Motivazione Ed Apprendimento Motorio

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Corso di allenatore Cardedu 2007 La motivazione al movimento e allo sport: definizione e campo di applicazione - Nella seconda infanzia, 6-11 anni, particolare rilievo assumono le motivazioni orientate verso le attività di sviluppo. Lo sport ed il gioco rientrano in questo tipo di attività. Il termine motivazione si accompagna a parole come bisogno, desiderio, pulsione, interessi. Nella situazione concreta il processo motivazionale, che ha luogo nell'individuo, non è facilmente percepibile da un osservatore esterno, e talora neppur dall'individuo stesso. Molte motivazioni, tra loro eterogenee, sono frequentemente espresse dal medesimo comportamento: un bambino gioca a pallone in una squadra, sia perché così può muoversi e divertirsi, sia perché pensa di diventare ricco e famoso. Ad esempio un bambino può apparire privo di interessi verso lo sport e poco motivato alle attività di movimento, solo perché teme di non riuscire, di fare brutta figura, insomma di pregiudicare la propria autostima. L'operatore sportivo, in quanto educatore, può intervenire per sviluppare gli schemi e le capacità motorie solo se riesce ad utilizzare e a mantenere elevate nel tempo le motivazioni dei suoi allievi. Inoltre, l'operatore sportivo, dovrebbe esser in grado non solo di individuare le motivazioni di partenza di ogni bambino, ma anche di sostenere il loro cambiamento man mano che il bambino cresce. Non tutte le capacità di impegno fisico e la disponibilità ad apprendere le abilità motorie, tuttavia, richiedono una spiegazione motivazionale. Un bambino può dare migliori risultati di un altro perché possiede un miglior potenziale di sviluppo, oppure perché l'organismo è meglio organizzato Concetto di Motivazione Le motivazioni sono le cause che determinano il comportamento: in altre parole l’interazione dinamica, variabile tra gli stimoli derivanti dai bisogni soggettivi e quelli derivanti dalle sollecitazioni dell’ambiente.(Antonelli e Salvini)

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scienze motorie

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Corso di allenatore Cardedu 2007

La motivazione al movimento e allo sport: definizione e campo di applicazione

- Nella seconda infanzia, 6-11 anni, particolare rilievo assumono le motivazioni orientate verso le attività di sviluppo. Lo sport ed il gioco rientrano in questo tipo di attività. Il termine motivazione si accompagna a parole come bisogno,

desiderio, pulsione, interessi. Nella situazione concreta il processo motivazionale, che ha luogo nell'individuo, non è facilmente percepibile da un osservatore esterno, e talora neppur dall'individuo stesso. Molte motivazioni,

tra loro eterogenee, sono frequentemente espresse dal medesimo comportamento: un bambino gioca a pallone in una squadra, sia perché così può muoversi e divertirsi, sia perché pensa di diventare ricco e famoso. Ad esempio un bambino può apparire privo di interessi verso lo sport e poco

motivato alle attività di movimento, solo perché teme di non riuscire, di fare brutta figura, insomma di pregiudicare la propria autostima. L'operatore

sportivo, in quanto educatore, può intervenire per sviluppare gli schemi e le capacità motorie solo se riesce ad utilizzare e a mantenere elevate nel tempo le motivazioni dei suoi allievi. Inoltre, l'operatore sportivo, dovrebbe esser in grado non solo di individuare le motivazioni di partenza di ogni bambino, ma

anche di sostenere il loro cambiamento man mano che il bambino cresce. Non tutte le capacità di impegno fisico e la disponibilità ad apprendere le abilità

motorie, tuttavia, richiedono una spiegazione motivazionale. Un bambino può dare migliori risultati di un altro perché possiede un miglior potenziale di

sviluppo, oppure perché l'organismo è meglio organizzato

Concetto di Motivazione

Le motivazioni sono le cause che determinano il comportamento: in altre parole l’interazione dinamica, variabile tra gli stimoli derivanti dai bisogni soggettivi e quelli derivanti dalle sollecitazioni dell’ambiente.(Antonelli e

Salvini)

La motivazione è l’agente psicologico, fisiologico e cognitivo che guida il comportamento individuale verso uno scopo (Corpo Movimento Prestazione,

CONI IEI).

