Mondi seriali Il linguaggio della fiction · “Autobiografia di uno ... e di fantasia e che esso...

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1 Mondi seriali Il linguaggio della fiction Giovanni Prattichizzo 18/12/2012

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Mondi seriali

Il linguaggio della fiction

Giovanni Prattichizzo 18/12/2012

Un uomo è sempre un narratore di storie,

vive circondato dalle proprie storie e da

quelle di altre persone, vede ogni cosa nei

termini di quelle storie e cerca di vivere la sua

storia come se la stesse raccontando.

J. P. Sartre, La nausea, Einaudi, Torino 1990

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La narrazione

Le storie accadono solo a chi sa raccontarle.

(Paul Auster)

Narrare è essenzialmente mettere una storia in

comune; ossia condividere l’immaginario, i simboli

e i miti che lo abitano; significa creare e

consolidare una comunità.

«Ogni racconto è una iniziativa di liberazione»

scrive il neuropsichiatra Boris Cyrulnik in

“Autobiografia di uno spaventapasseri. Strategie

per superare le esperienze traumatiche, Raffaello

Cortina Editore, prima edizione 2009”.

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La narrazione

La narrazione è una pratica diffusa nel tessuto anonimo

della vita di ogni giorno.

Il narratore, scrive ancora Benjamin, è “colui che prende

ciò che narra dall’esperienza – la propria e quella degli

altri- e lo trasforma in esperienza di quelli che ascoltano

la storia” (Cfr. W. Benjanim, “Il Narratore”, 1936).

Non esiste popolo senza racconti.

(Cfr. R. Barthes, “Introduzione all’analisi strutturale dei

racconti”, AA.VV., L’analisi del racconto, Bompiani,

Milano, 1969)

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Il contributo di Lyotard

La fine delle Grandi Narrazioni uno dei fattori decisivi

per il passaggio ad una fase di radicalizzazione della

modernità.

Opposizione ad ogni formula universalizzante del

sapere e ad ogni progetto di razionalità assoluta

Crisi della modernità e una miriade di piccole

narrazioni.

Multiverso

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Attraverso le storie

Interpretiamo le azioni dei nostri simili e diamo significato alle

situazioni in cui ci troviamo;

Cerchiamo di comprendere la natura della nostra esperienza e le

dinamiche relazionali;

Pianifichiamo il nostro agire futuro e proviamo a dare un ordine

dotato di senso alle nostre esperienze vissute.

Come afferma Gadamer: la costruzione narrativa ha il potere di

conferire un incremento d’essere alla nostra visione del mondo

impoverita dall’uso quotidiano.

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La narrazione può essere “reale” o “immaginaria” senza che la

sua forza come racconto abbia a soffrirne.

J. Bruner, La costruzione narrativa della realtà, in M. Ammaniti, D. N.

Stern (a cura di), Rappresentazioni e narrazioni, Laterza, Roma- Bari, 1991.

Ogni racconto è un mondo che si apre all’immaginazione […]

immergersi in un racconto è entrare in una realtà parallela a

quella in cui stiamo vivendo.

P. Jedlowsky, Storie comuni. La narrazione della vita quotidiana, Bruno

Mondadori, Milano, 2000.

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La narrazione

Strumento principale della costruzione della conoscenza e della

trasmissione del sapere.

La narrazione è un modo per legare assieme i protagonisti e le

intenzioni del loro agire e dei loro rapporti, la particolarità della

situazione, le coloriture emotive che si colgono; […] è un tentativo

di elaborare un modello interpretativo di ciò che si vede o legge

per cercare di costruire il significato. (M. Livolsi, Manuale di

sociologia della comunicazione, Laterza, Bari 2000)

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Narrazione e realtà sociale

Le narrazioni che servono ad alimentare l’immaginario collettivo

sono le radici stabili su cui si fonda la cosiddetta conoscenza di

senso comune (P. L. Berger, T. Luckmann, La realtà come

costruzione sociale, Il Mulino, Bologna 1997).

La narrazione risulta essere quella valenza essenziale,

elementare, nel nostro addestramento alla vita sociale e per il

costituirsi della società (G. Simmel, Sociologia, Ed. di Comunità,

Milano 1989).

