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PROGETTO ALIMENTAZIONE ED INTEGRAZIONE IN GRAVIDANZA ED ALLATTAMENTO

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P R O G E T T O

ALIMENTAZIONE ED INTEGRAZIONE IN GRAVIDANZA ED ALLATTAMENTO 

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SOMMARIO Gravidanza 3 Alimentazione in gravidanza 3 Peso e stato nutrizionale della donna al momento del concepimento 5 Guadagno di peso in gravidanza e fabbisogno energetico 6 Peso del neonato 7 Dieta sana ed equilibrata 7 Raccomandazioni particolari 8

Caffeina 8 Alcol 9 Allergeni 9

Gruppi di donne a rischio di carenze nutrizionali 10 Nutrienti cui porre particolare attenzione 10

Calcio 10 Ferro 11 Iodio 12 Fluoro 13 Zinco e rame 13 Magnesio 13 Acido folico 14 Vitamina C 15 Vitamina B1 e vitamina B2 16 Vitamina B12 17 Vitamina A 17

Acidi grassi essenziali 19 Criteri di scelta e Parametri per la creazione delle Indicazioni INTESA 21 Bibliografia 23

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GRAVIDANZA La gravidanza è uno stato fisiologico particolare durante il quale il corpo della donna subisce profonde modificazioni che lo rendono adatto a contenere, nutrire e permettere la crescita e lo sviluppo di un nuovo organismo. Pertanto, durante la gravidanza, nella donna si verificano numerosi cambiamenti che riguardano l’assetto ponderale e gli apparati genitale, cardiovascolare, urinario, digerente e scheletrico. Per quanto riguarda il sangue, aumentano sia il volume plasmatico che la massa eritrocitaria. Questi cambiamenti permettono una più elevata capacità di trasporto dell’ossigeno per rispondere sia all’accresciuta richiesta durante lo sviluppo del feto, sia alle maggiori dimensioni degli organi riproduttivi materni. Altre modifiche riguardano le secrezioni ormonali. La placenta, per esempio, produce la somatomammotropina che probabilmente favorisce l’utilizzo di lipidi a fini energetici e permette di risparmiare glucosio e amminoacidi utilizzabili per il feto. Nel corso della gravidanza diminuisce il catabolismo degli amminoacidi, come meccanismo di risparmio delle proteine che vengono accumulate per rispondere al fabbisogno del feto, elevato soprattutto nell’ultimo periodo di sviluppo. Sono molto importanti anche i meccanismi omeostatici adattativi che si instaurano indipendentemente dallo stato nutrizionale della madre, per far fronte alla maggior domanda di nutrienti. Aumenta infatti la capacità di assorbimento di ferro e calcio ed anche di rame e zinco, mentre diminuisce l’escrezione renale di riboflavina e taurina. Verso la fine della gravidanza, aumenta la secrezione di aldosterone che determina un maggior riassorbimento di sodio con aumento di ritenzione idrica. ALIMENTAZIONE IN GRAVIDANZA

Le linee guida per una sana alimentazione raccomandano ad ogni individuo di alimentarsi con una dieta sana e variata in ogni momento della vita (1-4). Tale raccomandazione risulta particolarmente importante per le donne fin da quando intendono intraprendere una gravidanza e poi per tutto il periodo gestazionale che comprende non solo il periodo di sviluppo del feto ma anche il periodo di lattazione e quello successivo di recupero della madre. Il mancato rispetto di tali raccomandazioni può avere gravi conseguenze sul buon esito della gravidanza e sulla salute sia del feto che della madre. La dieta della madre deve fornire energia e nutrienti in quantità tali da rispondere contemporaneamente alle esigenze dell’organismo materno e del feto durante la gravidanza e dell’organismo materno e del neonato dopo il parto, durante il periodo di lattazione (5).

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Tuttavia le raccomandazioni dietetiche per le gestanti e le nutrici normopeso, in buono stato nutrizionale, sono in genere molto simili a quelle delle normali donne adulte con poche, benché importanti, eccezioni. In tabella sono riportati i livelli di assunzione raccomandati (LARN) per le donne in età fertile, per le gestanti e per le nutrici, elaborati a cura della Società Italiana di Nutrizione Umana. Importanti sono anche le RDA (Raccomanded Daily Allowance) cui fa riferimento la Comunità Europea.

Livelli di Assunzione Giornalieri Raccomandati di Nutrienti per la Popolazione Italiana (L.A.R.N.), Società Italiana di Nutrizione Umana, revisione 1996.

Categoria Proteine (Kg)

Acidi grassi essenziali (g)

Calcio (mg)

Fosforo (mg)(1)

Potassio (mg)

Ferro (mg)

Zinco (mg)

Rame (mg)

Selenio (μg)

Iodio (μg)(2)

ϖ 6 ϖ 3 Donne in età fertile 53 4,5 1 800 800 3100 18 7 1,2 55 150

Gestanti 59 5* 1 1200 1200 3100 30(3)* 7 1,2 55 150

Nutrici 70 5,5 1 1200 1200 3100 18 12 1,5 70 180

(1) Il livello di assunzione raccomandato di fosforo è uguale in grammi a quello del calcio, il che corrisponde ad un rapporto molare fosforo/calcio 1/1,3.

(2) Poiché la dieta è spesso carente di iodio, per la copertura dei fabbisogni si consiglia l’uso di sale iodato. (3) L’apporto di ferro in gravidanza che corrisponde alla minore morbosità e mortalità fetale e neonatale è tale da

non poter essere facilmente coperto con un’alimentazione equilibrata per cui si consiglia una supplementazione. * Per coprire tali fabbisogni potrà talvolta essere conveniente consumare alimenti fortificati o completare

l’apporto dietetico con una supplementazione.

Livelli di Assunzione Giornalieri Raccomandati di Nutrienti per la Popolazione Italiana (L.A.R.N.), Società Italiana di Nutrizione Umana, revisione 1996.

Categoria Tiamina (mg)

Riboflavina (mg)

Niacina (N.E.)(1) (mg)

Vit. B6 (mg)(2)

Vit. B12

(μg) Vit. C (mg)

Folati (μg)

Vit. A (R.E.) (μg)(3)

Vit. D (μg)(4)

Donne in età fertile 0,9 1,3 14 1,1 2 60 200 600 0-15

Gestanti 1 1,4 14 1,1 2,2 70 400(5)* 700(6) 10* Nutrici 1,1 1,6 16 1,3 2,6 90 350 950 10*

(1) La niacina è espressa come niacina equivalenti in quanto comprende anche la niacina di origine endogena sintetizzata a partire dal triptofano (1 mg di niacina deriva da circa 60 mg di triptofano).

(2) Il fabbisogno di Vit. B6 è stato calcolato sulla base di 15 μg/g di apporto proteico e considerando che circa 15% dell’apporto energetico è costituito da proteine sia nel bambino che nell’adulto.

(3) La Vit. A è espressa in μg di retinolo equivalenti (R.E. = 1 μg di retinolo = 6 μg di betacarotene = 12 μg di altri carotenoidi attivi).

