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    linafferrabileANTOLOGIA DI RACCONTI

    a cura di

    GIUSEPPE CARRIERI

    e MICHELE MARCON

    Postfazione di

    PAOLO GIOVANNETTI

    Milano

    2007

    GIOVANI SCRITTORI IULM

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    Per la presente edizione 2007 Arcipelago edizioni

    Via Carlo DAdda 2120143 Milano

    [email protected]

    Prima edizione dicembre 2007

    ISBN 978-88-7695-370-5

    Ristampe:7 6 5 4 3 2 1 02011 2010 2009 2008 2007

    vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa lafotocopia, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata.

    Questo libro pubblicato con il contributo dell I.S.U. IULM

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    Linafferrabile

    GLENDAMANZILa musa ispiratrice. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7

    MICHELE MARCONMidriasi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

    HULDAFEDERICAORRLa chiave di vetro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47

    DANILO POTENZAD.M.P. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69

    PAOLATONETTILinafferrabile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85

    DIMITRI SQUACCIO28-12-1956 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99

    MARCELLOUBERTONELa morte di Martino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 109

    GIUSEPPE CARRIERILarrivo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121

    Postfazione di PAOLO GIOVANNETTI . . . . . . . . . . 133

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    Michele Marcon

    Midriasi

    Oggi Carlo Picks morto, 12 febbraio 2004.Mi sembra doveroso scrivere qualcosa per ricordare,io che gli sono stato cos vicino, una persona che in vitaha fatto, dato, ed stato cos tanto per noi tutti. Ma oranon deve essere la sua vita ad importarci, non tutta per-lomeno. E a parte la vuota retorica, ci basti ricordare che nato il 27 febbraio 1965, si sposato il 15 maggio del

    novantadue. Di l in poi ha avuto una vita tranquilla,questo s, ma a ben vedere ora come ora la sua oramaiex-moglie non sembra essere molto affranta. Certo, perquel poco che la conosco, lei non mai stata tipa dadimostrare troppo i suoi sentimenti, per questo pensoche la scomparsa del marito le debba pesare, in un modoo nellaltro. Ma tutto questo non ci interessa. Quel che

    conta che oggi lui morto. Niente di pi. Per questodobbiamo ricordarlo. E io voglio ricordarlo.

    Carlo Picks non aveva mai avuto problemi di vista. Isuoi occhi erano macchine perfette come un telescopiospaziale puntato verso linfinito. Scorgeva altre galas-sie, mondi sconosciuti, la polvere di stelle e, scusate se

    mi lascio prendere la mano, luniverso intero. Facevalorologiaio, e la precisione del suo sguardo coincidevacon laccuratezza dei suoi meccanismi. Ingranaggi per-fetti: i clienti pi affezionati vi potrebbero dire che isuoi orologi tengono il secondo per leternit. Per que-

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    sta affermazione non metterei la mano sul fuoco, ma viposso assicurare che la sua vista non aveva eguali e il

    suo sguardo da lince si spingeva verso profondit chenoialtri non riuscivamo nemmeno a lambire. Si potreb-be dire che squarciava le nubi e la foschia del mattino,perch certe volte, durante le nostre camminate su per icolli asolani e la bassa prealpina, riusciva ad indicarcicon precisione tutti i campanili che svettavano sullin-tasata pianura veneta. Li toccava quasi con mano e noi

    seguivamo il suo indice con lo sguardo senza riusciread afferrare un briciolo della cristianit posticcia che sialzava a solleticare lascella sudata del cielo. Scusate,non sono mai stato un gran credente. Mi sa che far unafatica della madonna ad entrare in chiesa per il funera-le. Ma non il caso di parlare troppo di me.

    Carlo invece era un fedele devoto e praticante, anda-va a messa ogni domenica. E da quanto mi diceva lamoglie, pregava anche prima di coricarsi. Da non cre-derci. Oggigiorno una cosa del genere ha davvero del-lincredibile. Certo, forse per lui non era poi cos strano; probabile che il suo sguardo si fosse spinto fino lass,e che fosse riuscito a vedere perfino il Signore, percinon gli restava che crederci, senza essere attanagliato daquel dubbio che ogni agnostico scristianizzato si portadietro, volente o nolente, chi pi e chi meno.

    E mi suona veramente strano pensare che tutto siacominciato con una visita oculistica. Carlo Picks ciaveva sempre visto benissimo. Ma da un po di tempo aquesta parte sembrava strano, come se qualcosa nonandasse. Diceva che gli ingranaggi dei suoi orologi nonerano pi perfetti come un tempo. Alcuni aggiungevanoqualche frazione di millesimo di secondo ad ogni tic-chettio della lancetta, altri ne toglievano. Un paio diorologi si erano addirittura inceppati.

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    Che io sappia, non aveva mai tradito la moglie, e leinon aveva mai tradito lui. Vivevano una vita beata e

    tranquilla in una casetta con giardino e avevano un caneche si chiama Bruno. Strano nome, per un cane. Ma hosentito dire da bocche esperte che sarebbe meglio infi-lare una u o una o nel nome del tuo animaletto, chenel pronunciare queste vocali si producono delle ondesonore che il cane assimila pi facilmente. Cos midicono, e Bruno non pu cadere in fallo. Non che que-

    sto ci interessi particolarmente, ma in questo momentomi viene cos, e non conosco una maniera diversa perdirlo. E s che con le parole non me la cavo poi cosmale.

