Mistero in-forme
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Credo che i collezionisti abbiano dato un enorme contributo
non solo al mercato ma agli stessi artisti…
Queste persone che comprano, che stabiliscono i valori del mercato,
fanno venire a tutti gli altri una gran voglia di emularli.Philip Johnson
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di Roberta Bernabei
CARLA ACCARDI
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opera di Carla Accardi, signora dell’Astrattismo italiano,
si fonda sulla feconda interazione tra segno, superficie, luce e colore, una calligrafia pittorica inconfondibile,
immagini che sono rimaste il suo marchio espressivo attraverso gli anni. Prolifica e vitale, ora come all’inizio
della sua lunga carriera, l’artista appartiene a quella generazione di donne che a partire dagli ultimi anni Qua-
ranta ha decretato la fine dell’emarginazione della creatività femminile. Il percorso artistico della Accardi si
può scandire in periodi piuttosto definiti che si sono succeduti nel tempo: nel 1947 si dedica alla pittura astrat-
ta; nel 1954 il suo linguaggio evolve verso l’arte segnica e la bicromia bianco-nero; nel 1960 recupera il colore;
nel 1964 inizia ad utilizzare la plastica come supporto per le sue opere; nel 1981 torna alla tela.
Il linguaggio segnico della Accardi è vicino per certi aspetti al calligrafismo proprio di alcuni artisti del-
l’Espressionismo astratto americano come Mark Tobey (che viene influenzato dalla conoscenza della calligrafia
cinese e giapponese e, allo stesso modo di Jackson Pollock, dall’arte del gruppo giapponese Gutaï), alla cor-
rente gestuale dell’Informale europeo, e all’opera di artisti come Wols (pseudonimo di Wolfgang Schultze),
Georges Mathieu, Hans Hartung, che la Accardi incontra a Parigi nel 1951. Tale linguaggio diviene da subito
una costante del suo lavoro e una cifra stilistica riconoscibile nei suoi dipinti seppur nelle variazioni che subisce
col passare degli anni. L’analisi di questi segni comporta di fatto un’interpretazione soggettiva che trascende
ogni idea, concetto o raffigurazione oggettiva, in quanto questi tracciati figurativi si identificano e costituiscono
essi stessi l’espressione. Nella pittura della Accardi il tratto, con la sua frammentazione, il suo addensarsi in
galassie segniche dalla binarietà cromatica, diviene così il veicolo principale della conoscenza e della tra-
smissione di contenuti. Fin dalla prima stesura questi segni cromatici appaiono aggrovigliati, quasi un simbolo
esistenziale, parte integrante della vita stessa dell’artista: «Arte e vita per me erano a una distanza parallela,
perché da un lato mitizzavo l’Arte, la consideravo in modo altissimo; dall’altra parte tendevo a smitizzarla,
desideravo scoprire cosa c’era dietro e soprattutto desideravo che le persone non fossero così bloccate da-
vanti all’opera, mi sembrava una posizione troppo automatica, volevo che il pubblico si scuotesse, che amas-
sero l’Arte scoprendo che dietro c’era la vita, capendo che si poteva unire la vita come avevano fatto già in
altre epoche, ma principalmente perché volevo essere contemporanea del mio secolo, della mia epoca, volevo
scoprire cosa fosse la contemporaneità veramente»(1).
Nel panorama dell’arte astratta italiana del secondo dopoguerra la cifra stilistica della Accardi si delinea
subito come un linguaggio che è oggettivazione di un flusso emotivo ma guidato da una struttura visiva che
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Sentire lo scorrere della vita stessa
L’
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denota la concreta operatività dell’artista e le sue fonti d’ispirazione: Balla, Kandinskij, Klee, Mirò, Matisse.
«Ovunque si volga lo sguardo o si scorrano le pagine della complessa grammatica pittorica di Carla Accardi,
non si può non imbattersi nell’importante presenza del segno […]. Vi è la necessità di sperimentare nuovi al-
fabeti segnici, nuovi modelli compositivi, nuove libertà espressive, nuove opportunità tecniche. In questo con-
testo, l’analisi del segno, inteso come elemento primario, cellula staminale di un’origine pittorica ancora
indefinita, è il frutto di un processo pauperistico di spoliazione che riduce l’intera narrazione artistica agli ele-
menti costitutivi, ai dati primigeni […]. È in questo orizzonte di rarefatta sospensione che il segno definisce il
proprio volto che non può essere descrittivo ma, anch’esso, sofisticamente puro, mentale, dunque astratto
[…]. Quasi asettico, distaccato, freddo e inospitale, il luogo originale del segno si illumina e si anima gradual-
mente lungo le tracce di un sussurrato racconto che sembra scombinare un ordine dato e generare un’insu-
bordinazione inattesa. Il monacale ascetismo segnico, in cui si poteva solo intuire la vivace gioia narrativa
nelle sorprendenti volute e nelle improvvise contorsioni del tratto, si dissolve e svapora nel vortice irriverente
di un soffio fantastico che agita e scombina lo spazio scenico. Il segno sussulta, sbanda, s’innervosisce,
libera linee che rincorrono nuove armonie, nuovi ordini, nuovi profili narrativi. Tutto è improvvisamente animato
da una strana e ipnotica energia che esprime una tensione quasi sciamanica, spirituale, profonda, intimamente
istintiva»(2).
Nel 1947 la Accardi firma il Manifesto del gruppo Forma 1 con Ugo Attardi, Pietro Consagra, Piero Dorazio,
Mino Guerrini, Achille Perilli, Antonio Sanfilippo e Giulio Turcato, giovani pittori che si riuniscono in un sodalizio
breve ma vitale che li conduce successivamente all’affermazione nel contesto dell’arte internazionale. Nel
manifesto pubblicato nel 1947 (ma risalente al 15 marzo 1946), questi giovani artisti, accomunati dall’esigenza
di creare un’arte attuale che possa inserire la pittura italiana nel filone della corrente europea contemporanea,
gettano le basi di una poetica comune in cui l’affermazione di un’armonia di forme pure rifiuta ogni nesso di
continuità con la pittura italiana dei vent’anni precedenti, proponendo di tornare a una pittura astratta nella
quale la forma sia un mezzo e insieme un fine. Forma 1 nasce attraverso una serie di eventi – gli incontri dei
giovani artisti nello studio di Renato Guttuso, le lezioni all’Università di Roma di Lionello Venturi e di Giuseppe
Ungaretti, le mostre dedicate all’arte francese che si tengono a Roma a partire dal 1946, i rapporti di amicizia
tra questi artisti ed Enrico Prampolini, Gino Severini, Angelo Maria Ripellino – che orientano le ricerche espres-
sive dei sottoscrittori del manifesto, caratterizzate dal desiderio di sottrarsi alla tirannia della subordinazione
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Il gruppo Forma 1 in una foto del 1947
Nella pagina accanto, Scomposizione,1947, olio su tela, cm 60x45
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dell’arte all’ideologia politica, verso un linguaggio e una realtà innovativi, verso un’aspirazione a un’arte au-
tonoma rispetto all’ambiente culturale romano del tutto ostile nei loro confronti.
Dopo una fase iniziale (una serie di dipinti realizzati nel 1947 e denominati Scomposizione) a partire dal
1954, nelle prime opere di carattere ottico-percettivo, appare un reticolo di segni che fluttuano sulla superficie,
animandola; lo spazio pittorico dell’artista assume una conformazione bidimensionale che suggerisce una
compenetrazione simultanea delle forme (Materico con grigi, 1954; Arciere con terra di Siena, 1954-55;
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Nella pagina accanto: in alto, Scomposizione,1947, olio su tela, cm 34,5x57; in basso, a si-nistra, Scomposizione, 1947, olio su tela, cm65x37, e a destra, Scomposizione, 1947, oliosu tela, cm 40x30
Scomposizione, 1947, olio su tela, cm 34,5x49,5
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Materico con grigi, 1954, olio e smalto su tela,cm 128x158
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A settori, 1956; Labirinto con settori, 1957; Opposizione arancio-turchese, 1960). Sulle tele prolifera un alfabeto
segnico che annulla qualsiasi prospettiva o mimetismo e che si configura in composizioni libere e distese ca-
ratterizzate da una bicromia legata al concetto di positivo/negativo, il quale connota la superficie in un dialogo
serrato tra bianco e nero (Frammenti su bianco, Labirinto negativo, Negativo, Arciere negativo n. 3, Negativo
n. 8, tutte opere realizzate nel 1955). L’artista, interessata alla percezione ottica, ribalta le relazioni tra scrittura
e supporto e colloca su fondi neri fitti segni bianchi, segni-arabeschi che connotano la superficie secondo un
andamento che allude a quel concetto di spazio esistenziale proprio della poetica informale. «In isolamento
– spiega l’artista – ho iniziato a disegnare direttamente per terra, a tracciare dei segni. Però ho usato il bianco
su nero, perché nero su bianco non mi stimolava per la sua ovvietà, per il fatto che l’artista deve avere in quel
particolare momento una sensazione di unicità, di novità che lo spinga. Poi, da quel momento, ho incominciato
a fare dei disegni elaborati da me uno dopo l’altro, che hanno poi prodotto questi segni fortemente differenziati
in bianco e nero. Queste cose le ho fatte subito per terra, e per anni ho dipinto così perché non potevo con-
cepire questo tracciare dei segni legato alla pittura di cavalletto. Ho smesso pochi anni fa di lavorare per
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Arciere con terra di Siena, 1954-55,olio e smalto su tela, cm 97x146
In basso, Opposizione arancio tur-chese, 1960, tempera alla caseina sutela, cm 90x180
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terra. Ho un tavolo adesso, lavoro in maniera più normale. C’era sempre qualcuno che mi domandava come
mai lavorassi così. Appariva, e forse in effetti era, una cosa faticosissima, incredibile […]. Per uno o due anni
ero stata in crisi e non trovavo la mia strada. Appunto nell’isolamento ho cominciato con dei segni senza al-
cuna grazia; poi però proprio dal loro studio è nata tutta una popolazione, una selva, una natura reinventata,
o parallela alla natura delle grandi costruzioni che venivano poi da me sognate, intraviste, quando tornava la
sera nello studio, da sola nella penombra. Allora rivedevo i lavori già fatti “bianchi su nero”, e mi venivano le
fantasie di ingrandire, di allargare, e mi venivano proprio fra il sonno e il lavoro fatto durante la giornata»(3).
Dall’opposizione tra il bianco e il nero che si oggettivizza attraverso ripetizioni e differenziazioni di segni, dalla
proliferazione e dall’intreccio delle forme e dei percorsi lineari, dal pullulare ritmico del tracciato, nasce una
voluta ambiguità percettiva che si perde nel flusso inarrestabile del vocabolario grafico. «Accostare il bianco
e il nero – spiega l’artista – era una maniera di vedere la luce e l’ombra nettamente, il positivo e il negativo,
infatti i miei titoli erano: negativo-positivo, oltre a integrazioni e labirinti»(4).
