Modelli analitici di capacità per archi di muratura ...

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Keywords: archi di muratura, analisi limite, assessment di edifici esistenti, tecniche di rinforzo, lavori virtuali. ABSTRACT La procedura di analisi limite contemplata dalla NTC-08 e relativa Circolare esplicativa n. 617/2009, per la valutazione del livello di sicurezza di strutture murarie nei confronti di possibili meccanismi locali, è applicata in questo lavoro agli archi a profilo circolare. Le equazioni ottenute consentono di eseguire valutazioni rapide del livello di sicurezza sismica di archi esistenti e di progettare eventuali interventi di rafforzamento al loro estradosso. Partendo da un caso di studio, si presenta un’analisi di sensitività dell’indice di rischio dell’arco considerato, al variare dei principali parametri geometrici rappresentativi di forma e consistenza dell’arco. I risultati ottenuti forniscono un insieme d’indicazioni qualitative sulla risposta sismica che sono in pieno accordo con l’interpretazione fisica del fenomeno. 1 INTRODUZIONE Le strutture di muratura ad asse curvilineo sono oggetto di studio da almeno due millenni. Tuttavia, mentre per secoli l’estro artigianale dei capomastri era sapientemente indirizzato verso forme dettate dall’intuizione strutturale e dall’esperienza, in epoca moderna la comunità scientifica si è dotata di strumenti matematici per descrivere analiticamente il comportamento di tali strutture. Tra le varie formulazioni proposte nei secoli, da quelle di tipo grafico (Poleni 1748, Mèry 1840) fino alle più recenti modellazioni micro e macromeccaniche (Brasile et al. 2007a-b, Lourenço 1996), quelle basate sull’uso dell’analisi limite (Heyman 1966-1969) meglio si prestano, soprattutto in presenza di azioni sismiche, alla valutazione della sicurezza e alla progettazione degli interventi di rafforzamento. Non è un caso, infatti, che la stessa Circolare esplicativa n. 617/2009, nell’Appendice C8A.4, suggerisce l’uso del teorema cinematico dell’analisi limite per valutare, tramite l’equazione (C8A.4.1), la sicurezza delle strutture murarie nei confronti dei meccanismi locali. Nel presente lavoro è stato seguito questo approccio applicando la suddetta equazione al caso degli archi di muratura, anche in presenza di rinforzi, e pervenendo a formulazioni analitiche che sono di immediato impiego anche nella pratica professionale. 1.1 Dall’intuito medioevale alle teorie di Heyman: la stabilità di archi e volte tra proporzioni geometriche e modelli analitici Le prime teorie statiche su archi, volte e cupole, dotate di una base teorica accompagnata da semplici sviluppi analitici, risalgono al XVII secolo. Prima di questo periodo, gli studi erano a carattere empirico, per lo più orientati alla misura di certe grandezze geometriche che supportassero le intuizioni statiche degli studiosi. È il caso, ad G. Monti 1 , M. Vailati 1 , A. Gaetani 2 , A. Paolone 2 Dipartimento di Ingegneria Strutturale e Geotecnica, Sapienza Università di Roma 1 Via A. Gramsci, 53 – 00198 Roma 2 Via Eudossiana, 18 – 00184 Roma Modelli analitici di capacità per archi di muratura rinforzati soggetti ad azioni sismiche

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Keywords: archi di muratura, analisi limite, assessment di edifici esistenti, tecniche di rinforzo, lavori virtuali.

ABSTRACT La procedura di analisi limite contemplata dalla NTC-08 e relativa Circolare esplicativa n. 617/2009, per la valutazione del livello di sicurezza di strutture murarie nei confronti di possibili meccanismi locali, è applicata in questo lavoro agli archi a profilo circolare. Le equazioni ottenute consentono di eseguire valutazioni rapide del livello di sicurezza sismica di archi esistenti e di progettare eventuali interventi di rafforzamento al loro estradosso. Partendo da un caso di studio, si presenta un’analisi di sensitività dell’indice di rischio dell’arco considerato, al variare dei principali parametri geometrici rappresentativi di forma e consistenza dell’arco. I risultati ottenuti forniscono un insieme d’indicazioni qualitative sulla risposta sismica che sono in pieno accordo con l’interpretazione fisica del fenomeno.

