"Migrazioni" #3 - L'Indice dei libri del mese

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 N. 7/8 31  Migrazioni Laura Boldrini TUTTI INDIETRO  pp. 217,  18,  Rizzoli, Milano 2010 T utti indietro è un libro inu- suale quanto la sua autri- ce. Laura Boldrini, la portavo- ce in Italia dell’Alto Commis- sariato Onu per i rifugiati, si è ritagliata un profilo d’eccezio- ne nel nostro paese. In un pe- riodo di sconquasso politico, ma anche etico, in Italia, ha saputo dare voce alle ragioni dei più de- boli: i rifugiati, le vittime di regimi e di conflitti. Ha parlato di diritti e di diritto internazionale, combi- nando impegno e competenza con quel tanto di grazia e di emozione necessario a smuovere un’opinio- ne pubblica sempre più incallita. Dopo oltre dieci anni nella veste di portavoce si è guadagnata l’aura più desiderata dai politici: la tanto sospirata “visibilità”. Naturale, dunque, l’in- vito a scrivere un libro per raccontare le sue esperienze e le battaglie che l’hanno vista prota- gonista. Meno scontata l’autorizzazione a scri- vere (confermata dallo stesso alto commissario Antonio Guterres), a di- mostrazione del ruolo non più da semplice portavoce, bensì quasi da testimo- nial, ruolo che Boldrini ha saputo ricoprire in Italia. Questa situazione d’eccezione ha influito sulla trama del libro. Per illuminare “l’universo scono- sciuto” di quel mondo in fuga di cui si occupa, l’autrice ha voluto condividere le storie di uomini, donne e anche bambini approdati in Italia. Sono storie emblemati- che, a cominciare da quella di Sayed, il ragazzo afgano partito bambino dal suo paese e approda- to in Italia, dopo nove anni di viag- gio, aggrappato al telaio di un ca- mion. C’è anche la storia di Titti, una giovane eritrea, unica supersti- te, insieme al fratello e un amico, del naufragio di un gommone sul quale viaggiavano settantotto per- sone. O anche Paul, detto “tuna boy” dai suoi compagni perché era tra gli uomini salvati dalla Marina italiana dalla rete per tonni sulla quale erano appollaiati. D a buona portavoce, per ò, Boldrini ha voluto andare oltre le storie personali per rac- contare il lavoro, suo ma anche di altri colleghi, impegnati in teatri difficili come il Kosovo e l Afgha- nistan in guerra, o in quellavam- posto della nostra nascente for- tezza Europa che è stato lisola di Lampedusa. Lintento è anche pedagogico: correggere la confusione che re- gna quando si parla di questo mondo, con una pericolosa ten- denza a fare di ogni erba un fascio, trattando tutti i migranti approda- ti in Italia nello stesso modo. Cate- gorie di persone, come i rifugiati e i richiedenti asilo, che godono, co- me ricorda l autrice, di diritti in- ternazionalmente riconosciuti, bollati come clandestini  dai me- dia e dai politici nazionali, incu- ranti dellimbarbarimento che ne consegue. Nella sua introduzione lautrice rivela anche la necessità di una denuncia pi ù precisa, rive- lando che ha deciso di scrivere il li- bro nel momento in cui il governo italiano ha messo in atto i respingi- menti in mare. Una politica che consiste nell intercettare in alto mare le fragili imbarcazioni in arri- vo dalla Libia per riportare indie- tro, indiscriminatamente, tutti i lo- ro passeggeri. Un capovolgiment o dello spirito e della lettera delle convenzioni internazionali, che vietano esplicitamente di respin- gere chi cerca protezione. Il centro di Lampedusa vuoto, com’è oggi, non è una vittoria, come sottoli- nea, ma una sconfitta, perché la sua premessa sono i centri e le pri- gioni della Libia pieni di migranti privati di ogni diritto ed esposti ad abusi, nonché al pericolo di un altro respingimento, quello verso il deserto, con esito mortale quasi certo. Con un certo pudore, l au- trice parla poco di que- sti abusi, in particolare di quelli di cui sono vit- time le donne, che pa- gano, come lascia in- tendere, un dazio terri- bile in termini di vio- lenze, per avere tentato le vie di fuga che attra- versano il Sahara e il Mediterraneo. Il libro racconta di due delle pi ù originali ed efficaci iniziative di Boldrini. La prima, il premio Per Mare, inventato per incentivare pescato- ri e marinai a salvare i naufraghi abbandonati in balia del mare, una triste violazione della più anti- ca delle leggi marinare, che