    Lui rientrava a casa ogni sera dopo lavoro, verso lesette, e trovava la cena pronta ad aspettarlo. Credo dinon averli mai visti litigare. E questo non significa affat-to che fossero una coppia noiosa. Carlo era uno che sisapeva divertire. Con noi si divertiva. Ci eravamo diver-titi tanto. Poi erano arrivati i divertimenti sani ed equili-

    brati, normali si potrebbe dire. Erano le passeggiate inmontagna, le sfide a briscola o a poker, le partite di pal-lone in tv, e qualche grigliata per soli uomini, una voltaogni tanto; niente di os e un po di vino che non fa maimale. Ma Carlo aveva smesso di bere.

    Noi amici gli abbiamo detto di non preoccuparsi, chepu capitare di sbagliare ogni tanto. Che magari era solostanco. Che aveva bisogno di una breve pausa, di unavacanza. Glielo dissi io personalmente, che non mi tiromai indietro quando c da aiutare un amico e con le

    parole non me la cavo male. Lo sanno un po tutti daqueste parti che con le parole ci so fare, ma non vogliocadere in un autocompiacimento troppo evidente che

    poi, come si sa, chi si loda simbroda. Molti sostengonoche parlo troppo e a vanvera, ma la gente, come si sa,non capisce un granch. Per questo mi hanno chiesto, omeglio scelto, per il discorso commemorativo. Non so,

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    ho il solito problemino con le chiese. Mi vengono isudori freddi ogni volta che entro, e ormai si tratta di

    anni dallultima volta, ma ho i miei buoni motivi.Svengo, e non unesagerazione. Quando entro in chie-sa svengo. Le ultime volte sono sempre svenuto: a

    Natale, a Pasqua, alla mia prima Comunione. E inoltreodio i tributipost mortem. Comunque io gli ho parlato,a Carlo. Gli ho detto quello che cera da dirgli prima chesuccedesse tutto il resto, ho usato le parole pi convin-

    centi che potessi trovare, ma siamo ricaduti sempre nellastessa trappola, nello stesso inganno. tutta una que-stione di tempo. E lui stava fisso a guardare gli ingra-naggi e chiss cosa gli passava per la testa. Diceva chenon cera tempo e che la sua vita cos comera era lamiglior vacanza che potesse prendersi.

    Osservava gli ingranaggi con la lente dingrandimen-to cercando di capire cosa potesse provocare quel disor-dine. A quanto ne so non aveva mai usato una lente din-grandimento. Ma tutto combaciava. I dentelli si incastra-vano perfettamente uno nellaltro. Le ruote giravano.

    Non cerano attriti indesiderati.

    In fin dei conti un orologio non un sistema compli-cato. Si tratta delle coordinate di questo mondo: spazioe tempo, materia ed energia. Tutto qui: il gruppo bilan-ciere-spirale e una molla inserita nel bariletto. Undispositivo che si muove ritmicamente e un altro che

    fornisce lenergia necessaria per mantenere vivo que-sto moto. Un semplice accostamento delle dita, i polpa-strelli che premono sul metallo che rimane freddo anco-ra per poco, e girando la corona di carica si agisce sul-lalbero che attraverso il pignone scorrevole e il ruoti-no dangolo attiva la ruota intermedia di carica che a

    sua volta, innestandosi sul rocchetto del bariletto, cari-ca la molla. Una volta che la molla al giusto punto ditensione, lenergia impressa inizia il suo percorso pre-

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    destinato che porter a far lavorare il bilanciere inmodo che possa restituirci un moto uniforme e costan-

    te. Quello che cerchiamo.Ricordo ancora la prima volta che ho aperto lacassa dottone di un vecchio orologio da taschino. Lho

    smontato. Ho fissato lestremit della spirale al ponte,in modo che il bilanciere si potesse muovere liberamen-te e poi ho dato una piccola spinta al suo volantino:

    sono rimasto per ore a ripetere quel gioco, osservando

    il movimento periodico della spirale che si espandeva esi contraeva e del bilanciere che scivolava avanti eindietro con ampiezze sempre minori, fino a fermarsidel tutto.

    Se non ci fossero attriti avremmo risolto ogni nostroproblema, perch il bilanciere continuerebbe a marcia-re allinfinito. Non ci dovrebbero essere attriti in questavita. Tutto dovrebbe filare via liscio. Ma nella realt

    sappiamo bene tutti come va a finire. per questo moti-vo che bisogna stare sempre attenti e prendere tutte le

    precauzioni possibili. Bisogna vedere tutto, perch tuttopotrebbe essere un pericolo. Non sai mai cosa ti pucadere in testa. Una mela mi pu cadere in testa, cos la

    forza di gravit la farebbe da padrona. Ma se tengodocchio ogni cosa avr il controllo assoluto. Se vedotutto non posso perdere il controllo. Una mela che cade un dato. Nientaltro. Ma se io prendo il controllo diquesto dato, allora sono al sicuro. Niente turbamenti,niente attriti. Il mondo non sprigioner pi la sua forza

    su di me, ma io imbriglier la materia per farne la miaenergia. Questa la mia vita: lo slancio di questa vitaconsiste in unesistenza di creazione. Un orologio. Ioleggo il dato, io ne trovo il senso. Perci bisogna preoc-cuparsi di salvaguardare la fonte di tutta lenergia cheil bilanciere ed il treno degli ingranaggi si incaricano ditrasformare in un dato leggibile: la molla.

