MISERICORDIA E PERDONO PERMANENTE · Lavami e sarò più bianco della neve Fammi sentire gioia e...
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Cammino di crescita 2015/2016 – III tappa
Foggia 14 febbraio 2016 – Prima Domenica di Quaresima
MISERICORDIA E PERDONO PERMANENTE Relatore: Corrado Di Gennaro (Moderatore generale)
E’ una felice coincidenza che questo appuntamento cada proprio all’inizio del tempo quaresimale.
Infatti oggi è la prima domenica di una Quaresima, tra l’altro molto speciale, perché si trova inserita
nell’Anno giubilare della Misericordia.
Il messaggio del Santo Padre per la Quaresima 2016 inizia con questa esortazione:
“Nella Bolla d’indizione del Giubileo ho rivolto l’invito affinché la Quaresima di
quest’anno giubilare sia vissuta più intensamente come momento forte per celebrare e
sperimentare la misericordia di Dio… La Misericordia di Dio è infatti un annuncio al
mondo: ma di tale annuncio ogni cristiano è chiamato a fare esperienza in prima
persona”. (Messaggio del Santo Padre Francesco per la Quaresima 2016, 1)
Vogliamo oggi sperimentare in prima persona la misericordia di Dio affinché il nostro annuncio
dell’amore di Dio al mondo sia vero, non semplice propaganda cristiana di cui l’uomo d’oggi non ne
ha proprio bisogno.
Il tema che oggi siamo chiamati a meditare è di quelli che non vorremmo mai sentire nelle catechesi,
che non vorremmo mai fosse tirato fuori nelle condivisioni comunitarie e che cerchiamo sempre di
evitare perché interroga la nostra coscienza di cristiani.
Tuttavia non si può sperimentare la misericordia di Dio, e per questo diventarne testimoni, se non
si sperimenta il perdono. Ecco proprio il perdono è il tema un po’ inquietante della terza tappa del
cammino di crescita di quest’anno.
La maggioranza dei cristiani che vediamo con il volto triste e spento, con una vita senza gioia, o sono
persone che vivono di sole pratiche religiose senza però aver mai fatto l’incontro personale con
Gesù, Signore e Salvatore della loro vita, o sono persone che non vivono una vita riconciliata, una
vita nella quale non sperimentano il perdono ricevuto o dato.
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Tralascerò la prima categoria di cristiani, o pseudo tali, per concentrarmi sui secondi, su coloro, cioè,
che non hanno fatto l’esperienza della misericordia di Dio attraverso il perdono.
Talvolta la mancanza di perdono è uno stato inconscio; lo spirito è malato; si sta in crisi e non si
capisce il “perché”. Il “perché” però è molto semplice:
- non si è perdonato gli altri;
- non si è perdonato se stessi;
- non si è perdonato Dio.
Questo può capitare anche in mezzo a noi che, come porzione di Chiesa non solo portiamo lo
splendore della “sposa” di Cristo, ma anche le sue miserie. Partecipiamo all’incontro di preghiera,
andiamo a Messa e facciamo la comunione, leggiamo e ascoltiamo la Parola di Dio, eppure spesso
ci capita di essere tristi e spenti. Ciò avviene quando scontiamo dentro di noi un’assenza di
comunione con Dio, con noi stessi e con gli altri. Condizione che si sviluppa per la mancanza di
un’autentica esperienza della misericordia di Dio che ha nel perdono una delle manifestazioni più
concrete ed efficaci.
Per questo motivo in noi c’è una evidente sofferenza, visibile anche agli occhi degli altri. E più passa
il tempo, più questa sofferenza produce una crisi: crisi di fede in Dio, crisi di scoraggiamento, crisi di
sfiducia di sé e degli altri, crisi della propria capacità di convertirsi. In molti casi, avviene anche il
distacco da Dio, con conseguente distacco anche dagli altri (familiari, fratelli nella fede, amici,
colleghi di lavoro…).