1 INTRODUZIONE

Le strutture di muratura ad asse curvilineo sono oggetto di studio da almeno due millenni. Tuttavia, mentre per secoli l’estro artigianale dei capomastri era sapientemente indirizzato verso forme dettate dall’intuizione strutturale e dall’esperienza, in epoca moderna la comunità scientifica si è dotata di strumenti matematici per descrivere analiticamente il comportamento di tali strutture.

Tra le varie formulazioni proposte nei secoli, da quelle di tipo grafico (Poleni 1748, Mèry 1840) fino alle più recenti modellazioni micro e macromeccaniche (Brasile et al. 2007a-b, Lourenço 1996), quelle basate sull’uso dell’analisi limite (Heyman 1966-1969) meglio si prestano, soprattutto in presenza di azioni sismiche, alla valutazione della sicurezza e alla progettazione degli interventi di rafforzamento.

Non è un caso, infatti, che la stessa Circolare esplicativa n. 617/2009, nell’Appendice C8A.4,

suggerisce l’uso del teorema cinematico dell’analisi limite per valutare, tramite l’equazione (C8A.4.1), la sicurezza delle strutture murarie nei confronti dei meccanismi locali.

Nel presente lavoro è stato seguito questo approccio applicando la suddetta equazione al caso degli archi di muratura, anche in presenza di rinforzi, e pervenendo a formulazioni analitiche che sono di immediato impiego anche nella pratica professionale.

1.1 Dall’intuito medioevale alle teorie di Heyman: la stabilità di archi e volte tra proporzioni geometriche e modelli analitici

Le prime teorie statiche su archi, volte e cupole, dotate di una base teorica accompagnata da semplici sviluppi analitici, risalgono al XVII secolo. Prima di questo periodo, gli studi erano a carattere empirico, per lo più orientati alla misura di certe grandezze geometriche che supportassero le intuizioni statiche degli studiosi. È il caso, ad

G. Monti1, M. Vailati1, A. Gaetani2, A. Paolone2 Dipartimento di Ingegneria Strutturale e Geotecnica, Sapienza Università di Roma 1Via A. Gramsci, 53 – 00198 Roma 2Via Eudossiana, 18 – 00184 Roma

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esempio, di Leonardo da Vinci (1495), che già intuiva, come del resto il suo illustre predecessore Vitruvio (ca. 15 a.C.), il meccanismo di portanza dell’arco secondo il quale esso applica alle imposte una spinta verso l’esterno che tende a ribaltare i piedritti.

Prima di questi rinomati esempi, si distinsero per l’uso disinvolto delle strutture ad arco, quasi a contravvenire alle leggi della fisica, i costruttori di epoca medievale (V-XV sec.). A loro si devono virtuosismi strutturali in cui le forze sono sapientemente canalizzate a terra secondo rigide regole di composizione vettoriale. Come ebbe modo di sottolineare anche Viollet-le-Duc: “Costruivano con l’istinto di una raffinata teoria, approssimando la forma degli archi a quella della curva delle pressioni”.

Con l’epoca moderna (XVI-XVIII sec.) l’empirismo lascia il posto alle prime teorie statiche sul comportamento meccanico di archi e volte. Su tutti si ricordano le memorie di de La Hire (1730-1731) e di Couplet (1731-1732), pubblicate dall’Académie Royale des Sciences.

Al primo si devono alcuni concetti di fondamentale importanza nella modellazione del comportamento strutturale degli archi: − la cinematica dell’arco è interpretata come

sistema articolato di corpi rigidi; − si ricorre al concetto di “cuneo” in parallelo

a quello di “leva” di medievale memoria, per studiare la mutua spinta dei conci e l’equilibrio dei piedritti;

− si dimensiona il piedritto con riferimento ad una configurazione limite cinematicamente ammissibile, anticipando in tal modo il calcolo a rottura.

Gli studi che si susseguirono per tutto il secolo

successivo ebbero come base teorica proprio questi principi. Fu ad esempio Couplet a introdurre il concetto di cerniera di rotazione, tutt’oggi caposaldo dell’analisi limite.

Altri contributi scientifici di grande interesse sono ascrivibili a Coulomb (1776), il quale, introducendo l’attrito e la coesione fra i blocchi, riconfigurò la cinematica dell’arco in condizioni limite.

Con i contributi di Mascheroni (1785), che formalizzò in maniera compiuta il calcolo limite, e di Salimbeni (1787), che definì un’equazione generale della curva di equilibrio di una volta reale di spessore finito, si conclude il periodo di massimo sviluppo delle teorie sull’arco.

