali e le isoparaffine, la Figura 6.1 mostra la formula di struttura di: norma- leptano (C7/-/16) ed iso-ottano (CBW18). Più compatta è la molecola dell’idrocarburo e migliore è la sua resistenza alla detonazione. Per questo motivo l’isoottano è assunto come indice (vedere paragrafo6.5) delle proprietà antidetonanti di una benzina. Viceversa le pa­raffine normali, specie se ad alto peso molecolare, presentano una buona accendibilità perché la loro molecola, a catena diritta ed al-

Figura 6.1 - Formule di struttura deii’iso- ottano (CsH ìa) e del normal- eptano (C7H le). La disposizione ramificata degli atomi di carbonio ed idrogeno rendono la molecola del primo compatta e resistente alla detonazione.

Hi

Hi

Hi

H —ICi

— H Hi

IH— C

i— H H

iICi

—IcI

—ICi

I— C

i

I— C —

IIH H —

IcI

— HIH

IH

IH

IH

Iso-ottano

H H H H H H HI I I I I I I

H— C— C— C— C — C— C— C— HI I I I I I IH H H H H H H

Normal-eptano

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H H H HI I I I

H H — C — H H H— C — H H H— C — H H H— C — H HI I I I I I I I I

H — C — C — C — C — C — C — C — C — C — H

H H — C — H H H— C — H H H H H— C — H HI I IH H H

Eptametilnonano

H H H H H H H H H H H H H H H H

H— C— C — C— C — C— C— C — C— C — C— C — C— C— C — C— C — H

H H H H H H H H H H H H H H H H

Normal-esadecano

Figura 6.2 -Formule di struttura di due isom eri del cetano (CmH34): ¡’eptametilnonano ed il normal-esadecano. La disposizione lineare degli atomi di carbonio ed idrogeno rendono la molecola del secondo facilmente attaccabile dall’ossigeno.

lungata, si spezza facilmente offrendo numerosi spunti di attacco per l’ossidazione.li normal-esadecano (C16H34) può quindi essere preso come misu­ra della accendibilità (vedere il paragrafo 6.6) di un gasolio, mentre la molecola compatta dell’eptametilnonano (vedere la Figura 6.2) lo rende molto più resistente all’ossidazione.Tra i combustibili alternativi a quelli derivati dal petrolio, buone prospettive di impiego pratico presentano gli alcoli. Essi hanno una composizione molto simile a quella degli idrocarburi, con la princi­pale differenza che contengono nella loro molecola anche atomi di ossigeno. Presentano una buona resistenza alla detonazione, per cui possono venir usati in miscela con la benzina (specie: l’alcool metilico o metanolo (CH3- OH) e l’alcol etilico o etanolo [CJ-lg- OH), per aumentarne il numero di Ottano. Hanno, però, un pote­re calorifico più basso di quello degli idrocarburi (Tabella 6.3). Il più elevato calore latente di vaporizzazione può invece essere sfruttato per migliorare il coefficiente di riempimento del motore (vedere il paragrafo 2.6.2).

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6.3Arianecessaria per lacombustione

Durante il processo dì combustione, ì costituenti del combustibile vengono ossidati con aria nel cilindro del motore. Sull’andamento di queste reazioni esercita un’influenza determinante il rapporto:

a = massa d’aria / massa di combustibile 6-1

chiamato rapporto di miscela* o dosatura dei reagenti. Il suo valore ottimale dipende prima di tutto dalla composizione del combustibi­le. Questa viene comunemente definita (per un idrocarburo) in una delle seguenti forme:1. dando il numero (m, n, r) di atomi elementari che costituiscono la generica molecola:

CnHmO r 6-2

2. dando il contenuto in massa (C, H, O) dei costituenti elementari, ossia:

C [Kgc / KgJ; H [KgH / Kg*]; O [Kg0 / KgJ; 6-3

Il passaggio da un’espressione all'altra** avviene attraverso il cal­colo della massa [ iob della molecola di combustibile (a partire da: Hc= 12,011; (UH = 1,008;^o = 16):

Hcb= 12,011 n + 1,008 m + 16 r 6-4

e le percentuali di massa dei costituenti elementari:

C = 12,011 n /m cb; H = 1,008 m / m cb; O = 1 6 r / m cb 6-5

Ora, la reazione globale di ossidazione di un combustibile del tipo6-2 può essere scritta, tenendo presente che occorre aggiungere (n + m / 4 - r / 2) molecole di 0 2 per ossidare il carbonio a C 0 2 e l’idrogeno ad H zO, e che il rapporto tra le moli di azoto e quelle di ossigeno nell’aria atmosferica standard vale: 3,773, nei seguenti termini:

r e a g e n t i -» p r o d o t t i

C„HmOr + (n + m / 4 - r / 2) (0 2 + 3,773 A/2) ^

- * n C 0 2 + m / 2 H20 + 3,773 (n + m / 4 - r / 2) N2 6-6

* Nella lettaratura di lingua inglese esso viene spesso indicato con il simbolo: A/F (Air / Fuel) = a, oppure si usa il suo reciproco: F/A = 1 / a.

** Due esempi tipici:Metanolo (CH3- OH): n = 1, m = 4, r = 1,da cui: / icb= 32,043 e quindi, per la 6-5: C = 0,375; H = 0,126; O = 0,499.Benzina Super: C = 0,864; H = 0,136; 0 = 0 da cui: jucb/n = 13,902; m/n = 1,876 e quindi: C„ HVB76n.

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Essa lega le specie dei reagenti a quelle dei prodotti, senza però indicare lo sviluppo effettivo del processo di ossidazione, che risul­ta in realtà ben più complesso, passando attraverso molteplici rea­zioni intermedie (vedere paragrafo 10.1). La 6-6 permette però di esprimere, in funzione del combustibile, la dosatura stechiometrica a s (o chimicamente corretta), ossia quella che contiene l’esatta quantità di 0 2 che è necessaria per ossidare tutti gli elementi che costituiscono il combustibile. Tenuto presente il valore del peso molecolare dell’0 2 ((i02 = 32) e dell’N 2 (piN2 = 28,16) per la 6-4 e la6-6 si può scrivere:

(m aa s = —\m c

(n + m /4 - r /2) (32 + 3, 773 • 28, 16)[X Cb

(4 + m/n - 2 r / n ) • 34, 562«s = ------------------------:-------------- rkga/k g cl 6-7

12,011 + 1 , 008m/ n+ 16r /n L CJ

Questa relazione esprime la dosatura stechiometrica in funzione dei rapporti: H /C = m / n e O / C = r / ndel combustibile ed è illu­strata nel grafico di Figura 6.3. Partendo da essa, si ricava imme­diatamente la corrispondente espressione di a s in funzione del contenuto in massa dei costituenti elementari secondo la 6-3, utiliz­zando la 6-5:

a s= (C 112,011 + H I 4,032 - 0 1 32) ■ 138,248

as= 11,51 C + 34,29 H - 4,32 0 [kga/k g j 6-8

Il rapporto di miscela a effettivamente usato in un motore può es­sere maggiore, minore o uguale al valore stechiometrico, a secon­da: delle modalità con cui avviene il miscelamento aria-combustibi- le, delle caratteristiche dì accensione e combustione di quest’ulti­mo, delle condizioni di funzionamento del motore.Il rapporto d i equivalenza c(>, definito come:

(j) = a s/ a 6-9

precisa il grado di ricchezza in combustibile della miscela effettiva: alla condizione <j> < 1 corrispondono miscele povere (con una mi­nore quantità di combustibile rispetto alla dosatura stechiometrica), alla condizione <)> > 1 corrispondono invece miscele ricche.Talvolta si ritiene più conveniente fare riferimento alla quantità di aria presente, anziché a quella di combustibile, considerando allora l’indice di eccesso d ’aria A:

A=1/<| ) = a / a 8 6-10

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RAPPORTO MOLARE H / C

Figura 6.3 - Valori della dosatura stechiometrica per miscele di aria e combustibili liquidi, in funzione del rapporto tra il numero di atomi di idrogeno e di óarbonio H/C e quello di ossigeno e di carbonio O/C, nella loro molecola.

In tale caso, le miscele con k < 1 saranno in difetto d ’aria e quindi ricche in combustibile e, viceversa, quelle con k > 1 presenteranno un eccesso d ’aria e quindi saranno povere in combustibile.La composizione dei gas combusti, prevista dalla 6-6 in condizioni stechiometriche, nella pratica normalmente non è rispettata perché, alle temperature che si raggiungono durante il processo di combu­stione si ha un’apprezzabile dissociazione di C 0 2 ed H20 in CO ed H 2. Questi si ricombinano solo parzialmente durante l’espansione, poiché la diminuzione di temperatura avviene in tempi così ridotti da congelare in parte gli equilibri raggiunti in precedenza. Nel caso poi di miscela ricca, manca l’0 2 necessario per ossidare completamen­te C ed H del combustibile, per cui compaiono a maggior ragione trai gas combusti i prodotti di parziale ossidazione. Viceversa, con mi­scela magra, si avrà allo scarico anche l’aria in eccesso, insieme a prodotti di ossidazione dell’azoto (principalmente NO), come con­seguenza delle alte temperature e dell’abbondanza di Ó2.La Figura 6.4 riporta i valori tipici della frazione molare dei principali componenti che si trovano allo scarico di un motore a combustione interna, in funzione del rapporto di equivalenza della miscela com­bustibile usata. Le oscillazioni dei valori rilevati e gli scostamenti dalle previsioni teoriche sono dovuti, oltre che alle ragioni di cineti­ca chimica ricordate in precedenza, ad inevitabili disuniformità lo­cali e, tra cilindro e cilindro, della miscela ed all’uso di combustibili con diverso rapporto H/C.

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Figura 6.4 - Valori tipici delle frazioni molari dei principali costituenti (anidride carbonica CO a ossidodi carbonio CO, ossigeno 0 2 ed idrogeno H.J dei gas di scarico di un motore, in funzione del rapporto di equivalenza della miscela aria/combustibile utilizzata.

L’importanza assunta dal problema del controllo degli inquinanti emessi (Capitolo 13), ha fatto sì che sia diventato ormai normale il rilievo della composizione dei gas scaricati (CO, Oz, C 0 2, idrocar­buri incombusti (HC), ossidi d’azoto (principalmente NO), ecc.), unitamente alla misura delle prestazioni del motore.Disponendo di questi dati, risulta perciò comodo poter risalire, in base ad essi, al rapporto di miscela effettivo a, senza contempora­neamente dover misurare le portate d’aria rha e di combustibile m c, secondo quanto previsto dalla 1 -25. A tale scopo, si può riscrivere la 6-6 in termini più realistici per una generica miscela di rapporto di equivalenza (j>:

_ (n + m /4 - r /2) ,CnHmOr + ------------------- (0 2 + 3, 773 A/2) =

<t>

= rip (x qo2 " C02 + x c0 CO + x 0aHb ■ CaHb +

+ *h2o ' H20 + x H2 • H2 + x N2 • N2 +

+ x HO ■ NO + x 0z • 0 2) 6' 11

dove si è indicato con:— np il numero totale di moli di gas combusto ottenuti bruciando 1

mole di combustibile di composizione C„HmOr nota;— xn la frazione molare dell’n-esimo componente.La 6-11 mostra la possibilità di risalire al valore di tj> della miscela di

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partenza, una volta nota la composizione dei gas di scarico. I modi pratici di procedere sono diversi e legati alle informazioni sperimen­tali disponibili. Per esempio, se si suppone di aver misurato (vedere paragrafo 12.3): x COz, x c0 , x c>H6, x N0, x 02, si devono determinare le rimanenti 7 incognite che compaiono nella 6-11, e precisamente: <j), np, a, b, x H2o*. *h2> *n2- In tale caso si può incominciare a supporre che gli idrocarburi incombusti abbiano lo stesso rapporto C / H del combustibile di partenza:

b / a = m / n

Inoltre, la relazione che regola la dissociazione della C 0 2 ed H 2 in CO ed H 20 (detta comunemente del gas d ’acqua):

C 0 2 + H2 ^ C 0 + H 20 6-12

si può assumere che sia in equilibrio, con costante:

^ y ^ go X H2 0X c o ? X H?

pari a 3,5 + 3,8. Questo equivale a ritenere l’equilibrio della 6-12 congelato alla temperatura di circa 1750 K, oppure a considerare più semplicemente il valore precedente come una relazione empi­rica tra le frazioni molari dei componenti i gas di scarico.Tenuto presente che la somma delle frazioni molari deve ovvia­mente corrispondere all’unità:

* C 0 2 + * C O + X CaHb+ * H 20 + * H 2 + * N 2+ * N O + X Q z = 1

le restanti 4 relazioni si ricavano dal bilancio di massa per i quattro elementi chimici presenti nei reagenti:- bilancio del carbonio:

n = np (xC02 + x co+ a x CaHb)

- bilancio dell'idrogeno:

m = np (2 x H20 + 2 x Hj+ b x CaHb)

- bilancio dell’ossigeno:(2n + m / 2 - r )

r + --------------------- =<l>

= np (2xCq2 + x co + x c0 + x Hzq + + 2x02 )

- bilancio dell’azoto:

2n + m /2 - r _* 3, 773 = np (2x Ns + Xno)

<>

* xH,0 normalmente non è nota, perché il campione di gas combusti viene di solito essiccato, prima di essere inviato agli analizzatori, per ragioni di salva- guardia di questi ultimi.

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6.4Poterecalorifico

Noto <)>, si potrà risalire ad a tramite la 6-9, dopo aver calco­lato a s in base alla composizione del combustibile 6-7 o 6-5. Se si dispone di un numero di rilievi superiore ai 5 supposti, alcune delle 7 relazioni, scritte in precedenza, risulteranno sovrabbondanti e potranno essere lasciate cadere od essere utilizzate per verificare la precisione delle misure effettuate. Nel caso, invece, di un numero inferiore di dati, occorrerà in­trodurre ulteriori legami di tipo empirico nella composizione dei gas di scarico, in modo che il numero delle equazioni uguagli quello delle incognite presenti nella 6-11.

Un importante parametro che definisce la qualità di un combustibile è costituito dal suo «potere calorifico-». Questo viene "definito come la quantità di calore sviluppata nel corso della combustione com­pleta dell’unità di massa del combustibile considerato. Per combu­stione completa si intende che tutto il carbonio presente sia conver­tito in C 0 2, tutto l’idrogeno in H sO e l’eventuale zolfo in S 0 2.Il potere calorifico viene misurato mediante un calorimetro. Se il combustibile è liquido o solido, un suo campione viene bruciato con ossigeno in una bomba calorimetrica a volume costante. A combu­stione completa, la valutazione del calore ceduto permette di deter­minare il potere calorifico del combustibile a volume costante.Nel caso di combustibile gassoso, risulta più semplice e più preciso l’uso di un calorimetro a flusso continuo a pressione atmosferica. Il combustibile è bruciato in aria ed i prodotti della combustione sono

<£E

<:Èa.

(0Q_

LUZocoa>LUCCQ-

RAPPORTO DI EQUIVALENZA (

Figura 6.5 - Andamento della temperatura adiabatica di combustione di una miscela di aria ed iso-ottano, in funzione del suo rapporto di equivalenza, con l ’ipotesi di pressione costante (TadJ e di volume costante (Tad J e pressione crescente fino ai valori di equilibrio finale (pf J.

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fatti passare in una serpentina immersa nell’acqua del calorimetro, in modo che la loro temperatura ritorni al valore iniziale di riferimen­to (comunemente: 25°C). Con questo procedimento si determina il potere calorifico a pressione costante, il cui valore risulta poco infe­riore (0,2 0,3 %) a quello a volume costante, per cui nella pratica i due valori sono spesso confusi.Una differenza ben più sensibile distingue il potere calorifico infe­riore H, da quello superiore Hs. Il primo viene misurato quando l’acqua presente nei prodotti di combustione (somma di quella eventualmente contenuta nel combustibile (umidità) all’inizio e di quella prodotta dalle reazioni di ossidazione) si trova allo stato di vapore. Il secondo quando i prodotti vengono raffreddati in modo da condensare i vapori di H20 , che restituiscono così il loro calore latente di evaporazione.Nei motori, i gas combusti sono scaricati ad alta temperatura, con l’acqua allo stato di vapore. Per questo motivo, nei calcoli ad essi relativi occorre usare il potere calorifico inferiore, che è più piccolo (per questo è detto inferiore) del superiore, da cui differisce del ca­lore latente di evaporazione dell’acqua.Una volta determinato sperimentalmente Ha, il valore inferiore H, può essere calcolato, in funzione della frazione di massa di umidità (U [kgH2o / kgob]) e di idrogeno {H [kgH,2 / kgcb]) mediante la relazione:

H; [MJ / kg] = Hs [MJ / kg] - 2,5(U + 9H) 6-13

essendo:— 2,5 [MJ / kg]: il calore latente di evaporazione dell’acqua;— 9 = juH20 / jUh2 » 18 / 2: il rapporto tra la massa molecolare di

HzO e Hz, ossia i kg di H20 prodotti dall’ossidazione di 1 kg di idrogeno.

Se si conosce la precisa composizione del combustibile, il suo po­tere calorifico può anche essere calcolato, per via teorica, come dif­ferenza tra l’entalpia dei reagenti e quella dei prodotti di ossidazio­ne completa di 1 kg di combustibile. A loro volta le entalpie dei rea­genti e dei prodotti possono essere determinate a partire dalle en­talpie di formazione dei vari composti chimici che li costituiscono. Queste ultime si trovano tabulate e sono date dall’incremento di entalpia associata alla reazione di formazione di una mole di quel composto, a partire dagli elementi che lo costituiscono.Le Tabelle 6.2 e 6.3 riportano, per i principali combustibili gassosi e liquidi, i valori del potere calorifico e dell’aria teorica richiesta per formare una miscela in rapporto stechiometrico a s.Una grandezza importante dal punto di vista tecnico, legata al pote­re calorifico, è costituita dalla temperatura adiabatica d i combustio­ne di una miscela dì data dosatura. Essa viene calcolata supponen­do che tutta l’energia liberata dal combustibile vada ad incrementa­re la temperatura dei prodotti. Come esempio dei valori di tempe­ratura che si possono raggiungere in queste condizioni, la Figura 6.5 riporta [3] l’andamento della temperatura adiabatica di combu­

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6.5Resistenzaalladetonazione

stione per una miscela di aria ed iso-ottano, in funzione del rappor­to di equivalenza <|>. Partendo dalle condizioni iniziali: p0 = 1 MPa e T0 = 400 K, oltre all’ipotesi di adiabaticità si sono fatte quelle: di pressione costante, pari al valore pQ iniziale, e di volume costante con pressione crescente fino al valore finale di equilibriopìv indicato nel diagramma. I valori di temperatura raggiunti nel primo caso (7;dp) sono più bassi di quelli del secondo (Tadv), perché una parte dell'energia liberata dall’ossidazione del combustibile, viene spesa per aumentare il volume del sistema (ap= cost.), facendo compie­re lavoro verso l’esterno (oppure, in termini di calori specifici: cp> cv) Inoltre, si vede da questo diagramma che la temperatura adiabatica di combustione raggiunge il suo massimo in prossimità della condi­zione stechiometrica, dalla parte delle miscele leggermente ric­che ((|> =* 1,05).Questo è dovuto al fatto che quando il sistema è lievemente povero in ossigeno, il calore specifico dei prodotti di reazione (c’è un po’ più di CO ed un po’ meno di C 02) si riduce, provocando l’incre­mento della temperatura di fiamma (a parità di energia liberata). Quando la miscela è magra (o ricca) la temperatura diminuisce per­ché la stessa energia viene ripartita su di una massa maggiore di aria (o rispettivamente di combustibile) che è in eccesso e non prende parte alle reazioni.

La detonazione è una delle forme di combustione anomale che maggiormente limitano le prestazioni (potenze e consumi) di un motore ad accensione comandata (vedere il paragrafo 10.5.2). La capacità di un combustibile di resistere all’insorgere della detona­zione costituisce quindi una sua proprietà, molto importante da un punto di vista motoristico.Purtroppo la detonazione è un fenomeno molto complesso, che coinvolge diverse caratteristiche del combustibile (ritardo all’accen­sione, velocità laminare di combustione, ecc.), oltre a numerosi pa­rametri di progetto e funzionamento del motore. Ci si è quindi resi conto che la via più semplice, per determinare il «valore indeto­nante» di un carburante, era quella di effettuare una misura di que­sta proprietà su un motore, in modo da integrare l’effetto reale di tutte le variabili in gioco.Per poter parlare la stessa lingua occorreva naturalmente che, sia i materiali usati (motore e combustibile di riferimento), sia le meto­dologie seguite, fossero fissate da norme ben precise. Un apposito comitato (Cooperative Fuel Research) ha fissato le caratteristiche del motore di prova, detto appunto CFR. Si tratta (Figura 6.6) di un robusto monocilindro [6], il cui rapporto di compressione può esse­re variato (r = 4 * 30), attraverso lo spostamento verticale del cilin­dro (al quale è solidale la testa), rispetto all’albero motore, per mez­zo di un accoppiamento: manovella - vite senza fine - cremagliera. Esso è collegato ad un motore elettrico asincrono, che mantiene costante la velocità di rotazione del gruppo perché assorbe la po-

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tenza sviluppata dal monocilindro (trasmettendola alla rete), oppu­re lo trascina quando questo non è in grado di sostentarsi (esem­pio: avviamento).Per definir la scala, con cui misurare la resistenza alla detonazione di un combustibile, si utilizzano due combustibili di riferimento (Fi­gura 6.1):— l’isoottano (2-2-4-trimetilpentano: CJ-tw): la sua struttura mole­

colare compatta lo rende particolarmente resistente alla deto­nazione, pertanto il suo valore antidetonante è stato convenzio­nalmente fissato pari a 100;

— l’eptano normale (n-C7H16), che è invece facilmente soggetto a detonazione, per cui il suo valore antidetonante è stato posto pari a 0.

La resistenza alla detonazione di un carburante viene allora misu­rata dal suo numero di Ottano (NO), definito cóme il numero intero

Figura 6.6 - Sezioni principali del monocolindro CFR utilizzato per determinare il NO di una benzina, secondo procedure normalizzate. Il rapporto di compressione può essere variato con uno spostamento del gruppo cilindro-testa lungo il suo asse, ottenuto facendo ruotare la vite senza fine che ingrana con la ruota dentata, solidale con la madrevite accoppiata alla filettatura alla base del cilindro.

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più vicino alla percentuale in volume di una miscela di isoottano e normaleptano, le cui caratteristiche antidetonanti siano equivalenti a quelle del carburante in esame, quando il confronto è eseguito sul motore CFR secondo una metodologia normalizzata. Diversi metodi di misura sono stati proposti, per eseguire il confronto che conduce alla determinazione di NO di un combustibile. Tra di essi, due si sono imposti e sono tuttora ampiamente utilizzati: il Metodo Motore (codificato dalla norma ASTM-D 2699) ed il Metodo Ricerca (norma: ASTM-D 2700). La Tabella 6.4 riporta le condizioni di pro­va da esse previste.Alimentando il monocilindrico CFR con il combustibile in esame e rispettando le condizioni di funzionamento corrispondenti al meto­do utilizzato, si fa variare il rapporto di compressione fino ad ottene­re un’intensità di detonazione standard.Questa è misurata con un gruppo elettronico (detonimetro) che uti­lizza un sensore di pressione di tipo magnetostrittivo. La sua mem­brana sensibile è affacciata alla camera di combustione del motore e produce un segnale, che è funzione della derivata rispetto al tem­po della pressione che regna nel cilindro. Esso viene elaborato ed inviato allo strumento indicatore, che in condizioni di detonazione standard si porta verso il centro della scala.Il rapporto di miscela viene regolato in modo da ottenere la massi­ma intensità di detonazione. Per mezzo di tabelle di riferimento, che danno, in funzione del rapporto di compressione che produce l’intensità di detonazione standard, il NO della miscela isoottano e normal-eptano corrispondente, si può individuare, in prima appros­simazione, il NO del carburante in prova. Senza modificare il rap­porto di compressione, si cercano allora due miscele di riferimento (che non differiscano per più di due punti tra loro), le cui intensità di detonazione comprendano (ossia una sia superiore e l’altra inferio­re) quella del combustibile in esame. Il suo numero di Ottano è allo­ra ricavato per interpolazione tra quelli delle due miscele di riferi­mento, in base alle misure di intensità di detonazione relative ai tre campioni provati.Per combustibili che si comportano meglio dell’isoottano, la scala del NO viene estesa a valori superiori a 100, assumendo come rife­rimento l’isoottano addizionato con percentuali via via crescenti di piombo tetraetile*.Come si può dedurre dai dati riportati nella Tabella 6.4, il meto­do Motore risulta più severo del Ricerca, perché la miscela in pro­va è riscaldata e l’anticipo di accensione è più elevato e cre­scente con il rapporto di compressione. Ne scende che il numero di

* Per i valori superiori a 100, la corrispondenza tra NO ed il tenore in piombo tetraetile è stabilita in base alla seguente formula:

100 + 28 ,28 7NO = --------------------------- --- = ■ — = ____— —

1 ,0 + 0 ,736 T + V 1. 0 + 1, 472 T - 0, 0352 T2

dove T è la quantità di piombo tetraetile nell’isottano in: mg per US Gallon o mi per 3,785 litri.

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Ottano Motore (NOM) è normalmente più basso di quello ricer­ca (NOR). Alla differenza tra questi due valori è dato il nome di sensitività:

Sensitività = NOR - NOM 6-14

poiché essa dà una prima indicazione sulla tendenza di un combu­stibile a comportarsi in modo diverso dalle miscele di riferimento, al variare delle condizioni di funzionamento del motore. Essa varia con la sua composizione chimica: gli idrocarburi paraffinici, che ap­partengono alla stessa famiglia dei carburanti di riferimento (la cui sensitività è per definizione nulla), hanno una sensitività molto pic­cola, mentre gli aromatici ed ancor più gli olefinici, ne hanno una relativamente elevata. Da un punto di vista quantitativo, si verifica mediamente che in una miscela con un 80% di paraffinici la sensiti­vità è di circa 4 + 5 punti, mentre in una con un 40% di aromatici essa può arrivare a 10 e persino a 14 (se vi sono anche diversi idrocarburi olefinici).

In generale, si può dire che il numero di Ottano, determinato su di un motore ed in condizioni di funzionamento stazionario, ben lon­tane da quelle di esercizio reale, tiene conto in modo imperfetto del comportamento dei carburanti in servizio effettivo. Le divergenze sono andate crescendo come conseguenza dello sviluppo dei mo­tori di nuova concezione e dei combustibili di caratteristiche chimi­che abbastanza lontane da quelle dei primari assunti come riferi­mento. Numerose procedure sona state quindi proposte per deter­minare, su strada od al banco a rulli, un indice della resistenza alla detonazione di un combustibile (detto: Numero d’Ottano Strada), che garantisse una miglior corrispondenza con il suo comporta-

Tabella 6.4 Parametri caratteristici del monocilindro CFR utilizzatoper la determinazione del Numero d’Ottano

Metodo Motore Ricerca

Alesaggio [mm] 82,6 82,6Corsa [mm] 114,3 114,3Cilindrata [cm3] 613 613Rapp. di comp. variabile — 4-5-16 4 + 16regime di rotazione [giri/min] 900 600Anticipo accensione [°] 19° + 26°* 13°Temperatura acqua raffred. [°C] 100 100Temp.aria di alimentaz. [°C] 149 liberaUmidità aria di alimentaz. [g/kQariJ 3 + 7 3 + 7Rapporto di miscela — di massima detonazione

* variabile con il rapporto di compressione.

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Figura 6.7 - Richiesta ottanica di un motore per autovettura, determinata rilevando, in fase di accelerazione, il regime di rotazione in corrispondenza del quale appare la detonazione, quando il motore è alimentato con carburanti commerciali (di Numero d’Ottano Research (NOR) e Motor (NOM) noti) e con miscele primarie (iso-ottano + normal-eptano).

mento reale [5]. Queste metodologie di prova sono però lunghe ed onerose, per cui non possono essere utilizzate correntemente, in particolare negli studi di ottimizzazione nella formulazione di un carburante o per i controlli di produzione in raffineria. Nello stesso tempo, però, sono stati introdotti diversi tipi di correlazioni che per­mettono di meglio prevedere il comportamento dei carburanti in servizio reale, partendo dalle determinazioni effettuate sui motori CFR normalizzati. In questo modo è stato possibile evitare di rimet­tere in discussione queste metodologie di prova tradizionali, che sono ormai pervenute ad un livello di riproducibilità e diffusione tali, che la loro modifica comporterebbe uno sforzo considerevole.In particolare, si ricorda che un grosso lavoro di analisi statistica sui dati rilevati, ha permesso di legare il numero di ottano strada agli indici, ricavati con i metodi Motore e Ricerca, con una relazione di questo tipo:

NO strada = a(NOR) + b(NOM) + c 6-15

dove le costanti sperimentali: a, b, c dipendono dalle caratteristiche del parco dei veicoli studiato e dalla natura chimica dei combustibili (valori tipici: a=» b ~ 0,5).Inoltre si è cercato di tenere conto del fatto che una benzina è una miscela di idrocarburi, con una curva di distillazione relativamente ampia. Le frazioni più leggere (quelle che distillano a temperature più basse) presentano di solito un NO più basso, differenziando così il comportamento di un carburante in servizio, rispetto alle mi­sure effettuate in laboratorio. Durante una rapida accelerata, ad esempio, si può ritenere che la pompa di ripresa permetta di soppe­rire all’inerzia nel circuito della benzina, rispetto a quella dell’aria. Il

REGIME DI ROTAZIONE [giri/s]

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motore, però, all’inizio del transitorio aspira prevalentemente le fra­zioni più leggere, con una resistenza alla detonazione diversa da quella del carburante globale. Detta Af?(100 °C) la differenza tra i NOR di quest’ultimo e quello della frazione che distilla fino a 100 °C, si è proposta una correlazione di questo tipo:

NO strada = a + b (NOR) + cAR(100 °C) 6-16

per cercare di prevedere il comportamento di un carburante in ac­celerata, attraverso semplici misure di laboratorio.Si ricorda, infine, che per consentire ai costruttori di motori di sfrut­tare a pieno le caratteristiche di resistenza alla detonazione dei car­buranti disponibili sul mercato e d’altra parte permettere ai petrolieri di preparare benzine capaci di soddisfare le esigenze dei motori in circolazione, si ricorre alla definizione di richiesta ottanica di un motore (o meglio del binomio motore + veicolo).Il metodo più comunemente usato per questo scopo, consiste nel determinare in accelerazione le velocità del motore alle quali la de­tonazione appare [5], utilizzando delle miscele di riferimento di tipo primario (isoottano e normal-eptano di NO variabile di punto in punto). Riportando le osservazioni su di un grafico, in cui figurano in ascissa le velocità di rotazione del motore ed in ordinata i NO delle miscele primarie via via utilizzate (Figura 6.7: linea a tratto e punto), si ottiene la curva di richiesta ottanica del veicolo, in termi­ni di carburanti primari.Ripetendo i rilievi con carburanti commerciali, di cui si sono deter­minati in precedenza i NOM e NOR, si possono tracciare due cur­ve, simili alla precedente, sul medesimo grafico. Il fatto che normal­mente le richieste ottaniche, misurate sui carburanti commerciali, siano espresse in NO più alti che non con i carburanti primari (la Figura 6.7 costituisce un esempio tipico), rappresenta il «deprezza­mento su strada» delle benzine commerciali.Il valore massimo di ciascuna di queste curve può, poi, sintetizzare la «richiesta ottanica» dell’autovettura, intesa come il valore mini­mo dell’A/O del carburante, che permette al motore di funzionare in tutto il suo campo di impiego, senza che si verifichi mai il pericolo di detonazione.In pratica, per migliorare le qualità antidetonanti delle benzine, si usano le seguenti procedure:1. scelta opportuna degli idrocarburi costituenti, in base alla loro natura chimica;2. miscelazione con prodotti aventi NO elevato;3. aggiunta di additivi antidetonanti.Il grafico della Figura 6.8 riassume le capacità di resistenza alla de­tonazione delle diverse famiglie chimiche di idrocarburi, in funzione del loro punto di ebollizione, che risulta crescente con il numero di atomi di carbonio della molecola. Si vede allora che l'NO dei vari idrocarburi dipende dalla struttura e dalle dimensioni delle rispettive

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molecole. Nel caso delle paraffine, un allungamento della catena di atomi di carbonio (paraffine normali) porta ad una diminuzione di NO, perché la molecola si spezza e si ossida più facilmente. Il compattamento della molecola, attraverso l’aggiunta di catene late­rali ramificate (isoparaffine), ottiene il risultato opposto. L’introdu­zione di doppi legami (olefine) riduce la tendenza alla detonazione, a parità di numero di atomi di carbonio. Gli aromatici hanno un ele­vato NO, dovuto alla grande stabilità strutturale deH’anello esago­nale centrale. La resistenza alla detonazione dei nafteni risulta, in­vece, di poco superiore a quella delle olefine e diminuisce, come quella, al crescere del numero di atomi di carbonio.Tenute presenti queste proprietà, si capisce come sia possibile scegliere i procedimenti di raffinazione in base alla struttura chimi­ca degli idrocarburi presenti e selezionare i tagli delle frazioni distil­late, in modo che il prodotto finale abbia le volute qualità antideto­nanti.Diversi composti ossigenati (metanolo, etanolo, alcol superiori) pre­sentano una buona resistenza alla detonazione, per cui possono essere miscelati alla benzina per incrementarne \’NO. Il loro uso è anche favorito dal fatto che possono essere prodotti da fonti non petrolifere (metano, carbone, biomasse, ecc.), per cui offrono spes­so anche vantaggi di tipo economico e strategico (differenziazione delle sorgenti di energia). La loro solubilità nella benzina è però li­mitata (5 + 10%) e favorita dall’aggiunta di piccole percentuali di alcoli superiori.Le attuali benzine contengono anche un certo numero di additivi chimici, volti a migliorarne le qualità: innalzando il numero di Otta­no, riducendo i depositi carboniosi, la formazione di gomme e lac­che, ecc.

Figura 6.8 - Caratteristiche antidetonanti medie delle diverse famiglie chimiche di idrocarburi, in funzione della loro temperatura di ebollizione. I grafici illustrano gli effetti prodotti sulla resistenza alla detonazione dai cambiamenti nella struttura delle molecole, e del numero di atomi di carbonio in esse presenti.

<OocLUgoc0 z

1boocLU2 3 Z

TEMPERATURA DI EBOLLIZIONE [°C]

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6.6Accendibilità

Tra i primi, particolarmente efficaci si sono dimostrati i seguenti sali di piombo:

Piombo tetraetile (TEL): Pb(CzH5)A

Piombo tetrametile (TML): Pb(CH3)A

i quali, usati in piccola quantità (0,1 0,4 g/litro), permettono di au­mentare la resistenza alla detonazione delle benzine, in modo eco­nomicamente vantaggioso, rispetto aN'azione sul processo di raffi­neria per modificarne la composizione idrocarburica.La loro azione sembra sia principalmente dovuta all’interruzione delle catene di reazione, per collisione delle particelle attive con gli atomi metallici dell’additivo. Si avrebbe così un’azione di inibizione e disattivazione da parte dell’ossido di piombo (ottenuto per de­composizione del sale di partenza) dei radicali propagatori di cate­na, che intervengono sulle reazioni caratteristiche della seconda fase del ritardo all’accensione (x2: vedere il paragrafo 10.1.2).Le preoccupazioni per gli effetti tossici esercitati dai sali di piombo, espulsi allo scarico, sull’ambiente e l'avvelenamento dei catalizza­tori, correntemente usati per abbattere gli inquinanti gassosi emes­si dal motore, hanno portato a programmare una graduale elimina­zione di questi additivi dalle future benzine.

Nel caso di motore ad accensione per compressione, uno dei pro­blemi principali consiste nel controllo del ritardo all’accensione del combustibile iniettato nel cilindro (vedere il paragrafo 11.2).Se esso risulta troppo lungo, infatti, buona parte del combustibile viene introdotto prima che l’accensione avvenga, con eccessive ve­locità di reazione e conseguenti incontrollati picchi di pressione, non appena la combustione si avvia. La durata del ritardo all’accen­sione dipende non solo dalle condizioni di funzionamento dèi moto­re, ma anche in misura considerevole dalle proprietà fisiche e chi­miche del combustibile (vedere il paragrafo 10.1.2).Di conseguenza l’accendibilità del gasolio costituisce un fattore ve­ramente importante nel determinare: prestazioni, rendimento, dol­cezza di funzionamento, emissioni di fumo, rumore e facilità di av­viamento del motore. Essa dipende dalle caratteristiche chimiche del combustibile (struttura e dimensioni della molecola, che risulta di conseguenza più o meno facilmente attaccabile dall’ossigeno) e da quelle fisiche (volatilità, viscosità, calore specifico, ecc.), che in­fluenzano i processi di vaporizzazione e diffusione.Per integrare l’effetto di tutte queste variabili, anche in questo caso (analogamente a quanto si fa per la resistenza alla detonazione di un carburante), si è deciso di esprimere l’accendibilità di un gasolio attraverso una misura, eseguita su di un motore e con modalità standard, che ne stabilisca un confronto con il comportamento di

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una miscela di due idrocarburi di riferimento. Come tali, per definire la scala di misura dell’accendibilità, si sono scelti (Figura 6.2):— il cetano (normalesadecano: C16H34): la sua molecola a catena

lunga e diritta offre numerosi punti d'attacco per l’ossidazione, perciò alla sua accendibilità è stato dato un valore convenzio­nale pari a 100;

— l'eptametilnonano (un isocetano: CÌ6HM), che è invece molto più resistente all’ossidazione, per cui la sua accendibilità è sta­ta assunta pari a 15.

L’accendibilità di un combustibile viene allora misurata dal suo nu­mero di Cetano NC, definito in base alla composizione della misce­la di cetano ed eptametilnonano, il cui ritardo all’accensione risulta equivalente a quello del gasolio in esame, quando il confronto è eseguito su di un motore CFR Diesel normalizzato, secondo una metodologia codificata. In base ai numeri di Cetano attribuiti agli idrocarburi di riferimento, si avrà per il combustibile in prova:

NC = Cetano [%] +0,15 eptametilnonano [%] 6-17

Apposite norme (/AS77W-D61365) stabiliscono le caratteristiche del monocilindro di prova e le sue condizioni di funzionamento (rias­sunte in Tabella 6.4. Alimentando il motore con il combustibile in esame, si aumenta il rapporto di compressione fino a portare l’ac­censione in corrispondenza del PMS (con un ritardo quindi di 13°, corrispondenti a 2,4 ms a 900 g/min). Ricordato il valore di r rag­giunto, si ripete la procedura con diverse miscele di combustibili di riferimento, riportandone sempre l’accensione al PMS. Si indivi­duano così due miscele di riferimento (i cui NC non differiscano per più dì 5 punti), che richiedano rapporti di compressione che com­prendono (l’uno sia superiore e l’altro inferiore) quello del combusti- bile in esame. Il numero di Cetano di quest'ultimo è allora ricavato per interpolazione tra quelli delle due miscele di riferimento, in base ai valori dei rapporti di compressione relativi ai tre campioni provati. La misura di NC ora descritta richiede l’uso di strumenti e procedu-

Tabella 6.5 Parametri caratteristici del monocilindro CFR utilizzato per la determinazione del Numero di Cetano

Alesaggio [mm] 82,6Corsa [mm] 114,3Cilindrata [cm3] 613Rapp. di comp. variabile — <M•I*CO

regime di rotazione [giri/min] 900Anticipo iniezione n 13°Pressione d’iniezione [MPa] 10,3Temperatura acqua raffred. [°C] 100Temp.aria di alimentaz. [°C] 65,6

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re complesse(motore CFR e suoi accessori, combustibili di riferi­mento) e risulta pertanto piuttosto costosa. Per questo motivo, le norme prevedono anche la possibilità di ricavare un indice di Ceta­no attraverso relazioni analitiche che lo legano ad alcune caratteri­stiche fisiche del combustibile.Molto usato è anche Vindice Diesel il quale cerca di prevedere l’ac­cendibilità del gasolio, In funzione della percentuale di idrocarburi normalparaffinlci presenti. Quest’ultima, a sua volta è individuata dai valori di due proprietà semplici e facilmente misurabili:— il punto di anilina, ossia la più bassa temperatura (espressa

in gradi Fahrenheit: °F) alla quale un dato volume di gasolio è completamente miscibile in un uguale volume di anilina. Esso fornisce una misura del contenuto in composti paraffinici, per­ché questi richiedono temperature più elevate degli altri tipi di idrocarburi per essere completamente miscibili.

— la densità, espressa in gradi API (American Petroleum Institu- te), ossia una grandezza adimensionale, calcolata mediante al relazione:

densità API = 141,5/prel- 131,5

in cui pre, è la densità relativa all’acqua (prel = pcb / pH 0) del gasolio in esame. Gli idrocarburi paraffinici, a parità di intervallo di tempe­ratura di distillazione, hanno una densità relativa più bassa e dun­que una densità API più alta. Quest’ultima, quindi, può essere as­sunta come indice di buona accendibilità.

NUMERO DI CETANO

Figura 6.9 - Relazione tipica che intercorre tra l ’indice Diesel ed il numero di Cetano nel caso particolare di gasoli di carattere paraffinico, ottenuti per distillazione dal petrolio.

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6.7Volatilità

L’indice Diesel di un gasolio si potrà allora calcolare mediante la formula:

Indice Diesel = densità API x Punto di Anilina [°F] /100 6-18

ed essere assunto come misura della sua accendibilità. Esso for­nisce dei valori prossimi a quelli di NC, con il quale è possibile trovare una corrispondenza abbastanza buona (vedere Figura 6.9), valida però solo per gasoli di tipo paraffinico ottenuti per di­stillazione.Combustibili con alto numero di Cetano (NC > 48) devono essere usati soprattutto nei Diesel veloci ad iniezione diretta. Nei motori lenti, invece, i tempi più lunghi disponibili per la combustione con­sentono di utilizzare combustibili aventi anche peggiori caratteristi­che dal punto di vista dell’accendibilità (più bassi NC).Per quanto riguarda l’influenza delle dimensioni e della struttura degli idrocarburi costituenti sul NC del combustibile, si può tenere presente che risulta possibile fare un accostamento tra il numero di Cetano e quello di Ottano. In un certo senso, infatti, essi misurano due proprietà inverse: il primo esprime l’attitudine di un combustibi­le ad accendersi, il secondo la sua resistenza all’ossidazione. Sulla base dei dati riportati nel diagramma di Figura 6.8, si può quindi dedurre che le normal-paraffine presentano le migliori qualità dal punto di vista dell’accendibilità (in misura crescente con il peso molecolare), mentre gli aromatici risultano i peggiori.Anche per i gasoli quindi è possibile controllare il numero di Cetano attraverso una scelta appropriata della composizione idrocarburica, la quale dipende dalle caratteristiche del petrolio greggio di parten­za e dal processo di raffinazione usato. Piccole percentuali di so­stanze come perossidi e nitrati organici (specialmente nitrati di iso- propile e isoanile) possono essere usati come additivi del combusti- bile, per migliorarne l’accendibilità. Il loro uso potrebbe essere in­crementato in futuro, per sopperire al prevedibile scadimento della qualità dei combustibili che si renderanno disponibili.

I combustibili liquidi usati nei motori sono una miscela dì idrocarburi che hanno diverse temperature di ebollizione. La loro volatilità, quindi, può essere calcolata dalla curva di distillazione e dalla ten­sione di vapore.La prima fornisce la legge secondo la quale varia la percentuale in volume di combustibile, che evapora all’aumentare della tempera­tura. Essa viene determinata scaldando un campione liquido fino alla sua completa evaporazione. Raffreddando successivamente i vapori prodotti, si fanno gradualmente condensare, rilevando i valo­ri di temperatura corrispondenti ai diversi volumi condensati. La Fi­gura 6.10 riporta alcune curve tipiche di distillazione per: benzina, cherosene e gasolio.La tensione di vapore è la pressione esercitata dal vapore saturo in equilibrio con il suo liquido. Essa è una funzione crescente con la

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temperatura e può essere fornita attraverso relazioni empiriche che la legano alla composizione del combustibile. Normalmente per le benzine ci si limita a dare la tensione di vapore Reid: pressione di vapore del combustibile a 37,8 °C ( = 100 °F), misurata in condizio­ni normalizzate (in una bomba in cui il volume di vapore è circa 4 volte quello del liquido).La volatilità è una proprietà importante del combustibile, perché in­fluenza il comportamento del motore, soprattutto al momento del­l’avviamento a freddo e dell’accelerazione, nonché il corretto fun­zionamento del circuito di alimentazione carburante.Nel caso del Diesel essa gioca un ruolo importante nell’evoluzione dello spray in camera di combustione, condizionando la vaporizza­zione delle gocce ed il conseguente miscelamento tra aria e com­bustibile. È importante per i motori veloci che il gasolio contenga una frazione sufficientemente volatile (circa il 30% deve distillare al disotto dei 230 °C), per evitare difficoltà all’avviamento a freddo, quando la carica non può beneficiare del riscaldamento da parte delle pareti. D’altra parte, un combustibile troppo volatile può porta­re ad una miscelazione insoddisfacente con l’aria, perché la rapida evaporazione delle gocce ne limita la penetrazione in camera di combustione. Anche la parte più alta della curva di distillazione è importante, poiché le frazioni meno volatili ritardano la vaporizza­zione delle gocce, rendendo difficoltosa la miscelazione del combu­stibile con l’aria, con il rischio di combustione incompleta special- mente a pieno carico.

TEMPERATURA [°C]

Figura 6.10 - Curve di distillazione frazionata di alcuni combustibili tipici per motori: benzina, cherosene e gasolio.

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Per i motori a ciclo Otto, specialmente se alimentati a carburazione, è indispensabile che parte della benzina evapori a bassa tempera­tura (circa il 30% deve distillare sotto i 100 °C), per favorire l’avvia­mento a freddo e le prestazioni in accelerazione. I dispositivi ag­giuntivi di un moderno carburatore (vedere i paragrafi 7.4 e 7.6), infatti, forniscono in queste condizioni un supplemento di combusti- bile rispetto al funzionamento normale. Solo un’opportuna volatilità del combustibile permette, però, la formazione di una miscela in fase gassosa in rapporto conveniente, perché il carburante che sussiste allo stato liquido non interviene. Un limite alla volatilità del­le frazioni leggere è invece imposto dal pericolo che si formino bolle di vapore nel circuito di alimentazione (vedere il paragrafo 7.10), che possono arrivare ad ostacolare od interrompere il flusso di combustibile. Poiché la tensione di vapore Reid è influenzata prin­cipalmente dai costituenti bassobollenti della benzina, si può sfrut­tare a tale scopo questo parametro, imponendo che esso non su­peri prefissati limiti (70 + 80 kPa).Le frazioni più pesanti (quelle comprese tra il punto 90% della cur­va di distillazione ed il punto finale), possono avere una certa in­fluenza: sulla disuniforme ripartizione della ricchezza della miscela tra i vari cilindri, sulla formazione di depositi in camera di combu­stione e sulla diluizione dell’olio lubrificante (a motore freddo). La parte finale della curva di distillazione deve dunque essere fissata in modo da limitare questi inconvenienti.

I combustibili messi in commercio sono una miscela relativamente complessa di idrocarburi, ottenuta per raffinazione e selezione di prodotti derivanti dal petrolio greggio. La loro composizione deve però soddisfare specifiche (emesse da enti quali l’American So­ciety for Testing and Materials, ASTM), che hanno lo scopo di tro­vare un compromesso tra le esigenze, spesso contrastanti, di: co­struttori di motori, industrie petrolifere ed utilizzatori. Queste norme stabiliscono le modalità con cui devono essere rilevate le princip­ali grandezze, che caratterizzano il comportamento dei combusti- bili, e precisano i limiti entro cui esse possono variare. Per le principali proprietà si è già avuto modo di riportare le relative speci­fiche nei paragrafi precedenti, per cui qui ci si limiterà a completare il discorso, ricordando le ulteriori esigenze che i combustibili devo­no soddisfare.Quando un campione di benzina evapora, in presenza di ossigeno, può lasciare un deposito non volatile avente l’aspetto di una verni­ce, che viene indicato sinteticamente con il nome di gomma. Si tratta in generale di prodotti di ossidazione di idrocarburi insaturi (olefine) presenti nella benzina. Questi depositi si formano princi­palmente nei punti del sistema di aspirazione dove la vaporizzazio­ne è più forte: punti caldi del condotto, stelo e fungo della valvola, getti del carburatore.Poiché esse provocano inconvenienti nel funzionamento del motore, le specifiche limitano il contenuto in gomme delle benzine (gomme

6.8Specifiche relative alla composizione

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attuali) e la tendenza alla loro formazione (gomme potenziali), indu­cendo i petrolieri ad aggiungere al prodotto finale speciali additivi che agiscano da inibitori delle reazioni di ossidazione degli insaturi.Il petrolio grezzo può poi contenere un tenore in zolfo (sotto forma di: zolfo libero, mercaptani, polisolfuri, ecc.) variabile con la sua ori­gine. Nei distillati esso aumenta con il peso molecolare medio della frazione, passando ad esempio da un valore tipico dello 0,1% negli idrocarburi che costituiscono le benzine, al 4% dei residui più pe­santi. Il principale inconveniente dello zolfo consiste nel trasformar­si, durante il processo di combustione, in anidride solforosa, che rende acidi i gas scaricati, producendo così un forte impatto sul­l'ambiente esterno. Disturbi possono poi essere procurati anche al funzionamento del motore, perché lo zolfo favorisce la formazione di depositi in camera di combustione e, aumentando l’acidità dei gas combusti, accentua l’usura per corrosione delle parte cui essi vengono a contatto. Le specifiche limitano dunque il tenore in zolfo dei combustibili per motori. La sua eliminazione può essere otte­nuta per mezzo di un trattamento catalitico in presenza di idrogeno, che porta alla formazione di acido solfidrico (/-¿¡S).La viscosità di un gasolio, insieme alla sua tensione superficiale, è uno dei parametri fisici che intervengono nel processo di rottura e polverizzazione del getto di combustibile all’uscita dell'iniettore. Essa garantisce inoltre la lubrificazione e la tenuta dei principali ac­coppiamenti meccanici dell'apparato di iniezione ed influenza diret­tamente il valore della potenza assorbita dalle pompe di circolazio­ne ed iniezione del combustibile. La viscosità deve quindi essere contenuta entro limiti opportuni, precisati dalle specifiche per i vari tipi di gasolio.In essi occorre limitare anche la presenza di sostanze incrostanti (residui carboniosi, misurati dall'indice di Conradson) che facilitano la formazione di depositi, e di prodotti abrasivi (generalmente indi­cati con il termine di ceneri). Queste ultime possono derivare sia dall’introduzione accidentale di prodotti minerali, sia dall’uso di sali metallici per trattamenti precedenti, e procurano usura di tipo abra­sivo negli elementi più delicati dell’apparato di iniezione.Si ricorda, infine, che è importante che i gasoli conservino una buo­na filtrabilità alle basse temperature, onde evitare di otturare il filtro del combustibile per separazione di cristalli di paraffina dalla fase liquida. Questa proprietà è misurata da prove di filtrabilità a diverse temperature e da due indici:— il punto di intorbidimento: temperatura alla quale, durante il raf­

freddamento di un campione di gasolio, cristalli di paraffina in­cominciano ad apparire dispersi nella fase liquida, formando una sospensione che diffonde più luce del liquido iniziale;

— il punto di scorrimento: temperatura alla quale il gasolio ripren­de a scorrere, dopo essere stato portato a temperatura suffi­cientemente bassa da bloccare lo scorrimento delle molecole.

La differenza tra i due valori di temperatura si aggira mediamente sui 3 h- 5 °C. Normalmente il bloccaggio delle linee di alimentazione del combustibile avviene in pratica per temperature più vicine al punto di intorbidimento che a quello di scorrimento.

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[1 4 ] H . V a n G ulick

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Alimentazione combustibile nel motore Otto

Il motore ad accensione comandata utilizza combustibili sufficiente- mente volatili da poter essere premiscelati con l’aria, prima che la combustione venga avviata dallo scoccare di una scintilla fra gli elettrodi della candela di accensione. Il compito del sistema di ali­mentazione è quindi quello di dosare la quantità di combustibile op­portuna per ottenere, con l’aria aspirata, il rapporto di miscela desi­derato sull’intero campo d'impiego del motore. Funzione non se­condaria è quella di omogeneizzare i due fluidi in modo che la com­bustione della carica possa avvenire nel modo più celere e comple­to possibile.Il rapporto di miscela richiesto da un motore ad accensione per scintilla varia, in una certa misura, con le sue condizioni di funzio­namento. In generale si può dire che, a parità di regime di rotazione e di apertura della farfalla, è possibile individuare (vedere Figura 7.1) un valore ottimo di rapporto aria-combustibile (miscela legger­mente ricca) per il quale si ha la massima potenza, ed un valore diverso (miscela abbastanza povera) per il quale si ha il massimo rendimento (minimo consumo specifico). Il discorso può poi essere generalizzato nel senso che, per qualunque effetto che si vuole otti­mizzare (minima emissione di incombusti, minimo CO, minimi NOx, ecc.), può essere determinato (vedere Figura 12.2) un valore ap­propriato di rapporto di miscela, in genere diverso da caso a caso.A seconda delle condizioni di funzionamento, occorrerà perciò cer­care un compromesso fra le varie esigenze, scegliendo quel valore di a che assicura i risultati più interessanti. Ne scende che, per cia­scun punto del campo di funzionamento del motore (ossia per cia­scuna coppia di valori: n,pme) è possibile stabilire, mediando fra le varie esigenze, il valore di ricchezza più indicato che il sistema di alimentazione deve fornire.Schematizzando il problema, si può dire che attualmente si presen­tano due tipiche situazioni:1. il caso di un motore la cui alimentazione può essere regolata in base alle esigenze di buone prestazioni e consumi contenuti, men­tre dal punto di vista della qualità dei gas scaricati sono sufficienti i risultati ottenuti controllando l’alimentazione e la combustione;

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2. quello di un motore soggetto a limitazioni di legge relative al­le emissioni allo scarico così stringenti, da imporre l’uso di metodi di depurazione dei gas combusti, dopo che essi hanno lasciato il cilindro.La Figura 7.2 mostra l’andamento tipico del rapporto aria/combusti­bile per un motore del primo tipo, nel piano di funzionamento: regi­mi di rotazione-carichi. Si può allora notare come, a parità di carico, ai bassi regimi, per aumentare la velocità di propagazione del fron­te di fiamma e rendere più stabile il funzionamento del motore (mi­gliore coppia di spunto), convenga tenere una miscela un po' ricca. Il valore di a può poi tranquillamente essere aumentato al crescere di n, fin oltre il regime di massima coppia, in modo da non rende­re eccessivi i consumi. Esso dovrà però tornare a diminuire, ai numeri di giri più elevati, poiché allora le esigenze di consumo pas­sano in secondo piano, prevalendo invece quelle di massima po­tenza ottenibile.A regime costante, al variare del carico, il rapporto di miscela ri­chiesto risulta mediamente magro per i valori intermedi (carico di crociera), per tendere ad arricchirsi andando sia verso le condizioni di piena ammissione (elevata potenza), sia verso quelle di minimo.

RAPPORTO D’EQUIVALENZA <)>

1,4 1,3 1,2 1,1 1,0 0,9 0,8

10 12 14 a s 16 18

RAPPORTO DI MISCELA a

oOOLLoLLIQ.<Z>

a>2Oo

20

T 40

38 „ £ ET LU

36 ÌO_i0oI- 2LU

- 34

a2LU

32 CC

Figura 7.1 - Andamento tipico de ll’influenza esercitata dal rapporto di miscela: sulla potenza sviluppata da un motore ad accensione comandata, sul consumo di combustibile e sul rendimento globale.

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Figura 7.2 - Piano quotato rappresentante l ’andamento del rapportoaria/combustibile, in funzione della Pm (ossia del carico) e del regime di rotazione, per un tipico motore ad accensione comandata per autovettura (cilindrata 2 dm3, ad aspirazione naturale, privo di dispositivi anti- inquinamento a base di marmitte catalitiche).

I

ËLLLi-LLI<ÛLU5LUZococoLUOCQ.

REGIME DI ROTAZIONE [giri/s]

Quando infatti ¡1 motore funziona al minimo (senza carico), la farfal­la è praticamente chiusa. La pressione nel condotto di aspirazione è dell’ordine di grandezza di 0,02 * 0,04 MPa. La pressione dei gas di scarico, invece, non è sensibilmente influenzata dalla posizione della farfalla e la loro massa, presente nel cilindro alla fine della corsa di espulsione, tende a rimanere quasi costante in tutte le con­dizioni di funzionamento. Al minimo la massa di gas freschi intro­dotta è molto minore di quella corrispondente al funzionamento a piena apertura e perciò la proporzione dei gas combusti presenti nella carica è molto più grande. A causa della maggiore presenza di questi gas inerti, la combustione risulta più lenta. E quindi neces­sario arricchire leggermente la miscela, per fare in modo che il mo­tore conservi una buona capacità di ripresa.Man mano che si apre la farfalla, le differenze di pressione diventano minori e la diluizione della miscela con i gas di scarico si riduce, per cui il rapporto di miscela richiesto può gradualmente smagrirsi. Al regi­me di crociera, è fondamentale ottenere la massima economia di combustibile, perciò è desiderabile che il sistema di alimentazione forni­sca una miscela con rapporto prossimo a quello di minimo consumo.Ai regimi di elevata potenza, i motori richiedono una miscela più ricca. È logico, infatti, che il rapporto di equivalenza si avvicini a quello di massima potenza, ma altre ragioni intervengono a spinge­re verso questo arricchimento. In queste condizioni, infatti, è neces­sario fare in modo di contenere il flusso di calore verso le parti ter­micamente più sollecitate della camera di combustione. Arricchen­do la miscela, si abbassa la temperatura della fiamma e perciò si

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2,0

REGIME DI ROTAZIONE [giri/s]

Figura 7.3 - Piano quotato rappresentante l'andamento del rapporto aria/combustibile, in funzione della pme (ossia del carico) e del regime di rotazione, per un tipico motore ad accensione comandata per autovettura (cilindrata: 2 dm3, turbosovralimentato e dotato di dispositivi anti-inquinamento a base di marmitte catalitiche).

riducono i pericoli di danneggiamento di questi organi, mentre i pro­blemi di consumo qui diventano secondari. Altro scopo da raggiun­gere è quello di allontanare il pericolo di detonazione che, special- mente nei motori veloci, può avere delle conseguenze molto gravi. Arricchendo la miscela oltre il rapporto stechiometrico, si riduce la temperatura della fiamma e quindi il rischio di detonazione.Nel secondo caso prospettato, il rapporto di miscela con cui il moto­re deve essere alimentato è imposto principalmente dalla tecnica di abbattimento delle emissioni adottata allo scarico. La soluzione at­tualmente più promettente da questo punto di vista (vedere il para­grafo 12.4) è quella basata sull’uso di marmitte con catalizzatore trivalente (capace, cioè, di agire su: CO, HC e NOx contemporane­amente). Il campo di ricchezze, entro il quale questo catalizzatore può svolgere la sua azione in maniera efficace, è molto stretto at­torno al rapporto di miscela stechiometrico (vedere Figura 12.13). Ne deriva che in un motore che adotta questo sistema di abbatti­mento delle emissioni allo scarico, l'impianto di alimentazione do­vrà garantire su buona parte del piano di funzionamento una misce­la stechiometrica, come mostrato nel diagramma di Figura 7.3. Solo nella zona di potenza, che non viene utilizzata nel caso di im­piego urbano, si potranno adottare miscele ricche per rendere le prestazioni più brillanti ed evitare i problemi di detonazione.

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7.2Carburatoreelementare

Figura 7.4 - Organi essenziali costituenti un carburatore elementare: diffusore a forma di ugello convergente- divergente, polverizzatore con getto dosatore del combustibile, vaschetta a livello costante, valvola a farfalla perlaregolazione del carico del motore.

Nel concludere questo paragrafo, si ricorda, infine, che in un motore ad accensione comandata, il compito di preparare una miscela di caratteristiche tali da soddisfare le varie esigenze su tutto il suo campo di funzionamento può essere affidato ad un carburatore o ad un gruppo d’iniezione.

Nel tipo tradizionale di sistema di alimentazione per un motore ad accensione comandata, il carburatore è l’organo a cui spetta il compito di:1. dosare la quantità di combustibile in modo da ottenere il rapporto di miscela richiesto per quelle particolari condizioni di funzionamen­to del motore;2. favorire la miscelazione del carburante con l’aria aspirata e la sua successiva evaporazione. Questa funzione di omogeneizzazio­ne della carica viene poi completata nel condotto ed attraverso la valvola di aspirazione.Date le complesse esigenze degli attuali motori da questi punti di vista, il carburatore è diventato un organo sempre più complicato, costituito da un gruppo di sistemi che funzionano singolarmente o contemporaneamente, per assicurare in ogni condizione il deside­rato rapporto di miscela. Svariate sono le soluzioni costruttive, però nei tipi più largamente diffusi viene sfruttato lo stesso principio fisico. Si usa, cioè, la portata d’aria aspirata dal motore come la

Aaria n©

Diffusore

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7.3Dosaturadelcarburatoreelementare

principale grandezza per controllare ¡I rapporto di miscela, utilizzan­do la depressione da essa prodotta nella sezione ristretta del con­dotto di passaggio, per richiamare e dosare il carburante.Un carburatore elementare di questo tipo è quindi costituito dai se­guenti organi essenziali (Figura 7.4):1. un diffusore, formato da un ugello convergente-divergente, nella cui sezione ristretta si genera ia depressione necessaria per il richia­mo del carburante. Il diametro di gola dell’ugello dovrà essere tale da creare una depressione sufficiente per aspirare il combustibile, an­che quando il motore è alimentato con una piccola portata d'aria, senza produrre d’altra parte un’eccessiva perdita di carico a piena potenza;2. un polverizzatore, ossia un condotto che porta nella sezione ri­stretta del diffusore il carburante, preventivamente dosato dal getto di controllo della portata;3. una vaschetta in cui il livello del carburante è mantenuto costan­te, tramite un galleggiante che agisce su di una valvola conica di intercettazione della portata di combustibile dal serbatoio. Sì ottie­ne, così, il risultato di mantenere costante il carico idrostatico sul getto, sottraendolo ad esempio: alle variazioni di livello del combu­stibile nel serbatoio, al valore della pressione della pompa di man­data, ai cambiamenti di assetto del carburatore, ecc.4. una valvola di regolazione della massa di miscela aspirata dal motore. Questa è solitamente del tipo a farfalla ed è posta a valle degli organi principali del carburatore appena descritti. Strozzando il collettore di ammissione, essa fa variare \ e quindi regola il carico del motore.

Un carburatore di questo tipo è detto a passaggi fissi od automati­co, perché non possiede alcun organo meccanico mobile che vari la dosatura della carburazione principale, che risulta determinata dalla geometria delle aree di passaggio e dalla portata d’aria aspi­rata dal motore. Pur essendo questo il tipo più usato in campo auto­mobilistico, non mancano esempi di carburatori di tipo diverso (ad esempio per motocicli, a cui si accennerà nel paragrafo 7.8).

Anche quando il motore funziona a carico e regime costante, il flusso attraverso il carburatore può risultare più o meno instaziona­rio, come conseguenza delle aspirazioni dei singoli cilindri. Gli in­tervalli di tempo con cui queste ultime si succedono sono però in genere piccoli (t = 1/(2«) = 10msad« = 50 giri/s), rispetto ai tempi caratteristici delle condizioni di moto dei due fluidi interessati, per cui si ritiene normalmente di poter simulare i flussi attraverso un carburatore come quasi-stazionari.Le prestazioni di un carburatore elementare (del tipo mostrato in Figura 7.4) possono allora essere calcolate mediante le classiche equazioni, che regolano il flusso di fluidi (comprimibili e non) attra­verso sezioni di area fissa e senza apprezzabile scambio di calore.

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Facendo uso dei seguenti indici:a = aria; c = combustibile; 0 = condizioni di ristagno;1 = sezione a monte; 2 = sezione di gola;

per la portata di combustibile (che può essere considerato un fluido incomprimibile) l'equazione di Bernoulli dà:

m c = AcCc72pc Apc 7-1

mentre per l’aria, pur di introdurre il fattore di comprimibilità <PC (ve­dere: A-7 e Figura A .3), l’espressione della portata può essere espressa in termini formalmente simili:

ma — AgCaOc J 2 poi Apa 7-2

dove Cc e Ca rappresentano i coefficienti di efflusso delle sezioni di controllo (quelle di area minima: A 0 e A J della portata di combusti- bile e di aria rispettivamente. Essi sono definiti come rapporto fra la portata in massa effettiva e quella ideale che passerebbe in condi­zioni adiabatiche reversibili e con velocità uniforme su tutta la se­zione trasversale di riferimento: A c ed A a (vedere: A-9).Il coefficiente di efflusso dipende: dalla forma della sezione di pas­saggio, dalle caratteristiche del fluido e dalla velocità nella sezione minima. Per fori simili, ossia della stessa forma (ad esempio circo­lare), ma di diverse dimensioni, si può dimostrare che C è funzione del solo numero di Reynolds (Re = u p d / n), purché le velocità nella sezione ristretta siano sufficientemente minori della velocità del suono (ad esempio: il numero di Mach sia minore di 0,7).In condizioni di regime decisamente turbolento (ossia per alti valori di Re), quali si verificano praticamente per il moto dell’aria, il coeffi­ciente di efflusso Ca tende ad essere costante con Re, dipendendo solo dalla forma della sezione di passaggio. Il moto del combu­stibile, invece, nelle condizioni di normale utilizzo del carburato­re, risulta prevalentemente di tipo laminare, per cui Cc aumenta al crescere di Re* (vedere Figura 7.5), nel campo di valori di pratico interesse.Infine, il fattore <5C (fattore di comprimibilità) che compare nella 7-2 tiene conto del fatto che, al diminuire della pressione nella sezione ristretta dell’ugello (ossia al crescere di A l a velocità di efflusso aumenta. Essendo però il fluido comprimibile, diminuisce corri­spondentemente la densità dell’aria nella sezione di gola. La ma potrà perciò essere calcolata ancora con un’espressione formal­mente identica a quella valida per fluidi incomprimibili (facendo rife­rimento alla densità di ristagno nella sezione a monte p01), pur di correggerne il risultato tramite il fattore Oc, che tiene conto degli ef­fetti di comprimibilità (vedere A-8). La sua dipendenza dalla depressione nella sezione ristretta e dalle caratteristiche del fluido

* Finché non si sono raggiunte le condizioni decisamente turbolente, al crescere di Re diminuisce l’importanza relativa dello strato limite.

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Figura 7.5- Tipico andamento del coefficiente di efflusso del getto principale del circuito del combustibile, in funzione del numero di Reynolds (Re = uc pc 4/hJ, che definisce le caratteristiche del flusso (i valori delle ascisse devono essere moltiplicati per 103; essi variano tra 0 e 104)

(k = cp / cj) è illustrata per l’aria (k = 1,4) in Figura A.3. Si può al­lora notare come, per piccole depressioni (Apa / pOÌ < 0,04), <J>C si scosti poco da 1 (<J>0 > 0,98), ma il suo valore decresca rapidamen­te per depressioni maggiori, fino ad assumere il suo valore minimo (<5C* = 0,705) quando nella sezione ristretta si raggiunge la veloci­tà del suono (Ap * l p m = 0,472). Il rapporto di equivalenza della mi­scela ottenuta (cj> = as / a) si otterrà dividendo la 7-1 per la 7-2:

a = “ i = f f ì L 7.3a Oc Aa Ca ¥ poi V Apa

Per valutare le variazioni di dosatura della miscela fornita da un carburatore elementare, al crescere della massa d’aria aspirata dal motore, occorre tener presente che normalmente la vaschetta di un carburatore è collegata con una presa dinamica di pressione (ve­dere Figura 7.4) alla regione a monte del diffusore. Per questo mo­tivo, la pressione che agisce sulla superficie libera del combustibile nella vaschetta, è pari alla pressione di ristagno pm, che determina il moto dell’aria nel diffusore.Per ragioni pratiche, poi, generalmente si tiene la sezione di sbocco del polverizzatore ad un livello leggermente superiore (Ax = 5+10 mm; vedere Figura 7.4) a quello del liquido nella vaschetta. In que­sto modo, infatti, si evita che il carburante possa traboccare per ef­fetto della gravità a motore fermo, consumando combustibile, inqui­nando e creando pericoli di incendio.Ne deriva che Apc risulta uguale a Apa diminuita della differenza di pressione necessaria a sollevare il combustibile del tratto Ax ed a vincere la tensione superficiale del liquido all’uscita dello spruzza-

NUMERO DI REYNOLDS: Re / 103

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tore. Indicata la somma di questi ultimi due termini con Apd (valore tipico Apd = 0,1 kPa), si potrà porre:

A pc = Apa-àpe 7-4

e quindi la 7-3 diventa:

CC g Ct 8 A c Cc

a <1>C Aa Ca V1 _

Apa7-5

Dall’esame di questa relazione, si vede innanzitutto che il carbura­tore elementare fornisce una miscela la cui ricchezza è inversa­mente proporzionale a Vp01. Per questo, al variare delle condizioni ambientali, una diminuzione della densità dell’aria (dovuta ad un aumento di temperatura o ad un abbassamento della pressione ambiente) comporta un arricchimento della miscela aria-combusti­bile. Il fenomeno è particolarmente sentito per i motori destinati a lavorare in quota (specialmente quelli per aeromobili), perché si ri­scontra una diminuzione della massa volumica dell’aria di circa il 9% per ogni suo aumento di 1000 m rispetto al livello del mare. Nei moderni carburatori è quindi generalmente prevista una compensa­zione* del rapporto di miscela in funzione delle condizioni ambien­tali (sentite attraverso una capsula barometrica).Per la presenza deH'ultimo termine della 7-5, $ risulta nullo per le piccole portate d’aria, finché Apa non arriva a superare Apd, dopo di che <|) cresce molto rapidamente, fino alla completa attenuazione di questo effetto, raggiunta quando Apa diventa piccolo in confronto a Apa. Se ne deduce quindi che il carburatore elementare di Figura 7.4 non è in grado di permettere al motore di funzionare con piccole portate d’aria (ossia al minimo). Un particolare dispositivo dovrà perciò essere aggiunto per poter ottenere un corretto rapporto di miscela anche in queste condizioni.Quando poi la portata d’aria aspirata incomincia a crescere, l’ultimo termine della 7-5 tende rapidamente ad 1 (Ap6 « Apa), per cui le variazioni di <)> sono influenzate principalmente daH’andamento dei coefficienti Cc e 4>c. L’aumento già discusso di Cc (Figura 7.5) e la diminuzione di 4>c (Figura A.3) sono responsabili della tendenza del carburatore elementare a fornire una miscela sempre più ricca al crescere del carico (Figura 7.6). Quest’ ultimo viene comunemente espresso come rapporto ma / ma*, tra la portata d’aria effettivamen­te aspirata dal motore e quella sonica che passerebbe attraverso la sezione ristretta del diffusore, calcolabile (per la 7-2) mediante la relazione:

* Questa può essere realizzata secondo principi diversi, tra cui si ricorda la variazione: della pressio­ne agente sulla vaschetta, della sezione dei getti dell’aria di diluizione, di quella di un getto ausiliario per il combustibile, della portata d’aria che non attraversa il diffusore, ecc.

m * = 0, 705Aa Ca - f i poi 0, 472p0,7-6

- 0, 484A a Ca -J 2 Poi Poi

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In funzione di questo rapporto, la Figura 7.6 riporta (linea continua) il tipico andamento del rapporto di equivalenza fornito dal getto principale. In un carburatore completo occorrerà perciò contrastare anche questa tendenza all’arricchimento della miscela ai carichi medio-alti del motore, con opportuni interventi di correzione.

7.4Circuito del minimo

Dalla discussione del paragrafo precedente, risulta che il carbura­tore elementare non è in grado di soddisfare le complesse esigen­ze degli attuali motori, per cui esso richiede l’aggiunta di oppor­tuni gruppi che ne migliorino le prestazioni. In particolare, al mini­mo, il getto normale non permette al motore di funzionare, perciò si deve ricorrere ad un dispositivo supplementare (denominato cir­cuito dei minimo), per effettuare una corretta carburazione della miscela.In queste condizioni, la valvola a farfalla è quasi chiusa. Il condotto di aspirazione a valle di essa è quindi soggetto ad una forte depres­sione, che può essere opportunamente sfruttata allo scopo. Il cir­cuito del minimo è costituito anzitutto (Figura 7.7) da un getto sup­plementare (getto dei minimo GJ, che deriva benzina: dal circuito principale (a valle del getto principale G) e prende allora il nome di getto minimo derivato (Figura 7.7), oppure direttamente dalla va­schetta (getto minimo indipendente).Una presa d’aria supplementare*, proveniente dal foro tarato Gam, contribuisce alla formazione di una emulsione benzina-aria che è

Figura 7.6 - Tipicoandamento, in funzione della depressione nel diffusore (misurata dal quoziente tra la portata d'aria aspirata e quella sonica), del rapporto di equivalenza della miscela formata: dal getto principale di una carburatore (linea continua); dal getto del minimo (lineatratteggiata); dall'intervento di entrambi i circuiti (linea a tratto e punto)___________

aLLI

13 m &— OT Dmootr < o i— ec O a.CL<cc

PORTATA D’ARIA ASPIRATA m jm *

* Essa serve anche ad interrompere il sifone che si formerebbe nel canale del minimo quando il foro di erogazione (1) è al di sotto del livello vaschetta (carburatori invertiti).

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Figura 7.7 - Schema di circuito per la marcia al minimo: Gam = gotto aria del minimo; Gm = getto carburante del minimo:G = getto principale del carburante;1 = foro uscita miscela del minimo;2 = foro di progressione;3 = vite registro miscela del minimo;4 = vite registro apertura valvola a farfalla.

portata attraverso un apposito canale al foro (1), la cui sezione di passaggio è regolabile per mezzo della vite di registro della miscela al minimo (3), a punta conica. Con il motore al minimo è forte la depressione a valle della farfalla, per cui una massa regolabile di emulsione benzina-aria viene aspirata attraverso il foro (1). La vite (4) fissa poi la posizione di minima apertura della farfalla, ossia la quantità d’aria introdotta nel cilindro al minimo, determinando di conseguenza il regime di rotazione a vuoto.Con la farfalla in questa posizione, il rapporto di miscela fornito dal circuito del minimo è piuttosto ricco ((¡) = 1,0 + 1,2), per poter ga­rantire al motore il necessario sostentamento, nonostante l’alta per­centuale di residui del ciclo precedente presenti nel cilindro. Al cre­scere deH’apertura della farfalla, le portate d’aria aspirate attraver­so il carburatore aumentano, ma di solito sono ancora troppo picco­le per realizzare un consistente richiamo di benzina attraverso il getto principale. D’altra parte, la benzina erogata dal foro (1) tende a diminuire, perché cala la depressione a valle della farfalla. Dato il contemporaneo aumento della quantità d’aria introdotta, la carbu­razione tenderebbe a smagrirsi eccessivamente (vedere linea trat­teggiata in Figura 7.6), se fosse affidata al solo foro (1 ).Per evitare questo inconveniente e permettere un regolare aumen­to di velocità angolare del motore,.a partire dal regime minimo, si fa affidamento sui fori di progressione (indicati con (2) in Figura 7.8), che vengono ad affacciarsi al bordo della farfalla e si portano nella zona dove è massima la velocità della corrente d’aria. Su di essi si esercita quindi una depressione che provoca il richiamo di ulteriore

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Progressione innesco del circuito principale

Figura 7.8 - Schematizzazione della fase di passaggio dalla marcia al minimo a quella normale (progressione): 1 = foro uscita miscela del minimo; 2= foro di progressione; F= valvola a farfalla; D= diffusore; S= spruzzatore.

carburante, determinando così un corretto aumento della quantità di benzina aspirata, in proporzione all’aumento di portata d’aria.Si noti che questi fori, nel passare dalla marcia al minimo alla fase di progressione, invertono la propria funzione, perché smagriscono la carburazione al minimo, aspirando aria a monte della farfalla, mentre l’arricchiscono in progressione, erogando benzina. Si può quindi capire l’estrema importanza della loro collocazione, perché con uno spostamento di pochi decimi di millimetro possono passa­re da un’azione dì smagrimento ad una di arricchimento. La loro posizione rispetto alla farfalla viene quindi curata con particolare at­tenzione nella messa a punto e nella costruzione dei carburatori, mediante appropriati mezzi di lavorazione e di controllo.

7.5Correzionedellaricchezza fornita dal circuito principale

Nel campo delle portate d’aria medie ed alte, si tratta poi di contra­stare la tendenza del carburatore elementare (vedere il paragrafo 7.3) a fornire una miscela progressivamente sempre più ricca, al crescere della massa aspirata. Allo scopo, si possono adottare vari artifici:1. Getto compensatore. Questo sistema consiste nel suddividere la portata di combustibile fra due getti (Figura 7.9):a) quello principale Gp, aspirato, ossia normalmente soggetto alla

depressione che regna nella sezione ristretta del diffusore ed erogante la portata (per la 7.1 e 7.4):

mc C c 2 pc ( A p a A p d )

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crescente con ApB più rapidamente di ma, per le ragioni già dette al paragrafo 7.3;

b) quello compensatore Gc che sbocca nel pozzetto P, soggetto nella parte superiore alla stessa pressione di ristagno deH’aria pa0 che regna sul pelo libero della vaschetta e comunicante con la sezione ristretta del diffusore. Per piccolissimi valori di Apa, il battente liquido su Gc vale z p < z, tuttavia già per piccole porta­te d’aria aspirate (bassi Apa), a causa della sezione relativa­mente grande dello spruzzatore S, il pozzetto P si svuota ed il battente su Gc diventa z = cost., per cui la portata erogata sarà:

m c = A'c C'c pc / 2 c z

Poiché essa si mantiene costante al crescere di ma (Gc non sente Apa), la miscela formata dal getto compensatore sarà tanto più po­vera quanto più grande è la portata d’aria aspirata. Attraverso un’opportuna scelta del peso relativo dei due getti (ossia del rap­porto tra le relative sezioni Ac IA C'), si potrà mantenere la ricchezza della miscela globale al valore desiderato.2. Aria supplementare. La miscela aria-combustibile viene dosata in modo corretto per le medie-basse portate d’aria, e smagrita al crescere di ma, facendo sì che una parte dell’aria non attraversi il diffusore, ma sia aspirata da una luce a valle di esso. La depressio­ne che si esercita sul getto principale, viene così ridotta ed aggiu­stata ad un valore tale da ottenere il rapporto di miscela voluto. At­tualmente, però, il sistema non presenta, molte applicazioni, per­ché richiede la presenza di organi in movimento (valvola di smagri-

Figura 7.9 - Schema del sistema a getto compensatore per correggere la tendenza all’arricchimento della miscela formata da un carburatore elementare, al crescere del carico:Gc = getto compensatore; Gr = getto principale aspirato;P = pozzetto compensatore soggetto alla pressione di ristagno deH’aria p!ta S = spruzzatore; z = battente liquido su G e

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Figura 7.10- Principio di funzionamento del sistema a diluizione del combustibile con aria per smagrire la miscela ai carichi medi ed alti:D = diffusore;F = valvola a farfalla;G = getto principale del carburante;Gì = getto aria freno;S = spruzzatore; T = tubetto emulsionatore;V = vaschetta a livello costante.

mento con luce di passaggio regolata, ad esempio, dalla depressio­ne prodotta dal motore), che tendono a stararsi col tempo.3. Diluizione con aria. A differenza del sistema a getto compensato- re, questa soluzione (Figura 7.10) usa un solo getto (G) per il com­bustibile ed un pozzetto (P) comunicante con l’atmosfera attraverso un foro tarato (Gf = getto aria freno), che limita la quantità di aria aspirata nel pozzetto. Essa viene emulsionata con il combustibile, insieme al quale passa nel tubetto spruzzatore (S) ed è aspirata dalla depressione nel diffusore. Quando il carico aumenta, il flusso d’aria richiamato attraverso Gf aumenta, riducendo la differenza di pressione sotto la quale il combustibile defluisce attraverso il getto (G), che non è più soggetto all’intera depressione Apc. Più è grande la sezione di Gf e maggiore sarà il progressivo smagrimento prodot­to sulla miscela, rispetto alla caratteristica del carburatore elementare.Si ottiene così il duplice vantaggio di correggere la tendenza della miscela ad arricchirsi e di favorire la vaporizzazione del carburante, perché dallo spruzzatore viene aspirato non più liquido, ma una emulsione di aria e benzina. Il progressivo intervento di questo get­to d’aria nel circuito benzina è dosato dai diametri e dalla posizione dei fori laterali del tubetto emulsionatore (T). Per basse depressioni nel pozzetto, l’aria o non entra affatto, od entra solo dai fori alti del tubetto. Con il progressivo aumento del carico, l’aria di emulsione verrà aspirata anche dai fori laterali più bassi. Da questo si capisce come la foratura laterale del tubetto, insieme al diametro del getto aria freno, condizioni la correzione apportata alla carburazione. Questo sistema è attualmente il più usato perché è altamente affi-

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dabile e stabile nel funzionamento, non utilizzando variazioni delle sezioni di passaggio dei fluidi, inoltre contribuisce efficacemente ad omogeneizzare la miscela aria/combustibile formata.

Figura 7.11 - Dispositivo di arricchimento della miscela all’avviamento, ottenuto aumentando la depressione nel diffusore principale attraverso la chiusura con valvola a farfalla della sezione d’entrata.D = diffusore,F = farfalla principale,Fs = farfalla starter,M = molla calibrata,S = spruzzatore.

7.6Dispositivisupplementari

Dispositivo inserito: motore freddo.

Dispositivo escluso: motore caldo.

Un carburatore completo, oltre agli organi finora esaminati, presen­ta in genere dispositivi supplementari per risolvere specifiche esi­genze. In particolare, all’atto deW’awiamento a freddo, il motore ri­chiede una miscela molto ricca, perché la benzina che arriva nel condotto tende a condensare ed a depositarsi sotto forma di gocce sulle pareti del collettore di aspirazione, invece di vaporizzare e mescolarsi omogeneamente con l’aria aspirata dal motore.Per ottenere un pronto avvio ed un corretto funzionamento durante il periodo di riscaldamento del motore, il carburatore deve essere munito di un apposito dispositivo (starter), la cui azione può essere basata su due diversi principi:1. arricchimento del circuito principale di carburazione, ottenuto aumentando la depressione nello spruzzatore attraverso l’ostruzio­ne dell’entrata principale dell’aria nel carburatore. Secondo lo sche­ma di Figura 7.11, questo si può ottenere con la chiusura della far­falla eccentrica Fs, disposta a monte del diffusore e la contempora­nea leggera apertura della farfalla principale F tramite un sistema di leve. La depressione prodotta dall'aspirazione del motore risulta così estesa al diffusore ed allo spruzzatore principale, che eroga quindi una miscela più ricca.La farfalla Fs è poi collegata alla propria leva di comando non rigi­damente, ma attraverso la molla calibrata M. Ad avviamento av­

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Figura 7.12- Dispositivo di arricchimento delia miscela a ll’avviamento, ottenuto mediante un circuito di carburazione indipendente. F = farfalla principale,

venuto, infatti, quando il motore aumenta il regime di rotazione (a causa del suo progressivo riscaldamento), la depressione sul­lo spruzzatore accresce, rischiando di produrre un eccessivo ar­ricchimento della miscela. Contemporaneamente, però, aumenta sulla farfalla Fs (appositamente montata eccentrica sul proprio al­berino) una coppia che ne provoca una progressiva apertura au­tomatica.2. ricorso ad un circuito di carburazione indipendente, specifico per l’avviamento. Nello schema di Figura 7.12, esso viene alimentato direttamente dalla vaschetta attraverso l’apposito getto starter Gs ed è utilizzabile con la farfalla in posizione di minimo, mediante un comando proprio agente sulla valvola (3). Quando questa si apre, la depressione generata dal motore sotto farfalla si propaga alla ri­serva carburante (4) ed al getto Gs, attraverso il quale viene aspi­rata benzina dalla vaschetta ed emulsionata con aria.In questo modo, le dimensioni del getto aria di avviamento (2) tara­no la quantità d’aria aspirata dal motore, mentre la carburazione è mantenuta adeguatamente ricca dall’emulsione proveniente dal ca­nale (1). Nello schema di Figura 7.12 è mostrata una valvola di ot­turazione semplice, però il sistema può essere migliorato dotandolo di una a funzionamento progressivo, che permetta di graduare l’in­serzione del dispositivo.Confrontando i due sistemi dì avviamento, si può affermare che il primo si presta meglio ad un funzionamento automatico, sia perché la farfalla di avviamento si apre automaticamente con l’aumento del regime del motore, sia perché è più facile inserire un comando ter­mostatico che apra la farfalla al crescere della temperatura del mo-

awiamento,3 = valvola di avviamento,

V = vaschetta,1 = canale miscela di avviamento,

Gs = getto starter,

2 = getto aria di

F4 = pozzetto perriservaavviamento.

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Figura 7.13 - Schema di dispositivo di avviamento a freddo automatico:B = molla aspiralebimetallica,D = diaframma, F = farfalla principale,Fs = farfalla starter,M = molla antagonista del diaframma D,R = riscaldatore della molla bimetallica B,S = smagritore pneumatico.

tore. Il secondo è invece più vantaggioso in impianti a più condotti, nei quali si può ridurre il numero dei circuiti di avviamento e sempli­ficarne il comando.Per rendere più facile la guida della vettura ed evitare che il disposi­tivo di avviamento venga usato non correttamente o venga lasciato inserito anche dopo che il motore ha raggiunto la temperatura di regime, esso può essere reso automatico. Ciò è ottenuto mediante un organo sensibile alla temperatura (lamina bimetallica o capsula ad espansione), che a motore freddo provvede all’inserzione dello starter (del 1° o del 2° tipo). L’esclusione del circuito viene provoca­ta dal riscaldamento dell’organo sensibile alla temperatura, me­diante l'aria riscaldata dal collettore di scarico, l’acqua di raffredda­mento del motore od una resistenza elettrica inserita nel circuito di accensione (Figura 7.13).Un problema specifico si pone pure allatto della brusca accelera­zione, quando cioè si apre prontamente la valvola a farfalla, con lo scopo di avere un rapido aumento della coppia motrice. In questo caso, infatti, il combustibile segue con ritardo l’aumento della porta­ta d’aria, perché, a causa della sua maggiore densità e della diffe­renza di percorso, presenta un’inerzia più grande. Per di più, all' apertura della farfalla, la miscela che riempiva il condotto di aspira­zione si porta improvvisamente ad una pressione maggiore, per cui il carburante tende a condensare e a depositarsi sulle pareti.Per entrambi i motivi il motore viene alimentato con miscela troppo povera, per cui anziché accelerare viene a mancare. Va ricordato

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Figura 7.14 - Schema di pompa di ripresa del tipo a stantuffo per l'arricchimento della miscela all’atto della bruscaaccelerazione:F = valvola a farfalla,G p = getto pompa di ripresa,Gsc = getto scarico pompa,Sp = stantuffo pompa,V = vaschetta,Va = valvola d'aspirazione,V„, = valvola di mandata,1 = asta pompa,2 = molla pompa,3 = leva comando pompa.

Figura 7.15 - Schema di pompa di ripresa del tipo a membrana per l'arricchimento della miscela all’atto della bruscaaccelerazione:F = valvola a farfalla,G p = getto pompa di ripresa,G so = getto scarico pompa, M 9 = membrana della pompa,V„ = valvola d’aspirazione,Vm = valvola di mandata,1 = leva di comando della pompa,2 = molla pompa,3 = molla di ritorno pompa,4 = camma,5 = rullo.

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7.7Carburatorecompleto

che, con il carburatore a diluizione con aria (vedere Figura 7.10), il pozzetto di emulsione riduce questo inconveniente, perché l’aria proveniente dal getto freno G„ attraversa i fori laterali del tubetto emulsionatore T e solleva un po' più prontamente la benzina verso il diffusore. Di qui l’importanza della messa a punto del pozzetto di emulsione sulla qualità della ripresa.In genere, però, questo effetto non appare sufficiente, per cui oc­corre intervenire con dispositivi speciali (pompe di ripresa), atti ad arricchire momentaneamente la carica. Solitamente, si usano pom­pe a comando meccanico del tipo a stantuffo o a membrana. La Figura 7.14 ne mostra una del primo tipo. Aprendo la farfalla, lo stantuffo Sp viene spinto verso il basso dalla molla (2) e comprime il carburante nel relativo cilindro. Si chiude perciò la valvola di aspira­zione Vz ed il carburante, attraverso la valvola di mandata Vm, viene spruzzato dal getto pompa Gp nel condotto di carburazione princi­pale, mentre una parte ritorna in vaschetta attraverso il getto scari­co pompa Gsc. Alla successiva chiusura della farfalla, lo stantuffo viene sollevato, con compressione della molla (2) ed aspirazione del carburante da Va e Gsc.Nello schema di Figura 7.15, una membrana flessibile Mp sostitui­sce lo stantuffo, ma il principio di funzionamento resta immutato. Quest’ultima soluzione è talvolta preferita alla prima, per la maggio­re semplicità e sicurezza di tenuta. Se la valvola a farfalla è aperta lentamente, il combustibile si scarica attraverso Gsc e non vi è inie­zione nel condotto.

In un carburatore completo intervengono i più comuni dispositivi fondamentali esaminati in precedenza, insieme ad alcune partico­larità costruttive richieste dalle specifiche applicazioni.Un primo criterio di classificazione si basa sul l'orientamento del­l’asse del condotto principale, che a sua volta impone la direzione di moto della miscela gassosa, distinguendo i carburatori in (Figu­ra 7.16):1. invertiti: con asse del condotto principale verticale ed entrata dell’aria dall’alto;2. verticali: con asse del condotto verticale ed ingresso aria dal basso;3. orizzontali: con asse del condotto principale orizzontale;4. inclinati: con asse del condotto inclinato sull’orizzontale, secon­do diverse angolazioni.Il tipo più comunemente adottato è certamente il primo, poiché ri­sulta ben accessibile e favorisce l’omogeneità della miscela e l’uni­formità di alimentazione tra i vari cilindri. Lo spray di benzina da esso erogato, infatti, cade naturalmente per gravità verso il cilindro, mantenendosi in sospensione in seno alla corrente aspirata, anche nel caso di basse velocità.Il tipo verticale, un tempo molto usato perché evita (nel caso di ali­mentazione molto ricca) l’arrivo di liquido nel cilindro, è attualmente

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N I ! t

Figura 7.16 - Classificazione dei carburatori in base alla direzione dell’asse del condotto principale:1 = invertito: asse verticale ed ingresso aria dall’alto; 2 = verticale diritto con ingresso aria dal basso;3 = orizzontale con asse del condotto principale orizzontale.

abbandonato, perché risulta poco accessibile e presenta avviamenti a freddo difficoltosi. I tipi orizzontali ed inclinati trovano applicazione in quei casi in cui è importante ridurre l’ingombro in altezza del moto­re, mentre si ha una maggiore disponibilità laterale di spazio.Per migliorarne le prestazioni, si tende poi ad adottare più carbura­tori sullo stesso motore, in modo che ognuno alimenti un gruppo limitato di cilindri (al limite uno solo). In questo modo, si migliora il coefficiente di riempimento e si ottiene una dosatura più corretta, nonché una più uniforme ripartizione della miscela fra i cilindri.

Figura 7.17 - Schemi di applicazione di un carburatore a doppio corpo ad un motore a quattro tempi con quattro cilindri in linea:a - carburatore orizzontale con apertura sincrona delle farfalle, in modo che ciascun corpo alimenta due cilindri;b - carburatore invertito con apertura differenziata delle farfalle: entrambi i corpi alimentano contemporaneamente tutti e quattro i cilindri.

o o o o

a) Apertura farfalle sincrona b) Apertura farfalle differenziata

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Figura 7.18- Schema di carburatore a doppio corpo con comando pneumatico per l'apertura differenziata delle farfalle:1 = condotto di trasferimento della depressione dal diffusore D al diaframma P;A = leva acceleratore solidale con la farfalla primaria F,;L, = leva folle di consenso per l ’apertura della farfallasecondaria F^L 2 = leva solidale con la farfalla F2 ed azionata dal diaframma P; M = molla di contrasto del diaframma P.

Per questo scopo, si possono usare più carburatori ad un solo cor­po (monocorpi), ma più spesso, per ragioni di semplicità e sicurez­za, si riuniscono più condotti in un unico gruppo (pluricorpi) per po­terli alimentare con una sola vaschetta. In particolare, i pluricorpi più comuni sono i carburatori a doppio corpo, che si suddividono in due categorie ben distinte (vedere Figura 7.17):1. nei due condotti le farfalle si aprono simultaneamente ed ali­mentano ciascuna un gruppo diverso di cilindri con una miscela della medesima dosatura (vedere anche la Tavola 21). Si ottiene così una semplificazione (riduzione delle diramazioni) ed una ab­breviazione dei condotti di aspirazione, con evidenti vantaggi di riempimento ed uniformità di alimentazione.2. nei due condotti le farfalle si aprono in modo differenziato, ossia prima la farfalla del condotto primario e successivamente, quando la prima è già aperta per circa i 2/3, incomincia ad entrare in funzio­ne anche la seconda. Il comando differenziato può essere ottenuto sia per via meccanica (mediante un sistema di leve) che per via pneumatica (con un diaframma azionato dalla depressione nel con­dotto primario: vedere Figura 7.18). Con questi carburatori si ali­menta uno stesso gruppo di cilindri, fornendo loro una dosatura re­lativamente magra (data dal primo corpo), per il funzionamento a motore parzializzato ed una ricca (preparata dal secondo corpo) per le massime potenze.La Figura 7.19 mostra, infine, la vista e le sezioni principali di un carburatore doppio corpo, con apertura differenziata delle farfalle, nella sua effettiva realizzazione. Si può notare come esso com­prenda i componenti di base fino ad ora descritti, con alcune modifi-

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Figura 7.19 - Vista e sezioni principali dì un tipico carburatore a doppio corpo (diametro condotti: 32 mm e 34 mm, ad apertura differenziata) applicabile a motori disposti siatrasversalmentechelongitudinalmente sulla vettura. La prima sezione mostra i principali organi del circuito principale:A = tubetto emulsionatore,B = vite freno aria,C = centratore,D = getto principale,E = valvola piena potenza. La seconda sezione illustra gli elementi del circuito del minimo:A = boccola aria minimo,B = getto del minimo,C = intercettatore minimo,D = canale del mìnimo,E = vite registro miscela minimo.

Intercettatore del minimo / cut off

Farfalla avviamento

Pompaaccelerazione

| Modulo starter semiautomatico con / riscaldamento della spirale termostatica / ad acqua e/o elettrico

Capsula pneumatica aperture 2° condotto

Comando valvola a farfalla principale

Circuito principale

A B

Circuito minimo

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che nella realizzazione pratica dei vari passaggi per i fluidi, suggeri­te da ragioni di fattibilità e di facilità di messa a punto.Fra l’altro, però, si può osservare che a differenza di quanto visto per il carburatore elementare mostrato in Figura 7.3, l’emulsione di benzina esce dallo spruzzatore in un diffusore ausiliario C, detto comunemente centratore di miscela*, attraversato soltanto da una parte dell’aria aspirata dal motore. Lo scopo di questo diffusore supplementare, che sbocca in corrispondenza della sezione ristret­ta di quello principale, è di creare forti depressioni per il richiamo dell’emulsione di benzina e quindi migliorarne la polverizzazione, anche ai bassi carichi. Si possono così ottenere elevate velocità dell’aria nel piccolo diffusore, senza sottoporre l’intera portata aspi­rata a grosse perdite di carico, che pregiudicherebbero il riempi­mento a piena ammissione.Inoltre, gli ugelli che regolano il passaggio del carburante e dell'aria di diluizione sono realizzati in maniera tale da potere essere facil­mente asportati e sostituiti in caso di usura, oppure intercambian con altri di differenti dimensioni, per ottenere una diversa messa a punto della carburazione.Il carburatore di Figura 7.19 mostra anche la presenza di un’elet­trovalvola che agisce da intercettatrice del minimo, per impedire che il motore continui a funzionare per autoaccensione, per qual­che ciclo dopo che è stata tolta tensione alla candela, e per ridurre l’inquinamento prodotto nella fase di brusca decelerazione. Esso costituisce un esempio dei dispositivi di natura elettrica che negli ultimi tempi si sono sempre più comunemente imposti negli attuali carburatori, fino ai gruppi elettronici di controllo del funzionamento al minimo o degli altri circuiti di carburazione. Di norma [16], questi utilizzano un microprocessore per trattare le informazioni raccolte da sonde e captatori (di temperatura, velocità di rotazione, posizio­ne farfalla, ecc.) e comandare degli attuatori agenti sulle sezioni di passaggio dei fluidi, in modo da controllare con maggior precisione le caratteristiche della miscela prodotta.

A parità di portata d’aria aspirata, le dimensioni del diffusore in­fluenzano la depressione Apa prodotta nella sua sezione ristretta, che viene utilizzata per aspirare il carburante. Più essa è elevata e migliore è la polverizzazione del combustibile, mentre peggiore ri­sulta il riempimento del cilindro. Per stabilire le dimensioni ottimali del diffusore, occorre quindi fissare innanzitutto il valore di depres­sione desiderato (mediamente Apa = 0,06 + 0,10 pa), trovando un compromesso tra l’esigenza di un elevato riempimento e quella di una buona polverizzazione.Da un punto di vista fluidodinamico, i migliori risultati [6] si ottengo­no con un profilo ben raccordato (vedere Figura 7.20), avente un

* Esso viene riportato schematicamente anche nella maggior parte delle figure di questo capitolo.

7.8Sceltadelledimensioni delle principali sezioni di controllo dei flussi

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Figura 7.20 - Esempio tipico di diffusore per carburatore orizzontale, avente diametro minimo (di gola) pah a 29 mm. AH’aumentare di quest'ultimo, migliora il coefficiente di riempimento e quindi cresce la potenza massima del motore, a scapito della omogeneizzazione della miscela ai bassi giri (peggiore ripresa).

A

angolo del tratto convergente di circa 30° ed uno di 7° per il diver­gente, ma ragioni d’ingombro possono imporre valori un po’ supe­riori. Il diametro minimo (di gola) del diffusore può poi essere rica­vato in base alla relazione 7-2:

ma = AaCa®cV2 p01 Apa 7-2

dopo aver calcolato la portata d’aria aspirata dal motore nelle con­dizioni di massima potenza:

ma = Ày p a Vn / e 7-8

ed aver valutato (in base al Aj\ fissato) il valore di <3>c, tramite il grafico di Figura A.3. Il coefficiente d’efflusso del diffusore Ca potrà essere ricavato da curve sperimentali fornite dai costruttori di car­buratori (talvolta inclusive deH’ingombro offerto dallo spruzzatore e dal centratore di miscela) oppure da valori generali relativi al com­portamento fluidodinamico di un condotto convergente-divergente in regime decisamente turbolento (valori tipici: Ca = 0,96 + 0,98).Essendo note tutte le altre grandezze, dalla 7-2 si potrà allora rica­vare il valore della effettiva sezione di controllo del flusso dell’aria Aa, che (eventualmente maggiorata del 10-15% per tener conto

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Figura 7.21 - Diagramma pratico per la scelta del diametro minimo del diffusore di un carburatore monocorpo (invertito od orizzontale) per motore a quattro tempi (con quattro cilindri ad aspirazione naturale), in funzione della cilindrata totale e del regime di massima potenza (ossia della portata in massa di aria aspirata).

CILINDRATA TOTALE [dm3]

dell’ingombro offerto dallo spruzzatore e dal centratore di miscela) permette di risalire al diametro di gola del diffusore*.Spesso, per facilitare la scelta del diffusore più adatto, senza dover ricorrere a calcoli laboriosi, i costruttori di carburatori forniscono an­che diagrammi del tipo di quello di Figura 7.21, nei quali si dà diret­tamente il diametro dm in funzione della cilindrata totale (la quale, fissati \ ed n, risulta proporzionale ad m j. Al valore maggio­re suggerito corrisponderanno le minime perdite di carico e quindi la massima potenza del motore. Spostandosi verso il diametro mi­nore, si sacrificherà un po' la potenza massima, ma si migliorerà la polverizzazione del combustibile (specialmente ai carichi interme­di), con conseguente miglioramento delle prestazioni del motore in utilizzazione ed in fase di accelerazione.

* Esempio: motore a quattro tempi: V = 1 dm3; \ = 0,78; a n = 85 giri/s (5100 giri/min).mB = 0,78 -1,21 • 0,001 • 85/2 = 0,04 kg/sRe = u p d l i i = 100 • 1,21 - 20- 10 3 / (18 - 10 6) » 135.000

— per Apa = 0,10 />a = 10,13 kPa: è ®c = 0,94 e C„ = 0,98; dalla 7-2 si ottiene quindi: Aa = 268 mm2, da cui A a/0,9 = 299 mm2 e dm = 19 mm.

— per Apa = 0,06 p g = 6,078 kPa: è <ì>c= 0,97 e C„ = 0,98; dalla 7-2 si ottiene quindi: Aa = 342 mm2, da cui A J0,9 = 380 mm2 e dm = 22 mm.

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Figura 7.22 - Diagramma pratico per la scelta del diametro del getto carburante del circuito principale, in funzione del diametro minimo del diffusore di un carburatore monocorpo (invertito od orizzontale) per motore a quattro tempi (con quattro cilindri ad aspirazione naturale). A l bordo di sinistra dell’area tratteggiata corrisponde un miscela leggermente magra, mentre avvicinandosi a quello di destra si ottiene una miscela sempre più ricca.

EE,niococoZ)u.

