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Modellazione delle catastrofi e cambiamenti climatici

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Contatti principali Trevor Maynard Responsabile gestione esposizioni e riassicurazione Telefono: +44 (0)20 7327 6141 [email protected]

Nick Beecroft Direttore, rischi emergenti e ricerca Telefono: +44 (0)20 7327 5605 [email protected]

Sandra Gonzalez Quadro, rischi emergenti e ricerca Telefono: +44 (0)20 7327 6921 [email protected]

Lauren Restell Quadro gestione esposizioni Telefono: +44 (0)20 7327 6496 [email protected]

Coautori Il prof. Ralf Toumi è docente di fisica atmosferica presso il dipartimento di fisica dell'Imperial College di Londra. È anche direttore di OASIS LMF Ltd, azienda che promuove il libero accesso per la modellazione delle catastrofi. Lauren Restell lavora nel campo della modellazione delle catastrofi nel mercato londinese dal 2006. Prima di entrare a far parte della gestione delle esposizioni di Lloyd's, ha rivestito incarichi in Aon Benfield e Travelers in seguito al conseguimento di un MSc sui cambiamenti climatici presso l'università dell'East Anglia. Casistiche Le casistiche sono state case fornite da: prof. James Elsner (Climatek), Madeleine-Sophie Déroche (Climate – Knowledge Innovation Centre), dott.ssa Ioana Dima e Shane Latchman (AIR), prof. Rob Lamb, Richard Wylde e Jessica Skeggs (JBA), Iain Willis (EQECAT) e dott. Paul Wilson (RMS). Riconoscimenti Lloyd's desidera ringraziare anche Matthew Foote (Mitsui Sumitomo), Steven Luck (W. R. Berkley Syndicate) e Luke Knowles (Catlin) per il loro contributo al rapporto. Clausola di esclusione di responsabilità Il presente rapporto è stato realizzato da Lloyd's solo a scopo di informazione generale. Sebbene sia stata prestata la massima cura nella raccolta dei dati e nella preparazione del rapporto, Lloyd's non fornisce alcuna dichiarazione o garanzia in merito alla relativa accuratezza o completezza, ed esclude esplicitamente, nella misura massima consentita dalla legge, tutte quelle che potrebbero altrimenti essere implicate. Lloyd's declina qualsiasi responsabilità per eventuali perdite o danni di qualsiasi natura causati a qualsiasi persona come conseguenza di azioni compiute o non compiute in virtù di, o facendo affidamento su, dichiarazioni, fatti, cifre o espressioni di opinioni o convinzioni contenuti in questo rapporto. Questo rapporto non costituisce alcun tipo di raccomandazione. © Lloyd's 2014 Tutti i diritti riservati

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Sommario

1 SINTESI 4

2 INTRODUZIONE 5

3 LA SCIENZA DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI 6

4 MODELLAZIONE DELLE CATASTROFI 9

5 SCENARI CATASTROFALI E CAMBIAMENTI CLIMATICI 12

6 CONCLUSIONI E RACCOMANDAZIONI 36

7 APPENDICI 37

8 BIBLIOGRAFIA 40

1 Sintesi La ricerca scientifica imputa chiaramente i cambiamenti climatici all'attività dell'uomo. Ciononostante, permane una notevole incertezza circa la natura e l'entità dei cambiamenti del nostro clima e dell'impatto specifico che questo produrrà. Molti degli effetti risulteranno evidenti nei prossimi decenni e per prevederli sono necessarie analisi previsionali, non solo dati storici. I cambiamenti del clima e dei modelli meteorologici sono potenzialmente in grado di incidere sugli eventi meteorologici estremi. Gli assicuratori hanno tutto l'interesse di comprendere l'impatto del cambiamento climatico sulla frequenza di eventi meteorologici estremi. La frequenza di ondate di calore è salita in Europa, Asia e Australia e in un numero maggiore di aree si registra un aumento della percentuale di forti precipitazioni piuttosto che una riduzione. È praticamente certo che dagli anni settanta del secolo scorso si è rilevato un incremento della frequenza e intensità dei cicloni tropicali più forti nel bacino Nord Atlantico. La tecnologia di modellazione delle catastrofi viene oggi utilizzata ampiamente da assicuratori, riassicuratori, governi, mercati dei capitali e altre entità finanziarie. È parte integrante di qualsiasi organizzazione che si occupa di rischio di catastrofi naturali ed è utilizzata più comunemente per eseguire attività quali selezione dei rischi e sottoscrizione, riserva e tariffazione, sviluppo di strategie di mitigazione, progettazione di meccanismi di trasferimento del rischio, gestione di esposizioni e aggregati, ottimizzazione del portafoglio, pricing, prassi decisionale della riassicurazione e creazione di capitali. I modelli consentono di quantificare la nostra comprensione del mondo naturale. Le tendenze dei cambiamenti climatici possono essere implicitamente integrate per gli scenari catastrofali, considerato il massiccio utilizzo di dati storici per la loro realizzazione; tuttavia, queste TENDENZE non sono necessariamente esplicitamente integrate nel risultato della modellazione. Le incertezze associate alla stima della portata e frequenza degli eventi più estremi indicano che l'impatto dei cambiamenti climatici può essere difficile da tenere in considerazione nei modelli di rischio. L'incidenza delle perdite derivanti dagli uragani è influenzata da numerosi fattori collegati ai cambiamenti climatici, quali l'aumento del livello del mare e la temperatura della superficie del mare. Esiste una relazione tra le temperature della superficie del mare e la forza degli uragani che suggerisce una graduale tendenza all'aumento. È pertanto estremamente importante che questi cambiamenti siano modellati accuratamente. I 20 centimetri approssimativi di innalzamento del livello del mare nella punta più a sud dell'isola di Manhattan hanno aumentato del 30% nella sola New York i danni materiali dovuti alle ondate di tempesta dell'uragano Sandy. Ulteriori innalzamenti del livello del mare in quest'area potrebbero aumentare in modo non lineare potenziali perdite dovute a tempeste di simile violenza. I modelli per gli scenari catastrofali che plasmano in modo dinamico le ondate di tempesta sulla base dell'attuale livello del mare medio tengono già in considerazione questo maggiore rischio nelle loro previsioni. Nei prossimi decenni, i modelli per gli scenari climatici continueranno a prevedere gli impatti delle condizioni meteorologiche estreme. EQECAT mostra come i futuri scenari climatici potrebbero registrare aumenti della frequenza di tempeste intense in Europa, con un possibile spostamento delle traiettorie delle tempeste verso le latitudini settentrionali. JBA evidenzia che i cambiamenti climatici hanno già aumentato la probabilità di alluvioni nel Regno Unito, come quella del 2000, e che una precipitazione su cinque potrebbe risultare il 40% più ampia in futuro.

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2 Introduzione Negli ultimi anni, il settore assicurativo ha subito notevoli perdite a causa di eventi atmosferici estremi. Il 2011 è considerato un anno record per le catastrofi naturali, con sinistri assicurati che sono costati al settore più di 127 miliardi di dollarii. Una serie di catastrofi alla fine degli anni ottanta e all'inizio degli anni novanta del secolo scorso ha posto il settore assicurativo davanti a una grande sfida. L'adozione di modelli per gli scenari catastrofali naturali negli anni novanta ha permesso al settore di analizzare e misurare il rischio in modo più preciso. Oggi, l'impiego di questi strumenti è diventato la norma. Vista la prevalenza di modelli per gli scenari catastrofali nel settore assicurativo e l'aumento di costi degli eventi meteorologici estremi, la precisione dei risultati dell’attività di modellazione è un interesse primario per gli assicuratori. La possibilità che i cambiamenti climatici possano favorire modificazioni nella gravità e probabilità degli eventi meteorologici estremi potrebbe avere ripercussioni sulla precisione dei modelli per gli scenari catastrofali naturali. Questa relazione valuta se e come questi modelli prendono in considerazione i cambiamenti climatici attraverso una serie di casistiche fornite da vari provider di modelli sia accademici che commerciali. Il sistema climatico globale della Terra si sta riscaldando. Questa conclusione è supportata da un grande insieme di prove presentate nella letteratura scientifica e nel modo più completo nei cinque rapporti di valutazione pubblicati dal Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Intergovernmental Panel on Climate Change, IPCC)1. L'innalzamento delle concentrazioni di gas serra nell'atmosfera, dovuto prevalentemente all'attività dell'uomo, come ad esempio la combustione di combustibili fossili e i cambiamenti di uso del suolo, provocano un aumento dell'effetto serra naturale del pianeta e un maggiore riscaldamento della superficie terrestre. L'energia in più catturata viene immagazzinata in gran parte negli oceani. Questo effetto, combinato con il riscaldamento delle temperature atmosferiche sulla superficie del pianeta, modifica il sistema climatico fisico. Un esempio è l'impatto sul ciclo idrologico sotto forma di modifica delle precipitazioni, cambiamenti della circolazione atmosferica e dei modelli meteorologici, riduzione dei ghiacci globali e della copertura nevosa e dilatazione termica degli oceani, con conseguente innalzamento del livello del mare. Queste tendenze rappresentano una sfida per gli assicuratori, i quali si trovano ad analizzare sia l'impatto economico del cambiamento climatico sia l'adeguatezza degli strumenti utilizzati per misurare e applicare i tassi. Uno dei problemi principali per gli assicuratori sono le eventuali conseguenze di questi cambiamenti climatici e modelli meteorologici sugli eventi meteorologici estremi. Il quarto rapporto di valutazione dell'IPCC (IPCC, 2007) ha evidenziato l'importanza della nostra conoscenza degli eventi estremi, per via del loro impatto sproporzionato sulla società e gli ecosistemi, rispetto ai cambiamenti graduali del clima medio. Nel 2012, l'IPCC ha pubblicato un rapporto speciale specificamente incentrato sulla gestione dei rischi degli eventi meteorologici estremi (IPCC, 2012, di seguito "SREX"), mentre la recente bozza del quinto rapporto di valutazione dell'IPCC (IPCC, 2013) comprende un aggiornamento della comprensione e delle prove osservazionali dei cambiamenti negli eventi climatici estremi. Questo rapporto è composto da tre parti principali. La prima sezione analizza le ultime scoperte della scienza che studia i cambiamenti climatici e le conseguenze di tali cambiamenti sugli eventi meteorologici estremi. La seconda sezione descrive la modellazione delle catastrofi e come si è giunti allo sviluppo di questa tecnologia. La terza valuta se e come i modelli per gli scenari catastrofali prendono in considerazione i cambiamenti climatici attraverso una serie di casistiche fornite da vari provider di modelli, tra cui AIR, RMS ed EQECAT. Le appendici contengono i dettagli sulla terminologia utilizzata per descrivere i livelli di fiducia e probabilità (Appendice 1) e i limiti dei modelli climatici (Appendice 2).

1 Per ulteriori informazioni, vedere l'Appendice 1.

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3 La scienza dei cambiamenti climatici La sintesi per i capi di governo del quinto rapporto di valutazione dell'IPCC (2013) riferisce un inequivocabile riscaldamento del sistema climatico. Si registrano cambiamenti delle temperature atmosferiche e oceaniche, dell'estensione della copertura dei ghiacci e nevosa, e della concentrazione dei gas serra nell'atmosfera. Molti di questi cambiamenti non hanno precedenti su scale temporali che spaziano da decine a migliaia di anni. Le temperature atmosferiche medie globali negli ultimi tre decenni sono state le più elevate dal 1850 e, nell'emisfero settentrionale, gli ultimi 30 anni sono stati probabilmente i più caldi da almeno 1.400 anni. Questi cambiamenti a lungo termine stanno generando impatti generalizzati, in particolare:

• un crescente accumulo di energia degli oceani di tutto il mondo: è praticamente certo2 che i primi 700 m di profondità degli oceani si sono scaldati negli ultimi quattro decenni.

• Dal 1901 al 2010 il livello medio del mare globale si è innalzato di circa 19 cm. La percentuale di cambiamenti del livello del mare dalla metà del XIX secolo è maggiore della percentuale media di cambiamenti degli ultimi due millenni.

• Si sono registrate modifiche nella perdita di massa degli strati di ghiaccio di Groenlandia e dell'Antartico, una riduzione delle dimensioni dei ghiacciai di tutto il mondo e un ridimensionamento del ghiaccio del mare Artico nell'emisfero settentrionale.

• I livelli atmosferici di anidride carbonica (CO2), metano e ossido d'azoto dei gas serra sono i più elevati degli ultimi 800.000 anni. Le cause principali di questa situazione sono la combustione dei combustibili fossili e i cambiamenti di uso del suolo. Dall'epoca preindustriale, le concentrazioni di CO2 nell'atmosfera sono aumentate del 40% e gli oceani del mondo hanno assorbito circa il 30% del carbonio emesso. Questo iperaccumulo da parte degli oceani determina un aumento dei livelli di acidificazione.

L'incremento delle concentrazioni dei gas serra, le tendenze al riscaldamento osservate e la comprensione scientifica del sistema climatico puntano chiaramente il dito sull'influenza dell'uomo sul sistema climatico. Le emissioni continue di gas serra comporteranno un ulteriore riscaldamento e saranno la probabile causa di numerosi cambiamenti dei componenti del sistema climatico.

3.1 Temperature estreme Le attuali conoscenze, basate su un grande insieme di prove, indicano che la maggior parte dei terreni agricoli globali analizzati ha subito un notevole riscaldamento delle temperature sia minime che massime dall'inizio del XX secoloii. Una ricerca condotta su vari insiemi di dati ha dimostrato con un alto livello di attendibilità un maggiore aumento delle temperature minime rispetto alle massime su scala globale, ed è molto probabile una riduzione globale del numero di notti e giorni freddi con un contemporaneo aumento di notti e giorni caldi. Vi è tuttavia solo un livello medio di attendibilità nella riduzione dell'escursione termica giornaliera, e l'impatto complessivo sulle distribuzioni di probabilità rimane una questione apertaiii. Contrariamente al riscaldamento su larga scala osservato, alcune aree evidenziano cambiamenti che indicano episodi di raffreddamento locale. Queste zone comprendono l'area centrale del Nord America, gli Stati Uniti orientali e alcune zone del Sud America. La differenza nelle tendenze in queste aree sembra essere legata alle temperature massime collegate ai cambiamenti del ciclo idrico e alle interazioni tra terra e atmosfera e alla variabilità a lungo termine (ultradecennale) degli oceani Atlantico e Pacifico. Vi è solo un livello medio di attendibilità riguardo al fatto che la lunghezza e la frequenza di periodi di caldo o ondate di calore sono aumentate globalmente dagli anni cinquanta del secolo scorso, in parte a causa di dati insufficienti a livello regionale e alcune incongruenze nella definizione di temperature estreme. Ciononostante, si ritiene che nel corso di questo periodo di tempo la frequenza di ondate di calore possa essere aumentata in Europa, Asia e Australiaiv. 2 Vedere l'Appendice 1 per le frasi comuni utilizzate nei rapporti dell'IPCC.

