MINIATURE LOMBARDE INTORNO AL 1380 - Bollettino d'Arte · u6 Il) rf l ~' l \ l Parigi, Biblioteca...

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ADA QUAZZA MINIATURE LOMBARDE INTORNO AL 1380 F RA i numerosi volumi della biblioteca vi- sconteo-sforzesca ora nella Biblioteca Na- zi onale di Parigi, r) un gruppo notevole è costituito, com'è noto, da manoscritti trecenteschi di origine varia, milanese, pavese, padovana, bolo- gnese, ecc. Accanto ai già notissimi Tristan, Uffi.- ziolo lat. 757, Lancelot du Lac, ve ne sono alcum, o, quasi, l_a cui pur non ncch1ss1ma, puo suggenre prec1saz10m, o con- tribuire alla ricostruzione di zone ancora incerte nel quadro della pittura lombarda dell'ultimo terzo del secolo. In rapporto con una delle botteghe milanesi più note vanno visti, per esempio, il_ Luca'!us, . pe bello civili, ms. lat. 8045, :al ornato d1 freg1 e ml- ziali figurate, e il Liber ]udiciorum Alfodol, ms. lat. 7323, 3) in cui, oltre alle grandi iniziali, incu- riosisce la serie dei simboli zodiacali disegnata nel margine superiore delle pagine del calendario astrologico. In questi, la ripetizione del disegno in più fogli successivi e il carattere stesso delle figu- razioni fanno pensare ad una ripresa, di qualità non disprezzabile, di " modelli , consueti ad una bottega. Il 'Leo' dei ff. Ig-:uv, per esempio (fi g. I I7), è concepito secondo lo stesso dei leoni, che appaiono nel sogno del cavahere a f. 27v (fig. I I6) e 28v del Lancelot, e del leone che assale Sant'Antonio a f. 2g6v dell' Uffiziolo pari- gino; la 'Virgo' dei ff. 22-24v (fig. I I g) è in tutto simile, come tipologia e presentazione, a numerose figure femminili sia dell' Uffiziolo lat. 757 - si veda, in particolare, quella inscritta nel corpo del- l'iniziale D a f. 38v (fig. I2o) - sia del Lancelot - si veda la giovane seduta sul dorso del leone a f. 28v. L'affinità .tipologica, inoltre, è ribadita e convalidata dalla qualità del segno, netto e crudo - nonostante i maldestri e assai più tardi ripassi a penna- nell'indicare i contorni, ma talora viva- ce (ad esempio nel 'Sagittario' - fig. I I8 - ff. 3I- 33 v), proprio come nelle illustrazioni citate e del Lancelot e dell' Uffiziolo. Vi manca il colore, ma pure nei codici maggiori di questa attivissima bot- tega accade non di rado di trovare notevoli varia- zi oni nella tecnica del colorito, mentre il disegno parrebbe documentare indubitabilmente l' esecu- zi one da parte di una stessa persona. E nei fogli 27v e 28v del Lancelot, come nel 38v del ms. lat. 757, e in tutti quelli che, nelle due opere, si possono ad essi riunire (per esempio i ff. 3 r, 4v, 32, 86v, nel primo, e i ff. 49, 53, 55, Iogv, 35IV nel secondo), 4l il segno di contorno ha funzione es senziale nella definizione delle persone, delle rocce, degli edifici, degli alberi. Altrettanto impor- tante è, d'altra parte, il disegno nelle due iniziali C e B del testo al f. 2 del Lucano (fig. I35), dove l'oro e gli intensi colori rendono più immediati gli accostamenti alle miniature già ricordate del Lan- celot e dell' Uffiziolo. Il profilo del Lucano in veste rossa ripete il tipo del guerriero al f. 32, o quello dei ' cavalieri della Tavola Rotonda' (f. 3) del Lancelot (fig. I2I), e i profili degli angeli (ff. Iogv, 245, ecc.) nel ms. lat. 757· I lievi e veloci tocchi di biacca della barba, la leggera ombreggiatura del volto avvicinano il commentatore entro la lettera C alle figure delle ' Storie della Genesi ' dell' Uffiziolo. Affine, inoltre, il panneggio, affine il modo di realiz- zare il trono, sghembo e instabile nel Lucano come le architetture del Lancelot (cfr. ff. 3, I5 v, Ig), e tuttavia a modanature ripetutamente profilate, di un modello assai vicino al trono della Vergine a f. rogv dell' Uffiziolo. Se il soggetto limita la gamma dei confronti a proposito dell' Alfodol, nel Lucano si può ancora riconoscere l'eloquente moto delle mani, la viva- cità dell'atteggiamento, la grazia pungente delle figurazioni citate dei due codici più famosi; e sottolineare ancora, quale elemento non secondario, l'analogia dell'ornato vegetale a volute di fogliami agili, carnosi e morbidi, sinuosamente svolgentisi gli uni dagli altri, nel ms. lat. 757, dove rag- giungono il massimo della libertà e della varietà fantastica, nel Lancelot, nel Lucanus 8045. Non pare allora impossibile suggerire, con maggior precisione, di vedere nel miniatore del f. 2 del Lucano se non l'autore dei fogli citati dell' Uffiziolo - di esecuzione tanto più accurata - certo quello cui si devono le illustrazioni ricordate del Lancelot. Ora, la cosa acquista singolare rilievo per il fatto che il f. 2 del Lucano reca, in basso, tra le due colonne del commento, la firma in lettere auree del miniatore: "Johés de Castano pinxit, (fig. I34). Si potrà obbiettare che apparentemente il foglio del Lucano mostra doti di fantasia e di linguaggio meno brillanti di quelle offerte dal romanzo; ma, nei limiti di un'ornamentazione puramente margi- nale e di iniziali, che esclude quindi la libertà in- ventiva di una narrazione continua e la grazia epi- sodica di una figurazione religiosa, esso appare del tutto consono alla vivacità espressiva di quel narratore. Quand'anche, tuttavia, non si volesse accettare questa ipotesi, rimane pur sempre, ad allargare il campo della produzione nota di quella bottega, l'incontestabile affinità dei motivi e delle soluzioni. ©Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo -Bollettino d'Arte

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ADA QUAZZA

MINIATURE LOMBARDE INTORNO AL 1380

FRA i numerosi volumi della biblioteca vi­sconteo-sforzesca ora nella Biblioteca Na­zionale di Parigi, r) un gruppo notevole è

costituito, com'è noto, da manoscritti trecenteschi di origine varia, milanese, pavese, padovana, bolo­gnese, ecc. Accanto ai già notissimi Tristan, Uffi.­ziolo lat. 757, Lancelot du Lac, ve ne sono alcum, passa~i in?s~ervati o, quasi, l_a cui d~cor.azi?ne, pur non ncch1ss1ma, puo suggenre prec1saz10m, o con­tribuire alla ricostruzione di zone ancora incerte nel quadro della pittura lombarda dell'ultimo terzo del secolo.