Spesso siamo convinti di aver perdonato qualcuno ma nel momento in cui il “tale” o il “tal altro” si
presentano davanti ai nostri occhi sale dentro noi il risentimento; a volte basta anche solo il ricordo
di queste persone per rovinarci la giornata. Chiaramente questo non è vivere il perdono.
Oggi voglio soffermarvi sul perdono come stato interiore e come guarigione spirituale. Ma prima di
capire come noi possiamo sperimentare il perdono, dobbiamo poter comprendere innanzitutto che
l’uomo è perdonato da Dio.
A. L’UOMO E’ PERDONATO DA DIO
L’apostolo Giovanni afferma nella sua prima lettera:
“Noi amiamo perché Dio ci ha amati per primo” (1 Gv 4,19)
La stessa cosa possiamo dire per il perdono: “Noi perdoniamo perché Dio ci ha perdonati per primo”.
Il Vecchio Testamento ci mostra il “peccatore” come un debitore a cui Dio, con il suo perdono,
rimette il debito:
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“Perdona l’iniquità di questo popolo, secondo la grandezza della tua bontà, così come
hai perdonato a questo popolo dall’Egitto fin qui”. (Nm 14,19)
La remissione del peccato da parte di Dio è totale. Egli dimentica addirittura il nostro peccato:
“Ecco, la mia infermità si è cambiata in salute! Tu hai preservato la mia vita dalla fossa
della distruzione perché ti sei gettato dietro le spalle tutti i miei peccati”.
(Is 38,17)
Di fronte al peccato, al mio peccato, al tuo peccato, il Dio “geloso” si dimostra Dio “misericordioso”:
“Ti ho manifestato il mio peccato, non ho tenuto nascosto il mio errore. Ho detto:
‘Confesserò al Signore le mie colpe’ e tu, Signore, hai rimesso la malizia del mio
peccato”. (Sal 32, 5)
E ancora:
“…Egli, pietoso, perdonava la colpa, li perdonava invece di distruggerli. Molte volte
placò la sua ira e trattenne il suo furore, ricordando che essi sono carne, un soffio che
va e non ritorna”. (Sal 78,38-39)
E’ Dio stesso che va alla ricerca del peccatore invece di disprezzarlo. Dio perdona il peccatore e la
conseguenza di ciò è che questi diventa una creatura nuova. Così infatti poteva pregare Davide, un
peccatore che ha fatto l’incontro con il Dio che perdona:
“Purificami con issòpo e sarò mondato
Lavami e sarò più bianco della neve
Fammi sentire gioia e letizia,
esulteranno le ossa che hai spezzato.
Distogli lo sguardo dai miei peccati
Cancella tutte le mie colpe.
Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non respingermi dalla tua presenza
E non privarmi del tuo santo Spirito.
Rendimi la gioia di essere salvato,
sostieni in me un animo generoso”. (Sal 51, 9-14)
Dio perdona tutto ai suoi figli perché è un Padre misericordioso. Il suo è un perdono totale:
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“Buono e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore. Egli non continua a
contestare e non conserva per sempre il suo sdegno. Non ci tratta secondo i nostri
peccati, non ci ripaga secondo le nostre colpe. Come il cielo è alto sopra la terra, così è
grande la sua misericordia su quanti lo temono; come dista l’oriente dall’occidente,
così allontana da noi le nostre colpe. (Sal 103,8-12)
Queste parole del Vecchio Testamento trovano la loro sintesi in Gesù, il “volto della misericordia del
Padre”, come lo ha definito Papa Francesco (cfr MV 1). Quel Gesù che è il Figlio di Dio, il Messia,
l’Unto del Signore, la cui missione tra gli uomini è quella profetizzata da Isaia nel quarto canto del
“Servo di Jahwè”:
“…egli si è caricato delle nostre sofferenze,
si è addossato i nostri dolori…
…è stato trafitto per i nostri delitti,
schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dá salvezza si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti.
…il Signore fece ricadere su di lui
l’iniquità di noi tutti”.