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    La molla una striscia di acciaio che viene avvoltasu s stessa ed inserita in un contenitore metallico.

    Questo contenitore il bariletto. La funzione del barilet-to molteplice. Per prima cosa la molla viene inseritanel bariletto perch pi riparata dagli agenti atmosfe-rici: la polvere che si potrebbe depositare tra le sue

    spire contribuirebbe ad aumentare di molto gli attriti edi conseguenza lenergia rilasciata sarebbe minore emeno costante. Inoltre il lubrificante si mantiene pi a

    lungo. Nellipotesi estrema, in caso di rottura dellamolla, rottura che spesso avviene nella fase di massimacarica della stessa, le ruote e gli ingranaggi del movi-mento sono al riparo della molla impazzita. Ma non si

    pu restarne immuni. Bisogna dire che lenergia rila-sciata durante la rottura si scarica comunque sul bari-letto e sulla prima ruota a contatto con esso, causando-ne larresto. Grazie a Dio i danni in questo caso sonolimitati ai denti del bariletto e della prima ruota.

    Possiamo ancora salvarci.

    Ma sarebbe bastato un granello di sabbia a bloccare ilmovimento. Il tempo del resto fatto di granelli di sab-

    bia. E le convinzioni di Carlo Picks stavano crollandoproprio come un castello di sabbia. Forse me ne sareidovuto accorgere prima, avrei potuto fare qualcosa in

    pi per aiutarlo. Ma si sa come va con certe persone; noncera niente di fuori posto nella sua vita, era compatta,solida ed equilibrata. Scorreva come una lunga autostra-da diritta e liscia, senza curve brusche, senza scossoni ndossi improvvisi. Il suo rigore gli permetteva di tenere a

    bada gli eventi. Io lo sapevo che non la puoi tenere ingabbia la vita, che la devi lasciare libera come un anima-le e seguirne gli istinti. Non dico che siamo delle mario-nette nelle mani di, ma ma con Carlo era diverso.Sembrava che avesse trovato la giusta norma e noi, beh,

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    noi non ci saremmo mai permessi di rovinare la suanuova pace. Con quello che gli era successo.

    Carlo non era cos prima. Certo, aveva sempre avutoquella vista straordinaria che tutti gli invidiavamo. Cerada non crederci. Vedeva le trote nascondersi sul letto delfiume, e quando andavamo a funghi sul Grappa noncera una volta che non riempisse il cesto almeno duevolte il mio. Ma non cera da preoccuparsi perch allafine univamo tutto il raccolto per prepararci di quei

    risottini che non vi dico. A quei tempi lui stava con Sarae si amavano tantissimo. Sara era una cuoca fantastica:il risotto coi funghi o con i fegatini, ma anche gli arrosticon le patate al forno, le trote appena pescate, la trippa eil bollito col cren, gli gnocchi fatti in casa, la pasta efagioli, le lasagne col rag di carne e una vagonata di

    besciamella, le crostate di more o il tiramis, tutto que-sto era opera sua, e per tutto questo e per molto altroancora Sara era veramente fantastica. Con lei ognidomenica era una festa e insieme erano perfetti. Vi giuroche non avevo mai visto due persone amarsi come siamavano loro. Lui non la smetteva mai di guardarla. Isuoi occhi erano sempre puntati su di lei, e credo proprioche conoscesse ogni minimo particolare del suo corpo,ogni singola particelle segreta, a forza di tenerle addos-so quel suo sguardo infallibile. Quando sedevamo tutti atavola ero sempre affascinato da come lui le prendeva lemani e le accarezzava delicatamente le dita, baciandoleuna dopo laltra, e parlando dolcemente a ciascuna comese fosse una persona. Si erano fidanzati ai tempi dellesuperiori e da allora non si erano mai separati. Poi eranoandati a vivere insieme, dopo che Carlo aveva iniziato lasua attivit, e le cose sembravano mettersi subito per ilverso giusto, ch con quegli occhi costruiva degli orolo-gi come non se nera visti mai, perfetti, e a quanto ne soavevano deciso che si sarebbero sposati molto presto.

    Ma poi andata come andata.