In rapporto con una delle botteghe milanesi più note vanno visti, per esempio, il_ Luca'!us, . pe bello civili, ms. lat. 8045, :al ornato d1 freg1 e ml­ziali figurate, e il Liber ]udiciorum Alfodol, ms. lat. 7323, 3) in cui, oltre alle grandi iniziali, incu­riosisce la serie dei simboli zodiacali disegnata nel margine superiore delle pagine del calendario astrologico. In questi, la ripetizione del disegno in più fogli successivi e il carattere stesso delle figu­razioni fanno pensare ad una ripresa, di qualità non disprezzabile, di " modelli , consueti ad una bottega. Il 'Leo' dei ff. Ig-:uv, per esempio (fig. I I7), è concepito secondo lo stesso s~hema dei leoni, che appaiono nel sogno del cavahere a f. 27v (fig. I I6) e 28v del Lancelot, e del leone che assale Sant'Antonio a f. 2g6v dell' Uffiziolo pari­gino; la 'Virgo' dei ff. 22-24v (fig. I I g) è in tutto simile, come tipologia e presentazione, a numerose figure femminili sia dell' Uffiziolo lat. 757 - si veda, in particolare, quella inscritta nel corpo del­l'iniziale D a f. 38v (fig. I2o) - sia del Lancelot - si veda la giovane seduta sul dorso del leone a f. 28v. L'affinità .tipologica, inoltre, è ribadita e convalidata dalla qualità del segno, netto e crudo - nonostante i maldestri e assai più tardi ripassi a penna- nell'indicare i contorni, ma talora viva­ce (ad esempio nel 'Sagittario' - fig. I I8 - ff. 3I -33 v), proprio come nelle illustrazioni citate e del Lancelot e dell' Uffiziolo. Vi manca il colore, ma pure nei codici maggiori di questa attivissima bot­tega accade non di rado di trovare notevoli varia­zioni nella tecnica del colorito, mentre il disegno parrebbe documentare indubitabilmente l' esecu­zione da parte di una stessa persona. E nei fogli 27v e 28v del Lancelot, come nel 38v del ms. lat. 757, e in tutti quelli che, nelle due opere, si possono ad essi riunire (per esempio i ff. 3 r, 4v, 32, 86v, nel primo, e i ff. 49, 53, 55, Iogv, 35IV nel secondo), 4l il segno di contorno ha funzione essenziale nella definizione delle persone, delle

rocce, degli edifici, degli alberi. Altrettanto impor­tante è, d'altra parte, il disegno nelle due iniziali C e B del testo al f. 2 del Lucano (fig. I35), dove l'oro e gli intensi colori rendono più immediati gli accostamenti alle miniature già ricordate del Lan­celot e dell' Uffiziolo. Il profilo del Lucano in veste rossa ripete il tipo del guerriero al f. 32, o quello dei ' cavalieri della Tavola Rotonda' (f. 3) del Lancelot (fig. I2I), e i profili degli angeli (ff. Iogv, 245, ecc.) nel ms. lat. 757· I lievi e veloci tocchi di biacca della barba, la leggera ombreggiatura del volto avvicinano il commentatore entro la lettera C alle figure delle ' Storie della Genesi ' dell' Uffiziolo. Affine, inoltre, il panneggio, affine il modo di realiz­zare il trono, sghembo e instabile nel Lucano come le architetture del Lancelot (cfr. ff. 3, I5 v, Ig), e tuttavia a modanature ripetutamente profilate, di un modello assai vicino al trono della V ergine a f. rogv dell' Uffiziolo.

Se il soggetto limita la gamma dei confronti a proposito dell' Alfodol, nel Lucano si può ancora riconoscere l'eloquente moto delle mani, la viva­cità dell'atteggiamento, la grazia pungente delle figurazioni citate dei due codici più famosi; e sottolineare ancora, quale elemento non secondario, l'analogia dell'ornato vegetale a volute di fogliami agili, carnosi e morbidi, sinuosamente svolgentisi gli uni dagli altri, nel ms. lat. 757, dove rag­giungono il massimo della libertà e della varietà fantastica, nel Lancelot, nel Lucanus 8045. Non pare allora impossibile suggerire, con maggior precisione, di vedere nel miniatore del f. 2 del Lucano se non l'autore dei fogli citati dell' Uffiziolo - di esecuzione tanto più accurata - certo quello cui si devono le illustrazioni ricordate del Lancelot.

Ora, la cosa acquista singolare rilievo per il fatto che il f. 2 del Lucano reca, in basso, tra le due colonne del commento, la firma in lettere auree del miniatore: "Johés de Castano pinxit, (fig. I34). Si potrà obbiettare che apparentemente il foglio del Lucano mostra doti di fantasia e di linguaggio meno brillanti di quelle offerte dal romanzo; ma, nei limiti di un'ornamentazione puramente margi­nale e di iniziali, che esclude quindi la libertà in­ventiva di una narrazione continua e la grazia epi­sodica di una figurazione religiosa, esso appare del tutto consono alla vivacità espressiva di quel narratore. Quand'anche, tuttavia, non si volesse accettare questa ipotesi, rimane pur sempre, ad allargare il campo della produzione nota di quella bottega, l'incontestabile affinità dei motivi e delle soluzioni.