(Is 53, 4-6)
In quanto “Servo di Jahwè”, Egli ha lavato i piedi di tutti i suoi discepoli, gli stessi che da lì a qualche
ora lo avrebbero tradito, rinnegato, abbandonato:
“Gesù, sapendo che era giunta la sua ora…, dopo aver amato i suoi che erano nel
mondo li amò sino alla fine”. (Gv 13,1)
L’evangelista Giovanni commenta questo riferendosi proprio al gesto della lavanda dei piedi che
Gesù compie “quando già il diavolo aveva messo in cuore di Giuda Iscariota di tradirlo” (cfr Gv
13,2).
Gesù lava i piedi, facendosi “servo” di colui che lo tradisce, di colui che lo rinnega, di coloro che
scappano via davanti alle guardie dei capi dei Giudei e prima di congedarli dice:
“Vi ho dato l’esempio perché come ho fatto io facciate anche voi”. (Gv 13,15)
Il discepolo di Gesù è tale se è un autentico imitatore di Cristo, non solo nella preghiera, nella
predicazione, nelle guarigioni e nei miracoli. E’ lo stesso Maestro che stabilisce la “misura” e il
“soggetto” da imitare:
“Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”. (Mt 5, 48)
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Questo ci dice con chiarezza che l’uomo perdonato da Dio diventa capace di perdonare un altro
uomo.
B. L’UOMO E’ PERDONATO DALL’UOMO
Già nell’Antico Testamento Dio pone un limite alla vendetta contro un altro uomo. Se è vero che
vigeva la famosa “legge del taglione”:
“…se segue una disgrazia, allora pagherai vita per vita: occhio per occhio, dente per
dente, ferita per ferita, livido per livido.” (Es 21,23-25)
è altrettanto vero che la stessa legge vietava di odiare il fratello:
“Non coverai rancore contro il tuo fratello… Non ti vendicherai e non serberai rancore
contro i figli del tuo popolo, ma amerai il prossimo tuo come te stesso. Io sono il
Signore!”. (Lv 19, 17-18)
Il libro del Siracide rivela, poi, il legame che unisce il perdono accordato da Dio con il perdono
accordato dall’uomo verso il suo prossimo:
“Perdona l’offesa al tuo prossimo e allora per la tua preghiera ti saranno rimessi i
peccati. Se qualcuno conserva la collera verso un altro uomo, come oserà chiedere la
guarigione al Signore? Egli non ha misericordia per l’uomo suo simile e osa pregare
per i suoi peccati? Egli che è soltanto carne conserva rancore; chi perdonerà i suoi
peccati?”. (Sir 28, 2-5)
Questo brano ci dice come la mancanza di perdono influisce sulla nostra salute fisica e spirituale.
Ormai è assodato anche dalla psicologia moderna che “corpo” e “spirito” nella persona si
influenzano vicendevolmente, per cui uno stato di malessere spirituale che ha la sua origine da una
mancanza di perdono condiziona negativamente sul nostro corpo rendendolo malato.
E’ una di quelle malattie, così dette “psicosomatiche”, di cui si può stare cronicamente ammalati e
si può addirittura morire, non solo spiritualmente.
Da quanto è scritto nel Siracide vediamo come la misericordia di Dio è bloccata dal nostro
risentimento, dal nostro rancore, e non può produrre i benefici che da essa derivano in termini di
guarigione.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica poi insegna che:
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…questo flusso di misericordia (del Padre) non può giungere al nostro cuore finchè noi
non abbiamo perdonato a chi ci ha offeso. L’amore, come il Corpo di Cristo è
indivisibile: non possiamo amare Dio che non vediamo, se non amiamo il fratello, la
sorella che vediamo. Nel rifiuto di perdonare ai nostri fratelli e alle nostre sorelle, il
nostro cuore si chiude e la durezza lo rende impermeabile alla misericordia del Padre… (CCC 2840)
Per chiedere, quindi, la guarigione al Signore e il perdono al Signore è necessario prima perdonare
l’offensore. Ci rendiamo conto a questo punto che il perdono è elemento fondamentale per una
vera vita cristiana. La preghiera che Gesù ci ha insegnato, il Padre Nostro, rivolge ben sette richieste
al Padre. Esse sono:
1. Sia santificato il tuo nome;
2. Venga il tuo Regno;
3. Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra;
4. Dacci oggi il nostro pane quotidiano;
5. Non lasciarci cadere nella tentazione;
6. Liberaci dal male;
……..
