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OPINIONI A CONFRONTO Microbiota, barriera epiteliale e sistema immunitario intestinale: interazioni in condizioni fisiologiche pag. 3 M. Clerici Microbiota, barriera epiteliale e sistema immunitario intestinale: interazioni-alterazioni in patologia pag. 7 A. Di Sabatino Disbiosi e sindrome dell’intestino irritabile: dalla fisiopatologia alla clinica pag. 11 V. Stanghellini Microbiota, invecchiamento, fragilità e danno da farmaci pag. 17 A. Pilotto Lattoferrina e disbiosi intestinale: un approccio multifattoriale su infiammazione e infezione pag. 24 A. Novelli Bifidobatteri (Bifidobacterium longum BB536) e disbiosi intestinale: dalla letteratura alla pratica clinica pag. 31 A. Di Sabatino MM Medicina Multidisciplinare Spedizione in A.P. - 45% - art. 2 comma 20/B legge 662/96 - Milano OPINIONI A CONFRONTO Anno 11 - Numero 1 - 2016 Disbiosi intestinale : immunità, barriera epiteliale, microbiota. Fisiopatologia, clinica e terapia Milano, 2 dicembre 2015

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OPINIONI A CONFRONTO

Microbiota, barriera epiteliale e sistema immunitariointestinale: interazioni in condizioni fisiologiche pag. 3

M. Clerici

Microbiota, barriera epiteliale e sistema immunitariointestinale: interazioni-alterazioni in patologia pag. 7

A. Di Sabatino

Disbiosi e sindrome dell’intestino irritabile:dalla fisiopatologia alla clinica pag. 11

V. Stanghellini

Microbiota, invecchiamento, fragilità e danno da farmaci pag. 17

A. Pilotto

Lattoferrina e disbiosi intestinale: un approcciomultifattoriale su infiammazione e infezione pag. 24

A. Novelli

Bifidobatteri (Bifidobacterium longum BB536)e disbiosi intestinale: dalla letteratura alla pratica clinica pag. 31

A. Di Sabatino

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OPINIONI A CONFRONTO

Anno 11 - Numero 1 - 2016

Disbiosi intestinale:immunità, barriera epiteliale,microbiota. Fisiopatologia,clinica e terapiaMilano, 2 dicembre 2015

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Disbiosi intestinale:immunità, barriera epiteliale,microbiota. Fisiopatologia,clinica e terapia

MM MedicinaMultidisciplinareNumero 1 - 2016

Microbiota, barriera epitelialee sistema immunitario intestinale:interazioni in condizioni fisiologicheM. Clerici

Microbiota, barriera epitelialee sistema immunitario intestinale:interazioni-alterazioni in patologiaA. Di Sabatino

Disbiosi e sindrome dell’intestino irritabile:dalla fisiopatologia alla clinicaV. Stanghellini

Microbiota, invecchiamento, fragilità e danno da farmaciA. Pilotto

Lattoferrina e disbiosi intestinale: un approcciomultifattoriale su infiammazione e infezioneA. Novelli

Bifidobatteri (Bifidobacterium longum BB536)e disbiosi intestinale: dalla letteraturaalla pratica clinicaA. Di Sabatino

Milano, 2 dicembre 2015

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OPINIONI A CONFRONTO

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Le ricerche correnti stimano che il 70-80% delle cellule del sistema immunitariosi trovi nel tratto gastrointestinale, in particolare nel colon, e che solo l’11% siapresente nel sangue (Figura 1). Questo non è un caso, in quanto nel colon si tro-vano gli antigeni introdotti con l’alimentazione ed è presente il microbiota, unimmenso universo di batteri commensali. La continua interazione tra sistemaimmunitario, microbiota e antigeni alimentari determina lo stato di salute dell’in-dividuo non solo a livello locale, colico, ma anche a livello sistemico. È stato calcolato che le cellule batteriche presenti nell’organismo umano sonocirca 10 volte il numero totale di cellule dell’individuo stesso; il 90% delle cellulepresenti nel nostro organismo è rappresentato da cellule microbiche e il 99% deinostri geni sono geni microbici. La massima concentrazione, e la più grande varie-tà di specie batteriche, si trova nel microbiota, con un gradiente oro-anale cre-scente, che risulta massimo nel colon (Figura 2).Il microbiota umano si sviluppa precocemente nella vita. Il tratto gastrointestina-le è sterile alla nascita ed entro pochi giorni viene colonizzato da microrganismiprovenienti da fonti diverse; nei neonati allattati al seno predominano i bifidobat-teri. Sebbene il microbiota si stabilisca precocemente, si modifica nel corso della

Medicina Multidisciplinare 3

Microbiota, barriera epiteliale e sistemaimmunitario intestinale: interazioni incondizioni fisiologiche

M. ClericiDirettore del Dottorato in Medicina Molecolare e TraslazionaleDipartimento Scienze Biomediche, Università degli Studi, MilanoDirettore Scientifico IRCCS Fondazione Don Gnocchi, Milano

Sangue

11,7% 69,4%

Linfonodi Intestino

7,86%

Fig. 1 Concentrazione dei linfociti T CD4+, CCR5+ nel sangue, nei linfonodi e nell’intestino umano.

L’interazione tra sistema immunitario,microbiota e antigeni alimentaridetermina lo stato di salutedell’individuo anche a livello sistemico

Il tratto gastrointestinale è sterile allanascita ed entro pochi giorni vienecolonizzato da microrganismiprovenienti da fonti diverse; nei neonati allattati al senopredominano i bifidobatteri

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vita, cambiando con l’età, la dieta, la gravidanza, l’uso di farmaci, come gli anti-biotici, e in presenza di stati patologici.Durante la vita di un individuo, la mucosa intestinale viene a contatto con unnumero incalcolabile di antigeni, pertanto, è fondamentale la presenza di difeseche assicurino un’adeguata protezione immunitaria. Il sistema immunitariogastrointestinale è essenzialmente formato dalle placche del Peyer e da follicoli lin-foidi isolati. Le cellule dendritiche sono cellule immunitarie che si trovano sottoalle cellule epiteliali che rivestono il colon e che attraverso i dendroni raggiungo-no il lume colico e ne controllano il transito. L’interazione tra cellule dendritichee batteri patogeni/residenti o antigeni alimentari porta all’attivazione del sistemaimmunitario o dei meccanismi di tolleranza (Figura 3).Le cellule dendritiche riconoscono strutture antigeniche condivise tra diversigruppi di virus e batteri, attraverso delle proteine di membrana chiamate “toll-likereceptors (TLR)” e stimolano l’immunità innata. Le proteine “toll-like” si legano ai virus o ai batteri e portano all’attivazione di Nf-kβ e dell’interferone di tipo primo, che è fondamentale in quanto induce la tra-sduzione di una serie di geni chiamati ISG (Interferon-Stimulated Genes) ad azionespecifica contro virus e batteri. Le cellule dendritiche una volta captato l’antigene mediante le proteine TLR loprocessano e lo presentano ai linfociti T, stimolando la risposta T cellulare. Questapuò essere di tipo Th1 (flogosi mediata da cellule T), Th2 (flogosi mediata da cel-lule B), Th17 (flogosi) o Treg (meccanismo di tolleranza). Nello strato di muco che riveste il colon sono presenti batteri con azione antin-fiammatoria, uno di questi è Faecalibacterium prausnitzii, il batterio più abbon-dante del microbiota intestinale umano.Il Faecalibacterium prausnitzii è in grado di fermentare le fibre ingerite con ladieta, producendo acidi grassi a catena corta, questi hanno la capacità di stimola-

Opinioni a Confronto - Disbiosi intestinale: immunità, barriera epiteliale, microbiota. Fisiopatologia, clinica e terapia

L’interazione tra cellule dendritichee batteri patogeni/residentio antigeni alimentari portaall’attivazione del sistemaimmunitario o dei meccanismidi tolleranza

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Clostridium,oides,erroides,t

Fig. 2 Distribuzione del microbiota nel tratto gastrointestinale.

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Microbiota, barriera epiteliale e sistema immunitario intestinale: interazioni in condizioni fisiologiche

re la funzione dei linfociti Treg, importanti nel calibrare le risposte immunitarie,in modo da prevenire malattie di tipo infiammatorio, evitando condizioni di iper-attività. Alcuni studi hanno dimostrato un deficit di questo batterio in alcunemalattie infiammatorie intestinali, come il Morbo di Crohn.La composizione del microbiota può essere controllata attraverso i probiotici(supplementi orali di microrganismi vitali che migliorano l’equilibrio tra le diver-se specie batteriche intestinali, apportando effetti benefici) o i prebiotici (oligo-saccaridi utilizzati dalla flora intestinale). La nuova frontiera è la creazione di probiotici che possano attivare selettiva-mente la risposta Th1,Th2, Th17 o Treg; ad esempio, in una condizione tumo-rale di immunodepressione l’ideale sarebbe avere dei probiotici, che abbiano unruolo immunostimolante e attivino la risposta Th1 ovvero l’infiammazione, inpazienti con malattie autoimmuni o allergiche l’ideale sarebbe invece avere deiprobiotici con attività immunoregolatoria, che attivino i Th2 e sopprimanol’infiammazione.Dati recentissimi hanno infine dimostrato come il viroma sia coinvolto nello svi-

La composizione del microbiota puòessere controllata attraverso iprobiotici (supplementi orali dimicrorganismi vitali) che miglioranol’equilibrio tra le diverse speciebatteriche intestinali

Probiotici o batteri commensaliMuco

Pneumococchi

Disassemblamento dellabarriera epiteliale che consente

l’invasione degli pneumoccocchinel tessuto dell’ospite

Attivazione dellecellule dendritiche

IgAsecretorie Secrezione di citochine

dalle cellule danneggiate

Attivazione delladifferenziazione

dei linfociti T naive

IgG, IL-1β,IL-6, IL-8,

TNF-α e altri

Linfocita T naive

Linfocita B

IgG

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Linfocita Th17

Linfocita T ad attività regolatoria (Tregs)

Linfocita Th2

Segnale al sistemaimmunitario adattativo

Attivazione di macrofagiCD immature

Fig. 3 Attivazione del sistema immunitario nel tratto gastrointestinale.

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luppo delle patologie infiammatorie intestinali (Figura 4). Il viroma rappresentala popolazione virale che coabita con noi e la sua composizione cambia in condi-zione di salute o di malattia modificando il microbiota. Le alterazioni del micro-biota sono un effetto a valle della modificazione del viroma. In diverse malattieinfiammatorie intestinali si è osservato un aumento del viroma enterico, ad esem-pio nei pazienti con Morbo di Crohn o colite ulcerosa si è visto un incremento deibatteriofagi, con conseguente riduzione della diversità batterica. Il viroma è ogget-to di numerose ricerche e il suo studio potrebbe farci capire come curare malattieche colpiscono l’apparato digerente umano.In conclusione, le interazioni tra microbiota, viroma e sistema immunitario sonoestremamente complesse sia in condizioni fisiologiche, sia in condizioni patologi-che e sono solo parzialmente comprese. I probiotici e i prebiotici modificano lacomposizione del microbiota con effetti sul sistema immunitario e sullo stato disalute.