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Questà bottega, del resto, accoglie numerosi collaboratori: non solo l' Uffiziolo lat. 757, infatti, è dovuto all'opera di più rniniatori, pur nella com­plessiva unità di gusto e di cultura, ma lo stesso Lancelot presenta illustrazioni riferibili a due per: sone distinte, i cui caratteri sono abbastanza facil­mente isolabili. s) Anzi, proprio il Lancelot può offrire lo spunto ad un discorso più ampio, coin­volgente alcuni dei problemi chiave della produ­zione lombarda sul finire dell'ottavo decennio del '300. L'autore, verosimilmente Johannes de Castano, dei fogli fin qui citati - e si pensi, a scopo indicativo, ai ' cavalieri della Tavola Rotonda' (fig. I2I) - per il suo disegno nitido e continuo, la stesura cromatica densa e vivace, la spiccata predilezione per le figure minute e mobilissime, l'acuto senso del particolare realistico, è, come si è visto, vicinissimo ai miniatori collaboranti al­l' Uffiziolo lat. 757, e rappresenta un'espressione vivacemente attiva intorno e dopo il 1380. 6)

A questa data risale infatti, con ogni probabilità, l' Uffiziolo stesso, tanto più che uno dei pochis­simi codici milanesi datati con sicurezza, l' Officium Beatae Virginis a. S. 2. 3I di Modena, del I383, 7)

ne offre implicita conferma, poichè il suo f. 23 (fig. 125) a confronto, per esempio, con il f. 404 del ms.lat. 757 (fig. I26), mostra la stessa predilezione per il naturalistico svolgersi del fogliame, arric­chito di boccioli e di spighe, lo stesso amore per -la presenza di animali nel margine, resi con cura analitica e al tempo stesso con una certa vivacità di movimento. Ma, come accade anche nel Lucano .8045, più denso, più soffocante vi è l'infittirsi delle volute, più spesso il segno, più pesante il colore, così da render certo si tratti di una derivazione dal più elegante modello, la cui posizione cronologica intorno all'So viene quindi ulteriormente confer­mata. Ora, se parte dei motivi, il tipo di qualche personaggio, l'impaginazione di qualche episodio 'ricollega . questo miniato re all'espressione di . Gio­vanni di Benedetto da Como (fig. I27), tuttavia, per l'autore dell' Uffiziolo parigino in questo momento doveva essere stato già molto sensibile l'apporto delle intuizioni fantastiche di Giovannino de' Grassi: basti pensare al guizzante disegno dell'Eter­no nelle ' Storie della Genesi ', alle delicatezze atmosferiche nella stesura di alcuni episodi (la 'Messa ' a f. 262v, per esempio), o a qualche geniale motivo d'una naturalezza e al contempo di una fantasia straordinarie, quali il puttino che si arrampica a prendere un nido, nel bordo di f. 46 (fig. I28), o la fanciulla che si affaccia tra i fogliami con una palla in mano nell'iniziale di f. 4o6v.

Altre pagine del Lancelot, invece - si vedano i ff. 6Iv, 'Incontro di re Marco e Isotta' (fig. I29); 66, 4 Miracolo del fuoco '; 72, ' Re Marco e i mo­naci'; Io3v, 'la Comunione dei cavalieri' (fig. I 30), rivelano senza possibilità d'equivoco una sensibilità assai diversa. Accanto a vacillanti edifici di carta-

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pesta, questo miniatore pone figure grandissime, dilatate e allungate, costruite con un disegno leg­gero e ondulante ed un colorito fuso e smorzato (ma la maggior parte delle illustrazioni è soltanto disegnata), le quali, se ricordano le gentili fi­gure (f. 8ov, per esempio - fig. I33) di un se­condo Lucano parigino anch'esso visconteo, il ms. lat. 8042, B) richiamano soprattutto i modi e lo spirito del mediocre, ma delicato affresco votivo, ora a Brera, che Simone da Corbetta firmò nel I 382, in un momento cioè abbastanza vicino alla esecuzione del Lancelot. 9) Non solo, infatti, la sagoma della santa di profilo nell'affresco è molto simile alle figure femminili dei fogli citati nel manoscritto, ma nell'affresco si ritrova sia la spro­porzione tra le figure e l'architettura, sia l'incerta costruzione di questa, sia l'impostazione sghemba, indecisa tra lo squadro in profondità e la semplice sovrapposizione di piani propria di quelle illustra­zioni, sia l'andamento oscillante dei personaggi. E vi sono evidenti analogie nei particolari delle vesti, nel modo di aprire un manto, di disegnare capelli, acconciature, panneggi, che confermano l'impressione complessiva e sottolineano l'accosta­mento tra miniature e dipinto.

Non si tratta, è vero, di un linguaggio che si opponga a quello di Johannes de Castano, poichè entrambi vivono dell'atmosfera aulica delle corti lombarde: tuttavia, se l'educazione di Johannes e degli autori dell' Uffiziolo lat. 757 pare potersi ricondurre più facilmente nell'ambito di una bot­tega di miniatori - e lo confermerebbe la conce­zione analitica e familiarmente narrativa della stessa produzione murale che ad essa si lega -, l'ascendenza culturale del secondo miniatore del Lancelot pare invece avere un respiro maggiore, rifarsi a concezioni monumentali.

Le for~e a~pi~ e . dolci dei sll;oi . personaggi sembrano, mfattt, npetere senza convmztone moduli ben altrimenti saldi e concreti, quali le figure viventi in uno spazio vero del Guiron, ms. N. A. fr. 5243; •o)

e queste, a loro volta, si legano assai bene e con immediata convinzione e forza alla cultura del frescante delle ' Storie di Cristo ' a Viboldone (in particolare l" Orazione nell'Orto' e la ' Cat­tura di Cristo') e dell'autore del ' Trionfo di San T ommaso ' e del ' San Giorgio e il drago ' (soprattutto per la sicurezza dei particolari archi­tettonici) nella cappella Visconti in S. Eustorgio a Milano. n) D'altra parte, anche i modi di Simone da Corbetta - che ripete moduli aulici, pura­mente '' cortesi , e coltissimi, privandoli di auten­tica vitalità e concretezza umana - sono stati accostati agli affreschi della quarta campata di Viboldone, datati ora concordemente all'inizio del settimo decennio del secolo: cosicchè, indivi­duare la successione ' Storie di Cristo ' di Vibol­done - ' Trionfo di San T ommaso ' - Guiron­seconda parte del Lancelot - affresco votivo del I382 non solo pare concreto dal punto di vista

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Parigi, Biblioteca Nazionale :

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II6 - Lancelot du Lac, ms. fr. 343, f. 27 v.

II7 - Liber judiciorum Alfodol, ms. lat. 7323, f. 19.

I I8 - Id., f. 3!.

I I9 - Id., f. 23.

I20 - Ufjiziolo, ms. lat. 757, f. 38 v.