7. Rimetti a noi i nostri debiti (peccati), come noi li rimettiamo ai nostri debitori;
Quest’ultima è una richiesta “molto pericolosa” che potrebbe tradursi in un vero “boomerang” per
noi, se non abbiamo perdonato coloro che ci hanno offeso.
Tradotta in linguaggio corrente potrebbe voler dire: “Perdona i miei peccati, come (cioè “alla stessa
maniera”) io ho perdonato quelli degli altri… che non ho perdonato”. E il Padre: “Ok, sono costretto
a mandarti all’inferno...”
Chi sono gli “altri” che devo perdonare? Gli “altri” sono tuo marito, tua moglie, tuo suocero, tua
suocera, una tua cognata, un fratello o una sorella, il figlio o la figlia che ce l’hanno con te, la tua
nuora, il tuo genero, il tuo ragazzo, la tua ragazza, il vicino di casa, il tuo collega di lavoro, quello che
ti ha rubato l’auto o ha rapinato a casa tua, quello che ha abusato sessualmente di tua figlia o che
ha fatto “sballare” tuo figlio adolescente in discoteca, il venditore che ti ha truffato, il politico che ti
ha imbrogliato, un amico che ti ha deluso, il fratello o la sorella della Comunità che è gelosissimo di
te, non ti sopporta, dice male di te con gli altri ed è sempre pronto a mettere in evidenza i tuoi difetti
veri o presunti, che sotto sotto gode delle tue disgrazie e soffre per le tue gioie... ma solo “sotto
sotto”…forse!
E’ possibile poi che una persona continuiamo a salutarla, a lavorarci nello stesso ufficio o nella stessa
fabbrica; è possibile che abitiamo sotto lo stesso tetto o dormiamo addirittura nello stesso letto; è
possibile che ci incolonniamo alla stessa fila per ricevere la comunione eucaristica durante la Messa;
è possibile tutto questo… eppure accade di non averla perdonata realmente. Infatti appena incrocia
il nostro sguardo o ci accorgiamo che cerca di evitare il nostro sguardo; appena ci rivolge la parola,
magari per l’ennesimo rimprovero, o constatiamo che nemmeno ci rivolge più la parola, ecco che in
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noi riaffiora, l’ira, il risentimento, il rancore, che sono sentimenti che hanno una forte influenza sul
nostra persona e la dominano.
In una raccolta di proverbi indiani composta nel XVII secolo dal titolo Subhashitarnava, leggiamo
questo aforisma: L’ira dell’uomo eccellente dura un momento, quella dell’uomo mediocre due ore,
quella dell’uomo volgare un giorno e una notte, quella del malvagio non cessa mai.
San Paolo poi con molta chiarezza afferma:
Non tramonti il sole sopra la vostra ira e non date spazio al diavolo. (Ef 4,26-27)
E noi tranquillamente: Padre nostro che sei nei cieli…
A volte questa situazione è tanto più tragica quanto più forte è stata l’esperienza spirituale vissuta
con alcuni fratelli nella fede. Capita con qualcuno di essi di aver vissuto insieme i bei momenti
dell’incontro con Gesù Salvatore, di aver sperimentato insieme la potenza dello Spirito Santo, di
aver sognato e poi visto insieme la realizzazione delle promesse di Dio, di aver insieme evangelizzato
e insieme testimoniato di aver visto che nel Nome di Gesù “anche i demoni si sottomettevano a noi”
(cfr Lc 10,17).
