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COMUNICAZIONE M IS SIONE COMMUNICATION MISSION Missionari Saveriani

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COMUNICAZIONE M ISSIONE COMMUNICATION MISSION

Missionari Saveriani

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Contenuti Carissimi fratelli, L l...crrERA Del 5uPeJuoRE GeNERAlE (ITAliANO E INGlese)

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R. G. TteOEMANN

RMX Capitolo Terzo: caratteristiche del nostro carisma

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s~e~Hn Una pubbliGazione sui martiri saveriani ERMANNO FERROJ SX

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l n occasione della canonizzazione àel Beato F. Fogolla 4@ NQBUO lwAMOT0, sx

Qrowth and C@mmitmen't' ENI'H0 CAsAI.U€CI, sx

Un antico comandamento nuow f.\t..Ae110 CeiiESOU, sx

Notizie tial mondo sx

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Puòblicazioni di Saveriani

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Carissimi fratelli,

La fede è una risposta al bisogno umano di felicità. O meglio: è proposta di un modo pienamente umano di vivere. Il credente non può pretendere che qualcuno accetti la sua proposta di fede, se da essa non sorgesse, e visibile, un modo di vivere più ampiamente e profondamente umano. Tanto più chiara e forte sarà la capacità di attrazione della proposta, quanto più questa sarà autentica, coeren­te e chiara.

Mi pare utile fermarsi un momento per cogliere la logica della fede in quanto si distingue dalla logica idolatrica (chiamo così qua­lunque logica non credente, sia che affermi l'assenza di ogni assolu­to sia che lo identifichi con qualche realtà diversa da Dio). Cerco di sintetizzare questa logica idolatrica secondo la visione più rigorosa, quella che nega cioè insieme a Dio ogni possibilità di giustificazione per la verità o il valore, ogni possibilità di salvezza etero o autofondata. La negazione di Dio arriva inevitabilmente alla contraddittoria assolutizzazione dell'io da una parte e al riconoscimento della sua radicale impotenza dall'altra: la vita è "passione inutile" (Sartre).

La logica dell'idolatria è figlia di questa visione. Il suo obiettivo è la ricerca della felicità; la quale è una somma di opportunità fug­gevoli (di beni, di piaceri, di esperienze . . . ) e alla massima intensità possibile. A tal punto che occorre inventare bisogni nuovi e sempre più grandi per avere il piacere della loro soddisfazione; e affrettarsi a riempire al massimo il breve tempo che abbiamo, poiché la vita passa e rischia di rimanere vuota. Al limite, la vita più riuscita è quella bruciata nella passione della droga: breve e intensa come la fiammata di un fiammifero.

La logica della fede è diversa: la felicità è una moltiplicazione, nella quale ci sono fattori fissi e un fattore mobile. Il fattore mobile è dato da ciò che di fatto si sta vivendo ed esperimentando, mentre i fattori fissi sono la libertà e la comunione. Mi spiego.

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La fede, ponendoci in comunione con la Trinità e con i fratelli, relativizza ogni altro bene (perché il bene è la comunione) ma nello stesso tempo lo arrkchisce (perché tutto è espressione e via alla co­munione). La fede dunque ci dà libertà e spessore: rende possibile il godere.di tutto e in maniera più profonda, perché non si gode solo della cosa che si sta sperimentando ma ancor più dell'amore che vi si incontra (la rosa che viene in risposta dalla persona amata, porta con sé molta più ricchezza della rosa colta in un giardino).

Comunione e libertà approfondiscono ed estendono enorme­mente la capacità di fruizione della vita per il credente: elevano alla terza potenza quello che sarebbe altrimenti piccola esperienza chiusa in se stessa. Il credente ha la massima fruizione della vita, poiché egli ha la comunione che ne è il contenuto e la libertà che ne è la condizione. Poiché di tutto gode colui che sa che "tutto concorre alla sua salvezza"; e più profondamente gode di un bene colui che lo esperimenta all'interno di una relazione amorosa, proveniente e fi­nalizzato ad essa (''tutto è dono"). E questo esperimenta il credente, egli che è dono ricevuto, nel momento stesso in cui si fa dono al fratello bisognoso.

Lo shalom (che è altro nome della gioia) è il frutto bello e buo­no della fede. Esso è armonia con sé stessi e con l'universo circo­stante, fiducia in un mondo sensato e buono, speranza in un desti­no di vita, compagnia della Presenza amorosa in qualunque situa­zione . . .

Il Vangelo è proposta di vita più umana per ognuno; l'annun­cio ne è la presen tazione a chi non lo conosce; e il missionario (o meglio ancora: la comunità missionaria) è chiamato ad esserne la manifestazione visibile.

Cordialmente vostro Francesco Marini, sx

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Dear Brothers ! .·•

Faith is a response to the human need for happiness. Better stili: it is the proposal of a fully human way of living. The believer cannot expect others to accept his proposal of faith unless i t offers a visibly better an d more human way of living. The proposal will be more authentic, coherent and clear if it exerts a clear and strong attraction.

I invite you to reflect briefly with me o n how the logic of faith differs from the logic of idolatry (by idolatry I mean any form of unbelief which either denies the existence of any kind of Absolute, or identifies the Absolute with any reality other than God). Here I will sum up the logic of idolatry in its most extreme form which denies, not only God's existence, but also the possibility of any justification for truth and values, together with any possibility of salvation either from within or from outside the individua!. When the existence of Go d is denied, the ego is inevitably invested with an absolute value on the one hand,. whilst its radical impotence is recognized on the other: life is a "useless passion" (Sartre).

The logic of idolatry is the product of such a vision. Its goal is happiness, which consists in the sum of fleeting opportunities (possessions, pleasures, experiences) at the maximum intensity possible. This requires the invention of newer and more intense needs in order to obtain greater an d more intense pleasure through their satisfaction; life is lived in haste, because ti me is short and must be filled to the brim, otherwise it becomes void and empty. At its extreme limits, the most fulfilled life is the one consumed in the passion of drugs: short and intense like the flame of a match.

Faith follows a different logic: happiness is like a multiplication which is the result of stable factors an d a flexible facto r. The flexible factor is our actuallife experience, whilst the stable factors are freedom and communion.

Faith, which establishes communion between us an d the Trinity and our neighbour, recognizes the relative nature of every other good (because communion is the good); at the same time, faith

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enriches every good (because everything is an expression of, and a way towards, communion). Faith, therefore, gives us freedom and consistency: it allows us to take delight in everything in a more profound way, because pleasure is not only the result of an experience, but also of the love we encounter therein (a rose given to a loved one is quite different from one that is merely plucked from a garden).

Communion and freedom give the believer a greater potential for a fulfilled life: they allow him to rise far above what would otherwise be a limited existence of self-absorption. Sin ce the believer knows that "everything contributes to his sa lvation", he can take a mo re profound delight in everything, and even more so when he experiences !ife within a loving relationship ("everything is a gift"). This is the experience of the believer, who receives himself as a gift when he offers the gift ofhimself to a brother in need.

The "shalom" (which is another name for joy) is the beautiful an d go od fruit of fai th. We experience i t as harmony with ourselves and the universe that surrounds us, trust in a meaningful and good world, hope in our ultimate destiny and the company of a loving Presence that is always at our side ...

The Gospel offers a more human !ife to everyone; our proclamati o n proposes i t to those w ho ha ve no t yet heard of it; an d the missionary (or better stili, the missionary community) is called to be its visible manifestation.

Cordialmente vostro Francesco Marini, sx

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Colombia: 25 anni di presenza

• saverzana Il l l l·hl11.1 io lY75 arrivavano in Colombia i primi confratelli : i padri Elio ( " '' " ·'· l·l,avio Veronesi, e ]osé Jiménez Marin. In iziavano prendendosi cura tkll.a p.a rrncchia Sagrado Coraz6n, Barri o el Firme a Buenaventura. In seguito 1 S.avcri.an i assumeranno la cura pastorale della parrocchia Cristo Redentor nel llarrio Bolivar, sempre a Buenaventura (1984) e la parrocchia di San Fr.ancisco Javier nel Barrio Las Orquideas a Cali (1984). Più tardi per l'Ani­m.azionc Missionaria, la promozionevocazionale e la formazione inizieranno .altre presenze non legate ad una parrocchia, a Santafé de Bogotà (1995) e a Mcdellin ( 1998). Commi.x prima che fmisca l'anno, an che se con un ritardo di qualche mese, non vuole lasciare passare inosservato questo anniversario. Lo fa pubblicando una parte del contributo della Regione per la prima tappa della RMX (nostra traduzione abbastanza libera) e tra le r isposte alle molte domande della seconda tappa ha scelto le tre che possono aiutare a completa­re il quadro.

Analisi socio-culturale-religiosa dell'ambiente

N elle varie zone dove sono situate le nostre comunità saveriane, molti aspetti del modo di pensare, vedere e vi­vere coincidono.

Tutti credono che la famiglia sia un valore molto importante e ne­cessario per la persona, anche se le relazioni non s.ono delle migliori e, secondo statistiche recenti, la casa è il luogo dove il cittadino in­contra molte sorprese sgradevoli: violenza intrafamiliare, abban­dono, scontri, violenza e sfruttamento dei pii1 indifesi come i bam­bini c gli anzian i ... Nel la fam iglia ha un rilievo importante e unico

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la figura della madre, fino quasi ad identificarsi con lo stesso 'foco­lare' ("chi ha una madre ha una casa") . La madre è la persona che si dedica, corpo e anima, prima perché il bambino sopravviva e in seguito perché possa crescere e fare la sua strada. Se le difficoltà, a volte terribili, della vita hanno creato una forte dipendenza tra la madre e ciascuno dei figli, non per questo l'unione tra fratelli è più garantita e forte. Normalmente esiste una simbiosi tra il figlio e la madre, simbiosi vissuta a livello strettamente ed egoisticamente personale. Di conseguenza il sentimento tende a prevalere sopra gli altri aspetti della persona. Essendo le relazioni talmente finalizzate alla propria protezione, è difficile sviluppare rapporti profondi e disinteressati con altre persone. Manca un forte senso di apparte­nenza e un'autostima sufficientemente forte che sostenga una per­sonalità autosufficiente e capace di assumere le relazioni con equili­brio e indipendenza.

Gli afroamericani hanno un concetto di fa miglia pitt largo e aperto, con un senso profondo della parentela e della famiglia este­sa. Benché la moglie e la madre giochino un ruolo di protagoniste, la vicinanza e la protezione del proprio gruppo ha un grosso valore.

Le relazioni sociali sono condizionate dal sentimento di onnipotenza infantile determinato dall'iperprotezione materna ri­cevula. Nelle relazioni tra le persone è facile che domini dunque l'irrazionalità, l'istinto incontrollato, la prima impressione, il macismo, gli entusiasmi e le depressioni, il rischio assunto come dimostrazione di coraggio e di forza, il valore assoluto di non per­dere mai la faccia ecc.

L'autorità, le regole del gioco della società o di qualunque grup­po organizzato e le leggi non hanno molto credito e non vengono r ispetta te. Tutto si percepisce come una li mitazione d ella 'onnipotenza acquisita' ... Anche l'autorità, da parte sua, non fa nien­te per farsi apprezzare, perché la maggior parte delle volte è ingiu­sta, inefficiente, corrotta e lenta. Viene riconosciuta autorità a chi si è comportato bene con l'altro nei momenti difficili (ritorna la figu ­ra della madre). In questo caso l'amicizia e l'accettazione reciproca è incondizionata e, a volte, acritica,

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Il lavoro: la necessità di un salario che permetta di sopravvive­re obbliga ad accettare condizioni di lavoro a volte ingiuste e umi­lianti e un salario di fame. Per gli afroamericani il lavoro è mezzo di sopravvivenza ma senza dover programmare né risparmiare. Il la­voro è un mezzo che permette di avere il necessario per poter vivere bene la vita presente.

Per alcuni è anche un mezzo di miglioramento delle proprie condizioni: attraverso il lavoro sono usciti dalla povertà se non ad­dirittura dalla miseria e vivono contenti della condizione più degna e umana raggiunta.

In generale, la gente è molto creativa e intelligente: a volte le situazioni così tremende nelle quali devono vivere fa sì che abbiano molta creatività, inventiva e capacità di arrangiarsi. Senza dubbio la mentalità creata dal narcotraffico, cioè il denaro ottenuto con facili­tà, senza lavorare o faticare, ha iniettato nella gente, soprattutto nei più giovani, un senso di frustrazione quando non si ottiene subito ciò di cui si ha bisogno e un atteggiamento dannoso di sperpero che taglia ogni desiderio di miglioramento.

Il fenomeno del narco traffico ha stravolto la scala dei valori che regolava la famiglia e in generale la società colombiana: il motore che muove la maggioranza delle persone, e non solo la gente di estra­zione più umile, è la preoccupazione di ' avere soldi' sempre, non importa come e dove. Questo atteggiamento porta a molti abusi come la corruzione, soprattutto nel settore pubblico, all'inefficacia delle leggi e della giustizia perché tutto si compra e tutto si vende, fino ad arrivare al sicariato, quando un individuo si presta a uccide­re anche solo per cento mila pesos, pur di avere un momento di benessere per se stesso o per la sua 'adorata vecchia' (la mamma).

Il tempo libero è un capitale di cui non si approfitta completa­mente, nel senso che restano frustrati molte volte i desideri di 'met­tersi a fare qualche cosa che nei tempi normali non si può fare'. Na­turalmente cose utili, compresa la possibilità di passare un momen­to bevendo e conversando con un amico o con il vicino. Molti si limitano a sedersi davanti al televisore per vedere le solite telenovelas. Molti uomini trovano il loro centro di interesse nel bere o nel gioco.

Ci sono però anche persone che ne approfittano per passare un

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momento con la famiglia; a casa o facendo una passeggiata e ne sono contente.

La religione gioca di sicuro un ruolo significativo nella vita del colombiano. L'educazione cattolica ha radici molto profonde nel­l'anima della maggioranza ma, come per altri aspetti dell'animo di questa nazione, anche l'aspetto religioso è condizionato da un certo infantilismo, superstizione, fatalismo ecc. La religione è percepita o come un dovere che Dio esige e riscuote (non si sa perché, però si sa che ci saranno dei castighi per coloro che non lo compiono) o come una relazione intimista autogiustificante che mantiene ciò che si crede ben lontano dalla vita di tutti i giorni. È un fatto che l'aspetto religioso è molto importante e forte a tu t ti i vari livelli della società colombiana. La vicinanza della fine del secolo, la presentazione 'apocalittica' dell'imminenza della fme del mondo fatta dalle varie sette, la presenza più efficace della chiesa cattolica, fanno della reli­gione un fattore che oggi muove e condiziona le persone. Per i colombiani l'attuale è un tempo di ricerca e di ansia religiosa molto forte.

Il Natale, la Settimana Santa e la celebrazione dei Sacramenti sono i momenti più significativi del vissuto religioso della nostra gente.

Ci sono però anche persone che, a partire dalla religione, sanno dare senso alla loro vita, rinforzano il loro impegno con la famiglia, con i propri doveri e con i vicini e si aprono all'eterno e a Dio. La Chiesa Cattolica in Colombia se da una parte gode di un'enorme credibilità per quanto riguarda .il suo contributo ai gravi problemi che sta vivendo la nazione, d'altra parte continua a 'manipolare' il fatto religioso con metodologie obsolete. In generale le idee e lo stile (in una parola, la ecclesiologia) del Vaticano II sono ancora lontani dall'essere assunti.

C'è come l'illusione che le masse sono ancora con la Chiesa, perché in alcune occasioni c'è lo spettacolo delle moltitudini ... Le nuove generazioni molte volte non includono la Chiesa tra le realtà che possono dare una risposta alla domanda di senso per la vita.

A livello di minoranza, al contrario, c'è una risposta molto buo­na. Alcuni esempi chiari di presenza del Vangelo: le comunità inse-

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rite nelle classi popolari; le comunità ecclesiali; la presenza dei cre­denti in mezzo alle situazioni più tragiche e calde del paese.