La vitale libertà grammaticale che anima lo spazio della Accardi a partire dagli anni Cinquanta – non estranea
alle possibilità espressive degli sciami di segni e degli andamenti reticolari di Corrado Cagli come anche degli
ideogrammi criptici di Giuseppe Capogrossi – è legata alla pittura segnica che connota il linguaggio e la sin-
tassi compositiva di altri artisti in Francia, negli Stati Uniti, in Giappone, un ambito di ricerche artistiche di cui
per primo traccia una mappa Michel Tapié, critico d’arte francese, teorico dell’informale. Il termine Informel,
usato per la prima volta in Francia e divenuto caratterizzante soprattutto per l’opera di artisti come Jean Fau-
trier, Jean Dubuffet, Wols, Camille Bryen, Henri Michaux, indica un’arte che abolisce non solo la forma natu-
ralistica, ma anche la determinazione dell’immagine in uno spazio ben definito affermando, attraverso opere
distruttive rispetto ad una qualunque sagoma geometrica o naturalistica, una nuova ontologia. Nel 1937 Michel
Tapié, con Bryen, Noel Arnaud e Jean-François Chabrun, fonda la rivista “Les réverbères”; nel 1946 esordisce
come critico con una monografia dedicata a Jean Dubuffet in occasione della mostra presso la galleria Drouin
di Parigi. Nel 1951 organizza la mostra Véhémences confrontée dove sono accostati astrattisti francesi, italiani
e americani. Il 1952 è un anno importante, in quanto oltre a curare la prima personale di Jackson Pollock in
Francia scrive il libro Un Art autre e organizza una mostra con il medesimo titolo, che include, tra gli altri, di-
pinti di Karel Appel, Alberto Burri, Jean Dubuffet, Jean Fautrier, Willem de Kooning, Jean-Paul Riopelle e
Wols. Il libro di Tapié è determinante perché stabilisce un approccio europeo a ciò che in quegli stessi anni
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Nella pagina precedente: in alto, Cerchio duerossi, 1959, tempera alla caseina su tela, cm105x124; in basso, Labirinto con settori, 1957,tempera alla caseina su tela, cm 133x204
Nella pagina accanto, Negativo n. 8, 1955,tempera alla caseina su tela, cm 120x86
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in America veniva definito Espressionismo Astratto. Michel Tapié introduce il concetto di art informel, un’arte
spontanea, irruenta, irrazionale, insensata nella forma e nella composizione, descrivendo una tendenza nella
pittura dell’Europa del dopoguerra del tutto nuova rispetto a quello che era avvenuto in precedenza. «Il segno
dell’artista informale vorrebbe essere in tutto un segno dell’esistenza, del “qui e adesso” esistenziale; un se-
gno di affermazione nel tempo stesso in cui è anche cancellazione di ciò che sente estraneo od ostile: la so-
cietà, la scienza, la storia, il filo conduttore della cultura storica. Un segno che per molti aspetti è pervaso da
un’oscura tensione regressiva, volta al recupero della primarietà di un gesto che, come atto fisiologico di
azione-reazione, precede ogni categoria della conoscenza, ogni fondata struttura del linguaggio […]. Il segno,
che si vuole non convenzionale, non codificato, proiezione del tutto soggettiva […] si carica di un senso, una
qualità di significazione che necessitano di un codice per essere decifrati. In questo caso l’osservatore,
poiché sono stati messi in crisi i codici abituali, è posto di fronte alla sfasatura che si produce nell’interpretare
l’ampiezza proiettiva tipicamente individuale dell’artista. Siamo dunque, in questa irresolubile ambiguità
espressiva, ad una relativa disarticolazione linguistica e, per traslato, sul piano esistenziale, ad una poetica
dell’incomunicabilità»(5).
Michel Tapié promuove l’arte informale attraverso l’accostamento di artisti europei, americani e giapponesi
quali Tobey, Kline, Sam Francis, Dubuffet, Fautrier, Mathieu, Wols, Hartung, Michaux, Riopelle, Bryen, Pollock,
Capogrossi, Fontana, Burri, la stessa Accardi, Domoto, Arai, Imai, Onishi, Suzuki, Teshigahara e il gruppo
giapponese Gutaï, assicurando con le sue iniziative la conoscenza e la diffusione delle loro opere nell’ambiente
artistico e tra i collezionisti. È proprio la vastità dell’interesse per questi fenomeni artistici che crea sia in Ame-
rica sia in Europa una internazionalità culturale del tutto nuova, premessa alla diffusione dell’informale ovun-
que, perfino a Tokyo. «Il segno (pittorico e scultoreo) diventa l’aspetto preminentemente simbolico dell’opera:
esso affermerà sempre un trasparire o apparire del simbolico (proveniente dall’inconscio e dalla sfera dei sen-
timenti dell’artista, dalle sue intuizioni) dentro il “creaturale” che è l’opera, il prodotto dell’artista. Il segno-
simbolo è la stessa forma simbolica, l’affermazione di un mezzo strumentale onnicomprensivo nel suo
carattere di immagine creata, cioè proveniente dal “nulla creativo” dell’artista, che diviene astrazione, veicolo
di un’idea, autonoma manifestazione dello spirito»(6).
Alcune delle opere della Accardi orientate verso un alfabeto segnico concentrato sulla bicromia bianco/nero,
realizzate direttamente a terra e non più con l’ausilio del cavalletto, colpiscono l’attenzione di Tapié che nel
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Labirinto negativo, 1955, temperaalla caseina su tela, cm 70x110
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1954 le vede esposte alla Galleria L’Asterisco di Roma; da quel momento in poi si fa sostenitore della sua ri-
cerca – promuovono la sua pittura anche il critico Pierre Restany e i galleristi Luciano Pistoi e Gian Tommaso
Liverani – invitandola alle mostre da lui curate in Italia e all’estero. Ricordando questi anni e l’incontro con il
critico francese, la Accardi racconta: «in quel periodo per me fu importante l’incontro con Michel Tapié, lui
amava molto il mio lavoro. Fu una figura magica, quasi carismatica […], era stato chiamato nel ’55 dall’archi-
tetto Luigi Moretti, l’autore dei grandi Propilei dell’EUR. Moretti aveva fondato una rivista, “Spazio”, e aveva
aperto una galleria a Via Emilia, con lo stesso nome […]; Tapié venne a Roma per dirigere questa galleria. Al-
lora, per la prima volta, furono esposte in Italia opere informali. In quel periodo Tapié visitò una collettiva del
nostro gruppo Forma con Capogrossi, organizzata e presentata da Ponente, Tapié trovò nei miei lavori qualche
cosa che in quel momento lo interessava, e venne nello studio»(7). Da quel momento il critico inizia a seguire
con costanza il lavoro dell’artista.
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A destra, Negativo, tempera alla caseinasu tela, cm 90x58
In basso, Frammenti su bianco, 1955, tempera alla caseina su tela, cm 60x120
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Rosso-verde, 1964, tempera alla caseinasu tela, cm 162x114
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A partire dal 1957 e durante gli anni Sessanta i segni della Accardi si infittiscono e appaiono come galassie,
matasse di piccoli frammenti brulicanti che tendono verso il movimento e l’intreccio (Integrazione, 1957-58) e
verso un valore pseudo-semantico: alfabeti immaginari che ricoprono la superficie in contrasti spesso vivaciz-
zati dal ricorso a colori molto accesi che ricordano le parallele esperienze dell’arte Optical (Rossoverde, 1964;
Arancioturchese, 1964; Un mare dʼerba (Composizione), 1964; Rosaverde, 1964; Concentrico blu, 1960; Vio-
larosso (Concilio), 1963; Rosa azzurro, 1964; Cielo grigio rosa, 1964; Stele, 1964; Argento oro 1°, 1964; Argento
oro 2°, 1964; Ororosso*, 1965; Oroblu*, 1965). Attraverso una disposizione eterogenea ma fluida il segno ricopre
tutta la superficie dell’opera ripetendosi in modo incalzante e ritmico come una scrittura indecifrabile. «Per me
c’è un innamoramento del segno – spiega la Accardi – è un percorso che ho fatto attraverso il segno. Il segno
è nato con degli schizzi informi, vent’anni fa e più. Poi io ne ho cavato fuori questi segni, diventati prima delle
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Un mare dʼerba (Composizione), 1964,tempera alla caseina su tela, cm 130x162
In basso, Rosa verde, 1964, temperaalla caseina su tela, cm 194x355
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grandi strutture, poi, distaccati, vivono da soli. Però poi li ho voluti snaturare, ho voluto togliere questa immo-
bilità nel significato, perché questi segni io li ripeto sempre, cambiandoli. Vivono, sono delle presenze, delle
persone, sono delle esistenze vere»(8). La Accardi in questo periodo plasma una scrittura dall’identificazione
impossibile, che allude a un contesto espressivo autonomo, intimo, silenzioso, quasi un codice genetico, raf-
finato e complesso, criptico. Le opere di questo periodo hanno uno stretto nesso con il brulicante mondo pit-
torico di Tobey che a sua volta era stato notevolmente influenzato dalla pratica dell’arte calligrafica della quale
aveva acquisito le basi in Oriente. Esistono delle relazioni dirette tra esponenti dell’Espressionismo Astratto
statunitense e dell’Informale europeo, quali Georges Mathieu, e alcuni artisti giapponesi. In Giappone, a partire
dal 1948, subito dopo la seconda guerra mondiale, i calligrafi Shiryû Morita e Yûichi Inoue di Kyoto, che scri-
vono in riviste specializzate come “Bokubi” (Estetica dell’inchiostro) e “Bokujin” (L’uomo dell’inchiostro), co-
minciano a lavorare con l’inchiostro di china su forme astratte ispirate agli ideogrammi. Nel 1951, Saburô
Hasegawa presenta su “Bokubi” alcuni pittori occidentali, tra cui Franz Kline, Pierre Tal-Coat e Mark Tobey, e
pensa di stringere relazioni con loro. Intensi sono inoltre i rapporti tra Tapié e gli esponenti del Gutaï, conosciuto
e apprezzato anche da Jackson Pollock. È proprio attraverso tali contaminazioni che, nel corso della prima
metà degli anni Cinquanta, nasce in Giappone una calligrafia astratta, che non rappresenta dei caratteri con
un significato letterale, ma si propone come una manifestazione essenzialmente soggettiva.