(4) Per la Vit. D, gli intervalli comprendenti lo zero indicano che il gruppo di popolazione considerato dovrebbe essere in grado di produrre un’adeguata quantità di Vit. D in seguito all’esposizione alla luce solare. Il valore più elevato dell’intervallo è la stima dell’apporto raccomandato per gli individui con sintesi endogena minima. Il valore singolo indica che è prudente, per tutti i soggetti della classe considerata, assumere (con la dieta o mediante supplementazione) la quantità indicata di Vit. D. * Per coprire tali fabbisogni potrà talvolta essere conveniente consumare alimenti fortificati o completare

l’apporto dietetico con una supplementazione.

In pratica, a una donna che si trova in buono stato di salute e in buono stato nutrizionale, si consiglia semplicemente di aumentare la quantità di alimenti che consuma normalmente, al fine di soddisfare l’aumentato fabbisogno di energia e di alcuni nutrienti con la particolare

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raccomandazione di consumare alimenti sani, ricchi di folati e di ferro. Per quanto riguarda i folati, si esorta ad aumentare la loro assunzione già da prima del concepimento. La particolare attenzione alla salubrità degli alimenti è necessaria per minimizzare il rischio di assumere contaminanti microbiologici e chimici. Tuttavia, poiché ogni individuo presenta una storia particolare, le raccomandazioni vanno personalizzate a seconda delle caratteristiche peculiari di ogni donna che intende procreare. L’incremento calorico della dieta durante il periodo gestazionale, è variabile dipendendo da diversi fattori tra cui, molto importanti, l’indice di massa corporea (BMI, Body Mass Index) della madre, correlato peraltro al suo stato nutrizionale al momento del concepimento e l’aumento di peso che subirà durante la gravidanza. Importanti sono anche le abitudini, lo stile di vita e le caratteristiche genetiche. PESO E STATO NUTRIZIONALE DELLA DONNA AL MOMENTO DEL CONCEPIMENTO

E’ importante sottolineare il fatto che lo stato ponderale della donna incide sulla sua fertilità che risulta influenzata, più che dal peso totale, dalla percentuale di grasso corporeo che in media risulta vicina al 28%. E’ noto che sia in carenza (meno del 22%) che in eccesso di lipidi non avviene l’ovulazione e scompaiono le mestruazioni. Il ritorno al normopeso ripristina la fertilità sulla quale sembra influire anche la localizzazione del grasso. Il grasso addominale pare avere un’influenza più negativa del grasso periferico, probabilmente perché è associato con l’insulino-resistenza e i suoi effetti sull’assetto ormonale portano ad una riduzione della vitalità dell’ovulo. In ogni caso, avvenuto il concepimento, il peso e lo stato nutrizionale della madre incidono sulla possibilità di crescita e sviluppo del feto e quindi sulla sua salute. Nell’embrione la divisione cellulare è molto rapida e la gran parte degli organi è già formata 3-7 settimane dopo l’ultima mestruazione. Risulta quindi evidente che, se la madre presenta carenze nutrizionali al momento del concepimento, quando la gravidanza spesso non è ancora riconosciuta, possono verificarsi anomalie nello sviluppo dell’embrione che determinano conseguenze permanenti. L’esempio più noto al riguardo è forse costituito dall’acido folico la cui carenza nel periodo peri-concezionale porta a malformazioni permanenti del tubo neurale. Per spiegare le gravi conseguenze sulla salute dell’individuo adulto in caso di uno stato nutrizionale materno non adeguato al momento del concepimento, è stata sviluppata la “Fetal Origins Hypotesis” secondo la quale malattie croniche che si manifestano nell’età adulta possono essere una conseguenza del “fetal programming”. In pratica, uno stimolo o un insulto in un periodo critico dello sviluppo dell’embrione ha un effetto permanente su strutture, fisiologia e funzioni di tessuti ed organi perché può determinare modificazioni strutturali e variazioni metaboliche permanenti che rendono l’organismo più predisposto alle malattie croniche nell’età adulta. Tuttavia, è da tener presente che allo stato attuale delle conoscenze non si può escludere la validità di una spiegazione alternativa secondo la quale malattie cardiovascolari e altre malattie

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croniche, che si manifestano nell’età adulta in individui che hanno sofferto di ridotta crescita fetale, potrebbero presentare una stessa base genetica. Per quanto sopra in alcuni Paesi sono state formulate raccomandazioni anche per le donne che intendono intraprendere una gravidanza. Tali consigli riguardano soprattutto lo stile di vita e la dieta. Per quanto riguarda l’alimentazione, le raccomandazioni sono molto simili a quelle dirette alle donne in gravidanza: seguire una dieta sana ed equilibrata affinché, al momento del concepimento, il loro stato nutrizionale sia ottimale. La diffusione di queste raccomandazioni risulta particolarmente importante poiché, secondo indagini condotte di recente un numero elevato di donne in età fertile, anche nei Paesi più sviluppati, assume numerosi nutrienti in quantità inferiore rispetto ai LARN e alle RDA (6).

Nutriente 19-24 anni (%)

25-34 anni (%)

35-49 anni (%)

Ferro totale 40 40 25 Calcio 8 6 6 Magnesio 22 20 10 Potassio 30 30 16 Zinco 5 5 3 Ioduro 12 5 4 Vitamina A 15 10 6 Riboflavina (B2) 13 10 5 Vitamina B6 5 1 2 Folato 3 2 1

Per quanto riguarda il peso, bassi indici di massa corporea (BMI), sia prima che durante la gravidanza, aumentano il rischio di neonati sottopeso associato ad un aumento di malattie e mortalità nell’infanzia e a un maggior rischio di sviluppare malattie croniche nell’età adulta. Diversamente, sovrappeso e obesità sono associati a diabete gestazionale, ipertensione, preeclampsia per la gestante e difetti congeniti per il bambino. L’obesità, in particolare, è legata a un maggior rischio di parti anormali ed emergenze di parto cesareo. Risulta inoltre che i nati pretermine di madri obese hanno minor possibilità di sopravvivenza. Il problema del sovrappeso in alcuni paesi occidentali riguarda oltre il 40% delle donne in età fertile e pertanto costituisce la causa più comune delle complicanze che si presentano in gravidanza. GUADAGNO DI PESO IN GRAVIDANZA E FABBISOGNO ENERGETICO

Un guadagno di peso adeguato riduce il rischio di complicanze sia per quanto riguarda l’esito positivo della gravidanza che per il mantenimento di un buono stato di salute della madre. Una eccessiva crescita di peso, che determina elevato BMI da parte della gravida, provoca infatti un aumentato rischio di permanere in uno stato di sovrappeso e di obesità dopo il parto. Diversamente uno scarso aumento di peso è associato ad un incremento del rischio di partorire neonati sottopeso che presentano una più elevata incidenza di malattie perinatali e poi, nella vita adulta, un maggiore rischio di sovrappeso, insulino-resistenza e disturbi metabolici associati.

