MILA N o LTRE «SIATE TESTIMONI W - Stratagemmi

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La masterclass di Virgilio Sieni è una continua riflessione. Il coreografo toscano inizia da subito a interrogare gli allievi danzatori su quello che pensano sia il proprio punto di forza e sullo stile a cui si sentono maiormente vicini. Poi propone un primo esercizio, all’apparenza semplicissimo: alzarsi. Ciò che il coreografo sta chiedendo però va al di là della semplice azione di mettersi in piedi: al movimento deve infatti corrispondere, da parte del danzatore, una presa di coscienza del gesto appena compiuto. Non si tratta semplicemente di eseguire un comando ma di riflettere e aspettare questo scarto mentale prima di eseguire qualsiasi movimento. Per buona parte della lezione assistiamo allora a danzatori impegnati nel sollevarsi da terra: si muovono nello spazio con calma e precisione, seguendo i richiami di Sieni che li fanno voltare ora da una parte, ora dall’altra. Nei cambi di direzione, però, a comandare è innanzitutto l’intenzione dello sguardo. Nel mentre, Sieni si muove tra gli allievi per sottolineare, più che per correere, ogni minimo dettaglio. MILANoLTRE VIEW 2 0 1 9 Giornale del laboratorio di visione e scrittura critica di MilanOltre 2019 Seconda parte: 4 – 13 ottobre A cura di Stratagemmi – Prospettive Teatrali Istantanee Raccontare uno spettacolo senza recensirlo, ma nemmeno rinunciando al proprio sguardo critico. Un’impressione a caldo, un click di poche centinaia di battute capace di immortalare, da una prospettiva inedita, quanto accade sulla scena. Prospettive dal palco Danzare, danzare, ancora danzare… ma, qualche volta, ai danzatori piace anche parlare! E allora diamogli voce: ecco le nostre interviste ai protagonisti del festival. A lezione con... Non si finisce mai di imparare! Gli incontri, le masterclass e gli approfondimenti del festival raccontati attraverso i nostri storytelling. Playlist Cosa ascoltano gli artisti, i danzatori e coreografi di MilanOltre quando scendono dal palco? E soprattutto: quali sono le canzoni, le musiche, ritmi che meglio li rappresentano? Lezione a cura di Stefano Tomassini con Virgilio Sieni, Simona Bertozzi, Cristina Rizzo, Università degli Studi di Milano, ottobre 2019. «SIATE TESTIMONI DELL’ARTE!» La Natura delle cose | Virgilio Sieni | foto di Paolo Porto playlist L’alzarsi si trasforma in un movimento complesso, così come sono complessi i primi passi compiuti dai danzatori nello spazio: l’obiettivo è infatti la ricerca di una posizione che tenga in equilibrio il corpo e lo renda vigile. Non da meno è l’attenzione dedicata a braccia e mani, che devono sollevarsi e seguire impulsi che arrivino dai polpastrelli, e ai gesti, a cui si giunge solo dopo aver esplorato ogni particolare del proprio corpo. Le domande del coreografo tornano a farsi sentire al termine di questa sessione: quali percezioni hanno acquisito gli allievi attraverso l’indagine corporea? C’è chi sostiene di percepire una “nuova organicità”, chi invece sente una “scomposizione”. Su una cosa però sembrano tutti d’accordo: la sensazione che, attraverso il percorso compiuto, sia nata una concezione più viva della propria fisicità. Merito di ciò è la rigorosa ricerca sul gesto messa in pratica attraverso il principio della “risonanza”: mettendo in fila un movimento all’altro, si nota infatti come ogni gesto sia sospinto dal precedente in una rispondenza che somiglia a un rimbalzo. Non è però più tempo di parlare: Sieni dà inizio alle danze creando una breve partitura dove l’iniziale calma degli allievi muta presto in un turbinio di movimenti sempre più rapidi. La tensione dei danzatori cresce passo dopo passo fino a culminare in una fragorosa risata collettiva finale. Chi dice che anche la più impegnativa e laboriosa