In epoca contemporanea è doveroso ricordare, invece, gli importanti contributi di Heyman (1966-1969) orientati allo studio dei solidi non reagenti a trazione.

Il rinnovato interesse allo studio della meccanica delle strutture arco-voltate è oggi legato all’accresciuta sensibilità verso il costruito esistente e alla necessità di gestire, con un approccio in conoscenza prima che in scienza, le tecniche progettuali e costruttive storiche.

2 POSIZIONE DEL PROBLEMA La metodologia proposta si basa sulle ipotesi

riportate nell’Appendice alla Circolare esplicativa n. 617/2009. Essa ricorre ai metodi dell’analisi limite, assumendo per l’arco un modello a macroelementi rigidi a un grado di labilità, secondo schemi cinematicamente ammissibili.

Riguardo alle proprietà dei materiali, si ritengono pertanto valide le ipotesi di (Heyman 1966), qui di seguito riassunte: − la muratura non ha resistenza a trazione; − non è ammesso lo scorrimento relativo

all’interfaccia tra i blocchi; − la resistenza a compressione della muratura

si considera infinita. Ciò equivale ad ammettere che due conci

contigui dell’arco possono ruotare in modo relativo solo intorno ad uno degli spigoli (cerniere) del giunto da essi delimitato.

In altri termini, detto t lo spessore dell’arco, il comportamento meccanico dei giunti è descritto dal diagramma d’interazione M-N delimitato da due semirette di equazione M = ± N t/2 (rette a e b di Figura 1).

Stanti le ipotesi testé menzionate, il raggiungimento dello stato limite ultimo dell’arco si verifica a seguito della formazione di quattro cerniere, ovvero della suddivisione della struttura in un sistema articolato di tre corpi rigidi.

La posizione delle cerniere nel meccanismo di collasso effettivo è stabilita attraverso una procedura di minimizzazione dell’equazione dei lavori virtuali, basata su tecniche di programmazione lineare.

Figura 1. Dominio d’interazione per i giunti nelle ipotesi di Heyman (1966).

O

M

N

a

b

3 LA METODOLOGIA PROPOSTA

3.1 Descrizione geometrica del meccanismo di collasso sotto forze orizzontali

Il meccanismo di collasso dell’arco per forze orizzontali è caratterizzato dalla formazione di quattro cerniere Pi (i=0,1,2,3) disposte in maniera alternata tra intradosso ed estradosso.

Nel caso di archi integri, assegnato il verso delle azioni orizzontali, delle quattro cerniere, solo P3 è fissata a priori. In particolare, essa è localizzata all’estradosso dell’imposta di ascissa positiva se le forze sono dirette nel verso positivo delle x (Figura 2) (Como 2010), all’estradosso dell’altra imposta in caso contrario. Le posizioni delle restanti tre cerniere costituiscono le incognite rispetto alle quali si minimizza il moltiplicatore delle azioni orizzontali.

A seguito della formazione del cinematismo, si assume che le tre porzioni di struttura designate in Figura 2 con I, II e III si comportino come blocchi rigidi. Ciascuno di questi è costituito da tre sottoelementi rappresentativi dei conci di arco, del sovrastante riempimento e della soletta di estradosso.

Dal punto di vista geometrico, i conci sono individuati da segmenti radiali di ascissa angolare φi (Figura 2) passanti per le cerniere, mentre i restanti elementi da rette verticali passanti per gli spigoli di estradosso dei conci.

Figura 2. Cerniere (P0, P1, P2, P3) e blocchi rigidi (I, II, III) coinvolti nel meccanismo di collasso per forze orizzontali.

Figura 3. Insieme dei vettori orizzontali e verticali rappresentanti, rispettivamente, le forze orizzontali Hi e verticali Gi + Vi applicate nei baricentri dei nove sottoelementi costituenti l’arco.

3.2 Parametri inerziali Le forze agenti sul sottoelemento i-esimo

(i=1,…,9), applicate nel centro d’area Ci, constano: della forza peso Gi e delle forze statiche equivalenti al sisma – valutate secondo lo spettro di progetto fornito dalla NTC-08 – sia orizzontali Hi sia verticali Vi (Figura 3).