Bibliografia di riferimento• Furness J.B. et al.; Am J Physiol 1999; 277 (5 Pt 1): G922-8

• Miquel S. et al.; Curr Opin Microbiol 2013; 16: 1-7

• Wu G.D., Lewis J.D.; Clin Gastroenterol Hepatol 2013; 11 (7): 1-7

• La Guardia M. et al.; GIMMOC 2009; 12 (2): 49-71

• Schoggins J.W., Rice C.M; Curr Opin Virol 2011; 1 (6): 519-525

Opinioni a Confronto - Disbiosi intestinale: immunità, barriera epiteliale, microbiota. Fisiopatologia, clinica e terapia

In diverse malattie infiammatorieintestinali si è osservato un aumentodel viroma enterico, con conseguenteriduzione della diversità batterica

I probiotici e i prebiotici modificanola composizione del microbiotacon effetti sul sistema immunitarioe sullo stato di salute

Morbo di Crohn C

Controllo (sani) atologie infiammatorie gastrointestinaliPColite Ulcerosa

tà battericaagi batteriof

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Diminuzione della d Microbiota batterico

diversit d Aumento del nume ero di b e

agi)iroma (batteriofV

Fig. 4 Alterazione del viroma enterico in alcune patologie infiammatorie gastrointestinali.Mod. da Neuman et al. Cell 2015; 160: 447-460

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Fig. 1 Espressione dei recettori toll-like (TLR) in pazienti con sindrome dell’intestino irritabile. Mod. da Brint et al. Am J Gastroenterol, 2011

Medicina Multidisciplinare8

Negli ultimi dieci anni si è scoperto che le cellule dendritiche hanno un ruolo fon-damentale nel regolare la risposta ai batteri. Tali cellule emettono delle estrofles-sioni e, disassemblando temporaneamente le giunzioni tra gli enterociti, vanno adintercettare i batteri presenti nel lume intestinale. Le cellule epiteliali hanno unruolo importante nel condizionare le cellule dendritiche verso un profilo di tipotollerogenico, facendo sì che l’intestino sia sempre in una condizione di allerta neiconfronti degli antigeni luminali batterici, virali o alimentari, senza che questoinneschi una risposta infiammatoria. Ciò è garantito dall’espansione dei linfocitiT regolatori, che bloccano la risposta infiammatoria e impediscono che altri mec-canismi di lesione si possano innescare. In questo processo svolgono un ruoloimportante il fattore di crescita trasformante (TGF)-β e la linfopoietina timicastromale (TSLP). Recentemente è stato dimostrato che esistono due isoforme di TSLP, la formashort e la forma long. La prima, presente nella mucosa, nelle cellule epiteliali enelle cellule della lamina propria ha un’azione antinfiammatoria, determina infat-ti una riduzione significativa dell’interferone (IFN)-γ e di altre citochine pro-infiammatorie come l’interleuchina (IL)-12/p70, l’IL-6, il fattore di necrositumorale (TNF)-α e l’IL-1β. La forma long ha invece un effetto pro-infiammato-rio e porta a un aumento dei livelli di IFN-γ (Figura 2). Risultati preliminari inmodelli in vitro depongono per un ruolo del TSLP nel potenziare il ruolo protet-tivo dei bifidobatteri a livello intestinale.Il muco è un altro elemento importante per la protezione del tratto gastrointesti-nale e la sua secrezione risulta ridotta in alcune patologie gastrointestinali.Una riduzione dello strato di muco in alcuni distretti intestinali può favorire

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Le cellule dendritiche hanno un ruolofondamentale nel regolare la rispostaai batteri

Risultati preliminari in modelli in vitrodepongono per un ruolo del TSLP nelpotenziare il ruolo protettivo deibifidobatteri a livello intestinale

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L’omeostasi intestinale dipende dall’equilibrio finemente regolato da una serie disistemi, quali il sistema immunitario, la barriera epiteliale e il microbiota.Ciascuno di questi sistemi ha dei meccanismi di regolazione, che risultano altera-ti in condizioni patologiche. Alcuni esempi sono: l’aumento del rilascio di cito-chine e l’attivazione dei mastociti nelle malattie infiammatorie croniche intestina-li e nella sindrome dell’intestino irritabile nella variante diarroica post-infettiva; ilsovvertimento della barriera epiteliale per la disepitelizzazione conseguente all’in-fiammazione acuta; l’alterazione dell’equilibrio tra batteri positivi e negativi nellacontaminazione batterica dell’intestino tenue. Quest’ultima è una condizione abbastanza comune nell’anziano a seguito dellenumerose politerapie e soprattutto dell’uso cronico di inibitori di pompa protoni-ca, che innalzano il pH gastrico, favorendo l’ingresso nel piccolo intestino di bat-teri, che normalmente non sono presenti in questa sede. In condizioni fisiologiche, il microbiota modula il sistema immunitario, produ-cendo acidi grassi a catena corta con azione antinfiammatoria, limitando la tra-scrizione di alcuni fattori coinvolti nella sintesi delle citochine pro-infiammatoriee favorendo il mantenimento dell’integrità della barriera gastrointestinale el’omeostasi a livello enterocitario.L’equilibrio del microbiota può essere alterato da diversi fattori, come trattamen-to antibiotico, modificazioni nutrizionali, alterazioni della motilità gastrointesti-nale, sindromi da malassorbimento, alterazioni genetiche e deficit del sistemaimmunitario. La flora intestinale influenza le cellule dendritiche e conseguente-mente il sistema immunitario gastrointestinale. Si è visto infatti che l’assenza dellaflora enterica in topi cresciuti in condizioni di sterilità determina un minor nume-ro di cellule dendritiche, così come delle loro espansioni e interconnessioni,rispetto ai topi cresciuti in presenza della flora. I recettori toll-like (TLR) espressisulla membrana delle cellule dendritiche e i recettori NOD (nucleotide bindingoligomerisation domain) espressi a livello intracellulare sono responsabili dell’atti-vazione di alcune vie coinvolte nell’eradicazione dei batteri intestinali.La modulazione dei TLR può essere importante in alcune patologie gastrointesti-nali. In uno studio su pazienti con sindrome dell’intestino irritabile è stata dimo-strata un’alterazione dell’espressione dei TLR, in particolare un aumento di TLR5e TLR4 e una riduzione di TLR7 e TLR8 (Figura 1).

Microbiota, barriera epitelialee sistema immunitario intestinale:interazioni-alterazioni in patologia

A. Di Sabatino Clinica Medica I, Università di Pavia,Fondazione IRCCS Policlinico S. Matteo, Pavia

L’omeostasi intestinale dipendedall’equilibrio finemente regolatotra sistema immunitario, barrieraepiteliale e microbiota

Il microbiota modula il sistemaimmunitario, producendo acidi grassia catena corta con azioneantinfiammatoria, favorendo ilmantenimento dell’integrità dellabarriera gastrointestinale el’omeostasi a livello enterocitario

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2,516,250

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Fig. 2 Effetti delle isoforme short e long della linfopoietina timica stromale (TSLP) sul rilascio di citochine. Mod. da Fornasa G et al. J Allergy Clin Immunol, 2015

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un’eccessiva attivazione dei TLR, aumentando la stimolazione del sistema immu-nitario. Le cellule dendritiche diventano incapaci di polarizzare i linfociti verso unprofilo più regolatorio, si attivano, maturano ed espandono i linfociti Th1, chefavoriscono la genesi delle lesioni nelle malattie infiammatorie croniche per l’atti-vazione di enzimi ad azione litica sulla matrice extraxellulare, le metalloproteinasidella matrice.Recentemente si è cercato di esplorare in modelli in vitro se i probiotici hanno unruolo nel ristabilire l’omeostasi intestinale. È stato riprodotto in vitro quello cheaccade a livello intestinale, usando una camera superiore, che rappresenta il lumeintestinale, in cui vengono seminati gli antigeni che entrano nel lume e una came-ra inferiore, che mima la lamina propria, in cui vengono seminate cellule dendri-tiche, macrofagi o plasmacellule. In questo modello, nel lume sono stati seminatiil Lactobacillus plantarum, il Lactobacillus rhamnosus e il Lactobacillus paracasei esono stati messi a confronto con un ceppo patogenico di salmonella (S. typhimu-rium). Si è visto come i probiotici abbiano un effetto diretto sia sulle cellule epite-liali, stimolando la produzione di TGF-β e linfopoietina chimica stromale, siasulle cellule dendritiche, riducendo significativamente la produzione di IL-12/p70 e aumentando l’IL-10, citochina con effetti antinfiammatori. I probioticisono quindi in grado di mantenere l’omeostasi intestinale, agendo su due versan-ti, quello delle cellule epiteliali e quello delle cellule dendritiche. L’azione dei probiotici sulle cellule dendritiche è nota ormai da 10 anni, uno stu-dio pubblicato nel 2004 ha dimostrato come i probiotici siano in grado di aumen-tare la produzione di IL-10 da parte delle cellule dendritiche e di inibire significa-tivamente quella di IL-12. I probiotici con la maggiore capacità immunomodula-

Microbiota, barriera epiteliale e sistema immunitario intestinale: interazioni-alterazioni in patologia

I probiotici sono in gradodi mantenere l’omeostasi intestinaleagendo su due versanti, quellodelle cellule epiteliali e quello dellecellule dendritiche

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Opinioni a Confronto - Disbiosi intestinale: immunità, barriera epiteliale, microbiota. Fisiopatologia, clinica e terapia

toria sono i bifidobatteri, in particolare il longum, l’infantis e il breve. In un model-lo sperimentale di infiammazione intestinale cronica su ratti si è visto come ilBifidobacterium longum abbia azione antinfiammatoria e sia in grado di ridurre laproduzione di tre potenti citochine pro-infiammatorie (IFN-γ, IL-2 e TNF-α). Nonostante le conoscenze maturate sull’interazione microbiota, barriera epite-liale e sistema immunitario, molti sono ancora i punti che devono essere chiari-ti tra cui: quali siano i segnali attraverso cui i batteri commensali modulano larisposta delle cellule dendritiche; se la discriminazione tra batteri commensali epatogeni è mediata solo dai TLR o intervengono anche altri recettori; qualisono i fenotipi delle cellule dendritiche che inducono la risposta Th1 e la rispo-sta Th2; in che modo un’alterazione della risposta alla flora commensale daparte delle cellule dendritiche possa indurre lo sviluppo di malattie cronicheinfiammatorie intestinali. La sempre maggiore comprensione delle interazioni tra cellule epiteliali, celluledendritiche e microbiota può portare all’identificazione di nuovi target per il trat-tamento delle malattie infiammatorie intestinali.Tre possibili strategie terapeutiche potrebbero essere sviluppate in futuro:

• l’uso di una forma ricombinante della short TSLP, che in studi preliminarisembrerebbe avere effetti antinfiammatori;

• la somministrazione di probiotici: in uno studio si è visto come ilBifidobacterium longum BB356 sia in grado di modulare la risposta immuni-taria, aumentando l’espressione di alcuni regolatori negativi dei TLR, in par-ticolare di Tollip, A20 e bcl-3 che controllano TLR2. Questo studio fornisceil razionale di come sia possibile modulare la risposta batterica nelle malattieinfiammatorie gastrointestinali croniche o nella sindrome dell’intestino irri-tabile, sfruttando le proprietà antinfiammatorie dei probiotici;

• l’uso di anticorpi monoclonali per bersagliare specifici TLR espressi su tuttele cellule presentanti l’antigene (cellule epiteliali, cellule dendritiche e macro-fagi).

Bibliografia di riferimento• Brint E.K. et al.; Am J Gastroenterol 2011; 106 (2): 329-36

• Fornasa G. et al.; J Allergy Clin Immunol 2015; 136 (2): 413-422

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• Tomosada Y. et al.; PlosOne 2013; 8 (3): e5925

I probiotici con la maggiore capacitàimmunomodulatoria sono iBifidobatteri, in particolare il longum,l’infantis e il breve.In un modello sperimentale diinfiammazione intestinale cronica suratti si è visto come il Bifidobacteriumlongum abbia azioneantinfiammatoria e sia in grado diridurre la produzione di tre potenticitochine pro-infiammatorie(IFN-γ, IL-2 e TNF-α)

La maggiore comprensione delle interazioni tra cellule epiteliali,cellule dendritiche e microbiota può portare all’identificazione dinuovi target per il trattamento dellemalattie infiammatorie intestinali

È possibile modulare la rispostabatterica nelle malattie infiammatoriegastrointestinali croniche o nellasindrome dell’intestino irritabile,sfruttando le proprietàantinfiammatorie dei probiotici

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Medicina Multidisciplinare 11

Le cosiddette malattie funzionali gastrointestinali sono in realtà malattie organi-che con sintomi specifici e meccanismi fisiopatologici, che oggi sono stati inbuona parte identificati, e che a loro volta sono responsabili di varie alterazionidelle funzioni digestive. Queste malattie hanno una natura multifattoriale e sonodeterminate da aumento della permeabilità mucosale, attivazione del sistemaimmunitario mucosale, ipersensibilità ai contenuti del canale alimentare, predi-sposizione genetica (polimorfismi), neuroplasticità e alterazione del metabolismoentero-endocrino (serotonina) (Figura 1).