può, in larga misura, essere attribuita alla riluttanza dei governi dEuro- pa ad accogliere chi fugge. La se- conda iniziativa fu proposta ai rappresentanti dei giornalisti ita- liani dopo la scandalosa copertura da parte di quasi tutti i media na- zionali del massacro di Erba, una strage attribuita senza esitazione al marito tunisino di una delle vitti- me, accusa che si rivelò poi infon- data, ma che fu tranquillamente avallata sullonda dei pregiudizi imperanti: la Carta di Roma, un codice deontologico elaborato, come scrive l autrice, affinch é in Italia le materie collegate al diritto di asilo e allimmigrazione siano oggetto di uninformazione cor- retta e completa, fu approvata nel 2007. (Il rapporto sul primo anno di monitoraggio dell accor- do, ha confermato che stereotipi e pregiudizi imperano tuttora). Il libro, che chiude sul desolan- te spettacolo della caccia alluomo contro i lavoratori immigrati negli aranceti della piana di Gioia Tau- ro, descrive un paese pericolosa- mente in bilico tra un modello di convivenza tollerante e aperto, come quello testimoniato dai sin- daci di due comuni limitrofi a Gioia Tauro, Riace e Caulonia, dove laccoglienza ai rifugiati è presa a modello in tutta Europa, e il rischio di imbarbarimento. Lau- ra Boldrini è senza dubbio testi- mone dellItalia migliore.   [email protected] T. de Zulue ta è giornalista SCARTI DI UMANITÀ RIFLESSIONI SU RAZZISMO E ANTISEMITISMO a cura di Francesco Migliorino  pp. 228,  18, il melangolo, Genova 2010 U n interrogativo si dibatte da qualche tempo anche in sedi internazionali: se sia corretto, e anche opportuno, tenere distinti i diversi ambiti delle discriminazioni e delle di- suguaglianze e insistere su uno o su un altro come particolar- mente grave, e degno di atten- zione. Volta a volta, in determi- nate sedi e occasioni, le differen- ze etniche e razziali, di genere, di principi religiosi o di pratiche culturali; lomofobia, condizioni di disabilità fisica o psichica, ri- ferimenti a particolari tradizioni, culture, valori. Il problema è che si rischi  valorizzando una particolare scelta di attenzione e di impegno a scapito delle altre, e tenendo ciascun ambito sepa- rato  di privilegiare un proble- ma, un aspetto, e che manchi una lettura dellinsieme dei fat- tori e dei meccanismi. Non faci- le trovare la risposta. Facendo riferimento al sottoti- tolo del libro curato da France- sco Migliorino, Rifles sioni su raz- zismo e antisemitismo, sappiamo subito dove ci si colloca: nel pre- sente e nel passato dei nostri razzismi. E però le parole Scar- ti di umanità (un titolo forte, bru- tale vorrei dire) portano a mette- re al centro un dato che segna tutta la storia dellu- manità (e che certo va- le ancora nel presen- te). Una parte della popolazione, o del si- stema in cui viviamo, si colloca in posizioni che consentono di do- minare, di escludere o anche di annientare al- tri, tutti quelli senza ri- conoscimenti e diritti, in varie forme diver- si (nel fisico o nelle relazioni o nei comportamenti; o a seconda delle risorse  economiche, socia- li  di cui dispongono). In lunghi secoli di storia europea, gli ebrei, i popoli colonizzati e, oggi, gli immigrati, gli stranieri. Isla- mofobia, discriminazioni e vio- lenze volta a volta contro negri , marocchini, zingari; e ancora, antisemitismo. Su questo, nel li- bro, troviamo riflessioni che ag- giungono a quello che già sap- piamo o che crediamo di sapere. Molte sono le voci e gli approcci, con riferimento a fasi diverse del- la nostra storia. Su due linee di approfondi- mento mi soffermo brevemente: le ritengo utili per riflettere sul contesto attuale. Come si orga- nizzano le risorse a disposizione (la politica, la scienza, le armi, naturalmente; oggi i meccanismi mediatici, il senso di insicurezza e le dinamiche del populismo ) per tenere sotto controllo gli al- tri. Episodi e scelte ideologiche, e messaggi degli anni del nazi- smo e del fascismo, con obiettivi che sono un popolo etnicamen- te puro, la normalità“, la di- sinfestazione della so- cietà”, la bonifica umana: cos  ì nellin- troduzione e nel saggio di Migliorino, ma è un filo di lettura comune a testi diversi per impo- stazioni e riferimenti e dati. In quegli anni, il disegno di un popolo reso sano, forte, per- fetto (con costante at- tenzione al ruolo della famiglia e allimportanza della crescita demografica) e dunque di come rendere invisibili quelli che sono altri, diversi, e peri- colosi: il mondo carcerario e i manicomi criminali, i criteri per linternamento, la scienza  (me- dicina, psicologia e psichiatria, antropologia criminale, diritto penale) e le pratiche che si sono sviluppate e incarnate in leggi e istituzioni. Temi che oggi ritro- viamo nel discorso politico e in una diffusa opinione pubblica, o meglio, in una cultura che sembra essere sempre pi ù condi- visa. È bene rifletterci.   [email protected] L. Balbo ins egna sociologia allUniversità di Ferrara Pescatori di naufragi di Tana de Zulueta Disegnare un popolo sano di Laura Balbo Tronchi di vita scaricati dal mare di Ilda Curti Fabio Sanfilippo ed Emanuela Alice Scialoja A LAMPEDUSA AFFARI, MALAFFARI , RIVOL TA E SCONFITTA DELLISOLA CHE VOLEVA DIVENTARE LA PORTA DEUROPA  pp. 167,  13, Infinito, Roma 2010 P rotagonist a di questo reportage, scritto da due giornalisti che non rinunciano alla fa- tica dell inchiesta e dell approfondimento, è Lampedusa. Isola percorsa dai venti del Me- diterraneo, a met à strada tra lAfrica e l Eu- ropa, lembo dimenticato di roccia e spiagge. Illu- sa cicatrice di unEuropa che ha smarrito il senso della sua civitas e misura con il compasso la pro- prietà del mare e delle sue acque. Lampedusa e gli sbarchi: spiagge affollate di turisti e, poco pi ù in là, laceri tronchi di umanit à in fuga, che se non galleggiano affondano, e con loro l etica, lacco- glienza, i diritti. Il reportage ha il pregio di met- tere in fila una cronaca che a noi del continente arriva a singhiozzo, quando l ennesima emergen- za degli sbarchi buca la cronaca locale per diven- tare notizia della sera. Tra una notizia e l altra, si perde il senso della complessit à e delle contraddi- zioni che a Lampedusa durano da sempre. Ci sono le storie dei moderni naufraghi, spaesa- ti e frastornati, sopravvissuti all inferno. Ci sono i sogni di chi vorrebbe ricominciare ad avere, sem- plicemente e umanamente, un altra chance, uscen- do dal recinto del mare per abbracciare la libert à dalla paura. Poi, ci sono le storie degli isolani, che si sono sentiti raccontare le mirabili sorti di pro- getti di sviluppo, di infrastrutture e di ricchezza. E tirano le reti nelle quali inciampano cadaveri che rotolano sulla battigia e vengono accolti nel silen- zio. Ci sono le storie di straordinaria solidariet à, di profughi che scappano dal centro di permanenza e vengono accolti nelle case. C’è l empatia della gen- te del mare, che si arrabbia con chi comanda, ma non sa odiare chi fugge. Ci sono i turisti, e l econo- mia che gira loro intorno: i tronchi di vita scaricati dal mare non è bene che si vedano, perch é il rac- capriccio potrebbe turbare la spensierata stagione delle vacanze. Poi c’è lui, il centro di permanenza: infrastruttura in cui si sono sparsi fiumi di danaro e non si capisce bene dove siano andati. Intrecci di interessi, mani rapaci, promesse non mantenute, cupidi occhi che vogliono metterci le mani sopra. Pieno fino a strabordare, con i panni stesi sulle in- ferriate di una prigione con nulla intorno. Popola- to da uomini e donne stanchi: i controllori e i con- trollati accomunati dalla stanchezza di non sapere come andrà a finire. C’è il sindaco che tuona con- tro il governo e la gestione delle risorse. Ci sono le indagini e le condanne per corruzione, concussio- ne, abusivismo edilizio: la miseria amorale di chi usa la vita umana e il territorio per fare affari. Ci so- no i funzionari ministeri ali, gli addetti alla sicurez- za e al controllo, gli operatori umanitari, l Unchr, le ong, i medici e gli operatori sanitari. I documen- ti, la burocrazia, gli interpreti, gli aerei che partono e smistano i sopravvissuti da altre parti. Da un po di tempo di Lampedusa non si sente pi ù parlare: le emergenze degli sbarchi non ci so- no più. Miracolosamente rigettati e respinti dal- laltra parte del mare, o nei suoi fondali. Lampe- dusa continua a essere la cicatrice dEuropa, scon- fitta e dimenticata. Sanfilippo e Scialoja ci ricor- dano che il silenzio di oggi è un rumore semplice- mente rimandato o rimosso. Un fragore che si in- frange nelle onde di un mare diventato galera.