Mark Tobey, instancabile viaggiatore, attraverso l’amicizia con il pittore cinese Teng Kuei, si avvicina alla
spiritualità estremo-orientale e allo studio della pittura e della calligrafia cinese. Tobey viaggia in Cina e in
Giappone, vive per un mese in un monastero Zen nei dintorni di Kyoto, approfondendo lo studio della calli-
grafia e della pittura orientale: l’anno dopo inizia a dipingere la serie dei suoi dipinti White Writing (scrittura
bianca), in cui la luce si materializza in una fine calligrafia, i quali vengono esposti per la prima volta nel 1944
alla Willard Gallery di New York. In armonia con i principi Zen, Tobey, attraverso una personale ricerca incen-
trata sui valori autonomamente espressivi del segno, elabora una pittura in cui le componenti automatico-
gestuali assumono valori conoscitivi e di meditazione sulla realtà. La sua pittura essenzialmente segnica, che
è ascrivibile, pur nella sua peculiarità, all’area segnico-gestuale dell’Action Painting, è molto vicina alle posizioni
di numerosi esponenti della corrente informale europea, come Wols, Mathieu, Hartung: le loro opere, secondo
Tapié, rientrano nella corrente dell’art autre o informel, e vanno contro le nozioni tradizionali di bellezza, forma,
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MONOGRAFIA ACCARDI_gabbiarte 17/01/13 16.19 Pagina 22
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Nella pagina accanto, Cerchio e quadrato,1960, tempera alla caseina su tela, cm80x190
Concentrico blu, 1960, tempera alla caseinasu tela, cm 176x203
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spazio, estetica, sono creazioni in-formali che esistono oltre queste nozioni essendone totalmente indifferenti,
come ignorandole del tutto, come se esse non fossero mai esistite.
La matrice multiculturale delle opere della Accardi a partire dagli anni Sessanta, costante fissa nel suo
lavoro attraverso il tempo e le diverse fasi del suo lavoro, è evidente: i suoi segni-simboli che si ripetono con
una sicurezza e una armonia di grande eleganza appaiono molto affini agli alfabeti e agli ideogrammi delle
scritture arabe ed estremorientali, ma anche all’opera di altri artisti che operano in questo ambito espressivo,
come gli americani Bradley Walker Tomlin e, per certi aspetti, Adolph Gottlieb. «Dal 1954 la presenza del bian-
co sul nero, o della caseina distesa piatta a formare un segno, serve ad enfatizzare ciò che unisce e distingue
i contrari. Il bianco è un soggetto che si muove in un territorio opposto, il nero. Pertanto non siamo ad una
contrapposizione, ma ad una presenza che tende a staccarsi, a dichiarare la sua individualità, quasi a dimo-
strare che il negativo del fotografo è linguaggio quanto il positivo […]. La pittura della Accardi, fino al 1957, è
veicolo di identità e di differenza. Tenta di mediare il suo esserci rispetto alla totalità di un universo compatto
e omogeneo. Pertanto i segni si devono intendere come catene decisionali, strumenti di trasporto nello spazio
e nel tempo. Essi si muovono come uno strano animale immaginario, sia nel senso della storia, sia del destino,
sono magmi che parlano di un’identità che è differenza [...]. Il loro è un fluttuare esteso, orientato verso la tra-
sformazione delle forme e dei colori, secondo una linea continua e avvolgente. Sono segni che scivolano,
trasportati da una spontaneità controllata, quasi un’elegia visuale, in cui i colori quanto le forme si apparten-
gono, perché provocanti l’uno rispetto dell’altro […]. Assolto il suo ruolo dirompente, il colore ritorna con la
sua appetenza sostanziale, è un desiderio primario […]. È chiaro che partecipando di una cultura gestuale e
ante-pop, la riduzione e la scarnificazione del segno in emblema e logo di Accardi è una ricerca di un itinerario
intermedio, che faccia salva la forza del segno senza renderlo asfittico e impersonale […]. L’intreccio si fa fa-
bula, una trama svariata che forma una scacchiera narrativa, in cui i diversi motivi corrispondono alle molteplici
esigenze del pensare e del sentire. Aver ritrovato un medesimo che dimostra una capacità di risveglio fanta-
stico invita l’artista a equilibrare la vivacità leggera del flusso dei segni, trovando una complicità letteraria nei
titoli che si associano ad una naturalità ambientale, come illuminazioni intermittenti su un materiale astratto»(9).
I segni autoreferenziali che connotano le opere della Accardi, che nel 1964 espone in una sala personale
alla Biennale di Venezia introdotta in catalogo da Carla Lonzi, si affrontano, si sovrappongono, si susseguono
generando svariate e mutevoli soluzioni compositive, aperte a molteplici interpretazioni. Nel corso degli anni
Nella pagina accanto, Striscia votiva, 1964,tempera alla caseina su tela, cm 195x162
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Sessanta l’artista sente forte l’attrazione e l’affinità con l’astrazione radicale americana, in particolar modo
con l’esigenza di andare oltre il formato codificato del quadro, aprendosi verso lo spazio. La pittura degli sta-
tunitensi Frank Stella, Ellsworth Kelly, Robert Mangold, oltre a superare il concetto tradizionale di supporto,
è orientata intorno al monocromo inteso come immagine assoluta e irrimediabilmente lontana dal mondo em-
pirico: i riferimenti vanno da Kasimir Malevic ad esponenti della corrente americana del Colour Field Painting
come Barnett Newman, e comprendono anche l’opera di artisti come Ad Reinhardt, considerato un anticipa-
tore dell’arte Minimal e Concettuale, sostenitore di un astrattismo che rappresenta una mediazione tra il geo-
metrismo e la libertà vitalistica e istintiva del colore. Per Reinhardt l’arte è arte e niente altro, e per questo
deve essere più pura, più vuota, più assoluta, più non-oggettiva, non-rappresentativa, affermando che il solo
e unico modo per dire cos’è l’arte astratta, o l’arte-per-l’arte, è quello di dire cosa essa non è. «Ridiscutere il
monocromo ha significato nella pittura europea e americana del secondo dopoguerra porre l’empiria nell’as-
soluto, ritornare dal cielo alla terra, e porre nel quadro ciò che esso nega, lo spazio fenomenico. Nel corpo
stesso della sua negazione, come dal 1947 insegna Fontana, lo spazio destruttura il quadro e questo si espan-
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Ororosso*, 1965, tempera alla caseina su tela,cm 190x219,5
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de, virtualmente o realmente, nel qui-e-ora, nello spazio e nel tempo empirici. È evidentemente questa fami-
liarità che Accardi riconosce. I suoi quadri presuppongono lo spazio e il tempo reali come loro compimento
[…]. Per sua intrinseca necessità, per far luogo alla luce, l’opera subisce una sorta di mutazione genetica
compiuta dall’interno dei suoi codici. La mutazione riguarda la materialità del supporto, la tela, che viene so-
stituita dal foglio di sicofoil, la plastica trasparente, e il telaio, che resosi visibile interviene attivamente nel
processo di significazione. E riguarda la natura del segno, che subisce un processo conseguente, quello della
progressiva perdita di individualità che lo trasforma in tratto anonimo, segmento curvilineo steso col gesto
meccanico della ripetizione»(10).
In questi anni la Accardi muta nuovamente il suo linguaggio espressivo e amplia progressivamente la propria
gamma cromatica abbandonando l’uso della tempera a caseina a favore di colori a smalto applicati su un
materiale sintetico, il sicofoil, con i quali dà vita a composizioni plastico-pittoriche dal carattere fortemente
ambientale: tra queste i Rotoli – i primi vengono presentati nel 1965 alla Galleria Notizie a Torino, alla IX Qua-
driennale e nell’esposizione Opere del ʼ60 alla Galleria La Salita di Roma – e le Tende. La prima della serie,
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Oroblu*, 1965, tempera alla caseina su tela,cm 190x219,5
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Alle pagine precedenti, Rotoli, 1965-69, instal-lazione composta di elementi cilindrici dipinticon vernice su sicofoil
Nella pagina accanto, Tenda, 1965-66, vernicesu sicofoil, cm 215x220x140; qui sotto, lʼoperaesposta alla mostra Ambiente-Arte, Biennale diVenezia, 1976, insieme a Cow space di AndyWarhol
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eseguita nel 1965 ed esposta sempre alla Galleria Notizie di Torino l’anno successivo, è seguita dalla Triplice
tenda realizzata nel 1969-1971 e poi presentata nel 1971 alla Galleria Editalia a Roma e nel 1976 alla Biennale
di Venezia. Questo orientamento spaziale ed installativo è evidente anche nell’Ambiente arancio che risale al
1966-68 (esposto nel 1968 alla Galleria Marlborough di Roma) e nella serie dei Lenzuoli concepiti nei primi
anni Settanta. La serialità ottenuta dal costante e monotono ripetersi del segno che si affolla in trame che ri-
coprono ampie superfici (Due azzurri su oro, 1966; Rombi, 1967; Rossoverde, 1967; Biancoarancio, 1967;
Biancobianco, 1968), opere spesso create dal sovrapporsi di fogli trasparenti di sicofoil connotati da un fitto
affastellarsi di segni che si estendono fino ai limiti del campo pittorico, creando un’interazione tra la superficie
e lo sfondo che si intravede all’interno di un lucido motivo strutturale (Grigio volo concentrico, 1972; Grigionero,
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Nella pagina accanto: in alto a sinistra, Mar-rone, 1974, vernice su sicofoil, cm 116x116, e a destra, Blu, 1974, vernice su sicofoil, cm 80x80; in basso, Grigio*, 1975, vernice susicofoil, cm 100x160
Ambiente arancio, 1966-68, installazione divari elementi trattati con vernice su sicofoil
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1972), crea un effetto di instabilità ottica, quasi una vertigine percettiva, alludendo ad una sorta di horror vacui
amplificato spesso anche dal contrasto simultaneo di diversi colori. «Quando io sono passata poi dai colori
netti alle plastiche – racconta l’artista – per me è stata sempre la stessa tensione verso la luce. Perché, dato
che i quadri su tela emanavano un bagliore e un lampo, ho fatto un altro passo ancora, usando un materiale
pieno di brillantezza e lavorandoci sopra con tinte fluorescenti […]. Poi c’è stata tutta l’ondata del segno ano-
nimo, e della pittura analitica che io ho preceduto»(11).
La Accardi utilizza in questo periodo il sicofoil sia in dipinti con segni che si fanno più ampi e decisi (Blu,
1974; Marrone, 1974; Marrone*, 1974; Grande rosso scuro, 1974; Grigio*, 1975), sia in sculture (Quattro trapezi
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Nella pagina accanto: in alto,Dimenticare mettersi in salvo,1978, sicofoil su legno dipinto,quattro elementi triangolari, cm280x180x200 ognuno; in basso,Catasta, 1979, sicofoil su legnodipinto, otto elementi quadrati didimensioni varie
Paravento, 1972, vernice su si-cofoil, cinque elementi rettango-lari, cm 94x60 ognuno; in basso,Coni, 2004, maiolica dipinta inpolicromia con finiture a terzofuoco in oro e platino, sei elemntidi cm 157x80 ognuno
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verdi, 1978; Dimenticare mettersi in salvo, 1978; Catasta, 1979). Oggetti come cilindri, pavimenti, tende –
l’ispirazione per le tende le venne dalle tende turche legate al concetto di nomadismo – servono per amplifi-
care, come lei stessa afferma, la luce, in quanto questi fogli di materiale traslucido sono in grado di filtrare e
catturare l’irradiazione luminosa comprendendola nell’opera stessa; tali strutture inoltre, essendo trasparenti,
inglobano immagini che fanno parte dell’ambiente in cui sono inserite, innestando con lo spazio circostante
nuovi rapporti ed inedite letture. Come la stessa artista ha affermato, l’uso del sicofoil le permette di inglobare
nell’opera la luce ma anche di rendere fluido e continuo il rapporto con l’ambiente, anche per togliere alla
creazione artistica stessa il valore di totem. Tali lavori (Tenda, 1965-66; Rotoli, 1965-69; Cilindrocono, 1972;
Triplice tenda, 1969-71; Paravento, 1972; Coni, 2004), che si definiscono nel contrasto dialettico tra colore e
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Nella pagina accanto, Brillavano un momento 3,1986, vinilico su tela, cm 135x100
Turbine di suono (part.), 1987, vinilico su tela,cm 150x110; in basso, Ogni più preziosaastrazione (part.), vinilico su tela, cm 150x205
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luce, superficie e volume, sono proiezioni verso la tridimensionalità che rappresentano un’integrazione tra la
pittura e l’architettura.