La società colombiana, come le altre dell'AL, si distingue per un'alta percentuale di giovani. Ciò comporta sia aspetti positivi che negativi che hanno ripercussioni nella vita quotidiana e nella problematica generale del paese. I fenomeni che possono collegarsi direttamente e che toccano la gioventù colombiana sono i seguenti: debolezza della struttura familiare; la precarietà dell'educazione sco­lastica ricevuta (fatto che si sta superando a livello di primaria ma che continua ad essere grave nella secondaria e nell'università); le scarse opportunità di lavoro; il consumismo e la mancanza di ideali (si vive alla giornata); il fenomeno della droga; il denaro ricercato e ottenuto in ogni modo; la violenza, endemica in questo paese, al­l'interno della famiglia ... D'altra parte ci sono fattori che lasciano spazio alla speranza: l' impegno di molti per la pace e la convivenza sociale; il desiderio di formarsi e di riuscire; la ricerca di ideali forti che diano senso alla vita; la creatività e le capacità intellettuali e arti­stiche ecc.

E per ultimo, come una tela di fondo, come il fenomeno che tocca tutti gli altri aspetti della vita dei colombiani, la violenza. Le radici di questo fenomeno stanno a volte nella storia passata, ma anche negli avvenimenti recenti che hanno condizionato la vita politica, economica e sociale della nazione: le ingiustizie, la corru­zione a tutti i livelli, l'utilizzazione per motivi politici delle risorse (tutto ciò rinforzato dalla valanga di denaro e di potere del narco traffico), l'educazione elitaria e escludente ... cui si oppone la ormai nota e per alcuni obbligata dsposta violenta della guerriglia.

Questa violenza quasi istituzionalizzata crea un contesto e una catena che poco a poco sta toccando in profondità le relazioni perso­nali dei colombiani, la loro maniera di organizzarsi e di rispondere ai problemi quotidiani attraverso una violenza 'normale' alla quale tutti sono esposti, cui si reagisce da una parte con rassegnazione, d'altra parte con una forte speranza che 'prima o poi ne usciremo!'

Altro motivo di sofferenza infinita causata da tutti i fattori in gioco è il fenomeno degli spostamenti: in questo momento ci sono

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più di un milione di colombiani che vivono fuori dalla loro terra, dal loro mondo, dal loro ambiente, ammucchiati in accampamenti e cinture di miseria nelle periferie delle grandi città. Non si è preso ancora completamente coscienza del dramma umano e sociale che tanta gente sta vivendo.

La nostra risposta missionaria In tutti questi anni di presenza saveriana in Colombia, nessuno può porre in dubbio la dedizione, l'entusiasmo, la creatività e i mezzi economici che i Saveriani hanno messo a disposizione dell'evange­lizzazione.

Gli ambiti e gli aspetti pastorali che i Saveriani hanno privile­giato nel loro lavoro pastorale in tutti questi anni sono stati:

- la promozione della persona, soprattutto nel sociale (opere sociali in risposta alle problematiche urgenti della comunità, come scuole, centri di salute, gruppi di attenzione sociale, cooperative, centri polisportivi ecc.);

- la catechesi, con tutto ciò che comporta: preparazione dei ca­techisti, tempi sufficientemente lunghi, sussidi e mezzi per la cateche­si ecc.;

- l'aggregazione della comunità, in un primo periodo con la creazione di alcune strutture (cappelle, saloni ecc.) come punto di riferimento per la gente; in questi ultimi tempi, con la formazione di gruppi ecclesiali e di leaders, lo studio continuato e serio della Bibbia ecc.;

- il rispetto e la promozione dei valori peculiari della cultura locale, soprattutto a Buenaventura, con la pastorale afroamericana,

Nella nostra azione pastorale ci sono degli aspetti non presi in considerazione o ancora carenti:

- manca una riflessione seria e continuata sulle caratteristiche peculiari della cultura della nostra gente. Al di là di alcuni scambi occasionali, la nostra pastorale non si basa normalmente su una vera riflessione comunitaria, lasciando troppo spazio alla buona volontà e all'iniziativa personale di ciascuno. La nostra program­mazione non guarda sufficientemente al 'Come' si fanno le cose: per la maggioranza di noi la cosa più importante è 'Ciò che si fa' o

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che 'Si faccia qualcosa!' Ma: il far qualcosa è sufficiente per motivare la nostra presenza e azione pastorale? È pure insufficiente l'analisi delle radici delle situazioni: se si vuole cambiare la mentalità (e si può!) bisogna arrivare alle radici, alle motivazioni profonde.

- Nella maggioranza delle realizzazioni pastorali siamo ancora abbastanza generici, non sapendo o non volendo focalizzarle a par­tire dalla nostra specificità missionaria e saveriana.

- Non sappiamo o, a questo punto, non vogliamo program­mare il nostro lavoro pastorale. Le nostre programmazioni sono state un calendario di attività e non riflessioni sui criteri e su ciò che si fa in ordine all'evangelizzazione. Ciò che è stato programmato spesso non è stato rispettato. Siamo pure poco esperti nella valuta­zione del lavoro fatto. Non sarebbe utile farsi aiutare da alcuni esperti?

- Le relazioni comunitarie che in teoria sono una forza molto forte per l'evangelizzazione, si trasformano, troppo spesso, in freno e ostacolo. Troppe energie destinate al Regno di D io si sciupano per porre rimedio al modo deficiente di relazionarsi tra di noi.

- Non possiamo rinviare e continuare a far finta di non cono­scere un dovere tanto urgente e storicamente obbligato come quel­lo dell'Educazione dei laici alla responsabilità. Il nostro paternalismo rimpiazza, molte volte, non soltanto gli aspetti materiali, ma anche l' impegno spirituale e comunitario delle persone. Il nostro decisio­nismo blocca tutto e quindi non ci sono mai persone che sono suf­ficientemente motivate, capaci di assumere responsabilità all'inter­no della comunità e che operano a partire dalla gratuità dell'impe­gno evangelico.

- Dobbiamo apprezzare molto più i valori culturali della no­stra gente, valori a partire dai quali il Vangelo diventa forza vitale per ogni persona. È essenziale, per esempio, valorizzare il senso del­la Festa, fare molto più uso dei Segni e simboli che sono per la no­stra gente un linguaggio efficace e immediato.

Santiago de Cali - 12 Giugno 1998

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La experiencia de nuestra Regi6n de Colombia (Da RMX seconda tappa- contributo delle reagioni)

En las actividades que la regi6n hace, G.es evidente la intencionalidad del anuncio?

P or lo que se refiere a la experiencia de n uestra Regi6n de Co­lombia, se puede decir que nuestra p resencia pastoral, hasta hace p oco, m as que una verdadera evangelizaci6n era m as

bien una "conservaci6 n': Afortunadamente, bajo el impulso de la nueva evangelizaci6n, hemos em pezado a tomar conciencia de las exigencias siempre nuevas del anuncio del Reino.

Es absurdo que sigamos considerando a Colombia como un pafs "cat6lico" cuando estamos en medio de una guerra civil cruel y despiadada, teniendo 30.000 muertos asesinados cada afio, un se­cuestro cada 6 horas, corrupci6n y narcotrafìco que entorpecen e impiden cualquier progreso social... lQué se puede conservar toda­vfa? Hay que aceptar el desaffo de esta tremenda realidad y tener el valor de volver a una verdadera y nueva Evangelizaci6n. Una op­ci6n asi nos provoca, estimula, pone en crisis, nos exige cambios serios y radicales, invita a tom ar p osturas claras y criticas frente a la sociedad y a la cultura ... Quienes de nosotros estan en la pastoral y quienes estan en la Animaci6n Misionera y Vocacional no pode­mos desarrollar nuestro servicio al Reino de Dios sino teniendo en cuenta este marco. En repetidas ocasiones, este punto ha sido obje­to de reflexi6n y dialogo por parte de todos.

Podemos decir que estamos en un camino de ... conversi6n!

G.C6mo encontrar el justo equilibrio entre sometimiento pasivo y contraposici6n con la lglesia local?

Hablando de Iglesia local, tal vez sea oportuno distinguir entre

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"nuestra Iglesia particular de origen" e "Iglesia de misi6n o Iglesia a la que somos enviados':

( ... ) Por lo que se refi ere a la Iglesia que nos recibe, corremos muchos riesgos y peligros: a veces, por ser un grupo numeroso o por nuestra disponibilidad de ingentes recursos econ6micos nos recortamos un espacio de poder muy significativo que condiciona el camino de e sta Iglesia; a veces, por nuestra superficiali d ad y arro­gancia, imponemos ritmos y tiempos de actuaci6n pastoral que no respetan una maduraci6n progresiva y graduai de las personas; a veces desplazamos o negamos oportunidades a las personas loca­les, cultivando nuestro protagonismo casi absoluto; a veces renun­ciamos a nuestro ~specifico "el carisma misionero ad gentes" y no animamos la Iglesia local en una dimensi6n que le es esencial. (lser<l exagerado decir que las menos misioneros son los que trabajan di­rectamente en la misi6n?).

En el pais donde vives ila lglesia en qué favorece y en qué dificulta el Reino de Dios?

( ... ) Por lo que se refiere a la Iglesia colombiana en generai y a su aperte al Reino de Dios, es obvio que como realidad humana, tiene sus luces y sus sombras. Entrando a juzgar y a analizar sus procesos y actuaciones concretas, un peligro puede ser la tentaci6n de hacer comparaciones con nuestras Iglesias de origen ...

La Iglesia colombiana en este momento es, con toda certeza, un Pueblo de Dios en camino: después de un tiempo de estancamiento, con una organizaci6n piramidal y con un poder también social muy influyente a nivei politico, ha asumido y estéi sumiendo siempre mas las directrices y principios determinados en el Vaticano IL A veces compromelida con el poder, tenia dificultad en su denuncia frente a Ios antivalores del Reino: ahora, con mas valentia y claridad evangéli­ca, perdiendo su miedo, pronuncia y proclama los valores del Reino.

Pueblo de Dios en camino en medio de una situaci6n social de corrupci6n descarada, de guerra civil, de injusticias, de muerte co­tidiana, ha pagado y esta pagando un alto precio de sangre y de vi­das en las personas de Obispos, religiosos y laicos, catequistas y an6-nimos fieles que heroicamente clan testimonio de la fe en Jesucristo, hasta derramar su sangre.

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Sin duda es un pueblo de un aguante infinito: es admirable c6mo el pueblo liso y llano "resiste" a los embites de las adversida­des de la naturaleza y de la injusticia de sus gobernantes ...

Las dificultades so n muchas: la mentalidad y el estilo piramidal no se pierden de la noche a la mafiana, sigue la tentaci6n del poder que a la Iglesia le hace pensar que a mayor poder mayor servicio, dando la impresi6n de estar si al servicio del pueblo mis no con el pueblo.

Sigue prepotente la ilusi6n de que el pueblo colombiano es pie­namente cat6lico (si alguna vez lo fu e), cuando la reali d ad desm.iente de una manera descarada y cruel esa conclusi6n; este hecho corrile­va el manejo todavfa masivo de la fe, con una sacramentalizaci6n m asiva, sin reglas y no coordina da, negando el paso a una evangeli­zaci6n seria, exigente y responsabilizadora. Aquf también parece que los Obispos conffan mucho en los documentos: la verborrea con­fìada a los papeles no deja, por desgracia, mucho rastro en la actua­ci6n y en la vivencia de los cat6licos.

Pensamos que esta llegando una hora de claridad para esta Igle­sia: alli sera totalmente y por fin al servicio de su Sefior y del Reino de Dios.

Santiago de Cali, Mayo 27 de 1999

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R. G. TIEDEMANN

Baptism o[ Fire: China's Christians and the Boxer Uprising of 1900

A s preparations are made to commemorate the hundredth anniversary of the Boxer Uprising, this "midsummer madness" of 1900 remains a well-known but poorly un­

derstood episode in modern Chinese history. Most readers will be familiar with the fifty-five-day siege of the foreign legations in Beijing, for that story was covered by sensational accounts in the Western press at the time and has since been retold in popular books and motion pictures.

While the heroic defense of the diploma tic quarter and its sub­sequent reliefby an eight-nation allied force makes for fascinating reading, it is not the full story. The tragic an d extremely bloody event, usually described as an outburst of intense antiforeign hostility, af­fected much of North China and Manchuria. The majority of the Boxers' victims were, in fact, Chinese Christians and foreign mis­sionaries. In Beijing itself a second siege took p la ce, namely of the North Cathedral (Beitang), where several Vincentian (Lazarist) priests, sisters, and a large number of Catholics held out until the foreign expeditionary force lifted that siege on August 15, 1900, a day after the legations had been relieved. However, the ferocity of the an ti-Christian persecution was such in the Beijing area that nearly ali the Christians were killed outside these two relatively safe centers in the capi tal. The suffering an d marly rdom of the many individuai Chinese Catholics in this vi cariate apostolic was subsequentlypains­takingly reconstructed, based on the testimony of surviving wit­nesses. The results were published to preserve "for the Church of

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Beijing a page of the incontestably most glorious annals of its his­tory:' This collection is remarkable in that, while obviously record­ing in great detail the deaths of foreign missionaries, it also pays considerable attention to the many Chinese converts killed by the Boxers. Only the Jesuits in the neighboring vicariate apostolic of Southeast Zhili took a similarly dose interest in the Chinese victims of the Boxers. [ ... ] The above examples are indicative of the Boxers' ferocity throughout North China. What were the causes that gave rise to this destructive crisis of 1900? Conventional wisdom has it that the origins of this bitter confrontation are to be found in the province of Shandong, w h ere an aggressive missionary conversion strategy is sai d to h ave alienate d the lo ca l populace during the 1890s. The murder in the southern part ofShandong of two Catholic mis­sionaries in late 1897 is seen as the beginning of this inevitable con­fron talion. Since the German navy, by way of compensation for the missionary murder, took possessi o n of Kiaochow o n the promon­tory in the east of the very sa me province of Shandong, i t is often assumed that the emergence in 1898 ofthe Boxer movement in that province was a direct response to the aggressive intervention of the missionaries and their increasingly assertive converts, as well as to the perceived d ose link between the foreign missionary enterprise and an ever more threateni ng Western secular imperialism. This essay discusses, therefore, the means of "conversi o n" employed by the foreign evangelists in North China, the extent of missionary .reliance on diplomatic intervention, and the origin of the Boxer · movement in the border regions of western Shandong an d south­eastern Zhili. It is argued that the short-lived Boxer phenomenon was a unique product of a complex conjuncture of both interna! an d external ca uses. The fin al p art of this study deals w i th the after­math ofthe fateful crisis of 1900, insofar as the Christian enterprise in China is concerned. First let us consider the nature and growth of the missionary enlerprise in the part of North China that gave rise to the Boxers.

Evangelization and Religious Protectorates

Except for the sporadic incursions of Catholic priests to minister to the surviving congregations of"old Christians:' it was not until after

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860 that Christianity began to advance- rather slowly during the first 1:\vo decades- into North China. [ ... ] The densely poptùated yet highly insecure environment in the border regions on the North China Plain, with progressively deteriorating economie conditions and a distinct paucity of upper gentry, fostered socially disruptive human behavior. This pattern was seen in such aggressive survival strategies as feuding, banditry, an d salt smuggling, as well as the pro­liferation of rebellious sects. Yet i t was precisely in these turbulent an d disaster-prone bacbvaters that the rapid expansion of Christianity occurred in Lhe l 890s. And it was here that the Boxer movement appeared during the last years of the nineteenth century.

Both Catholic and Protestant missionary work in the interior of China was greatly facilitateci by the so-called unequal treaties an d associateci agreements. The Beijing Convention of 1860, in particu­lar, created the framework for the significant expansion of Catholic activities during the last third of the nineteenth cen tury. The sur­rep titiously amended Chinese versi o n ofarticle 6 of the Sino-French Convention of 1860 stiptùated, for instance, that Catholic mission­aries were permitted to rent and purchase land in ali the provinces and to erect buildings thereon. The Sino-French treaty fur thermore guaranteed to Catholic missionaries the right to preach in the inte­rior, an d to Chinese converts the right to practice Christianity with­out being liable to punishment. The imperia! edict of April8, 1862, exempted Chinese Catholics from making contributions toward communal endeavors that were deemed to contain "superstitious" practices. Most important, although no t provided for in any treaty, France assumed the right to protect ali Roman Catholics in China, regardless of nationality. This protectorate was, in practice, extended to Chinese converls as well.

Un der the treaties the missionaries- Catholic as well as Prot­estant - were in a better position to vigorously pursue their cali­ing. Not surprisingly, their often provocative responses to local ef­forts to preserve China's cultura! integrity brought them into social conflict. The greatest threat to local power holders carne from the missionaries' role as formidable politica! actors. Catholic priests, in particular, explicitly challenged both the formai an d informai agents of Chinese politica! power. They'were part of a complex an d proac-

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tive ecclesiastica! hierarchy that deliberately paralleled the increas­ingly inert Chinese administrative structure. Furthermore, in their dealings with local government functionaries, Catholic priests in­sisted o n wearing Chinese offida! dress an d considered i t their right to demand preferential access and to be treated as social equals with local officials.