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N. 7/8 31

 Migrazioni 

Laura Boldrini

TUTTI INDIETRO pp. 217, € 18,

 Rizzoli, Milano 2010

Tutti indietro è un libro inu-suale quanto la sua autri-

ce. Laura Boldrini, la portavo-ce in Italia dell’Alto Commis-sariato Onu per i rifugiati, si èritagliata un profilo d’eccezio-ne nel nostro paese. In un pe-riodo di sconquasso politico,ma anche etico, in Italia, ha saputodare voce alle ragioni dei più de-boli: i rifugiati, le vittime di regimie di conflitti. Ha parlato di diritti edi diritto internazionale, combi-nando impegno e competenza conquel tanto di grazia e di emozionenecessario a smuovere un’opinio-ne pubblica sempre più incallita.

Dopo oltre dieci anni nella veste diportavoce si è guadagnata l’aurapiù desiderata dai politici: la tantosospirata “visibilità”.Naturale, dunque, l’in-vito a scrivere un libroper raccontare le sueesperienze e le battaglieche l’hanno vista prota-gonista. Meno scontatal’autorizzazione a scri-vere (confermata dallostesso alto commissarioAntonio Guterres), a di-mostrazione del ruolonon più da sempliceportavoce, bensì quasi da testimo-nial, ruolo che Boldrini ha saputoricoprire in Italia.

Questa situazione d’eccezioneha influito sulla trama del libro.Per illuminare “l’universo scono-sciuto” di quel mondo in fuga dicui si occupa, l’autrice ha volutocondividere le storie di uomini,donne e anche bambini approdatiin Italia. Sono storie emblemati-che, a cominciare da quella diSayed, il ragazzo afgano partitobambino dal suo paese e approda-to in Italia, dopo nove anni di viag-gio, aggrappato al telaio di un ca-mion. C’è anche la storia di Titti,una giovane eritrea, unica supersti-te, insieme al fratello e un amico,del naufragio di un gommone sulquale viaggiavano settantotto per-sone. O anche Paul, detto “tuna

boy” dai suoi compagni perché eratra gli uomini salvati dalla Marinaitaliana dalla rete per tonni sullaquale erano appollaiati.