masterclass non possa concludersi con un po’ di leerezza? Caterina Piotti e Livia Torchio È una serie di provocazioni quella che lancia agli studenti dell’Università degli Studi di Milano, Stefano Tomassini che per un giorno abbandona la sua cattedra alla Iuav di Venezia per arrivare nell’ateneo milanese . «Avete mai visto spettacoli di danza contemporanea? Siete mai stati alla Scala?» – ci incalza – «E allo stadio invece?». Domande che mettono a nudo il problema della scarsa partecipazione dei giovani agli eventi culturali. Ma non si tratta di polemica sterile: la presentazione di Tomassini dedicata ai tre coreografi Virgilio Sieni, Simona Bertozzi e Cristina Rizzo prende forma proprio dai sondai fatti in classe. È necessario assumere un “atteiamento etnologico” nei confronti dei beni culturali, lavorare sul campo per essere testimoni del tempo in cui viviamo e “partecipare a una performance” è un atto politico, di appropriazione di uno spazio artistico, così come la performance stessa è messinscena di un pensiero politico preciso sul nostro presente. Il “sermone” su arte-politica (definito così da Tomassini stesso) lo vediamo incarnato nei tre maestri protagonisti di questa edizione di MilanOltre. Ad esempio, nella scelta di Virgilio Sieni di lavorare con Giorgio Agamben, filosofo, portatore del concetto di “nuda vita”, secondo il quale un corpo ha valore per la sua “semplice esistenza biologica”, senza che esso sia interiorizzato o contenitore di un’anima. Così com’è politico sempre in Sieni portare in scena Lucrezio, indagando attraverso il De rerum natura i rapporti tra i corpi e le cose. Quando in La Natura delle cose entrano in scena quattro performer uomini sorreendo una Venere sovra-terrena non c’è alcuna subordinazione tra i corpi dei due sessi: i loro movimenti dialogano. Non c’è uguaglianza ma c’è equivalenza, così come, in fondo, c’è equivalenza tra i corpi umani e le cose stesse. Anche la Joie de Vivre di Simona Bertozzi è possibile solo quando il corpo può essere ciò che è come corpo, cioè senza essere definito dalle nostre specificità. La danza diventa allora istanza di liberazione dalle forme con cui la società ci pensa: è un atto politico capace di disintegrare cosa pensiamo di dover essere. Anche nella performance di Cristina Rizzo il discorso si ripropone. Con Ultras Sleeping Dancing la coreografa realizza un lavoro sulle condizioni limite in cui l’uomo si scontra con la propria tragica fragilità. Rizzo sceglie di far uscire del sangue dalla bocca dei danzatori o di indurli al pianto con degli stick alla canfora per liberarci da una dittatura dell’interiorità e dare alla percezione un valore assoluto: la sua è una tragedia senza tragedia! E davanti a queste scelte sceniche, a tratti stravaganti, la protesta del “non si capisce niente” non è ammissibile, avverte Tommasini: il punto infatti non è la comprensione dello spettacolo ma la possibilità percettiva del pubblico, la sua ricezione. «A teatro si vive un’esperienza, impagabile, non riducibile a dinamiche monetarie: un’esperienza per tutti!» Perchè, in fondo, anche il pensiero di un coreografo insegna all’uomo chi è, com’è fatto e per che cosa vive. Rebecca Grassi e Giulia Villa RISONANZE DEL GESTO Masterclass con Virgilio Sieni, DanceHaus, ottobre 2019. a lezione con a lezione con NEL BLU DIPINTO DI BLU (VOLARE) È nata nel 1958 ma dà l’impressione di essere sempre esistita! Nel blu dipinto di blu è, e resterà sempre, un pezzo eterno, capace di attraversare il tempo e lo spazio, arrivando ovunque, “comunicando” con milioni di persone. Esattamente come fa la danza. Rappresenta insomma un linguaio universale come quello espresso dal gesto: una poesia che può arrivare a tutti. A cura di Simone Muscionico e Daniele Rigamonti di Domenico Modugno, nella playlist di Cristina Rizzo.

