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PARTE TERZA OPERE PUBBLICHE Cristina Gandolfi IL CONTRATTO DI PRESTAZIONE D’OPERA I IL CONTENUTO DELLA OBBLIGAZIONE DEL PROFESSIONISTA Il contratto stipulato tra un esercente la professione di architetto ed il committente, è denominato “contratto di prestazione d’opera intellettuale” e costituisce lo strumento negoziale attraverso il quale si realizza il rapporto di lavoro autonomo. In generale, il contratto di prestazione d’opera è definito, dall’art. 2222 del codice civile, come il contratto attraverso il quale un soggetto si obbliga a compiere, verso un corrispettivo, un’opera o un 1

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PARTE TERZA

OPERE PUBBLICHECristina Gandolfi

IL CONTRATTO DI PRESTAZIONE D’OPERAI

IL CONTENUTO DELLA OBBLIGAZIONE DEL PROFESSIONISTA

Il contratto stipulato tra un esercente la professione di architetto ed il committente, è denominato “contratto di prestazione d’opera intellettuale” e costituisce lo strumento negoziale attraverso il quale si realizza il rapporto di lavoro autonomo.In generale, il contratto di prestazione d’opera è definito, dall’art. 2222 del codice civile, come il contratto attraverso il quale un soggetto si obbliga a compiere, verso un corrispettivo, un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente.Esso si distingue in contratto di prestazione d’opera manuale e contratto di prestazione d’opera intellettuale: in quest’ultimo caso il contratto ha per oggetto una prestazione svolta, a favore del

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committente, da esercenti le cosiddette professioni liberali (avvocati, medici, architetti, ingegneri ecc…) di regola tenuti all’iscrizione nei relativi albi professionali (art. 2229 c.c.).1

Tra il prestatore d’opera manuale ed il prestatore d’opera intellettuale rileva, prima fra tutte, la differenza tra il tipo di obbligazione che essi sono chiamati a prestare.Il prestatore d’opera manuale si distingue in quanto presta sempre un’obbligazione di risultato sia che questa consista nell’esecuzione di un’opera sia che consista nella prestazione di un servizio; l’obbligazione del prestatore d’opera intellettuale è invece un’obbligazione di mezzi.2

La differenza tra obbligazione di risultato e obbligazione di mezzi va ravvisata nel tipo di prestazione dovuta: nell’obbligazione di risultato il prestatore d’opera è tenuto a realizzare una determinata finalità a prescindere da una specifica attività strumentale; pertanto oggetto del contratto non è il lavoro ma il risultato del lavoro svolto con la conseguenza che il prestatore d’opera non può dirsi adempiente, e dunque non ha diritto al corrispettivo, fino a quando non abbia procurato al committente il risultato pattuito.Nell’obbligazione di mezzi, invece, il prestatore è tenuto a svolgere una prestazione a prescindere dal 1 Sul contratto d’opera in generale: Francesco Galgano, Diritto civile e commerciale, Vol. II Le obbligazioni ed i contratti, Padova 1993; Giovanni Giacobbe e Daniela Giacobbe Commentario al Codice civile, Il lavoro autonomo contratto d’opera, Milano 1995 2 Cattaneo, La responsabilità del professionista, Milano 1958.

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conseguimento di una determinata finalità pertanto egli è adempiente ed ha diritto al compenso se ha agito con la diligenza e la perizia richiesta, anche se non è riuscito ad assicurare al cliente un risultato.3

Individuare se la prestazione a cui è tenuto un prestatore d’opera sia di mezzi o di risultato, non è sempre agevole.Così con riferimento ai professionisti tecnici (ingegneri, geometri, agli architetti) si è dubitato a lungo, e si dubita tuttora, circa la loro appartenenza alla categoria dei prestatori d’opera intellettuale in quanto l’obbligazione a cui essi sono tenuti non pare sempre configurarsi come un’obbligazione di mezzi.Infatti, benchè astrattamente possa dirsi che la prestazione a cui essi sono tenuti non sia di risultato ma di mezzi, è stato rilevato come essa debba in realtà coincidere con il risultato voluto dal committente ovvero con l’opus.4 Così perché il lavoro di un progettista vada a soddisfare il cliente e perché possa dirsi che il professionista sia adempiente rispetto all’obbligazione assunta nei suoi confronti, è necessario che non solo sia redatto un progetto, ma anche che tale progetto possa essere tecnicamente e giuridicamente utilizzabile.