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3.2 Precipitazioni e siccità Un clima generalmente più umido si traduce costantemente in cambiamenti dei livelli estremi delle precipitazioni. Recenti scoperte continuano a sostenere le precedenti valutazioni, secondo cui un maggior numero di zone registra, piuttosto che un calo, un aumento statisticamente significativo del numero di forti precipitazioni. Tuttavia, il livello di rilevanza statistica è inferiore per le precipitazioni estreme rispetto alle temperature estreme. Questa situazione è data dai modelli spaziali di cambiamento che sono meno coerenti rispetto alle tendenze delle temperature, ma anche da vaste aree che mostrano segnali opposti nella loro rispettiva tendenza. Dagli anni cinquanta del secolo scorso si è registrata una forte variazione regionale e subregionale nelle precipitazioni estreme. Inoltre, è sempre difficile fornire una definizione universalmente valida di questo tipo di precipitazioni. Solo Nord America, America centrale ed Europa mostrano un probabile aumento (o un livello di attendibilità più elevato) della frequenza o dell'intensità delle forti precipitazioni. In Europa e nel Mediterraneo permane una notevole variabilità stagionale e regionale, e la gran parte dell'aumento riguarda l'inverno (vedere ad es. la tabella 2.13 nell'IPCC, 2013). In Asia e Oceania, il numero di aree dove si registra un aumento delle precipitazioni estreme supera quelle che fanno segnare una riduzione, mentre per quanto riguarda l'Africa, non è possibile stabilire una tendenza significativa delle precipitazioni estreme. Inoltre, le tendenze riguardanti i fenomeni atmosferici locali gravi su piccola scala (quali grandinate o temporali) sono incerte, a causa di dati storici disomogenei e di un'insufficiente densità di stazioni di monitoraggiov. La valutazione dei cambiamenti nell'entità o frequenza delle inondazioni rimane difficile. Il gruppo di lavoro II del quarto rapporto di valutazione dell'IPCC ha affermato che non esisteva alcuna tendenza generale nell'incidenza delle inondazioni. La gestione dei fiumi è un fattore importate che influisce sulle tendenze delle inondazioni. La maggiore indicazione delle tendenze delle inondazioni è stata finora rilevata nelle alte latitudini dell'emisfero settentrionale, sebbene la variabilità regionale sia tale per cui non si hanno attualmente prove certe. Il SREX segnala un inizio precoce del disgelo primaverile in regioni dominate dalla neve; tuttavia, sia il SREX che l'IPCC (2013) non hanno rilevato tendenze globali per i casi di inondazione, asserendo una mancanza di prove. La frequenza di siccità, d'altra parte, era stata valutata in modo esaustivo nel rapporto SREX. SREX ha concluso che la distinzione tra vari tipi di siccità e le questioni complesse relative alla definizione del termine siccità ha un notevole impatto sulle conclusioni sulle tendenze su scala globale, e denuncia con un livello medio di attendibilità che dalla metà del XX secolo alcune aree del mondo sono state interessate da siccità intense e più lunghe (IPCC, 2012). A causa della scarsità di misurazioni dirette dell'umidità del suolo e di altre variabili relative alla siccità, spesso per la valutazione della siccità si utilizzano altri dati idrologici surrogati correlati alle variabili. La gravità di un evento di siccità valutato dipende fortemente dalla scelta della variabile e dalla durata della scala temporale considerata. Per alcune zone, comunque, è stato raggiunto un accordo. Vi è un elevato livello di attendibilità riguardo all'aumento della siccità nel Mediterraneo e nell'Africa occidentale, e un elevato livello di attendibilità si registra anche per una riduzione della siccità nell'area centrale del Nord America e nell'Australia nordoccidentale.

3.3 Tempeste tropicali ed extratropicali Le tempeste tropicali ed extratropicali sono le principali responsabili degli eventi estremi di maggiore impatto. Vi sono prove limitate per stabilire una tendenza a lungo termine del numero di tempeste tropicali a livello globale. Oltre alla frequenza o al numero di tempeste, è necessario considerare i cambiamenti associati relativi all'intensità e alla durata dei cicloni tropicali. La qualità delle osservazioni è cambiata notevolmente nel corso dell'ultimo secolo, ad esempio dopo che è stato possibile utilizzare i dati satellitari. Le misurazioni dell'intensità delle tempeste sono molto sensibili alla tecnologia di osservazione e pertanto le tendenze storiche a lungo termine sono influenzate dai relativi cambiamenti. A livello regionale, è praticamente certo che dagli anni settanta del secolo scorso si è rilevato un aumento della frequenza e intensità dei cicloni tropicali più forti nel bacino del Nord Atlantico.vi Tuttavia, negli ultimi 100 anni, ci sono stati altri periodi di intensa attività. La variabilità delle tendenze rende difficile attribuire con certezza colpe ai cambiamenti climatici, sebbene vi siano buone ragioni fisiche per supporre che gli uragani saranno in media più forti. Vi sono prove limitate per stabilire un cambiamento delle tempeste extratropicali o dei venti estremi a livello globale. Le misurazioni dei venti a lungo termine durano per periodi troppo brevi (soprattutto nell'emisfero meridionale) oppure non sono coerenti, a causa delle modifiche della tecnologia di osservazione, e non sono quindi in grado di generare dati a lungo termine. Pertanto, si utilizzano spesso dati surrogati, quali le osservazioni della pressione della superficie in loco oppure dati relativi alla pressione derivanti da rianalisi per ricavare i cambiamenti nel campo dei venti geostrofici. In quest'ultimo caso, i risultati sono sensibili al prodotto della rianalisi, e i prodotti di nuovissima generazione danno generalmente risultati migliori delle

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rianalisi precedenti. Alcuni studi che utilizzano i dati di rianalisi suggeriscono uno spostamento verso nord e verso est dell'attività dei cicloni dell'Atlantico, con l'intensificazione di questi ultimi durante l'inverno e ad alte latitudinivii.

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4 Modellazione delle catastrofi

4.1 Evoluzione e ruolo della modellazione delle catastrofi nel settore assicurativo La modellazione delle catastrofi è una disciplina relativamente recente, le cui origini sono radicate nell'assicurazione di beni e nella scienza dei pericoli naturali. Il suo obiettivo è aiutare le società a prevedere la probabilità e la gravità delle potenziali catastrofi future prima che si verifichino, al fine di potersi preparare adeguatamente per affrontare il loro impatto finanziarioviii. I modelli per gli scenari catastrofali disponibili in commercio esistono solo da 25 anni. Prima della nascita degli scenari catastrofali alla fine degli anni ottanta del secolo scorso, per valutare le perdite dovute alle catastrofi venivano adottati metodi rudimentali. Le tecniche attuariali standard non erano adeguate per valutare le perdite future dovute alle catastrofi. I dati sulle perdite storiche erano e sono tutt'ora scarsi, in particolare per gli eventi di gravità elevata poco frequenti con il potenziale di minacciare la capacità di rimborso dell'assicuratore. Per accettare il rischio, gli assicuratori utilizzavano la mappatura del rischio spaziale e la misurazione dei pericoli, ma in genere queste due procedure venivano effettuate in modo pressoché distinto. Per quanto riguarda la determinazione dei prezzi, facevano affidamento sia sul massimo danno probabile (Probable Maximum Loss, PML) generato internamente utilizzando regole empiriche, sia su stime realistiche di perdite potenziali utilizzando scenari deterministici dedotti soggettivamente. L'attenzione era rivolta nettamente alla gravità dei potenziali eventi, ma non si faceva alcun accenno alla frequenza. A questo punto, il desiderio non soddisfatto di tenere in considerazione questi elementi contemporaneamente venne riconosciuto da coloro che sono i responsabili della fondazione dei tre fornitori di software di modellazione delle catastrofi riconosciuti a livello mondiale: AIR (1987), RMS (1988) e EQECAT (1994). Malgrado la disponibilità commerciale dei primi scenari catastrofali probabilistici alla fine degli anni ottanta, il loro uso non ebbe un'ampia diffusione. La copertura riassicurativa era prontamente disponibile e il mercato si mostrava alquanto favorevole. Nel frattempo i fornitori di software stavano generando ampie stime di perdita probabilistiche per l'industria statunitense dovute agli uragani per 20-30 miliardi di USD che presentavano una significativa probabilità di verificarsiix. Nel 1989, l'entità delle perdite dovute all'uragano Hugo (4 miliardi di USD x) e al terremoto di Loma Prieta (6 miliardi di USD xi) suscitò l'interesse iniziale per l'uso degli scenari catastrofali tra assicuratori e riassicuratori. Tuttavia, fu la straordinaria e imprevista dimensione delle perdite dovute all'uragano Andrew nel 1992 che mise in luce le reali carenze dell'approccio puramente attuariale nei confronti della quantificazione delle perdite da rischio di catastrofi. AIR inviò in tempo reale ai propri clienti un fax con la stima delle perdite superiori a 13 miliardi di USD basata sullo scenario dell'uragano AIR. Mesi dopo, il Property Claims Service (PCS) comunicò una perdita per l'industria pari a 15,5 miliardi di USD xii. Perdite di questa entità infierirono fortemente sul mercato, generando l'insolvenza di 11 assicuratorixiii. Di conseguenza, l'adozione di scenari catastrofali crebbe esponenzialmente, poiché venivano considerati un approccio più sofisticato e affidabile rispetto alla valutazione del rischio catastrofale. L'aumento delle densità demografiche e dei valori dei beni immobili in aree a rischio ha portato a una diversificazione nell'uso e nella copertura degli scenari catastrofali. La tecnologia di modellazione delle catastrofi viene oggi utilizzata ampiamente da assicuratori, riassicuratori, governi, mercati dei capitali e altre entità finanziarie. Gli scenari catastrofali sono parte integrante di qualsiasi organizzazione che si occupa di rischio di catastrofi naturalixiv e sono utilizzati più comunemente per eseguire attività quali selezione dei rischi e sottoscrizione, riserva e tariffazione, sviluppo di strategie di mitigazione, progettazione di meccanismi di trasferimento del rischio, gestione di esposizioni e aggregati, ottimizzazione del portafoglio, pricing, prassi decisionale della riassicurazione e creazione di capitali. Tali scenari sono sviluppati sfruttando le osservazioni di perdite e pericoli, basandosi su dati esistenti, testando scenari esistenti e integrando queste nozioni in previsioni per la modellazione delle catastrofi futura. Recenti sviluppi comprendono la modellazione esplicita del raggruppamento delle tempeste una migliore comprensione delle relazioni internazionali relative all'aumento dei costi per le riparazioni successive a un evento catastrofico, il potenziale della frequenza e dell'impatto delle ondate di tempesta, la reazione alle perdite per interruzione delle attività, lo sviluppo e i danni causati dagli uragani oltre le zone costiere e il riconoscimento delle componenti non modellate degli scenari catastrofali. Gli eventi dell'11 settembre, inoltre, hanno portato allo sviluppo dei primi scenari per catastrofi provocate dall'uomo, nella forma di scenari di terrorismo.

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Per loro natura, gli scenari rappresentano un'approssimazione dei risultati previsti e sono solo uno dei tanti strumenti utilizzati per migliorare la comprensione e la gestione del rischio. I dati sulle perdite recentemente disponibili che migliorano la comprensione della scienza dei pericoli naturali e i progressi nella capacità di calcolo e della tecnologia contribuiscono insieme all'evoluzione degli scenari catastrofali e alla disciplina dinamica della modellazione delle catastrofi.

4.2 Come funziona uno scenario catastrofale? Il software di modellazione delle catastrofi contiene una vista specifica degli operatori per i pericoli, i rischi e la vulnerabilità dei beni assicurati. Questa vista è stata ideata utilizzando i dati osservati come base. Il software facilita quindi l'applicazione di questa vista di rischio ai registri contabili di un cliente specifico, al fine di quantificare la probabilità e l'entità della potenziale perdita. Questo risultato si ottiene riducendo la complessità inerente l'interazione fisica tra pericolo e vulnerabilità, parametrizzando le caratteristiche a una serie limitata di unità misurabili. Queste unità di misura sono applicate sistematicamente, coerentemente e ripetutamente in una serie personalizzata di dati di esposizione. Le caratteristiche finanziarie relative al campo assicurativo possono essere quindi sovrapposte per calcolare una perdita netta su misura per il cliente utilizzando lo strumento. La maggior parte degli scenari catastrofali realizzano questo obiettivo adottando un approccio modulare (figura 1).

Figura 1: adattata da Dlugolecki et al., 2009

L'uso del software è tuttavia solo una piccola parte di ciò che serve per ottimizzare l'impiego della modellazione delle catastrofi all'interno di un'attività. È estremamente importante che chi ha la responsabilità di utilizzare lo scenario sia anche in grado di capire, interpretare e trasmettere i risultati tenendo in considerazione le limitazioni degli scenari. Gli scenari catastrofali possono fornire diversi risultati finanziari, i più comuni dei quali sono la curva della perdita media annua (Annual Average Loss, AAL) e la curva della probabilità di eccedenza (Exceedance Probability, EP). L'AAL viene talvolta denominata "premio puro" o "rapporto sinistri/premi" e può essere incorporata nel pricing insieme a un'indennità per spese e la redditività del capitale consigliata. La curva EP viene comunemente descritta come una rappresentazione grafica della probabilità che una perdita prodotta dai possibili eventi ecceda un determinato ammontare. I punti di lettura sulla curva offrono diverse interpretazioni della frequenza e della gravità delle perdite per i libri contabili oggetto della modellazione. Queste curve sono molto utili agli assicuratori e riassicuratori per determinare le dimensioni e la distribuzione delle potenziali perdite dei propri portafoglixv.