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Motivare attraverso il gioco

Aspetti Psicologici

Il gioco costituisce per il bambino l’esperienza più ricca, impegnativa e decisiva. E’ accertato che i bambini ai quali non sia stata data la possibilità di giocare non dispongono di quella ricchezza di vita interiore, che può ricevere

stimolazione dal gioco (Gabrielli).

Secondo numerosi Autori, gli stimoli che attivano l’organismo giovane senza stancarlo accelerano la maturazione. Il gioco è fra gli stimoli più importanti attraverso cui il bambino riesce a raggiungere una rapida maturazione della

corteccia cerebrale.

L’attività ludica si colloca come dato integrativo capace di agevolare la maturazione intellettiva e i processi di adattamento e di acquisizione.

Sul piano conoscitivo il gioco si rivela fondamentale in quanto capace di anticipare, nell’imitazione dell’adulto, i ruoli e i comportamenti delle età

successive, funzionando quindi da strada maestra verso la socializzazione.

Sul piano affettivo il gioco si struttura nell’età evolutiva secondo finalità diverse: di natura competitiva, partecipativa, comunicativa; ed in forme

creative, esplorative, rassicurative, a seconda di quali siano i vettori motivazionali. Si potrebbe affermare che per ogni stato d’animo esiste un

gioco. O, meglio, che le infinite possibilità e modalità di gioco sono realizzate e adattate al soddisfacimento delle esigenze psicologiche del momento.

Il bambino si crea col gioco il proprio mondo e ricostruisce una situazione spontanea in cui proietta tutte le tendenze che corrispondono alla sua realtà interiore. Il gioco infantile non è soltanto la soddisfazione immediata di quel

principio del piacere che non vuole arrendersi al principio della realtà ma, come dice Freud, si manifesta sotto l’influenza del potente desiderio individuale di crescere. Il bambino trova nel gioco uno sfogo che gli consente un confronto

paradossale con la realtà: si crede libero e non è più frustrato nel suo rapporto con il reale, crea situazioni immaginarie ed attivamente le affronta e domina, aiutandosi così a sopportare e superare l’ansia delle concrete situazioni vitali.

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Il gioco nel bambino ha una funzione rassicurante in quanto gli permette:

- di esercitare un controllo onnipotente sulle cose e sulle persone, liberandolo da un penoso senso di impotenza e di dipendenza;

- di affermarsi competitivamente sul mondo provando le proprie capacità e confermandosi nella sicurezza;

- di provare e sperimentare il rischio e la paura simulati senza compromettere la propria integrità.

Aspetti Psico-Pedagogici

Numerosi psicologi sociali, che hanno applicato le loro tecniche di osservazione alla pedagogia, hanno osservato che i bambini apprendono di più quando si

tiene conto delle loro tendenze e motivazioni. Inoltre è stato notato che, nelle normali situazioni scolastiche ed educative, i metodi di insegnamento tendono

a frustrare l’immaginazione, l’attività motoria, la curiosità dei bambini. In queste circostanze, le motivazioni dei bambini diminuiscono e si tende ad usare ogni tipo di incentivi, come la competizione, le minacce, il premio, il

castigo, ecc., che trasformano l’attività pedagogica in un processo di addestramento, incapace di influire positivamente sulla formazione della

personalità.

L’apprendimento, la maturazione cognitivo-affettiva, la socializzazione, sono obiettivi raggiungibili soltanto quando passano attraverso le motivazioni del bambino, e attraverso il suo modo di fare esperienza. Il mondo del bambino acquista significato e valore solo se è vissuto come gioco. Tale concezione si scontra con il sentimento comune che vede divisi e contrapposti il gioco ed il

lavoro; atteggiamento che porta a svalutare ed a ritenere inadeguata qualsiasi attività che contenga elementi ludici.

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Lewin ha osservato, che un dato comportamento del bambino non può essere definito utile od inutile partendo dal punto di vista dell’adulto, ma deve essere

riferito unicamente allo spazio vitale del bambino. La prassi pedagogica, in genere, non tiene conto di ciò, ignorando le motivazioni, gli interessi e lo spazio

vitale del bambino.