Some missionaries and Christians were prone to violate the cultura! an d mora! principles of Chinese society, for instance, when Christians performed their religious observances openly and quite conspicuously. Occasionally the provocative display of the symbols of successful expansion (chapels, churches, schools, orphanages), often distinctly foreign in appearance, caused local opposition. Dis­putes in connection with local socioreligious practices constituted a frequent source of an ti-Christian conflict. Weddings and funer­als, in particular, were occasions tbat could give rise to an ti-Christian hostility and even violence. Wbere Christians chose to set them­selves apart so as to enjoy the privileges that missionaries had won for them under the religious toleration clauses of the treaties, their behavior might create or exacerbate intracommunal tensions. The Christians' refusal to take part in communal practices that they claimed to bave a "superstitious" character, such as traditional an­cestor worship, could be especially contentious.

Tbe extent to whicb the preceding examples of intrusive be­havior resulted in actual conflict is difficult to assess. On the one band, accommodation and toleration may bave been more com­mon features tban ostracism and marginalization. On tbe other band, it may not bave been the bebavior of Christians that pro­voked hostility but popular and elite attitudes toward outsiders, shaped by the unsbakable belief in Cbinese cul tural superiority that permeated alllevels of society. In this connection, we bave to keep in mind that the great majority of rural dwellers bad never seen Europeans and may have derived their opinions of tbem from tl1e long tradition of lurid tales propagated in incendiary posters, ca­lumnious pamphlets, an d ugly rumors. Tbe socalled irrational forces a t work in some of the antimissionary agitation were conditioned by tl1e widely held -Chinese belief that the foreigners engaged in atrocious practices, immorallicentiousness, sorcery, and the kid-

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napping of children. In certain circumstances such fears gave rise to xenophobic reactions. [ ... ]

In environments where violent competition over scarce re­sources was endemie- such as the provincia! border complex on the North China Plain - the political incentives Christianity of­fered were thus especially attractive. By enlisting the support of the church, the weaker groups in the community had a chance to stand up to the dominant and oppressive elements. Against the back­ground of increasing pressures on local resources, the Christians consequently gained preferential access to these resources and were quick to exploit their privileged position. The converts' competitive approach was a common feature of traditional rural society, espe­cially in the turbulent districts on the North China Plain.

Certainlyin the border districts o n the North China Plain, Chris­tian congregations were basically similar in social composition to non-Christian communities, because in this highly competitive environment conversion was typically a collective survival strategy. Secure in the knowledge that they would be protected by the rnis­sionaries, the Christians and potential converts were quick to take advantage of this new situation and began to display greater assertiveness. Except for the fact that Christian assertiveness ulti­mately rested on foreign power, there was nothing unusual about such practices. In this context, "conversion" must be seen as an inte­grai part of traditional patterns of competition and coopera tion . The fa c t that o ne of the rival groups in factional conflict claimed to be Christian was not necessarily the cause of hostility, at least not tl1e principal cause.

No t un til the 1880s was this area opened up to rnissionarywork. The American Board was able to expand its operations in north­western Shandong in consequence of the substantial relief afforded during the 1876-79 famine. French Jesuits began to move into the border districts of southern Zhili and northern Jiangsu. More sig­nificantly, in 1882 two missionaries of the newly established Society of tl1e Divine Word (S.V.D.) were given responsibility for the south­ern half of the province, an area where there were virtually no Chris­tians at that ti me. In 1885 Rome elevated that mission to a vicariate

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apostolic under the exclusive care ofthe S.V.D. Un der its ambitious vicar apostolic Johann Baptist Anzer, South Shandong developed very rapidly into a successful mission field. Having accepted the German religious protectorate in 1890, this dynamic an d essentially German Catholic missionary enterprise flourished particularly in the wake of the Sino-Japanese War, when German imperialist am­bitions carne to be focused on Shandong.

lmpact of the 1890-95 Sino-Japanese War

The missionary's role as local protector became particularly promi­nent during and after the 1890-95 war with Japan, when the prov­ince experienced significant dislocations. The transfer of Chinese troops to the front had caused a power vacuum, especially in the areas of endemie violence. Here the rapidly expanding predatory groups took advantage of the situation and caused a further escala­tion of rural unrest. In the absence of effective government inter­vention, the rural dwellers were left to their own devices to curb the progressive intensification of banditry. Various intervillage defen­sive organizations, many of which had originally been created at the ti me of the midcentury rebellions, were now reactivated through­out Shandong Province. Of particular interest is the emergence in the Shandong-Jiangsu border area of an irregular self-defense or­ganization, namely the Big Sword Society (Dadaohui). Established to deal with the escalating bandit problem, in early 1896 it carne into conflict with local Christians, most likely as a result of the latter's refusal to join in communal defense because of the Big Swords' char­acteristic invulnerability rituals. These frictions culminated in vio­lent Dadaohui attacks on Christian communities in southwestern Shandong and northwestern Jiangsu in the summer of 1896. Al­though essentially a minor affair, i t did bave important consequences and illustrates the opportunism inherent in the missionary enter­prise in zones of competitive violence.

The Christians benefited most [rom the postwar developments. In spite (or, more likely, because) of the considerable hardships ex­perienced by ordinary folk in mucq ofNorth China, the years 1895-98 saw unprecedented growth of interest in, and conversion to, Christianity. [ . . . ] The growth of Christianity accelerated during the

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prevailing reformist clima te that emerged in reaction to the humili­ating defeat by Japan an d culminated in the so-calle d Hundred Days Reforms of 1898. Local officials and innovative members of the lo­cal elite interested in Western-inspired development established closer contacts with the missionaries during this peri od. This situa­tion, h owever, did not preclude some of the Shandong provincia! officials, removed from office o n German insiste n ce be cause of their alleged unfriendly behavior after lhe Juye affair, from secretly con­tinuing to hat·bor antiforeign sentiments.

Origin and Spr~ad of the Boxers

Given the relatively harmonious relations between Christians and non-Christians in North China after the Sino-Japanese War, the rise of the Boxers as an an ti-Christian movement in 1898 is rather surprising. According to Joseph Esherick, the origin of the Boxers can be traced to the emergence of a martial arts group known as the Spirit Boxers (Shenquan) in northwestern Shandong. He identifies their most charactedstic aspects, namely the practice of mass spiri t possession, along with the "boxing" and deep-breathing exercises a nd invulnerability beliefs and rituals that supposedly made them imperious to injury by sword or bullet. Some of these practices m ay have been adopted from two precursors of the Boxer movement, namely the Big Sword Society of southwestern Shandong and the Plum Flower Boxers (Meihuapuan) in the Shandong/Zhili b01·der area. Both these groups had gained notoriety because of their an ti­Christian aclivities (the Big Swords in 1896; the Plum Flower Box­ers supported non-Christians in their struggle with Christians over contro! of a viUage tempie in 1897-98) . Although these earlier inci­dents were of minor importance, they acquired considerable retro­spective meaning because of subsequent events. The link between these societies an d the Spirit Boxers, however, is by no means d ea r.

In late 1898 the Spirit Boxers changed their name to Boxers United in Righteousness (Yihequan) and Militia United in Righ­teousness (Yihetuan), the latter implying a degree of official recog­nition. At the same time, the first Boxer attacks on Catholics were reported in northwestern Shandong. All the while tl1e movement

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was gaining momentum, spreading northward from Shandong into Zhili toward Beijing and Tianjin. What were the reasons for this transformation of really insignificant local selfdefense groups into a large-scale conflagration?

l t is now recognized that the unique conjuncture of events and circumstances from late 1898 onward was of pivotal importance to the explosive upsurge of antiforeignism, expressed primarily in the form of widespread anti-Christian violence. O ne significant element in the conjuncture was the palace coup ending the Hundred Days Reforms in late September 1898. l t brought about a degree of con­vergence of disparate and otherwise mutually antagonistic strands of popular and elite opposition to alien encroachment. With the militant-conservative faction in contro! in Beijing, various forces showed a greater determination to confront rea[ or imagined for­eign secular and religious intrusions. [ ... ]

In China's more advanced areas (eastern Shandong, coastal Zhejiang, and Sichuan), elile resentment developed in response to the foreign scramble for economie concessions (mining and rail­ways). There is less evidence that these elite concerns were shared bythe simple peasants in the provincia! border regions, where eco­nomie imperialisrh was not an issue. [ ... ] What is certairùy true, in view of the considerable physical mobility of Shandong's rural dwell­ers, is that currents of concern and apprehension could rapidly spread a cross the country in the form of village gossip, inflamma­tory pamphlets and placards, and, most important, unsettling ru­mors. The emergence of the pro-dynastic slogan "Protect the Qing, exterminate the foreign" in late 1898 is a good example. Although promoted by the Boxers, it is my belief that it was transmitted to them indirectly from eli te currents of resistance to foreign economie an d politica! encroachment. [ . . . ]

Recent scholarship has put forward a rather more compelling explanation for the dramatic expansion of the Boxers, namely the prolonged famine episode cause d by the extensive drought ofl898-1900, which in conjunction with other factors produced a far more explosive potential for violence. [ ... ] Although violence, dearth, an d famine were recurring events and part of everyday !ife jn parts of North China, this particularly severe and prolonged environmental

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disaster coincided with a number of other significant and threaten­ing events. In this context the most frightful rumors spread across the countryside and into the cities. They had unusual potency and were widely believed. Fear of drought-induced death and the belief that the disturbing presence of aliens was ultimately responsible for this calamity encouraged the spread of the old harrowing an d often racist tales about foreigners an d their Chinese adherents. The charge tha t Christians were poisoning wells was by far the most widely cir­culated news. Given the particular conjuncture of circumstances, this highly inflammatory rumor at a time of life-threatening fa m­ine was instrumental in creating mass panic and hysteria. In this time of crisis, toleration was at a minimum in the affected commu­nities and old quarrels over scarce resources were easily revived. The fearful postcoup climate thus helped revive long-forgotten in­ciden ts an d transform simmering lo c al animosities in t o widespread and more or less sitnultaneous outbreaks of organized violence against Christians and missionaries.

From Conflict to Accommodation

In the fina! analysis the Boxer movement was driven by a volatile mixture of grievances, resentment, misery, an d fear as a multistran­ded and complex response to mounting internal and external pres­sures. While the un fortunate entanglement of secular an d religious imperialism in the form of religious protectorates was to some ex­tenta contributory factor in the sudden upsurge of an ti-Christian violence between late 1898 and 1900, the actual nature ofthat rela­tionship was never as dose as is often asserted in the scholarly lit­erature. Moreover, it is an exaggeration to claim, as is often clone, that the uprising was in reaction to the imposition of the foreign evangelists' version of ideal Christian living upon local society. O n certain occasions some missionaries and local Christians did vio­late the cultura! and moral principles of Chinese society or inter­fered in local politics. But it is my contention that toleration and acceptance of the Christian faith were operating most of the time in most places, including areas of traditional violence. Such anti-Christian conflict as did break out was more often than not linked to traditional forms of strife.

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On the whole, the reali ty of contact between Christians and non-Christians, especially when foreign agents were not directly involved, was very different from the violen t confrontations com­monly portrayed in the literature. The more common pattern was one of peaceftù coexistence between adherents of the church and their non-Christian neighbors. What was emerging from the lo­cally negotiated Ch ristian accommodation to prevailing social ar­rangements was a lcind of Chinese folk

Christianily,largely constructive an d non-threaterùng. The Boxer Uprising was merely a temporary setback, the outcome of a particu­lar conjuncture of circumstances during an abnormally severe natu­ra! calanùty. Whereas in normal times a modus vivendi might have been worked out, during the environmental crisis of 1898-1900 for­eigners and local Christians became convenient scapegoats.

This reading of the Boxer phenomenon helps to explain why, after the much-needed rains carne and restored the land, the pre­Boxer pattern oftoleration and cooperation belween Christians and non-Christians reasserted itself. Moreover, many of North China's surviving Christian communities emerged much stronger from the Boxer ordeal. [ ... )

Indeed, one could regard the Boxer Uprising as a significant turning point. For one thing, the traditionally turbulent parts of North China witnessed a remarkable subsiding of"nùssionary cases" after 1900. Catholic an d Protestant missionaries, for their p art, ha d come to realize that an aggressive approach, such as interference in litigation, was proving counterproductive in the long run. At the same time, provincia! officials and innovat ive local notables were now ready to invite missionaries and Christians to participate in

·~·"""' the long-overdue modernizing reform program, primarily in the ,_ r '-' area of education. In other words, the Ch ristian enterprise achieved V a degree of recognition by the Chinese ruling class , and in this fa­

vorable clima te Christianity continued to expand. This understand­ing of the dynamics of the Boxer movement allows us to see tl1e events of a century ago in North China as a tragic anomaly.

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R.G. Tiedemann INTERNATJONAL BULLETIN OF M ISSJONARY RESEARCH

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RMX Seconda tappa

Capitolo Terzo: caratteristiche del nostro carisma Sintesi delle risposte delle Regioni

Comunione e comunità (59-61)

Accordo con la tesi (RDC, MOZ, BS). La comunità, come partecipazione alla comunione comunitaria,

mostra la bellezza della comunione fraterna(BN). Lo spirito di famiglia, cui il Fondatore teneva molto, è chiama­

to dono di Dio (CT), dimensione per noi indiscutibile, esigita dal no­stro carisma, voluta dal Fondatore, anche se pensata all'italiana. È un dono e una caratteristica che di fatto la gente ci riconosce (DC). Diritto e dovere di un Saveriano (GP). Nostra identità (MX), parte integrante e valore fondamentale della nostra famiglia (BS).

La comunità come modo di vivere la missione è uno degli aspetti più stimolanti della nostra spiritualità e una delle caratteristiche più apprezzate. Dimensione costitutiva. Il Conforti la propone forte­mente: 'amatevi come fratelli: per ragioni evangelico- cristologiche e esigenza fondamentale della vocazione missionaria. Dono che lo Spirito, attraverso il Fondatore, pone nelle nostre mani (ES).

Valore evangelizzatore délla comunità: è luogo e testimonianza di evangelizzazione (BN, BS), soprattutto dove domina la guerra, l'odio, la divisione (RDC). Non solo segno o strumento che facilita la missione, ma in se stessa segno profetico del Vangelo e già annun­cio del Regno, soprattutto in questo mondo segnato dalla divisione, icona della salvezza universale: 'fare del mondo una sola famiglia' (ES). Garanzia del valore del messaggio che portiamo (GP).

Più che di comunità, parlare di famiglia, ma il paragone con la

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famiglia naturale può essere pericoloso. Ci uniscono dei valori e non la scelta personale. La nostra famiglia nasce dall'amore di Dio, e non da carne e da sangue. Cristo è colui che crea unità nella diver­sità, più che accorgimenti e criteri umani (DC).

Condizioni e mezzi: - Volontà di fare comunità e di darci tempo (DC). -Accettazione dell'altro (BN, CO, RDC, USA) . Rispetto della in-

dividualità e della diversità, comunione di intenti, non uniformità; rispetto dell' internazionalità, dialogo, comunicazione, sensibilità ver­so gli altri. Individuare il livello possibile di comunità. (DC). Impa­riamo ad accettarci come siamo con i nostri limiti e sbagli, perché tutti ci sentiamo capiti e amati, ma nello stesso tempo, capacità di conversione, cambiamento, tener viva la tensione verso ciò che sia­mo chiamati ad essere (ES).

-Creare comunità viabili (BN, RDC), però le comunità devono essere aperte ad accogliere ogni confratello (RDC). Creare comuni­tà stabili (DC). Dialogo con i Superiori perché ciascuno sia messo nel posto dove può dare il meglio di sé (ES).

- PCV: mezzo importante (MOZ) anzi, indispensabile, fatto in comunità con umiltà, obbedienza, carità e 'correzione fraterna'. , . rivisto. Solo la chiarezza di questo progetto e l'accettazione da parte di tutti può aiutare a comporre le diversità e crescere nel rispetto reciproco (ES). Chiarezza su alcuni principi: l'alternativa alla co­munità è solo l'individualismo (CO). Un ideale comune attraverso il progetto comunitario di vita realistico e adatto ai membri. Com­pito della DR richiamare al PCV (RDC).Armonizzare rapporti, pre­ghiera, pasti, svago ecc (DC). Programmazione e verifica (DC). Di­scernimento comunitario e riunioni comunitarie. Valutazioni, pro­grammazioni, PCV in un ambiente di riflessione, preghiera e pro­fondità (MX). Cooperazione, responsabilità, accountability può essere domandato da tutti a tutti (USA).