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Sebbene gli scenari catastrofali siano sofisticati, non riescono a catturare l'intero spettro di rischi esistente nel mondo reale. Ogni società coinvolta nella modellazione delle catastrofi avrà una gamma di scenari che coprono le aree/i pericoli che interessano i propri clienti. Attualmente non vi sono scenari in grado di coprire ogni singolo pericolo di ogni singola area, generando pertanto delle carenze nella disponibilità degli scenari che possono essere definite "scenario evasivo" ("model miss"). Il processo di quantificazione delle perdite per un'area/un pericolo da parte di uno scenario catastrofale è complesso e dipende da varie ipotesi che derivano per natura da un determinato grado di incertezza attorno a tale perdita. Tale incertezza cresce nel caso degli eventi più estremi, per i quali esiste una carente esperienza pratica, e gli esempi in cui i dati sull'esposizione importati nello scenario catastrofale dal cliente sono di scarsa qualità. È fondamentale che le limitazioni dello scenario e l'incertezza inerente nei suoi risultati siano trasmessi in modo efficace durante il processo decisionale. Affinché gli scenari catastrofali siano d'aiuto nella previsione dell'esposizione al rischio, devono integrare le tendenze osservate. La sezione seguente fornisce una serie di casistiche per esaminare il modo in cui la comunità della modellazione delle catastrofi sta affrontando la sfida delle tendenze dei cambiamenti climatici a lungo termine.

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5 Scenari catastrofali e cambiamenti climatici Dopo aver riesaminato le più recenti scoperte sui cambiamenti climatici e delineato i meccanismi che si celano dietro la modellazione delle catastrofi, questa sezione illustra i dettagli di una serie di studi di fornitori di scenari catastrofali attraverso diversi pericoli naturali, con l'intento di valutare la misura in cui i cambiamenti climatici influiscono sui risultati degli scenari catastrofali. La casistica fornita da EQECAT mostra che almeno un modello del clima globale prevede uno spostamento verso nord delle traiettorie delle tempeste europee e l'intensificazione delle tempeste di maggiore potenza. Madeleine-Sophie Déroche del Climate – Knowledge Innovation Centre sottolinea che l'intensificazione è una caratteristica costante degli scenari di ultima generazione, ma è dimostrato che i cambiamenti di traiettoria sistematici variano in funzione dello scenario e dell'area analizzati. La modellazione delle inondazioni nel Regno Unito di JBA sostiene la ricerca del governo del Regno Unito, secondo la quale i cambiamenti climatici potrebbero fare aumentare quasi del doppio il numero di immobili soggetti a notevole rischio di inondazioni entro il 2035 se non si prendono adeguati provvedimenti. Vari studi di casi sostengono che tutte le tendenze climatiche recenti saranno implicitamente incluse nei dati utilizzati per costruire gli scenari catastrofali. Tre studi affrontano l'argomento del pericolo dei cicloni. Un tentativo di previsione a medio termine (1-5 anni) viene fatto da RMS, che include le tendenze delle temperature della superficie del mare come fattore predittivo per l'attività anomala degli uragani dell'Atlantico. Grazie a questo metodo si è riusciti a trovare un piccolo adeguamento del numero dei cicloni. Un effetto più significativo dei cambiamenti climatici viene registrato se si considera che almeno il 30% del contributo alle perdite dovuto alle ondate di tempesta dell'uragano Sandy può essere attribuito alle variazioni del livello del mare a lungo termine. AIR ha rilevato anche moderati aumenti di perdite causate da cicloni nel sud del Pacifico, ma non ha trovato prove convincenti di un segnale dei cambiamenti climatici nei temporali che colpiscono gli Stati Uniti. James Elsner di Climatek sostiene che l'aumento del 5% a decennio delle perdite nel nord dell'Atlantico derivi dalle tendenze della temperatura della superficie del mare. Egli punta il dito anche sul fatto che i modelli climatici sottovalutano la sensibilità dei cicloni alle variazioni di temperatura. I tre casi tropicali indipendenti e i relativi approcci mostrano una determinata coerenza nella direzione e nell'ordine di grandezza dei cambiamenti previsti. Occorre tenere presente che le casistiche rispecchiano i punti di vista e le opinioni dei relativi autori – in ogni caso i punti di vista non rispecchiano necessariamente quelli di Lloyd's o di altri autori.

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Tempeste europee Di Iain Willis, product manager presso EQECAT

Le origini Ogni inverno, forti depressioni atmosferiche che si formano alle medie e alte latitudini dell'Atlantico danno origine a violenti cicloni extratropicali. A differenza dei cicloni tropicali (noti anche con il nome di tifoni o uragani), le tempeste europee iniziano solitamente lungo un fronte polare, dove un campo di bassa pressione proveniente dalle zone settentrionali incontra l'alta pressione del sud. Il movimento di queste masse d'aria contrapposte crea uno shear ciclonico, il quale, se si verifica nelle condizioni giuste, può causare una rotazione antioraria della massa d'aria attorno a un nucleo di bassa pressione. Seguendo questo processo di "ciclogenesi" (Figure 2), il ciclone extratropicale si sposta verso est, spinto dalle correnti a getto dell'emisfero settentrionale che si muovono ad alte velocità (comprese tra 30 e 70 mph). Poiché i cicloni extratropicali sono sistemi frontali dettati ampiamente dai contrasti di temperatura e pressione delle latitudini medie, la frequenza e la gravità delle tempeste europee sono generalmente maggiori durante i mesi invernali.

Se si studia il percorso delle tempeste europee utilizzando fonti quali dati di telerilevamento, velocità del vento storiche e successive rianalisi (ad es. ERA-Interim), i dati mostrano che la tendenza più comune delle tempeste è quella di attraversare le latitudini settentrionali dell'Europa, colpendo principalmente il Regno Unito, l'Irlanda e i paesi scandinavi. Una tendenza di questo tipo potrebbe suggerire che i paesi situati nelle latitudini inferiori dell'Europa non siano esposti alle tempeste. Ma non è così. Le tempeste europee possono non rispettare questa norma, spesso con conseguenze devastanti. Come si vede nella Figure 3, se si evidenziano le traiettorie delle tempestexvi di diversi eventi che hanno causato perdite al settore industriale, la tempesta Xynthia (febbraio 2010) è partita dalle latitudini basse dell'Atlantico prima di deviare verso nord-est attraverso Portogallo, Spagna e Francia, causando un totale di 2,9 miliardi dixvii USD di perdite assicurate.

Figura 2: lo sviluppo di un ciclone extratropicale

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Diversamente dagli uragani, che tendono ad avere un nucleo centrale definito di bassa pressione, le tempeste europee presentano spesso strutture diverse. Analogamente, le dimensioni e la struttura di una tempesta europea possono influire notevolmente sul suo potenziale di danno e sul suo impatto. Ad esempio, le dimensioni dei danni della tempesta Daria (gennaio 1990) sono state molto ingenti, mentre la tempesta Klaus (gennaio 2009) si è intensificata rapidamente nel corso del passaggio attraverso l'Europa continentale, creando un fronte di venti forti limitato ma che ha provocato notevoli danni.

Frequenza e perdite del settore industriale Tra il 1959 e il 2001 i dati di rianalisi mostrano una media di circa 19 tempeste all'anno in Europa. Solo per un terzo di questi eventi, tuttavia, sarebbe stato possibile prevedere perdite assicurate. Le perdite più gravi e frequenti si verificano principalmente tra i mesi di dicembre e febbraio, sebbene l'impatto di un evento di inizio stagione, come la tempesta Christian (ottobre 2013) o la Grande Tempesta del 1987 (ottobre 1987), potrebbe causare più danni, poiché la maggior parte degli alberi non perde le foglie in questo periodo

Figura 3: traiettorie delle tempeste che hanno causato i maggiori eventi di perdite del settore industriale e densità della popolazione europea (fonte: EQECAT / Storm tracks based on the Extreme Wind Storms Catalogue (XWS), University of Reading, 2013).

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dell'anno. I dati storici presentano una notevole variabilità sia per il numero di tempeste che per la relativa gravità. L'inverno del 1989/1990 ha fatto registrare la maggiore frequenza di tempeste con 37 eventi segnalati. Si è presentato come un anno importante perché molte delle tempeste sono state rilevanti dal punto di vista delle perdite assicurate, come le tempeste Daria (25 gennaio), Vivan (26 febbraio) e Wiebke (28 febbraio). Una tale intensità stagionale non è isolata e si è verificata anche durante la stagione delle tempeste del 1999, quando Anatol, Lothar e Martin provocarono perdite totali per 13,9 miliardi di dollarixviii. Lothar e Martin si sono verificate a 36 ore di distanza l'una dall'altra, ed entrambe hanno colpito aree simili dell'Europa centrale. Una tale frequenza è generalmente nota con il termine "aggregazione temporale". Vista l'entità e la totalizzazione delle perdite assicurate in quegli anni, il modello e la periodicità dell'aggregazione temporale è di notevole interesse per il settore assicurativo. Poiché i tradizionali contratti di riassicurazione in eccesso sinistri vertono spesso sulla clausola delle 72 ore, l'impatto della probabilità di vari eventi meteorologici in questo arco di tempo provoca molta preoccupazione, perché i livelli dei trigger riassicurativi potrebbero essere raggiunti dall'aggregazione di questi livelli di più lieve entità, anziché da una singola tempesta di grande intensità. La gravità delle tempeste europee viene attualmente valutata dai meteorologi mediante un indice di gravità delle tempeste (Storm Severity Index, SSI). Un valore singolo viene calcolato per una tempesta sulla base di varie caratteristiche fisiche dell'evento, tra le quali, in genere, fattori come velocità del vento massima osservata, una soglia minima di velocità del vento (ad es. 25 m/s), durata della tempesta e la portata fisica della tempesta sui terreni. Utilizzando queste unità di misura, i meteorologi sono in grado di valutare la gravità relativa di questi grandi e complessi cicloni. È importante osservare che non esiste alcuno standard universale per calcolare gli SSI, che continuano a essere un punto controverso per i meteorologi. Analizzando le perdite assicurate causate da singole tempeste storiche, gli eventi maggiormente degni di nota sono stati provocati da Daria (1990) e Lothar (1999), con perdite assicurate totali pari a 8,2 miliardi di dollari e 8 miliardi di dollari xix rispettivamente. Tuttavia, la perdita su vasta scala più recente provocata da una tempesta si è registrata nel 2007, quando Kyrill (18 gennaio) colpì gran parte dell'Europa centrale provocando 6,7 miliardi di perdite assicuratexx. Il fattore comune della caratteristica delle tempeste più dannose riguarda l'impatto internazionale, ovvero la possibilità che una singola tempesta colpisca varie nazioni nel suo passaggio sull'Europa centrale. Le velocità molto elevate del vento che caratterizzano queste tempeste (generalmente rilevate nella parte meridionale del vortice della tempesta) e l'ampia dimensione sinottica (~1000 km) provocano distruzioni a immobili, oggetti e tempi di inattività delle aziende su vastissima scala. Come dimostra la sua traiettoria (Figure 3), la tempesta Kyrill ha provocato notevoli danni in vari paesi europei tra cui Austria, Belgio, Francia, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica Ceca e Regno Unito.

Modellazione del clima Tenendo in considerazione il modo in cui i cambiamenti climatici incideranno sul modello delle tempeste europee, è necessario utilizzare modelli climatici globali (GCM). Questi modelli climatici numerici all'avanguardia sono diventati parte integrante nella ricerca meteorologica e permettono agli scienziati di simulare i climi del futuro in linea con gli scenari di emissione dell'IPCC (SRES)3. EQECAT ha lavorato a stretto contatto con l'università libera di Berlino nell'impiego del modello climatico accoppiato ECHAM5 e del nostro scenario catastrofale europeo di tempeste (EurowindTM) per studiare i potenziali impatti meteorologici e finanziari delle condizioni climatiche future. Confrontando venticinque diverse statistiche parametriche per le tempeste (incluse gravità, velocità del vento, area, durata e pressione atmosferica) di tutto il XX secolo con gli scenari di emissione SRES del 2007 (A2 e A1B) per il XXI secolo, l'uso di un GCM ci ha fornito una preziosa panoramica dei possibili impatti del cambiamento climatico sulla densità e gravità delle traiettorie delle tempeste europee. I risultati sono stati calcolati in cinque diversi transetti europei meridionali uniformemente distribuiti nelle longitudini da 0o E a 20o E. È importante notare che ECHAM5 è uno dei vari GCM utilizzati dalla comunità IPCC e, pertanto, varie sessioni di scenari non possono catturare l'intero spettro di incertezze associate alle simulazioni dei cambiamenti climatici. Si è dimostrato che i risultati ECHAM5 risiedono al centro di tutte le simulazioni ENSEMBLES, ma i risultati presentati in questa sede devono essere ancora considerati come una delle tante possibili conseguenze dei cambiamenti climatici. 3 La sessione di controllo si basava sulle emissioni di CO2 dal 1900 al 2001.

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Nonostante le differenze tra le varie metodologie di ricerca GCM, ipotesi di modelli, risoluzione ed entità del comportamento delle tempeste, i risultati di EQECAT e altre ricerche pubblicate in questo campo hanno rivelato dei punti in comune. Altri risultati sui cambiamenti climatici xxiiixxi,xxii, ,xxiv hanno evidenziato che le modifiche della temperatura in prossimità della superficie, la baroclinicità (contrasto di temperature basse) e il ghiaccio marino incideranno notevolmente sulla forza e ubicazione dell'attività ciclonica alle medie latitudini. Dal punto di vista globale, tali cambiamenti possono comportare un graduale spostamento verso il fronte polare della densità delle traiettorie delle tempeste. Relativamente all'attività delle tempeste nelle latitudini medie europee, la ricerca EQECAT ha evidenziato le osservazioni seguenti negli scenari climatici futuri:

1. una crescente volatilità: un numero minore di tempeste di più lieve entità ma un aumento della frequenza di tempeste molto ampie;

2. uno spostamento della latitudine delle tempeste europee verso l'Europa centrale (tra le bande 48N-61N); e

3. un aumento quadruplo della frequenza degli anni in cui si verificano tempeste violente (dato basato sull'equivalente normalizzato di una somma SSI di tre volte le tempeste delle dimensioni di Daria all'anno).

Figura 4: possibili impatti dei cambiamenti climatici sulle tempeste europee (in senso orario dalla parte superiore sinistra: a) aumento delle tempeste violente b) correlazioni tra SSI e parametri delle tempeste c) frequenza degli anni con SSI equivalente di tre volte le tempeste delle dimensioni di Daria d) ubicazione dell'attività delle tempeste)4

4 I risultati si basano sul whitepaper EQECAT "Activity of Catastrophic Windstorm Events in Europe in the 21st Century" (2011) (Attività delle tempeste catastrofiche in Europa nel XXI secolo).

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Nella valutazione delle conseguenze di questi cambiamenti per le perdite assicurate, l'impatto complessivo sull'esposizione europea a partire da questi risultati implica una riduzione del 3-5% del numero totale di tempeste potenzialmente dannose ma un aumento del 10-20% del numero di tempeste più ampie5. Analogamente, il progressivo spostamento delle traiettorie delle tempeste verso le latitudini centrali in Europa potrebbe aumentare le perdite delle tempeste violente registrate nei principali settori europei, con conseguenze sproporzionate su Francia e Germania.