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    Sara morta. stato un incidente stradale. In mac-china cera anche lui, ma guidava Sara. Stavano rien-

    trando da una delle nostre solite serate tra amici e Carloaveva bevuto un po troppo. Cos guidava Sara e luistava seduto di fianco e la guardava. Le accarezzava icapelli, la ammirava ardentemente, le baciava il collo, lesfiorava le cosce sode con un dito solo per il gusto divederla eccitare, e lei sicuramente gli diceva dai Carlostai un po calmo adesso ah ah ah, ma cosa fai? Ti prego,

    ah aspetta almeno che arriviamo a casa, e poi due fanaliimbizzarriti che sbucano dalla corsia contraria, le luci simuovono veloci, e Carlo che non fa in tempo a vederliarrivare, quegli occhi assassini, lasfalto che trattiene la

    pioggia, e la macchina che sbanda, lurlo lacerato di leie il tonfo. Saraaaaa saraaaa saraaa sara sara sara sarasara sara sara sar a sa ra sa

    Si svegliato in ospedale qualche giorno dopo. Unlungo, lungo sonno, e non ci ha mai rivelato niente diquel sonno. Non so nemmeno se ci sia qualcosa da rive-lare in casi del genere. Ma era incolume, non si era fatto

    praticamente niente. E poi gli hanno riferito che Sara eramorta, che non cera stato niente da fare, e che secondolautopsia era incinta. Sara aspettava un bambino, loaspettava da quasi due mesi. In quel momento qualcosa cambiato. Io cero, ho visto i suoi occhi. Non una lacri-ma, non un grido di disperazione. I suoi occhi sono cam-

    biati e non cera versoUn figlio, come mai non gli aveva detto niente? E lui

    come aveva fatto a non accorgersene? Non aveva vistoarrivare la macchina con gli occhi da pazzo, non avevavisto la pancia di Sara riempirsi di suo figlio. Era tuttacolpa sua. Era stato disattento e aveva perduto il control-lo. Carlo si era addossato ogni colpa, perch non era riu-scito a vedere quello che le avrebbe salvato la vita. E perdi pi non riuscito a vedere nemmeno quello che glie-lha tolta.

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    Cristo santo, io ci avevo anche provato a parlargli, atirarlo su di morale, per quanto possibile. Ma Carlo non

    parlava pi come prima, era rimasta solo uneco dellasua voce. A ripensarci ora, forse con le parole non me lacavo cos bene come pensano gli altri. Neppure io eroriuscito. Da quel momento Carlo si messo a fissare ilcielo e credo che labbia fissato cos intensamente chealla fine deve aver incrociato lo sguardo che meritava lasua vendetta, o chiss cosaltro. E con questo non voglio

    dire che Carlo abbia dimenticato Sara, ma non ne fecepi parola.Si sposato, alla fine. Con unaltra donna, una taci-

    turna e bacchettona, una specie di timorata di Dio.Questa qui non cucinava come Sara, lei era unaltracosa. Sara rideva, scherzava, cavolo!, stavamo cos benetutti quanti insieme, e poi, questo ve lo devo dire, insom-ma, mi sa che quei due avevano una vita sessuale dainvidiare. Credo proprio che scopassero come dei ricci,ed era bello quando Carlo veniva a raccontarci i partico-lari piccanti e tutti noi restavamo allibiti, cera da noncrederci, ma davvero si possono fare cose del genere?Ma Carlo aveva smesso di raccontarci quel genere dicose, e non voglio pensare che non abbia pi niente daraccontarci, ma ho come il timore che non labbia mainemmeno sfiorata con un dito, sua moglie. E non sem-

    brava che questo fosse un problema per lei.Tutto filava via liscio. Lui usciva ogni mattina alle

    7.00 tenendo in mano un bauletto con il pranzo prepara-togli dalla mogliettina e rientrava ogni sera alle 19.00.

    Non si sgarrava. Passava tutto il giorno nel suo labora-torio. Per quel che ne so sarebbe potuto succedere ditutto l dentro, ma gli affari andavano a gonfie vele econtinuava a costruire orologi che secondo la genteavrebbero potuto tenere il secondo per leternit.

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    Quello che ci interessa per vedere che le oscilla-zioni saranno sempre della medesima durata, pur dimi-

    nuendo di ampiezza: questo perch diminuisce ladistanza percorsa, ma proporzionalmente diminuisceanche la velocit. Questo un fenomeno. Cos come un fenomeno una mela che cade, o il sole che sorge. Il

    fenomeno immutabile, sottoposto alle leggi delluni-verso. C una causalit nel fenomeno. Ma io possocontrollarlo. Lo slancio di vita non pu creare in modo

    assoluto perch incontra davanti a s la materia, che in movimento opposto al proprio. Ma posso sconfiggerela forza di gravit se afferro la mela che cade. Si creacos un nuovo dato. Non ci dovrebbero essere attriti ncostrizioni. Ma bisogna tenere docchio tutti i dati delmondo. Controllare lo spazio e il tempo, lenergia e lamateria. La forza di gravit mi pesa addosso e il bilan-ciere non continuer il suo moto alternativo in eterno.

    Noi dobbiamo fare in modo che questo movimento resticostante nel tempo, e non si esaurisca dopo poche oscil-lazioni: per fare questo dobbiamo rinnovare periodica-mente la spinta che abbiamo dato allinizio. Questaoscillazione ci essenziale. unimpressione sullo spa-

    zio e nel tempo.Quindi dobbiamo dare dei piccoli impulsi al bilan-

    ciere attraverso lncora, che a sua volta riceve forzadalla ruota di scappamento. Lncora agisce sul bilan-ciere attraverso la ruota di scappamento, trasformandoil moto rotatorio della ruota stessa in moto alternativodel bilanciere. Ora dobbiamo fare in modo che questealternanze si possano contare e riportare in manieraleggibile. Iniziamo ad imbrigliare il dato. Questo grazieal treno di ruote che dalla molla trasmette il moto albilanciere. La trasmissione ed il conseguente spostarsidelle lancette avvengono per mezzo del pignone calzan-te che innestato sul perno della ruota centro. Il pigno-ne calzante muove la ruota della minuteria che a sua