3 In generale sulla distinzione fra obbligazione di risultato e obbligazione di mezzi si veda nella dottrina italiana: C.M. Bianca Diritto civile IV L’obbligazione edizione Giuffrè Milano 1993 p. 71; A. Di Maio Delle obbligazioni in generale in Comm.cod. civ. Scialoja-Branca a cura di F. Galgano Bologna-Roma 1988 p. 105. 4 Cass. Civile 27.2.1996 n. 1530; Cass. Civile 24.4.1996 n. 3879; Cass. Civile 28.1.1995 n. 1040 in Settimana giuridica 1995 II 745.

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Si è sostenuto anche, a conferma della natura di obbligazione di risultato, che l’attività del professionista tecnico non consiste semplicemente in una applicazione di regole tecniche senza l’esercizio di alcuna discrezionalità: spesso la soluzione dei casi prospettatagli implica un’applicazione originale e personale delle regole dell’arte.5 Al contrario, a favore della tesi dell’appartenenza alla categoria delle obbligazioni di mezzi, si è rilevato che nel contratto del professionista intellettuale, a differenza di quanto si verifica per il prestatore d’opera manuale, il raggiungimento di un determinato risultato non riveste, ai fini del diritto al compenso, carattere di essenzialità.Così il professionista tecnico ha diritto all’onorario anche se, avendo spiegato ogni diligenza nell’espletamento dell’incarico conferitogli, non ha tuttavia raggiunto il risultato (inteso come il conseguimento dei desiderata del cliente) per il quale la sua opera era stata richiesta.Se tale considerazione è certamente vera, è peraltro da ritenere preferibile la qualifica di obbligazione di risultato in quanto ciò consente di evidenziare un tratto differenziale essenziale tra il

5 In questo senso si veda M. Fortino La responsabilità del professionista Aspetti problematici, Milano, 1984; P. Adragna Osservazioni sull’evoluzione giurisprudenziale circa l’applicazione dell’art. 2226 c.c. al contratto d’opera intellettuale, in Giustizia civile 1967, IV, p. 61; A. Lener nota a Tribunale di Roma 30.4.1954 in Foro italiano 1954, I, c. 1006.

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contratto d’opera professionale e il contratto di lavoro subordinato.Con quest’ultimo, il lavoratore si obbliga a mettere a disposizione del datore di lavoro le proprie energie svolgendo le mansioni richieste nel rispetto delle direttive e delle istruzioni da esso impartite, ciò indipendentemente dal risultato conseguito.6 Con specifico riferimento alla materia delle “opere pubbliche” si ritiene sussistente una sostanziale differenza tra la prestazione dovuta dal progettista dell’opera ed il direttore dei lavori7.Il progettista deve garantire all’amministrazione committente un progetto realizzabile conformemente alle indicazioni tecniche ed economiche fornite: egli è quindi responsabile per vizi, errori, imprecisioni degli elaborati prodotti.8

Il Direttore dei lavori, diversamente, assume una obbligazione di mezzi poiché deve assicurare la vigilanza ed il controllo sul corretto e puntuale espletamento delle incombenze assunte dall’impresa appaltatrice agendo “secondo scienza e coscienza” ma non è certamente imputabile se, prestata validamente in tal senso la propria opera

6 E’ di questa opinione Giuseppe Musolino La responsabilità del professionista tecnico Rimini 2003 pag. 32.7 Filippo D’Ambrosio La direzione lavori nell’appalto di opere pubbliche Milano 1999 p. 353.8 Proprio in relazione all’obbligazione del progettista la Cassazione ne ha affermato la natura di obbligazione di risultato in quanto avente ad oggetto la realizzazione di un opus professionale suscettibile di pratica attuazione Cass. Civ. 21.3.1997 n. 2540 in Corr. Giuridico 1997 n. 5 con nota di Carbone; Cass. 27.2.1996 n. 1530; Cass. 24.4.1996 n. 3879 in Foro italiano 1996, I, 3738; Cass. 27.5.1999 n. 4704.

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per il raggiungimento del risultato sperato, questo non sia poi stato, di fatto, conseguito.

IILA RESPONSABILITA’ PROFESSIONALE

In generale, per responsabilità deve intendersi l’effetto giuridico che si produce al verificarsi di determinati fatti.Essa si distingue in responsabilità civile, responsabilità penale, responsabilità amministrativa.