Modellazione Nella modellazione dei cicloni extratropicali si utilizzano varie tecniche, che vanno da soluzioni quali l'analisi del campo della pressione, mediante l'impiego di dati sulla velocità del vento registrata storicamente, all'uso di supercomputer e previsione meteorologica numerica (NWP, Numerical Weather Prediction). Negli ultimi anni, e visto il rapido sviluppo dell'IT, i meteorologi e modellatori si stanno interessando in maniera crescente alla NWP e ai GCM. La NWP può essere essenzialmente suddivisa in modelli su macro e mesoscala. Sebbene entrambi richiedano un'elevata potenza di calcolo dei computer e siano basati sulle stesse equazioni matematiche della termodinamica, la conseguente scala geografica, la complessità e lo scopo finale di questi modelli variano considerevolmente. La modellazione della NWP su mesoscala ha generalmente una risoluzione molto elevata ma viene eseguita solo per brevi periodi di tempo. Per questo motivo, si utilizza in genere per le previsioni a breve termine. Un ottimo esempio dell'avanzamento di questa scienza è stato evidenziato nell'ottobre del 2013 dalle previsioni europee, le quali hanno previsto con notevole precisione la traiettoria e l'intensità della tempesta Christian (chiamata anche la tempesta del giorno di san Giuda nel Regno Unito) vari giorni prima del suo arrivo. La modellazione su macroscala riguarda l'uso dei GCM e dei modelli di circolazione generale atmosfera-oceano (AOGCM). Questi modelli possono essere utilizzati per simulare le condizioni climatiche su scala globale per migliaia di anni. A differenza delle tecniche su mesoscala, gli AOGCM prendono in considerazione la mutevole condizione dei controlli climatici mondiali quali la copertura del ghiaccio marino e della vegetazione, nonché la complessa interazione tra gli oceani e l'atmosfera. In questo contesto, sono estremamente utili per analizzare i processi a più lungo termine quali i cambiamenti climatici naturali e antropogenici, e segnali chiave dell'andamento climatico (ad es. NAO, AMO, ENSO). La modellazione delle tempeste europee si è notevolmente evoluta negli ultimi anni. Poiché i dati sulla velocità del vento osservati storicamente sono stati registrati solo negli ultimi 50 anni, e con livello di dettaglio variabile, essi offrono solo un piccolo spiraglio sul passato con il quale poter comprendere la frequenza di questo rischio complesso. Ciononostante, grazie al progresso dei GCM, l'analisi probabilistica, la rianalisi dei dati storici, e le tecniche di ridimensionamento6 che EQECAT è ora in grado di utilizzare, la modellazione delle tempeste europee si sta rapidamente evolvendo. Nel creare EurowindTM (un modello di rischio totalmente probabilistico che quantifica il rischio prospettico delle tempeste in 24 paesi europei), EQECAT utilizza queste funzionalità avanzate. Combiniamo oltre 50 anni di dati sulla velocità del vento osservati storicamente (forniti da migliaia di stazioni meteorologiche di tutta Europa) con una simulazione del clima su 1200 anni utilizzando un AOGCM per fornire informazioni sui parametri chiave di questo rischio. Si utilizzano le origini storiche delle tempeste per sviluppare un catalogo stocastico di tempeste sintetiche. Attraverso un approccio basato sulle perturbazioni, le distribuzioni teoriche vengono adattate ai maggiori parametri delle tempeste storiche (ad es. SSI, durata, traiettoria, gravità) per generare nuove tempeste in modo probabilistico. Questo catalogo di tempeste storico e sintetico contiene circa 20.000 eventi. Utilizzando un modello AOGCM avanzato, siamo in grado di convalidare le unità di misura principali, come la frequenza delle tempeste, l'aggregazione e la copertura spaziale delle tempeste europee. Analogamente, nel ridimensionare questi vasti eventi ciclonici, utilizziamo una combinazione di tecniche di modellazione deterministica e probabilistica. Ad esempio, si combinano le informazioni più aggiornate sull'uso del terreno globale e i dati dei modelli digitali di elevazione (Digital Elevation Model, DEM) per modificare in modo accurato il comportamento del vento, insieme alla parametrizzazione delle raffiche di vento locali per modellare i venti di superficie dannosi di un ciclone extratropicale.

5 Definiti come aventi un SSI uguale o maggiore della tempesta Daria. 6 Vengono sviluppati metodi di ridimensionamento per ottenere un clima superficiale su scala locale dalle variabili atmosferiche su scala regionale fornite dai modelli climatici globali (GCM).

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EQECAT non integra scenari futuri sul cambiamento climatico in questi scenari catastrofali standard. Questa operazione sarebbe altamente prematura, vista l'enorme volatilità dell'attività degli eventi catastrofali sugli orizzonti temporali annuali e decennali. Tuttavia, poiché negli ultimi 50 anni sono stati utilizzati dati sulla velocità del vento registrata storicamente per la realizzazione del modello di tempeste europeo EQECAT, la variabilità climatica in questo periodo potrebbe essere considerata implicitamente integrata in questo modello. Dal punto di vista industriale, il paradigma EQECAT rimane focalizzato sull'esigenza dei nostri clienti di esercitare la loro attività nel mercato odierno e concentrarsi sulla quantificazione del rischio corrente attraverso la scienza e i dati migliori disponibili.

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Tempeste europee Di Madeleine-Sophie Déroche, analista junior presso Climate-KIC / LMD / LSCE

Tempeste invernali europee associate a cicloni extratropicali I cicloni extratropicali sono uno dei principali fenomeni atmosferici delle aree alle medie latitudini, dove sono responsabili di episodi di alte velocità del vento di superficie e forti precipitazioni. Nell'emisfero nord, lo sviluppo di questi sistemi è favorito durante le stagioni autunnali e invernali (da ottobre a marzo), quando la differenza di temperature tra l'Equatore e i Poli è maggiore. Cicloni extratropicali intensi associati a velocità estreme dei venti superficiali (tempeste di vento) si generano sull'area nordatlantica e a volte raggiungono l'Europa occidentale e centrale. Possono provocare danni causati dal vento, così come inondazioni (Kyrill, 2007) e ondate di tempesta (Xynthia, 2010). I processi dinamici all'origine dello sviluppo di cicloni extratropicali estremi è stato studiato analizzando una tempesta specifica che ha provocato danni importanti xxvii

xxviii

xxv,xxvi, oppure confrontando la situazione meteorologica per un gruppo di cicloni extratropicali estremi ,xxix. Un processo fondamentale che emerge è l'interazione e l'amplificazione reciproca delle anomalie nel livello superiore e inferiore della troposfera attraverso movimenti verticali. I cicloni extratropicali estremi sono più frequenti e intensi durante la fase positiva dell'oscillazione Nord Atlantica (ovvero modello atmosferico principale che detta il clima invernale in Europa), ed è più probabile che raggiungano l'Europa con una forte corrente a getto del fronte polare (vento verso est a 11 km di altezza).

Tendenze osservate nelle tempeste invernali europee nel passato recente La valutazione delle tendenze delle tempeste dipende dal tipo di dati utilizzato. Gli studi che considerano la violenza delle tempeste sull'area Nord Atlantica (sia per la velocità del vento sia per le misurazioni della pressione dalle stazioni meteorologiche) rilevano notevoli variazioni su scale temporali decennali e più a lungo termine, con una violenza minima attorno al 1960 e una massima attorno al 1990. I valori della violenza delle tempeste all'inizio del XXI secolo sono elevati come quelli dell'inizio del XX secolo xxxii

xxxiii xxxiv. Ciò sottolinea l'importanza dell'area geografica prescelta e la lunghezza dei dati disponibili quando si

xxxvi

xxx,xxxi, . Tuttavia, quando si considerano le tendenze in paesi specifici e per periodi di tempo più brevi, si scopre che le variazioni locali non coincidono con quelle dell'area Nord Atlantica più estesa ,

gestiscono le tendenze dei processi atmosferici con una variabilità molto naturale. Le serie di dati delle rianalisi, in altre parole l'assimilazione delle osservazioni nel modello climatico, rappresenta un altro tipo di dati meteorologici utilizzati per analizzare il passato recente. Gli studi dedicati alla violenza delle tempeste in Europa rilevano un aumento in periodi di tempo diversixxxv, .

Le tendenze all'aumento osservate nei danni causati dal vento nel corso degli ultimi decenni sembrano essere dovute principalmente a una maggiore vulnerabilità della popolazione e degli ambienti naturali. Da una parte, l'aumento delle perdite economiche associate alle tempeste può essere spiegato con la crescita della popolazione assicurata nelle aree espostexxxvii xxxviii. Dall'altra, il riscaldamento del clima può colpire gli ambienti naturali, rendendoli più vulnerabili alle tempeste. In Svizzera, negli ultimi decenni si sono registrati inverni più caldi e umidi, che pregiudicano la qualità dei terreni e favoriscono danni forestali durante le tempestexxxix

,

.

Modelli climatici globali I GCM calcolano l'evoluzione temporale tridimensionale dell'atmosfera e dell'oceano, compresi vento o corrente, temperatura e percentuale di umidità. I modelli dividono l'atmosfera in "scatole", dove ogni variabile meteorologica è rappresentata da un valore. Le equazioni del movimento vengono quindi discretizzate su queste scatole e risolte; i processi che si verificano a una scala inferiore alle dimensioni della scatola vengono rappresentati implicitamente. Le prestazioni dei GCM seguono l'evoluzione tecnologica dei supercomputer e creano, in particolare, un maggior numero di scatole di dimensioni inferiori.

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Un vantaggio dell'uso dei GCM per i rischi connessi al meteo è l'opportunità di analizzare tutti i fattori che contribuiscono o ostacolano lo sviluppo di un fenomeno specificoxl. La bassa risoluzione (scatole grandi) delle generazioni precedenti dei GCM determinava una scarsa simulazione dei cicloni extratropicali; tuttavia molte simulazioni GCM correnti producono ora una risoluzione tale da consentire di esaminare i cicloni extratropicali dal punto di vista sia fisico che dei relativi impatti. Il confronto con la serie di dati delle rianalisi per il periodo corrente ha difatti evidenziato che i cicloni extratropicali vengono oggi simulati adeguatamentexli. Le traiettorie delle tempeste sull'area Nord Atlantica sono ben rappresentate anche se vi sono ancora pregiudizi riguardo al numero di cicloni extratropicali che raggiungono l'Europa e la relativa intensitàxlii.

Modellazione del cambiamento climatico: da SRES a RCP Dall'inizio degli anni novanta del secolo scorso, l'IPCC ha coordinato un esercizio di valutazione a livello mondiale costituita da un'analisi dei documenti di ricerca scientifici pubblicati. Sincronizzati con i rapporti dell'IPCC, numerosi progetti di interconfronto dei modelli (Model Inter-comparison Projects, MIP) utilizzano i GCM delle maggiori istituzioni mondiali per valutare l'impatto sul clima delle emissioni passate e future dei gas serra (GHG) e degli aerosol che modificano l'equilibrio energetico della Terra. La modellazione del cambiamento climatico futuro e le relative conseguenze si basano su scenari di emissioni previsti. Dal primo rapporto di valutazione dell'IPCC (FAR) del 1990, sono state pubblicate quattro serie di scenari di emissioni e l'approccio utilizzato per definirli si è evolutoxliii. Le prime tre serie si basavano su ipotesi sulla potenziale evoluzione della crescita economica e demografica, sui modelli di approvvigionamento e consumo energetico, sullo sviluppo di tecnologie pulite e sulle politiche in materia di clima adottate. Nel 2000, gli scenari del rapporto speciale sugli scenari di emissione (Special Report on Emission Scenarios, SRES) comprendevano una gamma più ampia di incertezze e prendevano in considerazione più fattori sociali, politici ed economici rispetto agli scenari del 1990xliv,xlv,xlvi. Da queste trame socio-economiche sono derivate serie storiche delle emissioni GHG, le quali sono state utilizzate per forzare i GCM. Sono stati necessari diversi anni per completare questo processo sequenziale, con un conseguente rischio elevato che le ipotesi socio-economiche di base sarebbero cambiate, sarebbero state verificate o si sarebbero dimostrate errate. Dal 2008, è stato scelto un nuovo approccio alla progettazione degli scenari di emissione per l'ultimo rapporto di valutazione dell'IPCC (AR5)xlvii. I nuovi scenari di emissione, denominati Representative Concentration Pathways (RCP), si basano oggi sull'identificazione nella letteratura esistente dei possibili livelli di forzante radiativo entro il 2100. Le ipotesi socio-economiche non sono alla base dei RCP e i possibili percorsi che portano a questi livelli di forzante non sono quindi più limitati solo a uno per ogni scenario di emissioni.

Tendenze previste dai modelli che partecipano al quinto progetto di interconfronto dei modelli accoppiati (Coupled Model Intercomparison Project, CMIP5) L'ultimo progetto di interconfronto dei modelli (CMIP5) è una collaborazione mondiale tra istituti climatici che utilizzano i propri GCM allo scopo di valutare l'impatto dei cambiamenti climatici. Uno studio che confronta i risultati di varie metodologie di rilevamento dei cicloni extratropicali applicate a un modello CMIP5 rileva un aumento del numero di cicloni extratropicali nell'emisfero nordxlviii. Tuttavia, considerando la reazione delle traiettorie delle tempeste al cambiamento climatico, i risultati differiscono da un modello all'altro. Per poter spiegare queste differenze, è possibile analizzare nel dettaglio in ogni GCM i processi che ruotano attorno al verificarsi dei cicloni extratropicalixlix. È stato dimostrato che le variazioni nei gradienti meridionali (ovvero verso nord) e verticali della temperatura hanno effetti contrastanti ed è difficile valutare quale potrebbe essere l'impatto complessivo. Un altro importante fattore è l'aumento del contenuto di umidità atmosferica, che rappresenta una riserva di calore latente che intensifica potenzialmente i singoli cicloni extratropicali, ed ha anche un effetto di indebolimento generale sullo sviluppo dei cicloni extratropicali, poiché migliora il trasporto energetico dall'Equatore al Polo e riduce lo sbalzo termico.