Ma poi nel tempo sono emerse le differenze caratteriali, i desideri diversi, così come diversi si sono
rivelati i percorsi della vita di ciascuno e così a poco a poco sono nate le divergenze, i dissensi che
hanno portato prima alla “confusione” delle lingue, poi alla “contusione” delle ferite date e ricevute
e infine alla “divisione” degli spiriti. “C’eravamo tanto amati”, recita un famoso film del passato...
C’è un salmo in tal senso che esprime molto bene l’amarezza che si prova in questa condizione di
malessere:
“Se mi avesse insultato un nemico, l’avrei sopportato;
se fosse insorto contro di me un avversario, da lui mi sarei nascosto.
Ma tu, mio compagno, mio intimo amico,
legato a me da dolce confidenza!
Camminavamo concordi presso la casa di Dio” (Sal 55,13-15)
Su questo argomento, però, l’insegnamento di Gesù non ammette equivoci:
“Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche
cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all'altare e va' prima a riconciliarti con il
tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono. Mettiti presto d'accordo con il tuo
avversario mentre sei per via con lui, perché l'avversario non ti consegni al giudice e il
giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. In verità ti dico: non uscirai di là
finché tu non abbia pagato fino all'ultimo spicciolo!”. (Mt 5,23-26)
Voi tutti poi conoscete la parabola del “servitore spietato” e come termina:
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“Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: ‘Servo malvagio, io ti ho
condonato tutto il debito perché mi avevi pregato. Non dovevi forse anche tu avere
pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?’. E, sdegnato, il padrone lo
diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. Così anche
il Padre Celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete generosamente al vostro
fratello”. (Mt 18, 32-35)
C’è un legame molto stretto tra il perdono dei peccati da parte di Dio e il nostro perdono, anzi le
due cose sono inscindibili:
“Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà
anche a voi; ma se non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le
vostre colpe”. (Mt 6, 14-15)
Perché mai dimenticassimo questo precetto, Gesù lo ha inserito nel “Padre Nostro”, la preghiera
che Egli stesso ci ha insegnato. Nella misura in cui perdoniamo, Dio perdona noi: se noi
perdoneremo al 90%, Dio ci perdonerà al 90%... e c’è la “Geenna”!
Gesù ci invita ad essere modelli del Padre:
“Amate i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla e il vostro premio
sarà grande e sarete chiamati figli dell’Altissimo; perché Egli è benevolo verso gli
ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro che è nei
cieli”. (Lc 6, 35-36)
La domanda ora è questa: possiamo veramente perdonare chiunque ci ha offeso, chi ha urtato la
nostra suscettibilità, chi ci ha ferito dentro, chi ha deluso le nostre aspettative e addirittura che ci
ha usato violenza o chi ci ha privato dell’amore di una persona cara?
Comprendiamo certamente che Dio ci chiede qualcosa molto difficile, a volte un gesto di perdono
può sembrare addirittura impossibile… ma “nulla è impossibile per chi crede”.
L’amore di Dio ci permette di amare perfino i nostri nemici, cosa impossibile all’uomo naturale.
Questo ci fa comprendere che il cristiano è una persona speciale perché essendo stata visitata
dall’amore di Dio è capace, a sua volta di amare con l’amore di Dio:
“Noi amiamo perché Dio ci amati per primo”. (1 Gv 4,19)
Una persona che ha veramente sperimentato il Battesimo nello Spirito e la “Vita nuova” non può
essere avulso da questa dimensione dell’amore e del perdono. Se non è questa la “misura” del
nostro amore vuol dire che non abbiamo fatto una vera esperienza dell’amore di Dio.
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C. COME PERDONARE
Gesù ha promesso che laddove ci fossero stati “due o più uniti nel Suo nome”, Lui avrebbe sempre
assicurato la Sua presenza “in mezzo”; e qualsiasi cosa avessero chiesto nel Suo Nome, Lui l’avrebbe
concessa (cfr Mt 18,19-20). Tuttavia ha posto come “cartina al tornasole” dell’unità “nel Suo Nome”
proprio il perdono. Pietro questo lo ha intuito con prontezza:
“Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a
sette volte?”. E Gesù rispose: “Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette”. (Mt 18, 21-22)
Il numero “sette” è un ebraismo. Nella mentalità dell’ebreo è sinonimo di abbondanza e pienezza
(per esempio: le “sette” domande del Pater, le “sette” opere di misericordia, i “sette” doni dello
Spirito Santo, lo Spirito che parla alle “sette” chiese nel libro dell’Apocalisse, ecc.).