1) Responsabilità civile.La responsabilità civile determina l’obbligo, da parte del professionista, di risarcire il danno ad altri procurato, qualora ciò derivi dalla sua condotta ed ad esso sia ascrivibile la “colpa” ovvero l’aver agito con negligenza, imprudenza o imperizia.Il danno prodotto deve poi qualificarsi come “ingiusto”.La responsabilità del professionista può poi configurarsi anche nel caso di violazione delle norme contrattuali e di violazione degli obblighi di buona fede che gravano sulle parti nell’esecuzione del contratto.Con riferimento alla responsabilità civile la distinzione sopraevidenziata tra “obbligazione di

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risultato” e “obbligazione di mezzi” comporta una diversa configurazione della responsabilità.Infatti nel caso di obbligazioni di mezzi il prestatore d’opera è adempiente, e dunque non responsabile, se si è comportato diligentemente, anche se non ha ottenuto un risultato.Nelle obbligazioni di risultato, invece, la diligenza è irrilevante perchè ciò che conta è il risultato raggiunto in assenza del quale il prestatore è da ritenersi indempiente e dunque responsabile.Nelle obbligazioni di mezzi, la responsabilità del prestatore d'opera è regolata dall'art. 1176 del codice civile secondo il quale "nell'adempiere l'obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia.Nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di una attività professionale la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata.”L’obbligazione di mezzi è dunque una mera attività diligente: il prestatore è responsabile solo se viola il dovere di diligenza. L’art. 2236 del codice civile prevede poi una attenuazione della responsabilità sopracitata in quanto chiarisce che "se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d'opera non risponde dei danni se non in caso di dolo o colpa grave”.

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Tale ipotesi si verifica quando l’impegno intellettuale richiesto al professionista è superiore a quello professionale medio in quanto la fattispecie concreta è o poco conosciuta o non sufficientemente sperimentata nella pratica.In questo caso, l’art. 2236 c.c. prevede che il professionista risponda nei confronti del committente solo se si possono configurare, nel suo operato, gli estremi del dolo o della colpa grave.Sul punto, la giurisprudenza, ha però chiarito che la prova della sussistenza dei presupposti per l’applicazione di tale attenuazione della responsabilità, incomba al professionista.9

Con specifico riferimento al professionista tecnico che assume l’incarico di progettista nella realizzazione di un’opera pubblica o di un intervento di edilizia privata, la giurisprudenza si è in più occasioni occupata di casi di responsabilità civile.Così, si è ritenuto che, nell'ipotesi di realizzazione di un progetto di costruzione edilizia, il progettista non possa esimersi dalla sua responsabilità verso il committente adducendo che questi ha accettato il progetto senza rilevare delle manchevolezze ciò in quanto, da una parte, il committente ha il diritto di pretendere che il progettista realizzi un progetto a regola d'arte e secondo gli accordi e, dall'altra parte, non si può attribuire al committente l'onere di

9 Sul punto: Cass. 23.4.2002 n. 5928, in Rep. Foro italiano, 2002 voce Professioni intellettuali; Cass. 12.6.1982 n. 3604, in Mass. Foro italiano, 1982 c. 754.

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riconoscere delle manchevolezze che richiedono una specifica preparazione tecnica.Altro tema considerato dalla giurisprudenza riguarda l'ipotesi in cui la costruzione progettata non rispetti le distanze dagli altri edifici, in tal caso il progettista potrà essere ritenuto responsabile. L'accertamento dei confini e delle distanze è stato peraltro ritenuta una prestazione di non particolare difficoltà tecnica ma bensì di facile esecuzione dato che rientrano nella competenza di un professionista diplomato quale è il geometra.10

In realtà, spesso, l'accertamento dei confini non è di facile soluzione, ciò è comprovato anche dal fatto che in alcune situazioni è richiesto l'intervento del giudice che viene adito con una specifica azione chiamata appunto di “regolamento dei confini” o di “apposizone dei termini”. Pertanto in alcune situazioni è innegabile che la difficoltà nell’individuazione degli esatti confini possa costituire un’esimente della responsabilità del progettista che non potrà considerarsi responsabile e dunque tenuto a risarcire i danni che il confinante possa aver subito per occupazione abusiva del proprio fondo.11

10 Cass. Civ. 21.7.1989 n. 3476; Cass. Civ. 29.3.1979 n. 1818; Cass. Civ. 11.12.1972 n. 3557; in dottrina cfr Zana, Responsabilità del professionista, in Enc. Giuridica Treccani, XXVII Roma 1991, 5.11 Appello Perugia 20.5.1995 che, al fine dell’applicazione dell’elemento soggettivo della colpa grave, fa riferimento alla situazione concreta in cui la prestazione del progettista era stata richiesta.