Disbiosi e sindrome dell’intestino irritabile:dalla fisiopatologia alla clinica

Vincenzo StanghelliniPoliclinico S. Orsola-MalpighiAzienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna

A

Metabolismo

Espressione genicaT SER RT) IL-6,, TNF-,ß TGF-(IL-10,

olimorfismo geneticoP

encefalo-intAsse e testinale

Aumen T)

Attivazione

mucosale ( ZO-1)nto della permeabilità

Neuroplasticità

to (serotonina)alteraentero-endocrino

Ipersensibilità

immunità mucosaleAttivazione

I

NGF),(SPP,Neuroplasticità

e

a

alterato e instabileMicrobiota

nfezione transitori

alimentareIpersensibilità

Fig. 1 Natura organica delle malattie funzionali gastrointestinali.Mod. da Barbara G., Stanghellini V. et al. Gastroenterology 2004; 126 (3): 693-702

La sindrome dell’intestino irritabile(SII) è una delle malattie funzionaligastrointestinali più frequenti

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Medicina Multidisciplinare12

Opinioni a Confronto - Disbiosi intestinale: immunità, barriera epiteliale, microbiota. Fisiopatologia, clinica e terapia

Intestino irritabileLa sindrome dell’intestino irritabile (SII) è una delle malattie funzionali gastroin-testinali più frequenti, caratterizzata dalla presenza di dolore addominale associa-to ad alterazioni dell’alvo, sia in senso diarroico che stitico o misto. L’epidemiologia non è strettamente correlata all’area geografica e in generale siregistra una prevalenza del 10% nella popolazione mondiale; le forme diarroica,stitica o mista mostrano una frequenza paragonabile (1/3 del panorama ciascuna).L’incidenza annuale di SII è pari all’1,5% e anche in questo caso non si osservanodifferenze significative fra le tre forme; ad oggi, comunque, circa 1/4 dei pazientiammalati non riceve ancora una diagnosi accurata di SII. La sindrome dell’intestino irritabile è una malattia dei giovani, con una netta pre-valenza nel sesso femminile rispetto a quello maschile (F/M: 1,5-2,5/1). La flora intestinale gioca un ruolo fondamentale nell’insorgenza e nel decorso diquesta patologia. La SII spesso si sviluppa a partire da una gastroenterite acuta chenel 10% dei soggetti, soprattutto giovani donne con ansia o depressione trattatenella fase acuta con antibiotici, tende a cronicizzare ed evolve quindi in sindromedell’intestino irritabile. Nel 1994 un caso eclatante, che ha coinvolto 1.684 bambi-ni e 86 adulti infettati nello stesso giorno e alla stessa ora dallo stesso ceppo diSalmonella enteritidis, ha permesso di analizzare lo sviluppo della SII e il suo anda-mento nel tempo. Questi soggetti sono stati esaminati a distanza di 16 anni pervalutare se avessero sviluppato o meno dispepsia o sindrome dell’intestino irritabilepost-infettive. Dall’analisi è emerso che solo i bambini infettati e non gli adulti ave-vano sviluppato SII, dimostrando così che più la persona è giovane più è a rischio disviluppare malattie funzionali gastrointestinali, a causa dell’immaturità della muco-sa e quindi della facilità di traslocazione e di contatto dei patogeni con il sistemaimmunitario della sottomucosa. Il paziente con intestino irritabile, post-infettivo enon, presenta in generale una flora intestinale almeno in parte diversa da quella deisoggetti sani: i batteri penetrano più facilmente il mucogel e si avvicinano allamucosa, in un numero significativamente superiore a quanto osservato nei soggettisani. Uno studio nord-europeo ha evidenziato che, apparentemente, il colon dialcuni soggetti con SII, e un elevato grado di depressione e ansietà, presentava unaflora intestinale sovrapponibile a quella di soggetti sani, mentre il colon di soggetticon livelli di ansia normale avrebbe alterazioni più marcate della flora (aumento deiFirmicutes taxa e riduzione dei Bacteroides taxa). I dati, seppur ancora precoci e noncompleti, meritano comunque di essere tenuti in considerazione e valutati critica-mente. Un secondo studio ha invece dimostrato che, se esistono delle differenze frala flora di soggetti sani e di soggetti con SII, queste sono da imputare a una riduzio-ne dei ceppi batterici in grado di svolgere un’attività antinfiammatoria nell’intesti-no irritabile e, in particolare, a una riduzione significativa della concentrazione dibifidobatteri. Nel soggetto con SII, si osserva una reazione nei confronti della pro-pria flora intestinale, con un aumento significativo degli anticorpi anti-flagellina edegli ASCA rispetto ai soggetti sani, in maniera analoga a quanto osservato inpazienti affetti da malattia di Crohn. Contemporaneamente, si osserva un aumen-to dell’attività delle cellule intestinali di Paneth, cellule capaci di produrre sostanzead azione antibiotica, quali le β-defensine (Figura 2). Nei soggetti con malattieinfiammatorie intestinali si osserva una ridotta varietà di specie batterica; nell’inte-stino di pazienti con infiammazione, le specie batteriche presenti sono più monoto-ne rispetto a quanto rilevato nei soggetti sani, in cui il microbiota è caratterizzato dauna maggior diversity. Inoltre, esiste una correlazione inversa fra la risposta infiam-matoria del sistema immunitario e la diversità di specie.

Se esistono delle differenze fra laflora di soggetti sani e di soggetti con SII, queste sono da imputare a una riduzione dei ceppi battericiin grado di svolgere un’attività antinfiammatoria nell’intestinoirritabile e, in particolare, a unariduzione significativa dellaconcentrazione di bifidobatteri

Esiste una correlazione inversa fra larisposta infiammatoria del sistemaimmunitario e diversità di specie

La flora intestinale gioca un ruolofondamentale nell’insorgenzae nel decorso della SII

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Medicina Multidisciplinare 13

Disbiosi e sindrome dell’intestino irritabile: dalla fisiopatologia alla clinica

Nel soggetto con SII, si osserva poi una perdita della capacità di difesa delle muco-se, con allargamento o rottura delle tight junction e diffusione dei contenuti inte-stinali nella mucosa e sottomucosa, siano essi batterici o antigenicamente-attivi.Questo ha come conseguenza l’attivazione del sistema immunitario con la libera-zione di mediatori pro-infiammatori che portano da un lato all’irritazione dellefibre lunghe afferenti, quindi alla percezione dei sintomi, e dall’altro all’attivazio-ne del sistema nervoso enterico e alla modificazione delle funzioni intestinali(corda colica, spasmo del sigma, diarrea, stipsi, alterata motilità e alterata secrezio-ne) (Figura 3). Il soggetto affetto da sindrome dell’intestino irritabile presenta unainfiammazione della mucosa colica intermedia tra quella osservata nel soggetto

Nel soggetto con SII, si osserva poiuna perdita della capacità di difesadelle mucose

La liberazione di mediatoripro-infiammatori porta da un latoall’irritazione delle fibre lungheafferenti, quindi alla percezione dei sintomi, e dall’altro all’attivazionedel sistema nervoso entericoe alla modificazione delle funzioniintestinali

0

5

10

15

20

25

30

35

ControlloSIICU CrohnM.SIIControllo

0.00

50.00

00.001

50.001

200.00

250.00

ASCA

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(%)

P

-defensine-2 (umane)βAAnticorpi anti-flagellina e ASC

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ne (n

g/g)

β

p = 0,032

p = 0,165

p < 0,001

Fig. 2 Concentrazione di anticorpi anti-flagellina, ASCA e β-defensine in soggetti con SII, in soggetti con malattie infiammatorie croniche intestinali (malattia di Crohn ecolite ulcerosa) e in soggetti sani. Schoepfer A.M. et al., Neurogastroenterol Motil 2008;20:1110-8 - Langhorst et al., Am J Gastroenterol 2009;104:404–10

TJ

EosinofiliMucosa

Lume ercezion P

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ne sensoriale aumentata

Med

Funzione motoria

Linfocita

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voso enterico sistema ner*SNE:

SNE*

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e oloraywway

Fig. 3 Modifiche fisiopatologiche della mucosa intestinale nei soggetti con SII e coinvolgimento dell’asse encefalo-intestinale nella comparsa dei sintomi. Barbara G., Stanghellini V. et al. Gastroenterology 2004; 126 (3): 693-702

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sano e quella dei pazienti con malattia infiammatoria cronica intestinale (malattiadi Crohn e rettocolite ulcerosa). La SII è una malattia vera e propria, la cui pato-genesi coinvolge un’attivazione anomala del sistema immunitario. Il numero dimastociti, cellule pronte a rilasciare una serie di mediatori chimici pro-infiamma-tori (quali istamina, bradichinina, serotonina, proteasi, ecc.), che si trovano invicinanza delle terminazioni nervose presenti nella sottomucosa della parete delgrosso intestino, di pazienti con SII è direttamente proporzionale al grado di seve-rità del dolore segnalato dai soggetti SII (Figura 4). L’approccio terapeutico ai pazienti affetti da sindrome dell’intestino irritabile sigiova di modificazioni della flora intestinale. Già oltre un secolo fa, il premioNobel Ilja Metchnikoff, studiando la flora putrefattiva e le sue differenze rispettoa quella fermentativa, aveva evidenziato quanto le alterazioni della flora intestina-le potessero influenzare il sistema nervoso e vascolare e aveva ribadito già allora lanecessità di modificare la flora putrefattiva, aggiungendo batteri fermentativi.

I probiotici sono farmaci straordinari caratterizzati da costi di produzione ridottirispetto ai tradizionali prodotti farmaceutici e sono in grado di svolgere diverseattività di grande rilevanza terapeutica: aumentano le capacità di barriera dellamucosa, rilasciano sostanze ad attività anti-microbica, hanno proprietà antinfiam-matorie, riducono l’ipersensibilità viscerale e migliorano la motilità intestinale(Figura 5). In una recente metanalisi è stato dimostrato quanto i probiotici siano attivi su unampio ventaglio di condizioni patologiche intestinali (diarrea da antibiotico,malattia da Clostridium difficile, eradicazione di Helicobacter pylori, sindrome del-l’intestino irritabile, diarrea infettiva, enteropatia necrotizzante nei bimbi prema-turi, paucite e diarrea del viaggiatore). Per quanto riguarda la sindrome dell’inte-stino irritabile, in particolare, la meta-analisi dei trial controllati contro placeboha mostrato una netta superiorità dei probiotici con un valore dell’NNT(Number Needed to Treat) pari a 4 suggerendo che è sufficiente trattare 4 casi perottenere una guarigione, dato questo decisamente migliore rispetto a quanto otte-

Opinioni a Confronto - Disbiosi intestinale: immunità, barriera epiteliale, microbiota. Fisiopatologia, clinica e terapia

Il soggetto affetto da SII presenta unainfiammazione della mucosa colicaintermedia tra quella osservata nelsoggetto sano e quella dei pazienticon malattia infiammatoria cronicaintestinale

L’approccio terapeutico ai pazientiaffetti da SII si giova di modificazionidella flora intestinale

I probiotici sono caratterizzati da costidi produzione ridotti e sono in gradodi svolgere diverse attività:aumentano le capacità di barrieradella mucosa, rilasciano sostanzead attività anti-microbica, hannoproprietà antinfiammatorie,riducono l’ipersensibilità viscerale e migliorano la motilità intestinale

0

1

2

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viviN° di mastociti <5 mm dai nerN di mastociti <5 mm dai ner

2,01,51,00,50,0

p = 0,001r = 0,75

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Fig. 4 Correlazione fra il grado di severità del dolore e l’attivazione dei mastociti a breve distanza dalle terminazioninervose afferenti. Mod. da Barbara G., Stanghellini V. et al. Gastroenterology 2004;126 (3):693-702

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nuto da qualsiasi altra terapia disponibile per questo tipo di patologia. Ma come scegliere il probiotico giusto? Uno studio clinico di fase IIb ha dimo-strato che i bifidobatteri e non i lattobacilli determinano una riduzione significa-tiva dei sintomi digestivi, verosimilmente grazie ad una maggiore capacità diaumentare l’attività antinfiammatoria del sistema immunitario, espressa comeincremento del rapporto fra IL-10 antinfiammatoria e IL-12 pro-infiammatoria(Figura 6). Un secondo criterio da seguire per la scelta del probiotico è stato fornito da unostudio inglese in cui un panel di medici di famiglia (n = 10) si è radunato per rac-cogliere tutta la letteratura disponibile sui probiotici e valutare la validità delle evi-

Disbiosi e sindrome dell’intestino irritabile: dalla fisiopatologia alla clinica

0

50

100

150

200

Placebo salivariusL.12841-2

ttamentoeriodo di tra P

Settimane Bifidobacterium

0

2

4

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-10/

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***

**

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** p = 0,05BifidobacteriumLactobacillus salivariusPlacebo

* p = 0,001

ttamentoost-traP

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Scor

ee

Fig. 6 Efficacia antinfiammatoria del Bifidobacterium in pazienti con SII: riduzione del dolore grazie a un aumento delrapporto IL-10/IL-12. O’Mahony L. et al. Gastroenterology 2005; 128 (3): 541-51

Probiotici e lieviti

Probiotici Commensali Patogeni

Cellula di Goblet Enterocita

Muco

SlgA

TJ

Aderenzaβ-defensine

A Effetti sull’epitelio B Effetti sull’immunitàmucosale

?