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    volta trascina con s la ruota delle ore. Il controllo tota-le dipende quindi dalle ruote. Le ruote dentate, general-

    mente in ottone, sono fissate ad un pignone dacciaio.Ogni ruota ingrana col pignone della ruota successiva,fino ad arrivare alla ruota di scappamento che lavoracon lncora. Ora calcoliamo il rapporto nel numerodei denti di queste ruote, in modo che per ogni giro com-

    pleto del pignone calzante, al quale viene fissata la lan-cetta dei minuti, la ruota delle ore, e di conseguenza la

    lancetta delle ore, compia un dodicesimo di giro.Dobbiamo fare in modo che al totale delle alternanzeorarie del bilanciere corrisponda un giro completo dellaruota centro e di conseguenza della lancetta dei minuti.

    Ecco, questo un orologio. E ci permette di leggere iltempo. Mi permette di controllare il dato. Mi impadroni-

    sco della materia, che pura necessit, e vi introduco lamaggior somma possibile di indeterminazione e libert.

    Non si pu tornare indietro nel tempo, ma io posso.Posso arrestarlo, portarlo avanti o tornare indietro.Posso nascondermi dal tempo e lui non pu vedermi. Ioinvece ce lho sempre sottocchio. Lo vedo. Lorologio lo strumento. Qualunque cosa pu essere uno strumento,la gente non ci fa caso. Cose che non notereste neppure.

    Passano di mano in mano. E la gente non ci fa caso. Epoi un giorno si fanno i conti. Il problema che si sepa-ra il dato dal suo manifestarsi. Come se le parti di uncerto momento della storia fossero intercambiabili conquelle di un altro momento. Come potrebbe essere? Unamela caduta non pu tornare sullalbero. la forza di

    gravit. Beh, io posso. Ho afferrato la mela che cade ene ho fatto uno strumento. Me la sono mangiata. Come

    potrebbe essere? solo un orologio. S. vero. Siamosicuri?

    Questo un orologio.

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    Erano quasi sempre pasti freddi, sandwich e frutta,avvolti nella carta stagnola, una bottiglietta dacqua, ma

    a volte lei gli preparava dei pranzi quasi completi chedisponeva con cura nelle vaschette Tupperware colcoperchio blu; cerano la caprese e linsalata di riso conun po di maionese, una volta alla settimana il vitellotonnato. Cerano le posate di plastica, cinque tovagliolidi carta, un sacchetto trasparente Cuki gelo per riporrelimmondizia, due stuzzicadenti e una gomma di quelle

    che ti lavano i denti. Carlo mangiava sul piano di lavo-ro, spostando delicatamente i suoi strumenti. Non pote-va permettersi di rovinare i suoi orologi, nessuna bricio-la doveva finire tra gli ingranaggi, nessun granello di

    polvere. Stendeva uno dei cinque tovaglioli e vi ripone-va il pranzo. Un altro lo apriva sulle ginocchia. Puntavala luce gialla della lampada direttamente sul cibo. Le

    pareti e ogni mensola e ripiano del laboratorio eranocolmi di orologi, alcuni terminati, altri rotti, altri ancorasventrati e nudi. Nellaria rimbombava il ticchettiodiscordante e angoscioso. Carlo lo sentiva in mododiverso. Mangiava lentamente, masticando ogni bocco-ne al ritmo dei suoi orologi, fino a che non si sentiva

    pronto per deglutirlo. Contava mentalmente ogni contra-zione dei muscoli masseteri. Si puliva la bocca col terzotovagliolo. Una volta finito, usava con cura gli stuzzica-denti, uno per larcata superiore e laltro per quella infe-riore, non tralasciando nessun interstizio. Quindi sisciacquava la bocca con lultimo sorso dacqua rimastoe deglutiva. Prendeva il sacchetto e lo appoggiava al

    bordo del tavolo facendogli cadere dentro eventuali bri-ciole o altri rimasugli di cibo che spazzava col quartotovagliolo. Tutto finiva nel sacchetto. Per finire mastica-va la gomma strofinandola sulle pareti dentali con la

    punta della lingua, la sputava nel quinto tovagliolo e get-tava anche quello nel sacchetto. Riponeva il sacchettonel bauletto, lo chiudeva e lo posava a terra.

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    Il resto del tempo lavorava. Mattina e pomeriggio,poi chiudeva e rientrava a casa ogni sera alle sette.