Qui Pietro, che cerca di fare il “fenomeno” davanti al proprio Maestro e di dare una lezione di
generosità agli altri discepoli, chiede se è giusto perdonare “fino a sette volte”, cioè generosamente
e pienamente “colui che pecca contro di me”. Risposta sbagliata, infatti: “Non ti dico fino a sette ma
fino a settanta volte sette”.
Non lasciamoci poi ingannare dal pensiero che giunti alla 491-esima volta possiamo mandare “al
diavolo” il nostro nemico.
Mi spiego con un “teologismo”. Il segno matematico del credente è il “per” (x) e non il “più” (+),
vero? Altrimenti la Trinità sarebbe composta da tre “dei” (1+1+1+=3) mentre invece è un solo Dio
perché 1x1x1=1.
Allora 70 volte 7 non è 7+7+7+…..7 = 70 ma è 7x7x7x7… x7 = 7 70, cioè un numero astronomico,
impronunciabile, da mandare in tilt le calcolatrici dei nostri smartphone.
Quindi perdono permanente, senza “se” e senza “ma”. Perdono permanente, come la seconda
promessa che lo Spirito ci ha donato per essere segno profetico nella Chiesa e nel mondo della
Misericordia di Dio. Il cristiano deve perdonare sempre e perdonare per amore di Gesù.
Pietro ha ben imparato la lezione del Maestro tanto da scrivere nella sua prima Lettera:
“…non rendete male per male, né ingiuria per ingiuria, ma, al contrario, rispondete
benedicendo; poiché a questo siete stati chiamati per avere in eredità la benedizione”. (1 Pt 3, 9)
Il Cardinale Gianfranco Ravasi afferma che “il cristianesimo è soprattutto la celebrazione del
perdono”, mentre il Catechismo della Chiesa Cattolica sostiene che:
“Il perdono è il culmine della preghiera cristiana” (CCC 2844)
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Senza il perdono avremmo difficoltà enormi ad aprirci all’amore di Dio e dei fratelli.
Sorprendentemente, quando noi perdoniamo, invece, non solo noi che perdoniamo possiamo
ricevere l’amore di Dio, ma possono riceverlo anche coloro che sono stati perdonati da noi; infatti il
perdono è una forza attiva che può cambiare anche la vita di coloro che vengono perdonati; e questo
è un atto concreto ed efficace di vera carità! E’ una grande “opera di misericordia”!
Quando noi non perdoniamo i fratelli è come se noi li legassimo, ma quando li perdoniamo
rilasciamo in loro una potenza d’amore interamente nuova. E’ una tempesta, uno “tzunami” di
misericordia, che dove arriva porta guarigione, vita nuova, rinnovamento!
Molto toccante, in merito, è il contenuto di una lettera che un pentito scrisse al gesuita p. Adolfo
Bachelet, fratello di Vittorio Bachelet (già Presidente dell’Azione Cattolica), uomo giusto e vittima
del terrorismo: “Mi sono accorto che una volta innescata la spirale del perdono, dell’amore, del bene
gratuito, nessuno la ferma più: diventa un contagio, una luce che comunica da uno sguardo all’altro,
una reazione a catena. Questo è il miracolo di cui oggi sono testimone in carcere. Io ho una coscienza
nuova: se riuscirò a trasformare la mia vita, questa diventerà un segnale per gli altri e, quando loro
faranno altrettanto, questo segnale si propagherà e raggiungerà altri ancora. E questo è
meraviglioso!” (Lettera di un pentito a p. Adolfo Bachelet s.j., fratello di Vittorio Bachelet vittima del
terrorismo)
D. DALLE PAROLE ALLE OPERE
Papa Francesco nell’Udienza del 16 dicembre 2016, quindi meno di due mesi fa, trattando il tema
del perdono ha rivolto queste parole ai presenti: “La misericordia e il perdono non devono rimanere
belle parole ma realizzarsi nella vita quotidiana… Amore e perdono sono il segno concreto e visibile
che la fede ha trasformato i nostri cuori e ci consente di esprimere in noi la vita stessa di Dio… Amare
e perdonare come Dio perdona”. (Papa Francesco, Udienza del 16 dic 2016, Città del Vaticano)
Il perdono… insomma, non tanto belle parole ma tante “opere” della nostra quotidianità.