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Una delle caratteristiche delle società industriali avanzate è che

l’esperienza del drama costituisce ormai una componente

intrinseca della vita quotidiana, a un livello quantitativo che è così

infinitamente maggiore rispetto al passato da determinare un

fondamentale cambiamento qualitativo. Quali che siano le ragioni

sociali e culturali, è evidente che assistere a simulazioni

drammatiche di una vasta gamma di esperienze è ora una parte

essenziale dei nostri moderni modelli culturali.

R . Williams, Televisione. Tecnologia e forma culturale,

Editori Riuniti, Roma, 2000.

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Perché la fiction

• Costruisce un luogo di invenzione di forme

di esperienza

• Straordinario racconto reale

• Sistema narrativo centrale del tempo

presente

• Dilatatore della vasta gamma di situazioni

sociali a cui abbiamo accesso senza esservi

fisicamente presenti.

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Perché la fiction

Attraverso la fiction, la televisione racconta e, in

tal modo, rielabora e amplia un antica tradizione

di narrazione popolare.

Televisione come bardo della nostra cultura,

individuando una serie di similarità tra le funzioni

del narratore tradizionale e quelle del

contemporaneo televisivo.

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Il termine fiction

Nella lingua inglese si definiscono tutte le opere di immaginazione

e di fantasia e che esso deriva dal verbo latino fingere, che può

rivestire il triplice significato di modellare, immaginare e simulare.

La fiction lavora sul registro dell’immaginario, punto di coincidenza

di immagine e immaginazione (Morin)

Almeno da un punto di vista etimologico il termine sembra

inequivocabilmente contrapporsi al concetto di realtà.

Fiction e non fiction

La fiction, in tal senso, rappresenta un’importante e centrale

macrogenere della programmazione televisiva, che coinvolge tutti

quei testi basati sull’invenzione narrativa, sulla costruzione di un

universo verosimile rappresentato da ambienti, personaggi, azioni,

dinamizzati in un racconto.

Essa si pone come forma di narrativizzazione della società e

rappresenta uno dei mondi possibili in cui raccontarsi e su cui

raccontare.

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La fiction e il racconto della società

“La funzione narrativa della fiction è rappresentare il vissuto, la

società e la cultura di una comunità cui essa si rivolge e dalla

quale tanto più avrà una risposta convinta di partecipazione e di

consenso quanto più sarà in grado di dare voce al caleidoscopio

delle correnti di pensiero, degli stili di vita, dei costumi

e dei valori che la caratterizzano ”. (Monteleone)

Giovanni Prattichizzo Pagina 15

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Il termine fiction

Dispositivo narrativo in quanto offre storie e personaggi, luoghi e

ambienti, all’interno di una scansione diacronica di una serie di eventi.

Leonzi S., La fiction, Ellissi, Napoli, 2004.

Il concetto di fiction

Creazione, invenzione di cose immaginarie e irreali. (Larousse, 1996)

Opere di immaginazione e fantasia. (Milly Buonanno, 2002)

Lo spettatore tende ad attuare “quella sospensione dell’incredulità, e

accetta per gioco di prendere per vero e come detto sul serio ciò che

risaputamente è invece effetto di costruzione fantastica”. (Eco, 1991)

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La fiction tra finzione e realtà

Incontro di due dimensioni: quella simulatoria e quella narrativa.

Forma di narrativizzazione della società e rappresenta uno dei

mondi possibili in cui raccontarsi e su cui raccontare.

Un individuo che […] vede una soap opera non sta

semplicemente consumando un prodotto della fantasia, sta

esplorando possibilità, immaginando alternative […]

Thompson J. B., Mezzi di comunicazione e modernità, Il Mulino, Bologna, 1998.

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Le funzioni della fiction

• Affabulatoria

• Bardica

• Mantenimento della comunità

La forza dirompente dell’immaginazione narrativa consiste nella

forza di poter trascendere il reale fornendo quelle risorse che

permettono agli individui di costruire la propria identità.

Ricoeur P., Il tempo raccontato, Jaca Book, Milano, 1999.

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Ere della televisione (John Ellis)

Scarsità

Crescita

Abbondanza

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Alla ricerca di una lingua per la

fiction

• La televisione come agenzia formativa

nel secondo dopoguerra (1954)

• L’unificazione linguistica promossa dalla

televisione va vista, perciò, più che come

italianizzazione organica, come un

assorbimento sistematico e continuo di

vari tipi di lingua in tutte le possibili

situazioni.