- Per le distanze, le sfide missionarie ecc. necessarie comunità di tre persone (MOZ).

-Una formazione che ci porti ad amare la comunità indipen­dentemente dalle difficoltà che si possano incontrare (MX).

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-Liberarsi continuamente dall'io per dare spazio al noi (CO). L'individualità non è in antitesi con la comunità. Si tratta di mettere la propria individualità al servizio del progetto comune (GP). Sot­tolineare più il chi siamo che il cosa dobbiamo fare. E' sul fare che spesso ci dividiamo (USA).

- Favorire l' autoconoscenza delle persone (BN). -Capacità di ascolto CO); dare tempo al dialogo e allo scambio

profondo ( CT), comunicazione profonda della fede, delle esperienze, di ciò che si è e che si ha. Comunicazione ricevuta e data, reciproca (ES). Vivere in una dimensione di fede (MOZ) . La comunicazione è importante (USA, BS, SL). Richiede di saper'sprecare tempo' in­sieme. Vacanze, serate, riposo insieme (USA).

-Parlare positivamente dei confratelli (CT), fiducia reciproca. Che nessuno si senta minacciato (RDC). Apprezzamento dell'altro e dei suoi valori, abbattere pregiudizi e barriere. Rendere la comu­nità una realtà concreta, con condizioni e opportunità come in altri contesti umani (DC). Rispetto e apprezzamento dell'altro (USA).

- Pregare insieme e gli uni per gli altri (CT, MX). Dare maggior spazio all'ascolto della Parola in comunità (ES, MX). L'amore alla comunità cresce condividendo la Parola di Dio, il dono della fede, i beni, le opportunità della nostra vita e revisionando insieme i lavori apostolici (MX).

- Gesti di amicizia e di perdono (CT, DC), correzione fraterna (DC). Gesti di gratuità in occasione dei compleanni (MX) .

- Importante il ruolo del Superiore. Dovrebbe avere più corag­gio nell'accostare i confratelli e parlare loro (CO). Animazione da parte del Rettore, della DR e della DG (MX).

- Evidenziare l'aspetto comunitario su quello romantico- indi­vidualistico della missione (DC). Nella programmazione ciascuno deve domandarsi se quello che fa è per esigenza della missione o per esigenze personali come autosoddisfazione, fuga, ricerca di se stesso ... (ES).

- Combattere il nazionalismo, l'etnocentrismo e il provinciali­smo (DC) .

-Indicare in comunità un livello minimo di idee, di attività e di collaborazione (DC).

- Ascesi della vita comunitaria (DC).

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-Allargare la famiglia anche ai non Saveriani, ad es., lavorando insieme con altre Congregazioni (DC).

- Consapevoli dei limiti della formazione, abbiamo bisogno di una Formazione Permanente che ci educhi alla comunicazione le­gata alla vita e essenziale (ES).

Comunità internazionali L'internazionalità, con un crescente numero di membri di diverse culture che lavorano insieme, deve essere presa molto sul serio, in uno sforzo comune di trovare nuove vie di comunione e di comu­nità (USA). Punto di incontro deve essere la cultura della gente presso cui ci troviamo (CT), per la quale ci vuole pill accoglienza e rispetto (BS). Anche altri accennano al problema dell'internazionalità, par­lando di diversi argomenti.

In pratica -Il vissuto nelle nostre comunità è molto meno entusiasmante

che la teoria. La cultura moderna fa sì che, se non stiamo attenti, le nostre comunità siano affette da un serio individualismo (ES). La vita comunitaria è un punto debole della nostra vita sx (MOZ). A volte tendiamo ad essere i soli 'proprie Lari' delle nostre attività, con il risultato che alcuni sono degli eccellenti missionari, ma dei poveri saveriani. Alctmi si sentono prima missionari che Saveriani. Sono diventati saveriani per fare i missionari (USA).

- Rapporti problematici: stanchezza nel dialogare e facile scelta per cammini personali (DC) . Mancanza di dialogo (CO). Voglia­mo essere ascoltati, più che ascoltare, essere riconosciuti, piuttosto che riconoscere (USA). A volte c'è troppo "rispetto" per l'individuo, fino a tacere anche quando ci si trova di fronte ad atteggiamenti non evangelici (SL).

- Molto cameratismo, ma poca amicizia e comunità di fede. Superficialità (MX).

-Limiti dell'autorità e durezza della comunità(DC). - Difficile condividere la vita spirituale, intellettuale e le espe-

rienze di relazioni esterne e di apostolato (DC). C'è un problema di comunicazione profonda e di scambio della fede e delle esperienze senza paura di esprimere e di ricevere critiche (SL).

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- Individualismo (CO, ES, DC). Sembra che l'individualismo non sia un fenomeno recente, ma faccia parte del DNA sx (GP) . Vedi la difficoltà ad elaborare un vero PCV che non sia solo una di­stribuzione razionale delle attività (SL) Siamo parte di una cultura in cui l'individualismo sembra avere un grosso peso (USA) . Pater­nalismo, desiderio di popolarità, refrattarietà alla comunicazione comunione (DC). Manchiamo di professionalità: mentre la società va verso teams di lavoro, noi verso la settorializzazione e l'attività individuale (DC). C'è a volte la sensazione che il missionario quan­do è inviato in missione diventi più individualista (BS).

- Una particolare difficoltà deriva dalla relazione tra comunio­ne-comunità e i soldi (BS).

- Protagonismo (CO). - Lo spirito di famiglia può essere compromesso da varie 'pic-

cole' cose: impostazione del tempo, consumismo, uso del denaro, carenza di dialogo, critica, gelosia, concorrenza, richiami della fa­miglia di origine, esagerazione di internet e telefono, volgarità del linguaggio, prolungare il tempo del sonno, fascino del benessere, imporre/subire la lingua quando si parla in comunità (DC).

-Limiti nella formazione: non tutti siamo stati educati e aiutati a crescere nella comunione che ci è chiesta oggi. Siamo stati educati a forme di spiritualità, preghiera, vita molto più individualistiche. Per crescere dobbiamo esserne coscienti (ES). Finora siamo stati formati in modo diverso, da formatori con idee diverse su ciò che significa essere Saveriani. La R.MX può essere un'occasione (USA).

Il fatto che ci si dona per la gente, ma si fa fatica in comunità, è segno di incompleta e sbagliata formazione e di poca maturità per­sonale. Molti problemi vengono dalla formazione e da lacune per­sonali e problemi psicologici irrisolti (CO). Il fatto che ci si sacrifica per la missione ma si fa difficoltà con i confratelli è dato da: caratte­re ed educazione ricevuta; poca consapevolezza che l'attività pasto­rale è comunitaria ed ecclesiale; bisogni impellenti della missione cui si risponde in modo individuale; il fatto che il confratello si sen­te piLl accettato dalla gente che dalla comunità (ID).

Casi particolari vanno affrontati cercando soluzioni adatte alla persona e con carità (CO).

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Lavoro pastorale e Comunità

La nostra famiglia è missionaria, aperta al mondo. Tra il binomio famiglia- missione deve esserci equilibrio e sana tensione. Tener pre­sente che, se la comunità è segno del Regno, il nostro primo proget­to pastorale deve essere la comunione fraterna nella nostra comu­nità. E' la comunità che è depositaria della missione e che ci manda (ES). Tra lavoro apostolico e comunità si deve trovare un equilibrio. La comunità va sempre salvata determinando chiaramente i mo­menti e gli aspetti comunitari e attraverso un buon discernimento comunitario sull'apostolato e sulle iniziative individuali. In questo è importante il ruolo del Rettore. Il punto di riferimento per far incontrare le esigenze dell'apostolato e dei fratelli: lo stile di far mis­sione della congregazione (CO). DC si interroga se i bisogni del­l'apostolato devono sempre governare la vita di comunità. L'equili­brio tra efficienza e flessibilità della comunità non è facile. Occorre capacità di riconversione e flessibilità. Considerare anche l'età. Ol­tre alla armonizzazione dei due aspetti, DC propone di fare delle esperienze comunitarie di apostolato. Perché la comunità sia ani­mata dalle esigenze della missione, ID sottolinea la necessità di pro­grammazione fatta insieme e decisioni prese insieme.

Ci aiuta a liberarci da una concezione troppo individualista della missione, vista solo come realizzazione personale. Ci porta ad ap­prezzare i risultati degli altri e a dare il nostro apporto critico con rispetto e cordialità (CO) . Un lavoro troppo personale sarà effime­ro, generico e senza futuro. Segno di questo: in molte nostre par­rocchie non è rimasto nessw1 segno saveriano caratteristico (CO) . La comunità permette la continuità nel lavoro e la maturazione di idee e progetti apostolici. In GP situazioni particolari hanno favori­to l'individualismo, ma oggi l'ideale della comunità e comunione va realizzato con una più decisa volontà comune, perché il futuro della m issione in Asia richiede la missione in Comunità e Comu­n ione e perché la chiesa locale ha bisogno di un gruppo di evangelizzatori compatti (GP).

Evidente per una società apostolica la difficoltà ad integrare bene apostolato e vita comunitaria. Di aiuto in questo: comunicazione, capacità del Superiore, confronto comunitario, PCV. Di peso: in-

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fantilismo, immaturità, invidia, gelosia, complesso di superiorità, il sentirsi addosso il giudizio degli altri e il chiudersi alla correzione fraterna, i battitori liberi in missione che portano in Italia lo stesso stile, la mancanza dì senso di appartenenza (IT). Necessità di curare la comunicazione perché le comunità siano regolate dalle esigenze dell'apostolato (MX).

E' urgente porre un freno a coloro che fanno dei progetti per­ché sanno che possono disporre di molti mezzi che amministrano per conto loro. Con la forza dei soldi si impone alla comunità. Spes­so li si lascia fare perché al momento buono ciascuno potrà fare ciò che vuole (ES).

Che ci siano luoghi dove non è possibile vivere in comunità, deve essere un fatto eccezionale, limitato nel tempo e accettato solo dopo attenta valutazione comunitaria, regionale e DG (CO). Situazioni di assenza devono essere solo momentanee e passeggere. Rifiutare situazioni che escludono la comunità (DC).

Dove il parroco è anche animatore della comunità, c'è il rischio di costruire una comunità di lavoro. Come risolvere il problema? (RDC).

Dicotomia tra individuo e comunità (su questo punto riportiamo integralmente il testo della GB)

No body denies that the dichotomy individual-community in veri­fiable everywhere. In our set up of British Region where respect for the person is paramount, evento the detriment of the community, we appeal fora kind of training, which prepares people to work as a team. The personal/psychological aspect in the formation process must take pride of precedence. I t will make sure that interpersonal relationships will no t hinder but rather strengthen the group. I t will lead to a sort of ownership/interest in what the other do es, avoiding accusations of individualism not to mention difficulties for conti­nuity when the people move on. Ali this calls for a more relaxed kind of community. Individuals who wanted to emphasise "com­munity'' have very often created more problems than they have of­fered solutions. Community in not just a blue print for all to follow but it must be flexible an d have the understanding of w ha t consti­tures the community life in different specific contexts. I t must be a

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piace of healing where brokenness is considered and accepted and confronted. Practical implications will help to define what kind of community must be created. The emphasis on everything having to be shared, does no t work, i t willlead to individualism. If too high a standard is se t then it could become intolerable -whereas a more relaxed definition of community can accommodate even difficult confreres, in many cases very dedicated an d generous, or individuai apostolates, sometimes more akin with the new vas t reality of the present world, which the community must try to consider. This kind of communitywill strive fora mode! of collaboration ministry, where lay people w ili also be active a t alllevels. There could be sometimes an excessive spiritual dimension stifling a much more human ap­proach. The apostola te is the most important thing, which will help to define an d lead the community. Having the values an d doing the things of the kingdom will achieve the balance. Someone would like to forge t the family metaphor an d speak of the heart metaphor instead. The two componen ls of missionary life and community life are like the two sets of valves of the heart - the heart cannot work without both, neither has priority o n the other, both are nec­essary- one leads you out and the other brings you in. But what brings you in will put in motion w ha t brings you out. One acts an d lives of by, the other .

But there is aJso the odd one who insists that the dichotomy individual-community arises only by the fa et that o ne do es no t want .to admit wholeheartedly that communion and community are not means but goaJs of our living together. Without this conviction, community w ili always be used in so far i t helps o ne to a chieve w ha t he wants and individualism will obey to the drive of perpetuating oneself in line with the instinct of procreation.

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FREI BETIO

Seduçao neo liberai

N essa sociedade neoliberal que respira a cultura globocoloni­zadora, de carater consumista, a verdadeira cultura é substi­tuida pelo entretenimento. Busca-se formar consumidores e

nao cidadaos. Menos razao e mais emoçao. Cultura é tu do aquila que humaniza o nossa espirito e a nossa consciencia. Ora, como o sistema multiplicara os seus lucros se as pessoas tiverem senso critico e refina­mento espiritual? Sa o Francisco de Assis, hoje, seria o anticonsumista. S6crates passeava pelas ruas de Atenas para ver quantas coisas o comércio oferecia e que ele nao necessitava.

A receita de sucesso do sistema é tornar o supérfluo necessario. Fazer com que o consumidor prefira perder a cabeça do que ver desaparecer das prateleiras o seu xampu preferido ... Ninguém liga a TV para ver anuncios. Exceto a TV a cabo, ninguém paga para ver TV. Eia vive dos anuncìantes. Mas precisa de programas e telejornais para atrair o telespectador. Tudo bem pensado para distrai-lo, entrete-lo, se m incomoda-lo e, muito menos, leva-lo a perceber q ue a realidade contém fatos e verdades que o senso comum ignora.

Ja pensou a TV exibindo urna série de reportagens sobre a divida externa brasileira (US$ 231 bilhoes) e seus efeitos na economia nacio­nal e na qualidade de vi da do n osso povo? Nao daria ibope. A menos que fosse um programa muito bem feito, sem a chatice dos chavoes da esquerda, que nao a prende a lidar com o universo onirico dos telespec­tadores. Prova disso é que, na hora das campanhas eleitorais, os candi­datos majoritarios de esquerda contratam publicitarios sem nenhuma afinidade politica ou ideologica com eles. Dai a contradiçao entre o conteudo e a forma da mensagem. Como se s6 a direita soubesse fazer sonhar. Quando a esquerda- ou o que resta dela- vai a prender algo de estética? Beleza é fundamental, ja alertava Vinicius de Moraes.

A força do sist~ma reside em seu poder de seduçao. Ele mexe

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com a mente e o coraçao das pessoas. Acena com riqueza facil, bele­za fcicil, poder facil, desde que se adotem os seus valores: acumular, competir, ficar-na-sua, nao se envolver com problemas alheios e causas coletivas. Imprima à sua vida o doce embalo dos filmes de Hollywood. Ou voce conhece algum vencedor ( winner) sem urna boa dose de egoismo?

Assim, o sistema desumaniza, dando urna no prego e outra na ferradura. Pois quando a desumanizaçao aparece na fo rma devio­lencia urbana (por que os pobres ficariam isentos da seduçao da riqueza?), entao o sistema grita: Basta! Desarmem-se! Ora, como desarmar-se num sistema que induz a desamar? Conhece algum vencedor preocupado com a sorte dos 50 milhoes de pobres e dos 21 milhoes de miseraveis que existem no Brasi!? (Dados IBGE/2000).

O neoliberalismo descobriu o que os alquimistas e cientistas bus­cayam ha séculos: o elixir da eterna juventude. Malhar, submeter-se a cirurgias plasticas, vestir-se e agir como se fosse eternamente jovem. Claro, tùnguém esta satisfeito com o proprio corpo, exceto os que nao prestam muita atençao nele e consideram a velhice bem-vinda. Fora disso, é tratar de encobrir as rugas, esconder a celulite, adotar regirnes de fazer inveja a faquir. Sofrer, sofrer muito para ser contem­plada como urna nova Venus ou um nova Apolo. Sofrer no bolso e na auto-estima, na ascese diante de urna suculenta feijoada ou um bolo de chocolate, na perda de horas de leitura e aprimoramento cultura} para dedicar-se à esculturaçao do proprio corpo.

