Crisi della scuola o crisi dell’educazione? Il contributo dell’Irc
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F.Montagnini Modelli interpretativi della didattica dell’IRC
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Modelli interpretativi della didattica dell’insegnamento
della religione cattolica
Flavia Montagnini
Insegnare Religione Cattolica nella scuola italiana oggi
Diocesi della Regione Lombardia
Bienno - Eremo dei Santi Pietro e Paolo,
10-11-12 novembre 2017
Adottare la prospettiva delle competenze da parte dell’IRC comporta, prima di tutto,
riconoscere le trasformazioni apportate alla concezione dell’insegnamento e
dell’apprendimento. Parlare di “didattica” dell’IRC significa, infatti, esplicitare che essa è
l’azione intenzionale di insegnamento che ha come scopo l’apprendimento e la crescita
dell’alunno nel contesto scolastico, entro la relazione educativa. L’insegnante attraverso le sue
scelte crea le condizioni favorevoli a far apprendere all’alunno ciò che gli permette di
conoscere, di sviluppare abilità e di utilizzare, in modo personale e creativo, le conoscenze per
far fronte ad un compito, per risolvere problemi (competenza).
Il termine “competenza” si è evoluto nel tempo mettendo in evidenza quanto essa implichi il
mettersi in gioco e mobiliti la complessità della persona dell’alunno; motivi a prestare
attenzione alle sue disposizioni interne e alle modalità con cui svolge un compito; sia necessario
tener conto della capacità di affrontare compiti in contesti culturali, sociali, operativi.
Il costrutto pedagogico di competenza si riferisce ad un processo di apprendimento
caratterizzato dai termini costruttivo, poiché ri-costruzione delle conoscenze possedute e
rielaborazione di schemi mentali e conoscenze pregresse; socio-culturale, poiché in esso riveste
un ruolo fondamentale il contesto relazionale e culturale; situato, poiché legato al contesto e al
contenuto specifico delle attività che lo genera.
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Una PREMESSA: COMPETENZE e APPRENDIMENTO
o COSTRUTTIVO RI-COSTRUZIONE e RIELABORAZIONE
o SOCIO-CULTURALE CONTESTO RELAZIONALE
o SITUATO CONTESTO
• Mettere in gioco e mobilitare la GLOBALITÀ della PERSONA
• Prestare attenzione alle DISPOSIZIONI INTERNE e alle MODALITÀ di «lavoro»
• Riferirsi alla capacità di affrontare i compiti in specifici CONTESTI
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Sintetizzando, il processo di apprendimento correlato alle competenze è:
attivo, ad indicare la consapevolezza e responsabilità di chi apprende;
costruttivo, ad esplicitare il processo con cui si equilibrano strutture mentali pregresse e
nuove conoscenze;
collaborativo, ad evidenziare che l’apprendimento si sviluppa attraverso l’interazione;
intenzionale, ad indicare il ruolo fondamentale della motivazione e della volontà;
conversazionale, ad esplicitare il ruolo del linguaggio per realizzare il confronto e la
negoziazione tra chi apprende;
contestualizzato, ad evidenziare il riferimento ai compiti di realtà entro cui collocare il
processo di apprendimento;
riflessivo, ad indicare la circolarità tra conoscenza-esperienza-riflessione.
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Una PREMESSA: Il PROCESSO di APPRENDIMENTO
ATTIVO CONSAPEVOLEZZA e RESPONSABILITA’
COSTRUTTIVO EQUILIBRIO tra «vecchie» e «nuove» conoscenze
COLLABORATIVO INTERAZIONE «ambiente» di apprendimenti
INTENZIONALE MOTIVAZIONE e VOLONTA’ per lo sviluppo
CONVERSAZIONALE LINGUAGGIO per il confronto e la negoziazione
CONTESTUALIZZATO COMPITI di REALTA’
RIFLESSIVO
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Promuovere l’apprendimento per lo sviluppo di competenze, comporta anche per l’IdR
ripensare l’insegnamento in modo che si correli alla vita dell’alunno e tenda ad un
apprendimento che sia capace di trasferirsi alle situazioni della realtà. È raccogliere una sfida
“impegnativa”, ma possibile. Si tratta, infatti, di insegnare
mettendo in relazione i saperi disciplinari con i contesti di realtà;
dando centralità al processo di apprendimento, “oltre” un sapere statico;
rendendo i saperi disciplinari uno strumento per crescere come persona, comprendere e
affrontare la realtà;
preferendo la progettazione “a ritroso”, a partire dal traguardo di competenza per poi
ricostruire il processo soggiacente alla prestazione così da individuare le “risorse” da
mobilitare per sviluppare la prestazione richiesta;
allargando lo sguardo valutativo, dal risultato al livello di competenza sviluppato
dall’allievo a conclusione del percorso didattico.