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Pertanto, come già anticipato, l’incremento di energia e di nutrienti richiesto per soddisfare le esigenze dello stato fisiologico particolare della gravidanza sono differenti a seconda della situazione ponderale e nutrizionale della madre. Esso sarà più elevato per le gravide sottopeso mentre dovrà essere più scarso per quelle sovrappeso. In ogni caso, l’aumentato fabbisogno calorico varia nell’arco del periodo della gravidanza. Per quanto riguarda la gravida normopeso, si considera in genere che l’incremento richiesto vari da 70 a 400 kcal/die dall’inizio alla fine della gravidanza (media 300-400 kcal/die nel 2°-3° trimestre). Tuttavia nel Regno Unito la raccomandazione è di assumere un extra di 200 kcal/die solo nel 3° trimestre, specificando che questo valore è stato stabilito dal momento che si assiste ad una sensibile riduzione di attività fisica durante la gravidanza e che esso può variare sensibilmente dipendentemente dal metabolismo, dal grasso di deposito e dal livello di attività fisica di ogni donna. L’optimum di incremento totale di peso viene mediamente indicato intorno a 12 Kg (compreso nell’intervallo 11,5-16 Kg), per donne con normali valori di BMI (19,8 -25 Kg/m2). In questo caso l’aumento parziale dovrebbe essere: 1Kg nel primo trimestre, 4 Kg a 20 settimane, 8 Kg a 30 settimane, per raggiungere 12 Kg alla fine della gravidanza. Per le gravide con BMI elevati l’incremento si può ridurre a 6-7 Kg, mentre può arrivare a 18 Kg per le donne sottopeso. Anche nel caso di gravidanze gemellari l’aumento di peso deve essere maggiore in particolare nei primi mesi di gestazione. PESO DEL NEONATO

Un valore di peso del neonato, compreso tra 3,1-3,6 Kg, è associato con risultati ottimali sia per il bambino (minori nascite pretermine) che per la madre (minori casi di preeclampsia). Come già ricordato, la nascita sottopeso è collegata ad un aumento di malattia e di mortalità del neonato e poi, nell’età adulta, con un accresciuto rischio di malattie cardiovascolari, ipertensione, diabete tipo 2 e insulino-resistenza. DIETA SANA ED EQUILIBRATA

Una dieta equilibrata per la gravidanza deve essere abbondante di zuccheri complessi (amido contenuto in pane, pasta, riso e patate), che devono fornire circa il 50% delle calorie, e di frutta e verdura. Deve essere moderata in prodotti caseari e in alimenti quali carni magre, pesce, uova, legumi ricchi di proteine che devono fornire circa il 20% delle calorie e limitata in alimenti ricchi di zuccheri semplici e lipidi che non dovrebbero fornire più del 30% delle calorie totali. Abbiamo già detto che la donna gravida deve porre particolare attenzione all’igiene degli alimenti per ridurre il rischio di esposizione ai microorganismi patogeni.

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Agenti di particolare pericolo sono microrganismi quali Listeria, la cui tossinfezione può determinare aborto, gravi malattie e anche morte nel nascituro, Salmonella, causa di aborto e parto prematuro, Toxoplasma che può provocare, benché raramente, gravi anomalie nel feto ed inoltre Campylobacter, responsabile di aborto, parto prematuro e anche morte. Pertanto alimenti quali carni e uova devono essere assunti ben cotti; il latte deve essere pastorizzato e per quanto riguarda i latticini, non presentano rischi quelli preparati con latte pastorizzato. Frutta e verdura devono sempre essere ben lavate. RACCOMANDAZIONI PARTICOLARI

Come la popolazione in generale, la gravida dovrebbe consumare almeno due porzioni di pesce ogni settimana, di cui, almeno una, costituita da pesci ricchi di grasso. In alcuni Paesi, si consiglia invece di non consumare in gravidanza più di due porzioni di pesce ricco di grasso per ridurre i rischi di esposizione a contaminanti liposolubili, quali diossina e bifenili policlorurati, di evitare comunque i pesci predatori (es. pesce spada) e di limitare l’assunzione di tonno per il rischio di esposizione al metilmercurio (Scientific Advisory Committe on Nutrition - U.K.). In alcuni Paesi (es. Regno Unito) si raccomanda di evitare anche alimenti troppo ricchi in retinolo (fegato, alimenti a base di fegato e olio di fegato di pesci) per i provati effetti teratogeni di dosi troppo alte di vitamina A. Particolari raccomandazioni riguardano anche caffeina, alcol e allergeni (2). Caffeina E’ stata dimostrata una associazione tra forte consumo di caffeina e maggior difficoltà di concepire, aumentato rischio di aborti spontanei e neonati sottopeso. Il collegamento tra consumo di caffè e i problemi su indicati è stato considerato evidente per un consumo di caffeina intorno a 300mg/die, tuttavia lavori più recenti riportano un valore più basso, intorno a 100 mg/die (7). E’ da considerare che nel caffè potrebbero essere presenti anche altre sostanze che, come la caffeina, potrebbero costituire fattori di rischio per gli eventi negativi associati col consumo di caffè. Ancora bisogna tener presente che, oltre a caffè e the, numerosi altri alimenti, riportati in tabella, e anche alcuni medicinali contengono caffeina.