    Trovava la tavola sempre apparecchiata e sua moglieche lo aspettava in cucina con un canovaccio tra le mani.Si salutavano sempre con un bacio sulla guancia. Lei loinvitava a sedersi e lo serviva. Poi mangiavano sedutiuno di fronte allaltro. Cera un grande orologio a pen-dolo alle spalle di Carlo che rintoccava ogni quartodora. Al passaggio dellora scampanellava un motivet-

    to allegro. Mangiavano in silenzio. Cerano poche paro-le, veramente poche parole. Terminata la cena Carlo sisedeva sulla poltrona in salotto a leggere il giornale e lamoglie tornava in cucina a lavare i piatti e a riassettarela tovaglia. Poi lui saliva in camera da letto, indossava il

    pigiama, si lavava i denti e si inginocchiava di frontealla finestra congiungendo le mani. Fissava il cielo oltrela luna e pregava. Pregava sempre. Fissava sempre ilcielo. Poco dopo sua moglie lo raggiungeva, si sistema-va e si stendeva a letto. Lui si stendeva al suo fianco, sullato sinistro del letto guardando supino il soffitto, e ledava la buonanotte sempre con un bacio sulla guancia.Era sempre lei a spegnere la luce. Carlo teneva gli occhiaperti ancora qualche minuto, fissando il soffitto nel

    buio. Per certe cose sempre non ancora abbastanza.Il paradiso si doveva vergognare per quello che gli

    aveva fatto.

    Questa la mia vita. Scandire il tempo. Scandisco iltempo attraverso il giorno. Avete mai visto la linea diluce che entra dalla mia finestra? No certo, solo io lavedo questa luce. Grazie ai miei occhi sono riuscito acostruire lo strumento. Esploro lo spazio e marco iltempo.

    Le persone si preoccupano, costantemente. Ma di checosa si devono preoccupare oggi? Sembrano avere tuttele ragioni buone per preoccuparsi, ma invece non ne

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    hanno una di dannatissima ragione per preoccuparsi.Se non hanno loculatezza di tenere sotto controllo tutto

    quanto che senso ha preoccuparsi. Sono degli sprovve-duti e non dovrebbero preoccuparsi cos tanto. Eccoli l,tutti occupati con la loro vita. La mia vita non mi abbastanza. Io conosco un segreto che nessuno di loro

    sa, e li vedo passare. Non se ne rendono conto. C chifa difficili le cose semplici e chi cerca di banalizzare ifatti importanti. Vi assicuro che non cos facile. Questo

    non basta.Marco il tempo, come ho sempre fatto, ma lo trovoancora abbastanza difficile da dire, a parole. Non so se

    potr nascondermi ancora a lungo. Non so dove andra finire. Ma ci arriver, questo poco ma sicuro. Perquanto lontano possa essere. E per farlo devo spingere

    pi in l lo sguardo.

    Il paradiso si dovrebbe vergognare per quello che gliha fatto.

    Portargliela via cos, non un gesto da divinit buonae misericordiosa. Non proprio un bel gesto. un gestovigliacco, come quelli che tirano il sasso e ritraggono lamano. E noi non lo vediamo arrivare il sasso, e nonvediamo neppure la mano. Chi non ha peccato scaglila prima pietra si dice cos no?, e intanto i macigni ci

    piovono addosso sempre dallalto, tanto loro lass,chiunque essi siano, uni o trini o quanti cazzo sono, ilsenso di colpa addosso non se lo sono mai sentito, e noisiamo perennemente fregati. Gi. Glielha portata via econ lei si preso anche il nostro amico che non pi tor-nato quello di prima. Quasi quasi mi verrebbe da

    bestemmiare, cazzo, ma mi tengo, altrimenti tiro giDio, la Madonna e tutti i Santi, e poi vediamo come sela cavano a quattrocchi. E scusate se mi sono lasciatoandare.

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    Ma che vi devo dire, dopo un po ci si abitua a tutto,anche alle fregature, e noi ci eravamo abituati alla nuova

    vita di Carlo. Un po di cose erano cambiate, e gli stava-mo vicino. Era un lutto collettivo e lo dovevamo supe-rare insieme. E poi in fin dei conti era sempre Carlo, ecera da credere che con quegli occhi vedesse addirittu-ra attraverso le carte Cristo santo! perch quando sigiocava a briscola o a poker se ne tornava sempre a casacol montepremi completo. Certo, si trattava di puntate

    minime, roba come cinque euro a testa, ma dai con unae dai con due e poi dai con tutte le altre, mi sa che deveaver tirato su un bel gruzzoletto!

    Per da un po di tempo, come vi dicevo, mi sembra-va strano. Strano per la sua nuova vita. Era svagato,quasi distratto e questo, come avrete capito, non eraaffatto da lui. Alcuni dei suoi ultimi orologi presentava-no qualche imperfezione e lui diceva che la vista comin-ciava a perdere i colpi. Impossibile, gli rispondevo, e poinon sar mica sto dramma? Anche se perdi qualchedecimo hai sempre la vista di unaquila. Ma era profon-damente abbattuto. E la moglie stessa mi aveva chiestodi tenerlo docchio. Si era rivolta a me che, nonostantetutto quello che successo, gli sono sempre rimastolamico pi vicino.

    Che io sappia, Carlo non ha mai tradito la moglie, malei era preoccupata. Aveva notato che nellultimo perio-do si comportava in maniera strana. E di questo aveva

    paura. Aveva cominciato a tardare la sera, non arrivavapi alle sette spaccate, e lei non sapeva come comportar-si perch lui non le diceva niente. La sera continuava a

    pregare, lo vedeva sempre l affacciato alla finestra,anche pi del solito, ma lultima domenica non volutoandare a messa. Non era mai successo. Ma caro, nonvieni a messa? No, vai tu, cara, le aveva risposto, e nonaveva aggiunto nientaltro.