Negli anni Ottanta l’artista recupera gradatamente la struttura pittorica tradizionale e l’uso di una gamma
cromatica più ampia ed articolata che, negli ultimi anni, è divenuta vivace e accesa. I segni, che si stagliano
sulla fertile ambiguità del fondo, hanno assunto una nuova connotazione e sono diventati macroscopici, si
sono dilatati sulla tela spesso lasciata a vista: il supporto grezzo, che esibisce la sua piena materialità, diviene
in queste opere parte integrante del quadro (Ogni più preziosa astrazione, 1986; Brillavano un momento 3,
1986; Grande dittico, 1986; Turbine di suono, 1986; Pieno giorno (Veduta), 1987; Per lʼinfinito lo scirocco,
1987; Animale immaginario 1, 1987; Il bacio della donna ragno, 1987; Millenaria, 1987). «Tali dipinti si offrono
per la loro energia vacillante, non assoluta né scontata. All’interno dell’armatura dei segni rimane il mistero di
uno scompiglio, dovuto all’incidente e al rischio di un marcare legato alla terminazione nervosa di una natu-
ralità manuale che accetta la mossa inconsapevole del gesto sulla pennellata, quanto l’azzardo della forma
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aperta e tratteggiata. È un ulteriore aprirsi alla trasparenza, solo che in questo caso non è legata alla luce
esterna, ma alla luce interna del quadro, al suo animo, che è giallo o blu, e come la linfa che percorre il sistema
nervoso, pervade il corpo del segno, lo alimenta e lo sostiene. Entrambi vivono lo stesso destino, quello di
un’identità che ha sempre inteso esprimersi nel tragitto verso una condizione autonoma e diversa»(12).
Negli ultimi anni la Accardi, in opere sovente di grandi dimensioni (Si dividono invano, 2006), nelle quali si
riscontrano analogie con i vitalistici segni cromatici di Keith Haring, ha intensificato i contrasti e i toni dei
colori, spesso decisamente squillanti (Curve verdi su nero, 2008; Immediatamente rosso, 2008; Grigio azzurro
abbaglio, 2010; Sole annuvolato, 2011; Bianca ombra, 2012), e ha ritratto il suo universo sempre in bilico tra
ritmo e armonia, memoria e fantasia, tra segno e superficie. «I segni tornano ad essere definiti come groviglio
e proliferazione dinamica, la superficie è di nuovo un campo di scorrimento energetico potenzialmente espan-
so all’infinito, e il colore […] è sempre squillante e felicemente “artificiale”. La superficie stessa, una volta ri-
confermata, viene ancora trasgredita nel suo postulato di integrità, perché si dà spesso come insieme […]
ma ora è soprattutto il colore che reca la “legge della terra”, la pluralità che sottrae l’opera al dominio del me-
desimo rompendone l’unità. Piani di colore diversi costruiscono spazialità virtuali e si relazionano per conti-
guità o sovrapposizioni; zone cromaticamente differenti spezzano il piano in porzioni geometriche distinte, o
si sovrappongono in modo casuale sull’intrico dei segni complicandone la percezione»(13). È ancora l’ambiguità
percettiva e semantica dei suoi grovigli inestricabili a giocare un ruolo primario nelle composizioni recenti di
Carla Accardi, anche se l’armonia sottesa a ogni gioco di rimandi e al dialogo tra segno e superficie appare
ancora il leitmotiv della sua poetica, il tema inesauribile della sua arte.
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(1) Carla Accardi. Spazio ritmo colore, catalogodella mostra (Roma), a cura di P.P. Pancotto, Pi-stoia 2011, p. 7.
(2) D. Eccher, Carla Accardi, in Carla Accardi, ca-talogo della mostra (Roma), Milano 2004, p. 21.
(3) M. Calvesi, M. Volpi, Intervista a Carla Accardi,in S. Lux (a cura di), Al Vivo 2. Generazioni a con-fronto: comunicazioni di lavoro di artisti contem-poranei, Atti del 2° Convegno di Comunicazionidi Artisti Contemporanei (Roma 1983), Roma1984, p. 74.
(4) Ibidem, p. 75.
(5) C. Spadoni, Le poetiche del segno e della ma-teria, in Lʼinformale in Italia. Mostra dedicata aFrancesco Arcangeli, catalogo della mostra (Bolo-gna), Milano 1983, pp. 52-53.
(6) M. Lorandi, Segno-signaculum-sigillo, in Il se-gno della pittura e della scultura, catalogo dellamostra (Milano), Milano 1983, p. 14.
(7) M. Calvesi, M. Volpi, cit., p. 74.
(8) Ibidem, p. 75.
(9) G. Celant, Carla Accardi, Milano 2001, pp. 39-45.
(10) G. Verzotti, Autonomo, reciproco, in Carla Accar-di, catalogo della mostra (Castello di Rivoli, Torino),a cura di I. Giannelli e G. Verzotti, Milano 1994, p. 23.
(11) M. Calvesi, M. Volpi, cit., p. 75.
(12) G. Celant, cit., p. 55.
(13) G. Verzotti, cit., p. 26.
Nella pagina accanto, Per lʼinfinito lo scirocco,1987, vinilico su tela, cm 158x158
Sole annuvolato, 2011, vinilico su tela, cm200x280
NOTE
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Il titolo di quest’opera di Carla Accardi si ispira, quasi in un dialogo silenzioso e allusivo, a una poesia scritta
dal poeta Valentino Zeichen e dedicata proprio all’artista siciliana, dal titolo A Carla Accardi. Come il genio
equanime di Noè inventò il Naturalismo pittorico e lʼArte Astratta. Ecco il testo(1):
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L’Arte incontra l’Arte
I
L’arte del Naturalismo generò
i cicli dell’imitazione
del campionario della giungla
imbarcato nell’Arca di Noè.
Da quel pittoresco bestiario
sarebbero discese le serie
dei futuri neonaturalismi
per mano degli artisti.
I compromettenti fossili
delle specie preistoriche
vennero occultati dal tabù
antievoluzionistico.
Grazie al Neorealismo
scattò un istantaneo mandato
di cattura fotografica
delle immagini gradite
all’ideologia neorealista,
colte nelle dolenti realtà sociali.
II
Scultori muscolosi, ideologi,
pretesero da Carla chiarimenti,
incluso il luogo di provenienza
e strabiliarono nel sentire
la sua mirabile risposta:
“Sbarco dall’Arcadia”.
C’era la verosimile assonanza
col suo nome: Accardi,
ma lei era un’arcade ribelle.
III
L’Arca ospitava lo zoo della genesi
e la poetica del Naturalismo.
Pur senza avvedersene, oltre
ai grandi esemplari animali,
Noè aveva imbarcato i loro
parassiti, i vispi microrganismi:
insetti, batteri, virus; tutte
le meraviglie della creazione,
che soltanto l’Arte Astratta
coll’occhio al microscopio,
avrebbe saputo ingrandire e
proiettare sui muri di tela.
IV
Si smarrivano nei dubbi
i curiosi dell’assoluto
divenuto relativismo storico.
V
“Forma 1” non era quella divina
sebbene a lei numericamente vicina,
là dove s’informa il mistero informe
che transita confondendo le sue
improbabili configurazioni.
VI
In questo gioco dell’oca
la freccia indicava al paleontologo
il viaggio a ritroso, attraverso
il cordone ombelicale delle
stazioni della filogenesi,
fino alla stanza dei giochi dell’Arca;
mentre il gesto atletico
del salto in alto poetico
era la quota dell’ispirazione.
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L’amicizia tra l’artista e il poeta che ha definito Carla Accardi «errabonda esploratrice di cosmiche armonie
nascoste nel segno e nel colore, negli spazi insondati del visibile e dell’invisibile»(2) è più che ventennale: alla
base del legame tra i due c’è una stima reciproca consolidata nel tempo anche grazie alla scelta di lei di usare
spesso versi del poeta come titoli delle sue opere. «Il nostro è un incontro stilistico – rivela il poeta – io ritengo
Carla una maestra della forma, sa dare ritmo e forma alle opere, un dato questo fondamentale dell’astrazione,
nell’opera d’arte astratta; lei ha saputo dare ritmo alla forma e al colore. Io ho scritto per lei un pezzo in cui
sono andato alla ricerca dei fondamenti dell’astrazione»(3).
Il poeta – il cui nome, casualmente, in tedesco significa proprio segno – e l’artista, la parola e l’immagine,
insieme sono una sinergia che sintetizza al meglio la fusione di due espressioni artistiche apparentemente
opposte, ma entrambe tese a esprimere e a rendere completi i messaggi culturali, due fenomenologie artisti-
che che si incontrano a metà strada tra pittura e poesia. Pittura e poesia: un sodalizio che affonda le sue
radici in un passato lontano. La celebre locuzione latina Ut pictura poesis, che significa “come nella pittura
così nella poesia” e quindi “la poesia è come un quadro” o “un quadro è come una poesia”, appare del tutto
pertinente da citare in questo contesto di affiatamento tra l’artista e il poeta. Il celebre motto è comunemente
usato infatti per evidenziare che tra le due arti vi è una stretta relazione: questo rapporto venne riconosciuto
nel mondo romano da Orazio, nei versi dell’Epistula ad Pisones, meglio nota come Ars poetica. Esempio di
perfetto connubio tra poesia e pittura è il noto passo omerico tratto dal canto XVIII dell’Iliade (vv. 667 ss.), in
cui viene descritto lo scudo di Achille, fatto forgiare dal dio Vulcano per volere di sua madre Teti. Attraverso
la descrizione precisa e dettagliata dello scudo del Pelide, il poeta Omero si dimostra un artista che traduce
perfettamente in parole un’immagine plastica.