Da buona portavoce, però,Boldrini ha voluto andare

oltre le storie personali per rac-contare il lavoro, suo ma anche dialtri colleghi, impegnati in teatridifficili come il Kosovo e l’Afgha-nistan in guerra, o in quell’avam-posto della nostra nascente “for-tezza Europa” che è stato l’isoladi Lampedusa.

L’intento è anche pedagogico:correggere la confusione che re-gna quando si parla di questomondo, con una pericolosa ten-

denza a fare di ogni erba un fascio,trattando tutti i migranti approda-ti in Italia nello stesso modo. Cate-gorie di persone, come i rifugiati ei richiedenti asilo, che godono, co-me ricorda l’autrice, di diritti in-ternazionalmente riconosciuti,bollati come “clandestini” dai me-

dia e dai politici nazionali, incu-ranti dell’imbarbarimento che neconsegue. Nella sua introduzionel’autrice rivela anche la necessitàdi una denuncia più precisa, rive-lando che ha deciso di scrivere il li-

bro nel momento in cui il governoitaliano ha messo in atto i respingi-menti in mare. Una politica checonsiste nell’intercettare in altomare le fragili imbarcazioni in arri-vo dalla Libia per riportare indie-tro, indiscriminatamente, tutti i lo-ro passeggeri. Un capovolgimentodello spirito e della lettera delleconvenzioni internazionali, chevietano esplicitamente di respin-gere chi cerca protezione. Il centrodi Lampedusa vuoto, com’è oggi,non è una vittoria, come sottoli-nea, ma una sconfitta, perché lasua premessa sono i centri e le pri-gioni della Libia pieni di migrantiprivati di ogni diritto ed espostiad abusi, nonché al pericolo di un

altro respingimento, quello versoil deserto, con esito mortale quasicerto. Con un certo pudore, l’au-

trice parla poco di que-sti abusi, in particolaredi quelli di cui sono vit-time le donne, che pa-gano, come lascia in-tendere, un dazio terri-bile in termini di vio-lenze, per avere tentatole vie di fuga che attra-versano il Sahara e ilMediterraneo.

Il libro racconta didue delle più originali

ed efficaci iniziative di Boldrini.La prima, il premio “Per Mare”,inventato per incentivare pescato-

ri e marinai a salvare i naufraghiabbandonati in balia del mare,una triste violazione della più anti-ca delle leggi marinare, che può,in larga misura, essere attribuitaalla riluttanza dei governi d’Euro-pa ad accogliere chi fugge. La se-conda iniziativa fu proposta airappresentanti dei giornalisti ita-liani dopo la scandalosa coperturada parte di quasi tutti i media na-zionali del massacro di Erba, unastrage attribuita senza esitazione almarito tunisino di una delle vitti-me, accusa che si rivelò poi infon-data, ma che fu tranquillamenteavallata sull’onda dei pregiudiziimperanti: la “Carta di Roma”, uncodice deontologico elaborato,

come scrive l’autrice, “affinché inItalia le materie collegate al dirittodi asilo e all’immigrazione sianooggetto di un’informazione cor-retta e completa”, fu approvatanel 2007. (Il rapporto sul primoanno di monitoraggio dell’accor-do, ha confermato che stereotipi epregiudizi imperano tuttora).

Il libro, che chiude sul desolan-te spettacolo della caccia all’uomocontro i lavoratori immigrati negliaranceti della piana di Gioia Tau-ro, descrive un paese pericolosa-mente in bilico tra un modello diconvivenza tollerante e aperto,come quello testimoniato dai sin-daci di due comuni limitrofi aGioia Tauro, Riace e Caulonia,

dove l’accoglienza ai rifugiati èpresa a modello in tutta Europa, eil rischio di imbarbarimento. Lau-ra Boldrini è senza dubbio testi-mone dell’Italia migliore. I