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Inondazioni nel Regno Unito Di prof. Rob Lamb, responsabile scientifico, Richard Wylde, meteorologo, e Jessica Skeggs, specialista mappatura dei pericoli presso JBA Group

La prova del cambiamento nel Regno Unito Sebbene le precipitazioni invernali totali abbiano subito lievi variazioni negli ultimi 50 anni e il numero totale annuo sembri non essere cambiato significativamente dalle prime registrazioni dei dati nel 1766, nel corso dell'ultima metà del secolo nel Regno Unito è stata rilevata una percentuale crescente di precipitazioni invernali durante le intense ondate di piogge. Inoltre, un rapporto sulle tendenze storichel sul clima britannico nel 2008 ha stabilito che nell'ultimo secolo il livello del mare attorno al Regno Unito è aumentato. Le emissioni dei gas serra passate e presenti rendono inevitabili ulteriori cambiamenti climatici nei prossimi 20 - 30 anni, a prescindere da come cambieranno le emissioni in futuro. Le attuali previsioni climatiche nel Regno Unitoli si basano sull'analisi dei risultati di vari modelli e scenari climatici per le emissioni di gas serra future. Tuttavia, la previsione dell'influenza del cambiamento indotto dall'uomo è complicata dalla variabilità interna del sistema climatico. Nel corso dei prossimi decenni, questa variabilità interna sarà una grande fonte di incertezza. Si prevede che rappresenterà quasi la metà dell'incertezza quantificabile associata ai cambiamenti delle precipitazioni invernali regionali per il periodo 2010-2019, rispetto a solo un quarto dell'incertezza delle previsioni per il decennio del 2080lii. Anche in questo caso, le variazioni statisticamente significative delle accumulazioni di precipitazioni invernali (il tipo di modello meteorologico associato ad alcune recenti inondazioni di vasta portata come nell'inverno del 2000) potrebbero essere rilevabili entro il decennio del 2020liii. Per le tempeste intense più brevi associate alle inondazioni con acque superficiali, la variabilità è maggiore pertanto è necessario più tempo per rilevare tendenze significative. Ciononostante, vi sono meccanismi fisici accettati per i quali si deve prevedere un aumento delle precipitazioni estreme e prove osservazionali emergenti a sostegno di questoliv. Anche i dati a lungo termine delle inondazioni dei fiumi concorrono a dipingere un quadro complesso. Le portate dei fiumi sono interessate da cambiamenti quali l'uso del terreno e le opere di drenaggio ma anche dal clima, e sono disponibili pochi dati statistici per le tendenze a lungo termine nelle portate massime dei fiumi negli ultimi 80-120 anni nonostante molte fluttuazioni a più breve terminelv. Questi dati non escludono la possibilità che i cambiamenti climatici abbiano influito sulle inondazioni dei fiumi, o che lo faranno in futuro, sebbene dimostrano che le tendenze a lungo termine sono difficili da individuare se confrontate con la variabilità dei dati della portata dei fiumi. Studi recenti

lviii

lvi hanno utilizzato i modelli climatici per imputare eventi alluvionali specifici, almeno in parte, al cambiamento climatico. Per il Regno Unito è stato suggeritolvii che molto probabilmente è stato registrato un aumento di almeno il 20% del rischio che si verifichino le inondazioni dell'inverno del 2000 (che hanno danneggiato quasi 10.000 immobili e causato perdite assicurate di circa 1,3 miliardi di sterline, ovvero 1,85 miliardi di sterline secondo il cambio di oggi) associate al cambiamento climatico indotto dall'uomo. Queste conclusioni dipendono da una complessa catena di modelli e ipotesi, e possono non necessariamente rispecchiare i cambiamenti futuri. Tuttavia, forniscono prove sempre più evidenti di un rischio crescente di inondazioni dell'entroterra nel Regno Unito e fanno parte di una base di prove internazionali sempre più evidenti sull'attribuzione degli estremi – sebbene i singoli eventi meteorologici non siano stati precedentemente attribuiti al cambiamento climatico.

Cambiamenti climatici futuri Su orizzonti temporali più lunghi, si prevede che le emissioni di gas serra avranno una maggiore influenza sul clima previsto nel Regno Unito. Dalle ultime previsioni sul cambiamento climatico nel Regno Unito entro il decennio del 2050 emergono nette divergenze tra i futuri scenari alternativi dei gas serra. Le stime britanniche per il decennio del 2080 evidenziano che il numero di giorni invernali con forti piogge (ovvero più di 25 mm di pioggia al giorno) potrebbe triplicare rispetto al passato recente. È plausibilelix che la quantità di pioggia nelle tempeste di pioggia estreme (definite come tempeste con una probabilità di 1 su 5 all'anno o più rara) potrebbe aumentare localmente del 40%.

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L'impatto del cambiamento climatico sulle inondazioni dei fiumi dipende fortemente dalla geografia del bacino fluviale. Una ricerca basata sui modelli climatici utilizzati nelle proiezioni britanniche evidenzia una serie di aumenti delle portate massime dei fiumi dal 10% al 15% tra il 2015 e il 2039, con un aumento del 20%-30% entro il decennio del 2080lx. Il rischio di inondazioni è, ovviamente, influenzato anche dallo sviluppo immobiliare e dagli investimenti nelle misure di gestione del rischio di inondazioni. Si prevede che anche i livelli del mare attorno al Regno Unito saliranno. I cambiamenti previsti dipendono da quali ipotesi si fanno sulle future emissioni di gas serra, e dal metodo impiegato per caratterizzare l'incertezza scientifica della modellazione. Per le previsioni climatiche nel Regno Unito, le stime centrali dell'aumento del livello del mare per uno scenario di emissioni medio (un mondo che si affida meno ai combustibili fossili, ma ancora con una crescente dipendenza da tali risorse) sono comprese nell'intervallo 24-36 cm entro il decennio del 2080, relativo ai livelli del 1990lxi. Tuttavia, in uno scenario con emissioni elevate (nel quale la dipendenza dai combustibili fossili continua ad aumentare rapidamente) vi è la possibilità che il livello del mare possa aumentare di circa 70 cm. Vi sono scenari estremi credibili (benché improbabili) secondo i quali l'aumento del livello del mare salirebbe addirittura a 1,9 m.

Cosa significa questo per il rischio di inondazioni? Il sottocomitato di adeguamento (Adaptation Sub Committee) del governo britannico ha evidenziato che "gli attuali livelli di investimento nella difesa contro le alluvioni e l'adozione di misure di protezione dei singoli immobili non seguiranno il ritmo dei crescenti rischi di inondazione. I cambiamenti climatici potrebbero quasi raddoppiare il numero di immobili a rischio elevato di inondazione entro il 2035 se non vengono adottate ulteriori misure".lxii L'agenzia britannica per l'ambiente (Environment Agency) stima un aumento necessario degli investimenti di 20 miliardi di sterline al di sopra dell'inflazione ogni anno solo per congelare ed evitare di aumentare il rischio associato ai cambiamenti climatici e al degrado delle difese contro le alluvioni. Maggiori investimenti per contrastare il cambiamento climatico annunciato potrebbero significare una riduzione di quattro volte del rischio di inondazioni rispetto a quanto accadrebbe se non venissero presi provvedimenti.

I modelli di rischio di inondazioni tengono conto dei cambiamenti climatici? Le previsioni climatiche nel Regno Unito stanno pian piano entrando a far parte dei modelli di rischio di inondazioni utilizzati per i piani locali di gestione e investimento del rischio delle inondazioni. Anche le valutazioni del rischio su scala nazionale vengono integrate nei cambiamenti climatici per far conoscere la strategia di investimento a lungo terminelxiii. Le proiezioni UKCP09 hanno fornito un cambiamento graduale dei dettagli disponibili e, per la prima volta, un trattamento probabilistico dell'incertezza scientifica dei modelli climatici. Si tratta di casistiche che dimostrano l'applicazione delle proiezioni probabilistiche nella valutazione del rischio futuro di inondazioni lxiv,lxv, ma che richiedono metodi di modellazione avanzati e non vengono ancora applicate regolarmente. Il riquadro 1 mostra la sensibilità del rischio di inondazioni per i cambiamenti climatici futuri relativi a una parte del bacino del Tamigi, in base alla mappatura e agli scenari dettagliati del rischio di inondazioni derivati dalle ultime previsioni climatiche nel Regno Unito. Nel settore assicurativo, società come AIR, EQECAT, JBA e RMS mettono a disposizione scenari catastrofali probabilistici per aiutare le società assicurative a valutare le eventuali perdite causate dalle inondazioni nel Regno Unito. La maggior parte degli scenari catastrofali si basa su dati a lungo termine che potrebbero contenere un segnale di cambiamento climatico derivante dal recente passato intrinsecamente presente in essi. Tuttavia, le incertezze associate alla stima del grado in cui si verificano i cambiamenti climatici e il conseguente cambiamento della gravità delle inondazioni locali indicano che l'impatto dei cambiamenti climatici può essere difficile da tenere in considerazione nei modelli di rischio. Gli scenari catastrofali utilizzati oggi per valutare il rischio di inondazioni nel Regno Unito (sia di fiumi che di mare) non modella, quindi, in modo esplicito l'impatto dei cambiamenti climatici futuri.

Uno sguardo al futuro I cambiamenti climatici futuri sono intrinsecamente incerti, perché non possiamo sapere con certezza come le emissioni di gas serra potranno essere influenzate dallo sviluppo economico, dalle politiche tecnologiche e dei governi di tutto il mondo. Tuttavia, i modelli climatici si stanno muovendo verso un maggior dettaglio spaziale e una migliore risoluzione dei principali processi fisici. Nel corso del prossimo decennio le previsioni meteorologiche e i modelli climatici a medio termine potrebbero iniziare a convergere, dando una migliore visione del meteo su scala annuale e previsioni più precise su come il clima reagirà nel lungo termine ai

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cambiamenti nell'atmosfera a causa dell'attività dell'uomo. Unitamente a questi cambiamenti, possiamo prevedere una progressione della rappresentazione della variabilità interna, e una panoramica del clima futuro che comprende una migliore conoscenza della variabilità e delle condizioni medie. Le incertezze dovrebbero essere tenute in considerazione in maniera più esplicita, in particolare nelle previsioni fatte da modelli ibridi che integrano clima, meteo e rischio di inondazioni più strettamente rispetto ad oggi. I modelli utilizzati per prevedere le inondazioni diventeranno più efficaci e in grado di fornire migliori informazioni a livello di immobili. Accanto a questi sviluppi, JBA è in grado di anticipare una maggiore integrazione delle previsioni del clima con altri cambiamenti (come cambiamenti di uso del suolo, investimenti sulla mitigazione delle inondazioni e perdite del settore). Alcuni studi lxviilxvi, hanno già evidenziato la necessità di quantificare i cambiamenti climatici nella modellazione delle catastrofi. Si prevede che si svilupperanno metodi per questo obiettivo se, come previsto, gli effetti dei cambiamenti climatici diventeranno più evidenti nel corso dei prossimi decenni. Questo processo deve essere strutturato in modo appropriato e utilizzare adeguatamente la climatologia in evoluzione, pertanto la comunicazione tra ricercatori, modellatori di catastrofi e assicuratori dovrebbe essere importante.

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Riquadro 1 Sensibilità ai cambiamenti climatici delle inondazioni dei fiumi nell'area del Tamigi. Il grafico seguente mostra un intervallo previsto di impatti dei cambiamenti climatici sul numero di immobili a rischio di inondazione del fiume con una probabilità annua di una volta ogni 1.000 anni, o maggiore, nell'area del Tamigi, nella città di Londra e nelle zone circostanti. L'analisi si basa su mappe dettagliate delle inondazioni realizzate da JBA Risk Management con il software di modellazione idrodinamica 2D delle inondazioni JFlow abbinato a dati digitali ad alta risoluzione riguardanti il terreno (risoluzione orizzontale 5 m o maggiore) (forniti da Astrium) e i dati di Ordnance Survey AddressPoint, utilizzati per individuare la posizione degli immobili nella pianura alluvionale. Le implicazioni dei cambiamenti climatici sono valutate utilizzando i dati ricavati dalle previsioni climatiche del Regno Unito del 2009 (UK 2009 Climate Projections, UKCP09) e convertiti in un intervallo plausibile di cambiamenti dei flussi delle inondazioni previsto dalla Environment Agency in Inghilterra per adattarsi ai cambiamenti climatici nella valutazione economica della gestione del rischio di inondazioni lxviii. I dati qui indicati mostrano la situazione di partenza ("present day" (oggi), che riflette il clima del passato recente) e le previsioni delle condizioni climatiche previste per un periodo attorno al decennio del 2080 (presupponendo nessun'altra variazione come lo sviluppo o maggiori difese contro le alluvioni). La gamma di previsioni è ampia perché comprende incertezze legate alla modellazione del clima e anche ipotesi fatte nelle previsioni climatiche del Regno Unito sulle future emissioni dei gas serra. Sebbene l'analisi delle incertezze comprenda la possibilità che non si verifichi alcun aumento o persino una piccola riduzione del rischio, i risultati suggeriscono una probabilità ancora maggiore di un aumento significativo del numero di immobili che potrebbero essere colpiti dalle inondazioni dei fiumi.

Sensibilità ai cambiamenti climatici delle inondazioni dei fiumi nell'area del Tamigi

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Uragani del Nord Atlantico Di Paul Wilson, direttore senior, sviluppo di modelli presso RMS Gli uragani rappresentano la maggiore minaccia di danni catastrofici per le ampie concentrazioni demografiche e di polizze assicurative lungo le coste orientali e del golfo degli Stati Uniti e in tutti i Caraibi. Questa casistica analizza due metodi nei quali la sensibilità delle perdite dovute agli uragani catastrofici della modellazione è influenzata da fattori collegati al cambiamento climatico. Lo studio evidenzia la struttura di base dei modelli per scenari catastrofali degli uragani, lo sviluppo di serie di percentuali a medio termine e l'influenza dei cambiamenti climatici su tali previsioni. La sezione finale presenta un breve studio dell'aumento del livello del mare sulla base dei risultati delle perdite della modellazione per l'uragano Sandy. L'eventualità che i cambiamenti climatici incida sul comportamento delle tempeste tropicali in generale e degli uragani nell'Atlantico in particolare è stata oggetto di un intenso dibattito nella comunità scientifica. La sfida cruciale sta nel valutare se il segnale osservato supera la variabilità prevista derivante da cause naturali. Nel 2010 Knutson et al. giunsero alla conclusione che rimangono dei dubbi sul fatto che le variazioni passate delle caratteristiche dei cicloni tropicali superino la variabilità prevista provocata da cause naturali e che le previsioni dei cambiamenti futuri abbiano un livello di confidenza basso per i singoli bacinilxix. Le eccezioni a questa affermazione sono importanti; si prevede che la frequenza delle tempeste più intense aumenti nella maggior parte dei bacini e le caratteristiche delle perdite secondarie, come le precipitazioni dei cicloni tropicali, hanno una probabilità molto maggiore di aumentare significativamente per la gran parte delle tempeste. Capire fino a che punto gli scenari di perdite catastrofali tengono già in considerazione questi cambiamenti è importante per comprendere in che modo questi scenari possano evolvere per rilevare eventuali variazioni del rischio nel futuro. Gli scenari catastrofali utilizzano complessi modelli statistici e basati sulla fisica per estrapolare i dati osservati al fine di produrre rappresentazioni coerenti dal punto di vista fisico, basate sugli eventi, di tutti i possibili uragani. Tradizionalmente, i modelli di uragani si sono basati su modelli di traiettorie statistiche abbinate a modelli parametrici di campi di vento degli uragani per definire l'impatto dei danni delle tempeste. I modelli numerici che catturano le dinamiche delle tempeste vengono utilizzati sempre più frequentemente per integrare i modelli statistici e ampliare il contributo nelle aree sparse dei dati. Analogamente, la complessità dei modelli continua a evolversi, acquisendo più caratteristiche secondarie che possono incidere sulle perdite potenziali. I modelli più sofisticati comprendono ora una modellazione esplicita delle ondate di tempesta sul ciclo di vita di ciascun evento e in futuro le inondazioni indotte da piogge estreme e cicloni tropicali diventeranno un contributo standard alle perdite di modellazione totali.