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- Altra ipotesi considerata dalla giurisprudenza, concerne l'accertamento della situazione geologica del suolo su cui viene realizzato l’edificio. La responsabilità del progettista si avrà nel momento in cui la costruzione rovini per inadeguatezza delle fondazioni rispetto al terreno su cui è stata edificata. In alcuni casi la giurisprudenza ha ritenuto che lo studio del terreno richieda la risoluzione di problemi di speciale difficoltà e dunque il progettista sia da ritenersi responsabile solo in caso di dolo o colpa grave.La giurisprudenza ha anche ritenuto che il progettista possa essere considerato responsabile in via indiretta nel senso che l'appaltatore che abbia risarcito, a chi lo ha subito, il danno per cedimento delle fondazioni, possa poi rivalersi sul progettista.12

Altro orientamento ha invece sostenuto che il progettista sia esente da responsabilità poichè lo studio del terreno, ovvero l'analisi della consistenza del suolo, sia da considerarsi compito dell'appaltatore e non del progettista.13

La responsabilità del progettista molto frequentemente è concorrente con quella degli altri tecnici che hanno partecipato alla realizzazione

12 Cass. Civ. 12.7.1986 n. 435113 Cass. Civ. 16.11.1993 n. 21; per Cass. Civ. 7.9.2000 n. 11783 in Mass. Foro It. 2000 p. 1078, il progettista è corresponsabile con l’appaltatore dei gravi difetti di costruzione dipendente dalla mancanza di fondazioni idonee alla particolare situazione geologica del terreno su cui insiste l’edificio.

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dell'opera ed in particolare con quella dell'appaltatore. Quando il grave difetto o la rovina dell'immobile sono dipesi da una errata progettazione o dalla inesattezza di quegli studi che costituiscono il progetto ma l'appaltatore in ossequio alla sua autonomia non abbia verificato la bontà del progetto oppure avendone riscontrato la ineseguibilità non l'abbia comunicata in tempo, vi sarà una responsabilità solidale di entrambi. Può inoltre riscontrarsi una responsabilità civile del progettista in relazione alla fattibilità giuridica della costruzione.Così la giurisprudenza ha riconosciuto responsabile il progettista nel caso in cui il progetto realizzato, pur essendo tecnicamente fattibile, non sia conforme alle norme urbanistiche di PRG ed il Comune non lo abbia concessionato.14

In questo caso è stata tuttavia esclusa la responsabilità del progettista nel caso in cui l'interpretazione delle norme di PRG sia risultata di particolare difficoltà anche se si è altresì ritenuto 14 Cass. Civ. 13.7.1998 n. 6812 in Foro italiano 1999, I, 205. Sul punto si veda anche Cass. Civ. 16.2.1996 n. 1208, in Sett. Giur. 1996, II, p. 665 secondo la quale, nella fattispecie in cui il contratto d’opera intellettuale concerna la redazione di un progetto edilizio destinato all’esecuzione, fra gli obblighi del professionista rientra anche quello di redigere un progetto conforme alle norme giuridiche che disciplinano le modalità di costruzione su un determinato territorio. Tale obbligo nasce dall’esigenza di non compromettere il conseguimento del provvedimento amministrativo che abilita all’esecuzione dell’opera, essendo questa qualità del progetto una delle connotazioni essenziali di un tale contratto di opera professionale.Per questo, gli errori di progettazione concernenti il mancato adeguamento dell’edificio alla normativa vigente, compromettendo il rilascio della concessione edilizia, non possono che costituire inadempimento caratterizzato da colpa grave.