C Effetti su altri batteri

Fig. 5Target della terapia probiotica.Mod. da Ohland C.L., Macnaughton W.K. Am J Physiol Gastrointest Liver Physiol 2010; 298 (6): G807-19

Uno studio clinico ha dimostrato che i bifidobatteri e non i lattobacillideterminano una riduzionesignificativa dei sintomi digestivi,grazie ad una maggiore capacità diaumentare l’attività anti-infiammatoriadel sistema immunitario, espressacome incremento del rapporto fraIL-10 anti-infiammatoria e IL-12pro-infiammatoria

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Medicina Multidisciplinare16

denze scientifiche. Dall’analisi è emersa l’importanza dei bifidobatteri nellagestione della sindrome dell’intestino irritabile, se utilizzati ai dosaggi raccoman-dati dalle case produttrici. I trial clinici pubblicati suggeriscono di impiegare i probiotici per almeno 1 mese(4 settimane di terapia) a dosaggi consigliati dalle ditte produttrici. In conclusione, la sindrome dell’intestino irritabile è una vera e propria patologiaorganica e il probiotico adeguato, alla dose adeguata, per tempi adeguati può rap-presentare il farmaco di scelta.

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Opinioni a Confronto - Disbiosi intestinale: immunità, barriera epiteliale, microbiota. Fisiopatologia, clinica e terapia

La sindrome dell’intestino irritabile èuna vera e propria patologia organicae il probiotico può rappresentareil farmaco di scelta

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Medicina Multidisciplinare 17

Le variazioni della flora intestinale che si osservano con l’avanzare dell’età sonoassociate a significative alterazioni del metabolismo glucidico, lipidico e proteico,ma anche a sostanziali cambiamenti dello stato immunitario e infiammatorio delsingolo individuo, rappresentando pertanto un indicatore indiretto dello stato disalute generale del soggetto anziano. In uno studio condotto su 161 soggettianziani di età ≥ 65 anni, confrontati con un piccolo gruppo di 9 soggetti giovani,è stata analizzata la composizione, la variabilità e la stabilità nel tempo (follow-upa 6 mesi) del microbiota intestinale. Questo studio ha confermato che con l’avan-zare dell’età la composizione della flora intestinale si modifica e che tali variazionidel microbiota sono selettive e personalizzate. La composizione del microbiota,infatti, costituisce una sorta di profilo identificativo unico e specifico dei singoliindividui; inoltre, in assenza di fattori interferenti quali ad esempio cambiamentidietetici e impiego di farmaci antibiotici, il microbiota del soggetto anziano rima-ne stabile nel tempo, almeno nel periodo di osservazione dello studio di 6 mesi. Interessante è lo studio della composizione del microbiota nei soggetti moltoanziani, cioè i centenari (Figura 1).

Microbiota, invecchiamento, fragilitàe danno da farmaci

A. PilottoE.O. Ospedali GallieraDipartimento Cure Geriatriche, OrtoGeriatria e RiabilitazioneGenova

PC1

ANZIANI CENTENARI

PC1

Firmicutes Bacteroidetes Proteobacteria Actinobacteria

BifidobacteriumBifidobacteriumEscherichia

Faecalibacterium

Faecalibacterium

Ruminococcus Ruminococcus

Eubacterium

Eubacterium

PC2

PC2

Fig. 1 Confronto fra il microbiota di soggetti anziani (età media 73 anni) e centenari, con batteri suddivisi in genere. Mod. da Rampelli S. et al. Aging (Albany NY) 2013; 5 (12): 902-12

Le variazioni della flora intestinalerappresentano un indicatore indirettodello stato di salute generale delsoggetto anziano

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Medicina Multidisciplinare18

Da un punto di vista funzionale, nelle età anziane più estreme, sembra esserci alivello intestinale una riduzione dei batteri responsabili della produzione degliacidi grassi a catena corta (SCFA, Short-Chain Fatty Acids) con un decremento delpotenziale saccarolitico e un aumento della componente microbica legata alle fun-zioni proteolitiche. Tali variazioni possono influenzare anche la componenteimmunitaria ed infiammatoria del soggetto anziano (rispetto al giovane-adulto) edel soggetto centenario (rispetto all’anziano). È rilevante che in uno studio di con-fronto eseguito su 21 soggetti centenari, 22 soggetti anziani (età media pari a 72,7anni) e 20 soggetti giovani (età media pari a 31 anni) sia stata dimostrata una cor-relazione diretta fra i livelli delle citochine pro-infiammatorie (IL-6 e IL-8) e l’ etàdel paziente.La composizione del microbiota intestinale nei soggetti anziani varia in relazionealla dieta alimentare e al luogo dove vive il soggetto: in casa propria, in ospedale,in istituto per anziani o in una struttura riabilitativa. La composizione del micro-biota intestinale è significativamente differente infatti fra i soggetti che vivono acasa propria rispetto a quelli che vivono in un contesto di istituzionalizzazione. Nel paziente anziano, il microbiota e le molecole da esso prodotte giocano unruolo fondamentale nella fisiopatologia di condizioni cliniche quali obesità, insu-lino-resistenza, diabete di tipo 2, alcune neoplasie (ad esempio cancro del colon),alcune patologie cardiovascolari (ad esempio ipertensione arteriosa), alcunemalattie gastrointestinali e alcune condizioni neurologiche e psichiatriche.Le variazioni del microbiota hanno infatti come target modifiche delle funzionidel sistema immunitario, ormonale, del metabolismo glucidico, lipidico e protei-co con conseguenze significative nella composizione e distribuzione degli acidibiliari e degli acidi grassi. Una attenzione particolare riveste oggi lo studio della fisiopatologia e degli aspet-ti clinici dell’anziano fragile. La condizione di fragilità si definisce come unaaumentata vulnerabilità dell’individuo anziano a situazioni stressanti ed è caratte-rizzata da un aumentato rischio di outcome clinici negativi quali cadute, episodi didelirium, istituzionalizzazione, ospedalizzazione, e morte. Numerosi meccanismibiologici sono stati descritti essere coinvolti nello sviluppo della condizione di fra-gilità quali fattori genetici, stati di infiammazione, alterazioni ormonali, del meta-bolismo glico-lipidico e/o del sistema immunitario. L’alterazione di questi mecca-nismi biologici comporta un aumentato rischio di comparsa di condizioni clini-che complesse quali sarcopenia, disfunzioni del sistema nervoso centrale eperiferico, malnutrizione, alterazioni dei sistemi cardio-vascolare, respiratorio,renale, epatico e gastrointestinale che sono alla base delle alterazioni fenotipichedescritte nell’anziano fragile quali debolezza muscolare, calo di peso non altri-menti giustificato, riduzione della attività fisica, compromissione sensoriale escarsa resistenza agli stress (Figura 2). Da un punto di vista clinico pratico, attualmente è ritenuto a livello internaziona-le che lo strumento di scelta per identificare l’anziano fragile sia la ValutazioneMultidimensionale (VMD) o Comprehensive Geriatric Assessment (CGA), che gra-zie all’impiego di scale o strumenti diagnostici ampiamente validati nelle popola-zioni di età geriatrica, permette di esplorare i diversi domini (o dimensioni), qualila motilità, l’aspetto funzionale nelle attività della vita quotidiana, lo stato nutri-zionale, sensoriale, cognitivo, psico-sociale, e la presenza di co-morbidità, chesono indicatori della condizione di fragilità del soggetto anziano. A tutt’oggi laVMD rappresenta il metodo gold standard per la identificazione e la definizionedel grado di severità della fragilità; per questo è ampiamente condiviso a livello

Opinioni a Confronto - Disbiosi intestinale: immunità, barriera epiteliale, microbiota. Fisiopatologia, clinica e terapia

La condizione di fragilità si definiscecome una aumentata vulnerabilitàdell’individuo anziano a situazionistressanti ed è caratterizzatada un aumentato rischio di outcomeclinici negativi

La valutazione multidimensionalerappresenta il metodo gold standardper l’identificazione e la definizionedel grado di severità della fragilità

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internazionale che sia necessaria una maggiore implementazione e diffusione dellaVMD nella pratica clinica. Uno studio preliminare condotto circa 10 anni fa su un piccolo campione dipazienti anziani a basso grado di fragilità confrontati con pazienti anziani ad ele-vato grado di fragilità, ha dimostrato che la composizione del microbiota fecalerisultava significativamente differente nei due gruppi. Nei pazienti anziani piùfragili, infatti, è stata osservata una riduzione significativa della concentrazione diLactobacillus spp, Bacteroides/Prevotella e Faecalibacterium praunitzii ed un aumen-to significativo di batteri appartenenti alla famiglia delle Enterobacteriaceae.Recentemente è stato introdotto e validato nella pratica clinica il MultidimensionalPrognostic Index (MPI), indice predittivo di mortalità e altri outcome negativi qualiistituzionalizzazione e durata di ricovero in ospedale, basato su una VMD stan-dardizzata che include lo studio delle attività basali e strumentali della vita quoti-diana, lo stato cognitivo e lo stato nutrizionale, il rischio di lesioni da decubito, lacomorbidità, il numero di farmaci assunti e lo stato abitativo del soggetto. Daqueste informazioni è possibile calcolare, grazie all’impiego di un software specifi-co, il valore assoluto di MPI, il cui punteggio varia da 0 (rischio nullo) a 1 (rischiomassimo) ed anche la classe di rischio del soggetto (lieve, score 0-0,33; moderato,score 0,34-0,66; severo, score 0,67-1,0) sulla base di appropriati cut-off numerici(Tabella 1). Applicato in numerosissime situazioni cliniche acute, subacute o cro-niche dell’anziano, l’MPI si è dimostrato un indice predittivo multidimensionaleestremamente accurato (c-statistics ≥ 80) e calibrato (delta tra valore predetto evalore osservato molto < 10%) e per questo numerosi autori a livello internazio-nale raccomandano l’utilizzo di MPI nella pratica clinica quale strumento utilenel prendere decisioni cliniche. Un recente studio multicentrico condotto su 594 pazienti anziani con 3 gradidiversi di MPI ha dimostrato che la mortalità ad un anno aumentava in manieradirettamente proporzionale all’incremento del grado di rischio del soggetto (MPI1= 5,6%, MPI 2 = 19,7% e MPI 3 = 43,5%). Inoltre i parametri biologici targetdel microbiota intestinale, cioè indici di infiammazione, nutrizione, metabolismo

Microbiota, invecchiamento, fragilità e danno da farmaci

Nei pazienti anziani più fragili, è stata osservata una riduzionesignificativa della concentrazione di Lactobacillus spp,Bacteroides/Prevotella eFaecalibacterium praunitzii ed unaumento significativo di batteriappartenenti alla famiglia delleEnterobacteriaceae

Meccanismibiologici

Alterazionedell’equilibrio

fisiologico

Genetici

Infiammazione

Ormoni

Sistemaimmunitario

Metabolismoglucidico/lipidico

Sindromedi fragilità

Perdita di peso

Debolezza

Scarsa attivitàfisica

Scarsa resistenzaagli stress

Compromissionesensoriale

Outcome clinicinegativi

Disabilitàfunzionale

Cadute, delirium

Disabilitàcognitiva

MORTE

Istituzionalizzazionee ospedalizzazione

Sarcopenia

SNC/SNP

Malnutrizione

Sistema GI,epatico, renale

Sistemi vascolarirespiratorio

Fig. 2 Meccanismi biologici, caratteristiche cliniche e conseguenze della condizione di fragilità nell’anziano.Mod. da Fried L.P. et al.; Hazzard’s Geriatric Medicine and Gerontology 2009; 6 eds.