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Parigi, Biblioteca Nazionale:

I2I - Lancelot du Lac, ms. fr. 343, f . 3·

122 - Liber S.cti Bernardi ad Missam, ms. lat. 1142, f. 6.

123 - Lucanus, De bello ci­vili, ms. lat. 8043, f. I.

124 - Torino Biblioteca Na­zionale- Sallustio, De bello catilinaria, ms. lat. 568, f. I .

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culturale, ma pare corrispondere ad un fenomeno di portata più complessa.

L'autore del Guiron accoglie infatti la cultura e più specificamente il gusto e lo stile dei frescanti di Viboldone e di S. Eustorgio, ma se ne distingue per la completa e convinta conquista di una verità e di una dimensione umana, anche se " cortese , : tuttavia la sua originalità viene solo in parte com­presa dai pittori e dai miniatori a lui contempo­ranei e successivi, che, per lo più, pur ripetendone motivi, non offrono quasi traccia di quel ·liberis­simo uso dello spazio e della luce. Ne è esempio significativo il Lancelot stesso, il cui rapporto col Guiron è evidente. Si pensi al tema dei duelli, che, variato all'infinito nel Guiron e - si direbbe -ogni volta con rinnovata genuinità d'osservazione, si ritrova nel Lancelot con moduli ripetuti esatta­mente - la sagoma di un cavallo lanciato all'at- · tacco, o di un cavallo in atto di cadere, o il piegarsi di un cavaliere ferito, o l'urto delle !ance - ma irrigiditi e ridotti ad una formula narrativa (si confrontino, per esempio, tra i casi più palesi, il ' torneo' a f. 55 del Guiron con quello a f. 4v del Lancelot; il duello a f. 48v del primo e a f. 86v del secondo; quello a f. I7V del primo e, di nuovo, · a f. I7 v del secondo).

Inoltre, ed è cosa anche più importante, trat­tandosi di un elemento stilistico fondamentale nel Guiron, passa nel Lancelot anche qualche traccia del suo modo d'intendere lo spazio. La cura co­stante nel primo di dare all'azione un andamento circolare, ma articolato su direttrici di movimento, individuando la scena con piani diversi indicati da quinte rocciose, castelli, piante, gruppi di per­sone, o dal moto stesso dei personaggi e dei ca­valli, in modo da suggerire la naturalezza e la vero­simiglianza del campo d'azione, pare infatti avere suggerito la disposizione circolare di molti episodi, specie quelli guerreschi, del ms. fr. 343· Ma, si noti, e la cosa è tanto più significativa in que­sta necessariamente minuta distinzione di affinità culturali e stilistiche fra collaboratori allo stesso codice, mentre il primo miniatore del Lancelot intercala indifferentemente l'illustrazione al testo, secondo la consuetudine comune alla decorazione dei romanzi cavallereschi, o delle cronache, vene­ziani, bolognesi, ecc., nel secondo pare affiorare (si _vedano i ff. 6Iv, 72v, I03v) quel rapporto tra lllustrazione e scrittura, intesa come un velario steso al di sopra e davanti alla scena rappresentata, che è una delle più geniali trovate dell'autore del Guiron (per esempio, i ff. 48v, 34- fig. I3I- 28v).

La seconda parte del Lancelot, dunque, come l'affresco del I382, suggeriscono l'esistenza di una cerchia - forse una bottega - in cui il Guiron è. sentito come un modello non solo dal punto di Vista dell'iconografia, ma anche dal punto di vista dell.o stile. Ora, oltre alla concretezza di spazio e ~~ luce, il carattere che differenzia in modo più evtdente gli eredi dell'autore del Guiron dal filone

dell' Uffi'ziolo lat. 757, è il disegno, a tratti veloci, scattanti e sottili, in seppia, preciso nei particolari ma senza pedanteria alcuna, anzi, capace di dare ad ogni fisionomia un accento individuale. Tale carattere, appunto, accomuna un gruppo di mano­scritti, la cui .decorazione, non estesa, e priva di accenti sensazionali, pare uscita dalla quotidiana attività di una fiorente bottega; e la cui individua­zione in rapporto al Guiron costituisce dunque un passo di notevole· interesse · per la ricostru­zione della fisionomia e della consistenza storica di un maestro tanto grande quanto in apparenza isolato.

Di notevole qualità sono, per il disegno finis­simo, la stesura sfumata del colore, il senso vivo dello spazio e del volume, le nove iniziali miniate del Lucanus, De bello Civili, ms. 6o:i (M. 227) segnalato dalla Pellegrin 12 > nella Biblioteca Nacio­nal di Madrid, vicinissime al miniatore più aulico del Guiron. Meno alto, invece, il linguaggio di un altro Lucano sicuramente visconteo, il ms. lat. 8043 della Biblioteca Nazionale di Parigi, 13) di qualità non uniforme, ma altrettanto spontaneo negli at­teggiamenti dei personaggi inseriti nelle iniziali (si veda soprattutto il f. I -fig. I23) sensibile all' ef­fetto delle schiariture di luce sui volti, sulla spalla, sul gomito; e altrettanta vivacità di disegno mostra un pur modesto Sallustio, ms.lat. 568 di Torino, '4l in cui la figura di profilo nell'iniziale O del f. I pare addirittura un ritratto (fig. I 24).

Ma è soprattutto interessante, benchè molto rovinato, il noto Liber Sancti Bernardi ad missam della Biblioteca Nazionale di Parigi, 15) che pre-: senta analogie notevoli con il Guiron per il taglio dei volti, il disegno delle mani, l'intensità espres­siva dei gesti, pur semplicissimi (si confrontino l'atteggiamento e il volto del S. Giovanni e della Madonna del f. 6 nel messale -fig. I 22 - con quelli · della donna inginocchiata a f. 25 e della dama e dei. due cavalieri a sinistra nel f. 28v del romanzo:­fig. I32), e, in modo .particolare, per la scioltezza del tratto nei capelli e nei lineamenti. Infatti, l'identificazione del Visconti donatore rappresen­tato ai piedi della Vergine a f. I in Galeazzo II, collocando il codice in un momento sicuramente anteriore al I378, offre indirettamente un appoggio all'indicazione fornita dal Valerio Massimo di Bo­logna per una datazione del Guiron stesso ante­cedente, e verosimilmente di qualche anno, al '77· 16)

Inoltre, tutti questi codici presentano uno schema decorativo, nei fregi a fogliami incornicianti la prima pagina e nell'analogo ornamento delle ini­ziali, che, pur accentuando il valore ornamentale del ·motivo con la delicatezza dei colori contro l'avorio della pergamena, rispetta il principio natu­ralistico del libero svolgersi delle foglie l'una dal­l'altra. Ora, la formulazione di un linguaggio orna­mentale purame.nte lombardo nella miniatura si fa generalmente risalire al Messale Nardini della

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Capitolare di Milano, collocabile tra il '4 7 e il '5o, 171 in cui la fitta vegetazione propria della decorazione emiliano-bolognese si risolve in forme più semplici e sciolte di fogliami larghi, blu, rosso scuro, verdini, orlati di un sottile filo bianco, che invadono, senza tuttavia soffocarlo, lo spazio delle iniziali e dei bordi, uscendo con movimento spon­taneo dalle lettere e allungandosi accanto alle co­lonne della scrittura.