A perenizaçao do presente, como experiencia privada, é reflexo da "privatizaçao" filosofica do neoliberalism o, que tem como efeito a glamourizaçao das relaçoes pessoais, criando novos apartheids. Sao excluidos aqueles que nao correspondem aos modelitos do consumismo imperante, como os gordos, os velhos e os feios.

Ficar doente, ter urna deficiencia fisica ou um filho com urna anomalia mental, é caso para esconder debaixo do tapete. Quase todo mundo tem, m as pouca gente sabe. Quase todo mundo tem na familia um parente portador de urna l6gica singular considera­da maluquice, mas a familia marre de vergonha, da um jeito de esconder. Por que? Porque vivemos numa sociedade em que incor­poramos os modelitos do consumismo. Nao somos capazes de amar o d iferente. Buscamos a sem elhan ça. Ou melhor, reinventar-nos à

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imagem e semelhança dos atores e atrizes, atletas e apresentado­res(as) de TV que servem de paradigmas consumistas.

O que aconteceu em Porto Seguro, em abril, foi algo mais grave do que a imprensa fala. Nao nos assumimos como naçao brasileira, com as nossas raizes. Uso urna metafora: tenho um filho deficiente mental, dou urna festa na minha casa e clou um jeito de sumir com esse menino. Porque se ele aparecer na festa quebra o clima. Mas, em plena festa, o menino aparece.

Poi isso que ocorreu em Porto Seguro. Os povos indigenas sem­pre foram considerados, pela nossa cultura segregacionista, como esse menino que tem de ficar la no mato, porque decidimos que somos descendentes dos europeus.

Basta recordar que o Brasil sempre esteve de costas para a América Latina. Todo o desenvolvimento brasileiro se deu na faixa litorànea. A nossa proximidade com a Europa e, mais recentemente, com os Esta­dos Unidos, é muito maior do que a nossa proximidade com o conti­nente latino-americano. Talvez sejamos o povo que tem menos senti­mento de latino-americanidade. Agora, raizes indigenas, nem falar ...

Por que? Porque temos urna enorme dificuldade de nos assumir como povo brasileiro, nao fomos educados para isso, nao entendemos o significado dos povos indigenas. Eles representam urna reserva an­tropologica unica no planeta. Temo que,assim como hoje crianças brin­cam com dinossauros, num clima de certa nostalgia, com pena daque­les bichoes terem desaparecido, da qui a 200 anos talvez venhan1 a brin­car com indiozinhos, e quem sa be um menino dira para o outro: "O vov6, quando era criança, viu um indio vivo na televisao':

Olhamos o indio a partir do que n6s temos e eles nao tem.A difi­culdade é fazer o exercicio contnirio. O que eles tem que eu nao te­nho? Eles nao tem apropriaçao privada de bens, nao tem miséria -estou falando de indios aldeados, aqueles que a in da estao tribalizados - nao tem indiferença a quem sofre, nao tem marginalizaçao de ido­sos e crianças. Eles tem um profundo espirito de solidariedade.

O Brasil abriga, hoje, cerca de 350 mil indios, distribufdos entre 215 etnias que dominam 186 diferentes idiomas. E ainda ha quem repita que, neste pais, s6 se fala urna lingua ...

Ha pouco estive numa empresa de correio privado que promove semimhios internos para elevar o nivel de cidadania dos seus funcio-

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narios. O vice-presidente da empresa abriu a sessao d.izendo: "Olha, precisamos crescer em consciencia de cidadania; ontem vi na televi­sao aquela manifestaçao em Washington contra o FMI e fiquei pen­sando: se o brasileiro tivesse o minimo de consciencia de cidadania, n6s estariamos fazenda o m esmo na porta do Tribuna! de Contas no Municipio de Sao Paulo. Com essas denuncias contra o prefeito ... Mas ninguém sequer passa la com o carro e da uma buzinada':

Falei para mim: "Poxa, alguma coisa esta mudando nesse pais, onde urna empresa esta preocupada com o crescimento da consci­encia cidada': Hoje, muitas empresas admitem que falsos valores, como a competitividade, entram tanto na cabeça dos funcionarios, que eles acabam competindo, na mesma empresa, entre si. Ai emperra a coisa. Porque a competiçà:o deve ser de empresa a ero­presa. Mas a idéia de que tenho de competir, tenho de passar por cima do meu colega do trabalho, acaba predominando.

É como o problema da va cina da Aids. Penso que vai demorar a ser descoberta. Por que? Porque o cientista que descobriu, na Fran­ça, urna proteina, nao fala para o outro que descobriu nos Estados Unidos urna enzima. Todo mundo quer ser o primeiro a chegar no podio. Até porque se sabe que, quem chegar primeiro, vai lucrar com a vacina, no primeiro ano, US$ 10 bilh6es. Se houvesse coope­raçao, talvez ja existisse vacina para Aids.

Infelizmente nao ha o mesmo empenho para se aplicar a vacina cont:ra a fome, que mata muito mais do que a Aids. A va cina é um prato de comida por dia. Mas como a fome faz distinçao de classe, e a Aids nao, entao temos, em Santa Monica (EUA), a Fundaçà:o Elizabeth Taylor Contra a Aids, mas nao a Fundaçà:o Elizabeth Taylor Contra a Fome.

Existe um outro problema além da fome e que, como a Aids, nao faz distinçao de classe: a destruiçao do meio ambiente. Estamos numa nave espacial chamada Terra que, como os avi6es transconti­nentais, é dividida em primeira classe, classes executiva e economica. Mas, n a h ora que cai, morre todo mundo igual. (Dizem que a Boeing esta inventando urna primeira classe ejetavel. Voce paga US$ 20 mil para dar adeusinho para os demais). Mas enquanto nao se inventa isso, todos somos indistintamente afetados pelas quest6es do meio ambiente.

Frei Beffo

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Scambi

Una pubblicazione sui martiri saveriani Dal Centro Studi Confortiani Saveriani- 14

ERMANNO FERRO, SX

A ila fine dell'ottobre missionario in quest'anno giubilare 2000, è uscito il volume "Con Loro, sempre': dedicato al martirolo­gio saveriano. Di che si tratta?

Da tempo la Direzione Genetale veniva sollecitando il Segretariato per la Vita Saveriana a dare corpo ad una delle tematiche che il Papa Giovanni Paolo II veniva proponendo alla chiesa intera, in chiave missionaria, come preparazione al Grande Giubileo ed enucleata in queste sue parole: "Al termine del secondo millennio, la Chiesa è di­ventata nuovamente Chiesa di martiri. ( ... )La testimonianza resa a Cristo sino allo spargimento del sangue è una testimonianza da non dimenticare. (. .. )Occorre che le Chiese locali facciano di tutto per non lasciar perire la memoria di quanti hanno subito il martirio':

Il Segretariato da un anno e mezzo circa aveva interessato alla cosa il Centro Studi Confortiani Saveriani, il quale ben presto si mosse e, dopo tentativi in più direzioni purtroppo naufragati ... , ha re­centemente dato corpo a ciò che ora abbiamo tra le nostre m ani, in duplice veste:- undici fascicoli monografìci di 32 pagine ciascuno;­un volume che raccoglie tu tti i fascicoli, previo un sedicesimo di presentazione, con un totale quindi di 268 pagine ed intitolato "Con

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Loro, sempre" e dal sottotitolo "Missionari saveriani martiri della carità pastorale':

Di che si tratta? Si legge in quarta di copertina: "Martirologio saveriano potreb­

be essere il termine riassuntivo più appropriato per questi brevi profili biografici sugli undici martiri saveriani Caio Rastelli, Giovanni Botton, Luigi Carrara, Giovanni Didonè, Vittorio Faccin, Mario Veronesi, Valeria no Cobbe, Alberto Pierobon, Salvatore Deiana, Aldo Marchio l~ Ottorino Maule, periti in circostanze di morte violenta. In queste pa­gine, tre noti scrittori italiani narrano con schiettezza e semplicità la vicenda umana degli undici missionari, testimoni cristiani del nostro tempo, che immolandosi in croce come Cristo hanno dato la vita per i fratelli':

Infatti, il Centro Studi, in piena sintonia con le proprie finalità operative suggeritegli dall'ultimo Capitolo Generale Saveriano, ha voluto preparare una pubblicazione che presentasse la testimonianza di vita missionaria di quei confratelli saveriani che hanno avuto in comune la cosciente accettazione della morte violenta, e perciò pos­sono essere definiti martiri della carità pastorale, in quanto la loro vita e la loro morte offrono un perfetto modello della presenza pa­storale delineata dal Vaticano II e dal documento Pastores dabo Vobis.

La pubblicazione si presenta con una insolita veste grafica, più da rotocalco che da libro normale: attributo che la rende forse più appetitosa ai lettori del nostro tempo, attratti immediatamente dal­l'immagine e poi dai contenuti, specie tra i più giovani .

I testi sono stati elaborati dal nostro confratello p. Augusto Luca per quanto riguarda Rastelli e Botto n; da Alberto Comuzzi di Mila­no per Carrara-Didonè-Faccin; da Renzo Agasso di 1brino per Ve­ronesi-Cobbe-Pierobon-Deiana-Marchiol-Maule. Dopo aver letto, studiato ed ascoltato ... la documentazione a loro inoltrata su ogni confratello, essi hanno fatto un pregevole lavoro di stesura, degno della nostra gratitudine, anche perché si sono lasciati totalmente coinvolgere dalla passione missionaria dei personaggi. Confessa in­fatti A. Comuzzi: " ... leggendo le loro lettere, testi traboccanti di gio­vanili entusiasmi, densi di umanità e colmi di virile cristianesimo, non ho potuto fare a meno di confrontare la mia storia personale con la loro. Non ho potuto non riflettere sul fatto che impigriti, come sia-

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mo, da una società che ci offre soprattutto distrazioni, non riusciamo più ad apprezzare le cose semplici e neppure a riconoscere il valore dei grandi mezzi di cui disponiamo'~

Gli undici profili poi sono stati corredati, ad opera di Al fiero Ceresoli ed Ermanno Ferro del Centro Studi, da un suggestivo in­tarsio di immagini storiche, arricchite da attraenti quadri fotografi­ci scelti dal copioso e singolare patrimonio artistico-documentativa realizzato dal Saveriano Angelo Costalonga negli ultimi suoi viaggi attorno al mondo. Il grafico Santo Zani, si è abbandonato quasi a briglia sciolta al proprio estro, ed ha amalgamato testi ed immagini in un'iride di colori piacevole ed allettante, ottenendo un prodotto finale inconsueto, elaborato al computer dalla Pubbliprint di Traversetolo e stampato dalla Graphital Litografia di Parma.

Il fascicolo, di sedici pagine introduttive al volume, si sviluppa in tre voci: -Allettare: premessa a cura del Centro Studi, in cui sono spiegate la genesi e la natura della pubblicazione; - Sui martiri Saveriani: considerazioni sul martirio cristiano oggi, svolte dal Su­periore Generale dei Saveriani p. Francesco Marini; - Una grazia da meritare: riflessioni su Martirio e missione secondo il beato Guido Maria Conforti, esposte dal p. Alfiero Ceresoli Postulatore.

Tanto i fascicoli quanto il volume sono stati realizzati per i tipi della nostra editrice CSAM di Brescia: ad essa vanno indirizzate le richieste. Per i Saveriani lo CSAM effettua i seguenti prezzi: fascicoli lire 2000 cadauno; volume lire 14.000 cadauno.

Giova infine ricordare come l'impaginazione del testo e gli im­pianti grafici della pubblicazione siano stati curati in vista della stam­pa in altre lingue, versione già in corso per l'inglese e lo spagnolo­messicano: chi abbisognasse di chiarimenti in proposito si riferisca ad Alfiero Ceresoli, che continua a curare i contatti con il grafico Zani.

Ermanno Ferro sx CSCS, 04 novembre 2000

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In occasione della • • canonzzzazzone

del Beato E Fogolla

NOBUO IWAMOTO, SX

M iei carissimi Confratelli Saveriani, come già sapete, il pri­mo Ottobre di quest'anno il S. Padre ha canonizzato 120 Beati Martiri della Cina. Fra questi c'è anche il Beato

Fogolla, che fu amico del Fondatore Mons. Conforti e aveva intima relazione con noi Saveriani e, specialmente, ha lavorato e sudato 30 anni, versando il suo sangue per la salvezza dei Cinesi. Io, come Ci­nese, sento molta gioia, piLt che tutti gli altri, e devo ringrazia do più di tutti gli altri. Voglio, perciò, tradurre, con l'aiuto dei padri italiani, dal cinese all'italiano, alcune notizie stùla vita di questo santo mar­tire, affinché la sua gloria sia dilatata.

n 24 Nov. 1946 il S. Padre Pio XII beatificò a Roma Mons. F. Fogolla, O.F.M., nato a Mulazzo di Montereggio, nell'Appennino Lunigiana, il 4 ottobre 1839. n padre si chiamava Gioacchino e la madre Elisabetta Ferrari. Fu battezzato con il nome di Francesco per ricordare S.Francesco d'Assisi. Compiuti gli studi elem entari a Pontremoli, con i familiari emigrò a Parma, dove quotidianamente si recava, per servire la S. Messa, nella Chiesa dell'Annunziata. Il primo Nov. l 856 vestì l'abito francescan o nel seminario di Montiano e studiò nel Convento dell'Emilia Romagna. Ricevette l'Ordinazio­ne Sacerdotale il 4 Ottobre 1863. Nel 1866 arrivò con la nave in Palestina dove rimaneva l anno come pellegrino e per prepararsi alla Missione. Il 2 Nov. 1868 arrivava a Taiyenfu, in Cina, ricevendo le fervorose congratulazioni del Vicario Mons. Moccagatta.

Dai cristiani era lodato per la sua sincerità. Ma, nello stesso tem­po, i nemici lo consideravano un loro grande nemico. Dopo sette anni fu nominato Vicario Generale della Diocesi di Kunkanfu. Fu un periodo molto travagliato. Molta gente m orì di fume sia in città

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che in campagna e dappertutto si trovavano morti di fame. Mons. Fogolla chiese aiuti dall'Europa e vendette tutto ciò che di prezioso aveva: statue di bronzo e utensili argentei ricevuti in regalo dai cine­si, per aiutare i poveri disgraziati colpiti dalla carestia. Costruì in seguito una bella e grande Chiesa che consacrò al Sacro Cuore di Gesù. Studiò bene la lingua cinese e poiché parlava correntemente il mandarino poteva parlare con i letterati del luogo e predicare bene ai cristiani.

Fu inviato come teologo alla prima Assemblea dei Vescovi De­legati nel1880. Nel1885, durante la seconda Assemblea, egli offrl preziose esperienze. Mentre era Rettore del Seminario e Delegato Generale costruì anche un Orfanotrofio e un Ambulatorio. Inoltre andava spesso a visitare le parrocchie.

Nel 1898 Mons. Fogolla partecipò all'Esposizione Internazio­nale di Torino portando vari oggetti dalla Cina. Tali oggetti passa­rono poi da Torino a Rimini. Tutto il repertorio cinese attirò l'at­tenzione e le lodi degli specialisti. Mons. Fogolla, approfittando del­l' occasione, invitava la gente ad interessarsi al lavoro dei missionari. Dalla Cina condusse con se anche 4 seminaristi, i quali, poi, furono martirizzati e sono stati beatificati dal Santo Padre. In occasione dell'Esposizione Internazionale incontrò anche il Re Umberto e la Regina Margherita, ricevendo le congrattùazioni di tanti cristiani di ogni città. 1124 agosto 1898, a Parigi, fu consacrato Vescovo aiutante di Mons. Gregorio Grassi. Avrebbe voluto condurre, nel marzo del 1899, i Seminaristi a Lourdes, ma ne fu impedito. Ritornò trionfal­mente in Cina, a Taiyenfu, guidando un gruppo di 9 Sacerdoti e Seminaristi e 7 Suore Francescane di Maria.

Egli mai avrebbe pensato che un anno dopo si sarebbe scatena­ta improvvisamente la terribile persecuzione contro i missionari stranieri. Il nuovo capo della provincia odiava molto i preti stranie­ri, accusandoli di far la guerra contro la Cina. Egli odiava molto anche i cristiani per la loro dottrina e il loro Dio.