LUoooc

<D

DIAMETRO GETTO PRINCIPALE [mm]

Passando al circuito benzina, ci si limiterà qui a considerare il pro­blema della scelta del getto principale, il quale determina la ricchez­za della miscela. Dalla 7-5, infatti, fissato il combustibile (pc ed a s) ed il rapporto di equivalenza <|> desiderato, valutato il coefficiente d’ef­flusso Cc tramite una relazione sperimentale del tipo di quella ripor­tata in Figura 7.4, si ricava il rapporto Ac / Aa, che costituisce l’unica incognita rimasta. Risulta così possibile determinare il diametro del getto principale, in rapporto a quello minimo del diffusore*.Anche in questo caso, per evitare i calcoli, ci si può avvalere di gra­fici del tipo mostrato in Figura 7.22, che suggeriscono immediata­mente un campo di possibili diametri, in funzione di quello di par­

* Un valore tipico di Re per il combustibile è:Re = u d / v = 5- 0,001 / (0,65 • 10-6) » 8000, da cui: Cc = 0,87.

Con i dati dell’esempio precedente: A pa = 0,06 pa » Àpd; <I>C = 0,97; Ca = 0,98; A a = 342 mm2; dm = 22 mm; risolvendo la 7-5, si ha:— per <(> = 0,9: A J A t = 0,9 (0,97 /„14,6) (0,98 / 0,87)

V 1,21 / 740 = 0,0027; Ac = 0,9234 mm2; d = 1,08 mm

— per ()> = 1,2: A J A a = 0,0036; Ac = 1,2312 mm2;

d = 1,25 m

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tenza del diffusore. La scelta definitiva andrà poi sempre fatta in base alle verifiche sperimentali, effettuate partendo dal valore mag­giore (miscela ricca), diminuito gradualmente, fino ad ottenere lo smagrimento desiderato.Dal punto di vista realizzativo, occorre poi tener presente che il get­to principale dovrà essere montato in posizione facilmente accessi­bile (vedere Figura 7.23), per facilitarne la manutenzione e la sosti­tuzione, ed inoltre dovrà mantenersi sempre annegato nel combu­stibile, onde evitare il deposito su di esso di lacche o vernici (in se­guito ad evaporazione delle frazioni più volatili), che altererebbero la sezione di controllo della portata di benzina.

7.9Carburatori a diffusore variabile

Finora sono stati considerati solo carburatori con valvola regolatrice della potenza del tipo a farfalla, detti automatici, perché non possie­dono alcun organo meccanico mobile che vari la dosatura della car­burazione principale. Pur essendo questo il tipo più usato per motori d’autovettura, trovano impiego anche carburatori di tipo diverso.Vi sono, ad esempio, carburatori a diffusore variabile, in genere costituito da un condotto cilindrico più o meno ostruibile, per mezzo di una valvola cilindrica, con asse trasversale al condotto. Questo sistema ha lo scopo di ottenere nel diffusore velocità sempre eleva­te, anche a bassa potenza, quando piccola è la portata d’aria aspi­rata. L'alta velocità dell’aria rende le depressioni di aspirazione del­la benzina nel diffusore pure sempre elevate e quindi più facile e pronta l'erogazione della benzina.Viene però a mancare l’elemento di dosatura automatica della car­burazione. Le forti depressioni creerebbero miscele molto ricche a

Figura 7.23 - Esempi di possibili collocazioni del getto principale del carburante: a - è montato su di un porta-getto, b - è avvitato sul corpo del carburatore in posizione facilmente accessibile, c - è coassiale al tubetto emulsionatore.

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Figura 7.24 - Schema del circuito di alimentazione del carburante:1- filtro aria,2- carburatore,3- valvola a farfalla,4- collettore di aspirazione,5- serbatoio del carburante,6- filtro in aspirazione,7- albero a camme,8- pompa di alimentazione meccanica.

piccole aperture del diffusore, con portate d’aria basse. Si prowede allora a dosare la benzina ostruendo il polverizzatore con uno spillo conico, che deve adattare l’efflusso di benzina alla riduzione di por­tata d’aria operata dalla valvola cilindrica. Questa relazione è natu­ralmente da verificare per ogni apertura della valvola e poi da man­tenere esattamente nella produzione di serie, lavorando con la massima precisione gli spilli conici di taratura ed il loro riferimento alla valvola ed al polverizzatore.Di questi carburatori a diffusore variabile esistono due tipi principali. In quello più semplice, usato nella produzione motociclistica, la val­vola cilindrica del diffusore variabile è comandata manualmente dal pilota e serve anche a graduare la potenza sviluppata dal motore (vedere Tavola 22).Il secondo sistema, invece, impiegato anche nel campo automobili­stico (specialmente inglese), consiste in un carburatore munito di farfalla gas normale, comandata dal pilota per regolare la potenza. In esso è però presente, anteriormente alla farfalla gas, anche una valvola cilindrica trasversale al diffusore, comandata automatica- mente dalla depressione esistente sotto la medesima valvola, in modo da mantenerla il più possibile costante.All’atto della ripresa, si apre bruscamente la valvola a farfalla, ma la valvola cilindrica anteriore si alza soltanto quando il motore è salito di regime ed ha creato una sufficiente depressione sotto la valvola automatica del diffusore variabile. In conclusione, la benzina viene aspirata meglio dalla depressione sempre esistente sotto la valvo-

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la, ma l’apertura completa di tutto il condotto miscela awiene in ri­tardo, con naturale conseguente ritardo nella ripresa del motore.

• j jQ II circuito di alimentazione prowede a portare il combustibile dal serbatoioIl "r1 r r ‘to al caft )uratore (vedere Figura 7.24). La prevalenza necessaria per vincereIl arcuilo eventuali dislivelli geodetici e le perdite fluidodinamiche, è fornita da unadel pompa. Questa è solitamente del tipo a membrana, per ragioni di sempli-COmbustibile dtà, di costo e di sicurezza. La portata erogata deve essere sempre so­

vrabbondante (3+4 volte il consumo del motore) e la pressione media­mente pari a 0,02+0,03 MPa.La Figura 7.25 mostra le sezioni di due esempi classici di pompa di alimentazione:a) pompa a comando meccanico, in cui il piattello che serra le

membrane (5) e (6) è azionato dalla leva (2), mossa dall’eccen­trico dell’albero a camme del motore. La camera d’aria (9) ser­ve a stabilizzare la pressione, assorbendone le oscillazioni do­vute al funzionamento pulsante. La molla (4) è tarata in modo da escludere la mandata quando la pressione nel circuito a val­le raggiunge il massimo valore previsto (la leva (2) continua a muoversi a vuoto, scorrendo lungo lo stelo (3)).

b) pompa elettrica, in cui lo stantuffo S viene spinto verso l’alto (corsa di mandata) dalla molla tarata (4), mentre il richiamo av­viene attraverso il campo magnetico generato dalla bobina B (eccitata quando lo stantuffo ha raggiunto il punto morto supe­riore e provocato la chiusura del contatto C).

Figura 7.25 - Pompa di alimentazione del carburante: a - di tipo meccanico, b - di tipo elettrico: 1 - eccentrico dell'albero a camme, 2 - leva di comando, 3 - stelo, 4 - molla regolatrice della pressione di mandata, 5 - 6- doppia membrana di tenuta deI pompante, 7 - valvola di aspirazione, 8 - valvola di mandata, 9 - camera d ’aria, B - bobina elettrica, C - contatti circuito, M - magnete permanente, S - stantuffo pompante.

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Figura 7.26 - Schema per il ricircolo del carburante, onde eliminare i vapori formatisi nel circuito:1- arrivo carburante dalla pompa,2- ritorno del carburante al serbatoio,3- strozzatura,4- valvola a spillo,A- ventilazione della vaschetta,G- galleggiante, V- vaschetta.

Il disegno del circuito di alimentazione deve essere tale da evitare la formazione di «tamponi di vapore» (vapour iock). Quando, infatti, in un punto del circuito (condotti, pompa, ecc.) la temperatura del combustibile raggiunge un valore tale che la sua tensione di vapore uguaglia la pressione nell’impianto, si ha una rapida formazione di vapore, che può portare ad una seria diminuzione della portata di combustibile (con conseguente mancamento del motore per ali­mentazione insufficiente) o, addirittura, all’arresto del flusso (con il disinnesco della pompa). Oltre ad usare una benzina con un limite superiore alla tensione di vapore (vedere il paragrafo 6.7), ad evi­tare un eccessivo riscaldamento dei componenti del circuito e la

Figura 7.27 - Valvola a spillo conico per il controllodell'ingresso della benzina nella vaschetta del carburatore:1- sede della valvola, 2- spillo a punta conica, 3- mollaammortizzatore,4- sfera, 5-gancio di trascinamento.

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7.11Distribuzione della miscela fra i cilindri

presenza di brusche restrizioni al flusso, si è trovato molto con­veniente prevedere un ricircolo del carburante, secondo lo sche­ma di Figura 7.26. Gli eventuali emboli di vapore prodottisi nel sistema vengono così inviati al serbatoio attraverso la linea di ritorno.Per evitare, infine, che le oscillazioni trasmesse dal galleggiante del carburatore portino ad un forzamento dello spillo conico sulla pro­pria sede, si può adottare un ammortizzatore (sfera + molla: vedere Figura 7.27) per la valvola d'ingresso benzina. Spesso conviene far trascinare lo spillo dal galleggiante (mediante il gancio 5), per evi­tare inceppamenti dovuti ad impurità o depositi di gomme o lacche. In alcune soluzioni, si possono adottare spilli con il cono di tenuta in materiale non metallico (ad esempio gomma sintetica), per miglio­rarne la durata e la tenuta.

La miscela che esce dal carburatore è costituita da uno spray, in cui una piccola parte della benzina è evaporata, ma sono ancora presenti molte goccioline fini ed una quantità spesso considerevole di gocce di maggiori dimensioni. Queste ultime sono sempre più importanti quando la velocità dell’aria nel diffusore si abbassa, per il diminuire dei giri del motore.La condizione della miscela nei vari cilindri dipende dalla velocità del fluido, dalla geometria dei condotti (diametro, gomiti, dirama­zioni) e dal calore che riceve lungo il percorso. Tutti questi fattori debbono contribuire a rendere la distribuzione della miscela la più omogenea possibile fra i vari cilindri, risultato estremamente diffici­le da conseguire quando un solo carburatore ne alimenta più uno.Per questo, si cerca di mantenere basso il numero di cilindri serviti da un solo corpo di carburatore, tendendo a limitarlo al valore di due. Nonostante questo accorgimento, risulta indispensabile agire sui fattori ricordati in precedenza, per contenere le disuniformità entro limiti accettabili.Per quanto riguarda la velocità del fluido nei condotti di aspirazione, si è già visto che essa non deve essere eccessivamente elevata (nelle condizioni di massimo regime e pieno carico: um < 80 + 100 m/s), per non avere eccessive perdite di carico e quindi valori sca­denti di riempimento. Per garantire un’accettabile uniformità nella distribuzione della miscela, occorre invece che essa non scenda, nelle condizioni più sfavorevoli (carichi ridotti e marcia al minimo), al di sotto di valori sufficienti a mantenere in sospensione le parti- celle di maggiori dimensioni presenti nella miscela (Hm > 10 m/s).Questo fatto pone anche un limite superiore per il diametro del con­dotto di aspirazione, in contrasto con le condizioni di buon riempi­mento, che inducono ad utilizzare i diametri di maggiori dimensioni possibili. Per quanto riguarda più in generale la geometria dei con­dotti di aspirazione, occorre, al momento della loro progettazione, cercare di evitare la presenza di gomiti molto stretti, in quanto il flusso, bruscamente deviato, dà origine ad un aumento di pressio­

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ne in corrispondenza della superficie esterna e ad una depressione all’interno (Figura 7.28). Si ha quindi la tendenza a formazioni di vor­tici (distacco di vena fluida dalla parete) nelle zone in cui si verifica un recupero di pressione (tratto B D all’esterno e C -E all’interno della curva). Se la corrente fluida porta in sospensione delle gocce di combustibile, avendo queste una più elevata densità rispetto alla fase gassosa, a causa della maggiore inerzia tendono a distribuirsi in modo disuniforme sulla sezione trasversale del condotto di uscita.Analoghe disuniformità possono avere altre origini, come, ad esempio, la presenza della valvola a farfalla per la regolazione del carico del motore. Quando una corrente fluida con gocce di combu­stibile ripartite in maniera disuguale nella sezione del condotto, arri­va ad una diramazione, provoca inevitabilmente un’alimentazione disuniforme fra ì cilindri interessati. Tutti questi problemi risultano naturalmente ridotti nel caso in cui si garantisca un giusto riscalda­mento della miscela (senza eccedere, però, per non diminuire trop­po Àv), che ne assicuri la quasi completa vaporizzazione prima di

Angolo di deviazioni?,

= 90°

D E

~ s w \v K \\v

Zone di ricircolazione

B C D E

SVILUPPO PARETE CONTORNO

Figura 7.28 - Sezione longitudinale di un condotto con angolo di deviazione di 90°. Vengono rappresentate: le linee di flusso e le relative zone di ricircolazione (con distacco di vena dalla parete) e l ’andamento delle pressioni statiche lungo le superfici del contorno.

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giungere alle diramazioni. Questo si può ottenere riscaldando il condotto di aspirazione con l’acqua o l’aria di raffreddamento del motore, oppure utilizzando il calore irradiato dai tubi di scarico.

7.12L’iniezione di combustibile nel motore Otto

Il compito di dosare la quantità di combustibile opportuna per ottene­re il rapporto di miscela richiesto dal motore ad accensione coman­data, può essere affidato anche ad un sistema di iniezione. Questa tecnica si è sviluppata successivamente alla carburazione, per cui risulta naturale presentarla mettendola a confronto con la prima.In generale, si può dire che il carburatore ha conseguito migliora­menti continui, nello sforzo di soddisfare le sempre più complesse esigenze dei motori, grazie all’utilizzo delle tecnologie più avanza­te, inclusa quella del controllo elettronico. Tuttavia, alcuni suoi limiti sono ben evidenti:— produce perdite di pressione in aspirazione, perché sfrutta

l’energia dell’aria per far funzionare i suoi complessi circuiti;— presenta un’inerzia della massa liquida in moto troppo elevata,

per poter seguire bene in transitorio le esigenze del motore o del sistema di abbattimento delle emissioni allo scarico;

— incontra difficoltà a dosare la quantità di combustibile necessa­ria, in funzione di un elevato numero di variabili operative.

Il sistema di iniezione permette invece di:— migliorare la potenza specifica del motore, come conseguenza

di un più elevato riempimento del cilindro;— seguire da vicino la dinamica dei transitori, perché lavora su vo­

lumi di combustibile molto piccoli;— dosare con precisione e ripetibilità la quantità di combustibile

da iniettare, tenendo contò praticamente di tutte le grandezze che possono richiederne un’eventuale variazione.

Schematicamente, si potrebbe quindi riassumere la situazione at­tuale nei termini che seguono. Il sistema di alimentazione ad inie­zione di benzina consente di ottenere i seguenti vantaggi:1. migliore controllo del rapporto aria/combustibile in tutte le condi­zioni di funzionamento e maggiore uniformità nella distribuzione della miscela fra i vari cilindri, con gli evidenti benefici effetti su: a) consumi di combustibile; b) prestazioni (potenza massima e ripre­sa); c) qualità dei gas scaricati;2. più elevato coefficiente di riempimento, come conseguenza di minori perdite di carico e più contenuto riscaldamento nel condotto di aspirazione;3. più bassa richiesta ottanica, a causa dei più brevi tempi a dispo­sizione perché avvengano reazioni chimiche nella miscela. Questo fatto permette un più alto rapporto di compressione o l’uso di un combustibile di più basso numero di ottano.

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Per contro, si devono ricordare i seguenti svantaggi:1. peggiore omogeneizzazione della carica (il carburatore dosa peggio, ma miscela meglio i vapori di combustibile con l’aria);2. maggior costo di realizzazione dell’impianto;3. maggiore complessità e quindi aumento dei problemi di assi­stenza e messa a punto.I vari sistemi di iniezione per motori ad accensione comandata pos­sono essere classificati partendo da diversi punti di vista. I parame­tri più comunemente usati sono:a) la posizione in cui il carburante viene iniettato in seno all’aria

aspirata dal motore, distinguendosi così:— l’iniezione diretta, se essa viene effettuata nella camera di

combustione del cilindro,— l’iniezione indiretta, se ha luogo nel collettore di aspirazione,

in posizione più o meno vicina alla valvola;b) la natura dei dispositivi che regolano la quantità di combustibile

che deve essere iniettata, in base alla quale si ha:— Yiniezione meccanica, quando una pompa trascinata mec­

canicamente dal motore manda in pressione il carburante e dosa il volume spruzzato attraverso un iniettore ad apertura automatica;

— l’iniezione elettronica, quando le funzioni di: dosaggio, rego­lazione, ed iniezione sono parzialmente o totalmente pilota­te da un gruppo elettronico;

c) il criterio adottato per garantire che ciascun cilindro venga ali­mentato in modo uniforme e ripetitivo con il rapporto di miscela richiesto, differenziando così:— i sistemi a punti multipli, caratterizzati dalla presenza di tan­

ti iniettori quanti sono i cilindri, ciascuno dei quali fornisce la quantità di combustibile che va ad alimentare un singolo cilindro;

— i sistemi a punto singolo, in cui il carburante, per semplificare la configurazione deH'impianto, è dosato per tutti i cilindri da un solo iniettore, posto generalmente all’inizio del collettore di aspirazione a monte della valvola a farfalla, nella stessa posizione in cui potrebbe essere collocato il carburatore.

d) la fasatura dell’iniezione rispetto al ciclo che si svolge nel cilin­dro, che porta a distinguere:— l’iniezione continua, in cui il carburante è iniettato ininterrot­

tamente in prossimità della valvola d’aspirazione e, per circa tre quarti del ciclo, è momentaneamente accumulato, men­tre per il restante quarto entra direttamente nel cilindro du­rante il processo d’aspirazione;

— l’iniezione intermittente, la quale, tenuto presente che la sua durata va da un minimo di 10° di manovella (ai bassi carichi e giri) ad un massimo di 300° (a pieno carico e massimo regime), può essere a sua volta:

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1. simultanea, quando gli iniettori funzionano nello stesso in­tervallo di tempo, richiedendo così un solo ordine da parte della centrale di controllo. La totalità del combustibile neces­saria per carburare l’aria aspirata in un ciclo, può essere iniettata in una sola volta (un’iniezione ogni due giri, nel quat­tro tempi) od in due (un’iniezione ogni giro).2. per gruppi d’iniettori (per esempio due gruppi di tre iniet­tori, nel caso di motore a sei cilindri) che operano simultane­amente, semplificando così il sistema di controllo;3. sequenziale, se tutti gli iniettori sono azionati successiva­mente in un ordine prefissata (quello con cui si susseguono le accensioni nei vari cilindri). Quest’ultima può anche es­sere fasata in modo che la sua durata presenti la medesima tempistica, rispetto al ciclo motore di ciascun cilindro.

e) il tipo di regolazione del sistema di iniezione, che può essere:— ad anello aperto, quando la quantità di combustibile viene

dosata, in base alla portata d’aria aspirata ed ai parame­tri motoristici che possono richiedere variazioni nel rappor­to di miscela, in modo da mantenere quest’ultimo ai valori prefissati;

— ad anello chiuso, in cui lo stesso rapporto di miscela viene rilevato con continuità allo scarico dei cilindri (partendo dalla composizione dei gas combusti) e la differenza tra il valore effettivo e quello desiderato è utilizzata come segnale di re­troazione, per correggere la quantità di combustibile inietta­to, il cui valore potrebbe risultare scorretto per diversi tipi di malfunzionamento del gruppo d’iniezione.

Il sistema di alimentazione per iniezione si è sviluppato inizialmente nel settore dei motori aeronautici, utilizzando gruppi di tipo mecca­nico ispirati chiaramente agli analoghi destinati ai motori Diesel ed iniettando il combustibile direttamente nel cilindro. Successivamen­te, si è trovata più conveniente, per il motore ad accensione co­mandata, l’iniezione indiretta nel collettore di aspirazione, perché: garantisce una migliore omogeneizzazione della carica, sottopone l’iniettore a minori carichi termici e pericoli di sporcamento, permet­te di usare pressioni di iniezione più basse.Dovendo competere con la tecnica più economica della carburazio­ne, ci si è quindi sforzati di ridurre i costi di impianto, adottando pressioni di iniezione sempre più basse e mettendo a punto sistemi di iniezione a punto singolo. La massiccia introduzione della tecno­logia elettronica ha permesso di: migliorare la precisione e la ripeti­bilità della dosatura, ridurre i tempi di risposta nei transitori, aumen­tare sensibilmente il numero dei parametri di controllo della ricchez­za della miscela, facilitare un controllo ad anello chiuso utilizzando la composizione dei gas di scarico come segnale di retroazione, rendere competitivi i costi di impianto e di manutenzione.

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7.13 Sistemi d’iniezione per motori Otto

Tra i vari sistemi d’iniezione, messi a punto per dosare la quantità di combustibile richiesta da un rfiotore ad accensione comandata, ci si limiterà a richiamare in questo paragrafo i principi di funziona­mento di alcuni dei più significativi.

7.13.1 Iniezione elettronica a punti multipli

Un esempio tipico di questo sistema (Bosch L-Jetronic) è illustrato in Figura 7.29. Esso è basato sulla misura diretta della portata d’aria aspirata (anziché limitarsi a rilevare la densità ed i giri come avveniva nei primi impianti), in modo da compensare ogni variazio­ne nelle caratteristiche del motore che si manifestassero col passa­re del tempo (alterazione nella regolazione delle valvole, usure de­gli accoppiamenti, depositi in camera di combustione, ecc.) e da permettere la rjcircolazione dei gas di scarico in aspirazione (vede­re il paragrafo 12.4) per abbassare la temperatura massima di com­bustione (il misuratore sente solo la portata d’aria aspirata).Nello schema riportato in Figura 7.29, quest’ultima è misurata dalla

Figura 7.29 - Schema di un sistema d’iniezione elettronica a punti multipli (Bosch L-Jetronic): 1 - serbatoio, 2 - elettropompa, 3 - filtro, 4 - distributore carburante, 5 - regolatore di pressione, 6 - gruppo elettronico di controllo, 7 - elettroiniettore, 8 - iniettore avviamento a freddo, 9 - vite registrazione minimo, 10 - interruttore sulla farfalla, 11 - valvola a farfalla, 12 - misuratore portata d'aria, 13 - gruppo di relais, 14 - sonda lambda, 15 - sensore temperatura motore, 16 - interruttore termico a tempo, 17- distributore d’accensione, 18 - valvola aria supplementare, 19 - vite regolazione miscela al minimo.

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posizione assunta da una paletta-sonda (inserita tra il filtro dell’aria e la valvola a farfalla), sotto l’azione dinamica del flusso d’aria che l’investe. Un potenziometro collegato con la paletta-sonda, invia alla centralina di controllo un segnale in tensione proporzionale alla portata realmente aspirata. Una soluzione alternativa prevede l’uso di un misuratore di portata a filo caldo (del tipo mostrato nello schema di Figura 7.31).L’elettropompa (2) assicura l’alimentazione del carburante a partire dal serbatoio (1). Il combustibile passa attraverso un filtro fine (3) ed arriva al distributore (4), da cui partono i condotti degli elettro­iniettori. Il regolatore di pressione (5) mantiene nel circuito del liqui­do una differenza di pressione costante (per esempio: 0,3 MPa) ri­spetto al collettore d’aspirazione. In questo modo, la portata degli elettroiniettori non dipende che dal tempo di apertura del loro spillo, che viene stabilito dalla centralina di controllo principalmente sulla base dei segnali di portata d’aria (12) e di numero di giri (17). La massa d’aria introdotta in un cilindro per ciclo, è infatti direttamente

Figura 7.30 - Schema di un sistema d’iniezione meccanica a punti multipli (Bosch K-Jetronic): 1 - serbatoio, 2 - elettropompa, 3 - accumulatore carburante, 4 - filtro, 5 - correttore di riscaldamento, 6 - elettroiniettore, 7 - collettore d’aspirazione, 8 - iniettore avviamento a freddo, 9 - regolatore del­la miscela, 9a - dosatore-distributore del carburante, 9b - regolatore della pressione d'alimentazione, 10 - piattello-sonda, 11 - misuratore portata d'aria, 12 - sonda lambda, 13 - interruttore termico a tempo, 14 - distributore d’accensione, 15 - valvola aria supplementare, 16 - interruttore sulla farfalla, 17 - relais di comando, 18 - gruppo elettronico di comando, 19 - interruttore accensione-avviamento.

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7 .13.2 Iniezione meccanica a punti multipli

proporzionale alla portata in massa aspirata, divisa per il regime di rotazione.Il sensore di temperatura del motore (15), l’interruttore termico a tempo (16) e l’iniettore per l’avviamento a freddo (8) forniscono i segnali necessari per l’arricchimento della miscela all’avviamento a freddo e durante la fase di riscaldamento del motore. L’interruttore sulla farfalla (10) e la valvola aria supplementare (18), assicurano rispettivamente: l’arricchimento a piena potenza e la stabilizzazio­ne del motore al minimo.

I sistemi d’iniezione a comando meccanico s’imposero per primi come gruppi di alimentazione del combustibile per motori ad accen­sione comandata, grazie alla loro robustezza ed affidabilità. Queste caratteristiche, unite al relativamente basso costo, permettono loro di competere tuttora con i sistemi elettronici, pur fornendo presta­zioni meno sofisticate.La Figura 7.30 riporta lo schema di funzionamento di un tipico si­stema d’iniezione a comando meccanico a punti multipli (Bosch K- Jetronic). In esso la quantità d’aria aspirata dal motore viene misu­rata con continuità da un piatto-sonda, che comanda tramite leve meccaniche un dosatore-distributore di carburante. Il sistema non ha alcun legame meccanico con il motore termico, perché l’alimen­tazione del carburante e la sua messa in pressione sono effettuati da una pompa elettrica.II gruppo di controllo del rapporto di miscela è montato nel colletto­re d’aspirazione, tra il filtro dell’aria e la valvola a farfalla. Il misura­tore di portata d’aria è costituito da un piattello-sonda (10) che si muove in un condotto divergente di forma conica, fino a che l’azio­ne dinamica esercitata dall’aria sulla sua faccia inferiore viene equi­librata dalla spinta idraulica che agisce sul pistoncino di controllo del distributore di combustibile. La posizione del piattello misura quindi la portata d’aria che lo investe ed è trasmessa al pistoncino del distributore da una leva meccanica.La parte centrale del dosatore-distributore (9) è costituita da un ci­lindro con delle luci rettangolari, in numero pari a quello degli iniet­tori da alimentare. A valle di ciascuna di queste feritoie dosatrici vi è una valvola differenziale di pressione (9a), la quale mantiene co­stante il salto di pressione (0,01 MPa) a cavallo della luce, al va­riare della portata di combustibile che l’attraversa. Quest’ultima dipende quindi solo dall’area della luce scoperta, ossia dalla posi­zione del pistoncino di controllo, azionato dal piattello che misura la portata d’aria. La quantità di benzina, esattamente dosata, è invia­ta agli iniettori (6) ad apertura automatica (pressione di apertura di circa 0,33 MPa), che iniettano in modo continuo nel collettore d’aspirazione.Per l'avviamento a freddo, un unico elettroiniettore (8) fornisce il supplemento di carburante richiesto. La valvola aria supplementare (15) cortocircuita la farfalla per la regolazione del minimo; mentre il

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correttore di riscaldamento (5), controllato da una lamina bimetalli­ca riscaldata elettricamente, arricchisce la miscela durante la fase di riscaldamento del motore, riducendo la contropressione sul pi- stoncino di controllo, che apre così una maggior luce di passaggio per il carburante, a parità di posizione del pattino-sensore della portata d’aria aspirata.

Questi sistemi vanno considerati nell’ottica della semplificazione iniezione costruttiva e della riduzione dei costi di un impianto d’iniezione,iniezione Specie con l’adozione di un controllo elettronico, è possibile ottene-a punto singolo re un’accettabile dosatura del combustibile anche utilizzando un

solo iniettore, posto nel collettore d’aspirazione a monte della farfal­la, nella posizione che occuperebbe un carburatore.Un esempio tipico di questa soluzione è illustrato in Figura 7.31, che riporta lo schema del sistema Mono-Jetronic Bosch. L’unità d'iniezione raggruppa i componenti principali del sistema: l’iniettore (4), il regolatore di pressione (5), la valvola a farfalla ed il suo inter­ruttore (15), il passaggio addizionale d’aria per la marcia al minimo controllata da valvola rotativa (7), ecc. Il circuito di alimentazione è messo in pressione (per esempio: 0,1 MPa) da una pompa elettrica (1) annegata nel serbatoio (2). Dopo essere passato attraverso il

Figura 7.31 - Schema di un sistema d'iniezione meccanica a punto singolo (Bosch Mono-Jetronic): 1 - elettropompa, 2 - serbatoio, 3 - filtro carburante, 4 - iniettore elettromagnetico, 5 - regolatore di pressione, 7 - regolatore del minimo, 8 - sonda lambda, 10 - gruppo elettronico di comando, 11 - distributore d ’accensione, 12 - sensore di temperatura, 14 - misuratore di portata d ’aria a filo caldo, 15 - potenziometro sulla valvola a farfalla.

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filtro fine (3), il carburante perviene al regolatore di pressione, che ne mantiene costante il salto a cavallo dell’iniettore, in modo che la quantità iniettata sia funzione del solo tempo di apertura.La centralina elettronica di controllo riceve i segnali inviati: dal mi­suratore di portata d’aria, dal distributore d’accensione che misura i giri del motore, dal potenziometro collegato alla valvola a farfalla, dalle sonde rilevanti la temperatura dell’aria aspirata e dell’acqua di raffreddamento. Per il funzionamento normale, essa determina la durata di base dell’iniezione a partire dal segnale di portata d’aria aspirata e di regime di rotazione. Inoltre fornisce le correzioni del rapporto di miscela, corrispondenti a condizioni di funzionamento particolari:— per l’avviamento a freddo, allunga la durata dell’iniezione,— durante il riscaldamento del motore, provoca dei brevi arricchi­

menti della miscela, in funzione della temperatura del motore;— nella condizione di pieno carico, segnalata dal potenziometro

posto sulla farfalla, allunga la durata dell’iniezione conforme­mente alle indicazioni programmate;

— durante la marcia al minimo, tramite un otturatore elettromagne­tico comanda una valvola rotativa, che libera una sezione di pas­saggio più o meno ampia del canale di by-pass della farfalla;

— in accelerazione, arricchisce la miscela in funzione della rapidi­tà di apertura della farfalla e della temperatura del motore.

Si noti che nello schema di Figura 7.31 il misuratore di portata d’aria è del tipo a «filo caldo». In questo caso l’organo sensibile è costituito da un sottile filo di platino, esposto al flusso d’aria aspira­ta e mantenuto a temperatura costante da un circuito elettrico che regola la corrente che lo attraversa e lo riscalda per effetto Joule. Quando, ad esempio, la portata aumenta, il filo tende a raffreddarsi e la sua resistenza elettrica diminuisce. Questo fatto provoca uno squilibrio dei rapporti di tensione in un circuito a ponte. Il gruppo di regolazione allora, reagisce e provoca una correzione, aumentan­do l’intensità della corrente di riscaldamento. Questa grandezza co­stituisce quindi una misura della portata d’aria aspirata dal motore.

Un abbattimento efficace degli inquinanti presenti nei gas di scarico può essere effettuata mediante catalizzatori trivalenti (la cui azione si esercita contemporaneamente su: CO, HC, NOx). Questi richie­dono però (vedere il paragrafo 12.4) che il motore sia alimentato con un rapporto di miscela pari al valore stechiometrico. Siccome i sistemi di regolazione, basati sulla portata d’aria aspirata, non sono in grado di assicurare il rispetto di questa esigenza nei ristretti limiti di tolleranza richiesti, essi vengono integrati con un sensore posto sul condotto di scarico (vedi schemi delle Figure 7.29, 7.30, 7.31), che fornisce un segnale legato alla concentrazione d'ossigeno pre­sente nei gas combusti. Esso agisce come segnale di retroazione nel circuito ad anello chiuso che controlla il rapporto di miscela di alimentazione.

7.14Regolazione della dosatura mediante sonda lambda

Page 303: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

Questo sensore è chiamato sonda lambda perché normalmente l’indice di eccesso d’aria nella miscela combustibile viene rappre­sentata con il simbolo A (vedere 6-10). Si tratta (Figura 7.32) di una cella ad elettrolito solido (a base di ossido di zirconio) che separa due elettrodi di platino spugnoso. Quello esterno è rivestito di uno strato (di spessore di circa 0,1 mm) di ceramica porosa, per proteg­gere il sensore dall’aggressività termica e chimica dei gas di scari­co. L’aria atmosferica raggiunge la superficie dell’elettrodo interno, passando attraverso appositi fori ricavati neH’alloggiamento del sensore; mentre analoghe feritoie, presenti nella camicia metallica di protezione, portano i gas di scarico in contatto con l’elettrodo esterno.La cella separa quindi due miscele gassose (l’aria atmosferica ed i gas combusti), in cui l'ossigeno è presente con diverse pressioni parziali. Agli elettrodi metallici avvengono reazioni elettrochimiche di ossiriduzione dell’ossigeno, mentre suoi ioni trasportano la cor­rente attraverso la cella. Se il motore è alimentato con miscela ric­ca, l’0 2 è praticamente assente dal gas di scarico. L’ossigeno at­mosferico a contatto con l’elettrodo Interno (catodo), per azione ca­talitica del platino, si riduce allora ad O- ' ed è trasportato sotto for­ma ionica, attraverso l’elettrolito solido, fino all’elettrodo esterno (anodo), dove (cedendo elettroni) si ossida ad 0 2 (che passa poi nel condotto di scarico).Si genera così (vedere particolare di Figura 7.32) un campo elettri­co tra le due piastre di platino, fino a che il rapporto tra le pressioni

, parziali dell’0 2 nell’aria interna e nei gas di scarico è molto elevato. Quando Invece l’alimentazione del motore si avvicina al valore ste-

Figura 7.32 - Sezione del condotto di scarico che mostra la struttura di un tipico sensore d’ossigeno (sonda lambda).Il dettaglio illustra le reazioni di ossiriduzione dell’O2 che avvengono agli elettrodi di platino della cella ed il trasporto di corrente attraverso l'elettrolito solido ad opera degli ioni O .

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chiometrico, la pressione parziale di 0 2 nei gas di scarico aumenta di diversi ordini dì grandezza (mediamente 106), sufficienti a ridurre drasticamente la migrazione degli ioni attraverso l’elettrolito solido, e quindi il campo elettrico tra i due elettrodi.Come conseguenza di questi processi elettrochimici, si riesce ad ot­tenere dalla sonda un segnale elettrico utilizzabile come retroazione in un circuito di controllo ad anello chiuso, capace di mantenere l’ali­mentazione del motore intorno al rapporto di miscela stechiometrico, con una tolleranza sufficientemente stretta (vedere Figura 12.13) perché i catalizzatori sullo scarico operino con elevata efficienza.Va poi ricordato che un ruolo importante è pure giocato dalla tem­peratura del corpo ceramico, la quale ne influenza la conducibilità per gli ioni di ossigeno e quindi il segnale in tensione ottenuto (va­lore ottimale di temperatura: circa 600 °C). Inoltre il tempo di rispo­sta del sensore ad una variazione nella composizione della miscela è fortemente influenzato dalla temperatura dell’elettrolito solido. Ne deriva che nelle ultime versioni di sonde lambda, la temperatura della parte ceramica è portata al suo valore ottimale da un ele­mento elettrico riscaldante, in modo da aumentare la stabilità e la prontezza del sensore?

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{

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Iniezione di combustibile nel motore Diesel

8 .fProblematichegenerali

8.1 . 1Esigenze del motore Diesel

I combustibili usati nei motori ad accensione per compressione (Diesel) sono a bassa volatilità, perciò devono essere iniettati diret­tamente nel cilindro sotto forma di un fine spray di goccioline. Gra­zie ad un energico mescolamento con l’aria e ad un’eventuale inte­razione con le pareti calde della camera, queste possono parzial­mente vaporizzare ed essere portate in contatto con l’ossigeno pre­sente nel cilindro.

Il tipo di combustione che si realizza (vedere il paragrafo 10.1.5) richiede un opportuno rapporto aria-combustibile locale, ma non vincola il rapporto di miscela globale, dal momento che la carica non è omogenea. Ne deriva che in questo tipo di motore è possibile regolare il carico nel modo più spontaneo, ossia variando la quan­tità di combustibile iniettato in una massa d’aria, che non dipende dal carico e che cambia solo con il regime di rotazione (benché, in genere, in misura modesta), come conseguenza dei diversi valori del coefficiente di riempimento.Considerando quindi il piano di funzionamento di un tipico motore Diesel (Figura 8.1), si vede che, al crescere della quantità di com­bustibile iniettata, ossia del globale rapporto di equivalenza 4>, la pme del motore aumenta quasi proporzionalmente, mentre il consu­mo specifico di combustibile varia con legge più complessa (vedere la Figura 1.13).All’aumento della pme corrispondono ovviamente carichi meccanici e termici maggiori sugli organi del motore, perché si hanno nel cilin­dro pressioni più elevate e si libera una maggiore quantità di calore per ciclo. Poiché ci si avvicina Inoltre al rapporto di miscela stechio­metrico, aumenta la tendenza del motore ad emettere (vedere il paragrafo 12.5) inquinanti allo scarico (soprattutto particolato).Le prestazioni del Diesel sono quindi limitate superiormente (in ter­mini di massima quantità di combustìbile iniettabile per ciclo), dal­l'intervento di questi tre fattori negativi. La loro azione è spesso so­vrapposta, tuttavia (almeno da un punto di vista schematico) si può

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Figura 8.1 - Tipiche variazioni del rapporto di equivalenza globale raggiunto- nella camera di combustione del motore Diesel (sovralimentato e interrefrigerato), cui s i riferisce il diagramma di Figura 1.13. A ll’aumentare della quantità di combustibile iniettato, la pmo del motore cresce quasi proporzionalmente, fino a raggiungere vettori lim itati da: problemi di inquinamento, sollecitazioni meccaniche e carichi termici sugli organi del motore.

8 .1.2 Funzioni dell’apparato d’iniezione

i---------- •---------- 1---------- 1---------- 1-----------1---------- 1

600 900 1200 1500 1800 2100 2400[giri/min]

VELOCITA DI ROTAZIONE H

dire che la curva superiore della pme è limitata principalmente (Fi­gura 8.1):1. ai bassi regimi (specie se il motore è sovralimentato), dalle emissioni (gassose e particolato) accettabili allo scarico (o regolate per legge);2. ai regimi intermedi (prossimi alla massima coppia), dai carichi meccanici sugli organi del motore;3. ai regimi più elevati (vicini alla massima potenza), dai carichi ter­mici.Il sistema d’iniezione deve soddisfare queste complesse esigenze del motore Diesel, provvedendo a regolarne la potenza erogata, in rapporto alla richiesta dell’utilizzazione.

Esso deve assicurare:1. la dosatura della quantità di combustibile richiesta dal carico e dalla velocità del motore;2. l’uniformità della sua distribuzione per ciascun ciclo a tutti i ci­lindri;3. una fasatura del periodo dell’iniezione ottima per ogni condizio­ne di carico e regime;

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8.7.3Principalisistemid’iniezione

4. una corretta portata di combustibile iniettata in relazione ai gra­dienti di pressione nel cilindro accettabili;5. caratteristiche dello spray (polverizzazione, penetrazione, diffu­sione) atte a conseguire nella particolare camera di combustione un soddisfacente mescolamento con l’aria.Solo svolgendo correttamente queste sue funzioni, l'apparato di iniezione può contribuire sostanzialmente a fare in modo che il combustibile iniettato bruci completamente, permettendo al motore di sviluppare la potenza richiesta e rispettare i limiti prescritti per: consumo di combustibile, rumore generato ed emissioni (di partico­lato e gassose) allo scarico.Si può avere un’idea delle difficoltà incontrate nello svolgere queste funzioni, tenendo presente che le quantità di combustibile da iniet­tare sono in genere molto piccole. Valori tipici sono:— 5 mm3 (al minimo) + 20 mm3 (a pieno carico) per i motori a pre­

camera più piccoli, di 0,3 dm3 di cilindrata unitaria,— 8 - 5 - 4 0 mm3 per i motori ad iniezione diretta di minori alesaggi e

0,5 dm3 di cilindrata unitaria,— 20 + 150 mm3 per i motori sovralimentati per veicoli industriali,

di 1,5 dm3 di cilindrata unitaria.

Le funzioni ricordate in precedenza possono essere variamente ri­partite fra i due organi principali dell’apparato di iniezione:— una pompa volumetrica, che mette in ogni caso il combustibile

in pressione e fornisce la portata necessaria, in modo intermit­tente od uniforme;

— un iniettore ad apertura automatica o comandata, che introduce il combustibile polverizzato nel cilindro.

Gli organi di collegamento, costituiti da tubature, risultano parti non essenziali del sistema ed in alcune soluzioni sono eliminate, realiz­zando un gruppo compatto iniettore-pompa.Fra le varie soluzioni possibili, ci si limita a ricordare le più comuni (Figura 8.2):a) pompa d’iniezione per ciascun cilindro: il gasolio è dosato e

compresso da una pompa d'iniezione che alimenta un solo ci­lindro. La fasatura e la portata di combustibile iniettato sono pure definite dalla pompa; mentre l’iniettore si apre automatica- mente all’arrivo del combustibile sotto pressione, contribuendo principalmente a determinare le caratteristiche dello spray in camera di combustione. Come mostrato in Figura 8.2.a, la pompa deve essere messa in fase con il motore, che la trascina con interposto un eventuale variatore di anticipo, in funzione del regime di rotazione. Il pedale dell’acceleratore, che controlla il carico del motore, agisce anch’esso sulla pompa, variando la quantità di combustibile iniettata per ciclo.

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b) pompa singola con distributore: ¡1 combustibile compresso da una sola pompa, il cui regime di rotazione è adeguato al nume­ro di cilindri da servire, è inviato ai diversi iniettori tramite un distributore. Come nel caso a, normalmente la pompa fornisce: pressione, dosatura, fase e portata d’iniezione. Su di es­sa agisce quindi il sistema di controllo del carico per cambiare la quantità di combustibile iniettata per ciclo, mentre il variatore di fase agisce sul gruppo pompa-distributore sincronamente collegati.

Pompe iniezi' ine

F F PA F

s _otrO—0—

Controllocarico

Fase e carico

ÛO/LAccumulatore

Pompa iniezione

Valvocontropressi

■ a Ilo i Dne

U nO -0-PA F

Pompa inif

Fase

Jistributore , f l Ln n n Controllo carico

Valvo a

Accumulatore

'ompa iniezione - 3

>-g contrd press di

ÜÆrO-0-PA F

Ilone

Figura 8.2 - Schemi dei più comuni sistemi d'iniezione adottabili su di un Diesel a quattro cilindri: a) - pompa d’iniezione per ciascun cilindro, riunite in una sola unità; b) - pompa singola con distributore; c) ■ accumulatore di pressione ed iniettori ad apertura comandata; d) - accumulatore di pressione e distributore. In tutti e quattro i casi il gruppo d’iniezione è alimentato da una pompa PA che preleva il combustibile dal serbatoio S e lo forza ad attraversare più filtri F.

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8.2Soluzionicostruttivespecifiche

8 .2 ? Pompe d’iniezione in linea

c) accumulatore di pressione ed iniettori ad apertura comandata: la pompa fornisce una portata uniforme, superiore alla massima richiesta dal motore e mantiene l’accumulatore sotto pressione. Un comando (generalmente mediante camma) fa aprire lo spillo deH’iniettore, che resta aperto per il tempo necessario perché venga introdotta nel cilindro la quantità di combustibile voluta. Qualche volta lo spillo dell’iniettore agisce anch’esso da pom­pante (sistema Cummins), incrementando ulteriormente la pressione di iniezione (vedere il paragrafo 8.2.3). La pompa non deve essere messa in fase con il motore, perché fase e control­lo del carico sono esercitati dal sistema di comando dello spillo dell’iniettore.

d) accumulatore di pressione e distributore: la pompa mantiene ancora la pressione d’iniezione nell’accumulatore, mentre un di­stributore dosa la quantità di gasolio e la fasatura dell'iniezione, inviando il combustibile agli iniettori ad apertura automatica dei singoli cilindri, all’istante voluto e per il tempo necessario ad iniettare la quantità richiesta dal carico del motore.

In tutti e quattro i casi inoltre, il circuito prevede almeno una pompa di alimentazione, per trasferire il combustibile dal serbatoio all’unità di iniezione, vincendo gli eventuali dislivelli geodetici e le perdite dì carico dovute ai filtri.Poiché il sistema di iniezione ha necessariamente molti accoppia­menti stretti (con giochi dell’ordine dei jxm), sono indispensabili al­cuni filtri. Il combustibile, infatti, contiene piccole quantità di acqua e trasporta in sospensione molte particelle abrasive. Normalmente, si adottano i tre stadi di filtraggio segnati negli schemi di Figura 8.2. Il primo (elimina le particelle più grosse, fino a pochi centesimi di mm) ed il secondo (trattiene le particelle fino a pochi ¡j,m) precedono la pompa di alimentazione, per proteggere anche quest’ultima dal­l’usura. Il terzo elimina dal combustibile le impurità sfuggite ai primi due stadi, prima di immetterlo nell’unità di iniezione.L’eccesso di combustibile inviato dalla pompa di alimentazione e non iniettato (per sopperire alle perdite di riempimento e raffreddareil gruppo d’iniezione) ritorna nel serbatoio.

Gli schemi illustrati al punto precedente hanno poi portato a diverse soluzioni concrete, fra le quali si ricordano quelle attualmente più comuni, perché i dettagli costruttivi sono ovviamente soggetti ad una rapida evoluzione nel tempo.

La Figura 8.3 illustra un esempio di circuito d’iniezione del combu­stibile, basato sull’impiego di una pompa in linea con tanti gruppi pompanti quanti sono i cilindri del motore, riuniti in una sola unità. Questa è la soluzione più comunemente usata per motori pluricilin- drici con potenze dell’ordine dei 30 + 100 kW per cilindro.

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La Tavola 23 mostra poi lo spaccato di un elemento di questo tipo di pompa. In essa una camma, con profilo idoneo a realizzare la legge d’iniezione adatta a quella particolare camera di combustio­ne, aziona una punteria a rullo. Il pompante è vincolato alla punte­ria attraverso un piattello, in modo da poter essere fatto ruotare tra­mite l’asta di regolazione del carico del motore, ingranante con un settore dentato.Quando lo stantuffo si trova al punto morto inferiore, i fori di ingres­so sono scoperti ed il combustibile, mandato dalla pompa di ali­mentazione, riempie il cilindro (vedere Tavola 24). Sotto l’azione della camma, il pompante sale, mantenendo uno stretto accoppia­mento con il cilindro, rispetto al quale garantisce la tenuta, senza richiedere l’interposizione di altri organi, anche alle basse velocità ed alle alte pressioni in gioco. Durante la prima parte della corsa di salita, il pistone fa rifluire nel condotto di alimentazione parte del combustibile presente nel cilindro, fino alla chiusura dei fori di ali-

Figura 8.3 - Impianto d'iniezione per Diesel a quattro cilindri, costituito da: serbatoio del gasolio; pompa di alimentazione a bassa pressione (circa 0,1 MPa); tre stadi di filtraggio; gruppo d ’iniezione formato da quattro pompanti riuniti in una sola unità (pompa «in linea»,); condotti di mandata ad alta pressione (70 + 100 MPa) con relativi iniettori; tubazioni di ritorno del combustibile nel serbatoio.

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mentazione. A partire da questo momento, si ha l'invio del gasolio all’iniettore, poiché l’elevata pressione raggiunta sopra la testa del pompante provoca l’apertura della valvola di mandata.Lo stantuffo ha una forma particolare (vedere Tavola 24) perché presenta sulla superficie cilindrica una scavatura, limitata inferior­mente* da uno spigolo elicoidale che la rende perciò di altezza variabile. Inoltre, un canale longitudinale mantiene permanentemen­te in comunicazione questa zona con l’interno del cilindro. La manda­ta quindi cessa, non alla fine della corsa del pistone (che si mantiene costante), ma quando il bordo dell’elica scopre il foro di riflus­so, mettendolo in comunicazione con la camera che sta sopra il pompante. L’istante in cui questo avviene dipende dalla posizione del pistone, ruotando il quale si può regolare la quantità di combustibile iniettato.Per garantire che l’iniezione termini in modo netto ed evitare goc­ciolamenti in camera di combustione, la pressione nella linea di col- legamento con l’iniettore deve essere ridotta bruscamente. Ciò si ottiene attraverso un disegno particolare della valvola di mandata (Figura 8.4) posta nella parte superiore del cilindro. Alla fine della

Figura 8.4 - Valvola di mandata del combustibile, illustrata: a) nella posizione di chiusura; b) in fase di invio del gasolio agli iniettori; c) particolare ingrandito dell’elemento mobile. Il gruppo della valvola è costituito da: 1 - raccordo di mandata; 2 - molla di contrasto; 3 - sede della valvola; 4 - porta-valvola; 5- elemento conico; 6 - pistoncino cilindrico di distensione; 7 - scanalatura anulare; 8 - stelo della valvola, 9 - scanalatura longitudinale.

* In tale caso, l’elica è detta normale. Con la soluzione ad elica invertita, la scanalatura è realizzata nella parte superiore del pompante: l'inizio della mandata (controllato dall’elica) è allora variabile con il carico e la fine è costante.

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8.2.2Pomped’iniezionecondistributore

8 2.3Sistemi ad accumulazione di pressione

mandata, la parte cilindrica del corpo della valvola (pistoncino di di­stensione: 6) chiude il collegamento con la camera del pompante. Dopo questo istante, la parte conica raggiunge la sua sede, gene­rando un aumento del volume compreso fra la valvola e l’iniettore e provocando così un rapido abbassamento della pressione del liqui­do in esso contenuto.

Sui motori pluricilindrici di minor potenza specifica al cilindro (per esempio inferiore a 30 kW/cilindro) sono comunemente montate le pompe d’iniezione con distributore incorporato, grazie al quale un solo gruppo pompante può alimentare tutti i cilindri del motore. La soluzione più comune prevede che: la pompa d’iniezione, il distri­butore, il variatore automatico di fase, il regolatore del regime del motore e la pompa di alimentazione, siano riunite in una singola unità. Essa risulta più compatta e meno costosa del gruppo di pom­pe in linea equivalenti, anche se normalmente non riesce a rag­giungere pressioni di iniezione ugualmente elevate (superiori agli 80 MPa).Nell’esempio mostrato nella Tavola 25, il pompante del gruppo di iniezione (10) è portato a descrivere un moto rotatorio dall’albero di comando (A) e traslatorio dal disco a camme (6). Quest’ultimo, in­fatti, è trascinato in rotazione dall’albero e porta sulla fronte tante camme quanti sono i cilindri del motore. Esse, interagendo con le punterie a rullo montate radialmente sull’anello (5) (non rotante, contro cui sono premute dalla molla di richiamo (8)), imprimono al pompante un moto alternativo traslatorio. Spostandosi verso il pun­to morto esterno, lo stantuffo (10) chiude le luci di alimentazione, comprime il combustibile e lo distribuisce ai condotti ricavati nella parte fissa del distributore, che sono collegati con i singoli iniettori (vedere Tavola 26).

Una delle soluzioni più comuni è quella che utilizza un iniettore- pompa come organo di introduzione del combustibile nel cilindro (sistema Cummins). Lo schema di funzionamento del circuito è quello rappresentato in Figura 8.2 c, con le due pompe ivi mostrate fuse in un’unica ad ingranaggi, che fornisce una pressione relativa­mente bassa (« 1 MPa). Per questo motivo, il sistema può essere considerato ad «accumulazione a bassa pressione». La pompa in­corpora un regolatore di pressione in funzione del carico ed uno in funzione del regime del motore.L’organo caratteristico del sistema è costituito dall’iniettore (vedere Tavola 27), comandato mediante un bilanciere e relativa punteria, azionata da un asse a camme. Per circa metà del ciclo motore, lo spillo deN’iniettore è abbassato. In questa posizione, il combustibile proveniente dall’accumulatore entra attraverso il foro calibrato (7)

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8.2.4 Gruppi d’iniezione a controllo elettronico

8.2.5Gli iniettori

nel corpo dell’iniettore e circola attorno alla base dello spillo. La maggior parte (circa i’80%) di esso ritorna al serbatoio, eliminando eventuali sacche di vapore e raffreddando l’iniettore.Durante la successiva fase di dosatura, la punteria (26) si abbassa, facendo sollevare l’ago che scopre l’ugello dosatore (20). La quan­tità di combustibile che raggiunge la tazza dell'iniettore attraverso di esso, viene dosata in funzione della pressione fornita dall’accu­mulatore e del tempo di apertura daH’ugello (20). Ad un istante op­portuno del ciclo, il comando meccanico a camma fa scendere lo spillo dell’iniettore, che si comporta come un pompante. Esso chiu­de l’ugello dosatore (20) e comprime (fino a 150 MPa) il combu­stibile, che attraverso i fori dello spruzzatore (numerosi (8 + 10) e di piccolo diametro (fino a 0,14 mm)) si scarica ben nebulizzato nel cilindro.In tutto il circuito regna una pressione relativamente bassa, mentre l’alta pressione si realizza solo nella tazza dell’iniettore, al momen­to della discesa dello spillo. Essa può quindi raggiungere anche va­lori molto elevati, senza produrre grossi inconvenienti. La regola­zione della quantità di combustibile iniettato in funzione del carico, viene effettuata controllando la pressione neH’accumulatore.

I gruppi descritti ai punti precedenti utilizzano sistemi di comando dei relativi organi di tipo meccanico od idraulico. La tecnologia elet­tronica, tuttavia, si è ormai sviluppata al punto di offrire la possibilità di effettuare un controllo dell’iniezione per via elettronica [12].La Tavola 28 mostra lo schema di funzionamento e la sezione di un iniettore-pompa a controllo elettronico. In esso, una valvola aziona­ta da un solenoide esercita le funzioni di regolazione della fasatura e della portata di combustibile, che nella soluzione meccanica sono svolte dalle luci e dalla scanalatura elicoidale. La chiusura della val­vola provoca l’aumento di pressione nella camera del pompante (mosso ancora da una camma), dando avvio all’iniezione; la sua apertura ne determina la fine, e quindi la quantità di combustibile iniettata.I vantaggi offerti dai sistemi elettronici sono rappresentati da un’au- mentata flessibilità nel controllo della dosatura del combustibile e della fasatura dell’iniezione, che possono essere variate in funzio­ne di un elevato numero di parametri motoristici,rilevati mediante appositi sensori.

Sono generalmente del tipo ad apertura automatica, controllata dalla pressione del combustibile. In un gruppo completo si distin­gue normalmente (Figura 8.5):— il polverizzatore, formato da un corpo con i canali per l’arrivo del

combustibile e dallo spillo (premuto contro la sua sede da una molla) che ne controlla l’iniezione nel cilindro;

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— il portapolverizzatore, che serve a fissare sulla testa del motore il polverizzatore (ad esso applicato per mezzo di raccordi filetta­ti) e ad isolarlo dalla camera di combustione.

La soluzione più comune utilizza uno spillo a lungo stelo, in modo da ottenere una punta allungata di piccolo diametro che facilita il suo collocamento sulla testa del cilindro fra le valvole, mentre la guida dello spillo è allontanata dalla camera di combustione e por­tata in una zona meno calda.La pressione del combustibile si esercita nella camera sottostante la strozzatura dello spillo e ne provoca il sollevamento grazie alla risultante assiale delle forze che agiscono sulla sua superficie, vin­cendo la reazione della molla. Quest’ultima può essere regolata mediante spessori od una vite di registro, variando così la pressio­ne necessaria per l’apertura dello spillo (20 + 30 MPa). Il combusti- bile, inviato sotto pressione dalla pompa, può così essere spruzza­to nel cilindro attraverso i fori calibrati di efflusso.Fra le varie possibili configurazioni del polverizzatore, si distinguo­no due principali tipi:— il polverizzatore con spillo a punta conica (Figura 8.6), ad uno o

più fori d'iniezione, usato sui motori ad iniezione diretta;— il polverizzatore con spillo a pernetto (Figura 8.7), utilizzato su

molti motori Diesel a precamera.Nel secondo caso, lo spillo si estende attraverso l’unico foro del­l’ugello, mediante un pernetto, la cui conformazione controlla la for­ma dello spray (che risulta distribuito lungo la superficie laterale di un cono vuoto internamente) e riduce la quantità di combustibile iniettato nel cilindro, quando la combustione si avvia.

Figura 8.5 - Gruppo iniettore ad apertura automatica (controllata dalla pressione del combustibile), completo dei suoi elementicostituenti, tra cui si distinguono: il corpo del polverizzatore 3 con i canali per il combustibile; lo spillo di tenuta a sede conica; la molla di contrasto 10, con i relativi spessori 9 di taratura.

1 1

E jj fc w j-— — 7 1 Afflusso gasolio2 Filtro a bastoncino

Jff ^ 3 Corpo iniettore—— 8 4 Canale di mandata

2— B t i 5 Pastiglia■ 8 \ intermedia

3 H i 6 Ghiera bloccaggio7 Dado di raccordo— 9 per tubazione

\ | » ! di mandata10 8 Raccordo

3 i * I riflusso gasolio'f

---- 11 9 Spessori5 * Y ? * / taratura pressione

kCwP * i 10 Molla3 " f t ì l di pressione

| :S jy v 11 Perno6 —b u i , ---- 12 di pressione12 Spillo a pernetto

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Figura 8.6 - Particolare che illustra la conformazione di un polverizzatore con spillo a punta conica, nella cui tazza sono ricavati i fori calibrati d'iniezione del combustibile.

1 Corpo polverizzatore2 Ago polverizzatore3 Sede polverizzatore4 Pozzetto o tazza5 Foro d ’iniezione

3,3 Prima di studiare un po’ più a fondo i componenti tipici dell’impiantop à ra tto rk tirh p ^ 'n'ez'one’ fornendo alcune indicazioni per la loro scelta, risultaoaranerisiicne conveniente approfondire le caratteristiche interne (al cilindro) del-dello spray di l’iniezione, esaminando il comportamento del getto di combustibilecombustibile all’uscita dagli ugelli dell'iniettore.

8,3 j Quando il gasolio è forzato ad attraversare sotto pressione (30 ■*- 130Formazione MPa ' Piccoli f° r' (°’15 + ®’30 mm) dell’iniettore, in modo da acqui- rorma o e stare suffjCjentemente elevate velocità (superiori ai 100 m/s), dello spray l’esperienza mostra (vedere Tavola 29) che la corrente liquida, non

appena esce dall’iniettore, si suddivide (cioè si polverizza o nebuliz-

Figura 8.7 - Principio di funzionamento di un polverizzatore con ago a pernetto. All'inizio del suo movimento di apertura, quest'ultimo apre una luce anulare molto stretta, che lascia passare una piccola quantità di combustibile (pregetto), in modo da rendere più graduale l’aumento della pressione in camera di combustione.

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za) in particelle separate e legamenti liquidi, che sì allontanano recì­procamente, facendo assumere al getto la forma di un cono.Si con­stata poi che le particelle liquide, man mano che si muovono nel mezzo gassoso presente in camera di combustione, sono deformate dall’azione delle forze aerodinamiche e dalla tensione superficiale del liquido, dividendosi così in goccioline sempre più piccole, fino a che l’effetto dovuto alla tensione superficiale riesce a contrastare le forze che producono la rottura del getto.Nonostante il fatto che il fenomeno sia poco noto nei dettagli, una delle teorie più convincenti [16] ritiene che la causa determinante nel provocare la disgregazione iniziale del getto sia la sua interazio­ne aerodinamica con il gas, il cui moto relativo amplifica onde su­perficiali instabili presenti nel getto, che portano alla separazione delle gocce. Le interazioni aerodinamiche dipendono dalla velocità relativa del getto rispetto all’aria, dalla sua superficie frontale e dal­le proprietà fisiche della carica nella camera di combustione al mo­mento dell’iniezione (valori tipici: p = 3 + 4 MPa; T = 500 600 °C; vedere il paragrafo 11.1). Dopo che la combustione si è avviata, la temperatura e la pressione del gas aumentano bruscamente, in­fluenzando di conseguenza la successiva polverizzazione del com­bustibile ed il moto e la vaporizzazione delle gocce.L’entità dei disturbi iniziali, che provocano delle onde superficiali nel getto all’uscita dall’ugello, è determinata: dalla velocità raggiun­ta dal combustibile, dalle sue proprietà fisiche e dalla geometria (diametro, lunghezza, spigoli di entrata e di uscita, rugosità delle pareti) dei fori dell’iniettore. Quando la velocità di iniezione è suffi­cientemente alta (superiore ai 100 m/s), all'uscita dall’ugello, l’inte­razione del getto con l’ambiente gassoso produce ad una rapida e selettiva crescita delle onde superficiali di corta lunghezza d’onda, le cui ampiezze iniziali sono controllate dagli eventi che si verifica­no entro l’ugello. L’amplificazione di queste oscillazioni porta al di­stacco di gocce dalla superficie del getto, con la conseguente scis­sione della colonna liquida in particelle, che si completa gradual­mente raggiungendo l’asse del getto. Frattanto il gas deH’ambiente circostante è inglobato in esso, formando dei vortici turbolenti nei quali, alla fine, le gocce raggiungono una condizione di equilibrio fra le forze aerodinamiche, che tendono a spezzarle in parti sempre più piccole e la tensione superficiale del liquido, che vi si oppone.Le caratteristiche fisiche dello spray ottenuto sono in genere indivi­duate dalle seguenti grandezze: polverizzazione (diametro medio delle gocce), penetrazione (spazio percorso) e diffusione (apertura cono), le quali verranno esaminate un po’ più in dettaglio nei prossi­mi paragrafi.

8.32Polverizzazione del getto

Occorre tener presente che, la velocita del liquido cambia nei diver­si punti della sezione del getto e nei successivi istanti della fase d’iniezione, così come le condizioni di moto delle gocce e dell’aria presente nella camera di combustione. Questo porta ad una disu­guale polverizzazione del getto ed alla formazione di gocce, il cui

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Figura 8.8 Valori delle portate di combustibile iniettate in un tipico Diesel quattro tempi ad iniezione diretta, in funzione dell’angolo di rotazione della camma di comando della pompa. Durante la fase d’iniezione cambia di conseguenza la pressione e la velocità del combustibile, che portano a diametri medi delle gocce sensibilmente variabili.

Ì i— LU

< (- < I—OCoCL

E=LLUaoooo□LU2ooci—LU

<a

ANGOLI DI CAMMA [°;

diametro può variare in un ampio campo di valori con la posizione entro lo spray e durante l’intero periodo d’iniezione (Figura 8.8).Per descrivere lo stato di polverizzazione di uno spray conviene quindi fare ricorso a indici statistici, utilizzando un diametro medio (d9) delle gocce ed un tipo opportuno di funzione di distribuzione del­le loro dimensioni (ad esempio a chi-quadrato). Questi parametri possono essere ricavati dall’andamento, rilevato sperimentalmente, della funzione densità di probabilità/(x) della variabile casuale con­tinua: diametro della generica goccia (indicato per semplicità con x). Facendo allora riferimento a diversi tipi di medie, si può definire:1. un diametro medio superficiale (dsup), ottenuto in base alla con­dizione che la superficie totale delle gocce osservate sia global­mente uguale a quella dell’insieme di gocce di diametro medio dsup, ossia: ____________I -*M

dsup = x2/(x ) dx 8-1

con: xm diametro minimo rilevato, xM diametro massimo rilevato.

2. un diametro medio volumico (d,ml), definito dalla condizione di uguaglianza dei volumi: _______

d«c\ = x3 /(x ) dx 8-2

3. un diametro medio di Sauter (ds), definito in modo da conserva­re il rapporto superficie/volume globale del getto:

X XMx3 /(x ) dx

as = ------------ 8-3* MJ x2 f(x ) dx

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L’uso di un valore piuttosto che dell’altro dipende dal significato fisico che si vuole dare al diametro medio, tenendo presente che il tempo di evaporazione di una goccia dipende dal rapporto fra il ca­lore ricevuto (legato alla superficie) e la massa da far evaporare (volume). Le misure sperimentali risultano piuttosto laboriose, per­chè si tratta di caratterizzare uno spray contenente gocce di diverse dimensioni ed un nucleo centrale generalmente ancora molto com­patto. Normalmente il diametro delle gocce viene misurato median­te tecniche di rilievo di diverso tipo:— meccanico: raccolta delle gocce su vetrini, loro congelamento,

sedimentazione in seno ad un liquido, ecc.— elettrico: misura di impulsi elettrici in funzione della resistenza o

capacità elettrica delle gocce, anemometria a filo caldo;— ottico: uso di fotografia veloce, olografia, diffrazione ed anemo­

metria a luce laser.Queste ultime tecniche sono attualmente le più usate, anche se incontrano ancora molte limitazioni, specialmente nel caso di rilievi effettuati su spray ad alta densità. Esse hanno permesso di mettere in evidenza la presenza di un gran numero di gocce di piccolo diametro (< 10|um) che probabilmente sfuggivano agli altri metodi di misura, abbassando così i valori dei diametri medi rilevati.In base alla spiegazione fisica del fenomeno, riportata in preceden­za, è logico aspettarsi che il diametro medio dipenda: dalle condi­zioni di moto relativo tra il liquido ed il gas wr„ dalle caratteristiche fisiche del combustibile (p„ a,), da quelle dell’aria («a, pa, (ia) e dalla geometria del sistema (d, = diametro del foro o ugello, L, = lunghezza del condotto dell’ugello, ecc.)Il moto del liquido è principalmente influenzate dal numero di Rey­nolds, che confronta le forze d’inerzia con quelle viscose:

Re = uri p, d, / 8-4

dove la velocità relativa «rl, a sua volta, può essere assunta pari alla velocità ideale del getto ed espressa in funzione della pressione di iniezionepìn e di quella presente nel cilindropcl, mediante la classi­ca relazione dell’efflusso di un liquido perfetto:

2P ir Pc I _ li rI 8-5

Pi " 2

La suddivisione del getto liquido in gocce è regolata dal numero di Weber.

We = p, u 2n d f / o, 8-6

che confronta le forze dinamiche (proporzionali ad u *), dovute alle condizioni di moto, con quelle che si oppongono alla polverizzazione del getto, legate alla tensione superficiale arLa pulsazione (co*) e la lunghezza d’onda adimensionale (k* = f * t co*) delle oscillazioni sulla superficie del getto, che crescono più rapidamente in seguito alle interazioni aerodinamiche, sono funzio­ni del numero (adimensionale) di Taylor:

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Ta = (p, / pg) (Re / We)* 8-7

Figura 8.9 - Andamento, in funzione del numero di Taylor, della funzione adimensionale f* e della pulsazione co* delle oscillazioni sulla superficie del getto, che sono amplificate dalle interazioni aerodinamiche con l ’aria presente in camera di combustione.

secondo gli andamenti riportati nel grafico di Figura 8.9. Aven­do indicato con /* un’opportuna funzione adimensionale di Ta, tale che sia X *= f* / co*, da queste curve si deduce che X* tende al va­lore 3 / 2 per valori di Ta sufficientemente elevati, che si verificano di norma nei getti di interesse per i Diesel. Assumendo che le goc­ce si formino per la maggior parte dalle rotture prodotte da queste oscillazioni, si dimostra che si può calcolare [16] il diametro medio iniziale delle gocce mediante la relazione:

dg = Cd (2 Jt a, / pg u ?,) X* 8-8

essendo Ctì una costante dell’ordine dell’unità. La 8-8 permette di prevedere le dimensioni medie delle gocce in prossimità deH'ugello, in funzione della pressione d’iniezione, delle proprietà del liquido e della geometria del foro dell’iniettore. Altri fenomeni come la coale­scenza (= unione di più particelle) e la successiva rottura delle goc­ce, producono però rapidi cambiamenti nel diametro medio e nella relativa funzione di distribuzione.I numerosi rilievi sperimentali sono poi stati interpolati con diverse relazioni empiriche, che portano generalmente al calcolo di ds. Tra di esse, una delle più usate [26], permette di calcolare ds (in [xm) per un tipico gasolio per Diesel, in funzione della pressione d’inie­zione [MPa], della densità dell'aria nel cilindro pg [kg/m3] e del volu­me di combustibile iniettato per ciclo Vin [mm3/ciclo]:

da fo n - A d )” 0’135 Pg“'12' ^ n 0'1 8-9

dove la costante vale:CdS = 23,9 per polverizzatore a foro aperto,CdS = 25,1 per polverizzatore a pernetto.

Le relazioni 8-8 ed 8-9 evidenziano, insieme a numerosi rilievi spe-

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Figura 8.10 - Effetto della pressione e della geometria dell’ugello [15] sul diametro medio di Sauter delle gocce presenti nello spray. A l crescere della pressione e al diminuire del diametro del foro (mantenendo il rapporto lunghezza/ diametro sul valore ottimale: 4) aumentano il grado dipolverizzazione e la sua uniformità.

E

CEHIHZ><COQoD

oCE

<O

PRESSIONE D’INIEZIONE [MPa]

rimentali di cui la Figura 8.10 mostra un esempio [15], che i para­metri che maggiormente influenzano la finezza della polverizzazio­ne del getto (vedere anche Tavola 29) sono:— la pressione di iniezione, al crescere della quale diminuisce il

diametro medio delle gocce ed aumenta l’uniformità della pol­verizzazione, con variazioni più sensibili nel campo delle pres­sioni relativamente basse;

— il diametro dell’ugello, al diminuire del quale si riduce il diametro medio delle gocce, a pari pressione d’iniezione;

— la geometria dell’ugello: il rapporto ottimo, ai fini della polveriz­zazione, fra la lunghezza dei fori ed il loro diametro risulta esse- re L f/ df = 4 * 5.

Utilizzando inoltre diversi liquidi si è potuto stabilire che anche la tensione superficiale a, del liquido esercita una certa influenza sulle dimensioni delle gocce (più a, è piccolo, e più fine è la polverizza­zione), tuttavia, nella gamma di combustibili usati nella pratica per i Diesel, le differenze in tensione superficiale sono spesso piccole. Varia, invece, la viscosità [x„ il cui effetto su Re è opposto a quello di Hr, e perciò attenua l’effetto positivo dato dalle elevate pressioni di iniezione.Per quanto riguarda, infine, l’influenza dei parametri motoristici (regime e carico), si può sinteticamente osservare che un aumento del regime di rotazione del motore (a parità di carico) o del carico (a n = cost, significa una maggiore quantità di combustibile iniettato per ciclo) produce una più elevata pressione di iniezione e quindi una più fine polverizzazione.

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All’inizio del processo di iniezione le gocce, interagendo con l’aria, vedono annullarsi rapidamente la loro velocità, che era già piccola all’uscita dall’ugello, perché la pressione d’iniezione è in questo momento bassa. L’aria, invece, riceve da loro energia ed incomin­cia (prescindendo dall’effetto turbolenza, che sarà esaminato suc­cessivamente) a muoversi in direzione dell’asse dello spray. Le gocce successive incontrano quindi una minor resistenza ed hanno una più elevata velocità iniziale. Esse superano quindi le preceden­ti e le forzano verso la periferia dello spray, dove si suddividono in particelle più piccole per azione aerodinamica.Le gocce periferiche più fini hanno una minore energia cinetica, per cui sono fermate più rapidamente, mentre quelle in prossimità del­l’asse dello spray percorrono un tratto più lungo perché hanno mas­sa e velocità maggiori. Il getto quindi avanza, perché le gocce ral­lentate del suo fronte sono sostituite da nuove, aventi una più alta energia cinetica. Come risultato di questo processo, la struttura del­lo spray risulta eterogenea. Una rappresentazione schematica del­la distribuzione di velocità e di combustibile in alcune sezioni tra­sversali a diverse distanze dall’ugello dell’iniettore è mostrata in Figura 8.11. Essa evidenzia che le velocità più elevate si hanno in corrispondenza dell’asse, così come le più alte concentrazioni di combustibile, che si vanno gradualmente uniformando man mano che ci si sposta verso il fronte del getto.Determinare l’effettiva struttura di uno spray, ossia la distribuzione del combustibile in esso durante la sua evoluzione nel tempo, risul­ta tuttora (nonostante le più recenti tecniche diagnostiche) un com-

Figura 8.11 - Rappresentazione schematica della struttura di un getto di combustibile: la regione periferica è ricca di gocce più fini prodotte dalla maggiore interazione con l’aria, mentre il nucleo centrale contiene la parte liquida più compatta. I diagrammi delle velocità delle gocce in una sezione trasversale e della concentrazione di combustibile, mostrano i valori più elevati in corrispondenza dell’asse del getto.

8.3.3Penetrazione del getto

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pito piuttosto difficile. Spesso ci si limita quindi a considerare alcuni parametri globali: la sua lunghezza Lsp, l’angolo del cono |3sp e la velocità con cui si muove il suo fronte «sp. Tipiche variazioni di que­ste grandezze nel tempo sono mostrate In Figura 8.12. In essa si può notare che la velocità di avanzamento del fronte usp diminui­sce nel tempo, con un’inversione di tendenza nel periodo centrale della fase di iniezione, a causa delle più alte velocità Iniziali delle gocce di combustibile iniettate In questo momento. La penetra­zione del getto L sp cresce continuamente, man mano che esso si sviluppa nel tempo, mentre l’angolo del cono psp non varia in modo sensibile.Per mettere meglio in evidenza le ragioni fisiche che influenzano l’evoluzione nel tempo della lunghezza del getto, ossia la sua pe­netrazione in camera di combustione, possiamo far riferimento, per semplicità, alla storia della singola goccia. La sua penetrazione, os­sia lo spazio s percorso nell’angolo utile agli effetti della combustio­ne, aumenta al crescere della sua velocità iniziale u0 e del suo dia­metro e diminuisce quando interagisce con aria di maggiore massa volumica pa.Un’espressione semplice della legge con la quale diminuisce la ve­locità u della goccia a causa della resistenza offerta daH’aria, può essere trovata supponendo che durante il suo tragitto rimanga di forma e grandezza costanti (mentre in realtà in parte evapora e brucia). La variazione della sua energia cinetica d(mgu21 2), con­seguente ad uno spostamento elementare, sarà allora uguale (a meno del segno) al lavoro fatto dalla resistenza dell’aria. Esprimen­do quest'ultima come prodotto della sezione maestra Sg della goc-

s££-J

LUI-

UJQLUZo

Figura 8.12 - Tipica evoluzione ¡jj nel tempo dei parametri globali g che caratterizzano un getto di q_ combustibile: penetrazione del suo fronte più avanzato o lunghezza dello spray Lsp; velocità di avanzamento del fronte in camera di combustione u spi angolo di apertura del cono del getto |?sp.

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eia per l’energia cinetica relativa all'aria p,« 2 / 2 e per un coeffi­ciente di resistenza k', si ottiene:

urrigudu = - k'pe — S9ds

Semplificando e separando le variabili, si ha la relazione:

(fai k Sg J . pa 1 , A J*— = ------pa — </s = - k - ------ d% 8-10u 2 m s Pi a g

in cui si è ritenuto il rapporto: S i mg proporzionale ad 1 / p,c/g e si sono conglobate tutte le costanti in k. Integrando la 8-10 si ricava:

. « k pa In — = - — — s«o dg p.

da cui, eliminando il logaritmo, si ottiene:

u = u o exp ( - -7 — ì s 8-11 d9 Pi f

La velocità della goccia risulta quindi decrescente con legge espo­nenziale in funzione dello spazio percorso. L’esperienza conferma abbastanza bene questo andamento, mostrando (ad esempio nel grafico di Figura 8.12) una legge esponenziale di diminuzione nel tempo della velocità di avanzamento del fronte del getto msp. In particolare, poi, la 8-11 indica che sul rallentamento del getto han­no influenza soprattutto: il diametro delle gocce e la massa volumi- ca dell’aria nel cilindro. Diminuendo dg ed aumentando pa cresce infatti il fattore di smorzamento della velocità e quindi diminuisce la penetrazione del getto.L’effetto della pressione d’iniezione risulta poi duplice e contrastan­te: un suo aumento fa da una parte diminuire il diametro delle goc­ce, mentre dall’altra fa accrescere il valore della velocità iniziale [26]. L’esperienza conferma ad esempio con i risultati sperimentali riportati in Figura 8.13) che fra queste due influenze di tipo opposto prevale la seconda, per cui elevate pressioni d’iniezione favorisco­no anche la penetrazione del getto, specialmente nella fase iniziale del moto (vedere anche Tavola 29).Le altre variabili che, come si è visto in precedenza, favoriscono la polverizzazione, esercitano un effetto opposto sulla penetrazione (nell'esponente della 8-11 compare 1A/g), quindi occorrerà trovare per esse un giusto compromesso fra le due opposte esigenze. Cir­ca l’influenza dei parametri motoristici, si può ancora osservare che un aumento di velocità di rotazione e di quantità di combustibile iniettato per ciclo (carico), produce un incremento di w0 e quindi del­la penetrazione dello spray.Tra le numerose correlazioni, basate su dati sperimentali e teorie semplificate sulla formazione dello spray, proposte per prevedere

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la penetrazione del getto nel tempo (i) in funzione dei principali pa­rametri motoristici, ci limitiamo a riportare quella dovuta a Dent [22]:

L ,f = 3,07 [(294 / Tg) (pin - p cl) / pgP (rff f)1« 8-12

In essa tutte le grandezze sono espresse in unità SI e quindi, in particolare, Lsp e df in [m], Tg in [k] e le pressioni in [Pa]. La 8-12 è valida per motori con poca turbolenza ed evidenzia l’influenza del riscaldamento delle gocce da parte del gas presente nel cilin­dro, che si oppone alla penetrazione perché ne favorisce la vapo­rizzazione.Occorre infine tener presente che tutte le precedenti considerazio­ni sulla penetrazione del getto, si riferiscono all’iniezione di combu­stibile in un mezzo fermo. La presenza di turbolenza in camera di combustione influenza sensibilmente lo sviluppo dello spray, il quale man mano che ingloba aria e rallenta, viene deviato nella direzione di moto dell’aria, con un effetto maggiore sulle gocce più leggere (vedere la Figura 12.14). L’entità delle deviazioni dalla tra-

Figura 8.13 - Valori tipici di penetrazioni raggiunte dal fronte del getto in funzione del tempo, al variare della pressione d’iniezione (P\n~7-i-15 MPa) il cui effetto appare sensibile soprattutto nella fase iniziale del moto. I rilievi sono stati effettuati iniettando combustibile in un recipiente chiuso,contenente aria in quiete, alla temperatura ambiente e pressione iniziale pa = 2 MPa.

EE,

- ÌOtLU(5_lLUOLUZo2cc

inQ-

TEMPO [ms]

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Figura 8.14 - Rappresentazione schematica dell'effetto combinato prodotto dalla turbolenza e dalla penetrazione del getto, sulla miscelazione del combustibile con l'aria. Nel caso 1 in cui la turbolenza è bassa, una quantità eccessiva di combustibile raggiunge le pareti della camera. Quando essa risulta troppo elevata (caso: 3), il combustibile non penetra sufficientemente nel volume d’aria, mentre le migliori condizioni di miscelazione si ottengono con un corretto rapporto tra i moti dei due fluidi (caso: 2).

iettoria iniziale aumenta al crescere della velocità e della densità deH’aria in moto.Il risultato globale prodotto dalla turbolenza è quindi quello di ridur­re la penetrazione e favorire la miscelazione del combustibile con l’aria. Per una buona combustione, è importante l’accoppiamento di un corretto moto organizzato dell’aria su piani assiali (squish) e su piani tangenziali (swirl) (vedere la Figura 8.14), con le caratteristi­che di penetrazione dei getti, per ottenere una buona utilizzazione dell’aria introdotta nel cilindro ed evitare, d’altra parte, un eccessivo impatto del getto contro le pareti fredde* della camera.

Il combustibile iniettato nella camera di combustione deve non so­lo essere finemente polverizzato e penetrare il più possibile nel­l’aria compressa, ma anche aprirsi a cono in modo da diffondersi in un ampio volume. Questa caratteristica (diffusione) è misura­ta dall'apertura del cono che il getto forma aH’uscita dall’ugello

* Per alcuni tipi di camera di combustione ed in presenza di forti moti turbolenti dell’aria, l’impatto contro le pareti calde (per esempio la testa del pistone) è talvolta un effetto desiderato (vedere il para­grafo 11.4.1).

8.3.4Diffusione del getto

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Figura 8.15- Influenza del rapporto tra la massa volumica deH'arìa e del combustibile (riportato in ascissa a meno del fattore 10~3: valori tipici per un Diesel pg/p,=20 + 60 10~3) sul valore dell'angolo iniziale di apertura del getto. I rilievi si riferiscono ad un ampio spettro di situazioni: liquidi e gas di varia natura, diverse pressioni d’iniezione (3,4 + 92 MPa) e diametri del foro dell’iniettore (0,254 -¡-0,61 mm con L t! df= 4).

ed è tanto più importante quanto minore è la turbolenza nella camera.La teoria esposta al paragrafo 8.3.1 sulla disgregazione del getto liquido per effetto di oscillazioni superficiali instabili, amplificate dal­la sua interazione aerodinamica con il gas, permette di prevede­re l’angolo di apertura iniziale del cono psp, combinando l'espres­sione della velocità radiale delle onde superficiali che crescono più rapidamente, con la velocità assiale d’iniezione [16]. Si perviene così all’espressione:

tan (¥) = —— 4 Tt i ^ a'] f * 8-13

la quale, tenuto conto ch e /* tende (vedere grafico di Figura 8.9) al valore costante V37 6 per alti valori del numero di Taylor, indica che psp dipende solo dal rapporto pg / p, e dalla geometria dell’ugello at­traverso la costante Cp.L’esperienza conferma abbastanza bene queste conclusioni, mo­strando (Figura 8.15) che l’apertura iniziale dello spray, per una data geometria dell’ugello, è influenzata soprattutto dal rapporto fra la massa volumica deH’arìa e quella del combustibile, nonostante il fat­to che i dati rilevati comprendano forti cambiamenti: nelle proprietà del liquido e del gas, nella velocità d’iniezione, nella pressione del gas e nella geometria dell’ugello. Da un punto di vista fisico, il feno­meno può trovare spiegazione nel fatto che al crescere di pg / p, au­menta la resistenza aerodinamica incontrata dal getto, in rapporto alla propria quantità di moto. Tra i diversi parametri geometrici del­l’iniettore esaminati, si è trovato inoltre che soltanto il rapporto L J d,

«Q.Ot=LUCD_ lLU□

OCLUQ_<DLU_ l<N

Oo

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esercita un’influenza apprezzabile su psp. La lunghezza delle pareti del­l’ugello, infatti, tende a guidare meglio il getto, ostacolandone l’apertura.Siccome, in ogni caso, l’apertura del getto prodotto da un ugello (a pareti liscie, senza pernetto) non supera i 20°+ 25°, la ripartizione del combustibile nel volume d’aria presente nel cilindro è comune­mente ottenuta munendo la parte terminale dell’iniettore di più fori di efflusso e dirigendo i loro assi nel senso delle maggiori profondi­tà della camera di combustione, che a sua volta viene conformata in modo da raccogliere il suo volume attorno ai getti.

8.4Scelta dei componenti principali del gruppo di iniezione

Nonostante il fatto che le caratteristiche del gruppo d’iniezione ven­gano determinate da costruttori specializzati, si ritiene utile illustra­re i principi che stanno alla base di questo dimensionamento, fa­cendo riferimento alla pompa (in linea) ed all’iniettore (con spillo a punta conica) più comunemente impiegati.

Le principali caratteristiche geometriche e cinematiche di una pom­pa d’iniezione in linea (Tavola 23) sono definite da:— diametro del pompante: D p,— corsa geometrica del pompante: Cp;— profilo della camma di comando.

Esse dipendono da quelle del motore a cui la pompa è destinata, ossia:— potenza per cilindro;— regime di rotazione;— grado di turbolenza;— forma della camera di combustione.

In generale, tuttavia, la cilindrata geometrica della pompa Vp, spe­cifica alla cilindrata del motore, può essere espressa in funzione del volume di combustibile che deve essere iniettato per ciclo:

Vp = Cp7t D \ / 4 = Cp (K Pa / a P,) 8-14

Il coefficiente £p, che va a maggiorare la cilindrata geometrica della pompa rispetto al volume necessario di combustibile, assume nor­malmente valori piuttosto elevati (tp = 3 + 5). All’esigenza, infatti, di coprire ampiamente eventuali deficienze di riempimento della pom­pa, se ne aggiungono altre di carattere pratico: poter ricavare luci di alimentazione sufficientemente ampie ed evitare che la pompa, de­stinata a motori di piccola potenza per cilindro, risulti di dimensioni troppo contenute, con conseguenti maggiori problemi per la realiz­zazione di parti miniaturizzate. La ragione principale, però, è legata all'esigenza di avere una velocità del pompante (da cui dipende la

8.4.1Dimensionamento della pompa

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Figura 8.16 - Tipico andamento della corsa e della velocità del pistone di una pompa in linea per Diesel di media velocità (20 giri/s). Il tratto utile della corsa è limitato alla parte centrale dello spostamento, cui competono velocità del pompante poco variabili e prossime ai valori massimi, in modo da avere una polverizzazione del combustibile sufficientemente uniforme.

z<Q.2o0.<coocoo

ANGOLI DI CAMMA [°]

pressione di iniezione) sensibilmente costante durante la corsa uti­le di mandata.Un comando a camma realizza, infatti, un tipico moto traslatorio del pompante con velocità crescente fino ad un massimo (raggiunto nella parte centrale della corsa) e successivamente decrescente fino ad annullarsi (Figura 8.16). Conviene quindi scegliere la geo­metria delle luci di alimentazione e della scanalatura elicoidale del pistone in modo da escludere il tratto iniziale e finale della corsa geometrica ed utilizzare come corsa utile solo la parte (1/3 + 1/5) centrale. Il limite superiore (£p = 5) deriva dal fatto che il dosaggio può diventare precario ai bassi carichi (dove la quantità di combu­stibile richiesta è: 1/4 + 1/6 di quella a pieno carico), se la corsa uti­le, nella curva di piena ammissione, risulta inferiore ad 1/5 di quella geometrica*.Dalla 8-14, fissato il rapporto Cp / Dp = 1 2, si ricava poi l’alesaggio e quindi la corsa Cp, ossia l’alzata massima della camma. Per quan­to riguarda la pendenza media di quest’ultima e la durata angola­re dell’iniezione, occorre rifarsi ai risultati sperimentali relativi al pro­cesso di combustione in quel dato tipo di camera. In generale, il peri­odo di iniezione e la pressione massima aumentano con la potenza del motore. Piccoli motori Diesel ad iniezione diretta hanno periodi di circa 25° di angoli di manovella e pressioni di iniezione non superiori ai 60 MPa, mentre grossi motori hanno periodi che si avvicinano ai 40° e pressioni massime di iniezione superiori ai 100 MPa.

* Come ordine di grandezza, limitandoci per semplicità ai solo motori aspirati, supposto:= 0,85; pa = 1,2 kg/m3; a = 20; p, = 860 kg/m3, la 8-14 fornisce il valore di:

Vp = 0,25 + 0,30 [crrvVIitro di cilindrata motore] 8-15

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La potenza spesa per il comando della pompa (= pressione di inie­zione x volume iniettato nell’unità di tempo / rendimento della tra­smissione) risulta in genere abbastanza limitata, costituendo me­diamente uno 0,5 +1% di quella sviluppata dal motore. Il buon fun­zionamento della pompa d’iniezione è poi assicurato a prezzo di una esecuzione estremamente precisa. Stantuffo e cilindro vengo­no normalmente realizzati entrambi in acciaio fuso (con 1% di C e 1% di Cr circa), cementati e rettificati in modo da ridurre il gioco fra di essi a valori dell’ordine del ^m, per assicurare una sufficiente te­nuta nonostante le elevate pressioni. Le fughe fra stantuffo e ca­micia, infatti, sono proporzionali: alla differenza fra la pressione in camera di mandata e quella di alimentazione Ap, al diametro del pompante ed al cubo del gioco medio g fra questo ed il cilindro. Ri­sultano, invece, inversamente proporzionali: all’altezza h del trat­to rettificato su cui si effettua la tenuta ed alla viscosità del combu­stibile Hi, secondo l’espressione:

Vj _ 2 n A p D p g3 8_163 h \x t

Per ridurre il rischio di surriscaldamento della pompa di iniezione (specialmente se viene posta nell’angolo del V del motore), è ne­cessario fornirle, attraverso la pompa di alimentazione, una portata di combustibile parecchie volte superiore alla quantità iniettata (va­lori tipici: 15 + 30 volte), facendo ritornare l’eccesso al serbatoio, dopo aver raffreddato la pompa. In assenza di questa precauzione, la temperatura (e quindi il volume specifico) del combustibile pre­sente nella camera di mandata, aumenterebbero a tal punto, che la massa iniettata potrebbe essere sensibilmente inferiore (fino al 10%) alla quantità richiesta.

8.42 ' vafi organi del gruppo d’iniezione sono collegati da tubi di addu-Dimensionamento zlone de* combustibile. Particolarmente sollecitati sono quelli che h n ■ 1 portano il gasolio in pressione dalla pompa di iniezione agli iniettori, delle tubazioni ^ SSj sono rea|izzatj normalmente in acciaio, con un piccolo diame­

tro interno d t, ma con parete spessa (per d, = 1,5 + 2 mm, il diame­tro esterno è di 6 mm). L’uso di una parete così spessa deriva dalla necessità di evitare pulsazioni elastiche, che possono essere di in­tensità e frequenza tali da alterare la legge d’iniezione. Il diametro interno è piccolo, per ridurre il volume di combustibile contenuto nella tubazione e quindi gli effetti della sua comprimibilità*.

* Si ricordi che il modulo di comprimibilità del gasolio vale: E = 1800 MPa, ossia esso è soggetto ad una variazione di volume di 1/E = 1/1800 per ogni MPa di aumento di pressione. Questo significa che nel caso in cui la differenza fra la pressione di apertura e quella di chiusura dell’iniettore è di 10 MPa e la capacità della tubazione è di 2 cm3, se la quantità mandata dalla pompa per ciascuna corsa utile è inferiore a:

10 MPa 2000 mm3/1800 MPa = 11 mm3

non vi è iniezione di combustibile.

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Per la stessa ragione, è conveniente che il condotto sia di minor lunghezza possibile, mentre, per la uniformità di iniezione fra i vari cilindri, è bene che i tubi di collegamento con gli iniettori siano tutti di uguale lunghezza (vedere il paragrafo 8.5.2). Con l’uso di diame­tri troppo piccoli, però, si hanno velocità troppo elevate, passaggio al regime turbolento ed un apprezzabile aumento della caduta di pressione dovuta alla resistenza al flusso. La condizione che deve essere rispettata sarà perciò:

Re = Pi u dx / ¿A, < 2000

ampiamente verificata per u = 3 ■*- 5 m/sec e dx = 1 +3 mm. Fissatau, si ricava dall'espressione della portata media:

V - n d? u / 4

Particolare cura dovrà essere prestata alla tenuta (tipi di raccordi, materiale dei giunti, ecc.), a causa dei pericoli di incendio.

Figura 8.17- Esempi di iniettori ad apertura automatica su comando idraulico: a)- con otturatore a punta conica e fori aperti; b)- con ago a pernetto. In entrambi i casi il diametro Ds del tratto cilindrico che fa da guida allo spillo è maggiore del diametro dB della sede conica di tenuta. In questo modo la risultante delle pressioni, esercitate dal combustibile nella camera dell’iniettore al momento dell’apertura, risulta in grado di contrastare l ’azione della molla e provocareil sollevamento dell’otturatore.

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Figura 8.18 - Diagrammi tipici dell’alzata dello spillo e delle pressioni agli estremi del condotto d'iniezione (lato pompa e lato iniettore), in funzione dell'angolo descritto dalla manovella (riferito alla posizione di PMS). Essi permettono di definire i valori caratteristici di pressione: all’apertura dell’otturatore p „ alla sua chiusura p0 ed a ll’inizio del processo p0

8 .4.3Dimensionamentodell’iniettore

(0CL

aizoNai

cocoaiocCL

CLco<

ANGOLI DI MANOVELLA [°;

Si farà riferimento anche in questo caso al tipo più usato sui motori moderni, ossia a quello ad apertura automatica su comando idrauli­co (Figura 8.17). Il corpo cilindrico, contenente il canale di adduzio­ne del combustibile, la guida e la sede conica per l’otturatore, è rea­lizzato in acciaio da cementazione all’1% di Cr. Lo spillo, guidato con un gioco di 2 -5- 3 [xm, è normalmente di acciaio ad alto tenore di tungsteno (18%), 3 + 5% di Cr e 2 + 3% di V, temprato in olio a 1200 °C e rinvenuto a 550 °C. Questi due pezzi sono accoppiati e rodati fra di loro, dopo di che non è più possibile intercambiarli.Il combustibile, sotto pressione, attraverso le proprie canalizzazio­ni, arriva ad una camera racchiusa fra la sede conica di tenuta della parte terminale dell’ago (di diametro massimo ds) ed il tratto cilin­drico che ne assicura la guida e la tenuta con il corpo cilindrico (dia­metro Ds) (Figura 8.17). La pressione di chiusura dello spillo è as­sicurata dalla molla situata nel porta-iniettore.Il principio di funzionamento di questo iniettore può essere descritto in maniera semplificata, facendo riferimento al diagramma delle pressioni agli estremi del condotto d’iniezione (lato pompa e lato iniettore) ed alla legge di alzata dello spillo, riportati in Figura 8.18. Inizialmente, nel sistema vi è la pressione residua del ciclo di inie­

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zione precedente p 0. Nel punto (1) il pompante incomincia a met­tere in pressione il sistema, ed il suo effetto viene risentito con un certo ritardo (vedere il paragrafo 8.5.2) nella camera dell’iniettore. La risultante delle forze esercitate dal combustibile sul colletto del­l’otturatore (ancora chiuso) è diretta assialmente ed ha valore ap­prossimato:

F, = ^ (D ì ~ d i) p 8-17

prescindendo dall’effetto esercitato dalla pressione dei gas presenti nel cilindro attraverso gli ugelli di iniezione. Al crescere di p, anche Fì cresce, fino al valore pa (punto: 2), in corrispondenza del quale Fì uguaglia la forza elastica esercitata dalla molla sullo spillo, che incomincia così a sollevarsi. Convenzionalmente, ps è chiamata pressione di apertura dell’iniettore. A partire dall’istante in cui l’ago ha cominciato a sollevarsi, la pressione del combustibile si esercita su tutta la sezione dello spillo e la risultante di tale azione non è più data dalla 8-17, ma dal valore:

F2 = y D tp 8-18

In seguito al brusco aumento della forza agente F2- F u l’otturatore si solleva prontamente, completando il suo spostamento totale in un tempo molto breve (dell’ordine di 1/10 della durata dell’iniezio­ne). Solo in questo modo, infatti, si minimizza la inevitabile peggio­re nebulizzazione del combustibile nella fase iniziale del processo. Conviene quindi limitare la corsa dello spillo (0,3 + 0,8 mm) al mini­mo valore compatibile con l’efflusso del combustibile, onde evitare: un allungamento dei tempi di apertura, un eccessivo aumento del volume della camera dell’iniettore, accelerazioni elevate e quindi urti sulla sede al momento della chiusura. Il sollevamento poi del­l’ago e la fuoriuscita del combustibile iniettato possono far diminuire momentaneamente la pressione nella camera dell’iniettore (punto: 3), mentre il suo andamento successivo dipende dalla velocità di spostamento del pompante. In genere esso risulta tale da far torna­re a crescere la pressione fino ad un valore massimo (punto: 4), in corrispondenza del quale la valvola di riflusso interrompe la manda­ta della pompa, facendo scendere bruscamente la pressione.L’otturatore incomincia a richiudersi quando la pressione nella ca­mera scende ad un valore pc {pressione di chiusura), tale che la forza F2 data dalla 8-18 uguagli nuovamente il valore della forza elastica esercitata dalla molla. Confrontando la 8-18 con la 8-17, si vede chiaramente che è p0< pa, perché le aree su cui agiscono questi due valori di pressione, al momento dell’equilibrio con la for­za della molla, sono diverse. Alla fine dell’iniezione, inoltre, nei tubi di collegamento fra pompa ed iniettore, si generano oscillazioni di pressione, che successivamente si attenuano gradualmente (fino al valore pQ), potendo tuttavia provocare dei picchi iniziali di pressione nella camera dell’iniettore di qualche decina di MPa (ve­dere la Figura 8.18).

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Dall’analisi precedente, risulta evidente l’importanza del rapporto ds/ Ds, mediamente assunto pari a 0,5 + 0,8. Si ha, infatti, interesse a mantenere ds grande, in modo da differenziare nettamente pa da p c, alzando il valore della pressione di apertura. Si evita così il peri­colo di riaperture dello spillo ad iniezione terminata, si rende rapida la fase iniziale di riapertura dello spillo e si hanno superfici di ap­poggio della punta conica maggiori (e quindi minori pressioni speci­fiche al momento dell’urto in chiusura). D’altra parte, valori di ds troppo grandi richiedono incrementi di pressione (pa- ^ 0), pri­ma dell’avvio dell’iniezione, troppo elevati, accentuando l’effetto di comprimibilità del combustibile, che può produrre irregolarità di fun­zionamento del motore ai carichi parziali.Particolare attenzione va poi prestata al problema del raffredda­mento della parte terminale dell’iniettore. Se questa, infatti, supera i 250 °C, diventa sede di depositi carboniosi anche con i migliori combustibili. Anche con i peggiori, invece, non si avrà alcun deposi­to, se la temperatura resta inferiore ai 150 °C. Nei motori di grande alesaggio occorre provvedere a raffreddare l'iniettore mediante cir­colazione interna d’acqua, mentre nei Diesel veloci, non essendo attuabile questa pratica a causa della sua complessità, bisogna prestare una particolare attenzione alla circolazione del fluido refri­gerante nella testata, affinché l’iniettore sia mantenuto ad una tem-

EEs

LUHZLU_ J

|Z)oUJscc<

Figura 8.19- Caratteristica fluidodinamica di due tipici iniettori a fori aperti. Essa fornisce l ’area efficace equivalente delle varie sezioni di controllo del flusso di combustibile, in funzione dell'alzata dello spillo, permettendo così di calcolare in modo immediato la portata di combustibile iniettata sotto una determinata differenza di pressione.

0,28

0,24

0,20

0,16 -

0,12

0,08

0,04

A—A

o Iniettare A A Iniettore B

0,1 0,2 0,3 0,4 0,5

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8.5Comportamento effettivo del gruppo di iniezione

peratura sufficientemente bassa. Èinoltre importante limitare il più possibile il volume del pozzetto compreso fra la sede conica dello spillo ed i fori calibrati dell’ugello, per evitare gocciolamento in ca­mera di combustione e controllare le emissioni di incombusti (vede­re la Figura 12.15).Esaminando ora l’iniettore da un punto di vista più propriamente fluidodinamico, occorre ricordare che normalmente la punta dell’ot­turatore resta così vicina alla sede, da svolgere la funzione di ugel­lo di controllo dell'iniezione del combustibile nel cilindro. L’alzata dello spillo, infatti, è mantenuta entro valori tali da offrire al fluido una sezione di passaggio fra spillo e sede prossima ad 1,5 volte l’area totale dei fori dell’iniettore. Per poter facilmente calcolare la quantità di combustibile iniettata, conviene anche in questo caso sostituire tutte le sezioni di controllo del flusso di un iniettore con un’unica sezione equivalente (di area efficace Aeq), ottenuta in base alla condizione che essa smaltisca la medesima portata di combu­stibile delle effettive sezioni dell’iniettore, sotto la medesima diffe­renza di pressione. Tale area efficace è funzione dell’alzata dello spillo e definisce la caratteristica fluidodinamica dell’iniettore (ve­dere esempi in Figura 8.19). Essa viene utilizzata per calcolare la quantità di combustibile iniettata in un dato istante, una volta nota la pressione nell’iniettore e l’alzata dello spillo.

L’operazione di messa a punto di un apparato d’iniezione richiede la conoscenza delle condizioni di moto effettive e dell’influenza re­ciproca dei singoli costituenti il sistema in esame. Questo risultato può essere raggiunto solo considerando il comportamento tipica­mente instazionario del gruppo: pompa - tubazioni - iniettore, senza accontentarsi di un’analisi semplificata, limitata ai singoli costituenti e basata sull’ipotesi della quasi-stazionarietà, del tipo fatta nei pa­ragrafi precedenti.Si può inoltre osservare che i problemi posti dall’iniezione di com­bustibile in un motore Diesel sono simili a quelli che si incontrano nello studio delle condotte idrauliche a regime rapidamente variabi­le. In questo secondo caso tuttavia, l’interesse principale risiede normalmente nel determinare gli sforzi cui è sottoposta la costru­zione, quando è soggetta ad una brusca variazione delle condizioni di moto del fluido che l’attraversa. Nel caso invece di un sistema d’iniezione i problemi di maggiore importanza sono i tempi e le am­piezze dei cambiamenti di velocità e di pressione nel flusso di com­bustibile, i quali vanno ad influenzare la fasatura e le modalità del­l’iniezione. L’analisi dettagliata di questi fenomeni risulta però, in genere, piuttosto complessa, per cui vale la pena di svilupparla qui di seguito in maniera schematica ed intuitiva, rinviando al paragrafo8.5.3 per un cenno ai modelli di calcolo più significativi per la simu­lazione del comportamento reale di un gruppo di iniezione.

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8.5.?Andamento della pressione nella tubazione

La pressione che regna nella tubazione che collega la pompa al­l’iniettore durante la fase di mandata dipende dalla quantità di com­bustibile iniettato per ciclo e dalla rapidità con la quale esso viene iniettato. All’inizio della mandata, il combustibile nella tubazione (di sezione Sx) subisce una variazione di velocità A h , tale che:

A m 5 , = portata della pompa.