Non sono molti, in realtà, i codici noti che of­frono questo tipo di ornato senza aggiungere -come avviene nell' Uffiziolo lat. 757 e nei mano­scritti che gli si avvicinano, in cui pure è chiaro ! ~origine del motivo essere la stessa - alla formula più semplice altre più stilizzate e ricercate. Il gruppo che si è qui ricollegato al Guiron ne è l'esempio più coerente e significativo, 18> pur deno­tando chiaramente un mutamento in senso più decisamente concreto e naturalistico nel disegno del fogliame. Questo è dunque un altro elemento che concorre a suggerire una " precedenza , del maestro del Guiron e della sua cerchia, quanto a cultura e a gusto, rispetto a Johannes de Castano e agli autori dell' Uffiziolo parigino, la cui fioritura si è visto essere intorno all'inizio del nono decennio.

Da quanto si è venuti dicendo, risulta chiara l'esistenza, nell'ambito visconteo, tra la fine del settimo e l'inizio del nono decennio, di due cor­renti di gusto, talora intrecciantisi, intorno alle quali si è cercato di raccogliere gruppi distinti di

1> Cfr. E. PELLEGRIN, La Bibliothèque des Visconti et des Sforza, ducs de Milan au xve siècle, Paris. C.N.R.S., 1955·

2) Cfr. E. PELLEGRIN, La Bibliothèque, cit., p. 279 s. Il codice, di ff. 274, proviene da Pavia e corrisponde al n. 932 dell'inventario della biblioteca viscontea del 1426 e al n. 656 qi quello del 1459. Presenta 14 iniziali ornate a motivi vegetali, di cui la maggior parte è di mediocre qualità, a fogliami larghi e chiari. Nell'iniziale A del f. I e in quelle B e C del f. 2 è campita una figura d'uomo accennante; il f. 2, dovè il testo di Lucano si aggiunge al commento, offre una decorazione assai diversa e più ricca delle altre, e di gusto alquanto più tardo.

3) Cfr. E. PELLEGRIN, La Bibliothèque, cit., p. n8. Corrisponde al n. 203 dell'inventario pavese del I426; è un volume· in-folio, di ff. I I + 42, in ottimo stato di conservazione. Present grandissime iniziali ornate e decorazioni marginali ai ff. I, Iv, 5, 5v; dal f. 7 al f. 42, rtel margine superiore della pagina, sono disegnati i sim­boli zodiacali: f. 7-9v, l'Ariete; f. IQ-I2V, il Toro; f. I3-I5V, i Ge·melli; f. I6-I8v, il Cancro; f. I9-2IV, il Leone; f. 22-24 v, la Vergine; f. 25- 27 v, la Bilancia; f. 28-3ov, lo Scorpione; f. 3I-33v, il Sagittario; f. 34-36v, il Capricorno; f. 37-39v, l'Acquario; f. 40-42v, i Pesci. L'origine milanese del codice è sicura, poichè a f. I compare lo stemma dei Visconti; ed il fatto che si tratti del biscione semplice e sia accompagnato, a f. 5, dall'impresa del cane, ha fatto pensare alla Pellegrin che il committente del codice sia stato Bernabò Visconti.

4) Per l'Ufiizio!o Visconti, ms. lat. 757 della Biblio­thèque Natiortale di Parigi, cfr. il Catalogo della Mostra di Arte Lombarda dai Vi~conti agli Sforza, Milano I958, p. 28, n. 7I; il volume Arte Lombarda dai Visconti agli Sforza, Milano I959, p. 47i e, infine, E. ARSLAN, Riflessio­ni sulla pittura gotica " internaz ionale , in Lombardia nel

affreschi e di miniature. E parrebbe di poter con­cludere in primo luogo che il gruppo facente capo all'illustratore del Guiron e comprendente, finora, il V alerio Massimo di Bologna, il Liber S aneti Bernardi, il Lucano di Madrid, quello di Parigi (8043) e il Sallustio di Torino, nonchè l'affresco di Simone da Corbetta con la seconda parte del Lancelot, mostra un rapido spegnersi delle qualità di acume psicologico, compostezza, sensibilità per l'ambiente, in quanto spazio e luce, proprie del maestro, così che esse paiono ridotte a ben poca cosa e a ben rari esempi già poco oltre l'So. 19l In secondo luogo, invece, il filone Johannes de Castano-Uffiziolo lat. 757, spinto dalla sua stessa predilezione per il colore denso e brillantissimo a puntare piuttosto sull'effetto decorativo e piace­vole dell'insieme, risulta attento e sensibile alle sollecitazioni puramente fantastiche della nuova inventiva, del nuovo spirito curioso, pungente, eccitante, inaugurati da Giovannino de' Grassi. Più vivacemente portato ad una rappresentazione gioiosa ed esteriore dell'esistenza quotidiana, ha vita più lunga nell'ambiente visconteo, trovando­sene esempi perfettamente aderenti, vitali e nume­r.Jsi nel corso del nono e dell'ultimo decennio - si pensi alle 'Storie di santi' sulle pareti del­l'oratorio di Lentate e al Tacuinum sanitatis di Parigi - e anche oltre, poichè certo nel suo am­bito si devono collocare anche gli affreschi absidali di Santa Giustina di Sezzadio. 2 0 >

