Milano Istanbul by Vespa

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gennaio 2013 MOTOCICLISMO 118 Piccole moto, grandi viaggi TURISMO Le mille e Carta d’identità Lunghezza percorso 3.900 km Giorni impiegati 19 Spesa benzina 165 euro Spesa olio miscela 21 euro Budget giornaliero 40 euro Punto più alto 1.170 m (Metsovo, Grecia) Da non perdere: la cisterna, a Sultanameth Istanbul Quanto si può cogliere dell’Islam in un viaggio in Turchia, avendo a disposizione budget e una Bajaj Chetak Classic 150. Sicuramente si fanno tanti incontri, 1 Ai piedi del Monte Olimpo, a 28 km dalle più alte piste di sci greche. 2 Cartello appeso su una colonna della Moschea Blu ad Istanbul. 3 Gita in battello sul Bosforo, acque per metà europee e per metà asiatiche. 4 La misteriosa e disabitata Tracia greca offre fantastiche tentazioni off road. Al termine di questa bella sterrata, scopriremo un piccolo vigneto con vista spettacolare sul mare. 1 2 3 4

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un viaggio in autunno in Vespa da Milano a Istanbul

Transcript of Milano Istanbul by Vespa

gennaio 2013 • MOTOCICLISMO118

Piccole moto, grandi viaggiTURISMO

Le mille e una Bajaj

Carta d’identitàLunghezza percorso 3.900 kmGiorni impiegati 19Spesa benzina 165 euroSpesa olio miscela 21 euroBudget giornaliero 40 euroPunto più alto 1.170 m (Metsovo, Grecia)Da non perdere: la cisterna, a

Sultanameth Istanbul

Quanto si può cogliere dell’Islam in un viaggio in Turchia, avendo a disposizione neanche tre settimane di tempo, 800 euro di budget e una Bajaj Chetak Classic 150. Sicuramente si fanno tanti incontri, perché certe motorette hanno un’anima “social”

1 Ai piedi del Monte Olimpo, a 28 km dalle più alte piste di sci greche. 2 Cartello appeso su una colonna della Moschea Blu ad Istanbul.3 Gita in battello sul Bosforo, acque per metà europee e per metà asiatiche. 4 La misteriosa e disabitata Tracia greca offre fantastiche tentazioni off road. Al termine di questa bella sterrata, scopriremo un piccolo vigneto con vista spettacolare sul mare.

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di Davide Marelli

Le mille e una BajajQuanto si può cogliere dell’Islam in un viaggio in Turchia, avendo a disposizione neanche tre settimane di tempo, 800 euro di budget e una Bajaj Chetak Classic 150. Sicuramente si fanno tanti incontri, perché certe motorette hanno un’anima “social”

5 Kavala, la città più orientale della Macedonia greca, tra mare e monti, offre spiaggie perfette e un indolente vita notturna. 6 Viagra turco, per chi ne avesse bisogno, più bio della pillola blu, si compra al gran Bazar! 7 Meravigliosa nella sua semplicità: La brace! Gran parte dei piatti turchi vengono cotti così. 8 Le acque del Bosforo, nei pressi del ponte di Galata. Le barche sono ristoranti galleggianti.

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Alle 18, a novembre, è buio, anche se ci si trova un po’ più a est rispetto all’Italia e un ora di fuso di differenza dà una mano. È notte, alle sei del pomeriggio, e la statale a 4 corsie fa scollinare un traf-

fico solido dentro un catino di luci, dove vivono 12 milioni di persone. Fa paura! La dimensione del catino, la strada con l’asfalto ondulato traditore, i camion e i bus enormi, e molto più veloci di me, creano una con-dizione avversa e poco motociclistica che dà i brividi, e ci fa sentire nel posto sbagliato.

Costantinopoli, Istanbul, mi dà il benvenuto così.Facendomi sentire completamente fuori luogo su uno scooter lento, bagagliato, e solo, senza “compagni” a due ruote in giro per confermarmi che su quelle autostrade da megalopoli ci si va anche in moto.

Dalle poche informazioni raccolte prima di par-tire, sui forum, sapevo che per “penetrare” il mostro ed arrivare nella zona dei viaggiatori, sempre la stessa, Sultanameth, quella che negli anni ‘70 e ‘80 ospitava i frikkettoni diretti a Goa, in India, via terra sui furgoni WV o sul magic bus proveniente da Londra, dovevo cercare le indicazioni per Aksarai, Topkapi. Facile! Ma io quelle indicazioni non le ho viste proprio.