La conseguenza, in ambito didattico, è concepire il proprio insegnamento non più in modo
lineare e gerarchico (insegnamento-muro) – in cui l’alunno è prevalentemente passivo; la
conoscenza è frammentata e “teorica”, formalizzata in lezioni, riprodotta dall’alunno,
controllata attraverso test e voti; il gruppo “classe” non ha alcun ruolo nel processo di
apprendimento, poiché esso è prevalentemente individualistico – ma secondo la circolarità
alunno-conoscenza-insegnante (insegnamento-ponte). L’insegnamento-ponte implica, poi,
preferire una progettazione strutturata non più per unità didattiche e moduli didattici –
tipologie di programmazione che considerano il percorso didattico funzionale al
perseguimento di obiettivi prestabiliti – ma per progetti e unità di apprendimento, in cui il
percorso didattico parte dall’esperienza reale e tende ad utilizzare i saperi disciplinari quali
strumenti di comprensione della realtà.
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Una PREMESSA: le SFIDE per l’IdR
SAPERI e CONTESTI di REALTA’
CENTRALITA’ dell’APPRENDIMENTO
DISCIPLINE per le COMPETENZE
PROGETTAZIONE «A RITROSO»
VALUTAZIONE «ALLARGATA»
• «PONTE» vs «muro»
• PROGETTO DIDATTICO vs unità didattiche e moduli didattici
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ALUNNO
CONOSCENZAINSEGNANTE
L’INSEGNAMENTO «PONTE»
• Centrato sullo studente, facilitato dall’insegnante
• Piacevole e divertente perché l’alunno è interessato e responsabile
• Si sviluppa come una ricerca attraverso la cooperazione
• E’ formalizzato in esperienze
• E’ tematico e organizzato per problemi e per progetti
• E’ controllato attraverso la valutazione autentica
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FIDUCIAAUTONOMIALIBERTÀ e RESPONSABILITÀCREATIVITÀ
L’IdR è auspicabile riconosca la sintonia fra il proprio ruolo di professionista dell’educazione e di
uomo della sintesi1 e l’insegnamento-ponte. Infatti, l’IRC è – in riferimento alle riflessione di Elio
Damiano – azione pratica, orientata alla crescita integrale della persona e azione poietica,
orientata al prodotto, ossia al risultato dell’apprendimento.
1 Cfr. Insegnare religione cattolica oggi. Nota pastorale dell' Episcopato italiano sull'insegnamento della religione
cattolica nelle scuole pubbliche, marzo 1991 e Lettera agli insegnanti di religione cattolica, Commissione Episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università, settembre 2017.
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Azione PRATICA Azione
POIETICAIRC
ORIENTATA VERSO UN FINE ETICO= MATURAZIONE della PERSONA (autonomia, responsabilità, senso critico, …)
FINALIZZATA ALLA REALIZZAZIONE DI UN DETERMINATO PRODOTTO = APPRENDIMENTO RELIGIOSO «CHIAVE DI LETTURA» della REALTA’
L’insegnamento promuove l’apprendimento quando si realizza come mediazione didattica,
ossia come connessione tra gli oggetti culturali e il soggetto che apprende, tra la struttura
logica dei contenuti di apprendimento e la struttura psicologica degli alunni.
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CONTENUTI DISCIPLINARI
SOGGETTO
TRASFORMAZIONE dei CONTENUTI CULTURALI/DISCIPLINARI in CONTENUTI ACCESSIBILI
all’APPRENDIMENTO
MEDIAZIONE DIDATTICA
La mediazione didattica è parte del più ampio processo di trasposizione didattica, mediante la
quale il sapere accademico o sapiente (prodotto delle comunità scientifiche e di ricerca) è
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selezionato perché degno di diventare disciplina scolastica (inserito in un programma di
istruzione affinché sia insegnato) e trasformato in modo che sia oggetto di insegnamento
(sapere insegnato) e sia gestito nel corso dell’azione didattica per diventare apprendimento
(sapere appreso) orientato allo sviluppo di competenze (sapere utilizzato).
TRASPOSIZIONE DIDATTICA
SapereACCADEMICO
Sapere dainsegnare
DISCIPLINASCOLASTICA
Sapere insegnato
DIDATTICA
Sapere appresoAPPRENDIMENTO
Sapere utilizzato
COMPETENZA
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Nell’IRC la mediazione didattica deve essere in grado di rendere accessibili e significativi agli
alunni i contenuti disciplinari, inseriti nelle Indicazioni Nazionali, così che costituiscano un
personale patrimonio di cultura religiosa e supporto allo sviluppo della competenza in ambito
religioso.