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La masterclass di Virgilio Sieni è una continua riflessione. Il coreografo toscano inizia da subito a interrogare gli allievi danzatori su quello che pensano sia il proprio punto di forza e sullo stile a cui si sentono maggiormente vicini. Poi propone un primo esercizio, all’apparenza semplicissimo: alzarsi. Ciò che il coreografo sta chiedendo però va al di là della semplice azione di mettersi in piedi: al movimento deve infatti corrispondere, da parte del danzatore, una presa di coscienza del gesto appena compiuto. Non si tratta semplicemente di eseguire un comando ma di riflettere e aspettare questo scarto mentale prima di eseguire qualsiasi movimento. Per buona parte della lezione assistiamo allora a danzatori impegnati nel sollevarsi da terra: si muovono nello spazio con calma e precisione, seguendo i richiami di Sieni che li fanno voltare ora da una parte, ora dall’altra. Nei cambi di direzione, però, a comandare è innanzitutto l’intenzione dello sguardo. Nel mentre, Sieni si muove tra gli allievi per sottolineare, più che per correggere, ogni minimo dettaglio.

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Giornale del laboratorio di visione e scrittura critica di MilanOltre 2019Seconda parte: 4 – 13 ottobreA cura di Stratagemmi – Prospettive Teatrali

IstantaneeRaccontare uno spettacolo senza recensirlo, ma nemmeno rinunciando al proprio sguardo critico. Un’impressione a caldo, un click di poche centinaia di battute capace di immortalare, da una prospettiva inedita, quanto accade sulla scena.

Prospettive dal palcoDanzare, danzare, ancora danzare… ma, qualche volta, ai danzatori piace anche parlare! E allora diamogli voce: ecco le nostre interviste ai protagonisti del festival.

A lezione con...Non si finisce mai di imparare! Gli incontri, le masterclass e gli approfondimenti del festival raccontati attraverso i nostri storytelling.

PlaylistCosa ascoltano gli artisti, i danzatori e coreografi di MilanOltre quando scendono dal palco? E soprattutto: quali sono le canzoni, le musiche, ritmi che meglio li rappresentano?

Lezione a cura di Stefano Tomassini con Virgilio Sieni, Simona Bertozzi, Cristina Rizzo, Università degli Studi di Milano, ottobre 2019.

«SIATE TESTIMONI DELL’ARTE!»

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L’alzarsi si trasforma in un movimento complesso, così come sono complessi i primi passi compiuti dai danzatori nello spazio: l’obiettivo è infatti la ricerca di una posizione che tenga in equilibrio il corpo e lo renda vigile. Non da meno è l’attenzione dedicata a braccia e mani, che devono sollevarsi e seguire impulsi che arrivino dai polpastrelli, e ai gesti, a cui si giunge solo dopo aver esplorato ogni particolare del proprio corpo. Le domande del coreografo tornano a farsi sentire al termine di questa sessione: quali percezioni hanno acquisito gli allievi attraverso l’indagine corporea? C’è chi sostiene di percepire una “nuova organicità”, chi invece sente una “scomposizione”. Su una cosa però sembrano tutti d’accordo: la sensazione che, attraverso il percorso compiuto, sia nata una concezione più viva della propria fisicità. Merito di ciò è la rigorosa ricerca sul gesto messa in pratica attraverso il principio della “risonanza”: mettendo in fila un movimento all’altro, si nota infatti come ogni gesto sia sospinto dal precedente in una rispondenza che somiglia a un rimbalzo. Non è però più tempo di parlare: Sieni dà inizio alle danze creando una breve partitura dove l’iniziale calma degli allievi muta presto in un turbinio di movimenti sempre più rapidi. La tensione dei danzatori cresce passo dopo passo fino a culminare in una fragorosa risata collettiva finale. Chi dice che anche la più impegnativa e laboriosa masterclass non possa concludersi con un po’ di leggerezza?

Caterina Piotti e Livia Torchio

È una serie di provocazioni quella che lancia agli studenti dell’Università degli Studi di Milano, Stefano Tomassini che per un giorno abbandona la sua cattedra alla Iuav di Venezia per arrivare nell’ateneo milanese . «Avete mai visto spettacoli di danza contemporanea? Siete mai stati alla Scala?» – ci incalza – «E allo stadio invece?». Domande che mettono a nudo il problema della scarsa partecipazione dei giovani agli eventi culturali. Ma non si tratta di polemica sterile: la presentazione di Tomassini dedicata ai tre coreografi Virgilio Sieni, Simona Bertozzi e Cristina Rizzo prende forma proprio dai sondaggi fatti in classe. È necessario assumere un “atteggiamento etnologico” nei confronti dei beni culturali, lavorare sul campo per essere testimoni del tempo in cui viviamo e “partecipare a una performance” è un atto politico, di appropriazione di uno spazio artistico, così come la performance stessa è messinscena di un pensiero politico preciso sul nostro presente. Il “sermone” su arte-politica (definito così da Tomassini stesso) lo vediamo incarnato nei tre maestri protagonisti di questa edizione di MilanOltre.Ad esempio, nella scelta di Virgilio Sieni di lavorare con Giorgio Agamben, filosofo, portatore del concetto di “nuda vita”, secondo il quale un corpo ha valore per la sua “semplice esistenza biologica”, senza che esso sia interiorizzato o contenitore di un’anima. Così com’è politico sempre in Sieni portare in scena Lucrezio, indagando attraverso il De rerum natura i rapporti tra i corpi e le cose. Quando in La Natura delle cose entrano in scena quattro performer uomini sorreggendo una Venere sovra-terrena non c’è alcuna subordinazione tra i corpi dei due sessi: i loro movimenti dialogano. Non c’è uguaglianza ma c’è equivalenza, così come, in fondo, c’è equivalenza tra i corpi umani e le cose stesse.Anche la Joie de Vivre di Simona Bertozzi è possibile solo quando il corpo può essere ciò che è come corpo, cioè senza essere definito dalle nostre specificità. La danza diventa allora istanza di liberazione dalle forme con cui la società ci pensa: è un atto politico capace di disintegrare cosa pensiamo di dover essere. Anche nella performance di Cristina Rizzo il discorso si ripropone. Con Ultras Sleeping Dancing la coreografa realizza un lavoro sulle condizioni limite in cui l’uomo si scontra con la propria tragica fragilità. Rizzo sceglie di far uscire del sangue dalla bocca dei danzatori o di indurli al pianto con degli stick alla canfora per liberarci da una dittatura dell’interiorità e dare alla percezione un valore assoluto: la sua è una tragedia senza tragedia! E davanti a queste scelte sceniche, a tratti stravaganti, la protesta del “non si capisce niente” non è ammissibile, avverte Tommasini: il punto infatti non è la comprensione dello spettacolo ma la possibilità percettiva del pubblico, la sua ricezione. «A teatro si vive un’esperienza, impagabile, non riducibile a dinamiche monetarie: un’esperienza per tutti!» Perchè, in fondo, anche il pensiero di un coreografo insegna all’uomo chi è, com’è fatto e per che cosa vive.