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glico-lipidico e stato ormonale, sono risultati significativamente differenti nei tregruppi con diverso grado di severità dell’MPI; questi risultati sono stati conferma-ti anche dopo aggiustamento delle analisi per età, sesso, comorbidità e farmaci chepotevano influire su questi parametri e sul microbiota intestinale (statine, FANS,terapie ormonali e cortisonici). Recentemente è stato riportato che esiste una correlazione significativa fra la com-ponente fisica e la componente cognitiva della fragilità. In uno studio longitudi-nale condotto nell’ambito del progetto ILSA (Italian Longitudinal Study on Aging)è stato infatti dimostrato che la condizione di fragilità fisica risulta significativa-mente associata alla presenza di demenza, sia nella variante degenerativa dellamalattia di Alzheimer sia nella demenza vascolare. I meccanismi fisiopatologiciche potenzialmente sono coinvolti nella relazione tra alterazione del microbiotaintestinale e declino cognitivo prevedono che una dieta sbilanciata e/o una altera-zione della fisiologia intestinale possano causare una infiammazione a livellodell’organo; questa a sua volta è responsabile del rilascio sistemico di mediatoripro-infiammatori che, giunti a livello cerebrale, inducono attivazione delle celluledella glia, con conseguente neuroinfiammazione e declino cognitivo (Figura 3). A sostegno di tale ipotesi fisiopatologica, è stato recentemente condotto uno stu-dio in 36 giovani donne esenti da disturbi gastrointestinali o psichiatrici che havalutato la relazione esistente fra l’assunzione di probiotici e le modifiche nellerisposte cerebrali a stimoli emotivi; i risultati hanno evidenziato che le regionicerebrali delle donne trattate con probiotici si attivano in maniera diversa rispettoai soggetti di controllo, l’assunzione di probiotici influenza prevalentemente l’at-tività delle regioni cerebrali che controllano le emozioni e le sensazioni.Altrettanto interessanti sono i risultati di un recente studio clinico pilota rando-mizzato che ha valutato l’attività di un probiotico multi-specie (Bifidobacteriumspp, Lactobacillus spp) sulla reattività cognitiva di 40 giovani donne (età media 20anni). I test psicologici effettuati hanno dimostrato che il trattamento era associa-to a riduzione dei pensieri negativi associati alla depressione. Appare evidente l’interesse di esplorare questo settore anche in ambito di popola-zioni di età avanzata in cui le problematiche cliniche cognitive e di depressionepresentano una elevata incidenza.

Opinioni a Confronto - Disbiosi intestinale: immunità, barriera epiteliale, microbiota. Fisiopatologia, clinica e terapia

I test psicologici (reattività cognitiva)effettuati su 40 giovani donne(età media 20 anni) hanno dimostratoche il trattamento con probioticiera associato a riduzionedei pensieri negativi

L’assunzione di probiotici influenzaprevalentemente l’attività delleregioni cerebrali che controllano leemozioni e le sensazioni

Recentemente è stato riportato cheesiste una correlazione significativafra la componente fisica e lacomponente cognitiva della fragilità

Tab. 1 Domini e gradi del Multidimensional Prognostic Index (MPI).

Multidimensional Prognostic Index Score ItemAttività basali della vita quotidiana (Activity of Daily Living, ADL) 6Attività strumentali della vita quotidiana (Instrumental Activities of Daily Living, IADL) 8Stato mentale (Short Portable Mental Status Questionnaire, SPMSQ) 10Stato nutrizionale (Mini-Nutritional Assessment, MNA) 18Rischio di lesioni da decubito (Exton-Smith Scale) 5Comorbilità (Cumulative Illness Rating Scale Comorbility, CIRS) 14Numero di farmaci 1Socializzazione (Social Index) 1Totale 63

Lieve Moderato Grave

Score 0,18 ± 0,09 0,48 ± 0,09 0,77 ± 0,08Range 0,00 - 0,33 0,34 - 0,66 0,67 - 1,0

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Al riguardo recentemente sono stati pubblicati alcuni studi che esplorano il ruolodell’impiego dei probiotici in popolazioni di età avanzata. Uno studio in doppiocieco, controllato con placebo, condotto su 1.072 soggetti anziani con età > 70anni trattati con Lactobacillus casei, ha evidenziato una riduzione della durata del-l’infiammazione gastrointestinale e respiratoria nei soggetti supplementati. Un altro studio ha dimostrato una riduzione della gastroenterite da norovirus in77 soggetti anziani (età media di 84 anni) residenti in casa di riposo dopo assun-zione di probiotico contenenti L. casei. Un terzo studio condotto in 27 soggetti residenti in una casa di riposo e trattaticon Bifidus longum, ha dimostrato una minor incidenza di febbre e sintomato-logia influenzale dopo vaccinazione influenzale rispetto ai soggetti di controllo.Viceversa, uno studio condotto su 737 soggetti anziani trattati con Lactobacilluscasei non ha evidenziato alcuna differenza in termini di risposta al vaccinoinfluenzale rispetto ai soggetti di controllo. Il microbiota intestinale si modificanel soggetto anziano trattato con farmaci, in particolare con antibiotici in quan-to questi farmaci agiscono direttamente modificando la composizione microbi-ca intestinale. In ambito geriatrico l’infezione da Clostridium difficile rappresen-ta oggi una grave e temibile condizione clinica, gravata da elevata morbilità emortalità. Come recentemente sottolineato, il microbiota intestinale esercita un ruolo rile-vante nell’indurre resistenza alla colonizzazione da Clostridium difficile e la som-ministrazione di antibiotici nel paziente anziano alterando il microbiota intestina-le, genera un ambiente favorevole alla germinazione delle spore e all’espansionedel patogeno. Il Clostridium difficile produce tossine che causano colite e dannoepiteliale severo. Per gestire l’infezione, è necessario pertanto ripristinare il micro-

Microbiota, invecchiamento, fragilità e danno da farmaci

La somministrazione di antibioticinel paziente anziano, alterandoil microbiota intestinale, generaun ambiente favorevole allagerminazione delle spore e all’espansione del patogeno

Il microbiota intestinale esercita unruolo rilevante nell’indurre resistenzaalla colonizzazione da Clostridiumdifficile

cognitivolinoDec

dell’infRilascio

della glia; neAttivazion

fiammazionetori dei media

euroinfiammazionene delle cellule

teintestinale età-correlaariazioni del microbiotaV

infiammazione intestinaleBasso grado di

e della fisio ariazio V

ologia intestinaleone della dieta

Fig. 3 Rappresentazione schematica della possibile correlazione esistente fra alterazione del microbiota intestinale edeclino cognitivo nell’anziano.

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biota intestinale del soggetto, migliorando così la resistenza intestinale alla colo-nizzazione del batterio. Per questo, la cura dell’infezione da Clostridium difficile,che prevede l’assunzione di antibiotici specifici per l’eradicazione dell’agente pato-geno, deve includere anche l’utilizzo di probiotici. Recentemente, soprattuttonelle forme ad elevato grado di recidiva, si è prospettata con successo l’ipotesi disottoporre i pazienti a trapianto di microbioma fecale (FMT). Al riguardo, nonsono ancora disponibili tuttavia i risultati di esperienze condotte specificamentein soggetti di età geriatrica. Anche l’impiego di farmaci antinfiammatori non-steroidei (FANS) comporta unaalterazione significativa del microbiota intestinale con conseguenze clinicamenterilevanti. Inoltre, in uno studio clinico recente è stato ampiamente dimostrato chegli inibitori della pompa protonica (omeprazolo e lansoprazolo) oltre a ridurre lasecrezione acida a livello gastrico aumentano il danno intestinale da FANS e que-sto sembra essere dovuto alla alterazione della composizione del microbiota che simodifica in maniera sostanziale quando si usa la terapia di associazione FANS einibitori di pompa protonica provocando la comparsa di edema dei villi e la scom-parsa dei bifidobatteri intestinali. Dati sperimentali dimostrano che il trattamentocon un singolo antibiotico concomitante al FANS non è in grado di modificare ilrischio di danno intestinale da FANS, mentre l’utilizzo di un cocktail di antibioti-ci (come ad esempio ampicillina, vancomicina, neomicina e metronidazolo) sem-bra ridurre significativamente la gravità delle ulcere intestinali provocate danaprossene. Al riguardo molto interessanti sono i recenti risultati sperimentaliottenuti in animali che dimostrano che singoli probiotici possono svolgere unruolo preventivo del danno intestinale da FANS: un probiotico contenenteFaecalibacterium prausnitzii è stato in grado infatti di ridurre il danno intestinaleda naprossene, analogamente a quanto fatto dal Bifidobacterium longum (Figura 4).In accordo con tali risultati, recentemente è stato dimostrato in uno studio clinicoche la somministrazione di un probiotico modificato e implementato in 51 sog-getti anziani consumatori abituali di FANS, induceva un miglioramento significa-tivo della composizione generale del microbiota intestinale.

Anche l’impiego di farmaciantinfiammatori non-steroidei (FANS)comporta un’alterazione significativadel microbiota intestinale conconseguenze clinicamente rilevanti

Recenti risultati sperimentalidimostrano che singoli probioticipossono svolgere un ruolo preventivodel danno intestinale da FANS: unprobiotico contenenteBifidobacterium longum è stato ingrado infatti di ridurre il dannointestinale da naprossene

Recentemente è stato dimostrato chela somministrazione di un probioticoin soggetti anziani, consumatoriabituali di FANS, induceva unmiglioramento significativo dellacomposizione generale del microbiotaintestinale

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eicolo Vvss ** p < 0,01 eicolo Vvss ** p < 0,01

Fig. 4 Effetto di Bifidobacterium longum (BN) e di Faecalibacterium praunitzii sulla severità del danno intestinaleindotto da naprossene. BNKO: B. longum geneticamente modificato nel gene responsabile della produzione di acetatoF. prau Sup: supernatante di coltura di F. praunitzii.

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Microbiota, invecchiamento, fragilità e danno da farmaci

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Opinioni a Confronto - Disbiosi intestinale: immunità, barriera epiteliale, microbiota. Fisiopatologia, clinica e terapia

I peptidi antimicrobici sono stati riconosciuti da molti anni quali componentiimportanti dell’immunità innata. Si tratta di molecole presenti sia negli organismiprocarioti che eucarioti, compresi i mammiferi, possono essere isolati nei fluidicorporei e, a livello tissutale, e possono essere indotti dai processi infiammatori. In particolare, tra i vari peptidi, possiamo ricordare le defensine e le catecilidineprodotte da cellule epiteliali e da granulociti, attive sia nei confronti dei batteriGram-positivi che Gram-negativi, o la “bactericidal/permeability increasing pro-tein” (PBI) proteina attiva nei confronti dei Gram-negativi e anche in grado diattenuare la risposta infiammatoria dell’ospite. In questo gruppo ritroviamoanche la lattoferrina, una glicoproteina di 80 Kdal costituita da 703 aminoacidiche presenta un ampio spettro di attività biologiche. Individuata nel latte vaccino alla fine degli anni ‘30 da Sorensen e Sorensen è pre-sente in varie secrezioni esocrine, più abbondante nel latte materno, in piccolequantità anche nella saliva, nelle lacrime, nella bile, nel liquido seminale, nelsucco pancreatico e nei granulociti neutrofili. Originariamente fu denominataproteina rossa per il suo caratteristico colore dovuto alla capacità di legare due ioniferrici, con una potenza di legame anche superiore alla stessa transferrina, la prin-cipale proteina plasmatica deputata al trasporto del catione.Il fatto che esista una correlazione positiva tra la concentrazione di lattoferrina nellatte materno e nelle feci del neonato allattato al seno e che la struttura chimicabilobata fosse simile proprio alla transferrina ha indotto alcuni Autori a ipotizzareche potesse costituire il sistema di trasporto del ferro dalla madre al neonato, ipo-tesi tuttavia successivamente smentita.