In ottemperanza alle disposizioni contenute nella Circolare esplicativa n. 617/2009 al punto C8A.4.2.3, il calcolo dell’accelerazione di domanda a può essere condotto in forma semplificata tenendo conto del fattore di comportamento q, mediante la relazione:

( ) ( )qzTS

a e γψ1= (1)

Dalla (1) si evince che la domanda dipende dal primo periodo di vibrazione T1 della struttura cui l’elemento appartiene e dalla quota z di quest’ultimo rispetto al piano di campagna. Stante il ruolo dell’arco negli usuali contesti strutturali, appare ragionevole assumere le seguenti ipotesi conservative: a) ordinata spettrale Se pari al valore massimo, e b) ψ(z) unitario.

Ciò consente di evitare il calcolo del periodo proprio dell’intera struttura e di semplificare le espressioni delle accelerazioni di domanda orizzontale, aH, e verticale, aV, mediante le relazioni:

FCq

FSSaaH

TSgH γ1

0= (2)

FCqg

aFSSaa

V

gTSgV

135,10 ⎟⎟

⎜⎜

⎛= (3)

il cui significato dei simboli è quello di Tabella 1.

Tabella 1. Significato dei simboli delle Equazioni (2) e (3).

Simbolo Definizione

ag accelerazione orizzontale max su bedrock

SS coefficiente di suolo

ST coefficiente di topografia

Fo fattore di amplificazione orizzontale

qH = 2,0 fattore di comportamento (azioni orizzontali)

qV = 1,5 fattore di comportamento (azioni verticali)

γ coefficiente di partecipazione modale: γ=3N/(2N+1), dove N è il numero dei piani dell’edificio in cui è posto l’arco

FC=1,35 fattore di confidenza

Poiché si considera la muratura infinitamente resistente a compressione, la norma (§C8A.4.2.2 della Circolare esplicativa n. 617/2009) propone di ridurre la capacità attraverso il fattore di confidenza FC=1,35 che si riferisce al livello di conoscenza LC1.

Nelle equazioni (2) e (3) tale aspetto è stato tenuto in conto incrementando la domanda della stessa quantità.

Figura 4. Meccanismo di collasso dell’arco nel caso di forze sismiche orizzontali e verticali.

3.3 Descrizione cinematica del meccanismo di collasso

La formazione delle quattro cerniere fa sì che la struttura divenga una catena cinematica costituita da tre corpi rigidi incernierati, la cui generica configurazione è descritta da un solo parametro lagrangiano (θ in Figura 4).

Per la struttura in esame, i corpi I e III hanno centri di rotazione PI e PIII, rispettivamente coincidenti con le cerniere P0 e P3, mentre il corpo II ha centro di rotazione nel punto PII, intersezione delle rette congiungenti le coppie di centri P0-P1 e P2-P3.

3.4 Valutazione dell’indice di rischio dell’arco Assegnata una posizione fittizia alle cerniere

P0, P1, P2, è possibile porre il lavoro virtuale delle forze agenti nella forma:

0=+ SG LL λ (4)

dove:

∑=

=9

1iGiiG vGL (5)

è il lavoro delle forze peso e

( )

( ) ii

GiVVGiHH

iGiiGiiS

Gvaha

vVhHL

=

=

+=

=+=

9

1

9

1

αα (6)

è il lavoro delle forze sismiche, funzione delle accelerazioni aH e aV e dei coefficienti di combinazione sismica αH e αV (§7.3.5 NTC-08). È appena il caso di osservare che le forze sismiche orizzontali e verticali sono state fatte variare con lo stesso moltiplicatore λ.

Di qui, con riferimento alla generica posizione delle cerniere P0, P1, P2, il moltiplicatore dei carichi sismici si ottiene dalla relazione:

( )S

G

LL

P,P,Pλ −=210 (7)

L’applicazione del teorema cinematico dell’analisi limite consente di determinare il minimo valore del moltiplicatore di collasso attraverso una procedura di minimizzazione vincolata, le cui condizioni di vincolo sono:

( ) 0210 >= P,P,Pλλ (8)

Δϕi ≥15° , i = I, II, III (9)

dove Δφi è la distanza angolare fra le cerniere che delimitano l’i-esimo blocco rigido.

Poiché l’Eq. (7) esprime il rapporto fra la capacità e la domanda dell’arco, l’esito della minimizzazione consente di esprimere un giudizio sulla sicurezza sismica dello stesso. Nel seguito, tale rapporto sarà denominato indice di rischio.

4 INTERVENTI DI RAFFORZAMENTO La formulazione proposta per la valutazione

della sicurezza sismica di un arco in muratura è stata estesa anche a comprendere possibili interventi di rafforzamento.

Una tipica tecnica d’intervento basata sull’alleggerimento del materiale di riempimento è, ad esempio, facilmente trattabile intervenendo sui pesi Gi.