In vista dell’apprendimento significativo – caratterizzato dall’integrazione tra matrice cognitiva
dell’alunno e nuovo contenuto culturale – i principi di efficacia di una metodologia didattica
riguardano
la capacità di integrazione del nuovo apprendimento con ciò che già è conosciuto
dall’alunno (significatività);
la sollecitazione della disponibilità ad apprendere da parte dell’alunno (motivazione);
l’esplicitazione e condivisione dei traguardi di apprendimento verso cui orientare il
processo didattico (direzione);
la ripresa progressiva di concetti chiave nella prospettiva di
insegnamento/apprendimento “a spirale” (continuità-ricorsività);
la ricerca di punti di connessione e trasferibilità tra i diversi saperi disciplinari
(integrazione);
impiego dei diversi codici comunicativi soprattutto per intercettare i diversi stili cognitivi
degli alunni (trasferibilità linguistica);
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la valorizzazione della dimensione sociale dell’apprendimento nella co-costruzione della
conoscenza (negoziazione sociale);
l’ancoraggio dell’apprendimento a contesti di realtà significativi per gli alunni
(contestualità);
la sollecitazione di processi metacognitivi orientati all’autoconsapevolezza (riflessività)
la molteplicità delle prospettive culturali per approcciarsi alla conoscenza (pluralità
culturale).
EFFICACIA della MEDIAZIONE DIDATTICA
• SIGNIFICATIVITÀ
• MOTIVAZIONE
• DIREZIONE
• CONTINUITÀ-RICORSIVITÀ
• INTEGRAZIONE
• TRASFERIBILITÀ LINGUISTICA
• NEGOZIAZIONE SOCIALE
• CONTESTUALITÀ
• RIFLESSIVITÀ
• PLURALITÀ CULTURALE
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L’azione didattica (= didassi) è preceduta dall’elaborazione della progettazione, strumento utile
ad orientarla. Nei diversi modelli di progettazione in uso si possono rintracciare due logiche
differenti: della “razionalità tecnica” e della “complessità”. Con “razionalità tecnica” si mette in
luce il rapporto lineare tra progettare-agire-valutare, momenti successivi di un processo
scomposto in sequenze preordinate e controllate in modo rigoroso. Con “complessità” si
evidenzia la circolarità di progettare-agire-valutare, pensati in interazione reciproca e continua.
Nel primo caso la progettazione o programmazione contiene la precisa descrizione dei singoli
passaggi, nel secondo la progettazione è correlata al processo ed orientativa.
Il progetto didattico si qualifica per il rispetto dei suoi elementi essenziali:
l’esplicitazione dei traguardi formativi cui è finalizzato il progetto didattico, in risposta
alla domanda “perché formare?”
la selezione dei contenuti culturali affrontati nel percorso didattico, in risposta alla
domanda “che cosa insegnare?”
la predisposizione dei processi formativi ossia delle soluzioni didattiche per perseguire i
traguardi formativi, in risposta alla domanda “come insegnare?”
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la definizione della valutazione in riferimento ai risultati attesi, in risposta alla domanda
“come valutare il processo formativo?”.
MODELLI di PROGETTAZIONE
• Linearità e razionalità
• Centralità degli obiettivi
• Rischi di riduzionismo, tecnicismo, eccessiva rigidità
Per OBIETTIVI
• Progettualità identificata con la selezione dei contenuti
• Assolutizzazione dei contenuti, schemi abitudinari che impediscono il cambiamento
Per TEMI
• Attenzione ai modi in cui il soggetto apprende
• Identificazione dei concetti «chiave»
• Forte concettualizzazione, rischi di eccessiva astrattezza e tecnicismo
Per CONCETTI
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Tra i modelli maggiormente in uso nella prassi didattica dell’IRC, vi è quello per obiettivi.
Risponde alla logica progettuale della razionalità tecnica; pone grande attenzione alla
formulazione corretta e precisa degli obiettivi/traguardi formativi; concepisce la valutazione
come accertamento del grado di raggiungimento degli obiettivi. I rischi maggiori della
progettazione per obiettivi sono il riduzionismo, il tecnicismo e l’eccessiva rigidità perché
orientato a costruire una realtà ordinata e, quindi, distante dai processi reali.
La progettazione per temi non è un vero e proprio modello poiché corrisponde alla selezione
dei contenuti da affrontare nella pratica d’aula. Gli altri passaggi progettuali restano impliciti:
da ciò derivano l’assolutizzazione dei contenuti di sapere e la permanenza di schemi abitudinari
che impediscono il cambiamento.