Bevanda o alimento Quantità Contenuto medio di caffeina

Caffè istantaneo 190 ml 75,0 mg

Caffè bevanda 190 ml 100,0 mg-115,0 mg

Caffè decaffeinato 190 ml 4,0 mg

The 190 ml 50,0 mg

Cioccolata bevanda 200 ml 1,1 mg-8,2 mg

Bevande energetiche 250 ml 28,0 mg-87,0 mg

Coca cola 330 ml 11,0 mg-70,0 mg

Cioccolato 50 g 5,5 mg-35,5 mg

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Alcol L’alcol dovrebbe essere limitato nella dieta delle donne che programmano una gravidanza, poiché se assunto in elevata quantità influisce sulla capacità di concepire e sulla validità del concepimento ed inoltre potrebbe provocare danni all’embrione ancor prima del riconoscimento della gravidanza. Si è visto che l’assunzione da parte della gravida di più di 80g/die (10 unità) di etanolo rende elevato il rischio di sindrome da alcol del feto che si manifesta con lunghezza e peso ridotti, testa di piccole dimensioni e caratteristico aspetto facciale. Si possono verificare anche anomalie congenite e ritardo mentale. Gli effetti dell’alcol possono risultare più gravi in caso di carenze nutrizionali, frequenti negli alcolisti, che riguardano soprattutto le vitamine del gruppo B, in genere carenti per scarsa assunzione con la dieta. Per quanto riguarda in particolare l’acido folico, il problema può essere aggravato da ridotta capacità di assorbimento e utilizzazione. Chi abusa di alcol presenta inoltre una ridotta concentrazione serica di vitamine antiossidanti (vit. A, C, D, E). Non è ancora stato possibile definire il limite di sicurezza nel consumo di alcol per la gravida. In USA, Canada ed Australia attualmente si raccomanda alle donne di non consumare alcol già da quando decidono di intraprendere una gravidanza, mentre il Dipartimento della Salute del Regno Unito consiglia di non bere più di 125 ml di vino una o due volte la settimana (1,2 unità di alcol, 10 g di etanolo). Allergeni E’ noto che bambini i cui genitori sono soggetti a manifestazioni allergiche hanno maggiori probabilità di sviluppare allergie. Alcuni studiosi ritengono che la sensibilizzazione alle proteine xenobiotiche possa avvenire durante lo sviluppo fetale se gli allergeni superano la placenta o durante l’allattamento se passano nel latte. Tuttavia non è ancora certo che l’esposizione prenatale porti allo sviluppo di allergie nel bambino, anzi, altri studiosi ritengono che l’esposizione prenatale possa al contrario aiutare il bambino a sviluppare tolleranza verso proteine estranee. In ogni caso, quando c’è una forte familiarità riguardo a malattie atopiche, si consiglia alle madri di evitare alimenti allergizzanti sia in gravidanza che durante l’allattamento e di non inserire questi cibi nella dieta del bambino fino a tre anni. L’alimento maggiormente incriminato come allergene è costituito dalle arachidi che in Italia non sono comuni componenti della dieta. Più frequenti sono pesche, fragole, uva, crostacei ecc. In ogni caso l’esclusione di qualsiasi alimento dalla dieta dovrebbe essere deciso in accordo e sotto il controllo medico.

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GRUPPI DI DONNE A RISCHIO DI CARENZE NUTRIZIONALI IN GRAVIDANZA

In gravidanza sono considerate a rischio le donne

• adolescenti

• che presentano disturbi alimentari • che hanno particolari abitudini alimentari (vegetariane o vegane) • che hanno particolari abitudini di vita (fumatrici o alcoliste) • che conducono una gravidanza gemellare • che hanno gravidanze ravvicinate.

Attualmente sono sempre più numerose le donne che seguono una dieta vegetariana più o meno stretta, quelle che presentano problemi alimentari e le adolescenti che vengono a trovarsi in stato di gravidanza. I primi due gruppi presentano specifiche necessità nutrizionali per la particolare dieta che seguono, diversamente le adolescenti hanno esigenze diverse non solo perché tendono a seguire diete povere di alcuni nutrienti ma anche e soprattutto per motivi intrinseci. L’organismo delle adolescenti, infatti, ancora in crescita, abbisogna di determinati nutrienti necessari anche per lo sviluppo del feto. Pertanto, quando una adolescente affronta una gravidanza, il suo organismo, nel quale le riserve di nutrienti non sono in genere adeguate, viene a trovarsi in competizione con l’organismo del feto. La gravidanza di un’adolescente risulta pertanto a più alto rischio di complicanze per il feto, anche per la minor capacità di flusso dei nutrienti attraverso la placenta, che in genere non risulta ben sviluppata, e per la madre il cui organismo potrebbe non riuscire a portare a termine il processo di crescita e consolidamento perché, in natura, viene solitamente data priorità al feto. NUTRIENTI CUI PORRE PARTICOLARE ATTENZIONE

Calcio Il LARN di calcio per le donne in età fertile è 800 mg/die, per le gestanti e nutrici è di 1200 mg/die. L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) si è recentemente espressa circa i livelli massimi di minerali e vitamine da assumere in funzione dell’età e delle differenti condizioni fisiologiche dell’organismo. Per quanto riguarda il calcio, il limite massimo di assunzione in gravidanza ed allattamento, senza provocare effetti avversi per la salute della madre e del bambino, è indicato pari a 2500 mg/die. Nei neonati a termine il calcio corporeo corrisponde a circa 20-30 g, accumulati per la maggior parte durante il terzo trimestre. Nel periodo post-partum il lattante assume circa 210 mg/die di calcio. Per soddisfare le richieste del feto e del neonato, l’organismo della madre, anche quando non si presentano carenze nutrizionali, attiva meccanismi quali la mobilitazione del calcio delle ossa (che ne comporta la demineralizzazione), un più efficiente assorbimento intestinale del catione e una diminuizione dell’escrezione renale. Questi meccanismi risultano particolarmente attivi nell’ultimo periodo della gravidanza quando la domanda di calcio è più elevata. Per questo le donne che hanno un giusto

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apporto di calcio con la dieta, non necessitano di una maggiore assunzione durante il periodo gestazionale. Tuttavia è buona norma controllare lo stato del calcio poiché indagini epidemiologiche indicano che una importante percentuale di donne in età fertile consumano quantità di calcio inferiori rispetto a quelle raccomandate. Un caso particolare è rappresentato dalle adolescenti per le quali è necessario aumentare l’assunzione di calcio in quanto la demineralizzazione ossea può indurre gravi effetti sullo scheletro materno che, in questo periodo, sta ancora accumulando calcio per raggiungere la densità ossea ottimale. Pertanto, in questo gruppo di gravide, se l’assunzione di calcio con la dieta non è adeguato, i depositi di tale sostanza dell’organismo materno possono non essere sufficienti a coprire contemporaneamente il fabbisogno della madre e del feto. Altri gruppi a rischio di carenza di calcio in gravidanza sono costituiti da donne che non consumano latte e latticini, da vegane che pure non consumano prodotti caseari e dalle donne asiatiche. Queste spesso presentano una carenza di vitamina D, probabilmente dovuta ad una minore capacità di sintesi rispetto a quella delle donne caucasiche, forse anche per l’abitudine ad una ridotta esposizione epidermica ai raggi solari. Tutti questi gruppi possono trarre vantaggio dall’assunzione di alimenti ricchi di calcio o di integratori. Per quanto riguarda la dieta, oltre a latte e latticini, contenenti elevate quantità di calcio ad alta biodisponibilità, importanti fonti sono i vegetali a foglia verde, noci, frutta secca, latte di soia e tofu fortificati con calcio. In stati carenziali, l’assunzione di integratori di calcio riduce la velocità di mobilitazione del minerale dalle ossa e la perdita di densità ossea nella madre nonché il rischio di gravidanze pretermine e di neonati sottopeso (2, 8). Ferro Il LARN del ferro per le donne in età fertile, comprese le nutrici, è pari a 18 mg/die, mentre per le gestanti aumenta a 30 mg/die, corrispondente alla dose massima da assumere in gravidanza secondo quanto indicato dall’EFSA. Come nel caso del calcio, anche per il ferro, se la donna, prima del concepimento, ha assunto adeguati livello del catione con la dieta, le modificazioni fisiologiche che avvengono nell’organismo materno, quali la cessazione delle mestruazioni, l’aumento dell’assorbimento intestinale e la mobilitazione delle riserve materne, permettono di far fronte all’aumentato fabbisogno che si verifica in gravidanza. Tuttavia i dati epidemiologici indicano che circa l’8% delle donne occidentali presenta carenze determinate da scarsa assunzione con la dieta. La situazione risulta ben più grave nei Paesi in via di sviluppo dove si stima che il 50% delle gestanti e di conseguenza una percentuale simile di bambini di età inferiore a cinque anni, presenta carenza di ferro. Le donne in gravidanza devono pertanto essere incoraggiate a consumare alimenti ricchi di ferro (carne magra, pesce, pollame, frutta a guscio e cereali arricchiti) contemporaneamente a vegetali contenenti acido ascorbico per aumentarne la biodisponibilità ed inoltre ad assumere integratori