L’attività educativa e l’insegnamento sono imposti al bambino sollecitandolo più ad un processo d’adattamento passivo che di partecipazione attiva.

Tale processo è destinato a creare distorsioni in quanto finisce con l’inibire insieme al gioco, la curiosità, la creatività, gli interessi e la disponibilità

emotiva del bambino ad apprendere.

L’apprendimento non può essere separato dal gioco. Il bambino adatta anzitutto le cose a sé stesso, alla sua fantasia, ai suoi interessi; più tardi egli si adatta e si conforma alle esigenze delle cose. Solamente dopo aver compiuto le sue esperienze personali con questo o quell’oggetto, questo o quel gioco,

può adattarsi a seguire la via tracciata dall’esperienza altrui.

L’esperienza ludica è quindi l’unico terreno privilegiato su cui possono affondare, in maniera produttiva, le radici di qualsiasi processo

d’apprendimento che voglia essere qualcosa di più che una semplice attività addestrativa.

Abbiamo inteso ripresentare i concetti cardine della psicologia e della pedagogia sull’importanza del gioco perché ci sono sembrati i più idonei ad illustrare sinteticamente un aspetto così vario ed importante e soprattutto ci danno la possibilità di porre un quesito che riteniamo fondamentale: occorre

inserire degli elementi con caratteristiche di gioco all’interno delle varie discipline sportive, oppure sarebbe più opportuno proporre nei giochi elementi

trasferibili nella pratica sportiva?

Perché il bambino che nel gioco trova una simbiosi naturale, elemento indispensabile alle sue esigenze non pratica attività sportiva? Forse che le due

cose sono distinte ed il bambino che si avvicina allo sport non trova quegli elementi di gioco di cui necessita? Forse vale la pena di porsi il problema, vista

la rilevante percentuale di bambini che non praticano attività sportiva.

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Motivazione ed apprendimento motorio

Non è sempre facile per l'educatore riuscire a motivare un bambino in vista dell'apprendimento di una determinata capacità motoria. Svogliatezza, ritrosia, stanchezza, apatia, sono tutti segnali di una caduta motivazionale che può essere momentanea o alla lunga determinare un precoce abbandono dell'attività fisica e sportiva. Per utilizzare al meglio o sollecitare la motivazione del proprio allievo, l'educatore sportivo dovrebbe conoscere ed impiegare un ampio repertorio di metodi e di risorse didattiche, ad esempio giochi ed esercizi variati, capaci di stimolare la curiosità e l'esplorazione, attività ludiche e sportive, stimoli legati al cambiamento delle situazioni e dell'ambiente, conferme idonee a promuovere l'autostima, l'appartenenza al gruppo e l'identificazione con l'insegnante. " Attivazione psicofisiologica ed emotiva: è ottenibile promuovendo e sottolineando l'importanza che può avere, dal punto di vista del bambino, la realizzazione di una certa prestazione o la conquista di una particolare abilità." Direzione dello sforzo verso un particolare fine: è ottenibile se direttamente o indirettamente diventa importante per il bambino. Esprimere se stesso, provare senso di pienezza e di padronanza del proprio corpo, sono bisogni presenti in tutti i ragazzi" Attenzione selettiva: è utile per l'apprendimento motorio ed è ampiamente influenzata dalla motivazioneIl comportamento motivato ad apprendere è una tipica conquista post-adolescenziale, che richiede un grande impegno da parte dell'educatore sportivo. Ciò è possibile solo se, durante la fase di avviamento allo sport, il bambino interiorizza, gradualmente, i valori espressivi, agonistici, ludici e socioemotivi dello sport o dell'attività ludica in genere