Cambiamenti climatici e prospettive a medio termine dell'attività degli uragani del Nord Atlantico È una pratica diffusa per i modelli per gli scenari catastrofali essere definiti in base alla climatologia a lungo termine. Questo è particolarmente vero per le ipotesi della frequenza, nelle quali è comune una calibrazione diretta per i record storici a lungo termine. Infatti, in alcune zone degli Stati Uniti queste condizioni sono un requisito normativo. Il rischio di uragani sull'Atlantico è tuttavia rinomato per non essere fisso; a parte le ben note modulazioni stagionali spinte dai modi climatici come l'oscillazione meridionale El Niño (El-Niño Southern Oscillation, ENSO), le osservazioni, in particolare nel bacino, indicano che i periodi di maggiore e minore frequenza di uragani possono persistere per decenni. Il dibattito è ancora aperto su quali siano i meccanismi alla base di questa variabilità – ovvero sono le oscillazioni naturali, come l'oscillazione multidecadale atlantica (AMO) (o modo meridionale atlantico) o l'influenza dell'uomo, come l'inquinamento da aerosol negli anni settanta e ottanta del secolo scorso, i meccanismi che la guidano? Qualunque sia la causa, è chiaro che quando si utilizzano gli scenari catastrofali per gestire il rischio di uragani nella durata dei contratti assicurativi pluriennali è importante considerare come i modelli interagiscono con la variabilità intrinseca nella frequenza degli uragani. Utilizzando la media di tutta l'attività storica a lungo termine si tende a sopravvalutare il rischio durante i periodi di minore attività e sottovalutare il rischio durante i periodi di attività più intensa. Per tener conto di questo, nel 2006, RMS ha pubblicato la prima versione del suo modello di uragani del Nord Atlantico per riconoscere specificamente la fase di attività attuale più elevata prevedendo l'attività attesa per i successivi 1-5 anni. All'epoca questa metodologia della "frequenza a medio termine" faceva affidamento su un processo di elicitazione avanzata, in cui a specialisti in climatologia degli uragani veniva richiesto di definire l'attività prevista. Nel corso dei 7 anni successivi questa metodologia si è

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evoluta, insieme alla ricerca scientifica sull'attività degli uragani, in una previsione statistica oggettiva derivata da una serie di modelli statistici, ponderati in base alla capacità di ogni modello di effettuare previsioni retrospettive su periodi storici precedenti. Un aspetto chiave della metodologia è la relazione tra le temperature della superficie del mare, in particolare nell'area principale dell'Atlantico in cui si sviluppano gli uragani, e l'attività degli uragani stessi. Laepple et al. (2008) hanno dimostrato che, utilizzando i dati dei modelli climatici era possibile produrre previsioni eccellenti delle temperature della superficie del mare su questi periodilxx. Sulla base di questo risultato, la previsione della frequenza a medio termine di RMS considera la tendenza delle temperature della superficie del mare rappresentata nelle proiezioni dei cambiamenti climatici come parte della sua costruzione. Sebbene l'inclusione di tali tendenze sia importante per definire con precisione il rischio e tenere conto di tutte le potenziali teorie di attività più elevata degli uragani, il contributo relativo alle previsioni correnti dell'attività può risultare ridotto rispetto alla variabilità multidecadale osservata nei dati storici. Figure 5 mostra l'attuale frequenza a medio termine prevista da RMS degli uragani per la

fascia costiera degli USA con e senza l'inclusione di tali previsioni sulla temperatura della superficie del mare. L'aumento percentuale delle previsioni di frequenza di uragani di categoria 1-5 e 3-5 riguardo alla climatologia dal 1900 al 2012 scende dal 7% al 3% e rispettivamente dal 18% al 13% quando si escludono le previsioni sulla temperatura della superficie del mare.

Innalzamento del livello del mare e rischio di ondate di tempesta La sezione finale di questo studio sarà dedicata all'analisi delle ondate di tempesta. L'importanza di tutte le informazioni precedentemente tenute in considerazione, e modellate, come una caratteristica secondaria delle perdite è stata messa drammaticamente in risalto da Katrina nel 2005, Ike nel 2008 e di nuovo da Sandy nel 2012. Sandy ha causato circa 20-25 miliardi di dollari di perdite assicurate principalmente a New York e nel New Jersey, dovute in larga parte alle inondazioni provocate dalle ondate di tempesta associate a un vento relativamente debole, sebbene si trattasse di una tempesta di ampia portata

lxxii. Tuttavia, il contributo del cambiamento del livello del mare è stato posto in risalto solo recentemente.

lxxi. Molto è stato detto riguardo al fatto che Sandy si è abbattuta quasi in concomitanza con l'alta marea e al percorso anomalo, ma tutt'altro che imprevisto, intrapreso dalla tempesta quando ha interagito con un secondo sistema di bassa pressione - Hall e Sobel hanno stimato un periodo di ritorno della traiettoria dell'uragano Sandy pari a 700 anni L'uragano Sandy ha infranto 16 record storici del livello di marea lungo la costa orientalelxxiii, e Sweet et al. (2013) hanno stimato una riduzione di uno o due terzi del periodo di ritorno della ricorrenza di un evento equivalente a Sandy tra il 1950 e il 2012 a causa dell'aumento globale del livello del mare (espansione termica e scioglimento dei ghiacci), variazione della circolazione oceanica e sprofondamento. In precedenza, Lin et al. (2012) avevano esaminato le potenziali implicazioni dell'innalzamento del livello del mare a New York, denotando un drastico incremento del rischio di ondate di tempesta con aumenti del livello del

lxxiv, mentre Hoffman et al. (2008) avevano esaminato i potenziali aumenti delle perdite dovute all'innalzamento del livello del mare secondo la prospettiva di uno scenario dimare

perdite catastrofali per gli interi Stati Unitilxxv. Sulla base di questi studi, la figura 6 mostra l'impatto del cambiamento del livello del mare sulla ricreazione del modello dell'uragano Sandy sulle ondate di tempesta di RMS. La figura 6a mostra il livello del mare medio mensile registrato a Battery Park a New York dal 1900 al 2012. La figura 6b mostra le perdite totali modellate dovute interamente ed esclusivamente alle ondate di tempesta per New York comprese tra +/-85 cm di variazione del livello del mare. L'innalzamento del livello del mare di circa 20 cm a Battery Park dagli anni cinquanta del secolo scorso, unitamente a tutti gli altri fattori costanti, hanno fatto aumentare del 30% le perdite causate interamente da Sandy nella sola New York. Ulteriori incrementi del livello del mare in quest'area aumenterebbero in modo non lineare il potenziale delle perdite dovuto a tempeste simili. I modelli

Figura 5: frequenza prevista per gli USA negli anni 2013-2017 da RMS con e senza l'inclusione di previsioni basate sulla SST rispetto alla climatologia degli anni 1900-2012 per la categoria 1-5 e 3-5

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per gli scenari catastrofali che plasmano in modo dinamico le ondate di tempesta sulla base dell'attuale livello del mare medio tengono già in considerazione questo maggiore rischio nelle loro previsioni.

Conclusioni Questo caso oggetto di studio ha esaminato brevemente in quale misura l'impatto attuale dei cambiamenti climatici sui risultati degli scenari di perdite catastrofali. L'influenza delle tendenze nelle temperature della superficie del mare viene raffigurata come un fattore di minore importanza per le variazioni di frequenza, come rappresentato nella previsione a medio termine di RMS. Questo risultato rispecchia le dichiarazioni fatte in studi sul rilevamento e l'attribuzione dei cambiamenti all'attività dei cicloni tropicali, in cui la variabilità naturale è considerata dominante negli intervalli di tempo oggetti di esame (1-5 anni). Si può notare che l'impatto dei cambiamenti sul livello del mare è più significativo, visto che i cambiamenti delle perdite causate dalle ondate di tempesta modellate dell'uragano Sandy dovute all'aumento del livello del mare in corrispondenza di Battery Park nel corso degli ultimi 50 anni equivalgono a un aumento del 30% circa delle perdite causate interamente dalle ondate di tempesta di Sandy a New York.

Figura 6a: media mensile e intervallo mensile del livello medio del mare (in metri relativo al North American Vertical Datum) registrato a Battery Park (NYC).

Figura 6b: perdite totali dovute interamente ed esclusivamente alle ondate di tempesta basate sulla ricostruzione dell'uragano Sandy da parte dell'RMS con variazione del livello del mare compreso tra +/-85 cm (input come condizione limite dell'analisi del modello). Le perdite sono basate sul database delle esposizioni del settore di RMS. Per un ulteriore contesto, le linee tratteggiate blu rappresentano l'intervallo percentile del 90% delle perdite di diverse condizioni delle maree utilizzando il livello del mare medio corrente.

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Forti temporali negli USA e cicloni tropicali del sud del Pacifico Di Ioana Dima, scienziato ricercatore senior, e Shane Latchman, responsabile ricerca e consulenza e servizi ai clienti di AIR Worldwide La tabella seguente indica le caratteristiche chiave dei modelli discussi nel presente articolo: forti temporali negli USA e cicloni tropicali del sud del Pacifico.

Rischio di forti temporali negli Stati Uniti: tendenze passate e previsioni future I temporali rappresentano una componente essenziale del sistema climatico, poiché la loro azione ha il compito di ridistribuire il calore, l'umidità e i gas in traccia nell'atmosfera, sia orizzontalmente che verticalmente. I temporali possono rappresentare un grande pericolo per le comunità e possono causare danni sociali ed economici catastrofici attraverso esondazioni istantanee, forti venti, gravi grandinate e micidiali tornado. Ma spesso tali tempeste sono viste come eventi positivi, che portano le tanto attese precipitazioni piovose all'agricoltura e l'approvvigionamento di acqua dolce.

In base a recenti studi di ricerca che utilizzano modelli meteorologici numerici per valutare l'attività corrente delle tempeste violentelxxvi, non sono state individuate tendenze statisticamente significative nei dati. Questi risultati concordano con lo studio AIR del 2010, che ha analizzato i recenti record storici che utilizzano dati del NOAA's Storm Prediction Centre (SPC). La figura 7 mostra i conteggi annuali osservati nei tornado, nelle grandinate e nei venti che provocano danni dal 1995 al 2010.

Figura 7: conteggio annuale per ciascun pericolo (linea continua sottile) con tendenze su 5 anni (linee continue spesse) e la tendenza su 15 anni (linea tratteggiata sottile) sovrapposta

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Per i tornado (in alto) non si registra alcuna significativa tendenza a lungo termine attraverso i dati, mentre per le grandinate (al centro) si evidenzia una tendenza al rialzo se si considera l'analisi di tutti i 15 anni, che però è messa in discussione dall'ultimo periodo di 6 anni, che mostra una chiara tendenza verso il basso. I conteggi dei venti che provocano danni (in basso) mostrano una tendenza verso l'alto, ma il valore di tendenza si riduce notevolmente se si considerano solo le categorie dei venti più forti.

La validità di tutte queste tendenze non si fonda su basi solide, dato il gran numero di problematiche con i dati.

Una domanda che ricorre frequentemente verte sull'eventuale presenza di tendenze nelle perdite economiche e assicurate. Le perdite che hanno una tendenza riportate dal Property Claim Services® sono indicate nella figura 8. La variabilità delle perdite causate dalle tempeste osservate da un anno all'altro è notevole, ma non vi sono prove consistenti che suggellano l'esistenza di una tendenza statisticamente significativa. Il 2011 è stato segnato da danni da record dovuti a forti temporali negli USA e, di fatto, il 2011 emerge nella Figure 8 come un anno anomalo se paragonato agli anni precedenti.

Ma cosa è accaduto quell'anno? Nel 2011 erano presenti alcune condizioni climatiche sulle quali si speculava che fossero correlate a una maggiore attività temporalesca di notevole entità. Ma oltre a ciò, il 2011 è stato molto probabilmente un anno caratterizzato da una coincidenza particolarmente sfortunata, che ha visto gli eventi principali verificarsi in aree ad alta esposizione.

E in che modo i cambiamenti climatici influiscono sui forti temporali? Il riscaldamento del pianeta ormai appurato produce generalmente due meccanismi contrastanti che, in fondo, possono alterare il rischio di forti temporali:

• un gradiente della temperatura globale di livello inferiore più debole tra l'equatore e i poli che a sua volta causa un indebolimento dello shear verticale del vento. Poiché lo shear del vento è un fattore determinante per la formazione e lo sviluppo di forti temporali, potrebbe ridurre la probabilità che in futuro si verifichino forti temporali.

• L'aumento dell'instabilità verticale e la bassa umidità aumenterebbero la possibilità di forti temporali nel futuro, dato che questi sono fattori importanti per la formazione e lo sviluppo di temporali.

I risultati dei modelli mostrano costantemente che, indipendentemente da altri fattori, l'aumento dell'umidità in un mondo futuro più caldo avrebbe come conseguenza una maggiore intensità delle precipitazionilxxvii. Un recente studio sui fenomeni atmosferici con conseguenze gravi indica un rischio elevato di temporali da metà secolo attraverso previsti aumenti in ambienti atmosferici gravi lxxviii. Analogamente, in un documento

lxxix. Tuttavia, ricerche approfondite precedenti relative a questi processi lxxxi lxxxii lxxxiii lxxxiv lxxxv lxxxvi

di Sander et al. (2013) vengono individuati picchi elevati e una maggiore variabilità nelle perdite dovute alle tempeste nel corso degli ultimi vent'anni rispetto ai due decenni precedenti

lxxx, , , , , , non hanno consentito di trarre conclusioni definitive in merito a un cambiamento futuro del pericolo. Pertanto, non possiamo ancora stabilire con certezza se dovremo aspettarci più o meno tempeste in futuro e se queste saranno più o meno intense.