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alimentari sotto controllo medico. Diversamente si ritiene che durante il periodo di allattamento il fabbisogno di ferro possa essere soddisfatto con una dieta adeguata. Per quanta riguarda le vegetariane, una dieta variata, soprattutto se comprende uova e latte, può essere equivalente ad una alimentazione onnivora grazie all’incremento di biodisponibilità del ferro dovuta presumibilmente alla abbondante presenza di acido ascorbico. Lo stato marziale della madre deve tuttavia essere preventivamente accertato, tenendo conto, nel caso delle donne vegane, anche di altri deficit secondari che possono essere presenti (in primo luogo zinco, vitamina D e vitamina B 12) (2, 9). Iodio Il LARN dello iodio per le donne adulte e per le gestanti è pari a 150 µg/die e per le nutrici aumenta a 180 µg/die. L’EFSA riporta che il livello massimo di iodio permesso nel periodo gestazionale è pari a 600 µg/die. Il cambiamento nell’assetto ormonale che si verifica durante la gravidanza nell’organismo femminile riguarda anche la tiroide. In gravidanza si ha una stimolazione della tiroide con un aumento della richiesta di iodio che passa da 80 a 120 µg/die, valore che una gestante in salute, con un adeguato apporto di iodio prima del concepimento, è normalmente in grado di raggiungere. Al contrario, quando la gravida ha avuto un inadeguato apporto di iodio (50-70 µg/die) prima del concepimento, come accade nelle zone in cui si registra carenza endemica di tale elemento, l’adattamento fisiologico allo stato di gravidanza risulta impossibile e pertanto, sia nella madre che nel feto si verificano alterazioni patologiche tanto più gravi quanto maggiore è la carenza di iodio. E’ stato verificato che durante la gestazione, aumenta il rischio di disfunzione tiroidea, pertanto di norma si consiglia di tenerne sotto controllo la funzionalità durante questo periodo. L’ipotiroidismo nella donna in età fertile può ridurne la fertilità. In caso di concepimento aumenta il rischio di aborti spontanei mentre nella gestante si manifesta il gozzo. Le conseguenze della carenza di iodio sono gravi anche per il feto. Lo iodio infatti è richiesto per la sintesi degli ormoni tiroidei che sono fondamentali per lo sviluppo del cervello sia durante la vita fetale che post-natale. La carenza severa può indurre, sia nella madre che nel feto, già nelle prime settimane di gravidanza, ipotiroxinemia. Ciò provoca nel feto danni irreversibili al sistema nervoso centrale (SNC) in fase di sviluppo, con ritardo mentale e disturbi neurologici che vanno fino al cretinismo. Studi recenti hanno dimostrato che deficit neurologici ed intellettuali, compatibili con una vita normale, possono manifestarsi anche in bambini nati in zone in cui la carenza di iodio è moderata o marginale. In questi soggetti, il ritardo mentale è leggero e si manifesta con scarsa capacità di apprendimento a livello scolastico. La carenza di iodio può essere colmata utilizzando sale da cucina iodato o integratori a base di iodio. Questi ultimi sono particolarmente indicati durante l’allattamento quando si consiglia di ridurre l’apporto di sodio e, pertanto, i corretti livelli di iodio possono essere raggiunti solo con l’assunzione di specifici integratori (10).

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Fluoro Per il fluoro non è stato formulato un valore di LARN. E’ stato tuttavia identificato l’intervallo di sicurezza ed adeguatezza che risulta compreso tra 1,5 e 4 mg/die. Si ritiene che uno stato di malnutrizione generalizzato della gestante possa influenzare negativamente anche lo sviluppo dei denti nel feto. I nutrienti più importanti per la salute orale sono le vitamine A, C e D e i minerali calcio, fosforo e fluoro. Tra le principali modificazioni fisiologiche che avvengono in gravidanza a livello orale materno vi sono l’aumento della mobilità dei denti, un incremento delle gengiviti, dovuta all’effetto ormonale sulle gengive, la maggiore incidenza di granulomi e l’erosione dei denti, causata dal contatto dei denti con gli acidi gastrici in presenza di vomito ripetuto e reflusso gastro-esofageo. La supplementazione di fluoro in gravidanza, riduce l’incidenza della carie. Recentemente è stato messo in discussione l’effetto positivo della supplementazione di fluoro pre-natale sull’incidenza di carie nel bambino, mentre sono stati confermati gli effetti positivi della supplementazione post-natale (11). Zinco e rame Il LARN di zinco per le donne in età fertile, comprese le gestanti, è 7 mg/die mentre per le nutrici è 12 mg/die. L’EFSA indica pari a 25 mg/die il livello massimo di assunzione che non induce alcun effetto tossico. Bassi livelli serici di zinco risultano associati con l’iperglicemia gestazionale. E’ noto che lo zinco svolge diverse funzioni antiossidanti indirette e che una sua deficienza potrebbe diminuire la risposta all’insulina mentre la sua supplementazione sembra avere effetti favorevoli sull’omeostasi del glucosio. Il LARN di rame per le donne in età fertile, comprese le gestanti, è 1,2 mg/die, mentre per le nutrici è 1,5 mg/die. Il livello massimo di assunzione indicato dall’EFSA è pari a 5 mg/die. Anche la carenza di rame, per altro non comune, può portare a nascita di bambini a basso peso. L’assunzione di ferro può ridurre la biodisponibilità sia di zinco che di rame e per questo nella gran parte degli integratori studiati per la gravidanza (ma anche in quelli più comuni) i tre minerali sono presenti in associazione (12). Magnesio Per il magnesio non è stato possibile definire il valore di LARN, tuttavia è indicato l’intervallo di sicurezza ed adeguatezza che risulta compreso tra 150 e 500 mg/die. Il livello massimo di magnesio che non provoca effetti negativi non è indicato dall’EFSA che tuttavia riporta che dosi 10 volte superiori l’apporto medio (circa 2500 mg/die), possono provocare ipermagnesia con ipotensione e debolezza muscolare. Il magnesio dal punto di vista quantitativo è il secondo catione tra quelli presenti nei liquidi intracellulari, è cofattore dei sistemi enzimatici coinvolti nel trasferimento dei fosfati, nella contrazione muscolare e nella trasmissione nervosa.