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che il professionista sia responsabile qualora non abbia informato il proprio cliente di non possedere le conoscenze giuridiche del caso e della necessità dell'intervento di un esperto giurista.15

Particolare rilevanza assume il tema della responsabilità nella progettazione di opere pubbliche. Allo scopo di arginare il fenomeno delle varianti in corso d’opera, il Codice dei contratti (Decreto legislativo 12.4.20006 n. 163) stabilisce all’art. 132 2° comma che: "i titolari di incarichi di progettazione sono responsabili per i danni subiti dalle stazioni appaltanti in conseguenza di errori od omissioni della progettazione di cui al comma 1 lettera e). Nel caso di appalti aventi ad oggetto la progettazione esecutiva e l’esecuzione di lavori, l’appaltatore risponde dei ritardi e degli oneri conseguenti alla necessità di introdurre varianti in corso d’opera a causa di carenze del progetto esecutivo.”L'errore o l'omissione16, sono esemplificativamente indicati al 6° comma nei casi di:- inadeguata valutazione dello stato di fatto;- mancata ed erronea identificazione della normativa tecnica vincolante per la progettazione;

15 Si parla in questo caso di “colpa per assunzione” Cass. Penale 6.12.1990 in Foro italiano 1992, II, 36.16 La distinzione tra errore o omissione, che sembra ricalcare quella fra inadempimento parziale e inesatto adempimento, si configura più esattamente all’art. 25 comma 5bis introdotto dalla legge Merloni ter (L. 18.11.1998 n. 415)

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- mancato rispetto dei requisiti funzionali ed economici prestabiliti e risultanti da prova scritta; - violazione delle norme di diligenza nella predisposizione degli elaborati progettuali.In tali casi il progettista sarà tenuto a risarcire il danno costituito dai costi di riprogettazione ed i maggiori oneri per l'esecuzione delle varianti.Proprio per far fronte ai conseguenti inevitabili danni economici ed alle negative ripercussioni sui lavori, la legge17 ha imposto al progettista forme di assicurazione obbligatoria che, per quel che riguarda i progettisti dipendenti pubblici, sono a carico delle amministrazione aggiudicatrici.18

Le ipotesi sopra evidenziate riguardano ipotesi di responsabilità civile “contrattuale” conseguenti cioè all’inadempimento da parte del professionista, del contratto d’opera stipulato con il committente.Occorre rammentare però che la responsabilità del professionista tecnico può essere anche extracontrattuale . In questo caso la discplina di riferimento è contenuta nell’art. 2043 del codice civile, secondo il quale "qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.

17 Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture D.Lgs 12.4.2006 n. 16318 Nel caso di affidamento della progettazione a soggetti esterni, la stipulazione della polizza è a carico dei soggetti stessi.

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In base a tale norma il progettista può essere chiamato a rispondere dei danni provocati a terzi cioè a persone diverse dal committente.Un’ipotesi di responsabilità extracontrattuale è prevista dall'art. 1669 c.c. (Rovina e difetti di cose immobili) il quale stabilisce che:"Quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata se, nel corso di dieci anni dal compimento l'opera per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l'appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purchè sia fatta la denuncia entro un anno dalla scoperta.Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denuncia.”Tale norma configura un’ipotesi di responsabilità extracontrattuale in quanto tutela l'esigenza di ordine pubblico alla conservazione e funzionalità degli edifici destinati, per loro natura, a lunga durata. La norma benchè faccia riferimento all'appaltatore è stata ritenuta applicabile anche al progettista quando il danno prodotto sia da ricondurre ad una errata progettazione.

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Con riferimento alla figura professionale del direttore dei lavori, esso può essere considerato responsabile per negligenza, per mancanza o inadeguatezza della sorveglianza o del controllo, da cui sia derivato ritardo nell’ultimazione ovvero irregolarità o difetti nell’esecuzione dell’opera: a meno che si tratti di irregolarità che, pur spiegando la perizia e la diligenza dovute, egli non avrebbe potuto rilevare. La responsabilità può anche trarre origine dall’erroneità dei criteri tecnici ai quali abbia ispirato la propria opera e dall’erroneità delle istruzioni impartite all’appaltatore.Una responsabilità del direttore dei lavori può sorgere anche per i difetti del progetto che si rendessero palesi durante l’esecuzione o per le inesattezze che il progetto stesso rivelasse in relazione all’effettivo stato dei luoghi ovvero a circostanza o condizioni sopraggiunte o mutate. Deve trattarsi, ovviamente, di difetti che avrebbero dovuto rendersi palesi a lui, persona esperta dell’arte.Non esiste comunque una responsabilità diretta del direttore dei lavori nei confronti dell’appaltatore: di ogni fatto compiuto dal direttore dei lavori che determini conseguenze dannose nei confronti dell’appaltatore, risponde sempre l’amministrazione committente che lo ha nominato, salvo azione di

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regresso di questa nei confronti del direttore dei lavori.