I soldati, secondo l'ordine del Capo della provincia, presero improwisamente 2 Vescovi, 3 Preti, 7 Suore, 7 Seminaristi, 10 Laici aiutanti nella Chiesa e alcune vedove. Presero anche Pastori Prote­stanti con le loro famiglie rinchiudendoli in carcere e ponendo sol­dati a guardia.

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Il 9 luglio 1900 furono condotti davanti al Municipio e fatti inginocchiare davanti al Capo della Provincia e a una moltitudine di soldati. Il Capo della Provincia medesimo faceva da giudice. Chiese al Vescovo Fogolla: "Tu, da quando sei venuto in Cina, quanti mali hai fatto ai cinesi?': Il Vescovo rispose: "Io non ho mai fatto male a nessuno. Ho invece fatto tanto bene ai cinesi. Giudice, la bugia ucci­de te. Uccidimi pure, ma anche tu non eviterai la punizione da Dio!". Il giudice si infuriò e, tirato fuori il coltello, pugnalò al petto il Ve­scovo Fogolla, gridando agli altri: "uccideteli, uccideteli!': I soldati, subito, estrassero la spada e ad alcuni tagliarono la testa, altri li ucci­sero colpendoli al cuore.

Le teste tagliate rotolarono sulla terra, il sangue scorse sulla piaz­za, le anime volarono in Paradiso a ricevere il premio.

I cadaveri vennero portati fuori della città e diventarono pasto degli animali e degli uccelli.

Nel gennaio del 1901 fu cambiato il capo della Provincia. Il nuovo capo comandò di raccogliere le ossa di tutti i martiri e fece un funerale solenne. La giornata era serena, ma improvvisamente nevicò. Il nuovo capo della Provincia interpretò quella nevicata come un segno celeste: gli uccisi erano buona gente e il Dio Celeste stesso li glorificava partecipando alloro funerale.

p. Nobuo lwamoto, sx- Giappone

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Growthand Comnzitment Spiritual Growth in the Service of the 11Poor"

ENNIO CASALUCCI, SX

O ur commitment to the poor can grow, develop and matu­re over the years. Equally, we can become stuck and fixed in our relationship t o the people w e try t o serve. Por us i t is

a matter of spiritual growth. As there are stages in prayer an d growth in love, so also with our commitment with the poor there in an analogous spiritual experience that goes through different steps with its own crises and new discoveries an d illuminations.

1. Compassion and relief work The first stage of our commitment to the poor is characterised by compassion. We are moved by w ha t we see of the sufferings of the poor. Our experience of compassion is our starting point; this is only the starting point. Two things help the growth and develop­ment of compassion. The tìrst I will call Exposure. The more we are exposed to the sufferings of the poor, the deeper an d more lasting does our compassion become. Nothing can replace the immediate contact with the pain and the deep wounds inflicted o n people, the anguish and fear, the trauma of a destroyed life. This contact can help us to become more compassionate.

The second thing necessary to develop our compassion is a Willingness to allow i t to happen an d grow. We can put obstades to this development: "I t is no t my business" or "I am in no posi ti o n to do anything about i t:' This blunts our natura! compassion for the sufferings of the people. As Christians we have a way to nourishing our feelings for compassion. When I experience compassion I am

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sharing God's compassion. My faith enables me to sharpen and deepen my compassion by allowing me to see the fa ce of Christ in those who are suffering and to remember that whatever we do to the least of the brothers we do it to Him.

This is powerftù. Compassion leads to action. At first our ac­tion may bring us to do relief work: distributing money, food, clothes, school fees and paying medicai bills and so on. Compassion might also lead us to a simplification of our lifestyle. There is nothing ex­traordinary about this; it is part of a long Christian tradition: almsgiving, voluntary poverty:

2. Discovering structures: the importance of anger The second stage begins with a graduai discovery the condition of the sufferings of the people is a structural problem. The sufferings are not simply a misfortune. ba d luck, laziness or ignorance. These sufferings are the direct restùt of politica! an d economie poli ci es of government, parties and big business. This means that this is a politica! problem. When we discover that these sufferings are imposed, forced on the people by unjust structures-people ­government we will be lead to feelings of indignation an d anger. We find ourselves getting angry with those who cause these sufferings and we accuse them for their inhuman policies But our Christian mi n d makes us feel uncom fortable with anger. Shotùd no t we also be compassionare and forgiving even with those who do wrong? (cf. M t. 5 ). We all know that there .is a great dea l about God's anger in the Bible. God's anger is an expression of love for the oppressed and the oppressor. How can that be? When our heart goes out in compassion towards those who suffer, we cannot help feeling angry with those w ho make them suffer. The two emotions go together as two sides of the same coin. O ur anger is an indication of the seriousness of our compassion, just as God's anger-wrath is a sign of His concern for the suffering people. Unless we can experience something of God's anger towards the oppressors our love and servi ce of suffering people will no t grow an d develop. An d yet God's anger does not mean that He has no love for them as persons. Traditionally we distinguish between love of the sinner and ha tre d

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of the sin. This is a very difficult thing to do, but the more we understand that the problem is unjust structures, the deeper our anger for-against those who cause oppression . Individuals are only marginally guilty because they might been forced into the unjust system of oppression. We are ali more o less pawns or victims of an unjust system. In Sierra Leone, for example, i t is extremely important to recognise that the wickedness that has been happening and continues to happen cannot be blamed only o n a few individuals. If these few were to be converted, the system and therefore the sufferings would continue. As we grow to share God's anger, we find our anger directed more at unjust system than a t persons, even if this is expressed as anger towards those w ho represent an d perpe­tuate these systems. It is at this stage that we want to change the system. We will want to engage ourselves in certain activities that are calculated to bring about soci al an d politica! change. Relief work does not salve the problem at its roots. What is the point of tryi.ng to relieve suffering w h ile the structures that perpetuate the sufferings are left untouched? So we find ourselves participating in actions, supporting initiatives which can bring about new and just systems. This has its own tensions an d constrains, especially if we work from within the Church. But how else can we serve the suffering people? Relieve work is necessary but what about preventive work? i'-,

3. Discovering the strength of the poor. The third stage of our spiritual growth begins with another discov­ery. We become aware that the poor must help themselves and the poor will save themselves an d that they do no t need me an d you to save them. Here we come to grip with humility in our service to the poor. Up to nowwe will bave assumed that we must salve the prob­lems of the poor either by bringing them relief or by changing the structures that oppress them. We think that we, the non-poor, the leaders of the Church, must come to the rescue them because they themselves are so helpless and powerless. It is always "we" who are going to teach "them" to help themselves. The realisation that the p o or knew better than we do what needs to be don e an d how to do i t may come as a surprise. An d the further realisation that they alone are capable of solving the structural and politica! problems may

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shock us. In spiritual terms this can amount to a deep crisis for us and to a very deep conversion. We are faced with the need to learn from the poor instead to teach them. There is certain wisdom that we do not have because we are not poor and have no experience of what it means to be oppressed. (M t. 11,25). When one is dedicated to the servi ce of the p o or i t is even more difficult to accept that i t is no t they who need me butI who need them They can an d will save themselves with or without me, butI cannot be liberated without them. This becomes an experience of God present an d acting in the struggle of the poor. We do not only see the face of the suffering Christ in the sufferings of the poor but also hear the voi ce of Go d and see the hands of God and his power a t work in the struggles of the poor. Having made this discovery we open ourselves to a kind of romanticism. We romanticise the poor by putting them on a ped­estal and hero-worshipping them. The poor are always right; any faults, weakness, rnistakes and perversities on their part must be rejected: the poor cannot be wrong. What matters is that we do eventually grow out of it.

4. From romanticism lo real Solidarity The fourth and last-stage of spiritual growth begins with the crisis of disillusionment and disappointment with the poor. We discover that many poor and oppressed people do have faults, do commit sins, do make mistakes, do fai! us and let us down or rather fail themselves and spoil their own cause. They are sometimes selfish, sometimes lacking commitment and dedication and waste money. The discovery of these things can be an experience of bitter disillu­sionment and profound disappointment, a real crisis. Buti t can be also the opportunity for a much deeper an d more realistic solidar­ity with the poor, a conversion from romanticism to a realism in our servi ce of the poor. The poor are the ones who are sin n ed against and w ho are suffering. Solidarity with them means taking up their cause, no t ours. But we need to do this with them. Together we need to take sides against oppression and unjust structures.

Rea! solidarity begins when i t is no longer a matter of"We" and "They': Real Solidarity begins when we recognise together the ad­vantages an d disadvantages of our different social backgrounds an d

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present realities and the quite different roles we shall have to play while we commi t ourselves together to the straggle against oppres­sion. This kind of solidarity, however, must be at the service of a much fundamental solidarity: the solidarity Between the poor-op­pressed themselves. Those w ho are no t p o or an d oppressed but wish to serve the poor an d live in solidarity with them often do so in a manner that divides the poor themselves an d sets them o ne against another. We need to find a way of being part of the solidarity that the poor and the oppressed are building with one another. In the end we find one another in God. As Christians we will experience this solidarity with one another, a solidarity in Christ, a solidarily with the cause of Christ as the cause of God's justice which is, in fa et, the cause of the poor and the oppressed. We have to recognise that we are pa t of this process.

ISHALLAH - GOD IS GREAT ISLAM - SURRENDER BARAKAH - GIVE THANKS CREDO- l BELIEVE

The light of greatness shines forth ... as darkness. Aren't they the same?

The empti.ness and silence of thc wound ... makes space for the fullness of God. Andso I stand beneath a tree long dead and displaced

P. Ennio Casalucci, sx

whose dry wood is transplanted to become the gibbet of another's death.

And as h e dies, his blood moistens the wood which lost its sap in other times and other places.

I don't stand alone, for there are many who witness the deaths that strike us dumb.

But God is bigger than us, my friend, and here we see His power. And we are many.

Ishallah, Islam, Bar~kah, Credimus Rocco Puopolo, s.x. ]uly1999

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Un antico comandamento nuovo

ALFIERO CERESOLI, SX

M i permelto di scomodare Giovanni per mettere anche per scritto alcune considerazioni che sono andato fa­cendo mentre riflettevo sulla Ratio Missionis e, insieme,

stù tema del Capitolo Regionale d'Italia. "Miei cari, non vi scrivo un comandamento nuovo, ma un co­

mandamento antico che possedete dall'inizio. Il comandamento an­tico è la parola che avete ascoltato. Tuttavia vi scrivo un comanda­mento nuovo, vero in Lui e in voi, poiché la tenebra si dirada e la vera luce già risplende" (lGv 7-8).

Credo non si debba dimenticare, nella nostra riflessione, que­sto strano modo di considerare il tempo. Il prima e il poi, il nuovo che è vecchio e l'antico che è nuovo. È il modo di Dio, l'eterno fuori dal tempo. Verità antica perché l'abbiamo scoperta nei racconti evan­gelici e, per noi Saveriani, doppiamente antica perché l'avevamo ascoltata dal nostro Fondatore e Padre: il beato Guido Maria Con­forti. Antica perché la sento ripetere da sempre, certamente con al­tre parole, con diverse' immagini, nuovi simboli e in situazioni sto­riche mutate. Nuova, però, non solo per questa nuova impostazione dei problemi e per l'originalità di nuovi linguaggi, nuova perché porta in se stessa una novità assoluta. Non solo inedita, m a inaudita e assol.utamente inimmaginabile senza l'apporto della rivelazione e irrealizzabile senza la presenza attiva dello Spirito Santo.

Leggo un po' ovunque che il missionario non dovrà più essere il gestore della missione, ma dovrà mettersi accanto ai fratelli nati e cresciuti nella chiesa locale che lo ospita, con spirito di servizio umile

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e discreto. Non dovrà essere il primo! Ma questo lo avevo già letto nel vangelo: Sono venuto per ser­

vire, non per essere servito ... I capi delle nazioni le dominano e i loro grandi esercitano su di loro il potere. Fra voi però non sarà così! (Cfr. Mc 10,41-45). Mettiti all'ultimo posto (Le 10,14)! Pro­prio questa parola del Vangelo era stata ricordata dal Fondatore già nella prima lettera circolare ( 1906). Nella Lettera Testamento, come in una "inclusione': all'inizio e nella conclusione si ripete che il no­stro è un "povero contributo" (l), un "modesto contributo" come cooperatori, "operai dell'ultima ora" (IO). "Vi si recano come umili gregari( ... ) Indifferenti pienamente ad ogni ufficio, posto ed occu­pazione che loro destini l'obbedienza': Così Conforti presentava i primi due missionari al Vescovo Grassi che li accoglieva nella sua missione. Una cooperazione modesta si dirà nella Regola Fonda­mentale (9). Ci voleva forse dire che la gente e le genti non hanno bisogno e non accettano salvatori, ma aspettano dei salvati, pecca­tori come loro: tutti abbiano peccato (Rm 5,12) . Peccatori che rac­contino modestamente la "gioia di essere salvati" ($151,14). Ricu­perando questo stile evangelico ci dovrebbe essere più facile anche l'accoglienza di laici come collaboratori, come possibile detentori come noi del carisma della missione ad vitam, ad gentes e ad extra.

Leggo un po' ovunque che la missione del futuro dovrà essere fatta in povertà, senza appoggi, senza protezioni potenti, raccoman­dazioni, privilegi ... Finalmente! Non avevamo letto nel vangelo: "Non portate nulla per il viaggio, né bastone, né bisaccia, né pane, né de­naro, né due tuniche per ciascuno (Le 9,3)"?

Qui non posso che battermi il petto per non aver capito nel concreto della mia vita quello che il mio Padre e Fondatore mi dice­va: "L'Apostolato è essenziale alla Chiesa, è la sua ragion d'essere. Essa lo esercita con la parola, con la carità che non conosce limiti di spazio e di tempo e con la grazia dei Sacramenti, frutto della divina redenzione"1

• Altrove: "Egli (Gesù), contrariamente ai conquista­tori del mondo, non ha fondato il suo regno colla forza delle armi, ma con la parola che conquide le menti e con il fascino dell'amore che avvince i cuori"2 • E ancora: "Non andate colà in nome di alcu­na autorità della terra, in nome di alcun governo"3 • "E otterrete tu t-

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to questo (il trionfo della fraternità) senza la forza delle armi, senza l'influenza delle ricchezze, senza l'aiuto di aderenze potenti, unica­mente con la vostra fiducia in Dio, con quella fiducia che trasporta i monti ed opera meraviglie"4

Questa è la vera e radicale novità, sempre nuova eppure antica: salvare il mondo con la debolezza della parola, con la fragilità del­l'amore, senza alcuna autorità, senza ricchezze, senza "aderenze po­tenti". Non credo che il beato Guido rifiutasse l'utilizzo di strumen­ti anche i più moderni, ma certamente rifiutava di porre in essi la fiducia.

Sento dire da mille voci che n on si danno più navigatori solita­ri: la missione è missione di Chiesa, è missione fatta insieme. Qui mi ritengo dispensato da citazioni bibliche come dal ricordare la dottrina spirituale del beato Guido in cui la metodologia missiona­ria parte proprio dall'annunciare con la vita fraterna la paternità di Dio e la fraternità universale. Basta aprire una qualsiasi pagina dei suoi scri tti per incontrare il tema della famiglia, l'invito all'amore fraterno reso concreto e visibile nella condivisione di tutto, e questo come primo e efficace annuncio dell'Evangelo. La vita fraterna vis­suta in comunità è una potenza evangelizzatrice irrinunciabile.

Sento ripetere che le antiche ragioni della missione - salvezza delle anime, fondazione della Chiesa, ecc. - non reggono più. Anche il Papa alla domanda "perché la missione" non risponde con le for­mule del secolo scorso, m a con una parola di Paolo: Caritas Christi urget nos!

Anche questa l'avevo già sentita! Si, la ragione più vera, il "per­ché" più risolutivo è l'innamoramento di una persona che h a sco­perto d'essere amata, di più, d'essere stata amata dell'eternità. La missione è atto di gratuità, come la consacrazione. -La consacrazio­ne a Dio per la missione si iscrive in quella "sovrabbondanza di gratuità"5 di cui parla Giovanni Paolo II. Alle mille obiezioni che si possano porre alla missione, vi è una unica risposta: Lasciatelo fare ... È un innamorato ... Non può non parlare di Lui, guai! f: cotto!