Tale felice connubio, che attraversa i secoli, viene dunque riproposto anche dalla poesia di Zeichen e dalla
pittura dell’Accardi, in un contesto di sintonia espressiva di grande significato per entrambi(4). Il rapporto tra
Zeichen e la Accardi si è arricchito nel tempo di molte collaborazioni, come in Armonie, volume edito da Ar-
noldo Mondadori e RAM Radioartemobile per la collana “Le Arti”: un libro d’artista nel quale il poeta s’interroga
sull’armonico legame tra creazione, arte e natura attraverso la metafora dell’Arca di Noè, pittoresco bestiario
composto non solo da tutti i grandi esemplari del genere animale, ma anche da parassiti, microrganismi, in-
setti, batteri, virus, quelle meraviglie dell’incredibile che l’arte astratta dei successivi millenni ha saputo tra-
sfigurare in pittura, come accade, secondo Zeichen, nelle opere di Carla Accardi.
Nella pagina dʼapertura, Carla Accardi ritrattada Ugo Mulas nel suo studio di via del Ba-buino a Roma, 1966
Nella pagina accanto e in quelle successive,alcuni momenti della lavorazione dellʼoperaMistero in-forme nel laboratorio Litografiadʼarte di Romolo e Rosalba Bulla
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La sua arte, sempre alla ricerca di un’armonia di forme pure realizzate attraverso i mezzi espressivi del co-
lore, del disegno, delle masse plastiche, è connotata da una sistematica ricerca ed esaltazione del segno-
colore la quale, come in Mistero in-forme, definisce lo spazio pittorico che spesso si identifica, anche dal
punto di vista del supporto, nella natura stessa delle forme. Questo lavoro nasce dal dialogo e dalla compo-
sizione di sagome curvilinee diverse, sia dal punto di vista della forma sia da quello del colore. La Accardi ha
isolato alcuni segni e li ha fermati su un cartone-supporto che ha sagomato e colorato di viola, al quale sono
stati applicati, con la tecnica dei collage colorati, due forme rosse. L’artista ha interrotto il flusso esuberante
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dei suoi segni-colore e ha estratto dal proprio vocabolario stilistico una forma sulla quale si è depositata una
traccia cromatica in un insieme bidimensionale che connota lo spazio con il suo ritmo. «La nozione di campo
nella sua attendibilità scientifica – scrive il critico Achille Bonito Oliva – permette una fluttuazione dello spazio,
un respiro della superficie che si distribuisce con una mobilità interna a seconda della dinamica, dell’acco-
stamento e della disseminazione dei segni. Essi vibrano in una dimensione che oscilla senza che sia possibile
indicare un centro e una periferia, che avrebbero bisogno di una staticità definitoria. La bidimensionalità per-
mette al campo di scorrere continuamente nella potenzialità dei nessi, nella loro flessibilità formale. Accardi
asseconda dunque la mobile nozione di campo, azzerando la profondità spaziale e portando il linguaggio
adoperato nella condizione proliferante di uno stato organico, dove il segno si attorciglia, si snoda, si sposta
fuori da ogni paralizzante geometria. Ora non esiste il vicino e il lontano, il fondo e il primo piano ma una com-
penetrazione simultanea dell’insieme […]. L’ambiguità della visione è data dal ritmo organico dei segni che
seguono un movimento imprevedibile e nello stesso tempo costante […]. Un movimento a togliere regola la
mano dell’artista e anche il movimento della contemplazione dell’opera che si presenta nell’ambiguità di un
intreccio cromatico, da cui non è dato cogliere se non la continua intersecazione e anche il sospetto che i
segni siano una risultante di un ritaglio dello spazio e lo spazio la conseguenza di un percorso irregolare dei
segni. Dunque la stessa contemplazione è regolata da questo movimento a togliere, dalla sensazione instabile
di un continuo attraversamento dei due elementi che toglie loro unità ed interezza […]. Il togliere non presup-
pone una perdita definitiva, bensì una momentanea sottrazione, una discontinuità della presenza segnica,
che ribadisce la qualità specifica della nozione di campo, presa nell’accezione di un suo continuo funziona-
mento dinamico»(5).
L’artista, che ha scoperto giovanissima, a Parigi, nel 1946, la via dell’astrazione, ha iniziato negli anni Cin-
quanta la sua ricerca nell’ambito del segno, un segno che non trova facile collocazione in una formula. «Negli
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anni Cinquanta – come lei stessa spiega – era un segno essenziale, poi strutturale. Il segno è un elemento
che è parte dell’universo. Non ricordo bene l’anno ma credo fosse intorno al 1952. Avevo avuto un anno di
crisi, credevo di non poter far più niente nella pittura. Mi ero isolata e ho cominciato a disegnare direttamente
per terra. Tracciavo dei segni. Ho usato il bianco sul nero, mi stimolava, mi sembrava qualcosa di unico. Da
quel momento ho cominciato a fare dei disegni uno sull’altro che hanno prodotto segni fortemente differenziati.
All’inizio non c’era molta grazia. Ma dal loro studio è nata una popolazione, una selva, una natura reinventata,
quasi delle costruzioni giganti che sognavo la notte. Ogni giorno rivedevo i lavori. Ma il segno non è solo uno
sfogo dell’inconscio. È espressione artistica e linguaggio. Un segno esiste in rapporto ad altri dal momento
che forma con essi una struttura. Il mio scopo è di rappresentare l’impulso vitale che è nel mondo»(6). Que-
st’opera dal titolo Mistero in-forme rappresenta l’esito di un lungo processo creativo che si è evoluto nel con-
testo di una pittura orientata verso proposizioni segniche arcane che dilagano ubiquitariamente sull’intera
superficie del supporto in una sorta di smarrimento percettivo. «Dirò subito che comincio con il porre lo spet-
tatore di fronte a una lettura instabile e precaria – avverte la Accardi – dovrà abbandonarsi senza reticenze a
una specie di stato ipnotico e sospeso nello stesso tempo, in cui esso potrà sentire lo scorrere della vita stes-
sa, in quel gioco visivo ambiguo e indefinito»(7). La superficie del supporto viola, modellato esso stesso, la cui
forma appare quale affioramento evocativo di un brano pittorico colorato, un’entità primaria colta nel fluire
continuo della creazione, è connotata e attraversata da due aree rosse che appaiono nella loro evidenza cro-
matica quali segnali dell’atlante poetico-segnico dell’artista.
Trovata la combinazione perfetta tra forme e colori, la trasformazione seriale dell’opera è stata affidata alle
mani esperte di Romolo e Rosalba Bulla, discendenti di una famiglia franco-elvetica di editori d’arte con una
illustre tradizione alle spalle. I due stampatori, nel loro studio a due passi da via di Ripetta, non lontano dal
luogo dove lo stesso Antonio Canova aveva il suo studio, hanno seguito passo passo le indicazioni dell’artista,
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Lʼartista con lo stampatore Romolo Bulla firmala tiratura di Mistero in-forme, 2012
Mistero in-forme, 2012, collage a due colori sucartone Canson, cm 35x80, spessore mm 6,tiratura complessiva 75 esemplari di cui 60numerati in numeri arabi, 10 in numeri romani,5 H.C.
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hanno creato la matrice sagomata
di cartone Canson, l’hanno colorata a mano in
modo uniforme con il viola scelto dall’artista poi hanno realiz-
zato le altre forme con il rosso. I due fratelli, che da decenni lavorano fianco
a fianco nella stamperia ereditata dal padre, hanno con cura atteso che entrambe le sagome
si fossero asciugate; quindi le hanno prese e hanno fatto aderire i due diversi elementi del collage ottenendo
l’opera completa che rappresenta un dialogo serrato e vitalistico di segni astratti. L’opera della Accardi si ri-
solve in superficie, non desidera imitare il mondo ma trasfigurarlo nel suo linguaggio, senza il ricorso all’illu-
sorietà della profondità praticabile. All’artista serve invece che i limiti fisici del supporto «non vincolino la
danza dei segni, non la costringano ad isolare un’unica emozione; così ogni sua opera, per quanto calibrata
al suo interno nel rapporti spaziali, richiama misteriosamente attorno a sé la memoria delle altre, di quelle re-
almente eseguite come di quelle ancora possibili – scrive Fabrizio D’Amico – mi è sempre accaduto di pensare
alla pittura della Accardi come a qualcosa che, pur stando ben dentro il tessuto linguistico della nostra arte
migliore, sia capace di inondarsi ancora della mediterranea solarità della sua terra siciliana: riprendendone
l’antico trasporto verso la grande decorazione, quella che non si contenta di raccontare una storia, ma pre-
sume di poter reinventare il mondo in arabeschi, colori, calligrafie infinite»(8). La morfologia di quest’opera del-
l’Accardi dunque ferma il flusso inafferrabile dell’intera dinamicità delle sue immagini, annulla la continuità
del ritmo cristallizzando con efficacia la sintesi di alcuni frammenti di segni in un dialogo connotato da una
vivace cromia fastosamente matissiana, una variazione riconoscibile di temi e modi che appartengono al suo
lungo percorso d’artista.
51
1) La poesia è stata pubblicata in V. Zeichen, Casadi rieducazione, Milano 2011.
(2) Intervista al poeta Valentino Zeichen pubblicatail 19 febbraio 2011 sul sito: www.fattitaliani.it
(3) Cfr. nota precedente.
(4) In occasione della mostra Carla Accardi. Spa-zio, ritmo, colore, allestita presso il Museo Carlo
Bilotti a Roma, il giorno 20 febbraio 2011 si è te-nuto l’evento: “Carla Accardi e Valentino Zeichen.Letture e assaggi sonori”. La lettura di testi di Zei-chen dedicati all’arte della Accardi è stata accom-pagnata da “assaggi sonori” del compositoreRiccardo Giagni.
(5) A. Bonito Oliva (a cura di), Carla Accardi. LʼArte:il campo del togliere, catalogo della mostra (Ro-ma), Roma 1982, p. 6 e ss.
(6) La vita non è arte. Lʼarte è vita, P. Vagheggi inter-vista C. Accardi, in Carla Accardi, catalogo della mo-stra (Roma) a cura di D. Eccher, Milano 2004, p. 117.
(7) V. Bramanti, Conversazione con Carla Accardi(Roma 29 novembre 1982), in Carla Accardi, Ra-venna 1983, pp. 83-84.
(8) F. D’Amico, Quei segni ballerini, in “La Repub-blica”, 04-01-1987, p. 28.
NOTE
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arla Accardi, fra i massimi esponenti dell’astrattismo italiano, nasce a Trapani nel 1924.
Dopo la maturità classica consegue da privatista nel 1943 la maturità artistica, per seguire poi i corsi all’Ac-
cademia di Belle Arti di Palermo e di Firenze. Nella città toscana incontra Antonio Sanfilippo, e visto che i
corsi dell’Accademia la deludono si reca spesso al Convento di San Marco per copiare gli affreschi del Beato
Angelico. Nel 1946 con Sanfilippo parte per Roma dove conosce Giulio Turcato e Pietro Consagra: questi ar-
tisti si riuniscono nello studio di quest’ultimo che è ospite di Renato Guttuso. Agli incontri partecipano anche
Achille Perilli, Piero Dorazio e Lorenzo Guerrini. Gino Severini, in visita nello studio, ammira il lavoro della gio-
vane artista. Le ricerche espressive della Accardi di questi anni sono vicine al cubismo di Braque e di Picasso
in mostra in quell’anno alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Sempre nel 1946 con Sanfilippo,
Consagra e Ugo Attardi parte per Parigi, dove visita il Musée de l’Homme e la sua collezione d’arte africana.