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Sali di magnesio sono utilizzati nel trattamento della carenza di Mg2+ dovuta a ridotto apporto del catione, malassorbimento e perdita eccessiva di elettroliti per vomito e dissenteria. E’ stato calcolato che una dieta di 2000 calorie giornaliere permette un apporto di circa 250-300 mg di magnesio, quantità inferiore rispetto al fabbisogno della gravida. Per questo diventa spesso importante far uso di integratori. In gravidanza, la carenza di magnesio nel primo trimestre aumenta il rischio di aborto, più avanti di parto pretermine, e di patologie fetali e neonatali. Nella madre aumenta il rischio di ipertensione e crampi. Studi recenti hanno evidenziato un effetto benefico del magnesio nel caso di preeclampsia, disturbo caratterizzato da un notevole aumento della pressione arteriosa e della proteinuria che compare nel 2-8% delle gravidanze (12). Acido folico (Vitamina B9) Il LARN dell’acido folico per le donne in età fertile è pari a 200 µg/die. Durante la gravidanza e l’allattamento il valore sale a 400 e 350 µg/die, rispettivamente. Il livello massimo di folati che non produce effetti avversi per la salute durante il periodo gestazionale, secondo quanto indicato dall’EFSA, è pari a 1 mg /die. In Italia, ogni anno, nascono circa 200 bambini con la spina bifida, malformazione che comporta conseguenze di diversa entità. L’anomalia può essere corretta con interventi chirurgici o può determinare gravi disabilità permanenti sia fisiche (paralisi degli arti inferiori) che mentali. La spina bifida è il più frequente difetto del tubo neurale (DTN) ed è dovuto ad una incompleta chiusura della sua parte inferiore che normalmente si chiude entro il 30° giorno dal concepimento, quando spesso la gravidanza non è ancora riconosciuta. Quando il tubo neurale non si chiude correttamente e completamente durante le prime settimane di gravidanza, il bambino sviluppa gravi malformazioni congenite. La causa principale del DTN è la carenza di acido folico, che è stato riconosciuto come essenziale nella prevenzione di tali malformazioni. L’acido folico gioca un ruolo, non ancora ben chiarito, anche nella prevenzione di altri difetti e malformazioni congenite, come la labiopalatoschisi e difetti cardiaci congeniti (2, 13). L’acido folico si trova in abbondanza in alcuni alimenti come verdure a foglia verde (spinaci, broccoli, asparagi, lattuga), arance (e il succo di arancia concentrato), legumi, cereali, kiwi, fragole e nel fegato. L’acido folico non è un composto stabile per cui il processo di cottura o anche solo la conservazione prolungata può distruggere gran parte dei folati presenti nei cibi. Pertanto, considerando la difficoltà a soddisfare il fabbisogno minimo con la sola alimentazione e l’importanza dell’acido folico nelle prime fasi della gravidanza, tutte le donne, che programmano una gravidanza o che semplicemente sono in fase riproduttiva e non applicano misure anticoncezionali, dovrebbero non solo seguire una dieta ricca di acido folico ma anche assumere alimenti fortificati ed integratori a base di vitamina B9. Quando la gravidanza è programmata, si

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consiglia l’integrazione regolare da almeno un mese prima fino a tre mesi dopo il concepimento poiché in questo modo i casi di spina bifida risultano ridotti dal 50 al 70%. Nel 1998 negli USA la Food and Drug Administration ha disposto l’aggiunta di acido folico a tutti i cereali che oggi sono fortificati nella misura di 0,14 mg per 100 grammi di prodotto in granella. Diversamente in Italia, non vi è l’obbligo di fortificare alcun alimento con acido folico, tuttavia alcune industrie alimentari hanno provveduto alla fortificazione di alcuni prodotti su base volontaria (14). E’ importante ricordare che studi di recente pubblicazione hanno dimostrato un legame tra il consumo di alimenti contaminati con fumonisina e metabolismo dei folati. In particolare, è stata dimostrata una maggiore tossicità della fumonisina a livello cellulare in carenza di folati. La fumonisina è una micotossina prodotta da funghi della specie Fusarium (Fusarium verticillioides), comuni contaminanti di alcuni cereali. Ancora una volta risulta evidente l’importanza di assumere alimenti sicuri soprattutto per le donne in gravidanza (12). Vitamina C I LARN di vitamina C per le donne adulte è pari a 60 mg/die. In gravidanza ed allattamento il valore aumenta a 70 e 90 mg/die, rispettivamente. In relazione alla scarsa tossicità della vitamina C non è indicato dall’EFSA il livello massimo di assunzione permesso. Poiché i livelli serici materni tendono a diminuire a vantaggio della circolazione fetale, un incremento del consumo di vitamina C pari a 10 mg/die, in particolare durante l’ultimo trimestre della gravidanza, assicura l’integrità delle risorse materne. La carenza di vitamina C in gravidanza è un fenomeno abbastanza diffuso, spesso non considerato in quanto non dà alcuna sintomatologia clinica e facilmente eliminabile mediante supplementazione. Per quanto riguarda l’allattamento, nelle nutrici con basso profilo nutrizionale la concentrazione di vitamina C nel latte è pari a 20-60 µg/ml e può essere facilmente incrementata mediante la supplementazione con integratori alimentari. Anche nel caso di elevate assunzioni di vitamina C, nella nutrice si instaura un particolare meccanismo per cui la concentrazione di ascorbato nel latte materno non supera mai i 150 µg/ml. In gravidanza la vitamina C aiuta a prevenire la preeclampsia e riduce i rischi di insorgenza del diabete gestazionale. In presenza di vitamina C aumenta la biodisponibilità del ferro non-eme per cui alle donne gravide si consiglia di consumare alimenti ricchi di questa vitamina in associazione ad alimenti ricchi di ferro. La vitamina C, per le sue proprietà antiossidanti, aiuta a contrastare l’effetto teratogeno dell’etanolo, pertanto una sua integrazione è particolarmente consigliata alle madri che abusano di alcol.