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T. de Zulueta è giornalista

SCARTI DI UMANITÀRIFLESSIONI SU RAZZISMO

E ANTISEMITISMO

a cura di Francesco Migliorino pp. 228, € 18,

il melangolo, Genova 2010

Un interrogativo si dibatteda qualche tempo anche

in sedi internazionali: se siacorretto, e anche opportuno,tenere distinti i diversi ambitidelle discriminazioni e delle di-suguaglianze e insistere su unoo su un altro come particolar-mente grave, e degno di atten-zione. Volta a volta, in determi-nate sedi e occasioni, le differen-ze etniche e razziali, di genere, diprincipi religiosi o di praticheculturali; l’omofobia, condizionidi disabilità fisica o psichica, ri-ferimenti a particolari tradizioni,“culture”, “valori”. Il problemaè che si rischi – valorizzando unaparticolare scelta di attenzione edi impegno a scapito delle altre,e tenendo ciascun ambito sepa-rato – di privilegiare un proble-

ma, un aspetto, e che manchiuna lettura dell’insieme dei fat-tori e dei meccanismi. Non faci-le trovare la risposta.

Facendo riferimento al sottoti-tolo del libro curato da France-sco Migliorino, Riflessioni su raz-zismo e antisemitismo, sappiamo

subito dove ci si colloca: nel pre-sente e nel passato dei nostri“razzismi”. E però le parole Scar-ti di umanità (un titolo forte, bru-tale vorrei dire) portano a mette-re al centro un dato che segnatutta la storia dell’u-manità (e che certo va-le ancora nel presen-te). Una parte dellapopolazione, o del si-stema in cui viviamo,si colloca in posizioni

che consentono di do-minare, di escludere oanche di annientare al-tri, tutti quelli senza ri-conoscimenti e diritti,in varie forme “diver-si” (nel fisico o nelle relazioni onei comportamenti; o a secondadelle risorse – economiche, socia-li – di cui dispongono). In lunghisecoli di storia europea, gli ebrei,i popoli colonizzati e, oggi, gli“immigrati”, gli “stranieri”. Isla-mofobia, discriminazioni e vio-lenze volta a volta contro “negri”,“marocchini”, zingari; e ancora,antisemitismo. Su questo, nel li-bro, troviamo riflessioni che “ag-giungono” a quello che già sap-

piamo o che crediamo di sapere.Molte sono le voci e gli approcci,con riferimento a fasi diverse del-la nostra storia.

Su due linee di approfondi-mento mi soffermo brevemente:le ritengo utili per riflettere sulcontesto attuale. Come si orga-

nizzano le risorse a disposizione(la politica, la scienza, le armi,naturalmente; oggi i meccanismimediatici, il senso di insicurezzae le dinamiche del “populismo”)per tenere sotto controllo gli al-tri. Episodi e scelte ideologiche,e messaggi degli anni del nazi-smo e del fascismo, con obiettiviche sono un “popolo etnicamen-te puro”, la “normalità“, la “di-

sinfestazione della so-cietà”, la “bonificaumana”: cos ì nell’in-troduzione e nel saggiodi Migliorino, ma è unfilo di lettura comune atesti diversi per impo-

stazioni e riferimenti edati. In quegli anni, ildisegno di un popoloreso sano, forte, “per-fetto” (con costante at-tenzione al ruolo della

“famiglia” e all’importanza dellacrescita demografica) e dunquedi come rendere invisibili  quelliche sono “altri”, diversi, e peri-colosi: il mondo carcerario e imanicomi criminali, i criteri perl’internamento, la “scienza” (me-dicina, psicologia e psichiatria,antropologia criminale, dirittopenale) e le pratiche che si sonosviluppate e incarnate in leggi eistituzioni. Temi che oggi ritro-viamo nel discorso politico e in

una diffusa opinione pubblica, omeglio, in una “cultura” chesembra essere sempre più condi-visa. È bene rifletterci. I

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L. Balbo insegna sociologiaall’Università di Ferrara