Il 15 marzo 1947 firma con Sanfilippo, Attardi, Consagra, Perilli, Turcato, Dorazio e Guerrini il Manifesto del
gruppo Forma 1 che viene pubblicato in aprile nel primo numero della rivista “Forma”. Il gruppo, attivo a
Roma nell’ambito della ricerca astratta, elabora un manifesto formalista nel quale viene affermato come fine
dell’arte la ricerca di un’armonia di forme pure realizzabile attraverso i mezzi espressivi del colore, del disegno,
delle masse plastiche. Il gruppo, che propone un linguaggio non figurativo, fatto puramente di forme, rifiutando
ogni nesso di continuità con la pittura italiana dei venti anni precedenti, sorpassandola e tornando al filone
dell’astrattismo, è sostenuto da Severini e da Prampolini, presidente dell’Art Club di Roma. Guttuso si dimo-
stra ostile al gruppo, che si è dichiarato astrattista e formalista, e i giovani artisti iniziano ad avere problemi
con il Partito Comunista – di cui i partecipanti fanno parte – che non approva minimamente la scelta, giudicata
politicamente disimpegnata, di non fare arte figurativa. Il gruppo Forma 1 anticipa, seppur di poco, l’analogo
fenomeno milanese del MAC (Movimento Arte Concreta), promosso da critici e pittori già maturi e attivi nel-
l’anteguerra, e inoltre, grazie alla conoscenza del critico letterario Angelo Maria Ripellino, si aggiorna sulle vi-
cende dell’avanguardia russa.
Nel 1948 la Accardi espone alla XXIV Biennale di Venezia dove presenta Composizione; l’anno seguente
partecipa alla III Mostra Annuale dell’Art Club alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, sposa Antonio
Sanfilippo e conosce Pablo Picasso a casa di Luchino Visconti. Nel 1950 Perilli e Dorazio aprono la galleria-
libreria Age d’Or in Via del Babuino: è qui che la Accardi tiene la sua prima personale esponendo quindici
tempere. Nel testo di presentazione della mostra Turcato scrive: «Queste piccole tempere di Carla Accardi
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Carla Accardi
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sono la sua ultima produzione. Ha sempre esposto in gruppo perché, a differenza di tutte le altre pittrici ita-
liane, ha capito la serietà di un movimento. Ossia una siciliana venuta a Roma due o tre anni fa ha sradicato
da sé quei pregiudizi e quel senso di falsa maternità (e modestia) per cui tutte le pittrici hanno la loro discen-
denza assolutamente segnata da Rosalba Carriera. A parer mio, in questi ultimi guazzi della Accardi, per
esempio Tempera 6, per la prima volta possiamo vedere come una donna concentri sul rosso una determinata
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A sinistra, Carla Accardi a Trapani, 1950; inbasso, A settori, 1956, tempera alla caseinasu tela, cm 50x70; nella pagina accanto, Inte-grazione, 1957-58, tempera alla caseina sutela, cm 96x100
Nella pagina di apertura, Autoritratto, 1946,olio su tela, cm 37x23
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composizione, e nella Tempera 5, come non è affatto vero che una pittrice deve essere delicata a tutti i costi,
anzi possa benissimo esprimere un pensiero con forza e un giudizio sulla forma più di qualsiasi altro pittore».
Nel 1951 espone in numerose collettive tra le quali Arte astratta e concreta in Italia alla Galleria Nazionale
d’Arte Moderna di Roma.
L’ascesa professionale dell’artista coincide con il trasferimento nella casa-studio di Via del Babuino a Roma
e la nascita, nell’ottobre del 1951, della figlia Antonella. Per quanto riguarda il suo linguaggio espressivo, se
fino al 1952 la sua opera si muove sulla linea della pittura costruttivo-concretista, successivamente si rivolge
verso una ricerca fondata sulla poetica del segno che la porterà a partire dal 1954 a realizzare opere incentrate
essenzialmente su insiemi di segni pittorici bianchi su fondi neri: queste ricerche collocano il suo nuovo lin-
guaggio espressivo nell’ambito dell’Informale. Michel Tapié, artista e critico dell’arte informale, che scopre
l’artista in occasione di una sua mostra presso la Galleria L’Asterisco di Roma, segue il lavoro dell’Accardi e
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Carla Accardi alla Galleria Notizie diTorino, 1964
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la invita successivamente, tra il 1954 e il 1959, alle mostre da lui curate in Italia e all’estero. Negli stessi anni
l’artista partecipa a numerose mostre collettive, presentata da critici come Michel Seuphor, Palma Bucarelli,
Giulio Carlo Argan e Lionello Venturi. A partire dagli anni Sessanta recupera un linguaggio incentrato sul rap-
porto tra il segno e il colore: arabeschi segnici che si intersecano con forme geometriche in opere dai forti
contrasti cromatici. Nascono geometrie che racchiudono il segno come: Mutazione su rosso, Mutazione su
azzurro, Opposizione arancio turchese e Rettangolo blu. Nel 1961 si tiene a New York presso la Parma Gallery
la prima mostra personale dell’artista; nel 1963 la Galleria Levi di Milano presenta un’altra sua personale.
Nel 1964, su proposta di Lucio Fontana, espone in una sala tutta sua alla Biennale di Venezia, ed è presentata
da Carla Lonzi con la quale instaura un’amicizia profonda e un sodalizio professionale che la porterà alla mi-
litanza femminista. La ricerca basata sul segno-colore evolve verso nuovi ambiti: l’artista inizia a utilizzare
come supporto le superfici di sicofoil, un acetato lucido di cellulosa trasparente, di effetto simile al vetro ma
flessibile come la plastica, che accentua la natura del quadro come diaframma luminoso. Inoltre l’interesse
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Carla Accardi, Giulio Paolini e Luciano Fabrointerpretano i temi formali della loro ricerca: latenda, lʼesprit de finesse, la croce, in una per-formance fotografica in campagna vicino adAlba (Cuneo), 1965
Integrazione n. 7, 1957, tempera alla caseinasu tela
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A destra, lʼartista con Labirinto rosso sul ter-razzo del suo studio in via del Babuino aRoma, 1979; in basso, con Ottagono verde-arancio, 1981
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Torino, Galleria Notizie, 1966
Lʼartista lavora a unʼopera posizionata sul pa-vimento, 1964
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Nella pagina accanto, Carla Accardi nello stu-dio di via del Babuino, 1967
Triplice tenda, 1969-71, installazione compo-sta di elementi dipinti con vernice su sicofoil
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per la relazione tra opera e ambiente giunge alla radicalità nel lavoro Tenda del 1966 che è la sua prima vera
e propria struttura percorribile dallo spettatore, un ambiente a forma di tempietto: si tratta di qualcosa che
mette in discussione l’idea del supporto eliminando la tela e il telaio. Nel 1967 la Galleria Editalia/Qui Arte
Contemporanea di Roma inaugura la mostra Immagini del colore; nella stessa galleria la Accardi espone nel
1971 Triplice tenda. Nel 1972 l’artista compie un viaggio in Marocco; a metà degli anni Settanta la sua attività
espositiva si fa sempre più fitta: in questo periodo inizia e realizzare opere su sicofoil completamente traspa-
renti. Nel 1976 e poi nel 1978 è invitata alla Biennale di Venezia e a numerose personali e collettive, parteci-
pando a mostre retrospettive del gruppo Forma 1 e dell’avanguardia italiana degli anni Cinquanta.
Nel gennaio del 1980 Sanfilippo muore in un incidente stradale. Negli anni Ottanta, nel corso dei quali recu-
pera gradatamente la struttura pittorica tradizionale e l’uso di una gamma cromatica più ampia e articolata, la
Accardi avvia una nuova ricerca: utilizza della tela grezza lasciando trapelare gli intrecci di larghi segni colorati,
dove diverse stesure cromatiche si giustappongono creando campi energetici di differenti intensità. Nel 1986
l’Istituto Italiano di Cultura di Madrid le dedica una grande personale; l’attività espositiva è intensissima in
questi anni. Nel 1988 espone alla Biennale di Venezia in una sala personale ed è presente nelle principali ras-
segne storiche dell’arte italiana del nostro secolo in Italia e all’estero, tra cui Italian Art in the XXth Century, te-
nutasi alla Royal Academy di Londra nel 1989, e The Italian Metamorphosis 1943-1968 al Guggenheim Museum
di New York nel 1994. Nel 1986 viene nominata membro dell’Accademia di Brera e riceve il titolo di “Accade-
mico corrispondente pittore” dell’Accademia di San Luca a Roma; nel 1990 il Museo di Gibellina presenta la
mostra: Carla Accardi. Grandi dipinti 1965-1990; nel 1992 il Castello di Rivoli acquisisce nove Rotoli (1965-
1967) e il Cono giallo (1966) per la collezione permanente del museo. Nel 1997 la Accardi fa parte, come con-
sigliere, della Commissione per la Biennale di Venezia; nello stesso anno, per i cinquant’anni dalla costituzione
del gruppo Forma 1 si svolge a Roma il Convegno Internazionale di Studi a cui segue, nel 1998, nelle Scuderie
del Castello di Praga, la mostra Forma 1 e i suoi artisti 1947-1997 organizzata in collaborazione tra la Galleria
Comunale d’Arte Moderna di Roma e l’Università degli Studi La Sapienza. Nel medesimo anno il Musée d’Art
Moderne et Contemporain di Strasburgo acquisisce l’installazione Ambiente arancio (1966-1968). Nel 1999
la mostra Forma 1 e i suoi artisti 1947-1997 viene presentata alla Galleria Comunale d’Arte Moderna di Roma
e la Galleria Edieuropa organizza una personale dell’artista. La sperimentazione dei materiali continua con
Casa labirinto (2000) in cui propone i segni grigi dei sicofoil degli anni Settanta, e l’abitabilità e percorribilità
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Rossobianco, 1992, dittico,vinilico su tela, cm 160x260
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Carla Accardi con Rotoli nel suo studio di viadel Babuino a Roma, 1999
Superficie in ceramica, 2007, gres dipinto, mq 70, installazione con elaborazione sonoradi Gianna Nannini alla galleria bunKerart, Milano
delle opere attraverso l’uso del perspex, un altro materiale acrilico trasparente; realizza opere in ceramica
con la Bottega Gatti di Faenza. È presente nel 2000 alla mostra Novecento. Arte e storia in Italia curata da
Maurizio Calvesi e Paul Ginsborg che si tiene alle Scuderie del Quirinale a Roma. In occasione del 5° Festival
Internazionale del Film sull’Arte Contemporanea viene presentato Un ritratto di Carla Accardi, per la regia di
Marcella Anselmetti.