• Lo sceneggiato radicava la letteratura

(lingua) nazionale.

Giovanni Prattichizzo Pagina 21

I teleromanzi

Giovanni Prattichizzo Pagina 22

Fiction nell’era della crescita (nascita televisioni

commerciali)

Flusso delle importazioni dall’estero (Usa, America Latina, Giappone)

Crisi della produzione di fiction italiana

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Anni Ottanta

Il caso Dallas

Il caso La Piovra

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Storie di tutti i giorni

“Non voglio escludere nessuno dalla

mia vita, soprattutto tu”.

Giovanni Prattichizzo Pagina 25

Anni Novanta

Logica del flusso

Nuovo quadro normativo

Caduta dei pregiudizi-antiseriali e prima soap opera italiana:

Un posto al sole

Il domestico come indigenizzazione dello straniero

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Un parlato oralizzato e rimodellante

Il parlato trasmesso della fiction si distingue tanto dal parlato

programmato su scaletta dell’intrattenimento o dal parlato

trascurato di talk show e reality, quanto dal parlato scritto per

essere letto dell’informazione e della divulgazione (Diadori 1994,

Alfieri Bonomi 2008).

Parlato “oralizzato” (Alfieri 1997).

Rispecchiamento “rimodellante”.

Giovanni Prattichizzo Pagina 27

Un italiano “mimetico”

• “Lo so, ma penso a mia famiglia. Tu ha

perduto qualcuno, vero?” (Incantesimo).

• “Io sono assolutamente disponibile”

(Vivere)

• “Non posso dire di essere felice, no,

però quantomeno sono pronta ad

esserlo di nuovo” (Vivere)

Giovanni Prattichizzo Pagina 28

Code switching

• Continua alternanza e mescolanza

tra italiano e dialetto.

Giovanni Prattichizzo Pagina 29

“Vi immaginate le facce dei miei

amici se gli dico che mio padre si è

fidanzato?” (Ciccio)

“E pensare che io un anellino

all’ombelico me lo sarei messo

volentieri”. (Alice)

“Eh, voglio arrivare al punto che,

ove mio consuocero si sposasse

con lei, quei poveri ragazzi non

avrebbero più referenti”. (Nonna

Enrica)

“Questo è l’unico caso che sono

contento che non sei mio padre”. (Alberto)

Giovanni Prattichizzo Pagina 30

L’italiano nella fiction

La medietà espressiva anima il lessico, denso di genericismi

(roba, fare, cosa, coso) e di colloquialismi (cavarsela, farcela),

diminutivi, vezzeggiativi, elativi come l’imperversante un sacco di.

Familiarizzazione con la storia narrata.

Stile artefatto: “Se vuole trovare un capro espiatorio su cui

buttare il suo dolore e attenuare la sua sofferenza faccia pure,

ma non finga di non conoscere la verità” (Incantesimo).

Giovanni Prattichizzo Pagina 31

Il dialetto nella fiction

• Lingua e dialetto si opponevano diametralmente nel passato

televisivo.

• Le varietà locali compaiono in misura pari alle varietà sociali.

• Fattore di rispecchiamento sociolinguistico (Raffaelli 1983).

“Vui pazziate! ma vi pare che se c’entravo qualcosa i’ me ne

turnava a casa accussì! ve l’ho detto! pe’ fammi beccare

accussì….” (La squadra).

Giovanni Prattichizzo Pagina 32

“Parlano come noi!”: l’italiano della fiction in

costume

• L’ambientazione linguistica è

approssimativa o addirittura

anacronistica.

• “E comme no! ’na vagliona,

perdonatemi, ’na signorina bella

come voi fa sempre piacere averla

’n capo, e poi voi siete

simpaticissima, date retta a me”

(Sasà).

Giovanni Prattichizzo Pagina 33

“Parlano come noi!”: l’italiano della fiction in

costume

• “Perché te ti stai mettendo in un brutto

pasticcio”.

• “Il signor conte… c’ha un certo/ interesse

per te”.

• “Ve ne venite fuori che ripartite”.

Giovanni Prattichizzo Pagina 34

Per finire

• È nato un italiano seriale

• Attuare una piccola politica linguistica

Pertanto:

Una parola è troppa, e due sono

poche!!!

Giovanni Prattichizzo Pagina 35