La progettazione per concetti è più attenta ai modi con cui l’alunno apprende e ai caratteri
distintivi dei diversi saperi. Il punto di partenza è l’analisi epistemologica dei contenuti culturali
– per individuare i concetti chiave e precisare i significati fondamentali che si intende far
acquisire – da connettere allo sviluppo della conoscenza da parte degli alunni – passaggio dalla
“mappa ingenua” alla “mappa esperta” –. Il modello è caratterizzatio da una forte
concettualizzazione con il rischio di tecnicismo ed eccessiva astrattezza.
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MODELLI di PROGETTAZIONE
• Apertura alla definizione in itinere
• Attenzione alla processualità degli eventi
• Eccessiva indeterminatezza nella progettualità, rischio di improvvisazione, enfasi sull’esperienza
Per SFONDO INTEGRATORE
• Inversione logica tra progettazione e valutazione
• Apprendimento in chiave di competenza
• Attenzione ai contesti di realtà
• Complessità della progettualità
A RITROSO
• Attenzione all’esperienza e alla domanda esistenziale
• Costruzione della conoscenza e apprendimento cooperativo
• Prassi didattica centrata su compiti autentici
• Complessità nella progettazione
ERMENEUTICO-ESISTENZIALE
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La progettazione per sfondo integratore – diffusa in particolare nella scuola dell’infanzia – è un
modello più strategico ed attento alla processualità degli eventi, focalizzata sull’identificazione
di una cornice progettuale (un ambiente, un personaggio, un problema, …) quale contenitore
di un percorso didattico orientato allo sviluppo di specifici traguardi formativi. Aperta alla
definizione in itinere del percorso, progetta una linea di lavoro che precisa in funzione delle
risposte degli alunni. È attenta allo sviluppo del processo, tuttavia rischia l’eccessiva
indeterminatezza della scelte, l’improvvisazione, l’enfasi eccessiva sulla qualità dell’esperienza
formativa e la disattenzione ai contenuti culturali.
Il carattere distintivo della progettazione a ritroso è l’inversione della logica tra il momento
progettuale e quello valutativo. Si parte dalle scelte valutative per sviluppare poi gli altri aspetti
della progettazione didattica. Il presupposto di fondo è la concezione dell’apprendimento in
chiave di competenze con attenzione all’impiego degli apprendimenti sviluppati in contesti di
realtà. Il primo passo, perciò, è l’individuazione della competenza che si intende promuovere
per poi andare a strutturare il progetto formativo definendo la situazione problematica attorno
a cui sviluppare il percorso (contenuti implicati, attività e metodologie, modalità di
valutazione). Il momento progettuale appare piuttosto complesso, implicando una
“rivoluzione” di pensiero e di azione.
Elaborata all’interno della Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università Pontificia Salesiana,
la progettazione/didattica ermeneutico-esistenziale mette al centro l’alunno, la sua reale
condizione educativa e la sua domanda esistenziale. La progettazione considera le esperienze
di apprendimento che possono favorire la trasformazione della persona attraverso
l’acquisizione di competenze; valorizza la costruzione della conoscenza e l’apprendimento
cooperativo; assegna importanza strategica alla soluzione del compito autentico. Il momento
progettuale appare piuttosto complesso, poiché all’insegnante sono richieste abilità di
gestione di una didassi centrata su compiti autentici di apprendimento.
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Parte integrante della dimensione metodologica dell’insegnamento è la gestione della
mediazione tra l’alunno che apprende e il contenuto di IRC – con riferimento ai criteri di
efficacia sopra indicati –, per la quale l’IdR può servirsi di differenti approcci.
STRATEGIE
Cooperazione tra alunno e insegnante
Presentazione di concetti o modelli che fanno intuire le conoscenze da apprendere
Richiede notevoli abilità e conoscenze da parte dell’insegnante
Coinvolgimento
Interazione sociale fattore di motivazione
Facilita i processi di scoperta
Richiede molto tempo
Difficoltà a garantirela partecipazione di tutti
Rischio di non rimanere centrati sullo scopo e sul tema
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LEZIONE SOCRATICA DISCUSSIONE
La lezione euristica o socratica – aggettivazione necessaria per distinguerla dalla lezione
tradizionale – ha un carattere dialogico dato che l’insegnante alterna brevi esposizioni a
domande o frasi da completare per far riflettere, analizzare le conoscenze e discutere opinioni.