Proprietà biologicheLa lattoferrina interviene in diversi meccanismi fisiologici che spaziano dallarimodulazione ossea, con stimolazione degli osteoblasti e controllo degli osteocla-sti, alla cicatrizzazione delle ferite, ma la funzione meglio conosciuta è la sua mar-cata attività antimicrobica nei confronti di molte specie patogene.L’effetto antimicrobico della lattoferrina è attribuibile sia all’abilità della proteinadi legare il ferro, sia a meccanismi più diretti, indipendenti dall’attività chelante.Infatti, proprio legando il ferro, la lattoferrina inibisce la crescita batterica, ferrodipendente, mentre prevenendo l’adesione dei batteri all’epitelio intestinale, neimpedisce la proliferazione e la formazione di biofilm patogeno (Tabella 1). Recentemente è stato suggerito che il sequestro del ferro ad opera della lattoferri-

Lattoferrina e disbiosi intestinale: un approcciomultifattoriale su infiammazione e infezione

A. NovelliDipartimento di Scienze della Salute, Sezione di Farmacologia Clinica e Oncologia,Università degli Studi di Firenze

La lattoferrina, una glicoproteinadi 80 Kdal costituita da 703aminoacidi, presenta un ampiospettro di attività biologiche

La funzione meglio conosciutaè la marcata attività antimicrobica:legando il ferro la lattoferrina inibiscela crescita batterica ferro-dipendente,prevenendo l’adesione dei batteriall’epitelio intestinale, ne impediscela proliferazione e la formazionedi biofilm patogeno

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Lattoferrina e disbiosi intestinale: un approccio multifattoriale su infiammazione e infezione

na possa rappresentare una sorta di protezione anche nelle infezioni sostenute daMycobacterium tuberculosis e possa anche giocare un ruolo cruciale nella preven-zione di infezioni polmonari croniche da Pseudomonas aeruginosa.La digestione peptica della lattoferrina bovina e umana produce una serie di pep-tidi, detti “lattoferricine” a spiccata attività antimicrobica. Entrambe le sequenzeaminoacidiche della lattoferricina H, derivante dalla proteolisi della lattoferrinanella specie umana, e della lattoferricina B, derivante dalla lattoferrina bovina,corrispondono alla regione N-terminale del lobo N della proteina, per cui è daritenere che proprio a questa regione si debba la spiccata attività antimicrobicadella lattoferrina. Infatti, l’attività antibatterica diretta ferro-indipendente è dovu-ta alla reattività della regione N-terminale, altamente basica per la presenza dinumerosi residui di arginina e lisina caricati positivamente. La molecola è quindi in grado di attaccare e lisare la membrana batterica di nume-rose specie Gram-negative, grazie alla interazione con il lipopolisaccaride (LPS)della membrana esterna e al sovvertimento della membrana stessa con aumento dipermeabilità. Esiste inoltre un’azione sinergica con il lisozima, con conseguentealterazione dei legami β1-4 glicosidici del peptidoglicano, e morte del batterio percitolisi. Per quanto riguarda le specie Gram-positive si ha un’azione diretta perinterazione con gli acidi lipoteicoici della parete batterica e l’attività battericida èstata dimostrata nei confronti di numerosi patogeni, inclusi streptococchi, stafilo-cocchi e Vibrio colerae (Tabella 2).Il sequestro del ferro ad opera della lattoferrina, oltre a ritardare la crescita di alcu-

L’attività antibatterica direttaferro-indipendente è dovuta allareattività della regione N-terminale

Esiste un’azione sinergica conil lisozima, con conseguentealterazione dei legami ß1-4 glicosidicidel peptidoglicano, e morte delbatterio per citolisi

Tab. 1 Attività della lattoferrina nei confronti di specie batteriche Gram-negative.Mod. da Jenssen H &Hancock REW, Biochimie, 2009

Specie target Meccanismo d’azione

E. coli Chela i cationi, danneggia la membrana batterica,S. typhimurium altera la permeabilità della membrana esterna

provocando il rilascio di lipolisaccaridi (LPS)

H. influenzae Altera la virulenza batterica, degrada IgA e Hap

S. flexneri Interrompe la secrezione batterica di tipo III degrada IpaB e IpaC

E. coli Interrompe la secrezione batterica di tipo III degrada EspA, EspB e EspC

S. typhimurium Interagisce con la superfice batterica

P. aeruginosa Previene la formazione dei biofilm, probabilmenteattraverso il sequestro del ferro

B. cepacia Previene la formazione dei biofilm, probabilmenteB. cenocepacia attraverso il sequestro del ferro

Tab. 2 Attività della lattoferrina nei confronti di specie batteriche Gram-positive.Mod. da Jenssen H &Hancock REW, Biochimie, 2009

Specie target Meccanismo d’azioneS. mutans Interazione ferro-indipendente con la superficie battericaS. epidermidis Interazione con acido lipoteicoico della superficie battericaS. epidermidis Prevenzione della formazione di biofilm probabilmenteattraverso il sequestro del ferro

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ne specie batteriche, favorisce la proliferazione di microrganismi a ridotta richie-sta di ferro, come i batteri acido-lattici, la cui crescita è stimolata in modo direttoda tale proteina e la cui presenza è generalmente considerata antagonista ai pato-geni e quindi vantaggiosa per l’ospite.

Attività antifungina, antiparassitaria e antivirale della lattoferrinaÈ stato evidenziato che la lattoferrina esplica una azione coadiuvante la chemiote-rapia antifungina rivolta al trattamento di diverse infezioni da Candida spp. anchein presenza di ceppi resistenti al fluconazolo e in pazienti affetti da infezioni vira-li, incluso il virus dell’HIV. L’attività antivirale della lattoferrina è da attribuirsimolto probabilmente ad un duplice effetto (Figura 1): il primo riguarda la capaci-tà di legare i glicosaminoglicani localizzati sulle membrane delle cellule eucarioti-che, impedendo così la penetrazione delle particelle virali e quindi l’infezione sulnascere, il secondo è correlato alla capacità di legare recettori presenti sulla super-ficie virale alterandone l’interazioni con le cellule dell’ospite. L’attività antivirale siesplica sia sui virus provvisti di pericapside che su quelli che ne sono privi, come irotavirus o i poliovirus. Ovviamente l’effetto antivirale finale è mediato in vivoanche dalla azione immunomodulante.Esistono infine evidenze su un possibile ruolo della lattoferrina come agente anti-tumorale, dimostrato sui tumori chimicamente indotti in ratti da laboratorio. È stato visto inoltre che la lattoferrina riduce lo sviluppo di cellule tumorali inpazienti affetti da leucemia e inibisce la formazione di metastasi nel carcinomamammario. Questi risultati potrebbero suggerire un importante coinvolgimentodi tale proteina nella protezione allo sviluppo di tumori, fornendo nuovi approccialle terapie antitumorali.

Attività immunomodulante, antinfiammatoria e protettivadella mucosa intestinaleLa lattoferrina presenta una spiccata attività antinfiammatoria, modulando laregolazione dei processi di proliferazione e differenziazione cellulare del sistemaimmunitario.

La lattoferrina esplica una azionecoadiuvante la chemioterapiaantifungina rivolta al trattamento didiverse infezioni da Candida spp.,anche in presenza di ceppi resistential fluconazolo e in pazienti affetti dainfezioni virali, incluso il virus dell’HIV

La lattoferrina presenta una spiccataattività antinfiammatoria, modulandola regolazione dei processi diproliferazione e differenziazionecellulare del sistema immunitario

LF previenel’adesione viralealla cellula

Virus

Recettore virale Recettore LF

LF o LFcin

IFN-α/β Replicazione

LF inibiscela replicazione virale attraverso

l’induzione di IFN-α/β

Induzione

Cellulatarget

LF = lattoferrinaLFcin = lattoferricina

Fig. 1 Attività antivirale della lattoferrina. Mod. da Wakabayashi H et al., J Infect Chemother, 2014

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Tale azione si esplica sia sulla immunità innata che acquisita coinvolgendo macro-fagi e granulociti, cellule dendritiche e linfociti (T e B).Da una parte il legame della lattoferrina o dei suoi derivati alle endotossine comel’LPS riduce in parte la risposta immune innescata dal riconoscimento da partedel Toll-like receptor 4 (TLR-4), stimolando la produzione di interleuchine (IL-1βe IL-6), prostacicline (PGI2) e regolando i livelli di TNF-alfa (Tumor NecrosisFactor), che riducono la bioattività e la conseguente tossicità indotta dallo stessoLPS, prevenendo così la sovrastimolazione che si può manifestare in certe situa-zioni quali ad esempio la sepsi. Dall’altra, la lattoferrina gioca un ruolo importante anche nella immunità acqui-sita, agendo come una alarmina ed esercitando quindi una azione diretta di reclu-tamento, attivazione e maturazione delle cellule dendritiche. L’attività della lattoferrina per via orale, dato lo scarso assorbimento, molto pro-babilmente è riconducibile proprio ad una azione locale a livello intestinale, doveesistono specifici recettori negli enterociti come l’intelectina. La molecola ed iderivati peptidici come la lattoferricina, stimolano la produzione di IL-18 nellecellule epiteliali e di IL-10 e IFN-γ nei linfociti intestinali e nelle cellule dei linfo-nodi mesenterici, aumentando il numero di linfociti CD4+, CD8+ e cellule NKnella mucosa intestinale. Inoltre, si ha anche un importante effetto modulantesulla risposta IgA mediata che contribuisce all’azione protettiva locale intestinalenei confronti dei patogeni.

Azione sinergica con BifidobatteriIsolato nel 1977, Bifidobacterium longum BB536 è il ceppo umano i cui effetti bene-fici sono stati più studiati e riconosciuti: è stato evidenziato che migliora l'ambienteintestinale e favorisce il mantenimento di un sistema immunitario sano, oltre acostituire un valido aiuto per combattere le infezioni e mantenere il benessere oste-oarticolare. Esiste una attività di promozione della crescita di Bifidobacterium lon-gum operata dalla lattoferrina, con effetto dose-dipendente e che aumenta quindi infunzione della concentrazione glicoproteica (Figura 2).

Esiste una attività di promozione dellacrescita di Bifidobacterium longumoperata dalla lattoferrina, con effettodose-dipendente

Isolato nel 1977, il Bifidobacteriumlongum BB536 è il ceppo umano i cui effetti benefici sono stati più studiati e riconosciuti:è stato evidenziato che miglioral'ambiente intestinale e favorisce il mantenimento di un sistemaimmunitario sano, oltre a costituire un valido aiuto per combattere le infezioni e mantenere il benessereosteoarticolare

Lattoferrina e disbiosi intestinale: un approccio multifattoriale su infiammazione e infezione

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Kd 5-6TCC 15708AATCC 15708

0,25ttoferrina (mg/ml)Concentrazione la

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Fig. 2 Effetto concentrazione-dipendente della lattoferrina sulla crescita del Bifidobacterium longum.Mod. da Rahman M et al., Anaerobe, 2009.

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Opinioni a Confronto - Disbiosi intestinale: immunità, barriera epiteliale, microbiota. Fisiopatologia, clinica e terapia

Anche nei neonati allattati al seno si riscontra una correlazione positiva tra livellidi lattoferrina fecale e concentrazione di stipiti di Lactobacillus e Bifidobacteria. Inuna recente ricerca condotta su animali da esperimento (maialini da latte) allatta-ti con latte materno arricchito o meno con lattoferrina umana ricombinante, èstata osservata una differente composizione del microbiota intestinale, con riferi-mento alle enterobatteriacee in funzione della alimentazione ricevuta. Se da unlato la presenza della specie Salmonella non era numericamente diversa nei grup-pi, al contrario nel gruppo alimentato con latte completamente arricchito con lat-toferrina, una delle specie più rappresentate nel microbiota, e cioè l’Escherichiacoli, presentava una carica sensibilmente minore con un corrispondente significa-tivo aumento di bifidobatteri e lattobacilli. In questo gruppo la variazione dellacomposizione del microbiota era anche accompagnata a una maggiore crescitaponderale sia giornaliera che nel lungo periodo (1 mese) (Figura 3).

Integrazione con lattoferrina ed eventi avversiSono stati condotti alcuni studi di confronto con lattoferrina umana sommini-strata sia a volontari sani che a pazienti a posologia crescente al fine di valutarne ilpossibile impiego a scopo terapeutico e gli eventuali effetti collaterali correlati altrattamento. In particolare è stato impiegato il peptide antimicrobico 1-11 deri-vato dalla lattoferrina che è stato testato anche per valutarne l’eventuale neuro enefrotossicità che rappresentano uno dei fattori limitanti ad oggi per l’impiego dipeptidi antimicrobici di derivazione umana come le stesse defensine. Sono statiutilizzati fino a 5 mg del peptide 1-11 sia per via orale sia per via endovenosa. Iltrattamento ha evidenziato un’ottima tollerabilità: solo in alcuni casi si è riscon-trato un leggero aumento delle transaminasi, che all’analisi più approfondita èrisultato correlato a terapie concomitanti nei pazienti in studio, come ad esempiocon ciprofloxacina e fluconazolo. Si ricorda infatti che sia i fluorochinoloni che gliantifungini triazolici possono determinare alterazioni degli enzimi epatici e inte-razioni farmacologiche per coinvolgimento come substrato e/o inibitore di alcunesottofamiglie del citocromo p450.

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ternotte ma t = la t OMttoferrina umana ricombinante (1:1); terno arricchito con la t tte ma = la t MMttoferrina umana ricombinante; = la t LFM

* p < 0,05 tra gruppi

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Fig. 3 Effetto della lattoferrina umana ricombinante sulla crescita ponderale del maialino da latte. Mod. da Hu W et al., Biochem Cell Biol, 2012.