2) Responsabilità penaleL’attività svolta dal professionista tecnico, che assuma l’incarico di progettista o di direttore dei lavori, può comportare anche una responsabilità penale. Si parla di responsabilità penale quando il comportamento del professionista configura un’ipotesi di reato e la conseguenza di quel comportamento è l’assoggettamento ad una pena.Conseguenze penali possono ravvisarsi nelle ipotesi di cedimenti delle strutture, inosservanza degli obblighi connessi alla progettazione, alla costruzione ed all’utilizzazione di opere in cemento armato o in struttura metallica, ma anche dal mancato rispetto di norme urbanistiche edilizie e di difesa dell’ambiente, da mancata applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e da mancato rispetto della legislazione contro la criminalità organizzata, in termini di omessa vigilanza. Il professionista poi può essere ritenuto responsabile di false attestazioni rese nell’esercizio della propria attività.Più esattamente il reato contestabile è quello di “falsità ideologica” in quanto nella redazione del

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progetto il progettista esercita un servizio di pubblica necessità.L'art. 359 del codice penale intitolato “Persone esercenti un servizio di pubblica necessità”, stabilisce che "Agli effetti della legge penale sono persone che esercitano un servizio di pubblica necessità: 1) i privati che esercitano professioni forensi o sanitarie, o altre professioni il cui esercizio sia per legge vietato senza una speciale abilitazione dello Stato quando dell'opera di essi il pubblico sia per legge obbligato a valersi (..)L'art. 481 cp intitolato “Falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità” punisce con la reclusione fino ad un anno o una multa da lire centomila a un milione "chiunque nell'esercizio di una professione sanitaria, forense o di un altro servizio di pubblica necessità, attesta falsamente in un certificato, fatti dei quali è destinato a provare la verità.Tali pene si applicano congiuntamente se il fatto è commesso a scopo di lucro".Si tratta di un reato inserito tra i reati contro la fede pubblica i quali tutelano la fiducia della comunità sociale verso determinati oggetti (monete, carte di credito, bolli ecc..) simboli (sigilli, strumenti e segni di autenticazione) o dichiarazioni (per l'appunto i documenti).

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Essendo un delitto, il colpevole è perseguibile solo ove abbia commesso il fatto con dolo, con conseguente non punibilità delle fattispecie meramente colpose.Nelle ipotesi in cui le false attestazioni poste in essere dal professionista sono contenute in atti pubblici, il reato ipotizzabile è quello di “Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (art. 479 c.p.).19

Anche il Direttore dei lavori può rendersi responsabile di false attestazioni nella compilazione dei Libretti delle misure, del Registro di contabilità e degli Stati di avanzamento.In questi casi il reato ipotizzabile è quello di “Falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici” poiché i suddetti documenti hanno natura giuridica di atto pubblico in quanto compilati da un pubblico ufficiale allo scopo di documentare lo sviluppo dell’opera nel tempo e la prova dei fatti da cui discendono obblighi per l’Amministrazione nei confronti dell’appaltatore. Sussistono infine altre ipotesi di reato previste dal Codice penale fra i delitti contro l'incolumità pubblica:19 Così Cass. penale 9.4.2002 n. 13544 in cui si è ritenuto colpevole del reato di “Falso in atto pubblico e di “Truffa” un professionista che, incaricato da un Comune di progettare una discarica, aveva falsamente rappresentato un fosso drenante facendo ottenere vantaggi per l’impresa esecutrice. In questo caso specifico il professionista era stato incaricato di compiere atti progettuali destinati ad essere inseriti nel complesso procedimento che avrebbe condotto alla realizzazione di un’opera pubblica. Proprio per questa circostanza la Cassazione è stata più severa qualificando il progettista non un esercente un servizio di pubblica necessità, bensì un pubblico ufficiale ipotizzando così una fattispecie di reato più grave e per questo punita più severamente.

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art. 434 c.p. (Crollo di costruzioni o altri disastri dolosi) “Chiunque fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti, commette un fatto diretto a cagionare il crollo di una costruzione o di una parte di esso ovvero un altro disastro è punito se dal fatto deriva pericolo per la pubblica incolumità, con la reclusione da uno a cinque anni. La pena è della reclusione da tre a dodici anni se il crollo o il disastro avviene.art. 449 c.p. (Delitti colposi di danno) Chiunque cagiona per colpa un incendio o un altro disastro preveduto dal capo primo di questo titolo, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.art. 676 c.p. (Rovina di edifici o di altre costruzioni) Chiunque ha avuto parte nel progetto o nei lavori concernenti un edificio o un'altra costruzione che poi per sua colpa rovini, è punito con l'ammenda non inferiore a L. 200.000.Se dal fatto è derivato pericolo alle persone, la pena è dell'arresto fino a sei mesi ovvero dell'ammenda non inferiore a L. 600.000.”Quest'ultima fattispecie costituisce un'ipotesi di “reato proprio” del direttore dei lavori o del progettista.