La tappa che mi ha portato a Istanbul è cominciata il mattino da Alessandropolis, nella Tracia greca, e per fare i 300 km fino a destinazione ho guidato e pas-sato frontiere impiegando circa sei ore. Dal mio primo avvistamento della periferia di Istanbul fino all’arrivo a destinazione (l’ostello Bahaus all’ombra della Moschea

Blu) ne ho impiegate la metà. Da nessun altra parte ho fatto tanta fatica ad orientarmi, sarà stata forse la notte, la stanchezza, i dolori alla schiena o la rilassatezza cui mi sono abbandonato una volta raggiunto l’obiettivo. Le uniche boe di salvataggio sull’infinita tangenziale sono le stazioni di servizio.Il mio primo incontro coi turchi avviene nella “Cascina Gobba” o sulla “Casilina” di Istanbul.

I benzinai della periferia di una megalopoli te li aspetti induriti dal traffico e dagli scarichi neri dei camion, corpi bruciati dalle loro stesse pompe esauste, schifati solo all’idea di uno straniero su uno scooter che, senza parlare la loro lingua, mostra una mappa in cerca di una direzione (di usare l’inglese non ho nemmeno il coraggio, ricorro direttamente all’italiano). Mai previsione fu tanto sbagliata! Certo nelle tre ore e nei 100 km di navigazione sulle tangen-ziali un po’ di esasperazione è montata, ma quando davanti alla mappa, dispiegata sulla sella, compariva un tè (chai), gratuito caldo e fatto apposta per me, accom-pagnato dal sorriso dei ragazzi che me lo offrivano, mi sentivo bene, lì nella grotta Turk-Oil, tra il bue e l’asi-nello metropolitano.

La porta dell’oriente, è questa enorme città tra Europa e Asia che, in effetti, coi suoi minareti ti intro-duce via terra a quell’universo islamico variegato che finirà solo coi templi colorati indù in India, 8.000 km più in là. Ma forse non è proprio così. La porta dell’o-riente è molto prima, sulle coste dellAdriatico, è il porto di Ancona.

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La magia deLBosforo1 L’inconfondibile skyline di Istanbul. Il miglior tramonto sulla città pare si goda dalla terrazza del Galata Konaka Café, sorseggiando un tè.

Per chi volesse sapere di più sull’autore di questo viaggio e sull’artista proprietaria della sua moto può visitare i sitianimaprimitivablogspot.comwww.pippabacca.it

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aPi & “VesPe”2 Meeting di “insetti” nei pressi di Ioannina, città dell’Epiro che si sviluppa sulle rive del Pamvotis. 3 Tipica casa turca con bovinde in legno.

Fra meccanica e arteIl viaggio che vi proponiamo è stato fatto in sella a una Bajaj Chetak Classic 150, made in India, del 1994. Si tratta di un equivalente delle Vespa degli anni 70’: il telaio è quello delle Sprint-Rally-TS, il motore ha l’accensione elettronica con impianto a 12V, i consumi sono ridottissimi, mai sotto i 40 km/l, garantendo un’autonomia di 230 km con 7 litri di miscela al 2%. Gli indicatori di direzione sono marchiati CEV e corrispondono a quelli che Piaggio montava nel 1972 sulla Vespa Rally 200 espor-tata negli USA, anche il manubrio con il faro “piccolo” è lo stesso della Rally USA, mentre la versione italiana montava il faro “grosso” ed era ovviamente senza frecce. La velocità di cro-ciera è di 80 km/h di strumento, la massima

circa 90km/h, sempre di strumento. Il basso consumo si spiega forse con l’utilizzo di una miscela aria/benzina molto magra, fatto che in un discesone autostradale da oltre 90 km/h un fuori giri in quarta marcia ha provocato una grippata per scarsa lubrificazione del cilindro. Raffreddato tutto per 15 minuti, lo scooter è ripartito e ha portato a termine il viaggio percor-rendo i mancanti 2.500 km senza problemi. Ho solo usato la precauzione di usare miscela al 2,5% e di fare attenzione ai fuorigiri in discesa. Il mezzo che ho usato appartiene a 5 sorelle, tenuta in campagna, e raramente utilizzata. Una di loro non c’è più, è morta in Turchia nel 2008 mentre faceva ciò che le pia-ceva di più, viaggiare chiedendo alle persone

un passaggio, tanto da farlo diventare arte, attraverso video e foto. Il suo nome d’arte era Pippa Bacca. Si racconta che un amico avesse accompagnato Pippa, per i primi km dalla partenza da Milano su questa Bajaj. La desti-nazione di Pippa, sarebbe stata Gerusalemme. Non ci arrivò mai.