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Medicina Multidisciplinare 29

Lattoferrina e disbiosi intestinale: un approccio multifattoriale su infiammazione e infezione

Lattoferrina fecale, marker di patologia infiammatoriaLa concentrazione di lattoferrina nelle feci, essendo direttamente correlata alnumero di leucociti presenti, può essere utilizzata come marker di malattieinfiammatorie intestinali, quali il morbo di Crohn e la colite ulcerosa che siaccompagnano tipicamente ad un aumento della lattoferrina fecale, non è cosìcon la sindrome dell’intestino irritabile che non comporta alcuna variazione dellaglicoproteina (Figura 4). In particolare la concentrazione di lattoferrina fecale puòessere direttamente proporzionale al grado di infiammazione nei pazienti affettida colite ulcerosa e, nell’infezione da Clostridium difficile, può essere correlata allagravità, tanto che nelle forme più gravi può addirittura triplicare, fino a raggiun-gere valori attorno a 380 mg/ l.

Polimorfismo della lattoferrinaAnche per la lattoferrina umana sono stati individuati e caratterizzati diversi poli-morfismi a singolo nucleotide. Tra questi, a titolo di esempio, possiamo ricordarela variante caratterizzata dalla presenza della lisina in posizione 29 che comportauna maggiore attività battericida della lattoferrina in particolare nei confrontidello Streptococcus mutans, modificando così la composizione del biofilm e ridu-cendo il grado di compromissione periodontale. È inoltre possibile che un altropolimorfismo a singolo nucleotide della lattoferrina, comporti invece una mag-giore suscettibilità a contrarre la diarrea del viaggiatore indotta da Escherichia colio alcune infezioni a livello corneale. È possibile che lo studio di questi polimorfismi possa essere in futuro impiegatoquale marker per valutare la predisposizione alla periodontite giovanile localizzata.

Che tipo di lattoferrina utilizzare?I benefici della lattoferrina possono essere ottenuti anche con l’assunzione dellamolecola sotto forma di supplemento dietetico, ponendo particolare attenzionealle caratteristiche del singolo integratore. Gli aspetti che andrebbero sempre valu-

I benefici della lattoferrina possonoessere ottenuti anche conl’assunzione della molecola sottoforma di supplemento dietetico,ponendo particolare attenzione allecaratteristiche del singolo integratore

Sono da preferire i processidi freeze drying che preservanol’integrità strutturale

La lattoferrina esplica un’azioneantimicrobica diretta ed è coinvoltanella risposta immunitaria

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= sindrome dell’intestino irritabileSII = colite ulcerosa; CU = Morbo di Crohn; MC

Controllo SII,vss UC * p < 0,05 per CD,

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Fig. 4 Concentrazione fecale di lattoferrina e correlazione con alcune patologie infiammatorie intestinali.Mod. da Kane SV et al., Am J Gastroenterol, 2003

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Opinioni a Confronto - Disbiosi intestinale: immunità, barriera epiteliale, microbiota. Fisiopatologia, clinica e terapia

tati e che possono modificare l’azione del prodotto riguardano la purezza dellamolecola e le caratteristiche dei diversi eccipienti, oltre all’assenza di metallipesanti, possibili derivati dai processi di estrazione e purificazione. Inoltre, duran-te questi processi deve essere evitata l’essiccazione ad elevata temperatura chedenaturerebbe la struttura glicoproteica. Sono invece da preferire processi di free-ze drying che preservano l’integrità strutturale.

ConclusioniLa lattoferrina oltre alla capacità intrinseca di legare il ferro, esplica un’azioneantimicrobica diretta e, attraverso l’interazione con recettori specifici di alcunecellule dell’immunità, è coinvolta nella risposta immunitaria. In molti casi l’utiliz-zo come integratore della lattoferrina consente di attivare i meccanismi fisiologicinei quali è coinvolta, tuttavia i risultati dipendono in gran parte dal tipo di prepa-razione e dal grado di purezza. Infine, tenuto conto delle potenzialità della mole-cola e del numero di studi clinici in corso, è verosimile immaginare che si trattisolo di una questione di tempo per l’impiego in un ampio spettro di condizionicliniche.

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Tenuto conto delle potenzialità della lattoferrina e del numero di studi clinici in corso, è verosimileimmaginare che si tratti solo di una questione di tempo perl’impiego in un ampio spettro di condizioni cliniche

In molti casi l’utilizzo comeintegratore della lattoferrina consentedi attivare i meccanismi fisiologici neiquali è coinvolta, i risultati dipendonoin gran parte dal tipo di preparazionee dal grado di purezza

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Medicina Multidisciplinare 31

Studi condotti su modelli animali esull’uomo hanno fornito evidenze chedimostrano la capacità dei probiotici,in particolare dei bifidobatteri, dimodulare la risposta infiammatoria,ridurre l’ipersensibilità viscerale e diaumentare la tolleranza orale

Nei pazienti con SII si rileva unariduzione della componente dibifidobatteri e un aumento deiProteobacteria e dei Firmicutes

Studi condotti su modelli animali e sull’uomo hanno fornito evidenze che dimo-strano la capacità dei probiotici, in particolare dei bifidobatteri, di modulare larisposta infiammatoria, ridurre l’ipersensibilità viscerale e di aumentare la tolle-ranza orale. La disbiosi intestinale gioca un ruolo nella fisiopatologia della sindrome dell’inte-stino irritabile (SII) e di altre patologie intestinali come le malattie infiammatoriecroniche intestinali (MICI) e la malattia celiaca dove si assiste ad un’alterazionedelle risposte immunitarie che regolano lo stato infiammatorio, dell’attività ente-rica e della permeabilità viscerale (Tabella 1).

Probiotici nelle malattie infiammatorie croniche intestinali Nei pazienti con SII si rileva una riduzione della componente di bifidobatteri e unaumento dei Proteobacteria e dei Firmicutes, con stratificazione clinica dei pazien-ti che possono essere suddivisi in variante diarroica o variante costipazione sullabase dalla predominanza di Fecalibacterium (diarroica) o di Clostridiales (costipa-zione) (Figura 1). L’importanza dei probiotici - dei lattobacilli ma anche di Bifidobacteris infantis -nel ridurre i sintomi addominali correlati alla sindrome dell’intestino irritabile èstata evidenziata in una serie di studi clinici preceduti da studi su modello anima-le (Tabella 2, Figura 2).I probiotici utilizzati in modelli sperimentali (modello murrino) di morbo diCrohn e di colite ulcerosa indotta da DSS hanno dimostrato che la concomitantesomministrazione di Bifidobacterium longum (Bl) determina una sostanziale stabi-lizzazione del peso, una ridotta attività di malattia e un danno macroscopico

Bifidobatteri (Bifidobacterium longum BB536)e disbiosi intestinale: dalla letteraturaalla pratica clinica

A. Di Sabatino Clinica Medica I, Università di Pavia,Fondazione IRCCS Policlinico S. Matteo, Pavia

Tab. 1 Situazioni cliniche in cui la somministrazione di probiotici è associata a un miglioramentodell’omeostasi intestinale e possibili meccanismi coinvolti

Disturbi intestinali MeccanismiSindrome dell’intestino irritabile Sensibilità visceraleMalattia infiammatoria cronica intestinale InfiammazioneIntolleranza alimentare (malattia celiaca) Tolleranza oraleSovracrescita batterica intestinale Permeabilità intestinale

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Opinioni a Confronto - Disbiosi intestinale: immunità, barriera epiteliale, microbiota. Fisiopatologia, clinica e terapia

ridotto rispetto a quanto riscontrato nel braccio senza probiotico. Le cellulemononucleate della lamina propria isolate e trattate con Bifidobacterium longumpresentavano due citochine pro-infiammatorie molto importanti nella patogenesidelle malattie infiammatorie croniche intestinali, l’interleuchina (IL)17A e l’in-terferone (IFN)-γ, in concentrazione ridotta rispetto alle cellule isolate trattatesolo con DSS (Figura 3). I risultati positivi hanno costituito i presupposti pertestare le capacità immunomudulatorie del Bifidobacterium longum BB536 anchenell’uomo. Uno studio condotto su 264 bambini sani randomizzati alla nascitaalla supplementazione o meno con BB536 per 6 mesi ha dimostrato una differen-za significativa nella concentrazione dei bifidobatteri ma non delle entrobatteria-cee fecali a 4 mesi, situazione già rilevabile a 2 mesi.

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Fig. 1 Modificazione del microbiota e variante di SII

Tab. 2 Evidenze scientifiche su disbiosi intestinale e SII

Autore Rivista Anno N. Pz Metodi Risultati

Si et al. World J Gastro 2004 25 Coltura Bifidobacteria

Malinen et al. Am J Gastro 2005 27 qPCR Lactobacilli

Ponnusamy et al. J Med Microbiol 2011 11 DGGE Bacteroidetes

Tana et al. Neurogastro Motil 2010 26 qPCR Lactobacilli

Lyra et al. World J Gastro 2009 20 qPCR Ruminococcus

Krogius-Kurikka et al. BMC Gastro 2009 10 16S rRNA seq Firmicutes

Kerckhoffs et al. World J Gastro 2009 41 qPCR Bifidobacteria

Kassinen et al. Gastroenterology 2007 24 16S rRNA seq Coprococcus

Maukonen et al. J Med Microbiol 2006 24 PCR-DDGE Clostridiumcoccoides

Jeffery et al. Gut 2012 37 16S rRNA seq Firmicutes/bacteroidetes

Uno studio condotto su 264 bambinisani randomizzati alla nascita alla supplementazione o meno con BB536 per 6 mesi ha dimostratouna differenza significativa nellaconcentrazione dei bifidobatteri ma non delle entrobatteriacee fecali a 4 mesi, situazione già rilevabile a 2 mesi

I probiotici in modelli sperimentali di morbo di Crohn e di colite ulcerosaindotta da DSS hanno dimostrato chela concomitante somministrazionedi Bifidobacterium longum (Bl)determina una sostanzialestabilizzazione del peso, una ridottaattività di malattia e un dannomacroscopico ridotto

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Bifidobatteri (Bifidobacterium longum BB536) e disbiosi intestinale: dalla letteratura alla pratica clinica

Dopo 7 mesi analizzando i linfociti prelevati da campioni di sangue periferico si èriscontrata nel gruppo trattato con BB536 un’aumentata produzione di IFN-γ,con aumentato rapporto tra IFN-γ e IL-4, possibile espressione di un aumentodella reattività immunologica, che potrebbe lasciare ipotizzare l’esistenza di unasorta di imprinting da parte del microbiota sul sistema immunitario.Risultati importanti che richiedono ulteriori approfondimenti per verificare chequanto rilevato a livello periferico abbia un riscontro anche a livello di mucosaintestinale. Un altro studio che ha dato risultati interessanti è quello condotto sucellule dendritiche isolate da sangue periferico prelevato da bambini affetti damalattia di Crohn o colite ulcerosa. Le cellule sono state coltivate in vitro in pre-senza o assenza di Tribif, un biomodulatore intestinale contenente una miscela di

utile e dannosa

di giunzioneAttivazione mastociti proteine intraepiteliali

Disassemblamento delle

ttericamicroflora baSquilibrio tra

Citochine Th1

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Microbiota

BARRIERA EPITELIALEARIOSISTEMA IMMUNIT TARIO

cronica intestinaletoriainfiammat

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small intestinal**SIBO (

Fig. 2 Alterazioni del microbiota e patologie intestinali

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IL-17A

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*

Fig. 3 Effetti di Bifidobatterium longum su IFN-γ e IL-17A. Mod. da Miyauchi E et al. PlosOne, 2013

Un studio condotto su celluledendritiche isolate da sangueperiferico prelevato da bambini affettida malattia di Crohn o colite ulcerosae coltivate in vitro in presenzao assenza di Tribif, ha dimostrato chele cellule in presenza di Tribif avevanouna capacità superiore rispetto alcontrollo di incorporare le particellebatteriche e l’antigene

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bifidobatteri. I risultati hanno dimostrato che le cellule in presenza di Tribif ave-vano una capacità superiore rispetto al controllo di incorporare le particelle batte-riche e l’antigene, di processarlo e di ripresentarlo sulla superficie, mentre nessunadifferenza è stata rilevata riguardo alla maturazione e all’attivazione delle celluledendritiche (Figura 4). Questo è un risultato importante dal punto di vista clinico perché evidenzia cheTribif agisce sulla attività di modulazione della risposta immunitaria senza interfe-rire sulla maturazione delle cellule dendritiche.Risultati che supportano il razionale per l’impiego di Bifidobacterium nella coliteulcerosa, una malattia infiammatoria cronica intestinale nella cui patogenesiintervengono numerosi fattori sia di tipo genetico, sia di tipo ambientale batteri-co, che di tipo immunitario. In questa condizione un ruolo dominante è giocatodai granulociti neutrofili e recentemente è stato identificato un ruolo prioritariodella risposta Th1/Th17. In uno studio condotto su 56 pazienti con colite ulcerosa in fase attiva suddivisi in2 bracci di trattamento, uno con Bifidobacterium longum e l’altro con placebo, evalutati con il Clinical Activity Index - che include anche le scariche di diarrea e idolori addominali - è stato evidenziato che dopo 8 settimane i pazienti in tratta-mento con il probiotico avevano riportato una riduzione significativa dell’indicedi attività clinica (Figura 5)I risultati hanno evidenziato una riduzione significativa dell’indice endoscopiconel braccio trattato con BB536. Nello stesso gruppo si è riscontrata una percen-tuale di guarigione della mucosa, intesa come assenza di lesioni ulcerative, signifi-cativamente più elevata. Un risultato molto importante perché implica una diminuzione delle recidive edella necessità di interventi chirurgici e ospedalizzazioni, migliore qualità di vita eminor rischio di cancro colon-rettale. Nello studio i pazienti sono stati valutati con s≤core endoscopico, che ormai è con-siderato come il parametro principale per definire la remissione della malattia.