Accanto a quest'impulso di velocità, nella tubazione se ne crea uno di pressione Ap, che si sposta con la velocità di propagazione del suono a nel sistema considerato. Il legame tra i due impulsi si trova facilmente osservando che il fenomeno può essere schematizzato mediante l’introduzione del volume AV = A m Sx nel volume V = a S v Supponendo, per semplicità, rigida la tubazione e ricordando la definizione di modulo di comprimibilità E del combustibile, che rap­presenta l’incremento di pressione Ap necessario a produrre una variazione volumetrica specifica A VIV unitaria:

E = Ap i (AVIV) 8-19

si ricava, in questo caso:

Ap i E = A V / V = A uSJ(aSt)

da cui:A p = ( E / a ) A V 8-20

la quale stabilisce che l’intensità dell’onda di pressione risulta pro­porzionale a quella della velocità di spostamento del fluido. Ricor­dando che E è funzione crescente della pressione e decrescente della temperatura (mediamente E = 1600 + 1800 MPa) e che la massa volumica del combustibile vale p, = 850 + 880 kg/m3), si ot­tiene per a il valore:

a = j E / p , = 1300 + 1450 m /s 8-21

Ora, se la sezione efficace Aeq dell’iniettore avesse un valore A * , tale che l’onda di pressione Ap vi generi una portata iniettata esattamente uguale a quella fornita dalla pompa, ossia:

A*eq = A m St / J~2 Api pi 8-22

si raggiungerebbe istantaneamente nella tubazione un regime per­manente. Se, invece, èAeq < A*q(caso più frequente all'inizio della mandata, per avere elevate velocità di iniezione), la portata manda­ta Au S, è superiore a quella iniettata. Una portata pari alla differen­za, e quindi, per la 8-20, un’onda di pressione, si riflette verso la pompa.Quest’onda, arrivata alla pompa, si riflette di nuovo, producendo un incremento di portata verso l’iniettore. Come conseguenza, la pressione nel tubo di iniezione va crescendo per passi successivi

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Figura 8.20 - Costruzione grafica che illustra in modo schematico sul piano pressione-tempi, il trasferimento all'iniettore dell'onda dì pressione prodotta dalla pompa, sotto forma di impulsi elementari che percorrono il sistema alla velocità del suono. A l crescere della lunghezza L della tubazione, in rapporto alla distanza L m percorsa dal suono nella durata angolare dell’iniezione, l ’onda di pressione appare trasmessa in forma sempre più distorta.

(Figura 8.20), ad intervalli di tempo pari a: Ai, = L / a (L = lunghezza tubazione), per tendere verso il valore asintotico deducibile dalla 8-22:

A p _ | JA jpS ,)2 8 _2 3

Si noti che tale valore è indipendente dalla sezione St della tuba­zione, in quanto nella 8-23 compare il termine Am St = mandata pompa. Se, invece, è Aeq> Ae* (come avviene verso la fine della mandata), la pressione di iniezione tenderà a decrescere, in manie­ra analoga, verso il valore iniziale. Come si può notare nelle Figure8.20 e 8.21, le onde riflesse si sovrappongono all'onda iniziale in maniera diversa a seconda del valore della lunghezza L della tu­bazione, che conviene rapportare alla distanza L m percorsa dal­l’onda nella durata angolare dell’iniezione 9in*.Sulla base della semplice costruzione grafica mostrata nelle Figure8.20 e 8.21, si possono trarre allora le seguenti conclusioni:— la curva di pressione prodotta dalla pompa è trasmessa all’iniet­

tore in modo deformato e questa alterazione risulta tollerabile finché èL < L J 4;

* Dalla definizione data si ha immediatamente:

a [ m /s l 0|n [° ]¿in = ------------------- ------------------ “ 4 in / ^ M

» ri [g iri/ s ] 360 I giro] L J

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Figura 8.21 - Nel caso di lunghe tubazioni (L = L J 2 e L = L J l ’onda di pressione prodotta dalla pompa appare trasmessa all’iniettore in modoeccessivamente deformato. Si creano così fenomeni oscillatori, che possono alterare la legge di apertura dell’otturatore.

— al diminuire della velocità n del motore L m aumenta, quindi per una tubazione di data lunghezza, il rapporto L / L,n diventa fa­vorevole alla regolarizzazione dell’impulso trasmesso;

— al ridursi del carico la durata dell’iniezione 0in ed L in diminui­scono e quindi il rapporto L / L in peggiora.

A partire da un certo alesaggio, diventa impossibile, nel caso di motori rapidi, utilizzati ai carichi parziali, conciliare l’esigenza L < L m! 4 con l'adozione delle pompe in un unico blocco. Si potrà allora passare ad un sistema di pompe singole situate vicino a cia­scun cilindro, od agli iniettore-pompa.Questa trattazione schematica dei fenomeni oscillatori che si han­no nel gruppo d'iniezione presenta il vantaggio di concretizzare l’aspetto fisico del problema e di sottolineare l’influenza esercitata dalla lunghezza del condotto, anche se i risultati ottenuti per questa via sono solo qualitativi.

Page 340: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

8.5.2Ritardod’iniezione

Nel discutere i diagrammi di pressione e di alzata dello spillo del­l’iniettore ad apertura automatica di Figura 8.18, si è già osservato che l’ago incomincia a sollevarsi con un certo ritardo, rispetto alla messa in pressione del combustibile da parte della pompa. Più pre­cisamente si definisce ritardo a ll’iniezione il tempo (o l’angolo di manovella) che intercorre fra l’inizio della mandata effettiva, conse­guente la chiusura della luci di alimentazione ad opera del pompan­te, e l’istante in cui l’otturatore incomincia a sollevarsi (Figura 8.18).Con lo scopo di evidenziare l’influenza dei più importanti parametri motoristici, il fenomeno può essere schematizzato in termini al­quanto semplificati [5]. A tale scopo basta osservare che, a causa delle alte pressioni in gioco, nella tubazione d’iniezione il combusti- bile non può essere ritenuto incomprimibile. Di conseguenza, prima che la pressione nell’iniettore abbia subito un incremento Ap capa­ce di vincere la forza elastica della molla, bisogna che lo stantuffo della pompa abbia corrispondentemente ridotto il volume del com­bustibile compreso nel tubo di collegamento con l’iniettore. Ricor­dando la 8-8, la frazione di corsa ACP del pompante (di sezione Sp) necessaria per aumentare la pressione di Ap, sarà esprimibile in funzione del volume V di combustibile interessato, mediante la relazione:

SP A C P = V ^ = S, L ^

avendo ammesso che la maggior parte del volume V sia compresa nella tubazione lunga L e di sezione St. Detta vP la velocità di avan­zamento del pompante (deducibile dalla legge di moto imposta dalla camma: vedere la Figura 8.16), allo spostamento ACP corri­sponde un ritardo temporale:

Ai, = ^ = — ÌLl &P l 8-24Vp Vp Sp E

Una seconda causa di ritardo neH’apertura dell’iniettore è dovuta al fatto che occorre un intervallo di tempo At 2 perché l’onda di com­pressione prodotta dallo stantuffo all’esterno della tubazione dal lato della pompa si propaghi attraverso il combustibile con la velocità del suono a (data dalla 8-10), raggiungendo l’ago dell’iniet­tore. Tale tempo potrà essere semplicemente calcolato con la rela­zione:

A t2 = L I a 8-25

Per avere un ordine di grandezza del ritardo globale At dovuto alle due cause considerate, supponiamo, in prima approssimazione, di poterne sommare gli effetti. Passando dai tempi agli angoli dì rota­zione dell’albero motore, grazie alla relazione:

Q = w t = 2 j i n t = n t u f, / C

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(con: u p= 2 C n velocità media dello stantuffo motore; C = corsa motore), si avrà, per le 8-24 ed 8-25:

A0 _ „ ( “ n ^ ^ + « w s_265P E a ) C

Questa espressione mette in evidenza l’influenza dei principali para­metri motoristici e geometrici sul ritardo d’iniezione. In particolare, si può osservare che la lunghezza delle tubazioni (o, meglio, il rappor­to L / C) influenza in maniera uguale le due cause discusse del ritar­do, perché amplifica in maniera proporzionale entrambi gli addendi della 8-26. Appare quindi evidente l’opportunità di utilizzare tubi di lunghezza uguale per collegare la pompa multipla con i vari cilindri, in modo da avere uguali ritardi d’iniezione, eliminabili con un oppor­tuno anticipo dell’albero a camme di comando della pompa.I valori di Ap sono invece quelli che fanno cambiare l’influenza relativa dei due contributi considerati. In un motore veloce a quattro tempi, i più bassi Ap (legati all’uso di un combustibile meno viscoso) fanno sì che il peso di Atz sia circa doppio di quello di A tv La situazione inversa si verifica per i motori Diesel lenti a due tempi*.

8.5.3Modellidi simulazione dei sistemi d’iniezione

Il lavoro di messa a punto dell’apparato di iniezione è normalmente molto oneroso perché, oltre a richiedere il conseguimento di carat­teristiche di pressione e durata di iniezione legate ad un buon an­damento della combustione** deve mirare ad ottimizzare, in tutto il campo di funzionamento richiesto dal motore, le condizioni di moto di tutti gli elementi del gruppo che sono tra di loro strettamente in­terconnessi [30]. Per poter descrivere i vari fenomeni che regolano l’iniezione esterna sono dunque necessari modelli di previsione sufficientemente precisi che, affiancati a tecniche di misura pari- menti efficaci, facilitino il compito di valutare l’influenza delle diver­se variabili in gioco.Fra i vari strumenti di questo tipo oggi disponibili, ci si limiterà qui a fornire un breve descrizione delle caratteristiche e delle prestazioni

* Da un punto di vista numerico, si possono considerare i seguenti esempi limite:1. motore veloce a 4 tempi, 4 cilindri, gruppo pompe al centro:

ap/ vf= 20; S, IS P= 1 /60; Ap = 20 M P a;L/C = 3; np= 10 m/s;A0 = 180° [(1 / 270) + (1 /1 40)] 3 = 2° + 4° = 6°

2. motore lento a 2 tempi, 8 cilindri, gruppo pompe a proravia:«p/ vv = 20; S,/SP = 1/60; Ap = 40 MPa; L / C = 14; «p = 5 m/s;A0 = 180° [(1 /135) + (1 / 280)] 14 - 19° + 9° = 28°

** In generale, occorrono pressioni elevate allo scopo di ottenere una buona polverizzazione, mentre la durata di iniezione influisce soprattutto sul rendimento.

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fornite dal modello presentato in [28], per la simulazione del com­portamento effettivo di un apparato di iniezione.Si tratta di un modello a parametri concentrati in grado di determi­nare l’andamento nel tempo della pressione e della velocità del combustibile in vari punti caratteristici dell’impianto, secondo una schematizzazione dei componenti (vedere la Figura 8.22) che pre­vede la suddivisione dell’apparato in volumi concentrati (volumi con tre dimensioni all’incirca dello stesso ordine di grandezza) e con-

1 Pompante 12 Spillo dell’iniettore2 ingresso combustibile 13 Rigidezza arresto spillo3 Camera della pompa 14 Smorzamento arresto spillo4 Smorzamento sede valvola 15 Molla chiusura spillo5 Rigidezza sede valvola 16 Smorzamento viscoso spillo

mandata 17 Camera di iniezione6 Valvola di mandata 18 Smorzamento viscoso sede7 Molla valvola di mandata spilloe Smorzamento viscoso valvola 19 Rigidezza sede spillog Camera mandata pompa 20 Fori di polverzzazione

10 Tubazione di mandata 21 Camera di combustione11 Camera mandata iniettore 22 Stantuffo motore

Figura 8.22- Schematizzazione dei principali componenti di un impianto d'iniezione, operato da un tipico modello [30] di simulazione del suo effettivo comportamento. Esso permette di prevedere l'andamento della pressione e della velocità del combustibile nelle sezioni di maggiore interesse deirimpianto e le condizioni di moto dei principali organi meccanici.

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Figura 8.23 - Andamento, in funzione dell’angolo di manovella, dell’alzata e della velocità della valvola di mandata di un tipico impianto d’iniezione, calcolato con un modello di simulazione del comportamento dell'intero gruppo. Correlando questi dati con lo sviluppo della pressione nei punti più significativi, risulta possibile ottimizzare i valori dei principali parametri geometrici della valvola.

E,

O

-<HOO

45 60 75 90

ANGOLI DI MANOVELLA [°]

105

dotti (volumi con una dimensione prevalente). La propagazione del­le onde di pressione generate dal pompante è simulata mediante la teoria delle onde sonore: la loro intensità viene regolata dai vincoli di continuità delle portate e di equilibrio delle pressioni nei volumi concentrati e nelle variazioni di sezione dei condotti. Lungo questi ultimi, i fenomeni sono considerati variabili nel tempo, mentre la de­scrizione dei volumi concentrati presuppone uniformità di pressio­ne, condizioni isoterme e velocità nulla aH’interno del volume.La simulazione fornisce, oltre aH'andamento delle pressioni e delle velocità del combustibile nei punti di maggior interesse, anche le condizioni di moto degli organi meccanici (come pompante, valvola di mandata e spillo del polverizzatore). La Figura 8.23 riporta, come esempio, le caratteristiche funzionali (alzata e velocità) della valvo­la di mandata di un tipico impianto di iniezione, calcolate con que­sto modello [30]. Esse permettono di porre in relazione il moto della valvola con l’andamento delle pressioni, consentendo un opportu­no dimensionamento di elementi come: diametro valvola, volume di distensione, molla di reazione e sezioni di efflusso.Analogamente, il modello offre la possibilità di determinare le stes­se caratteristiche per gli altri elementi dell’apparato di iniezione. La conoscenza, ad esempio, dell’andamento dei moti dello spillo del­l’iniettore in fase di apertura e chiusura è di estrema importanza, perché da essi dipende il modo in cui il combustibile viene introdot­

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to (all’inizio ed alla fine della mandata) nella camera di combustione in termini di portata e di velocità di efflusso, influenzando il valore del gradiente di pressione all’interno del cilindro e l’entità di alcuni tipi di emissioni nocive.L’impiego del modello di calcolo può essere orientato in due diver­se direzioni:— affiancamento della sperimentazione nell’interpretazione dei ri­

lievi eseguiti;— caratterizzazione degli apparati di iniezione per motori di attua­

le e futura produzione.In particolare, permette di eseguire su di un determinato impianto analisi parametriche del tipo:— determinazione della velocità ottimale del pompante, che rego­

la sia i gradienti di pressione, sia le pressioni massime d’inie­zione;

— valutazione dell’influenza di lunghezza e diametro dei condotti sulla fluidodinamica del sistema;

— valutazione dell’influenza dei diversi tipi di valvole con i relativi volumi di distensione e le sezioni di passaggio, sulla trasmissio­ne degli impulsi di pressione e sullo smorzamento delle oscil­lazioni a fine ciclo, che possono provocare riaperture dello spil­lo e formazioni locali di vapore aH’interno deirimpianto (cavi­tazione);

— analisi del comportamento del polverizzatore, con particolare attenzione ai gradienti di salita e discesa dello spillo, che in­fluenzano in modo significativo l’andamento della legge di inie­zione all’inizio ed aliatine del ciclo.

L’insieme di tutte queste informazioni permette di stabilire il corretto proporzionamento dell’apparato d’iniezione nel suo complesso, come risultato della sovrapposizione di singoli effetti, che in questo modo è possibile valutare separatamente.

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9. Moto della carica nel cilindro

9.)Importanza dei dettagli nei campi di velocità

In un motore volumetrico a combustione interna non è sufficiente preoccuparsi di riempire il cilindro con una certa massa di carica fresca all'inizio di ogni ciclo. I dettagli relativi alle condizioni di moto del fluido nel cilindro giocano infatti un ruolo nella determinazione delle prestazioni del motore, che non è certamente di minore impor­tanza di quello svolto dal riempimento stesso.Essi controllano: il processo di accensione del primo nucleo di mi­scela in prossimità degli elettrodi della candela e la successiva pro­pagazione del fronte di fiamma all’intera carica, nel caso del motore Otto; la preparazione della miscela aria-combustibile, grazie all’in­terazione del moto dell’aria con gli spray prodotti dal sistema di iniezione, l'accensione e combustione della carica premiscelata, nonché la combustione di quelle gocce che bruciano con fiamma di tipo diffusivo, nel caso del motore Diesel. Inoltre, in entrambi i tipi di motore, le condizioni di moto del fluido esercitano un influenza di primaria importanza: sullo scambio termico con le pareti al contor­no (condizionando i livelli di sollecitazione termica in questi organi e le perdite di calore) e sulla concentrazione degli inquinanti emessi allo scarico.Infine, bisogna tener presente che una delle principali caratteristi­che del moto del fluido nel cilindro di un motore è data dal fatto che esso non si ripete mai identico a se stesso nel passare da un ciclo al successivo, trattandosi di un campo di moto tipicamente turbo­lento. Ne deriva che non solo i dettagli del movimento della carica sono diversi da un ciclo all’altro, ma anche i fondamentali processi (miscelamento, accensione, combustione, scambio termico, ecc.) che essi influenzano. Le prestazioni del motore variano dunque da ciclo a ciclo, complicando non poco il lavoro necessario per una loro ottimizzazione ed analisi.In conclusione, si può dire che, poiché le condizioni di moto della carica nel cilindro giocano un ruolo fondamentale nel controllo di un motore, diventa essenziale essere in grado di capire la natura di questi campi di moto e predirne le caratteristiche in funzione dei parametri di progetto ed operativi del motore. Per la verità bisogna riconoscere che questa importanza era già stata intuita da tempo

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da parte dei più attenti ricercatori. L’obiettiva complessità dei feno­meni in gioco e la mancanza di appropriati strumenti di misura e dì calcolo, hanno però fatto sì che a queste intuizioni facessero se­guito solo limitate verifiche empiriche e di carattere globale de­gli effetti prodotti dalla modifica di alcuni parametri geometrici e motoristici.Soltanto in tempi recenti, lo sviluppo deH’anemometria a filo caldo e di quella basata sull’uso dei raggi laser, hanno permesso di ricava­re mappe dettagliate delle condizioni di moto nel cilindro e di miglio­rare sensibilmente le conoscenze in materia. I dettagli che queste tecniche sperimentali hanno potuto fornire e la disponibilità di com­puter sempre più veloci, hanno poi incoraggiato lo sviluppo di mo­delli di calcolo delle condizioni di moto, che permettono attualmente di tracciare un quadro abbastanza completo della situazione, po­tenziando notevolmente la capacità descrittiva dei rilievi sperimen­tali, che sono in numero necessariamente limitato (anche se spes­so molto elevato).Un esempio [15] di questo tipo è mostrato nelle Figure 9.2 e 9.3, dove si descrive la struttura del flusso entrante nel cilindro attraver­so un’unica valvola a fungo, disassata rispetto all’asse del pistone. I valori del vettore velocità ivi riportati in ciascun punto, sono i risulta­ti di una combinazione di rilievi sperimentali, effettuati mediante anemometria laser doppler nel canale compreso tra il fungo della valvola e la sede, e dei dati forniti da un modello tridimensionale che utilizza il sistema di mesh riportato in Figura 9.1. Le condizioni

« r- v - 1n -r- r-. t- v K - 1ii n ii ii A

Figura 9.1 - Sistema di mesh utilizzato per il calcolo tridimensionale del flusso entrante nel cilindro: Il volume compreso tra la testa del cilindro e la base della valvola è diviso in: 6 celle assiali x 16 radiali x 32 circonferenziali; mentre quello rimanente del cilindro contiene: 18 celle assiali x 23 radiali x 32 circonferenziali, per un totale di 16320 celle di calcolo globali. Le superfici di suddivisione delle celle in direzione: assiale, radiale e circonferenziale sono indicate rispettivamente con i valori dei loro parametri: I, J e K.

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sono quelle relative a: 120° dopo il PMS in fase di aspirazione, con valvola parzialmente aperta. La Figura 9.2 rappresenta la situazio­ne su due superfici assiali tra di loro perpendicolari (le sezioni: XX ed YY, illustrate in Figura 9.1), mentre la Figura 9.3 riporta i campi di moto su due piani circonferenziali: il primo comprendente ancora la zona valvola (/= 2), il secondo a distanza intermedia tra la testa ed il pistone (/= 19).Come si può notare la struttura del flusso risulta molto complessa-ed in essa si possono Individuare le seguenti regioni di circolazione:A — vortice toroidale situato tra la testa del cilindro e la parete, deri­vante daH’urto del getto entrante contro il cilindro;B — vortice toroidale collocato sotto il piattello della valvola, causa­to dall'urto del getto sulla testa del pistone;C — vortice circonferenziale prodotto dall’urto del getto d’aria en­trante contro la parete del cilindro;D — vortice principale sul piano circonferenziale, dovuto alla com­ponente tangenziale del moto della carica che entra nel cilindro;In generale si può dire che, durante la prima parte della fase di aspirazione, il campo di velocità è generato dal getto anulare pro­veniente dalla valvola, che subisce una brusca espansione nel ci­lindro. Interagendo con II flusso ivi presente, con le pareti del cilin­dro e con il pistone in movimento, crea una serie di vortici di tipo to­roidale e circonferenziale, i cui dettagli sono fortemente influenzati dalla geometria del sistema e dalle caratteristiche del flusso. Piccoli cambiamenti in queste ultime nel passare da un ciclo all’altro, pos-

Scala velocità

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Scala velocità {> 120 m/s

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Figura 9.2 - Condizioni di moto del fluido, a 120 ° dopo il PMS in fase di aspirazione: a)- sul piano assiale K= 1 e K= 17 (ossia sulla sezione XX); ty- sulla superficie assiale K =8eK = 26 (ossia sulla sezione YY). In entrambi i casi appare evidente la presenza di due vortici toroidali, l ’uno a lato (A) e l ’altro sotto il piattello della valvola (B).

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Figura 9.3 - Condizioni di moto del fluido, a 120 ° dopo il PMS in fase di aspirazione, su due piani circonferenziali comprendenti: a) la zona della valvola (in fase di apertura: I = 2); b) quella del cilindro a distanza intermedia tra la testata ed il pistone (7= 19). Le figure evidenziano la presenza di due vortici circonferenziali, l'uno dovuto all'urto del getto contro la parete del cilindro (C) e l ’altro alla componente tangenziale de! moto della carica entrante (D).

sono probabilmente provocare una sensibile «variazione ciclica» nei particolari delle condizioni di moto. I movimenti di insieme inte­ressanti gruppi consistenti di particelle si dimostrano poi piuttosto instabili, suddividendosi in vortici di dimensioni sempre più piccole con moti turbolenti tridimensionali.

9.2Caratterizzazione dellecondizioni di moto

Un aspetto tipico dei flussi turbolenti è dato dalla loro irregolarità e casualità, che rendono necessario l’uso di metodi statistici per la loro caratterizzazione. Questa viene effettuata di norma attraverso le seguenti quantità: per ogni grandezza G (ad esempio la velocità) se ne dà il valor medio, la sua fluttuazione attorno alla media, ed alcune scale relative di lunghezze e tempi caratteristici.

I campi di velocità che si realizzano nel cilindro di un motore sono variabili col tempo, principalmente per due motivi: i processi che li determinano (moto del pistone e delle valvole) sono periodici ed inoltre il tipo di moto stesso è immancabilmente turbolento, a causa della velocità e delle dimensioni caratteristiche in gioco. Il risultato globale che ne consegue è un flusso turbolento ed instazionario, le cui caratteristiphe non sono agevoli da quantificare per le ragioni che ora si vedranno.

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9.2.1Separazione del moto turbolento da quello medio

Un primo problema sta nell’introdurre una procedura corretta per la determinazione del valore medio della grandezza, cui fare riferi­mento per definire la componente turbolenta. Infatti, per una turbo­lenza stazionaria (i cui valori medi cioè sono indipendenti dall’istan­te di tempo) si può definire, in un determinato punto del campo, come valore medio temporale di una grandezza G la seguente quantità:

G = lim — r + ‘ G(t) dt 9-1

Grazie ad essa, si può allora esprimere il valore istantaneo G(t) in termini di valore medio G (indipendente dal tempo) e di una fluttua­zione g(f) intorno alla media:

G(t) = G + g(t) 9-2

Nel caso invece di un motore a combustione interna, per il quale non sia verificata la condizione di stazionarietà, si può pensare come primo tentativo di sfruttare la periodicità dei processi, per defi­nire una media opportuna che permetta di giungere ad un’espres­sione del tipo 9-2.Se si dispone di rilievi della grandezza G effettuati su di un numero di cicli N abbastanza elevato, ritenendo il flusso quasi-periodico, si può pensare di esprimere il valore istantaneo G(9, i) (relativo cioè ad un particolare valore dell'angolo di manovella 0 ed all’i-esimo ci­clo motore) come somma di due termini:

G(0, i) = G[ (0) + g(6, i) 9-3

Il primo rappresenta la «media d’insieme» della grandezza G, ef­fettuata su di un elevato numero di cicli consecutivi a 0=costante, definita matematicamente dalla:

G (0) = limN - * co 1 ^ 6 ( 0 , 0

N M9-4

Essa risulta funzione di 0 (e quindi del tempo) e caratterizza, per ogni posizione dell’angolo di manovella durante il ciclo, il valore di G relativo al moto medio, rispetto al quale è valutato il termine tur­bolento g(0, i). Si noti che qualora il moto medio (come caso parti­colare) diventi stazionario, i risultati forniti dalla 9-4 coincidono con quelli della 9-1. Si può quindi concludere che il concetto media d’in­sieme permette di definire (mediante la 9-3) la turbolenza nel caso di un flusso periodico, in termini del tutto analoghi a quelli relativi ad un processo turbolento stazionario (per il quale vale la 9-2).Questo modo di procedere è stato ampiamente utilizzato per analiz­zare le misure di velocità effettuate nel cilindro dei motori. Un esem­pio di questo tipo [1] è riportato in Figura 9.4, in cui si mostra l’an­damento della velocità in un punto prossimo alla candela in un mo­tore CFR* (trascinato durante l’intero ciclo), rilevato mediante un

* Motore usato per i rilievi di detonazione (vedere paragrafo 6.5).

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Figura 9.4 - Rilievo mediante anemometria a filo caldo della velocità dell’aria in un punto prossimo alla candela 'di un monocilindro CFR, trascinato senza accensione: a - valori della velocità istantanea del pistone in funzione dell’angolo di manovella; b - velocità istantanea rilevata durante lo svolgimento dell’i- esimo ciclo; c - velocità media d’insieme relativa a 100 cicli consecutivi ed intensità assoluta di turbolenza ad essa riferita.

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Figura 9.5 - Rappresentazione schematica della differenza che intercorre tra la media d’insieme G 1 (relativa a più cicli consecutivi) di una generica grandezza G(t), rappresentativa delle condizioni che si verificano airinterno del cilindro di un motore, e quella ottenutamediando i valori nell'ambito dello specifico ciclo considerato (G°). Tale differenza misura la «dispersione ciclica» della condizioni medie.

anemometro a filo caldo orientato in modo da «sentire» sia la com­ponente assiale che quella tangenziale. Elaborando i rilievi istanta­nei [7(9, i) (Figura 9.4b), relativi a 100 cicli consecutivi, si è ricavata la media d’insieme U 1 (0) della velocità durante il ciclo, mediante la 9-4. Ad essa (Figura 9.4c) è stata riferita la componente turbolentaii (0, i), espressa tramite il valore quadratico medio u definito dalla:

i / ( 9 ) = l im i / - ¿ « 2 ( 0 , 0 =v n ^

9-5

= Jì! l X [ t / ( 0 ,0 - ¿/'(0)]

e comunemente chiamato «intensità (assoluta) di turbolenza». Questo tipo di analisi presenta l’evidente vantaggio di sintetizzare informazioni relative ad un grande numero di rilievi, necessari per definire il comportamento medio del motore, ma ci si è ben presto resi conto [6+9] che può fornire risultati erronei.Purtroppo infatti, nel caso di un motore a combustione interna le condizioni di moto, non solo non sono evidentemente stazionarie, ma non sono neppure rigorosamente periodiche. Nel passare da un ciclo al successivo, cioè, cambiano i dettagli del moto turbolen­to, ma nello stesso tempo si ha anche una variazione più o meno marcata delle caratteristiche del moto medio.Questo concetto è illustrato in modo schematico in Figura 9.5, in cui è riportato:— l’andamento, in funzione del tempo, della grandezza istantanea

G(t) misurata all’interno del cilindro in una posizione fissa (linea continua);

osirLUzLUof iNLUQZ<oc0

TEMPO t

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— il suo valore relativo al moto medio nello specifico ciclo consi­derato Gc (linea a punti);

— la media di insieme G ', ottenuta utilizzando i dati relativi ad un elevato numero di cicli consecutivi (linea a tratto e punto).

La differenza tra questi ultimi due parametri rappresenta la «di­spersione ciclica» delle condizioni medie all’interno del cilindro. Nello schema di Figura 9.5 ¡1 fenomeno è un po’ enfatizzato, ma si è potuto constatare sperimentalmente [6] che esso può presentarsi in modo molto marcato in diverse situazioni reali. Se si definisce per­ciò la turbolenza presente in un motore mediante la 9-3, si includo­no inevitabilmente nei moti turbolenti le componenti dovute alla di-

Figura 9.6 a-b-Esempio dielaborazionedelle misure divelocità aH'intemodel cilindro di unmotoretrascinato,effettuatemedianteanemometrialaser-doppler,utilizzando unatecnica{/'interpolazione dei dati rilevati nell’ambito del singolo ciclo: a - valori medi nel ciclo, ottenuti interpolando i dati istantanei con una spline cubica;b - andamento della media d ’insieme relativa a più cicli consecutivi;

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ANGOLO DI MANOVELLA [°]

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Figura 9.6 c-d - Elaborando ulteriormente i dati istantanei di velocità si può ancora ottenere: c - la fluttuazione turbolenta riferita alla media d’insieme ed a quella risolta nel ciclo;d - la dispersione ciclica della velocità media.

spersione ciclica, che non possono owiamente influenzare i feno­meni di trasporto relativi allo specifico ciclo in esame. Lo sviluppo di medie d’insieme comporta inoltre lo svantaggio di perdere le infor­mazioni relative ai cicli individuali, per arrivare a caratterizzare il comportamento del motore con grandezze relative ad un «ciclo me­dio». Quest’ultimo per certi aspetti è più significativo di un ciclo sin­golo (che scelto a caso potrebbe presentare caratteri molto partico­lari e lontani dai medi), ma non ha una sua esistenza fisica reale.Per questo motivo attualmente si preferisce caratterizzare in gene­re le condizioni di moto con informazioni «risolte nel ciclo», limitate cioè al singolo ciclo, che si svolge effettivamente nel cilindro di_un motore. È però tuttora aperto il problema di come ricavare G°,

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ANGOLO DI MANOVELLA [°]

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senza procedere in modo troppo arbitrario. A tale scopo si è infatti cercato [3] di utilizzare il principio di media temporale (secondo la 9-1), scegliendo opportunamente l'intervallo di tempo T, che deve risultare ovviamente piccolo rispetto al periodo del ciclo, ma signifi­cativo per individuare un andamento medio del flusso. Per T ten­dente a 0, infatti, Gc viene a coincidere con il valore istantaneo G(t) ed il contributo della componente turbolenta g(t) viene annullato: l’intero segnale è cioè attribuito al moto medio. Per T tendente a viceversa, si attribuiscono al moto turbolento anche le variazioni del moto medio che si verificano durante il ciclo.

Un secondo modo di procedere parte dall’osservazione che nel moto della carica in un motore sono presenti in modo evidente (vedi per esempio la Figura 9.4) variazioni di velocità a due diversi livelli di frequenza: quelle a bassa frequenza corrispondono ai feno­meni legati ai moti ciclici del pistone e delle valvole, mentre quelle ad alta frequenza evidenziano i moti turbolenti veri e propri della carica. Sì è quindi pensato [4, 5] di filtrare il segnale rilevato, in modo da eliminare le componenti a bassa frequenza (legate allo svolgimento del ciclo ed alla dispersione ciclica), per ottenere un segnale «reso stazionario», contenente le informazioni relative alla sola turbolenza. Queste ultime possono allora essere definite tra­mite le 9-1 e 9-2, facendo riferimento a medie temporali. Resta tut­tavia arbitraria la scelta della frequenza di filtraggio. Un alto valore della frequenza di taglio comporta infatti l’attribuzione al moto me­dio di componenti che potrebbero essere di tipo turbolento e vice­versa per valori troppo bassi.

Un terzo modo di procedere, oggi molto usato soprattutto per ana­lizzare i dati di velocità rilevati puntualmente mediante anemome- tria laser-doppler, si propone di ricavare le caratteristiche della tur­bolenza relative al «singolo ciclo», mediante una tecnica di «interpolazione» dei dati rilevati [8] Si suppone cioè che il valore istantaneo locale rilevato per la generica grandezza G(0, i ) si pos­sa considerare come una specie di perturbazione provocata dalla turbolenza, rispetto al valore Gc(0) relativo al moto medio d’insie­me della carica. Quest’ultimo può quindi essere determinato interpolando, con i criteri tipici della statìstica, le misure istantanee effettuate durante un solo ciclo motore, in modo da definirne la va­riazione durante il ciclo.

La Figura 9.6 mostra una serie tipica di rilievi di velocità effettuati in un monocilindro trascinato ed elaborati con questo criterio [8]. In Figura 9.6ajsono riportate le variazioni lungo il ciclo dei valori medi dì velocità U c (ottenuti interpolando i dati istantanei mediante una spline cubica), relativi a tre cicli consecutivi. La Figura 9.6b fornisce per confronto l’andamento del valore U l ottenuto effettuando una media d’insieme su più cicli consecutivi. Le fluttuazioni turbolente, espresse attraverso il valore quadratico medio u'della componente turbolenta (9-5) riferite sia alla media d’insieme U 1 che alla media relativa al singolo ciclo U c, sono confrontate in Figura 9.6c, mentre la differenza tra le due curve (che può essere considerata come la variazione ciclica della velocità media) è mostrata in Figura 9.6d.

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9.2.2Scalecaratteristiche dei moti turbolenti

L’ultimo grafico evidenzia quindi l’errore che si sarebbe commesso definendo il moto turbolento con riferimento alla U 1. In tal caso si sarebbero attribuite alla turbolenza anche queste componenti, dovu­te in realtà alla dispersione ciclica. Esse appaiono in genere tanto più consistenti quanto più bassa è la velocità media, per cui in alcuni periodi del ciclo (quali la fase di compressione) possono alterare sensibilmente il quadro della «effettiva turbolenza» presente nel ci­lindro, che si cerca di rappresentare. Bisogna, infine, tenere presen­te che anche questo terzo criterio di analisi contiene una scelta arbi­traria del grado di precisione usato per la tecnica di interpolazione: quanto più esso è basso, tanto più si attribuiscono al flusso turbolen­to componenti proprie del moto medio e viceversa.Per concludere si ricorda che le incertezze evidenziate in questo pa­ragrafo non sono ovviamente limitate all’analisi delle condizioni di moto nei motori, ma riguardano in genere lo studio di tutti i moti turbo­lenti, per i quali le scale tipiche dei tempi non siano decisamente grandi rispetto agli intervalli di tempo utilizzabili per mediare i dati rilevati. Finché non si saranno trovare soluzioni in proposito del tutto soddisfacenti, è importante che chi utilizza le informazioni ricavate con le attuali tecniche di analisi, tenga ben presente le loro limitazioni.

Per cercare di caratterizzare il campo di moto in un cilindro, oltre alle velocità medie ed a quelle turbolente, è utile introdurre alcune scale spaziali e temporali caratteristiche, il cui significato può esse­re precisato facendo riferimento alla Figura 9.7. In essa sono rap­presentati i vortici di maggiori dimensioni prodotti dal getto di fluido che entra nel cilindro, che degenerano rapidamente in moti vortico­si di dimensioni sempre più piccole, nei quali per effetto viscoso si dissipa l’energia cinetica dovuta al moto medio.In questa struttura si distinguono normalmente tre diverse scale di lunghezza, il cui significato fisico è qualitativamente indicato in Fi­gura 9.7. La scala integrale delle lunghezze L l dà una misura delle dimensioni dei vortici maggiori, che sono confrontabili con i valori dell'alzata delle valvole, durante l'aspirazione, oppure con l’altezza dello spazio disponibile per il fluido tra il pistone e la testata, verso la fine della compressione. Una sua definizione precisa può essere data tenendo presente il fatto che due punti che si trovano a distan­za x, piccola rispetto ad I , , avranno profili di velocità che sono cor­relati tra loro, mentre per distanze grandi rispetto ad L [ non sussi­sterà alcuna relazione tra di essi. Occorrerà perciò misurare simul­taneamente in due punti (x0 e x0 + x) il campo di moto e calcolare il relativo coefficiente di autocorrelazione spaziale:

dove con le barre sovrapposte ai termini di velocità si sono indicate le relative medie temporali. L’andamento qualitativo di Rx con la di-

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Figura 9.7 - Rappresentazione schematica dei moti turbolenti prodotti da un getto d’aria entrante nel cilindro attraverso la valvola d'aspirazione. I moti organizzati sulle scale spaziali maggiori (L = scala integrale delle lunghezze) degenerano in vortici di dimensioni nettamente più piccole (L M= microscala delle lunghezze), fino ad arrivare ai microvortici, in cui si dissipa l'energia cinetica del flusso attraverso il moto viscoso molecolare (L K= scala di Kolmogorov delle lunghezze).

stanza x è rappresentato in Figura 9.8 [Rx tende ad 1 per x —* 0 ed Rx -* 0 per x —> 00 ). L’area sottesa da questa curva rappresenta per definizione la scala integrale delle lunghezze:

L x = J Rk dX 9-7

misura media delle dimensioni dei vortici maggiori, condizionate dalla geometria al contorno del sistema fluido.Contemporaneamente si può definire una scala integrale dei tempi i, (= tempo per II quale il segnale di velocità in un punto conserva il proprio andamento caratteristico), facendo riferimento ad una posi­zione fissa nello spazio, ma alle condizioni di moto relative a due istanti diversi: t0 e t0+t. Calcolando a partire dai dati di velocità il coefficiente di autocorrelazione temporale Rt tra le fluttuazioni di velocità wt0 all’istante di riferimento t0 e u t all’istante t0+r.

la scala integrale dei tempi è definita dalla relazione:co

Ti = R, dt 9-9

Essa dà una misura del tempo medio impiegato da un grosso vorti­ce a passare attraverso il punto di osservazione, oppure nel caso di un flusso privo di moto medio, del tempo di vita del vortice.I vortici di maggiori dimensioni sono instabili, perché creano nel flusso dei gradienti di velocità, cui sono associati sforzi tangenziali di natura viscosa. Questi ultimi producono vortici di dimensioni

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sempre più piccole, nei quali l’energia cinetica del flusso è dissipata in calore per azione viscosa. Per descrivere questo processo si può allora fare riferimento ad altre due scale di lunghezza e corrispon­dentemente di tempi.La prima è detta microscala (di Taylor) delle lunghezze LM e può es­sere definita matematicamente tenendo presente che la funzione di autocorrelazione spaziale Rx (Figura 9.8), sviluppata in serie di Taylor, può essere approssimata ad una parabola per x molto picco­li. Il valore per il quale questa parabola osculatrice interseca l’asse x, de­finisce matematicamente la microscala delle lunghezze nel punto x0:

L \ = ------------------------ 9-10(d2f l x /dx2)x, x0

Essa può essere interpretata come misura della spaziatura tra i vortici dissipativi più piccoli oppure dell’intensità del gradiente loca­le della fluttuazione turbolenta, attraverso la relazione:

i “ ~ ^ 9-11d x L M

Ad essa si associa una corrispondente microscala (di Taylor) dei tempi t m, definita analogamente alla 9-10 dalla relazione:

T. 2 ------------ =--------- 9-12( d ^ . / a r V . o

che può essere vista come un indice del reciproco della frequenza con cui ci si imbatte nei piccoli vortici dissipativi presenti nel campo di moto turbolento.Sotto ipotesi molto restrittive (che raramente si verificano pienamen-

Figura 9.8 - Andamento del coefficiente Ry di autocorrelazione * spaziale tra i valori di velocità rilevati in due punti del campo di moto, in funzione della loro distanza relativa. Questo diagramma permette di definire il valore della scala integrale delle lunghezze L f come area sottesa dalla curva Rjx), e la microscala delle lunghezze L w come intersezione con l ’asse delle ascisse, della parabola osculatrice della curva R jx ) nell’origine.

OZLUZoNHIirccooOH3<QLLLi-LUOO

DISTANZA x

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te nel caso dei motori), quali: l’isotropia (assenza di direzioni privilegia­te), flusso medio quasi-stazionario, livello di turbolenza poco elevato (u' / U « 1), tra le scale introdotte sussistono le seguenti relazioni:

= Ù T, L U = U XM 9-13che permettono di passare dalle scale dei tempi a quelle delle lun­ghezze, semplificando sensibilmente il lavoro sperimentale, poiché le prime sono molto più semplici da rilevare delle seconde.Infine, le dimensioni caratteristiche dei più piccoli vortici, in cui si dissipa l’energia cinetica del flusso attraverso il moto viscoso mole­colare, sono Indicate dalla scala di Kolmogorov delle lunghezze Lv, che l’analisi dimensionale lega alla velocità di dissipazione del­l ’energia cinetica per unità di massa e ed alla viscosità cinematica v del gas attraverso la relazione:

L k = (v3/ e)1/4 9-14Ad essa si associa una scala di Kolmogorov dei tempi xk, misura del tempo di vita di questi microvortici, data dalla relazione:

Tk = (v /e ),/2 9-15L’ordine di grandezza di queste scale di lunghezza e di tempi per il moto turbolento tipico di un motore a combustione interna, è mo­strato nella Tabella 9.1. Tali parametri sono stati misurati [3] (o cal­colati) su di un monocilindro CFR funzionante a n = 33 giri/s, facen­do riferimento alla fase intermedia del processo di aspirazione ed a quella finale della compressione (quando il moto turbolento tende a farsi più omogeneo). Il rapporto tra la scala integrale e la microsca- la delle lunghezze si mantiene prossimo a 4, mentre i loro valori assoluti sono confrontabili con le dimensioni geometriche caratteri­stiche del sistema (nel caso specifico l’alzata massima della valvola e l’altezza dello spazio morto erano entrambi pari a 10 mm). Le cor­rispondenti scale dei tempi stanno all’incirca nello stesso rapporto, mentre x, risulta pari al 2 + 3% del tempo impiegato dal pistone a compiere una corsa (uguale nel caso specifico a 15 ms). Questo significa che i tempi di vita dei vortici di maggiori dimensioni sono piccoli rispetto al loro tempo di permanenza nel cilindro (durata del­la fase di aspirazione e compressione). I valori delle scale di Kol­mogorov mostrano infine che i processi dissipativi a livello moleco-

Tabella 9.1 Valori tipici dei parametri di turbolenza rilevati su di un monocilindro CFR [3]

u' ¿K T,

Metà(m/s) [m/s] [mm] [mm] [mm] [ms] [ms] [ms]

aspirazione 5,0 20 4 1 0,02 0,4 0,07 0,04Finecompressione 1,5 10 4 1 0,03 0,8 0,20 0,12

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Figura 9.9 - Accorgimenti utilizzabili per imporre un moto rotatorio, organizzato su di un piano circonferenziale (swirl), alla carica entrante nel cilindro:1 - valvola schermata, per far entrare il fluido secondo una direzione preferenziale:2 - condotto orientato, per dirigere il flusso entrante verso la parete del cilindro;3 - condotto elicoidale, capace di imporre al moto dell’aria una forte componente tangenziale, primadell’ingresso nel cilindro.

lare interessano regioni molto piccole (dell’ordine di 10-2 mm) ed avvengono in tempi relativamente veloci (dell'ordine di 10 5 s) ri­spetto ai processi a più larga scala.

9.3Movimenti rotatori organizzati della carica

A partire dalla fase di ammissione, si è visto che normalmente si formano nella carica entrante dei movimenti rotatori organizzati, sia sui piani perpendicolari all’asse del cilindro (piani circonferenziali: Figura 9.3), sia su piani passanti per tale asse (piani assiali: Figura 9.2). Essi esercitano un'influenza particolarmente importante sulla struttura del moto del fluido nel cilindro, perché tendono a persiste­re nel tempo. Questi moti organizzati favoriscono quindi un rapido rimescolamento tra il combustibile e l’aria ed accelerano la combu­stione, alimentando con la loro energia cinetica i vortici turbolenti di dimensioni via via più piccole. Per questo motivo, ner prossimi pa­ragrafi se ne esamineranno un po’ più in dettaglio le caratteristiche.

g_5 7 Con questo termine si intende il movimento rotatorio organizzatoJ . . della carica su di un piano circonferenziale, derivato dalla compo-

nente tangenziale della velocità del fluido che entra nel cilindro (Figura 9.3). Esso è influenzato principalmente dalla geometria del gruppo condotto-valvola di aspirazione.La Figura 9.9 mostra gli schemi di alcune soluzioni tipiche, adotta­te nei motori per ottenere il desiderato livello di swirl nella cari-

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ca entrante. A tale scopo sostanzialmente si usano due diversi ac­corgimenti'.— il movimento rotatorio tangenziale viene prodotto entro il cilin­

dro, come risultato dell’interferenza del flusso entrante con la sua parete o con uno schermo posto sulla valvola;

— Imprimendo al flusso un moto rotatorio attorno all’asse della valvola prima del suo ingresso nel cilindro.

Si verifica il primo caso con le soluzioni (a) e (b) di Figura 9.9. La via più antica per raggiungere questo risultato consiste infatti nel porre uno schermo (Figura 9.9a) su di una parte della circonferen­za della valvola di aspirazione, in modo da imporre al flusso entran­te una direzione preferenziale, con elevata componente tangenzia­le della velocità. Siccome in pratica solo una parte dell’area di pas­saggio viene utilizzata (quella priva di schermatura), ne derivano più elevate perdite di carico ed una diminuzione del riempimento agli alti regimi. La pratica della schermatura comporta inoltre parec­chi altri svantaggi: aumenta il peso della valvola, provoca distorsio­ni del fungo per effetti termici, richiede l’adozione di artifici per im­pedire la rotazione della valvola.Questa soluzione viene quindi in pratica adottata solo nella fase di sviluppo di un prototipo, mentre per i motori di produzione si usano praticamente: condotti orientati (Figura 9.9b) o condotti elicoidali (Figura 9.9c), nei quali le caratteristiche del flusso entrante sono più strettamente definite dalla geometria del condotto. Nel primo

Figura 9.10- Rappresentazione schematica dell’apparecchiatura utilizzabile per caratterizzare, in condizioni di flusso stazionario, lo swirl prodotto dal sistema di aspirazione.Attraverso il rilievo del movimento rotatorio, imposto dal flusso entrante ad una ventolina di misura, è possibile determinare alcuni indici di tipo sintetico delle caratteristiche del campo di moto (rapporto e numero adimensionale di swirl).

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caso essa è tale da conferire al getto uscente dalla valvola una di­stribuzione di velocità non uniforme sulla circonferenza, in modo da orientare il flusso verso la parete del cilindro, che gli impone a sua volta un moto tangenziale di swirl. Nel secondo caso il condotto porta il fluido, con una forte componente tangenziale, nella zona sovrastante la luce scoperta dalla valvola, da cui poi esso discende con rapido moto elicoidale verso il cilindro.Caratterizzare lo swirl prodotto da un sistema di aspirazione, attra­verso i dettagli del campo di moto generato, si rivela tuttavia un’operazione estremamente difficoltosa. Per questo motivo risul­ta ancora molto utile il ricorso ad analisi di tipo sintetico, effettuate in condizioni di moto stazionarie. Partendo da un modello del gruppo condotto-valvola, con una procedura simile a quella de­scritta nel paragrafo 2.5.2, oltre al rilievo del coefficiente di efflusso (Figura 2.7), è possibile ricavare un indice dello swirl prodotto, tra­mite un apposito misuratore. Nel caso più semplice quest’ultimo è costituito da una leggera ventola libera di ruotare attorno ad un asse coincidente con quello del cilindro (Figura 9.10). Essa è po­sta ad una distanza prefissata dalla testata, generalmente pari al­l’alesaggio o ad un suo multiplo (per esempio, 1,75 D). Se ne mi­sura la velocità angolare di rotazione cos, la quale viene assunta normalmente come indice dello swirl prodotto. Per agevolare il confronto tra diverse geometrie, spesso i risultati sono presentati in forma adimensionale, facendo riferimento ad esempio ad un rapporto di swirl Rs, definito come rapporto tra una velocità carat­teristica del moto di swirl (= coSD ) ed una rappresentativa del moto assiale del fluido. Per quest’ultima, di solito si assume convenzio­nalmente la velocità, che corrisponde ad un flusso comprimibile ed isoentropico dovuto al salto di pressione Àp,„ mantenuto a ca­vallo della valvola durante la prova (v.s = a01 «5, (Apv/p01)), ottenen­do così:

/-?„ = oo-D/ v. 9-16S S isSecondo alcuni ricercatori [16], misure più attendibili si possono

ottenere sostituendo la ventola con un misuratore formato da un elemento a nido d’ape, libero di ruotare attorno ad un asse parallelo a quello del cilindro (Figura 9.11). Esso viene sottoposto al momen­to della quantità di moto (rispetto all’asse di rotazione), impresso al flusso dal gruppo condotto-valvola in prova e ne dà una misura at­traverso la coppia Ms necessaria per mantenerlo fermo. Si può allo­ra definire [16] un numero adimensionale di swirl Ns, attraverso la seguente relazione:

N = 8 M / rii D / v . 9-17S S ISdove: ni è la portata in massa misurata durante la prova eseguita in condizioni stazionarie.Questa procedura, se usata con attenzione e senso critico, può for­nire, per confronto, informazioni sintetiche molto valide per la carat­terizzazione della capacità di una data geometria di produrre swirl in aspirazione. Essa presenta però evidenti limitazioni, dovute al fatto che il moto dell’aria cambia, man mano che essa scende nel cilindro, per cui la velocità di rotazione della ventola dipende dalla sua posizione lungo l’asse, ed inoltre si possono ottenere misure falsate dalla presenza di più vortici ruotanti in senso inverso.

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Figura: 9.11 - Dispositivo per la misura del momento della quantità di moto di un flusso che attraversa la matrice a nido d’apedell’elemento libero di ruotare attorno al proprio asse. Una cella di carico misura la forza che deve essere applicata per impedirne la rotazione. Da essa si ricava quindi il valore della coppia cercato.

—jOCècoQ

□<oocLU

0,3

Figura 9.12 - Valori del numero adimensionale di swirl e del coefficiente d’efflusso, in funzione del rapporto alzata/diametro della valvola, ottenuti mediante schermatura di diversa apertura angolare (90°, 120°, 150°), disposta sulla valvola d’aspirazione, sempre nella posizione di massimo swirl prodotto.

0,2 -

0,1

0,0

A n j

0C)oA>

- O 90° Schermat.

A 120“ Schermat.

f~~l 150° Schermat. . 1 i

0 0,1 0,2 0,3

RAPPORTO ALZATA/DIAMETRO VALVOLA h' / dt,

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Figura 9.13 - Confronto tra i valori del numero adimensionale di swirl e del coefficiente d’efflusso, in funzione del rapporto alzata/ diametro della valvola, ottenuti mediante un condotto orientato ed una valvola con schermatura a 150°. La prima soluzione non è in grado di produrre swirl alle piccola alzate, a causa della bassa velocità dell’aria, mentre a piena apertura ne genera uno molto intenso, accompagnato però da bassi valori del coefficiente d’efflusso.

I rilievi effettuati in condizioni di flusso stazionario mostrano ad esempio [2] che, nel caso di swirl ottenuto munendo la valvola di aspirazione di uno schermo (Figura 9.12), ampliando l’apertura an­golare dello schermo (da: 90° a 120° e 150°), si aumenta la com­ponente della quantità di moto sul piano tangenziale (misurata da A/s), ma si riduce il coefficiente di efflusso perché diminuisce la fra­zione di area della luce utile per il riempimento del cilindro.I condotti orientati tendono ad essere poco efficaci [2] come gene­ratori di swirl alle piccole alzate (Figura 9.13) dal momento che la velocità del fluido nel condotto d’aspirazione risulta troppo bassa, perché la sua particolare geometria possa imporre una disuguale distribuzione del getto lungo la periferia della valvola. Alle maggiori alzate essi invece sono molto efficaci al fine di produrre swirl, ma presentano dei coefficienti di efflusso bassi, poiché viene usata per smaltire portata solo una parte dell’area della luce scoperta dalla valvola. Un miglioramento da questo punto di vista si ottiene con i condotti elicoidali, mediante i quali si possono avere (Figura 9.14) dei coefficienti di efflusso sensibilmente migliori di quelli offerti da una valvola schermata [2] e coefficienti di swirl elevati anche alle basse alzate.

0 0,1 0,2 0,3

RAPPORTO ALZATA/DIAMETRO VALVOLA h' / dM

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Figura 9.14 - Confronto tra i valori del numero adimensionale di swirl e dei coefficiente d’efflusso, in funzione del rapporto alzata/ diametro della valvola, ottenuti mediante un condotto elicoidale ed una valvola con schermatura a 150°. Con la prima soluzione i coefficienti di swirl sono nettamente superiori alle piccole aperture, mentre quelli di efflusso sono sempre più elevati.

9 .3.2 Tumble

2

IcoQ

U1_i<

COzLU

Q<occLU

OOCOco3LI­LLI

LUOO

RAPPORTO ALZATA/DIAMETRO VALVOLA h' / (),,

Con il termine tumble si indica un moto rotatorio organizzato su di un piano passante per l’asse del cilindro, che incomincia a formarsi durante la fase di aspirazione (Figura 9.15) ed è poi sostenuto ed amplificato verso la fine di quella di compressione (Figura 9.16).

Anche con un condotto di tipo tradizionale si forma durante il pro­cesso d’aspirazione un vortice su di un piano assiale, nella zona sottostante il piattello della valvola (Figura 9.2a: vortice B). Esso è la conseguenza dell’interazione del flusso entrante con la prete del cilindro (dalla parte dello scarico) e la testa del pistone. In questo caso però esso ha generalmente una durata limitata nel tempo sia per la sua modesta entità, sia per la presenza di un flusso consi­stente in prossimità del cilindro dal lato dell’aspirazione, che può generare nella zona sottostante un vortice rotante in senso inverso (Figura 9.16a). Per intensificare il tumble occorre quindi disegnare un condotto che non solo acceleri il flusso entrante, ma anche lo diriga prevalentemente verso la zona sottostante la valvola di scari­co (Figura 9.15).

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Figura 9.15 - Andamento schematico, in un motore a quattro valvole per cilindro con testa a tetto, del flusso d'aria nel condotto d'aspirazione ed attorno alla sede delle valvole: a) nel caso di un gruppo di alimentazione tradizionale, bj nel caso di uno capace di produrre un buon vortice d/'tumble.

In un gruppo d’aspirazione tradizionale, infatti, le sezioni di passag­gio sono sufficientemente ampie perché le velocità si mantengano inferiori ai 50 + 60 m/s per contenere le perdite fluidodinamiche e la geometria del condotto orienta verso l’asse della valvola il flusso, che il fungo distribuisce poi quasi uniformemente su tutta la circon­ferenza. Per generare tumble bisogna invece [27, 29] ridurre le se­zioni di passaggio per portare le velocità a valori prossimi ai 90 -M20 m/s ed orientarle verso la valvola di scarico. In questo modo il flui­do, una volta entrato nel cilindro, interagendo con la canna e la te­sta del pistone, subisce una specie dì «capitombolo» (= tumble) che ne inverte la direzione di moto e lo organizza in un vortice su di un piano assiale.

Una successiva azione di pari importanza viene poi fatta su di esso dal movimento del pistone nella seconda parte della corsa di compressione (Figura 9.16b). Quando infatti il vortice viene schiac­ciato dalla risalita del pistone, vede ridursi il suo raggio giratorio, per cui dovrà aumentare la propria velocità per conservare (a meno delle inevitabili piccole perdite) il momento globale della quantità di moto. Se oltre a modificare il disegno del condotto si dispone uno schermo sulla valvola (Figura 9.16c), si accentua il tumble perché si blocca completamente il flusso entrante lungo la parete del cilin­dro dal lato aspirazione e si incrementa così il momento della quan­tità di moto del vortice che si forma inizialmente.

Anche per il tumble si può ripetere quanto già detto per lo swirl a proposito della difficoltà di una sua caratterizzazione attraverso i dettagli del campo di moto relativo. Risulta perciò ancora una volta utile il ricorso ad analisi di tipo sintetico, effettuate in condizioni di moto stazionarie. Oltre alle apparecchiature cui si è già accennato nelle descrizioni precedenti, in questo caso occorre inserire tra la

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Figura 9.16 - Condizioni di moto schematiche del fluido nel cilindro, su di un piano parallelo al sua asse, durante la seconda parte della corsa d'aspirazione e la prima di quella di compressione nel caso di: a) condotto tradizionale con tumble molto debole; b) condotto capace di produrre un medio tumble; c) condotto sagomato e schermo sulla valvola per ottenere un tumble intenso.

SCAR. ASP.

PMIa,) TRADIZIONALE

ASPIRAZIONE

■30°

/ M i

G

PMI

' V I

rJ

COMPRESSIONE

30°

/

N

60° 90°

o V o^ 2 .

b) TUMBLE MEDIO

c) TUMBLE INTENSO

Si f t ' ts^ ^

Ü ÍM8&

^ ^ ^ ^

i © ! ,m i

testa in prova ed il misuratore d’impulso (ventolina o rilevatore di coppia del tipo di Figura 9.11} un adattatore del genere mostrato in Figura 9.17.b)

In esso, dopo aver simulato le condizioni che si verificano nel cilindro del motore, il flusso viene guidato lateralmente da due condotti simmetrici, perché possa attraversare il misuratore con l’asse del vortice di tumble parallelo con quello di rotazione del sensore. Per diverse alzate delle valvole, in condizioni di flusso stazionario (sostenuto da un salto di pressione costante, con Apr = 2 20 kPa ) si rileva come indice del moto vorticoso di tumble: o la velocità di rotazione della ventolina di misura coT o la coppia /WT fornita dal misuratore d’impulso, oltre alla portata in massa m che attraversa il gruppo d’aspirazione.

Anche in questo caso i risultati vengono poi presentati di solito in forma adimensionale, facendo riferimento:

- ad un rapporto di tumble Rv definito come rapporto tra una velo­cità caratteristica del moto di tumble (= o\D ) ed una rappresentati­va del moto assiale del fluido. Per quest’ultima, di solito si assume convenzionalmente la velocità v che corrisponde ad un flusso

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comprimibile ed isoentropìco dovuto al salto di pressione Ap,,, mantenuto a cavallo della valvola durante la prova, ottenendo così:

« r = (B jD / v„ 9-18

- ad un numero adimensionale di tumble WT, ottenuto confron­tando la quantità di moto posseduta dal fluido per il suo vortice di tumble (misurata da M1 ) con quella relativa al suo moto as­siale, mediante la seguente relazione:

N-[ = 8Mr l m D / v is 9-19

Figura 9.17- Esempio di adattatore che può essere applicato alla testa del motore in prova, per caratterizzarne in condizioni di flusso stazionario ¡a capacità di produrre tumble. I due condotti simmetrici, dispostiperpendicolarmente all’asse del cilindro, permettono di applicare il misuratore di impulso con l’asse di rotazione del proprio sensore parallelo a quello del vortice di tumble.

Misure anemometriche puntuali dei campi di velocità che si hanno nel cilindro durante il ciclo, hanno confermato [27] che questi indici ricavati in condizioni di flusso stazionario possono fornire corrette indicazioni per incrementare, agendo sulla geometria dei condotti, la loro capacità di creare vortici di tumble durante la fase d’aspira­zione. Se poi questi ultimi sono sufficientemente forti e duraturi da persistere durante la fase di compressione, vengono successiva­mente accelerati dal moto di risalita del pistone.Si ha allora un aumento degli sforzi viscosi di taglio in seno al flui­do, dovuti ai più elevati gradienti locali di velocità, capaci di provo­care il decadimento finale del moto rotatorio organizzato di mag­giori dimensioni in numerosi microvortici. Il principale vantaggio del tumble consiste quindi nella capacità di generare turbolenza verso

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Figura 9.18 ■ Influenza dei dettagli della geometria sulla capacità di diversi condotti d’aspirazione di generare tumble. Al crescere del rapporto di tumble Rv il coefficiente d’efflusso C generalmente diminuisce (specie alle medie e grandi alzate), perché aumentano le perditefluidodinamiche e si riduce la sezione utile di passaggio.

o condot. a ¿ condot. b pcondot. c * condot. d v condot. e + condot. f

RAPPORTO ALZATA/DIAMETRO VALVOLA h / dMla fine della corsa di compressione ( di intensità fino a2-¡-4 volte quella di un condotto tradizionale), in modo da accelerare e stabilizzare la parte iniziale del processo di combustione.

Per contro bisogna tener presente che l’energia spesa per incre­mentare il tumble durante l’aspirazione, finisce col penalizzare sempre più il riempimento del cilindro. I rilievi [27] riportati in Figura 9.18 mostrano, ad esempio, l’influenza dei dettagli della geometria dei condotti sull’intensità del tumble prodotto. Aumentando conti­nuamente la velocità del flusso entrante e dirigendolo in forma sempre più completa verso la parete del cilindro dal lato dello scari­co, il rapporto di tumble ffT tende generalmente ad aumentare su di un ampio campo di alzate. Nello stesso tempo però il coefficiente d’efflusso C (riferito alla sezione costante della sede valvola) dimi­nuisce sensibilmente, specie alle medie e grandi alzate. Questo ri­sultato non stupisce se si pensa che le varie soluzioni provate com-

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«*

9.3.3Squish

portano velocità del flusso (e quindi perdite fluidodinamiche) sem­pre più alte ed utilizzo di una frazione angolare via via più ridotta della sezione cilindrica di passaggio tra fungo e sede (flusso orien­tato).

L’importanza del tumble è stata principalmente compresa quando si è diffuso l’uso di quattro valvole per cilindro con camera di com­bustione a tetto (Figura 10.22d). In questo caso, infatti, poiché ini­zialmente si adottarono le stesse fasature per le due valvole d’aspi­razione per ragioni di semplicità di comando, risultava difficile otte­nere uno swirl consistente a causa della simmetria del flusso en­trante nel cilindro. Il tumble fu quindi considerato come una tecnica alternativa per produzione di turbolenza legata al processo d’aspi­razione [30], Compresi ormai i suoi pregi ed i suoi limiti, esso viene ora generalmente sfruttato al pari dello swirl e dello squish per ge­nerare turbolenza, eventualmente limitando i valori elevati di rap­porti tumble ai medi e bassi carichi (mediante valvole a deflettore nei condotti o leggi di apertura delle valvole a fungo variabili col carico).In ogni caso, si cerca di volta in volta per quel particolare motore, la soluzione che assicuri valori di tumble capaci di offrire il miglior compromesso tra l’inevitabile sacrificio del riempimento ed i benefi­ci sulla combustione.

Con questo termine si indica il movimento rotatorio organizzato del­la carica su di un piano assiale, che si genera verso la fine della fase di compressione, come conseguenza della disuguale variazio­ne di volume a disposizione del fluido, quando la corona del pistone si avvicina sensibilmente alla testa del cilindro in alcune sue zone. Questo moto, che riveste una particolare importanza perché pro­dotto in concomitanza con l’avvio del processo di combustione (sul quale è quindi destinato ad esercitare una forte influenza), viene normalmente ottenuto (Figura 9.19):a) in un motore Otto, conformando opportunamente (a cuneo, a

tetto, ecc.) la testa del cilindro;b) in un motore Diesel, mediante un’incavatura (detta comune­

mente tazza) ricavata nel pistone,Le parti in cui si realizza un più rapido avvicinamento del pistone alla testa sono tratteggiate in Figura 9.19 e la loro area (area di squish) viene spesso usata come indice sintetico del fenomeno, esprimendola generalmente come percentuale della sezione tra­sversale del cilindro Ac. Il campo di moto prodotto nel fluido dipende da numerosi fattori: area di squish, gioco tra pistone e testa al PMS, geometria della camera, trafilamenti attraverso le fasce elastiche, perdite di calore, ecc.Per simulare con sufficiente precisione queste complesse influen­ze, si sono messi a punto modelli in grado di calcolare valori del­la velocità di squish «sq (velocità del fluido sul piano tangenziale in corrispondenza del bordo interno della regione di squish), in buon accordo con i rilievi sperimentali (Figura 9.20). Questi dati [17] mo-

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strano l’influenza dei parametri geometrici (diametro della tazza Dtz, gioco g0 al PMS) su u , la quale cresce all’avvicinarsi del pisto­ne al PMS, raggiungendo N suo massimo valore circa 1Q° prima. In assenza di combustione, perdite di calore e trafilamenti wsq inverte il senso dopo il PMS, perché il gas fuoriesce dalla tazza per andare a riempire il volume generato dall’area di squish in seguito alla disce­sa del pistone. In un motore reale, i tre fenomeni ricordati anticipa­no l’inversione di segno e soprattutto la combustione, provocando un’espansione della carica, incrementa sensibilmente il valore della velocità di squish inversa.

Figura 9.19 - Rappresentazione schematica delle modalità con cui il moto di squish è ottenuto, verso la fine della fase di compressione, come conseguenza della diversa variazione locale del volume a disposizione del fluido: a) in un motore Otto, conformando a cuneo la testa del cilindro; b) in un Diesel, ricavando nel pistone una tazza di forma opportuna.

Il campo di velocità aN’interno della tazza risulta particolarmente complesso ed influenzato dai dettagli della geometria del sistema e dall’interazione tra i moti di swirl e squish della carica. La Figura9.21 mostra, ad esempio [21], i diagrammi schematici di velocità del fluido entro una tazza idealizzata (di tipo cilindrico nei casi a, c e con rientranze in quelli b, d) a simmetria assiale, in assenza di swirl (N = 0) e con swirl accentuato (N= 0,4). Nel primo caso all’in-

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Figura 9.20 - Confronto dei valori d i velocità di squish, rilevati in corrispondenza del bordo della tazza ricavata nel pistone(ùp= 5 m/s) con quelli calcolati senza tener conto delle perdite per trafilamento e per scambio termico (linee continue) e calcolati includendo tali perdite (linee a tratti). Le tre diverse condizioni considerate (A, B e C) si riferiscono a differenti valori del diametro della tazza DXi e del gioco g0 tra pistone e testata, nella posizione di PMS.

40

coE,

a"a:co3Oco5-<too_iIU>

30 '

A G O Ricevi sperimentali

----------------Perdite incluse

---------------- Perdite escluse

A: DJD - 0,45, g0 = 1.0 mm ~B: DJD - 0,55, g0 = 1,0 mm C: DJD = 0,55 , g0 - 2,5 mm.

-30 -25 -20 -15 -10

ANGOLO DI MANOVELLA [°]

PMS

b) d)

Figura 9.21 - Rappresentazione schematica del campo di velocità, in assenza (Ns= 0) e con forte effetto di swirl ( A/s= 0,4), a ll’interno della tazza ricavata nella testa di un pistone assialsimmetrico (di cui la figura mostra quindi solo mezza sezione). La geometria della tazza è idealizzata e considerata di forma cilindrica (figura: a, c) e con bordo rientrante verso l’asse (figura: b, d). Si può osservare che la presenza di un forte swirl cambia il senso di rotazione del vortice nel primo caso, mentre porta alla formazione di due vortici controrotanti nel secondo.

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9.4Evoluzionedellecondizioni di moto durante il ciclo

terno della cavità si genera un vortice ruotante in senso antiorario con entrambi i tipi di tazza. La presenza invece di un forte swirl, cambia il senso di rotazione del vortice quando la cavità è cilindri­ca e porta alla formazione di due vortici controrotanti nella taz­za con rientranza. In generale, quanto più elevato è lo swirl, tanto più la parte centrale della carica tende a conservare il proprio mo­to rotatorio, risultando meno sensibile al moto di squish che vi si sovrappone.

Sulla base delle considerazioni fatte nei paragrafi precedenti, si può ora tentare di tracciare un quadro tipico della evoluzione du­rante il ciclo motore della struttura globale (moti organizzati su lar­ga scala e microvortici turbolenti) dei campi di moto della carica nel cilindro.Partendo dall’aspirazione, si è già avuto modo di osservare (para­grafo 9.1) che il movimento fortemente disomogeneo deH'aria ge­nerato durante questa fase, è prodotto dal getto proveniente dalla valvola che, espandendosi nel cilindro ed interagendo con la geo­metria del sistema, crea una serie di vortici sul piano assiale e cir- conferenziale (vedere Figure 9.2 e 9.3). L’intensità ed il peso relati­vo di questi ultimi sono fortemente influenzati dalla geometria del gruppo condotto-valvola di aspirazione, che può essere studiato in modo da favorire un più o meno intenso moto di swirl (paragrafo9.3.1) del getto entrante, che si sposta poi assialmente lungo il ci­lindro per effetto del moto discendente del pistone. Le dimensioni e le relative distribuzioni di velocità sono dipendenti: dalla geometria e dalla legge di apertura della valvola, da eventuali dissimmetrie del flusso, dalla distanza lungo l’asse dalla testa del cilindro.La maggior parte della turbolenza generata durante l’aspirazione è dovuta allo scorrimento dei vari strati fluidi presenti del getto-uscen­te dalla valvola ed al suo urto contro le pareti del cilindro e del pisto­ne. Essa risulta fortemente disomogenea (varia da punto a punto) ed anisotropa (presenta direzioni privilegiate), come conseguenza delle caratteristiche di moto del getto in rapporto a quelle della cari­ca già presente nel cilindro. La turbolenza nella regione del getto decade inoltre rapidamente nella seconda parte della fase di aspi­razione, in seguito alla corrispondente diminuzione della quantità di moto del getto entrante nel cilindro.Alla chiusura della valvola, alcuni aspetti del moto della carica ap­paiono più resistenti nel tempo di altri e sono quindi destinati ad esercitare più a lungo la loro influenza. In particolare i movimenti su piani tangenziali (moti di swirl) sono favoriti dalla geometria del ci­lindro (che presenta sezioni circolari su questi piani) e, specialmen­te se organizzati in una struttura a singolo vortice, tendono a con­servare la loro energia anche durante la fase di compressione. Il campo di moto tende a dimenticare la sua dipendenza dalla geo­metria del sistema di aspirazione, avvicinandosi alla condizione di rotazione tipica di un corpo solido. In seno alla carica coinvolta nel vortice si ha cioè un limitato scorrimento tra i vari filetti fluidi. Que­sto comporta una lenta diminuzione dell’energia cinetica del vortice per attrito viscoso interno al fluido, con conseguente persistenza

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nel tempo, ma contemporaneamente una piccola produzione di tur­bolenza. I benefici effetti (verificati sperimentalmente) prodotti dallo swirl sui processi di miscelazione del combustibile con l’aria e di combustione, sembra quindi debbano essere attribuiti più che alla accentuata produzione di turbolenza, ad un’interazione su larga scala dei campi di moto dei due fluidi e ad un’amplificazione e fram­mentazione del fronte di fiamma (vedere paragrafo 10.2).In assenza di una particolare geometria del pistone atta ad accen­tuare i moti di swirl, normalmente si verifica un decadimento del momento della quantità di moto posseduto dal vortice tangenziale solo di un 30 50% nel passare dall’inizio alla fine della fase di compressione [21, 28], come conseguenza della resistenza d’attri­to offerta dalle pareti della camera, dal momento che il rapporto su­perficie/volume del sistema aumenta all’avvicinarsi del pistone al PMS. A partire dalla chiusura della valvola di aspirazione il campo di turbolenza decade continuamente durante la fase di compressio­ne, a causa della conclusione del suo principale processo di produ­zione (getto di carica entrante), con una maggiore tendenza verso l’omogeneità e l’isotropia. In presenta di solo swirl, l’intensità di tur­bolenza in prossimità del PMS di compressione tende ad un valore prossimo a: (0,4 0,5) ù, con un ricordo relativamente debole delle condizioni legate al processo di aspirazione [9].

I movimenti rotatori organizzati, invece, che sì formano durante la fase d’aspirazione su piani assiali (moti di tumble), sono ostacolati dalla geometria del cilindro che non presenta sezioni circolari su questi piani. Se quindi essi sono disordinati, contrastanti e deboli, sono destinati a dissipare rapidamente la loro energia. Se però sono organizzati (preferibilmente) in un unico vortice e sono suffi­cientemente intensi, possono mantenersi fino alla seconda metà della la fase di compressione. In tale caso, si è visto (paragrafo9.3.2) che il vortice di tumble viene accelerato dal moto di risalita del pistone, che riducendone le dimensioni, ne aumenta la velocità di rotazione per il principio di conservazione del momento globale della quantità di moto. Verso la fine della corsa di compressione gli elevati gradienti locali di velocità provocano allora il decadimento del moto rotatorio organizzato di maggiori dimensioni in tanti micro- vortici, generando una buona turbolenza (di intensità fino a (1 -5- 2) ù in prossimità del PMS) durante la parte iniziale del processo cn combustione.Inoltre, per incrementare le condizioni di moto della carica, proprio nel momento in cui si avvia la combustione, si può ricorrere a tazze ricavate nel pistone o conformare opportunamente la testa del cilin­dro. Entrambe le soluzioni producono più o meno accentuati moti di squish (vedere paragrafo 9.3.3) su piani assiali, con conseguente generazione di turbolenza associata a forti scorrimenti tra gli strati fluidi. Le tazze nel pistone, poi, provocano anche un incremento di swirl durante la compressione, dovuto al fatto che il fluido si rac­coglie entro la cavità del pistone, assumendo una conformazione più vicina all’asse del cilindro. Il diametro della tazza (normalmente D[z = 0,5 D) determina il fattore di amplificazione dello swirl prodot­to in aspirazione, poiché per la conservazione del momento della

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quantità di moto del sistema fluido, si impone un aumento della ve­locità angolare proporzionale al quadrato del rapporto: D /D u .

Un corretto bilanciamento tra swirle squish permette in questi casi ai moti radiali di squish di penetrare in tutte le parti della tazza (ve­dere il paragrafo 9.3.3), distruggere il moto tangenziale di swirl del­la carica, producendo così elevati livelli di turbolenza in grado di favorire la combustione. Se agli inizi della fase di compressione le condizioni di moto del fluido nel cilindro riflettevano principalmente la geometria del sistema di aspirazione e risentivano molto poco di quella del pistone, alla fine di essa la situazione è rovesciata. I ri­cordi della geometria del gruppo valvola-condotto si sono fatti sem­pre più deboli, mentre la geometria del pistone e della testa del ci­lindro giocano un ruolo determinante sulla struttura del moto medio e di quello turbolento.

Figura 9.22 - Andamento, in funzione dell'angolo di manovella, dei campi di velocità (calcolati con un modello bidimensionale) in un motore Diesel a precamera (trascinato, senza iniezione di combustibile). Si può notare come la precamera produca un intenso vortice verso la fine della fase dicompressione ed all’inizio di quella di espansione, nella camera principale, favorendo così il rimescolamento del combustibile con l'aria ed accelerando la combustione.

Scala di velocità: —» = 9,4 m/s

0 = -150°

= 26,5 m/s

0 = -30°

Scala di velocità: -♦ = 26,5 m/s

0 = -90°

= 26,5 m/s

0 = 0° (PMS)

s 26,5 m/s 0 = +90°

- * = 26,5 m/s 0 = +180° (PMI)

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Durante la fase di combustione il moto del fluido è condizionato dalla geometria della camera e dall’espansione dei gas che stanno bru­ciando. Esso esercita una forte influenza sullo sviluppo del processo di combustione (vedere i paragrafi 10.3 e 11.3) e sulla produzione di inquinanti. Similmente a quanto ottenuto con le tazze nel pistone e le camere di combustione con forte squish, anche l’uso delle camere separate di combustione (o precamere) è da considerarsi come un «artificio». La precamera serve a riorganizzare in modo conveniente la struttura del moto della carica verso la fine compressione e l’inizio dell’espansione, in modo da assicurare un buon mescolamento del combustibile con l’aria ed un soddisfacente andamento della combu­stione [1]. Come mostrano i campi di velocità riportati in Figura 9.22, la geometria del sistema (e principalmente: dell’ugello di collegamen­to tra le due camere e della precamera) condiziona le caratteristiche dell’intenso moto rotatorio di swirl che si genera nella precamera alla fine della compressione. Con l’avvio della combustione nella preca­mera e l'inizio della discesa del pistone, il flusso si inverte ed un moto simile si trasferisce nella camera principale, accelerando il completa­mento della combustione.Verso la fine della corsa di espansione si apre la valvola di scarico ed i gas fuoriescono dal cilindro sotto l’azione delle più elevate pressioni ivi presenti. Questo flusso influenza le condizioni di moto dei gas nel cilindro durante la prima parte della fase di scambio gas, determinando l’efficienza con cui i gas combusti vengono so­stituiti dalla carica fresca.

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4 A Combustione I U b nel motore Otto

10.?Richiamo dei principi di combustione

10.u Velocità di combustione

In questo capitolo si analizzeranno gli aspetti fenomenologici del processo di combustione in un motore ad accensione comandata, rinviando al successivo la corrispondente trattazione per quello ad accensione per compressione. In entrambi i casi la combustione controlla la conversione dell’energia chimica del combustibile in ca­lore, costituendo così la fase principale del ciclo di lavoro del moto­re. Essa ne influenza infatti le prestazioni (potenza sviluppata e consumi di combustibile) e l’impatto esercitato sull’ambiente (com­posizione dei gas scaricati).Si ritiene pertanto conveniente richiamare a questo punto alcuni principi di base che regolano i fenomeni fisici e chimici tipici del pro­cesso di combustione in un motore, in modo da introdurre gli ele­menti utili per le analisi successive.

La combustione è un complesso processo di natura fisica e chimi­ca, attraverso il quale il combustibile si ossida liberando calore. Il suo inizio, sviluppo e completamento dipendono dalle caratteristi­che e dalla velocità delle reazioni chimiche, dalle condizioni di tra­sporto di massa e di energia che si verificano nella zona di reazione e dallo scambio di calore con l’ambiente circostante. La velocità di combustione, ossia la rapidità con cui avvengono le reazioni di os­sidazione del combustibile, può essere misurata:— dalla velocità con cui si consumano (variazione nel tempo delle

relative concentrazioni) i reagenti iniziali (combustibile o ossi­geno);

— dalla velocità di formazione dei prodotti di ossidazione;— dalla rapidità con cui viene liberato il calore da parte delle rea­

zioni chimiche globalmente esotermiche.

L’ultimo criterio sintetizza l’intero processo, mostrandosi così con­veniente per una sua descrizione semplificata, mirata ad applica­zioni pratiche.

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Poiché le reazioni di ossidazione avvengono in fase gassosa, la velocità di combustione è massima quando il combustibile è vapo­rizzato e le sue molecole sono uniformemente distribuite tra quelle di ossigeno (combustione in fase premiscelata).Nel caso di miscele gassose eterogenee, la velocità di combu­stione ad alta temperatura è principalmente determinata dalla ra­pidità di diffusione del combustibile nell’aria, poiché le reazioni di ossidazione avvengono con una velocità molto superiore. Analo­gamente, quando è presente una fase liquida, la rapidità del pro­cesso è limitata dalla velocità di evaporazione del combustibile liquido e di miscelazione di tali vapori con l’aria (combustione dif­fusiva).In genere le reazioni di ossidazione avvengono in più stadi e sono del tipo a catena', in esse cioè il ruolo determinante è esercitato dai prodotti attivi intermedi (particelle con valenze libere: atomi o radicali) che si formano nel corso delle reazioni stesse. La se­quenza effettiva delle varie trasformazioni che portano a ll’os­sidazione dei combustibili usati nei motori, è molto complessa (l’ordine di grandezza è quello delle centinaia di reazioni intermedie) e per certi aspetti non ancora completamente ed univocamente determinata.La velocità della maggior parte di queste reazioni dipende dalla concentrazione dei reagenti (e quindi dalla pressione della miscela gassosa), ma soprattutto dalla loro temperatura. In molti casi que- st’ultima dipendenza può essere espressa tramite il fattore espo­nenziale di Arrhenius, giungendo così per la velocità di reazione u>r (intesa come variazione nel tempo della concentrazione relativa (de / dt) di un qualsiasi reagente di partenza o dei prodotti di reazione formati) alla seguente relazione:

u>r = de ! dt = C p n exp (- Eal R T) 10-1

dove C , n ed Ea (= energia di attivazione) sono costanti tipiche per ogni reazione. Il fattore esponenziale exp (- Ea / R T) esprime la frazione di molecole che hanno un’energia (dovuta all’agitazione termica) maggiore dell’energia di attivazione £a, necessaria per su­perare la barriera energetica dell’atto elementare della reazione specifica (rottura dei legami intermolecolari esistenti e loro sostitu­zione con dei nuovi).

Anche in un sistema complesso di reazioni chimiche, compren­dente reazioni che si susseguono in modo interdipendente sia in sequenza che in parallelo come avviene nel processo di combu­stione, può essere conveniente fare riferimento ad un ’energia di attivazione efficace in modo da descrivere il processo in forma sin­tetica. Il suo valore è principalmente determinato dal più lento degli stadi di trasformazione, che limita la velocità della reazione intesa nel suo complesso. Valori tipici di questa arbitraria energia di attiva­

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10.72Autoaccensione

Tabella 10.1

Energia efficace di attivazione Ea [kJ/Mole K]

80160

zione per i processi di ossidazione dei combustibili usati nei motori, possono essere ritenuti i seguenti:

Ea = 8 0 - 160kJ/(MoleK)

La 10-1 ci permette di evidenziare la forte influenza esercitata dalla temperatura sulla velocità di reazione, considerando (vedere Tabella 10.1) i valori di u>t in funzione di T, riferiti alla condizione T = 1000 K, per la quale essi sono stati assunti convenzionalmen­te come unitari. Si vede allora che le velocità di reazione sono pic­colissime per temperature prossime al valore ambiente, ma cresco­no molto rapidamente con T, tanto più velocemente quanto più alta è l’energia di attivazione £a e più bassa è la temperatura.Per i processi che hanno luogo nei motori a combustione interna, le velocità delle reazioni, che si sviluppano in seno alla miscela aria­combustibile riscaldata per compressione a temperature relativa­mente basse (500 - 1000 K), determina le condizioni dì autoaccen­sione nel Diesel e l’insorgere della detonazione nell’Otto. La veloci­tà di propagazione del fronte di fiamma dipende invece dalla veloci­tà delle reazioni chimiche che avvengono alle alte temperature (1500 * 2000 K) prossime a quelle massime del ciclo.

Per autoaccensione di una miscela di combustibile si intende il ri­sultato finale di un’insieme di reazioni di prefiamma, le quali liberan­do calore e fornendo una serie di prodotti instabili di parziale ossi­dazione (perossidi, aldeidi, idroperossidi, ecc.), portano all’avvio del processo di combustione senza l’intervento di una sorgente d’accensione esterna. Questa condizione si verifica quando l’ener­gia rilasciata dalle prime reazioni chimiche supera la quantità di ca­lore ceduta dal sistema reagente all’ambiente esterno. Come con­seguenza la temperatura della miscela aumenta, accelerando rapi­damente le varie reazioni di ossidazione, la cui velocità si è visto dipendere essenzialmente dalla temperatura.L’autoaccensione di una miscela che sia allo stato gassoso e per­fettamente omogenea, è controllata dai seguenti fattori: temperatu-

Varfazioni della velocità di reazione con la temperatura w>r/(^ r ) io o o . rapportate al valore assunto a T= 1000 K.

Temperatura [K]

300 600 1000 1500 2000

1,7810-’° 1,64 10 “3 1 2,47 10 1 1,22 1023,15 10 -20 2,68 10 ”6 1 6,14 102 1,51 104

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ra, pressione, composizione (rapporto aria/combustibile) e tempo (di induzione). Quest’ultimo, chiamato comunemente ritardo d’ac­censione xa, è definito come l’intervallo di tempo che passa tra: l’istante in cui la miscela, (di data composizione), è portata in prefis­sate condizioni di temperatura e pressione ed il momento in cui la combustione si avvia in modo apprezzabile. Se la miscela non è omogenea, interviene un ulteriore fattore: il movimento dei fluidi che controlla il reciproco miscelamento e la polverizzazione ed eva­porazione della fase liquida eventualmente presente (vedere il pa­ragrafo 10.1.5).A parità dì condizioni dì scambio termico, il ritardo di accensione si può ritenere inversamente proporzionale alla velocità con cui pro­cedono le reazioni di ossidazione. Tenendo allora presente la di­pendenza esponenziale di quest’ultima dalla temperatura (vedere il paragrafo 10.1.1) e l’influenza della concentrazione dei reagenti (ossia della pressione), si può ritenere di legare il ritardo xa alle condizioni fisiche della miscela combustibile T e p tramite una rela­zione (reciproca della 10-1) del tipo:

xa = A p ~ n exp (Ea / RT) 10-2

dove le costanti: A, nedEa sono determinate sperimentalmente in funzione delle caratteristiche della miscela combustibile considera­ta. Attraverso il concetto di ritardo d’accensione è così possibile evitare di entrare nei dettagli dello sviluppo delle reazioni chimiche, limitandosi a sintetizzarne l’effetto pratico attraverso la misura della durata dei processi intermedi che portano all’autoaccensione della miscela.Il rilievo di xa presenta delle difficoltà legate al fatto che, nelle condi­zioni che rivestono interesse pratico per i motori, esso risulta del­l’ordine dei millisecondi. Occorre perciò portare la miscela studiata alla temperatura e pressione voluta in tempi trascurabili rispetto al ritardo da rilevare, utilizzando macchine a compressione rapida o tubi d’urto [4], La Figura 10.1 riporta due esempi tipici di diagrammi sul piano pressione-tempi rilevati su di una macchina a compres­sione rapida. All’istante ia il rapido moto del pistone ha portato la miscela in esame alla temperatura e pressione p0 voluta: esso vie­ne presa come origine per la misura del ritardo. L’autoaccensio­ne si realizza al tempo tb, con un brusco aumento di pressione se­guito da rapide oscillazioni. Per definizione si ha:

Nel caso poi di idrocarburi si verifica spesso che il diagramma pre­senti in un punto intermedio t{ (Figura 10.1.b) un aumento di pres­sione di entità modesta (accompagnato da un incremento di tem­peratura di qualche decina o centinaio di gradi). Questo fatto corri­sponde all’apparizione di «fiamme fredde» che sono la manifesta­zione, nel campo del visibile, dell’energia liberata da reazioni di pre­ossidazione debolmente esotermiche. In tal caso xa può essere considerato come la somma di due ritardi parziali: x, e x2, sui quali

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le condizioni fisiche della miscela (T e p) possono esercitare un’in­fluenza diversa (talvolta addirittura opposta), a seconda della natu­ra del combustibile e dei campi di temperatura e pressione conside­rati.In generale il processo di ossidazione di un idrocarburo può presen­tare diversi comportamenti (eventualmente combinati in sequenza), a seconda dei valori di temperatura e pressione ai quali avviene. Prescindendo dalle reazioni lente a bassa temperatura (< 200 °C),

LUzoC/DC/DHIcrQ -

TEMPO

Figura 10.1 - Misura del ritardo d’accensione di una miscela omogenea aria- vapori di combustibile, attraverso il rilievo dello sviluppo di pressione in una macchina a compressione rapida: a) nel caso diautoaccensione in un singolo stadio;b) in quello di accensione in due stadi.

OC/DcoLUccQ.

TEMPO

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Figura 10.2 - Diagrammi di accensione di miscele stechiometriche ed omogenee di metano, isoottano e normaleptano. Per gli ultimi due idrocarburi, nella zona delle basse temperature (250° + 400 °C), tratteggiate nella figura, si hanno accensioni in due stadi con sviluppo di fiamme fredde; mentrel’autoaccensione ad alte temperature avviene di norma in un solo stadio.

che non hanno normalmente pratico interesse per i fenomeni che si verificano in un motore, alle temperature comprese tra i 300 e i 400 °C si hanno generalmente una o più fiamme fredde, accompa­gnate dalla emissione di una debole luce blu. Quando solo una pic­cola frazione di combustibile ha subito queste trasformazioni di parziale ossidazione e la temperatura della miscela è relativamente bassa, può avvenire che la reazione globale si spenga.Più spesso, invece, alle fiamme fredde fa seguito una «fiamma calda», ossia una rapida accelerazione delle reazioni di ossidazio­ne con un forte rilascio di calore ed emissione di luce. In questo caso si parla comunemente di accensione in due stadi, nel senso che la vera e propria accensione è preceduta da una o più fiamme fredde. Questi diversi comportamenti sono spiegati a livello di cine­tica chimica supponendo che, durante il tempo di induzione, si for­mino dei composti intermedi di parziale ossidazione del combustibi­le, i quali risultano instabili, ma di vita relativamente lunga. Quindi, a seconda dei livelli di temperatura e della natura dell'idrocarburo, possono reagire sia per formare molecole stabili, sia per produrre radicali attivi in grado di innescare le reazioni di ossidazione che portano all’autoaccensione.Al crescere della temperatura della miscela si assiste normalmente al passaggio dall’accensione in due stadi a quella in un singolo stadio, caratterizzato dal fatto che alla fine del periodo d’induzione si ha l'autoaccensione della miscela, senza che appaiano in prece­denza fiamme fredde.I campi di temperatura che caratterizzano per Pisoottano, il normal­eptano ed il metano i comportamenti ora descritti, sono riportati in Figura 10.2. Nell’intervallo di temperatura 250 + 400 °C si ha per i primi due accensione in due stadi, con una zona di fiamme fredde più o meno estesa (area tratteggiata), mentre per i valori di tempe-

p

<CE3I-<OCLUCL

PRESSIONE [MPa]

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ratura superiori ai 400 °C si ha autoaccensione in un solo stadio. Il metano, invece, non presenta il fenomeno delle fiamme fredde ed autoaccende solo ad alta temperatura, in un singolo stadio.Dal punto di vista della composizione della miscela combustibile, occorre poi osservare che quando essa viene diluita con inerti (azo­to ad esempio), la velocità di reazione diminuisce perché la con­centrazione delle molecole combustibili è più bassa ed una parte del calore, rilasciato durante il processo di ossidazione, è spesa per riscaldare l’inerte. Un effetto simile si ottiene diluendo la miscela con un eccesso di ossidante (ossigeno od aria), facendola così di­ventare più magra. L’arricchimento, invece, (ossia la diluizione con un eccesso di combustibile) provoca un risultato un po’ diverso. Nel caso di idrocarburi ad alta massa molecolare, infatti, il numero di molecole di ossigeno presenti in una miscela di composizione ste­chiometrica è molto più grande di quello delle molecole di combu­stibile*. Di conseguenza i passi iniziali delle reazioni di ossidazione si sviluppano più rapidamente in una miscela ricca, dove le collisio­ni tra le molecole di combustibile e di ossigeno sono più probabili.A causa poi della complicata natura delle reazioni di prefiamma (del tipo a catena multipla propagate da particelle altamente reattive, spesso prodotte dalle varie reazioni di propagazione in maniera su­periore a quelle utilizzate da ciascuna di esse) è possibile controlla­re la loro velocità di sviluppo, introducendo nel combustibile piccole quantità di additivi, che favoriscono od ostacolano la formazione di questi radicali attivi agenti come propagatori di catena.Per questo motivo perossidi organici o composti nitrici (nitrato di isopropile, amile od esile) aggiunti in piccola percentuale al gasolio per motore Diesel ne riducono il ritardo d’accensione (aumentano A/C); invece, composti del tipo metallo-organici (piombo tetraetile o tetrametile) rallentano il processo di autoaccensione della miscela aria-benzina, ostacolando l’insorgere della detonazione nel motore Otto (aumentano NO).

Nel caso di autoaccensione di una miscela combustibile, si è visto che i processi chimici di combustione vengono accelerati dalle par­ticelle attive prodotte dalle reazioni di prefiamma e daH’accumula- zione di calore nel sistema reagente. L’accensione di una miscela combustibile, però, può anche essere causata dalla trasmissione di calore e dalla diffusione di particelle attive dalla zona di combustio­ne alla miscela fresca adiacente.In questo caso, facendo per semplicità riferimento ad una miscela ferma o dotata di moto laminare, è possibile individuare una ristret­ta zona di separazione tra la miscela fresca ed i prodotti della com­

* Ad esempio, perossidare completamente una molecola di eptano(C7Hì6) sono necessarie 15 molecole di 02 (ossia = 71 molecole di aria).

10.7.5Propagazione del fronte di fiamma

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bustione, in cui le reazioni di ossidazione diventano capaci di auto- sostenersi. Le temperature locali, in seguito al forte rilascio di calo­re, si portano a valori molto elevati (oltre i 2000 °C) e quindi la re­gione in esame appare luminosa. Per questo motivo, si parla comu­nemente di fronte di fiamma. In esso schematicamente si distin­guono due regioni: una prima (dalla parte della carica fresca) di preriscaidamento, in cui la miscela viene scaldata dal calore tra­smesso dalla zona di combustione, senza che si abbia un significa­tivo rilascio di energia per reazioni di ossidazione in essa; una se­conda di reazione vera e propria, in cui si raggiunge un livello di temperatura ed una concentrazione di particelle attive sufficiente ad avviare reazioni esotermiche capaci di autosostenersi.La velocità con la quale il fronte di fiamma si muove rispetto alla miscela fresca in direzione perpendicolare alla sua superficie è det­ta velocità laminare di combustione wcí. Il suo valore dipende dalla miscela combustibile considerata, permettendo di caratterizzare così l’attitudine a bruciare più o meno rapidamente, senza dover ricorrere ad un’analisi dettagliata della complessa cinetica chimica che regola il processo.Il valore di è determinato dalla rapidità con cui avvengono i fe­nomeni di trasporto di massa ed energia nella zona del fronte di fiamma, che assicurano il riscaldamento iniziale della miscela e la concentrazione di particelle attive sufficiente per lo sviluppo delle reazioni di ossidazione, e dalla velocità tüx con cui procedono le re­azioni chimiche nella regione del fronte stesso. Applicando i principi di conservazione della massa e dell’energia, si può esprimere la dipendenza di dai fattori ora indicati, attraverso la relazione:

w'cl ~ VX «'r = V T w \ / ( c pp) 10-3

avendo indicato con x = k I (cp p) il coefficiente di diffusività termi­ca* della miscela combustibile. Lo spessore del fronte di fiamma laminare % risulta invece proporzionale alla diffusività termica del­la miscela ed inversamente proporzionale alla velocità di combu­stione laminare:

s,i ~ x / ^ c i ~ V x / ^ 10-4

Un confronto fra la 10-3 e la 10-4 evidenzia la diversa influenza esercitata dai fenomeni di trasporto di energia e di massa e dalla velocità delle reazioni, sullo spessore del fronte di fiamma laminare e sulla velocità laminare di combustione. Più elevate velocità di reazione portano ad un aumento di zvcl, ma ad una corri­spondente riduzione dello spessore del fronte % Un più alto coeffi­ciente di diffusività termica x accresce la velocità di propagazio­ne della fiamma zvcl e nello stesso tempo produce un’allargamento del fronte di reazione. Quest’ultimo, nel caso di combustione lami­

* Essa misura la rapidità con cui una distribuzione non uniforme di temperature raggiunge le condizioni di equilibrio.

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nare, assume valori piuttosto piccoli. Nelle condizioni che si realiz­zano normalmente in un motore ad accensione comandata sono stati determinati [14, 22] i seguenti valori tipici: s„= 0,05 + 0,20 mm, mentre per un miscuglio di metano ed aria in rapporto stechiometri­co e pressione atmosferica si sono rilevati valori prossimi al mm.Si noti che nel caso in cui il miscuglio gassoso non è in quiete ri­spetto ad un osservatore assoluto, quest’ultimo vedrà muoversi il fronte di fiamma con una velocità che deriva dalla composizione di due moti: della miscela e del fronte rispetto alla miscela. Ossia, fa­cendo per semplicità riferimento ad un caso monodimensionale, si possono individuare le seguenti tre velocità:1. ~vh velocità (di propagazione) del fronte di fiamma: la velocità assoluta di avanzamento del fronte di fiamma, in direzione normale a se stesso;2. v"s, velocità del gas (o della miscela): velocità assoluta con la quale si muove la miscela incombusta, in direzione normale al fron­te di fiamma;3. wc„ velocità di combustione laminare: la velocità di avanzamento del fronte di fiamma relativa alla miscela incombusta, in direzione normale a se stesso.

In queste condizioni, per il principio di composizione dei moti, si ha:

~x% = z£ + m/CI 10-5

Si vede quindi che, per avere una fiamma stazionaria {vf = 0: per esempio in un bruciatore a flusso continuo per turbina a gas), deve essere: vg = - zvci, ossia la velocità di alimentazione della miscela gassosa deve essere uguale ed opposta a quella di combustione. Inoltre, solo nel caso di miscela ferma (vg = 0), la velocità di com­bustione coincide con quella assoluta di propagazione del fronte di fiamma (v,= rvcl). Quest’ultima condizione non è praticamente mai verificata nella camera di combustione di un motore, per cui occor­re applicare sempre la relazione completa 10-5.La velocità laminare di combustione per diverse miscele combusti- bili di interesse motoristico è stata misurata da vari sperimentatori [6, 7, 22] (attraverso rilievi di tipo ottico o di pressione) in recipienti chiusi appositamente attrezzati. I diagrammi di Figura 10.3 mostra­no un esempio [7] di questo tipo di rilievi ed illustrano in particolare l'effetto del rapporto di equivalenza <f> sulla vjcì per diversi idrocar­buri, una benzina commerciale [H / C = 1,69) ed il metanolo. Si vede che il massimo della è raggiunto per miscele leggermente ricche (<j> = 1,05 + 1,15), in corrispondenza delle quali si hanno le massime velocità delle reazioni chimiche. Smagrendo od arric­chendo le miscele, le velocità di combustione diminuiscono fino ad un certo limite (~ 0,1 + 0,2 m/s), sotto il quale la fiamma si spegne, a causa della maggiore importanza relativa acquisita dalle perdite di calore in rapporto alla diminuita velocità di rilascio di energia da parte del processo di combustione. Il valore limite di ricchezza al disopra della quale la fiamma laminare non riesce a propagarsi è

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Figura 10.3- Valori della velocità di combustione laminare, determinati per diversicombustibili di interesse motoristico (metanolo,

detto limite superiore di infiammabilità, mentre il limite magro è detto limite inferiore di infiammabilità.Occorre però osservare che questi valori interessano soprattutto i problemi di sicurezza (rischi di esplosione), perché per quel che ri­guarda la combustione nei motori, esigenze di regolarità di funzio­namento e di rapidità di svolgimento del processo impongono limiti molto più ristretti (cj) = 0,8 + 1,4). Si tenga inoltre presente che gli idrocarburi presentano velocità di combustione laminare poco di­verse tra loro. In condizioni stechiometriche, pressione atmosferica e temperatura T0 = 300 K, si hanno valori (Figura 10.3) prossimi a zi/a = 0,35 ■+■ 0,40 m/s. Essi dipendono molto poco dalla struttu­ra chimica dell’idrocarburo e dalla sua attitudine ad autoaccendersi (ritardo all’accensione e numero di Ottano), perciò non sono in­fluenzati da alcun tipo di additivo.Un incremento della temperatura iniziale della miscela fa aumenta­re la zvcl, perché accelera le reazioni chimiche di ossidazione ed accresce il coefficiente di diffusività termica della miscela. Più ele­vate pressioni, invece, fanno diminuire leggermente la wtà, perché hanno poca influenza sulle reazioni chimiche, mentre riducono i processi di trasporto di massa ed energia nel fronte di reazione. Per applicazioni pratiche relative a motori ad accensione comanda­ta alimentati con benzina commerciale (e rapporto di miscela pros­simo allo stechiometrico), si può valutare [7] l’effetto della tempera­tura T e della pressione p sulla velocità laminare di combustione, tramite la:

in cui si è indicato con il valore di zyc, alle condizioni T0 e p0 di

« 'c i = “ 'ci.o (T / T o Y (P I P o Y 0,25 10-6

propano, metano, benzinacommerciale edisoottano) in funzione del rapporto di equivalenza, utilizzando appositi

o 0,20

contenitori chiusiOO 0,15-

(condizioni iniziali lu 0,6 0,8 1,0 1,2 1,4della miscela: Po =0,1 MPa, T0=300K).

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10.). 4Combustioneturbolenta

Figura 10.4- Effetto delle scale di turbolenza sulla struttura del fronte di fiamma:a) i vortici su larga scala lo distorcono, incrementandone la superficie;b) quelli su piccola scala intensificano gli scambi di energia e di massa nella zona di reazione, ampliandonelo spessore.

riferimento. Tenendo allora presente i valori di temperatura e pres­sione raggiunti dalla carica fresca nel cilindro di un motore ad ac­censione comandata (Figura 10.10), grazie alla 10-6 ed ai dati del diagramma di Figura 10.3, si vede che in queste condizioni la ve­locità di combustione laminare assumerebbe i seguenti valori tipici: h/c, = 0,5 -s-1,5 m/s, nel passare da miscele magre a quelle ricche.