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Nel 2001 Germano Celant pubblica il catalogo generale delle opere di Carla Accardi. Nel 2002 inizia una
grande personale al Musée de la Ville de Paris curata da Hans Ulrich Obrist: vi espone un’ampia sezione an-
tologica e dei lavori nuovi in bianco e nero. Partecipa alla collettiva Incontri a Roma alla Galleria Borghese
(2003), dove vengono esposte opere di Mimmo Paladino, Luigi Ontani, Enzo Cucchi, Jannis Kounellis, Giulio
Paolini, Francesco Clemente nel confronto con i grandi maestri dell’arte antica, tra cui Perugino, Caravaggio,
Guido Reni: l’opera di Carla Accardi esposta in questa mostra, che dialoga con la Madonna con Bambino di
Giovanni Bellini (1510) è stata poi acquistata dai Musei Vaticani per la Collezione di Arte Contemporanea.
Carla Accardi vive a Roma e nonostante gli 88 anni non ha rinunciato alla pittura: continua a lavorare sul
tavolo della sua casa-studio inondata di luce di via Margutta e anche se oggi i suoi ritmi sono più rarefatti
non ha perso la curiosità per le novità e l’entusiasmo per l’arte, caratteristiche che hanno da sempre connotato
il suo brillantissimo percorso nel mondo della pittura.
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Lʼartista a Roma, 1997
In basso, Di ramo in ramo (part.), 2010, vini-lico su tela, cm 220x320; nella pagina ac-canto, Bianca ombra (part.), 2012, vinilico sutela, cm 110x160
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Penso che i collezionisti hanno dato un enorme contributo
non solo al mercato ma anche agli stessi artisti...
Queste persone che comprano, che fissano gli standard,
fanno venire a tutti gli altri una gran voglia di emularli.
1950Galleria Age d’Or, RomaGalleria Numero, Firenze
1951 Libreria Salto, Milano
1952Galleria Il Pincio, RomaGalleria d’Arte Contemporanea, Firenze
1954Galleria L’Asterisco, Roma
1955 Galleria S. Marco, Roma
1956Galerie Stadler, Parigi
1957 Galleria dell’Ariete, Milano
1958 Galleria La Salita, RomaGalerie L’Entracte, Losanna
1959 Galleria Notizie, TorinoGalleria La Salita, Roma
1960Galleria Notizie, Torino
1961 Galleria La Salita, RomaParma Gallery, New YorkNew Vision Centre, Londra
1963Galleria Levi, Milano
1964 XXXII Biennale di VeneziaGalleria Notizie, Torino
1965Galerie Stadler, Parigi
1966 Galleria Notizie, TorinoGalerie M.E. Thelen, EssenGalleria dell’Ariete, Milano
1968 Galleria Marlborough, Roma
1969Artestudio, Macerata
1970 Galerie La Polena, Ginevra
1971 Galleria La Salita, Roma Galleria Editalia/Qui arte contemporanea,Roma
1972Galleria Christian Stein, TorinoGalerie L’Atelier, Rabat
1973Galerie L’Atelier, Rabat
1974Galleria Editalia/Qui arte contemporanea,RomaGalleria Notizie, Torino
1975Studio Fiori, Firenze
1976 Cooperativa di via Beato Angelico, Roma
1977Galleria La Salita, Roma
1978 Studio Paola Betti, Milano
1980 Galleria Peccolo, LivornoStudio Paola Betti, Milano
1981 Galleria Menzio-Pron, TorinoGalleria Peccolo, LivornoAriete Grafica, Milano
1982 Galleria Spatia, BolzanoStudio La Torre, Pistoia
1983 Pinacoteca Comunale, Loggetta Lombardesca, RavennaLa Salernitana, Ex Convento San Carlo,EriceGalleria Massimo Minini, Brescia
1984 Galleria Spazia, BolognaGalleria Editalia/Qui arte contemporanea,Roma
1985 Galleria Ippolito Simonis, TorinoFrankfurter Westend Galerie, FrancoforteIstituto Italiano di Cultura, MadridStudio Dossi, Bergamo
1986XIX Rassegna Internazionale d’Arte, Palazzo di Città, Acireale Istituto Italiano di Cultura, Madrid
1987 Galleria Il Milione, Milano
1988 XLIII Biennale di VeneziaArt Gallery of Ontario, Toronto
1989 Galerie Di Meo, ParigiGalleria Pieroni, RomaGalleria Civica, ModenaGalleria Il Milione, MilanoSalvatore Ala Gallery, New YorkSanto Ficara Arte, Firenze
1990Galleria Mazzocchi, ParmaAccademia dei Concordi, RovigoGalleria Eva Menzio, TorinoMuseo Civico, Case di Stefano, GibellinaGalleria Massimo Minini, Brescia
1991 Studio d’Arte Raffaelli, TrentoCastello di Volpaia, Radda in Chianti
1992 Galleria Pieroni, RomaFrankfurter Westend Galerie, FrancoforteGalleria Toselli, MilanoAssociazione Culturale per le Arti Visive,Perugia
1993Galleria Franco Toselli, Milano
1994 Fumagalli Arte Contemporanea, BergamoGalerie Meert Rihoux, BruxellesCastello di Rivoli, Museo di Arte Contemporanea, Torino
1995 Galleria delle Arti, Città di CastelloCentro d’Arte Contemporanea SpazioUmano, Milano
1996 Städtische Galerie, WolfsburgGalleria Fumagalli, Bergamo Galleria Bonanzo, Milano
1997 Accademia di Francia, RomaStudio Simonis, ParigiGalerie Meert Rihoux, BruxellesGalleria Vannucci, Pistoia
1998 Castello di Rivoli, Museo di Arte Contemporanea, TorinoMusée d’Art Moderne et Contemporain,Strasburgo
1999 Kunstmuseum, BonnStudio Simonis, Parigi Galleria Edieuropa, Roma
2000Galleria Massimo Minini, BresciaGalerie Meert Rihoux, Bruxelles
PRINCIPALI MOSTRE PERSONALI
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Museo Laboratorio d’Arte Contemporanea, Università La Sapienza,RomaGalleria Astuni, Fano
2001 Contemporary Art Center, New YorkPalazzo Crepadona, BellunoGalleria Civica, Cortina d’AmpezzoGalleria Santo Ficara, Firenze
2002 Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, Parigi
2003 Magazzino d’Arte Moderna, Roma
2004 Galerie Meert Rioux, BruxellesMACRO, Roma
2005 Sperone Westwater, New York
2006 Galleria Massimo Minini, Brescia
2007 MARTA, HerfordGalleria Valentina Bonomo, Roma Galerie Greta Meert, Bruxelles
2008 Auditorium Parco della Musica, RomaMoscow Museum of Modern Art, MoscaFondazione Volume!, Roma
2009Sala Luis Quesada Garland, LimaGalleria Valentina Bonomo, Arte Contemporanea, Roma
2010 Haunch of Venison, New York MEC Museo Emilio Caraffa, Córdoba (Argentina)Centro Cultural Recoleta, Buenos Aires
2011 Museo Carlo Bilotti, Aranciera di Villa Borghese, Roma
2012Fondazione Puglisi Cosentino, PalazzoValle, Catania
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1947 Arte giovane italiana, Festival della Gioventù, PragaAccardi, Attardi, Manisco, Monchesi, Sanfilippo, Studio d’Arte Moderna Mola,Roma II Mostra Annuale dell’Art Club, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma
1948 Arte Oggi, Palazzo Strozzi, FirenzeXXIV Biennale di Venezia Accardi, Attardi, Sanfilippo, Art Club,Roma
1949 III Mostra Annuale dell’Art Club, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma III Rassegna Internazionale Arte Oggi, Palazzo Strozzi, Firenze
1950 Accardi, Attardi, Sanfilippo, Galleria Bergamini, Milano IV Mostra Annuale dell’Art Club, GalleriaNazionale d’Arte Moderna, Roma
1951Arte astratta e concreta in Italia, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, RomaAccardi e Sanfilippo, Libreria Salto, Milano
1952 Accardi, Capogrossi, Consagra, Perilli,Sanfilippo, Turcato, Galleria L’Asterisco, Roma
1953 VIII Premio internazionale per la pittura,Lissone
1954 Accardi, Capogrossi, Consagra, Perilli,Sanfilippo, Turcato, Galleria L’Asterisco,Roma Pittori e scultori non oggettivi, Galleria IlCamino, RomaAccardi, Burri, Cagli, Capogrossi, Cristiano, Mirko, Sanfilippo, Turcato,Galleria Spazio, Roma
1955XVIII Mostra dell’Art Club Nazionale d’Arte Contemporanea, Sala Napoleonica, Venezia Accardi, Delahaye, Dova, Claire,
Falkenstein, Gillet, Guiette, Hosiasson,Jenkins, Jeanne Laganne, Serpan, Tapiès, Tobey, Galerie Stadler, Parigi VII Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma, Palazzo delle Esposizioni, Roma
1956 Peintures de Accardi, Sculptures de Delahaye, Galerie Stadler, ParigiStructures en devenir, Galerie Stadler, Parigi
1957 50 Ans de Peinture Abstraite, Galerie Creuze, ParigiNove pittori romani, Galleria dell’Ariete,MilanoTrend in Watercolors Today, The Brooklyn Museum, New York
1958 Osaka International Art of a New Era, Festival International, OsakaStructures autres, espaces nouveaux, Galerie Schmela, DüsseldorfIl premio nazionale di pittura. Il taccuinodelle arti, Palazzo Strozzi, FirenzeAccardi, Burri, Fontana, Novelli, Pansot,Somaini, Vaccari, Vedova, Galleria La Salita, Roma
1959Giovane pittura di Roma, Galleria La Tartaruga, RomaPainters of Rome, New Vision Center,Londra
1960 Mostra collettiva per l’inaugurazione delCentro, International Center of AestheticResearch, Torino Piccolo Formato, Galleria La Salita, Roma
1961 IX Biennale di Tokyo, Metropolitan Art Gallery, TokyoThe Quest and the Quarry, Roma-New York Art Foundation, Roma
1962 Struttura e stile, Galleria Civica d’Arte Moderna, TorinoAccardi, Dorazio, Sanfilippo, Galleria La Salita, Roma
1963 Accardi, Colla, Dorazio, Festa, Fontana,Lo Savio, Rotella, Sanfilippo, Schifano,Scialoja, Palazzo Strozzi, FirenzeDipinti e tempere di Carla Accardi,Bluhm, Gallizio, Tapies, Twombly, Galleria Notizie, Torino Aspetti della ricerca informale in Italia fi-no al 1957, Palazzo del Museo, Livorno
1964 Intuiciones y realizaciones formales, Centro de Arte Visuales, Buenos Aires Concretismo. Milano Firenze Roma 1947-1950, Galleria di Palazzo Libri, Firenze
1965 Accardi, Castellani, Paolini, Pistoletto,Twombly, Galleria Notizie, Torino IX Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma, Palazzo delle Esposizioni, Roma