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Fig. 4 Azione di Tribif sull’uptake delle particelle batteriche sull’antigene e sul processo di maturazione delle celluledendritiche (CD). Mod. da Strisciuglio et al. Inflamm Bowel Dis, 2015

Tribif agisce sulla attività dimodulazione della rispostaimmunitaria senza interferire sullamaturazione delle cellule dendritiche

I risultati supportano il razionale per l’impiego di Bifidobacteriumnella colite ulcerosa, nella cuipatogenesi intervengono numerosifattori sia di tipo genetico, sia di tipobatterico e immunitario

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Probiotici per veicolare sostanze antinfiammatorieTra le diverse potenzialità dei probiotici, la comunità scientifica sta valutando lapossibilità di impiegarli per veicolare sostanze antinfiammatorie; un esempio èdato da B. longum geneticamente modificato per poter trasportare l’ormone alfa-melanocita-stimolante, una potente citochina antinfiammatoria. Il probiotico èstato testato in un lavoro sperimentale condotto su ratti trattati con DSS perindurre uno stato infiammatorio intestinale simile a quello che si verifica nellacolite ulcerosa. Il risultato ha evidenziato una riduzione dell’attività di mielope-rossidasi e dell’ossido nitrico, due importanti mediatori del danno ulcerativo, nelbraccio trattato con BB536 modificato rispetto al controllo. Negli stessi animali si è evidenziata anche una riduzione significativa della con-centrazione mucosale (prelevata da aree infiammate) della potente citochinaproinfiammatoria IL-6 sia un aumento dell’IL-10 antinfiammatoria (Figura 6).È stato anche ingegnerizzato un lactobacillo per veicolare elafina, una serina pro-teasi, inibitore della elastasi, un enzima altamente lesivo prodotto dai granulocitineutrofili che va a clivare l’elastina e determina una distruzione della lamina basa-le con conseguente apoptosi da distacco degli enterociti, disepitelizzazione e con-seguentemente l’ulcera. In un modello di colite sperimentale i topi trattati conlactobacillo veicolante elafina hanno dimostrato una riduzione significativa dellaattività elastasica, oltre che una riduzione delle lesioni che si verificavano nel grup-po trattato solo con DSS.

Probiotici nelle intolleranze alimentariLa malattia celiaca è un’intolleranza immunomediata al glutine, una proteinacontenuta nel frumento che si verifica in soggetti geneticamente suscettibili per lapresenza di geni HLA-DQ2 o -DQ8, che si manifesta sotto forma di enteropatiacon atrofia dei villi che regredisce dopo allontanamento del glutine dalla dieta.Il razionale della somministrazione di bifidobatteri ai soggetti intolleranti al gluti-ne, oltre al riscontro di un deficit nelle feci, è che sono in grado di ridurre la tossi-cità e l’immunogenicita dei peptidi gliadinici.

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Bifidobatteri (Bifidobacterium longum BB536) e disbiosi intestinale: dalla letteratura alla pratica clinica

Gruppo placeboGruppo BB536

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8 settimaneBasale8 settimaneBasale

= 0,88p = 0,01p

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Fig. 5 Efficacia di Bifidobacterium longum BB536 nella colite ulcerosa.Mod. da Tamaki H et al. Dig Endoscopy, 2015

In uno studio condotto su 56 pazienticon colite ulcerosa in fase attivasuddivisi in 2 bracci di trattamento,uno con Bifidobacterium longum el’altro con placebo, è statoevidenziato che dopo 8 settimane ipazienti in trattamento con ilprobiotico avevano riportato unariduzione significativa dell’indice diattività clinica

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Medicina Multidisciplinare36

Il glutine costituito da gliadina e glutenine dagli enzimi proteolitici presenti nellume intestinale, può essere clivato in numerosi peptidi gliadinici di varia gran-dezza, alcuni dei quali immunodominanti altri non immunodominanti; in parti-colare tra quelli immunodominanti è stato individuato il peptide p57-68 dotatodi maggiore tossicità. Alcuni studi in vitro che hanno utilizzato una linea cellula-re del piccolo intestino, le cellule Caco 2, hanno messo in luce che la sommini-strazione di Bifidobacterium longum è in grado di staccare e frammentare i peptidigliadinici, meccanismo che probabilmente è in grado di ridurre la tossicità dellesequenze immunogeniche.Su questa base è stato condotto uno studio clinico in doppio cieco randomizzatoper verificare gli effetti di B. longum in bambini affetti da malattia celiaca alla dia-gnosi, con atrofia dei villi e che al momento dell’arruolamento assumevano gluti-ne. I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi, uno che ha assunto B longum incapsule e l’altro placebo per 3 mesi (Figura 7).Nei bambini che avevano assunto il Bifidobacterium longum è stato rilevato unaumento dei bifidobatteri, ma non delle enterobatteriacee che sono risultate signi-ficativamente ridotte, e della sottopopolazione linfocitaria periferica. In particola-re si è rilevata una ridotta popolazione di linfociti T attivati, una ridotta presenta-zione degli antigeni e una ridotta citotossicità. I CD8, particolarmente presentinei pazienti celiaci con malattia attiva, sono quei linfociti intraepiteliali chemediano e riparano il danno enterocitario quindi potrebbero essere molto impor-tanti per accelerare il recovery delle lesioni intestinali in pazienti che hanno inizia-to una dieta priva di glutine.Dato ancora più interessante è che le IgA secretorie, che sono la prima barrieradell’immunità innata, che vengono sintetizzate dall’intestino e prodotte dalle pla-smacellule quando c’è l’attivazione immunitaria, sono risultate significativamenteridotte nel braccio trattato con B. longum rispetto al braccio placebo, suggerendoche il probiotico possa rivestire un ruolo molto importante nel regolare la reattivi-tà del sistema immunitario gastrointestinale.

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IL-10IL-6

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Fig. 6 Effetto di Bifidobacterium longum geneticamente modificato su IL-6 e IL-10.Mod. da Wei et al. J Med Microbiol, 2015

Il razionale della somministrazione di bifidobatteri ai soggetti intollerantial glutine, è che sono in grado diridurre la tossicità e l’immunogenicitadei peptidi gliadinici

Le IgA secretorie, che sono la primabarriera dell’immunità innata, sonorisultate significativamente ridotte nel braccio di bambini celiaci trattatocon B. longum rispetto al braccioplacebo, suggerendo che il probioticopossa rivestire un ruolo moltoimportante nel regolare la reattivitàdel sistema immunitariogastrointestinale

Nei bambini che avevano assuntoil Bifidobacterium longum è statorilevato un aumento dei bifidobatteri,ma non delle enterobatteriaceeche sono risultate significativamenteridotte

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Bifidobatteri (Bifidobacterium longum BB536) e disbiosi intestinale: dalla letteratura alla pratica clinica

Capacità dei batteri di modulare la permeabilità epitelialeL’alterazione della permeabilità intestinale, definita leaky gut syndrome, è forte-mente sospettata di essere l’origine di varie patologie autoimmuni, perché dallamodulazione degli antigeni luminali che penetrano nella lamina propria dipendela stimolazione del Gut Associated Linfoid Tissue (GALT) oltre che la possibilitàche ci sia una disseminazione di antigeni nella circolazione periferica con possibi-le evoluzione verso la sepsi.In un modello sperimentale di ratti sottoposti a stress da deprivazione di acquache determina un’alterazione della barriera epiteliale intestinale la co-sommini-strazione di probiotici (lattobacilli) ha neutralizzato completamente l’effettoindotto dallo stress e ha permesso il ripristino della permeabilità intestinale sia alivello del piccolo che del grande intestino.Si è inoltre evidenziato che i bifidobatteri sono in grado di mantenere la funzio-nalità della barriera intestinale attraverso la produzione di acidi grassi a catenacorta, rivestendo quindi un ruolo fondamentale nella modulazione della barrieraepiteliale con risvolti clinici in tutte quelle condizione che determinano un dissa-semblamento delle giunzioni inter-enterocitarie, quindi un maggior passaggio diantigeni, tra cui le malattie infiammatorie croniche intestinali (colite ulcerosa emalattia di Crohn), la celiachia, la sindrome dell’intestino irritabile e l’enteropatiada FANS. Il B. longum in un modello murino ha dimostrato non solo di proteg-gere dalle lesioni intestinali, ma addirittura di ridurre significativamente il TNF-α e l’IFN-γ, aumentando la sintesi di occludine, proteine che intervengono atti-vamente nell’assemblamento funzionale delle giunzioni interenterocitarie.

Possibile utilizzo dei probiotici nella sepsiIn un modello di topo in cui è stata indotta sepsi con inoculazione intraperito-neale di Psudomonas aeruginosa, trattati o meno con BB536, si è riscontrato chenel gruppo in supplementazione con il probiotico risultavano significativamenteridotti la traslocazione batterica, i livelli di TNF-α e di IL-1β, un’altra potentecitochina pro-infiammatoria.

*

Placebovss p < 0,05 *

-0,2

-0,1

0,0

0,1

0,2

0,3

leptumC.Gruppo

coccoidesC.Gruppo

spp.Bifidobacterium

LactobacillusGruppo

bacteriaceaeEntero-

gilis fraB.Gruppo

totalitteriBat

tteric

i e

basa

li e

valo

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t-in

ter

Ra

del microbiota intestinaleariazione nella composizioneVVariazione nella composizione

longumB.Placebo

longumB.Placebo

-1,0

-0,5

0,0

0,5

+CD8+oxp3F

+CD4+CD4+HLA-DR+CD3

T e

basa

li e

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linfociti perifericiariazioneV

*

Fig. 7 Effetti di Bifidobacterium longum sul microbiota intestinale in bambini celiaci.Mod. da Olivares et al. Br J Nutr, 2014

B. longum in un modello murino hadimostrato non solo di proteggeredalle lesioni intestinali, ma addiritturadi ridurre significativamente il TNF-αe l’IFN-γ, aumentando la sintesi dioccludine, proteine che intervengonoattivamente nell’assemblamentofunzionale delle giunzioniinterenterocitarie

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Questi risultati creano i presupposti per pensare di utilizzare questi farmaci inalcune condizioni di aumentata traslocazione batterica, molte delle quali trovanola causa nell’alterazione della barriera epiteliale intestinale, ma non solo. È statoinfatti recentemente pubblicato un lavoro in cui è stato dimostrato che oltre allabarriera epiteliale intestinale è necessario considerare anche la barriera vascolareintestinale che, parimenti a quella ematoencefalica, ha un ruolo importantissimonel controllare l’accesso di macromolecole nel circolo attraverso le fenestratureendoteliali. In particolare è stata identificata una proteina che interviene nel con-trollare l’ingresso di macrosoluti, la plasmalemma vescicle 1, che è espressa oltre chedalla barriera ematoencefalica anche da quella endoteliale intestinale. In unmodello di colite sperimentale acuta indotta da Salmonella, è stato dimostrato checon il passare del tempo, (2, 6 e 24 ore) l’espressione di plasmalemma vescicle 1,conseguente a infiammazione acuta, aumentava indicando come un invasionebatterica possa determinare una maggiore permeabilità della barriera vascolare e ilpassaggio di batteri dalla lamina propria, attraverso i capillari, dal circolo portaleal fegato, dove dovrebbero essere arginati dalle cellule di Kupfer, ma se ciò nonavviene passano nella circolazione sistemica determinando la sepsi. Si sta studiando come attraverso la microflora si possa modulare la funzionalità diquesta proteina che è stata identificata sia a livello della barriera ematoencefalicache dell’intestino.

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Opinioni a Confronto - Disbiosi intestinale: immunità, barriera epiteliale, microbiota. Fisiopatologia, clinica e terapia

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