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Di particolare importanza è la supplementazione di questa vitamina nella dieta di donne fumatrici, in quanto è stato dimostrato che la vitamina C può contrastare alcuni effetti dannosi del fumo, particolarmente per quanto riguarda lo sviluppo del polmone. Nonostante le forti campagne antifumo, la Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori ha recentemente riportato che solo il 62% circa delle donne fumatrici smette di fumare in gravidanza, che il 30% circa riduce il numero di sigarette ed il 7% circa continua a fumare secondo le sue abitudini. Si stima che il fumo in gravidanza sia la causa del 5-10% degli aborti e delle morti neonatali. In ogni caso provoca parti prematuri e ritardo della crescita del feto. Gli effetti del fumo sulla salute del bambino sono dovuti dalla nicotina che attraversando la placenta interagisce con i recettori nicotinici del polmone del feto in via di sviluppo. In questo quadro, risulta particolarmente importante informare e sensibilizzare le fumatrici affinché, almeno durante la gravidanza, si astengano dal fumo (15). Vitamina B1 (tiamina) e vitamina B2 (riboflavina) Il LARN di vitamina B1 per le donne adulte è pari a 0,9 mg/die. In gravidanza e durante l’allattamento il valore aumenta a 1 e 1,1 mg/die, rispettivamente. Considerato che un eventuale eccesso viene escreto, non è indicato dall’EFSA un livello massimo di sicurezza di assunzione per tale vitamina. Il fabbisogno di tiamina aumenta di pari passo con il fabbisogno energetico e, di conseguenza, è maggiore nell’ultimo trimestre della gravidanza. L’aumentato fabbisogno è in parte soddisfatto dalla risposta adattativa alla gravidanza che consiste in una ridotta escrezione urinaria di questi nutrienti. La carenza di vitamina B1 è rara e si riscontra soprattutto nelle donne alcoliste, in quanto indotta dall’etanolo. Il LARN di vitamina B2 per le donne adulte corrisponde a 1,3 mg/die. Nel caso di gravidanza ed allattamento il valore arriva a 1,4 e 1,6 mg/die, rispettivamente. In letteratura non sono riportati casi di effetti avversi in seguito a supplementazione di riboflavina, che in media nella donna raggiunge un valore di 3,9 mg/die. Pertanto anche per tale vitamina non è indicato un livello massimo di assunzione. Una significativa percentuale di donne in età fertile, assume una quantità inferiore a quella raccomandata. La carenza di vitamina B2 in gravidanza sembra possa contribuire a effetti teratogeni sul feto. Infatti, studi recenti hanno evidenziato bassi livelli di vitamina B2, peraltro associati a bassi livelli di vitamina B12 e folati, nelle puerpere che avevano partorito neonati con difetti del tubo neurale. Le donne in gravidanza quindi dovrebbero essere incoraggiate a consumare in abbondanza alimenti ricchi di riboflavina, quali latte, formaggi, carne, ortaggi a foglia verde, cereali fortificati. Per quanto riguarda l’allattamento, la vitamina B2, come peraltro la B1, si concentrano nel latte. Pertanto anche in donne con basso profilo nutrizionale, il livello di queste vitamine nel latte resta elevato ed aumenta in seguito a supplementazione con integratori.

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Vitamina B12 (cianocobalammina) Il LARN di B12 per le donne adulte è pari a 2 µg/die. In gravidanza e durante l’allattamento il valore aumenta a 2,2 e 2,6 µg /die, rispettivamente. La maggior parte degli integratori alimentari contiene da 1 a 5 µg di vitamina ma vi sono anche preparati che apportano quantità pari o superiori a 50 µg. In base ai dati disponibili non è stato possibile indicare un livello massimo di sicurezza di assunzione. Si ritiene che anche i livelli che si possono raggiungere con gli integratori non siano in grado di determinare effetti negativi. La vitamina B12 è essenziale per la sintesi della mielina e delle nucleoproteine, nella replicazione cellulare e nell’eritropoiesi. La vitamina B12, insieme all’acido folico, svolge un ruolo importante nella prevenzione delle anemie severe e dei difetti del tubo neurale. Dati recenti mostrano una forte associazione tra i livelli plasmatici di vitamina B12 materna, influenzati dai livelli di assunzione con la dieta, e livelli fetali. Minore importanza sembrano avere i depositi materni che vengono scarsamente utilizzati. Deficit di questa vitamina, che si verificano con maggiore frequenza nelle gravide fumatrici, sembrano determinare problemi cognitivi nel bambino e, nei casi più gravi, provocare aborto. Per quanto riguarda l’allattamento, il colostro, secreto nelle prime 48 ore dopo il parto, presenta concentrazioni molto elevate di tale vitamina che successivamente scendono a valori comparabili a quelli della circolazione materna. Considerando l’importanza di una adeguata assunzione di vitamina B12 durante il periodo gestazionale, è frequente la necessità di far ricorso all’uso di alimenti fortificati o di integratori. Quest’ultimi sono normalmente prescritti alle madri vegane, categoria particolarmente a rischio di carenza, dal momento che i vegetali contengono questa vitamina in forma scarsamente biodisponibile. Vitamina A Sia durante la gravidanza che durante l’allattamento la donna presenta un maggior fabbisogno di vitamina A (LARN gestante 700 µg/die, per la nutrice 950 µg/die) necessaria sia per la crescita e le riserve del feto, sia per la crescita e le riserve dei tessuti materni. La vitamina A può essere assunta come tale (retinolo), con gli alimenti di origine animale (latticini, fegato, olio di pesci) oppure come provitamina (carotenoidi), presente negli alimenti vegetali di colore arancio o verde scuro. La carenza di vitamina A pone a rischio la crescita in generale del feto e la salute della madre. Incide infatti sullo sviluppo e maturazione dell’embrione e del feto, con particolare riguardo all’apparato respiratorio. I nati pretermine hanno livelli serici e riserve di vitamina più bassi rispetto alla norma e, anche per questo, risultano particolarmente esposti a malattie quali la displasia broncopolmonare. Anche i lattanti hanno elevati fabbisogni di vitamina A, che deve essere loro fornita dalla madre e per questo i LARN per le nutrici sono ancora più elevati di quelli indicati per le gestanti.

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Studi recenti hanno dimostrato che, anche nei paesi più sviluppati, una buona percentuale di donne in età fertile assume quantità di vitamina A inferiore ai livelli raccomandati. D’altro canto, risultati di studi epidemiologici hanno dimostrato che l’esposizione ad alte dose di retinolo aumenta il rischio di malformazioni nel nascituro e sperimentazioni condotte su animali hanno dimostrato effetti teratogeni della vitamina quando assunta in quantità eccessiva. Diventa pertanto necessario porre particolare attenzione ai livelli di assunzione di vitamina A. E’ stato possibile verificare che la dose più bassa di supplementazione associata con effetto teratogeno è 3000 µg/die. Per questo l’Expert Group on Vitamins and Mineral del Regno Unito considera tale valore corrispondente alla dose soglia di teratogenicità. Non è stato possibile definire la dose dietetica di esposizione che produce effetti teratogeni nell’uomo, tuttavia, poiché il fegato è un alimento molto ricco di retinolo (tra 13 al 40 mg ogni 100g), attualmente in alcuni Paesi, alle donne in gravidanza, si raccomanda di escludere dalla dieta fegato, prodotti a base di fegato e olio di fegato di merluzzo. Per lo stesso motivo si raccomanda alle donne in gravidanza di assumere eventuali supplementi di vitamina A solo sotto controllo medico e comunque di non assumere dosi superiori a 6 µg/die di RE (RE=1 µg di retinolo= 6 µg di β-carotene = 12 µg di altri carotenoidi attivi - Linee Guida SINU). In questo contesto diventa importante assumere quantità adeguate di β-carotene (che sembra poter contribuire per il 10-15% alla RDA della vitamina A) presente negli alimenti vegetali e anche in bevande fortificate. Tuttavia, nell’assunzione o somministrazione di questa sostanza, va posta particolare attenzione nel caso di donne fumatrici, per le quali l’assunzione non deve eccedere il limite di sicurezza, individuato dalla UK Food Standard Agency in 7mg/die, valore oltre il quale i fumatori vedono aumentare il rischio di sviluppare cancro al polmone. Gestanti particolarmente a rischio di carenza sono quelle di bassa condizione sociale, quelle con gravidanze gemellari o con parti plurimi ravvicinati. In ogni caso, anche quando la dieta materna non è carente, il neonato soffre alla nascita di una lieve carenza di vitamina A che viene prontamente colmata con l’assunzione di colostro, molto ricco di questa vitamina e di β-carotene particolarmente utile al neonato anche per le sue proprietà antiossidanti (16-17). Acidi grassi essenziali e derivati (PUFA e LC-PUFA) Sono importanti componenti strutturali dei fosfolipidi delle membrane cellulari e sono quindi necessari per la formazione di nuovi tessuti ed organi, in particolare per quanto riguarda il sistema nervoso centrale e la retina. Svolgono inoltre la funzione di biomediatori per cui influenzano la crescita dell’organismo secondo diversi meccanismi. Anche il rapporto ω-6/ω-3 sembra importante poiché può influenzare l’espressione dei geni che regolano la crescita e la differenziazione delle cellule.