Bajaj Chetak Classic 150 del 1994

Quando entro dentro la pancia del traghetto della Minoan Lines, mi guardo in giro e, quello che vedo, è evi-dente: l’Oriente inizia qui. La tratta di mare Adriatico tra Italia e Grecia è una scorciatoia per tutte le merci che partono o arrivano dall’Asia, dai Bal-cani meridionali, dal Caucaso, dalla Persia, e le targhe dei TIR (portano ancora questa poetica sigla) indicano Paesi nella mente lontani, nella realtà mica poi tanto: Iran, Azerbaijan, Georgia, Armenia, e ovviamente Turchia e Grecia.

Sul traghetto, a novembre, non ci sono praticamente auto, per non parlare di moto: sono l’unico, in sella ad una Bajaj, una di quelle motorette che si prestano al turismo lento, che si riparano sempre con due lire e ispirano simpatia. Portapacchi grandi e forti, davanti e dietro, pedana enorme, due portaoggetti sottochiave giganti ed interni, ruota di scorta (nessun altra moto ce l’ha, si ok il Galletto Guzzi) niente batteria: praticità ed essenzialità.

Dopo 16 ore di danze tra uomini (leggasi camioni-sti alticci nella disco del traghetto) di primo mattino, si viene scaricati in terra greca, ad Igoumenitsa. Il grande nemico si presenta subito e prende il nome di Katara Pass: 1.700 metri, tra le montagne dell’Epiro, il punto più alto e più rischioso dal punto di vista meteo di tutto

il viaggio. La Grecia ha delle montagne serie, e meno male che, prima di partire, avevo dato un occhio veloce alla Lonely Planet, nel mio modo sbrigativo di prepa-rare i viaggi, sempre troppo di fretta, convinto che la strada stessa è la miglior guida. Di solito ci azzecco, talvolta finisco nei guai, ma mi piace ricordarli come esperienze di vita.

Esistono due modi per attraversare i monti: la strada vecchia, e quella nuova. Il Katara lo fai con quella vec-chia, che è quella che prendo io. Mi lascio l’Adriatico alle spalle, e salgo deciso, tra le colline e i boschi su un bell’asfalto, in condizioni di traffico zero.

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Vespisti, ciclisti, fuoristradisti, poliziotti, camionisti... e chi ne ha più ne metta: le piccole moto hanno la capacità di avvicinare il popolo della strada

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Bello! Si trovano curve abbastanza “lente” da essere apprezzate anche a bassa velocità. Capisco subito quale sarà uno dei pericoli delle strade greche. Il cane. Il cane che forse non è proprio randagio, e magari un padrone ce l’ha, ma che non ne vuole sapere più di vivere, e decide di suicidarsi sotto le ruote del primo scooter che arriva. Esistono altri animali a bordo strada, la pecora è diffusissima, ma si muove in gregge ed è prevedibile, o la mucca, più grossa del cane, ma per questo più lenta, meno schizofrenica. Morale, se vedi un cane, chiudi il gas, e aspetta di capire le sue intenzioni.

La prima tappa è la bella città di Ioannina, ada-giata su un lago fra i monti, ricorda il mio Lario. Costantino mi appoggia una mano sulla spalla mentre sono fermo al semaforo. Parla un italiano perfetto, ha un negozio di scarpe e due Vespa.

Non era programmato, ma la mia prima notte greca la passerò in città. Costantino, i due Dimi-tris e altri ragazzi, sono il Vespa Club Ioannina. Mai, mi era capitato di esser fermato per strada così spesso come in Grecia. Il mio mezzo è un passa-porto eccezionale che apre tante porte, a Ioannina ha aperto la casa dello chef Dimitris Derekas, che mi ha ospitato per la notte. Dimitris è vespista da sem-pre e lavora come chef al Forno, il miglior ristorante della città, (sicuramente il più caro) che propone varianti dei classici della cucina italiana in salsa greca. Metsovo (1.400 m) è il Tirolo della Grecia, è un trionfo di case in legno ed è il centro di una valle che produce ottimi formaggi, di mucca, pecora e capra. Lontanis-sima dall’idea che chi scrive aveva della Grecia, ridotta ad un clichè che va da Santorini al Partenone, è una località sciistica invernale frequentata dagli ateniesi in inverno per lo sci o, in estate, alla ricerca del fresco. Il bello è che per andare a Istanbul da Milano, devi passare da qui, sia che tu faccia il Katara pass, sia che tu percorra la nuovissima e poco trafficata motorway “Egnatia Odos”, via che, ahimè, decido di fare, sia su consiglio degli amici del Vespa Club, sia su consiglio del cielo nuvoloso che prometteva acqua e che, a 1.700 m, poteva diventare neve.