Quando si valutano i dati sui forti temporali e, in particolare, l'esistenza di tendenze in questi dati, occorre considerare diversi fattori:

• i rapporti sui temporali non vengono prodotti da strumenti standard, ma fanno affidamento sui resoconti dell'uomo – quindi, quando si lavora con questi dati è necessario tenere conto delle condizioni demografiche come la vicinanza della popolazione agli eventi.

• La creazione di rapporti sui forti temporali è cambiata nel corso del tempo a causa di fattori quali radar meteorologici e la diffusione di Internet. Inoltre, avvistatori di tempeste dedicati hanno avuto un

Figura 8: perdite da forti temporali negli USA (con tendenza per il 2012) riportate da PCS

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grande impatto sul processo di raccolta di dati, aumentando potenzialmente la frequenza di osservazione.

Pertanto, un aumento delle perdite causate dai forti temporali non può essere facilmente attribuito ai cambiamenti climatici. Ma, di sicuro, una singola stagione come quella del 2011 non può essere imputata ai cambiamenti climatici. Vi sono tanti altri fattori che possono contribuire all'aumento delle perdite in qualsiasi anno: tempeste multiple che colpiscono più aree urbane, il valore di esposizione in aumento nelle aree urbane e suburbane, l'incremento demografico nelle aree precedentemente rurali, ma anche cambiamenti nei metodi costruttivi del settore delle coperture per tetti.

Nel 2014, AIR sta preparando la pubblicazione di un importante aggiornamento al suo modello per forti temporali (Severe Thunderstorm Model) per gli Stati Uniti. L'obiettivo di questo aggiornamento è incorporare gli ultimi studi di ricerca e scientifici sull'argomento, nonché utilizzare tutti i dati dell'SPC dell'intero 2011. Inoltre, i ricercatori AIR stanno utilizzando vari nuovi metodi di smussamento e aumento dei dati per integrare i dati dell'SPC, compreso l'uso di dati radar ad alta risoluzione per tenere meglio in considerazione micro eventi di grandinate, metodi di eliminazione statistica delle tendenze per tenere conto della crescita demografica, e parametri meteorologici che catturano realisticamente le condizioni atmosferiche favorevoli per la formazione di forti temporali.

Rimane però dell'incertezza attorno alle conclusioni definitive sull'impatto dei cambiamenti climatici sui forti temporali. Perciò, i cambiamenti climatici sono rappresentati nel modello solo nella misura in cui un segnale di cambiamento climatico è incluso in dati storici sui forti temporali sui quali si basa il catalogo stocastico di eventi del modello.

Rischio di cicloni tropicali nell'area del sud del Pacifico: previsioni di metà e fine secolo AIR ha svolto una valutazione del rischio di cicloni tropicali per 15 paesi insulari del Pacifico (identificati nella Figure 9) attraverso l'Iniziativa di valutazione del rischio e di finanziamento per le calamità nel Pacifico (Pacific Catastrophe Risk Assessment and Financing initiative - PCRAFI). Lo studio ha considerato gli effetti dei venti dei cicloni tropicali, delle inondazioni causate dalle precipitazioni e delle ondate di tempesta. L'area del sud del Pacifico è nota per la frequenza dei cicloni tropicali. Negli ultimi 60 anni, l'area del Pacifico da Taiwan alla Nuova Zelanda latitudinalmente e dall'Indonesia alla parte orientale delle Hawaii longitudinalmente ha dovuto affrontare una media di 41 cicloni tropicali all'anno. Quasi 16 e 25 all'anno hanno avuto origine rispettivamente a sud e a nord dell'Equatore.

Gli scienziati hanno notato che, sebbene la frequenza annua globale di tutti i cicloni tropicali sia rimasta costante, sono stati rilevati considerevoli cambiamenti a livello regionale: sono stati osservati una diminuzione del numero totale di cicloni tropicali nel Pacifico nordoccidentale e un aumento nell'area Nord Atlanticalxxxvii. Inoltre, è stata registrata una tendenza all'aumento nella percentuale globale degli uragani di categoria 4-5, compensata da una riduzione simile nella percentuale di uragani di categoria 1-2 - una relazione che si ripropone in ogni bacino oceanico.

Non si è certi, però, in merito alla probabilità che queste tendenze osservate continueranno anche in futuro. La comunità scientifica, attraverso l'ultimo rapporto dell'IPCC (SREX/IPCC, 2012), è unanimemente concorde nell'affermare che la media globale della velocità massima dei venti dei cicloni tropicali subirà un probabile aumento nel futuro, sebbene tale aumento non interesserà tutti i bacini oceanici. Inoltre, il rapporto evidenzia la possibilità che la frequenza globale dei cicloni tropicali rimanga essenzialmente invariata.

Per lo studio AIR effettuato per il sud del Pacifico, Geoscience Australia ha fornito i risultati di un modello di circolazione generale da un totale di 11 GCM diversi da due generazioni di esperimenti su GCM, denominati CMIP3 e CMIP5. I modelli CMIP5 rappresentano la nuova generazione di GCM e pertanto costituiscono le informazioni più aggiornate del sistema climatico. Per entrambi gli emisferi si prevede un futuro aumento

Figura 9: l'area del sud del Pacifico e la posizione dei 15 paesi considerate nel modello

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della frequenza relativa delle depressioni tropicali, delle tempeste tropicali e delle tempeste di categoria 5, a fronte di una diminuzione generale del numero di tempeste nelle altre categorie. Maggiormente degno di nota è l'aumento delle tempeste di categoria 5, che potrebbero avere un notevole impatto sulle perdite registrate nell'area.

Le temperature della superficie del mare nella maggior parte delle zone in cui si formano i cicloni tropicali hanno subito un aumento di diversi decimi di gradi Celsius nel corso degli ultimi decenni. Numerosi scienziati ritengono che l'aumento dei gas serra prodotti dall'uomo sia stato molto probabilmente uno dei principali fattori che hanno contribuito a questo riscaldamentolxxxviii. Lo strato superiore dell'oceano rappresenta la principale fonte energetica per la formazione e lo sviluppo dei cicloni tropicali. Pertanto, il riscaldamento degli oceani ha un impatto diretto sull'intensità e il ciclo di vita di tali tempeste, poiché fornisce maggiore energia alle tempeste e permette un possibile aumento della loro gravità e frequenza. Tenere presente che nell'analisi non vengono considerati aumenti futuri delle precipitazioni e del livello del mare.

Un'altra conseguenza diretta del riscaldamento degli oceani è lo scioglimenti dei ghiacciai e l'espansione termica dell'acqua degli oceani. Entrambi questi effetti fanno aumentare il volume degli oceani, innalzando il livello della superficie. Ulteriori incrementi del livello del mare produrrebbero di conseguenza livelli più elevati di ondate di tempesta associati ai cicloni tropicali.

Le piccole isole del sud del Pacifico che affiorano di poco sopra il livello del mare stanno sperimentando direttamente gli effetti dell'innalzamento delle acque. Un esempio efficace è il caso di Kiribati, basso stato insulare del Pacifico, che è attualmente in fase di trattativa con Fiji per l'acquisto di terreno al fine di trasferire i suoi isolani minacciati dall'aumento del livello del mare. Nel frattempo, una società giapponese ha proposto a Kiribati la costruzione di un "atollo galleggiante", avvalendosi di una serie di vaste "ninfee" circolari sulla superficie dell'oceano (Figure 10).

Occorre tenere presente tanti altri fattori quando si valutano i rischi attuali e futuri correlati ai cicloni tropicali. Le dimensioni dell'isola (che influiscono sulla degradazione e sulle ondate della tempesta), la copertura del suolo dell'isola (che influisce sugli effetti di attrito della tempesta), e la topografia (che influisce sulle ondate di tempesta e sulle correnti del vento), sono tutti fattori chiave per la valutazione del pericolo costituito dai cicloni tropicali per ogni paese. Ugualmente importanti nella determinazione dei rischi locali e regionali sono gli inevitabili cambiamenti della popolazione ed esposizione costiera e la migrazione della popolazione all'interno di ogni paese e da un paese a un altro. Parlando di vulnerabilità, occorre considerare anche eventuali miglioramenti dei regolamenti edilizi che sono stati o saranno implementati nel corso degli anni, cambiamenti specifici nella realizzazione dei materiali da costruzione nonché le prassi di implementazione e mitigazione.

Si sta considerando la possibilità di apportare aggiornamenti all'attuale scenario AIR per l'area, man mano che si raccoglie una quantità sempre maggiore di dati storici e che le nuove scoperte scientifiche vengono generalmente accettate dalla comunità scientifica e, pertanto, possono essere incluse all'interno del quadro di modellazione. Lo scenario e il catalogo stocastico di cicloni tropicali ad esso associato rispecchia lo stato attuale del clima. Qualsiasi segnale di variabilità climatica naturale o antropogenica che esiste nei record storici fa implicitamente parte del catalogo attuale.

Per la valutazione dell'impatto sul clima è stato sviluppato e implementato un processo di condizionamento climatico con l'obiettivo di valutare le variazioni delle perdite per scenari di cambiamenti climatici diversi. Il condizionamento climatico del catalogo stocastico è stato effettuato mediante un metodo di "campionamento mirato", in cui eventi particolari vengono aggiunti o rimossi dall'insieme di dati man mano che si ricevono informazioni dai cambiamenti nei risultati dei modelli numerici di vari GCM, in base a scenari diversi di cambiamenti climatici futuri. I cambiamenti climatici di particolare interesse per il progetto sono quelli associati ai cambiamenti delle frequenze relative delle tempeste di tutte le categorie (dalle depressioni tropicali ai cicloni tropicali di categoria 5) e ai cambiamenti nella latitudine delle traiettorie medie.

La Figure 11 (a sinistra) illustra i cambiamenti della perdita media annua (Annual Average Loss, AAL) in uno scenario di cambiamenti climatici futuri, per ogni paese considerato. La maggior parte dei paesi (Micronesia, Isole Cook, Fiji, Papua, Samoa, Niue, Vanuatu, Timor-Leste, Tonga) prevede aumenti delle perdite con il clima futuro. Tuttavia, per alcuni paesi (Isole Salomone, Palau) si prevede in media una riduzione delle perdite, mentre per altri (Tuvalu, Isole Marshall, Kiribati, Nauru) i cambiamenti risultano minimi. Tenere presente che non sono stati presi in considerazione aggiustamenti relativi alla possibile crescita economica o demografica futura.

Figura 10: progettazione concettuale di un arcipelago artificiale delle Kiribati (fonte: The Daily Telegraph)

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Il confronto tra le perdite del periodo di ritorno dell'area (il termine "area" si riferisce a tutti i paesi nell'area interessata dallo studio), come illustrato nella figura 11 (a destra), indica che la curva delle perdite per il clima attuale si attesta nettamente al di sotto della curva del clima futuro relativa alle perdite più elevate. In corrispondenza del periodo di ritorno di 250 anni, la perdita stimata media per tutte le isole aumenta dell'8%, mentre lo scenario peggiore tra l'intera gamma di modelli individuali indica un possibile aumento delle perdite molto più significativo pari al 25%. Si prevede che la perdita annua media regionale attuale amenti dell'1% entro la metà del secolo e del 4% entro la fine.

Conclusioni

Una valutazione della letteratura disponibile mostra l'assenza di una prospettiva comune relativa all'impatto dei cambiamenti climatici sull'attività temporalesca che causa i danni più gravi, e le analisi effettuate da AIR sui dati delle tempeste non hanno mostrato una tendenza significativa a livello statistico che riguarda tutti i diversi pericoli.

Riguardo ai cicloni tropicali nel sud del Pacifico, l'analisi dei risultati dei modelli climatici globali in combinazione con gli scenari catastrofali AIR ha ottenuto un contenuto aumento generale delle perdite attraverso diversi periodi di ritorno. Questo impatto potrebbe essere aggravato dall'innalzamento del livello dei mari sulle perdite dovute alle ondate di tempesta che non sono state integrate esplicitamente nei risultati di modellazione descritti in questa sede.

Figura 11: a sinistra - previsioni future della AAL di fine secolo (barre blu) paragonate al clima attuale (barre verdi) per i 15 paesi considerati. A destra - curva EP regionale (tutti i paesi) di fine secolo per il clima futuro (curva blu) paragonata al clima attuale (curva verde)

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Aumento dell'intensità degli uragani in concomitanza con il riscaldamento dei mari: implicazioni per la modellazione del rischio Del prof. James B. Elsner, presidente di Climatek

Osservazioni Abbiamo rilevato che gli uragani stanno acquisendo una potenza sempre maggiore in tutto il mondo, specialmente nell'area Nord Atlanticalxxxix. La tendenza verso l'alto della forza degli uragani è correlata fisicamente e statisticamente al riscaldamento dei marixc. Secondo le nostre stime, l'aumento di intensità degli uragani più potenti è pari a circa 10 m/s per °C (Celsius) di riscaldamento. Queste stime sono prodotte in due modi: uno facendo regredire l'intensità limite di uragano sulla temperatura della superficie del mare (SST, sea-surface temperature) (ved. figura 12) e l'altro facendo regredire la velocità del vento più elevata di sempre sulla SST tenendo conto di El Niño (ved. figura 13)xci.

Figura 12: sensibilità dell'intensità limite di uragano alla SST basata sui dati delle traiettorie degli uragani dello U.S. National Hurricane Center interpolati a valori di un'ora e ai dati della SST della U.S. National Oceanic and Atmospheric Administration mediati nei mesi da agosto a ottobre. L'analisi viene effettuata utilizzando i dati dal 1981 al 2010. La pendenza è di 8 m/s per °C. L'intervallo di incertezza del 95% è raffigurato in grigioxcii.

Figura 13: coefficiente di regressione del limite della SST da una regressione della velocità del vento più elevata di sempre sulla SST e El Niño. Il coefficiente di regressione aumenta per gli uragani più forti ed è notevolmente diverso da zero in corrispondenza degli uragani che presentano venti massimi del loro ciclo di vita superiori a 50 m/s. L'intervallo di incertezza del 95% è raffigurato in grigioxciii.

Nel lungo termine circa un terzo di tutti gli uragani atlantici ha colpito gli Stati Uniti. Una misura oggettiva e rilevante dell'impatto degli uragani è il dato sulle perdite per danni dovuti al vento. Mostriamo che la relazione tra la velocità del vento e le perdite è esponenziale e che le perdite aumentano all'aumentare della velocità del vento con un tasso del 5% per m/s (ved. figura 14).