Gesù ci ha insegnato un modo molto pratico per perdonare. Anche Lui, come papa Francesco, era
solito rilasciare ai suoi discepoli la “misericordina”, cioè il rimedio ai mali dell’anima. Ecco la sua
“cura”:
«Ma a voi che ascoltate io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi
odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A
chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l'altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare
la tunica. Dai a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo. Ciò che volete
che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro». (Lc 6,27-31)
Alla luce di questa esortazione di Gesù, quattro sono le azioni essenziali da compiere:
a. Prima azione: amare.
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Amare non significa provare un sentimento dolciastro; amare è una decisione e può arrivare fino
al sacrificio estremo: dare la vita!
b. Seconda azione: fare del bene – “benefare”.
Fare del bene a chi? Al tuo nemico, a colui che ti ha fatto del male. Gesù ha detto:
“Se fate del bene a quelli che vi fanno del bene che merito ne avete? Anche i peccatori
fanno lo stesso” (Lc 6,33)
c. Terza azione: benedire – “dire bene”.
Dire bene di chi? Del tuo nemico, sempre lui! Colui che ha detto male di te, che di peggio non
poteva dire. Ti ha screditato davanti a persone influenti, con il tuo capo sul lavoro, con il tuo
Vescovo in ambito ecclesiale, con i tuoi figli in ambito familiare.
Di colui che ha tradito la tua amicizia sincera. Di colui al quale hai dato tutto e al quale tu hai
aperto il cuore condividendo i tuoi segreti più intimi… e lui la prima cosa che ha fatto è stata
andare a raccontarlo ai suoi “quattro amici al bar”.
d. Quarta azione: pregare.
Pregare ti fa mutare l’atteggiamento nei riguardi dell’altro, del tuo nemico, perché quando entri
in contatto con Gesù e con il Padre, tu entri in contatto con la Misericordia del Padre al quale
non interessa se un figlio, come nella parabola del Padre misericordioso, lo ha considerato morto
e ha sperperato tutti i suoi averi, perché è, e sempre sarà, Suo figlio.
E. CONCLUSIONE - “UNO DI VOI E’ IL MESSIA”
Concludo con un breve racconto, che certamente alcuni di voi già conoscono, con la speranza che
possa alimentare in ciascuno di noi, nelle nostre famiglie, nelle nostre fraternità e dimore dello
Spirito e nella Comunità tutta, il desiderio di diventare davvero quell’oasi di misericordia che Papa
Francesco auspica per ogni autentica realtà cristiana. Ha scritto infatti nella Misericordiae Vultus:
“Nelle nostre parrocchie, nelle comunità, nelle associazioni e nei movimenti, insomma dovunque vi
sono dei cristiani, chiunque deve poter trovare un’oasi di misericordia” (MV 12).
Il titolo di questa storia è: “Uno di voi è il Messia”.
Un eremita che stava meditando nella sua grotta aprì gli occhi e scoprì un visitatore
inatteso seduto di fronte a lui. Era l’abate di un famoso monastero.
“Che cosa cerchi?”, chiese l’eremita.
L’abate racconto una triste storia.
Un tempo il monastero era stato famoso in tutto il mondo occidentale. Le celle erano
piene di giovani postulanti e la chiesa riecheggiava del canto dei monaci. Ma poi erano
sopraggiunti i tempi duri.