Le condizioni di moto della carica entro il cilindro di un motore sono però praticamente sempre turbolente (vedere il paragrafo 9.1), quando essa è raggiunta dal fronte di fiamma. Il processo di com­bustione avviene quindi con caratteristiche un po’ diverse da quelle viste per le fiamme laminari. In particolare si può pensare che i moti vorticosi organizzati su scala più ampia ¿¡storcano il fronte di fiamma, incrementandone sensibilmente l’estensione superficiale (Figura 10.4), mentre i microvortici turbolenti che avvengono su scala confrontabile con le dimensioni del fronte di fiamma, intensifi­chino i processi di trasferimento di energia e di massa nella zona di reazione, ampliandone lo spessore. Di conseguenza la velocità di combustione turbolenta a/ct, oltre che dai parametri: composizione, temperatura e pressione della miscela combustibile, dipende an­che dalle sue condizioni di moto. Queste ultime si è visto che pos­sono essere rappresentate tramite: l’intensità di turbolenza u ' (va­lore quadratico medio delle fluttuazioni turbolente di veloci­tà: vedere il paragrafo 9.5) ed alcune scale spaziali, come: la scala integrale delle lunghezze L , (misura delle dimensioni dei vorti­ci maggiori, dovuti ai moti d’insieme organizzati) e la scala di Kol- mogorov L K (che definisce le strutture più piccole del campo di moto, dove l’energia cinetica viene dissipata daH’attrito viscoso molecolare).Le fiamme turbolente premiscelate, del tipo di quelle che si verifica­no nei motori ad accensione comandata, vengono quindi normal­mente caratterizzate mediante correlazioni tra numeri adimensio­nali che sintetizzano le proprietà dei fluidi che influenzano i fenome­ni di trasporto e le loro condizioni di moto. In particolare la turbolen-

a) Turbolenza su larga scala

Micro­vortice

Spessore fronte di fiamma

b) Turbolenza su piccola scala

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za viene comunemente descritta mediante il numero di Reynolds turbolento, che assume la scala integrale L x e l’intensità u ' rispetti­vamente come lunghezza e velocità caratteristiche:

ReT = L ,u ' / v 10-7

mentre il rapporto u' / wei ne misura il peso in rapporto alla velocità di propagazione del fronte di fiamma laminare.Considerati poi i seguenti due tempi caratteristici:— quello di ricambio del fluido nei vortici di dimensioni maggiori (o

tempo di miscelamento turbolento):

xT = L J u' 10-8

— quello di residenza nello spessore del fronte di fiamma lamina­re:

x, = sfl/zycl 10-9

il rapporto relativo, detto numero di Damkóhler:

Da = Xj / T[ = (LJs1){ ‘Wctlu ' ) 10-10

fornisce una misura dell’influenza che il moto turbolento esercita sulle reazioni chimiche che avvengono nel fronte di fiamma. Il rap­porto ,vf, / L k dà invece lo stiramento o distorsione dello spessore della fiamma laminare, prodotto dalla turbolenza. I valori tipici di questi parametri, riportati nella Tabella 10.2, uniti a numerosi rilievi sperimentali di tipo ottico (fotografie con tecniche schlieren o sha- dow)* indicano che la struttura del fronte di fiamma turbolento in un motore ad accensione comandata è molto prossima a quella di una sottile lamina di reazione (nella quale le trasformazioni chimiche possono essere ancora descritte sinteticamente da u>cl) corrugata e più volte ripiegata su se stessa dal campo di moto turbolento. Una simile superficie risulta difficile da caratterizzare usando i concetti della geometria classica, mentre sembra possa essere modellata secondo quelli della geometria frattale [14], ottenendo dei buoni accordi con i rilievi sperimentali.La Figura 10.5 riporta una serie di microshadowgrafie di una limita­ta area del fronte di fiamma [16]. Esse mostrano chiaramente che al crescere del regime di rotazione, l'aumentato livello di turbolenza della carica incombusta provoca crescenti corrugamenti della su­perficie del fronte. La loro scala è dell’ordine del mm, mentre lo spessore del fronte turbolento raggiunge i seguenti valori tipici: sn= 3 * 8 mm.

* Tecniche ottiche capaci di visualizzare i gradienti locali di densità in un campo fluido, sfruttando i fenomeni (rispettivamente) di diffrazione e di rifrazione, subiti da un fascio di luce che l’attraversa.

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Tabella 10.2Valori tip ici dei parametri caratteristici della combustione

turbolenta in un motore ad accensione comandata.

u[m/s]

1 +5

Re-, u'tzv# t t t . Da ■%/£*.- - [ms] [ms] --

qO + 2000 0,5 -5-10 1 +20 0,05 + 0,5 2 + 500 1 +5

Ne deriva che in molti modelli semplificati del processo di combu­stione in un motore ad accensione comandata, si cerca di prevede­re il valore della velocità di combustione turbolenta a>c„ correlando­la con la velocità di combustione laminare zvcl e l’intensità di turbo­lenza u', mediante fattori di amplificazione del fronte di fiamma od espressioni empiriche del tipo:

zva = zvcì+azocl{ u ' I zocl)h 10-11

a) n = 3 gir{/s b) n = 6 giri/s c) n = 10 giri/s

d) « = 15 giri/s e) « = 20 giri/s f) « = 30 giri/s

Figura 10.5 - Microshadowgrafie che mostrano i dettagli della struttura di una piccola zona di un fronte di fiamma che s i propaga verso l'osservatore. A l crescere del regime del motore (variabile neirintervallo n = 3 + 30 giri/s), l'aumentato livello di turbolenza della carica produce un crescente corrugamento della superficie del fronte di fiamma.

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dove le costanti: a e b vengono scelte* in modo da approssimare i rilievi sperimentali eseguiti in diverse condizioni di funzionamento del motore.

10.7.5Combustionediffusiva

Goccioline di combustibile, portate in sospensione in una corrente d’aria, bruciano in modo abbastanza diverso da una carica in cui combustibile ed ossidante sono omogeneamente premiscelati. Poi­ché, in un tale caso, un ruolo determinante è esercitato dal proces­so di diffusione dei vapori di combustibile in seno all’ossidante, si parla comunemente di combustione diffusiva.Una combustione di questo tipo caratterizza il processo di ossida­zione di una parte più o meno importante (vedere il paragrafo 11.3) del gasolio iniettato nel cilindro di un motore Diesel. Alcune gocce di combustibile, infatti, possono essere circondate da un fronte di fiamma (vedere schema di Figura 10.6) quando si trovano ancora allo stato liquido. I gas caldi circostanti le forniscono calore provo­candone una graduale evaporazione. Un bilancio energetico per la singola goccia può allora essere scritto, trascurandone l’energia ci­netica ed il lavoro fatto dalle forze viscose, trasmesse dal fluido con cui viene in contatto. Il flusso di calore Q trasferito per convezione e conduzione dall’ambiente circostante, andrà in parte ad incre­mentarne l’entalpia h ed in parte a favorirne l’evaporazione:

m d h l dt - Hvdm / dt = Q

avendo indicato con:— m la massa della goccia all’istante generico t,— Hu il calore latente di vaporizzazione del combustibile.I vapori di combustibile, che hanno origine sulla superficie della goccia, diffondono nell’aria circostante, formando una miscela aria­combustibile, che raggiunge un valore opportuno per la combustio­ne (prossimo allo stechiometrico) ad una certa distanza da essa (vedere diagramma della temperature in Figura 10.6). Questo pro­cesso è abbastanza indipendente dal rapporto aria-combustibile globale, ragione per cui un Diesel può operare (ai bassi carichi) con miscele molto magre (<)> - 0,2, ossia rapporti aria/combustibile a * 70 kga/kgc), perché localmente (in prossimità delle singole goc­ce) si formano i rapporti di miscela favorevoli allo sviluppo delle re­azioni di ossidazione.Poiché il miscelamento su scala molecolare dei vapori di combusti- bile con l’aria è dovuto al moto vorticoso turbolento di quest’ultima, la velocità di diffusione sarà inversamente proporzionale al tempo di miscelamento turbolento t, (dato dalla 10-8). Quest'ultimo può essere calcolato come rapporto tra l’energia cinetica locale tur-

* Valori tipici [1 4 ] possono essere: a = 4 ,5 ; b = 0 ,7 con i quali, assunto: iVcl = 0 ,5 + 1 ,5 m/s ed u ' = 1 + 5 m/s, dalla 10-11 si ricava:

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Figura 10.6- Schematizzazione del processo dì combustione di una goccia di combustibile, circondata da un fronte di fiamma quando si trova ancora allo stato liquido. Per effetto del calore ricevuto, essa evapora gradualmente ed i vapori diffondono neH'arìa circostante (vedere diagramma delle concentrazioni). La combustione avviene nella zona in cui sì raggiunge un rapporto di miscela prossimo allo stechiometrico, con conseguente incremento della temperatura dei gas (vedere diagramma delle temperature).

bolenta k per unità di massa:

k = u '2/2 10-12

e la sua velocità di dissipazione e, ossia:

xt = L , l u , ~ k l e 10-13

Infatti i grossi vortici (su scala L,) perdono buona parte della loro energia cinetica in un tempo pari a quello del ricambio turbolento L J u', trasferendola ai microvortici (su scala L*). In condizioni di equilibrio, i tempi di dissipazione dell’energia cinetica (k / e) da par­te di questi ultimi uguagliano i tempi di ricevimento della stessa dai microvortici. Alle alte temperature, presenti nel cilindro durante lo svolgimento del processo di combustione, i tempi caratteristici della cinetica chimica (sintetizzabili in un'espressione del tipo: 10-2) sono molto piccoli, rispetto a quelli (dati dalla 10-13) che regolano i fenomeni fisici di evaporazione e diffusione (ossia xa « xt). Questi ultimi controllano quindi in tale caso la velocità di combustione della carica eterogenea, in cui sono presenti gocce di combustibile allo stato liquido. All’inizio della fase di combustione, quando le tempe­rature della carica sono relativamente basse, a causa della forte influenza di T su xa (vedere Tabella 10.1), la situazione si trova più comunemente rovesciata (ossia: xa » xt) ed il controllo della veloci­tà del processo è esercitato dalla cinetica chimica.Premessi questi richiami sui principi fisici e chimici che regolano la combustione di un idrocarburo in aria, nei prossimi paragrafi si analizzeranno le caratteristiche tipiche di questo processo per un motore a ciclo Otto, rinviando al prossimo capitolo (Capitolo 11) la trattazione della combustione nel Diesel.

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10.2Combustione normale nel motore ad accensione comandata

10.2.1Propagazione del fronte di fiamma

Un tradizionale motore ad accensione comandata viene alimentato con una miscela aria / combustibile che è abbastanza omogenea e pressoché totalmente allo stato gassoso, quando la combustione ha inizio. Se il funzionamento del motore è regolare, l’avviamento della combustione è provocato dalla scintilla che scocca tra gli elet­trodi della candela, in un istante ben determinato del ciclo, situato verso la fine della fase di compressione (da 10° a 30°+ 40° di albe­ro motore prima del PMS).La combustione risulta normale, quando la fiamma si propaga gra­dualmente dal punto in cui è avvenuta l’accensione, fino aH'estremo della camera di combustione, senza che si abbiano bruschi cam­biamenti di velocità. Man mano che la miscela fresca brucia, si libe­ra una quantità di calore che fa aumentare la temperatura dei gas, mentre lo stantuffo, seguendo il movimento imposto dall’accoppia­mento biella-manovella, riduce dapprima il volume in cui avvengo­no le reazioni di ossidazione, per poi farlo crescere, dopo aver su­perato il punto morto superiore. Dalla combinazione del calore li­berato, della variazione di volume dovuta al movimento dello stan­tuffo e del flusso di calore verso l’esterno, deriva l’andamento nel tempo della pressione che regna nel cilindro e quindi il lavoro mec­canico raccolto sull’albero motore (Figura 10.7).In questo processo si possono distinguere tre fasi:1. fase d’incubazione o sviluppo della fiamma, durante la quale il

primo nucleo di miscela, acceso dalla scintilla che scocca tra gli elettrodi della candela, brucia gradualmente, facendo in modo che la pressione nel cilindro cresca oltre II valore imposto dalla legge di compressione;

2. fase di combustione turbolenta, caratterizzata dalla rapida pro­pagazione del fronte di fiamma, turbolento e pienamente svilup­pato, attraverso la maggior parte della camera di combustione, il cui volume varia molto poco poiché il pistone si muove in prossimità del PMS;

3. fase di completamento della combustione, a partire dall’istante in cui il fronte di fiamma raggiunge la parete più lontana della camera, arrestandosi.

Sulla base delle considerazioni generali premesse nei paragrafi precedenti, dei più significativi rilievi sperimentali (visualizzazione della propagazione del fronte di fiamma, sviluppo della pressione nel tempo, ecc.) e di elaborazioni teoriche dedotte da questi ultimi (frazione di miscela bruciata, legge di rilascio del calore, ecc.), risul­ta ora possibile esaminare un po’ più in dettaglio gli aspetti caratte­ristici dell'intero processo.

La Tavola 30 mostra 4 sequenze (in direzione verticale) di 6 foto­grammi ciascuna relativi ad un filmato ad alta velocità ripreso [13] su di un monocilindro sperimentale con ampi accessi ottici alla camera di combustione, grazie ad una finestra in quarzo posta sulla testa del pistone. Le successioni si riferiscono a quattro diversi cicli moto­

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re consecutivi, le cui differenze verranno evidenziate e commentate al paragrafo 10.2.3. Per il momento quindi ci si può limitare a considerare una qualsiasi di queste sequenze, come esempio di: formazione, sviluppo e propagazione del fronte di fiamma in un motore ad accensione comandata.In generale si può dire che, purché la miscela abbia una composi­zione opportuna e l’energia della scintilla superi il valore critico di accensione, la scarica elettrica che si realizza tra gli elettrodi della candela, attiva le molecole di un volumetto vicino fino a portarle ad un livello energetico, al quale le reazioni di ossidazione possono autosostenersi, perché l’energia da esse rilasciata supera le perdi­te di calore attraverso le pareti metalliche ed il gas circostante. Lo sviluppo di questo primo nucleo di combustione è principalmente influenzato da: temperatura, massa volumica e composizione della

Figura 10.7 - Sviluppo della pressione in funzione dell’angolo di manovella, in assenza di accensione (linea tratteggiata) e con regolare combustione (linea continua), nel cilindro di un tipico motore Otto. Nella parte superiore vengono anche riportate le successive posizioni occupate nella camera di combustione dal fronte di fiamma, che è stato schematizzato mediante una superficie sferica.

ANGOLO DI MANOVELLA [°]

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miscela, che condizionano la cinetica chimica delle reazioni.L’intensità della turbolenza locale e la sua scala esercitano un peso minore, influendo sulla direzione di propagazione (e quindi sulla forma geo­metrica del volumetto) e sulla sua eventuale estinzione, nel caso di miscela magra o fortemente diluita con gas combusti.Nella fase iniziale si può quindi ritenere che la fiamma sia laminare e si propaghi con velocità (relativamente bassa) alla miscela circostante. Occorre perciò un certo tempo (tempo di incubazione o sviluppo della fiamma) per avere nel cilindro un percettibile aumen­to di pressione, rispetto al valore determinato dalla sola legge di moto del pistone. Per analogia a quanto avviene nel Diesel (vedere il paragrafo 11.2), si è talvolta tentati di parlare di ritardo all’accen­sione anche in questo caso. In realtà nel motore Otto non vi è alcun ritardo, perché l’accensione segue immediatamente lo scoccare della scintilla. Durante il tempo di incubazione (espresso in angolo di manovella, mediamente si ha: A0 = 10° + 20°) la prima fiamma laminare si trasforma gradualmente in una turbolenta, diventando sempre più sensibile alle condizioni di moto della carica, dalle quali dipende il corrugamento ed il forte ripiegamento del fronte di rea­zione (vedere la Figura 10.5).Man mano che l’area di quest’ultimo aumenta ulteriormente, la combustione raggiunge la sua seconda fase, in cui un fronte di rea­zione pienamente turbolento si propaga alla maggior parte della carica con velocità prossima ai suoi massimi valori. La struttura del fronte (vedere il paragrafo 10.1.4) e la velocità di combustione tur­bolenta zvcX dipendono principalmente dalle condizioni di moto della carica (intensità di turbolenza e sue scale), che a loro volta variano soprattutto con il regime di rotazione del motore. La Tavola 31 con­ferma [13] un sempre più forte frastagliamento della fiamma al cre­scere del regime di rotazione, il quale a parità di altri parametri geo­metrici, provoca un corrispondente aumento del livello di turbolen­za della carica.La velocità assoluta dj avanzamento del fronte risultando dalla somma vettoriale di nJc, e della velocità locale assoluta ~v9 con cui si muovono i gas, secondo una relazione equivalente alla 10-5:

v! = + a>ct 10-14

varierà localmente da punto a punto, oltre che da istante ad istante in funzione del tempo. Attualmente mediante misure anemometri- che di tipo laser (peraltro eseguibili solo su motori appositamente predisposti) si può rilevare localmente vì e vQ, ottenendo di con­seguenza delle mappature spaziali e temporali delle tre velocità che compaiono nella 10-14. Per un esame di tipo sintetico del pro­cesso, può tuttavia risultare conveniente fare riferimento a velocità medie nello spazio, che pur non avendo un riscontro puntuale nella realtà fisica, presentano il grosso vantaggio di una capacità di de­scrizione sintetica del fenomeno.A tale scopo si osserva innanzitutto che durante la parte centrale del processo di combustione, il pistone si muove in prossimità del

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PMS e che quindi il volume a disposizione del fluido varia molto poco. Si può allora considerare una camera di volume costante ed immaginare di dividerla in cinque parti uguali (Figura 10.8), conte­nenti ciascuna la stessa massa di miscela [3]. Man mano che ogni elemento di carica brucia, si espande comprimendo sia quella fre­sca che quella già bruciata. Ne deriva che, quando la fiamma attra­versa la camera, gli elementi raggiunti progressivamente dal fron­te di reazione posseggono densità via via crescenti. Di conseguen­za le masse di miscela bruciate aumentano meno rapidamente dei volumi. In termini analitici, una comoda relazione tra la fra­zione in massa bruciata (xb = mb/ m)* e la corrispondente frazio­ne in volume {yb = Vb / V) può essere ricavata partendo dalle iden­tità:

m = mm + mh V = Vm + Vb

e dalle definizioni di massa volumica:

Pm = ™m/V m p i = mbIV b

ottenendo, con semplici passaggi:

x„ = mb + mm' 1 + ^ (M Imb pi,

I dati riportati in Figura 10.9 sono stati ottenuti [8], elaborando con un modello termodinamico (vedere il paragrafo 10.7.1 ) i valori di pressio­ne rilevati su di un monocilindro da ricerca, le cui condizioni di funzionamento sono state variate in un ampio campo di valori. Si

1 ? 3 4 Fi 1 2 3 4 5

i— 1— i— ■— i— 1— i— ■— i— >— i i— ■— i— ■— i— 1— i— '— i— ■— i i— ■ i '— i— >— i— 1— i— 1— i

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a) b) c)

Figura 10.8 - La camera di combustione viene rappresentata, in prima approssimazione, come un volume che si mantiene costante durante la parte centrale del processo (pistone vicino al PMS). Lo schema illustra: a) la suddivisione iniziale della camera in cinque parti contenenti la stessa massa di miscela; b) la combustione e l'espansione della frazione 1; c) la compressione della carica incombusta e di quella già bruciata, per effetto della combustione della frazione 2.

* Si sono utilizzati i seguenti indici:— m: per le grandezze relative alla miscela fresca, non ancora raggiunta dalla fiamma;— b: per quelle relative alla porzione di carica già bruciata.

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può constatare che il rapporto tra le masse volumiche pm / Pj, risulta poco Influenzato da: composizione della miscela, frazione di residui del ciclo precedente, temperatura e pressione iniziali, ecc. Esso si mantiene inoltre quasi costante durante l’intero processo di combu­stione, variando mediamente da 4 a 3,5. Questo fatto permette di valutare in prima approssimazione la relazione che intercorre tra éd yb in un motore ad accensione comandata, senza dover fare specifici calcoli, ma semplicemente utilizzando la 10-15, il cui anda­mento è pure riportato in Figura 10.9. Si possono così quantizzare le considerazioni fatte in precedenza, osservando che, quando la combustione ha già interessato ad esempio il 50% del volume della carica, la massa bruciata è solo il 20% del totale, mentre ad yb= 0,8 corrisponde il valore: xb = 0,53.I rilievi fotografici del fronte di fiamma (del tipo di quelli mostrati nel­la Tavola 30) suggeriscono inoltre la possibilità di approssimare la superficie limite di separazione tra la parte di miscela bruciata e quella non ancora raggiunta dalla fiamma, con una porzione di su­perficie sferica più o meno distorta dal moto d’insieme della carica e limitata dalle pareti della camera di combustione [8]. Se si indica con Vb il volume di tale sfera, capace di contenere i gas combusti in un dato istante ed Ah la sua superficie frontale, si possono definire le seguenti velocità medie:— vm1 = velocità media di avanzamento del fronte di combustione

supposto sferico:

— z mcl - velocità media di combustione turbolenta (vedere il pa­ragrafo 10.1.4):

Nelle condizioni di pratico interesse si dimostra [8] che queste due velocità, a meno di contributi trascurabili, sono legate dalla rela­zione:

* Siccome Vb risulta funzione di diversi parametri (la geometria della camera, la pressione, il tempo, ecc..), qui se ne considera la sola variazione rispetto al tempo.

Vml “ (m / Pi V) ^mct

dalla quale si ricava facilmente:

10-18

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Figura 10.9- Tipici rilievi sperimentali delle frazioni in massa ed in volume di miscela bruciata nella camera di combustione di un monocilindro da ricerca [8].Il diagramma riporta anche il rapporto tra la massa volumica della miscela fresca e quella dei gas combusti pmlp „ e quello tra la velocità media dipropagazione del fronte di fiamma e la velocità di combustione turbolenta^ m f I ^ m c t *calcolati con unmodellotermodinamico.

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FRAZIONE IN VOLUME BRUCIATA yh

Anche questa espressione è illustrata graficamente in Figura 10.9, dove si può osservare che nella fase iniziale, (quando yb tende a zero), il rapporto vmi/w mci si avvicina al rapporto di espansione della porzione combusta pm / pt. In corrispondenza cioè di una piccola ve­locità di combustione (perché a/mct => wc,), la libera dilatazione della carica che sta bruciando, produce un’alta velocità di espansione vg dei gas, che sovrapponendosi alla wmct, fa sì che la vmì assuma un valore relativamente elevato (« 4 wmct) Man mano che la combustio­ne procede, la zvma aumenta rapidamente avvicinandosi al suo valo­re massimo, mentre il contributo della vq dovuta all’espansione dei gas combusti si riduce rapidamente fino ad annullarsi. Per yh ten­dente ad 1, la 10-18 dà infatti: z»mf= u>mci. La sovrapposizione di que­sti effetti fa sì che durante il processo la vmi cresca, in funzione del­l’angolo di rotazione dell’albero motore, raggiungendo un massimo piuttosto appiattito in prossimità del PMS, per poi tornare a diminuire seguendo l’andamento tipico mostrato in Figura 10.14.

■jq 2 2 Ulteriori aspetti caratteristici del processo di combustione in un mo-c " ' tore ad accensione comandata possono essere illustrati commen-oViluppo tando i dati di Figura 10.10, in cui si mostra [19] per un tipico ciclo lodella pressione sviluppo in funzione dell’angolo di rotazione dell’albero motore:nel cilindro della pressione nel cilindro, della frazione in massa di miscela com­

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busta, della temperatura Tg della carica considerata come omoge­nea , di quella media della frazione bruciata Th, di quella della mi­scela non ancora raggiunta dal fronte di fiamma Tm.Dall’andamento nel tempo della pressione nel cilindro dipende il va­lore del lavoro meccanico raccolto sull’albero motore. Poiché il pro­cesso di combustione non è istantaneo, occorre distribuirlo ade­guatamente a cavallo del PMS, per poter convertire in lavoro la massima quantità di energia termica da esso liberata. Questo risul­tato si ottiene anticipando opportunamente l’accensione della mi­scela, rispetto alla posizione di PMS di fine corsa di compressione. Se tale anticipo all’accensione è grande, la combustione si svolge prima ed il massimo di pressione si avvicina al PMS, facendo così aumentare il lavoro di compressione che il pistone deve fare sul gas (lavoro negativo). Ritardando l’accensione, il picco di pressio­ne si allontana dal PMS e si riduce in ampiezza, producendo una diminuzione del lavoro di espansione raccolto dal pistone (lavoro positivo).L’anticipo ottimo è quello che garantisce il miglior compromesso tra questi due svantaggi, permettendo di ricavare il massimo lavoro uti­le per ciclo. Esso viene ricavato empiricamente, per ogni condizio­ne di funzionamento del motore, attraverso una meticolosa opera­zione di messa a punto al banco prova. In pratica l’anticipo deve risultare tanto più grande, quanto più lento è il processo di combu­stione, in modo da ripartirne la durata in maniera pressoché simme­trica rispetto al PMS. In tale caso il massimo di pressione cade cir­ca 15° + 20°dopo II PMS ed il 50% della carica è bruciata circa 10° dopo il PMS (vedere la Figura 10.10).Per quanto riguarda la distinzione dell’intero processo di combu­stione nelle tradizionali tre fasi, occorre tener presente che i relativi istanti di separazione non possono essere definiti in modo rigoroso, perché la velocità di combustione varia gradualmente. Accettato quindi che la prima fase inizia allo scoccare della scintilla 6ac, il momento in cui essa finisce ed incomincia la fase principale di combustione pienamente turbolenta, può essere assunto conven­zionalmente (con riferimento al diagramma delle pressioni) come quello in cui la linea delle pressioni dovute alla combustione si sco­sta, di una quantità prefissata (ad esempio: 1%), da quello di sem­plice compressione (vedere la Figura 10.7).Questo significa far riferimento all’istante in cui la pressione cambia sensibilmente la sua legge di aumento imposta dal moto del pisto­ne, come risultato di un sostanziale sviluppo del processo di com­bustione della carica. Normalmente, per avere uno scostamento delle due curve dell’1%, occorre che bruci circa il 2% della massa di miscela o l’8% del suo volume (per la 10-15). Talvolta risulta quindi più comodo definire la fine della prima fase, facendo riferimento alla curva *¡,(0) e scegliendo, come tale, l’istante in cui è bruciata una prefissata massa di miscela (comunemente: 1%, 5% o più spesso 10%).La velocità di combustione, durante la successiva fase principale, determina la rapidità di sviluppo della pressione con l’angolo di ma-

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ANGOLO DI MANOVELLA [°]

ANGOLO DI MANOVELLA [°]

Figura 10.10 - Andamento tipico, in funzione dell’angolo di manovella: della pressione p(B) nel cilindro; della frazione in massa x l:(B) di miscela combusta, in base alla quale s i possono schematicamente individuare tre fasi principali di combustione; della sua derivata rispetto all’angolo di manovella (dxb / dQ). Il grafico inferiore riporta l ’andamento delle temperature: della carica considerata come omogenea T9 della massa bruciata ritenuta completamente miscelata Tìy della frazione bruciata per prima Tb- e per ultima Thi ,L, della miscela non ancora raggiunta dal fronte di fiamma Tm.

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Figura 10.11 - Esempio di «dispersione ciclica« dei valori di pressione p(9) nel cilindro e della frazione in massa xb(8) di miscela combusta, in un motore ad accensione comandata.I diagrammi riportano, in funzione dell’angolo di manovella, I dati relativi a quattro cicli consecutivi, rilevati [8] su di un monocilindro sperimentale.

novella dp / dQ e (di conseguenza) di applicazione delle forze alle varie parti del manovellismo, da cui dipende la «ruvidezza» di fun­zionamento del motore. Il rumore e le vibrazioni che ne deriva­no (vedere il paragrafo 13.3) sono legate al più o meno graduale passaggio dalla prima alla seconda fase e dal valore del gradiente dp/ d 9 della seconda, che negli attuali motori Otto (con r = 8 + 10) raggiunge i valori di: 0,15 + 0,20 MPa/°.Con riferimento al diagramma delle pressioni, la fine della 2- fase può convenzionalmente essere posta in corrispondenza del massi­mo della pressione nel cilindro, cui si associa l’arrivo del fronte di fiamma alle pareti della camera di combustione. Se si utilizza inve­ce il diagramma delle frazioni in massa xb di miscela bruciata, tale istante può essere ancora determinato da un prefissato valore di xb (solitamente: 90%), cui corrisponde il brusco piegamento della se­conda parte del diagramma ad S in esame, dovuto alla rapida dimi­nuzione di velocità di combustione poiché II fronte di fiamma arriva a lambire le pareti solide della camera.La combustione si completa nella 3® fase con una velocità che (come nello stadio iniziale) dipende più dalle proprietà fisiche e chi­miche della miscela, che dalle sue condizioni di moto turbolento. Di conseguenza la temperatura media Ta dei gas nel cilindro conti­nua a crescere (vedere la Figura 10.10) raggiungendo un massimo 10° + 15° di manovella dopo quello della pressione. Infatti, a causa della brusca diminuzione della velocità di combustione (ossia: del rilascio del calore), la temperatura del gas cresce ancora per un poco, anche se sempre più lentamente; mentre l’incremento di pressione causato dalla combustione non è sufficiente per com­pensarne la caduta, dovuta all’aumento di volume prodotto dal moto del pistone ed alle perdite di calore attraverso le pareti della camera.

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10.2.3Dispersioneciclica

Molti rilievi sperimentali indicano che, anche quando un motore funziona in condizioni stazionarie, un ciclo non si ripete mai identico al precedente, dando luogo al ben noto fenomeno della « dispersione ciclica». I fotogrammi riportati nella Tavola 30 (relativi a 4 cicli con­secutivi), mostrano ad esempio che esiste una sensibile dispersione nella forma del fronte di fiamma e nel volume di miscela acceso nel passare da un ciclo all’altro. Queste differenze appaiono particolar­mente evidenti nella fase iniziale del processo di combustione e si mantengono per tutto il suo sviluppo. Analogamente, i rilievi [8] dì Figura 10.11 indicano sostanziali differenze nelle curve di pressione di quattro cicli consecutivi, il cui sviluppo si è visto essere univoca­mente legato aH’andamento della combustione.

Queste variazioni da ciclo a ciclo nel processo di combustione sono generalmente imputate alle seguenti cause:1. le condizioni di moto della carica nel cilindro sono casuali ed irri­petibili nei dettagli nel passare da un ciclo all’altro;2. il miscelamento dei gas residui con la carica fresca (specie in prossimità della candela) può variare sensibilmente;3. si possono avere differenze nella quantità di aria e di combusti- bile inviati allo stesso cilindro in cicli successivi.

Il peso relativo di questi fattori dipende dalle caratteristiche geome­triche del motore e dalle sue condizioni di funzionamento, ma in generale esso è rispecchiato dall’ordine in cui sono stati elencati. Le condizioni della carica in prossimità della candela (composizio­ne, intensità e scale di turbolenza) influenzano infatti lo sviluppo dello stadio iniziale della fiamma, determinando la velocità con cui procedono le reazioni chimiche, deformando ed ampliando il primo volumetto di miscela accesa, in modo diverso da ciclo a ciclo. Ne conseguono variazioni della velocità, con la quale il piccolo fronte iniziale di tipo laminare sì trasforma in una fiamma pienamente turbolenta. Questo stadio iniziale del processo sembra essere il meno ripetibile (vedere il paragrafo 10.3), ma è ovvio che variazioni tra ciclo e ciclo nel moto medio modificano la forma del fronte di reazione, anche nella sua fase di pieno sviluppo, mentre differenze nelle intensità e nelle scale di turbolenza fanno variare la velocità di combustione.Le conseguenze negative introdotte dal fenomeno della dispersio­ne ciclica sono principalmente di due tipi. Prima di tutto alcuni para­metri motoristici (quali l’anticipo all’accensione), che vengono de­terminati empiricamente come soluzione di miglior compromesso tra opposte esigenze, verranno fissati ad un valore ottimale per il «ciclo medio». Per la maggior parte di quelli effettivi essi avranno quindi un valore tanto più lontano dalPottimo, quanto più il ciclo con­siderato si allontana dal medio. Per esempio, l’anticipo stabilito ri­sulterà eccessivo per i cicli con velocità di combustione superiore a quella del medio, mentre sarà insufficiente per tutti quelli con velo­cità di combustione inferiore. Ne conseguono perdite di potenza e di rendimento del motore, perché per molti cicli i parametri più im­portanti sono lontani dal loro valore ottimo.

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In molti casi, inoltre, sono i cicli estremi che impongono limiti alle condizioni di funzionamento del motore, le quali di conseguenza ri­sultano eccessivamente restrittive per la maggior parte di quelli ef­fettivi. La richiesta ottanica di un motore, ad esempio, è dettata dai cicli più propensi a detonare (ossia quelli con più rapido sviluppo di pressione), imponendo l’uso di una benzina con NO inutilmente elevato per la maggior parte delle situazioni reali. Analogamente, il limite magro cui il motore può funzionare è imposto dai cicli estremi a combustione più lenta, perché sono quelli che, in seguito ad uno smagrimento della miscela, sono più inclini a dare origine ad una combustione incompleta ed irregolare. Se tutti i cicli si ripetessero identici al medio, il motore potrebbe essere regolato per funzionare con una miscela più magra, con evidenti vantaggi dal punto di vista dei consumi e dell’inquinamento prodotto.Si tenga poi presente che l’inerzia dei componenti meccanici del motore è normalmente sufficiente, in presenza di una contenuta di­spersione ciclica, a mediare le variazioni nel tempo che si hanno all’interno dei cilindri, facendo in modo che la coppia erogata al­l’esterno risulti costante. Quando però la dispersione si fa elevata, questa azione compensatrice risulta sempre più imperfetta ed il funzionamento del motore tende a diventare irregolare.In ogni caso, quando si studia la combustione in un motore, questo fenomeno costringe a mediare le informazioni relative ad un nume­ro di cicli sufficientemente alto (qualche decina nel caso di bassa dispersione, qualche centinaio per valori più elevati). Solo così in-

Figura 10.12- Andamento, in funzione dell’angolo di manovella, della pressione nel cilindro di un tipico motore per autovettura, al variare dei regime del motore, a pieno carico. Per tener conto della «dispersione ciclica», i valori di pressione sono stati mediati su 100 cicli consecutivi, in modo da ricavarne i valori «medi» (d’insieme) in ogni condizione.

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10.3Influenza dei parametri più significativi sullacombustionenormale

fatti si può ricavare un dato che sia sufficientemente significativo del «comportamento medio» del motore in quelle condizioni. Oc­corre però sempre tener presente che le grandezze medie così ot­tenute non si riferiscono più ad alcun ciclo fisico, effettivamente de­scritto dal fluido nel cilindro. Così, ad esempio, se si elaborano i valori di pressione relativi a più cicli per ottenerne l’andamento me­dio in funzione dell’angolo motore pm{Q) (vedere ad esempio la Fi­gura 10.12), sarà corretto ricavare da essi i parametri che sono funzione lineare della pressione (come: la pressione media indica­ta, la potenza, ecc.), ma non le grandezze di dipendenza più com­plessa che caratterizzano il processo di combustione (come: curva rilascio del calore, temperatura della carica, frazione di miscela bru­ciata, ecc.). In quest’ultimo caso, occorre mediare i risultati ottenuti analizzando un numero appropriato di singoli cicli consecutivi.

In questo paragrafo ci si propone di evidenziare l’effetto dei princi­pali parametri motoristici sul processo di combustione, partendo da risultati ottenuti per via sperimentale:— rilievi di pressione mediante trasduttori al quarzo, in funzione

dell’angolo di manovella;— misure di tempi di propagazione della fiamma tra due punti de­

terminati dalla camera di combustione, sfruttando la ionizzazio­ne da essa prodotta;

— rilievi ottici: cinematografia ad alta velocità, shadowgrafia, ecc.I risultati riportati nelle Figura 10.12 e 10.13 illustrano l’influenza del regime di rotazione del motore sul processo di combustione nor­male. Nella prima figura si può notare come il diagramma, in funzio­ne dell’angolo di manovella, della pressione media pm(9) relativa a più cicli consecutivi (per tener conto della dispersione ciclica) cambi poco con il numero di giri. Leggere traslazioni secondo l’asse delle ascisse sono, infatti, imputabili ai diversi valori dell’istante ottimale di accensione e variazioni nelle ordinate a cambiamenti del coeffi­ciente di riempimento del motore. Questo risultato si spiega col fat­to che al crescere del regime di rotazione, aumenta pressoché pro­porzionalmente la velocità di propagazione del fronte di fiamma {Figura 10.13), a causa di un corrispondente incremento dell'inten­sità media di turbolenza, al momento della combustione. Al cresce­re del numero di giri, infatti, si fa più intensa la turbolenza durante la corsa di aspirazione, per l’aumentata velocità acquistata dalla cari­ca fresca sulla sezione ristretta della valvola di aspirazione, e con­temporaneamente diminuisce il tempo in cui si attua la corsa di compressione, durante il quale la turbolenza in genere decade.Grazie a queste variazioni di intensità di turbolenza con il regime di rotazione, si ottiene quindi un adeguamento dei tempi di reazione a quelli disponibili per la combustione, con l’importante conseguenza pratica di permettere ai motori Otto di funzionare bene su di un’este­sa gamma di numeri di giri (ad esempio: 20 200 giri/s). Questa proprietà è tipica del solo motore ad accensione comandata.

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Dall’esame di questi due diagrammi si può ancora notare come la dispersione dei valori di pressione (Figura 10.12) e dei tempi di propagazione (Figura 10.13) nel passare da un ciclo all’altro, è molto più accentuata durante la prima fase della combustione, che non nel periodo successivo. Si osserva cioè che lo stadio iniziale di propagazione della fiamma è molto sensibile a variazioni anche mi­nime nella composizione e nelle condizioni di moto della miscela; mentre il procedere della combustione tende ad essere via via

Figura 10.13- Influenza del regime di rotazione sui tempi impiegati dal fronte di combustione a percorrere i tre diversi tratti, indicati nello schema della testata riportato superiormente. Tra gli elettrodi dei sensori è mantenuta una differenza di potenziale costante, per cui essi possono individuare il passaggio della fiamma, grazie al fenomeno della chemi-ionizzazione che rende il gas conduttore nella zona di reazione.

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Figura 10.14 - Influenza de! carico del motore sulla velocità media dipropagazione del fronte di fiamma. Essa cresce inizialmente con l ’angolo di manovella, a causa della rapida dilatazione della carica che sta bruciando, fino a raggiungere un massimo. A l ridursi del carico,i valori d i velocità si abbassano e si allunga la durata della combustione.

ANGOLO DI MANOVELLA [°]

sempre più regolare, col progredire del processo. Ne discende che il periodo iniziale condiziona quello successivo, per cui al li­mite può avvenire che un fronte di fiamma, formatosi regolarmen­te perché ha trovato in prossimità della candela di accensione le condizioni chimiche e fisiche (rapporto aria/combustibile, turbolenza, ecc.) opportune, potrà propagarsi in modo stabile anche in una carica molto povera, in cui in un motore normale non si ha un regolare avviamento del processo di combustione.Su questo principio si basa il «motore a carica stratificata», in cui si realizza un’alimentazione del combustibile volutamente disunifor­me, cercando di ottenere una miscela ricca in prossimità della can­dela ed una povera nelle zone più lontane. Al di là delle difficoltà pratiche incontrate nel realizzare tali condizioni, questo tipo di mo­tore ha destato molto interesse, presentando il duplice vantaggio di un modesto consumo di combustibile, associato a bassi livelli di in­quinanti emessi.I rilievi riportati in Figura 10.14, mostrano come la velocità di propa­gazione del fronte di fiamma decresca* sensibilmente al diminuire del carico del motore, a parità di regime di rotazione. Questo fatto è dovuto al concorso di più fattori:— è diminuita la densità della carica, a causa della riduzione della

massa di fluido fresco aspirata;— le perdite termiche fanno sentire in misura percentualmente più

elevala la loro influenza sulla temperatura della carica che brucia;— è accresciuto l’effetto di diluizione della miscela ad opera dei

gas residui del ciclo precedente.

* L’anticipo all’accensione ottimo aumenta di conseguenza, al ridursi del carico.

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Alla diminuzione dei valori istantanei della velocità di propagazione del fronte di fiamma, corrisponde ovviamente una maggiore durata angolare della combustione, che continua ad avvenire durante la fase di espansione, fino all’apertura della valvola di scarico. Al ri­dursi del carico, aumenta anche la dispersione ciclica a causa della diminuita velocità di propagazione della fiamma in quella prima fase del processo di combustione che, come si è già osservato, tende a condizionare gli sviluppi successivi.La Figura 10.15 mostra poi un aumento della velocità di propaga­zione del fronte di fiamma al crescere del rapporto volumetrico di compressione r, al quale sono legate le condizioni fisiche (pressio­ne e temperatura) all’inizio del processo di combustione. L’effetto globale si attenua al crescere di r, riducendosi ad un aumento del 10% della velocità, per una variazione di r da 8 a 9.Si è già avuto modo di confermare lo stretto legame che passa tra il moto turbolento in camera di combustione e la velocità di propaga­zione della fiamma, allorché si è discussa l’influenza del regime di rotazione del motore. Si ricorda ora che, a parità di numero di giri, il valore dell’intensità di turbolenza che si ha nel cilindro verso la fine della fase di compressione, quando scocca la scintilla agli elettrodi della candela, dipende essenzialmente dalla geometria dell’appa­rato di aspirazione e della camera di combustione (vedere il para­grafo 9.4). I risultati riportati in Figura 10.16 mostrano ad esempio che, quando si incrementa il livello di turbolenza della carica (at­traverso un più accentuato moto di squish verso la fine della fa­se di compressione), la velocità media di combustione risulta corri­spondentemente aumentata. Il progettista potrà quindi agire sulla geometria del condotto di aspirazione e/o della camera, per ade­guare la rapidità della combustione alle esigenze del particolare motore.

Figura 10.15- A regime di rotazione costante (n = 50 giri/s), al crescere del rapporto volumetrico di compressione, diminuisce il tempo (espresso in angoli di manovella) impiegato dal fronte di fiamma percorrere il tratto compreso tra la candelad’accensione ed il sensore di ionizzazione (posto al bordo opposto della camera di combustione).

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Figura 10.16- A parità di rapporto di compressione (r = 10), un aumento del valore dell’area di squish (ottenuto realizzando la camera di combustione a forma di tazza sempre più profonda nella testa del pistone), fa crescere l ’intensità di turbolenza verso la fine della fase di compressione.I diagrammi della frazione in massa della miscela bruciata, relativi alle tre geometrie provate [18], mostrano un corrispondente aumento della velocità di combustione.

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Figura 10.17 - A l variare del rapporto di equivalenza della miscela, il tempo Impiegato dal fronte di fiamma a raggiungere il sensore di ionizzazione (situato dalla parte opposta della candela), risulta minimo per una miscela relativamente ricca ('(f) = 1,15 + 1,20). Gli aumenti di durata sono poco accentuati nel campo delle miscele ricche, ma si fanno netti in quello delle miscele povere.

Per concludere, esaminiamo l’influenza sul processo di combustio­ne di un motore ad accensione comandata da parte dei fattori chi­mici, che si riducono essenzialmente alla ricchezza della miscela ed alla natura del carburante. La Figura 10.17 mostra come la du­rata del processo di combustione (ottenuta mediando su più cicli consecutivi per tener conto della dispersione ciclica) presenti un minimo per una miscela relativamente ricca (rapporto di equivalen­za <|> = 1,15 h- 1,20). Essa va aumentando piuttosto lentamente per valori più elevati di ricchezza, ma cresce in maniera sensibile qua­lora si passi ad alimentare il motore con miscela povera. Il fenome­no appare ancora più accentuato se, invece di considerare dati medi, si fa riferimento ai soli cicli più lenti. Si constata cioè che an­che la dispersione ciclica presenta un minimo per i rapporti di aria/ combustibile, che corrispondono alle più elevate velocità di propa­gazione della fiamma, ma aumenta rapidamente smagrendo la mi­scela. È proprio l’accentuarsi delle irregolarità di funzionamento, unito alla riduzione eccessiva della velocità di propagazione della fiamma, che limita la possibilità di far funzionare il motore con rap­porti di miscela sufficientemente magri per avere bassi livelli di emissioni allo scarico ed elevati rendimenti.Infine, sulla base di diversi rilievi sperimentali, si può affermare che l’influenza della natura del combustibile è sintetizzabile attraverso il valore della velocità laminare di combustione, nonostante la netta differenza che passa tra il processo di combustione laminare e quello tipicamente turbolento che si ha in un motore (vedere il para­

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grafo 10.1.4). Se si tiene presente allora che la velocità laminare (Figura 10.3), almeno per gli idrocarburi più comunemente conte­nuti in una benzina, non varia in maniera apprezzabile, non sor­prendono i numerosi risultati sperimentali che mostrano come la durata del processo di combustione normale e la dispersione cicli­ca, non mutino sostanzialmente al variare della percentuale di: aro­matici, paraffine ed olefine contenute nella benzina.

10.4 Calcolo della legge di rilascio del calore

Per descrivere l’andamento del processo di combustione in un mo­tore, si è visto (nel paragrafo 10.2.2) che può risultare conveniente fare riferimento ad alcune grandezze (legge di rilascio del calo­re, temperature, frazione di miscela bruciata, ecc.) ricavate con ela­borazioni teoriche, da rilievi sperimentali (soprattutto di pressione, che sono attualmente i più semplici da eseguire su di un motore funzionante).Nel caso di modello di calcolo più semplice, la base di partenza è costituita dal 10 principio della termodinamica, applicato al sistema

Figura 10.18 - Camera di combustione di un tipico motore ad accensione comandata, in prima approssimazione, il fluido di lavoro può essere considerato di composizione, temperatura e pressione uniformi, scegliendo opportunamente i relativi valori medi. Un grado in più di dettaglio può essere ottenuto schematizzando il sistema con due zone omogenee: i prodotti della combustione e la miscela fresca, separati da un fronte di reazione di spessore trascurabile. Nella figura sono schematicamente indicati: il rilascio di calore da parte delle reazioni di combustione (dQb / dQ), la potenza meccanica raccolta dal pistone (dL / dQ), il flusso di calore attraverso le pareti refrigerate (dQ, / dQ).

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gassoso contenuto nella camera di combustione (Figura 10.18). Esso può, in prima approssimazione, venire considerato come omogeneo (di composizione media opportuna), nonostante che il processo di combustione sia in corso. Si potrà allora scrivere che, in corrispondenza di una generica posizione 0 dell’albero motore, il flusso di calore (dQblde ) rilasciato dalle reazioni chimiche di com­bustione, unito all’eventuale apporto energetico dovuto al passag­gio di massa attraverso la superficie di contorno {L.h.dm Jde), va a provocare la variazione (dE /de) dell’energia interna del sistema, a scambiare potenza meccanica con l’esterno (dL ld 0) attraverso il pistone, a perdersi in parte attraverso le pareti refrigerate (dQ ,ld0) della camera di combustione:

dQ, + y h dnh ^ dE dL dQ,de ' de de de de

La precisione dei risultati ottenuti dipende ovviamente da quella con cui si riescono ad esplicitare i termini che compaiono in questo bilancio di energie. Nel caso di motore Otto non si ha iniezione di combustibile durante il processo in esame, quindi i flussi di massa attraverso il contorno si riducono alle perdite per trafilamento, dovu­te alla imperfetta tenuta delle fasce elastiche. Esse vengono nor­malmente trascurate, ritenendo quindi dm,l de = 0 nella 10-19.Assimilando il fluido ad un gas perfetto di temperatura media T, si potrà porre E = m cv T, da cui si ricava:

dE dT „ dm—- = mcy —— + cv T ——de de de

con il secondo termine nullo, nel caso di assenza di flussi di massa (dm = 0). La potenza raccolta dal pistone si potrà valutare come:

dL / de = p d V / dB

mentre la temperatura si potrà esprimere in funzione di p e V tra­mite l’equazione di stato:

T = p V / m R 10-20

da cui differenziando si ha:

dT p dV V dp— = „ — + ----- — 10-20de mR de mR dQ

Tenuto allora presente il valore assunto dalla somma:

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si perviene, grazie alla 10-19, alla seguente espressione per la legge di rilascio dei calore in seguito al processo di combustione:

dQb k dV 1 j r d p dQ ,— = ------ p — + ------ VdQ k - 1 dQ k - 1 dQ dQ

Una volta misurato accuratamente l’andamento della pressione nel cilindro in funzione dell’angolo di manovella p = p(Q), essendo nota la variazione del suo volume V = V(0) (vedere il paragrafo 1.3.1), l’equazione di stato 10-20 permette di determinare l’evoluzione del­la temperatura media della carica nel cilindro, considerata come un fluido omogeneo. Si possono quindi valutare le perdite di calore at­traverso le pareti refrigerate dQr / dQ, con un appropriato model­lo del processo di scambio termico (vedere il paragrafo 14.3.1), del tipo:

Poiché a questo punto sono noti tutti i termini che compaiono a se­condo membro della 10-21, da essa si ricava la legge di rilascio del calore d<2b/ d0, in funzione dell’angolo di manovella.Si osservi poi che l’integrale della 10-21 esteso tra l’angolo di inizio 0i e quello di fine combustione 0f, fornisce la quantità totale di calore liberato g b, che uguaglia il prodotto della massa di combu­stibile mc bruciata per ciclo per il suo potere calorifico inferiore H,:

con un’approssimazione (normalmente contenuta entro pochi %), che dipende dal grado di completezza delle reazioni di ossidazione e dalla precisione con cui è stata compiuta l’analisi energetica del processo. Prendendo i logaritmi di entrambi i membri della 10-22 e differenziando si ottiene:

La 10-23, insieme alla 10-21 e 10-22 permette così di determinare la legge con cui varia la frazione in massa di combustibile (o di mi­scela) bruciata x,,(0). Questa ha normalmente una caratteristica for­ma ad S (vedere la Figura 10.10), che può essere approssimata con sufficiente precisione da una funzione esponenziale (nota come funzione di Wiebe) del tipo:

con un’opportuna scelta dei valori dei parametri: aedm (vedere il paragrafo 10.7.1).

dQJdQ = S h t {T -T„)

10-22

1 dQb _ _1_ dmc _ dXb Qb dQ mc dQ dQ

10-23

m + 1xb = 1 - exp - a 10-24

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Per quanto riguarda poi i valori delle temperature, si è già detto che l’evoluzione di quella della carica presente nel cilindro Tg(Q) (con­siderata come un gas omogeneo) può essere ottenuta direttamente dall’equazione di stato 10-20, conoscendo p(6) e V(9). Tuttavia, per molte considerazioni (l'apparire della detonazione, la formazione di Inquinanti, ecc.) risulta conveniente conoscere la storia termica della miscela fresca non ancora raggiunta dal fronte di fiamma e dei gas combusti, considerati coma due sistemi separati dal fronte di fiamma (di spessore trascurabile).La miscela fresca si può allora supporre compressa isoentropi- camente dall’espansione dei gas combusti e dal moto del pistone, per cui la sua temperatura :rm(0) può essere valutata mediante la relazione:

r m(0) / r m(e i) = [ p ( 0 ) / p ( 0 i) ] “ m " 1>/lrn

avendo indicato con km il rapporto tra i calori specifici della miscela, il cui valore (tipicamente: A:m = 1,35 -i- 1,30) diminuisce al crescere della temperatura e del rapporto di equivalenza (|>.Per quanto riguarda poi i gas combusti, si possono fare due ipotesi limite, ritenendo:1. che si abbia un miscelamento completo tra le varie porzioni che si formano successivamente durante II processo di combustione;2. che non vi sia alcun miscelamento tra l’elemento di miscela che brucia e la massa di gas combusti già presente nel cilindro.

La situazione reale sarà in effetti intermedia tra le due limite ora ricordate. Essa si avvicinerà maggiormente alla prima o aH’ultima a seconda che la scala dei tempi che caratterizzano il mescolamento dei gas combusti sia piccola o grande rispetto alla durata del pro­cesso totale di combustione.L’ipotesi di assenza di miscelamento permette di evidenziare che gli elementi di carica che bruciano per primi raggiungono tempera­ture più elevate (dell’ordine dei: 300 400 K) di quelli che bruciano per ultimi. Il calcolo può essere fatto, in prima approssimazione [20], supponendo che ciascuna frazione di miscela venga portata dalle reazioni di ossidazione alla temperatura adiabatlca di fiamma e sia successivamente compressa e poi espansa, al variare della pressione nel cilindro, con legge isoentropica. La Figura 10.10 mo­stra i risultati ottenuti con questo procedimento, riportando l’anda­mento: della temperatura Tbp del primo elemento di miscela brucia­to, di quella Tbì „ dell’ultimo e di quella Tb media dei gas combusti, supposti in ogni istante a temperatura uniforme (miscelamento completo), li diagramma evidenzia che le prime frazioni che brucia­no, essendo successivamente compresse fino ai più elevati valori di pressione, raggiungono temperature più alte delle ultime, che sono state invece compresse nelle condizioni di miscela fresca.

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anomale

10.5 Si è visto (paragrafo 10.2) che la combustione normale presenta leCombustioni fg ^ « ^ e c a ra tte ,¡s t¡c h e :

1. ha inizio nel punto e nell istante in cui scocca la scintilla;2. si propaga gradualmente da quel punto fino all’estremo della ca­mera, senza che si abbiano brusche variazioni di velocità.

Quando qualcuna di queste condizioni non è verificata, si realizza una forma di combustione anomala, che può arrivare a provocare danni ai componenti meccanici del motore o, più semplicemente, accrescerne la rumorosità, ridurne la potenza sviluppata od il rendi­mento globale.Le forme di combustione irregolare che si possono incontrare in pratica sono molteplici, ma qui ci si limiterà a considerare le due principali:1. la miscela viene accesa intempestivamente da un punto caldo della camera di combustione (spigolo valvola, elettrodo candela, deposito carbonioso, ecc.) capace di dare origine ad un 'accensione a superficie;2. una parte di miscela, prima di essere raggiunta dal fronte di fiamma regolare viene a trovarsi in condizioni tali da autoaccender- si spontaneamente, creando un brusco aumento locale di pressio­ne ed un sistema di vibrazioni nella massa gassosa, che si propa­gano alla struttura del motore (detonazione).

10.5.1 Alcune parti della camera di combustione soggette ad un elevatoAccensione flusso termico (grande superficie esposta ai gas) e male raffreddate

. (i depositi carboniosi possono accentuarne l’isolamento termico), ina superficie particolari condizioni di funzionamento del motore, possono essere

portate a livelli di temperatura tali da accendere localmente la mi­scela combustibile che viene in contatto con la loro superficie. Il fe­nomeno è alquanto complesso, coinvolgendo aspetti fisici (scam­bio di calore tra punto caldo e miscela) e chimici (avviamento delle reazioni di ossidazione), per cui sarà determinato, oltre che dal li­vello di temperatura del punto caldo (700 + 800 °C), dalle condizio­ni di moto del fluido in prossimità della superficie calda, dalle di­mensioni di quest’ultima e dalle condizioni fisiche (pressione, tem­peratura) e composizione della miscela combustibile.In seguito ad una forma di accensione a superficie, un fronte di fiamma di tipo turbolento incomincia a propagarsi attraverso la ca­mera di combustione, a partire dal punto caldo che l’ha generato. Le sue caratteristiche sono del tutto simili a quelle di un fronte generato dalla scintilla che scocca tra gli elettrodi di una candela, con la sola differenza che il momento dell’accensione è incontrolla­bile. L’accensione a superficie può avvenire prima dello scocca­re della scintilla (preaccensione: vedere Tavola 32), la quale fa partire successivamente un altro fronte di combustione, oppu­re dopo che la candela ha regolarmente avviato il processo (po­staccensione).

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10.5.2Detonazione

La preaccensione è ovviamente la forma più pericolosa perché, an­ticipando l’istante dell’accensione rispetto al valore ottimale prefis­sato, non solo provoca una perdita di lavoro meccanico raccolto, ma anche un aumento della temperatura e pressione dei gas. Ne deriva che la temperatura dei punti caldi cresce progressivamente, anticipando sempre più l’istante di accensióne con il succedersi dei cicli. Il processo tende quindi ad autoesaltarsi, fino a che qualche componente critico del motore cede, a causa dell’effetto combinato dei crescenti carichi termici e meccanici. La pericolosità del feno­meno è poi accentuata dal fatto che esso si manifesta aH’esterno, solo attraverso un’accresciuta ruvidezza di funzionamento (dovuta ai più alti gradienti di pressione: dp / d&), che risulta difficile da av­vertire nell’ambito del rumore globale prodotto dal motore.L’accensione a superficie può essere evitata per mezzo di un ap­propriato progetto dei particolari della camera di combustione ed una scelta opportuna di combustibili e lubrificanti. Bisogna elimina­re gli spigoli vivi (nei bordi delle valvole, nelle cavità ricavate nel pistone e nella testa, ecc.), poiché l’alto rapporto superficie/volume fa sì che essi raggiungano facilmente elevati livelli di temperatura, e progettare attentamente il sistema di raffreddamento della testata. Gli elettrodi surriscaldati delle candele sono spesso le cause princi­pali di preaccensione, per cui il loro grado termico (misura della ca­pacità di smaltimento del calore) deve essere scelto in relazione alle caratteristiche del motore. Il comportamento del combustibile nei confronti del fenomeno dell’accensione a superficie può ancora essere sintetizzato dal ritardo all’accensione (vedere il paragrafo10.1.2), che misura la rapidità con cui procedono le reazioni chimi­che intermedie che portano all’accensione della miscela. Le carat­teristiche più importanti dei lubrificanti sono invece quelle che indi­cano la loro tendenza a formare Incrostazioni e depositi, quando penetrano in camera di combustione.

La detonazione costituisce una delle forme di combustione anoma­la più importanti, perché limita le prestazioni ed il rendimento dei motori (impedendo di superare certi valori di rapporto di compres­sione ed anticipo all’accensione) e nello stesso tempo impone vin­coli restrittivi alla formulazione dei carburanti. Essa si manifesta al­l’esterno con: l’emissione di un caratteristico rumore metallico, si­mile ad un martellamento (si parla comunemente di «battito in te­sta» del motore), perdita di potenza, vibrazioni, riscaldamento ac­centuato, arrivando in condizioni particolarmente severe al danneg­giamento degli organi meccanici del motore.

Ipotesi sull’origine del fenomeno

Due diverse teorie sono state avanzate per spiegare l’origine del fenomeno. La prima si basa sull’ipotesi de\\'autoaccensione di unao più parti della miscela che brucia per ultima, prima che venga rag­

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Figura 10.19 - Sequenza di quattro shadowgrafie (riprese [30] con un intervallo di 1/4 di grado di manovella l’una dall'altra) relative ad un ciclo con detonazione (regime di rotazione:20 giri/s, rapporto aria / combustibile:12,5, anticipo accensione: 25 °).

giunta dal normale fronte di fiamma. La seconda presuppone che il fronte di fiamma avanzante acceleri fino a raggiungere la velocità del suono, trasformandosi in un ’onda d’urto che accende la restan­te miscela, propagandosi in essa con una velocità nettamente su­periore a quella di normale avanzamento della fiamma (velocità sonica > 1000 m/s).Allo stato attuale, la prima teoria sembra aver avuto un maggior nu­mero di conferme sperimentali, per cui soltanto essa verrà esposta più in dettaglio in seguito, facendo riferimento allo schema della Tavola 32. Ricordando quanto già detto al paragrafo 10.1.2 sul pro­cesso di autoaccensione di una miscela di idrocarburi in aria, si supponga che il fronte di fiamma venga avviato regolarmente dallo scoccare di una scintilla tra gli elettrodi della candela. Con la sua avanzata esso comprime e riscalda la miscela fresca che trova da­vanti a sé. Siccome quest’ultima non è mai perfettamente omoge­nea, né in termini di temperatura (miscelamento con i residui del ciclo precedente, contatto con parti più o meno calde della camera di combustione, ecc.), né in composizione, le reazioni di prefiamma si svilupperanno con una diversa rapidità nei vari punti della carica fresca, che dovrebbe essere investita per ultima dal fronte di fiamma. Può quindi accadere che uno o più volumetti di miscela si autoaccendano, prima di essere raggiunti dal fronte di fiamma prin­cipale. Si libera allora localmente una forte quantità di energia (di­pendente dalla massa di miscela interessata), che produce un bru­sco picco di pressione. Questo si propaga aH’intorno con velocità sonica, stimolando l’autoaccensione di quella parte di carica per cui le reazioni di prefiamma erano quasi terminate. Le onde di pres­sione si riflettono ripetutamente alle pareti della camera, producen­do vibrazioni nelle parti metalliche, che si trasmettono all’esterno sotto forma del caratteristico battito.La spiegazione del fenomeno ora fornita, trova conferma in diversi rilievi sperimentali, ottenuti riprendendo mediante cinematografia

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ad alta velocità lo sviluppo di un processo di combustione con deto­nazione. La Figura 10.19, ad esempio, presenta la sequenza di quattro shadowgrafie, riprese con un intervallo di 1/4 di grado di manovella l’una dall’altra, in corrispondenza dell’insorgere della de­tonazione (19° dopo il PMS). Il primo fotogramma mostra la posi­zione raggiunta dal fronte di fiamma prima che appaia la detonazio­ne. Il secondo fa vedere come in almeno due punti (segnati con le frecce) della miscela fresca si abbia autoaccensione. Queste zone della carica infatti appaiono più scure perché sede di elevati gra­dienti di densità, dovuti al forte sviluppo locale di energia. I succes­sivi due fotogrammi mostrano il rapido propagarsi dell’autoaccen­sione alla restante parte della miscela, che non era ancora stata investita dal fronte di fiamma principale.

Caratteristiche e conseguenze della detonazione

Quando il motore è soggetto a detonazione, i diagrammi della pres­sione in camera di combustione, in funzione dell’angolo di mano­vella, mostrano quindi (Figura 10.20) tipiche oscillazioni, con picchi di ampiezza gradualmente decrescente nel tempo. La loro frequen­za è la stessa (5 + 15 kHz) del rumore metallico udibile all’esterno e dipende dalla velocità con cui si propagano le onde di pressione e dal cammino percorso tra due riflessioni consecutive (proporziona-

ANGOLO DI MANOVELLA [°] ANGOLO DI MANOVELLA [°]

Figura 10.20 - Tipici andamenti, in funzione dell’angolo di manovella, dei valori pressione nella camera di combustione di un motore soggetto a detonazione: Dopo uno sviluppo inizialmente regolare, s i possono notare delle oscillazioni di pressione gradualmente decrescenti, dovuti all’autoaccensione della parte finale della carica. A l crescere dell’intensità della detonazione (ossia della massa di miscela che autoaccende), le oscillazioni anticipano nel tempo e presentano una maggiore ampiezza.

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le all’alesaggio del motore). Quando la detonazione è debole, ossia una piccola percentuale della massa totale di miscela autoac- cende, il fenomeno non appare in tutti i cicli che si susseguono. Un numero più o meno elevato di essi presenta un processo di combu­stione normale, mentre i cicli detonanti mostrano oscillazioni di pressione di ampiezza modesta (pochi punti percentuali della pres­sione massima). Nel caso di detonazione intensa, le oscillazioni di pressione appaiono prima nel processo di combustione (ossia una massa maggiore di miscela autoaccende) e la loro ampiezza è via via più grande (fino al 20 + 30% della pressione massima).I danni prodotti dalla detonazione dipendono dalla sua intensità e durata. La forma che appare talvolta nei motori per autovettura in accelerata, difficilmente risulta essere pericolosa, perché facilmen­te udibile e di breve durata. Più insidiosa risulta quella ad alta velo­cità perché, mascherata dal rumore generale del motore, può per­durare a lungo nel tempo. Le onde di pressione, rimuovendo alloralo strato di gas aderente alle pareti della camera di combustione, incrementano sensibilmente il flusso di calore verso l'esterno. Gli accresciuti carichi termici, uniti alle sollecitazioni meccaniche va­riabili nel tempo, possono quindi portare alla rottura di qualche componente (pistone, fasce elastiche, guarnizione della testa) per un fenomeno di fatica a caldo.Spesso compare anche un’intensificata usura della parte superiore delle canne del cilindro dovuta al fatto che le oscillazioni di pressio­ne portano alla rottura del film di lubrificante ed al contatto diretto tra metallo della fascia e canna, cui si unisce un’usura corrosiva esercitata probabilmente da sostanze acide (come gli ossidi di azo­to) contenute nei prodotti della combustione. Se si formano poi punti caldi in grado di dare origine a forme di preaccensione, gli effetti combinati di detonazione e preaccensione si esaltano reci­procamente con conseguenze che possono diventare in poco tem­po disastrose per i componenti meccanici più delicati del motore.Attualmente, la detonazione ha perso parte della sua pericolosità originaria, grazie alla sempre più frequente adozione di un sistema elettronico di controllo del fenomeno. In esso un apposito sensore di tipo acustico od accelerometrico (tarato sulla banda tipica di fre­quenza: 5 + 15 kHz) rileva l’apparire del battito. L’istante in cui il rumore metallico viene avvertito, permette di risalire al cilindro che detona (quello che in quel momento è in fase di combustione). L’unità di controllo provvede quindi a diminuire l’anticipo all’accen­sione di quel cilindro e/o aumentare la ricchezza della miscela di alimentazione. Siccome il rischio di detonazione è limitato ad un ri­stretto numero di punti del campo di funzionamento, in questo modo si consente al motore di utilizzare, con tutta sicurezza e sen­za un’apprezzabile scadimento delle prestazioni e dei consumi, benzina con NO inferiore di qualche punto alla sua normale richie­sta ottanica, oppure di operare con rapporto di compressione o gra­do di sovralimentazione più elevato.

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Per cercare di prevedere l’apparire della detonazione, senza dover entrare nei dettagli dei meccanismi chimici che regolano le reazioni di ossidazione dei combustibili, si possono utilizzare i ritardi all’ac­censione xa, rilevati su macchine a compressione rapida (vedere il paragrafo 10.1.2), intesi come Indici sintetici del tempo richiesto dalle reazioni chimiche, per arrivare alle condizioni di autoaccen­sione della miscela. Essi vengono normalmente posti nella forma esponenziale 10-2:

Ta ( p , r ) = A p - nexp {E JR T ) 10-2

con le costanti caratteristiche: A, n, Ea IR per alcune miscele primarie di riferimento (ottenute partendo da iso-ottano e normal- eptano, con l’aggiunta di 0,56 g di piombo tetraetile, per litro [34]) riportate in Tabella 10.3 (presupponendo l’uso di unità di misura SI, ossia: t a [s],/> [MPa], T [K]).Nello stesso tempo, occorre calcolare l’evoluzione delle condizioni fisiche ( p e r ) della miscela fresca, che si trova davanti al fronte di fiamma (vedere il paragrafo 10.4). A questo proposito si può notare che nel caso di combustione normale (Figura 10.10), l’ultima parte di carica che brucia raggiunge valori tali di temperatura e pressione (tipicamente: T = 900 K e p = 4 MPa), che la maggior parte dei combustibili (anche quelli con più elevato NO) possono subire rea­zioni di ossidazione capaci di portare all’autoaccensione della mi­scela (vedere la Figura 10.2). Se in questi casi non si ha detona­zione, è solo questione di tempi in gioco: il ritardo all’accensione della porzione finale di miscela supera ancora il tempo, impiegato dal fronte di fiamma principale a raggiungerla.Fissate le condizioni di funzionamento dei motore e le caratteristi­che del combustibile, per arrivare a prevedere l’istante in cui appa­re la detonazione, conviene indicare con cp il grado di avanzamento delle prereazioni, in modo che l’autoaccensione si raggiunga in cor­rispondenza di un suo determinato valore critico cpc. Si dovrà allo­ra cercare di calcolare il valore di cp in ogni istante della prima parte

Tabella 10.3 Numeri d’Ottano Research (NOR) e Motor (A/OAi) e costanti caratteristiche del ritardo d’accensione di alcune miscele primarie di riferimento (PRF), contenen­ti: 65,70,75 e 80% di iso-ottano (con l’aggiunta di 0,56 g di TEL per litro).

Miscela NOR NOM . ..A n FJR

PRF 65 + TEL 85,2 84,0 0,253 10"3 1,195 3280

PRF 70 + TEL 88,1 87,3 0,277 10"3 1,339 3393

PRF 75 + TEL 91,8 90,7 0,339 10“3 1,434 3375

PRF 80 + TEL 96,0 93,9 0,466 10"3 1,481 3225

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Figura 10.21 - Risultati forniti da un modello di previsione dell’apparire della detonazione, basato sul calcolo dell’evoluzione nel tempo della frazione in massa bruciata ^¡,(0) e della funzione integrale /(0) del ritardo all’autoaccensione.

del processo di combustione, che si ritiene svolgersi regolarmen­te. Per una determinata miscela combustibile si potrà in generale scrivere:

dipi d t = f (<p,p, T)

essendo f una funzione sconosciuta, che può però essere stimata a partire dalle misure di xa effettuate su di una macchina a compres­sione rapida. Tenuto infatti presente che la q>(t) è una funzione cre­scente nel tempo, che parte dall’origine e raggiunge il valore (p — tpc per t = t a(p, T), si può sostituire alla curva effettiva cp(t) (il cui andamento non è noto) la sua corda, ottenendo:

dcpld t = f (cp,p, T) ~ cpQ / xa(p, T)

Se si ritiene poi q>c indipendente da p e T, si può calcolare la se­guente funzione integrale del ritardo all’autoaccensione:

l ( t )<p c

r ' __ diJo Xa(p,

dt(P, T)

10-25

che permette di prevedere l’istante di apparizione della detonazio­ne tc (corrispondente alla condizione q> = q>c) per mezzo dell’e­quazione:

r(,'> ■ Idt

h ip , T)= 1 10-26

mentre la condizione per non avere detonazione durante l’intero processo, si scriverà:

'<-> ■ s :dt

Xa (p, T)< 1 10-27

TEMPI [ms]1,5 2,0 2,5

■— — - -*• " »______ i______ i—-30 -20 -10 PMS 10 20 30

ANGOLO DI MANOVELLA [°]

40 50

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essendo t, l’istante in cui il fronte di fiamma completa l’accensione della miscela combustibile.Se si determinano quindi istante per istante (con un modello più o meno approssimato) i valori di p e T della miscela non ancora ac­cesa e sono noti i parametri che caratterizzano il comportamento del combustibile, attraverso i corrispondenti ritardi all’accensione xa posti nella forma 10-2, il calcolo dell’integrale 10-25 permette di sta­bilire l’apparizione o meno della detonazione. La Figura 10.21 illu­stra tre diverse situazioni tipiche che possono presentarsi. Essa ri­porta la frazione in massa bruciata xb{t) e la funzione integrale del modello di detonazione 7(0) in funzione dell’angolo di manovella, per tre diversi combustibili A, B, C aventi una crescente resistenza alla detonazione, ma la stessa velocità di combustione (normale), per cui la loro curva xb{t) risulta identica nei tre casi. Con il combu­stibile^ l’integrale 7(0) raggiunge il valore 1 quando la frazione bru­ciata ha raggiunto solo il 50 %. Ne deriva che la massa che si auto- accende è grande e produce una detonazione di forte intensità. Con il combustibile B, la massa di miscela coinvolta è piccola (cir­ca il 12 %), ma sufficiente a determinare una debole detonazione. In fine con il combustibile C, l’integrale si mantiene al di sotto del valore 1 durante il periodo della combustione, per cui non si ha de­tonazione.

Fattori che influenzano la detonazione

Per quanto riguarda l’influenza dei vari fattori su questa forma di combustione anomala, si può dire che essa è favorita da tutti quelli che riducono il ritardo all’accensione della porzione finale di carica, ossia:1. una diminuzione di NO del combustibile, cui corrisponde una più elevata reattività chimica della miscela;2. un aumento del rapporto di compressione, che innalza pressio­ne e temperatura della carica;3. l’introduzione di una massa maggiore di miscela per ogni ciclo (diminuendo la parzializzazione del condotto di aspirazione od in­crementando il grado di sovralimentazione), perché si comprime e riscalda maggiormente la parte finale di carica;4. un aumento della temperatura della miscela di alimentazione, che favorisce l’avvio delle reazioni di preossidazione;5. un più elevato anticipo all’accensione, che fa crescere più rapi­damente la pressione in camera di combustione e ne innalza il massimo;6. una composizione della miscela prossima al valore <f> = 1,1, cui corrispondono più elevate pressioni e temperature di combustione e le massime velocità delle reazioni di prefiamma nella carica ri­scaldata e compressa dal fronte che avanza;7. un cattivo raffreddamento della porzione finale della miscela fre­sca da parte delle pareti della camera di combustione.D’altra parte la detonazione sarà pure favorita da quei fattori che

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ritardano la propagazione del fronte di fiamma, in modo che l’ac­censione della carica non venga completata, prima che alcune sue parti abbiano il tempo di autoaccendere, ossia:8. una diminuzione del moto turbolento della carica fresca;9. un aumento del percorso del fronte di fiamma per raggiungere i punti più remoti della camera di combustione;10. un rapporto di miscela tendente al magro che riduce la velocità di avanzamento del fronte di reazione, tenendo però presente quanto già detto al punto 6.

Le conoscenze di base sul processo di combustione, sul moto dei fluidi attraverso le valvole e nel cilindro, sulla trasmissione del calo­re, possono fornire criteri razionali per progettare la camera di com­bustione di un motore ad accensione comandata. In generale si può dire che un tale progetto deve proporsi di conseguire i seguenti obiettivi:1. un veloce processo di combustione per ottenere: una più alta potenza specifica, una minore dispersione ciclica, un guadagno in rendimento ed un migliore controllo delle emissioni;2. un elevato coefficiente di riempimento nelle condizioni di massi­ma ammissione, per raggiungere alte potenze;3. minime perdite di calore attraverso le pareti della camera di combustione, per avere un buon rendimento globale;4. una bassa richiesta ottanica, per poter adottare alti rapporti di compressione (buoni rendimenti termodinamici) e/o utilizzare com­bustibili meno pregiati.La Figura 10.22 riporta alcune delle forme di camera di combustio­ne oggi più usate per i motori ad accensione comandata. Esse van­no considerate come esempi tipici di un’ampia gamma di soluzioni, che si possono ottenere combinando diversamente molteplici fatto­ri: forma della testa del cilindro e della corona del pistone, posizio­ne della candela, dimensioni e numero delle valvole, disegno delle parti terminali dei condotti di aspirazione e scarico.In particolare, per quanto riguarda l'esigenza di ottenere una veloce combustione, si possono usare diversi accorgimenti: camere di combustione compatte che raccolgono il volume della miscela in prossimità della candela, posizionamento di quest’ultima nella zona più centrale della camera, uso di due candele per cilindro, incre­mento della turbolenza in fase di combustione creando swirl in aspirazione e squish verso la fine della compressione. L’effetto principale della compattezza della geometria e della posizione della candela è quello di aumentare la superficie del fronte di fiamma (fino a: 30 * 40% in più di area rispetto alla camera a disco cilindri­co), rendendo quindi più rapido il processo di combustione. Si ha inoltre la minima superficie della camera a contatto con i gas, ridu­cendo così le perdite di calore verso l’esterno.

10.6 Progetto della camera di combustione

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Figura 10.22 - Esempi di camera di combustione più comunemente usati per motori ad accensione comandata:a) emisferica, offre buoni riempimenti ed elevate prestazioni;b) a cuneo o triangolare, presenta una bassa richiesta ottanica ed elevata turbolenza;c) a tazza nel pistone, risulta compatta, con bassi consumi di combustibile ed emissione di inquinanti;d) a tetto con quattro valvole, consente di ottenere alte potenze specifiche, con buona resistenza alla detonazione.

a) b)

c) d)

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Le condizioni di moto della carica, sintetizzate da: velocità media, intensità di turbolenza e relative scale, influenzano direttamente la velocità di combustione turbolenta. Come effetto collaterale negati­vo, bisogna tenere presente che un’alta produzione di turbolenza può essere pagata con uno scadimento del coefficiente di riempi­mento e comporta un aumento del flusso di calore verso l’esterno. La soluzione che meno penalizza il rendimento è data dalla genera­zione di swirl durante l’aspirazione, mediante un condotto che ter­mina con uno sbocco in camera di tipo elicoidale (Figura 9.7.c). Per avere turbolenza ai carichi parziali, onde accelerare la combustione in queste condizioni che si dimostrano spesso critiche, si può divi­dere il condotto di alimentazione ricavando un passaggio separato per i bassi carichi, che produca swirl grazie ad un suo opportuno orientamento (vedere Tavola 44). Questo modo di produrre turbo­lenza non danneggia il riempimento a piena ammissione, ma com­porta un aumento di complessità dal punto di vista costruttivo.Tutti questi accorgimenti portano a realizzare una camera con com­bustione veloce, in grado di incrementare la potenza specifica ed il rendimento, ma soprattutto di avere una combustione più regolare e ripetibile, che consente un più facile controllo delle prestazioni e delle emissioni allo scarico.Il disegno della camera di combustione influenza il riempimento perché pone delle limitazioni al diametro massimo delle valvole (ve­dere il paragrafo 2.5.4) ed alla forma degli sbocchi dei condotti di aspirazione e di scarico. Si tenga inoltre presente che lo swirl ge­nerato in aspirazione può essere intensificato durante la compres­sione mediante un’opportuna conformazione della testa del pisto­ne, che portando la carica verso l’asse del cilindro, ne diminuisce il momento d’inerzia, aumentando di conseguenza la sua velocità di rotazione (per la conservazione del momento della quantità di moto). Un’apposita forma della camera può anche produrre movi­mento di squish nella carica, verso la fine della compressione (ve­dere il paragrafo 9.3.2). Se si utilizzano quindi questi artifici per ge­nerare la turbolenza necessaria, è possibile ridurre lo swirl prodotto in aspirazione e quindi la sua penalizzazione del riempimento.Le perdite di calore sono regolate da un’equazione del tipo 14-3 (vedere il paragrafo 14.3.1), la quale evidenzia l’effetto dell'area esposta ai gas e delle loro condizioni di moto, che determinano il valore del coefficiente di scambio termico. Entrambi questi fattori sono influenzati dalla geometria della camera: le forme più compat­te offrono la minima superficie esposta, assicurando quindi anche le perdite di calore più basse. Un aumento invece del moto turbo­lento della carica provoca comunque un maggior flusso di calore verso l’esterno.La richiesta ottanica di una camera è principalmente legata: alla sua geometria, alla posizione della candela ed alla tendenza ad ac­cumulare depositi. Le forme compatte e con elevata turbolenza tol­lerano, al limite della detonazione, fino a 1+ 2 punti in più di rappor­to di compressione, grazie ad un più energico raffreddamento effet­tuato sulla porzione di carica che brucia per ultima. Quando la can­

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dela, inoltre, è collocata in posizione centrale, il percorso della fiamma risulta abbreviato, riducendo così il rischio di detonazione. È anche importante che la candela sia posta vicina alla valvola di scarico, in modo che brucia per prima quella parte di miscela che è stata maggiormente riscaldata dalle superficie più calde. La quanti­tà, infine, di depositi carboniosi che si accumulano sulle pareti, di­pende essenzialmente dalla natura del combustibile e dal lubrifican­te usato, ma anche dalle condizioni di moto della carica in prossimità delle superficie metalliche, che ne influenzano il processo di elimina­zione. L’aumento di questo strato carbonioso provoca un innalza­mento della richiesta ottanica della camera, perché accresce la resi­stenza termica della parete, riducendone l’effetto raffreddante sulla parte di carica che brucia per ultima, e contribuisce (seppure in mi­sura modesta) ad incrementare l’effettivo rapporto di compressione.Per concludere, si possono riassumere le considerazioni ora espo­ste, esaminando pregi e limiti delle quattro soluzioni classiche illu­strate in Figura 10.22. La camera emisferica, a parità di alesaggio e di numero di valvole, permette di adottare quelle di massimo dia­metro dwa = (0,44 + 0,46)D, consentendo quindi buoni riempimen­ti ed elevate prestazioni. La compattezza e la possibilità di colloca­re la candela in posizione centrale, le conferiscono una buona resi­stenza alla detonazione e modeste perdite termiche. Gli assi delle valvole inclinati diversamente per aspirazione e scarico, richiedono però due distinti assi a camme per il relativo comando.La camera a cuneo o triangolare concentra la maggior parte della miscela in prossimità della candela, in modo che all’inizio del pro­cesso di combustione brucino grandi masse, facendo crescere ra­pidamente la pressione aH’interno del cilindro. La parte di carica che brucia per ultima viene rapidamente raffreddata dalle pareti, perché il relativo rapporto superficie/massa risulta elevato. La ca­mera ha quindi buone caratteristiche dal punto di vista della resi­stenza alla detonazione, mentre un elevato grado di turbolenza (squish) garantisce una combustione veloce. Gli assi delle valvole giacciono tutti su uno stesso piano, per cui è possibile usare un solo albero a camme, però il loro diametro non può essere molto grande dva = (0,40 0,42)D.La camera a tazza nel pistone* è ricavata tra la testa del cilindro piatta (e quindi molto semplificata dal punto di vista costruttivo) e la corona del pistone, opportunamente conformata a tazza. Presenta un buon grado di compattezza e quindi alte velocità di combustione, buona resistenza alla detonazione e basse emissioni di inquinanti (specie HC: superficie contenuta ed a temperatura relativamente alta). È soggetta però a perdite di calore un po’ più alte dei tipi prece­denti e permette di adottare le valvole di diametro minimo 4,a= (0.38 + 0,40)Z), limitando così il riempimento ai regimi più elevati.La camera a tetto con 4 valvole presenta una buona compattezza con caratteristiche dal punto di vista della rapidità di combustione,

* È detta anche: camera Heron.

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10.7Simulazione del processo di combustione nel motore Otto

10.7. Ì Modellitermodinamici

richiesta ottanica e perdite termiche, prossime a quelle della came­ra emisferica (specie quando si adottano alti rapporti di compres­sione). L'uso di 4 valvole permette di sfruttare al meglio la superfi­cie a disposizione (vedere il paragrafo 2.5.4), ottenendo la massi­ma sezione di passaggio per i fluidi, con valvole di diametro conte­nuto dm = (0,32 -5- 0,34)D, a spese però di una maggiore complica­zione costruttiva.

Sulla base della presentazione fenomenologica fatta nei paragrafi precedenti, combinando opportune assunzioni con le equazioni che traducono i principi della termofluidodinamica e della chimica, si può formulare un «modello» del processo di combustione in un motore ad accensione comandata, i cui risultati debbono poi essere convalidati con riscontri sperimentali. Col progredire delle cono­scenze dei fenomeni chimici e fisici che in esso intervengono e, d’altra parte, con la disponibilità di mezzi di calcolo e di misura sempre più potenti, questo modo di procedere si è rivelato vera­mente proficuo per la messa a puntò di un motore.I principali obiettivi, che un tale modello si propone, possono essere così sinteticamente riassunti:1. prevedere lo sviluppo del processo di combustione al variare dei parametri di progetto e di funzionamento del motore;2. aiutare l’interpretazione e la comprensione dei fenomeni osser­vati sperimentalmente, consentendo quindi un continuo avanza­mento delle conoscenze di base;3. individuare i parametri che controllano il processo, fornendo una guida razionale per il lavoro sperimentale di messa a punto, che risulta così ridotto in termini di tempi e costi.II grado di dettaglio con cui il modello descrive il fenomeno reale dovrà essere proporzionato all’obiettivo che si propone, in modo da trovare un giusto compromesso tra la precisione raggiunta nel cal­colo di previsione e la sua complessità.

I modelli di tipo più semplice vengono di solito indicati con il nome di «termodinamici», perché la loro struttura principale è incentrata sull’applicazione del 1° principio della termodinamica, che traduce la legge di conservazione dell’energia per il sistema in esame. Sono inoltre detti fenomenologici perché richiedono, accanto al­l’uso delle equazioni di base che regolano i processi fisici e chimici, una descrizione fenomenologica (di tipo approssimato ed empirico) di qualche importante aspetto. In genere essi presuppongono nota la legge con cui aumenta la frazione di miscela bruciata, essendo la funzione xb(9) assegnata per punti (sulla base di rilievi sperimenta-

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li), oppure per via analitica attraverso una funzione di Wiebe del tipo 10-24:

xb = 1 — exp - a 0 - 0 ,0 , - 0

o per mezzo della sua derivata rispetto a 0:

10-24

dxb , ^ / e - 0i r ( 0 - 0i U n) exp - “(57T?J

in particolare si può osservare che, per ottenere dalla relazione 10-24: xh - 1 per 0 = 0„ occorrerebbe un valore a = <», che risulta ov­viamente un dato inutilizzabile per i calcoli pratici. Ritenendo inve­ce terminata la combustione (0 = 0f)pe r^ = 0,999, dalla 10-24 si ricava:

-a = In 0,001 = - 6,908

mentre, ritenendola completata per xh = 0,99, si ha:

-e = In 0,01 = - 4,605

per cui normalmente nei calcoli si assume per a un valore compre­so tra quelli appena indicati (a = 6,9 4,6). La Figura 10.23 mostra poi l’influenza del parametro m sulla funzione *¡,(0) e sulla dxhl d& (mantenendo a = 6,908). Un basso valore di m significa un elevato rilascio di calore nella fase iniziale del processo di combustione, cui segue un lento completamento, mentre un alto valore di m presenta caratteristiche opposte.Al variare dei parametri a ed m (dipendenti dalla forma geometrica e dall’efficienza di combustione della camera)*, la curva a forma diS data dalla 10-24 può essere modificata fino ad interpolare con soddisfacente precisione la legge di combustione della miscela, ri­cavata dall’elaborazione dei rilievi sperimentali di pressione nel ci­lindro. Scelti i valori di «ed m per una data camera di combustione, in base ad una serie di dati sperimentali che ne definiscono il com­portamento (valori tipici: a = 5 ed m = 2), la 10-24 potrà rappre­sentare la legge di combustione caratteristica di quella camera.Data la *¡,(0), risulta noto (per la 10-23) anche il rilascio di calore in funzione dell’angolo di rotazione:

dQbldQ = mcHtdxJ dQ

se si ritiene che il fluido di lavoro possa essere adeguatamente considerato di composizione, temperatura e pressione sostanzial-

* Comunemente denominati:a = parametro di efficienza, che misura la completezza del processo; m = fattore di forma della camera, che condiziona la rapidità della combustione.

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Figura 10.23 - Influenza esercitata dal valore assunto per il fattore di forma m della camera di combustio­ne, (a parametro di efficienza costante a =6,908), sull’anda­mento della frazione in massa della miscela combusta xb e della sua derivata d xh / d 0, espresse mediante una funzione di Wiebe del tipo 10-24, in funzione dell’angolo di manovella adimen­sionale(0 -0,) / (d-9,)(con:0 = angolo generico,0; = inizio combustione, 0, = fine combustione).

a) ANGOLO DI MANOVELLA (0 -8,) / (0,-0:)

e*?

®

**3£COZDCD2OOLU2o

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LUQLU

1§IX

$

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mente uniformi, la 10-21 permette questa volta di calcolare lo svi­luppo della pressione nel cilindro e di conseguenza le prestazioni del motore, al variare di parametri che non modificano in forma so­stanziale i valori di a ed m scelti. Un grado in più di dettaglio può essere ottenuto, partendo dall’osservazione di tipo sperimentale, che il volume del fronte di reazione risulta trascurabile, rispetto a quello totale del sistema. Quest’ultimo può quindi essere schema­tizzato con due zone (vedere Figura 10.18) omogenee: quella co­stituita dai prodotti di combustione e quella formata dalla miscela fresca. Applicando le equazioni di conservazione dell’energia e del­la massa (attraverso la superficie di separazione c’è un flusso di massa pari a: mc dxb / d 0) alle due zone separatamente, è possibile prevedere l’evoluzione delle loro condizioni fisiche durante l’intero processo. Questo permette già di accoppiare sottomodelli, che prevedono ad esempio l’insorgere della detonazione od il formarsi di sostanze Inquinanti (del tipo degli ossidi d’azoto).Nota l'evoluzione delle condizioni fisiche della miscela fresca p [MPa], e T [k], infatti, si possono usare (vedere il paragrafo10.5.2) delle correlazioni empiriche per calcolarne il ritardo all’ac­censione, del tipo [34]:

xa [ms] = 0,3644 (NO / 100)3402p 17 exp(3800 / T)

in funzione del numero di Ottano NO del combustibile. Il calcolo della funzione integrale 10-25 permetterà allora di stabilire l’insor­gere o meno della detonazione, prima che il fronte di fiamma rego­lare accenda l’intera carica.In funzione della temperatura dei gas combusti si può invece calco­lare, ad esempio, la produzione degli ossidi di azoto attraverso un modello di cinetica chimica, basato sulle principali reazioni di for­mazione (vedere il paragrafo 12.2.3) di questi composti. A tale pro­posito l’esperienza conferma [20] che risultati in migliore accordo con i rilievi si ottengono utilizzando l’ipotesi di non-omogeneità dei gas combusti. In base ad essa, infatti, le porzioni di miscela che bruciano per prime, essendo ulteriormente compresse al crescere della pressione nel cilindro, raggiungono livelli di temperatura più elevati (vedere paragrafo 10.4) di quelle che bruciano per ultime e sono state compresse in condizioni di miscela fresca.I modelli termodinamici sono anche detti zero-dimensionali, perché non considerano alcuna coordinata di spazio, ma assumono per il fenomeno trattato, come unica variabile indipendente, il tempo (o l’angolo di manovella 0 ad esso proporzionale). Essi perciò non rie­scono a prevedere la variazione locale* (neN’ambito del volume di controllo) delle grandezze calcolate ed a tener conto dell’effetto della geometria del sistema sul processo simulato. Un passo avanti in questo senso è stato fatto, accoppiando al modello termodinami­co un semplice modello geometrico del fronte di fiamma. Questo, in

* Salvo ricorrere all’artificio, appena ricordato, di suddividere il volume di con­trollo in tanti sotto-elementi.

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assenza di un forte moto turbolento della carica, può essere ap­prossimato con una porzione di superficie sferica (vedi il paragrafo10.2.1), avente centro in corrispondenza degli elettrodi delia cande­la e limitata dalle pareti della camera di combustione. Per un’asse- gnata geometria di quest’ultima, noto il volume dì gas bruciati Vb in un dato istante, è allora possibile calcolare [8], in base a considera­zioni puramente geometriche, l’area del fronte di reazione A,,, la sua velocità media di avanzamento (vmì\ vedi 10-16) e la velocità media di combustione turbolenta (wmct\ vedi 10-17), mettendo così il mo­dello in grado di valutare l’influenza esercitata sulle prestazioni del motore anche dalla geometria della camera dì combustione e dalla posizione della candela.Nei modelli fin qui ricordati i dettagli del processo di combustione vengono assegnati all’inizio come dati di ingresso, ricavati per via sperimentale da motori simili. È stata però messa a punto tutta una serie di modelli [37 43] sempre di tipo termodinamico, in cui ci si propone di simulare il processo di combustione turbolenta tipico di un motore ad accensione comandata (vedi il paragrafo 10.1.4). Ge­neralmente si suppone che il fronte di fiamma possa essere ap­prossimato come sferico e che la velocità media di combustione turbolenta u>ma possa essere calcolata in funzione di quella lamina­re ivc\ e dell’intensità di turbolenza u' (valutata a motore trascinato), tramite correlazioni empiriche del tipo 10-11. La 10-17 permette al­lora di ricavare la legge con cui varia la frazione in massa di misce­la bruciata dxp/ dt. Più ci si sforza di dare al modello un carattere di generalità e più occorre limitare l’utilizzo di correlazioni di tipo em­pirico, sostituendole con equazioni di tipo fondamentale. Paral­lelamente la sua struttura si fa però più complessa, per cui si rinvia alla bibliografia per una sua illustrazione più dettagliata [44, 45].Legando lo sviluppo della combustione ad una descrizione (più o meno precisa) delle condizioni di moto della carica nel cilindro, si conferisce al modello la possibilità di valutare anche l’influenza di quei parametri di progetto (grado di swirl, squish, moto valvola, ecc.) che modificano la struttura del fronte di fiamma. Nel compiere questa operazione, i modelli termodinamici offrono il vantaggio del­la relativa semplicità di struttura che permette un’estesa analisi pa­rametrica, con tempi e costi di calcolo ragionevoli. Per contro, il loro limite è costituito dalla necessità di dover ricorrere a descrizioni fe­nomenologiche (plausibili, ma spesso arbitrarie) del modello di fiamma e turbolenza.Si può quindi concludere dicendo che i modelli termodinamici sono tuttora ampiamente utilizzati principalmente come sottomodelli di uno sforzo di simulazione più ampio, nell’ambito del quale i dettagli del processo di combustione non rivestono un'importanza particola­re (esempio: studio del transitorio di un motore sovralimentato, otti­mizzazione del gruppo turbina-compressore, dimensionamento dei sistemi di aspirazione e scarico, ecc.). In questi casi essi permettono di determinare in modo semplice e con un grado di accuratezza spesso pari a quello dei sottomodelli più deboli utilizzati, l’evoluzione delle condizioni fisiche della carica presente nel cilindro.

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I modelli multidimensionali si propongono di risolvere le equazioni di conservazione di: massa, quantità di moto, energia e specie chi­miche in funzione delle dimensioni spaziali del sistema e del tempo, con lo scopo di arrivare a predire in dettaglio (locale e temporale) i campi di moto del fluido nel cilindro ed i processi di combustione e di scambio termico, che da quelli dipendono. Il flusso nei condotti di aspirazione e scarico si è visto che può essere modellato con sod­disfacente precisione (vedere il paragrafo 4.7), limitandosi a consi­derare una sola coordinata geometrica. I processi termofluidodina­mici, però, che avvengono all’interno del cilindro ed attraverso le luci di aspirazione e scarico, sono tipicamente tridimensionali.Introducendo tre coordinate spaziali, accanto a quella temporale, si ha un forte aggravio della complessità del modello e dei tempi di cal­colo necessari. Per questo motivo, i primi tentativi sono stati fatti li­mitando lo studio a particolari sezioni significative del sistema, met­tendo a punto modelli bidimensionali ed assialsimmetrici. Gli inco­raggianti risultati ottenuti con questi ultimi e la recente disponibilità di mezzi di calcolo più adeguati, hanno portato allo sviluppo di codici di calcolo tridimensionali, in grado di fornire accettabili previsioni dei processi in questione (specie per quanto riguarda i campi di velocità entro il cilindro). Il confronto con rilievi sperimentali parimenti detta­gliati, resi possibili dal progresso avutosi nel campo delle tecniche diagnostiche, permette un loro continuo miglioramento.Data la complessità di questi modelli, si rinvia alla bibliografia [48 + 50] per una loro approfondita presentazione, mentre qui ci si limite­rà a richiamare succintamente i principi su cui si basano.

Basi fisico-matematiche

I modelli multidimensionali sono detti anche «gasdinamici», perché le equazioni che li caratterizzano sono ricavate da un’analisi com­pleta delle condizioni di moto del fluido. Esse sono l’espressione matematica delle leggi fisiche che governano i bilanci di: massa, quantità di moto, energia e specie chimiche. La loro forma conven­zionale è data da un gruppo di equazioni alle derivate parziali, non lineari, le cui variabili indipendenti sono le tre coordinate spaziali ed il tempo, mentre quelle dipendenti sono: le tre componenti del vet­tore velocità, la pressione, la temperatura ed altri parametri caratte­rizzanti lo stato del sistema. Nella loro forma più sintetica, le rela­zioni di bilancio esprimono la condizione che la variazione nel tem­po della generica grandezza G, nel volumetto elementare, unita al contributo dovuto al trasporto (per convezione e diffusione), uguagliil termine dovuto alle sorgenti interne (produzione e dissipazione di G). Ossia, in termini analitici:

dt

t

10-28

variazione nel tempo convezione

f trasporto per: t sorgentiszione diffusione interne di G

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dove con n si è indicata la viscosità del fluido e aG il numero di PrandiI o di Schmidt. Si perviene così ad un sistema generalmente costituito dalle seguenti equazioni: '— 1 di continuità (o di conservazione della massa);— 3 di conservazione della quantità di moto (nelle tre direzioni de­

gli assi);— 1 di conservazione dell’energia.Esse governano il flusso e gli scambi di massa e di calore, insieme a:— 3 (o più) di conservazione delle specie chimiche, che regolanoil processo di combustione.La risoluzione di questo sistema richiede informazioni relative: ai fluidi presenti, alle loro equazioni di stato, alle reazioni chimiche che tra essi possono aver luogo, ai coefficienti di trasporto (viscosi­tà, conducibilità termica, diffusione di massa), óltre ad un insieme di condizioni iniziali ed al contorno.

Sottomodelli di turbolenza

Anche i più dettagliati modelli pluridimensionali, tuttavia, fanno ri­corso in misura più o meno estesa a sottomodelli fenomenologici, resi necessari dagli estesi intervalli di scale spaziali e temporali, ti­pici di alcuni processi fisici e chimici che si vogliono modellare. Se­vere limitazioni sono infatti imposte dalla simulazione di fenomeni di piccola scala (quali turbolenza, reazioni chimiche e cambiamenti di fase), dalla capacità di memoria e dalla velocità di elaborazione consentite anche dai più avanzati sistemi di calcolo disponibili. Per superare queste difficoltà si fa normalmente ricorso ad opportune operazioni di media.Espresse le variabili indipendenti in termini di valor medio e di flut­tuazione rispetto ad esso (vedere il paragrafo 9.2.1), si sostituisco­no nelle equazioni di conservazione ricavate in precedenza e si media. Il nuovo sistema di equazioni ottenuto conserva solo una superficiale somiglianza con la sua forma originale, rispetto alla quale presenta in realtà due sostanziali differenze:1. le variabili dipendenti sono ora delle quantità mediate, il cui si­gnificato dipende dalla procedura di media usata;2. quest’ultima dà origine ad incognite aggiunte (quali ad esempio i6 termini: (p « ^ ) detti sforzi turbolenti o di Reynolds) che appaiono esplicitamente nelle equazioni di conservazione mediate.La procedura di media da usarsi influenza, quindi, non solo il signi­ficato delle nuove variabili, ma anche il problema della determina­zione delle incognite addizionali generate. Nella pratica, si fa solita­mente ricorso a due diverse strategie, basate sull’uso di:— medie temporali, che nel caso dei motori sono sostituite dalle

medie d’insieme (con i vantaggi ed i limiti discussi al paragrafo9.2.1) e comportano l’aggiunta di un modello per i fenomeni tur­bolenti sull’intero loro campo;

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— medie spaziali, che sono eseguite su di una definita regione, normalmente coincidente con la cella del sistema di discretizza- zione spaziale usato, e richiedono un modello solo per i feno­meni turbolenti a piccola scala (inferiore a quella della griglia).

Nel primo caso, lo stesso sistema di equazioni differenziali alle deri­vate parziali viene usato per risolvere il flusso in ogni punto del cam­po, esprimendolo in funzione di grandezze medie d’insieme (esegui­te cioè su più cicli, nello stesso punto dello spazio ed in corrispon­denza della stessa fase del ciclo). Le incognite addizionali introdotte dall’operazione di media devono, quindi, essere modellate tenendo conto del contributo di tutte le scale del moto turbolento.Un modello ampiamente usato per questo scopo è noto con il nome di modello k- e (kei-epsilon) di turbolenza. Esso ipotizza l’esistenza di una relazione di proporzionalità di tipo newtoniano, tra gli sforzi turbolenti (di Reynolds) e le corrispondenti velocità medie di defor­mazione, attraverso un fittizia viscosità turbolenta uT. Questa, a differenza della viscosità laminare, è ritenuta dipendente più dalle caratteristiche del flusso, che da quelle del fluido, attraverso l’ener­gia cinetica locale turbolenta A: e la sua velocità di dissipazione e

(vedere il paragrafo 10.1.5), secondo la relazione:

= C^pkz/E 10-29

dove è una costante del modello. Le incognite addizionali ven­gono così espresse tramite la viscosità turbolenta ed una corri­spondente diffusività turbolenta, in funzione delle variabili dipen­denti k ed e, che diventano così le due nuove incognite. Per risolve­re il sistema di equazioni differenziali che descrive i fenomeni in esame, basta allora aggiungere ulteriori due equazioni di «chiusura del problema», in modo che il loro numero uguagli quello delle inco­gnite. Queste sono date da due equazioni di bilancio per k ed e, scritte con un misto di rigore ed approssimazione, legando la loro variazione nel tempo ai contributi dovuti al loro trasporto convettivo e diffusivo ed alla loro produzione e dissipazione.Un modello di tipo più generale (detto: modello degli sforzi di Rey­nolds) prevede la scrittura di sette equazioni differenziali alle deri­vate parziali, ciascuna delle quali modella una delle sei componenti del tensore degli sforzi e la velocità di dissipazione dell’energia ci­netica turbolenta e. Esso richiede quindi un maggior impegno di calcolo, ma introduce un minor numero di assunzioni plausibili, ma arbitrarie.L’uso di medie spaziali comporta l’impiego di variabili dipendenti medie aventi un diverso significato fisico. Se si suppone, per esem­pio, di far riferimento alla velocità, si comprende che il suo valore medio su di un volume, pari a quello della cella del sistema di di- scretizzazione usato, tiene già conto dei movimenti su larga scala (superiore alla dimensione della griglia), mentre al termine di flut­tuazione sono associati i moti turbolenti su scala inferiore. Siccome neH’esprimere il tensore degli sforzi turbolenti intervengono solo i termini di fluttuazione della velocità rispetto alla media, ne deriva che solo la turbolenza su scala inferiore alle dimensioni della griglia

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deve essere modellata, mentre la struttura del flusso su larga scala viene calcolata direttamente attraverso le equazioni di base che la regolano. Siccome poi i piccoli vortici tendono a rispondere più rapi­damente alle variazioni locali del flusso, risultano più facilmente isotropici (ossia: senza direzione privilegiata), per cui possono es­sere simulati più facilmente. Questo viene fatto introducendo una nuova variabile dipendente, che rappresenta l'energia cinetica (per unità di massa) dei moti turbolenti su scala di lunghezze inferiore alla dimensione di griglia usata. Anche per essa si scrive un’equa­zione di bilancio con i relativi termini di: trasporto, produzione e dis­sipazione.Le controindicazioni, legate all’uso di medie spaziali, derivano dalle esigenze di una adeguata risoluzione spaziale e temporale, che di­venta essenziale perché tutti i contributi dello spettro di energia tur­bolenta possano venire considerati, e dalla necessità di utilizzare condizioni al contorno che rappresentino le condizioni istantanee e non mediate del flusso. Entrambe le cose si traducono in un aggra­vio in termini di tempo e costo di calcolo, che si contrappongono al vantaggio di poter ricavare informazioni legate al solo ciclo corrente, basandosi principalmente sulla risoluzione delle equazioni di base.