La spinta al successo e l'affiliazione

24/06/2002 - Il bisogno di autorealizzazione si presenta come spinta iniziale all'autonomia, per evolversi verso traguardi di efficienza e bravura, riconosciuti ed apprezzati socialmente. Tale bisogno è particolarmente presente nella seconda infanzia, durante la quale i bambini sopravvalutano le loro capacità. E' solo dopo i primi anni di scuola che l'autopercezione delle proprie capacità diviene più realistica. In altre parole, nel progettare le proprie prestazioni il bambino tiene sempre più conto dei successi e dei fallimenti precedenti, facendo più tesoro della propria esperienza. Numerose ricerche, hanno dimostrato che i fattori che orientano in misura più o meno positiva un bambino verso l'autorealizzazione, risentono di una educazione familiare. Da queste ricerche emerge anche che, spesso, gran parte dei genitori di bambini avviati alla pratica sportiva, interferisce negativamente sulla fiducia in se stessi dei propri figli e sul loro orientamento all'autorealizzazione, attraverso un eccesso di protezionismo, di presenza, di critica negativa. Man mano che il bambino cresce, aumenta l'importanza che attribuisce alle relazioni con i coetanei e ai loro giudizi. Per esempio, le motivazioni al successo scolastico o a quello sportivo, possono perdere o aumentare di valore a seconda del giudizio espresso dal gruppo dei coetanei. La motivazione all'affiliazione, invece, si manifesta con il bisogno che ogni ragazzo sente di associarsi a un gruppo. Un

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manifestazione affiliativi si manifesta nell'aggregazione sportiva, inj cui il bambino sente e vede realizzato questo suo bisogno. Il bambino inserito in un gruppo sportivo, si trova gradualmente esposto a ciò che i sociologi e gli psicologi chiamano socializzazione secondaria, cioè all'interiorizzazione delle norme, aspirazioni ed atteggiamenti che caratterizzano la cultura ludico-agonistica e tecnico-espressiva di una determinata attività sportiva

Il Gioco

17/06/2002 - Alla base del movimento, inteso come mezzo esplorativo, espressivo e di relazione interpersonale e sociale, c'è il gioco. E' attraverso il gioco che il bambino fa esperienza del proprio corpo e delle sue possibilità di entrare in rapporto con l'ambiente, ed è mediante il gioco che i processi maturativi di tipo psico-biologico, interagiscono con gli apprendimenti e determinano un sano sviluppo. Da un punto di vista motivazionale, l'elemento di gioco presente in alcune pratiche sportive, o nell'educazione motoria, assume le seguenti caratteristiche:" Attività che provoca piacere sensoriale" Attività sociale di riconoscimento, di autovalutazione e di confronto attraverso regole competitiveIl piacere che un bambino può trarre da una attività di animazione sportiva, come può essere una seduta di ginnastica ludica preparativa, è da collegarsi ad una situazione di gioco nella quale vengono soddisfatti i bisogni di movimento e di relazione. Se è a conoscenza di tutto ciò, l'educatore sportivo deve avere cura di programmare l'attività, da una parte diversificando ampiamente gli esercizi di gioco in modo che risultino sempre nuovi e stimolanti, dall'altra organizzando gli stessi esercizi all'interno di un momento relazionale soddisfacente. Più i bambini si avvicinano alla fase adolescenziale, maggiore è l'interesse che l'insegnate deve porre sulla situazione di gruppo. In tal moto, un elemento motivazionale quale il bisogno di movimento, può essere finalizzato e mantenuto all'interno di una situazione sociale gratificante

L'agonismo

17/06/2002 - L'attività sportiva è un gioco caratterizzato da finalità agonistiche. L'agonismo è un comportamento organizzato secondo modelli culturali ed indirizzato all'autoaffermazione competitiva e all'espressione regolamentata dell'aggressività. Lo sport è un dispositivo sociale che consente di istituzionalizzare, in forma simbolica e ritualizzata, il modello comportamentale competitivo proprio della nostra cultura. Un tipico bisogno della seconda infanzia, 6-11 anni, è quello di confrontarsi e misurarsi con gli altri. Due bambini che gareggiano spontaneamente per superarsi, anticipano quell'esperienza agonistica che poi verrà accolta ed organizzata dallo sport, e sarà da questo riproposta come modello di comportamento agli stessi ragazzi. Nell'esperienza agonistica, il bambino sviluppa l'abilità, la stima di se e soprattutto impara a riconoscere i propri limiti nel confronto con gli altri. Da un punto di vista educativo, l'operatore sportivo deve considerare che lo stimolo del confronto, l'esperienza dell'approvazione e del successo, sono opportunità educative da offrire al ragazzo per migliorarne la disposizione all'agonismo, favorendo così l'apprendimento motorio e l'autostima. Se, però, l'educatore sportivo sollecita il ragazzo con aspettative troppo elevate, si rischia di