L’aspetto positivo è che insegnante e alunno cooperano nella costruzione della conoscenza; la
lezione può essere il momento in cui si presentano concetti o modelli che fanno intuire le
conoscenze da apprendere o i criteri del lavoro da svolgere; può essere “narrativa”, ossia
presentare una storia e avvalersi di supporti visivi e multimediali. L’aspetto critico è che richiede
all’insegnante conoscenze approfondite e abilità a motivare e coinvolgere l’alunno.
La discussione, quale scambio-confronto di idee tra insegnante e studenti, rende strategico il
coinvolgimento e l’interazione sociale per sollecitare lo scambio di opinioni, la
problematizzazione, lo sviluppo di un'argomentazione condivisa e per attivare processi di
scoperta. È una metodologia che richiede molto tempo e impegna l’insegnante a garantire la
partecipazione a tutti; all’attenzione a quelle dinamiche relazionali che possono produrre
effetti paralizzanti o controproducenti; può rendere difficile il rimanere centrati sullo scopo e
sul contenuto.
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STRATEGIE
Proposta di scenari molto vicini a situazioni della vita reale
Sviluppa abilità di risoluzione dei problemi
Richiede tempo
Rischio di decisione superficiale
Gruppo quale risorsa
Sostegno reciproco
Diversità dei contributi e delle prospettive «fonte» del lavoro
Rischi di dinamiche disfunzionali e irrigidimento dei ruoli
Difficoltà a rimanere centrati sul compito
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STUDIO DEL CASOAPPRENDIMENTO
COOPERATIVO
Lo studio del caso unisce le caratteristiche della lezione socratica, della narrazione e della
simulazione. L'insegnante presenta o aiuta a ricostruire una situazione reale o verosimile su cui
formulare ipotesi e valutare varianti. Lo studente è posto davanti a situazioni reali in cui
potrebbe trovarsi nella vita reale; sviluppa le abilità di risoluzione dei problemi, le capacità di
discussione. Tuttavia, questa strategia richiede molto tempo e si corre il rischio che la decisione
presa dall’alunno non sia frutto di analisi approfondita e valutazione corretta.
Nell’apprendimento cooperativo il “gruppo” degli alunni è considerato una risorsa per
l’apprendimento; i gruppi possono essere costituiti per interesse, livello di abilità, integrazione
di competenze diverse. Suoi punti di forza sono l’integrazione delle risorse nel gruppo, il
sostegno reciproco la diversità dei contributi e delle prospettive per l’arricchimento del lavoro
del gruppo. I rischi maggiori sono connessi all'autonomia alle dinamiche disfunzionali,
all’irrigidimento dei ruoli, alle difficoltà a rimanere centrati sul compito.
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STRATEGIE
Interazione sociale
Approccio euristico
Problema condiviso
Concretezza veicolata dal compito
Prerequisiti necessari al gruppo
Tempi più lunghi
Problemi di trasferibilità
Motivazione alla soluzione di problemi
Applicazione e valutazione di soluzione alternative
Richiede disponibilità alla simulazione
Coinvolgimento personale che potrebbe mettere in difficoltà
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PROBLEM SOLVING SIMULAZIONE
Il problem solving è una forma di apprendimento focalizzata su un problema condiviso da
risolvere che stimola alla formulazione di ipotesi e a successivi tentativi di verifica. Il gruppo,
centrato sul compito, adotta un approccio euristico al problema e lavora concretamente per
arrivare ad un prodotto connesso problema da risolvere. Aspetti critici di questa strategia sono
i prerequisiti relazionali necessari al gruppo, tempi più lunghi, problemi di trasferibilità, di
utilizzo per tutti i campi di apprendimento.
La simulazione o role plaiyng – la prima è più teorica concretizzandosi nel "facciamo l'ipotesi che
...", la seconda si riferisce alla drammatizzazione in cui i soggetti immaginano di svolgere dei
ruoli e di identificarsi con specifici personaggi in determinati contesti e comportarsi
conseguentemente – motiva alla soluzione di problemi e all’applicazione e valutazione di
soluzioni alternative; favorisce l’apprezzamento di altri punti di vista. La criticità sta nel fatto
che richiede disponibilità alla simulazione e un coinvolgimento personale che potrebbe mettere
in difficoltà.
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STRATEGIE
Attività «oltre» la semplice applicazione di procedure
Coinvolgimento nella progettazione
Prerequisiti necessari al gruppo
Tempi più lunghi
Coinvolgimento
Apertura a differenti punti di vista
Valorizzazione delle risorse del gruppo
Difficoltà di pertinenza al tema e allo scopo del confronto
Difficoltà di rielaborazione condivisa
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PROGETTO e RICERCA BRAIN STORMING
Progetto e metodologia della ricerca, in realtà, integrano diverse tecniche poiché si configura
come un processo di continuo problem solving in cui chi apprende formula e riformula
domande, discute idee, fa previsioni, progetti o esperimenti, raccoglie e analizza dati, trae
conclusioni, comunica le proprie idee agli altri, formula nuove domande e crea prodotti. I punti
di forza sono la richiesta di attività non riducibili alla semplice applicazione di procedure e il
coinvolgimento degli studenti nella definizione del tema e della metodologia. I punti deboli
sono la necessità di prerequisiti relazionali nel gruppo e tempi più lunghi.