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    Nellultimo periodo parlava poco come al solito, malunico argomento erano i suoi occhi, i suoi occhi e altre

    frasi sconnesse che farfugliava di tanto in tanto. Se seicos preoccupato perch non vai a farti visitare da unoculista? Glielho consigliato personalmente, perlome-no si sarebbe tolto il pensiero, anche se una bella vacan-za mi sembrava ancora la soluzione migliore.Inizialmente non voleva saperne, e si lamentava in con-tinuazione. Ma il giorno che mi ha chiesto il numero

    sembrava estremamente risoluto. Era pi o meno unasettimana fa. Ha fissato lappuntamento, e da allora nonlho pi rivisto.

    Devo voltare le spalle ai veli neri, ai fantasmi, aimorti, prima di finire risucchiato. Forse sto solo invec-chiando. che non riesco pi a vederti. Dove sei finito?

    Apro la cassa dellorologio. Lo devo fare con moltacura, altrimenti rischio di rovinare le guarnizioni o ifondelli. Molti orologi si rompono e devo essere io adaggiustarli. Lo osservo con cura e comincio con la puli-

    zia del meccanismo, perch non ci devono essere attriti,niente di niente che impedisca il movimento delle ruote.

    Poi, se ce n bisogno, posso sostituire qualche pezzo e

    procedere con la lubrificazione. Devo controllare tutto:la frequenza e lisocronismo del movimento, langolo dilevata. Sta tutto l dentro, sul palmo della mia mano, ed lunica cosa che mi tiene in piedi. strano. Avere unacos chiara percezione del proprio destino, mentre sto le osservo i miei orologi. strano pensare che ad ogniticchettio, ad ogni lieve movimento del bilanciere corri-

    sponda un secondo della propria vita, un battito del pro-prio cuore e il flusso di sangue nelle vene e il respirocaldo vicino allorecchio e lo schianto e il respiro fred-do su quel lettino e lo strappo e ogni secondo in pi un

    secondo in meno e il battito dali di una rondine e il

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    vento che passa tra le fronde e lacqua limpida delruscello e il guizzo della trota e il rintocco della campa-

    na e un Amen detto tra le labbra, tutto in un secondo,tutta la vita, l, nella mia mano e sotto ai miei occhi.Il disegno della tua vita vederlo nel suo insieme ti

    procura una sorta di pace. Come muoversi in un labirin-to che osservi dallalto. Come osservare gli ingranaggidi un orologio che scandisce il tuo tempo. Il mio disegnome lero fatto da me, ma ora non ci vedo pi cos bene.

    E non tengo pi il tempo. Ma sto venendo a prenderti,finch sono ancora in tempo. Pazienta ancora un atti-mo, dammi il tempo. Solo il tempo.

    Ti giuro che sto arrivando.Tieni gli occhi aperti.

    Ieri Carlo Picks morto.Per questo dobbiamo ricordarlo.Lho visto per lultima volta circa una settimana fa.

    Sono andato a trovare la moglie per farle le mie condo-glianze. Speravo che qualcuno venisse anche da me, afarmi le condoglianze, ma non venuto nessuno. In findei conti ho perso anchio qualcosa di importante. Ho

    perso un amico e tutti i momenti ma ora non il casodi mettere alla berlina il mio dolore, gi mi sono lascia-to prendere troppo la mano. E non so chi potrebbe capi-re.

    Sono andato a trovare la moglie e le ho parlato.Sapevamo entrambi che negli ultimi tempi Carlo erastrano. Ma lei mi ha detto che in questa settimana eratornato a comportarsi abitualmente. Usciva di casa poco

    prima delle sette e tornava a casa alle sette spaccate.Tutto sembrava esser tornato a filare liscio. Ma ieri luinon si svegliato.

    Svegliati caro, che farai tardi a lavoro, gli disse lei. Non preoccuparti. Oggi non vado a lavorare. Non

    sar certo un problema se tengo chiuso un giorno.

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    Stasera ho preso appuntamento dalloculista. Nonvoglio stancare gli occhi prima della visita, rispose.

    Cos ha dormito pi a lungo del solito, fino alle diecidel mattino, non si era mai svegliato cos tardi, mi hadetto la moglie. La colazione ormai era saltata, ma amezzogiorno hanno pranzato insieme. Non era mai suc-cesso durante la settimana. E lei mi ha confessato chequesta cosa in fondo le faceva piacere, perci si impe-gnata come non mai per preparare un pranzo coi fiocchi.

    Gi, non aveva mai cucinato niente del genere. Nonimmaginavo neppure che fosse in grado di farlo. Maperch non laveva mai fatto prima?

    Carlo era visibilmente soddisfatto. Lei non lavevamai visto mangiare cos di gusto.

    Ti piace il pasticcio caro?Lui si limitato a fare un cenno col capo tanto era

    assorbito dal cibo.Quindi lei gli chiese a che ora aveva lappuntamento.

    Alle sei e mezza. Ma come alle sei e mezza? Cos non arriverai a casa

    in tempo per la cena. Non ti preoccupare. Non ce n motivo. Il dottore

    mi ha detto che sar una visita breve. E se c gente prima di te e ti tocca aspettare? Non credo ci sar questo problema. Altrimenti che

    cosa prendono gli appuntamenti a fare? Il dottore saprgestire il suo tempo, o no?