tardo Trecento, in Arte Lombarda, I963, 2, pp. 3I-32i Id., Aspetti della pittura lombarda della seconda metà del Trecento, I, in Critica d'Arte, I964, n. 6I, pp. 42-45. L' Arslan, nella sua ampia ricapitolazione dell'arte lom­barda della seconda metà del '300, sottolineando l'impor­tanza del ms. lat. 757 per la conoscenza del clima lom­bardo intorno al I38o, ha posto l'accento sul gusto per il disegno spezzato e nervoso di un gruppo di miniature (fra cui le Storie della Genesi, ff. 24-56v; la Tentazione di Sant'Antonio, f. 296v; l'Assunta, f. 349; la Trasfigu­razione, f. 309), sulla rarità dell'iconografia, sulla presenza di cifre a ornamento dei fondi, come in un arazzo; e ha creduto di riconoscervi l'intervento di un miniatore fran­cese. Se _la presenza di artisti francesi operanti talora per i Visconti e la stretta relazione tra la corte viscontea e l'ambiente parigino può suggerire l'ipotesi di tale colla­borazione, essa non trova però appoggio sufficiente nei confronti tra questa e le altre parti del codice, e tra il codice stesso e la miniatura francese. In primo luogo, non sembra possibile nè isolare dal contesto quel gruppo di pagine, in cui tipologia, stesura, rapporto figure-ambiente sono cosi simili alla maggior parte delle illustrazioni considerate lombarde dall' Arslan; n è considerare allo stesso modo la Trasfigurazione, per esempio, e la Tenta­zione di Sant'Antonio, di qualità tanto più alta e tanto vicina, pur nel tema fantastico (ma gli animali, drago e leone compresi, nonostante l'eco di schemi villardiani, sembrano usciti dalle riserve pavesi viscontee), alla rap­presentazione di respiro spontaneamente umano e quo­tidiano delle Stimmate di San Francesco a f. 36ov, che son quanto di più lombardo si possa incontrare. In secondo luogo, se si pensa alla miniatura francese, e in questo momento si deve intendere quella della corte parigina! poichè in questi anni o poco prima operano gli auton della Bibbia di ]ean de Cis, delle Operae di Guillaume

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125 - Modena, Biblioteca Estense: Officium Beatae Virginis, a. S 2. 31, f . 23.

127 - Monaco, Biblioteca Nazionale: Libro d'Ore di Bianca di Savoia, ms. lat. 23215, f. g.

126 - Parigi, Biblioteca Nazionale: Uffiziolo, ms. lat. 757, f. 404.

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128 - Parigi, Biblioteca Nazionale: Uffiziolo, ms. lat. 757, f . 46.

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de Machaut, il gruppo del " Maitre aux Boqueteaux , e di Jean de Bondo!, non si trova nessun specifico riscon­tro alle miniature citate. Non sembra, d'altra parte, necessario cercare altrove una giustificazione a cifre sti­Jistiche che in quegli anni in Lombardia eran già state ampiamente collaudate: basti pensare all'Uffiziolo Visconti di Modrone di Giovannino de' Grassi. Sia esso del '70 0 dell' '8o, offre gli esempi più vicini al ms. lat. 757 di quel disegno scattante, spezzato, di quei panneggi ad angoli acuti - se ne vedano gli angeli e le figure di Padre Eterno; vi si trovano fondi ornati come arazzi, e vi si trova la scrittura inserita nella decorazione quale cifra ornamentale - e del resto, nel caso del codice parigino le sigle corrispondono con ogni probabilità alle iniziali di Bernabò Visconti, intrecciate. Vi si trova, infine, più di una novità iconografica con qualche punto in comune con l'Uffiziolo lat. 757 - si pensi alle Storie della Genesi giovanniniane. -

sl Cfr. anche E. ARsLAN, Riflessioni, cit., pp. 48-52, dove però il problema è considerato soltanto dal punto di vista della qualità e del gusto.

6) All'Uffiziolo lat. 757 sono stati con piena ragione accostati alcuni affreschi sui piloni della chiesa di San Francesco a Lodi, risalenti ai primi anni del '400 o, meglio, all'ultimo decennio del '300. Fra questi, parti­colarmente significativi il S. Stefano del IV pilastro a sinistra, la S. Caterina del VII a destra, la S. Elena del V a destra, la S. Caterina del I a sini<;tra; e ancora il Cristo nel sepolcro del V a sinistra, e la Madonna col Bambino del V a destra e quelle del I a sinistra e del I a destra. Nella stessa chiesa, il più recente, e convincente, accosta­mento, si riferisce allo Sposalizio mistico di S. Caterina della cappella di San Bernardino (cfr. P. TOESCA, La pit­tura e la miniatura nella Lombardia dalle origini alla metà del secolo XV, Milano 1912; pp. 401-404 e, specifica­mente, F. MAZZINI, Note di pittura lombarda tardogotica. Un contributo a Michelino da Besozzo, in Arte Lombarda, 1962, 2, pp. 29-35; Affreschi Lombardi del Trecento (introduzione di G. A. Dell'Acqua- testo di S. M1talon, Milano 1964, p. 409, tavv. 253-260). Il rapporto minia­tura-pittura è stato sottolineato ancora per il San Fran­cesco che riceve le stimmate proveniente da Santa Maria dei Servi di Milano, ora a Pari~i, Cité Universitaire, Maison d'ltalie (cfr. Affreschi Lombardi del Trecento, cit., p. 406, tav. 248), e per la Crocifissione e la Madonn~ della Misericordia del Battistero di Parma (cfr. ibidem, P· 473, tav. 304) datati 1398. Inoltre, meglio che alla stretta cerchia di Giovannino, sembrano potersi accostare al ms. lat. 757 gli affreschi con le Storie di S. Caterina della ex-chiesa di San Lorenzo a Piacenza, come pure l'affresco con la Madonna in trono e Santi nel transetto destro della stessa chiesa (cfr. ibidem, p. 405, tav. 244-247 e P· . 477, tav. 310). Infine, paiono strettamente affini ai ~od~ dell' Uffiziolo e soprattutto del Lancelot, poichè Vl rttornano motivi architettonici, notazioni ambientali e. sensibilità all'osservazione del vero minuto, le Storie d1 San Giovanni Battista della chiesa di S. Salvatore a Brescia~ ~orse ancora databili intorno all'Bo, e i due santi superstiti - Stefano e Lorenzo - della cappella del castello visconteo di Pavia (cfr. ibidem, pag. 474, tav. 305 e pag. 476, tav. 308).