La metodologia del brainstorming o espressione libera sollecita alla partecipazione attiva
liberando le risorse di creatività ed energia. Coinvolgimento, spinta ad aprirsi a differenti punti
di vista, valorizzazione delle risorse del gruppo sono i suoi aspetti positivi, così come la
difficoltà di restare pertinenti al tema e allo scopo del confronto e del passaggio alla
rielaborazione condivisa costituiscono i suoi aspetti più critici.
Le strategie didattiche illustrate sono e possono essere utilizzate dagli IdR – è importante
sottolinearlo – se la sua mediazione mette in relazione un gruppo di alunni numericamente
significativo con i contenuti disciplinari. Diversamente non sarebbe possibile affidare a micro-
gruppi compiti di apprendimento per costruire una conoscenza da diffondere a tutta la classe o
per preparare discussioni focalizzate su un tema o condividere in macro-gruppo le riflessioni dei
singoli gruppi di lavoro. Le metodologie che richiedono tempi lunghi potrebbero scoraggiare gli
IdR compressi dalle poche ore annuali: è tuttavia possibile scegliere anche quelle se
consapevoli dell’opportunità di essenzializzare la proposta dei contenuti disciplinari.
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I MEDIATORI DIDATTICIATTIVI ICONICI ANALOGICI SIMBOLICI
Per ricostruire l’esperienza di realtà
Racconto, narrazione, attività di interazione verbale, brainstorming
Privilegiano una rappresentazione della realtà attraversoimmagini
Foto, vignette illustrative, riprese filmiche, figurazioni schematiche
Trasformano la realtà in contesti simulati
Giochi del «far finta», drammatizzazioni e simulazioni
Rappresentano la realtà attraverso simboli.
Lettere alfabetiche, numeri, segni concettuali, segni convenzionali
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Nell’ambito metodologico, è importante il riferimento alla classificazione proposta da Elio
Damiano dei mediatori didattici ossia modalità e codici comunicativi diversi per mettere in
relazione alunni e contenuti da apprendere.
Attivi – racconto, narrazione, lettura, interazione verbale ma anche uscite didattiche e
osservazioni di fenomeni naturali, … – utilizzabili per ricostruire l'esperienza di realtà
all’interno del contesto didattico. Si qualificano per la consistenza fisico-percettiva con
cui si approccia il contenuto e per la motivazione che suscitano. Poiché fortemente
contestualizzati, possono presentare problemi di fattibilità.
Iconici – vignette, disegni, riprese filmiche, fotografie, figurazioni schematiche, … –
privilegiano una rappresentazione della realtà attraverso immagini visive. Si
caratterizzano per la possibilità di concentrare e organizzare l'informazione e per la
possibilità di analisi dei contenuti culturali. Tuttavia la centralità dell'attività percettiva e
l'ambiguità del significato che possono generare soprattutto in riferimento a concetti
astratti richiedono operazioni di decodifica e interpretazione.
Analogici – simulazione, giochi di ruolo, giochi di simulazione, … trasformano la realtà in
contesti simulati in relazione di analogia con la realtà. Sono esperienze estremamente
significative sia a livello emozionale sia a livello cognitivo; permettono di considerare la
complessità dei fenomeni e di poter manipolare alcune variabili in funzione
dell'apprendimento. Possono, però, creare problemi in relazione alla chiara distinzione
tra simulazione e realtà e ai cambiamenti di ruoli.
Simbolici – uso del linguaggio verbale e scritto, simboli, codificazioni, … –
rappresentano la realtà attraverso simboli. La loro tendenziale astrattezza ottimizza il
rapporto tra informazioni e tempo e permette di considerare una gamma infinita di
esperienze. Possono creare problemi data la loro distanza con l'esperienza reale e per i
rischi di distorsione e di ambiguità semantica connessi all'uso della parola.
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Per un approfondimento, si propone un focus su alcune tecniche definite attive perché attività
in cui all’alunno/agli alunni è richiesta la partecipazione attiva e consapevole nel processo di
apprendimento. Sono metodiche che contestualizzano l’apprendimento in situazioni reali,
vicine all’esperienza diretta degli alunni.