3) Responsabilità amministrativaLa responsabilità amministrativa si differisce dalla responsabilità civile solo per la particolare qualificazione del soggetto autore del danno.

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Si parla infatti di responsabilità amministrativa quando il danno è cagionato da un dipendente della Pubblica amministrazione.Alla pari della precedente normativa, relativamente al contratto d’appalto di lavori pubblici, il Codice dei contratti di cui al D.Lgs 163/2006 prevede (art. 90), che il progetto venga redatto con priorità dagli uffici tecnici delle amministrazioni e degli enti aggiudicatari.Solo eccezionalmente e nell’eventualità di carenza dell’organico della pubblica amministrazione o di difficoltà di rispetto dei tempi della programmazione dei lavori o in caso di particolare complessità del progetto, è consentito di affidare l’incarico di progettazione a liberi professionisti, singoli o associati, o a società di ingegneria.20

Nei casi in cui il progetto sia redatto da un tecnico dipendente dell’amministrazione appaltante, la norma in tema di responsabilità civile è l'art. 28 della Costituzione italiana il quale stabilisce che:"I funzionari, i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili secondo le leggi penali, civili, amministrative degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato ed agli enti pubblici".Secondo l'oramai consolidato indirizzo, sia dottrinale che giurisprudenziale, la norma è da intendere nel 20 In generale sul progetto nell’appalto pubblico si veda Mazzone Loria Manuale di diritto dei lavori pubblici Roma 2000; Aa. V.v L’appalto pubblico e privato G. Musolino Torino 2002; Bernardini Commento alla legge 11.2.1994 n. 109 in Corr. Giuridico 1994 .

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senso che, accanto alla responsabilità diretta della Pubblica Amministrazione (Stato, Regione, Comune od altro ente pubblico atc..) sussiste una responsabilità personale, anch'essa diretta del funzionario o del dipendente. Colui che subisce un danno derivante da una attività di un pubblico dipendente può agire in giudizio sia nei confronti della Pubblica Amministrazione, sia nei confronti del dipendente, oppure alternativamente verso l'uno o l'altro responsabile. Un dato è certo: il rapporto intercorrente fra le due responsabilità non può mai dar luogo al cumulo del risarcimento del danno, ottenuto quest'ultimo da uno dei responsabili, cade ipso jure, la pretesa ad ottenerlo una seconda volta.21

In alcuni casi l'azione per il risarcimento del danno può rivolgersi solo contro la P.A. e non contro il dipendente.Infatti, in attuazione dell'art. 28 della Costituzione, il T.U. degli impiegati civili dello Stato (d.P.R. 10.1.1957 n. 3) agli artt. 22 e 23 precisa che l'impiegato è responsabile verso i terzi solo in caso di dolo o colpa grave (intesa quest'ultima come negligenza, imperizia, imprudenza, inosservanza di norme e regolamenti).

21 Salva ovviamente l’azione di regresso di chi abbia pagato, nei confronti del responsabile Aldo Sandulli, Manuale di diritto Amministrativo, vol II, pag. 1130 Napoli 1984 il quale ritiene che il rapporto tra la responsabilità della P.A. rispetto a quella dei propri funzionari sia in relazione di solidarietà e concorrenza alternativa.

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Il presupposto della colpa grave e del dolo non è richiesto invece per la Pubblica amministrazione.Di conseguenza, mentre il danneggiato può essere ristorato del danno subito dalla P.A. anche in presenza di sola colpa lieve, l’Amministrazione può rivalersi nei confronti del dipendente, solo se questi sia incorso (almeno) in colpa grave.La pubblica amministrazione che ha risarcito un danno provocato da un comportamento doloso o gravemente colposo commesso da un suo dipendente, deve promuovere un giudizio di responsabilità per “danno erariale” davanti alla Corte dei Conti ciò al fine di ottenere dal funzionario o amministratore, la ripetizione di quanto “ingiustamente” corrisposto al terzo danneggiato.

16 ottobre 2007

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