Sottomodelli di cinetica chimica

Si è già avuto modo di ricordare (vedere il paragrafo 10.1.1) che il processo di ossidazione di un idrocarburo implica la considerazione di un elevato numero di reazioni elementari e di specie chimiche in­termedie. La determinazione della concentrazione di ciascuna spe­cie, ove il processo di ossidazione si sviluppi in un flusso non stazio­nario, richiede la soluzione di una equazione differenziale alle deri­vate parziali. La difficile determinazione delle reazioni elementari stesse, e dei parametri cinetici ad esse associati, unitamente alla necessità di contenere il tempo di calcolo e l’occupazione di memo­ria, precludono l’impiego di meccanismi dettagliati di reazione. La modellistica numerica multidimensionale quindi è estensivamente ri­corsa a schemi cinetici globali, con i quali il processo di ossidazione viene modellato attraverso un numero limitato di reazioni e di specie chimiche. Un evento chimico macroscopico viene cioè descritto da una o più reazioni globali, caratterizzate da una velocità di reazione, la cui relazione funzionale è formalmente simile a quella della legge dell’azione di massa. Il più semplice approccio impiega una sola rea­zione, considerando quattro specie chimiche, costituite da: combu­stibile, ossigeno, azoto, prodotti di reazione. Esse danno luogo ad una reazione irreversibile di ossidazione del combustibile, caratteriz­zata da una velocità di reazione del tipo:

zur = A p2 x l xb0 exp(- Ea / RT) 10-30

dove si è indicato con: xc ed x0 rispettivamente le frazioni in massa di combustibile ed ossigeno. Le costanti: A, a, b, E& che compaiono nella 10-30 possono essere ricavate per confronto con dati speri­

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mentali, in modo che il modello fornisca risultati accettabili almeno per una limitata gamma di condizioni di funzionamento del motore. Nonostante il fatto che questo sottomodello abbia permesso di pre­vedere in più casi valori della velocità di combustione in ragionevo­le accordo con quelli rilevati sperimentalmente, appare evidente che in esso manca un adeguato ricorso alle equazioni fondamenta­li, che sono alla base delle leggi della cinetica chimica, e si fa (di conseguenza) un uso eccessivo di assunzioni arbitrarie. Una delle principali conseguenze di questo approccio è sintetizzabile nella inadeguata riproduzione dell’andamento temporale della tempera­tura. Secondo questo schema, infatti, lo sviluppo di energia cinetica risulta funzione lineare della quantità di idrocarburo ossidato. L’im­piego di meccanismi cinetici globali a più reazioni introduce, invece, la possibilità di predizione delle concentrazioni di importanti specie chimiche (CO, C 02, HC, HzO, Hz,...), ma soprattutto di una più cor­retta predizione della legge di sviluppo di energia.Per superare le limitazioni intrinseche ai meccanismi monostadio, si sono quindi utilizzati schemi cinetici a tre e quattro stadi, che de­scrivono il processo di ossidazione dell’idrocarburo attraverso eventi chimici macroscopici sequenziali e/o sovrapposti. Un esem­pio di tali schemi prevede che, per miscele molto povere (<J> <; 0,84), l’idrocarburo (tipicamente della serie paraffinica) dia origine a spe­cie intermedie (tipicamente della serie olefinica), secondo una rea­zione sostanzialmente iso-energetica. Questa prima fase del pro­cesso è modellata dalla prima reazione. Gli intermedi vengono os­sidati ad ossido di carbonio nel secondo stadio, che viene a sua volta ossidato ad anidride carbonica nel terzo. Il secondo ed il terzo stadio sono responsabili dello sviluppo di calore. Per miscele pove­re, ma con valore del rapporto di equivalenza prossimo all’unità (0,84 s c|) s 1), uno schema cinetico più corretto prevede anche la formazione e conseguente ossidazione di idrogeno. In tale caso lo schema a tre stadi sopra descritto si modifica ed include una quarta reazione di ossidazione dell’H2.Altri aspetti che meccanismi cinetici globali pluristadio potrebbero coprire riguardano i fenomeni di detonazione, riconducibili all’auto­accensione della miscela aria-idrocarburo in regioni lontane dal fronte di fiamma. È quindi importante comprendere i meccanismi cinetici alla base del fenomeno, per estendere le capacità predittive dei modelli multidimensionali anche a questo aspetto della combu­stione nei motori. L’accensione spontanea di miscele di idrocarburi risulta però un fenomeno molto complesso, sia dal punto di vista chimico che da quello fenomenologico (vedere il paragrafo 10.1.2).Il numero di specie chimiche coinvolte è molto elevato, anche per idrocarburi di relativamente semplice struttura molecolare, e gli aspetti fisici del processo includono fiamme fredde multiple ed ac­censioni a più stadi. Questo insieme di fenomeni è stato interpreta­to in termini di meccanismi termocinetici relativamente semplici [46], attraverso uno schema di reazioni a catena ramificata ad otto stadi, che comprende: combustibile, ossigeno, radicali derivati dal­le molecole di idrocarburi, prodotti intermedi di ossidazione di tipo metastabile, agenti capaci di innescare ramificazioni degeneri e

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prodotti finali di ossidazione. Questo schema, incorporato in model­li multidimensionali [47], ha fornito risultati in buon accordo con l’esperienza.

Metodologia numerica

Le equazioni dei modelli matematici, richiamati in precedenza, ven­gono poi risolte per via numerica attraverso:a) la suddivisione delle regioni di interesse in un numero discreto

di zone finite di forma prefissata, chiamate volumi od elementi, a seconda della metodologia di discretizzazione usata, le quali, insieme ai rispettivi nodi, definiscono la griglia di calcolo;

b) la discretizzazione delle equazioni differenziali sulla griglia di calcolo, attraverso una combinazione di integrazione forma­le ed approssimazione nell’ambito di ciascun volume (od ele­mento), in modo da trasformarle in un sistema di equazioni al­gebriche;

c) la soluzione di tale sistema di equazioni algebriche non lineari, che legano i valori delle variabili dipendenti relative ai nodi, me­diante un adeguato algoritmo numerico.

In particolare, per quanto riguarda il tipo di griglia usato, è impor­tante che essa possa adeguarsi facilmente alla geometria della ca­mera di combustione, in modo da poter simulare rapidamente gli effetti prodotti da cambiamenti nella sua geometria. Essa deve, inoltre, potersi espandere e contrarre nel tempo, per tenere conto delle influenze esercitate sul volume del sistema dal moto del pisto­ne e delle valvole, e permettere un infittimento dei punti di calcolo nelle zone in cui si hanno i maggiori gradienti nelle grandezze calcolate, in modo da ottenere la massima accuratezza nelle pre­visioni, a parità di numero totale di punti di griglia (con cui crescono i tempi di calcolo). Per poter soddisfare queste esigenze, si è così passati dalle originali coordinate cilindriche polari, a sistemi di coordinate curvilinee ortogonali (vedere la Figura 9.1) e più re­centemente a sistemi non strutturati, che presentano il vantaggio di maggiore flessibilità, compresa la possibilità di aggiustamenti locali.La maggior parte dei modelli multidimensionali usa il metodo del «volume di controllo della cella», per la discretizzazione delle equazioni differenziali e la loro trasformazione in un sistema di equazioni algebriche, anche se non mancano esempi di utilizzo del metodo agli «elementi finiti». In essi una prima discretizzazione vie­ne fatta nella dimensione tempo, suddividendo tale variabile in pic­coli intervalli A f (normalmente di ampiezza variabile, scelta dal pro­gramma ad ogni passo in base a condizioni di stabilità della proce­dura di integrazione), in modo da poter calcolare la soluzione al tempo t + Ai, partendo da quella nota al tempo precedente t. Per la discretizzazione nello spazio, si pensa poi ogni nodo della griglia come rappresentativo della regione circostante di volume finito, as­sunto pari a quello della cella. Le equazioni differenziali, approssi­mate alle differenze finite, vengono quindi integrate sull'intervallo

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finito di tempo At e sulla immaginaria superficie e volume di con­trollo della cella che circonda ciascun nodo, trasformandole così in equazioni algebriche. Quando tutte le equazioni differenziali del modello sono state approssimate in questo modo, si ottiene un si­stema di equazioni algebriche non lineari, in numero pari a quello delle incognite (le grandezze che definiscono lo stato del sistema in corrispondenza di ciascun nodo). La soluzione di questo sistema chiuso viene conseguita con algoritmi numerici di natura iterativa, la cui differenza principale è legata alla natura implicita od esplicita delle equazioni algebriche da risolvere. In generale, si può dire che i metodi impliciti portano a soluzioni numeriche stabili, ma richiedo­no procedure di calcolo più lunghe e complesse, mentre quelli espliciti, contenendo una sola incognita per equazione, sono molto più rapidi, ma debbono soddisfare ristrette esigenze di stabilità che sono a priori sconosciute.Si ricorda, infine, che questi modelli di calcolo richiedono una rile­vante attività di preparazione (generazione della griglia di calcolo, assegnazione delle condizioni al contorno, determinazione delle proprietà del fluido, ecc.) e di successiva elaborazione dei risultati dei calcoli, che devono essere presentati in forma compatta ed intu­itiva. L’andamento delle grandezze scalari può essere rappresenta­to attraverso mappe cromatiche su più piani, (vedere Tavole 33 e 34), mentre quelle vettoriali possono essere visualizzate con di­splay statici o dinamici, a tre dimensioni.

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[1 ] M . K hovakh

[2 ] C.F. T aylor

[3] E.F. O bert

[4 ] J . W eissmann

[5 ] J .B . H eyw ood

[6 ] C.J. R allis et a l .

[7 ] M . METGHALCHI ET AL.

[8] G.P. B eretta e t a l .

[9] C.A. A mann

[1 0 ] R .I. S teinberger et a l .

[1 1 ] P.O. WlTZE ET a l .

[1 2 ] D.E. F oster et a l .

[1 3 ] A.O. z u r L o y e e t a l .

[1 4 ] J . M antzaras et a l .

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[15] P.O. W lTZE ET AL.

[16 ] C . A rcoumanis e t a l .

[17 ] F .A . M atekunas

[18] R.C. B e l a ir e e t a l .

[19 ] P .A . W atts et a l .

[20 ] J.B. H eyw ood et a l .

[21 ] R .B . K reiger et a l .

[22 ] D .R . Lanc aster et a l .

[23 ] J.R. S mith

[24 ] J .A . G atow ski et a l .

[25 ] K .M . C hun et a l .

[26 ] J.C. G u ib e t e t a l .

[27 ] W . L ee et a l .

[2 8 ] G . B enson et a l .

[29 ] T. A . L itzinger

[3 0 ] Y. N akagaw a et a l .

[31] S.W. Benson

[32 ] A . B y e t a l .

[33 ] D. B radley et a l .

[3 4 ] A . D ouaud

[3 5 ] R .A . Cox e t a l .

[3 6 ] N . N akam ura et a l .

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[3 7 ] S.G. P oulos ET AL.

[3 8 ] J.B. H eyw ood et a l .

[3 9 ] P .A . W atts et a l .

[4 0 ] G .A . Lavo ie et a l .

[4 1 ] J.N. M a tta v i

[4 2 ] J.C. K e c k

[4 3 ] J.C. K eck et a l .

[4 4 ] R .J. T abaczynski et a l .

[4 5 ] R.J. T abazynski et a l .

[4 6 ] M .P . H alstead e t a l .

[4 7 ] H. S hapertons et a l .

[48] A.D. Gosman

[4 9 ] C.K. W estbrook et a l .

[50] P.K. Barr

[5 1 ] T. KONDOH ET AL.

[52 ] A.D. G osman

[5 3 ] B . A hmadi-B efrui et a l .

[54] S. A ita e t a l .

[5 5 ] H . F ischer et a l .

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11. Combustione nel motore Diesel

11.7Caratteristiche del processo

Un motore ad accensione per compressione (o a ciclo Diesel) è ca­ratterizzato dal fatto di presentare un rapporto volumetrico di com­pressione sufficientemente elevato (14 24), da provocare un au­mento di 500 600 °C nella temperatura della carica d’aria, im­messa nel cilindro durante la fase di aspirazione. Per motori aspira­ti, la pressione che regna nella camera di combustione, nel mo­mento in cui incomincia l’iniezione di combustibile, è dell’ordine dei 3-5-4 MPa, mentre nei motori sovralimentati pressioni e temperatu­re superano generalmente i valori indicati, in funzione del grado di sovralimentazione. ,Il combustibile viene iniettato sotto forma di un fine spray in que­st’aria ad alta pressione e temperatura, poco prima che lo stantuffo raggiunga la posizione di punto morto superiore. Esso vaporizza e si mescola con l’aria, formando una miscela aria-combustibile, la qua­le, per il fatto di trovarsi a temperature e pressioni superiori a quelle di autoaccensione del combustibile (vedere il paragrafo 10.1.2), dove il rapporto di miscela è prossimo allo stechiometrico, si accen­de spontaneamente dopo un ritardo dell’ordine del millisecondo.Il conseguente aumento di pressione nel cilindro accelera le reazio­ni di preossidazione di quella parte di miscela aria-combustibile già formata, che si accende e brucia rapidamente portando la tempera­tura dei gas a valori superiori ai 2000 °C e la pressione a 9 4- 14 MPa. Di conseguenza, la vaporizzazione e diffusione dei vapori del restante combustibile, ancora liquido, viene accelerata notevol­mente. L’iniezione continua fino a quando la quantità di combustibi­le richiesta è stata introdotta nella camera, passando attraverso i vari processi di polverizzazione, vaporizzazione, diffusione e com­bustione. Infine, durante la fase d’espansione, il mescolamento del­l’aria rimasta nel cilindro con i gas combusti 0 parzialmente ossida­ti, porta al completamento della combustione.In un diagramma avente per ordinate le pressioni e per ascisse i tempi (proporzionali agli angoli di manovella 0), l’andamento della pressione nel cilindro, quando si ha regolare combustione, è del tipo rappresentato in Figura 11.1, mentre la linea tratteggiata rap­presenta quello relativo al caso in cui non si abbia iniezione di com-

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ANGOLO DI MANOVELLA [°]

Figura 11.1 - Sviluppo tipico della pressione in funzione dell’angolo di manovella, in assenza di combustione (linea tratteggiata) e con regolare iniezione di combustibile (linea continua), nel cilindro di un motore Diesel sovralimentato. Insieme alla curva della frazione in massa xb(Q) di gasolio bruciato e di rilascio di calore (dQJdQ), essa permette di distinguere schematicamente quattro fasi principali nel processo di combustione.

bustibile. Per una prima analisi dello sviluppo della combustione, si è soliti considerare, insieme alla curva della pressione p(Q), quella della frazione in massa di combustibile bruciato x(0) e del calore rilasciato dalle reazioni di ossidazione (dQb / dQ).È allora possibile distinguere schematicamente nel processo di iniezione-combustione quattro fasi:1. la prima (AB = ritardo) inizia all’istante in cui il combustibile in­comincia a penetrare in camera di combustione e termina quando si avvia la fase di combustione.2. la seconda (BC = combustione rapida) è caratterizzata da una veloce propagazione della combustione a tutta la carica premisce­lata combustibile-aria formatasi durante il ritardo, provocando un forte incremento di pressione e rilascio di calore.3. nella terza fase (CD = combustione controllata) si ha la com­bustione, regolata dai processi di diffusione, del nucleo centrale del getto e del combustibile successivamente iniettato, man mano che entra-In camera di combustione, per cui la quantità di calore libera­ta può essere graduata attraverso il controllo dell’iniezione.

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4. nell’ultima fase (DE = completamento combustione), l’iniezione è terminata, ma viene portata a termine la combustione del gasolio iniettato in precedenza.Si tratta ora di analizzare un po’ più a fondo le caratteristiche di questi quattro periodi, che si possono schematicamente distin­guere nel processo di combustione di un motore ad accensione spontanea.

Nello studio della combustione nel Diesel grande importanza viene generalmente attribuita al ritardo d’accensione (fase AB). Esso viene definito in maniera diversa, a seconda delle tecniche speri­mentali usate per rilevarlo. L’inizio del processo, infatti, è general­mente fissato in corrispondenza dell’apertura dell'iniettore, indivi­duata mediante un trasduttore di spostamento, che fornisce l’istan­te di alzata del relativo ago. La fine, invece, coincide con l’avvio della combustione, che può essere determinato con tecniche diver­se, tra cui ci limitiamo a ricordare:

— l’individuazione, sul diagramma della pressione nel cilindro, depistante in cui l'incremento di pressione, dovuto alla combu­stione, fa staccare la curva delle pressioni da quella di semplice compressione di una percentuale prefissata (tipicamente dell’1%);

— il rilievo dell’emissione di una radiazione luminosa visibile, come indice del procedere delle reazioni di ossidazione;

— la misura di un'alterazione della composizione della carica, in seguito alla combustione di una frazione di combustibile;

Generalmente si preferisce la prima definizione, perché legata allo sviluppo della pressione che costituisce il parametro più importante sul piano della progettazione (sollecitazioni, rumorosità, ecc.) ed è più facile da rilevare sperimentalmente.

L'importanza del ritardo è dovuta non tanto al fatto che sia di per se stesso nocivo* ma perché è causa della successiva fase di combu­stione (BC) quasi a volume costante. Quest’ultima è vantaggiosa ai fini del rendimento termico, che raggiunge il massimo valore (a pa­rità di rapporto di compressione) quando il calore è introdotto nel sistema a volume costante, ma risulta dannosa dal punto di vista della conservazione del motore e della rumorosità. Dalla quantità di carica premiscelata formatasi durante il ritardo, infatti, dipende la velocità di incremento della pressione ed il suo massimo valore raggiunto, i quali influenzano la rumorosità di funzionamento, le vi­brazioni e le sollecitazioni meccaniche; nonché la massima tempe­ratura dei gas, dalla quale dipendono il calore che deve essere

* Se fosse prevedibile, infatti, esso potrebbe venire neutralizzato con un oppor­tuno anticipo nell’iniezione di combustibile.

11.2 Il ritardo d’accensione

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smaltito dal sistema di raffreddamento e le sollecitazioni termiche degli organi delimitanti la camera di combustione.

1-j i In generale, quando un combustibile liquido è spruzzato sotto for-Processi fisici ma dì fini 9occ'o|ine in una massa d’aria calda, il processo che por-

. . . . ta alla sua accensione segue leggi simili a quelle viste al paragrafoe cnimici ^ ^ per l’accensione di una miscela omogenea, in cui sia il com­

bustibile che l’ossidante si trovano allo stato gassoso. La differenza principale sta però nel fatto che il ritardo complessivo, nel primo caso, comprende anche il tempo necessario perché si formi (attra­verso una serie di processi di natura fisica) la miscelazione tra l’ossigeno ed i vapori di combustibile (vedere paragrafo 10.1.5).Schematicamente quindi, si è soliti distinguere, nel periodo di ritar­do all’accensione caratteristico di un Diesel, due tipi di processi:— di natura fisica (ritardo fisico) che modificano lo stato di aggre­

gazione delle molecole di combustibile e le miscelano con l’aria;

— di natura chimica (ritardo chimico) che producono la loro ossi­dazione, cambiandone la struttura chimica.

Scendendo un po’ più in dettaglio si può dire che i primi portano:1. alla disintegrazione del getto di combustibile con la formazione di goccioline;2. al riscaldamento delle gocce liquide ed alla loro evaporazione;3. alla diffusione di questi vapori nell’aria, fino a formare una mi­scela di aria e combustibile in grado di accendersi.Su di essi influiscono soprattutto: la finezza della polverizzazione del getto di combustibile (pressione di iniezione, geometria del­l’iniettore, ecc.), le condizioni di moto dell’aria (geometria della ca­mera, regime di rotazione, ecc.), nonché la sua pressione iniziale e temperatura (rapporto di compressione, grado di sovralimentazio­ne, raffreddamento, ecc.).I processi chimici si possono riassumere in:1. decomposizione degli idrocarburi a più alta massa molecolare in composti più leggeri;2. loro attacco da parte dell’ossigeno con formazione di composti ossigenati intermedi (perossidi, aldeidi, ecc.) poco stabili;3. avvio di reazioni a catena che portano all’autoaccensione del combustibile.I primi due tipi di reazione avvengono con velocità molto bassa, in­fluenzata soprattutto dalla natura del combustibile, fino alla forma­zione di una concentrazione critica di componenti intermedi, in gra­do di avviare veloci reazioni a catena che portano all’autoaccensio­ne ed ai prodotti finali di combustione. La componente chimica del ritardo si può quindi ritenere prevalentemente controllata dalle di­mensioni e dalla struttura della molecola di combustibile, che la rendono più o meno attaccabile dall’ossigeno. Per evitare di scen-

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11.2.2Correlazioni per il calcolo del ritardo

dere nei dettagli della cinetica chimica, il suo grado di accendibilità viene misurato dal numero di cetano del combustibile (definito al paragrafo 6.6), che finisce così per sintetizzare tutti questi aspetti del fenomeno.I processi ora visti avvengono in maniera sovrapposta nel tempo, per cui non risulta facile distinguere, se non da un punto di vista schematico, l’aspetto fisico del fenomeno da quello chimico. Tutta­via, le principali reazioni chimiche si avviano certamente solo dopo che i vapori di combustibile sono venuti in contatto con l’aria, per cui si può ritenere che la prima parte del ritardo di accensione sia domi­nata prevalentemente dai processi fisici che portano alla formazio­ne della miscela combustibile; mentre la seconda sia soprattutto influenzata dalle trasformazioni chimiche che portano all’auto­accensione.

Diverse correlazioni sono state proposte per calcolare il ritardo in funzione dei parametri del motore, delle proprietà del combustibile e delle caratteristiche della carica. Molte sono state ricavate su basi semi-empiriche, partendo da dati sperimentali rilevati su motori, vo­lumi chiusi o reattori. Le differenze, però, di comportamento tra i vari motori e l’incertezza con cui vengono valutate le condizioni fisi­che della carica, fanno sì che tale calcolo fornisca un risultato spes­so solo approssimato.Tra le numerose formule che sono state proposte, qui ci si limiterà a ricordare le due ritenute più significative. Innanzitutto la più antica e più semplice dovuta a Wolfer [1], il quale, enfatizzando gli aspet­ti chimici del ritardo, lo lega alla temperatura T [k] ed alla pressione p [MPa] della carica nel cilindro attraverso un termine esponenziale del tipo proposto da Arrhenius (vedere 10-2):

Ta = Ap~nexp (EaIRT) 11-1

suggerendo per le costanti sperimentali, per ottenere il ritardo in [ms], i seguenti valori:

A = 0,029 n = 1,19 Eal R = 4650

La 11-1 è stata ampiamente utilizzata per prevedere il ritardo al­l’accensione di diversi motori Diesel. Il confronto tra i risultati dei calcoli ed i rilievi sperimentali ha però dimostrato che correlazioni semplici, di questo tipo, possono solo approssimare i dati misurati in un limitato intervallo dei valori dei parametri che definiscono le condizioni di funzionamento del motore e della carica nel cilindro. Quanto meno, per ampliare il campo di validità della 11-1, biso­gnerebbe far assumere alla costante A valori diversi in funzione della turbolenza della camera e fare dipendere Ea dalle caratteri­stiche del combustibile.Per raggiungere questo scopo, la correlazione sviluppata da Har- denberg e Hase [2] cerca di tener conto delle condizioni di moto

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dell’aria, ritenendole dipendenti dalla velocità media del pistone «p [m/s], e delle proprietà chimiche del combustibile, attraverso il suo numero di cetano (A/C). Essa calcola quindi il ritardo di accensione (espresso in gradi di manovella) xa[°], mediante la relazione:

t a [°] = (o , 36 + 0 ,2 2 „p) expZ

con: 11-2

Z = 61,884 /1200NC + 25 \ T2

0, 582 +6, 85

( 10 p2 - 12, 4)°

in cui le condizioni di temperatura T2 [K] e pressione p2 [MPa] della carica sono valutate in corrispondenza della posizione di PMS a fine compressione, attraverso un modello politropico per il proces­so di compressione, con le relazioni:

T2 = T, r n-' p2 = Pi r n

dove T,, p : esprimono le condizioni nel collettore d’aspirazione e l’esponente della politropica n può assumere valori crescenti nel­l’intervallo 1,1 + 1,4 (mediamente n = 1,35), in funzione della ve­locità di rotazione del motore e del suo regime termico. Le previ­sioni fornite dalla 11 -2 si sono dimostrate in buon accordo con i ri­sultati sperimentali, rilevati su di un ampio campo di condizioni di funzionamento e di caratteristiche dei motori.

11.3Combustione in fase premiscelata e in fase diffusiva

Prima di proseguire nell’approfondimento delle successive fasi in cui si può schematizzare il processo di combustione nel Diesel, si fa osservare che il principale problema che si pone per questo mo­tore è quello di riuscire a realizzare un «miscelamento» corretto fra il combustibile iniettato e l’aria presente nel cilindro. Si ricorda, inol­tre, che i Diesel commerciali coprono un’ampia gamma di potenze (5 + 50.000 kW) e quindi di cilindrate e di alesaggi (70 + 1000 mm). Al diminuire dell’alesaggio, pressoché a parità di velocità media del pistone (e quindi di forze d’inerzia), risulta conveniente aumentare i regimi di rotazione (in proporzione inversa), per accrescere la po­tenza specifica del motore. Bisognerà perciò rendere proporzio­nalmente più veloce il processo di combustione, accelerando il mi­scelamento combustibile-aria; per adeguarlo ai tempi disponibili più ridotti.Questo fatto, come si vedrà, costringe ad usare la soluzione a pre­camera per gli alesaggi molto piccoli e ad incrementare il livello ed il ruolo della turbolenza dell'aria al decrescere del diametro del ci­lindro. L’importanza e le caratteristiche delle varie fasi della combu­stione risulteranno quindi diverse al variare della geometria della camera di combustione, tuttavia potremo proseguire nella nostra analisi, facendo riferimento principalmente al motore ad iniezione

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Figura 11.2- Schematizzazione di un getto di combustibile iniettato in aria in moto turbolento.Il suo nucleo centrale appare compatto, con concentrazione di combustibile decrescente a partire dall’asse verso l ’esterno, mentre le gocce più piccole sono trascinate dalla corrente d’aria. Si forma così una caricapremiscelata, in cui hanno origine i primi nuclei d’accensione.

diretta, con media turbolenza.La Figura 11.2 riporta la rappresentazione schematica di un getto di combustibile iniettato in aria mediamente turbolenta. Mentre il nucleo centrale del getto appare ancora compatto, le gocce di mi­nori dimensioni sono trascinate dalla corrente d’aria nella zona del getto avanzata (rispetto al moto dell’aria), dove si trovano circon­date da una quantità d’aria relativamente grande e sono rapida­mente riscaldate e vaporizzate. In questa zona, quindi, si può rite­nere che, prima dell’auto-accensione, i vapori di combustibile ed aria siano premiscelati anche se in maniera non omogenea, con una concentrazione di combustibile via via decrescente a partire dal nucleo centrale verso l’esterno.In essa (come confermato dai rilievi fotografici), si formano (Figura11.3) dei nuclei di accensione in diversi punti, in cui il rapporto di miscela risulta più favorevole. Quando l’accensione si avvia, un pic­colo fronte di fiamma poco luminoso si propaga a partire da ciascun nucleo, andando ad accendere la miscela combustibile che lo cir­conda. La carica che brucia è mediamente magra, per cui la sua ossidazione risulta normalmente completa. Si possono, tuttavia, formare NOx a causa delle elevate temperature locali, raggiunte soprattutto nelle condizioni di pieno carico.Davanti alla zona ora considerata, se ne può prendere in esame

Foro iniettore

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Figura 11.3- Rappresentazione di un getto di combustibile che raggiunge la parete della camera di combustione. Il diagramma inferiore illustra il contributo allo sviluppo della pressione e della temperatura media del gas nel cilindro, dato dalle singole parti in cuischematicamente può venire suddiviso il processo di combustione.

(vedere Figura 11.2) una seconda (di spessore dipendente da: tur­bolenza, pressione, temperatura, ecc. dell’aria), in cui la miscela è troppo povera per portare all’autoaccensione o sostenere la propa­gazione del fronte di fiamma. Questa parte, perciò, non contribui­sce sostanzialmente al processo di combustione, ma riveste una notevole importanza dal punto di vista della genesi degli idrocarburi incombusti scaricati dal motore, perché in essa avvengono reazioni di decomposizione ed ossidazione parziale del combustibile, che portano alla formazione degli idrocarburi incombusti che si trovano poi allo scarico.Avvenuta l’accensione ed avviata la combustione della carica pre­miscelata (zona 1 di Figura 11.3), la fiamma si propaga molto rapi­damente verso il nucleo centrale del getto dove si trovano gocce di

Foroiniettore

ANGOLO DI MANOVELLA

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combustibile di maggiori dimensioni. Queste, ricevendo calore prin­cipalmente per irraggiamento da parte dei fronti di fiamma già av­viati, evaporano velocemente; mentre i vapori di combustibile si dif­fondono nella carica circostante. Alcune di queste gocce (special- mente quelle che si trovano alla periferia del nucleo: zona 2 di Fi­gura 11.3) sono completamente vaporizzate quando sono investite dal fronte di fiamma, che trova una miscela di aria-combustibile del tipo premiscelato.Molte gocce, però, soprattutto nelle condizioni di pieno carico e nel­la parte centrale del nucleo (zona 3 di Figura 11.3) sono solo par­zialmente vaporizzate, per cui vengono circondate da fiamme di dif­fusione del tipo visto al paragrafo 10.1.5. La loro velocità di combu­stione dipende da diversi fattori (turbolenza, caratteristiche del get­to, calore liberato dalla combustione, ecc.) che regolano l’evapora­zione e la diffusione dei vapori di combustibile verso la fiamma. La natura dei prodotti di combustione è legata al valore locale del rap­porto aria-combustibile. Ai carichi parziali, si ha generalmente una quantità di ossigeno sufficiente per una combustione completa, mentre a pieno carico si possono ottenere prodotti di ossidazione parziale (CO, idrocarburi incombusti, particelle carboniose, ecc.). In entrambi i casi, nella zona della fiamma, per le elevate temperature locali, si ha produzione di A/Ox.Il processo di combustione interessa poi l’ultima parte di combusti- bile iniettato (zona 4 di Figura 11.3), il quale viene spruzzato in ca­mera di combustione sotto l’azione di pressioni relativamente mo­deste (rispetto alla fase centrale d’iniezione).Si formano quindi delle gocce di grandi dimensioni, che però si trovano circondate da gas ad elevata temperatura (circa la mas­sima del ciclo), che ne provocano una rapida evaporazione e de­composizione, senza che si possa avere un’adeguata penetra­zione. La combustione di quest’ultima porzione di combustibile porta di conseguenza (specialmente nelle condizioni di pieno ca­rico) alla produzione di CO per carenza di ossigeno, particelle carboniose (fumo) ed idrocarburi incombusti. Qualora, poi, per un non corretto proporzionamento idrodinamico dell’impianto di inie­zione, si avessero delle riaperture dello spillo dell’iniettore (ele­vate onde di pressione nelle tubazioni), una parte di combustibile potrebbe essere introdotto più tardi nel cilindro (post-iniezione). Questa si troverebbe nelle condizioni (generalmente peggiorate) appena viste, per cui darebbe adito ad una combustione incom­pleta dello stesso tipo.Infine, occorre ricordare che una parte del primo combustibile iniet­tato può raggiungere (ancora allo stato liquido) le pareti della came­ra di combustione e dello stantuffo. Ciò avviene principalmente nei motori di piccolo alesaggio. Questo film liquido (zona 5 di Figura11.3) evapora successivamente con una velocità che dipende da diversi fattori: temperatura dei gas e della parete, velocità e pres­sione dei gas, proprietà del combustibile, ecc. Generalmente, la sua velocità di evaporazione, per effetto soprattutto delle contenute temperature di parete, è più bassa di quella relativa alle goccioline che circondano il nucleo centrale del getto, per cui questo film liqui­

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11.4Cameredicombustione

11.4.1Motori ad iniezione diretta

do evapora per ultimo. Se ¡I motore presenta un elevato grado di turbolenza, capace di garantire un sufficiente ricambio di ossigeno nella zona interessata, la combustione di questi vapori avviene nel­l'ultima fase in maniera soddisfacente. Altrimenti, per difetto di ossi­geno o cattiva miscelazione fra combustibile e comburente, si può avere una decomposizione dei vapori con una loro combustione in­completa (HC, prodotti di parziale ossidazione (aldeidi, perossidi, ecc.) e particelle carboniose).Durante la corsa di discesa dello stantuffo (fase di espansione), si realizza poi un moto turbolento della carica, che si espande fino a riempire il volume generato dallo spostamento dello stantuffo. Nei motori a precamera la quasi totalità del processo di combustione avviene durante questa fase, che ne costituisce II momento deter­minante. Nel caso di motore ad iniezione diretta essa presenta un peso inferiore; tuttavia, realizzando un rimescolamento della cari­ca, che porta in contatto vapori di combustibile e prodotti di parziale ossidazione con l’ossigeno ancora libero, contribuisce ad un com­pletamento del processo di combustione. La Figura 11.3 riporta il contributo allo sviluppo della pressione e della temperatura nel tempo da parte delle zone dello spray, considerate nella schematiz­zazione ora illustrata.

L’effettivo processo di combustione in un Diesel risulta tuttavia in­fluenzato in modo decisivo dalla geometria della camera e dalle ca­ratteristiche del sistema di iniezione. Entrambi, infatti, concorrono a determinare il miscelamento fra combustibile ed aria, che condizio­na le successive reazioni di ossidazione.In questo paragrafo si richiameranno sinteticamente le caratteristi­che delle principali soluzioni pratiche adottate, utilizzando soprat­tutto i dati sperimentali che le moderne tecniche diagnostiche (cine­matografia ed anemometria) rendono disponibili. Coscienti del fatto che, pur disponendo ormai di una conoscenza soddisfacente dei legami logici che guidano nella comprensione della complessa se­quenza: iniezione-miscelamento-combustione, relazioni di tipo quantitativo sono ancora piuttosto carenti.

Con questa soluzione, il combustibile viene iniettato direttamente nel cilindro, in una camera che generalmente è, almeno in buona parte, costituita da una cavità ricavata sulla testa dello stantuffo. Al sistema di iniezione viene affidato il compito principale di polveriz­zare il combustibile in seno aH’aria (iniettore con piccoli fori), riu­scendo così ad ottenere camere di combustione molto' raccolte (con elevato rapporto volume/superficie), cui competono modeste perdite termiche e quindi elevati rendimenti. Schematicamente si

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possono classificare i diversi tipi di camera di combustione, in base alla taglia del motore nel quale vengono usate.

Camere per motori di grandi alesaggi

Sono usate sui motori di maggiori dimensioni, per applicazioni sta­zionarie e marine. I grandi alesaggi (300 * 1000 mm) ed i conse­guenti bassi regimi di rotazione rendono in questi casi meno strin­gente l’esigenza di un rapido miscelamento. La gamma superiore degli alesaggi è coperta dai motori a due tempi, le cui camere di combustione sono ricavate in parte nello stantuffo ed in parte nella testata (Figura 11.4), con un iniettore a più fori e con modesta o pressoché nulla turbolenza. I quattro tempi presentano dimensioni del cilindro inferiori (300 + 500 mm), con quattro valvole (due de-

Figura 11.4- Camera di combustione per motori lenti a due tempi per propulsione navale ed applicazioni stazionarie (Sulzer serie RTA). Si tratta di motori con turbosovralimenta- zione einterrefrigerazione, in cui si realizza un lavaggio di tipounidirezionale, immettendo la carica fresca alla base del cilindro e scaricando i gas combusti dalla valvola a fungo superiore. Gli alesaggi variano da 380 mm a 840 mm . con corsa molto lunga(C/D = 1,7+3,5), e regimi di rotazione di 3+1 giri/s (ù p= 8+7 m/s).

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Figura 11.5 - Camera di combustione per motore a quattro tempi lenti per applicazioni marine, ferroviarie e stazionarie. Gli alesaggi variano da 300 mm a 500 mm (con rapporto corsa/ alesaggio = 1,2+1,5), con regimi di 10+7 giri/s (ùp=9+7m/s).Si adottano normalmente quattro valvole per cilindro con iniettore disposto centralmente. L'elevato numero dei forid’iniezione (8+10) permette un sufficiente miscelamento tra combustibile ed aria, nonostante la bassa o pressoché nulla turbolenza. .

stiriate all’aspirazione e due allo scarico) ed iniettore centrale (Figura 11.5).In entrambi i casi, si tratta di motori destinati a funzionare su di un campo di velocità limitato, sono sovralimentati con interrefrigerazio- ne e realizzano un processo di combustione senza fumo, solo non scendendo al di sotto di elevati rapporti aria/combustibile (25 30). La miscelazione del combustibile con l’aria, infatti, risulta modesta per la bassa turbolenza e la pratica difficoltà a mantenere una ade­guata diffusione dello spray.L’andamento dell’effettivo processo di combustione in questo tipo di camera si può seguire facendo riferimento ai rilievi cinematogra­fici relativi, riportati nella Tavola 35 [8]. Essi sono stati eseguiti su di un modello che permette di seguire, attraverso una finestra in quar­zo ricavata sulla testata, la combustione di un solo getto (degli 8 del motore reale simulato), in condizioni di similitudine con quelle che si hanno su di un Diesel a quattro tempi di grande alesaggio. Va inoltre tenuto presente che l’iniezione di combustibile nel cilindro incomincia 210 prima del PMS e termina 10° dopo il PMS.Con 3° di ritardo (corrispondenti a 0,83 ms al regime di 10 giri/s) avviene l’accensione (fotogr. 1) nella zona che circonda il nucleo principale del getto, non lontano dall’iniettore, dove i vapori di com­bustibile si sono per primi mescolati con l’aria. Successivamente, si formano nuovi nuclei di autoaccensione (fotogr. 2 e 3), sempre nel­

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la zona della carica premiscelata, e poi il fronte di fiamma investe rapidamente (fotogr. 4) tutta la superficie esterna dello spray, pro­vocando elevati gradienti di pressione a causa dell’accensione quasi istantanea di una grande quantità di combustibile.La fiamma diventa bianca brillante per la formazione di particelle di carbonio libero. A questo stadio circa il 60% del combustibile è sta­to iniettato, mentre il restante viene introdotto al centro di questa massa di gas che sta bruciando, producendo una miscela troppo ricca, come dimostrato dalla formazione di una nube di fumo bruno scuro (fotogr. 5 e 6). La combustione si protrae poi a lungo, durante la corsa di espansione, fin verso i 100° di manovella.La composizione fotografica dell’ultima immagine della Tavola 35 dà un’idea di come si svolge il processo nella sua globalità, in un motore di grande alesaggio con un iniettore ad 8 fori disposto al centro della camera. Essa mostra come le masse d’aria comprese fra i getti siano molto male utilizzate, per la pratica assenza di moti turbolenti capaci di produrne il miscelamento con il combustibile.

Camere per motori di medio alesaggio

Sono motori a quattro tempi con alesaggio compreso tra i 300 mm ed i 150 mm, che utilizzano l’iniezione diretta (iniettore con 4 + 5 fori) accoppiata ad un grado di turbolenza crescente al diminuire dell'alesaggio ed all’aumentare del regime di rotazione, per ottene­re velocità di miscelamento tra combustibile ed aria adeguate ai tempi disponibili. Tale risultato viene raggiunto mediante condotti sagomati in modo da produrre swirl durante la fase d’aspirazione, che viene poi amplificato alla fine del processo di compressione dalla presenza di una cavità nel pistone.Quest’ultima risulta spesso disassata rispetto al cilindro (ed i fori dell’iniettore rispetto alla tazza), per ragioni d’ingombro dovute alla presenza delle valvole (vedere Figura 11.6). La sua forma viene poi ottimizzata caso per caso, ma schematicamente si può dire che la soluzione più tradizionale si presenta con i bordi della cavità pa­ralleli all’asse del cilindro, mentre nelle versioni più recenti essi sono rientranti (Figura 11.6b), per avere un accoppiamento dei moti di squish e di swirl, verso la fine della compressione, più favo­revoli ad un rapido miscelamento tra combustibile ed aria (vedere il paragrafo 9.3.2).Le sequenze del processo di combustione tipico di questa camera sono riportate nella Tavola 36, dove sono visibili solo i getti prodotti da due fori dell’iniettore (dei 4 totali). I primi tre fotogrammi mostra­no i primi nuclei di accensione, a partire dai quali i fronti di fiamma investono rapidamente le zone premiscelate che circondano i due getti e che sono state deformate dal moto turbolento della carica (fotogr. 4). La fiamma si propaga poi all’indietro verso l’iniettore, ar­rivando ad occupare (fotogr. 5) tutta la tazza presente sulla testa del pistone, appena dopo il PMS.Successivamente, la combustione si estende al di fuori di tale ca-

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Figura 11.6- Camere di combustione, ricavate nella testa del pistone, per motori a quattro tempi di media velocità, principalmente destinati alla propulsione ed agli impianti ausiliari marini, ai gruppi elettrogeni e alla propulsione ferroviaria. La tazza nel pistone può assumere diverse conformazioni, presentando in particolare bordi diritti (soluzione a) o rientranti (soluzione bj. Gli alesaggi variano da 150 mm a 300 mm (rapporto corsa/alesaggio = 1,1+1,4), con regimi di rotazione di 20+10 giri/s (u p= 11+8 m/s).

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vità verso la parete del cilindro (fotogr. 6), in seguito all’espansione dei gas che stanno bruciando ed all’inversione del moto del pistone. Il combustibile che ancora deve essere iniettato a questo punto, si accende con un ritardo trascurabile e la rapidità di rilascio del calore è controllata dalla legge d’iniezione e dalla disponibilità di ossigeno nel cilindro.

Camere per motori di (relativamente) piccolo alesaggio

Sono motori di alesaggio compreso tra i 150 mm ed i 90 mm, uti­lizzati principalmente per la trazione stradale (autobus, veicoli in­dustriali, ecc.), per i quali sono sentite le esigenze di: silenziosità di funzionamento, elevate potenze specifiche, bassi consumi e scarichi puliti. Fino a che questi motori sono stati ad aspirazione naturale, tali risultati sono stati spesso conseguiti facendo in modo che parte del combustibile depositasse, senza vaporizzare, sul fondo della camera di combustione. Una soluzione di questo tipo è costituita dalla camera «Moirer», nella quale il gasolio non viene diffuso nella massa d’aria, ma è proiettato per mezzo di un iniettore ad un solo foro sulla parete della camera di combustione sferica (ricavata sulla testa del pistone e raffreddata da un getto d’olio), su cui forma una pellicola liquida (vedere Tavola 37). L’iniezione viene fatta in equicorrente con il moto turbolento del­l’aria, prodotto già durante la corsa di aspirazione, grazie ad una opportuna sagomatura del condotto d’ammissione, e successiva­mente accentuato dalla cavità nello stantuffo, durante la fase di compressione.La bassa velocità relativa fra il getto di combustibile e là massa d’aria, unita al breve tragitto fra l’iniettore e la parete della camera di combustione, porta ad una modesta decomposizione e vapo­rizzazione del getto. Indipendentemente, quindi, dallo stato ter­mico del motore e dal suo carico, si forma sempre una piccola quantità di vapori di combustibile premiscelati con aria, che pos­sono reagire ed autoaccendersi, in modo che la velocità iniziale con cui si libera il calore è moderata e lo sviluppo della combu­stione risulta graduale e silenzioso. I rilievi fotografici (Tavola 38) confermano che la fiamma interessa inizialmente una modesta porzione di vapori di combustibile, in prossimità della zona di pri­mo impatto del getto (fotogr. 1), per poi estendersi gradualmente alla superficie dello spray (fotogr. 2, 3 e 4) ed arrivare, poco dopo il PMS, ad occupare tutta la cavità dello stantuffo (fotogr. 6 e 7), in seguito ad un moto a spirale verso il centro della camera di com­bustione.Questi andamenti si spiegano ricordando che la pressione, che regna in una massa di fluido in moto rotatorio, aumenta al cre­scere della distanza dall’asse di rotazione, per effetto del campo centrifugo. Verso il centro della camera di combustione, come conseguenza del movimento vorticoso della carica, si ha quindi il minimo valore di pressione. Nelle masse di gas che si trovano in prossimità delle pareti, si avviano le reazioni di ossidazione, non

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11.4.2 Motori a precamera

appena si sono raggiunte le condizioni ottimali di miscelazione tra vapori di combustibile ed aria. Esse aumentano quindi la loro temperatura e raggiungono valori di massa volumica inferiori a quelli deH’aria, per cui si spostano su traiettorie a spirale verso il centro della camera di combustione. L’aria fresca si trova nello stesso tempo portata verso l’esterno, secondo lo schema illustra­to nella parte superiore della Tavola 38, in modo che il combusti- bile, che evapora a poco a poco dalla parete, è continuamente rifornito dall’ossigeno necessario alla combustione.Attualmente, con l’adozione della sovralimentazione (accompa­gnata dalla interrefrigerazione), si rendono disponibili anche in questi motori, a parità di cilindrata unitaria, masse più consistenti di aria nella quale possono essere bruciate maggiori quantità di combustibile per ciclo. La tendenza più recente prevede quindi l’estensione anche ad essi delle camere di combustione a tazza ricavate nel pistone, con il combustibile iniettato in forma final­mente suddivisa da un iniettore a più fori. Grazie all’uso di alte pressioni d’iniezione, risulta possibile ottenere gradi di polverizza­zione e di penetrazione, capaci di assicurare un soddisfacente mescolamento del combustibile con l’aria, senza dover ricorrere a condizioni di turbolenza particolarmente elevate.

Da un punto di vista costruttivo, la camera ad iniezione diretta è la più semplice e quindi la meno costosa. La testa è estremamente semplificata ed uniformemente raffreddata, consentendo così limi­tate perdite di calore e bassi consumi specifici di combustibile. Al diminuire però della cilindrata specifica, aumentano i problemi posti al sistema di iniezione (piccole quantità di combustibile iniettato), ma soprattutto diventa sempre più difficile accelerare il miscela- mento del combustibile con l’aria in proporzione inversa all’alesag­gio, in modo da permettere elevati regimi di rotazione e quindi alte potenze specifiche del motore.Per questi motivi, per i piccoli Diesel veloci (alesaggi: 70 -s- 90 mm; regimi di rotazione: 70 + 80 giri/s), quali quelli impiegati nel settore automobilistico e per applicazioni commerciali richiedenti elevata potenza specifica, si ricorre all’artificio di dividere la camera di com­bustione in due parti. La camera principale compresa fra il pistone e la testata è collegata tramite un ugello ad una camera separata, chiamata comunemente precamera.Le interazioni reciproche, realizzate attraverso continui passaggi di fluido fra una camera e l’altra, permettono di ottenere velocità di combustione molto elevate (prossime a quelle dei motori Otto), per­ché una parte consistente di combustibile brucia in condizione di carica premiscelata, mentre per la restante è notevolmente accele­rato il processo di miscelamento.Schematicamente si può quindi dire che i motori a precamera offro­no i seguenti vantaggi:

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1. rapida combustione e quindi alti regimi di rotazione ed elevate potenze specifiche;2. vibrazioni contenute, perché le variazioni di pressione in camera principale sono smorzate;3. scarico più pulito, in particolare con minori emissioni di NOx.Per contro, essi presentano anche:

1. maggiore complessità costruttiva (e sono quindi più costosi);2. più elevate perdite di calore e sollecitazioni dovute a gradienti locali di temperatura;3. più alti consumi specifici di combustibile, dovuti alle perdite flui­dodinamiche e termiche.A partire dal momento in cui l’accento è stato messo soprattutto suirultimo aspetto, come conseguenza degli esasperati costi del combustibile, si è assistito allo sforzo di estendere la soluzione ad iniezione diretta anche verso gli alesaggi più bassi. I Diesel a pre-

Figura 11.7 - Esempio di piccolo Diesel ad iniezione indiretta, con camera di precombustione (Ricardo: tipo Comet V). La camera principale è ricavata nella testa del pistone, mentre la precamera (ad elevata turbolenza) è incorporata nella testata del motore e collegata alla precedente da uno stretto canale, disposto tangenzialmente. La combustione si avvia in precamera e si completa nel cilindro (vedere rilievi cinematografici della Tavola 39).

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camera conservano tuttavia un certo interesse per il loro positivo comportamento dal punto di vista dell’impatto ambientale (qualità dei gas di scarico e rumore).Fra le numerose soluzioni messe a punto, qui ci limiteremo a ricor­dare le due categorie principali di precamera: quella in cui si avvia il processo di combustione e quella in cui, più semplicemente, si ac­cumula aria compressa da iniettare in camera principale.

Camera di precombustione

Lo spazio in cui avviene la combustione è formato da due camere, di cui una (camera principale) è compresa nel cilindro fra la testata e lo stantuffo (generalmente ricavata in quest’ultimo) e l’altra (pre­camera) è tutta realizzata nella testata. La Figura 11.7 riporta la sezione di una delle più note di queste camere (Ricardo: tipo Co- met). Nella fase di compressione, l’aria è spinta tangenzialmente (quasi totalmente) nella precamera, imprimendole un energico moto rotatorio turbolento. Il getto di combustibile è indirizzato verso la parete più calda della precamera, con una penetrazione relativa­mente modesta. Poiché l’iniezione avviene in equicorrente, esso viene trascinato ben presto nel moto vorticoso dell’aria e solo una piccola parte raggiunge le pareti per effetto centrifugo.I rilievi cinematografici riportati nella Tavola 39 permettono di segui­re (tramite un gioco di specchi), contemporaneamente i processi in precamera (parte superiore del fotogramma) ed in camera principa­le (vista dall’alto nella parte inferiore). Da essi si può dedurre che, durante il ritardo di accensione, si forma un anello (compreso fra 1/2 e 3/4 del raggio della precamera), di carica premiscelata in cui si avvia la combustione (fotogr. 1) che si propaga poi gradualmente al resto della miscela parzialmente vaporizzata (fotogr. 2 e 3). An­che in questo caso, il gradiente di pressione cresce verso l’esterno, per effetto del campo centrifugo e favorisce la diffusione verso il centro delle porzioni di miscela che stanno bruciando, mentre l’aria più densa si porta alla periferia. Il primo apparire della fiamma nel canale che porta alla cavità ricavata nello stantuffo si manifesta po­chi gradi dopo il PMS (fotogr.4).Immediatamente, si genera un forte miscelamento nella camera principale e la carica parzialmente combusta trova l’ossigeno suffi­ciente a bruciare completamente con viva luminosità. Il grado di tur­bolenza nella precamera cresce con il numero di giri, garantendo così buone prestazioni del motore su di un ampio campo di regimi di rotazione, poiché il miscelamento del combustibile con l’aria vie­ne accelerato al ridursi dei tempi disponibili per la combustione. Come svantaggio si presenta però il rischio di un peggioramento del comportamento di questa camera ai bassi giri ed elevati carichi.

Precamera di compressione

Anche in questo caso, lo spazio destinato alla combustione è diviso in due parti: la camera principale e la precamera, in cui si raccoglie, durante la corsa di compressione, buona parte dell’aria. L’iniettore,

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Figura 11.8 - Camera di combustione di un piccolo Diesel ad iniezione indiretta, con precamera di compressione suddivisa in due cellette collegate da un ugello (Lanova). L’iniettore è posto nella camera principale e dirige il suo getto verso l ’aria che esce dalla precamera durante la fase d’espansione. posto nella camera principale, dirige il suo getto verso l’aria che

esce dalla precamera durante la fase di espansione. Un esempio tipico è costituito dalla camera Lanova, di cui la Figura 11.8 mostra una sezione eseguita con un piano passante per l’asse del cilindro. Come si può notare, la camera di accumulazione deH’aria si divide in due camerette, collegate da un condotto opportunamente strozzato.L’iniettore lancia lo spray di combustibile contro l'aria che esce dal­le due camere. I rilievi cinematografici relativi riportati nella Tavola 40 permettono, anche per questa soluzione, di seguire contempo­raneamente quello che avviene in precamera (immagine superiore) ed in camera principale (immagine inferiore). Essi indicano che ini­zialmente il getto attraversa senza scomporsi sostanzialmente la camera principale e raggiunge l’ingresso della precamera. In que­sto momento, nella camera principale vi è una turbolenza molto modesta, per cui l’accensione si verifica (come nel caso dei motori ad iniezione diretta) nella zona in prossimità dell’iniettore, dove i vapori di combustibile che circondano il nucleo principale del getto si sono premiscelati con aria (fotogr.1).Il fronte di fiamma si propaga poi abbastanza lentamente in avanti (fotogr. 2, 3 e 4) verso la precamera di accumulazione, dove frat­tanto buona parte del combustibile è vaporizzata e si è premiscela­ta con aria. Quando questa si accende (fotogr. 5), alcuni gradi dopo il PMS, si ha un forte sviluppo di calore che produce un elevato picco di pressione. I gas caldi si proiettano quindi con elevata velo­cità nella camera principale, favoriti anche dal moto di discesa del pistone, provocandovi un rapido miscelamento, che accelera sensi­bilmente il processo di combustione. Questo tipo di camera presen­ta rispetto alla precedente il vantaggio di sfruttare un sistema di turbolenza pressoché indipendente dal regime di rotazione e di non offrire particolari inconvenienti dal punto di vista deH’awiamento a freddo, poiché l’accensione delle prime porzioni di miscela avviene senza sfruttare sostanzialmente l’effetto riscaldante delle pareti. Al migliore miscelamento ottenuto ai bassi giri si contrappongono però le maggiori difficoltà agli alti. Ne deriva una limitazione della massima potenza specifica ottenibile e deN’ampiezza del campo di regimi nel quale il motore può funzionare.

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11.5 Calcolo della legge di rilascio del calore

Si è visto nei precedenti paragrafi che l’andamento del processo di combustione nel Diesel può essere convenientemente descritto, fa­cendo riferimento alla curva che fornisce la legge di rilascio del ca­lore o la frazione in massa di combustibile bruciata, in funzione del­l’angolo di manovella 0. Questa può essere facilmente calcolata a partire dal rilievo sperimentale dello sviluppo della pressione p(0) nel cilindro.A tale scopo basta applicare il principio di conservazione dell’ener­gia (o primo principio della termodinamica) al sistema gassoso con­tenuto nella camera di combustione, pervenendo (vedere il para­grafo 10.4) alla relazione 10-19:

+ ^ h ì dm = dE + dL dQ, de dQ de de de

in cui si sono esplicitati, per una generica posizione 0 dell’albero motore, tutti i termini del bilancio delle energie in gioco: il flusso di calore dQb / dQ rilasciato dalle reazioni chimiche di combustione, il contributo energetico dovuto al passaggio di massa attraverso la superficie di contorno h.dm, / dQ, la variazione dE / dQ dell’ener­gia interna del sistema, la potenza meccanica scambiata con l’esterno dL / dQ attraverso il pistone, la dispersione di calore attra­verso le pareti refrigerate dQ, I dQ della camera di combustione.Nel caso di motore ad iniezione diretta, il sistema considerato è unico ed il procedimento seguito può essere formalmente identico a quello visto nel paragrafo 10.4 per il motore Otto. Normalmente, infatti, il contributo in entalpia sensibile, dovuto al combustibile iniettato, viene trascurato, così come le variazioni in massa del si­stema causate dai trafilamenti attraverso le fasce elastiche. Ponen­do così anche in questo caso ¿mi / dQ » 0 nella 10-19, ed assi­milando il fluido ad un gas perfetto, si arriva alle medesime espres­sioni per la variazione di temperatura d77 d0 (data dalla 10-20'):

é l m j l à Y . + J L 1 0 - 2 0 'dB rmR dQ mR dQ

e per la quantità di energia liberata dal processo di combustione dQbl dQ (data dalla 10-21):

dQ b = k p éX + ! _ y i£ + éQ± • 10-21 de k - 1 y de k - 1 de de

Una volta misurato accuratamente l’andamento della pressione nel cilindro p = p(Q), essendo nota la variazione del suo volume V = 7(0) (vedere il paragrafo 1.3.1), la 10-20' permette di determinare l’e­voluzione della temperatura media del gas nel cilindro, da cui si pos­sono dedurre le perdite di calore attraverso le pareti refrigerate dQJdQ, con un appropriato modello del processo di scambio termico.Poiché a questo punto sono noti tutti i termini che compaiono a se­condo membro della 10-21, da essa si ricava la legge di rilascio del

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Figura 11.9- Schematizzazione di un motore Diesel ad iniezione indiretta, mediante due volumi separati (la camera principale e la precamera), collegati da un ugello attraverso cui avviene uno scambio di massa,alternativamente in un senso ed in quello inverso. Nello schema sono indicati i termini principali che intervengono nel bilancio energetico e viene illustrato il significato degli indici adottati.

dQt,

calore dQb I d9 o la frazione in massa di combustibile bruciata, es­sendo per la 10-22 e 10-23:

dxbl ì/0 ~ 1 / (mcH¡) dQb/d% 11-3

Gli andamenti tipici di queste curve (vedere Figura 11.1) presen­tano due massimi consecutivi: il primo relativo al calore liberato dalla massa di combustibile premiscelata con l’aria, il secondo dovuto al processo di combustione diffusiva. Un’analisi semplifi­cata di questo genere permette quindi di evidenziare il peso rela­tivo di questi due tipi di processi di combustione, mostrando come il secondo diventi sempre più importante al diminuire del regime di massima potenza del motore, con cui si riduce il peso del ritar­do all’accensione.Nel caso di motore ad iniezione indiretta il sistema può essere con­venientemente schematizzato con due volumi separati: la camera principale (indicata con l’indice 1) e la precamera (indice 2), colle­gate fra loro con un ugello (Figura 11.9).I valori di pressione infatti nelle due camere risultano leggermente diversi durante il ciclo, per-

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Figura 11 .10 - Andamento della pressione, in funzione dell’angolo di manovella, nella camera principale (linea a tratti) e nella precamera (linea continua) di un Diesel sovralimentato ad iniezione indiretta, con precamera di turbolenza (del tipo illustrato in Figura 11.7). Le differenze di pressione (linea a tratto e punto, con scala amplificata) sono interiori a l 2% dei valori rilevati nelle due camere e perciò dell’ordine di grandezza degli errori di misura.

«£L

gcocoLUccCL

szLUCCLU

ANGOLO DI MANOVELLA [°]

ché nella fase di compressione il pistone comprime l’aria nella ca­mera principale (p, > p2) da cui essa passa poi nella precamera. Nella fase di combustione il processo invece si avvia nella preca­mera, causando qui un innalzamento di pressione che produce un moto inverso (p2 >p ,). La differenza di pressione tra le due camere (Figura 11.10) è normalmente modesta (dell’ordine di: 0,5 + 1,5 [MPa], pari al 2 + 5% del valore assoluto), però risulta importante perché è essa che determina il flusso di massa attraverso l’ugello di collegamento.Per tener conto di questi fenomeni, si può applicare la 10-19 sepa­ratamente alla camera principale ed alla precamera, ottenendo ri­spettivamente (se si trascurano le variazioni in massa dovute ai trafilamenti attraverso le fasce elastiche) le seguenti equazioni:

dQbì . dm- — + h 21 —dQ dQ

dE1 dL 1 dQ„ dQ dQ + dQ

dQbide

+ h 2 dmdQ + he =

dEjdQ

11-4dQ, 2

dQ

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dove si è indicato:- con dm / dQ il flusso di massa tra le due camere, considerato

positivo quando è diretto dalla precamera verso la camera prin­cipale;

- con h21 l’entalpia specifica di tale flusso, per cui sarà fr21= h2 per dm / dQ > 0 e h21= h, per dm / dQ < 0.

Se si trascura, al solito, il contributo in entalpia sensibile dovuto al combustibile iniettato (hc =* 0) e si suppone di poter assimilare i fluidi a dei gas perfetti, le 11-4 si trasformano (vedere il paragrafo10.4) più semplicemente nelle seguenti relazioni:

dQbidQ + cD r. d m

dQ k - 1n , 1 v è l i , d QnP1 + Vi +d Q k - 1 dQ dQ

dQb2dQ ~ cD Tz. d m

dQd p 2dQ

d Q r idQ

11-5

le quali, calcolato il flusso di massa, per esempio con un’equazione del tipo:

d mdQ

_ C u A u [2 p2 ,1 | P i - p i | 3>c 11-6

Figura 11.11 - Esempio di curve di rilascio di calore in precamera ed in cameraprincipale, per un Dieselsovralimentato ad iniezione indiretta, con precamera di turbolenza (del tipo illustrato in Figura 11.7). A pieno carico, la quantità di combustibile che brucia in precamera costituisce normalmente il 30+40% del totale, ma poiché essa in assoluto poco con il carico, acquista percentualmente un peso crescente al diminuire di quest’ultimo.

<oDEHIZHI

boow5tr

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11.6Simulazione del processo dicombustione

11.&ì Modellitermodinamici

con:- CUAU = area efficace dell’ugello tra le due camere,- <t>0 = fattore di comprimibilità del flusso (vedere A.8)e valutate le perdite termiche d Q n / dQ e d Q , 2 / dQ, permettono di determinare le leggi di rilascio del calore nelle due camere separate.Si richiama l’attenzione sul fatto che questo calcolo richiede la de­terminazione molto accurata degli andamenti delle pressioni p: = p(6) e ps=p(6) nelle due camere, perché nella 11-6 compare la loro differenza che risulta dell'ordine di grandezza degli errori di mi­sura che vengono normalmente fatti, rilevando i valori della pres­sione nel cilindro di un motore con un’apparecchiatura mediamente sofisticata.La Figura 11.11 mostra, come esempio, l’andamento delle curve di rilascio del calore nelle due camere, per un Diesel ad iniezione indi­retta per applicazioni automobilistiche. A pieno carico la maggior parte del combustibile (6Ck70 %) brucia nella camera principale. Al diminuire del carico però non varia di molto la massa bruciata nella precamera, la quale acquista di conseguenza un peso percentuale via via crescente.

Dalla descrizione fenomenologica fornita nei paragrafi precedenti, risulta evidente che un modello dettagliato del processo di combu­stione in un Diesel richiede una simulazione soddisfacente di una serie di processi complessi: il moto dell’aria nel cilindro, la polveriz­zazione e vaporizzazione del combustibile, il miscelamento dei due fluidi, la cinetica chimica che regola la combustione in fase premi­scelata ed in fase diffusiva.Modelli multidimensionali di questi fenomeni, basati il più possibile sulle equazioni fondamentali della termofluidodinamica, hanno subi­to negli ultimi tempi un forte sviluppo, grazie alle possibilità di con­fronto delle previsioni teoriche fatte con rilievi sperimentali dettagliati ed alla disponibilità di mezzi di calcolo idonei. Per molte applicazioni tuttavia, per le quali il processo di combustione non costituisce il principale interesse del modello, risulta tuttora importante disporre di sottomodelli semplificati, in grado di prevedere lo sviluppo del calore e quello della pressione nel cilindro, con un impegno di calcolo con­tenuto e congruente con l’economia generale del modello.Nel seguito si richiameranno sinteticamente i principi su cui si basa­no i modelli attualmente disponibili, suddividendoli schematicamen­te in due categorie: quelli termodinamici e quelli multidimensionali.

Sono chiamati «termodinamici», perché la loro struttura principale è costituita dall’applicazione del principio di conservazione del­l'energia (tradotto dal primo principio della termodinamica) al siste­ma in esame, e «fenomenologici» perché molti processi sono de­

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scritti in forma sintetica attraverso correlazioni di tipo empirico, che rendono l’essenza fisica del fenomeno.Nei casi più semplici, si ritiene che il fluido di lavoro possa essere adeguatamente considerato di composizione, temperatura e pres­sione spazialmente uniformi, ossia variabili con il solo parametro tempo. In tale caso, il modello è detto a «singola zona», mentre quelli «multi-zona» tengono conto della disuniformità spaziale tipi­ca della combustione nel Diesel e risultano indispensabili qualora, oltre alle prestazioni del motore, si voglia prevedere la produzione di alcuni inquinanti.Anche nel caso del Diesel, il modo più semplice per simulare il pro­cesso di combustione consiste nel supporre nota la legge con cui varia la frazione di combustibile bruciato, essendo (0) assegnata per punti sulla base della elaborazione dei rilievi sperimentali (ve­dere il paragrafo 11.5), oppure per via analitica attraverso una fun­zione di Wiebe del tipo 10-24:

Generalmente [13] ci si trova nella condizione in cui i parametri che definiscono tale funzione sono noti (perché determinati a partire da specifici rilievi sperimentali), per una data condizione di fun­zionamento del particolare motore in esame. Assunta questa come riferimento, al variare dei parametri operativi, normalmente si mantiene costante il parametro di efficienza a (ritenendo la combustione pressoché completa alla fine del processo, si può assumere ad esempio a = 6,9: vedere il paragrafo 10.7.1) e si calcolano le variazioni del fattore di forma m e della durata della combustione (0f - 0,), attraverso correlazioni empiriche del tipo [13]:

avendo indicato con l’indice r tutti i dati relativi alla condizione di riferimento e con p u T, la pressione e la temperatura nel cilindro all’inizio della compressione.Procedimenti di questo tipo, però, coprono soddisfacentemente solo un limitato campo d'impiego del motore e richiedono un ampio ricor­so a rilievi sperimentali. Si è quindi cercato di mettere a punto mo­delli che, pur conservando il pregio di una grande semplicità descrit­tiva dei fenomeni, possano aspirare ad una maggiore generalità.Il modello a singola zona proposto da Watson [14] parte dall’osser­vazione che i dati sperimentali evidenziano (Figura 11.1) due parti caratteristiche nella curva di rilascio del calore di un Diesel, legate grosso modo alla combustione in fase premiscelata ed a quella in fase diffusiva. Si suggerisce pertanto di calcolare la quantità di combusti- bile bruciata in un dato istante come combinazione di due funzioni:

xb = 1 - exp 10-24

m = m, (xa,r / xa)0’5 {p, lp u) (Tu / T,) (n, / n)03

0 ,-0 , = (e ,-0 i)r (4>/<t>r)ae(nr /n )0'5

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x„ = ßft(Q) + ( 1 - ß ) f 2(e) 11-7

dove:- xb = frazione in massa bruciata, pari al rapporto tra la massa di

combustibile bruciata e quella totale iniettata per ciclo e per ci­lindro,

- f,(0) = funzione di combustione della fase premiscelata,- f2(0) = funzione di combustione della fase diffusiva,- ß = frazione di combustibile che brucia in fase premiscelata in

rapporto al totale bruciato.

Valori previsti dal modello; _______ Valori ricavati da rilievi;

<OocLUzLUQO85ir

0,08

0,06

0,04

0,02

0,08

0,06

0,04

0,02

-30 -15 0 15 30 45

ANGOLO DI MANOVELLA [°]

n = 16 giri/s | pms = 0,9 MPa 1

' /30 -15 0 15 30 45 6

ANGOLO DI MANOVELLA [°]

- n = 32 giri/s p me = 0,9 MPa

II PMS \ \

V i i i X i60

0,08

< 0,060OCLUZ 0,04LUQg o co5 = 0

k n = 24 giri/s

_

l p me = 0,9 MPa

■ JPMSI I I

-30 -15 0 15 30 45

ANGOLO DI MANOVELLA [°]

0,08

< 0,060 CC LUS 0,04 Q OO 0,02 OT3oc .

n = 40 giri/s pme = 0,9 MPa

_L

60

-30 -15 0 15 30 45 60

ANGOLO DI MANOVELLA [°]

Figura 11.12- Confronto tra le curve di rilascio specifico di energia previste con il modello di Watson (relazioni 11-7 e 11-9) e quelle ricavate elaborando i segnali di pressione, rilevati sperimentalmente su di un motore Diesel sovralimentato ad iniezione diretta per autocarro. Con una scelta opportuna dei coefficienti caratteristici di questo particolare motore, è possibile prevedere con accettabile precisione l ’andamento della combustione, al variare dei principali parametri di funzionamento. In particolare la figura illustra l ’effetto del numero di giri, a parità di carico.

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Si noti che tutti i termini della 11 -7 sono adimensionali, per dare alla correlazione proposta un carattere di maggior generalità. Il fattore p, inoltre, risulta essenzialmente funzione del ritardo di accensione xa, perché il combustibile iniettato durante il ritardo contribuisce princi­palmente alla formazione della fase premiscelata, e dal rapporto aria/combustibile espresso attraverso il rapporto di equivalenza (¡>:

P = 1 11-8

La correlazione con i dati sperimentali ricavati da un Diesel sovrali­mentato per autocarro, esprimendo xa in [ms], ha fornito [14] per le costanti i seguenti intervalli di valori:

0,8 < a < 0,95 0,25 < b < 0,45 0,25 < c< 0,50

Per le funzioni di combustione f, ed f2 vengono proposte le seguenti espressioni:

1 1 -

f2(0) = 1 - exp -K ,

e - e¡0 f - 0;

0 - 0 ;0, -

11-9

ossia la f2 risulta una funzione esponenziale del tipo proposto da Wiebe. La correlazione con i dati sperimentali ricordati in preceden­za ha permesso di stabilire i seguenti valori per le costanti:

hi, = 2,0 + 1,25-10-8(Ta[ms]nm[giri/min])24

K2 = 5000 K3 = 14,2 / <|)0'644 Ka = 0,79-K3025

La durata della combustione costituisce un parametro poco influen­te, perché può essere assunto sufficientemente lungo (0f-0i = 125°), in modo che la combustione si completi sicuramente prima. La Figura 11.12 mostra un confronto fra la derivata della frazione bruciata (dxb / dQ) calcolata con questo modello ed i valori corri­spondenti rilevati sperimentalmente.Whitehouse e Way [19] hanno proposto un modello alternativo ba­sato sul calcolo della velocità di preparazione fP della miscela combustibile-aria, in seguito al relativo miscelamento. Essa viene ritenuta funzione della totale massa iniettata, di quella non ancora miscelata e della disponibilità globale di ossigeno, attraverso la se­guente relazione:

T = K ' m ^ m * - (10;?o )z 11-102

dove:- ‘P = massa di combustibile preparata per grado di manovella

[kg/0].- m | = massa cumulativa di combustibile iniettata [kg],

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Figura 11.13- Andamento tipico, in funzione dell’angolo di manovella, della velocità di preparazione della miscela aria-combustibile e della sua velocità di reazione, secondo la schematizzazione prevista dal modello di Whitehouse e Way. La parte inferiore mostra le corrispondenti quantità integrali: il combustibile iniettato, quello preparato e quello bruciato, in funzione dell’angolo di manovella.

zo

ccQaini

N<cc<CLILIi rCL

Q£ooLU>

cgcoDCDSoooLU—IÌoi-$w<5

Combustibile iniettato

£ ( P - X )d B

ANGOLO DI MANOVELLA [**]

- = m ' - J B = massa di combustibile non prepa­

rata [kg],- p0 = pressione parziale di ossigeno [MPa].Successivamente, per il calcolo della velocità di reazione di ossi­dazione del combustibile si tiene conto del ritardo di accensione tramite un termine esponenziale del tipo proposto da Arrhenius, in

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modo che al crescere di T il suo effetto si riduca progressivamente. Ritenuta poi la velocità delle molecole proporzionale a v' r e la

Bconcentrazione dell’ossigeno ap0 / r , essendo f (iP -2 J 0 ,la massa di combustibile disponibile, il modello calcola ^m ediante l’espressione:

I L - - 2**= exp ( - E J R T) f B ( f p - HO dB 11-11 a i j i

dove:‘J{ = massadi combustibile bruciato per grado di manovella [kg/° T = temperatura (uniforme) dei gas nel cilindro [K],

(0Q_

ocrQ

o_ iLUZLUZoO)coLUa:a.

ANGOLO DI MANOVELLA [°]

Figura 11.14 - Influenza sullo sviluppo della pressione nel cilindro, esercitata dal termine esponenziale (che tiene conto della dipendenza dalla temperatura) e dalla costante di proporzionalità K, che intervengono nell’espressione (11-11) della velocità dì reazione dei combustibile, prevista dal modello di Whitehouse e Way.

03CL

OCCQZ-Jo

zLUzococoLUCECL

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Figura 11.15 - Esempio di suddivisione del fluido presente nel cilindro, nel caso di un modello di combustione per motore Diesel a più zone. Il getto di combustibile, distorto dal moto dell'aria, viene suddiviso in 20 elementi, interagenti attraverso scambi di massa e di energia con quelli circostanti e con la miscela di aria e gas residui che lo circonda (zona 1).

- Ea= energia efficace di attivazione delle reazioni [KJ/kg],- n = regime di rotazione del motore [giri/s].La Figura 11.13 illustra qualitativamente il significato dei principali parametri che compaiono nelle 11 -10 e 11 -11. Si può allora notare come, durante il ritardo, la preparazione del combustibile si svolga regolarmente, mentre la sua reazione avvenga in modo estrema- mente lento fin verso la fine di questo periodo, quando accelera no­tevolmente per produrre un rapido rilascio di calore, che raggiunge il suo primo massimo. Questo tipico andamento è principalmente ottenuto attraverso la presenza del termine esponenziale dipen­dente da T nella 11-11. Successivamente, ^diminuisce, perché il combustibile preparato brucia progressivamente, finché le velocità di preparazione e di ossidazione diventano coincidenti per il resto della fase di combustione.Le costanti con dimensioni proprie che compaiono nelle espressio­ni di iPed ^vengono determinate empiricamente per un dato mo­tore, in modo da ottenere un soddisfacente accordo tra le previsioni del modello ed I rilievi sperimentali. Valori tipici dei parametri che compaiono nella 11-10 sono:

K ' = 0,013 + 0,019 x = 0,3+1 z = 0,4 + 1

tenendo presente che un aumento della velocità di preparazione si traduce in uno sviluppo più rapido della pressione nel cilindro, rag­giungendo un massimo più elevato ed anticipato. La Figura 11.14 mostra invece l’influenza dei parametri che definiscono Usuila for­ma del diagramma di pressione. Al crescere del valore dell’energia di attivazione £ a / R richiesta, il ritardo di accensione si allunga, mentre valori elevati della costante K accelerano la velocità di rea­zione ‘J{e quindi riducono il ritardo.Questo schema di calcolo può essere applicato a tutto il fluido con­tenuto nel cilindro descritto attraverso le sue proprietà medie e quindi usato nella sua forma originale a singola zona [19], oppure essere sviluppato fino a raggiungere una formulazione adatta per un modello multi-zona [21]. Diversi modelli di quest’ultimo tipo sono

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11.6.2Modellimultidimensionali (o gasdinamici)

stati studiati con lo scopo di superare le evidenti limitazioni dei pre­cedenti, dal punto di vista della descrizione della tipica disuniformi­tà spaziale del processo di combustione in un Diesel.Per una loro presentazione si rinvia alla bibliografia [20+25], limi­tandoci qui a riportare in Figura 11.15 un esemplo di possibile sud- divisione in più zone (20 nel caso specifico) di un getto distorto dal moto dell’aria, secondo quanto previsto [22] da un tipico modello di questo tipo, La velocità di ciascun elemento è generalmente stima­ta, in base alla sua posizione nel getto, per mezzo di relazioni empi­riche ed il mescolamento dell’aria con il combustibile è valutato at­traverso la legge di conservazione della quantità di moto.In conclusione, si può dire che questi modelli semplificati arrivano a descrivere la legge di ossidazione del combustibile o di rilascio del calore (che è proporzionale alla prima attraverso il potere calorifico del combustibile) per mezzo di semplici relazioni, basate sui pro­cessi fisici e chimici che si ritiene controllino in modo preponderan­te i fenomeni simulati. La loro principale attrattiva è costituita dalla semplicità e dalla capacità di prevedere le principali caratteristiche di base del processo di combustione di un Diesel. Tuttavia, poiché non riescono a correlare la geometria del motore e le variabili ope­rative ai dettagli del complesso fenomeno simulato, hanno bisogno di un sostanziale contributo sperimentale. Se, quindi, vengono at­tentamente calibrati attraverso un confronto con rilievi sperimentali adeguati, possono fornire attendibili previsioni del comportamento del motore, indicando tendenze e controindicazioni, orientando l’operazione di messa a punto finale.

Questi modelli, risolvendo le equazioni fondamentali di conserva­zione con schemi alle differenze finite, cercano di prevedere: le condizioni di moto deH’aria all’interno del cilindro, l'evoluzione del getto di combustibile e la sua interazione con l’aria, l’evaporazione delle particelle di liquido e lo sviluppo delle reazioni chimiche di combustione e di formazione di inquinanti. In linea di principio, essi hanno quindi la capacità di prevedere tutti i dettagli fluidodinamici e chimici dei fenomeni che intervengono nel cilindro di un Diesel. In pratica, si può dire che il calcolo del moto dell’aria ha ormai rag­giunto un notevole grado di affidabilità, verificato dai rilievi speri­mentali, mentre quello relativo all’evoluzione dello spray ed al pro­cedere della combustione fa tuttora ricorso, in modo più o meno esteso, a correlazioni di tipo empirico, che ne limitano il campo di validità.Le basi fisico-matematiche e la metodologia numerica utilizzata sono comuni a quelle dei modelli multidimensionali, illustrati nel pa­ragrafo 10.7.2 per i motori Otto, cui si rimanda. Nel seguito ci si limiterà a richiamare brevemente i principi su cui si basano i sotto­modelli che descrivono l’evoluzione dello spray e lo sviluppo del processo di combustione, che sono caratteristici del Diesel.

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La simulazione numerica dell’evoluzione dello spray di combustibi­le, iniettato nella camera di combustione di un Diesel, costituisce un problema particolarmente difficile, perché coinvolge fenomeni fisici complessi: la formazione di una miscela aria-combustibile forte­mente disomogenea e l'interazione del getto con la distribuzione di velocità e temperatura della carica nel cilindro (vedere i paragrafi8.3 e 10.1.5). Si tratta quindi di mettere a punto modelli capaci di descrivere la struttura bifase (liquido + vapore) dello spray, sulla base delle equazioni fondamentali di conservazione di: massa, quantità di moto ed energìa.Normalmente si rinuncia a simulare il complesso processo di di­sgregazione del getto liquido all’uscita dall’iniettore, che porta alla formazione delle goccioline di combustibile. Le caratteristiche ini­ziali di queste ultime vengono fissate, determinando il loro diametro medio e l’angolo di apertura del cono dello spray in funzione delle caratteristiche del sistema di iniezione e delle condizioni deH’aria nel cilindro, tramite correlazioni di tipo empirico. Le gocce sono rite­nute sferiche ed il loro diametro viene descritto da una curva di di­stribuzione statistica (per esempio del tipo a chi-quadrato) attorno al valor medio calcolato. La portata iniettata, la velocità iniziale del­le gocce e la loro temperatura vengono assunte in base alle carat­teristiche del sistema di iniezione.Per configurazioni relativamente semplici (in genere bruciatori a flusso continuo) sono stati messi a punto anche modelli, che cerca­no di seguire l’evoluzione delle singole gocce presenti nello spray in un sistema di riferimento euleriano. Questo modo di procedere, in condizioni instazionarie, richiederebbe però un grosso impegno di calcolo, dato l’elevato numero di grandezze da determinare (quelle caratteristiche di ogni goccia in funzione del tempo e delle coordinate spaziali).Nel caso dei motori Diesel, si usano normalmente modelli che non seguono la storia di tutte le goccioline, ma solo di un loro campione statistico, ciascun elemento del quale rappresenta un gruppo o «pacchetto» di gocce identiche non interagenti tra loro. Questo modo di operare permette di determinare con sufficiente accuratez­za la traiettoria delle gocce dello spray, pur eseguendo i calcoli per un numero limitato di esse. Ciascun pacchetto, infatti, viene seguito in un riferimento lagrangiano, a partire dalla sua origine all’uscita dall’iniettore, in modo che ogni sua posizione o proprietà successi­va sia funzione della sola variabile tempo. Per esso si possono quindi scrivere in forma di equazioni differenziali ordinarie, le con­dizioni di bilancio traducenti:1. la conservazione della massa, tenendo conto della velocità di evaporazione del combustibile per effetto del calore ricevuto dal­l’aria;2. la conservazione della quantità di moto, valutando l’azione do­vuta ai gradienti locali di pressione ed alla resistenza aerodinamica offerta dal mezzo in cui la goccia si muove;3. la conservazione dell’energia, mettendo in conto il trasferimento

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energetico alla goccia per conduzione e convezione e la sottrazio­ne di energia dovuta alla sua parziale evaporazione.Integrando questo sistema di equazioni alle derivate totali in funzio­ne del tempo, essendo le condizioni iniziali note, si determina per ciascun gruppo di gocce il vettore posizione in funzione del tempo, insieme alle altre principali grandezze: cinematiche, geometriche e fisiche, che permettono di individuare l’evoluzione dello spray attra­verso la griglia di calcolo usata per studiare le condizioni della fase gassosa nel cilindro.Se lo spray risulta piuttosto «rado o sparso» le gocce sono suffi­cientemente lontane perché le interazioni tra di esse siano normal­mente trascurabili. Questo fatto non è però più vero per lo spray «denso», che comunemente si ha in un Diesel in prossimità del­l’iniettore o nel caso di piccoli angoli di apertura del getto.Alcuni modelli tengono allora conto della possibilità di collisioni tra le gocce, studiando il fenomeno in termini di meccanica impulsiva, in cui intervengono: la velocità relativa delle particelle, la loro densi­tà, la tensione superficiale ed un parametro d’impatto. Risulta così possibile prevedere la formazione di coalescenze (unione di più gocce fino a formarne una di maggiori dimensioni), la suddivisione della particella in due o la generazione di molte piccole gocce.I modelli dovranno poi, in ogni caso, descrivere accuratamente il duplice accoppiamento esistente tra la fase liquida e gassosa del sistema studiato. Il trasferimento, infatti, di massa ed energia dal gas, contenuto nella cella in cui la particella risiede, a quest’ultima ne determina la velocità di evaporazione e la modifica delle condi­zioni fisiche, mentre d’altra parte un trasferimento inverso, dalla particella al volume di gas contenuto nella cella, dovrà comparire nei termini di sorgente delle equazioni di conservazione (10-28), che ne descrivono la evoluzione delle caratteristiche fisiche.

Sottomodelli di cinetica chimica

Il processo di combustione nel Diesel, comprendendo la combu­stione di una carica premiscelata e di goccioline di combustibile allo stato liquido (vedere il paragrafo 10.1.5), risulta ancora più com­plesso di quello tipico del motore Otto. A maggior ragione, riesce praticamente impossibile modellarlo nel dettaglio, per la difficoltà ad individuare le reazioni elementari stesse e le specie chimiche intermedie, e per i limiti posti dalla capacità di memoria e dalla ve­locità di calcolo degli elaboratori.I modelli più comuni sono quindi portati a separare il contributo del­la cinetica chimica da quello dei meccanismi di trasporto, conside­rando due situazioni limite. Una di queste è rappresentata dal caso in cui la velocità di reazione è controllata soltanto dalla cinetica chi­mica. Questa è a sua volta drasticamente semplificata, essendo rappresentata da un numero limitato di reazioni (al limite una sola globale) che, partendo dal combustibile e dall’ossidante, portano ai prodotti finali di ossidazione. Le loro velocità potranno allora essere

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espresse in funzione delle condizioni fisiche della miscela e della sua composizione tramite una relazione del tipo 10-30. Il loro tem­po caratteristico t a è dato dalla relazione di Arrhenius 10-2, forte­mente dipendente dalla temperatura, che esprime la probabilità statistica che un urto tra due molecole possa portarle a reagire, modificando la loro struttura chimica.L’opposta situazione limite presuppone che il processo sia control­lato soltanto dai fenomeni di trasporto turbolento, mentre le reazioni chimiche procedono con velocità infinita fino al loro completamen­to, una volta che si sono realizzate a livello molecolare le condizioni fisiche perché possano avvenire. In questo caso, quindi, la velocità di reazione risulta inversamente proporzionale al tempo di miscela- mento turbolento xT (vedere il paragrafo 10.1.5), che viene calcola­to come rapporto k I e e fornisce una misura della rapidità con cui procedono i fenomeni di trasporto di massa ed energia tra i gas caldi combusti ed i reagenti.Calcolati i due tempi caratteristici r a e xT, il programma sceglie il sottomodello cui compete la scala di tempo maggiore. In particola­re, nel caso di combustione a bassa temperatura, sarà xa » xT e la velocità di reazione sarà ritenuta controllata dalla cinetica chimica, mentre per combustione ad aita temperatura sarà xa « xT ed il pro­cesso di ossidazione sarà influenzato principalmente dai fenomeni di trasporto turbolento.Un esempio di risultati ottenuti con un modello tridimensionale [28] è illustrato nella Tavola 41, la quale mostra la situazione dei getti di combustibile e la propagazione della combustione nella camera (ri­cavata nel pistone con pareti rientranti) di un motore Diesel ad inie­zione diretta. In particolare, la figura (a) evidenzia lo spray di goccio­line, formato dallo spruzzatore a sei fori, 5° di manovella prima della posizione del pistone di PMS\ la figura (b) l’evoluzione dei getti in corrispondenza del PMS, con le relative punte ruotate in senso an­tiorario nella direzione del moto dell’aria; la figura (c) la propagazio­ne della combustione al PMS, visualizzata dalla distribuzione della temperatura in camera; la figura (d) l’estensione progressiva della combustione al resto della camera, a 10° dopo il PMS.

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Formazione ■ e controllo degli inquinanti

12.7L’inquinamentoatmosferico

La maggior parte dell’energia utilizzata dalla società industriale vie­ne attualmente prodotta, bruciando combustibili fossili in impianti termici, alla cui famiglia appartengono anche i motori a combustio­ne interna. Essi aspirano aria dall’atmosfera e vi scaricano i prodotti della combustione, alterandone così l’equilibrio naturale (inquina­mento atmosferico).I danni all’ecosistema sono prodotti sia cambiando la concentrazio­ne dei gas costituenti l’atmosfera, sia immettendovi particelle e specie chimiche reattive. Si ottiene così il risultato di: incrementare la percentuale di gas tossici per ogni forma di vita (ad esempio: os­sido di carbonio e biossido di azoto); alterare il ciclo naturale della produzione e distruzione da parte delle piante dell'anidride carboni­ca, modificando il bilancio tra l’energia assorbita e irradiata dalla terra (effetto serra)] danneggiare la vita animale e vegetale con lo scarico dì sostanze nocive; contaminare le falde acquifere attraver­so reagenti chimici.I motori montati sui mezzi di trasporto costituiscono le principali sor­genti di inquinamento atmosferico nelle aree urbane ad intenso traffico, specie per quanto riguarda gli strati dell’aria più prossimi al terreno. Nei gas da essi scaricati sono contenuti diversi inquinanti, come: ossido di carbonio (CO), ossidi di azoto (monossido NO e biossido NO2, globalmente indicati come NOx), una grande varietà di idrocarburi derivanti dalla combustione o decomposizione par­ziale del combustibile (sinteticamente chiamati HC); particelle soli­de portate in sospensione dai gas, derivate dall’ossidazione incom­pleta del combustibile o da composti metallici ed additivi in esso presenti (genericamente dette particolato) -, prodotti di ossidazione di impurità del combustibile (quali lo zolfo); anidride carbonica che sul lungo periodo può contribuire a modificare il clima, attraverso l’effetto serra, ma che attualmente non è ancora regolata dalle nor­me antinquinamento.La Tabella 12.1 fornisce alcune indicazioni sulle dimensioni del problema, riportando per ciascun inquinante regolamentato dalle norme fissate dalla CEE, l'effetto principale prodotto ed il contributo dato dai mezzi di trasporto. Quest’ultimo viene espresso come con-

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Itributo medio percentuale, rispetto ai totali scarichi industriali, ed è poi suddiviso tra le autovetture (distinguendo il motore Otto dal Die­sel) ed i trasporti di merci e di persone (mediante motori Diesel), utilizzando come unità di misura i grammi di inquinante emessi me­diamente da un motore nuovo (1996) ben tarato e controllato, per chilometro di percorso di un ciclo di prova, che riproduce il funzio­namento del mezzo nella marcia in città (vedere il paragrafo12.3).La Figura 12.1 quantizza poi lo sforzo imposto negli ultimi decenni al­l’industria motoristica per contenere l’impatto ambientale prodotto dai motori, mediante limiti sempre più severi, previsti dalle normative an­tinquinamento introdotte nei principali paesi industrializzati. Per quanto riguarda la CEE, la Figura 12.1 mostra come la legislazione emanata abbia abbassato progressivamente i livelli tollerati, attraverso vari emendamenti apportati ai limiti inizialmente prescritti. Questo ha indot­to le case automobilistiche e le compagnie petrolifere ad un imponente lavoro di ricerca che ha permesso di immettere sul mercato via via nuovi motori e combustibili, capaci di ridurre le emissioni nocive ad un terzo del loro valore iniziale, ad intervalli di tempo di circa 10 anni.Per completezza si ricorda poi che i mezzi di trasporto possono contribuire all’inquinamento dell’ambiente anche attraverso fughe: dal basamento del motore, dal serbatoio e dal sistema di alimenta­zione del combustibile. Negli attuali motori, tuttavia, le normative hanno ormai imposto un efficace controllo di queste emissioni, at­traverso il ricircolo dei gas che trafilano nel basamento e l'assorbi­mento dei vapori provenienti dalla «respirazione» del serbatoio e della vaschetta del carburatore (mediante trappole di carbone, rige­nerate durante il funzionamento normale del motore). Di conse-

Tabella 12.1 Contributo dei mezzi di trasporto all'inquinamento atmosferico di aree urbane mediamente industrializzate

Inquinantescaricato

Effettoprodotto

Emissioni dei mezzi di trasporto

autovetture autotrasp. contributo Otto Diesel Diesel [% totale] [g/km] [g/km] [g/km]

Ossido di carbonio (CO)

avvelenamento, affezioni cardiovascolari

80+90 2 1 1

Ossidi di azoto (NO e N 0 2)

danni a vie respiratorie, smog fotochimico

50+70 0,2 0,3 0,5

Idrocarburi incombusti (HC)

smog fotochimico, danni fisiologici

60+80 0,3 0,2 0,3

Particolato effetti mutagenici, danni fisiologici

30+50 0 0,08 0,1

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(g/km) 100 -

50

20

10

5

2

1

0,5 -

0,2 -

0,1 -

Limiti per emissioni di CO (g/km)

1972 1976 1980 1984 1988 1992 1996 2000

Limiti per emissioni di HC+NOx (g/km)

1972 1976 1980 1984 1988 1992 1996 2000

Figura 12.1 - Variazione negli anni dei lim iti per le emissioni di ossido di carbonio (CO) e della somma di idrocarburi incombusti ed ossidi d'azoto (HC+ NOx), imposti dalla normativa europea ai motori per autovettura. L'unità di misura delle ordinate (g/km) è riferita al chilometro di percorso di un ciclo di prova, rappresentativo del comportamento del veicolo durante la marcia in città (vedere paragrafo 12.3).

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guenza, nel seguito ci si occuperà soltanto del contributo all'inqui­namento atmosferico dato dallo scarico dei prodotti della combu­stione, affrontando i termini del problema dapprima per il motore a ciclo Otto e poi per il Diesel.

La Figura 12.2 illustra il più convincente meccanismo [1], attraversoil quale i principali inquinanti si formano nel cilindro di un tipico mo­tore ad accensione comandata. Il CO ha origine nella zona di rea­zione come prodotto di ossidazione parziale degli idrocarburi. Suc­cessivamente, in presenza di ossigeno si ha la sua ossidazione ad anidride carbonica. Durante la fase di espansione, però, gli equilibri chimici che regolano il processo di ossidazione del CO, possono congelarsi per il troppo rapido calo di temperatura.Gli HC hanno origini diverse. Al momento della compressione, al crescere della pressione nel cilindro, parte della carica fresca è for­zata ad entrare nei piccoli interstizi (ad esempio il volume compre-

COMPRESSIONE COMBUSTIONE

Figura 12.2 - Schematizzazione dei processi più probabili di formazione dei principali inquinanti: ossido di carbonio (CO), idrocarburi incombusti (HC) ed ossidi d ’azoto (NOx), durante le varie fasi de! ciclo di un motore ad accensione comandata. Sulla base dei meccanismi di formazione qui ipotizzati, è possibile prevedere l’influenza esercitata dai parametri motoristici sulla loro produzione.

12.2Emissioni dallo scarico di un motore Otto

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so tra pistone, cilindro e fasce elastiche; la cavità tra testata, guarni­zione e cilindro; ecc.) dove il fronte di fiamma non riesce a penetra­re. I depositi in camera di combustione e l’eventuale strato di lubrifi­cante aderente alle pareti del cilindro, assorbono idrocarburi dalla carica fresca compressa.Durante la combustione il fronte di fiamma si spegne (quencing) in prossimità delle pareti per effetto del raffreddamento da queste prodotto. Resta quindi uno strato (di spessore debordine di 0,1 mm) particolarmente ricco di idrocarburi incombusti o parzialmente ossi­dati. In determinate circostanze, inoltre, può avvenire che il fronte di fiamma (particolarmente lento) si arresti prima di aver acceso tutta la carica (localmente molto magra e/o inquinata da gas residui pre­cedenti), lasciando quindi masse di gas ricche di incombusti e di prodotti di parziale ossidazione.Nel corso dello scarico, il pistone raschia lo strato limite dalle pareti del cilindro; gli HC sono rigettati dagli interstizi in cui erano stati compressi e rilasciati dalle microporosità dei depositi e dal velo di lubrificante. Il loro rimescolamento nel cilindro con i gas combusti ancora ad alta temperatura porta, in presenza di ossigeno, all’ossi­dazione di una buona parte di essi, processo che può continuare nei condotti di scarico (insufflando aria e/o ricorrendo a sostanze catalizzanti la reazione di ossidazione).

Figura 12.2

478

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Gli ossidi di azoto si formano alle alte temperature raggiunte nella zona di reazione, dove in eccesso di 0 2 atomi di azoto ed ossigeno possono combinarsi direttamente. Quando i gas si raffreddano du­rante la corsa di espansione, gli equilibri chimici si «congelano», ancora prima di quelli che regolano la chimica del CO.Da un punto di vista quantitativo, la Tabella 12.2 riporta la percen­tuale in volume (su base secca) di alcuni tipici costituenti dei gas di scarico di un motore ad accensione comandata per autovettura (progettato puntando alle sole prestazioni, senza alcun accorgi­mento per controllare le emissioni), per quattro diverse condizioni di funzionamento: minimo, accelerazione, velocità costante, dece­lerazione.Nei prossimi paragrafi si analizzeranno un po’ più in dettaglio i pro­cessi di formazione dei tre principali inquinanti: CO, HC e NO„ e si illustrerà l’influenza esercitata dai parametri motoristici sulla loro produzione.

12.2.1 Nelle fiamme premiscelate, dovute alla combustione di idrocarburi,« j j j il CO si forma rapidamente nella zona di reazione, in quanto costi-.. . . tuisce [2] uno dei prodotti principali di ossidazione degli idrocarburi,

di carbonio secondo lo schema:

idrocarburi -> radicali -* perossidi -» aldeidi -* chetoni -» CO

Tabella 12.2 Percentuali tipiche di alcuni costituenti dei gas di scarico di un motore ad accensione comandata, privo di controllo delle emissioni

Composizione

Condizioni di Minimo Accele- Velocità Decele-. funzionamento: razione costante razione

Anidride carbonicaCO2 [%] 9,5 10,5 12,5 9,5

Ossido di carbonioCO [%] 2 2 0,4 2

Idrocarburi incombustiHC [ppm come CJ 4000 2500 2000 20.000

Ossidi di azotoWOx [ppm come NO ] 100 1500 1000 100

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ed è ottenuto soprattutto per decomposizione termica dei chetoni. Il CO formatosi viene poi ossidato a C 02, principalmente secondo la reazione:

CO + OH ^ C 02 + H 12-1

alla quale compete una velocità di reazione relativamente bassa, ri­spetto a quella di formazione del CO. In pratica, le concentrazioni di CO trovate allo scarico dei motori sono più basse dei massimi valori misurati aH’interno della camera di combustione, ma sensibilmente più alti dei valori di equilibrio corrispondenti alle condizioni di scarico.

o<DEo

OOo3Q5COcn O

4000

3000

2000

1000

10000

RAPPORTO DI EQUIVALENZA <|>

1,2 1,1 1,0 0,9 0,8T

O- CD

Eou

C/53m2oozcfz>oocr<oOoco

8000

6000

4000

2000

miscelaricca

miscelapovera

Ossidi d'Azoto

10

12 14 a s 16 18 20

RAPPORTO ARIA / COMBUSTIBILE a

T 79

76

OOOzocaoc<oQOgwwozo2

73

70

67

-•-64

¿2UJmHCOZ)m5Oo5os3COzoo

Figura 12.3 - influenza del rapporto di miscela sulla concentrazione dei tre principali inquinanti: ossido di carbonio CO, idrocarburi incombusti HC ed ossidi d'azoto NO„ emessi allo scarico da un tipico motore ad accensione comandata. Il grafico riporta anche l ’andamento del consumo specifico di combustibile, che costituisce un indice dello sfruttamento della fonte di energia e della produzione di CO 2 per unità di potenza sviluppata.

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12.22Idrocarburiincombusti

Questo significa che il fenomeno è controllato dalla cinetica chimica di reazioni del tipo 12-1, ma che la rapida diminuzione di temperatu­ra nella fase di espansione (dell’ordine di 100 K/ms) ne provoca il «congelamento», impedendo l'ulteriore ossidazione del CO.Al di là dei dettagli sulla cinetica chimica di queste reazioni, i risultati sperimentali confermano che l’unica variabile motoristica che in­fluenza sensibilmente la concentrazione di CO nei gas di scarico è il rapporto aria/combustibile nella miscela di alimentazione. La Figura12.3 mostra che il CO aumenta rapidamente all’arricchirsi della mi­scela, come conseguenza del difetto di ossigeno, ma scende a valo­ri molto bassi (sotto lo 0,5%) per miscele povere. Siccome i motori ad accensione comandata funzionano spesso con un rapporto di mi­scela vicino allo stechiometrico ai carichi parziali, e ricco nei transito­ri ed a piena ammissione, le emissioni di CO sono in genere consi­stenti e devono essere controllate (vedere Tabella 12.2).

Tenute presenti le probabili cause che determinano la presenza de­gli HC allo scarico di un motore ad accensione comandata, si può comprendere come le principali variabili motoristiche che ne in­fluenzano la concentrazione siano:1. il rapporto aria/combustibile della miscela di alimentazione;2. il valore dell’anticipo all’accensione rispetto al PMS\3. il rapporto superficie/volume della camera di combustione;4. la natura e la quantità dei depositi in camera di combustione;5. il regime di rotazione e le condizioni di carico del motore;6. l’efficacia del sistema di raffreddamento;7. l’angolo di contemporanea apertura delle valvole;8. la contropressione incontrata allo scarico.In pratica, solo il rapporto di miscela (vedere Figura 12.3) e l’anticipo all’accensione influenzano largamente la concentrazione di idrocar­buri incombusti. Il primo perché può far sì che la combustione av­venga più o meno completamente e rapidamente, facendo così va­riare le temperature in camera di combustione. Il secondo perché, diminuendo l’anticipo all’accensione della miscela, si ritarda anche il completamento della combustione, la quale continua nella prima parte del collettore di scarico, coinvolgendo anche gli idrocarburi in­combusti che vi si trovano dopo la loro espulsione dal cilindro.Il rapporto superficie/volume della camera di combustione è in di­retto rapporto con l’estensione dello strato limite aderente alle pare­ti, nel quale la miscela non viene raggiunta dalla fiamma. Per quan­to riguarda la natura e la quantità di depositi presenti in camera di combustione, si deve tener presente che quanto più spesso è il loro strato e quanto più essi sono porosi, tanti più vuoti esistono presso le pareti, entro i quali vengono trattenute piccole quantità di miscela che non brucia.

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12.2.3Ossidi di azoto

Il regime, il carico e l’efficacia del sistema di raffreddamento del motore determinano lo spessore dello strato di spegnimento. Infatti, è intuitivo che quanto più elevato è il numero di giri (maggior turbo­lenza), il carico (pressione più alta) e la temperatura delle pareti (raffreddamento meno efficace), tanto più sottile è lo strato in cui non avviene la propagazione della fiamma.Gli ultimi due parametri intervengono soprattutto durante la fase di decelerazione del motore. Infatti, in questa condizione di funziona­mento, si crea nel collettore di aspirazione una forte depressione, la quale richiama dalla camera di combustione una grande quantità di gas residui del ciclo precedente, durante il periodo in cui le valvole di ammissione e scarico sono contemporaneamente aperte. I gas residui diluiscono la carica del cilindro, creando sacche in cui, a causa della loro cattiva miscelazione con la carica fresca, la com­bustione non avviene. Di conseguenza, si ritrova allo scarico una notevole quantità di idrocarburi non bruciati. Quanto più piccola è la sovrapposizione delle fasi di aspirazione e di scarico (incrocio val­vole) e quanto più bassa è la contropressione allo scarico, tanto meno importante sarà il fenomeno ora descritto.

Fra gli ossidi di azoto NOx scaricati, il monossido si trova in percen­tuale nettamente predominante (mediamente: 98%), derivando dalla ossidazione dell’azoto presente nell’aria, secondo il seguente proba­bile meccanismo (proposto da Zeldovich):

0 + N 2 ^ NO+ N

N + 0 2 ^ N O+O 12-2

N + OH ^ NO + H

Esso presuppone la dissociazione delle molecole di N2 ed 0 2 in atomi, in seguito alle elevate temperature (oltre i 2000 K) raggiunte dai gas nella zona di reazione del fronte di fiamma, ma soprattutto da quelli appena bruciati. Questi ultimi, infatti, vengono ulteriormente compressi dall’espansione della carica che sta reagendo e sono quindi portati a valori di temperatura ancora più alti (vedere il paragrafo10.4).Occorre però tener presente che in un motore non si raggiunge mai una vera e propria condizione di equilibrio chimico fra i reagenti, peri piccoli tempi a disposizione e gli elevati gradienti locali e nel tempo della temperatura. Così, durante la fase di espansione, le reazioni di distruzione dell’A/0(le 12-2 da destra a sinistra) sono congelate dalla rapida diminuzione di temperatura e l'NO rimane come costituente dei gas combusti. La sua concentrazione dipende in definitiva da due fattori:- i valori massimi di temperatura raggiunti;- il contenuto di ossigeno della miscela di alimentazione.

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Le variabili motoristiche che maggiormente li influenzano sono (in ordine di importanza):1. rapporto aria/combustibile della miscela di alimentazione:2. valore dell’anticipo all’accensione rispetto al PMS\3. ricircolo di parte dei gas combusti in aspirazione;4. valore del carico e del regime di rotazione del motore;5. rapporto di compressione e grado di sovralimentazione.La ricchezza della miscela influenza la temperatura di combu­stione, che raggiunge II massimo per valori leggermente ricchi (<|> ~ 1,1), in corrispondenza dei quali, però, la concentrazione di os­sigeno libero è bassa. A partire da questa condizione, la diminuzio­ne di temperatura, che consegue ad uno smagrimento della misce-

RAPPORTO DI EQUIVALENZA <|) 1,2 1,1 1,0 0,9 0,8

Figura 12.4 - Influenza del rapporto di miscela e dell’anticipo all’accensione sullaconcentrazione degli ossidi d'azoto NO,, emessi allo scarico da un tipico motore ad accensione comandata. Il grafico mostra come i massimi di NO,, si abbiano per i valori di questi due parametri che danno il minimo consumo specifico di combustibile, ossia ottimizzano il rendimento del motore.

oHI

COZ)m5ooDODwzOo

RAPPORTO ARIA / COMBUSTIBILE a

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Figura 12.5 - Influenza esercitata dalla percentuale di gas combusti, ricircolata in aspirazione per abbassare la temperatura massima di combustione, sulla produzione di ossidi d'azoto (valutati come NO) da parte di un tipico motore ad accensione comandata (regime = 1600 giri/min; carico = 50%).