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Figura 14: approssimazioni del quantile di danno in funzione della velocità del vento. Le linee sono tracciate a 0,10, 0,25, 0,50, 0,75 e 0,90 centili di danno. Le pendenze sono vicine al 5% per m/sxciv.

La relazione è stata ottenuta utilizzando la regressione dei quantili e un insieme di dati comprendente le velocità dei venti degli uragani che colpiscono gli Stati Uniti e le perdite economiche normalizzate7. Secondo noi, le compensazioni dei diversi quantili tengono conto dei fattori legati all'esposizione, quali la densità della popolazione, le precipitazioni e l'irregolarità della superficie e, una volta che questi effetti vengono inseriti nel calcolo, l'aumento delle perdite unitamente alla velocità del vento è costante attraverso i quantili. Poiché le tempeste più violente stanno acquisendo una forza sempre maggiore a una velocità di circa 1 m/s per decennio, possiamo prevedere un aumento del 5% delle perdite in un arco di dieci anni, indipendentemente da qualsiasi cambiamento dell'esposizione.

Modelli climatici I modelli climatici globali (GCM) che uniscono i processi oceanici e atmosferici sono ora caratterizzati da una risoluzione sufficiente a generare i cicloni tropicali. I modelli vengono inizialmente messi a punto per simulare gli uragani storici, quindi utilizzati per generare scenari di attività per i prossimi 50 - 100 anni. Riteniamo che l'affidabilità di uno scenario di uragani futuro possa essere giudicata da come il modello riproduce la sensibilità dell'intensità limite di uragano rispetto alla SST durante la generazione dello scenarioxcv,xcvi. Calcoliamo la sensibilità partendo dai dati sugli uragani generali dal modello denominato "HiRAM" sviluppato presso il Geophysical Fluid Dynamics Laboratory di Princeton, NJ, Stati Uniti, e dal modello FSU sviluppato alla Florida State University di Tallahassee, FL, Stati Uniti. La sensibilità viene anche stimata utilizzando i dati degli uragani generati mediante una tecnica di "downscaling"

7 I dati sulle perdite sono forniti da ICAT Damage Estimator (http://www.icatdamageestimator.com).

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(ridimensionamento) sviluppata da Kerry Emanuel al Massachusetts Institute of Technology di Boston, MA, Stati Uniti. La figura 15 mostra un grafico a barre che confronta le sensibilità calcolate da osservazioni e stimate dai tre modelli. I modelli GFDL HiRAM e FSU sono stati eseguiti con tre diverse condizioni iniziali e solo la più ampia delle tre è rappresentata nel grafico.

Figura 15: stime della sensibilità dell'intensità limite rispetto alla SST derivate da osservazioni e modelli. La barra verticale rappresenta un errore standard.

Ipotizziamo che la sensibilità inferiore è dovuta all'incapacità di un ciclone tropicale derivato dai GCM di operare come un motore termico idealizzato, in cui l'intensità massima potenziale è direttamente proporzionale al calore dell'oceano sottostante. Questa potrebbe essere una conseguenza dell'incapacità del GCM di affrontare le questioni di termodinamica interna, in cui il calore viene convertito in lavoro. Ipotizziamo anche che le temperature del GCM vicine alla tropopausa non corrispondono a quelle dell'atmosfera reale, le quali probabilmente influenzerebbero le stime di sensibilità. Il lavoro su questo argomento è tutt'ora in corso.

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6 Conclusioni e raccomandazioni Il consenso della comunità scientifica riguardo al cambiamento del clima globale, e al fatto che la velocità di questo cambiamento aumenterà, continua a rafforzarsi. Tuttavia, come evidenziato da vari autori in questo rapporto, è estremamente difficile determinare l'impatto attuale sui livelli di rischio. Quando si interpretano le prove storiche e le previsioni per i prossimi decenni, è utile considerare qualsiasi cambiamento come una combinazione di variabilità naturale e di una tendenza di fondo causata dalle emissioni antropogeniche. Nel senso più ampio del concetto, questi pericoli caratterizzati dagli insiemi di dati più lunghi e robusti mostrano tendenze coerenti con le conoscenze fisiche come sono presentate dai modelli climatici. Tuttavia, per numerosi pericoli estremi, la variabilità naturale attuale è maggiore della tendenza di fondo dei cambiamenti climatici. Previsioni future mostrano che nei prossimi decenni la tendenza di fondo emergerà più nettamente. Le casistiche degli scenari catastrofali illustrano un'ampia gamma di approcci utilizzati nel settore. L'impatto dei cambiamenti climatici non si riflette principalmente in modo esplicito negli scenari catastrofali, ma tutti gli autori sottolineano che qualsiasi cambiamento climatico attuale sarà implicitamente incluso nei dati recenti che essi utilizzano per creare i propri scenari. All'interno di un orizzonte temporale di più o meno un decennio, un recente approccio empirico basato su dati si dimostra alquanto solido, poiché si prevede che la variabilità naturale sia predominante rispetto alla tendenza di fondo. Ciononostante, se si necessita di orizzonti temporali più lunghi, sarà necessario fare maggiore affidamento sulle previsioni dei modelli climatici. Tali approcci basati sulle previsioni dei cambiamenti climatici sono necessari per coloro che prendono impegni a lungo termine, come ad esempio la stipulazione di assicurazioni o gli investimenti nelle infrastrutture. La riduzione dei gas serra rimane un requisito urgente ed essenziale per limitare i rischi e l'inevitabile costo per la loro gestione.

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7 Appendici Appendice 1 – Nota sugli indici climatici estremi e i livelli di confidenza e probabilità Per poter descrivere e quantificare gli eventi climatici estremi l' Expert Team on Climate Change Detection and Indices (ETCCDI) ha raccomandato un elenco di indici. Una panoramica degli indici più comuni è riportata anche nel riquadro 2.4, tabella 1 del rapporto IPCC (2013) e nella tabella 1 di Donat et al. (2013). I riscontri della scienza fisica presentati in questa sede utilizzano le espressioni confidenza e probabilità usate nel rapporto IPCC (2013) come vengono definite e descritte nel capitolo Technical Summary (Riepilogo tecnico). A importanti risultati del quinto rapporto di valutazione (AR5) è stata assegnata un'espressione qualitativa di confidenza nella rispettiva validità (molto bassa, bassa, media, alta e molto alta), nonché un'espressione di probabilità per indicare incertezze quantificate probabilisticamente (Praticamente certo (probabilità 99–100%), Molto probabile (probabilità 90–100%), Probabile (probabilità 66–100%), Tra probabile e improbabile (probabilità 33–66%), Improbabile (probabilità 0–33%), Molto improbabile (probabilità 0–10%), Eccezionalmente improbabile (probabilità 0–1%)). L'uso di entrambe le espressioni nel rapporto IPCC (2013) segue le linee guida per gli autori ed è basato sulla valutazione, da parte del team di autori, dell'evidenza e della concordanza correlate in relazione ai risultati. La tabella 1 seguente (da IPCC, 2013) mostra il rapporto tra gli schemi riepilogativi per evidenza e concordanza e per il livello di confidenza.

Tabella 1: schemi riepilogativi su concordanza ed evidenza e sul loro rapporto con il livello di confidenza (dal Riepilogo tecnico del rapporto AR5, riquadro TS.1, figura 1).

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Appendice 2 – Limiti dei modelli climatici La sezione seguente descrive le problematiche chiave e i limiti dei modelli climatici, i quali portano a limitazioni significative in fase di previsione degli effetti dei cambiamenti climatici, ma non indeboliscono la valenza dei risultati chiave sui cambiamenti climatici. La nostra conoscenza delle leggi della fisica e l'osservazione delle condizioni climatiche del passato sono sufficienti per suscitare grande preoccupazione. I modelli potrebbero non essere eccessivamente affidabili riguardo ai tempi e ai luoghi in cui, ad esempio, si verificano dei periodi di siccità, ma tutti evidenziano una tendenza al rialzo. Questo ulteriore dubbio non dovrebbe essere una consolazione, anzi, il contrario.

1 Scala temporale I modi di variabilità naturale all'interno del sistema climatico, come l'Oscillazione Nord Atlantica o l'Oscillazione meridionale "El Niño", operano nell'arco di periodi straordinari che vanno da mesi fino a decenni. I cambiamenti climatici nel contesto degli impatti dell'uomo sul sistema climatico naturale spaziano invece da decenni a secoli. I parametri climatici di un singolo anno vengono spesso confrontati con un periodo di riferimento di 30 anni. I modelli utilizzati per simulare il sistema climatico puntano generalmente a prevedere cambiamenti del clima oltre il XXI secolo. Questi orizzonti temporali sono in netto contrasto con la durata di singoli eventi estremi (da giorni a mesi) e non possono essere definiti adeguatamente dai modelli climatici.

2 Scala spaziale La risoluzione orizzontale dei modelli climatici globali rientra nell'ordine di centinaia di chilometri. Uno dei principali motivi di ciò è costituito dalle limitazioni delle prestazioni degli attuali supercomputer. Un altro problema è rappresentato anche dalla gestione, dall'elaborazione e dall'archiviazione delle grandi quantità di dati prodotti dai modelli. Recentemente questa questione è stata affrontata mediante il maggiore sviluppo e uso di modelli climatici regionali che permettono una risoluzione spaziale più precisa per un'area regionale limitata. Ciononostante rimane difficile produrre previsioni climatiche per una posizione geografica specifica. Spesso è complicato riprodurre accuratamente nei modelli climatici parametri che mostrano una forte variabilità regionale, come le precipitazioni piovose.

3 Qualità delle osservazioni La disponibilità dei dati osservazionali, la loro qualità e coerenza sono fattori importanti che influiscono sulla valutazione statistica di eventi estremi. È fondamentale essere in grado di inserire un evento estremo specifico nel contesto storico corretto. Le variazioni delle prassi di misurazione nel tempo può influire su alcune variabili maggiormente di altre. I dati rilevati dai satelliti costituiscono un insieme di informazioni relativamente coerente con copertura globale sin dagli anni settanta del secolo scorso. Questo periodo di tempo, tuttavia, può risultare troppo breve per fornire tendenze affidabili a lungo termine degli eventi estremi. Numerosi parametri, importanti nel contesto degli estremi climatici, non possono essere dedotti dai dati satellitari e non sono disponibili alla risoluzione spaziale e temporale necessaria. In Africa e in Sudamerica, in particolare, i dati osservazionali della superficie presentano spesso una copertura ridotta in termini di spazio e tempo, se confrontati con i dati corrispondenti dell'America del Nord o dell'Europa. Eventi meteorologici locali con conseguenze gravi, come grandinate o temporali, non vengono acquisiti adeguatamente a causa della densità eccessivamente bassa delle stazioni meteorologiche osservazionali che non consente di registrare tutti questi eventi.

4 Incertezza e variabilità del clima Le previsioni del clima sono associate a un determinato livello di incertezza. I fattori responsabili sono la naturale variabilità del sistema climatico che maschera i cambiamenti risultati dalle azioni antropogeniche, l'accuratezza delle ipotesi riguardanti il futuro sotto forma di scenari e la limitata capacità del modello climatico di riprodurre con precisione il sistema climatico. Quest'ultimo potrebbe essere un artefatto dei limiti della modellazione computazionale o numerica, ma anche un riflesso di un'insufficiente comprensione dei processi climatici più importanti.

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Su una scala temporale che va da anni a decenni, i modi naturali del sistema climatico si traducono in una variabilità naturale del clima regionale. Esempi di tali modi sono l'Oscillazione meridionale "El Niño", il Northern o Southern Annular Mode, l'Oscillazione Nord Atlantica o l'Oscillazione Pacifica Decadale. Cambiamenti graduali o improvvisi in questi modi climatici possono influire potenzialmente sui pattern meteorologici a grandi distanze attraverso teleconnessioni e sulla frequenza o intensità di eventi estremixcvii

xcviii

. Entro un breve arco di tempo dal presente, in particolare, il segnale di tale variabilità naturale nel sistema climatico supererà probabilmente i cambiamenti del sistema climatico da aumenti graduali delle concentrazioni di gas serra nell'atmosfera. Attualmente un campo attivo della ricerca sta cercando di scoprire la misura in cui i cambiamenti climatici antropogenici influiscono sulle oscillazioni climatiche. I modelli climatici ricevono degli input (condizioni limite) dagli scenari futuri al fine di prevedere cambiamenti climatici nel corso del XXI secolo e oltre. Alla luce di questi scenari si stanno facendo ipotesi riguardo agli sviluppi demografici della popolazione mondiale, alla domanda e fornitura di energia, agli sviluppi tecnologici e socio-economici nel corso di vari decenni nel futuro ,xcix. Data la possibilità di definire un'ampia gamma di potenziali sviluppi futuri, le previsioni dei modelli climatici vengono generalmente integrate utilizzando condizioni limite da una serie di scenari futuri. Pertanto, i modelli climatici non forniscono un solo valore deterministico specifico, bensì una serie di risultati. Non solo i risultati del modello dipendono dalla qualità dei dati disponibili per le condizioni iniziali e limite, ma i vari modelli usano metodi numerici e parametrizzazioni differenti per simulare i processi rilevanti per il clima. Di conseguenza, vengono realizzati insiemi formati da vari modelli con l'obiettivo di produrre previsioni climatiche ogniqualvolta possibilec. Le problematiche chiave nella modellazione del clima sono i processi su scala ridotta, come le nubi e le convezioni, che non possono essere risolti dalla maggior parte dei modelli climatici. Hawkins e Sutton (2009) hanno analizzato i fattori responsabili dell'incertezza delle previsioni climatiche regionali ci e la tabella 2 mostra l'importanza relativa di tre fattori chiave nel corso del tempo fino al futuro da un punto iniziale nell'anno 2000: scelta dello scenario, scelta del modello climatico e impatto della variabilità climatica naturale. Nel breve termine la variabilità climatica è il fattore dominante. Man mano che ci si spinge nel futuro le differenze di variabilità e tra i modelli diventano meno importanti, e il fattore dominante diventa a questo punto la scelta dello scenario. Nel rapporto IPCC (2013) vengono utilizzate espressioni specifiche per restringere qualitativamente e quantitativamente il livello di incertezza associato ai cambiamenti del sistema climatico e del clima estremo. La tabella 2 presenta una panoramica delle incertezze osservate e delle tendenze degli eventi estremi previste.

Tabella 2: modificata dopo il rapporto IPCC (2013), riepilogo per capi di governo

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