A scopo esemplificativo, si esaminano altri due tipici interventi che prevedono l’applicazione all’estradosso dell’arco di: − fasce di materiale composito (§4.1), oppure − tiranti di precompressione di acciaio (§4.2). Diversi sono i vantaggi di questi tipi

d’intervento, sia in termini strutturali sia di rispetto formale del bene architettonico: sono

infatti entrambi poco invasivi e non modificano le masse interessate al moto sismico; inoltre, sono entrambi immediatamente riconoscibili ed eventualmente reversibili.

4.1 Fasce di materiale composito Come osservato in precedenza, l’arco diventa

un meccanismo a seguito della formazione di quattro cerniere. La preclusione di almeno una di queste eviterebbe la formazione del meccanismo con conseguente recupero dell’efficienza statica.

Il rinforzo mediante fasce in materiale composito (Figura 5) ben si presta a tale compito poiché conferisce resistenza a trazione alla muratura, andando a ostacolare la formazione della cerniera dal lato opposto a quello rinforzato (Foraboschi 2004).

Figura 5. Arco rinforzato con fasce di materiale composito. Com’è noto, in presenza di rinforzi in

materiale composito, la crisi può avvenire secondo le seguenti modalità: − distacco del rinforzo (debonding); − rottura del rinforzo.

Aggiungendo il contributo del rinforzo

all’Equazione (7), si ottiene:

( )S

CG

LLLP,P,Pλ +

−=210 (10)

dove, con riferimento alle notazioni di Figura 5,

2δCC FL = (11)

dove FC è la resistenza del rinforzo (minore fra quella di distacco e quella di rottura) e δ2 è l’allungamento virtuale del rinforzo all’estradosso in corrispondenza della cerniera P2. La soluzione è conseguibile in maniera analoga a quanto visto in precedenza mediante la procedura di minimizzazione vincolata.

4.2 Tiranti di precompressione di acciaio Questa tecnica di rafforzamento prevede la

messa in opera di cavi metallici post-tesi all’estradosso dell’arco in muratura (Jurina 1999).

Rispetto alla tecnica con fasce di materiale composito, questa offre un duplice contributo al

lavoro stabilizzante: uno, analogo a quello visto per il rinforzo di materiale composito, dato dalla massima forza di tesatura nel cavo NP per lo spostamento virtuale δ2; l’altro, prodotto dal carico pN equivalente alla precompressione:

e

PN R

Np = (12)

con Re il raggio dell’estradosso dell’arco. Su ciascun blocco rigido, tale carico distribuito

produce risultanti le cui componenti orizzontali e verticali, Nhi e Nvi, lavorano negli spostamenti baricentrici, hGi e vGi.

In questo caso, l’Equazione (7) assume pertanto la forma:

( )S

NG

LLLP,P,Pλ +

−=210 (13)

dove:

( )∑=

++=3

12

iGiViGiHiPN vNhNδNL (14)

Anche in questo caso, la soluzione è conseguibile in maniera analoga a quanto visto in precedenza mediante la procedura di minimizzazione vincolata.

5 ANALISI DI SENSIBILITÀ Sono state eseguite delle analisi di sensibilità

sul caso studio illustrato in Figura 6, i cui dati geometrici e meccanici sono riassunti in Tabella 2.

Per l’azione sismica, definita per lo SLC, si è fatto riferimento ai parametri riportati in Tabella 3.

Inoltre, poiché in questo caso particolare N=1, l’espressione del coefficiente di partecipazione modale assume valore unitario.

Tabella 2. Parametri geometrici del caso di studio.

Simbolo Valore Descrizione

t 0,50m spessore dell’arco

Ri 10,20m raggio interno

Li 16,25m lunghezza corda interna (all’imposta)

Hr 4,75m altezza riempimento misurata dall’imposta

Hs 0,50m spessore della soletta

ρa 1.800kg/m3 peso specifico muratura arco

ρr 1.400kg/m3 peso specifico riempimento

ρs 2.300kg/m3 peso specifico soletta

Figura 6. Caso di studio.

Tabella 3. Parametri sismici del caso di studio. Simbolo Valore Descrizione

ag 0,35g accelerazione orizzontale max su bedrock

F0 2,5 fattore di amplificazione

SS 1 coefficiente di suolo

ST 1 coefficiente di topografia

γ 1 coefficiente di partecipazione modale

5.1 Valutazione del rischio dell’esistente Applicando la procedura precedentemente

esposta alla struttura del caso di studio, l’indice di rischio è stato valutato pari a 0,376. Tale valore indica la percentuale di adeguatezza rispetto all’azione sismica attesa al sito per lo SLC.