Pescatori di naufragi

di Tana de Zulueta

Disegnare un popolo sano

di Laura Balbo

Tronchi di vita scaricati dal mare

di Ilda Curti

Fabio Sanfilippo ed Emanuela Alice Scialoja

A LAMPEDUSA

AFFARI, MALAFFARI, RIVOLTA E SCONFITTADELL’ISOLA CHE VOLEVA DIVENTARE

LA PORTA D’EUROPA

 pp. 167, € 13, Infinito, Roma 2010

Protagonista di questo reportage, scritto dadue giornalisti che non rinunciano alla fa-

tica dell’inchiesta e dell’approfondimento, èLampedusa. Isola percorsa dai venti del Me-diterraneo, a metà strada tra l’Africa e l’Eu-ropa, lembo dimenticato di roccia e spiagge. Illu-sa cicatrice di un’Europa che ha smarrito il sensodella sua civitas e misura con il compasso la pro-prietà del mare e delle sue acque. Lampedusa e glisbarchi: spiagge affollate di turisti e, poco più inlà, laceri tronchi di umanità in fuga, che se nongalleggiano affondano, e con loro l’etica, l’acco-glienza, i diritti. Il reportage ha il pregio di “met-tere in fila” una cronaca che a noi del continentearriva a singhiozzo, quando l’ennesima emergen-za degli sbarchi buca la cronaca locale per diven-tare notizia della sera. Tra una notizia e l’altra, siperde il senso della complessità e delle contraddi-zioni che a Lampedusa durano da sempre.

Ci sono le storie dei moderni naufraghi, spaesa-ti e frastornati, sopravvissuti all’inferno. Ci sono isogni di chi vorrebbe ricominciare ad avere, sem-plicemente e umanamente, un’altra chance, uscen-do dal recinto del mare per abbracciare la libertàdalla paura. Poi, ci sono le storie degli isolani, chesi sono sentiti raccontare le mirabili sorti di pro-getti di sviluppo, di infrastrutture e di ricchezza. Etirano le reti nelle quali inciampano cadaveri che

rotolano sulla battigia e vengono accolti nel silen-zio. Ci sono le storie di straordinaria solidarietà, diprofughi che scappano dal centro di permanenza e

vengono accolti nelle case. C’è l’empatia della gen-te del mare, che si arrabbia con chi comanda, manon sa odiare chi fugge. Ci sono i turisti, e l’econo-mia che gira loro intorno: i tronchi di vita scaricatidal mare non è bene che si vedano, perché il rac-capriccio potrebbe turbare la spensierata stagionedelle vacanze. Poi c’è lui, il centro di permanenza:infrastruttura in cui si sono sparsi fiumi di danaroe non si capisce bene dove siano andati. Intrecci diinteressi, mani rapaci, promesse non mantenute,cupidi occhi che vogliono metterci le mani sopra.Pieno fino a strabordare, con i panni stesi sulle in-ferriate di una prigione con nulla intorno. Popola-to da uomini e donne stanchi: i controllori e i con-trollati accomunati dalla stanchezza di non saperecome andrà a finire. C’è il sindaco che tuona con-tro il governo e la gestione delle risorse. Ci sono leindagini e le condanne per corruzione, concussio-ne, abusivismo edilizio: la miseria amorale di chiusa la vita umana e il territorio per fare affari. Ci so-no i funzionari ministeriali, gli addetti alla sicurez-za e al controllo, gli operatori umanitari, l ’Unchr,le ong, i medici e gli operatori sanitari. I documen-ti, la burocrazia, gli interpreti, gli aerei che partonoe smistano i sopravvissuti da altre parti.

Da un po’ di tempo di Lampedusa non si sentepiù parlare: le emergenze degli sbarchi non ci so-no più. Miracolosamente rigettati e respinti dal-l’altra parte del mare, o nei suoi fondali. Lampe-dusa continua a essere la cicatrice d’Europa, scon-fitta e dimenticata. Sanfilippo e Scialoja ci ricor-dano che il silenzio di oggi è un rumore semplice-mente rimandato o rimosso. Un fragore che si in-frange nelle onde di un mare diventato galera.

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