E allora trovo nella formula confortiana che definisce il missio­nario la soluzione delle mie crisi e la radicale evangelica risposta alle domande sul qui o sul là della missione: "Il missionario ha contem-

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plato in spirito Gesù Cristo che addita agli apostoli il mondo da conquistare al vangelo, non già con la forza delle armi, ma con la persuasione e con l'amore e ne è rimasto rapito': Non chiedere spie­gazioni ad un "rapito"!

E se l'annuncio del Vangelo mi chiede di rinunciare ai miei so­gni più grandi, più profondi, la ragione stessa della mia vita, il par­tire. No, la ragione della mia vita è l'annuncio di Cristo Signore per formare in questo mondo "una sola famiglia cristiana che abbracci l'umanità': Se questo obiettivo mi chiede di rimanere in una terra che avevo sempre sognato di abbandonare, ecco, anche questo sono disposto a fare. Io credo fermamente che il nostro voto, il voto di missione, implichi "ad extrà' insieme con "ad gentes" e "ad vita m': n nostro specifico carisma di Missionari Saveriani ch iede la testimo­nianza della fraternità universale, chiede che proclamiamo "con l' elo­quenza del fatto': con una reale partenza, che è possibile che i popo­li, "tutti i popoli, si avvicinano, si accostano, si abbracciano, in quella carità che il Salvatore venne ad accendere sulla terra. Vengono a comporre una sola famiglia di cui il Cristo ne è il capo, un solo ovile, di cui Egli è il pastore, comunque distinti per favella, per raz­za, per colore, unanimi nella credenza dell'intelletto e nei sentimenti delcuore"6

• È possibile, per la forza dello Spirito, creare l'unità (una­nimi) nel rispetto delle distinzioni (distinti per lingua, razza, colo­re). Tuttavia il problema del territorio non lo sento come problema mio, ma della famiglia. Se riterrà che vi siano "pagani" anche in Europa e se vorrà investire personale per questi pagani come, ad esempio, lo ha investito in Mozambico o in Cina, potrò essere più o meno d'accordo sulla opportunità e sulle nostre forze, ma non sul­l'idea in sé.

Il problema mio è quello dell'attività nell'animazione e nella formazione che mi allontana -anche se fossi in "terra di missione"­dai non cristiani e mi fa lavorare fra i battezzati e possibilmente buoni battezzati se voglio orientare l'animazione missionaria all'ani­mazione vocazionale. È stato detto che non si cercano cantori per la Scala in una scuola di sordomuti! La domanda è questa: realizzo la pienezza della mia vocazione saveriana quando l'obbedienza mi al­lontana (anche se fisicamente li ho fuori dalla porta) dai non-cri­stiani e mi colloca fra i battezzati, anzi fra i chiamati a diventare essi

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stessi saveriani? Sono considerato Saveriano a pieno titolo dalla fa­miglia o almeno da quelli stessi che mi hanno messo a fare questo lavoro? Io lo credo, per quella necessaria articolazione che deve ave­re ogni attività umana. Inoltre se penso alla inadeguatezza della mia persona e alla povertà della mia fede, speranza e carità, se penso al limite anche temporale della mia vita, accetto di sacrificare la par­tenza, la mia partenza, per lanciare altri verso partenze future. Io così vivo la prigionia italiana: la animazione, comunque si faccia, la formazione (e chi si sogna di essere formatore?) prepara l'annuncio del Regno per il futuro, questi giovani, migliori di me, questi mis­sionari con una carica pitl elettrizzante di fede, speranza e carità della mia, annunceranno il vangelo negli anni futuri ed io avrò dato il mio "povero contributo" all'avvento del Regno.

I Vescovi italiani hanno chiesto alle loro Chiese di aprire il libro della missione. Credo non sia un invito a copiare dalle missioni i metodi pastorali -senza escludere una qualche imitazione analogi­ca - perché sarebbe un andare contro ogni principio di incultura-. zione! Aprire il libro della missione significa immettere nella metodologia pastorale, quella metodologia che ogni cultura e ogni situazione esige, le ragioni fondanli, i dinamismi sostenitori, le li­nee di tendenza della missione. Proprio per questo occorre ritorna­re a quelle regole evangeliche per le quali ci collochiamo all'ultimo posto, con una presenza ed un servizio umile e discreto, fatto in comunione e in fraternità. Questa vale anche per noi, impegnati nell'animazione e nella formazione, di questo modo di essere pre­senti dobbiamo anzitutto essere testimoni. Ho l'impressione che a volte entriamo in una chiesa locale come elefante in una bottega di cristalli, incapaci di ascoltare in silenzio, di servire in progetti ideati e gestiti da altri. Se non c'è anche la nostra sigla nel pieghevole che invita ad una manifestazione, già ci sentiamo offesi, dimenticati, messi da parte!!! Il buon Mainini raccomandava a noi teologi di stare almeno un anno in una missione prima di fare delle proposte e tanto più delle osservazioni. Ancor più questo è importante per chi torna in una Chiesa locale che ha una sua storia millenaria, una sua struttura e dei programmi studiati a lungo.

Quando sono arrivato in Italia (non avevo fatto neanche un

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giorno di attività in questa chiesa) mi sembrava di soffocare. Venivo da una missione di ventimila abitanti, era una favela, è vero, però era il mio campo d'azione, non avevo la chiesa, ma quel pezzo di terra delimitato da otto paletti per segnare lo spazio sacro per la messa era la mia chiesa; avevo la casa fatta di quattro mura di mat­tone forato al vivo, un tetto e il pavimento di terra battuta, ma era la mia capanna ... Personalmente sono andato in crisi sul come avevo fatto missione, non sul lavoro qui in Italia. Se facevo fatica a condi­videre i progetti, non avevo forse fatto missione facendola da pa­drone? Nonostante vivessi in favela, non avevo forse fatto uso di appoggi e privilegi quando volevo ottenere qualcosa? Ora, con di­ciotto ragazzi e con un mondo che mi girava intorno senza cono­scermi, al Alzano e tanto più in curia a Bergamo, ero diventato nes­suno. Al Santo Amaro mi salutavano tutti! Ma allora non mi ero messo all'ultimo posto, in servizio umile e discreto. Non era forse questo che mi faceva andare in crisi? E se il ritmo della vita comuni­taria e la necessità di decidere insieme mi davano fastidio e mi sen­tivano spesso obiettare che prima di tutto veniva l'apostolato, non stavo forse auto-accusandoni di aver vissuto la missione come navigatore solitario? Non stavo forse mettendo a nudo anche la mia ignoranza teologica: la comunione, e la vita comunitaria che la ma­nifesta, sono il primo e fondamentale gesto apostolico, la prima vera predicazione. Non stavo forse scoprendo che, pur avendo il consi­glio pastorale, le comunità di base e gli agenti di pastorale che mi aiutavano, troppe volte avevo fatto senza tener conto della comuni­tà dei cristiani e insieme della comunità saveriana e diocesana? Ri­peto, le difficoltà incontrate nell'animazione e nella formazione non hanno messo in crisi queste attività, ma mi hanno fatto fare un se­rio esame di coscienza sulla mia attività in "terra di missione':

Era poi vero che a farmi vivere con i "favelados" era stato l'amo­re di Cristo? Perché allora lo stesso amore di Cristo non mi sostene­va nella nuova posizione di secondo o di ultimo del gruppo? Ero pur consacrato a Dio per la missione anche in questo nuovo lavoro. Consacrato cioè "proprietà di Dio': servo del Signore. Il padrone della messe ora mi voleva non più a seminare nel campo e a falciare le messi, ma a preparare le sementi o a battere pazientemente le falci che altri avrebbero usate.

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Concludendo, questa è l'affermazione riassuntiva: riscopriamo le logiche evangeliche della missione, quelle del chicco di grano che muore, quella dell'Innalzato che attira tutti a sé, quella dell'aposto­lo senza borsa di denaro, quella del "mettiti all'ultimo posto': quella del Caritas Christi urget nos ... Non sarà questa la novità, antica e sempre nuova della missione, sia essa esercitata nel presente o verso chi, meglio di me, la realizzerà nel futuro?

l DP 16°, 1927 2 DP 16°. 1927 3 DP 12°. 1924 4 DP W, 1926

NOTE

5 Vita Consecrata (VC) 105

p. A/fiero Ceresoli, sx

6 Lettere Pastorali, pag. 845. Si noti anche qui il chiaro riferimento agli atti degli apostoli 2,7-12

LA CROCE DEl MARTIRI

La Croce dei Martiri, benedetta il 5 Novembre dal Vescovo di Parma Mons. Cesare Bon.icelli e posta a lato dell'altare del Santuario Conforti, è in legno scolpito con pregevoli bassorilievi sui lati, opera dell'artista Livio Conta, lo stesso che ha fatto il nuovo altare e il leggio della chiesa. Frontalmente è rappresentato il Cristo, salvezza dell'umanità, mentre ai quattro estremi sono scolpite scene che ricordano i martiri 'ignoti' del mondo: i martiri dei conflitti, dei genocidi, della miseria e delle schiavitù. Sul retro, balzano i nomi dei tanti luoghi di martirio (Sarajevo, Kivu, Sierra Leone, Timor Est, Chiapas, Hiroshima, Iraq, Auschwitz e altri) e i volti dei vescovi martiri Romero e Munzihirwa, dei saveriani P. Marchio! e Maule e della volonta­ria Katina Gubert. Si è così voluto esprimere in immagini il monito di Giovanni Paolo II:" Al termine del secondo millennio, la Chiesa è diventa­ta nuovamente la chiesa dei martiri. La testimonianza resa a Cristo sino allo spargimento del sangue è una testimonianza da non dimenticare':

54 ComMflx 117

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l

.. ~·· . Notizie .)

Notizie dal rnondosx

Burundi

GJHIZA-GITEGA, 15 OnoaRE

Continua il martirio della chiesa in

Burundi con l'uccisione di Sr. Gina

Simionato, della Congregazione delle

Suore Dorotee di Venezia, responsa­

bile con altre tre consorelle bmlll1desi

della parrocchia di Gihiza, dove

prestano servizio pastorale i nostri

confratelli che lavorano nel Semina­

rio di Gitega. Il P. Luigi Arno l di ha

partecipato al recupero del corpo

della suora, conosciuta tra l'altro

anche da molti confratelli del Congo

per avervi lavorato molti anni.

BuJUMBURA, 7 NovEMBRE

Tutti i confratelli del Bmundi si

sono ritrovati per l'Assemblea,

durante la quale hanno celebrato la

festa del Fondatore. La Celebrazio­

ne Eucaristica e il pranzo, sono stati

preceduti da un ritiro dal tema "Beati i costruttori di pace'; guidato

da Mons. Gervais Banshi­

miyubusa, nuovo Vescovo Ausiliare

di Ngozi. Erano presenti anche le

Sorelle Saveriane Liduina, Ave e

Silvana arrivate in Burndi da poco

tempo e installate n ella Parrocchia

diKamenge.

Cameroun

Y AOUNDE', SEPTEMBRE

Avec le début de la nouvelle année

la communauté de la Théologie a

déménagé dans la nouvelle cons­

truction qui vient d 'etre achevée.

Il s'agit d'un batiment à l'étage,

avec onze chambres, un salon

communautaire, la bibliothèque et

la buanderie. Malgré quelques

d éfaut de finition, la construction

est solide, capable d'accueillir un

plus grand nombre d'étudiants.

Dicembre 2000

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Y AOUNDE1

1 0CTOBRE

Après la pause des grandes vacances,

les communautés de formation de la Région ont repris leur chemin. A Douala Ia PAF (Prenùère année de Fonnation) a rouvert ses portes

pour accueilli1· cinq garçons came­

rounais qui commencent Ieur for­mation. Egaiement la communauté de la Ph.ilo à Bafoussam : douze !es jeunes en formation. Après des journées de progranm1ation dans la tranquillité du monastère d'Obout, la communauté dc la Théologie a

entan1é la nouvelle année acadénù­

que à l'école TI1éologique St. Cy­pricn de Ngoya qui cette année atteint le chiffre record de quelques

240 étudiants, répartis en quatre classes. Sans oublier que la Région, à cause de la situation du Congo,

continue a accueillir à Yaoundé ­N'simalen le Noviciat qui cette an­née compte 5 novices : trois du

Can1eroun et deux du Congo.

Y AOUNDE11 NOVEMBRE

La mémoire annuelle du Fonda­teur donne occasion aux confrères

du Sud Cameroun de se retrouver pour une journée de récollection à Mvolye. Le soir a lieu le Rite de la Profession Perpétuelle de nos con­

frères Alberto Morales Reyes et

Martinez Antonio Ramon présidé par le P. Pierino Zoni. La commu­nauté paroissiale y participe dans

56 ComMnx 117

une ambiance de fetc.

Moxambico

D oNoo, A Gosro-OnoBRE

Nella parrocchia di S. Anna i con­fratelli realizzano una missione

popolare. Dopo una adeguata preparazione all'interno degli 87

nuclei biblici già csisten ti nella parrocchia, 300 laici hanno visitato le famiglie (cristiani e non cristia­ni). Un saluto, una lettura biblica, una preghiera per la famiglia, bene­

dizione della casa, inchiesta religio­

sa, e l'invito a partecipare ai gruppi biblici i momenti più salienti della visita alle case. Ad ogni famiglia è stata lasciata una piccola bandiera come piccolo ricordo giubilare.

Sierra Leone

FARMORIAH, 30 SEPTEMBER

Farmoriah Refugee Camp, where Fr. Piero has been work.ing for

eighteen months, was destroyed

un der suspicious circumstances. Despite the roadblocks erected by the Guinean civili an militi a, the

refugees managed to flee to the Kaliah Refugee camp 16 kms away.

FoRECARJAH ,4 O croseR

Kalial1 Refugee Carnp was threat­ened by a Guinean military helicop­

ter. The refugces are terrified that

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they camp will be attacked and destroyed. Fr. Piero and Fr. Jim Tully have received pernùssion to visit and pray with the refugees during weekends. The refugees are pleading to be allowed to travel to Conakry and return to Sierra Leone.

CoNAKRY, 28 OcroBER

Fr. Pasca l Kasanziki, s.x. returned after a short visi t to some family members. He stayed in Kigali but also visited I3ukavu, D.R.C. On the way to Conakry he had to stay in Douala, Cameroun because of the trouble in Ivory Coast. He stayed with the Xaverians there.

FREETOWN, 5 NovEMBRE.

I confratelli celebrano la festa del Fondatore. È presente anche P. Bongiovanni venuto apposta da Yonibana dove, da qualche tempo, ha riaperto la missione. In occasione della Festa del Fondatore i confratelli della SL scrivono un messaggio ai Saveriani sparsi nel mondo ringra­ziando per la vicinanza nel momen­to difficile che vivono. "Ci sentiamo uniti a voi tutti in questa celebrazio­ne odierna della figura e dell'opera di Mons. Conforti, nostro modello di uomo di Dio e di ardente missio­nario': Ricordando i 50 anni di presenza sxin SL aggiungono: "È

tma celebrazione segnata da tanti avvenimenti di sofferenza nostra

con la nostra gente segnata profon­damente dagli episodi dolorosi della guelTa civile. Anche noi siamo stati coinvolti più volte personalmente in passato e ancora oggi abbiamo i nostri due P. Vittorino Mosele e P. Franco Manganello in situazioni di pericolo ... Con rinnovata fede nelle parole del Vangelo che annuncian1o, voglian1o fermamente credere nel destino del chicco di grano che porta frutti quando muore':

CoNAKRY, 6 NovEMBER

Fr. Tully and Lazzari.ni joined the community of Conakry for an after­noon Reflection on Bishop Conforti and the early Xaverians lead by Fr. Dominic Nicoliello, s.x. We cel­ebrateci Founder's Day by invited Msgr.Alberto Bottari de Castello and Fr. Curien fora festive meal. We also prayed for our captive confreres, Fr. Franco and Victor.

FREETOWN, 6-9 NovEMBRE

Si celebra a Freetown il 2smo del St. Paul Major Seminary, dove hanno lavorato anche vari nostri confra­telli. Questo Seminario ha fatto tanta strada anche in senso lettera­le: è iniziato a Gbarnga in Liberia, poi e' stato trasferito a Makeni e infine a Freetown.

MA.oiNA, l O NovEMBRE.

Al momento di andare in stampa,

Dicembre 2000

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rimane invariata la situazione dei confratelli. Durante il mese di otto­bre, i ribelli li hanno trasferiti per alcuni giorni a Kamakwi, per poi riportarli a Madina, dove possono muoversi all'interno del villaggio ed esercitare il loro ministero.