TECNICHE ATTIVE
APPRENDIMENTO COOPERATIVO
Motivazione
Interazione
Complessità
Cooperazione
PASSAGGI «chiave»
Identificare il focus di lavoro
Strutturare e organizzare il lavoro dei gruppi
Analizzare i materiali e le risorse disponibili
Svolgere le attività, monitorare e supportare il lavoro dei gruppi
Analizzare il progresso e il processo
Definire indicazioni correttive e migliorative
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Per l’apprendimento cooperativo, si sottolinea che l’apprendimento in un contesto di
interazione è più efficace perché gli alunni giungono assieme a costruire la conoscenza con il
contributo di tutti e attraverso l’esperienza e un percorso strutturato e progressivo. Positive
sono le ricadute sull’autostima personale per il clima di fiducia reciproca che si crea,
sull’assunzione di responsabilità e sull’accettazione dell’altro e la tolleranza verso la diversità.
Elementi critici restano la necessità che il gruppo abbia acquisito le competenze sociali
fondamentali per la cooperazione e che l’insegnante pensi, pianifichi e prepari l’apprendimento
cooperativo sia per evitare che si sottovalutino i contenuti disciplinari, sia che si penalizzino gli
alunni migliori chiamati ad essere “trascinatori” degli altri.
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TECNICHE ATTIVE
STUDIO DI CASI
Dal contenuto concreto alla generalizzazione e formalizzazione
Ribaltamento della logica dell’insegnamento
TIPOLOGIE
Per DECISIONI
Per ANALISI del PROBLEMA
«STORIE» come ESEMPI
FASI
Ricostruzione
Analisi critica
Sostituzione e discussione
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Lo studio di casi comprende tre tipologie principali: 1. casi orientati alle decisioni, in cui agli
alunni vengono presentati i problemi che devono essere affrontati e le decisioni che devono
essere prese dal/dai protagonista/i di una storia, fornendo dati e informazioni su cui basare le
decisioni da assumere; 2. casi orientati all’individuazione e all’analisi di problemi, in cui agli
alunni viene presentato un documento e l’insegnante propone una sequenza di domande per
analizzare e valutare le problematiche del caso; 3. casi in cui si presentano storie concluse, da
utilizzarsi come modelli esemplificativi. L’aspetto più critico è legato alla capacità del gruppo di
immergersi nell’esperienza presentata sapendosene distanziare per cogliere gli elementi di
generalizzazione.
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TECNICHE ATTIVE
PROGETTO e RICERCA-AZIONE
PROCESSO continuo di PROBLEM SOLVING
COMPLESSITÀ
Percorso EURISTICO
FASI
Identificazione del/i problema/i da risolvere
Formulazione delle ipotesi di cambiamento e dei piani di implementazione
Applicazione delle ipotesi nei contesti-obiettivo
Valutazione dei cambiamenti intervenuti
Approfondimento e diffusione
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La didattica per progetti e ricerca-azione dà modo agli alunni di immergersi in una situazione
studiata e di raccordare quanto si studia con la vita, i saperi formalizzati con l’esperienza di
realtà. Favorisce l’atteggiamento di ricerca e la responsabilità progettuale degli alunni,
rinforzando l’autonomia. Il raccordo con l’attività curricolare è ancora un aspetto problematico,
dato che spesso i “progetti” tendono a restare separati dall’ordinaria attività didattica; ma lo è
anche la possibilità che si tenda alla realizzazione di un prodotto dimenticando il valore
formativo della ricerca-azione.
TECNICHE ATTIVE
GIOCHI DI RUOLO
Simulazione
Immedesimazione dell’esperienza
Esplorazione, analisi e comprensione empatica
Distanziamento
Azione, riflessione e rielaborazione
PASSAGGI «chiave»
Identificare ed esplicitare i problemi
Analizzare e assegnare i ruoli
Definire le linee d’azione
Decidere «che cosa» osservare e «chi» osserva
Recitazione
Riflessione critica
Condivisione dell’esperienza e generalizzazione
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I giochi di ruolo permettono di immergersi nell’esperienza attraverso l’azione simulata con
un’esplorazione attenta ai diversi piani di analisi – cognitivo, emotivo, relazionale, culturale, …
– e di rielaborare tale esperienza attraverso la riflessione. Favoriscono la comprensione
empatica e il confronto sociale. Un problema aperto è rappresentato dalla riflessione, che deve
essere gestita in modo funzionale ai traguardi formativi.