Mantenendo l’arco ad andamento circolare, sono riportati di seguito i grafici che evidenziano la dipendenza dell’indice di rischio da: lo spessore dell’arco (t), il raggio interno (Ri), la lunghezza della corda interna (Li), e infine il peso specifico del riempimento, considerati singolarmente (Figura 6).

Per quanto riguarda la dipendenza dallo spessore (Figura 7), al variare di questo fra 0,27 m e 0,35 m, l’indice di rischio cresce con legge non lineare, per poi assumere un andamento pressoché rettilineo.

Nella Figura 8 è riportata l’analisi di sensibilità dell’indice al variare del raggio d’intradosso e, indipendentemente, della lunghezza della corda interna misurata all’imposta (si osservi che questi sono i parametri che definiscono sesto e luce dell’arco). Nel primo caso, il comportamento è ancora non lineare per valori inferiori a 10 m, poi continua a crescere con legge lineare.

0

0,2

0,4

0,6

0,8

1

0,25 0,3 0,35 0,4 0,45 0,5 0,55 0,6 0,65

Indi

ce d

i ris

chio

Spessore [m] Figura 7. Dipendenza dell’indice di rischio dallo spessore dell’arco in muratura.

0

0,2

0,4

0,6

0,8

1

8 10 12 14 16 18 20

Indi

ce d

i ris

chio

Raggio interno [m] - Lunghezza corda interna [m]

Raggio interno

Lunghezza corda interna

Figura 8. Dipendenza dell’indice di rischio dal raggio interno e dalla lunghezza della corda interna.

Al variare della corda interna, da 12 m (in corrispondenza del completo adeguamento sismico) fino a 18 m, si ha dapprima un ramo decrescente lineare e poi un ramo, sempre decrescente, non lineare e con forte pendenza.

0

0,2

0,4

0,6

0,8

1

8 10 12 14 16 18 20 22

Indi

ce d

i ris

chio

Peso specifico riempimento [kN/m3] Figura 9. Dipendenza dell’indice di rischio dal peso specifico del riempimento.

0

0,2

0,4

0,6

0,8

1

0 50 100 150 200 250 300 350 400

Materiale composito

Precompressione

Indi

ce d

i ris

chio

Rinforzo [KN/m]

Figura 10. Efficacia degli interventi di rinforzo. In tutti i casi analizzati, il cambio di pendenza

osservato nei grafici è causato dalla variazione di posizione della cerniera P0 verso l’imposta dell’arco (Figura 2); quando P0 si trova a coincidere con quest’ultima, le curve mostrano un andamento lineare (valori dell’indice di rischio superiori a circa 0,25).

Infine, per il caso in oggetto, la variazione del peso specifico del riempimento non produce cambiamenti apprezzabili (Figura 9).

5.2 Rafforzamento In Figura 10 è riportato il confronto tra le due

tecniche di rinforzo considerate. Sulle ascisse sono riportati i valori di trazione massima del rinforzo per unità di profondità dell’arco, funzione delle caratteristiche meccaniche e del passo.

Come si può notare, il rinforzo mediante precompressione, che però presenta una maggiore difficoltà tecnologica/esecutiva, è più efficace di

quello con fasce di materiale composito, in virtù del duplice contributo al lavoro stabilizzante.

6 CONCLUSIONI In questo lavoro è stata descritta una procedura

semplificata per la verifica di strutture ad arco in muratura soggette ad azioni sismiche nel proprio piano, in accordo con quanto proposto dalla NTC-08 e relativa Circolare esplicativa 617/2009.

La trattazione è stata estesa alla valutazione dell’efficacia di due interventi di rinforzo, quali l’applicazione all’estradosso dell’arco di fasce in materiale composito e la messa in opera di cavi di acciaio post-tesi.

A scopo esemplificativo, si è fatto riferimento alla campata di un ponte ad arco in muratura. Dopo una prima valutazione sullo stato di fatto, si è proceduto con un’analisi di sensibilità sull’indice di rischio al variare dei principali parametri geometrici e del tipo e dell’importanza del rinforzo. Per quanto riguarda quest’ultimo caso, si è resa evidente la migliore efficacia dei cavi post-tesi rispetto all’applicazione dei materiali compositi.

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