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La gente non accorreva più in massa ad alimentare il proprio spirito, il flusso dei novizi si
era arrestato, la chiesa era immersa nel silenzio. Erano restati solo un pugno di monaci,
i quali accudivano ai propri doveri con il cuore gonfio di tristezza.
Quello che l’abate voleva sapere era questo:
“E’ a causa di un nostro peccato che il monastero si è ridotto in questo stato?”
“Sì”, rispose l’eremita, “un peccato di ignoranza”.
“E di che peccato si tratta?”.
“Uno di voi è il Messia sotto false spoglie e voi non lo sapete”.
Dopo aver detto questo, l’eremita chiuse gli occhi e ritornò alla meditazione.
Lungo tutto il difficile viaggio di ritorno al monastero, il cuore dell’abate batteva forte al
pensiero che il Messia, il Messia in persona, era ritornato sulla terra ed era proprio lì nel
monastero.
Come mai non l’aveva riconosciuto?
E chi poteva essere?
Fratel Cuoco? Fratel Sagrestano? Fratel Tesoriere?
…Fratel Priore? No, lui no, ahimè, aveva troppi difetti.
Ma l’eremita aveva detto che era nascosto sotto false spoglie.
Forse quei difetti erano un travestimento? A pensarci bene, tutti al monastero avevano
dei difetti…
Eppure uno di loro era il Messia!
Al suo ritorno, radunò i monaci e li informò di ciò che aveva scoperto.
Essi si guardarono l’un l’altro increduli.
Il Messia? Qui? Incredibile! Ma a quanto pare era lì in incognito. Allora forse…
se fosse stato il tale? O il talaltro, laggiù? O…
Una cosa era certa: se il Messia era lì sotto false spoglie, non sarebbe stato facile Così si
riconoscerlo.
misero a trattare chiunque con rispetto e considerazione.
“Non si può mai sapere”, pensavano dentro di sé quando avevano a che fare con i loro
confratelli, “magari è questo”.
Il risultato fu che l’atmosfera del convento divenne tutto un vibrare di gioia. Presto
dozzine di aspiranti vennero a chiedere di entrare nell’ordine, e la chiesa tornò a
riecheggiare dei santi e lieti canti dei monaci, i quali irradiavano lo spirito dell’Amore.
(A. de Mello, La preghiera della Rana, Ed. Paoline, vol. I, pagg. 88-90)
Quel monastero ormai impregnato della tristezza di un pugno di monaci che avevano smarrito la
loro vocazione tutti preoccupati di difendersi l’uno dai difetti dell’altro, grazie alla “misericordina”,
alla medicina che aveva loro prescritto l’eremita misterioso era tornato ad essere come prima, più
di prima un’insperata “oasi di misericordia”.
Mi congedo con un’immagine. Sono su un aereo e vedo sotto di me un grande deserto di sabbia con
alcuni puntini verdi qua e là. Scendo di quota e quei puntini verdi mi sembrano delle piccole aiuole.
Scendo ancora di quota e quelle aiuole prendono la forma di radure verdi con alberi di alto fusto e
qualche roccia da cui fuoriesce una sorgente d’acqua limpida. Atterro, scendo dall’aereo, mi avvicino
all’ingresso e trovo un cartello: Fraternità Bethel. Mi sposto, percorro un bel po’ di chilometri e ne
trovo un’altra al cui ingresso trovo un altro cartello: Fraternità Sion e continuando ne raggiungo
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un’altra e poi altre ancora: Fraternità Cedro del Libano, Fraternità Querce di Mamre, Fraternità
Tenda di Davide, Fraternità Betania. Una, due, diverse “oasi di misericordia” dove ogni abitante e
ogni viandante del deserto trovano ristoro, sicurezza e accoglienza.
Che questa immagine possa diventare presto per noi e per le Chiese particolari dove svolgiamo il
nostro apostolato una piacevole realtà.
Tanti auguri Comunità Magnificat Dominum e buona quaresima dell’Anno Santo della Misericordia.