7>. L'ipotesi del TOESCA (cfr. Monumenti e studi per la stona della miniatura italiana: la collezione di Ulrico f!gep~i, Milano 1930, p. 36), che il codice modenese del-

3 sta opera di Giovanni di Benedetto da Como, è comu­n~mente accettata (cfr. Catalogo Arte Lombarda I958, crt., PP: 25-26; Arte Lombarda, 1959, cit., p. 47; E. ARsLAN, Aspettr. della pitt. Iomb., cit., p. 40), bench~ si rilevi una certa differenza tra quello e il firmato Offiziolo di Monaco. Ora, J?Ur essendo evidente la precedenza ideale, iconografi­ca e, In parte, decorativa di questo su quello di Modena -~o !De sull' U ffiziolo lat. 757 di Parigi - sembra che ess1 Sl~no separati da qualche cosa di più di un semplice arco d1 _te:npo. Si pensi da un lato alla ricchezza e libertà naturahsh ca della decorazione mar.ginale nel citato f. 23

di Modena, e dall'altro alla rigida cornice, alle piatte, dure sagome del f. 9 di Monaco (fig. 127) - simili in alcuni particolari, è vero, ma così lontane per concezione decorativa. Si pensi alla sagoma dell'iniziale, cosi priva di volume; si pensi, invece, per contro, alla piena, solida compostezza dei personaggi, pur campiti sui fondi qua­drettati • • alla francese , ; agli animali, presenti, si, ma cosi schematizzati o pensati come elementi puramente decorativi (come la testa di cane-mostro in alto a sinistra). Osservazioni, particolari, squisitezze, che fanno pensare al gruppo di codici intorno all'So, ci sono, e non pochi. Ma sembrano accolti e sovrapposti, per così dire, ad una cultura più arcaica, basata su esempi, si direbbe, di giottismo settentrionale (si vedano il • Gioacchino cac­ciato dal tempio '; il rapporto uomo-animali nell' • Arrivo di Gioacchino tra i pastori '; la • Disputa di Gesù con i dottori •, la • Crocifissione'), come conferma, del resto, l'accostamento giustamente proposto alle ' Storie di Gioac­chino ed Anna ' e alle ' Storie di Cristo ' delle pareti nell'Oratorio di Solaro (cfr. Arte Lombarda, 1959, cit., p. 47; e Affreschi Lombardi del Trecento, cit., p. 385). L'autore dell' Officium di Modena, invece, pare essersi formato su esperienze più recenti, poichè dispone più agilmente i personaggi nello spazio, è più rapido e vivace nel disegno, accenna a decorazioni di un più minuto natu­ralismo, come nel prato fiorito, così affine a quelli dell' Uf­fiziolo lat. 757· Qualche accenno di questa sensibilità si ha anche nel codice di Monaco, nell'Annunciazione con la Vergine in piedi: ma questa è assai diversa dalle altre pagine, e non sarebbe strano che nel codice fossero inter­venuti collaboratori anche più giovani e vivacemente aperti a diverse esperienze; Giovanni di Benedetto stesso, infatti, dice di sè " pinxit et ordinavit , , dove l' " ordi­navi t, sottintende l'opera di supervisore del lavoro della bottega.

B) LucANus, De bello civili, ms. lat. 8042, Parigi, Bi­bliothèque Nationale. Secondo la PELLEGRIN (La Biblio­thèque, cit., p. 82) corrisponde al n. 46 dell'inventario Visconti del 1426, ed è di origine italiana; conta IO ini­ziali miniate, in cui le figure sono soltanto acquerellate.

9) Madonna in trono col Bambino, Santi e il donatore, Teodorico da Coira; proviene da Santa Maria dei Servi a Milano, ed è ora a Brera. L'iscrizione informante che l'affresco era stato dipinto da Simone da Corbetta in memoria di Teodorico da Coira, morto nell' '82, è ripor­tata dal CAFFI (Teodorico di Coira, dipinto del secolo XIV scoperto in Milano, in L'amico cattolico, 1845) e dal FoR­CELLA (Iscrizioni delle chiese e degli edifici di Milano dal secolo VIII ai giorni nostri, Milano r88g-93). Cfr., per le opinioni critiche sulla cultura di Simone, la scheda rela­tiva in Affreschi Lombardi del Trecento, cit., p. 407, tav. 249·

10l Per il Guiron le Courtois, cfr. la ricapitolazione dei risultati critici finora raggiunti in Catalogo di Arte Lom­barda, I958, cit., p. 28, n. 69; Arte Lombarda, 1959, cit., p. 48; E. ARSLAN, Riflessioni, cit., pp. 52:...53.

u) Cfr. Affreschi Lombardi del Trecento, cit., p. 385, tavv. I52-162; e p. 390, tav. 187-194·

12) Cfr. E. PELLEGRIN, Portraits de Galéas II Visconti, Seigneur de Milan (m. 1378), in Scriptorium, VIII, 1954, I, p. I 14, fig. 14·

13) Cfr. E. PELLEGRIN, La Bibliothèque, cit., p. 79· Corrisponde al n. 27 dell'inventario Visconti del 1426. È un codice del De Bello civili di Lucano, di ff. U + 127, contenente IO iniziali miniate, di cui 6 con figure di uomini armati. Il manoscritto è citato anche nel Catalogo di Arte Lombarda del '58 (cit., p. 42) come vicino alle opere di Anovelo da Imbonate, con il quale tuttavia non pare aver rapporto più che generico. ;

14) C. SALLUSTIO CRISPO, De bello catilinario, lat. 568 (cat. Pasini), D-IV-4, Torino, Biblioteca Nazionale, membranaceo, di ff. 14, mm. 202 x 27I• Ornato a f. I con decorazione marginale e iniziale O figurata; a f. 14v con iniziale F a fogliami. Il manoscritto è molto rovinato, e la decorazione scolorita, tuttavia ne è ancora evidente lo schema e il timbro cromatico.

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15) Liber Sancti Bernardi ad missam, ms. lat. II42, Parigi, Bibliothèque Nationale; il piccolo codice, di solo ff. I + 12, è decorato a f. I da un riquadro con la Madonna in trono col Bambino, Santi e un orante, donatore, iden­tificato dalla Pellegrin in Galeazzo II Visconti, morto nel I378; e a f. 6 con la Crocifissione. Cfr. E. PELLEGRIN, Portraits, cit., pp. II3-II5 1 fig. I5i e Catalogo Arte Lombarda, I958, cit., p. 27.

z6) Cfr. I. ToESCA, Alcune illustrazioni lombarde del I377, in Paragone, n. 49, I954, pp. 23-25.