Deciderò di passare una notte sulle Dolomiti greche e passerò una piacevole serata col signor Aradopulos, mio padrone di casa e felice possessore di 2 Vespa ad Atene, che giura di avermi fatto lo sconto solo per il mezzo che ho sotto al sedere, comunque pagherò 20 euro per una cameretta con bagno pulita e riscaldata.

La strada che faccio da Metsovo a Meteora è la più bella di tutto il viaggio, sembra che il traffico non esista, io la percorro in discesa, verso un tepore rinvigorente.

amiCi di Viaggio1 Incontro con ciclisti del gruppo “Fueled by rice” (www.fueledbyrice.org) che viaggiano mangiando solo riso e spendendo 5 euro giornalieri. 2 Ismael, camionista turco, ha una cambusa ordinata e pulitissima sotto al rimorchio. Ci ha offerto il pranzo appena cucinato sul fornelletto da camping. Fa Istanbul-Barcellona e ritorno in 10 giorni, 3 volte al mese! 3-4 Kavala (Macedonia greca): la Vespa PK è la meno apprezzata tra le classiche, farla fioriera forse è troppo anche per lei. Daizy, invece, è una sexy PX conosciuta tra i vicoli; ha lo scudo “tagliato” e ammortizzatore anteriore aftermarket made in Torino. 5 Istanbul Chips: pattugliano la metropoli su Honda Varadero, notare occhiali e smorfia in puro stile “Ponch” Poncherello.6 Kavala, città di grandi elaboratori di Vespa: forcella chopper, extra serbatoio tipo peanut, scudo tagliato e sella home made. 7 San Giorgio di Pesaro: Danilka Livieri, ha offerto branda e piada ad un provato viaggiatore sulla via del ritorno. 8 Mini raduno di Vespa nel Parco di Ioannina, dove abbiamo fatto campeggio libero. 9 Il Principe Filippo Cavasin, presidente del VC Riccione: non ha la patente, si muove solo in Vespa, Ape 50 o con l’autista, da vero nobile qual è. Grande simpatia romagnola, che si è tradotta nell’offerta al pellegrino di una notte in hotel. 10 Claudio Pierini, presidente del Vespa Club Ancona, ci augura buon viaggio.

Vespisti, ciclisti, fuoristradisti, poliziotti, camionisti... e chi ne ha più ne metta: le piccole moto hanno la capacità di avvicinare il popolo della strada

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Anche se ancora lontano, mi sembra di sentire il profumo dell’Egeo. Tutta la Grecia ha 11.295.000 abi-tanti (meno di Istanbul), queste montagne del nord sono pochissimo urbanizzate, e si capisce il perché di tanto gusto nell’attraversarle: c’è un fortissimo senso di esplorazione, di avventura, pur trovandoci in realtà nella culla della civiltà occidentale. Lasciata Meteora, dopo le foto d’ordinanza sotto le naturali guglie di pietra, il manubrio punta ad est per raggiungere il mare, e da qui Salonicco, la seconda città per dimensioni della Grecia.

Per giungere al mare, si attraversa un’altra catena di montagne che ad oriente scende in mare ripida.

Di questi monti fa parte l’Olimpo che con i 2.918

metri è la montagna più alta della Grecia oltre che resi-denza di svariati dei, tra cui lo stesso Zeus ed il figlio Apollo.

Il gestore dell’Ostello di Salonicco mi farà parcheg-giare la Bajaj dentro il giardino coperto, solo perché, parole sue, è un “piece of art”. Ne approfitterò per lasciare parte del bagaglio sui portapacchi (tenda, tap-petino da campeggio, casco, paraschiena) e ringrazierò l’intenditore Aristoteles. Il giorno dopo è il giorno della grippata. In un lungo discesone sulla Egnatia Odos, l’autostrada “amica” delle piccole moto, mi distraggo e passo la velocità di sicurezza, provocando un bel fuori giri in quarta marcia. Avviene tutto in un attimo, men-

daL tramonto aLL’aLBa1 Kavala e l’imponente acquedotto di Kamares (XVI sec), visti dalla collina della città vecchia di Panagìa. 2 Meteora e le originali formazioni rocciose che la contraddistinguono. Uno dei pochi monasteri raggiungibile su ruote. 3 Il lago di Ioannina sembra il lago di Como ma coi minareti. 4 Istanbul, il quartiere degli artisti di Cihangir.