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bloccare l'apprendimento e la spinta agonistica. La frustrazione, lo scoraggiamento e l'autosvalutazione, sono sempre l'alto prezzo che i bambini pagano per allenatori e genitori troppo ambiziosi

Le motivazioni specifiche alle competenze motorie

- Le motivazioni allo sport e alle attività ludico-motorie organizzate si dividono in due gruppi:" Motivazioni primarie: gioco ed agonismo" Motivazioni secondarie: autorealizzazione e affiliazioneLe primarie raccolgono alcune motivazioni, sottostanti al gioco e all'agonismo, comuni a tutti i bambini, ma ovviamente risentono delle differenze individuali. Esse hanno una caratterizzazione prevalentemente psicologica, cognitiva ed emotiva, anche se canalizzate entro modelli culturali socialmente appresi. Sulle motivazioni secondarie, incidono maggiormente sia i bisogni tipici della personalità del bambino, come nel caso dell'autorealizzazione, sia le sollecitazioni affiliative con cui è possibile sperimentare contesti di gioco, di confronto e di identificazione. L'integrazione equilibrata di questi fattori motivazionali è il presupposto perché il bambino sperimenti, nell'ambito dell'educazione motoria e dell'avviamento allo sport, situazioni soddisfacenti per i suoi bisogni di crescita e di esperienza. Infatti, l'attività sportiva infantile, o pre adolescenziale, deve contenere ampie opportunità di gioco rispetto a quelle agonistiche, che sono molto importanti in età adolescenziale

Le motivazioni generali alle competenze motorie

- Nel periodo evolutivo, un importante fattore motivazionale è dato dal bisogno del bambino di sviluppare quelle competenze che gli permettono di agire sull'ambiente e di stabilire una relazione positiva con il contesto sociale. Il bisogno di conoscere, e quindi di sviluppare adeguate capacità sul piano percettivo-motorio, è senz'altro un'esigenza importante per il bambino. L'organizzazione della struttura mentale e la sua capacità di adattamento e di riorganizzazione, consentono al bambino di incorporare nella sua esperienza vari aspetti della realtà e il modo di utilizzarli e modificarli. Ad esempio, quando un bambino impara ad andare in bicicletta, deve costruirsi un programma motorio che gli permetta effettivamente un'adeguata sincronia di movimenti. Alla base di tale processo, possiamo scoprire una componente motivazionale connessa con l'esigenza di sperimentare e sviluppare le abilità legate all'andare in bicicletta. Ma tale motivazione, per potersi attivare orientandosi verso precisi modelli d'azione motoria, ha bisogno di un contesto sociale, capace di dare significati positivi a certi movimenti. Inoltre, quell'abilità diviene per il bambino un obiettivo desiderato se è mediata da persone per lui significative, come un genitore, un compagno, un insegnante sportivo. Infine, la conquista di una abilità motoria, si trasforma nel bambino in un aumento del livello della propria autostima, ovvero in una maggiore fiducia nelle proprie capacità

Motivazioni intrinseche e motivazioni estrinseche

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- Alcuni psicologi hanno individuato, oltre ai meccanismi motivazionali intrinseci, attivati cioè dai bisogni del bambino, anche motivazioni estrinseche. Queste ultime sono identificabili con le tecniche di rinforzo, di approvazione o punizione da parte dell'adulto nei confronti del desiderio o meno del comportamento infantile. La motivazione estrinseca dipende dal controllo che l'adulto effettua sul comportamento spontaneo del bambino e del ragazzo attraverso ricompense o punizioni. Si pensi, ad esempio, al caso di un padre che imponga al figlio di giocare a pallone, o lo incoraggi, cercando attraverso gratificazioni di motivarlo verso una presunta carriera di calciatore. Si può dire che uno dei compiti pedagogici fondamentali per l'educatore è quello di liberare il bambino da questa motivazione esterna. Ciò vale soprattutto nel caso dell'attività sportiva, che, se privata della sua dimensione ludica e della scelta spontanea, finisce per esaurire rapidamente per la spinta motivazionale. Inoltre, l'educatore sportivo non deve mirare tanto a rinforzare taluni comportamenti motori a scapito di altri, ma deve mettere il bambino in condizione di acquisire una serie di competenze motorie e di modelli di comportamento agonistico attraverso cui, in un secondo momento, possano esprimere le sue motivazioni intrinseche. Queste ultime sono le uniche in grado di sostenere, nel tempo, la costanza di una scelta motivata. L'operatore sportivo e l'insegnante che operano con i ragazzi nel campo dell'avviamento allo sport, dovrebbe utilizzare tutte le motivazioni spontanee collegate al gioco e al piacere di muoversi. Ciò per sollecitare non tanto l'acquisizione di programmi motori specialistici, quanto quella di una più ampia gamma di risorse motorie applicabili al maggior numero di discipline sportive