Rebecca Grassi e Giulia Villa

RISONANZE DEL GESTO

Masterclass con Virgilio Sieni, DanceHaus, ottobre 2019.

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NEL BLU DIPINTO DI BLU (VOLARE)

È nata nel 1958 ma dà l’impressione di essere sempre esistita! Nel blu dipinto di blu è, e resterà sempre, un pezzo eterno, capace di attraversare il tempo e lo spazio, arrivando ovunque, “comunicando” con milioni di persone. Esattamente come fa la danza. Rappresenta insomma un linguaggio universale come quello espresso dal gesto: una poesia che può arrivare a tutti.

A cura di Simone Muscionico e Daniele Rigamonti

di Domenico Modugno, nella playlist di Cristina Rizzo.

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Nel 2016 fondi la compagnia Ballet of Difference: che significato ha per te la parola “differenza” ?La differenza siamo noi stessi: non solo perché siamo diversi gli uni dagli altri ma, soprattutto, perché il movimento che ci contraddistingue, che proviene dai nostri corpi, è strettamente legato a una contingenza personalissima: quella della vita che ci troviamo a vivere. Tutto ciò che siamo (le nostre esperienze, la nostra cultura, ciò che abbiamo ereditato, ciò che abbiamo scoperto e così via) è condivisibile, ma nella condivisione si crea, al tempo stesso, anche la differenza. Ciò che come persona mi importa realmente non è cercare di riprodurre un’esperienza o percepirla dal di fuori, bensì viverla pienamente, sentirla parte del mio corpo, di me stesso. Il lavoro in cui credo è allora volto a celebrare le singole individualità all’interno di esperienze comuni.

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DANCING THE DIFFERENCE

Intervista a Richard Siegal.

In redazioneLaura Cassinelli, Agnese Di Girolamo, Rebecca Grassi, Lidia Melegoni, Simo-ne Muscionico, Caterina Piotti, Daniele Rigamonti, Ferdinando Solimando, Alice Strazzi, Lucrezia Tavella, Livia Torchio, Giulia Villa.

CoordinamentoEditing e supervisione: Corrado RovidaDidattica: Maddalena GiovannelliSocial e publishing: Micol Sala

Un progetto a cura di

Tutti i contenuti dell’osservatorio sono pubblicati on line: www.stratagemmi.it

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o Nelle tue parole si percepisce la necessità della compagnia di confrontarsi con tematiche strettamente civili ed etiche; New Ocean è vicino a qualche attivismo politico?Non mi sono mai sentito motivato dalla politica in senso attivista; d’altra parte credo che l’estetica in quanto tale e il suo impatto sociale non siano separati. New Ocean si lega a tematiche contingenti quali il cambiamento climatico e il tentativo di contenerlo, ma al tempo stesso è strettamente connesso all’esperienza estetica. Il tentativo è quello di catturare lo spettatore, la sua visione, attraverso danzatori avvolti in una luce e in una musica ben precise: quelle immagini, quei suoni, susciteranno delle domande a cui ciascuno darà la propria risposta.