Nell’altra pagina, Davide sul ponte di Galata, ad Istanbul. Nel box, in senso orario: il Piaggio centre locale di Alessandropoulis, Makaronis sarà un nome d’arte? Dimitris, lo chef del “Forno”, il miglior ristorante di Ioannina. Posa con la LML Star vinta alla lotteria al suo primo raduno scooteristico. Sultanameth, Istanbul, all’ombra dei principali monumenti, la Chetak posa di fronte all’ostello Bahaus (13 euro il dormitorio misto). Elassona (Grecia) Yamaha XT500, sacrificata ad insegna di ristorante.

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Piccole moto, grandi viaggiTURISMO

La scelta della motoL’organizzazione di questo viaggio parte da zero. Nel senso che decisa la meta, mi sono accorto di non avere nemmeno il più fondamentale degli strumenti. La moto. La ricerca di questa è stata fatta sul web e considerando l’ipotesi di possibile abbandono del veicolo in caso di gravi guasti o generiche difficoltà nel riportarla a casa. Doveva avere: prezzo e consumi bassi e quindi la cilindrata piccola è stata la soluzione. Inizialmente le candidate erano piccole 4T tipo Sym XS 125, Honda XL-XR 125. Saputa che la destinazione sarebbe stata la capitale turca, un’amica mi ha offerto in prestito il vespoide indiano. Durante l’allenamento-test sono venuti a galla parecchi problemi, piccoli, ma che in un raid mi avrebbero rallentato non poco. Bobina, regolatore, valvola a spillo del carburatore, cavalletto, 3 gomme, diverse lampadine,

questa la lista della merce necessaria alla messa in ordine dello scooter, che alla partenza dava ancora, qualche segno di irregolarità di carburazione, sparito dopo la partenza.

La scelta della metaLa scelta della Turchia (via Grecia) come meta, semplifica di molto due aspetti: meteo-

temperature che, a novembre, partendo da Milano, possono dar problemi e la semplicità burocratica per mezzo e pilota. Non solo non serve il famigerato “carnet du passage au duane” ma non ho portato con me nemmeno il passaporto, che per Grecia e Turchia non viene richiesto. Questo permette, in teoria, di partire

ed arrivare fino ai confini della Persia, decidendo di mettersi in viaggio con lo scooter che si usa per andare in ufficio ogni giorno. L’assicurazione Europe Assistance l’ho fatta addirittura in viaggio, in un internet café.

SpeseLe voci di spesa importanti sono tre: carburante, cibo,

pernottamenti. Per quanto riguarda il primo aspetto la Bajaj fa 40 km con un litro, ma la benzina in Turchia è stranamente più cara che in Grecia, e in Italia.Per il mangiare è stato facile: nei Paesi mediterranei, in Grecia e Turchia in particolare, si trova ottimo street food, ovvero il Kebab, in tutte le sue varianti. Pernottamento: la tenda piantata in una campo di tulipani è gratis, ma considera che in un ostello da 15 euro hai inclusa la colazione e il wifi. In una notte di pioggia, dopo aver passato la serata in un Internet cafè, il conto era 10 euro.

DOVE COME QUANDO

tre dò un occhio al tachimetro, noto che c’è qualcosa di strano, lo strumento sta segnando 95 km/h, e pro-prio in quell’istante, sento un brusco rallentamento, simile all’entrata in riserva, solo che non potevo essere a secco, avendo fatto il pieno da meno di 50 km. L’i-stinto, o la fortuna o Zeus stesso hanno mosso la mia mano sinistra che ha tirato la frizione, evitando, quasi, il bloccaggio della ruota. Condividendo la compagnia di due nervosissimi ciccioni su una Mercedes targata Albania, che non hanno mai smesso di urlare in un tele-fonino, dopo un tempo che ho ritenuto sufficiente, dò un primo timido colpo al pedale, scendendo per tutta la sua corsa mi rassicura sulla situazione del cilindro. Il motore offeso per il maltrattamento non ha voluto tenere il minimo per tutto il giorno, ma dal giorno dopo ad Alessandropolis è tornato a girare come un orologio svizzero, anzi italiano, anzi indiano. Al con-fine turco mancavano solo 40 km, ad Istanbul poco meno di 300, li farò tutti in una tirata giungendo con l’oscurità, non immaginando che l’avventura stava solo per iniziare.