17> Messale Ambrosiano, ms. II D.2.32, Milano, Bi­blioteca Capitolare, donato alla cattedrale dal card. Stefano Nardini, colà arcivescovo nel 1462. Cfr. Catalogo Arte Lombarda, I958, cit., pp. 6-7, n. I5.

z8) Costituisce però preziosa testimonianza di una parti­colare accezione del motivo nella sua forma più semplice un altro codice parigino, cui la precisa datazione e localiz­zazione conferisce un'importanza assai maggiore di quanto comporti la modesta ricchezza delle sue iniziali. Si tratta di un'Iliade nella trad. di Leonzio Pilato per il Petrarca, ms. lat. 788o, Parigi, Bibliothèque Nationale; essa reca di mano del Petrarca, sul foglio di guardia finale la scritta "domi scriptus, patavi cept(us), ticini perfect(us), medio­lani illuminatus et ligatus, anno I369, (cfr. E. PELLEGRIN, La Bibliothèque, cit., p. I07, n. 163 dell'inventario del 1426; e Storia di Milano, V, p. 633, ove è riprodotta la scritta). Ha IO iniziali a fogliami, non grandi, n è complesse, ma molto curate nel disegno e nella stesura. Particolar­mente interessante il motivo del fiore rotondo a petali rilevati in bianco nell'arco delle foglie, che (vedi soprat­tutto la lettera T a f. 53v) richiama con precisione i fregi di affreschi lombardi degli stessi anni o non di molto posteriori, come quelli della cappella Visconti in Santo Eustorgio e del presbiterio a Lentate (cfr. Affreschi Lom­bardi del Trecento, cit., tav. I89 e 176).

1 9) Fra questi esempi non è forse inopportuno ricordare gli affreschi di Albizzate, che la Tea accostava ai modi

di Simone da Corbetta (cfr. E. TEA, Le pitture trecente­sche dell'oratorio di Albizzate, in Rassegna d'Arte, II, I941) e che presentatro evidenti richiami al mondo del Guiron nel tipo di alcune architetture, ma soprattutto nel libero uso dello spazio in alcune scene delle storie di S. Giovanni Battista, che si estendono sulle pareti d'angolo senza sentire questo come un limite, anzi, sfrut­tandolo, nell'articolazione dei piani (cfr. Affreschi Lom­bardi del Trecento, cit., p. 392, tavv. 201-202). Interessante inoltre l" Adorazione dei Magi • nell'abside sud-ovest di S. Maria Maggiore a Bergamo, databile nel nono decen­nio del '3oo, vicina allo spirito del Guiron per l'apertura dei piani, la delicatezza del colore, la pacata maestà delle eleganti figure. Interessanti, infine, per il rapporto spazio­figure e per la scioltezza del racconto, le ' Storie eremiti­che • della chiesa di S. Agostino, in Bergamo stessa (cfr. Affreschi Lombardi del Trecento, cit., p. 398, tavv. 23D-23I; e p. 397, tavv. 224, 227, 228).

20) Gli affreschi di Santa Giustina (cfr. F. GASPAROLO, L' Abadia di Santa Giustina, Alessandria 1912, I, p. 189; A. M. BRI:Z:IO, La pittura in Piemonte dall'età romanica al '500, Torino I942, pp. 26-27 e 157), scoperti nel 1912 e restaurati definitivamente nel 1956 (cfr. N. GABRIELLI, in La badia di Santa Giustina, in L'Arte, Milano 1964, pp. 23-32), sono di grandissimo interesse per la pittura lombarda del principio del '400, e meriterebbero un'inda­gine accurata. Singolare vi appare la scala decrescente dell'ampiezza dei riquadri e delle figure dal basso verso l'alto, che potrebbe, essa sola, far pensare all'opera di un miniatore. Nè ad un primo esame può passare inosser­vata l'affinità delle architetture con quelle di alcune carte del Tacuinum sanitatis, ms. lat. I673 della Bibliothèque Nationale di Parigi (per esempio il f. 52- ' Aqua ordei ') e del santo sotto il baldacchino in basso a sinistra con molti personaggi dello stesso Uffiziolo lat. 757, o degli apostoli dell'Ascensione con altre carte del Tacuinum lat. 1673 (per esempio, il f. 42 - ' Ravani ').

FEDERICO ZERI

APPUNTI PER ERCOLE DEt ROBERTI

r) Una miniatura nel Louvre.

Lo studio dei documenti di archivio non ha, almeno fino ad ora, rivelato notizia alcuna di una possibile attività di Ercole de' Roberti nel campo della miniatura vera e propria; così come l'esame della produzione miniaturistica eseguita a Ferrara, o di orbita ferrarese, non fornisce dati tali da far pensare che la decorazione di libri e manoscritti abbia potuto far parte delle varie attività connesse alla bottega del grande pittore. E infatti, rivedendo i mini condotti secondo un impasto culturale nelle cui componenti è presente anche quella rober­tesca, ci si rende facilmente conto che, sempre, si tratta di derivazioni, più o meno distanti e ad uno stato più o meno puro: mai, però, che vi si leggano invenzioni e idee la cui nascita possa rife­rirsi al personale intervento del maestro. Al con­trario, quando il riflesso del Roberti non è mesco-

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lato a quello di altre fonti (secondo che si avverte nelle più antiche miniature che accolgono qualcosa della sua personalità) accade che esso viene tra­sposto in termini di un freddo classicismo, da gioielliere di gran lusso, che reprime e smussa proprio quelle punte di arroventata drammaticità di cui vive lo stile del modello: come è appunto il caso del Marmitta, che ad Ercole deve almeno i nove decimi del suo repertorio figurativo. Quanto al caso dei Diplomi dei Duchi di Ferrara (Milano, Biblioteca Trivulziana), il foglio primo, del 1505, si appoggia per vie dirette ai tipi del tempo tardo del Roberti, ma i suoi risultati sono così meschini che, se non fosse per un obbligo di informazione, non andrebbe neppure citato, così scadente è il suo livello.

Lo studio degli autografi di Ercole non sembra però escludere che il suo catalogo abbia compreso un tempo anche fogli di volumi, e che, accanto

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