GAS COMBUSTI RICICLATI [%]

la, viene inizialmente compensata dall’aumento della concentrazio­ne di 0 2, per cui gli NOy (vedere Figura 12.3) presentano un mas­simo per miscele debolmente magre (<(> = 0,9).Ritardando l’accensione, una minor quantità di combustibile brucia prima del punto morto superiore, quindi diminuiscono pressione e temperature massime. La Figura 12.4 mostra una sensibile riduzio­ne di NO al diminuire dell’anticipo alla accensione, mentre sale cor­rispondentemente il consumo di combustibile.Si può inoltre diluire la carica fresca con parte dei gas combusti (ve­dere schema di Figura 12.10), che costituiscono una miscela prati­camente inerte, formata essenzialmente da azoto, anidride carboni­ca e vapore acqueo. Si ottiene così il risultato di abbassare la tem­peratura massima di combustione, perché si ripartisce il calore rila­sciato dall’ossidazione del combustibile su di una massa maggiore di fluido, avente perciò una più elevata capacità termica (a parità di combustibile bruciato). Dalla Figura 12.5 si deduce che è possibile ottenere sostanziali riduzioni nella concentrazione di NO, ricircolan­do in aspirazione fino al 15 + 25% di gas combusti, valori massimi

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che normalmente un motore può tollerare, a carico parziale, senza che il suo funzionamento diventi eccessivamente irregolare.Il carico ed il regime del motore, nonché il valore del rapporto di compressione e del grado di sovralimentazione, infine, influenzano in modo noto la temperatura di combustione e quindi la concentra­zione di ossidi d’azoto prodotti.

12.3Misura delle emissioni

L’introduzione di normative antinquinamento nei principali paesi in­dustrializzati ha portato allo sviluppo di una strumentazione ade­guata per il rilievo delle sostanze inquinanti regolamentate ed alla definizione delle condizioni di funzionamento più significative per eseguire tali misure.In questo paragrafo si richiameranno i principi di funzionamento, in base ai quali si possono classificare le apparecchiature utilizzate

Figura 12.6- Principio di funzionamento di uno strumento non dispersivo a raggi infrarossi (NDIFt), normalmente usato per la misura della concentrazione di CO, CO 2 o O 2 presenti nei gas di scarico:A = elemento di campionatura, attraversato dal gas da analizzare;B = elemento di riferimento contenente solo azoto;C e D = celle di misura, ripiene del componente che si vuole rilevare;M = membrana elastica di separazione tra C e D.

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per l’analisi dei gas di scarico, e le caratteristiche dei cicli di misura, definiti per portare i motori ad operare in condizioni prossime a quelle di effettivo impiego nel traffico cittadino.

12.3 7 Strumenti non dispersivi a raggi infrarossi

Sono spesso indicati con la sigla NDIR (Nondispersive Infrared [Detectors]) e sfruttano il fatto che un gas, esposto a radiazioni in­frarosse, assorbe quelle di una particolare lunghezza d'onda, lega­ta alle caratteristiche della sua struttura atomica. La sorgente di raggi infrarossi (vedere Figura 12.6) dirige le sue radiazioni sulle due celle di misura C eD contenenti gas del tipo di quello da rileva­re (CO, 0 2, C 02, ecc.), le quali sono divise dalla membrana M co­stituente una delle due armature di un condensatore elettrico.Lungo il cammino dei raggi, fra sorgente e celle di misura, sono po­ste due volumi cilindrici con basi trasparenti ai raggi infrarossi. Il pri­mo B è riempito di azoto e serve da riferimento, mentre il secondo A è attraversato dal gas da analizzare. Se In quest’ultimo non è pre­sente il componente da rilevare, il gas contenuto nelle celle di misu­ra C e D assorbe la stessa quantità di energia. Ne deriva quindi un uguale innalzamento di temperatura e di pressione, che provoca due forze opposte sulla membrana M, impedendole di spostarsi.Allorché nella cella A passa un campione da analizzare, in cui è presente il componente contenuto nelle celle di misura, esso assor­be una quantità di energìa proporzionale alla sua concentrazione. Le radiazioni assorbite non giungono quindi alla cella di misura C, per cui l'aumento di pressione del gas in essa contenuto è minore di quello relativo al gas nella cella D. Ne segue uno spostamento

Figura 12.7- Principio di funzionamento di uno strumento a ionizzazione di fiamma (FID), normalmente usato per la misura della concentrazione degli idrocarburi totali presenti nei gas di scarico. Esso fornisce un segnale elettrico proporzionale al numero di atomi di carbonio bruciati nella fiamma di idrogeno ed aria, indipendentemente dal tipo di idrocarburi cui essiappartengono.

Aria

Idrogeno Gas da analizzare

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12.32 Strumenti a ionizzazione di fiamma

della membrana M, che viene trasformato in segnale elettrico pro­porzionale alla percentuale del componente da analizzare.Gli strumenti che si basano su questo principio vengono normal­mente usati per misurare le concentrazioni di CO, C 02 e 0 2 pre­senti nei gas di scarico, utilizzando celle di misura ripiene rispettiva­mente di uno di questi gas e tarando il segnale elettrico fornito dallo strumento mediante uno o più campioni di composizione nota.

Si basano sul principio che una fiamma di idrogeno puro, che brucia in aria, forma un trascurabile numero di ioni, mentre la combustione di idrocarburi produce una ionizzazione abbastanza forte. La parte sensibile di questi strumenti (indicati anche con la sigla: FID = Flame lonization Detector) è quindi costituita (vedere Figura 12.7) da un bruciatore, nel quale un flusso calibrato di gas da analizzare attra­versa la fiamma sostenuta dalla combustione di idrogeno in aria.La presenza di idrocarburi nel gas in esame dà origine allora ad una ionizzazione proporzionale al numero degli atomi di carbonio bruciati. Poiché gli ioni sono particelle cariche elettricamente, si ot­tiene il passaggio di corrente tra due elettrodi, posti nelle vicinanze della fiamma, tra i quali è mantenuta una differenza di potenziale costante. Quanto più numerosi sono gli idrocarburi che bruciano nella fiamma di idrogeno ed aria, tanto maggiore è la corrente ioni­ca, la quale è perciò funzione della percentuale di HC contenuti nel gas da analizzare.Questo strumento fornisce quindi una misura degli idrocarburi totali presenti nei gas di scarico, in quanto il suo segnale è proporzionale al numero di atomi di carbonio bruciati, indipendentemente dal tipo di idrocarburo cui essi appartengono. Esso è calibrato con un cam­pione di gas che contiene una percentuale nota di un idrocarburo di riferimento (metano, propano, esano, ecc.). La concentrazione di HC viene allora normalmente espressa come frazione in volume, in parti per milione (ppm) come C, (ossia come molecole di metano equivalente). In alcuni casi, invece, i risultati sono espressi come ppm di propano (C3H8) o ppm di esano (CJ-IU) equivalenti. Per convertirli in ppm come C, occorre moltiplicare questi dati per 3 o per 6 rispettivamente, poiché una molecola di propano (od esano) genera un segnale 3 volte (o 6 volte) quello dato da una di metano in un apparecchio a ionizzazione di fiamma.Le misure più vecchie di concentrazione di HC venivano eseguite con strumenti a raggi infrarossi, che hanno dimostrato di possedere una diversa sensibilità, a seconda del tipo di idrocarburo. Essi rileva­no mediamente la presenza degli HC paraffinici al 100%, degli olefi- nlci al 50+60% circa, mentre sono poco sensibili alla presenza di idrocarburi aromatici. Ne deriva che, a parità di procedura di prova, gli HC rilevati da un sensore a Ionizzazione di fiamma risultano es­sere circa doppi di quelli misurati con lo strumento all’infrarosso.

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12.3.3 Strumenti a chemi­luminescenza

Figura 12.8- Principio di funzionamento di uno strumento a chemiluminescenza, normalmente usato per la misura della concentrazione volumetrica degli ossidi d’azoto totali (NO + NO J presenti nei gas discarico. L 'N 0 2 (più raro) è trasformato in NO in un convertitore catalitico, mentre nel nucleo centrale avviene la reazione chemiluminescente12-3 tra NO e 0 3.

Trovano impiego per la determinazione della percentuale volume­trica (espressa normalmente im parti per milione [ppm] come NO) degli ossidi d’azoto totali (NOx), presenti nei gas di scarico dei mo­tori. Si basano sul principio che l’ NO (che costituisce il componen­te predominante) si combina con l’ozono (03) secondo la reazione seguente:

N0 + 0 3 ^ NO2 + Oz + hv 12-3

dando origine a molecole di N 02 eccitate elettronicamente, che ri­tornano allo stato normale, emettendo radiazioni luminose (con: hv = quanto elementare di energia, h = costante di Planck e v = frequenza della radiazione elettromagnetica prodotta). L’intensità di questa emissione è proporzionale alla percentuale di NO contenuta nel campione da esaminare, ed è rilevata da un fotomoltiplicatore e trasformata in segnale elettrico (vedere Figura 12.8).Per misurare anche l’ossido N 02, che con NO è contenuto nei gas di scarico, occorre far passare il campione di gas in esame in un convertitore catalitico, il quale trasforma I’ N 02 in NO secondo la reazione:

NOz Z- NO + 0 12-4

Di conseguenza, lo strumento completo misura la concentrazione totale degli NOx (NO + N 02) presenti nei gas di scarico, valutati come NO.

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12.3.4Cicli di misura

Il rilievo delle emissioni di sostanze nocive da parte di un motore risulta un indice significativo del suo contributo aH’inquinamento globale, solo se viene eseguito in situazioni rappresentative del re­ale esercizio. Durante la misura esso deve cioè descrivere un ciclo comprendente diverse condizioni di funzionamento (minimo, regi­me costante basso e medio, accelerazioni e decelerazioni) alter- nantesi in ordine, proporzioni e con potenza erogata tali, quali av­vengono nell’effettivo impiego. Va inoltre tenuto presente che le aree più inquinate sono ormai quelle relative ai grossi centri urbani, sia per la concentrazione di industrie, sia perché il volume e le con­dizioni di traffico impongono ai motori dei mezzi di trasporto tipi di funzionamento favorevoli alle emissioni di sostanze nocive. Le pro­cedure per la misura degli inquinanti, prescritte dalle varie normati­ve al riguardo, prevedono quindi l’esecuzione in laboratorio di un ciclo di prova che simuli le condizioni operative reali del motore, quando il veicolo su cui è installato descrive un tipico percorso cit­tadino. Durante la prova, gli inquinanti vengono raccolti e misurati con modalità rigorosamente fissate dalle norme di legge, che limita­no il contributo (accettabile per ogni fonte) al problema dell’inquina­mento globale.Le norme più significative sono quelle attualmente in vigore negli Stati Uniti d’America e nei paesi della Comunità Economica Euro­pea, per le autovetture. Esse partono dal concetto fondamentale di rilevare le sostanze inquinanti in condizioni di prova simulanti quelle tipiche del traffico cittadino, ma sono diverse per quanto riguarda: percorsi tipici, attrezzature di prova e limitazione degli inquinanti.

Figura 12.9 - Ciclo di prova previsto dalla procedura europea per simulare in laboratorio il comportamento del motore di un’autovettura in un percorso cittadino a traffico intenso. Dopo 40 s di marcia al minimo, il ciclo viene eseguito quattro volte consecutive, utilizzando i rapporti del cambio fino airinserimento della terza marcia.

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12.4Controllodelleemissioni di un motore Otto

Per esempio, la procedura europea, in vigore presso i Paesi della UE, prevede l’esecuzione in laboratorio di un ciclo di guida rappre­sentativo del comportamento del veicolo in una tipica città europea. Esso viene effettuato sul banco dinamometrico a rulli, che è stato preventivamente tarato per simulare gli assorbimenti di potenza previsti dalla curva di utilizzazione del veicolo su strada. Il banco a rulli è inoltre munito di volani, che riproducono l’inerzia del veicolo in prova durante i transitori di accelerazione e decelerazione.La prova inizia a motore freddo, con un periodo di attesa al minimo di 40 s, cui segue il ciclo della durata di 195 s riportato in Figura 12.9, ripetuto successivamente quattro volte. Esso comprende tre fasi di accelerazioni, tratti a regime costante e decelerazioni, intervallate da periodi di marcia al minimo. Durante l’esecuzione del ciclo è previsto l’uso del cambio, fino aH’inserimento della terza marcia, raggiun­gendo la velocità massima di 50 km/h. La velocità media risulta di 19 km/h con un percorso globale dell’intera prova di 4,052 km. Questi dati evidenziano le caratteristiche di un percorso in una zona urbana a traffico intenso. A partire dal 1992 è stata aggiunta una fase di funzionamento in condizioni di guida extraurbana (lunghezza =6,955 km, velocità media = 62 km/h, velocità massima = 120 km/ h), per avere un ciclo più articolato e più rispondente alla situazio­ne reale di esercizio della vettura.Durante il funzionamento del veicolo sul banco a rulli, i gas di scari­co vengono aspirati, insieme ad aria filtrata, da una pompa volume­trica a portata costante, che realizza così una loro diluizione varia­bile con le condizioni di funzionamento, per simulare l’effetto pro­dotto daH’atmosfera sui gas che vi sono immessi ed evitare proble­mi di condensazione. Un loro campione diluito viene raccolto in un unico contenitore e, dopo un raffreddamento fino alla temperatura ambiente, è analizzato per determinare la percentuale di inquinanti presenti (CO, HCed NOx). Le loro masse (espresse in g/km) sono quindi confrontate con i limiti prescritti, che vengono progressiva­mente abbassati attraverso successivi emendamenti alla normativa vigente (vedere Figura 12.1).

Nei paragrafi precedenti si è visto che le cause che portano alla formazione degli inquinanti, scaricati da un motore ad accensione comandata, sono molte complesse. Il loro controllo è reso ancor più difficile dalla necessità di cercare un soddisfacente compromesso tra diverse esigenze, spesso in contrasto tra di loro e con quella di uno scarico pulito, quali ad esempio: le prestazioni del motore, il consumo di combustibile, la complicazione delle soluzioni, il loro costo, ecc.il problema viene quindi normalmente attaccato su più fronti, in modo da conseguire diverse soluzioni parziali, che permettano alla fine di rispettare i limiti imposti dalle norme antinquinamento, con la minor complessità ed il minor costo possibile. Schematicamente, si

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12.4.1Interventi sui combustibili

può ritenere che i vari interventi riguardino prevalentemente:— i combustibili, la cui composizione può essere ottimizzata an­

che dal punto di vista della composizione dei gas scaricati;— l ’alimentazione, per assicurare le caratteristiche più opportune

per la miscela aria-combustibile;— il processo di combustione, in modo da accelerarlo e renderlo il

più completo possibile anche con miscele magre;— i gas di scarico, per depurarli degli inquinanti ormai formati, at­

traverso un processo di postcombustione di tipo termico o cata­litico.

Nei primi tre casi si tenta di impedire a monte la formazione delle sostanze nocive, agendo direttamente sui fenomeni che avvengo­no nel cilindro del motore; mentre nel quarto si cerca di eliminare a valle i costituenti dei gas di scarico non tollerati.

L’azione sul lato combustibile può essere molto ampia e deve svi­lupparsi in armonia con quella sul motore, in modo da ottimizzare il binomio combustibile-motore anche dal punto di vista della qualità dei gas scaricati (oltre che delle prestazioni e dei consumi energeti­ci). Qui ci si limiterà a ricordare alcuni possibili interventi, quali l’eli­minazione dello zolfo e degli additivi a base di piombo dalle benzi­ne, per escludere i relativi prodotti di ossidazione dai gas di scarico, che risultano decisamente nocivi. Importanti possono anche risul­tare le azioni sul processo di raffinazione del greggio per ridurre le olefine e gli aromatici presenti nel combustibile, in modo da abbas­sare la «reattività» degli HC incombusti scaricati. È noto, infatti, che alcuni di questi (ad esempio il metano) si possono considerare vir­tualmente inerti dal punto di vista fisiologico e della formazione dello smog fotochimico; mentre altri (composti olefinici ed aromati­ci, specialmente quelli ciclici) risultano altamente reattivi.L’impiego di alcoli quali combustibili per autotrazione, da utilizzarsi sia puri sia in miscela con benzina, è stato negli ultimi tempi preso in considerazione in diversi paesi, soprattutto per motivi economici e di diversificazione delle fonti energetiche. Attualmente essi ven­gono proposti anche come combustibili «puliti». In realtà gli alcoli sembrano dar luogo ad emissioni di CO ed HC poco inferiori a quelle dei corrispondenti motori alimentati a benzina, con una più sensibile riduzione degli NOx, mentre scaricano una maggiore quantità di prodotti ossigenati tra gli idrocarburi incombusti (in parti­colare aldeidi), ritenuti fortemente nocivi.Altri combustibili indicati come alternativi ai tradizionali (come il GPL, il metano, l’idrogeno, ecc.), in alcune condizioni, possono emettere sostanze inquinanti in misura ridotta. Questi benefici sono però ottenibili solo con motori «dedicati», capaci cioè di sfruttare al meglio le caratteristiche del diverso combustibile. La rinuncia allo doppia alimentazione, restringerebbe quindi attualmente queste applicazioni a flotte di veicoli utilizzati in aree limitate.

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12.4.2 Azionisull’alimentazione

Agendo sull’alimentazione del motore, e più precisamente sul rap­porto aria/combustibile, si possono ridurre drasticamente le emis­sioni di CO ed HC (vedere Figura 12.3). Infatti, se si riesce a sma­grire la miscela di alimentazione fino ai limiti consentiti da un rego­lare funzionamento (motore a combustione magra = lean burri), il CO scende a livelli molto bassi. La stessa cosa accade per gli idro­carburi, i quali però non si riducono ancora, per questo solo inter­vento, a livelli di concentrazione normalmente accettabili.Per quanto riguarda gli A/Ox, lo smagrimento della miscela porta in­vece ad un loro aumento, dovuto all’eccesso di ossigeno nella cari­ca. Per poter abbattere gli ossidi di azoto, occorre quindi abbassare nello stesso tempo anche la temperatura massima di combustione, ritardando l’accensione (vedere Figura 12.4) e/o ricircolando (nelle condizioni di carico parziale) i gas combusti in aspirazione (vedere

Figura 12.10- Rappresentazione schematica di due tipici interventi per l'abbattimento degli inquinanti scaricati: ricircolo dei gas combusti e loro depurazione mediante un reattore catalitico trivalente. L’unità di controllo del gruppo di alimentazione ottimizza il grado di apertura della valvola di ricircolo, per ogni condizione di funzionamento. Nello stesso tempo, valendosi del segnale di retroazione fornito dal sensore di ossigeno, mantiene il rapporto aria/combustibile prossimo al suo valore stechiometrico.

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Figura 12.5). Lo schema di un tipico sistema di ricircolo di questo genere [16] è riportato in Figura 12.10. In esso l’unità di controllo del gruppo di alimentazione, in base al valore di alcuni parametri motoristici (carico, regime termico, numero di giri, rapporto aria/ combustibile, ecc.) agisce sull’attuatore che comanda il grado di apertura della valvola di ricircolo. Uno specifico lavoro di messa a punto permette allora dì determinare la percentuale ottimale di gas combusti (5 + 15 %) da inviare all’aspirazione, per ogni condizione di marcia. In genere il ricircolo viene annullato in quei casi in cui non darebbe risultati apprezzabili sulla riduzione degli NOx (perché, ad esempio, la temperatura della carica è già sufficientemente bas­sa: motore freddo) o limiterebbe in modo inaccettabile le prestazio­ni del motore (funzionamento a piena ammissione).Ritornando però allo smagrimento della miscela, bisogna tener pre­sente il fatto che esso è limitato dalla difficoltà di garantire un fun­zionamento regolare e ripetibile del motore, soprattutto nella mar­cia al minimo e nei transitori. Un tentativo di risolvere questi proble­mi è stato fatto, ricorrendo al motore a «carica stratificata» (vedere il paragrafo10.3), che dovrebbe permettere di ottenere la combu­stione di una miscela globalmente magra, realizzando uno strato ricco vicino alla candela (dove parte l’accensione) ed uno estrema- mente povero (di diluizione) nelle zone più lontane della camera. Le difficoltà connesse con la complessità di un sistema di alimentazio­ne che realizzi una tale stratificazione, ne hanno però frenato finoralo sviluppo.Si sono invece ormai affermati dei sistemi di carburazione sempre più sofisticati e dei gruppi di iniezione controllati elettronicamente, che permettano agli attuali motori di:— marciare al minimo con regimi di rotazione un po’ più alti di

quelli tradizionali, ma con rapporti di miscela prossimi allo ste­chiometrico, grazie a circuiti di controllo che ne ottimizzano il valore compatibilmente con un funzionamento stabile;

— dosare con precisione e ripetibilità la ricchezza della carica in accelerata, eliminando quindi l’eccesso di combustibile tradizio­nalmente usato per garantire in ogni caso una buona ripresa del motore;

— bloccare l’alimentazione benzina durante la brusca decelerata, in modo da evitare un’elevata concentrazione di HC allo scari­co, per prematuro spegnimento del fronte di fiamma a causa della forte diluizione della carica con gas residui del ciclo prece­dente;

— avviarsi a freddo con il minimo arricchimento indispensabile, grazie ad un controllo automatico del rapporto di miscela in fun­zione della temperatura del motore, che provvede ad un suo smagrimento man mano che questo si riscalda;

— essere alimentati con miscela aria/combustibile, omogenea per quanto riguarda il singolo cilindro ed uniforme fra l’uno e l’altro, in modo da poter eliminare quell’eccesso di ricchezza che, nei motori tradizionali, ne garantiva il regolare funzionamento, in presenza di inevitabili disomogeneità e disuniformità di alimen­tazione.

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12.4.3 Interventi sul processo di combustione

12.4 4

Reattori termici

Parallelamente si può agire sulla combustione, cercando di accele­rarla, per controbilanciare la più lenta propagazione del fronte di fiamma, tipica del funzionamento con miscela magra. Questo tipo d’intervento può essere fatto (motore a combustione veloce = fast burri) ottimizzando:— il rapporto di compressione del motore;— la forma della camera di combustione;— il livello di turbolenza della carica.L’utilizzo di un rapporto di compressione elevato favorisce la com­bustione di miscele magre (vedere Figura 10.15), sia perché ne fa­cilita l’accensione grazie a pressioni e temperature più elevate, sia perché incrementa la densità della carica nella zona interessata dalla combustione. Il maggior pericolo di detonazione che ne deriva può essere eliminato grazie ad una forma della camera di combu­stione compatta e raccolta attorno alla candela, in modo da ridurre il percorso del fronte di fiamma, e capace di incrementare i moti turbolenti della carica per accelerarne la combustione.Il disegno della camera di combustione può, poi, aiutare a abbassa­re sensibilmente la percentuale di idrocarburi incombusti. A tale scopo, occorre ridurre il rapporto superficie/volume (aumentando, per esempio, la corsa a parità di cilindrata per diminuire l’alesaggio corrispondente) e rendere minimi i volumi degli interstizi in cui il fronte di fiamma non riesce a propagarsi (per esempio alzando la posizione della prima fascia elastica e facendo arrivare la guarni­zione della testata a filo della superficie della canna-cilindro).Infine, si può agire sulla turbolenza nella carica, generando un moto organizzato in aspirazione (swirl) mediante un'opportuna geometria dei condotti o dei vortici conseguenti allo schiacciamento del fluido fra testa e pistone (squish), verso la fine della fase di compressione. Si incrementano così i fenomeni di trasporto nella zona di reazione e si accelera la propagazione del fronte di fiamma. In quest’ottica sono stati messi a punto motori ad alta turbolenza, ottenuta attraverso condotti d’aspirazione sdoppiati e regolati da farfalle ausiliarie (vede­re Tavola 44). Risulta allora possibile ricircolare, ai carichi parziali, un’alta percentuale di gas di scarico, ottenendo una buona riduzione degli inquinanti (degli NOx in particolare) e nello stesso tempo un aumento del rendimento termico globale.

Gli interventi finora descritti hanno però un’efficacia limitata nel ten­tare di impedire la formazione di inquinanti. Per ottenere allora una drastica riduzione del loro tenore, fino ai valori permessi dalle nor­mative, occorre eliminarli dai gas di scarico, dopo che si sono for­mati, ricorrendo a reattori termici o catalitici, che permettano di completare l’ossidazione di CO ed HC e di ridurre gli ossidi d'azoto.A questo proposito va tenuto presente che i motori ad accensione comandata utilizzano di solito una miscela di rapporto di equivalen­za: $ = 0,9 + 1,2. Di conseguenza, i gas di scarico contengono una

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modesta quantità di ossigeno (0,2 -s-1 %), insufficiente per l’ossida­zione delle sostanze incombuste (CO ed HC) presenti in essi. È necessario perciò ricorrere (mediante una pompa) all’iniezione di aria secondaria* in prossimità delle valvole di scarico, dove i gas combusti non hanno ancora avuto modo di raffreddarsi. Per ossida­re gli HC, in assenza di catalizzatori, occorrono infatti tempi di resi­denza dell’ordine dei 50 ms in ambiente ossidante e temperature superiori ai 600 °C, mentre per il CO esse devono superare i 700 °C. Le temperature dei gas di scarico di un motore Otto variano fra i 350 °C al minimo ed i 900 °C a pieno carico, quindi non permettono di avere significative ossidazioni di HC e CO ai carichi parziali.Per ottenere risultati migliori si è applicato direttamente alla testa del motore un reattore termico. Esso è formato da un particolare al­largamento del collettore di scarico (vedere Figura 12.11), dise­gnato con lo scopo di favorire un buon mescolamento dell’aria se­condaria con i gas combusti. Per consentire ad essi di rimanere per un tempo sufficientemente lungo in una zona ad alta temperatura, si cerca di minimizzare le perdite di calore attraverso un buon isola­mento termico del nucleo centrale del reattore. La sua efficacia di­pende: dalla temperatura di funzionamento, dalla disponibilità di ossigeno e dal tempo di residenza dei gas (ossia dal suo volume). In pratica, solo con miscele ricche, grazie al calore liberato dalla combustione di grosse quantità di CO ed HC, si possono raggiun­gere facilmente temperature di funzionamento tali da ottenere gas sufficientemente puliti.

Figura 12.11 - Esempio di reattore termico realizzato per mezzo di più camere cilindriche coassiali, in modo da mantenere (nel nucleo centrale) i gas di scarico ad una temperatura sufficientemente alta, perché mescolandosi con aria addizionale, si possa completare l'ossidazione del CO e degli HC presenti.

* Quella primaria è l’aria aspirata direttamente dal motore.

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12.4.5Reattoricatalitici

Quando i limiti imposti dalle normative anti-inquinamento divennero molto più stringenti e la crisi energetica rese necessario minimizza­re i consumi di combustibile attraverso l’uso di miscele povere, i reattori termici furono sostituiti da quelli catalitici che, sfruttando il principio della catalisi chimica, permettono di ossidare CO ed HC a temperature molto più basse (attorno ai 300 °C), ottenibili anche con miscele povere ed ai carichi parziali, e di ridurre gli ossidi di azoto non eliminabili per via termica.Un convertitore di questo tipo è costituito (vedere Tavola 42) da un involucro metallico che guida i gas combusti attraverso un letto di catalisi, dove vengono in contatto con sostanze capaci di accelera­re notevolmente certe reazioni chimiche, senza prendervi parte. Come tali si usano: ossidi di metalli nobili (specialmente platino e palladio) per favorire le reazioni di ossidazione di CO ed HC; com­posti a base di rodio per creare un ambiente riducente atto ad elimi­nare gli NOx. Per avere una buona efficienza della conversione, occorre che il materiale attivo sia distribuito su di una vasta area in modo da favorire l’adsorbimento dei reagenti gassosi. In genere si usa un supporto ceramico sulla cui superficie è depositato uno stra­to refrattario ad elevata porosità, a sua volta impregnato di materia­le catalizzante.Il supporto può presentarsi in due forme tipiche: una struttura mo­nolitica a forma di nido d’ape (Figura 12.12), oggi preferita per la minore resistenza fluidodinamica, la maggiore efficacia e la fa­cilità di installazione; oppure un letto di sferette (Figura 12.13) o cilindretti (diametro tipico: 3 mm) attraversato dal flusso dei gas. L’efficienza della conversione, a parità di materiale catalizzan­te, dipende dalla temperatura di funzionamento (valori più comuni:

Figura 12.12 - Reattore a doppio letto catalitico: nel primo elemento si realizza la riduzione degli ossidi di azoto, mentre nel secondo si completa l ’ossidazione di CO ed HC. In entrambi i casi, il supporto del catalizzatore è fornito da una struttura monolitica a forma di nido d’ape, che presenta una bassa resistenza fluidodinamica ed un’elevata superficie attiva.

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Figura 12.13- Reattore catalitico trivalente (in grado cioè di ridurre gli NO, e ossidare CO e HC), in cui le sostanze capaci di accelerare le reazioni (a base di: platino, palladio e rodio) impregnano un rivestimento ad elevata porosità, depositato su sferette di materiale refrattario, che formano un letto di materiale attraversato dai gas di scarico.

200 -5- 400 °C) e dal parametro velocità spaziale (= portata in volu­me divisa per il volume del convertitore: valori tipici: 5 - 5 - 3 0 s_1), che definisce il volume necessario ed il tempo di residenza dei gas. De­terminante ai fini di un rapido innesco delle reazioni, nel caso di avviamento a motore freddo, è l'inerzia termica del convertitore e la sua distanza dal motore.Una soluzione possibile consiste nel far uso di un doppio letto ca­talitico : uno riducente che favorisce la riduzione degli NOx in presenza di CO per formare N2 e C 02, ed uno successivo ossi­dante*, con interposta iniezione di aria secondaria, per completare l’ossidazione del CO a C 02. Si tratta però dì una soluzione com­plessa e costosa, penalizzante i consumi di combustibile perché impedisce un’alimentazione del motore magra, per poter avere un’atmosfera riducente nel primo convertitore.Maggiore interesse presenta l’uso di un catalizzatore trivalente, capace cioè, con composizione dei gas di scarico derivante da un’alimentazione prossima alla stechiometrica, di svolgere contem­poraneamente: la riduzione degli NOx a N2e l’ossidazione di HC e CO a C 02 e H20, eliminando così tutti e tre i principali inquinanti. Il campo di rapporti di equivalenza entro il quale questo catalizzatore (a base principalmente di platino e rodio) può svolgere la sua fun­zione trivalente con un'efficacia superiore all’80%, è molto ristretto

* Non vi è alcun pericolo di tornare ad ossidare l'azoto, a causa delle basse temperature in gioco.

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Figura 12.14 - Andamento dell’efficienza della conversione degli NO„ del CO e degli HC in un letto catalitico trivalente, in funzione dei rapportoaria/combustibile della miscela di alimentazione del motore. Tale efficienza si mantiene elevata solo in una banda di valori molto stretta, prossima al valore stechiometrico.

12.5Emissioni dallo scarico di un motore Diesel

RAPPORTO ARIA COMBUSTIBILE a

(vedere Figura 12.14), con un’ampiezza di circa 0,1 kga/kgc (corri­spondente allo 0,7% del valore stechiometrico).Una simile precisione è al di là delle capacità di controllo dei sistemi di alimentazione tradizionali e può essere raggiunta solo con l’uso di un sensore di Oz nei gas di scarico (vedere Figura 7.32) e la conseguente introduzione di un circuito di retroazione a controllo elettronico, da esso pilotato. Quest’ultimo (vedere Figura 12.10) ri­ceve il segnale dalla sonda di 0 2, che indica se il motore sta fun­zionando con miscela ricca o magra, ed in base ad esso mantiene il rapporto aria/combustibile fornito dal sistema di alimentazione nel­l’intorno richiesto del suo valore stechiometrico. Questa soluzione è attualmente quella tecnologicamente più avanzata disponibile per l’abbattimento delle emissioni allo scarico. Essa richiede l’uso di benzine senza additivi a base di piombo, che avvelenano i cataliz­zatori, annullandone rapidamente l’efficacia.

La formazione degli inquinanti durante il processo di combustione in un Diesel è fortemente influenzata dalla disomogeneità della ca­rica, dovuta alla distribuzione del combustibile in seno all’aria conti­nuamente variabile nel tempo. La Figura 12.15 illustra schematica­mente come possono formarsi: HC, CO, NOx e particolato, in se­guito alla combustione di uno spray di combustibile iniettato in aria dotata di moto turbolento tangenziale, ai carichi parziali ed a piena ammissione.

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Figura 12.15 - Rappresentazione schematica dei meccanismo di formazione degli inquinanti, durante la combustione delle varie parti di un getto di combustibile spruzzato in aria dotata di moto turbolento: zona A - prodotti di ossidazione parziale(particolarmente idrocarburi incombusti); zona B - prodotti di completa combustione; zona C - prodotti di completa ossidazione ed N 0 „ a carico parziale; prodotti di ossidazione incompleta e particolato, a pieno carico; zona D - prodotti di ossidazione incompleta e particolato.

La presenza di queste sostanze nocive nei gas d ca e-sel è particolarmente preoccupante per quei motori applicati sui mezzi di trasporto, che possono contribuire sostanzialmente ad in­crementare l’inquinamento delle aree urbane. Per quantificare orientativamente i termini del problema, la Tabella 12.3 riporta la percentuale in volume (su base secca) di alcuni tipici costituenti dei gas di scarico di un Diesel per mezzo di trasporto di merci o perso­ne, progettato senza alcun accorgimento per controllare le emissio­ni allo scarico.

Tabella 12.3 Percentuali tipiche di alcuni costituenti dei gas di scarico di un motore Diesel, privo di controllo delle emissioni

. ComposizioneCondizioni di Minimo Accele-

.funzionamento: razione;! • ■" ••: ■

Velocitàcostante

Decefe-razione

Anidride carbonica C02[%]Ossido di carbonio CO [%]Idrocarburi incombusti HC [ppm come C,]

Ossidi di azoto NOx [ppm come NO]

1,0*

0,4

1000

100

11

0,2

600

2500

7

00,4

400

1000

1000

100

Il rapporto aria combustibile globale è molto alto (a « 70 * sq)

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12.5.1 In questo paragrafo si richiameranno le caratteristiche essenzialiFormazione clei Processi d'formazione di: HC, CO e NOx, rinviando ad uno dei . ... , prossimi la trattazione dell’inquinante più critico di questo tipo di

degli inquinanti motore: il particolato, gassosi In un Diesel, gli idrocarburi incombusti presenti allo scarico posso­

no avere diverse origini. Prima di tutto, la zona periferica dello spray (vedere Figura 12.15), dove la concentrazione di combusti- bile è troppo bassa per portare all’autoaccensione ed alla propaga­zione del fronte di fiamma, può essere la sede di reazioni di cracking termico e parziale ossidazione del combustibile. Alcuni

P HC inoltre potrebbero derivare dalla incompleta combustione del nucleo centrale del getto, specialmente per quanto riguarda la par-

- te finale dell’iniezione e nelle condizioni di pieno carico. Nei motori di piccolo alesaggio, poi, una parte considerevole di gasolio può raggiungere le pareti della camera di combustione e del pistone, da cui evapora successivamente. Se gli ultimi vapori che si formano non trovano ossigeno a sufficienza, possono avere difficoltà a bru­ciare (specialmente nel caso di pareti fredde che ritardano l’evapo­razione). Infine, un contributo importante alle emissioni di HC è dato dal combustibile che viene aspirato nel cilindro dalla cavità in-

VOLUME POZZETTO [mm3]

Figura 12.16 - Riducendo il volume della pozzetto dell'iniettore, sottostante la sede di tenuta dello spillo, si ottiene una sensibile diminuzione dell’emissione di idrocarburi incombusti, da parte di un Diesel di medio alesaggio per applicazioni marine, con un abbassamento molto modesto del consumo di combustibile.

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IH ' m52& Controllo delle emissioni

« gassosef i . ' .■Wh ■

feriore dell’iniettore (volume compreso fra la sede dell’ago ed i fori di iniezione), dopo che lo spillo si è chiuso (vedere Figura 12.16). La riduzione del volume di questo pozzetto, o la sua eliminazione, costituisce la soluzione di questo problema.Si è già detto (vedere il paragrafol 2.2.1) che \’ossido di carbonio costituisce un prodotto intermedio dell’ossidazione degli idrocarbu­ri. Se vi è sufficiente disponibilità di ossigeno, il CO dovrebbe es­sere successivamente ossidato a C 02, ma la reazione può risultare incompleta, a causa dei brevi tempi di residenza e/o delle basse temperature. Tranne rare eccezioni (parti del nucleo centrale del getto, gasolio depositato su pareti fredde, ecc.), in un Diesel la di­sponibilità di ossigeno (dovuta all’uso di rapporti aria/combustibile superiori allo stechiometrico) garantisce una sufficiente ossidazio­ne del CO, per cui la sua presenza allo scarico è di un ordine di grandezza inferiore (Tabella 12.3) a quella del motore Otto.La cinetica chimica che spiega (vedere il paragrafol 2.2.3) la forma­zione degli NOx nel motore ad accensione comandata resta valida anche per il Diesel, ma è resa più complessa dalla disuniforme di­stribuzione del combustibile nella carica. Le reazioni di produzione di ossidi di azoto sono attivate dalla presenza di ossigeno ed azoto allo stato atomico, dovuti alla dissociazione prodotta dalle elevate temperature raggiunte nei gas dopo il passaggio della fiamma.Queste condizioni si possono verificare: nelle regioni debolmente

magre che circondano il getto di combustibile che bruciano per pri­me, grazie alla disponibilità locale di ossigeno ed alle alte tempera­ture; ed in corrispondenza del nucleo centrale dello spray, dove si hanno le massime temperature ed eccesso di ossigeno in condizio­ne di carico inferiore al massimo. Al diminuire della temperatura durante la fase di espansione, la concentrazione di NOx non scen­de ai valori previsti dagli equilibri chimici per le nuove condizioni termiche, ma si ha un loro virtuale congelamento per il troppo rapi­do raffreddamento dei gas (dell’ordine dei 100 K/ms).

L’influenza dei principali parametri motoristici su queste emissioni è tipicamente riassunta nei diagrammi di Figura 12.17, che si riferi­scono a motori Diesel per mezzi di trasporto a precamera e ad inie­zione diretta, privi di sistemi di controllo delle emissioni. In essi si può notare come, nei Diesel ad iniezione diretta, gli HC tendano a crescere con la pressione media effettiva. Ai bassi carichi, infatti, il contributo alla presenza di incombusti è dato principalmente dal combustibile che fuoriesce dalla sacca dell’iniettore e dalla parziale ossidazione delle regioni magre che circondano lo spray. Al cresce­re della pms si aggiunge il fatto che una maggiore quantità di com­bustibile si deposita sulle pareti ed è presente nel nucleo centrale del getto. Nonostante le più alte temperature, gli HC che si formano non possono essere sensibilmente ossidati durante l’espansione per la crescente scarsità di ossigeno.I motori a precamera, invece, tendono ad emettere meno HC su

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MOTORE DIESEL AD INIEZIONE INDIRETTA

MOTORE DIESEL AD INIEZIONE DIRETTA

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COCOLUCCa.

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REGIME MOTORE [giri/s]

Figura 12.17 - Andamenti tipici delle emissioni gassose (ossidi d'azoto, idrocarburi incombusti ed ossido di carbonio) di un motore Diesel ad iniezione diretta ed a precamera destinati aii'autotrazione, in funzione del regime di rotazione e del carico.

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tutto ¡1 campo di funzionamento, con una minore dipendenza dal carico. La miscela aria-combustibile, infatti, in questi motori si for­ma in precamera, dove si ossida parzialmente. Passa quindi nella camera principale, dove HC e CO trovano ossigeno a sufficienza per essere pressoché totalmente ossidati, indipendentemente dal carico. Le emissioni di HC possono poi essere ulteriormente ridotte ottimizzando: la geometria della precamera, la fasatura e la legge di iniezione del combustibile.La Figura 12.17 mostra inoltre valori di CO per entrambi i Diesel molto bassi, che diventano appena significativi solo a pieno carico per l'avvicinarsi del rapporto aria/combustibile al valore stechiome­trico. La produzione di NOx, invece, risulta abbastanza elevata. Essi costituiscono la principale emissione gassosa presente nei gas di scarico di un Diesel e devono perciò essere controllati. La loro concentrazione cresce con il carico, perché l’aumento della temperatura bilancia la diminuzione di concentrazione di ossigeno.I Diesel a precamera presentano livelli di NOx sostanzialmente più bassi, probabilmente per la combinazione di due fattori: la miscela ricca in precamera (dove la temperatura è elevata) ne riduce la for­mazione, mentre in camera principale le perdite di calore e la tarda combustione mantengono più bassi i livelli di temperatura (rispetto a quelli raggiunti nei motori ad iniezione diretta).Si possono quindi trarre sinteticamente le seguenti conclusioni:— il CO non costituisce un problema per il Diesel, dal momento

che si ha sempre una buona disponibilità di ossigeno, anche nelle condizioni di pieno carico;

— gli HC, pur non essendo elevati, vanno controllati, perché con­tengono alte concentrazioni di aldeidi e prodotti di parziale ossi­dazione, molto reattivi nella produzione di smog fotochimico e dal tipico odore percepito con fastidio dallo scarico del Diesel;

— gli NOx devono essere tenuti sotto controllo, perché general­mente consistenti e favoriti dalla disuniforme distribuzione del combustibile nella carica, che rende disponibile ossigeno nelle zone dove la temperatura è più alta;

— il particolato (vedere il paragrafo 12.6) è l’inquinante presente nel gas di scarico di questo tipo di motore, che richiede le mag­giori attenzioni.

Le azioni che si possono intraprendere, per ridurre la formazione di questi inquinanti di tipo gassoso in un Diesel, si possono così sche­maticamente riassumere:— adozione del ricircolo di parte dei gas dì scarico, per ottenere

un abbassamento della temperatura massima di combustione,— scelta appropriata dell’istante di avvio dell’iniezione, da cui di­

pende lo sviluppo di pressione e di temperatura nel cilindro,— controllo della portata di combustibile iniettato e delle caratteri­

stiche dello spray, che condizionano lo sviluppo della combu­stione,

— ottimizzazione del disegno dei condotti d'aspirazione e della ca­mera di combustione, per controllare la turbolenza della carica,

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— adozione della turbosovralimentazione con interrefrigerazione della carica compressa (per abbassare le temperature) e ridu­zione del rapporto di compressione,

— accurata manutenzione del sistema di alimentazione combusti- bile e del motore in genere, per conservare nel tempo i rapporti di miscela ottimali stabiliti inizialmente,

— utilizzo di un gasolio di migliori caratteristiche (privo di zolfo, con minore variazione di densità e viscosità, con un limite alla tem­peratura di fine distillazione ed al contenuto in aromatici, ecc.).

Per quanto riguarda gli interventi «a valle» del cilindro, si può osser­vare che l’estensione ai Diesel dei convertitori catalitici, messi a pun­to per i motori Otto, incontra qualche difficoltà a causa dell’alimenta- zione con miscela globalmente povera, della presenza dello zolfo nel gasolio e delle basse temperature (200 + 300 °C) dei gas di sca­rico. Questi ultimi due fattori riducono l’efficacia delle marmitte cata­litiche ossidanti, con cui si cerca di abbattere idrocarburi incombusti e particolato (vedere paragrafo 12.6.3). Più difficile risulta l’utilizzo di convertitori con un’azione contemporaneamente ossidante e ridu­cente, virtualmente capace di eliminare HC ed A/Ox dallo scarico del Diesel, perchè richiederebbero un’alimentazione del motore molto vicina al valore stechiometrico.

Con il termine globale «particolato» si indica l’insieme di particelle solide e liquide generate nel processo di combustione e portate in sospensione dai gas di scarico. Nel caso di motore Diesel*, si tratta principalmente di particelle di tipo carbonioso (tradizionalmente chiamate «fuliggine» o «fumo nero»), su cui si sono condensate o che hanno assorbito composti organici ad alta massa molecolare (chetoni, aldeidi, esteri, polinucleari aromatici, ecc.). Analisi microfo­tografiche hanno permesso di stabilire che la struttura base è costi­tuita da piccoli nuclei carboniosi (diametri tipici: 15 30 nm e conte­nenti 105 10® atomi di carbonio) aggregati a migliaia in agglomerati di diverse forme e dimensioni, chiamati sinteticamente «particelle».Valori tipici di particolato prodotto da un motore a precamera di tipo automobilistico sono: 0,2 + 0,4 g/km, mentre i più grossi motori ad iniezione diretta per autocarro emettono mediamente: 0,4 + 1,0 g/kWh. Queste sostanze scaricate nell’aria vengono inalate ed in buona parte trattenute nei polmoni, provocando danni fisiologici di­retti e costituendo il veicolo di molte sostanze nocive, il cui effetto non è ancora del tutto conosciuto.

* Nel motore Otto, il particolato è presente solo se si usa benzina additivata con composti a base di piombo e/o contenente zolfo (fino a 100 -s- 600 ppm in mas­sa). Esso è costituito prevalentemente da: sali di piombo, particelle carboniose e/o solfati. Da un punto di vista quantitativo, si va da 20 mg/km o meno a 100 + 150 mg/km nel caso di uso di benzina fortemente additivata con composti a base di piombo. Può essere eliminato usando combustibili privi di piombo e di zolfo.

12.6Il particolato nell’emissione del motore Diesel

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12.6.1Processo di formazione

In termini più tradizionali e pratici, si parla di «fumo nero» formato da questo particolato portato in sospensione dai gas di scarico, per di­stinguerlo dal «fumo bianco o blu» emesso dal motore freddo all’awiamento ed ai bassi carichi. Quest’ultimo è costituito principal­mente da vapor acqueo condensato unito a goccioline di combusti- bile e di lubrificante incombuste o parzialmente ossidate. Esso scompare man mano che il carico cresce e le pareti del cilindro si scaldano, permettendo al combustibile iniettato di bruciare corret­tamente.Il fumo nero, invece, o particoiato, viene emesso durante il normale funzionamento di un motore a regime termico, in misura modesta quando è alimentato con un rapporto aria/combustibile magro (cari­chi parziali), ma in quantità consistenti quando tale rapporto si avvi­cina allo stechiometrico (condizioni di accelerazione o marcia a pie­no carico). Si può tuttavia notare che, anche in questi ultimi casi in cui lo scarico è molto sporco, il carbone presente nel particolato risulta normalmente inferiore all'1% di quello del combustibile bru­ciato. Di conseguenza, il particolato costituisce un problema serio dal punto di vista dell’inquinamento prodotto, ma meno grave da quello delPIncompletezza della combustione.

Misure della sua concentrazione e distribuzione aH’interno della ca­mera di combustione di Diesel in funzione (mediante microvalvole campionatrici e tecniche ottiche ad assorbimento) hanno permesso di stabilire che, nei motori ad iniezione diretta, il particolato si forma soprattutto in corrispondenza dei nuclei centrali dei getti di combusti- bile, dove il rapporto di equivalenza è ricco ed il combustibile brucia con fiamme diffusive. Le massime concentrazioni vengono raggiun­te circa 10° + 20° di manovella dopo il PMS, per diminuire successi­vamente quando il nucleo centrale degli spray (cessata l’iniezione) si mescola con l’aria circostante, permettendo l’ossidazione di buona parte (= 90%) delle particelle carboniose formatesi. Nella precamera di Diesel ad iniezione indiretta, si sono rilevate percentuali di parti­colato più basse (probabilmente per il più rapido miscelamento del combustibile con l’aria), che vengono distrutte in modo più consisten­te dal successivo processo di combustione in camera principale.Queste osservazioni hanno permesso di formulare uno schema semplificato del processo di formazione del particolato, suddiviso nelle seguenti tre fasi: formazione di nuclei precursori, crescita di di­mensioni dei nuclei carboniosi, loro coagulazione in particelle mag­giori. La Figura 12.18 mostra la successione di probabili reazioni che possono portare alla formazione delle particelle carboniose [21+25].Nelle fiamme di diffusione di un Diesel, si hanno temperature piutto­sto elevate (1000 + 3000 K), ma i tempi a disposizione sono brevi (dell’ordine del ms), per cui le reazioni veloci ad alta temperatura sono quelle che rivestono una maggiore importanza. Un percorso probabile alle temperature più elevate è quindi quello della decom­posizione termica delle molecole di combustibile in prodotti interme-

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Agglomerazione ------------------------------------- ».

Figura 12.18 - Schematizzazione semplificata dei probabili passaggi che possono portare alla formazione di particolato durante la combustione in un Diesel, attraverso il processo di disidrogenazione del combustibile e l ’agglomerazione dei prim i nuclei carboniosi in particelle di maggiori dimensioni.

di del tipo acetilene e poliacetilene, mentre l’aggregazione molecola­re e la polimerizzazione (soprattutto dei policiclici aromatici) sono fa­vorite alle temperature più basse. Questi due tipi di molecole sono considerati come i più probabili precursori delle particelle carboniose nelle fiamme di diffusione, passando forse attraverso la formazione di radicali insaturi ad alto peso molecolare ed instabili. Questi primi nuclei crescono per adesione superficiale e condensazione di altre specie povere in idrogeno, che vengono incorporate nella fase soli­da che si va sempre più arricchendo in carbonio in seguito a deidro­genazione. I nuclei carboniosi così formati sono in buona parte bru­ciati, in presenza di ossigeno, per dare prodotti gassosi come CO e C02, per cui la loro concentrazione finale dipende dal bilancio fra questi processi di formazione e di ossidazione.Quando le temperature si abbassano, i nuclei carboniosi si coagula-

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no ed aggregano in particelle di maggiori dimensioni. Lo stadio finale nel processo di formazione del particolato prevede l’assorbimento (o la condensazione) di composti organici ad alto peso molecolare ed anche di specie inorganiche, da parte delle particelle carboniose, probabilmente dopo che sono state scaricate dal cilindro.

Per il rilievo del particolato emesso dal motore Diesel, sono state messe a punto apparecchiature robuste ed affidabili, che si basano sui seguenti principi fisici:— filtraggio dei gas scaricati e valutazione della massa solida se­

parata;— misura dell’assorbimento di luce operato dalle particelle tra­

sportate in sospensione.Lo strumento a filtro (vedere Figura 12.19) è costituito fondamen­talmente da un pistone, che scorre in un cilindro ed è azionato o da una molla precaricata o da aria in pressione. Da un apposito orifizio viene aspirato un volume di gas di scarico determinato, il quale passa attraverso un filtro che trattiene le particelle solide costituenti il fumo. A campionatura avvenuta, il filtro viene tolto ed il suo stato di sporcamento, in seguito alla presenza di particolato trattenuto, viene valutato in base alla luce da esso riflessa. Facendo un con­

figura 12.19 - Principio di funzionamento di un fumosimetro a filtro, attraverso il quale viene aspirata una prefissata quantità di gas di scarico, dallo spostamento di un pistone nel relativo cilindro, e valutazione dello sporcamento del filtro in base alla luce da esso riflessa:1) ingresso gas aspirati,2) filtro del particolato,3) pistone,4) cilindro,5) indicatore di opacità,6) sorgente luminosa,7) fotocellula anulare,8) filtro in esame.

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12.6.2Misuradel particolato

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Figura 12.20 - Principio di funzionamento di un opacimetro ad assorbimento di luce, nella versione a campionamento parziale del gas da esaminare (a) ed in quella ad attraversamento totale (b):

1) ingresso gas da analizzare,2) misuratore

di pressione,3) cellula

fotoelettrica,4) sorgente

luminosa,5) percorso gas

di scarico,6) percorso aria

di riferimento,7) uscita gas

di scarico,8) ingresso aria,9) gruppo ottico,

10) condotto di scarico del motore.

m

J V////rrr/// /v

a)

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12.6.3Controllodellaproduzione di particolato

fronto con quella rilevata nel caso in cui alla sorgente luminosa di Figura 12.19-b venga affacciato un filtro pulito, si può valutare la fumosità del gas esaminato, secondo una scala convenzionale (daI a 10 unità Bosch). In altri opacimetri a sporcamento di filtro un campione di gas viene filtrato e la massa di sostanze solide deposi­tate è misurata per via gravimetrica (come differenza tra il peso del filtro sporco e quello iniziale).II fumosimetro ad assorbimento di luce può essere o a campiona­mento di una parte del gas da esaminare o a passaggio totale (ve­dere Figura 12.20). Ambedue questi tipi sono essenzialmente co­stituiti da una sorgente luminosa e da una fotocellula poste sullo stesso asse. Quando lo spazio fra queste due viene occupato dal gas di scarico, il segnale elettrico della fotocellula varia, ed è tanto più debole quanto più elevato è il contenuto di particelle solide nel gas da analizzare, in quanto esse assorbono la luce proveniente dalla sorgente e le impediscono di giungere sulla fotocellula.Anche per le misure di particolato si pone poi il problema di indivi­duare delle situazioni rappresentative dell’effettivo esercizio del motore, nelle quali eseguire i rilievi. Queste vengono definite dalle disposizioni di legge specifiche che precisano le modalità di prova ed i limiti tollerati per i vari tipi di applicazione. Per i Diesel montati sulle autovetture, ad esempio, le norme CEE prescrivono che, du­rante l’esecuzione del ciclo di prova previsto dalla procedura euro­pea (vedere il paragrafo 12.3.4), si misuri anche il particolato pro­dotto dal motore, oltre agli inquinanti gassosi emessi (limite impo­sto per il particolato dalla direttiva 1990: 0,8 g/prova).

I mezzi per il controllo delle emissioni di particolato da parte di un Diesel passano, al solito, attraverso interventi di tipo motoristico, tesi ad evitarne la produzione a monte, e trattamenti a valle dei gas combusti, per depurarli delle particelle trasportate.I primi prevedono un’ottimizzazione: della turbolenza prodotta in aspirazione, del sistema d’iniezione combustibile e della forma del­la camera di combustione, tenendo presente che moltissimi para­metri influenzano la produzione del particolato, a causa della sua complessa origine. Qui ci si limiterà a ricordare i principali, conside­rando dapprima il meccanismo di formazione delle particelle carbo­niose e poi quello della loro ossidazione, dal momento che dal bi­lancio di questi due processi si è visto che deriva la concentrazione di particolato scaricato dal motore.Durante la fase di combustione, la formazione di particelle carbo­niose è favorita:— dalla massa di combustibile non mescolato all'aria e dal suo

rapporto di equivalenza, a loro volta influenzati da: ritardo d'ac­censione (ossia: caratteristiche chimico-fisiche (in particolare numero di cetano) del combustibile, rapporto di comprèssione, anticipo d’iniezione), portata di combustibile iniettata e durata dell’iniezione (parametri del sistema di iniezione);

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— dalla lentezza della miscelazione combustibile-aria, condiziona­ta da: turbolenza (forma dei condotti e della camera di combu­stione); rapporto di miscela globale (ossia carico del motore); portata iniettata e distribuzione del combustibile (geometria iniettori e pressione di iniezione);

— dalla temperatura di combustione, determinata dal: rapporto aria/combustibile, dal rapporto di compressione e/o di sovrali­mentazione, dalle perdite di calore per raffreddamento.

Le particelle carboniose prodotte possono tuttavia essere più o meno completamente ossidate, prima della loro espulsione dal ci­lindro, a seconda:— del valore della temperatura dei gas combusti, legata alla curva

di rilascio del calore, al rapporto di miscela ed alle perdite termi­che attraverso le pareti;

— della disponibilità di ossigeno, dovuta principalmente al valore del rapporto aria/combustibile globale ed al tipo di miscelamen- to ottenuto dei prodotti della combustione;

— del tempo, durante il quale le reazioni di ossidazione possono completarsi, determinato soprattutto dal regime di rotazione del motore.

In conclusione, si può dire che è attualmente possibile contenere le emissioni di particolato, attraverso:— l’utilizzo di un combustibile di caratteristiche migliori dei tradi­

zionali gasoli, che sono sempre stati considerati come sottopro­dotti di combustibili più nobili, prevedendo in particolare: una drastica riduzione del tenore di zolfo, un restringimento del campo di tolleranza di densità e viscosità (migliore controllo del rapporto aria/combustibile), una limitazione della temperatura di fine distillazione, ecc.

— un’ottimizzazione della geometria dei condotti d'aspirazione e della camera di combustione, per controllare i moti turbolenti dell’aria nel cilindro e favorirne un rapido rimescolamento con il combustibile;

— un’accurata messa a punto e manutenzione dei sofisticati siste­mi di iniezione, con (introduzione del controllo elettronico, ricor­so ad elevate pressioni d’iniezione (fino a 150 MPa), uso di iniet­tori con fori di diametro molto piccoli e volume del vano sotto la punta dell’ago ridotto al minimo (per Diesel ad iniezione diretta);

— il controllo dello stato termico del motore, che influenza la rapi­dità con la quale i getti di combustibile vaporizzano e quindi le modalità con cui si svolge la combustione.

I vantaggi legati a questi interventi di tipo esclusivamente motoristi- co sono rappresentati essenzialmente dalla loro semplicità ed affi­dabilità, anche se comportano, per contro, spesso una penalizza­zione delle prestazioni e la difficoltà di riuscire a scendere sotto i limiti imposti dalle normative. Ci si è perciò orientati anche verso interventi «a valle», che prevedono il filtraggio dei gas di scarico in una «trappola» (vedere il paragrafol 2.6.4) od il loro trattamento in una marmitta con catalizzatore ossidante.

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12.6.4 Trappole per II filtraggio del gas combusti

Figura 12.21 - Esempio di trappolamonolitica a nido d'ape, per il filtraggio del partlcolato portato in

’ sospensione dai gas combusti.

;.J canali cilindrici della matrice ceramica sono alternativamente chiusi alle estremità, per cui i gas sono costretti ad attraversare le pareti porose, che trattengono le particelle trasportate.

Un dispositivo dell’ultimo tipo è in grado di ossidare alcune sostan­ze (essenzialmente idrocarburi condensati) di cui sono impregnate le particelle carboniose e quindi eliminare queste ultime in buona parte. Poiché non agisce da filtro e la combustione vi ha luogo in continuazione, la marmitta catalitica non pone problemi di sporca­mente e di rigenerazione. Attualmente essa permette di abbattere il CO e gli HC e di ridurre sostanzialmente il particolato, ma il suo uso è reso problematico dalla presenza di zolfo nel gasolio. Quest’ulti­mo infatti riduce l’efficienza del catalizzatore, il quale agendo da ossidante trasforma inoltre l’anidride solforosa SO? presente nei gas di scarico in solforica S 03, che in combinazione con l’acqua forma acido solforico.

Tra i sistemi di post-trattamento dei gas di scarico, quello che oggi appare come più efficace per il controllo del particolato, è forse la «trappola», che agisce da barriera meccanica per il passaggio delle particelle. Si tratta di un filtro capace di sopportare elevate tempe­rature, che trattiene il particolato portato in sospensione dai gas di scarico e viene ad intermittenza pulito, ossidando le particelle car­boniose accumulate. I filtri più diffusi sono quelli ceramici: monolitici a celle ed a fibre avvolte.I filtri monolitici a celle (Figura 12.21) sono ottenuti per estrusione di materiale ceramico poroso (condente), in modo da ricavare ele­menti cilindrici monolitici (= in un solo pezzo) con canali disposti assialmente e chiusi alternativamente alle estremità, per costrin­gere i gas ad attraversare le pareti dei canali, dalle quali vengono filtrati.Si ottiene così una grande superficie di filtraggio in rapporto agli ingombri, con conseguente:— alta efficienza filtrante (oltre il 90%, essa aumenta con lo spor­

camente);

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— bassa caduta di pressione (circa 2 kPa a filtro pulito + 20 kPa a filtro sporco);

— alta resistenza termica e meccanica.I filtri a fibre ceramiche avvolte sono costituiti da un fascio di tubi forati (Figura 12.22), ricoperti da un awolgimento di fibre cerami­che, racchiuso in un contenitore cilindrico in cui arrivano i gas di scarico. Questi, passando attraverso le fibre, vengono filtrati, entra­no nei tubi attraverso i fori e fuoriescono dall’altro lato del contenito­re. Questa soluzione presenta una migliore resistenza meccanica e termica, perché la trama delle fibre può dilatarsi più liberamente, ma un potere di accumulo del particolato nettamente più basso.Quando i filtri sono carichi di particolato devono essere rigenerati, bruciando le particelle accumulate. Questa operazione risulta deli­cata, perché occorre evitare di danneggiare i supporti ceramici per stress termico e di vanificare la diminuzione di inquinamento otte­nuta filtrando i gas. I prodotti della combustione del particolato, in­fatti, sono immessi nell’atmosfera, e quindi occorre fare in modo che contengano la minor quantità possibile di inquinanti.Alcuni sistemi di rigenerazione sono basati sull’aumento della tem­peratura dei gas che attraversano il filtro, fino ad innescare la com­bustione del particolato per mezzo di varie fonti di calore: normali bruciatori (vedere Tavola 43), resistenze elettriche, oppure i gas di scarico stessi (la cui temperatura viene innalzata strozzando il con­dotto di scarico). Altri sistemi raggiungono lo scopo abbassando la temperatura minima di inizio combustione mediante: l’uso di additi­vi nel combustibile, l’iniezione di agenti ossidanti a monte del filtro, l’uso di filtri catalitici.

Figura 12.22 - Esempio di trappola per il filtraggio del particolato trasportato dai gas di scarico, ottenutaavvolgendo delle fibre ceramiche su di un fascio di tubi forati. Questo gruppo è contenuto in un involucro cilindrico che guida i gas sporchi attraverso le fibre ceramiche, le quali esercitano così un’azione di

, filtraggio.

Uscita gas puliti

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Controllo del rumore

13.rIl motore come sorgente di rumore

La generale preoccupazione per la salvaguardia dell’ambiente na­turale ha portato a riconoscere nel rumore un’importante causa di inquinamento, capace di produrre sull’uomo danni fisici (agli organi dell'udito), psicologici (stordimento e stanchezza) e sociali (riduzio­ne dell’efficienza e dell’attenzione). Limitazioni legislative sempre più stringenti vengono quindi adottate per le varie fonti di rumore, tra le quali vanno considerati i motori.Il loro contributo può schematicamente essere suddiviso in:1. rumore dì combustione, dovuto al rapido incremento di pressio­ne nel cilindro (legato a sua volta allo sviluppo del processo di com­bustione) che agisce sul pistone, sulla testa e sulle pareti del cilin­dro. L’impatto dovuto a questo aumento di pressione è trasmesso attraverso il pistone, la biella ed i cuscinetti alla struttura del moto­re, che vibra e irradia rumore;2. rumore meccanico, generato dagli urti di natura meccanica che sì producono nei principali accoppiamenti cinematici del motore. Tra di essi i più comuni sono dovuti: allo scampanamento del pi­stone, in prossimità delle posizioni di punto morto, sotto l’azione combinata delle forze d’inerzia e di pressione dei gas; aH’impatto delle valvole sulle sedi, alla chiusura dell'iniettore, agli organi della distribuzione, all’ingranamento dei denti di una coppia di ingranag­gi, ecc.;3. rumore gasdinamico, causato dal ciclico processo di sostituzio­ne del fluido di lavoro nel cilindro motore. Il moto instazionario dei gas che ne deriva, produce oscillazioni di pressione di ampiezza non trascurabile che, dopo aver attraversato i sistemi di aspirazione e scarico, raggiungono l’ambiente esterno, principalmente agli estremi con esso comunicanti.Un’analisi approfondita delle caratteristiche di tutte queste sorgenti di rumore e delle tecniche utilizzabili per controllarne l’intensità, va oltre i limiti imposti a questa trattazione. Per questo motivo, nel pre­sente capitolo ci si limiterà a richiamare alcuni principi fondamentali dell’acustica, per passare ad accennare al rumore di combustione ed a quello dì orìgine meccanica, trattando poi in modo un po’ più approfondito quello gasdinamico.

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13.2 Il rumore può essere definito come un suono non desiderato, in ge-Rirhiami nere s9rac|evole e dannoso. In termini fisici esso è costituito dalle

ami vibrazioni di un corpo (sorgente sonora) che si trasmettono al mezzoai acustica (elastico) circostante. Se ad esempio la sorgente sonora è posta

nell’atmosfera, le vibrazioni sono trasmesse all’aria circostante, pro­vocandovi piccole variazioni di pressione, rispetto alle condizioni di riposo {pressione sonora). Queste onde di pressione si propagano attraverso il mezzo con velocità (velocità del suono) dipendente dal­la sue caratteristiche elastiche* e raggiungono l’orecchio umano, fa­cendo vibrare la membrana del timpano. Attraverso un complesso si­stema meccanico-fisiologico ed un insieme di fibre nervose, esse ven­gono percepite dal cervello, dando origine alla sensazione uditiva.Due forme tipiche di onda sonora sono:1. l ’onda piana, caratterizzata dal fatto di essere unidirezionale, con ampiezza del disturbo uguale in tutti i punti di ogni piano per­pendicolare alla direzione di propagazione. Tale onda potrebbe es­sere generata da una superficie piana indefinita che si muova per­pendicolarmente al proprio piano. Un’onda sonora che si propaga lungo un condotto di diametro piccolo, rispetto alla sua lunghezza d’onda, si può ritenere approssimativamente piana;2. l ’onda sferica, la quale si propaga in tutte le direzioni a partire da una sorgente puntiforme, le cui dimensioni possono cioè essere considerate piccole rispetto alla distanza del ricevitore. Si genera così una serie di fronti d’onda di forma sferica, che derivano dai successivi disturbi prodotti dalla sorgente puntiforme. Tale può es­sere considerata l’onda irradiata nell’ambiente circostante dalla se­zione terminale del condotto di scarico di un motore.Un campo sonoro (regione dello spazio in cui si propagano le onde sonore) viene comunemente descritto dalle seguenti proprietà:1. Livello di pressione sonora. La pressione sonora in un punto del campo varia in maniera più o meno complessa (vedere Figura 13.3). L’ampiezza dell’oscillazione può quindi essere caratterizzata attraverso il suo valore efficace** pe, pari alla radice quadrata del valore quadratico medio:

Pe = i p 2 = y ^ / ( i ) d / 13-1

L’orecchio umano però è sensibile al suono nella gamma di fre­quenze all’incirca compresa tra 20 Hz e 20 kHz, con un massimo di sensibilità per le frequenze intermedie (1+5 kHz). Il suono più bas­so che può essere udito da una persona media ad 1 kHz, presenta una pressione sonora il cui valore (circa 2-10“5 Pa) viene assunto come soglia minimale d’ascolto. All’altro estremo della scala, la so-

Per l’aria, considerata un gas perfetto, si ha:

a = ìk p ! p = ìk R T ~ 20 J t [m / s ] (per: T = 273 k, si ha: a = 331 m/s).

* Detto anche «Root Mean Square Value», per cui si ha: p,ms = pe.

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Figura 13.1 - Valori tipici del livello dipressione sonora e della frequenza dei rumori emessi dalle più comuni sorgenti. Sul piano livello di pressione- frequenza sono anche tracciate le linee di uguale sensazione sonora per un orecchio umano medio (espresse in phon), a partire dalla soglia di udibilità fino a quella del dolore.

FREQUENZA [Hz]

glia del dolore si verifica con una pressione sonora di circa 100 Pa, pari ad oltre 106 volte il valore precedente.Se si usassero quindi scale lineari per la misura della pressione so­nora si dovrebbe lavorare con numeri enormemente diversi ed in­gombranti. Inoltre l’orecchio umano risponde con una sensazione che cresce non linearmente ma logaritmicamente con lo stimolo. Per queste ragioni si è trovato più comodo esprimere i parametri acustici come logaritmo del rapporto tra il valore considerato ed uno di riferimento. Questo porta all’uso di numeri più maneggevoli e dell’unità di misura chiamata Bel (da: Alexander Graham Bell). Sic­come il Bel risulta essere in pratica troppo grande, per non dover lavorare su numeri eccessivamente piccoli si usa un’unità pari ad

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un decimo di Bel: il decibel (abbreviato in dB). La pressione sonora è quindi espressa in termini di livello di pressione sonora, definito dalla seguente relazione:

Lp = 10 log10 (pe2/p 02) = 20 log10 (pe / p0) [dB] 13-2

dove: p0 = 2-10~5 Pa è la pressione sonora di riferimento ed il ter­mine livello (premesso a «pressione sonora») indica che la quantità considerata si trova ad un certo «livello» al disopra del valore di riferimento prefissato.L’uso della scala In dB permette quindi di ridurre i valori di pressione sonora dal rapporto 106 ad 1, all'intervallo di valori di Lp compresi tra0 dB (soglia minima dell’udito) e 120 dB (soglia del dolore). Questo fatto è illustrato [8] nella Figura 13.1, che riporta diversi suoni tipici, collocati in modo appropriato rispetto al livello di pressione sonora con cui sono normalmente uditi ed alle loro principali frequenze.L’uso del parametro Lp per la descrizione di un campo sonoro è il più comune, perché esso risulta molto semplice da misurare per mezzo di un comune microfono.

2. Livello di potenza sonora. Ogni sorgente può essere poi caratte­rizzata tramite la sua potenza sonora, data dall’energia totale irra­diata nell’unità di tempo. Siccome anche questa grandezza varia in un intervallo enormemente ampio (dai 10-9 W di un bisbiglio, ai 104 W di un aereo a reazione) conviene anche per essa fare ricorso ad una scala logaritmica, definendo il livello di potenza sonora di una sorgente mediante la seguente relazione:

LP = 10log10(P/P0) [dB] 13-3

essendo P0 la potenza di riferimento, normalmente assunta pari a 10-12 [W].

3. Livello di intensità sonora. Si definisce intensità sonora in un punto di un dato campo, l’energia sonora che attraversa, nell’unitàdi tempo, l’unità di area disposta normalmente alla direzione di pro­pagazione dell’onda. Essa costituisce quindi una caratteristica delcampo con proprietà direzionali, che può essere legata alla poten­za della sorgente ed alla pressione acustica efficace in quel puntodel campo. In particolare, nel campo lontano di una sorgente punti­forme o nel caso di onda acustica plana, vale una semplice relazio­ne di proporzionalità:

/ = pe2/pa 13-4

dove: p è la densità del mezzo ed a la velocità del suono, mentre il prodotto p a è detto impedenza caratteristica del mezzo (p a = 414 Kg rrr2 s _1 per aria a 20 °C). Il livello di intensità sonora sarà anchein questo caso definito da:

L, = 10log10( / / /0) [dB] 13-5

dove l’intensità di riferimento è generalmente: /0 = 10'12 Wrrr2.

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Figura 13.2- Correzioni previste dalle scaleinternazionali di ponderazione (A, B e C), in funzione della frequenza, dei livelli di pressione sonora misurati da un microfono, per renderli simili a quelli effettivamente percepiti da un orecchio umano medio.

4. Spettri di frequenza. L’orecchio umano, come ricevitore, risulta sensibile non solo alla pressione (od all’intensità) sonora, ma anche al contenuto in frequenza di un suono. Nel grafico di Figura 13.1 le linee isolivello congiungono i punti ad uguale sensazione sonora per un orecchio medio (l’unità di misura è allora: il phon). Esse mo­strano che per avere la stessa sensazione sonora (per esempio di 40 phon, corrispondenti ad Lp = 40 dB ad 1 kHz) a frequenze lonta­ne da quella di riferimento (1 kHz), occorrono livelli di pressione so­nora sempre più elevati (ad esempio: a 60 Hz è richiestoLp = 60 dB, ossia una p9 (per la 13-2) pari a: antilog10[(60-40) / 20] = 10 volte quella ad 1 kHz).Per tener conto di questo fatto, gli strumenti di misura sono dotati di reti (di filtri elettrici) di ponderazione (indicate con le lettere: A, B, C, ecc.), che modificano in corrispondenza delle bande di frequenza comprese tra 20 Hz e 20 kHz, i livelli di pressione sonora del segna­le raccolto dal microfono, in modo da renderli simili a quelli effettiva­mente percepiti dall’orecchio umano. La Figura 13.2 riporta le cor­relazioni introdotte dalle reti: A, B e C in funzione della frequenza e codificate da norme internazionali. La pesatura A riproduce una ri­sposta simile a quella di un orecchio medio ai valori bassi di pres­sione sonora (cercando di approssimare la curva di 40 phon), la B ai livelli medi (70 phon) e la C ai livelli alti (100 phon). A seconda delle reti impiegate le misure si indicano con i simboli: dB(A) (vede­re ad esempio Figura 13.4), dB(B), dB(C), ecc.Per caratterizzare un suono, occorre quindi descrivere anche le fre­quenze che lo compongono, e questo si ottiene dando lo spettro del livello di pressione sonora (o di intensità). Il concetto può essere facilmente introdotto facendo riferimento [8] alla Figura 13.3. Nel caso di un tono puro (a), la pressione acustica varia con legge sinu­soidale nel dominio del tempo. Una sola frequenza f 0= MT è pre­sente, per cui il suono è rappresentato nel dominio della frequenza con uno spettro molto semplice, costituito da una sola linea. Se il

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aj

SPETTRI IN FREQUENZA

b)

0)

d)

f

Figura. 13.3 - Andamento della pressione sonora in funzione del tempo e relativi spettri nel dominio della frequenza per alcuni suoni tipici: a) tono puro, con andamento sinusoidale semplice; b) combinazione di due sinusoidi; c) onda quadra (segnale complesso, ma periodico); d) rumore casuale (segnale complesso e non periodico).

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suono deriva dalla composizione di due toni puri, uno di frequenza tripla ed ampiezza un terzo dell’altro, si ha l’onda distorta mostrata in (b), che presenta uno spettro di frequenze formato da due linee.Un segnale comunque complesso, grazie al principio dell’analisi di Fourier, può essere visto come la combinazione di un numero op­portunamente elevato di onde sinusoidali. In particolare l’analisi di una funzione periodica, come ad esempio l’onda quadra (c), porta nel dominio delle frequenze ad una successione illimitata di linee discrete di frequenze, legate armonicamente tra di loro (i multipli dispari della frequenza^ di ripetizione del segnale nel caso in esa­me). Molti rumori casuali, tuttavia, non sono periodici e quindi con­tengono un gran numero di frequenze che non sono legate armoni­camente tra loro, formando uno spettro continuo (d). In questi casi ci si riferisce spesso per comodità pratica al livello relativo ad op­portuni intervalli, detti: bande di frequenza.La massima larghezza di banda adottata in pratica è l'ottava, ca­ratterizzata dal fatto che il limite superiore di ciascuna classe è il doppio di quello della classe precedente. Quando occorrono infor­mazioni più dettagliate si sommano i contributi delle frequenze con­tenute in bande più strette, per esempio: a terzi d ’ottava, ad am­piezza percentuale (ad esempio: 1 o 2%) od assoluta (ad esempio: 3 o 10 Hz) costante, ecc.

Tabella 13.1 Bande di ottava e di terzi di ottava normalizzate

Frequenzecentralibande

d’ottava

Limitidelle

banded’ottava

Frequenze centrali di terzi d’ottava

Limiti bande di terzi d’ottava

[Hz] [Hz] [Hz] [Hz]707

8007078801000 1000

~ 1250 1600

1130-------- - 1414 1414

176Ò"2250282525304400

2000 2000

40002825

2500315040005000

5650 56506300

70708800

8000 800010000

11300 11300125001600016000 14140

1760020000

22500 22500

Frequenzecentralibande

d’ottava

Limitidelle

banded’ottava

Frequenze centrali di terzi d’ottava

Limiti bande di terzi d’ottava

[Hz] [Hz] [Hz] [Hz]22

2 5 ,0 0 !ro

ro

co ro

31,5 3 1 ,5 035

4 0 ,0 04 4 4 4

57

7163

5 0 .0 0

6 3 .0 0

8 88 0 ,0 0

1 0 0 ,0 0113125 1 2 5 .0 0

1 6 0 .0 0141

176 1762 0 0 ,0 0

2 2 5250 2 5 0 .0 0

3 1 5 .0 02 8 3

3 5 3 3 5 3

4 4 04 0 0 ,0 0

500 5 0 0 ,0 05 6 5

7077 0 76 3 0 ,0 0

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La Tabella 13.1 fornisce le bande d’ottava e di terzi d’ottava norma- lizzate, secondo le quali vengono generalmente analizzati i livelli so­nori da parte degli strumenti di misura. I rilievi possono essere ripor­tati in un diagramma a gradini (vedere Figura 13.3-d), nei quali in corrispondenza dell’intera banda di frequenza è segnato (con un tratto orizzontale) il contributo di tutte le frequenze in essa contenu­te. Oppure (vedere ad esempio le Figure 13.6 e 13.8) esso è ripor­tato convenzionalmente al centro di ogni intervallo di frequenza e le singole misure vengono poi collegate con segmenti rettilinei, sempli­cemente per fornire una più facile lettura del grafico, tenendo però presente che queste linee di collegamento non rappresentano affat­to come varia in dettaglio con la frequenza la grandezza misurata.

Figura 13.4 - Campi tipici del livello globale di rumore emesso dalle diverse catagorie di motori, in funzione del regime di rotazione e nelle condizioni di pieno carico. A parità di numero d ig iti, id iversi gradienti di pressione indotti dai relativi processi di combustione, rendono i Diesel più rumorosi dei motori Otto e, tra i primi, quelli ad iniezione indiretta più silenziosi di quelli ad iniezione diretta.

m2,<irozocoLLIzococoniccCL

oLU_1<mO_ ioo

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Talvolta (vedere ad esempio la Figura 13.4) si effettuano delle mi­sure di livello sonoro globale, ottenuto sommando i contributi di tutte le frequenze nel campo dell’udibile (spesso pesate secondo la curva A), in modo da ottenere un indice sintetico del valore del campo sonoro in un dato punto.

13.3 Rumore di combustione e meccanico

Il rumore prodotto da un motore, prescindendo da quello di natura gasdinamica, deriva dalla complessa combinazione delle caratteri­stiche delle forze di eccitazione dei diversi elementi della sua strut­tura esterna, con la risposta di questi ultimi ai carichi applicati e la loro efficienza nell’irradiare energia nell’ambiente circostante. A loro volta le forze di eccitazione possono essere distinte in tre tipi:1. forze dirette, dovute alla pressione dei gas ed all’inerzia delle masse in moto, che si applicano al pistone ed alle rimanenti pareti della camera di combustione;2. forze indirette, come gli impatti del pistone contro la camera e dei perni nei cuscinetti, legati alle precedenti forze da una dipen­denza di tipo non lineare;3. forze secondarie, derivanti dagli urti di natura meccanica negli organi ausiliari del motore: impatto delle valvole sulle sedi, ingra- namento di ruote dentate, comando distribuzione, sistema di inie­zione, ecc.La Figura 13.4 mostra il sensibile effetto prodotto dal regime di ro­tazione [3] sul rumore globale emesso, nelle condizioni di pieno ca-

Figura 13.5-Schematizzazionedegliaccoppiamenti cinematici: pistone-biella- manovella con ingrandimento dei relativi giochi, che vengono continuamente annullati e ripresi, producendo urti.In particolare il cambiamento di direzione della componente orizzontale F della forza agente sul pistone, ad ogni inversione del senso del moto, ne producelo sbattimento contro il cilindro.

F

FASE DI COMPRESSIONE FASE DI ESPANSIONE

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Figura 13.6- Confronto tra due tipici spettri del segnale di pressione in camera di combustione di un motore Diesel (ad iniezione diretta) e di un motore a ciclo Otto. Nella parte centrale del campo di frequenze, nel primo caso si ha un decremento di circa35 dB/decade, mentre nel secondo si raggiungono mediamente i 45 dB/decade.

rico. Se al regime di massima potenza i livelli di pressione sonora diventano confrontabili per i vari tipi di motore, a parità di numero di giri (vedere anche Figura 13.7) risulta evidente che essi dipendono fortemente dal tipo di processo di combustione.Occorre cioè tenere presente [7] che durante la fase di compressio­ne e combustione, la risultante della forza d’inerzia e di quella do­vuta alla pressione dei gas, carica il pistone (Figura 13.5) con una componente P lungo l'asse del cilindro che non cambia direzione (quando la pressione è elevata). Questo fatto porta all’annullamen- to dei giochi in direzione assiale, in modo che il sistema: pistone- biella-albero motore si comporta come un’unica massa. Rapide va­riazioni nel modulo della P, prodotte appunto dal procedere della combustione, provocano allora deformazioni nella struttura del mo­tore, che variano nel tempo in accordo con l’andamento delle forze di eccitazione, irradiando così rumore. La componente orizzontale F (Figura 13.5) cambia invece direzione in corrispondenza del PMS, mandando il pistone a sbattere contro il cilindro. Anche gli altri giochi di funzionamento, presenti tra i vari accoppiamenti cine­matici, vengono annullati e ripresi durante lo svolgimento del ciclo, provocando urti negli organi interessati.Il modo di vibrare della struttura esterna del motore (e di conseguen­za il rumore irradiato) dipenderanno ovviamente dalle sue caratteri­stiche elastiche e da quelle delle forze di eccitazione, in particolare dall’andamento dello spettro della pressione in camera di combu­stione. Quest’ultimo è riportato in Figura 13.6 per due tipici motori d’autovettura. Esso presenta normalmente un picco a bas­sa frequenza in corrispondenza di quella con cui si susseguono le combustioni, con ampiezza determinata principalmente dal mas­simo di pressione nel cilindro. Nella parte intermedia dello spet­tro (da 200 a 2000 Hz), che è quella più importante dal punto di vista acustico, la pendenza è governata dalla legge d’incremento della

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Figura 13.7- Andamento in funzionedell'alesaggio del livello globale di pressione sonora, espresso in cfe(A). Esso à stato rilevato alla distanza di 1 m da diversi tipi di motore, tutti funzionanti al regime di 2000 giri/min.

ALESAGGIO [mm]

pressione, che segue l'avvio della combustione. Per questo motivo nel Diesel si hanno livelli più alti nelle componenti a medio-alta frequenza, con una pendenza nello spettro inferiore (mediamente: 35 dB / de­cade) a quella del motore Otto (decremento medio: 45 dB / decade).Lo stesso incremento è stato rilevato sperimentalmente nel totale rumore emesso dal motore all’aumentare del regime di rotazione, risultato spiegabile con il fatto che lo spettro del ciclo di pressio­ne, al crescere del numero dei giri, si limita a traslare verso le alte frequenze, spostandosi parallelamente a se stesso, poiché la forma del ciclo non varia sostanzialmente. Questa constatazione ha per­messo di formulare [1] modelli semplificati per la previsione del ru­more emesso da un motore, legandone l’intensità: al regime di rota­zione nm [giri / min] attraverso la pendenza dello spettro del livello di pressione in camera di combustione, all’alesaggio D [cm] ed alle caratteristiche elastiche della struttura, con una relazione del tipo:

Lp [dB (A)] = A log10 nm + B log,0 D -C

essendo: A (= 35-^45), B (« 50) e C costanti tipiche di una data fami­glia di motori. La Figura 13.7, ad esempio, riassume i risultati di circa 60 diversi motori funzionanti a nm= 2000 giri / min, in termini di livello globale di pressione sonora ad 1 metro dal motore, riportato in fun­zione dell’alesaggio. Essi mostrano un aumento dell’intensità sonora irradiata, circa con la quinta potenza dell’alesaggio.Modelli un po’ più dettagliati [7] prevedono la separazione del ru­more di combustione da quello meccanico, legando il primo allo spettro del livello di pressione in camera di combustione (pendenza ed ampiezza) ed al regime di rotazione; il secondo alle caratteristi­che geometrico-funzionali del motore (masse in moto alterno, gio­chi, numero di giri, pressione massima dei gas, ecc.).

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13.4Rumoregasdinamico

Figura 13.8 - Attenuazione del rumore di combustione, prodotto dalle caratteristiche elastiche della struttura del motore, ottenuta sottraendo allo spettro del livello di pressione nel cilindro quello della pressione sonora rilevata all’esterno.Essa risulta sufficientemente indipendente dal regime del motore.

Se sì tiene poi presente il fatto che lo spettro del livello di pressione nel cilindro descrive le caratteristiche della forza di eccitazione sul­l’intera gamma di frequenze, si deduce che, sottraendo ad esso il livello di pressione sonora all’esterno del motore, se ne ricava la «curva di attenuazione». Questa, risultando abbastanza indipen­dente dalle condizioni di funzionamento (Figura 13.8), fornisce una misura intrinseca della capacità della struttura di deformarsi sotto l’azione delle forze eccitanti e di irradiare rumore. Il suo esame per­mette così di orientare i dettagli del disegno e la scelta dei materiali, oltre che in base ai problemi di resistenza meccanica, anche in fun­zione della riduzione del rumore emesso.

SI è già visto (paragrafo 4.2) che il susseguirsi delle aperture e del­le chiusure delle luci di aspirazione e scarico dal cilindro di un mo­tore genera nei rispettivi condotti un sistema di onde dì pressione. Queste si propagano (con la velocità del suono, rispetto al moto del fluido) lungo l’impianto che collega, dal punto di vista fluidodinami­co, il motore all’ambiente (Figura 13.9), riflettendosi parzialmente ad ogni discontinuità ed interagendo con altre onde eventualmente incontrate. Poiché le pareti della struttura non sono mai perfetta­mente rigide, queste oscillazioni di pressione ne provocano del­le vibrazioni, con conseguente emissione di rumore verso l’am­biente. Esse raggiungono poi la sezione terminale del sistema comunicante con l’atmosfera, da dove si irradiano verso l’ester­no, facendola così diventare una sorgente di rumore di natura gas­dinamica.Un altro modo di vedere lo stesso fenomeno consiste nel tenere presente che in un campo di moto la pressione costituisce la causa che provoca il movimento del fluido. Un sistema di onde di pressio-

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Figura 13.9 - Origine del rumore di natura gasdinamica, prodotto da un motore. Le onde di pressione, che si generano nei sistemi di aspirazione e scarico, inducono vibrazioni nelle pareti non perfettamente rigide ed irradiano rumore dalle sezioni terminali comunicanti con l'atmosfera.

Motore

\ Rumore I emesso I dalle pareti

ne genera quindi delle onde di velocità, legate alle prime dall’impe­denza* (inerzia, elasticità e resistenza fluidodinamica) del sistema. In una generica sezione (in particolare in quella terminale) dei siste­mi di aspirazione e scarico di un motore si avrà quindi un flusso pulsante. Ad una portata media, dipendente dalla cilindrata, dal re­gime di rotazione e dal coefficiente di riempimento, se ne sovrappo­ne una alternata legata al succedersi delle aspirazioni e scarichi dai cilindri. Queste oscillazioni di portata sulla sezione finale del siste­ma provoca delle perturbazioni di pressione nell’atmosfera, che vengono percepite dall’orecchio come rumore.In particolare la velocità del fluido sulla sezione terminale, pensata sviluppata in serie di Fourier, potrà essere vista come costituita da un valore medio, cui si sovrappongono numerose armoniche sinu­soidali. Dalle estremità dei condotti lato ambiente viene quindi ir­raggiato rumore, che ha le stesse caratteristiche di quello che ver­rebbe emesso dai «pistoni» posti in tali terminali e vibranti alle varie frequenze e con le ampiezze tipiche delle componenti presenti nel segnale di velocità.La Figura 13.10 mostra il tipico andamento dello spettro (analizzato in banda stretta) del livello di pressione sonora, rilevato a distanza di 1 m dallo scarico di un monocilindro quattro tempi, funzionante a pieno carico, al variare del regime (n = 60+120 giri/s). In esso ap­paiono evidenti alcuni picchi nel campo delle basse frequenze, cor­rispondenti a quelle con cui si succedono le gli scarichi nel motore in esame. Questa caratteristica è del tutto generale ed in accor­do con l’analisi del fenomeno riportata in precedenza, in base al­la quale nello spettro del rumore gasdinamico ci si dovrà aspettare

* Il concetto è preso dall’elettrotecnica, dove si dimostra che in un circuito a corrente alternata l’impe­denza Z è legata alla resistenza R, all’induttanza L, alla capacità C ed alla pulsazione co, dalla rela-I „zione: Z = V R2 + (<ol - 1 /oC) . Per un flusso instazionario vale una perfetta analogia, pur di far corrispondere: la pressione alla tensione, la portata alla intensità di corrente, la resistenza al flusso a quella elettrica, l’inerzia del fluido all’induttanza, l’elasticità del fluido ed il volume del sistema alla capacità elettrica.

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di trovare la frequenza con cui si susseguono le aspirazioni e gli scarichi:

f 0 = nc« /e [Hz] 13-6

con: nc= numero dei cilindri del motore,e = giri necessari per compiere un ciclo,

e le sue armoniche, poiché è il processo di sostituzione del fluido di lavoro, alla fine di ogni ciclo, che produce il succedersi delle onde di pressione nei sistemi di aspirazione e scarico. Va inoltre tenuto pre­sente che il flusso medio genera un rumore aerodinamico ad alta frequenza (detto comunemente rumore autogenerato), che si so­vrappone al precedente e deriva dal distacco dei vortici agli ostacoli incontrati dal flusso. Esso diventa predominante a partire dalla fre­quenza di alcuni kHz ed aumenta in modo significativo al crescere del regime del motore.Dal punto di vista delle energie in gioco, la Figura 13.10 mostra inoltre che in corrispondenza delle basse frequenze (toni gravi) si hanno livelli di pressione sonora molto alti (oltre i 100 dB), in grado di produrre disturbi agli organi dell'udito. Tali livelli diminuiscono normalmente andando verso le frequenze medio-alte (si kHz: toni acuti), in corrispondenza delle quali aumenta però la sensibilità del­l’orecchio umano.

Figura 13.10- Andamento tipico dello spettro del livello di pressione sonora, rilevato a distanza di 1 m dallo scarico di un monocilindro a quattro tempi, funzionante a pieno carico, a l variare del regime da 60 a120 giri/s. Le armoniche delle frequenza con cui si susseguono g li scarichi, appaiono ben evidenziate nel campo delle basse frequenze.

7 02 0 5 0 1 0 0 2 0 0 5 0 0 1 0 0 0 2 0 0 0 5 0 0 0

FREQUENZA [Hz]

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Figura 13.11 - Principali tipi di silenziatore:a) dissipativi, capaci di assorbire e dissipare l'energia sonora;b) reattivi, introducenti variazioni di impedenza nel sistema;c) ad elementi perforati, con azione reattiva e dissipativa;d) ad interferenza di onde della stessa frequenza in controfase.

13.5Tipidi silenziatori

Materialeassorbente

o)

b)

d)

Un analogo andamento presenta lo spettro del rumore in aspirazio­ne, anche se qui le intensità sono un po' più basse di quelle relative allo scarico, perché le oscillazioni delle pressioni in gioco sono meno ampie, e le frequenze si estendono fino a valori relativamen­te più elevati (oltre i 5 kHz).Ne deriva che i sistemi di aspirazione e scarico di un motore do­vranno essere muniti di uno o più silenziatori, capaci di attenuare le onde di pressione prima che raggiungano l’atmosfera, in modo da ridurre la rumorosità del motore ad un livello tollerabile (o imposto da norme di legge), con la minima perdita di prestazioni.In generale i requisiti, che devono presentare i silenziatori, sono i seguenti:1. funzionalità acustica: devono cioè assicurare le attenuazioni ne­cessarie delle onde di pressione, sia a bassa frequenza perché esse sono normalmente molto intense, sia a medio-alta perché ri­sultano particolarmente fastidiose per l’orecchio;2. funzionalità fluidodinamica: le configurazioni scelte devono con­sentire i massimi riempimenti e tenere basse le perdite di carico prodotte dal flusso medio, in modo da avere la massima potenza possibile;3. funzionalità meccanica: il progetto, come disegno e come scelta di materiali, deve assicurare sufficiente affidabilità e resistenza, sia alle sollecitazioni meccaniche (statiche e dinamiche) che alla corro­sione. Le caratteristiche di inerzia e rigidezza devono inoltre mini­mizzare la trasmissione di rumore attraverso le pareti ed i supporti.

I silenziatori usati in pratica sono dei sistemi piuttosto complessi, che schematicamente posso essere suddivisi nei seguenti tre tipi principali (Figura 13.11), in base ai fenomeni fisici principalmente sfruttati nella loro azione di attenuazione:1. silenziatori dissipativi: sono caratterizzati dalla presenza di com­

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13.6Valutazionedell’attenuazioneprodotta

ponenti resistivi, ripieni cioè di materiale elastico capace di assorbire e dissipare parte dell’energia sonora trasportata dall’onda incidente. Si comportano in genere come filtri passa basso, attenuando una banda di frequenze piuttosto ampia, ma spostata verso gli alti valori, senza modificare sostanzialmente le oscillazioni a bassa frequenza (minori ad esempio di 300 Hz).

2. silenziatori reattivi: fanno uso di elementi (in serie od in parallelo con il condotto principale) che attenuano le oscillazioni di pressione perché introducono variazioni di capacità del sistema percorso dai gas e, nello stesso tempo, sfruttano l’inerzia e la comprimibilità del fluido. Ciascun componente, infatti, reagisce in funzione della propria impedenza al passaggio di un’onda di pressione, assorbendone energia e restituendola sfasata nel tempo. Qualora lo sfasamento sia favorevole, si produce uno smorzamento globale della oscillazione. Questi filtri possono agire efficacemente anche alle basse frequenze, dipendendo la loro azione dalle dimensioni geometriche.

3. silenziatori ad interferenza: si basano sul principio di attenuare un tono che appare predominante, facendolo interferire con uno di uguale frequenza, ma in controfase. Questo può essere ottenuto dividendo il condotto principale in diramazioni di diversa lunghezza, che successivamente si ricompongono. Se la differenza di percorso è multiplo dispari della semilunghezza d’onda, le pulsazioni che attraversano i vari rami si trovano in controfase al momento della ricongiunzione.

Va poi tenuto presente che i silenziatori effettivi sfruttano spesso più di uno dei principi fondamentali ora ricordati, basti pensare a quelli ad elementi perforati, in cui la resistenza fluidodinamica offerta dai fori esercita un’azione dissipativa sull’energia trasportata dalle oscilla­zioni di pressione, mentre le capacità in serie ed in parallelo hanno un effetto reattivo. Inoltre la distinzione tra gli ultimi due tipi risulta in genere poco più che formale, perché nella maggior parte dei silenzia­tori le azioni reattive e quelle di interferenza operano spesso contem­poraneamente.

L'inserimento di un silenziatore in un impianto di scarico costituisce una modifica del sistema, per cui, se da una parte produce l’attenua­zione desiderata delle oscillazioni di pressione, dall’altra altera inevi­tabilmente il comportamento dell’intero gruppo. Ogni tentativo di prevedere l’effetto sul rumore, prodotto dall’inserimento di un ele­mento, deve perciò tenere conto della sua reazione sul sistema. In pratica conviene procedere per successive approssimazioni, sce­gliendo un silenziatore le cui caratteristiche (considerato come ele­mento isolato) siano atte ad eliminare le frequenze di disturbo presenti nello spettro del rumore emesso dal motore. Successiva­mente modificarne (se necessario) la geometria, alla luce degli effetti

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misurati o previsti a calcolo, conseguenti al suo inserimento nel si­stema di aspirazione o di scarico.Risulta perciò importante poter definire le capacità di attenuazione di un silenziatore «isolato», collegato cioè da una parte con una sorgente di rumore che non sia influenzata dalle riflessioni da esso prodotte, dall’altra ad un'uscita completamente assorbente, che

TRANSMISSION LOSS: TL = 10 log10 (P, / PT)

Figura 13.12 - Schemi adottati per la definizione dei parametri di valutazione dell'attenuazione prodotta da un silenziatore:a) Transmission Loss, riferita aI silenziatore isolato (collegato cioè ad una sorgente e ad un terminale privi di eco), risulta funzione della sua sola geometria;b) Insertion Loss confronta la situazione con il silenziatore inserito con quella priva, valutandone così l ’interazione con l'intero sistema.

INSERTION LOSS:IL = 10 log,o ( p j / p j )

L y

b)

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non dia cioè alcuna eco delle onde che la raggiungono (anecoica). In queste condizioni il livello di potenza sonora di un’onda piana di data frequenza, che passa attraverso il silenziatore, subisce un’at­tenuazione (in dB) che risulta funzione della sua sola geometria e ne caratterizza pienamente il comportamento acustico.Si definisce allora Transmission Loss (Figura 13.12-a) la differenza in dB tra il livello della potenza dell’onda incidente I e quello del­l’onda trasmessa T:

TL = 10 log10 (P, / PT) 13-7

Purché le oscillazioni di pressione dell’onda incidente non siano troppo elevate rispetto al valor medio, la 71 risulta indipendente dal­l’intensità dell’onda incidente e funzione della sola frequenza e della geometria del silenziatore che definisce così in modo compiuto.Questo parametro risulta semplice da calcolare grazie all’ipotesi di sorgente e terminale anecoici, mentre presenta qualche problema in più all’atto del suo rilievo sperimentale, richiedendo (in base alla 13-7) la misura di due potenze acustiche, attualmente eseguite me­diante una sonda (formata da due microfoni affacciati) che per­mette di rilevare contemporaneamente la pressione e la velocità del fluido.Quando il silenziatore viene inserito in un impianto più complesso, agisce su di esso modificandone le caratteristiche, ma nello stesso tempo subisce gli effetti riflessi provenienti dagli altri elementi del sistema. Di conseguenza, per una data frequenza, l’attenuazione risultante non sarà in generale uguale alla Transmission Loss cor­rispondente. Si definisce allora Insertion Loss (Figura 13.12-b) la differenza in dB tra i livelli di pressione sonora, misurati in un punto dello spazio (a distanza fissa L) prima e dopo l’inserimento del silenziatore:

/L = 10 log10 (pe02 / pes2) 13-8

Questo parametro fornisce una misura completa dell’effetto di inse­rimento di un silenziatore in un dato sistema, ma come già detto non ne definisce in modo intrinseco le caratteristiche. A differenza della TL, la IL risulta difficile da calcolare, perché richiede la cono­scenza del diverso modo di reagire della sorgente di rumore al varia­re delle caratteristiche del sistema; è però molto facile da rilevare sperimentalmente, mediante un semplice microfono.Come già anticipato la IL è la grandezza che alla fine ci interessa conoscere, ma normalmente si procede per passi successivi, inco­minciando col disegnare un silenziatore per ottenere una certa TL, prevista in base allo spettro del rumore emesso dal motore, e poi modificandola sulla base delle misure (o delle previsioni a calcolo) di IL effettuate.

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Figura 13.13 - Camera d’espansione disposta in serie con il condotto di scarico. La lunghezza assiale L determina il valore delle frequenze su cui essa agisce, mentre il rapporto tra le sezioni influenza l ’intensità dell’effetto prodotto.

tI

13.7Caratteristiche degli elementi di unsilenziatore

Il comportamento acustico di alcuni elementi, che costituiscono la base per la realizzazione di silenziatori pratici, viene descritto dalla rispettiva curva di 7L in funzione della frequenza, la quale può es­sere prevista a calcolo con modelli più o meno semplificati e/o ve­rificata attraverso misure sperimentali. In questo paragrafo si illu­strerà l’andamento di queste curve caratteristiche per gli elementi più comuni.

Figura 13.14- Andamento della Transmission Loss prodotta da una camera d’espansione, attraversata in serie dal flusso, in funzione dei parametri geometrici che la definiscono e del rapporto tra la frequenza dell'onda incidente fe quella propria del silenziatore f 0.

m2,w«O

ocow5coz

RAPPORTO FREQUENZE// f 0

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13.7.1 Camera di espansione in serie

Figura 13.15- Transmission Loss prodotta da due camere d'espansione in serie, collegate da un condotto di lunghezza pari a quella di una sola. Essa risulta sensibilmente accresciuta rispetto a quella prodotta da una sola camera (con S JS C.= 16), anche se aumentano le frequenze per le quali il sistema risulta trasparente.

Si tratta di una capacità di sezione Ss nettamente più grande di quella del condotto Sc (Figura 13.13) attraversata in serie dai gas. Al variare della frequenza dell’onda incidente, la massa di gas con­tenuta in questa camera entra in risonanza tutte le volte che un nu­mero intero di mezze lunghezze d’onda uguaglia la sua lunghezza L. Le frequenze di risonanza sono dunque date dalla fondamentale (sistema aperto agli estremi):

/ 0 = a / 2L 13-9

accompagnata dalle sue multiple intere. In corrispondenza di queste frequenze la camera risulta perfettamente trasparente, ossia non esercita alcuna attenuazione sul rumore incidente. La TI aumenta però allontanandosi da tale valore di frequenza ed al crescere del rapporto Ss / Sc (Figura 13.14), perché cresce l’effetto reattivo pro­dotto. In teoria le curve riportate in Figura 13.14 dovrebbero ripetersi indefinitamente al crescere del rapporto f l f 0, però i risultati speri­mentali sono in buon accordo con l’andamento qui riportato fino a che le frequenze raggiungono i valori per cui il gas nella camera può vibrare in uno dei possibili modi trasversali e radiali.La Figura 13.15 mostra poi che l’attenuazione massima può essere aumentata, realizzando due identiche camere in serie o colle­gandole tra loro con un condotto di lunghezza pari a quella della ca­mera, vantaggio spesso pagato con l’introduzione di qualche punto di trasparenza (annullamento della TL) in più nel campo delle frequenze.