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Gli acidi grassi essenziali sono l’acido linoleico (LA, ω6), dal quale nell’organismo viene sintetizzato l’acido arachidonico (AA), e l’acido linolenico (ALA, ω3) da cui derivano l’acido eicosapentaenoico (EPA) e docosaesaenoico (DHA). Si ritiene che l’AA venga sintetizzato in quantità sufficiente a partire dall’acido linoleico, diversamente il DHA sembra possa essere sintetizzato solo in quantità limitata a partire dall’ALA e pertanto, soprattutto in alcune condizioni, quali la gravidanza e l’allattamento, anche se la donna in età fertile sembra presenti una maggiore capacità di conversione, si rende necessaria la sua assunzione con la dieta. Purtroppo negli alimenti il DHA si trova solo nei pesci e in alcuni tipi di alghe. Poiché nel neonato l’attività degli enzimi responsabili della elongazione e desaturazione dei PUFA diventa significativa solo poco prima della nascita, i loro derivati LC-PUFA devono essere forniti, al feto prima e al neonato poi, dalla madre. L’elevata concentrazione di DHA nel feto, superiore rispetto a quella serica della madre, é possibile per trasferimento attivo attraverso la placenta. Per quanto sopra riportato significa che l‘assunzione di PUFA, da parte della donna gravida prima e della nutrice poi, deve rispondere contemporaneamente alle richieste del feto e della madre stessa. I risultati di numerose ricerche indicano che una carenza di DHA nel 2° e 3° trimestre di gravidanza e nei primi sei mesi post-parto è associata con disturbi neurocognitivi e retinici del bambino che permangono per tutto il corso della vita dell’individuo. Questo non sorprende, poiché e stato verificato che DHA e AA insieme costituiscono più del 30% del contenuto di fosfolipidi del cervello e della retina. In presenza di carenza dietetica di acidi grassi essenziali vengono mobilizzate le riserve della madre, riserve che sono in genere buone per quanto riguarda gli ω-6, mentre si ritiene che siano scarse nel caso degli ω-3. Pertanto un’adeguata assunzione di ω-3 in gravidanza è importante anche per mantenere il normale assetto lipidico della madre nella quale il ritorno allo stato normale, dopo il parto, risulta alquanto lento. Recenti pubblicazioni riportano una associazione tra carenza di LC-PUFA e sintomi depressivi, soprattutto nella donna. L’assunzione di elevate quantità di EPA e DHA, come quelle permesse da diete molto ricche di pesce di alcune popolazioni nordiche, determinano un periodo di gestazione prolungato di qualche giorno con un relativo aumento del peso medio del neonato. Inoltre numerosi studi indicano che la supplementazione della dieta materna con ω-3, durante la gravidanza, diminuisce il rischio di parto prematuro e di partorire neonati sottopeso. Sembra importante anche il rapporto ω-3 e ω-6 che probabilmente influenza l’equilibrio delle prostaglandine che regolano il flusso sanguigno placentare e sono coinvolte nel processo del parto. La revisione di alcuni studi condotti negli ultimi anni in quest’ambito, non ha confermato appieno la loro validità, pertanto alcuni autori non ritengono ancora conclusive le evidenze riguardo il migliore sviluppo di infanti e bambini in seguito a integrazione con ω-3 di gravide, neonati e bambini.

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Tuttavia, altre indagini, anche di tipo epidemiologico e sperimentazioni su animali, indicano effetti positivi della supplementazione con ω-3 LC-PUFA di gravide e nutrici sullo sviluppo cognitivo e la funzione visiva. Pertanto, i dati ad oggi disponibili non permettono di formulare raccomandazioni precise per quanto riguarda il dosaggio ottimale (Kolezko, coordinatore della Commissione Europea, in una recente pubblicazione, indica adeguata una supplementazione di DHA di 200mg/die), il tipo, la forma ed il rapporto ω-3/ ω-6 e la durata della supplementazione con ω3 per lo sviluppo ottimale della funzione visiva e cognitiva del nascituro. Tuttavia, poiché la dieta materna è spesso scarsa di pesce, molti studiosi ritengono che la supplementazione nelle gravide può risultare importante soprattutto in caso di gravidanze multiple, di parti plurimi ravvicinati, di gravide che seguono una dieta vegetariana stretta poiché in questi casi i livelli di tali sostanze nei feti e nei neonati risultano più bassi della norma. Anche nel caso di nascita pretermine o di madri fumatrici, nel latte delle quali la quantità di DHA è più bassa, sembra importante la supplementazione delle dieta materna con ω3 (18).

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CRITERI DI SCELTA E PARAMETRI

PER LA CREAZIONE DELLE INDICAZIONI INTESA

Le “indicazioni intesa” approntate per gli integratori alimentari per gravidanza ed allattamento presenti in commercio sono state formulate tenendo conto:

1) dei Livelli di Assunzione Giornalieri Raccomandati di Nutrienti (L.A.R.N.) per le gestanti e le nutrici elaborati dalla Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) (revisione del 1996).

2) del Decreto Legislativo 21 maggio 2004, n.169 attuazione della direttiva 2002/46/CE relativa agli integratori alimentari.

3) delle Linee Guida per l’alimentazione in gravidanza ed allattamento (Ministero del Lavoro, della Salute, e delle Politiche Sociali, Settore Salute)

4) della Lista Erbe presenti negli integratori alimentari aggiornata al 10-04-2009 (Ministero del Lavoro, della Salute, e delle Politiche Sociali, Settore Salute)

5) delle più recenti pubblicazioni scientifiche riguardo gli effetti dei nutraceutici.

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Questo lavoro è stato realizzato con la consulenza di: Prof.ssa Gabriella Gazzani: docente di Chimica degli Alimenti presso la Facoltà di Farmacia dell’Università degli Studi di Pavia.

Dott.ssa Maria Daglia: docente di Prodotti Dietetici presso la Facoltà di Farmacia dell’Università degli Studi di Pavia.

Dott.ssa Adele Papetti: docente di Alimenti e Dietetici presso la Facoltà di Farmacia dell’Università degli Studi di Pavia. Coordinamento scientifico a cura di Unifarm S.p.A.

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