Nel tuo lavoro con i danzatori insisti molto sui piccoli gesti con l’obiettivo di creare maggiore consapevolezza del proprio corpo. La relazione con l’altro dipende dalla percezione che abbiamo di noi stessi?Certamente divenire più consapevoli, attenti e responsabili di noi stessi ci permette di esserlo anche nella relazione con l’altro. La conoscenza della propria fisicità è stata il filo conduttore su cui ho impostato la genesi di New Ocean: fin da subito ho infatti imposto ai danzatori di non toccarsi l’un l’altro; in questo modo ci siamo potuti concentrare sull’esperienza del movimento in se stessa e non solo su ciò che stavamo creando.

Agnese Di Girolamo e Lucrezia Tavella

EIGENGRAU coreografia Giorgia Fusariinterpreti Lorenzo De Simone e Giorgia Fusari CIMD/INCUBATORE DANZA

INCONTRO AL BUIO

Il moto incerto di due danzatori si interrompe sotto un fascio obliquo di luce calda. Sono fermi, vicinissimi l’uno all’altro, con il corpo in torsione. Ma non sembrano vedersi, né si toccano. Ognuno può sentire il calore dell’altro, può provarne l’odore: la tentazione di entrare in contatto si fa più forte. Seguono micromovimenti degli arti, della testa, a volersi sfiorare: piccoli tentativi destinati a rimanere tali. I due rimangono infatti lì, scolpiti come Apollo e Dafne in una posa dinamica rivelatrice di tensione. Nient’altro, tuttavia, li accomuna ai due mitici amanti ritratti dal Bernini: se il contatto segna infatti il coronamento e insieme la morte del desiderio ossessivo del dio, qui nessuno osa penetrare la sottile parete d’aria che li separa. “Eigengrau”, dal tedesco, è il colore o la materia di cui è fatta l’oscurità. EIGENGRAU, di Giorgia Fusari, è lo studio di due corpi che si muovono in assenza di luce. Anche se la luce sul palco c’è, e il cortocircuito si fa quindi ancora più forte. Il buio, che gli interpreti hanno negli occhi, li influenza, li spinge al movimento e alla pausa, mai alla resa. Nell’oscurità, infatti, tutto è ignoto e potenzialmente ostile: c’è sempre qualcosa che trama e si muove “contro”. Meglio allora tenersi svegli, all’erta, pronti a reagire a qualsiasi impulso: e se a volte a prevalere sarà il terrore, altre volte sarà la curiosità a vincere. Sempre e comunque dominerà però l’incertezza. In questo stato di perenne provvisorietà i due danzatori faticano a compiere i movimenti più semplici: ogni passo è un tastare e a ogni slancio fisico (grande dimostrazione di coraggio) corrisponde una ritirata, un tornare, spaesati, a farsi piccoli. Nemmeno la parola può aiutarli, il contatto è l’unica via per riconoscersi. Quanto più significativo risulta allora quell’abbraccio sospeso con cui ci lascia il finale? «Le membra riusciranno a incontrarsi?» ci chiediamo con ancora negli occhi quell’immagine statuaria. Forse no, non ci riusciranno mai e i due, giovani e belli, rimarranno l’immagine vertiginosa di un atto incompiuto. Oppure finalmente supereranno i timori, e il buio, da inospitale che era, diventerà l’alcova segreta dove imparare a conoscersi.

Ferdinando Solimandoi

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VENUS IN FURS

È un pezzo con un beat molto interessante per il suo essere allo stesso tempo aggressivo e soft. Rispecchia, in un certo senso, il mio percorso: la formazione classica da una parte e l’approdo al contemporaneo dall’altro. In Venus in furs ritrovo la capacità di mescolare le atmosfere, creando una dimensione quasi estatica, che permette a chi l’ascolta di abbandonarsi completamente.

a cura di Laura Cassinelli e Lucrezia Tavella

dei Velvet Underground, nella playlist di Diego Tortelli.

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st SILENZIO

Il mio modo di lavorare su una performance inizia dal silenzio. Anche se ho già fissato delle tracce musicali da utilizzare in uno spettacolo, comincio dall’assenza di suoni: mi aiuta a dare libero sfogo al movimento. Mentre la musica obbliga il danzatore a certe geometrie, l’assenza di interferenza sonora permette al corpo di essere aperto e libero nello spazio.

a cura di Rebecca Grassi e Giulia Villa

nella playlist di Simona Bertozzi.