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Figura 13.16 - Rappresentazione schematica di una camera d'espansione disposta in parallelo con il flusso che attraversa il sistema o risonatore di Helmhoitz. Il suo collegamento con il condotto principale può avvenire attraverso:a) un collo di lunghezza L;b) uno o più fori di raggio R.

a)

b)

13.7.2 Capacità in parallelo o risonatore di Helmholtz

Viene realizzato disponendo un volume Vs in parallelo con il con­dotto principale, con il quale è acusticamente collegato attraverso un’opportuna finestra (Figura 13.16), che può assumere diverse configurazioni geometriche: uno o più fori, un condotto (o collo) di lunghezza L e raggio R, una fessura rettangolare lungo l’asse del condotto, oppure lungo la sua circonferenza fino ad ottenere due condotti affacciati ad una certa distanza, ecc.Detta k la conduttività fluidodinamica del collegamento tra il con­dotto e la capacità, si dimostra che la frequenza di risonanza di quest'ultima è data dalla relazione: __

j. a I kf ‘ - - 2 n U 13- ' °

Quando il volume in parallelo risuona secondo questa sua frequen­za naturale, assorbe tale frequenza da quelle che attraversano il condotto principale e la 71 diventa molto alta (teoricamente infinita) in prossimità à \fQ (Figura 13.17). Per frequenze diverse, l’attenua­zione è controllata dal parametro /k v ; / 2SC e, per valori elevati di tale rapporto (grandi Vc), si ottiene un buon effetto su di una banda di frequenze sufficientemente ampia. I rilievi sperimentali si mo­strano in buon accordo con la teoria, eccetto che per il picco di TL che viene in pratica smussato intorno a valori piuttosto elevati (20+40 dB).La conduttività k del collegamento ha le dimensioni di una lunghez-

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Figura 13.17 - Transmission Loss prodotta da una capacità in parallelo (o risonatore di Helmholtz) in funzione del rapporto tra la frequenza dell'onda incidente f e quella propria f a al variare del parametro caratteristico VV14 / 2 Sa che sintetizza l'effetto della geometria del risonatore.

CD2,cocoO

<i ri-

RAPPORTO FREQUENZE///0

za ed è correiabile con la sua geometria attraverso semplici relazio­ni, che conservano la loro validità fino a che le dimensioni si man­tengono piccole rispetto alla lunghezza delle onde considerate. Per un semplice foro circolare è k = 2 R, mentre per un collegamento con un collo di lunghezza! e raggioR, si ha:

k = xR21 (L + nR I 2) 13-11

che coincide con la precedente perZ = 0.Per ampliare la banda di frequenze su cui il silenziatore agisce, si possono accostare due risonatori con frequenze proprie diverse

Figura 13.18 - Accostando due risonatori con frequenze proprie diverse si amplia il campo d'azione del silenziatore. I rilievi sperimentali mostrano un buon accordo con le previsioni teoriche, eccetto che per i valori di picco, (in corrispondenza delle frequenze di risonanza), che vengono tagliati su livelli di TL piuttosto elevati.

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(Figura 13.18), oppure imporre più passaggi nello stesso volume, con diverse conduttività di collegamento.

13.7.3 Risonatore a colonna

13.7.4Silenziatoredissipativo

È ottenuto disponendo in parallelo con il condotto principale un tubo di sezione confrontabile (spesso uguale) e lunghezza L, il quale presenta come modi propri di oscillazione quelli caratterizzati dalla frequenza fondamentale (tubo chiuso ad un estremo [ventre] ed aperto all’altro [nodo]):

f 0 = a l 4L 13-12

e dalle sue multiple dispari. La Figura 13.19 mostra i valori di TL calcolati e misurati per questo tipo di silenziatore (con sezione pari a quella del condotto), al variare della sua lunghezza/,. Si vede che l’attenuazione risulta piuttosto marcata (teoricamente infinita) in corrispondenza di una banda stretta in prossimità della frequenza di risonanza, allontanandosi dalla quale scende praticamente a zero. Per abbattere le basse frequenze, la 13-12 fa vedere che oc­corrono valori di L piuttosto grandi (p e ri = 1 m si h a ^ ~ 82 Hz). È possibile contenere gli ingombri che ne deriverebbero, realizzando tale silenziatore per mezzo di colonne concentriche (Figura 13.20) di sezione anulare costante, messe tra loro in comunicazione alle rispettive estremità.

Viene ottenuto facendo passare i gas (vedere Figura 13.11-a) in un tubo perforato, circondato da materiale fonoassorbente (come: lana di vetro, di roccia, d’acciaio, ecc.) che assorbe e dissipa l’e­nergia associata alle oscillazioni di pressione. L’attenuazione è pro­porzionale alla lunghezza ed al perimetro bagnato, ossia alla su­perficie di contatto tra gas e materiale assorbente. Per evidenziare l’effetto degli altri parametri, la Figura 13.21 riporta la TL, per un silenziatore dissipativo di lunghezza pari al raggio del condotto (L = d j 2). La TL per una generica lunghezza L sarà ad essa pro­porzionale e legata a TL, dalla relazione:

TLl = T L , - 2 L l d 0 13-13

Si può allora notare che:— l’attenuazione è piccola alle basse frequenze, ma cresce rapi­

damente con / (nel passare ad esempio da 100 Hz a 1000 Hz, la TL aumenta 100 volte);

— essa cresce alle basse frequenze con il coefficiente di assorbi­mento, che dipende dal tipo di materiale, dalla sua densità (o compattezza) e dallo spessore dello strato che circonda il con­dotto (alle alte frequenze si ha però una specie di saturazione).

Questo tipo di silenziatore presenta il vantaggio di dare una mode­sta perdita di carico, ma è più costoso dei tipi a riflessione e vede le proprie caratteristiche alterarsi con il tempo, perché il materiale as-

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40

30

20

10

0

Figura 13.19 - Confronto tra i valori di Transmission Loss calcolati e misurati per risonatori a colonna di diversalunghezza e di sezione pari a quella del condotto. L'attenuazione prodotta à limitata ad una ristretta banda di frequenze vicine alla fondamentale ed alle sue multiple dispari.

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Figura 13.20 - Risonatore a colonna realizzato mediante elementi cilindrici concentrici di sezione anulare costante, comunicanti alle rispettive estremità. L'ingombro globale risulta così molto piccolo in direzione radiale (V3dc nell’esempio) e contenuto in sensolongitudinale (LI2), dove per altro si hanno limitazioni meno strìngenti.

FREQUENZA [KHz]

Figura 13.21 -Attenuazione specifica prodotta da un tipico silenziatore dissipativo, ottenuto avvolgendo uno strato di tre diversi spessori di materiale fonoassorbente (lana di roccia), attorno ad un condotto forato. La TL, è relativa ad un tratto di lunghezza assiale pari a l raggio deI condotto, per cui la TL di un silenziatore di generica lunghezza L potrà essere calcolata mediante la 13-13.

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sorbente è soggetto ad un’azione di disgregamento a causa: delle oscillazioni di pressione, delle vibrazioni e delle condense acide, ed è in parte asportato dal flusso dei gas.

13.7.5 Effetto del flusso medio

Figura 13.22 - Influenza del flusso medio sull’attenuazione prodotta da una camerad’espansione con estensione del condotto d’ingresso. L’effetto prodotto da questo elemento, disposto in parallelo con il sistemaprincipale, risulta fortemente ridotto dalla presenza di un flusso medio.

Si richiama l’attenzione sul fatto che le caratteristiche dei filtri sempli­ci, riportate in questo paragrafo, prescindono dalla presenza di un flusso medio, sono state cioè calcolate supponendo il gas fermo. In realtà, specialmente in sistemi di scarico, le velocità non sono trascu­rabili e possono influenzare le prestazioni di alcuni tipi di silenziatori.Il flusso medio viene caratterizzato per mezzo del Numero di Mach, definito come rapporto tra la velocità media del fluido e quella con cui si propagano in esso le perturbazioni sonore. Valori tipici sono M = 0,15-5-0,25 (essendo um = 60-5-80 ms~1 ed a = 340-5-500 ms'1). Essi crescono proporzionalmente al regime di rotazione, anche se va tenuto presente che oltre un certo regime non interessa più stu­diare il rumore gasdinamico, perché il suo livello diventa piccolo ri­spetto a quello di origine meccanica.Quale esempio, in Figura 13.22 sono riportate le variazioni di TL, nel passare da M = 0 a M = 0,15, per una camera di espansione con estensione all’ingresso. Sulla base di questi risultati e di altri simili, si può dire che, in generale, la presenza di un flusso medio:— fa diminuire leggermente (del 2,5% nel caso specifico) le fre­

quenze di picco o di annullamento;— riduce decisamente i picchi di attenuazione dovuti a risonan­

ze di paralleli (risonatore di Helmholtz, tubo chiuso, estensio­ni, ecc.);

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Figura 13.23 - Schematizzazione di un silenziatore con un elemento perforato, che consente la comunicazione con la cavità circostante, li flusso attraverso i fori (di cui il particolare della figura fornisce i dettagli per una singola apertura), permette al volume del silenziatore di esercitare un’azione reattiva ed insieme dissipativa sulle condizioni di moto del fluido che l ’attraversa.

— influenza poco le attenuazioni dovute ai volumi in serie (camere di espansione semplici e multiple), tendendo ad aumentarle alle basse frequenze;

— nel caso di elementi dissipativi, con materiale assorbente, l’ef­fetto del flusso medio è trascurabile.

13.76 Silenziatori ad elementi perforati

Sono caratterizzati dalla presenza, sulla superficie laterale dei con­dotti interni, di tratti con fori di diametro relativamente piccolo (Fi­gura 13.23), che li mettono in comunicazione con le varie cavità del silenziatore. I fori vengono lambiti ed attraversati dal flusso medio, esercitando sulle condizioni di moto dei gas un’azione reattiva ed insieme resistiva. Quest’ultimo effetto porta ad una dissipazione di energia, del tutto simile a quella prodotta nei silenziatori con mate­riale assorbente. Un’analisi delle loro caratteristiche non può allora prescindere dalla presenza di un flusso medio, il quale può modifi­care sostanzialmente la resistenza dei fori e quindi l’attenuazione realizzata.I fori sono in genere uniformemente distribuiti sulla superficie late­rale dei condotti e vengono caratterizzati tramite il parametro poro­sità (simbolo: a), definito come rapporto tra la totale superficie di passaggio da essi offerta e quella laterale del tratto di tubo interes­sato. Se in un condotto di diametro dc si ha una serie di fori di diametro df sulla circonferenza (vedere Figura 13.23), con passo longitudinale L, la porosità risulta:

n i Jt d jZ Jt dc L

n f d f 4 d0L

13-14

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cocoo_ lzOcoco

coz<ir

FREQUENZA [KHz] FREQUENZA [KHz]

mT3.cocoO_ izococo

<oc

FREQUENZA [KHz] FREQUENZA [KHz]

Figura 13.24 - Attenuazione prodotta da una camera semplice di espansione attraversata da un condotto perforato. A l crescere della sua porosità a, l ’attenuazione aumenta perchè, al comportamento come camera d’espansione, se ne sovrappone uno come risonatore a banda stretta. Per alti valori di porosità, la TL si avvicina poi a quella della semplice camera d’espansione (riportata a linea a tratti in tutti i diagrammi).

La Figura 13.24 mostra l’effetto di a sull’attenuazione prodotta da una camera semplice attraversata da un solo condotto perforato, senza paralleli. In ciascuno dei quattro diagrammi essa è confron­tata con quella relativa ad una semplice camera di espansione, cui si avvicina sempre più quanto maggiore è la porosità. Invece per valori molto bassi di o l’attenuazione scade sensibilmente, andan­do praticamente ad annullarsi per a tendente a zero, perché il silenziatore assume allora la forma di un semplice condotto senza variazione di sezione. Ai valori intermedi (ad esempio per a = 0,02), al funzionamento come camera di espansione se ne sovrappone un altro come risonatore con una banda ristretta di alta attenuazio­ne, la quale risulta generalmente migliorata in tutto il campo delle frequenze.

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Figura 13.25 - Confronto tra le attenuazioni prodotte, a parità di volume globale, da: una camerad'espansione, un silenziatore dissipativo ed uno con condotto perforato. Le prestazioni di quest’ultimo appaiono intermedie e particolarm ite buone alle sse frequenze.

L’effetto di queste ultime è poi evidenziato in Figura 13.25, la quale mostra che il funzionamento del silenziatore perforato è intermedio tra la camera d’espansione e quello dissipativo, rispetto al quale produce un’attenuazione maggiore alle basse frequenze e minore alle alte. Il migliore comportamento alle basse frequenze, unito al pregio di non subire decadimenti col tempo e non inquinare, giustifi­ca l’attuale tendenza a sostituire i silenziatori dissipativi con quelli perforati, specialmente negli impieghi in cui si trovano a lavorare con gas ad alta temperatura.Aumentando il numero delle camere ed imponendo al flusso medio l’attraversamento delle superfici forate, tramite interruzioni nel con­dotto principale (Figura 13.26), si ottengono attenuazioni sempre più elevate che crescono col numero di Mach e con la diminuzione della porosità. Entrambe le variazioni infatti comportano un aumen­to della resistenza offerta dai fori e della loro azione dissipatrice, che produce però contemporaneamente una maggiore contropres­sione al flusso medio.

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Figura 13.26 - Attenuazione prodotta da un silenziatore a due camere, con elementi perforati integralmente attraversati dal flusso medio. A l crescere del numero di Mach del flusso ed al diminuire della porosità degli elementi, la TL aumenta perchè si ha una maggiore azione dissipatrice sui fori di passaggio.

13.8 Criteri di progetto

FREQUENZA [KHz]

Sulla base delle considerazioni svolte nei paragrafi precedenti, si possono ora riassumere alcuni criteri generali che è bene tenere presente durante lo sviluppo del progetto di silenziamento di un motore.

Innanzitutto occorre stabilire l'attenuazione richiesta per ridurre il rumore gasdinamico al livello giudicato accettabile. Essa può esse­re determinata confrontando lo spettro del rumore che si vuole otte­nere in base agli obiettivi di progetto, con quello emesso dalla se­zione terminale dei sistemi di aspirazione o scarico del motore in esame (o di uno simile), quando è munito di semplici tubi convo­gliatori dei gas o di una soluzione che si vuole migliorare. Si potran­no così individuare i campi di frequenza in cui occorre agire e le ampiezze dell’attenuazione necessaria. Normalmente l’interesse è concentrato neH’intorno delle prime quattro armoniche della fre­quenza con cui si succedono i cicli, fornita dalla 13-6 (ossia su valo­ri al disotto di 1 kHz), mentre l’abbattimento aumenta con II volume complessivo dei silenziatori, o meglio con il rapporto tra tale volume e la cilindrata (valori tipici: 4 + 12).

Le caratteristiche del rumore non variano molto con il tipo di moto­re. Nei due tempi le frequenze in gioco sono un po’ più elevate, perché la frequenza con cui si succedono i cicli (a pari ri) è doppia. Nei motori sovralimentati, la presenza dei compressori e delle turbi­

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ne provoca una maggiore regolarizzazione del flusso, con un’atte­nuazione delle pulsazioni di bassa frequenza, ma danno luogo a un rumore aggiuntivo ad alta frequenza dovuto all’elevata velocità di rotazione di questi dispositivi e al conseguente rapido passaggio delle pale.Per quanto riguarda l’aspirazione, la soluzione più comunemente usata (vedere Figura 13.27) è costituita da una camera d’espan­sione (in cui può essere agevolmente collocato il filtro), collegata all’ambiente con un condotto per la presa dell’aria. Allo scarico in genere si fa uso di uno o più silenziatori di diverso tipo (vedere Fi­gura 13.28), a seconda dello spazio disponibile e delle configura­zioni adottate.Le basse frequenze si attenuano principalmente con i silenziatori di tipo reattivo, mentre per l'abbattimento delle alte si fa uso di quelli ad assorbimento od ad elementi perforati, che hanno un buon effet­to anche alle basse e medie frequenze. Nel campo dei silenziatori reattivi, la configurazione può influenzare sensibilmente l’attenua­zione, che cresce suddividendo il volume in due o più camere (spe­cie alle frequenze più elevate), aumentando il rapporto tra il diame­tro interno e quello del condotto, utilizzando estensioni dei tubi (connettori in parallelo: vedere Figure 13.15 e 13.22).Mentre per i silenziatori a camera semplice o multipla (con o senza connettori), l’attenuazione è poco influenzata dal flusso medio, per i risonatori di tipo parallelo si è visto che si ha una forte riduzione al crescere del numero di Mach. Va quindi tenuto presente che il loro impiego risulta meno efficace nei sistemi che lavorano con valori di M del flusso medio piuttosto elevati. Alle estremità, inoltre, i con­dotti terminali devono interessare una massa di fluido sufficiente-

Figura 13.27 - Soluzione (con relativa schematizzazione) comunemente usata per attenuare il rumore in aspirazione: camera d’espansione (in cui viene generalmente posto il filtro), collegata all’ambiente da uncondotto per la presa dell’aria.

Schema:

L

Volume Al motore

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mente grande, in relazione alla capacità dell’ultimo silenziatore, per cui la loro lunghezza deve essere ottimizzata caso per caso.La funzione di attenuazione del rumore deve poi interagire positiva- mente con le prestazioni del motore. In particolare occorre limitare le perdite di carico, dovute alle restrizioni al flusso medio, che por­tano ad una diminuzione della potenza a tutti i regimi. Specie per i silenziatori ad elementi perforati con attraversamento, è facile otte­nere alti valori di attenuazione, accompagnati però da elevate per­dite di carico. È consigliabile quindi tenere sotto controllo il rapporto tra l’area di attraversamento e quella del condotto, da cui dipendo­no le velocità del fluido. Dal punto di vista della contropressione, in generale, sono da preferirsi le soluzioni «passanti», senza attraver­samenti od inversioni di direzione del flusso, e grandi diametri dei condotti, compatibilmente con problemi di peso ed ingombro.I dispositivi di silenziamento non devono inoltre interferire con il si­stema di onde di pressione, capaci di influenzare i fenomeni di la­vaggio e riempimento dei cilindri (vedere Capitolo 4), che è nor­malmente controllato dalla parte più vicina al motore, grosso mo­do quella che lo collega con la prima capacità (filtro aria o primo silenziatore).I calcoli di progetto si effettuano in genere sulla base della teoria delle onde acustiche piane (vedere il paragrafo 13.9), procedendo per passi successivi. Si parte dallo studio in dettaglio dei singoli si­lenziatori, in modo da avere una loro caratterizzazione in termini di Transmission Loss, per passare poi allo studio del sistema completo, nel quale i singoli elementi esercitano tra loro una mutua influenza.Può essere utile talvolta fare riferimento, nel progetto dei silenziato­ri, a criteri di similitudine. Silenziatori geometricamente simili hanno le stesse attenuazioni, purché il confronto si faccia a frequenze per cui risulti costante il rappòrto tra lunghezze geometriche e lunghez­za d’onda (ad esempio se si raddoppiano le dimensioni si hanno le stesse attenuazioni a frequenze metà). Si ottengono i medesimi abbattimenti alle stesse frequenze, se si variano in proporzione solo le sezioni (sezione condotto interno, condotto esterno, area

Figura 13.28 - Tipica configurazione di un sistema di scarico di un motore d ’autovettura: 1J silenziatore frontale, generalmente di tipo reattivo ad elementi perforati; 2) silenziatore intermedio, di tipo reattivo, o ad elementi perforati; 3) silenziatore finale, normalmente ad assorbimento; 4) condotto terminale di lunghezza ottimizzata.

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13.9 Modelli di calcolo dei silenziatori

fori risonatore, ecc.), senza cambiare le lunghezze (lunghezze ca­mere espansione, paralleli, connettori, ecc.). Al variare della sola temperatura, le attenuazioni non cambiano in grandezza, ma slitta­no in frequenza, in proporzione alla velocità del suono corrispon­dente alla temperatura.Il progetto deve poi tenere conto anche della funzionalità meccani­ca: sia come disegno che come scelta dei materiali, deve assicura­re sufficiente affidabilità e resistenza alle sollecitazioni meccaniche (statiche e dinamiche dovute alle vibrazioni) e alla corrosione. L’analisi di tipo strutturale dovrebbe anche mettere in luce la possi­bilità di trasmissione di rumore alle pareti e le forze pulsanti ai sup­porti. Per aumentare le frequenze proprie delle pareti dei silenziato­ri si possono: aumentare gli spessori, introdurre irrigidimenti, usare lamiere a doppio strato, ecc., con evidenti implicazioni sui pesi e sui costi. Per migliorare la resistenza alla corrosione, si possono usare acciai inossidabili o prevedere rivestimenti ceramici.

I calcoli di progetto dei silenziatori vengono normalmente effettuati mediante modelli, che ne simulano in modo più o meno approssi­mato il comportamento, onde conseguire un accettabile compro­messo tra l’accuratezza delle previsioni, la complessità degli algo­ritmi ed il tempo e costo di calcolo.La trattazione dei silenziatori si basa naturalmente sullo studio del moto del fluido attraverso i sistemi di aspirazione e scarico, il quale si è visto (paragrafo 4.6) che può essere condotto con diverse ap­prossimazioni. Quella più usata, per i suoi pregi di semplicità e suf­ficiente accuratezza, prevede un'analisi di tipo monodimensionale. Si ritengono cioè le dimensioni assiali dei sistemi in esame netta­mente prevalenti rispetto a quelle trasversali. Si fa perciò l'ipotesi che le grandezze che individuano le caratteristiche del flusso, siano uniformi in ogni punto della generica sezione e funzione quindi di una sola coordinata di posizione e del tempo.Quando poi lo studio è limitato alla determinazione dell’effetto pro­dotto dai vari componenti sul rumore, può essere conveniente intro­durre alcune ulteriori semplificazioni. Le grandezze che caratteriz­zano il sistema in ogni sua sezione (pressione, densità e velocità) possono essere viste come la somma di un valore medio e di oscil­lazioni rispetto ad esso. Se si considerano:1. infinitesime le variazioni di tali grandezze rispetto ai valori medi;2. nullo il flusso medio (ossia nullo il valor medio della velocità);3. trascurabili gli attriti e gli scambi di calore alle pareti,si perviene alla teoria acustica classica, che è in grado di studiare la propagazione di oscillazioni di piccola ampiezza (onde acusti­che) per mezzo di relazioni linearizzate.Rispetto a questa teoria si possono poi fare ulteriori semplificazioni, caratterizzando ad esempio gli elementi di un sistema acustico (in analogia con quanto fatto per i circuiti elettrici) con una resistenza,

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massa e capacità acustica globale [15] (teoria acustica ad elementi concentrati: dà risultati accettabili solo alle basse frequenze). Op­pure si può lasciare cadere la seconda ipotesi restrittiva e conside­rare gli effetti del flusso medio, che altera la trasmissione di energia attraverso le discontinuità e quindi la sua effettiva dissipazione (te­oria acustica con flusso medio non nullo).

In ogni caso i modelli acustici permettono di determinare l’attenua­zione dei silenziatori in termini di risposta in frequenza ad una da­ta eccitazione, utilizzando il metodo di calcolo più comune basa­to sull’uso delle funzioni di trasferimento o quello più generale ad elementi componenti. Nel primo caso gli elementi del sistema sono caratterizzati dalle relative matrici di trasferimento, relazio­ni cioè che permettono di esprimere le grandezze tipiche in una se­zione in funzione dei valori all’altro estremo dell’elemento. La sua utilizzazione è però limitata ai sistemi acustici privi di maglie o concatenazioni.

Il secondo può essere considerato un metodo agli elementi finiti unidimensionali (con funzioni di forma esatte) e risulta di validità più generale. Esso richiede la soluzione simultanea delle espressioni che definiscono il comportamento di ciascun componente, impo­nendo così la soluzione di sistemi algebrici piuttosto complessi, quando tali risultano i circuiti acustici.

In questo modo si possono studiare tutti i tipi di silenziatori (reattivi, dissipativi, ad interferenza) e le loro combinazioni, prestandosi bene questi modelli alla simulazione di sistemi anche piuttosto complessi dal punto di vista della geometria. A proposito invece delle ipotesi semplificatrici da loro adottate, si possono fare le se­guenti osservazioni:1. le perturbazioni di pressione e velocità (specie sui motori veloci) sono in realtà finite, potendo raggiungere le ampiezze delle oscilla­zioni in prossimità delle luci del motore, il 30 + 50% del valore me­dio (vedere Figura 4.7). Le onde effettive sono quindi sufficiente- mente deboli da poter essere trattate con le approssimazioni acu­stiche, solo negli elementi piuttosto lontani dai cilindri;2. l'effetto del flusso medio risulta talvolta sensibile (specie nel caso di paralleli: vedere il paragrafo 13.3), ma è possibile tenerne conto con una complicazione aggiuntiva di calcolo accettabile;3. l’aver trascurato gli attriti e gli scambi di calore alle pareti non introduce grandi errori nei risultati, purché le sezioni dei condotti non siano molto piccole e si utilizzino valori appropriati della tempe­ratura media del fluido nei diversi elementi componenti il sistema, per il calcolo della relativa velocità del suono.

In alternativa alla teoria acustica che implica l’analisi di oscillazioni di piccola ampiezza nel dominio della frequenza, un altro gruppo di modelli si basa sulla soluzione per via numerica nel dominio del tempo di onde di ampiezza finita. A tale scopo basta utilizzare i modelli gasdinamici illustrati brevemente al paragrafo 4.8, per cal­colare le condizioni del flusso instazionario lungo i sistemi di aspira­zione e scarico, in modo da avere l'evoluzione nel tempo delle va­

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Figura 13.29 - Principali elementi costituenti il sistema per il controllo attivo del rumore emesso dallo scarico di un Diesel per generatore di corrente.Siccome il motore funziona a regime stazionario, il rumore prodotto risulta periodico, per cui può' essere cancellato da unaperturbazione in opposizione di fase emessa dall’altoparlante.

riabili che definiscono le condizioni di moto in ogni punto del siste­ma [16-5-20], Conoscendo cioè le variazioni nel tempo della portata di fluido scambiata dalle sezioni terminali del sistema con l’ambien­te esterno, è possibile determinare il rumore irradiato nell’atmosfe- ra, considerando tali estremi come sorgenti monopolari.Circa l’ipotesi di monodimensionalità adottata dalla maggior parte dei modelli (basati sulla teoria acustica o su quella delle onde fini­te), occorre tenere presente che essa perde validità quando le di­mensioni trasversali del sistema diventano confrontabili con la lun­ghezza delle onde in gioco (tipicamente: (0,2-5-0,4)X). In tale caso occorre passare a modelli bi- o tridimensionali, mantenendo o meno le limitazioni acustiche a seconda delle ampiezze in gioco. I modelli più comunemente usati fanno ricorso al metodo degli ele­menti finiti [24^-28] per discretizzare il continuo in elementi separati da superficie immaginarie e collegati attraverso i punti nodali, nei quali si giunge a determinare le grandezze di interesse acustico. È così possibile tenere conto degli effetti tridimensionali, particolar­mente evidenti nei silenziatori con direzione del flusso invertita e/o condotti di ingresso e di uscita con assi sfalsati.

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13.70 Il controllo attivo del rumore

Si è visto nei paragrafi precedenti che le tecniche tradizionali per l'abbattimento del rumore si basano sui principi: dell’assorbimento delle oscillazioni di pressione, della loro attenuazione in elementi reattivi o del loro annullamento per interferenza. Esse possono es­sere definite «passive», perché non comportano alcuna nuova in­troduzione di energia nel campo acustico considerato. Lo sviluppo, però, dei sistemi elettronici sta ora rendendo praticamente possibi­le [29, 30] l’attuazione di un «controllo attivo» del rumore, basato cioè sull’immissione nel campo acustico che si vuole silenziare, di una perturbazione speculare nel dominio del tempo (ossia: in oppo­sizione di fase) di quella da cancellare.La Figura 13.29 illustra il principio di funzionamento di un’apparec­chiatura di questo tipo, in grado di realizzare un abbattimento attivo del rumore emesso allo scarico di un motore, funzionante a regime stazionario. Trattandosi in questo caso di un disturbo periodico, sul­la base delle informazioni fornite da un sensore della frequenza di rotazione dell’albero motore, un sintetizzatore prepara un’onda di cancellazione, che viene emessa da un altoparlante affiancato allo scarico. Un microfono controlla il rumore residuo, derivante dall’in­terazione dei due campi acustici (vedere Figura 13.30), in modo da ottimizzarne l’attenuazione nel giro di pochi secondi.

Figura 13.30 - Principio di funzionamento del sistema di Figura 13.29. A ll’onda acustica emessa dallo scarico del motore,l ’altoparlante ne sovrappone una in opposizione di fase, che interferisce con la prima.Il microfono rilevail rumore residuo, permettendo al gruppo di controllo di ottimizzare rapidamente la soppressione di rumore prodotta.

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I vantaggi offerti da questa tecnica nel silenziamento del rumore gasdinamico sono evidentemente molteplici e vanno dalla possibili­tà di realizzare sistemi di abbattimento con perdite di carico molto basse, a quella di poter controllare con maggiore facilità proprio il rumore a bassa frequenza, per il quale i sistemi tradizionali richie­dono spesso soluzioni troppo ingombranti.Se si tiene presente, infine, che il controllo attivo può essere appli­cato, secondo il principio esposto in precedenza, anche alle vibra­zioni trasmesse dal motore alla struttura di sostegno attraverso i supporti (sostituendo i microfoni con gli accelerometri e gli altopar­lanti con attuatori elettro-oleodinamici), si comprende quali nuove possibilità di intervento esso offra per la soluzione dei problemi di tipo acustico-vibrazionale.

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14. Flussi di calore e sistemi di raffreddamento

14.7Bilancioenergetico

Si è visto che nei motori a combustione interna, (come ricordail nome stesso) la combustione avviene all’interno del cilindro, portando il fluido di lavoro da poche centinaia di gradi ad oltre i 2000 °C. Ne deriva un intenso flusso di calore (con punte di 5 -i-10 MW/m2):— fra i gas e la superficie interna della camera di combustione,

attraverso gli organi (testata, valvole, pistoni, cilindri, ecc.) che la delimitano;

— dalla superficie esterna di questi ultimi al fluido refrigerante.Esso provoca consistenti sollecitazioni di origine termica in molte parti del motore e causa una dissipazione verso l’ambiente esterno di energia, che sarebbe stato auspicabile, invece, convertire in la­voro meccanico.Fin dalla nascita del motore a combustione interna, l’esperienza ha suggerito la pratica della refrigerazione dei cilindri, effettuata tenen­do sempre presente che lo scopo'cfa Tàgg¡ungere non è la sottra­zione di forti quantità di calore (operazione che comporta eccessive perdite termiche), ma la limitazione delle temperature al di sotto dei valori imposti principalmente da proBlèm u ^ e di possibilità di lubrificazione. Ad essi si aggiunge, nei solo caso del motore Otto, la necessità di evitare forme di accensione ano- male. della miscela aria-combustihile. Se si avessero perciò a di­sposizione materiali, lubrificanti e combustibili capaci di compor­tarsi bene a temperature dell’ordine della media del ciclo, si potreb­be pensare di realizzare un motore «adiabatico», da cui tutto il ca­lore che non può essere convertito in lavoro viene evacuato con i gas di scarico.Fino a pochi anni fa, però, l’indirizzo costruttivo non era stato rivolto in questo senso, in quanto il costo e l’appesantimento del motore risultavano superiori al vantaggio economico dovuto al migliora­mento di rendimento. Più recentemente, l’esasperazione del costo del combustibile e la messa a punto di nuovi materiali (di tipo cera­mico) e di efficienti tecniche di riporto di barriere termiche (sotto for­ma di sottili pellicole) hanno reso interessante il concetto di motore adiabatico (vedere Tavole 45 e 46). Questo vale soprattutto per il

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Figura 14.1 Rappresentazione schematica dei flussi di energia che attraversano un motore a combustione interna:Pe = potenza effettiva,Pi = potenza indicata,Pid = potenzainizialmentedisponibile,Pnc = potenza non liberata dai combustibile,Pp = potenza perduta,Qa-, = potenza termica dispersa, Qri = potenza termica asportata dal refrigerante, 2 gs = potenza termica trasportata dai gas di scarico,Gì u = potenza termica trasmessa alle pareti interne.

Diesel, nel quale, notoriamente, un aumento di temperatura della superficie della camera di combustione favorisce anche il processo di combustione, anziché porre dei problemi all’uso dei combustibili tradizionali.Per meglio quantificare i termini del problema, possiamo considera­re il bilancio delle energie in gioco in un motore, facendo riferimento al diagramma di Figura 14.1, dove il flusso di energia è assimilato ad un corso d’acqua che si dirama, riceve affluenti e si assottiglia per le varie derivazioni. In esso si può notare come la potenza ini­zialmente disponibile Picj, dovuta al contenuto energetico della cari­ca fresca (dato in pratica dalla portata di combustibile per il suo potere calorifico inferiore), venga ripartita nel cilindro fra:— P, = potenza indicata, ceduta dal fluido di lavoro al pistone;— Qip = potenza termica trasmessa alle pareti interne della came­

ra di combustione;— QgS = flusso di entalpia sensibile dei gas di scarico;— Pnc = potenza non liberata dal combustibile per incompleta com­

bustione.La potenza indicata P, è poi resa disponibile come potenza effettiva P6 all'albero motore, mentre una parte (4 * 8 % della iniziale Pid) è perduta Pp per vincere gli attriti nei vari accoppiamenti meccanici e per comandare gli accessori. La frazione di Pp dissipata sull’accop- piamento canna-pistone viene parzialmente ceduta al fluido refrige­rante, mentre la restante è asportata dal lubrificante (generalmente raffreddato in modo separato) e/o trasmessa all’ambiente esterno per convezione ed irraggiamento da parte delle superfici esterne del motore. Nel diagramma di Figura 14.1 si vede che quest’ultima forma di flusso di energia (indicata con il simbolo Qds) è arricchita dal contributo dato sia dai gas di scarico che dal fluido refrigerante. Infatti, una frazione (10 + 15 %) del flusso entalpico rimasto nei gas

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allo scarico del motore Qgs contribuisce a riscaldare i relativi con­dotti, da dove il calore passa in parte al refrigerante, mentre il resto è trasmesso direttamente alFambiente per convezione ed irraggia­mento. Infine, la potenza termica asportata dal fluido raffreddamen­to Q rf è costituita da quella trasmessa alle pareti interne della ca­mera di combustione <2¡p, arricchita dai contributi già ricordati dei gas di scarico e della potenza dissipata per attrito nel cilindro, men­tre è ridotta per la frazione trasmessa direttamente all’ambiente dalle superfici esterne dei condotti in cui il fluido circola.La Tabella 14.1 riporta i valori medi (espressi come % di Pid) dei termini finali del bilancio energetico di motori Otto e Diesel nelle condizioni di massima potenza. Si può allora osservare che la quantità di calore sottratta alle pareti per mantenerle sufficien­temente fredde risulta assai elevata, ammontando mediamente al 20 + 32 % dell’energia inizialmente disponibile. Bisogna peraltro ri­cordare che, anche qualora si riuscisse ad eliminare compieta- mente tale perdita, non ci si può illudere di trovare incrementata nella stessa misura la potenza meccanica sviluppata dal motore. Il calore, infatti, viene sottratto ai cilindri principalmente durante le fasi di combustione, espansione e scarico.Quello asportato durante l’ultima fase non dà ovviamente luogo ad alcuna perdita di potenza, mentre quello relativo alla combustione ed all’espansione avrebbe avuto una possibilità tanto più ridotta di essere convertito in energia meccanica, quanto più avanzato era il ciclo motore. Mediamente si può ritenere pari al 2 + 3% l’aumento della Pe, per una riduzione del 10% di ¿ ip. La restante parte di energia va ad incrementare l’entalpia sensibile dei gas di scarico. Il migliore isolamento termico delle pareti della camera di combustio­ne diventa quindi ancora più conveniente in quei casi in cui si può utilizzare buona parte di tale energia (turbosovralimentazione, re­cupero di calore, ecc.).

Tabella 14.1 Valori medi, espressi come percentuale della potenza inizialmente disponibile, dei term ini finali del bilancio energetico di un tip ico motore Otto e Diesel, nelle condizioni di massima potenza

Pnct%] Qss l%] Ó„[%]

Otto 30-5-35 2+4 30+40 20+30 3+8

Diesel 35+45 1+2 25+30 25+32 2+6

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Per completare ¡1 discorso appena impostato, può essere utile apri­re con questo paragrafo una breve parentesi nello sviluppo logico delle tematiche del presente capitolo, per ricordare che, in momenti di alto prezzo del combustibile, possono risultare globalmente con­venienti (nonostante la maggiore complessità e quindi il maggior costo d’impianto) gruppi in grado di produrre contemporaneamente (= cogenerazione) energia meccanica (spesso trasformata in elet­trica) e termica. Quest’ultima viene impiegata dalla stessa utenza per scopi tecnologici o per riscaldamento di ambienti di lavoro.In generale, si deve tener presente che la produzione combinata di energia elettrica e calore può essere ottenuta con sistemi nei quali i motori primi sono: turbina a vapore, turbina a gas o motori a com­bustione interna alternativi (prevalentemente Diesel).La Figura 14.2 mostra un confronto fra queste soluzioni, dal punto di vista dei rendimenti in gioco. Nei sistemi con turbina a vapore, nel caso di impianti più semplici il recupero viene effettuato dal con­densatore caldo (ossia a temperature e pressioni più elevate di quelle di normale impiego) e/o da eventuali spillamenti. Infatti, la temperatura del condensatore caldo è normalmente molto inferiore a quella di massimo utilizzo, per cui si presenta la necessità di inte­grazione mediante spillamenti o con caldaie aggiuntive. In questo caso, il recupero comporta una riduzione della potenza elettrica di­sponibile ai morsetti (generalmente nella misura di 1/5). Di conse­guenza, si ottiene il risultato di abbassare la disponibilità di energia elettrica, quando viene richiesta energia termica. Inoltre, quando non è attuata la cogenerazione, un impianto a vapore di questo tipo lavora con rendimenti piuttosto bassi (35 + 40 % circa).I sistemi azionati da turbine a gas sono utilizzati prevalentemente

Figura 14.2 Diagrammi a flusso delle forme di energia in gioco in impianti tipici per la produzione di energia elettrica con (linea continua) e senza cogenerazione (linea a tratti), utilizzanti diversi tipi di motore primo: E = energia elettrica prodotta, R = calore recuperato e reso disponibile a ll’utenza termica, D = energia globalmente dispersa.

14.2Impianti di cogenerazione

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Figura 14.3 Schema di un tipico impianto cogenerativo di potenza elettrica e termica, utilizzante un motore Diesel sovralimentato:1 ) uscita gas di scarico,2) recuperatore gas-acqua,3) by-pass gas di scarico,4) radiatore smaltimento calore,5) elettroven­tilatore,6) motore Diesel,7) generatore elettrico,8) valvola miscelatrice,9) recuperatore olio- acqua,10) recuperatore acqua-acqua,11) a ll’utenza termica,12) ritorno dall’utenza termica.

con funzioni di punta e di riserva. Il recupero di calore si effettua generalmente dai gas di scarico e/o dagli stadi di compressione. La turbina a gas, però, si distingue per il suo consumo specifico piutto­sto elevato, con un rendimento non superiore al 35%. Questo fatto influisce negativamente sul costo di produzione dell’energia elettri­ca, tanto più che sono normalmente utilizzati combustibili relativa­mente pregiati, quali, ad esempio, il gas metano ed il gasolio.I motori alternativi a combustione interna trovano impiego in sistemi cogeneratìvi di dimensioni medio-piccole (15 kW -i- 10 MW) e nel caso in cui risulti necessario l’impiego di un apparato motore di ele­vato rendimento. Se si escludono, infatti, le piccolissime potenze, (15 -H 50 kW), nelle quali si fa ricorso al motore a ciclo Otto (per le sue più elevate potenze specifiche all’unità di cilindrata e di peso), trova normalmente impiego in questi impianti il motore a ciclo Diesel. Questo, oltre ad avere il più elevato rendimento (35 + 45 %), inserito in un impianto di cogenerazione, permette il recupero di energia ter­mica, senza subire riduzione né di potenza, né di rendimento, con­sentendo utilizzazioni globali dell'energia del combustibile fino al 80 -i- 90 %. Le perdite (10 + 20 %) dell’energia primaria introdotta sono dovute alla somma delle perdite: per irraggiamento e conduzione, per entalpia residua nei gas combusti ed, infine, per trasformazione da energia meccanica ad elettrica da parte deH’alternatore.In questi impianti, il recupero di calore viene effettuato agendo: sui gas di scarico, sull’aria di sovralimentazione e sui fluidi che raffred­

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dano il motore (acqua ed olio di lubrificazione). I livelli di tempera­tura, ai quali ¡1 calore è disponibile, sono: 75 80 °C per l’olio; 80 + 100 °C per l’acqua di raffreddamento del motore; 150 °C per l’aria di sovralimentazione e 400 °C per i gas di scarico. Per sfrutta­re al massimo le energie residue, il fluido da scaldare percorre op­portuni scambiatori disposti in serie (vedere Figura 14.3), riceven­do successivamente calore: dall’olio di lubrificazione (mediamente un 12% del totale), dall’acqua di refrigerazione (25%), daH’aria di sovralimentazione (13%) e, infine, dai gas di scarico (50%).In conclusione, si può dire che il principale pregio dei motori alter­nativi, quando vengono impiegati nei sistemi di cogenerazione, è costituito dal fatto che la produzione di energia elettrica e termica sono assolutamente disgiunte e che la prima si mantiene, indipen­dentemente dalla seconda, su valori di rendimento elevati, para­gonabili mediamente a quelli del sistema elettrico nazionale (il ca­lore può quindi essere considerato un’energia di recupero di costo nullo). Altri vantaggi sono: l’elevata affidabilità e lunga durata del motore, la flessibilità di servizio senza scadimento di rendimento e la modularità attraverso la ripartizione del fabbisogno energetico fra più unità.

Figura 14.4Schematizzazione del processo globale di trasmissione del calore in un motore a combustione interna: dai gas di lavoro alle pareti del cilindro (per convezione ed irraggiamento), attraverso gli organi che delimitano il volume di lavoro (per conduzione) e dalla superficie esterna di questi ultimi al fluido refrigerante (nuovamente per convezione).

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14.3Processo di trasmissione del calore in un motore

Figura 14.5 Tipico andamento del flusso istantaneo di calore (specifico all’unità di area), attraverso la zona più sollecitata termicamente della testa di un motore Diesel ad iniezione diretta (carico 100% ed n = 35 giri/s):AAA = anticipo apertura valvola d'aspirazione, AAS = anticipo apertura valvola di scarico,ICB = iniezione combustibile,RCA = ritardo chiusura valvola d’aspirazione, RCS = ritardo chiusura valvola di scarico.

La Figura 14.4 mostra schematicamente il globale processo di tra­smissione del calore dai gas all’interno del cilindro al fluido refrige­rante, attraverso le pareti della camera di combustione. Come si può notare, in esso intervengono tutti e tre i fondamentali modi di propagarsi del calore:1. conduzione: attraverso il moto di agitazione molecolare di soli­di o fluidi in condizione di riposo, per effetto di un gradiente di tem­peratura;2. convezione: tra fluidi e superfici solide o tra fluidi in moto rela­tivo, che si trovano a temperature diverse. La convezione si di­ce forzata* quando il moto dei fluidi è causato da forze diverse dal­la gravità;3. irraggiamento: attraverso emissione ed assorbimento di radia­zioni elettromagnetiche nel campo del visibile e dell’infrarosso, con variazione della configurazione elettronica a livello atomico.In un motore, infatti, il calore passa: dai gas nel cilindro alla superfi­cie interna delle pareti principalmente per convezione ed in parte (specialmente nel Diesel) per irraggiamento; per conduzione attra­

ilicco-J<o□OLLIZ<

Éwocow=3

ANGOLO DI MANOVELLA [

* Questa è la condizione più frequente fra i casi che qui si esamineranno, tutta­via, per brevità, il termine forzata verrà omesso.

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verso gli organi che delimitano il volume entro cui evolve il fluido di lavoro; nuovamente per convezione dalla superficie esterna di tali organi al fluido refrigerante. Il particolare di Figura 14.4 riporta i re­lativi profili di temperatura in un dato istante, evidenziando l’elevato gradiente attraverso lo strato limite di fluido aderente alle pareti.Il flusso di calore varia fortemente con la posizione e con il tempo (o con l’angolo di manovella 0, ad esso proporzionale). Come esempio, la Figura 14.5 mostra il tipico andamento durante il ciclo del flusso istantaneo per unità di area q attraverso la testata di un motore a quattro tempi nelle condizioni di piena potenza, con la convenzione (adottata in tutto questo capitolo) di considerare q positivo quando è uscente dal sistema costituito dal fluido di lavoro. Si vede, allora, che durante l’aspirazione il calore passa dalle pareti del cilindro alla cari­ca più fresca, influenzando così il riempimento. Il flusso di calore si mantiene negativo nella prima parte della compressione, per poi in­vertire il segno quando la carica compressa ha aumentato sufficien­temente la sua temperatura. Il calore scambiato in questa fase con­diziona temperatura e pressione del fluido di lavoro durante la com­pressione. Le alte temperature e velocità dei gas prodotte dalla com­bustione fanno quindi salire rapidamente q , che raggiunge così il suo picco più elevato, influendo principalmente sulle prestazioni e sulle sollecitazioni termiche. Durante l’espansione e lo scarico, le temperature diminuiscono rapidamente, provocando il calo di q , che va soprattutto a ridurre la temperatura dei gas di scarico.Il processo globale, purtroppo, risulta complesso da analizzare, per la forte variabilità locale e nel tempo delle principali grandezze che vi intervengono. Ci limiteremo qui a ricordare che:1. la temperatura dei gas assume valori diversi da punto a punto nel cilindro (specialmente durante la fase di combustione) e perio­dicamente durante il ciclo con il tempo;2. la velocità e densità dei gas (e perciò il coefficiente di scambio termico convettivo) cambiano localmente e con il tempo;3. la geometria del sistema (e quindi la superficie attraverso cui av­viene il flusso di calore) varia con il tempo;4. parte del calore trasmesso alla canna del cilindro è dovuto all’at­trito del pistone;5. la conducibilità della parete dipende dalla quantità di: olio, car­bone ed altri depositi che si raccolgono sulle loro superfici interne ed esterne;6. la temperatura delle pareti raggiunge localmente valori diversi da punto a punto, sia sul lato refrigerante, sia sul lato gas, dove si può avere anche una dipendenza dal tempo, seppure limitata ad un sottile strato superficiale.Ne deriva che il processo di scambio termico in un motore costitui­sce certamente uno dei casi più complicati che si incontrano nella tecnica ingegneristica dei trasferimenti di calore. La sua analisi ri­chiede pertanto l’introduzione di ipotesi semplificative legate agli scopi che ci si propone di raggiungere. In particolare, nei seguenti paragrafi si farà riferimento alle seguenti tre schematizzazioni del fenomeno reale:

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14.3 i Calcolo del flusso di calore medio

1. Schemi utilizzanti grandezze mediate sia nel tempo che lo­calmente (suddividendo eventualmente la superficie di scambio in più zone), che si rivelano adeguati per il calcolo di quantità globali atte, ad esempio, a dimensionare o ad analizzare le prestazioni del sistema di raffreddamento;2. schemi che si propongono di determinare l'istantaneo flusso di calore durante il ciclo, seppure mediato in termini spaziali. Questo dato risulta indispensabile per seguire in modo realistico l’evo­luzione del fluido di lavoro nel cilindro e prevedere le prestazioni del motore;3. schemi di calcolo del flusso locale ed istantaneo attraverso le superfici dei singoli organi della camera di combustione, per arriva­re a calcolarne lo stato di sollecitazione termica puntuale. Se il mo­tore funziona in condizioni stazionarie, si vedrà (paragrafo 14.7.2) che, al più, per questo scopo, si potrà far riferimento a valori me­diati nel tempo.

Per una valutazione globale della quantità di calore trasmessa dai gas alle pareti nell’unità di tempo Q , al fine di ottenere un dato di riferimento su cui impostare il progetto del sistema di refrigera­zione, si può fare ricorso alle classiche espressioni adottate per gli scambiatori, introducendo opportuni valori medi, locali e nel tempo, in modo da ottenere risultati in sufficiente accordo con l’esperienza. Fatta l’ipotesi di quasi-stazionarietà del processo, per il calcolo del valore medio di Q durante il ciclo motore si potrà sinteticamente utilizzare la seguente relazione:

Q = calore medio trasmesso dai gas alle pareti nell’unità di tempo; 0C = periodo del ciclo (motore a quattro tempi: 0C = 4 jt; motore a due tempi: 0C = 2 jt);h | = coefficiente istantaneo di trasmissione globale tra gas e super­ficie interna;Si = area della superficie interna istantanea del cilindro esposta ai gas;r g = temperatura istantanea dei gas, ottenuta mediando su tutta la massa di fluido;T, = temperatura istantanea delle pareti interne, mediata sulla intera superficie;0 = angolo di rotazione dell’albero a manovella.La relazione 14-1 si può semplificare, mettendo in evidenza l’area A c della sezione trasversale del cilindro, a cui si può ritenere pro­porzionale l’area esposta ai gasJ un coefficiente medio locale e nel tempo di trasmissione globale h{, (che tenga conto anche del ca­lore trasmesso per irraggiamento) ed opportune temperature me­

dove:

14-1

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die «corrette» dei gas T * e delle pareti interne Tn definite dalle seguenti espressioni:

La 14-1 assume allora la semplice forma:

Q = h ,A c (Tg - T,) 14-3

Per quanto concerne h„ almeno per la parte di trasmissione che è dovuta a convezione (che risulta essere nettamente preponderan­te), si può pensare che valga una relazione del tipo trovato applica­bile allo scambio termico per convezione forzata nel caso di flusso turbolento in condotti o su superfici piane:

Nu - h L / X = numero di Nusselt (h = coefficiente di scambio ter­mico per convezione forzata; L = dimensione lineare caratteristica; X = conducibilità del fluido);Pr = cp \ i/ X = numero di Prandtl (^ = viscosità; cp = calore specifico a pressione costante);Re =u p L I [l = numero di Reynolds (u e p = velocità e densità del fluido a contatto con la superficie);C, m, n= costanti che dipendono dalla geometria del sistema e dal regime del flusso, da determinarsi sperimentalmente.

Il significato fisico dei tre gruppi adimensionali ora richiamati può essere sinteticamente riassunto nei seguenti termini:— Nu: dà una misura del peso relativo fra il calore scambiato per

convezione h e quello scambiato per conduzione X nel fluido;— Pr: appare come il rapporto fra la diffusività della quantità di

moto [i / p e la diffusività termica X / p cp, legando il moto del fluido al trasferimento di calore;

— Re : definisce il tipo di moto del fluido, fornendo il rapporto fra le forze fluidodinamiche p u 2 e quelle dovute all’attrito viscosoIi u / L .

I risultati ottenibili con una relazione del tipo 14-4 sono in genere soddisfacenti, pur di scegliere con attenzione le grandezze che de­finiscono i tre numeri puri Nu, Pr e Re . In particolare, si dimostra critica la scelta della:1. temperatura del fluido a cui valutarne le caratteristiche fisiche: X,cp, (x, p;

* T g non va confusa con la temperatura media del ciclo.

Nu = C P rm Re n 14-4

dove:

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Figura 14.6 Influenza esercitata dal rapporto di equivalenza della miscelaaria-combustibile sul valore: della temperatura media corretta (per tener conto della variazione di area esposta)T g del fluido di lavoro nel cilindro, della sua viscosità dinamica u e della sua conducibilità termica X (temperatura della carica aspirata:Ta = 300 K).

E

0,2 0,4 0,6 0,8 1,0 1,2 1,4 1,6

RAPPORTO DI EQUIVALENZA (|)

2. velocità del fluido, che compare in Re\3. dimensione lineare caratteristica L, normalmente identificatanell’alesaggio D.

Fra le varie correlazioni sperimentali del tipo 14-4 proposte per imotori, qui ci limiteremo a ricordare quella ricavata da Annand [8]rielaborando i dati raccolti da Taylor e Toong [1]. Essa:— calcola le caratteristiche fisiche dei gas evolventi nel cilindro in

funzione di Tg, secondo i grafici mostrati in Figura 14.6 al va­riare della ricchezza della miscela aria/combustibile;

— ritiene il termine Pr m praticamente costante e conglobabile in C;— valuta Re in funzione della portata media di fluido m aspirata

dal motore nell’unità di tempo, che, divisa per l’area della sezio­ne trasversale del cilindro (Ac), sostituisce il prodotto pu:

Re = m D / (Ac n) 14-5

— esprime il numero medio di Nusselt sul lato gas attraverso la 14-3, nella quale, ritenendo che la temperatura media del refri­gerante a contatto con la parete f * e 7', cambino poco da mo­tore a motore, per semplicità operativa Tr è sostituita da Tt:

* Solitamente, come T, si assume la media aritmetica delle temperature di in­gresso e di uscita del refrigerante.

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Figura 14.7 Correlazioni per il calcolo del flusso di calore medio attraverso le preti del cilindro di alcuni tipici motori commerciali, leganti il numero di Nusselt medio a quello di Reynolds della corrente fluida che lambisce la superficie interna, attraversò una relazione esponenziale del tipo 14-7.

R e = rh D I (Ac - \l)

Nu = h tD I X = Q D / [ X A c (Tg- T r)\ 14-6

La Figura 14.7 presenta i risultati sperimentali relativi a diversi mo­tori Otto e Diesel, raffreddati ad acqua e ad aria, elaborati secondo le 14-5 e 14-6, partendo dalla misura del flusso globale di calore Q ceduto al sistema di raffreddamento. Usando scale logaritmiche, tali dati possono essere interpolati con sufficiente accuratezza da rette di pendenza 0,75, per cui le loro equazioni possono essere poste nella forma:

Nu= CRe 075 14-7

dove per C si può assumere un valore medio globale per tutti i tipi di motori (C = 10), oppure valori differenziati corrispondenti alle tre linee tracciate in Figura 14.7(C = 9 per Diesel raffreddati ad aria; C = 10 per motori Otto; C = 11 per Diesel raffreddati ad acqua).I valori più elevati (+10%) per i motori Diesel sono probabilmente dovuti alla parte di calore trasmessa per irraggiamento; mentre i valori più bassi (-10%) per i motori raffreddati ad aria sono dovuti alle più alte temperature delle pareti, conseguenza dei più bassi coefficienti di scambio sul lato superficie esternaaria refrigerante.La temperatura Tg può essere determinata sperimentalmente, mi­surando i valori di Q_e T* al variare della temperatura del refrigeran­te. Siccome r g ed h, non dovrebbero cambiare sostanzialmente, dalla 14-3 si ricava [1] il valore di Tg. Oppure, in fase di progettazio­ne del motore, Tg può essere calcolata attraverso la prima relazione delle 14-2, una volta ottenuto con un soddisfacente modello la legge

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14.3.2 Influenza delle condizioni difunzionamento

Figura 14.8 Valori deila temperatura media corretta dei gas nei cilindro Tg, determinati sperimentalmente [1] attraverso la 14-3, misurando i valori di () eT ai variare della temperatura del refrigerante (Ta = 300 K). Influenza prodotta su Tg dal rapporto di equivalenza della miscela e dallacontropressione allo scarico ps.

di variazione del suo valore istantaneo Tg durante il ciclo motore.Il valore di f g dipende principalmente: dal rapporto di equivalenza della miscela ()> (vedere i diagrammi di Figure 14.6 e 14.8), la quale condiziona la temperatura dei gas durante il ciclo, e dalla pressione allo scarico ps (vedere Figura 14.8), perché essa influenza il rap­porto di espansione (e quindi la temperatura) dei gas combusti pre­senti nel cilindro, dopo la fase di scarico spontaneo. Secon­dariamente, dipende: dal rapporto di compressione, dalla rapi­dità della combustione e dalla temperatura della carica aspirata Ta. Di quest’ultima si può tener conto mediante una relazione lineare del tipo:

Ta = Tg{m+ 0,35 (Ta- 300) 14-8

a partire dai valori Tg(300) relativi a Ta = 300 K, dati dal diagramma di Figura 14.8.In fase di progettazione del motore, valutati h , tramite la 14-7 (od il diagramma dj Figura 14.7) e Tg attraverso i grafici di Figura 14.8, assunto T-, = T„ la 14-3 risolve il problema del calcolo della potenza termica media da asportare con il refrigerante.

Il calore ceduto dai gas che evolvono aH’intemo del cilindro al fluido refrigerante varia con le condizioni di funzionamento del motore. Al fine di valutare l’influenza dei principali parametri motoristici sulle perdite di calore per raffreddamento, conviene fare riferimento ai seguenti rapporti adimensionali:

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Figura 14.9 Tipica influenza esercitata sulla perdita per raffreddamento, specifica al calore sviluppato dal combustibile Q /Ù o, e sulla perdita di calore per unità di potenza indicata (5/P„ dai due principali parametri che individuano le condizioni di funzionamento del motore: il carico (misurato dalla pmJ ed il regime di rotazione (espresso attraverso al velocità media del pistone u

VELOCITÀ MEDIA PISTONE u p [m/s]

a) Q ! Qcb- perdita termica specifica al calore medio sviluppato nell’unità di tempo dalla combustione della carica fresca o del combustibile iniettato Qeb;t>) Ù / pi = (Q ! Gcb) / rli; perdita di calore per unità di potenza indicata del motore (ni = rendimento indicato).Si ricorda innanzitutto che un motore può fornire una diversa po­tenza sia variando il numero dei giri (sintetizzato dal parametro wp), sia cambiando il carico (ossia l'apertura della valvola a farfalla nel motore Otto o la mandata della pompa d’iniezione nel Diesel: pa­rametro pmi. La Figura 14.9 illustra l’influenza della velocità jriedia del pistone e del carico del motore sui rapporti adimensionali Q IP, e Q IQ cb- L’andamento quasi iperbolico di Q / Pi in funzione del re­gime di rotazione, mostrato in tali diagrammi, può essere giustifica­to con questo semplice ragionamento.La quantità di calore sottratta nell’unità di tempo <§ può essere ri­tenuta proporzionale all’area delle pareti del cilindro, mentre la po­tenza indicata del motore è proporzionale al volume del cilindro per il numero di giri n. Ne deriva che la perdita di calore per unità di potenza Q IV, risulta inversamente proporzionale al prodotto di una

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dimensione lineare per n, ossia ad mp ~ C n. Un’analisi un po’ più dettagliata che tenga conto dell’influenza di «p sul coefficiente glo­bale di scambio termico e sulla Pif porta a stabilire la proporzionalità:

con m= -0,3 -i- -1, a seconda del tipo di motore. Si può quindi con­cludere che al crescere di ù p la perdita di calore per unità di poten­za Q / Pi tende in genere a diminuire, poiché il motore si awicina ad un comportamento adiabatico (diminuiscono i tempi disponibili per ciclo, per il flusso di calore verso l’esterno), finché almeno non intervengono sensìbili incrementi del coefficiente di scambio. Ri­sulta così evidenziata per la terza volta (oltre all’influenza sul coef­ficiente di riempimento e sul rendimento organico, ossia sulle forze d’inerzia) l’importanza della velocità media dello stantuffo nel con­dizionare il comportamento di un motore.La Figura 14.9 mostra inoltre come al crescere del carico, percen­tualmente Q / Pi e Q / Q cb diminuiscano, principalmente perché un parametro di importanza fondamentale nel processo di trasmissio­ne del calore dai gas alle pareti, come la superficie esposta di que­ste ultime, risulta indipendente dal carico. Essa contribuisce quindi a trasferire verso l’impianto di raffreddamento una quantità di calo­re percentualmente sempre più bassa, al crescere dell’energia libe­rata dal combustibile per ciclo nello stesso volume di lavoro. Si richiama, tuttavia, l’attenzione sul fatto che i risultati tipici di Figura 14.9 indicano una diminuzione della importanza relativa delle perdite di calore per ciclo al crescere del regime e del carico, ossìa una tendenza a migliorare del rendimento del motore. Tuttavia, in termini assoluti, la potenza termica trasmessa all’impianto di raffreddamen­to aumenta con il regime di rotazione e con il carico, raggiungendo Q il suo massimo nelle condizioni di massima potenza. Di norma, quindi, queste ultime sono le condizioni di esercizio del motore per cui occorre dimensionare l’impianto di raffreddamento.Un terzo parametro che esercita una sensibile influenza su queste grandezze è il rapporto aria/combustibile. Nel caso del motore Die­sel, il suo effetto è inglobato direttamente nell’influenza prodotta dalla variazione del carico, per cui potremo limitare le nostre consi­derazioni al motore Otto. In questo caso, il rapporto (j> influisce su Q , perché da esso dipendono:1. la temperatura massima di combustione e quindi anche quelle di espansione e di scarico, ad essa legate;2. la durata della combustione che, a parità di anticipo all’accensio­ne e di temperatura massima, condiziona i valori delle temperature di espansione e scarico;3. il raffreddamento della carica per evaporazione del combustibile durante il suo miscelamento con l’aria.Come risultato di questi tre effetti, il massimo di j§ cade in corri­spondenza di una miscela ricca (<|> = 1,1 + 1,2), diminuendo il suo valore rapidamente sia per uno smagrimento che per un ulteriore arricchimento della miscela di alimentazione. Se si tiene poi pre­

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Figura 14.10 Influenza del rapporto di equivalenza della miscelaaria-combustibile, con cui è alimentato un tipico motore Otto, sui rapporti adimensionali: Q/?, (perdita di calore per unità di potenza indicata) e Q/Ù * (Perdita perraffreddamento, specifica al calore sviluppato dal combustibile).

sente la variazione di Pi ed con il rapporto di miscela (vedere i diagrammi di Figura 7.1), si trova che il rapporto £) / P. ha il suo massimo per un valore leggermente ricco ((|> = 1,00 + 1,05) e Q / 0 cb circa in corrispondenza del rapporto stechiometrico (<t> = 1), come mostrano i grafici tipici di Figura 14.10. Molti altri parametri motoristici influenzano le perdite di calore in un motore, anche se generalmente in maniera meno sensibile di quelli appena esaminati. Per i principali, ci limiteremo a ricordare la tendenza qualitativa dell’influenza esercitata, perché la relativa quantificazione dipende molto dalle situazioni specifiche. In particolare, ricorderemo che i rapporti Q I V e Q l Qcb crescono:1. anticipando la combustione, perché le temperature del ciclo ten­dono mediamente ad aumentare;2. incrementando la turbolenza dei gas nel cilindro, perché si innal­za il relativo coefficiente di scambio termico con le pareti interne;3. aumentando la temperaturadella carica aspirata, con la quale cresce pressoché linearmente T g (vedere la relazione 14-8);4. diminuendo la temperatura del refrigerante ed usando materiali con elevata conducibilità termica;5. favorendo forme di combustione anomala (come la detonazio­ne), che innalzano le temperature dei gas e ne incrementano il moto turbolento.Le considerazioni svolte nel presente paragrafo, circa l’influenza delle principali variabili motoristiche sulle perdite di calore, possono guidare nella ricerca delle condizioni più sfavorevoli (ossia quelle in cui, a parità di altre circostanze, le temperature delle pareti tendono

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RAPPORTO DI EQUIVALENZA (

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14.4Raffreddamento a liquido

1 4 . 4 . 7

L’impiantodiraffreddamento

a raggiungere i valori più pericolosi), cui fare riferimento per il di­mensionamento del gruppo di raffreddamento. Inoltre, nonostante esuli dagli scopi di questa trattazione entrare nei dettagli di tale pro­getto, si richiameranno nei prossimi due paragrafi i principi di base che si possono seguire nel dimensionare il sistema di raffredda­mento del motore ad acqua o ad aria.

Con il raffreddamento a liquido, il calore viene sottratto ai cilindri fa­cendo passare il fluido refrigerante a contatto con la loro superficie esterna e raffreddandolo poi mediante aria ambiente in un apposito scambiatore di calore, chiamato tradizionalmente «radiatore». Il li­quido, quindi, serve solo da veicolo per il trasporto del calore dalla piccola superficie esterna dei cilindri e della testa alla grande super­ficie esposta all’aria del radiatore.Per raffreddare il motore, si ricavano nella sua struttura delle interca­pedini e canalizzazioni, attraverso le quali si assicura il raggiungi­mento delle zone più sollecitate termicamente da parte del liquido refrigerante. Questo è costituito generalmente da una miscela dì ac­qua* e glicole etilenico, a cui si aggiungono additivi anticorrosivi e detergenti con lo scopo di abbassarne la temperatura di solidificazio­ne e di assicurare agli organi del circuito una lunga durata. La pres­surizzazione del circuito, ottenuta grazie alla dilatazione del liquido durante il suo riscaldamento, permette di far raggiungere al refrige­rante temperature più elevate, evitando l’ebollizione. Questo fatto consente di ridurre le perdite di calore per raffreddamento, senza aumentare i pericoli di surriscaldamenti, e di disporre di un maggior salto di temperatura fra il refrigerante e l’aria ambiente, con conse­guente riduzione della superficie di scambio del radiatore.

Il radiatore costituisce il componente principale dell’impianto di raf­freddamento, illustrato schematicamente in Figura 14.11 in una sua tipica applicazione automobilistica. Una corretta circolazione del li­quido, per contenerne l’aumento di temperatura nell’attraversa- mento del motore, è assicurata da una pompa centrifuga.Il sistema dì raffreddamento deve inoltre garantire, indipendente­mente dalle condizioni di esercizio, il mantenimento del motore ad un valore di temperatura ottimale, dal punto di vista: delle prestazio­ni, del controllo delle emissioni nocive allo scarico e del conteni-

* L’acqua presenta molti vantaggili) elevato calore specifico e quindi alta capa­cità termica; 2) bassa viscosità e quindi buon coefficiente di scambio termico e basse perdite di carico; 3) costanza nel tempo e con la temperatura delle sue caratteristiche fisico-chimiche; 4) alto calore latente di evaporazione, con conse­guente buona protezione contro eventuali surriscaldamenti di parti del motore. Per contro, presenta i seguenti inconvenienti: 1) solidifica a temperatura relati­vamente alta; 2) presenta aggressività chimica verso alcuni materiali.

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Figura 14.11 impianto di raffreddamento a liquido per una tipica applicazione automobilistica: 1 ) pacco radiante, 2) vaschette collettrici, 3) serbatoio per degasaggio ed espansione, 4) riserva di liquido, 5) motore, 6) termostato, 7) pompa di circolazione.

Figura 14.12 Matrice di scambio termico «a tubi alettati»:1 ) piastra tubiera d’estremità del blocco;2) tubo per la circolazione del liquido;3) aletta costituita da un foglio di lamierino. I particolari mostrano il fissaggio alla piastra delle parti terminali dei tubi e la loro espansione per stabilire il contatto con le alette (A = prima dell'allargamento, B = dopo l’allargamento del tubo).

©

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mento dell’usura delle sue parti. La regolazione della temperatura del liquido refrigerante è ottenuta, quando tende ad abbassarsi trop­po, impedendo con un termostato che questo (pur circolando nel motore) passi nel radiatore; quando rischia di alzarsi eccessivamente, accentuando lo scambio termico nel radiatore mediante un ventilatore. Il degasaggio e l’espansione del liquido, che aumenta il suo volume du­rante il riscaldamento, avviene in un serbatoio pressurizzato e munito di tappo a valvola, spesso integrato con una vaschetta del radiatore.Le caratteristiche specifiche dei radiatori cambiano rapidamente con l’evolversi delle tecnologie costruttive e con la disponibilità di nuovi materiali. Tuttavia, in essi si può generalmente distinguere:— la matrice attiva nello scambio termico, impropriamente chia­

mata pacco «radiante» (perché il calore è ceduto all’aria am­biente quasi esclusivamente per convezione);

— due vaschette collettrici, poste alle estremità del blocco attivo, che hanno la funzione di raccogliere e distribuire in esso il liqui­do refrigerante.

Fra le numerose soluzioni costruttive adottate per realizzare le ma­trici di scambio, qui ci si limiterà a ricordare la versione a tubi alettati e quella ad alette ondulate. Nel primo caso (vedere Figura 14.12), si ha un pacco di alette in lamierino, che portano una serie di fori in cui vengono espansi meccanicamente (mediante fluido in pressione od utensile espansore) i tubi per la circolazione del liquido, oppure il

Figura 14.13 Esempio di radiatore in alluminio ad alette ondulate brasate:1 ) vaschetta inmaterialetermoplastico;2) guarnizioni di tenuta in elastomero;3J collettori in lamiera di alluminio;4) traversa di collegamento tra i collettori;5) alettatura ondulata in lamierino di alluminio;6J tubi piatti in alluminio percorsi dal liquido di raffreddamento.

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collegamento fra i colletti dei lamierini ed i tubi è ottenuto per brasa­tura (ossia per fusione in forno di un apposito materiale di apporto). Nel secondo caso (vedere Figura 14.13), si hanno uno o più ranghi di tubi piatti, fra cui sono brasate delle alette a nastro ondulato (tipo Mac Cord), opportunamente intagliate, per incrementare la turbolen­za dell’aria. I materiali usati (alluminio, ottone, rame, ecc.) presenta­no sempre: buona conducibilità termica, facilità di laminazione In spessori ridotti (= 0,1 mm), possibilità di assemblaggio per brasatu­ra, buona resistenza alla corrosione nei confronti dell’acqua. Le va­schette collettrici di estremità sono, invece, generalmente realizzate (per stampaggio od iniezione) in materiale plastico ad elevate carat­teristiche meccaniche, in modo da ottenere in un unico pezzo tutti i particolari necessari (bocchettoni, staffe di fissaggio, ecc.).

Figura 14.14 Circolazione dei liquidi nei radiatori per autoveicoli:a) correnti a flusso incrociato, che offrono la massima facilità per ilconvogliamelo dei fluidi allo scambiatore;b) controcorrenti a flusso incrociato, che costituiscono un buoncompromesso tra la semplicità della costruzione e l ’efficienza dello scambio termico.

LiquidoiT,

o

Liquido >

"S

Aria

n r

b)Aria

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14.4.2 Lo scambio di calore nel radiatore

Con lo scopo di pervenire ad un dimensionamento di massima del radiatore (ossia alla scelta: dell’area totale della matrice di scambio a contatto con l’aria Aa, della superficie frontale del pacco radiante S e della sua larghezza/,), si può incominciare ad esprimere la po­tenza termica media Q trasmessa nel radiatore dal liquido all’aria ambiente, attraverso la formula classica per lo scambio di calore fra due fluidi separati da parete metallica:

& = h tAaATm 14-9

Occorre, inoltre, tener presente che di solito si trova tecnicamente conveniente far circolare i due fluidi* (vedere Figura 14.14) con flussi semplici incrociati (ossìa con moto deH’arìa attraverso il pacco radiante in direzione ortogonale a quello del liquido) o, più raramente, con flussi in controcorrente ed incrociati (ossia il liquido percorre parte della massa radiante in un senso, inverte la direzione di moto ed attraversa la restante in senso opposto). Dì conseguenza, il salto medio di temperatura ATm che compare nella 14-9, in termini rigorosi dovrebbe essere rappresentato da una funzione abbastanza complessa delle temperature dei due fluidi in entrata ed in uscita, riconducibile al prodotto del salto medio logaritmico per un fattore di correzione, che risulta funzione della disuniforme distribuzione delle temperature in uscita. Per un dimensionamento di massima, conviene tuttavia approssimare ATm con la ben più semplice differenza fra le temperature medie aritmetiche dei due fluidi in entrata ed in uscita.Introducendo, allora: la temperatura dell’aria ambiente Ta, quella massima del liquido refrigerante Jr, l’innalzamento di temperatura dell’aria ATa e l'abbassamento di quella del liquido ATn si ha:

A rm = T,e + T,u - + Tm = T, - z - AT + A /;- 14-102 2 2

Con il vantaggio di aver espresso ATm in funzione di grandezze fa­cilmente stimabili in fase di dimensionamento:— per il valore di Ta occorrerà far riferimento alle condizioni ambien­

tali più sfavorevoli in cui il radiatore sarà destinato ad operare (per esempio: Ta - 313 K - 40 °C);

— Tr verrà fissata in modo da lasciare un margine di sicurezza nei confronti dell’ebollizione e quindi dipenderà dalla pressurizza­zione del circuito (valori tipici: Tr = 358 368 K = 85 + 95 °C);

— ATr deve essere contenuto, mantenendo opportunamente ele­vata la velocità del liquido nella matrice di scambio («, = 0,5 -s-1 m/s), per evitare eccessivi gradienti locali di temperatura nella struttura del motore (tipicamente: AT, = 4 + 10 K);

* Per le applicazioni automobilistiche la soluzione tradizionale è quella a flusso verticale discendente del liquido, talvolta sostituita con un flusso orizzontale (Fi­gura 14.4), perchè le conseguenti dimensioni del radiatore (più contenuto in altezza e maggiormente allungato) meglio si prestano agli spazi disponibili sull’autovettura.

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Figura 14.15 Valori tipici del coefficiente globale di scambio termico e delriscaldamento subito dall'aria in radiatori a tubi alettati (con diverse larghezze L del pacco radiante), in funzione della velocità della corrente d'aria che li attraversa.

14.4.3

Il coefficiente discambioglobale

E

•jsOCD2c§co□LUHzyjoLi.LLLUOO

t-<<cc<ot—zLU5<Q<OCC

VELOCITA DELL’ARIA ua [m/s]

— ATa dipende dalle caratteristiche del pacco radiante ed in parti­colare dalla sua larghezza e dalla velocità dell’aria.

Valori orientativi (generalmente: AT3 = 10 + 30 K) possono essere dedotti da diagrammi sperimentali del tipo di quello di Figura 14.15, una volta fissato il tipo di matrice, il suo spessore e la velocità del­l’aria che si dovrà garantire («a = 7 + 15 m / s).

Introdotto il rapporto fra Aa e l’area di scambio a contatto con il liqui­do^,:

a = AaM |(~ 3 + 6) 14-11

il coefficiente globale di scambio del radiatore h „ riferito ad Aa, può essere espresso in funzione: dei coefficienti h,ed ha di trasmissio­ne dal liquido alla parete interna e dalla parete esterna all’aria, della conducibilità termica del metallo e dello spessore s della parete, calcolando la resistenza termica globale come somma delle resi­stenze relative ai singoli passaggi del calore:

1 = £ + 12 + ± 14.12h\ h\ Xfn h$

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Di questi tre termini, quello prevalente è l’ultimo. Si ha, cioè, che ht è sostanzialmente governato dal coefficiente di scambio sul lato aria, dal momento che la resistenza termica offerta dal passaggio liquido-parete pesa mediamente per un 5 + 10%, mentre quella relativa alla parete metallica è del tutto trascurabile (peso < 0,05%).Ci si deve preoccupare quindi di incrementare principalmente hs, garantendo una velocità dell’aria a contatto con la superficie di scambio sufficientemente elevata (¡ia = 7 v 1 5 m / s ) , grazie al moto relativo della matrice di scambio rispetto all’aria ambiente, o attivando la circolazione di quest’ultima mediante un ventilatore. Nello stesso tempo, si adottano accorgimenti costruttivi (inta­gliature, increspature delle alette, ecc.) atti ad aumentare la turbo­lenza locale dell’aria, senza eccedere nell’incremento delle resistenze fluidodinamiche incontrate nell’attraversare il pacco ra­diante.Questo non significa che la circolazione del fluido possa essere tra­scurata o che la conducibilità del materiale non presenti alcuna im­portanza. Della prima ci si deve preoccupare non tanto per aumen­tare il coefficiente h x (normalmente grande rispetto ad h a), ma principalmente per evitare che si formino zone di ristagno del liqui­do, che renderebbero la superficie di scambio solo parzialmente utilizzata. La conducibilità del materiale, invece, influenza soprat­tutto l’efficienza delle parti a trasmissione indiretta (alette, piastrine, nervature, ecc.), che devono mantenere un salto di temperatura ri­spetto all’aria sufficientemente alto, anche nei punti più lontani delle rispettive radici (vedere il paragrafo 14.5.1).Il coefficiente di scambio h a (e quindi h t) dipende dalle caratteristi­che fisiche deH’aria, dalle sue condizioni di moto e dalle dimensioni e configurazione della matrice di scambio, secondo una relazione del tipo 14-7. Tuttavia, una sua determinazione per via teorica risul­ta molto laboriosa e spesso imprecisa, per le difficoltà che si incon­trano nel tener conto di tutti i dettagli costruttivi e degli accorgimenti atti ad aumentare localmente la turbolenza. Si preferisce quindi fare ricorso a diagrammi sperimentali del tipo di quelli di Figura 14.15, che forniscono l’andamento di /xt in funzione dei parame­tri più significativi: tipo di matrice, sua larghezza e velocità deH’aria. Tali dati sperimentali indicano una dipendenza delle pre­stazioni del radiatore dalla portata d’aria per unità di superficie fron­tale m, [kg / (s m2)], esprimibile nei seguenti termini:

hx = hì0 + a m " 14-13

Per questo motivo, talvolta, vengono fornite delle espressioni anali­tiche del tipo 14-13 per sintetizzare le variazioni del coefficiente di scambio di un radiatore in funzione del flusso d’aria che lo investe (valori tipici: ht0 = 15 20 W / m2 K, a= 10 * 15, n= 0,75).

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Dimensio­namento del radiatore

Figura 14.16 Vaiori tipici delle perdite di carico incontrate dall’arianell'attraversare radiatori a tubi alettati per autoveicoli, in funzione della larghezza L del pacco radiante e della velocità della corrente d'aria stessa.

Le considerazioni svolte nei punti precedenti ci permettono ora di giungere rapidamente ad un dimensionamento di massima della matrice radiante necessaria per un dato motore, attraverso la-14-9.In essa, £) è il valore (calcolato con la 14-3) del calore medio cedu­to nell’unità di tempo dai gas alle pareti dei cilindri, ridotto del 15 -s- 30 % nel caso di motori applicati su mezzi veloci, per tener conto della parte dispersa direttamente nell’ambiente circostante dal li­quido refrigerante nei vari punti del relativo circuito.Stimati allora i valori: di hv attraverso espressioni del tipo 14-13 o diagrammi sperimentali quali quelli di Figura 14.15, e di ATm tramite la 14-10, dalla relazione 14-9 si ricava Aa, da cui si può dedurre A, tramite la 14-11 e la superficie frontale S attraverso un coefficiente di compattezza che esprime la superficie effettiva di scambio esposta aN’aria Aa per unità di volume di ingombro:

£ = Aa/S L (~ 500- 1000 n r1) 14-14

Valori tipici per radiatori destinati ad autoveicoli sono:

Aa / Pe = 0,05 - 0,15 m2 / kW S /P e = 0,001 h- 0,004 m2/kW

Infine, le portate di fluido necessarie per realizzare i salti termici

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ipotizzati si possono facilmente calcolare in funzione dei rispettivi calori specifici:

14.5Raffredda­mento ad aria

= £>/CpaA Ja m, = Q /cpl A 7] 14-15

Valori orientativi possono essere forniti dai seguenti rapporti:

ma / Pe = 80 - 150 kg I r 1 / kW m, / P, = 100 - 200 kg I r 1 / kW

Questi dati, uniti a quelli che forniscono le perdite di carico incontra­te dall’aria (vedere Figura 14.16) e dal liquido (mediamente Apt = 50 + 100 kPa) nell’attraversare la matrice di scambio, per­mettono di dimensionare rispettivamente il ventilatore e la pompa del circuito di raffreddamento.

Con questo tipo di raffreddamento, l’aria sottrae direttamente il ca­lore alle pareti esterne del cilindro e della testata, conseguendo mediamente i seguenti vantaggi:1. i motori raffreddati ad aria hanno complessivamente un peso in­feriore (15 + 30 % in meno) rispetto a quelli raffreddati a liquido di uguale potenza;2. raggiungono la temperatura di regime in un tempo sensibilmen­te inferiore;3. presentano temperature delle superfici interne dei cilindri più elevate, con conseguente beneficio dal punto di vista del rendi­mento.

Gli svantaggi si possono invece sintetizzare nei seguenti punti:1. minore coefficiente di riempimento, come conseguenza delle più elevate temperature di funzionamento;2. maggiori carichi termici sugli organi che delimitano il volume di lavoro dei gas;3. più elevata rumorosità In esercizio.

Anche per questo sistema di raffreddamento, nei prossimi punti si richiameranno i principi di base che possono guidare nel proporzio- namento dei principali componenti dell’impianto.

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14.5.1 Superficie esterna di scambio e sua efficienza

Facendo riferimejito allo schema di Figura 14.4, si può esprimere il flusso di calore Q in funzione: della superficie esterna esposta al­l’aria Se, di un opportuno valore medio locale della temperatura di questa superficie Te, del valor medio della temperatura dell’aria re­frigerante T, e di un coefficiente medio globale di scambio he, per mezzo di una relazione simile alla 14-3:

Q = heSe(Te- T r) 14-16

Da essa si vede che i parametri su cui si può agire per trasmettere una certa potenza termica all’ambiente sono:— il coefficiente di scambio he,— la superficie esposta all’aria Se,— il salto di temperatura f e- T,.

Figura 14.17 Sezionetrasversale di un motore Diesel (turbosovralimen- tato coninterrefrigerazione) ad iniezione diretta per trattrice agricola, con sistema di raffreddamento ad aria (SAME). Caratteristiche principali:6 cilindri in linea, alesaggio 105 mm, corsa 120 mm, cilindrata totale 6,231 dm3, potenza 118 kW al regime di 36 giri/s.

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Figura 14.18 Confronto tra le cadute di temperatura che si verificano, andando dalla sezioned’incastro verso la punta, in due alette di sezione costante, aventilo stesso parametro di raffreddamento (n i =33 m~1), ma lunghezza l ’una doppia dell’altra (Lì =30 mm;L 2 = 60 mm).

DISTANZA DALLA RADICE [mm]

Per quanto riguarda he, si vedrà che esso risulta piuttosto bas­so (mediamente 1 /20-5-1 / 30 di /j ,), rispetto al casoni raffreddamento a liquido. Affinché la differenza di temperatura Te - Tr non risulti troppo elevata, con conseguente eccessivo carico term i­co sugli organi del motore, occorre ampliare considerevolmente la superficie Se (si veda l’esempio di motore Diesel raffreddato ad aria riportato in Figura 14.17). Questo si ottiene alettando le pare­ti esterne dei cilindri e delle testate, fino ad ottenere valori tipici di Se = (15 25)^ (con Sj = superficie interna massima esposta ai gas), sufficienti a compensare i bassi valori di he.Occorre, però, tenere presente che la trasmissione del calore dalla superficie di un’aletta all’ambiente avviene solo se lungo il suo cor­po si stabilisce un gradiente di temperatura che fa fluire il calore dalla sezione di incastro (più calda) verso la punta (più fredda). Come esempio, la Figura 14.18 mostra tali gradienti nel caso parti­colarmente semplice di due alette a sezione rettangolare (ossia di spessore s costante), di lunghezza doppia l’una rispetto all’altra. Si vede, allora, che allungando l’aletta la temperatura della sua super­ficie si abbassa. Di conseguenza, la trasmissione del calore dal ci­lindro non viene aumentata nello stesso rapporto delle aree, perché la superficie delle alette risulta più fredda di quella della canna.Per tener conto di questo fatto, si può definire un 'efficienza del­l ’aletta T}a, come rapporto fra la quantità di calore effettivamente trasmessa, in conseguenza del reale gradiente di temperatura che

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Figura 14.19 Variazione dell’efficienza di un'aletta di sezione costante, con il parametro adimensionale tti L. A l crescere di quest’ultimo i valori di efficienza si/iducono ad un punto tale da non rendere conveniente ulteriori allungamenti dell’aletta, perché il calore globale trasmesso (proporzionale al prodotto dell’area per la sua efficienza) tende a restare costante.

i=LU_ l<¡3zyjO

ni

PARAMETRO ADIMENSIONALE m L

si realizza lungo II suo corpo, e quella che una uguale superficie trasmetterebbe se si trovasse tutta alla temperatura della radice. Per aletta di sezione rettangolare, si dimostra [5] che l’efficienza è esprimibile mediante la relazione:

Ila =tanh (m L)

m Lcon m = 14-17

illustrata nel diagramma di Figura 14.19. Si vede, quindi, che r\a di­minuisce al crescere dellajunghezza L dell’aletta e del coefficiente medio di scambio termico hg, perché entrambi i parametri contribu­iscono a raffreddarla maggiormente.Un aumento di spessore s e di conducibilità del materiale k m favo­riscono, invece, il flusso di calore verso la punta, incrementando l’efficienza. Si deve, inoltre, osservare che al crescere di m i la tanh(tfiL) tende rapidamente all'unità, per cui la 14-17 si approssi­ma alla:

r]a = 1 / m L

riportata a tratti nel diagramma di Figura 14.19. Da essa si ricava che, per alti valori di m i (in pratica m L > 2,5) il prodot­to ria L ~ ila $ ~ Q tende a diventare costante (essendo uguale ad1 / m ). In queste condizioni, non si ottiene cioè alcun vantaggio ad allungare le alette, perché l’aumento di superficie è accompagnato da una corrispondente diminuzione di r\a, in modo che il calore tra­smesso rimane costante. Si ha solo lo svantaggio di un inutile ap­pesantimento. Rinviando al prossimo punto il problema più gene­

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rale del proporzionamento dell’alettatura, possiamo concludere di­cendo che conviene esprimere la superficie esterna esposta all’aria Se, che compare nella 14-16, in funzione della superficie alettata complessivamente necessaria Sat mediante la relazione:

Se = ^la^a + ^c 14-18

In essa Sc rappresenta la superficie del cilindro privo di alette, ossia delle zone interposte fra due alette consecutive (mediamente: Sc = (0,6 0,8)5,) ed r)a Sa costituisce la superficie efficace alettata, ri­dotta cioè dal coefficiente r|a per poterla ritenere tutta alla tempera­tura di radice Te nella 14-16.

14.5.2Proporziona­mentodell’alettatura

Una volta calcolata la superficie alettata complessivamente neces­saria, si deve affrontare il problema del proporzionamento delle sin­gole alette. Nel fare questo, bisogna tenere presente l’influenza che tali dimensioni esercitano: sulla quantità di calore globalmente tra­smessa, sulla resistenza fluidodinamica offerta al passaggio del­l’aria, sull’appesantimento della complessiva struttura del moto­re, ecc.

Figura 14.20 Tipi di alette di diverse sezioni trasversali:A) rettangolare di sezione costante;B) trapezoidale o rettangolare con angolo di spoglia;C) triangolare;D) biconcava di forma parabolica. La figura definisce inoltre il passo p tra due alette consecutive e la relativa spaziatura p - s.

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Si tratta, allora, di trovare i valori più favorevoli per:1. il tipo di sezione trasversale dell’aletta;2. l’allungamento (lunghezza in rapporto allo spessore: L I s)\3. il passo, ossia la distanza fra due alette consecutive (p / s).Dal punto di vista della sezione trasversale, quella che offre la più elevata permeabilità al calore ha un profilo biconcavo di forma parabolica (tipo Ddi Figura 14.20), la cui curvatura dipende dai valori di he e Am. D’altra parte però una sua accurata realizzazione risulta essere troppo costosa. Rispetto ad essa, il profilo triangolare (tipo C)o, meglio, il trapezio (tipo B: ossia rettangolare con angolo di spoglia) presentano, a parità di peso, permeabilità al calore poco più piccole (= 5 %), mentre i vantaggi dal punto di vista della maggiore semplicità nell’esecuzione sono evidenti.Per quanto riguarda l’allungamento, se ne può individuare il rapporto più favorevole imponendo le seguenti condizioni:

Q ~ r |aL = costante peso~sL= minimo

da cui si ricava il valore ottimale m L = 1,5, ossia, ricordando l’espressione di m dato dalla14-17:

r « 12 h e L ! À,m

' '■5 ” ' '8ro: ; = 1’ 07Ì t t , 1« -«

Da essa risulta che il rapporto L/s più favorevole è funzione: della conducibilità del materiale con cui è fatta l’aletta, del coefficiente di scambio termico hae dello spessore. Conviene cioè che l’aletta sia tanto più lunga: quanto più alta è la conducibilità del materiale, quanto meno efficace è lo scambio di calore con l’aria, e quanto maggiore è il suo spessore.Per definire il valore più conveniente del passo, bisogna tener presente il fatto che l’area di alettatura è direttamente proporziona­le adLed inversamente al passo :Sa~L/p. Siccome, inoltre, il peso per unità di lunghezza, a parità di materiale, è proporzionale ad 5, conviene ridurre il più possibile 5. Per la 14-19, però, insieme con 5 occorre diminuire L e quindi, per conservare la superficie neces­saria, ridurre anche p (~ L / Sa). Ne può allora derivare una diminuzione del coefficiente di scambio h e, perché la trasmissione del calore è favorita dalla turbolenza del moto e dipende dallo spessore dello strato limite che aderisce alla superficie delle alette, funzione a sua volta della distanza (p -s ) fra due alette consecutive (vedere Figura 14.20). Il problema di ottimo sotto questo aspetto si identifica allora con la ricerca del valore di s che, a parità di rapporto h eL / p (~ h s-Sa ~ Q : proporzionale al calore trasmesso), renda minimo s L ! p{~s Sa: proporzionale al peso). Nei casi pratici, però, i valori di (p - s) che si ottengono imponendo queste condizioni (p- s = 2 h - 3 min), sono inferiori ai limiti richiesti dai processi tecnologici utilizzabili per ottenere le alettature. Si può quindi concludere che dal punto di vista termico conviene ridurre il più possibile il passo fra le alette, compatibilmente con le esigenze di natura tecnologica.

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14.5.3Il coefficiente mediodi trasmissione del calore

Osserviamo innanzitutto che non è possibile fare in modo che in tutti i punti della superficie alettata si abbia uno scambio termico ugual­mente efficace. Nel caso di cilindri investiti da un flusso d’aria non guidato, il coefficiente di scambio varierà fortemente lungo la perife­ria: sarà massimo nella zona frontale e minimo in quella posteriore. Se, invece, la corrente d’aria è guidata da un convogliatore (vedere particolare di Figura 14.21), attraverso la superficie alettata si avranno condizioni di scambio più favorevoli e più uniformi. In ogni caso, il coefficiente he che compare nella 14-16 non potrà che avere il carattere di un valore medio sull’intera superficie interessata.Trattandosi di scambio di calore per convezione forzata, varrà una relazione del tipo 14-4, che nel caso di aria che attraversa in condi­zioni di moto turbolento una superficie alettata, conviene porre nel­la forma:

in modo da evidenziare, oltre all’influenza del numero di Reynolds, quella della spaziatura (p - .v) fra due alette consecutive e quella della lunghezza dell’aletta.La dimensione lineare, caratteristica del processo, che compare nelle espressioni di Nu e Re ed adimensionalizza [p - s) è il dia­metro idraulico equivalente de del passaggio fra due alette, defini­to come rapporto fra il quadruplo della sua sezione normale S„ ed il perimetro bagnato dal fluido b*:

mentre con dm si è indicato il diametro medio dell’aletta considerata come cerchio (con centro sull’asse del cilindro).L’influenza preponderante risulta essere quella di Re = ua pa d j |ia, ossia della velocità dell’aria. Di conseguenza, il modo più efficace per aumentare he consiste nell’accrescere la velocità deH’aria che lambisce l’alettatura, potenziando il ventilatore che ne garantisce la circolazione forzata.Importante è pure la spaziatura fra le alette, perché da essa dipende la possibilità che il flusso turbolento si estenda più o meno piena­mente all'intera sezione di passaggio dell’aria. Al crescere della di­stanza fra le alette (p -s) , lo strato limite di fluido aderente alle pa­reti si fa sempre più turbolento, favorendo così lo scambio termico.Un effetto molto meno marcato lo esercita la lunghezza dell’aletta L, il cui aumento incrementa il diametro idraulico equivalente. Ela­borando numerosi dati sperimentali, si sono potuti trovare [5] i se­guenti valori tipici:

Cs = 0,10 -s- 0,25; x = 2; y = 0,3; z = 0,75

* Nel caso particolare di alettatura a sezione rettangolare (Figura 14.20), essen- do: Sn - (p — s) L e b = 2 (p — s + i.), si ha: de = 2(p — s)L l (p — s + L).

14-20

de= 4 S J b 14-21

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^!9ur0 14 2 j'a?ione eie/Vari, „,,c ? numero di

Nusselt('mo/f/p/ica to p e rdue rapporti ad/mens/ona// che meglio

definiscono la geometriaf ate//’aletta), in

funzione dei numero d i Reynolds della corrente d’aria, per due diversi convogliatori che guidano il tosso, cercando di rendere loscarnò/o più

uniforme lungo la periferia del cilindro.

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per i coefficienti che compaiono nella 14-20, il cui andamento è illu­strato in Figura 14.21 per due diversi tipi di convogliatore. In forma più immediata, ma meno generaje, il diagramma di Figura 14.22 fornisce un andamento tipico di h e, in funzione dei due parametri più influenti: la velocità dell’aria e la spaziatura fra le alette.

14.5.4Calcolodella superficie alenata

Le considerazioni svolte nei punti precedenti permettono ora di ri­solvere il problema del calcolo della superficie alettata necessaria per garantire un raffreddamento corretto ad un dato motore. Nor­malmente si parte dalla constatazione che la conduzione del calore fra una parte e l’altra del cilindro o della testa è molto limitata. È lecito, perciò, supporre che ciascuna zona debba smaltire diretta- mente, attraverso un’alettatura opportuna, il calore ricevuto dall'in­terno. Si possono così individuare parti (3 o 4) sufficientemente omogenee (esempio: testata, parte alta del cilindro, parte media e bassa del cilindro, condotto di scarico), per poter applicare a cia­scuna un modello che utilizzi grandezze mediate sia nel tempo che localmente. Per mezzo di una espressione del tipo 14-3, si potrà

Figura 14.23 Esempio di cilindro per motociclo con asse diretto nel senso del moto. Le alette sono disposte longitudinalmente, in modo da essere lambite dall’aria (rispetto alla quale il mezzo si muove) lungo tutta la loro superficie, con una minima resistenza aerodinamica.

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14.5.5Circolazionedell’aria

così stimare il flusso di calore Q che tale zona deve smaltire attra­verso la parete metallica:

Ó = — S 14-22Sm

portandone la superficie esterna alla temperatura media f e. Ipotiz­zato un valore di primo tentativo per he ed r)a, in base alle analisi fatte rispettivamente ai paragrafi 14.5.3 e 14.5.2, grazie alle 14-18 e 14-16, si potrà ricavare la superficie alettata necessaria:

Sa = Ù I haK(Te - f r)] - Sc / TU 14-23

Si può quindi passare ad un proporzionamento della alettatura se­condo i criteri forniti al paragrafo 14.5.2, A questo punto, si ha la possibilità di stimare con molta maggiore precisione i valori di he ed r ia, in base ai quali ricalcolare Sa attraverso la 14-23. Come valori medi orientativi, si possono tenere presenti i seguenti rapporti:

S J S ¡ = 15 + 25 S J P, = 0,04 + 0,06 m2 / kW

Per quanto riguarda, infine, l’orientamento delle alette, si ricorda che esso deve favorire il flusso dell’aria refrigerante lungo le loro superfici. Normalmente, quindi (vedere Figura 14.17), i cilindri so­no muniti di alette circonferenziali, che contribuiscono ad incremen­tare la capacità di resistenza della canna alle sollecitazioni mecca­niche, mentre le teste hanno alette con giaciture contenenti la dire­zione del moto deN'aria.In alcuni casi, in cui l’asse del cilindro è parallelo a quello del moto (vedere Figura 14.23), le alette sono disposte longitudinalmente, con il risultato di favorire il trasferimento del calore dalle zone più calde alle zone più fredde, perdendo però buona parte dell’effetto di cerchiatura.

Tranne poche eccezioni (motori per motociclo), il flusso d’aria di raffreddamento è prodotto da un ventilatore (generalmente centri­fugo; assiale nel caso di maggiori portate) trascinato dal motore. Per il suo dimensionamento, occorre conoscere la portata e la pre­valenza che deve fornire. La prima può essere calcolata in base alla quantità di calore che deve essere asportata:

= <3/CpaAra

In funzione del riscaldamento subito dall’aria ATa, che a sua volta può essere espresso come frazione della differenza fra la tempera­tura media della superficie esterna dell’alettatura Tem e la tempera­tura iniziale deH’aria Ta:

A Ta = crs (7’erri - Ta) 14-24

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Figura 14.24 Valori tipici del coefficiente di riscaldamento subito dall'aria nell’attraversare l'alettatura, in funzione dei tre parametri che maggiormente l ’influenzano:1 ) velocità della corrente d ’aria u^2) spaziatura tra le alette (p - s);3) tipo di convogliatore (mostrati in Figura 14.25).

Il coefficiente di riscaldamento Crs è funzione principalmente: del­la velocità dell’aria u a, della spaziatura delle alette (p - s) e del tipo di convogliatore, secondo l’andamento tipico illustrato dai grafi­ci di Figura 14.24. Da essi si deduce che ATa è tanto più alto quanto più basso è u s e quanto più fitta è l’alettatura, assumendo in praticai seguenti valori medi:

A Ta = 40 + 60 K

a cui corrispondono portate d’aria:

m .f Pe = 50 + 80 kg h~1 / kW

ooHZUJ

<O_ls«cc

nioo

VELOCITA ARIA uB [m/s]

OPs2<a_iswcc

LLLLLUOO

SPAZIATURA ALETTE p - s [mm]

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Figura 14.25 Variazione del coefficiente di resistenza incontrato dall’arianell’attraversare l ’alettatura (moltiplicato per due rapporti adimensionali che meglio definiscono la geometria dell’aletta), in funzione del numero di Reynolds della

La prevalenza dovrà uguagliare la perdita di carico Apa incontra­ta dall'aria nell’attraversare Palettatura. Essa dipende: dall’attrito della superficie lambita, dalla deviazione di direzione imposta dal convogliatore, dall’energia cinetica persa all’uscita. Globalmente, potrà quindi essere espressa come multiplo § dell’energia cinetica del flusso:

con | funzione degli stessi gruppi adimensionali che regolano (ve­dere il paragrafo 14.5.3) la trasmissione del calore fra alette ed aria. In modo simile alla 14-20, si potrà quindi porre:

L’elaborazione dei numerosi rilievi sperimentali ha fornito [5] i se­guenti valori:

Cr = 200 + 500; x = -0,8; y = 0,41; z = - 0,6

L’andamento della 14-25 per i due diversi convogliatori di Figura 14.21 è illustrato in Figura 14.25, mentre il grafico di Figura 14.26 fornisce il valore di | in forma più immediata, ma meno generale, in funzione dei due parametri più influenti: la velocità dell’aria e la spaziatura fra le alette.Valori medi orientativi per Apa sono:

Apa = I (Pa «a2 / 2)

14-25

Apa = 1+ 2 kPa.

corrente, per due diversiconvogliatori che guidano il flusso, cercando di rendere lo scambio più uniforme lungo la periferia del cilindro.

0,60,50,4

2-103 3 4 5 6 8 10“ 2 3 4 5-104

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Figura 14.26 Valori tipici del coefficiente di resistenza incontrata dall'arianell’attraversare l'alettatura, in funzione dei due parametri che maggiormente l'influenzano: la velocità della corrente d’aria «a e la spaziatura tra due alette consecutive (P ~ s).

14 .6 Calcolo del flusso di calore istantaneo

14.6.7Irraggiamento

<N

COCOLUtrQLUH2LJJO

LUOO

VELOCITA DELL'ARIA wa [m/s]

I modelli di calcolo che si propongono di seguire l’evoluzione nel tempo del fluido di lavoro nel cilindro, per arrivare a prevedere le prestazioni del motore, hanno bisogno di un sottomodello termico capace di calcolare il flusso Istantaneo di calore uscente dal siste­ma gassoso. Noto allora il rilascio di energia da parte del combusti- bile che sta bruciando, riesce possibile determinare le condizioni (pressione, temperatura, composizione, ecc.) del gas nel cilindro.Gli approcci più semplici inoltre sono di tipo zero-dimensionale: suppongono cioè di poter descrivere il comportamento dei gas per mezzo delle loro proprietà medie locali (vedere ad esempio il para­grafo 10.7.1). Di conseguenza, anche i modelli termici che si consi­derano in questo paragrafo utilizzano grandezze istantanee, ma mediate in termini di spazio.Prima di passare ad una loro descrizione, tuttavia, si ritiene utile richiamare alcune considerazioni sul calore trasmesso per irraggia­mento dai gas alle pareti della camera di combustione, perché tale fattore risulta piccolo, se riferito al flusso medio durante il ciclo, ma più significativo in termini di flusso istantaneo durante la fase di combustione.

Il calore è trasmesso per irraggiamento alle pareti interne del cilin­dro: dai gas combusti che si trovano ad alta temperatura e dalla fiamma contenente particelle carboniose incandescenti. Il flusso di calore per unità di superficie irradiato da un corpo a temperatura T, verso un altro a temperatura T„ attraverso uno spazio che non con­tenga materiale assorbente le radiazioni, è espresso dalla legge di Stefan-Boltzmann:

q r = eo0(TS-T f t 14-26

dove: o0 = 56,7-10 '9 W / (m2 K4) è il coefficiente di irraggiamento del «corpo nero», mentre e (= emissività) tiene conto del comporta­

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Figura 14.27 Flusso istantaneo di calore per unità di superficie irradiato dai gas combusti, in un tipico Diesel ad iniezione diretta, in funzione dell'angolo di manovella (durante la fase di combustione) e del carico del motore.

mento dei corpi reali, che risulta alquanto diverso da quello del corpo nero ideale.Per quanto riguarda l’irraggiamento dovuto ai gas caldi, occorre ri­cordare che essi emettono ed assorbono energia solo su di una ristretta banda di lunghezza d’onda, legata alla loro struttura mole­colare, anziché su di uno spettro continuo, come fanno i solidi. Inol­tre, le molecole gassose più semplici (mono e biatomiche) sono so­stanzialmente trasparenti alle radiazioni. Dei gas presenti nel cilin­dro di un motore, praticamente soltanto i multiatomici, come l’ani­dride carbonica e il vapor acqueo, sono in grado di irradiare una quantità significativa di energia. Tale processo è governato: dalla pressione parziale di queste specie gassose, dal percorso medio di irraggiamento e dalla temperatura dei gas.Una stima di queste grandezze ha portato [5] alla valutazione di q rg attraverso una relazione del tipo 14-26, il cui andamento in funzio­ne dell’angolo di manovella (per tre diverse condizioni di carico; 0%; 50%; 100%) è mostrato in Figura 14.27. Il massimo di q rg cade circa 20° di manovella dopo il PMS In fase di combustione e costi­tuisce circa il 5% del flusso totale di calore in quell’istante (vedere Figura 14.5). Oltre la metà della corsa di espansione, il valore di q rg diventa molto piccolo, per cui il suo contributo medio sull’intero ciclo motore risulta normalmente debordine del 1 + 2 %. Si può quindi concludere che il calore trasmesso per irraggiamento dai gas è tra­scurabile, data la precisione dei modelli di calcolo adottati. Questo fatto è principalmente vero per motori utilizzanti elevati eccessi d’aria, che rendono le pressioni parziali di C02 ed HzO relativa­mente basse.Per quanto riguarda poi l’irraggiamento dovuto alla fiamma, il suo contributo rimane di pochi punti percentuali nel caso di motore a carica premiscelata, perché I prodotti della combustione (anche intermedi) sono tutti allo stato gassoso. Nel motore Diesel, invece, la fiamma appare fortemente luminosa, a causa delle particelle carbo­niose incandescenti in essa contenute, e presenta uno spettro continuo di radiazione.