FoRECARIAH, 12 NovEMBER

Fr. Tllily and Lazzarini facilitated over seven hundred refugees to leave the camps and reach Conakry safely. O n 15 Nov. they were taken to Freetown. Thc fa­thers co-ordinateci the process. The funding ca me from C. R. S. The Sierra Leone Ambassador go t the permission. They hope to do this each week.

Brasile Nord

BELEM, 9-13 OnoaRE

P. Anzalone Luigi, coordinatore del Corso di Teologia all'Istituto Regionale di Formazione Presbi­terale della Conferenza dei Vescovi del Brasile, Regione - Nord II in Belém, ha organizzato insieme a rappresentanti di altre entità la Prin1a Settimana Teologica avente come tema "Esclusione e inclusio­ne sociale nella realtà Amaz­zonica': Il tema è stato dibattuto a

sa ComMnx 117

partire da quattro punti di vista: Sociologico, Antropologico, Filo­sofico e Biblico-Teologico.

SAo FELrx oo XrNGU, 2 NovEMBRE

Nel cimitero di Sào Félix do Xingu padre Antonello Matteo ha presie­duto la Santa Messa con la presenza dei padri Amadeu Luiz, Gallo Paolo della parrocchia di Tucumà, Pino Leoni e frate! Raymundo Camacho della pastorale ù1digenista, delle suore di Sao Félix do Xingu e della comw1ità parrocchiale. Una pre­ghiera particolare é stata fatta presso la tomba di Santiago Cimarro mor­to il 18 di agosto.

AaAETETUBA, 6 NovEMBRE

I confratelli dell'area di Belém e di Abaetetuba si sono ritrovati nella casa saveriana Dom Giovanni Gaz­za, aperta quest'anno, per celebrare la festa del Fondatore. Dopo un momento di preghiera, Padre Savino Mombelli con la conferenza "Alla ricerca dell'altro Conforti'; ha presentato il Fondatore nel contesto di alcune questioni che caratterizza­rono quell'epoca: la questione poli­tico-religiosa, marcata dalla rottura dei rapporti tra Chiesa c Stato e dal problema della partecipazione dei cattolici alla vita politica; la questio­ne Teologico - ecclesiale con il pro­blema del modemismo; la questione sociale segnata dallo scontro n·a i

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diritti dei lavoratori e le esigenze degli impresari. Terminata la confe­renza, con la presenza delle sorelle saveriane, è stata celebrata la Messa in cui lo studente saveriano Horacio, che sta facendo il suo periodo di formazione in Missione presso la comunità saveriana diAcani ha rinnovato i voti temporanei. È stato letto anche il messaggio dei confratelli della Sierra Leone. Du­rante il pranzo P. Masi ha fatto gli onmi al P. Gugliotta cantando una canzone da lui stesso composta e che raccontava la nobile storia del nostro caro P Francesco. Dopo il pranzo prima che i confratelli tor­nassero nelle loro parrocchie, il gruppo si è recato al cinutero a pregare presso le tombe di padre Mario Lanciotti, dom Angelo Frosi e padre Carlo Mantoni che ci hanno preceduto nella casa del Padre.

USA

W AYNE, OcrooeR 19"'

Xaverians from the Wayne Commu­nity, the Holliston Commw1ity and o ne from the Midwest communities gathered with farnily and friends of Mrs. Marion Kosman to celebrate her passing from this life to the next. She died on Sw1day, October 15'"· She was part of our staffa t the Pro­vincia! House for 30 years.

fRANKLIN, 0 CTOBER 20'" As the weekend ofWorld Mission Sunday celebrations were to begin, the Xaverians in Franklin held their 37th M issi o n Banquet with benefac­tors and friends. The Xaverians honored in a special way Bob and Joyce Roesler. They received the annua! Mission Award, and were very deeply touched by this gesture of gratitude. "In having me t, worked with, talked to, laughed with, and loved each of you, we have made great strides u1 developing our faith"

H o LusroN, N ovEMBER 5"' The Annual Banquet for the Holliston Community took piace with the participation of 150 friends an d benefactors.

Giappone

l z UMI SANO, 13-15 SenEMBRE

Presso la Casa Regionale si è tenu­to l'incontro degli Istituti Missio­nari. Vi hanno partecipato 7 Re­gionali. L'ottimo risultato del primo Incontro Intercongrega­zionale per Missionari arrivati di recente, svoltosi al Seimezan, ha spinto i Superiori ad organizzarne altri due per l'anno 2001.

Dicembre 2000

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Indonesia

OTTOBRE

Il mese di ottobre, caro ai cattolici indonesiani perché mese di intensa devozione mariana, è stato occasio­ne, anche quest'anno, di frequenti incontri con i gruppi di base ( stazio­ni missionarie e rioni di città). Al centro di questi incontri, c'è la recita del rosario missionario, wùniziativa lanciata anni fa dai pp. Laurenzi e Ciroi. In questi w timi mesi un cam­pione di rosario missionario e la guida scritta sono stati mandati a tutte le parrocchie dell'Indonesia. L'accoglienza di questa iniziativa è

stata molto calorosa tanto che sono già stati ordinati e spediti più di 20,000 rosari, e le richieste continua­no ad arrivare. Il libretto, curato da P. Ciroi, che accompagna e spiega il rosario missionario, ha avuto an-ch' esso tm' ottima accoglienza per cui si pensa che questa iniziativa ci abbia ormai fatti conoscere in tutte le parrocchie dell'Indonesia.

PADANG, OTTOBRE.

Circa trenta confratelli si sono riuniti presso la Domus in occasione degli esercizi spirituali e alcuni giorni di aggiomamen to gtùdati dal P. Ian, OSC, ex rettore del seminario mag­giore della regione ecclesiale di Sumatra.ll clima è stato tipicamente savcriano con una serata di canti e

60 ComMnx 117

reminiscenze animata magistral­mente dal compianto P. Gianfranco Cruder che, proprio alame ore dopo, sarebbe stato chiamato dal Signore.

PADANG, 25 OTTOBRE.

In un incidente stradale sulla strada tra Padang e la sua parrocchia di Pekanbaru, muore il P. Gianfranco Cruder. Il P. Gianfranco, dopo aver partecipato alla Domus al corso annuale di Esercizi Spirituali c all'Aggiornamento organizzato dalla Regione, stava tornando in moto alla sua missione quando è

stato tamponato da un pulmino e schiacciato contro un camion che lo precedeva. I confratelli hanno portato il corpo a Padang dove il giorno 27 Ottobre è stato tumtÙato nel piccolo cimitero della Domus.

Italia

RoMA, 13 OTTOBRE

Viene terminata l'ultima stesura dei Lineamenta della RMX. Sarà invia­ta quanto prima a lutti i Saveriani perché possano dare il loro wtimo contributo alla stesura dell'Instru­mentwn Laboris sulla Missione Saveriana in vista del prossimo Capitolo Generale.

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S. PIETRO IN V INCOLI,

25-26 OTTOBRE.

Riunione dei Rettori delle Case

Saveriane d 'Italia. E' l'occasio ne

per fare il punto del cammino ad

alcuni mesi dal Capitolo Regiona­

le e per programmare alcune ini­

ziative comuni della Regione. I Pp.

Garda e Benzoni presentano il cammino della famiglia verso il

Capitolo Generale e la RMX.

MILANO, 21 OTTOBRE

In occasione della tradizionale veglia

per la Giornata M issionaria Mon­

d iale, sul sagrato del duomo di Milano hanno ricevuto il crocifisso e

il mandato ben 37 missionari par­

tenti. Tra essi il Savcriano P. Sante

Gatto (già in Brasile) e la laica

Saveriana Dott. Franca Rivolta.

PARMA, 5 NovEMBRE

Molti Saveriani presenti in Italia, in

particolare tutte le comunità del

Nord insieme ai partecipanti ai

Tremesi e agli studenti di Desio e di

Ancona, si sono ritrovati a Parma

per la ormai tradizionale festa de!S

Novembre. Q uest'anno la festa è

molti confratelli che quest'anno celebrano i 25, 30, 40, 50, 60 anni di

p rofessione e/o sacerdozio. Duran­

te la celebrazione ha avuto luogo il rinnovo delle professione dei pro­

fessi temporanei. Alla fine vi è stata

la benedizione della croce dei mar­

tiri. Una ulteriore novità presente

in Santuario è il monumento ai

martiri posto ai piedi del crocifisso

del beato Conforti. Durante la

giornata è stato anche presentato in

anteprima (e consegnato ai presen­ti) il volume 'Con Loro, sempre'

che raccoglie la vita e la testimo­

nianza di undici martiri saveriani

(cfr. pag. 37).

SAMMARDENCHIA - UDINE,

28 OTTOBRE.

Nella cappella del paese natale del

P. Gianfranco Cruder, si è celebra­

ta la messa in ricordo del

confratello morto in Indonesia.

Presiede il parroco di Tarcento

(UD). Nell'omelia il cugino P.

M ario çruder traccia un vivo

ritratto del P. Gianfranco. Presenti

una decina di confratelli e vari

familiari di confratelli che abitano stata anche l'occasione per celebra- in zona.

re il Giubileo Saveriano. Iniziata

alla vigilia con i ritiro dettato da p.

Zucchinelli, la celebrazione è conti-

n uata con vespri multietnici,le

lodi, e l'Eucarestia presieduta dal

Vescovo di Parma. Erano presenti

Dicembre 2000

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!nostri defunti P. GIANFRANCO CRUDER

5:125.10.2000, verso le 8.00, in un incidente stradale ha per­so la vita il P. Gianfranco Cruder. In moto, stava rientrando a Pekambaru da Padang a conclusione degli Esercizi Spiri­

tuali con gli altri confratelli di Sumatra. A Pangkalan, in una curva un furgoncino lo tamponava proiettandolo mortalmente contro un'autocisterna che lo precedeva nella stessa direzione di marcia e che aveva improvvisamente frenato. Aveva 58 anni compiuti essen­do nato a Sammardenchia (Udine) il 3.3.1942.

P. Gianfranco entrò tra i Saveriani a Udine il25 settembre 1953 e percorse il curricolo scolastico e formativo allora vigente: le Medie appunto a Udine (53-56), il Ginnasio a Zelarino (56-58), il Noviziato a S. Pietro in Vincoli con la Prima Professione il22.9.1959; quindi il Liceo classico a Desio ( 59-62) e, dopo I' anno di Prefettato a Macomer, la Teologia a Parma ( 64-68). Fu ordinato presbitero a Sammardenchia il giorno 11.11.1967. li suo fu un cammino contrassegnato da uno stile di autentica fraternità e dall'impegno, con esiti alterni, d i giunge­re al controllo della sua esplosiva vivacità. "C'è da giurare che non

« .. . mi sento di abbracciare tutti e voglio essere abbrac­ciato da tutti! Le spighe entra­

no in t rebbiatrice e già si

pensa alla semina e già si pen­sa a un altro raccolto e già si progetta ancora di più e tutto si trasfigura in questo anelito misterioso ... ».

abbia mai conosciuto il 10 in disci­plina. Disperso in tanli centri di in­teresse ... Egli stesso ammette di ave­re troppe 'mogli': sport, musica, si­garette, vino, cruciverba ... Al suo attivo: grande franchezza e apertu­ra; si lascia scrutare fino in fondo al­l' anima, sa obbedire, è generoso, non rifiuta mai un piacere. Sa accettare osservazioni e rimproveri senza per­malosità" (Presentazione alla Profes-

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sione Perpetua, 28.6.65). Dal l968 all976 fece parte della comunità di Alzano con l'in­

carico di Animatore Vocazionale. Furono 8 anni (68-76) di corse, di incontri, di amicizie:"rinato - scrive in Missionari Saveriani,giu­gno 1976- e ritornato ragazzo tra i ragazzi da affascinare per il Re­gno dei Cieli" e capace di trovare anche il tempo per iscriversi alla Cattolica di Milano e sostenere 14 esami. Un'esperienza che lo legò profondamente alla terra bergamasca, "questa tua porzione di terra che ti è stata donata e si è abbarbicata al tuo cuore e non vuole !asciarti andare!" (lvi).

Nell976 fu destinato alla missione dell'Indonesia. Vi giunse nel maggio dell978, dopo un anno di studio dell'inglese a Londra. Nei primi due anni, a Padang e a Medan, si dedicò all'apprendimento della lingua indonesiana e di quella Batak. Nel l 980 iniziò il suo lavo­ro missionario, privilegiando l'annuncio della Parola e la catechesi.

Fu Cappellano e poi Parroco a Perdangangan (80-87) : "un'espe­rienza ciclopica. II mio secondo amore vissuto in modo tremendamente inteso: peccati a dismisura come pure opere buone a dismisura . .. sono soddisfatto di questi sette anni" (Lett. 11.10.87) . Per sua iniziativa in quella missione fu realizzato il salone per le varie attività comunitarie.

Dall987 all996 lavorò a Tanjung Balai dove, tra l'altro, promos­se la costruzione del Centro Catechistico. Intanto scriveva: "Viaggio a velocità altissime, mi sento di abbracciare tutti e voglio essere abbrac­ciato da tutti! Le spighe entrano in trebbiatrice e già si pensa alla se­mina e già si pensa a un altro raccolto e già si progetta ancora di più e tutto si trasfigura in questo anelito misterioso ... e si comincia a pen­sare al grandioso salto che deciderà il tutto . .. " (Lett. 17.1 1.89).

Infine l'ultima tappa, dall997, l'assistenza ai gruppi nelle zone periferiche di Pekambaru, sempre a catechizzare, ad annunciare la Parola a rendere presente il dono della salvezza. Sempre in moto, sempre con in cuore "la nostalgia di vedere il volto di Gesù ... Arrive­rà il giorno che il mio sfrecciare si trasformerà in velocità in sé e per sé, in velocità pura e quell'attimo prodigiosamente diventerà musi­ca pura propagantesi all'infinito ... " (Lett. 31.5.2000).

Possa contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi (Ps. 26), questo uomo di Dio che ha tanto cercato il Suo volto .

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Pubblicazioni di Saveriani Recensioni - novità

SANFELICE C., I venditori nel Tempio, Manuale di preghiera/azione, EMI, Bologna 2000. Nella prefazione l'autore definisce il libro come "un prontuario che aiuta i cristiani a prendere coscienza del perico­lo che incombe sui p overi e sulla pace a causa della globalizzazione economica neoliberistica': Partendo dal Giubileo, il libro analizza i nuovi padroni del mondo, il loro linguaggio e il loro potere, per riflettere poi sui nuovi poveri sia al Sud che al Nord del mondo, per concludere con alcuni m otivi di speranza. Ogni capitolo è diviso in quattro parti: Vedere, approfondire alla luce della Parola di Dio, Pre­gare e Agire.

RIGON M., Universalismo di Tagore, Esca, Vicenza 2000. Il P. Marino Rigo n analizza nell'opera di T ago re gli aspetti che lo rendono "Poeta Universale': secondo il titolo che i con nazionali stessi hanno dato a questo poeta, premio Nobel 1913. Attraverso i suoi scritti, ma non solo, Tagore cercò di piantare e far crescere il seme della stessa dignità di tutti gli uomini. "I brevi cenni presentati n questo libro sono per ragazzi di scuola elementare. Sono semi che devono essere gettati nelle menti e nei cuori dei nostri fanciulli, af­finché, ancora in tenera età, li accolgano e li facciano fruttificare nella famiglia e nella comunità umana, che oggi più che mai hanno bisogno di unione e di universalità" (dall'introduzione). Il P. Rigon ci invia anche un fascicolo dallo stesso titolo, nel quale è pubblicata una conferenza che riassume i contenuti del libro.

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Corrispondenti

Bangladesh p. Coni A Brasi! N. p. Gémez S. Brasi! S. p. Fransolin R. Burundi p. Pulcini M.

Camerun-C. pp. De La Victoria, Larcher R. Col0mbia p. Marangorre .!M.

Cong0 R. D. p. Brentegani G. Delegaz. Centr. p. Zucchinelli L.

Espafia p. AnzaneOo G. Grapp0n.e p. €odenotti C.

Great Britain p. Duffy P. Indonesia p. Orrù B.

Italia p. Pozzobon C. Méxicss p. G0mez Valderrarna Efraln

PhlilippineSl p. Milia M. Sierra Leone p. Caballero J.M. l p. Tully J.

Taiwan p. Matteucig G. U.S.A p. Puopolo R.

CHIUSO IN REDAZIONE !l 11/11/00

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