La motivazione al movimento e allo sport: definizione e campo di applicazione

- Nella seconda infanzia, 6-11 anni, particolare rilievo assumono le motivazioni orientate verso le attività di sviluppo. Lo sport ed il gioco rientrano in questo tipo di attività. Il termine motivazione si accompagna a parole come bisogno, desiderio, pulsione, interessi. Nella situazione concreta il processo motivazionale, che ha luogo nell'individuo, non è facilmente percepibile da un osservatore esterno, e talora neppur dall'individuo stesso. Molte motivazioni, tra loro eterogenee, sono frequentemente espresse dal medesimo comportamento: un bambino gioca a pallone in una squadra, sia perché così può muoversi e divertirsi, sia perché pensa di diventare ricco e famoso. Ad esempio un bambino può apparire privo di interessi verso lo sport e poco motivato alle attività di movimento, solo perché teme di non riuscire, di fare brutta figura, insomma di pregiudicare la propria autostima. L'operatore sportivo, in quanto educatore, può intervenire per sviluppare gli schemi e le capacità motorie solo se riesce ad utilizzare e a mantenere elevate nel tempo le motivazioni dei suoi allievi. Inoltre, l'operatore sportivo, dovrebbe esser in grado non solo di individuare le motivazioni di partenza di ogni bambino, ma anche di sostenere il loro cambiamento man mano che il bambino cresce. Non tutte le capacità di impegno fisico e la disponibilità ad apprendere le abilità motorie, tuttavia, richiedono una spiegazione motivazionale. Un bambino può dare migliori risultati di un altro perché possiede un miglior potenziale di sviluppo, oppure perché l'organismo è meglio organizzato

LA FORMAZIONE DELLA PERSONALITÀ

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La finalità generale dell'educazione consiste nell'aiutare ogni allievo a realizzare lo sviluppo integrale ed ottimale della sua personalità. La personalità di un individuo è una realtà complessa. In essa è possibile identificare alcune aree fondamentali che sono tra loro fortemente integrate:· Area corporea· Area emotivo-affettiva· Area intellettuale· Area morale-socialeLo sviluppo è integrale se l'educazione promuove tutti gli aspetti della personalità. E' ottimale se l'educazione realizza il massimo delle potenzialità in rapporto alla condizione psico-fisica dell'allievo. Gli aspetti della personalità sono caratterizzati da una pluralità di strutture e di funzioni, che tendono a svilupparsi e ad integrarsi secondo modalità proprie di ogni stadio evolutivo e secondo ritmi propri per ogni individuo. I fattori che intervengono nel processo di formazione della personalità, sono di natura organica ed ambientale. I fattori organici consistono essenzialmente in un corredo di predisposizioni ed attitudini iscritto nel codice genetico. Tra i fattori ambientali, grande rilevanza assume il sistema educativo istituzionale. L'educazione motoria, come componente dell'educazione scolastica, contribuisce allo sviluppo delle varie aree della personalità. Oltre a garantire una crescita fisica e psicologica armonica, essa favorisce i processi di approfondimento scolastico ed il conseguimento di abilità logico-operative, migliora il grado di socializzazione e arricchisce la partecipazione emotiva degli allievi. Ma l'educazione motoria può essere intesa più strettamente come educazione al movimento, con riferimento all'attività libera e spontanea del corpo, finalizzata o meno, che rientra nel concetto di motricità.