ANGOLO DI MANOVELLA [°]

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Figura 14.28 Valori tipici, in funzione dell’angolo di manovella (durante la fase di combustione), della temperatura T, raggiunta dalla fiamma (ossia nella zona di reazione contenete particelle carboniose incandescenti) e dalla massa dei gas contenuti nel cilindro Tg, ottenutamediando istante per istante su tutto il fluido presente.

ANGOLO DI MANOVELLA [°]

L’irraggiamento della fiamma del Diesel risulta perciò circa 6+8 volte più intenso di quello dei prodotti gassosi di combustione, con­tribuendo mediamente per un 10+15 % al totale calore trasmesso alle pareti (nelle condizioni di pieno carico).Il processo di irraggiamento da parte di una fiamma non trasparen­te risulta molto complesso da analizzare per mezzo delle leggi clas­siche che reggono questi fenomeni, perché i dettagli della geome­tria e della composizione chimica della regione irradiante non so­no noti. Occorre cioè conoscere: le dimensioni, la concentrazione e la distribuzione del particolato, oltre alla temperatura della fiam­ma T„ che risulta ben diversa dalla temperatura istantanea dei gas Tg, ottenuta mediando su tutto il fluido presente nel cilindro. La Figura 14.28 fornisce alcuni valori tipici di T, e 7g per un mo­tore Diesel, evidenziando non solo il ben più elevato valore di Tf, ma anche la sua diversa legge di variazione con l’angolo di ma­novella.Rilievi sperimentali hanno tuttavia permesso di misurare, per mezzo di pirometri ottici, i valori medi locali dell’emissività della fiamma su motori Diesel da laboratorio. Essi raggiungono un massimo circa 20° + 30° dopo il PMS, con valori crescenti dae=0,10ae = 0,35 nel passare dal minimo al pieno carico. Valutata l’emissività e e la temperatura della fiamma Tv l’espressione 14-26 permette allora di ricavare q rV I risultati riportati in Figura 74.29indicano, nelle condizio­ni di pieno carico, un picco di q rf pari a circa il 35% del totale calo­re trasmesso (vedere diagramma di Figura 14.5) e quasi 7 volte il calore irradiato dai gas (vedere Figura 14.27) nelle stesse

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Figura 14.29 Flusso istantaneo di calore per unità di superficie irradiato dalla fiamma, contenente particelle carboniose incandescenti, in un tipico Diesel ad iniezione diretta, in funzione dell’angolo di manovella (durante la fase di combustione) e del carico del motore.

o

Q<ccccLUoco_J<o

ANGOLO DI MANOVELLA [°;

condizioni. Anche il valore di q tì diminuisce rapidamente durante la corsa di espansione, per cui il suo contributo medio sull’intero ciclo motore risulta del 10 4-15 %. Ne deriva che la quantità di calore tra­smessa per irraggiamento in un motore Diesel, nelle condizioni di pieno carico, non può essere trascurata, specialmente se si consi­dera il flusso istantaneo.

14_6 2 Fra i vari modelli messi a punto per il calcolo del flusso istantaneoModello ^ ca*ore vers0 'e pareti interne del cilindro, ci si limiterà a ricordare.. . , i due di uso più comune,di Annand

Il primo, proposto da Annand [8, 9, 24], cerca di valutare il flusso totale aggiungendo al contributo principale, dovuto alla convezione forzata, quello dell’irraggiamento. Annand ha riesaminato i modelli utilizzati in precedenza e, dopo aver rielaborato i dati sperimentali disponibili relativi agli scambi di calore nei motori, ha proposto la

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seguente formula per il calcolo del flusso specifico (per unità di area) istantaneo:

q = f t . ^ - Z D + CaoUTV-Zy) 14-27

Tutte le grandezze che compaiono in essa sono istantanee: sono cioè riferite ad una determinata posizione dell’albero motore. Impli­cita nel modello è anche l’ipotesi che il contenuto del cilindro si comporti come una miscela omogenea di nota composizione. Tutte le proprietà fisiche dei gas sono quindi calcolate in base ai valori di: temperatura, pressione e composizione, mediate sulla intera mas­sa presente.Il coefficiente convettivo h{ è legato alle caratteristiche fisiche dei gas ed alla loro condizione di moto, da una relazione del tipo 14-4, la quale, con l’ipotesi di assumere come velocità caratteristica la velocità media del pistone up e come dimensione lineare caratteri­stica l’alesaggio D, può essere scritta nei termini seguenti:

Per quanto riguarda poi il secondo termine della 14-27, con cui vie­ne valutato il calore trasmesso per irraggiamento, va osservato che esso appare in una forma del tipo 14-26. Tuttavia, per ragioni pra­tiche (non conoscenza di T,), Annand propone di utilizzare per ta­le calcolo la temperatura media dei gas Tg, che differisce con­cettualmente e sostanzialmente da T, (vedere Figura 14.28). Ne deriva che C2 non rappresenta più l’emissività e, ma soltanto un coefficiente empirico che permette di ritrovare valori di q r con­frontabili con quelli misurati sperimentalmente. Si ha, di conse­guenza, una forte variabilità per i valori pratici proposti:— per la fase di combustione: C2 = 0,6 1,6 (per motori Diesel);

C2 = 0,075 (per motori Otto);— per le fasi di: aspirazione, compressione e scarico: C2 = 0.

Sulla base della rielaborazione di un ampio gruppo di dati speri­mentali, Annand suggerisce i seguenti valori per le costanti che compaiono nella 14-28:

L’ampia variazione dei valori sperimentali trovati per C,, passan­do da un motore all’altro, conferma che parametri importanti nel processo di trasmissione del calore non sono stati considerati dal modello. Questo fatto, in particolare, sembra suggerire che il lega­me fra «p e la effettiva velocità di controllo del fenomeno è più complesso della semplice legge di proporzionalità proposta da An- nand. Usando la 14-27, normalmente si rischia di sovrastimare i valori di q rispetto ai rilievi sperimentali, come mostrano i confronti riportati in Figura 14.30.

r s-* ^ r-»h, = C1 — Re 14-28

C, = 0,35 + 0,8 n = 0,7 + 0,8

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ANGOLO DI MANOVELLA [°]

Figura 14.30 Confronto tra i flussi istantanei di calore (mediati sulla superficie della testata di un motore Diesel ad iniezione diretta ad alta turbolenza): calcolati con il modello di Annand (14.27), calcolati con li modello di Woschni (14.29) e dedotti dai rilievi sperimentali d i temperatura [17], fomiti da diverse termocoppie disposte attorno alla camera di combustione.

14,6.3 Un secondo modello largamente usato per il calcolo del flusso.. j . , , istantaneo di calore è stato proposto da Woschni [11], il quale sug-h iw h ■ gerisce di fare riferimento nel calcolo alla sola convezione forzata, ai Woscnni opportunamente incrementata per tener conto della parte trasmes­

sa per irraggiamento:

q = A, (Tg - Ti) 14-29

Partendo, per il calcolo di h¡, da una relazione del tipo:

Nu = C Re08, ossia: hD ¡X = C (p uD / (x)08

Woschni ha esplicitato i termini: p, T, D, u che compaiono nei nu­meri puri Nu e Re. Assumendo: X ~ T ° J5i n ~ T ° s ; p ~ 7g \ è così giunto alla seguente espressione:

h. = C , p 0'e D- ° -2 T - 0’53 u°’e 14-30I 1 F g

dove il valore della costante C, dipende dalle unità di misura as­sunte (ad esempio: C, = 3,26 con: p [kPa]; D [m]; Tg [K]; u [m s1]). La velocità u che controlla il flusso di calore viene valutata con una cura particolare dal modello, data la sua influenza sull’intero pro­cesso. Infatti, ad un termine proporzionale ad up (opportunamente incrementato durante la fase di sostituzione del fluido), Woschni

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propone di aggiungere un contributo (che può essere dello stesso ordine di grandezza di wp), dovuto al moto del fluido prodotto dalle variazioni di densità conseguenti al processo di combustione. Que­sto fattore è ritenuto proporzionale all’incremento di pressione do­vuto alla combustione (p - ptt), rispetto al valore che si avrebbe in assenza di accensione o iniezione di combustibile, ed al volume specifico della carica (volume istantaneo V diviso per una massa di riferimento, proprozionale al rapportop 0 V 0/ T 0). In definitiva, il mo­dello calcola la velocità del fluido con l'espressione:

u = C2 Mp + C3 ( p - P u) 14-31Po v0

assumendo, a seconda delle varie fasi del ciclo, i seguenti valori per le costanti:C2 = 2,28: per le fasi di: compressione, combustione ed espansione;C2 = 6,18: durante la fase di sostituzione del fluido motore nel ci­lindro;C3 = 0: durante le fasi di: compressione e sostituzione del fluido;C3 = 3,24-10 3 ms'1 / K: per motori a camera di combustione unica, nelle fasi di combustione ed espansione;C3 = 6,22-10-3 ms-1 / K: per motori a precamera, nelle fasi di com­bustione ed espansione.Nella 14-31 i rimanenti simboli hanno il seguente significato: p, V = pressione e volume spazzato dal pistone nell’istante con­siderato;T0, Po’ v o = temperatura, pressione e volume di riferimento (per esempio: alla chiusura delle valvole od all’inizio della combustione); p t, = pressione istantanea nel cilindro, con motore trascinato, cioè senza accensione od iniezione di combustibile.Il secondo addendo, che tiene conto della turbolenza generata dal­la combustione, induce a far sì che il modello di calcolo continui a valutare, anche durante la combustione e l’espansione, la pres­sione pu che regnerebbe nel cilindro, se non vi fosse accensione od iniezione di combustibile. Questo può essere fatto, utilizzando le stesse equazioni che calcolano le condizioni fisiche della carica, in cui si annulla il termine che rappresenta l’energia entrante nel siste­ma, oppure supponendo la compressione e I’ espansione trasfor­mazioni politropiche, per cui valga la semplice relazione:

Pu = p0( v0i v yed assumendo per il loro calcolo un opportuno valore medio del­l'esponente (ad esempio: n = 1,32).I valori di q forniti dalla 14-29 con i coefficienti indicati risultano di solito inferiori a quelli misurati sperimentalmente [17J, nel caso di motori con elevata turbolenza (vedere Figura 14.30). Woschni ha quindi riesaminato [12] una serie di dati sperimentali relativi a moto­ri ad alta turbolenza (misurata dalla velocità angolare wv della ven­

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14.7Carichi termici e campi di temperatura

14.7Ì Calcolo dei campi di temperature

tola anemometrica descritta al paragrafo 9.3.1), proponendo i se­guenti valori incrementati per C2:C 2= 6,18 + 0,417 (oov D / 2 hp): per la fase di sostituzione del fluido,

C 2= 2,28 + 0,308 (covD / 2 up): per il resto del ciclo.

Questo modello, anche se talvolta può sovrastimare il contributo in­dotto dalla combustione, è tuttora fra i più usati per la sua semplici­tà e generalità di impiego. Non viene, infatti, normalmente richiesto un sensibile aggiustamento dei coefficienti utilizzati in funzione del­lo specifico motore in esame.

Gli organi del motore che si trovano ad operare a temperatura più alta di quella deH’ambiente sono soggetti a carichi di natura termi­ca, oltre a quelli meccanici. Essi producono sollecitazioni termiche (vedere il paragrafo 14.8) nei componenti, che vanno ad aggiunger­si a quelle di origine meccanica. Infatti, come conseguenza del flus­so di calore proveniente dai gas che evolvono in camera di combu­stione, in accordo con le diverse impedenze termiche incontrate sulle superfici di contorno, in ogni organo si stabilirà un certo cam­po di temperature. Ciascun punto, cioè, sarà caratterizzato da un proprio livello di temperatura e da un gradiente termico rispetto ai punti vicini.

Le distribuzioni di temperature nei vari componenti possono essere calcolate integrando l’equazione di Fourier, che esprime in termini differenziali le condizioni che reggono il flusso di calore per condu­zione attraverso un corpo solido. Essa, in sostanza, esprime un bilan­cio energetico per il generico elemento di volume, mettendo in conto:— il calore che fluisce attraverso la superficie di contorno dell’ele­

mento;— il calore eventualmente generato neN’elemento (nullo nel caso

di attuale specifico interesse);— la variazione nel tempo del calore accumulato daH’elemento. Nel caso tridimensionale, essendo T = T(x,y,z,t), l’equazione diffe­renziale di Fourier si pone nella forma:

d2r d2T d2T p c* dT— + — - + —- = ^— — 14-326x 5y dz k dt

* il rapporto: /Jp c [nv/s] (con c = calore specifico del materiale e X = sua con­ducibilità) rappresenta la diffusività termica del materiale, ossia la rapidità con cui una distribuzione non uniforme di temperature si avvicina alle condizioni di equilibrio.

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Nel caso di trasmissione a regime (ST/ dt = 0), il termine a secondo membro si annulla e l’equazione diventa di tipo ellittico. Per la sua risoluzione è necessario specificare le condizioni sul contorno del­la regione in cui la soluzione è richiesta, mediante le due classiche forme:1. assegnando il valore della temperatura T nei punti del contorno;2. fissando la derivata della temperatura normalmente al contorno (dT/ dn), ossia il flusso attraverso l’area unitaria.

Nel caso di trasmissione in condizioni transitorie {dT I dt * 0), l’equazione conserva la sua forma 14-32 ed è di tipo parabolico. Le condizioni al contorno richieste sono:1. T in tutti i punti della regione, per t = 0 (condizioni iniziali);2. T, ovvero dT / dn sulle superfici di contorno della regione, per t > 0.

Per valutare queste condizioni al contorno, occorrono modelli ter­mici in grado di calcolare (nel caso più generale) il flusso locale ed istantaneo di calore proveniente dai gas nel cilindro. Il coefficiente di scambio convettivo, ad esempio, potrà essere stimato attraverso una relazione del tipo 14-4, dove, però, i parametri fisici e cinemati­ci del gas, che compaiono nei numeri puri Nu, Re e Pr, dovranno essere forniti in forma puntuale ed istantanea da modelli tridimen­sionali di simulazione del ciclo di potenza.Per i calcoli in condizioni di regime, si useranno, invece, dati me­diati nel tempo durante il ciclo, poiché le variazioni di temperatura dovute al ciclo termodinamico imposte alla superfici a contatto con i gas risultano completamente smorzate a piccola distanza (» 1 mm) dalla superficie esposta (vedere il paragrafo 14.7.2). In assenza di dati più dettagliati, in pratica però anche in questi casi si sarà co­stretti ad utilizzare grandezze mediate su zone sufficientemente omogenee del contorno della regione in esame.

Per quanto riguarda, poi, l’integrazione della 14-32, ricordiamo che la geometria complessa degli organi di un motore rende normal­mente proibitiva la ricerca di soluzioni analitiche. Buoni risultati si sonò invece ottenuti per via numerica, utilizzando:1. metodi alle differenze finite: una volta discretizzata la regione di interesse, si possono seguire sostanzialmente due vie:— approssimare l’equazione differenziale 14-32, esprimendo le

derivate che vi compaiono in funzione delle temperature nei punti vicini della griglia (usando sviluppi in serie, per esempio di Taylor);

— riscrivere per ogni punto della griglia il bilancio del calore attra­verso il volume di controllo della cella, in funzione delle tempe­rature dei punti circostanti, senza ricorrere all'equazione diffe­renziale 14-32;

2. metodi agli elementi finiti: il componente è diviso in un certo nu­mero (tanto più elevato quanto maggiore è la precisione richiesta) di elementi finiti, per mezzo di superfici immaginarle (vedere Figu­ra 14.31) attraverso opportune «funzioni di forma». La temperatura

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in ciascun elemento è espressa in funzione delle temperature dei nodi, che diventano così le vere incognite del problema. Queste ul­time vengono determinate imponendo le condizioni che rendono minimo il «funzionale» della 14-32, ottenendo così un sistema alge­brico lineare nelle incognite temperature nodali [20], La Figura 14.31 mostra un esempio di suddivisione della testata di un piccolo motore Diesel a precamera (V = 422 cm3; Pe = 10 kW a n = 75 giri/s) raffreddato ad aria, secondo elementi finiti ottenuti con piani paral­leli alle alette di raffreddamento.

14.7.2 Effetto della variazione del flusso di calore durante il ciclo

Prima di passare a discutere i campi di temperature dei principali organi che delimitano la camera di combustione, conviene valutare l’effetto prodotto dalle rapide variazioni di flusso dì calore durante il ciclo, con motore funzionante a regime costante (un esempio tipico di tale funzione è riportato in Figura 14.5). Ci si propone cioè di far vedere che, nel caso di motori volumetrici a regime, le variazioni dei campi di temperatura nel tempo presentano un interesse modesto e limitato alla pellicola superficiale degli organi lambiti dai gas, dal mo­mento che i cicli termodinamici si susseguono con una frequenza

Figura 14.31 Esempio di suddivisione della testata di un Diesel veloce a precamera in elementi finiti, per il calcolo della distribuzione di temperature e delle sollecitazioni derivanti, mediante modelli numerici. A causa della precamera, non presenta simmetrie né la geometria del pezzo, né il flusso di calore. Si è quindi dovuto usare uno schema tridimensionale, dividendo la testa in elementi finiti, mediante piani paralleli alle alette di raffreddamento.

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molto elevata in confronto all’inerzia termica dei componenti stessi. Per semplicità, si suppone di poter fare riferimento ad una superfi­cie piana indefinita, in modo che la temperatura vari in funzione del­la sola coordinata x, ad essa normale (problema monodimensiona­le). La 14-32 diventa, allora:

^ = £-C ^ 14-33dx2 K dt

In seguito alla fluttuazione della temperatura dei gas nel cilindro durante il ciclo, la temperatura della superficie della parete varierà anch’essa con lo stesso periodo ed una certa ampiezza AT0:

T (0, t) = r0 + A J0 sen co t

Con questa condizione al contorno (legge della temperatura im­posta sulla parete ad x = 0), si può verificare che l'integrale della 14-33 diventa:

T(x,t) = r0 + AT0 e""* sen(cot - mx) 14-34

essendo: m ~ P c / 2 A,

Si vede, cioè, che le oscillazioni di temperatura A T0 che sì han­no sulla superficie affacciata ai gas (ad x = 0), si risentono all’inter­no della parete affievolite per un fattore di smorzamento esponen­ziale, tanto minore quanto più grande è la distanza x dalla superfi­cie e quanto più elevata è la frequenza delle oscillazioni (da cui di­pende il valore di m , a parità di materiale).Nel caso, ad esempio, di un motore a quattro tempi, che ruoti a n = 100 giri/s, la pulsazione del ciclo vale:

co = 2 n f c = 2 j t 1 0 0 /2 = 314 rad s-’

La distanza x alla quale l’oscillazione di temperatura diventa 1/100 di quella alla parete, risulta dalla 14-34:

AT0 e ~ m * = A ^ /100

semplificando e prendendo quindi i logaritmi naturali di entrambi i membri:

-m x = -In 100 x = 4,605ìm

Nel caso particolare di ghisa con:

p = 7570 kg / m3; c = 470 J / kg K; X = 30 W / m K

si ha: _________m = -J 03 p c / 2 \ =

= /314 • 7570 -470/60 = 4315m_1

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e quindi:x = 4,605 103/ 4315 = 1,067 mm

Siccome AT0 è normalmente dell’ordine delle decine di K (e co­munque AT0 < 100 K), si vede che alla profondità di 1 mm l’oscil­lazione è praticamente smorzata. Per motori funzionanti a regime, i campi di temperatura nei vari organi si possono quindi tranquilla­mente ritenere stazionari nel tempo.

14.7,3Carichi termici nei principali organi

In questo paragrafo verranno presentati alcuni esempi tipici di cam­pi di temperature (misurati e/o calcolati) dei principali componenti di un motore affacciati alla camera di combustione, indicandone i va-

Figura 14.32 Tipico andamento delle isoterme (a tratto continuo) e delle linee di flusso del calore (tratteggiate), sulla sezione assiale di un pistone per motore ad accensione comandata per autovettura. La figura riporta anche g li intervalli entro cui possono variare le temperature dei punti della superficie esterna del pezzo.

TEMPERATURA [°C]

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lori critici in relazione alle funzioni svolte, alla configurazione del pezzo ed ai materiali utilizzati.

Pistone

Si tratta di un organo soggetto ad un intenso flusso di calore prove­niente dai gas presenti in camera di combustione. Circa il 30 + 40 % del totale calore trasmesso al fluido refrigerante raggiunge la canna del cilindro attraverso il pistone. Una tipica distribuzione di temperature sulla sezione assiale di un pistone di alluminio con te­sta piatta (per motore Otto d’autovettura) è illustrata in Figura 14.32. 1 valori assoluti dipendono principalmente dalle condizioni di funzionamento de! motore e dalle dimensioni geometriche del pez­zo. Si può tuttavia notare che i massimi valori di temperatura si rag­giungono al centro della testa e diminuiscono gradualmente verso la periferia e la parte bassa del mantello. I bassi valori raggiunti in quest’ultima zona denotano una intensa trasmissione del calore (50 + 60 %) verso le pareti del cilindro, nella zona delle fasce elasti­che. Un buon contributo (15 + 20 %) al raffreddamento del pistone è pure dato dal getto di olio che viene lanciato sulla parete interna della testa. Nel caso di pistoni con camera di combustione ricavata in essi, la superficie che riceve calore risulta incrementata. Normal­mente, i valori massimi di temperatura si raggiungono in corrispon­denza dei bordi della tazza, come conseguenza dell’elevato rap­porto superficie esposta/volume.Per quanto riguarda l’indicazione di valori critici di temperatura, conviene fissare l’attenzione sui seguenti aspetti:1. punti a più elevata temperatura: i limiti sono imposti da ragioni di resistenza dei materiali. Le leghe leggere a base di alluminio (con Cu e Si), che presentano indubbi vantaggi di: leggerezza, conduci­bilità termica e lavorabilità, possono difficilmente essere impiegate oltre i 350 °C, perché le loro caratteristiche meccaniche scadono rapidamente oltre questi valori di temperatura;2. zona delle fasce elastiche: per assicurare un buon comporta­mento del lubrificante ed evitare il bloccaggio dei segmenti di tenu­ta nelle loro cave, occorre evitare che le temperature in questa zona siano troppo elevate. Particolarmente critici sono i valori in corrispondenza della cava della prima fascia: con temperature del­l’ordine di 200 + 250 °C si richiede l’uso di olii con efficaci proprietà anti-incollamento, mentre per valori superiori c’è il pericolo di bloc­caggio del segmento anche con olii con alto tenore di additivi;3. fondo della testa: è necessario contenerne le temperature, per evitare l'alterazione dell’olio di raffreddamento e la formazione di depositi carboniosi che ne accentuano l’isolamento termico. Per i motori termicamente più sollecitati e di grande alesaggio, il raffred­damento del pistone tramite getto di olio sul fondo della testa non è più sufficiente ed occorre provvedere ad una circolazione di olio o di acqua in apposite canalizzazioni ricavate nella testa stessa del pistone;

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4. mantello: svolge la funzione di guida del pistone nella canna del cilindro, rispetto alla quale deve presentare quindi giochi contenuti. Variazioni di temperatura (con le condizioni di funzionamento del motore) troppo elevate possono produrre dilatazioni eccessive e fa­vorire il deposito di lacche e vernici, facilitando il grippaggio di que­sta parte dello stantuffo nel cilindro. Valori tipici sono: 80 + 100 °C per la parte bassa del mantello; 120 * 150 °C per la parte alta.

Parete del cilindro

I valori di temperatura massimi e minimi, raggiunti in condizioni di esercizio dalla parete interna del cilindro sono importanti dal punto di vista della lubrificazione (cambiamento dello stato chimico e fisi­co dell’olio) e specialmente dell’usura adesiva e corrosiva. La Fi­gura 14.33 riporta l’andamento tipico del campo di temperature in una sezione assiale della canna di un motore Diesel a quattro tem­pi ad iniezione diretta, raffreddato ad acqua. Si può notare come i valori della parte bassa del cilindro siano sensibilemente più bassi di quelli raggiunti in prossimità della testa, poiché nel primo caso la

TEMPERATURA [°C]

Figura 14.33 Campo di temperature e linee di flusso del calore sulla sezione assiale della canna di un Diesel veloce raffreddato ad acqua (D = 165 mm,C = 155 mm, pme =1,1 MPa, n - 25 giri/s). Sono pure riportati g li intervalli entro cui variano, con le condizioni di funzionamento, le temperature della superficie interna.

150°140°

1 30 °

1 25 °

120°

110°

100°

9 5 °

9 0 °

PMI

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Figura 14.34 Andamento tipico delle isoterme (a tratto continuo) e delle linee di flusso del calore (tratteggiate), sulla sezione assiale della valvola di scarico di un motore ad accensione comandata per autovettura. Si può notare come il calore ricevuto dalla superficie affacciata in camera di combustione, venga smaltito dal contatto del fungo con la sede e dello stelo con la propria guida.

parete viene a contatto con i gas combusti solo per una parte del ciclo e dopo che essi hanno subito una significativa espansione. Va inoltre tenuto presente che il raffreddamento ad aria impone nor­malmente un maggiore carico termico, specialmente nella parte alta del cilindro.

Figura 14.35 Esempio di valvola di scarico per motore ad elevata potenza specifica, con stelo forato e parzialmente ripieno di sodio metallico. Liquefacendosi nelle condizioni di esercizio, esso favorisce il trasferimento del calore verso la parte alta del gambo, da cui viene più facilmente trasmesso alla guida della valvola.

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Valvole

Quelle di aspirazione funzionano a temperature relativamente bas­se (rispetto a quelle di scarico), poiché sono raffreddate dalla carica fresca. Esse possono tuttavia raggiungere, In prossimità del fungo, temperature superiori ai 300 + 400 °C, sufficienti per produrre una decomposizione ed ossidazione del carburante e del lubrificante, con formazione di depositi. Le valvole di scarico, poi, sono sottopo­ste a temperature molto alte e ripartite disugualmente (vedere Fi­gura 14.34), essendo la possibilità di refrigerazione limitata alla breve zona della sede ed alla guida dello stelo (come mostrato dal­l’andamento delle linee di flusso del calore). Contemporaneamen­te, si hanno sollecitazioni meccaniche, per gli urti del fungo sulla sede e dei puntali di comando sullo stelo. Le valvole sono quindi soggette a: deformazioni per disuguali dilatazioni termiche; erosioni di natura meccanica per mancanza di durezza ad opera del flusso dei gas; corrosioni di natura chimica per l’aggressività dei fluidi con cui vengono in contatto; rottura sia per le corrosioni, sia per la per­dita di resistenza a caldo. Le deformazioni termiche tendono ad esaltare sé stesse e le erosioni, perché aumentano la fuga dei gas attraverso le imperfette tenute, che riscaldano localmente e corro­dono rapidamente valvola e sede.Per rendere più uniformi i valori di temperatura e favorire la trasmis­sione del calore verso il gambo della valvola, da cui passa alla gui­da, nei motori termicamente più sollecitati si usano valvole con ca­vità parzialmente riempite di sodio metallico o sali di litio e potassio (vedere Figura 14.35). Queste sostanze si trovano allo stato solido a temperatura ordinarla, ma fondono facilmente a quelle di eserci­zio della valvola, favorendo così il raffreddamento del fungo ed il trasferimento del calore verso lo stelo.

Testata

Le parti a temperatura più elevata e più difficili da raffreddare sono quelle soggette ad un flusso di calore più intenso, come le zone comprese fra le due valvole e quelle fra le valvole di scarico di due cilindri adiacenti. Nei motori ad accensione comandata, per assicu­rare un corretto svolgimento del ciclo termodinamico, occorre che la temperatura della superficie interna della testata si mantenga al di sotto dei 200 -s- 220 °C. In tale caso, si riesce a realizza re un’efficace asportazione del calore dalle sedi delle valvole e dal­la candela, evitando la formazione di punti caldi che potrebbero dare adito a forme di accensione anomale.Nei motori Diesel, la presenza di quattro valvole o della precamera crea normalmente gradienti locali di temperatura abbastanza ele­vati. I limiti non sono più posti dal combustibile (la cui autoaccensio­ne è favorita da alti valori della temperatura delle pareti), ma da problemi di resistenza meccanica delle parti più sollecitate.

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14.fiSollecitazioni di origine termica

14 .6.7Campidi temperature stazionari

La limitazione dei carichi termici, affidata ad un raffreddamento effi­ciente, serve ad impedire che sì raggiungano:1. da una parte eccessivi valori di temperatura, che portano a de­formazioni che possono pregiudicare il funzionamento corretto del­l’organo (ad esempio; grippaggio del pistone nella canna) e/o ad un’alterazione delle proprietà lubrificanti dell’olio;2. dall’altra sollecitazioni di origine termica, dovute a deformazioni e/o a dilatazioni impedite, troppo alte. Se, per esempio, nella zona fra le due sedi valvole di una testata in ghisa si produce (per com­pressione) una deformazione plastica, questa provoca, al momento del ritorno a freddo, delle sollecitazioni (di trazione) che possono superare il limite di rottura del materiale.

A differenza delle sollecitazioni meccaniche, che derivano da forze applicate alla struttura, le sollecitazioni di origine termica sono pro­vocate da dilatazioni dovute al riscaldamento di alcune parti. Esse si sovrappongono alle sollecitazioni meccaniche e rappresentano spesso la causa di rotture degli organi di un motore soggetti ad ele­vato flusso di calore.

In generale, le sollecitazioni termiche derivano da:1. gradienti locali di temperatura in presenza di campi termici sta­zionari (motore a regime);2. rapide variazioni nel tempo di campi di temperatura, come conse­guenza di bruschi cambiamenti di condizioni di esercizio del motore;3. vincoli tali da limitare le libere dilatazioni delle singole parti di un organo;4. presenza di materiali diversi in una stessa struttura o di un solo materiale con struttura cristallina non omogenea.Si può dare una rappresentazione schematica delle sollecitazioni derivanti da gradienti locali di temperatura, considerando, ad esempio, la zona centrale della testa piana del pistone di un motore funzionante a regime stazionario. In prima approssimazione, si schematizza questa parte come una lastra circolare (vedere Figura 14.36), in seno alla quale la temperatura varia localmente con la profondità, con un gradiente assegnato qualsivoglia, che si mantie­ne costante nel tempo. Inizialmente, la lastra è assimilata ad un pacchetto di lamelle, privo di sollecitazioni e di gradiente di tempe­ratura (situazione: a). Riscaldando la parte superiore, se ciascuna delle lamelle può dilatarsi liberamente, il formarsi di un gradiente di temperatura attraverso la lastra non dà origine a sollecitazioni, ma provoca una dilatazione delle sezioni trasversali XX', YY\ in X ^ / , YìY/ (situazione: b). Se, attraverso un’azione meccanica, si ripor­tano queste sezioni alla loro posizione iniziale, si creano delle solle­citazioni, mostrate nella situazione: c. In realtà, le fibre della lastra non sono indipendenti tra loro e non sono completamente libere da vincoli esterni. Di conseguenza, essa assumerà delle configurazio­ni intermedie fra quelle illustrate nelle situazioni: b (libertà comple­

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ta) e c (vincolo completo), a seconda della natura dei suoi vincoli. Se non può incurvarsi, lo stato di sollecitazione si presenta come nella situazione d, se invece può inflettersi, sarà del tipo mostrato in e. Se ne deduce perciò, che l’entità delle sollecitazioni di origine termica dipende: dal gradiente di temperatura, dalle condizioni di vincolo e dall’eventuale disuniformità del materiale.Questo stato di sollecitazione, sui pezzi di geometria complessa di un motore, può essere individuato per via sperimentale, tramite mi-

X' TEMPERATURA T SOLLECITAZIONI a

X, X X', = X'

X, X

"1— r! I I 'I 'I 'I I

_U____

Y Y, Y' = Y \

YY,

a)

b)

o)

d)

e)

a

Figura 14.36 Rappresentazione schematica dell’origine dello stato di sollecitazione in un elemento soggetto ad un gradiente locale di temperatura: a) assenza di flusso di calore; b) completa libertà di scorrimento tra le varie lamine; c) totale impedimento delle dilatazioni; d) i vincoli permettono un allungamento medio delle fibre, uguale per tutte; e) è consentito l ’incurvamento dell’elemento.

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sure dirette con straìn gauges o metodi di analisi di tipo ottico su modelli in resine trasparenti, oppure può essere calcolato con ap­propriati modelli di simulazione, dopo aver determinato i relativi campi di temperature. In particolare, i modelli agli elementi finiti si prestano molto bene a calcolare sia i campi di temperature che quelli dello stato di sollecitazione, perché utilizzano la stessa suddi­visione in elementi finiti del pezzo ed equivalenti procedimenti per l’esecuzione di entrambi i calcoli. La Figura 14.37 mostra un esem-

Figura 14.37 Applicazione di un modello tridimensionale agli elementi finiti per l ’analisi termica e dello stato di sforzo nel pistone di un grosso Diesel a due tempi per applicazioni marine [20]: a) disegno del pistone; b) suddivisione del settore BC in elementi finiti; c) isoterme sulla sezione AA (vista dal basso) del settore BC; d) sollecitazioni medie equivalenti sulla stessa sezione AA.

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pio relativo alla testa del pistone di un grosso motore Diesel a due tempi, di cui si riporta: il disegno (a), la suddivisione in elementi finiti di un settore (b), la distribuzione di temperature (c) e quella di una sollecitazione media equivalente (d).

14.8.2

Campidi temperature variabili nel tempo

Per quanto riguarda le variazioni nel tempo dei campi di tempera­tura, si ricorda ancora che, nel caso di motori, le oscillazioni perio­diche dovute ai cambiamenti di temperatura riscontrate nel corso di un ciclo (vedere il paragrafo 14.7.2) non hanno effetto sensibile sui loro organi, a causa del rapido smorzamento a cui queste sono soggette. Lo spessore di parete interessato a variazioni di tempera­tura dell'ordine del grado, infatti, non raggiunge il millimetro. La stessa cosa non può dirsi per il caso di brusche variazioni di regi­me, in particolare per un rapido ritorno al minimo dopo una lunga marcia a pieno carico. In questo caso, infatti, il sistema di raffredda­mento riduce bruscamente la sua azione, in seguito alla diminuzio­ne della portata d’aria fornita dal ventilatore (mosso dal motore) o della portata d’acqua messa in circolo dalla pompa.

Figura 14.38 Schematizzazione del processo di formazione di cricche in pezzi soggetti a forti gradienti di temperatura nel tempo, in conseguenza di una brusca variazione del carico del motore. Durante il transitorio si possono produrre deformazioni permanenti, a causa di dilatazioni impedite, che producono sollecitazioni residue al ritorno dell’elemento alla temperatura iniziale.

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Si generano quindi localmente elevati gradienti di temperatura (e perciò alte sollecitazioni), con tutte le conseguenze che comporta­no dal punto di vista: della resistenza meccanica degli organi, delle loro dilatazioni e della perdita della forma geometrica originale. In particolare, se si raggiungono deformazioni permanenti in alcune parti della struttura, sollecitazioni e deformazioni residue appaiono al momento del loro ritorno alla temperatura iniziale.Per schematizzare anche in questo caso il fenomeno, si consideri una provetta omogenea, vincolata fra due colonne (vedere Figura 14.38). Lasciando il resto della struttura alla temperatura iniziale, si suppone di scaldare localmente la sola provetta ad una temperatu­ra tale che la sua dilatazione, contrastata dalle colonne, provochi delle sollecitazioni superiori al suo limite elastico di compressione. Lo stato di sollecitazione della provetta sarà rappresentato, per un dato valore di temperatura (ad esempio T,), da un punto A del dia­gramma di Figura 14.38. Esso viene determinato partendo dalla mi­sura dell’allungamento AL che la provetta avrebbe raggiunto se avesse potuto dilatarsi liberamente, appoggiata orizzontalmente, con un estremo sulla sua caratteristica di compressione alla tempe­ratura J, e con l’altro estremo alla caratteristica di allungamento delle colonne alla temperatura iniziale T0. Il punto A si sposta nel tempo, man mano che la provetta ài scalda, supponendo di raggiun­gere una posizione finale B, in cui si è superato il limite elastico alla temperatura T2 (RJ). La provetta subisce allora uno scorrimento sotto compressione, ossia una deformazione permanente, che con­serverebbe, se fosse riportata alla temperatura T0, libera da vincoli. Se invece resta vincolata, il punto rappresentativo percorre la curva BCD durante il raffreddamento. In C la provetta non è soggetta a tensioni (OC rappresenta la deformazione permanente subita in B), però non si è ancora portata alla temperatura T0. Man mano che si avvicina a questo valore iniziale, essa è messa in tensione fino a raggiungere lo stato di sollecitazione rappresentato dal punto D.In alcuni casi si può anche arrivare, qualora le dilatazioni siano ele­vate, al superamento del limite elastico di trazione. Si possono così produrre delle microfessure in pezzi realizzati in materiale fragile (ad esempio: ghisa), con caratteristiche di resistenza a trazione inferiori a quelle di resistenza a compressione, oppure in materiali (ad esempio: leghe leggere) aventi limitata stabilità strutturale a caldo ed elevato coefficiente di dilatazione termica. Se la struttura è omoge­nea e compatta, anziché un insieme di colonnette, la deformazione permanente, e quindi la sollecitazione residua, è tanto maggiore quanto più il gradiente di temperatura locale è forte: ossia la varia­zione del flusso termico è rapida e localizzala (shock termico). Tanto più, infatti, in tal caso la zona circostante si mantiene a temperatura prossima a quella iniziale T0 e più elevato è il gradiente locale di temperatura.Se parte di un elemento del motore riceve quindi uno shock termico e non può dilatarsi liberamente a causa del resto del corpo, sarà sede di tensioni interne tanto maggiori quanto più elevata sarà l’in­tensità dello shock, il materiale più eterogeneo, l’architettura del pezzo più elaborata, ecc. In questo modo hanno origine le fessure:

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b)

Figura 14.39 - Esempio di microfessure dovute a fatica termica prodotte nella testa-cilindri in lega leggera di un Diesel a precamera per autovettura: a) posizione delle fessure nella zona compresa tra le due sedi valvole ed in quella che separa la precamera dalla valvola di scarico; b) micrografia di una delle fessure, che ne mostra chiaramente l ’origine dovuta a fatica termica.

sui bordi delle camere di combustione ricavate negli stantuffi di mo­tori a regime frequentemente variabile, nella zona di materiale com­presa fra due sedi valvole di una testata, nell’elemento della canna che divide in due parti la luce di scarico di un due tempi, ecc.La Figura 14.39 mostra un esempio di microfessure (indicate con le frecce nella parte a) formatesi nella testa-cilindri di un Diesel per autovettura a precamera. Attualmente si cerca di utilizzare leghe leggere per queste parti del motore, per i notevoli vantaggi che ne derivano dal punto di vista della sua realizzazione tecnologica. Si ha inoltre una sensibile riduzione di peso e migliori condizioni di raf­freddamento del motore, grazie alla minore massa specifica ed alla più elevata conducibilità termica della lega leggera rispetto alla ghisa. Tuttavia, lo scadere delle proprietà meccaniche del materia­le al crescere della temperatura, unito all'alto coefficiente di dilata­zione termica, possono provocare delle sollecitazioni a fatica di ori­gine termica, capaci di produrre fessure localizzate nei punti più sollecitati secondo il meccanismo illustrato in questo paragrafo. Nel caso specifico mostrato in Figura 14.39 esse appaiono nella zona compresa tra le due sedi di valvole ed in quella che separa la pre­camera dalla valvola di scarico.

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Page 618: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

Flussi attraverso passaggi di data area

Diversi problemi tipici dei motori richiedono lo studio di flussi (di flui­di incomprimibili o comprimibili) attraverso luci di passaggio di una data area. In questi casi, conviene studiare dapprima il flusso come se fosse ideale, supponendo cioè che:1. il fluido sia ideale; si tratti cioè di un liquido di massa volumica costante e viscosità nulla, oppure di un gas che segue l’equazione di statopv = RTed ha calori specifici costanti e viscosità nulla;2. tutte le grandezze (velocità, temperatura, pressione, ecc.) ab­biano lo stesso valore in ogni punto della generica sezione perpen­dicolare al flusso (moto unidimensionale) e questo sia costante nel tempo (moto stazionario);3. il flusso avvenga senza scambio di calore fra fluido e pareti del condotto di passaggio (flusso adiabatico).Con queste ipotesi, risulta relativamente semplice calcolare la por­tata ideale in massa ml che passa attraverso una data sezione in funzione della sua area A, della massa volumica p e della velocità locale ideale u „ utilizzando le leggi valide per i liquidi o per i gas ideali ed il simbolismo delle Figure A. 1 ed A.2.

Figura A.1 - Rappresentazione schematica del flusso di un fluido incomprimibile attraverso un orifizio di assegnata area: 1 = sezione a monte, dove il flusso è indisturbato; 2 = sezione geometrica minima, che controlla la portata di fluido; 3 = sezione a valle, dove il flusso ritorna regolare.

A.1Flussi ideali

Page 619: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

Figura A.2 - Rappresentazio­ne schematica del flusso di un fluido comprimibile attraverso un ugello di assegnata area minima:1 = sezione a monte, doveil flusso è indisturbato;2 = sezione geometrica minima, che controlla la portata di fluido;3 = sezione a valle, dove il flusso ritorna regolare.

) In questo caso l’equazione di conservazione dell'energia e dellaLióuido ideale massa tra le sezioni 1 e 2 (vedi Figura A. 1), permette di esprimere

" m, attraversolasezioneminimaA2edilsaltodipressione/\p=/?1 - p 2\

i L “ P* ) A-1m, = A 2 \ ------------------- ; M 1V 1 - (Aa/A, )2

che nel caso comune di A, » A2, si riduce alla:

m, A 2 •/ 2 p ( Pi p. ) — A 2 y 2 p A p A-2

A .j 2 Introdotte le grandezze totali o di ristagno, definite dalle seguentiFlùido relazioni in funzione di quelle statiche:

S X im'b,le h0= c pr + « * / 2 ; T0 = h0/ c p = r +M2/2; Po=P [ T J T ] kl^

oppure in termini di numero di Mach (M = u ! a, dove a = V kRT è la velocità del suono):

T0 = T[\ + M 2(^-1)/2]; p0=p [1 + M ! ( i-1) /21‘ M

l’equazione di conservazione dell’energia fra le sezioni 1 e 2 (Figu­ra A.2) si riduce in questo caso alla condizione h 02 = hou perché non vi è scambio né di calore né di lavoro. Combinando tale rela­zione con l'equazione di stato dei gas perfetti e quella dell’adiabati- ca (pvk = cost), si può esprimere la portata ideale in massa in fun-

Page 620: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

Figura A.3 - Andamento della funzione di flusso comprimibile <J>,, del fattore di comprimibilità Oc e del rapporto tra la portata effettiva ed il suo valore critico m /rif, in funzione della depressione che si crea della sezione minima del flusso di un fluido ideale comprimibile, avente rapporto tra i calori specifici: k = 1,4.

zione della sezione minima A2 e delle grandezze totali a monte (se­zione 1) come:

ITIj — A2 p01 a01 <&ì(p2/ p oì)

dove: a01 = 'TkRTOÌ è la velocità del suono di ristagno irr 1 e

3>f ( p z l p0i ) =k - 1

2

P2 u />01

P2_/?01

A-3

A-4

rappresenta la funzione di flusso comprimibile, che dipende soltan­to dalle caratteristiche del fluido (k = cp / cv) e dalle pressioni in gio­co. Al variare di queste ultime O, ha per l’aria (k = 1, 4) l’andamento riportato in Figura A.3, che mostra un suo aumento al diminuire del rapporto p 2 / p 01 (od al crescere di Ap / p OÌ, con Ap = p m- p 2), fino al valore critico:

( p 2 / p o ,r = [2 / (£+1 )} A-5

in corrispondenza del quale nella sezione ristretta si raggiunge la velocità del suono (per l’aria (k = 1, 4) si ha: {p2 / p OÌ)* = 0, 528 o (Ap / p 01)* = 0, 472). A partire da questa condizione, ogni ulteriore diminuzione di p 2l p m non fa più aumentare la velocità né la portata che è perciò chiamata critica o sonica ed è calcolabile (per la A-3 e la A-4) con la relazione:

m* = A2 p01 a01 [2 / (fc+1)](i+1>/ A-6

P^Po

Page 621: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

Talvolta, risulta poi comodo esprimere la A-3 in termini formalmen­te simili alla A-2. Si ottiene allora:

k.2Flussi reali

m, - A2i>c y 2 poi A p A-7

dove il fattore di comprimibilità Oc può essere espresso in funzione delle caratteristiche del fluido (k) e delle pressioni:

3>c = A'8\ 2 A p

ed ha l’andamento mostrato in Figura k.2, per l’aria (k = 1, 4).Al crescere della depressione nella sezione minima (p2 / p 01 dimi­nuisce e Ap / p 0i aumenta), <E>0 diminuisce fino a raggiungere il mi­nimo valore (flusso critico o sonico, per un dato valore di r 01 o p OÌ), quando in 2 si ha la velocità del suono (valore critico per l’aria Oc* = 0, 705).

Nel caso di flussi reali non sono mai rigorosamente soddisfatte le ipotesi fatte per il calcolo dei flussi ideali. Per tener conto delle diffe­renze di comportamento si introduce un coefficiente di efflusso, definito come rapporto tra la portata in massa nell’efflusso reale m, e quella che passa attraverso un'area di riferimento sotto le ipotesi di flusso ideale m¡:

C = mrl m, A-9

Come area di riferimento si assume generalmente la minima Aa, a meno che questa non risulti di difficile calcolo, per cui può essere più conveniente riferirsi ad una sezione più comoda (vedere paragrafo 2.5.2). Nel primo caso C risulta minore di 1 per le seguenti ragioni:a) comportamento reale del fluido,b) disuniforme distribuzione di velocità nella sezione,c) dissipazioni viscose e scambi termici, nel secondo caso, C tiene conto anche della:d) differenza tra l’area minima effettiva e quella di riferimento.Un modo equivalente di procedere consiste nel definire il coeffi­ciente d’efflusso come rapporto tra un’area efficace o effettiva di efflusso Aef ed un’area di riferimento A, (la minima od una di facile cacolo):

C = Ae(/A r A-10

In questo caso, confrontando la A-10 con la A-9, si vede che Aet rappresenta l’area della sezione normale della gola di un ugello che lascia passare nelle condizioni di efflusso ideale una portata pari ad m, (sotto le effettive condizioni di ristagno a monte e statiche a valle).

Page 622: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

Figura A.4 - Tipico andamento del coefficiente d’efflusso di un ugelloconvergente- divergente, in funzione delle caratteristiche del flusso che l’attraversa, rappresentate dal numero di Reynolds.

NUMERO DI REYNOLDS

Si deve inoltre tener presente che il coefficiente d’efflusso dipende:1. dalla geometria del sistema considerato;2. dalle caratteristiche del fluido;3. dal campo di velocità.In particolare questa dipendenza può essere sintetizzata, per geo­metrie simili, attraverso i numeri (adimensionali) di Reynolds e di Mach. Per valori bassi di quest’ultimo (M < 0,7), C e funzione del solo numero di Reynolds e diventa una costante per moti decisa­mente turbolenti (alti Re).Come esempio, la Figura A.4 mostra, in funzione del numero di Reynolds, l’andamento del coefficiente d’efflusso di un tipico ugello convergente-divergente (Venturi), nel quale sia rispettata la condi­zione di gradualità nelle variazioni di sezione per minimizzare le perdite fluidodinamiche.

Page 623: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

Indice analitico

AAccelerazione pistone 31,173accendibilità

gasolio 238,255,443limiti 384,406,492

accensione 377,391,441a superficie 411-412in uno/due stadi 380,441per compressione 377,441per scintilla 381,391ritardo 378,388,392,416,468

modelli 416,431accoppiamento utiliz. 43,208accordo

camera espansione 156-160condotti asp. e se. 146-153silenziatori 533-544

acqua (raffreddamento)impianto 570-573radiatore 572-578

additivi 235,381alcool 89,240,254,491aldeidi 380,441,447,503alettatura

circolazione aria 587-589coeff. di scambio 584-586efficienza 579-582proporzionamento 582-583superficie richiesta 586

alimentazionearia

motore 2 tempi 97-139motore 4 tempi 53-93sistemi aspiraz. 142-170sovralimentazione 173-231

combustibile carburazione 267-295 esigenze mot. Diesel 307 esigenze mot. Otto 263 iniezione Diesel 308-344

iniezione Otto 275-304

alternativi, combust. 248,491

alzata valvola 64,70,86

ambiente condizioni 38,90,119,192,271

ammissione grado 41

anemometria 76,115,320,348

angolo diconvergenza/divergenza came­ra espans. scarico 157-159diffusione getto 327-329manovella 29,86,151,388,560sede valvola 59,76,79sfasamento scarichi 187

anidridecarbonica 244,474,479,499solforosa 261,504

anilina, punto 258

Annand, modello 593

anticipoaccensione 390,396apertura

luci aspiraz. 136luci lavaggio 111,122,157luci scarico 111,122,156valvola aspiraz. 81,59valvola scarico 53,80

iniezione 438,440,449,462

API densità 257area

equivalenteiniettore 336,343luci 2 tempi 109,128,209 turbina 211,218,225 valvola a fungo 85,617

luci 2 tempi 100-102riferimento 69,71,76,110

valvola a fungo 64-66

aria (raffreddamento)circolazione aria 587-589superficie alettata 578-587

aromatici 239,254,491aspirazione aria

importanza 52-53luci efflusso 109,120-128motore 2 tempi

analisi sperim. 113-120coef. carat. 105-109,129flusso luci 109-113,123pompe lavaggio 131-139processo lavag. 97-101

motore 4 tempianalisi processo 52-58effetti quasi-staz. 59-63flusso valvola 63-86influenza di

condizioni ambiente 90apporto combust. 87-90parametri motore 92-94

resistenze fluidod. 61-63riscaldamento carica 60-61

sistemi alimentazionea geom. variabile 153,159effetti

dinamici 154-160d’onda 150-153inerziali 146-150

funzioni 142-143moto fluido 143-146

modelli 161-170valvole a fungo 63-66

assiale turbina 220ASTM norme 250,260

atomizzazione spray 318-322

autoaccensione 377,388,412,441

autocorrelazione coef. 357 avviamento (carbur.) 277

Page 624: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

Banda frequenzebattito (detonazione)Bell A. G.Benson R. S.benzina

alternativa combustione composizione 237 inf. emissioni numero Ottano potere calorifico proprietà res. detonazione sensitività volatilità

521413517166

240,254,491241,384,406,241,255,260255,491,498248.416.426

246,409237

255.416.426 251

88,238bilancio

energetico comb. 408,457,459 eq.conservazione 166,428,469 termico globale 555

biossido di carbonio (COo) 244474,479,499

blow-by 367,408,457,475Boltzmann-Stefan 590bruciatore particolato 512by-pass valvola 197

Calorecampi di temper. 597-605carichi termici 605-610 flusso

istantaneo 562,590-601medio 562-566modelli 563,593-597

perso raffred. 556,566-570 trasmissione

processo 560,590,601radiatore 570-578sup.alettata 579-587

vaporiz.comb. 88,238,258,388calorifico pot, 237,246,409,458camere di combustione

motore Diesel 447-456motore Otto 419-423

campi termicicalcolo 597-599organi motore 601-605variaz. nel ciclo 600-601

caratteristiche metodo 146carburante 234carburatore

a diffusore variabile 299a diluizione con aria 276ad aria supplementare 275a getto compensatore 274

centratore miscela 285circuito minimo 272completo 281elettronico 285 dispositivi

aceleraz.(ripresa) 279avviamento 277corrett. altimetrico 271dosatura miscela 268

pluricorpo 283 scelta dimensioni

diffusore 285getto principale 288

carica stratificata 403carichi termici 228,606-610

gradienti temp. locali 606 gradienti temp. tempo 608

carter pompa 135-139catalizzatori 497,504,510ceneri combustione 261centratore miscela 285cetano 240,256

numero di 256,442CFR monocilindro 248,351,360chemiluminescenza 488chi-quadrato distribuz. 319,469ciclo

Diesel 24,438-471,498-502 due tempi 25,97-149,153,196 quattro tempi 23,52-94,191 Otto 23,375-434,498-512

cilindrata 29CO, ossido di carbonio

cinetica chimica 479controllo 492,494,496,501 formazione 477,501limiti(norme) 476,489misura 486percentuali 244,479,499

C02, anidride carbonica 244474,479,499

coefficienteautocorrelazione 357compattezza radiatore 577 correttivo potenza 91eff.tras.energia 184,187,190 efflusso

difffusore carbur. 286 getto carbur. - 270 iniettore 335luce 2 tempi 109passaggio 617valvola a fungo 68,75

energia pulsante 216lavaggio 2 tempi 107,129 porosità silenz. 541portata pulsante 216riempimento cilindro

due tempi 107quattro tempi 58

swirl 363trattenimento 108

cogenerazione 555combustibili

accendibilità 255,440alternativi 240,254,491inf. emiss. 491,498,504,510gassosi 237liquidi 238potere calorifico 246proprietà 237-238res. detonazione 248solidi 236volatilità 88,286

combustionecomposizione prod. 242-246in fase diffusiva 376,443in fase premise. 376,388,443in uno o più stadi 376,380laminare 382modelli 423-434,461 -471stechiometrica 242turbolenta 385velocità 376,382,385,431,470

combustione (motore Diesel)camere

ad alta turbolenza 452a turbolenza 450prive di turbolenza 448

in fase diffusiva 443,471in fase premiscel. 443,471modelli

a zone 462,468multldimensionali 468termodinamici

di Watson 462di Whit. e Way 464di Wiebe 462

combustione (motore Otto)camere 419-423comb.veloce (fast bum) 494comb.magra (lean burn) 492carica stratificata 403dispersione ciclica 399-401forme anomale

acc.a superficie 411-412detonazione 412-419

influenza dicarico motore 403combustibile 406rapp. compressione 404regime motore 401ricchezza miscela 406turbolenza 404

propagaz. fronte di fiammarilascio calore 407sudd. in fasi 390,396sviluppo press. 395-398velocità 383,387,394

temperatura digas combusti 410

Page 625: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

miscela fresca 410compressione rapida 378,416compressori

caratteristiche 111,205pompe di lavaggio 134sovralimentatori 206

comprex 230comprimibilità fattore 269,617condotti aspiraz. e scarico

effetti dinamici 143,159geometria variab. 153,159geometrici param. 77,80,127moto fluido 143,293modelli 160-170perdite di carico 61-63riscaldamento carica 60-61

conduttività acustica 535Conradson indice 251conservazione

energia 408,457,459,553equazioni 166,428,469

consumo combustibiledefinizione 36-37effetto di

ricchezza miscela 264-266sovralimentazione 194,226

motori Diesel 49,307motori Otto 48,263piani quotati 48-50

controlloattivo rumore 550detonazione 415emissioni scar. 490,501,509particolato 509-512rapporto aria/comb. 302,498

convertitorecatalitico

ossidante 497,504,510riducente 497trivalente 497

di impulsi 189termico 494

coppia motricecurva caratterist. 40-43effettiva(al freno) 31-33elasticità 44-47motore Diesel 41,308motore Otto 40,264motore sovrallm. 191,224

correlazioni diAnnand 591-592Watson 462-464Whitehouse e Way 464-468Wiebe 409,424,462Woschni 595-597

correttore altimetrico 271curve caratteristiche di

compressori 133

motori Diesel 41,49,308motori Otto 40,48,264motori sovralim. 191-195,224turbocompressori 210,219

Damkóhler numero 386decibel (dB) 517densità API 257detonazione

camere resistenti 421caratteristiche 414conseguenze 415influenza param. 418modelli 417,426origine 412previsione 416resistenza combust. 248

diffusore carburat. 285,289DIN norme 32disco, valvola 139Diesel motore

caratteristiche 23,49,307combustibili 239-261combustione 438-471emissioni 498-512iniezione 307-344raffreddamento 560-608rumore 515-551sovralimentazione 173-231turbolenza 347-372

dinamometro (freno) 32dispersione ciclica 399-407distillazione fraz. 237,259distribuzione diagr. 80,111disuniformità carica 264,293dosatura miscela 36,242due tempi motore

caratteristiche 24effetti dinam. 153-160ricambio carica 77-141sovralimentazione 196-200

durataapirazione 82,136,159combustione 396,450,462iniezione 330lavaggio 99,110,158scarico 80,110,159

Eccesso d’aria (X) 242ECE ciclo emissioni 490effettive grandez. 31-33,40-48effetto serra 474

efficienza alettatura compressore interrefrigeratore luce passaqqio motorescarico tras.en. turbocompressori valvola a fungo

efflusso, coefficiente diffusore caiburat. getto carburatore iniettore luce 2 tempi passaggio valvola a fungo

elasticitàcurva caratterist. combustione

579-582,576132201111

37,39,194184,187,190

21885

286270335110617

69,75

44-4723,402,454

elettronico controlloattivo del rumore 548detonazione 415emissioni scar. 490,501,509particolato 509 rapporto aria/comb. 302,498

emissionicontrollo 490,501,509limiti(norme) 476motore Diesel 498,504motore Otto 477

emissività 591energia, bilancio

combustione 408,457,459equaz.conserv. 166,428,469termico globale 555

entropia, produzione 183

eptametilnonano 256equivalenza, rapporto

controllo (sonda X) 302,498definizione 242fornito da carb. 268-272 influenze su:

coeff. riempimento 87combustione 384,406consumo comb. 264detonazione 418emissioni 480,483,492flussi termici 569potenza 264

misura 36,244motore Diesel 36,307motore Otto 36,264

Fasaturaaccensioneapirazioneiniezionelavaggioscarico

381,39182.136.159

100,111,15880.110.159

Page 626: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

fasi combustionemotore Diesel 439motore Otto 390,396

fast burn (comb.veloce) 494fatt. comprimibilità 269,617fiamma

caratteristiche 382,385,386 fronte

laminarespessore 382, turbolento velocità 383,

influenza parametri ionizzazione spegnimento 445/ struttura 382,385,: sviluppo (Diesel) sviluppo (Otto) velocità 383,387,'

FID (Flame loniz.Detect.)filiing and emptyingfiltri

acusticiad elem. perforati ad interferenza classificazione dissipativi reattivi

aria alimentaz. benzina gasolio particolato

flusso attraverso

fori passaggio luci 2 tempi valvole a fungo

comprimibile di calore

istantaneo medio

idealenel carburatore nel cilindro modelli reale

382,385,386

386384,387401-406401,487478,482386,395443-456390-398403,494

487162

541-543530,537529-530537-539533-537

545299,302

311511-512

317,335,614109,123,135

63-86614

fonti di energiafrattale, geometriafrazionata distillaz.frazione massa bruciata

mot. Diesel 439,458,462-468 motore Otto 393,396,409,424

590-597,599562-570

614285-289347-372160-170

617236386259

freno dinametricofrequenza

banda ciclo motore spettro

fronte di fiamma laminare

32

52129

518

382

spessore 382,385,386turbolento 386velocità 383,384,387

fumo nel Dieselcontrollo 509-512composizione 504-505formazione 505-507misura 507-509trappole 511-512

funzionamento stabile 45funz.flus.comprim. 112,218,616

Gas combustianalisi 485,507composizione 244,479,499controllo 490,501,509determin. dosatura 114,244proprietà 564ricircolazione 492,503temperatura 410,563,592

gasolioaccendibilità 255,440combustione 241,388,441,470composizione 238,260effetto su emis. 504,510filtrabilità 251numero di Cetano 256,443polverizzazione 318-322potere calorifico 246,458proprietà 238tenore in zolfo 251,504,510

geometriacamere comb.419-423,447-456frattale 386luci 2 tempi101-103,123-127valvole a fungo 71-79

gettocarburatore

compensatore 274freno aria 276minimo 272principale 268,281scelta 288

combustibile iniettatoatomizzazione 318-322combustione 440-447diffusione 327-329formazione 317-318penetrazione 323-327polverizzazione 318-322

gocce combustibileatomizzazione 318-322combustione 388,440-447diametro medio 318-322diffusione 327-329evaporazione 388-389penetrazione 323-327polverizzazione 318-322

gomme, benzinegrandezze

effettiveindicate

260

31-33,40-5034-35,113

Hrdenberg e Hase, correi. 443H/C rapporto 241,383HC: idrocarburi incombusti

controllo 491-498,501formazione 477,500limiti (norme) 476,489misura 487percentuale 244,479,499 parametri influenti ' 481,501

Helmholtz, rison. 148,534Heron, camera

I

422

Ideali flussi 614idrocarburi incombusti (HC)

controllo 491-498,501formazione 477,500limiti (norme) 476,489misura 487percentuale 244,479,499parametri influenti 481,501

impedenza acustica 527impulsi di pressione

convertitore 189-190turbosovral. 178,185-189

indice Diesel 257infrarosso (A/0//7) 486inerzia turbocompr. 222-224iniezione combustibile

motore Dieselcaratter. spray 317-329diretta iniez. 447-453esigenze motore 307-309indiretta iniez. 453-456modelli simulaz. 341-344ritardo iniez. 340-342scelta componenti 329-336sistemi 309-316

motore Ottocaratteristiche 295-298elettronica 298-304meccanica 300punti multipli 298-301punto singolo 301regolazione 302,498

infiammabilità, limiti 384insertion loss

definizione 532dei silenziatori 533-544

Page 627: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

inquinamento atmosferico 474inquinanti

controllo 490,501,509limiti (norme) 476motore Diesel 498,504motore Otto 477

interrefriger. carica 200-205ionizzazione fiamma 487irraggiamento

fronte di fiamma 590gas combusti 591modelli simul. 594

K - «K - e modello turbolenza 430Kolmogorov, scale 360

■ M O M M Ilambda(A.),sonda 242,302,498lamelle, valvole 84,137laminare,fiamma 382-385lavaggio 2 tempi

analisi speriment. 113-123coefficiente 105-113,129-131luci pass. 101-104,120-128pompa 131-139processo 85,97-101

lavoroeffettivo 32-33indicato 34-35isoentropico 183

Lax-Wendroff, metodo 174LDA, anemometria 115,320,348lean bum (comb.magra) 492limiti

emissioni inquin. 476infiammabilità 384

livellointensità sonora 518potenza sonora 518pressione sonora 516

luci 2 tempilavaggio e scarico

area geometrica 120-122coefficiente effl. 109-113disegno 101-104,123-127fasatura 110-129,159

aspirazione carter 135-136lunghezze, scala 357Lysholm, compressori 131

Macchine compr. rapida 378,416

Mach, numero 143,156,539,615marmitta

catalitica 497,504,510silenziatore 529-544

meccanica sovral. 177,206-209membrana, pompa 291metanolo 91,240,254,491metodo

caratteristiche Lax-Wendroff Motore (NO)Ricerca (NO)

166 174

251.416250.416

miscela aria-combustibilefornita da carbur. 268-272 nel Diesel 36,307,441,444 nell'Otto 36,264,406rapporto di

definizione 36,241misura 36,244stechiometrica 238,242

modelli simulazione gasdinamici

condotti asp.e se. moto nel cilindro silenziatori turbocompressori

filling and emptying flusso di calore linee caratterist. monodimensionali multidimensionali

condotti asp.e se. combust. Diesel combust. Otto turbocompressore

semi-empirici condotti asp.e se. combust. Diesel combust. Otto detonazione flussi termici turbocompressore

silenziatori sistemi d'iniezione termodinamici

motore Diesel motore Otto

turbocompressoreMomento motore

curva caratterist. effettiva(al freno) elasticità motore Diesel motore Otto motore sovralim.

165-170 428-434 548-549 219-221 162-165 590-597 165-169 161,165

170 468-471 428-434 219-221

160-162 461-468 423-427 416,426 593-597 215-214 548-549 341-344

461-468 423-427 211-221

40-43 32-33 44-47

41,308 40,264

191,224monossido di carbonio (CO)

cinetica chimica 479controllo 492,494,496,501 formazione 477,501limiti(norme) 476,489misura 486

percentuali 244,479,499

moto fluidi In cilindri

caratteristiche modelli simul. scale turbol.

condotti asp. e scarico

347-360429-431357-360

effetti dinamici effetti stazion. modelli simul.

luci 2 tempi valvole a fungo

143-15961,68,268

160-170123-127

76-81

NDIR strum, nfrarossoNOy ossidi d'azoto

cinetica chimica

486

482controllo 492,494,496,501 formazione 479,501limiti (norme) 476,489misura 488

244,479,499

250,26032

32,91

256,442386

143,156,541,615563,565,584,595248-255,418,426

25361,561,598

percentualinorme

ASTM DIN SAE

numero di Cetano Damkòhler Mach Nusselt Ottano

strada Prandtl Reynolds

moto aria 61,269,287 moto comb.270,288,320,332 raffred. 61,563,565,

584,594Taylor 321Weber 320

Nusselt, num. 563,565,584,595

Odore, scarico Diesel 503 olefine 239,254,491organico, rendim. 35,194

ossididi azoto (NCU

cinetica chimica 482 controllo 492,494,496,501 formazione 479,501limiti (norme) 476,489 misura 488percentuali 244,479,499

di carbonio (CO)cinetica chimica 479

Page 628: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

controllo 492,494,496,501 formazione 477,501limiti(nomte) 476,489 misura 486percentuali 244,479,499

ossigeno, sensore X 302,498ottanica richiesta 253,421Ottano numero 248-255,418,426

metodo motore 250metodo ricerca 250strada 253

ottavabande di frequenze 521 terzi d’ottava 522

ottiche, tecnicheanemometria LDV115,320,348 Schlieren 386Shadow 386,401,414

Otto motorecarburazione 267-290caratteristiche 23-48,263combustibili 236-261combustione 375-434emissioni 474-498iniezione 295-304raffreddamento 560-608rumore 515-551sovralimentazione 173-231turbolenza 347-372

Paraffine 239,254,258,491parametri

effettivi motore 32-33indicati motore 34-35portata turbocomp. 205-210velocità turbocomp. 205-210

particolato (scarico Diesel) composizione 504-505controllo 509-512formazione 505-507misura 507-509trappole 511-512

permeabilitàluci 2 tempi 111valvole a fungo 85

perossidi 380,441,447,503piombo tetraetile/met. 255,498pistone

accelerazione 31,173temperature 602-603velocità 30,58,93,

130,352,568,596politropica compr. 410,596pompaggio

compressori lavoro ciclo

134,21134,192

pompaalimentazione comb. 291,311circolazione acqua 571,578iniezione combust. 309-315lavaggio 2 tempi 131 -149 ripresa carburatore 279

porosità silenziatore 541potenza

correzione (cond.amb.) 91effettiva (al freno) 32-33indicata 34-35motori Diesel 41,308motori Otto 40,264motori sovralim. 191,224

poter calorif. 237,246,409,458Prandtl numero 61,563,599

precamera (motore a)caratteristiche 453-455di compressione 455-455di precombustione 455rilascio calore 458-461velocità aria 371-372

prestazionicompressori 133motori Diesel 41,49,308motori Otto 40,48,264motori sovralim. 191-195,224turbocompressori 209,219

pressioneacustica 516costante (sovr.) 178,181 -185media effettiva 36,39,42,173media indicata 34,39,113,192 nel cilindro

ciclo Diesel 439,459ciclo Otto 395,414 durante lavaggio 99,188

pulsante (sovr.) 185-190ristagno 615sonora 496

primari riferimenti 253,416progressione (carbur.) 273propulsione stradale

curve caratterist. 44-47 sovral. motori 224-227

pulsanteenergia coeff. 214portata coeff. 215

punto difunzionamento motore 45intorbidimento gasolio 261scorrimento gasolio 261

Quasi-stazionarieffettimodelli

59,86,268161

quattro tempi motorecaratteristiche 23-50effetti dinamici 146-152ricambio carica 52-94sovralimentazione 191-195

quencing (spegnimento) 478

Radiale turbina 221radiatore refrigerante

caratteristiche 572-577coeff.di scambio 575-576dimensionamento 577-578interrefrigeraz. 200-205scambio di calore 574-576

raffreddamento ad aria.

circolazione aria 587-589 superi, alettata 578-587

a liquidoimpianto 570-573radiatore 572-578

campi di temperai 597-605 carica aspirata 200-205 carichi termici 606-610 coeff.scamb. 563,565,575,584 potenza termica

asp.refr. 555,566,574,584 interna cil. 555,562-570 gas scarico 213-215,555

rapida compressione 378,416rapporto

aria/combustib. (di miscela) controlk>(sonda X) 302,498 definizione ' 36,241 equivalente 242fornita da carbur. 268-272 influenza su

coeff. riempim. 87combustione 384,406consumo comb. 264detonazione 418emissioni 480,483,492flussi termici 569potenza motore 264

misura 36,244nel Diesel 36,307,441,444 nell’Otto 36,264,406 relativo 242stechiometrico 238,242

dei combust. 237,238di compressione 29,438

effetto su combust. 404 effetto su detonaz. 418 effetto su riempim. 93

d’equivalenza 242Idrogeno /carb.(HC) 241,383

reattorecatalitico 496

ossidante 497,504,510riducente 497trivalente 497

Page 629: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

termico 494reazioni di ossidazione di

azoto 482,488carbonio 479-480idrocarburi 378,441,479

modelli 431,470refrigerante

aria 204,578-579liquido 202,570-578

regolazione mot. 22,36,263,307Reid, tensione vap, 259,292rendimento

adiabatico compr. 132,201compressore (glob.) 210,217globale motore 37,39indicato motore 35,114limite motore 194organico motore 35,194turbina (glob.) 216,223

residuicarboniosi 261gas nel cilindro 54,84,94

193,403,492,503rettificatore impulsi 189Reynolds numero

moto aria 61,269,287moto comb. 270,288,320,332raffred. 61,563,565,584,594

ricchezza miscelacontrollo (sonda X) 302,498definizione 36,241equivalente 242fornita da carbur. 268-272influenza su

coeff. riempirti. 87combustione 384,406consumo comb. 264detonazione 418emissioni 480,483,492flussi termici 569potenza motore 264

misura 36,244nel Diesel 36,307,441,444nell’Otto 36,264,406relativa 242stechiometrica 238,242

dei combust. 237,238richiesta ottanica 253,421ricircolo gas comb. 492,503Riemann 167riferimenti primari 253,416rilascio calore nel

ciclo Diesel 439iniezione diretta 457precamera 459

ciclo Otto 408modello di

Watson 462Whitehouse e Way 464

Wiebe 424,462ripresa (disp. carb.) 279ristagno, grandezze 615 ritardo

accensione motore Diesel

correlazioni emp. 442definizione 440processi chimici 441processi fisici 441

motore Ottodetonazione 416incubazione fiam. 390chiusura

luci aspiraz. 136luci lavag. 99,111 ,122,157luciscar. 99,111 ,122,157valvola aspiraz. 82,86valvola scarico 81,86

iniezione 340iots, compressori 134,206

SAE norme 32,91scale di turbolenza di

Kolmogorov lunghezze Taylor tempi

scambio termico coefficiente

convettivo globale irraggiamento

flusso istant. flusso medio nel motore nel radiatore schemi calcolo superf.alettata

scambiatore calorescarico

calore trasportato 555gas, di

composizione 241,477,498 depurazione 490,501,509 rapp. aria/comb. 114,244 ricircolazione 492,503 rilievo compos. 480,507 temperatura 410

luci efflusso 101,120-128 motore a due tempi

analisi sperim. 113-120 coeff.caratter. 105-113,129 luci passaggio 101,120,128 processo lavag. 84,97-101

motore quattro tempi analisi processo 53-58 resist. fluidod. 61-63 velivole a fungo 63-86

rumore 526-551silenziatori 529-549sistemi 142-170,544

a geometria var. 153,159 camera espans. 156-159 effetti

dinamici 2 tempi 153-156d’onda 149-153inerziali 146-149

moto fluido 143,293modelli simul. 160-170valvole a fungo 63-86

scintilla, accensione 391Schlieren, tecnica 386sensitività benzine 251Shadowgrafia 386,401,414silenziatori

ad elem. perforati ad interferenza classificazione dissipativi reattivi

sollecitazionimeccaniche 226,606-610termiche 228,597-605

sonda lambda 302,498sovralimentazione

accoppiam.(matching) 205-212classif. sistemi 176-178comprex 230-231interrefrigeraz. 200-205meccanica 176,206-209motore 2 tempi 196-200motore 4 tempi 191-195 prestazioni motore 190-200 raffreddam. carica 200-205scopi operazione 173-176sollecitazioni 227-229temp.gas scarico 213-215turbosovralim. 179-190

spaziatura alette 592spray, gasolio

atomizzazione 318-322combustione 440-447diffusione 327-329formazione 317-318penetrazione 295-299polverizzazione 318-322

squish (moto aria)area 367-368effetto su comb. 404,450evoluzione 349,371generazione 367-369interaz. getto 327,369velocità 369,421

stabilità, funzion. 45stazionario moto 59,66,161,268

Stefan-Boltzmann 590

360357 359358

563,584565,575590,594

562,590-601562-566

558,588,599570-578

562,593,597579-587202,572

541-543530530

537-540533-537

Page 630: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

stratificata carica 403suono, velocità 143,156,158

337,516,540,615superficie alettata

calcolo 586-587circolazione aria 587-589coeff. di scambio 584-586efficienza 579-582 proporzionamento 582-583

swirl (moto aria) caratteristiche coefficienti effetto su comb evoluzione generazione interaz. getto misura velocità

Taylornumero 321scale turbolenza 359

temperaturaadiabatica comb. 247campi termici

calcolo 597-599organi motore 561-605variazione ciclo 599-561

fronte di fiamma 592gas combusti 410media corretta gas 563-566

terza luce (carter) 135-136trafilamenti 367,408,457,475transmission loss

definizione 531-532curve silenz. 533-544

trappole particolato 511-512trasmissione calore

coefficienteconvettivo 563,584globale 565,575irraggiamento 590,594

correlazioniistantanee 593-597medie 562-566

flusso istantan. 562,590-601flusso medio 562-566influenza param. 562-566irraggiamento 590-593processo 560,590,601radiatore 570-578schemi calcolo 562,593,597superf. alettata 579-587

tumble (moto aria)caratteristiche 362-367coefficienti 365effetto su comb. 404,450

evoluzione 349,370generazione 362-367misura 365velocità 363,371

turbocomposito motore 178turbocompressore

accoppiarti.(matching) 205-212curve caratter. 205-221modelli di calcolo

gasdinamici 219-221semplificati 215-218

parametri caratt. 205-206per prop. stradale 224-227risposta transit. 222-224sistemi sovralim. 176-178temp.gas scarico 213-215turbosovralim. 179-190

turbolenza (moto aria)caratteristiche 347-360effetto su comb. 385,404,450intensità 352-360modelli 429-431scale 357-360squish 365-369swirl 361-365velocità 351-357

turbosovralimentazioneaccoppiarli, (matching) 205-212ad impulsi 185-189a press, costante 181-185convert, impulsi 189-190energia gas scar. 179,213

H S W à r . V;\.Ugello

calcolo efflusso 615diffusore carburai 285getto carburai 268,274,288getto freno aria 276getto minimo 272iniettore 322,328,336

unidimensionalimodellicondotti asp.e se. 160-162combust. Diesel 461-468combust Otto 423-427detonazione 416,426flussi termici 593-597silenziatori 547-549sistemi d’iniezione 341-344turbocompressore 215-219moti 161,614

unidirezionale lavaggio 101uniforme moto 161,614unità di misura 37,206USA ciclo emissioni 489

Valvole adisco (2 tempi) 139

fungoalzata 65,70area passaggioi 64-66coef. efflusso 66-70,75diagr. distribuz. 80-86param. geometrici 71-79

lamelle 84,137vapore Reid, tensione 259,292vaporizzazione

calore di 237,258,388combustibile 88,90

vapour lock 292velocità

angolare 29,151assoluta (comb.) 383,392combustione

laminare 382,384turbolenta 385,394

fronte fiamma 383,387,394getto combust. 317,320,325ideale efflusso 615media pistone 57,93,130

352,566,594nel cilindro 347-372nel condotto 62,157,293parametro di 205-210pistone ¡st. 31,57suono 143,156,158

337,516,540,615viscosità

combustibile 238,288gasolio 261,320,322turbolenta 430

volatilità 258,277,292volume ist. cilin. 31volumetrico compres. 131,206

Wastegate, valvola 225Watson, modello 462Weber, numero 320Whitehouse e Way, mod. 464Wiebe, modello 462Wolfer, correlazione 442Woschni, modello 595

Zeldovich, meccanismo 482Zolfo (nel combust.) 261,504zone, combustione

modelli 462,468nello spray 445,499

361-362 361 b

404,450 349,370 361-362 327,369

361 b 371,421,450

Page 631: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

TAVOLE

Page 632: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

628

19

18

17

16

15

14

1 Termostato acqua2 Punteria3 Valvola di scarico4 Valvola d’aspirazione5 Iniettore6 Testa cilindri7 Stantuffo con camera

di combustione toroidale8 Basamento motore9 Biella

10'Volano motore11 Valvola regolazione pressione olio

12 Pompa olio13 Coppa olio14 Albero motore,

contrappesato15 ingranaggio conduttore,

sull’albero motore16 Ingranaggio di rinvio

comando pompa iniezione17 Ingranaggio comando

albero distribuzione18 Pompa acqua19 Ventilatore

Tavola 1 - Sezione longitudinale e trasversale di un tipico Diesel a quattro ten principali di un motore a combustione interna.

Page 633: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

1 Scarico eccesso combustibile iniettori

2 Tubazione combustibile3 Bilanciere4 Albero porta bilancieri5 Collettore di scarico6 Filtro olio7 Asta livello olio8 Albero distribuzione9 Tubazione sfiato

vapori olio

10'Pompa olio11 Corona dentata per innesto

motore d’avviamento12 Albero motore13 Motore d’avviamento14 Pompa alimentazione

combustibile15 Pompa iniezione

combustibile16 Filtro combustibile17 Collettore d’aspirazione

1PÌ (quattro cilindri in linea), che mostrano i dettagli costruttivi degli organi

Page 634: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

Tavola 2 - Rappresentazione prospettica di un tipico motore (quatto tempi ad accensione comandata) per autovettura di caratteristiche sportive (Lancia - Ferrari: 8 cilindri; alesaggio = 83 mm; corsa 73,6 mm; cilindrata totale = 3.185 erri3, potenza utile massima = 198,7 kW a 116,7 giri/s [7.000 giri/min]).

Tavola 3 - Rappresentazione prospettica di un tipico motore (quatto tempi ad accensione comandata) per autovettura (Fiat Fire per vettura Tipo: 4 cilindri; alesaggio = 70 mm; corsa 72 mm; cilindrata totale = 1.108 erri3, potenza utile massima = 41 kW a 91,7 giri/s [5.500 giri/min]).

Page 635: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

Tavola 4 - Rappresentazione prospettica di un tipico motore (quatto tempi ad accensione comandata) per autovettura, con gestione elettronica di accensione ed iniezione combustibile (Alfa - Lancia: 6 cilindri; alesaggio = 93 mm; corsa 72,6 mm; cilindrata totale = 2.959 erri3, potenza utile massima = 140 kW a 100 giri/s [6.000 giri/min]).

Tavola 5 - Rappresentazione prospettica di un tipico motore (quatto tempi ad accensione comandata) per autovettura, con turbosovralimentazione e con masse eccentriche controrotanti per l ’equilibra­mento delle forze d ’inerzia (Lancia Delta 2000 i.e. : 4 cilindri; alesaggio = 84 mm; corsa 90 mm; cilin­drata totale = 1.995 cm3, potenza utile massima = 122 kW a 87,5 giri/s [5.250 giri/min]).

Page 636: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

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Page 637: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

632 Iniettore

Ventola di raffreddamento con comando tramite giunto viscostatico

alta resistenza

.Gruppoturbocompressore

iasamento in ghisa, con canne cilindri nitrurate ad alto tenore di fosforo, sfilabili a secco

Stantuffi in lega leggeraBielle stampate 'di allu™nio' ,re f nelli con ga eria anulare inacciaio ad di rJ reddament0i

alimentata attraverso ugelli nel basamento

'Albero distribuzione Albero motore stampato in acciaio ad alta resistenza e indurito con tempra a induzione

Pompa acqua comandata ad ingranaggi

Pompa olio ad ingranaggi, comandata dall’albero motore

Volano smorzatore al silicone

Tavola 7 - Rappresentazione prospettica di un tipico motore (quatto tempi Diesel) per trasporto pesante, ad iniezione diretta, sovralimentazione ed interrefri- gerazione della carica (iveco - 8460.41: 6 cilindri; alesaggio = 120 mm; corsa 140 mm; cilindrata totale = 9.500 erri3, potenza utile massima = 234 kW a 36,7 giri/s [2.200 giri/min]).

Due teste fuse in ghisa

Page 638: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

633Tavola 8 - Rappresentazione prospettica di un tipico motore (quatto tempi Diesel) per applicazioni marine, ferroviarie ed impianti fissi, ad iniezione diretta, sovralimentazione ed interrefrigerazione della carica (Sulzer - ZA.40: 8 cilindri; alesaggio = 400 mm; corsa 480 mm; cilindrata specifica = 60, 3 drrf/cil.; po­tenza utile specifica = 640 kW/cil. a 9,7 giri/s [580 giri/min]).

Page 639: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

Tavola 9

- M

otore Diesel lento

a due

tempi per

applicazioni marine

ed im

pianti fissi, con lavaggio

unidirezionale, sovralimentazione

ed interrefrigerazione

della carica

(Sulzer - 6.RTA

.58:6 cilindri; ale­

saggio =

580 m

m; corsa

1700 m

m; cilindrata

specifica =

449 drriVcil.; potenza

utile specifica

= 1600

kW/cil. a

2,32 giri/s

[ 140 giri/m

in]).

Page 640: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

„ - s i s r i s r i sul motore ad accensione comandata per autovettura di caratteristiche sportive.

Page 641: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

Tavola 11 - Rappresentazione prospettica di un motore a due tempi per motociclo (alesaggio = 54 mm; corsa 54,5 mm; cilindrata = 124,7 erri3, potenza utile massima = 24,5 kW a 183,3 giri/s (11.000 giri/min) e coppia massima = 21,3 N m allo stesso regime). Sono visibili: il carburatore con getto a spillo conico, le valvole a lamelle sul condotto di ammissione al carter, l'albero controrotante per attenuare le vibraZipni, la valvola a ghigliottina sulla luce di scarico.

Page 642: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

637

Tavola 12 - Rappresentazione prospettica di un motore a due tempi per motociclo (alesaggio = 56 mm; corsa 50,5 mm; cilindrata = 124,38 erri3, potenza utile massima = 22,8 kW a 180 giri/s [10.800 giri/min] e coppia massima = 20 N m a 175 giri/s). Sul condotto di scarico è montata una valvola rotativa che regola l ’altezza della luce ed apre (ai regimi medio-bassi) o chiude (a quelli elevati) l’accesso ad una camera di risonanza disposta in parallelo con il condotto.

Page 643: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

638Tavola 13 - Esempio di applicazione di modello tridimensionale (FIRE = Flows In Reciprocating Engines) per ottimizzare le condizioni di flusso nei sistemi di aspirazione e scarico. Viene mostrata la discretizzazione del sistema usata e la presentazione dei risultati del calcolo su di un piano meridiano del condotto, sia per quanto riguarda le grandezze vettoriali, che quelle scalari (mappe di diversa tonalità cromatica).

Page 644: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

639

Olio in pressione

Scarico olio al motore

Carter compressore Girante compressore

CarterturbinaRotore con ruota turbina

CuscinettoSupportocuscinetti

Cuscinetto assiale

Disco intermedio carter

Tavola 14 - Esempio tipico di turbocompressore azionato dai gas di scarico, utilizzato per la sovralimentazione di un motore. La girante della turbina e del compressore (entrambe di tipo radiale) sono montate su di un unico albero, costituendo un gruppo molto compatto (grazie agli elevati regimi di rotazione: 1000-2000 giri/s) e meccanicamente autonomo, collegato al motore solo per via fluidodinamica. L’olio del circuito del motore lubrifica e raffredda le parti più sollecitate termicamente.

Page 645: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

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Page 646: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

Tavola 16 - Turbocompressore a gas di scarico con turbina a doppio ingresso in modo da accogliere gli impulsi di pressione dovuti agli scarichi dei cilindri, raccolti in due collettori separati per evitare reciproche interferenze. La girante della turbina (fusione di precisione in lega austenitica di acciaio al nichel) e del compressore (ottenuta per pressofusione di lega leggera) sono montate su di un unico albero, sostenuto da cuscinetti a strisciamento flottanti alloggiati nel carter.

Page 647: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

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Page 648: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

Tavola 18 - Rappresentazione prospettica di un turbocompressore con valvola di regolazione della pressione di sovralimentazione incorporata. Il particolare illustra i dettagli della valvola, con l’alettatura di raffreddamento e l’attuatore pneumatico comandato dalla pressione di alimentazione, che viene cosi mantenuta costante al crescere del regime di rotazione del motore.

Page 649: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)
Page 650: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

645

Tavola 20 - Rappresentazione schematica dei principali organi del sovralimentatore Comprex e del suo principio di funzionamento attraverso uno sviluppo della circonferenza del rotore su di un piano: a) - collettore dei gas combusti; b) - rotore con canali longitudinali; c) cinghia dentata di comando; d) - collettore dell’aria; e) - ingresso aria; f) - invio dell’aria compressa al motore; g) - uscita dei gas combusti dal motore; h) - scarico dei gas combusti; 1) - gas di scarico in pressione; 2) - scarico dei gas a bassa pressione; 3) - aspirazione aria; 4) - aria compressa inviata al motore; 5) - aria di lavaggio; 6) - volume di compressio­ne; 7) - volume di espansione; 8) - volume di gas compressi.

Page 651: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

Funzionamento in awiamento

Funzionamento a pieno carico

Funzionamento in accelerazione

Tavola 21 - Esempio tipico di carburatore a doppio corpo, con apertura delle farfalle simultanea ed asse dei diffusori orizzontali. Nelle principali condizioni di funzionamento: avviamento, minimo, acce­lerazione e massimo carico, vengono mostrati g li specifici circuiti percorsi dal combustibile (colore giallo), che unendosi a ll’aria (colore azzurro) forma la miscela combustibile aspirata (colore verde).

Page 652: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

livello

b) Massima apertura

Tavola 22 - Carburatore a diffusore variabile per motociclo:- a) in fase di progressione: 1 - valvola gas, 2- foro di progressione, 3 - foro del minimo, 4 - circuito del minimo, 5 - vite di regolazione, 6 - getto del minimo, 7 - vaschetta.- b) alla massima apertura: 1 - spillo conico, 2 - presa aria, 3 - getto principale, 4 - diffusore, 5 - polverizzatore, 6 - fori laterali polverizzatore, 7 - galleggiante.

Page 653: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

Portavalvola

Valvola di mandata

Pompante

Cilindro

Asta a cremagliera

_______ Manicotto di regolazionecon settore dentato

Regolazione del pompante

Molla di ritorno del pompante

Sede della molla

Punteria a rullo

Albero a camme

Camma

Tavola 23 - Pompa d'iniezione «in linea» con quattro gruppi pompanti riuniti in una sola unità. Lo spaccato del quarto elemento illustra i particolari del sistema di comando del pompante (tramite cam­ma e punteria a rullo, mantenuta in posizione da una molla) e di regolazione della quantità di combu­stibile iniettata. Quest’ultima è ottenuta facendo ruotare, mediante un’asta a cremagliera che ingrana con un settore dentato, il pistoncino rispetto al cilindro, in modo che il foro di alimentazione venga a trovarsi in corrispondenza del bordo elicoidale della scanalatura del pompante, dopo che questo ha mandato il volume di combustibile voluto.

Page 654: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

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Page 655: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

650 1 Pompa di prealimentazione2 Serbatoio3 Pompa di alimentazione4 Ingranaggio regolatore5 Anello a rulli6 Disco a camme7 Pistone variatore d’anticipo8 Molla ritorno pompante9 Cursore di regolazione

10 Pompante distributore11 Valvola di mandata12 Raccordo portavalvola13 Polverizzatore14 Arresto leva tenditrice15 Leva di avviamento16 Leva tenditrice17 Vite registrazione portata

massima18 Leva registrazione19 Raccordo con foro calibrato20 Leva di stop21 Manicotto di regolazione22 Molla di regolazione23 Leva di comando24 Supporto masse25 Valvola regolatrice

pressione26 Valvola di sovrappressione27 Filtro fine28 Vite registrazione giri

nominali29 Vite registrazione giri

minimo

Tavola 25 - Pompa d’iniezione con distributore incorporato. Scorrendo sui rulli dell’anello (fisso) (5), le camme assiali del disco rotante (6) trasformano la rotazione dell’albero di comando (A) in un moto rototraslatorio del pompante (10), il quale comprime così il combustibile e lo distribuisce ai vari cilindri del motore. Il gruppo è completato da: una pompa di alimentazione a palette (3), un regolatore meccanico basato su di un sistema di masse e molle (22) ed un variatore idraulico dell'anticipo d’iniezione (7).

Page 656: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

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Tavola 26 - Pompa d'iniezione con distributore incorporato della Tavola 25: a) - circuito del combustibile e dettagli dei principali componenti; b) mandata del gasolio ad uno dei quattro cilindri. Le quattro immagini della figura (b) illustrano quest’ultimo processo nei seguenti termini: I - Con il pistone (1) al PMI, il combustibile riempie la camera della pompa (4), attraverso il foro (2) di alimentazione. Il - Nel suo moto traslatorio il pistone chiude la luce (2) e comprime il combustibile in (5), mentre per effetto del movimento rotatorio una sua scanalatura (6) si mette in comunicazione con il condotto (7) di collegamento con uno degli iniettori. Ili - La mandata termina quando il cursore di regolazione (8) apre la luce di riflusso (9). IV - Il pistone ritorna nella posizione di partenza, in cui la camera della pompa riprende a riempirsi.

Page 657: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

1 Coppa del polverizzatore2 Ghiera di fissaggio3 Perno di riferimento4 Fermo5 Filtro6 Ingresso del combustibile7 Orifizio calibrato8 Guarnizione dell’orifizio9 Manicotto

10 ' Fermo superiore11 Asta di collegamento12 Controdado13 Piattello14 Molla15 Corpo dell’iniettore16 Ritorno del combustibile17 «O» Ring18 Pompante19 Cilindro20 Orifizio dosatore21 Controdado22 Bilanciere23 Vite di regolazione24 Asta di spinta25 Lobo della camma26 Rullo di punteria che segue

il profilo della camma

Tavola 27 - Principio di funzionamento dell’iniettore-pompa di tipo Cummins, in esso si eliminano tutte le tubazioni ad aita pressione di collegamento tra pompa ed iniettore, evitando i problemi che derivano dall’interposizione tra i due organi di volumi di combustibile comprimibili. Grazie alle elevate pressioni d’iniezione (fino a 150 MPa) ed ai piccoli fori dell’iniettore (fino a 0,14 mm) si realizza una buona polverizzazione del combustibile, con costi però di realizzazione del gruppo un po’ superiori a quelli degli impianti tradizionali.

RITORNO COMBUSTIBILE

Page 658: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

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Page 659: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

Diametro foro 0,20 mm

1,32 ms0,27 mm 1,32 ms

2,50 ms

Tavola 29 - Forzato ad attraversare ad alta velocità (superiore ai 100 m/s) i piccoli fori (0,20 + 0,27 mm) di un iniettore, il gasolio si polverizza, formando un getto a forma di cono che interagisce con l ’aria in cui è iniettato. Al ridursi del diametro del foro, diminuisce il diametro medio delle gocce (mag­giore nebulizzazione), ma aumenta la velocità d’efflusso, per cui cresce la penetrazione del fronte del getto dopo un dato tempo (1,32 ms). La freccia bianca indica il punto in cui ha inizio l ’accensione del combustibile.

1,94 ms

Page 660: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

e = + r

0 = +5°

e = +7°

Tavola 30 -Visualizzazione bidimensionale della formazione, sviluppo e propagazione del fronte di fiamma in un motore ad accensione comandata. La tavola riporta quattro sequenze (di sei fotogram­mi ciascuna) relative ad altrettanti cicli consecutivi, in modo da illustrare: 1) in direzione verticale,lo sviluppo e la propagazione del fronte di fiamma; 2) in direzione orizzontale, le variazioni da un ciclo al successivo (dispersione ciclica). I rilievi sono stati eseguiti [10.13] a 40 giri/s (2400 giri/min), pie­no carico, miscela stechiometrica, anticipo accensione 15°, mediante ripresa cinematografica ad alta velocità.

Page 661: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

Tavola 31 - Visualizzazione, mediante foglio di luce laser (spessore: 0,2 mm, larghezza: 10 mm), dei dettagli del fronte di fiamma che appare sempre più frastagliato all’aumentare della velocità di rotazione del motore (da-5 giri/s a 40 giri/s). Per ogni condizione, i due fotogrammi accostati si riferiscono a due cicli motore consecutivi (in modo da evidenziare anche la «dispersione ciclica») ed illustrano ciascuno una regione di 20 mm x 20 mm, al centro della camera di combustione.

Page 662: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

657

b) Fenomeno della detonazione

Tavola 32 - Schematizzazione delle due principali forme di combustione anomala: a) la preaccensione, in cui la miscela viene accesa, prima dello scoccare della scintilla, da un punto caldo capace di dare origine ad un’accensione a superficie, che avvia un fronte di fiamma indipendente; b) la detonazione, in cui la parte finale della carica, prima di essere raggiunta dal fronte di fiamma regolare, autoaccende spontaneamente creando un brusco aumento locale di pressione e vibrazioni nella massa gassosa.

Page 663: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

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Tavola 33 - Esempio di capacità di analisi grafica dei risultati ottenuti nei successivi passi di tempo, con il modello di calcolo FIRE (Flows In Reciprocating Engines), capace di risolvere il campo di moto turbolento di in fluido comprimibile, sede di reazioni chimiche. In particolare nella tavola è illustrata la distribu­zione del rilascio di energia (riportata con diversa tonalità cromatica) su varie sezioni della camera di combustione di un motore per autovettura, ricavata nella testa del pistone.

Page 664: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

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Page 665: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

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Page 666: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

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Page 667: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

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Page 668: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

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Tavola 38 - Sequenza di fotogrammi relativi ad un filmato ripreso mediante cinematografia ad alta velocità, in cui si mostra lo sviluppo del processo di combustione in una camera ad alta turbolenza (MAN: tipo Moirer). Come illustrato nella schematizzazione riportata superiormente, esso è caratteriz­zato dalla graduale evaporazione del film liquido depositato sulla superficie della tazza nel pistone, che viene lambito dall’aria portata verso la periferia dal campo di moto rotatorio della carica, a causa della sua maggiore densità rispetto a quella dei gas combusti.

Page 669: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

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Page 670: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

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Page 671: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

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Page 672: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)
Page 673: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

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Prima fase:filtraggioaccumulo

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Terza fase: propagazione della fiamma

Il filtro ènuovamentepulito

Tavola 43 - Principio di funzionamento e rigenerazione di una trappola per particolato a filtro ceramico monolitico. Durante la prima fase le particelle carboniose si accumulano nei canali cilindrici della strut­tura a nido d’ape del filtro, che sono chiusi a scacchiera alle estremità, per forzare i gas ad attraversar­ne le pareti porose. Il particolato accumulato viene periodicamente (ogni 8 + 1 0 ore) bruciato, inne­scandone l’accensione con gas caldi (750 h- 800 °C) prodotti da un bruciatore ausiliario. Avviata la combustione dei depositi, il bruciatore viene spento, mentre una corrente d’aria permette al processo di completarsi, fino alla totale rigenerazione del filtro.

Page 674: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

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Tavola 44 - Esempio di motore ad elevata turbolenza (Fiat Croma CHT = Controiled High Turbolence), ottenuta con uno sdoppiamento del condotto d’aspirazione in due canali, attraverso i quali il passag­gio della carica fresca è controllato da apposite valvole a farfalla. La figura mostra che ai bassi regimi (inferiori a 50 giri/s), fino a che la portata di miscela aspirata è piccola, l ’alimentazione viene effettuata dal condotto di minor sezione, il quale (nonostante la bassa portata) fa giungere alla valvola d’aspira­zione la miscela fresca con una velocità elevata e dotata di forte componente tangenziale.

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Tavola 45 - Esempio di motore Diesel sperimentale «adiabatizzato» (Volkswagen), ottenuto realizzan­do parti (come la camera di combustione) in materiale ceramico, avente elevate proprietà di isolamen­to termico, e rivestendo alcune pareti metalliche (come quelle dei condotti di scarico), con riporti capa­ci di realizzare delle barriere termiche. Si cerca cosi di rendere minimo il calore ceduto al sistema di raffreddamento, avvicinandosi al concetto di motore «adiabatico», in cui tutto il calore, che non si è potuto trasformare in lavoro meccanico, viene evacuato con i gas di scarico.

Page 675: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

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Page 676: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

FATTORI DI CONVERSIONE UNITÀ DI MISURA

Grandezza per convertire in —> moltiplicare perin <- per convertire <- dividere per

Accelerazione angolare grado s 2 rad S'2 0,0175Angolo grado rad 0,0175

min mrad 0,291Calore specifico kcal/(kg-°C) kJ/(kg-K) 4,186Coefficiente di trasmissione di calore kcal/(h-m2-°C) W/(m2-K) 1,163Conduttività termica Kcal/(h-m-°C) W/(m-K) 0,163Consumo specifico di combustibile g/(CV-h) g/MJ 0,3776

g/(kWh) g/MJ 0,2778Coppia kpm N-m 9,81Costante dei gas kcal/(kg-°C) kJ/(kg-K) 4,186Energia, lavoro, calore N-m J 1

kp-m J 9,81kW-h MJ 3,6CV-h MJ 2,648cal J 4,186kcal kJ 4,186erg (g-cm2/s2) J 10'2

Energia massica cal/g kJ/kg 4,186kcal/kg kJ/kg 4,186

Entropia massica kcal/(kg-°C) kJ/(kg-K) 4,186Forza kg-m/s2 N 1

dyne mN 0,01kp N 9,81

Frequenza (per ciclo) cpm (ciclo/min) Hz (Hertz) 1/60Frequenza rotazionale giri/minuto 1/s 1/60Massa volumica kg/dm3 kg/m3 1000

g/cm3 kg/m3 1000Potenza Kg-m2/s3 J/s oppure W 1

CV kW 0,735HP kW 0,7457kcal/h W 1,163kp-m/s W 9,81

Potenza per unità di area kcal/(h-m2) W/m2 1,163Pressione atm (internazionale) kPa 101,3

bar kPa 100kp/cm2 kPa 98,1mm Hg (a 0 °C) Pa 133,3mm-H O (a 4 °C) Pa 9,81N/m2 Pa 1

Tempo min s 60h s 3600giorno ks 86,4

Velocità lineare km/h m/s 0,278Velocità angolare grado/s rad/s 0,0175Viscosità cinematica centistokes mm2/s 1Viscosità dinamica centipoise mPa-s 1Temperatura [K] = Temperatura [°C] + 273,15 = Temperatura [°C] + 273Temperatura [°C] = Temperatura [K] - 273,15»Temperatura [K] - 273

Page 677: Motori a Combustione Interna - G.ferrari (1 Per Foglio)

FATTORI DI CONVERSIONE UNITÀ ANGLOSASSONI

Grandezza per convertire -> in moltiplicare perin <- per convertire <- dividere per

Area ft2 (foot2) cm2 929,0in2 (inch2) cm2 6,452

Calore specifico Btu/(lb-°F) kJ/(kg-K) 4,186Coefficiente di trasmissione di calore Btu/(h-ft2-aF) W/(m2-K) 5,678Conduttività termica Btu-in/(h-ft2'°F) W/m-K) 0,144Consumo specifico di combustibile lb/(HP h) g/(kW-h) 608,3

mile/gallon (U.S.) km/dm3 0,425

Coppia (lb,-ft) N-m 1,356Costante dei gas Btu/(lb-°F) kJ/(kg-K) 4,186Energia, lavoro, calore (lbf-ft) J ' 1,356

HPh MJ 2,648Btu kJ 1,055

Energia massica Btu/lb kj/kg 2,326

Entropia massica Btu/(lb-°F) kJ/(kg-K) 4,186

Forza lbf (pound-force) N 4,448Frequenza (per ciclo) cpm Hz (Hertz) 1/60Frequenza rotazionale cpm 1/s 1/60Lunghezza ft (foot) m 0,3048

in (inch) mm 25,40mile km 1,609

Massa ounce g 28,35lb (pound) kg 0,4536ton (long or Imp.: 2240 lb) Mg 1,016ton (short: 2000 lb) Mg 0,9072

Massa volumica g/gallon (U.S.) g/dm3 0,2642Ib/foot3 kg/m3 16,02lb/inch3 kg/dm3 27,68lb/gallon (Imp.) kg/dm3 0,0998Ib/gallon (U.S.) kg/dm3 0,1198

Potenza Btu/h W 0,2931HP (horspower: 550 ft-lb,/s) kW 0,7457

Pressione inch of mercury (60 °F) kPa 3,377lbf/foot2 Pa 47,88lbf/inch2 (psi) kPa 6,895

Temperatura gradi °F °C (°F - 32)/1,80Velocità ft/s (foot/second) m/s 0,3048

mile/hour km/h 1,609Volume barrel (42 U.S. gallon) m3 0,1590

ft3 (foot3) dm3 28,32gallon (Imp.) dm3 4,546gallon (U.S.) dm3 3,785in3 (inch3) cm3 16,39liter dm3 1,000

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