1966 Aspetti dell’arte italiana contemporanea,Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma
1967 Museo sperimentale d’arte contempora-nea, Galleria Civica d’Arte Moderna, TorinoExhibition of Contemporary Italian Art,Museum of Contemporary Art, TokyoEsposizione Universale, Padiglione Italiano, Montreal Immagini del colore, Galleria Editalia/Quiarte contemporanea, Roma
1968 VI Biennale Romana. Rassegna delle ArtiFigurative di Roma e del Lazio, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma Recent Italian Painting and Sculpture, The Jewish Museum, New York
1969 6 Artisti di Forma 1, Galleria d’Arte Schubert, Milano
1970Objekte und Serigraphien, Galerie Thelen, Essen Accardi, Dorazio, Novelli, Perilli, Rotella,Sanfilippo, Turcato, Galleria Arco d’Alibert, Roma
PRINCIPALI MOSTRE COLLETTIVE
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1971 New Italian Art 1953-1971, Walker Art Gallery, LiverpoolSegno e colore. Carla Accardi, PietroConsagra, Piero Dorazio, Giulio Turcato,Toti Scialoja, Giuseppe Capogrossi,Franco Gentilini, Galleria Editalia/Qui ArteContemporanea, RomaXI Biennale di San Paolo, San Paolo
1972 Occident-Orient. L’Art Moderne et l’ArtIslamique, Ancienne Douane, Strasburgo
1973X Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma.Situazione dell’arte non figurativa, Palazzo delle Esposizioni, Roma
1974Coazione a mostrare. Omaggio a LucioFontana, Palazzo Comunale, Erbusco,Brescia
1976XXXVII Biennale di VeneziaForma 1, Roma 1946-1949, Palazzo del Popolo, TodiQui Arte Contemporanea dieci anni dopo,Galleria Editalia/Qui Arte Contemporanea,Roma
1977 Arte in Italia 1960-1977, Galleria Civicad’Arte Moderna, Torino
1978XXXVIII Biennale di Venezia Accardi, Afro, Consagra, Mastroianni, Sadun, Scordia, Arte Fiera ’78, Bologna
1980 L’altra metà dell’avanguardia 1910-1940,Palazzo Reale, Milano
1981Linee della ricerca artistica in Italia 1960-1980, Palazzo delle Esposizioni, Roma
1982 Al vivo. Generazioni a confronto, Università degli Studi la Sapienza, Istitutodi Storia dell’Arte Medievale e Moderna,RomaAvanguardia Transavanguardia 68-77,Mura Aureliane, Roma
Accardi, Oppenheim, Pistoletto, Galleria Pieroni, RomaDeuxieme manifeste du livre d’artiste/ Livre-object, Centre Georges Pompidou,Parigi
1983 30 Artisti italiani contemporanei 1950-1983, Chiesa di San Samuele, VeneziaL’Informale in Italia, Galleria Civica d’Arte Moderna, Bologna
1984Dentro e fuori l’Informale (1957-1965),Galleria La Salita, Roma
1985 Italienische Kunst 1900-1980, Frankfurter Kunstverein, FrancoforteForma 1, Galleria Arco d’Alibert, Roma
1986 XI Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma, Palazzo dei Congressi, RomaForma 1 1974-1986, Museo Civico, GibellinaItaliana 1950-1986, Madrid-Valencia-Saragozza
1987Geografie oltre l’Informale, Palazzo della Permanente, MilanoArte Astratta, Galleria Sprovieri, RomaIl disegno italiano del dopoguerra, Galleria Civica, Modena
1988 Astratta, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, Palazzo Forti, VeronaHommage à Michel Tapié, Galerie Stadler, ParigiAccardi, Castellani, Fontana, Manzoni,Melotti, Nigro, Paolini, Twombly, Galerie Di Meo, ParigiXLIII Biennale di Venezia
1989 Italian Art in the 20th Century, Royal Academy of Arts, Londra
1990 Roma 1950-Gli Astratti, Galleria Sprovieri, Roma
1991 L’ironia della scena, Galleria Spazia, Bologna
Maestri contemporanei, Centro Tornabuoni, Firenze
1992 Da Cézanne all’arte astratta. Omaggio aLionello Venturi, Palazzo Forti, GalleriaComunale d’Arte Moderna, VeronaXII Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma. Italia 1950-1990. Profili, Palazzo delle Esposizioni, Roma
1993 Un’avventura internazionale. Torino e learti 1950-1970, Castello di Rivoli, Museo di Arte Contemporanea, TorinoTutte le strade portano a Roma?, Palazzo delle Esposizioni, Roma Anni Cinquanta. Pittura italiana dal 1949al 1962, Galleria Gian Ferrari, Milano
1994 The Italian Metamorphosis, 1943-1968,The Solomon R. Guggenheim Museum,New YorkForma 1, Galleria Niccoli, Parma
1995 Anni Sessanta: rigore e utopia a Milano.Colori e segno a Roma, Galleria Dina Carola, Napoli - Galleria L’Isola, RomaXLVI Biennale di Venezia
1996 Art for All: opere moltiplicate su carta,Museo Barracco, Roma
1997 Città Natura, mostra internazionale d’arte contemporanea, Palazzo delle Esposizioni, RomaTorino, Parigi, New York, Osaka. Tapiè.Un art autre, Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Torino Lavori in corso. Dieci mostre collettive diartisti contemporanei, Galleria Comunale d’Arte Moderna eContemporanea, Roma
1998 Arte a strappo. Accardi, Chia, Ontani,Fondazione Stelline, MilanoI percorsi del sublime, Parco di Palazzod’Orléans e Albergo delle Povere, PalermoForma 1 e i suoi artisti 1947-1997, Scuderie del Castello, Praga
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1999 Minimalia, P. S. 1 Contemporary Art Center, New YorkFondo Oro, Accardi, Gilardi, Ontani,Paolini, Salvatori, Salvo, Galleria SantoFicara, FirenzeArt Club 1945-1964, la linea astratta, Basilica Palladiana di Vicenza, Vicenza Forma 1 e i suoi artisti 1947-1997, Galleria Comunale d’Arte Moderna, Roma
2000 Novecento Arte e Storia in Italia, Scuderiedel Quirinale, Mercati di Traiano, Roma Forma 1 e i suoi artisti 1947-1997, Galleria Comunale d’Arte Moderna eContemporanea, RomaArtisti Collezionisti, Palazzo delle PapesseCentro Arte Contemporanea, Siena
2001 Artisti italiani del XX Secolo alla Farnesi-na, Ministero degli Affari Esteri, RomaBelvedere italiano, 1945-2001. Linee ditendenza dell’arte contemporanea, Castello Ujazdowski, Varsavia
2002Temi e variazioni. Arte del dopoguerradalla collezione Guggenheim,
Peggy Guggenheim Collection, VeneziaRoma in blu 14 artisti/14 scrittori, Casa delle Letterature, Roma
2003 Incontri con l’artista, MACRO Museod’Arte Contemporanea, RomaPittura degli anni Cinquanta in Italia,GAM Galleria d’Arte Moderna, Torino
2004 Da Balla alla Transavanguardia, Triennale, Milano
2005 Accardi Turcato. Carte, Galleria Santo Picara, Firenze
2006 Infinite Space, Carla Accardi e LucioFontana, Galleria Sperone Westwater, New YorkVenezia 1948-1986 - La scena dell’arte,Peggy Guggenheim Collection, Venezia
2007Sessant’anni in Forma 1, Centro d’Arte la Bussola, CosenzaForma 1, Galleria De Nisi, Caserta
2008Disegni - Un percorso nel tratto del ’900,Galleria Cortese & Lisanti, Roma
2009Attraversamenti, Galleria 2000 & Novecento, Reggio Emilia
2010Linee 1960-1970, Galleria Maria Grazia del Prete, Roma
2011Il Palazzo della Farnesina e le sue Collezioni, Museo dell’Ara Pacis, Roma
2012A partire da Forma 1, Galleria Marchetti, RomaAccardi incontra Fontana, Galleria Tonelli, MilanoPPP. Una polemica inversa. Omaggio aPier Paolo Pasolini, Palazzo Incontro, RomaCarla Accardi. Smarrire i fili della voce,Fondazione Malvinaz Menegaz, PalazzoClemente,Castelbasso (Teramo)
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L.M. Barbero (a cura di), Carla Accardi.Segno e trasparenza, Cinisello Balsamo2011
V. Bramanti, Carla Accardi, Ravenna 1983
M. Brower, F. Gualdoni, Carla Accardi,Modena 1989
G. Guberti, Carla Accardi, opere 1965-1983, a cura di P. Bucarelli, Erice 1983
G. Carandente, Carla Accardi. Opere1949-1989, [Rovigo] 1990
G. Celant, Carla Accardi, Milano 2001(con bibliografia)
G. Celant, Carla Accardi: la vita delle for-me, Cinisello Balsamo-Roma 2011
D. Eccher (a cura di), Carla Accardi, Milano 2004
I. Giannelli, Carla Accardi, Milano 1994
W. Guadagnini, Carla Accardi, Parma1990
C. Levi, Carla Accardi, Milano 1983
F. Menna, Carla Accardi, Milano 1987
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Castello di Rivoli, Museo di Arte Contemporanea, Torino
Centre Georges Pompidou, Parigi
CIMAC, Civico Museo d’Arte Contemporanea, Milano
Collezione Peggy Guggenheim, Venezia
CSAC, Centro Studi e Archivio della Co-municazione dell’Università degli Studi,Parma
Fondazione Solomon R. Guggenheim,New York
Galleria Comunale d’Arte Moderna, Bologna
Galleria Civica, Modena
Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma
Gallerie di Palazzo Leoni Montanari, Vicenza
GAM, Galleria Civica d’Arte Moderna eContemporanea, Torino
MACRO, Museo d’Arte Contemporanea,Roma
MART, Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, Rovereto
Musée d’Art Moderne et Contemporain,Strasburgo
Musei Vaticani, Collezione d’Arte Contemporanea, Roma
Museo di Arte Moderna e Contemporanea, Trento
Museo Civico d’Arte Contemporanea, Gibellina
Museo del Novecento, Milano
Museo Sprengel, Hannover
MUSMA, Matera
Pinacoteca Comunale, Ravenna
RISO, Museo d’Arte Contemporanea dellaSicilia, Palermo
SMAK, Stedelijk Museum voor ActueleKunst, Gent
MUSEI PUBBLICI CHE ESPONGONO OPERE DELL’ARTISTA
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Coordinamento editoriale Cecilia Sica
Progetto creativo e impaginazione Daniela Tiburtini
Redazione Laura Orbicciani
Grafico Fabrizio Midei
Referenze fotograficheStudio Accardi; Ugo Mulas; Stefano Tinto
Fotolito Fotolito Gamba Srl, Roma
Stampa e Allestimento Marchesi Grafiche Editoriali SpA, Roma
Finito di stampare nel mese di gennaio 2013
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