TECNICHE ATTIVE
FLIPPED LESSON
Lavoro di acquisizione dei contenuti a casa
Lavoro di rielaborazione a scuola
Apprendimento come rielaborazione
Duplice inversione nella fruizione dei contenuti e nella rielaborazione con ruolo docente a supporto
IL PROCESSO
Lanciare la sfida per motivare e avviare l’attività per «conquistare» gli obiettivi disciplinari
Condivisione e negoziazione di argomenti, metodologie, attività
Scoperta attraverso l’apprendimento cooperativo e la costruzione di conoscenze
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La flipped lesson rappresenta il capovolgimento della dinamica didattica tradizionale, dato che
si sposta l’acquisizione dei contenuti a casa, attraverso un approccio individuale ai contenuti
stessi mediato da testi, video, …, mentre la classe è il luogo della rielaborazione dei contenuti
attraverso il loro impiego in contesti reali o per affrontare problemi complessi. Perciò questa
metodologia realizza una duplice inversione: 1. la fruizione dei contenuti è prevista fuori della
scuola e in modo individuale come primo approccio ai contenuti di sapere realizzata attraverso
una pluralità di fonti (libro di testo, articoli, video, siti, …) e con la mediazione dell’insegnante.
2. alla rielaborazione si dedica una parte rilevante e significativa del lavoro d’aula, con il
recupero di quanto appreso dall’alunno, la spiegazione di aspetti complessi, con la messa in
gioco dei contenuti di sapere per affrontare compiti più complessi. La partecipazione attiva
degli alunni può rappresentare un aspetto problematico, che chiama l’insegnante ad essere
attento motivatore degli alunni.
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Il panorama di progettazione e strategie didattiche cui l’IdR può guardare per dirigere
efficacemente la propria azione didattica è certo ampio. Alcune tipologie di progettazione e di
metodologie sono maggiormente congruenti con l’assunzione del costrutto pedagogico di
competenza, perché permettono di accompagnare e supportare gli alunni nello sviluppo di
competenze disciplinari, sociali, per la vita. La professionalità metodologica dell’IdR che voglia
proporre un apprendimento significativo di IRC orienta decisamente verso la comprensione di
un IRC che sia e sappia sempre più diventare “laboratorio”. Ciò significa non solo pensare la
propria aula come contesto di apprendimento attraverso l’esperienza, la cooperazione, la
ricerca, l’interpretazione e il confronto dialogico, ma anche fare proprio uno stile di
insegnamento che riserva per sé il ruolo di regista di attività ed assegna all’alunno/agli alunni il
ruolo di attore/i. Mettere al centro l’alunno significa anche accompagnarlo, sostenerlo con
fiducia e autorevolezza nel suo processo di apprendimento verso lo sviluppo di competenze.
Per l’IdR essere regista dell’azione didattica significa impegnarsi a costruire e curare l’ambiente
di apprendimento; riconoscere che il gruppo classe è una risorsa necessaria; finalizzare la
propria proposta di contenuti alla crescita della persona, attraverso l’acquisizione di
competenze “per la vita”. Lo stile di insegnamento “laboratoriale”, infine, è la possibilità di
essere “insegnante strategico” che propone i contenuti disciplinari perché siano “chiavi di
lettura” della realtà, strumenti per “dare senso” a ciò che accade (esperienza, cultura, …) e
possibilità di indossare lenti che permettano di guardare “oltre” la realtà così da aprirsi alla
Trascendenza.
L’IRC un «LABORATORIO»
Uno STILE di INSEGNAMENTO
• mette al centro l’alunno/lo studente, lo accompagna e lo sostiene con fiducia e autorevolezza
• costruisce e cura l’ambiente di apprendimento
• riconosce nel gruppo una «risorsa»
• orienta alle competenze e finalizza alla crescita della persona
• favorisce processi di interpretazione per «dare senso» alla realtà e guardare «oltre»
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Bibliografia essenziale
Bonaiuti Giovanni-Calvani Antonio-Ranieri Maria, Fondamenti di didattica, Carocci Editore,
Roma 2009
Carnevale Cristina, Progettare per competenze nell’IRC, Elledici-Il Capitello, Torino 2013
Castoldi Mario, Didattica generale, Mondadori Education, Milano 2015
Guasti Lucio, Didattica per competenze, Erickson, Trento 2012
Polito Mario, Comunicazione positiva e apprendimento cooperativo, Erickson, Trento 2003
Marchioni Giovanni, Percorsi didattici per l’IRC, Elledici, Leumann (TO), 2011
Trenti Zelindo-Pastore Corrado (a cura), Insegnamento della Religione: competenza e
professionalità, Elledici, Torino 2013
Zuccari Giuseppina, L’insegnamento della religione cattolica. Aspetti psicopedagogici e strategie
metodologico-didattiche, Elledici-Il Capitello, Leumann 2003