    S, sar come dici tu. Al massimo facciamo cos: di sicuro non arriver a

    tempo per le sette. Per una sera aspetta che rientri primadi metterti a cucinare. Dai, che magari ti do anche unamano a preparare, ok?

    Prima di partire lha salutata con un bacio sulla fron-te. Ha accarezzato Bruno sussurrandogli qualcosaallorecchio peloso, ha preso le chiavi della macchina ed uscito di casa.

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    Ieri sera lei non ha cenato.

    In un modo o nellaltro il controllo sar sempre nellemie mani. Anche questo un dato. Una pazzia. Un saltonel buio. Ma siamo sicuri che sia cos buio? Ho apertobene gli occhi e so esattamente quando morir. Ma non

    so dove andr a finire.

    Buonasera dottore.

    Salve signor Picks. Strano cognome. Da dovearriva? una lunga storia. E non credo di avere tempo per

    raccontargliela. Ah, come vuole lei. Allora signor Picks, qual il

    problema? Beh, credevo di essere venuto qui apposta perch

    me lo dicesse lei. Mi sembra di vederci meno ogni gior-no che passa.

    Non si deve preoccupare pi del dovuto, una cosache capita con lavanzare del tempo. Si diventa tutti vec-chi prima o poi, eh? Ah ah

    Senta dottore, io faccio lorologiaio, e la vista perme

    Ah, cos lei un orologiaio? Sa, credo che i nostrilavori siano molto simili. Un occhio e un orologio sonodue meccanismi molto simili, non trova?

    Gi. E come le dicevo la vista per me importan-tissima. vitale.

    Capisco ma stia pi tranquillo. Ecco, si sieda qui.Bene. Appoggi il mento e gradi fisso la fonte luminosa.Bene.

    Mmh ha mai avuto dolori al bulbo oculare negliultimi giorni? O fotosensibilit, cio particolare sensibi-lit alla luce? Lacrimazione?

    Va bene. Senta, ora devo proseguire pi a fondo percontrollare meglio la retina. Non si preoccupi.

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    Le dovr mettere qualche goccia di atropina. Sitratta di un farmaco midriatico, che provoca cio la dila-

    tazione della pupilla. In questo modo potr controllarecon pi precisione il fondo oculare. Va bene? Leffetto del farmaco durer qualche ora. La pupil-

    la sar dilatata perci vedr tutto sfocato. Lei qui inmacchina signor Picks? C qualcuno che la pu accom-

    pagnare a casa? Non si preoccupi dottore. C mia moglie fuori che

    mi aspetta. Guida lei. Bene. Allora procediamo, non credo ci saranno pro-blemi.

    Sono andato a parlare anche con loculista. Mi hadetto che la visita andata molto bene. Non aveva maivisto due occhi del genere. Si direbbe che con quegliocchi avrebbe potuto vedere attraverso le cose, mi hadetto. Di sicuro non aveva perso diottrie. Aveva solo unalieve infiammazione retinica. Gli aveva prescritto uncollirio. Poi Carlo se n andato. Gli aveva detto chefuori cera sua moglie ad aspettarlo per guidare la mac-china.

    Se solo avessi saputoSe solo avessi sospettato

    Lo sapevo che la mia vista si sarebbe potuta spinge-re anche oltre, e ora sto venendo a prenderti. Ora che imiei occhi sono bene aperti. Ora che non c pi iltempo. Un occhio e un orologio sono due meccanismi

    simili. Gi. Sono due strumenti. Sono i miei strumenti.Lo spazio e il tempo. Le coordinate delluniverso. Leluci si fondono tra loro. Scie rosse bagliori come lampiblu e le macchine che fischiano come razzi impazziti sul-laltro lato della strada. Tutto il resto buio. Fuori

    piove, lasfalto trattiene la pioggia. La macchina scivo-la sullasfalto bagnato come la luce arancione dei lam-

    pioni scivola come liquida nei miei occhi. Il ticchettio

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    della pioggia sul vetro del parabrezza come i rintocchidi una moltitudine di lancette, spazzate via dal tergicri-

    stallo che gratta gratta stride sul vetro liscio. Spruzzidacqua luminescente e incorporea, profumi nuovi e untrasporto che non avevo mai sentito. Intermittenze. Imiei occhi lacrimano. Io ho il dato, ma come potevoimmaginare le cose si stanno confondendo luna nellal-tra. E non so dove andr a finire.

    Il tempo rallenta prima di un incidente, perci hai

    pi tempo per pensare. Nei film si sente dire che la gentesi vede scorrere la vita davanti, proprio come in un film.Ma la gente non abituata a tenere docchio le cose e silascia trasportare indietro senza senso. Che senso haripensare alla propria vita prima di morire? Io ho presoil controllo del tempo e delle coordinate delluniverso.

    Non mi far riportare nel passato per qualche barlumedi secondo. Tengo lo sguardo fisso davanti a me e vedoquello che c oltre. Le luci arrivano per passare. Un

    flash irreale, e lo schianto come un tuffo sul letto mor-bido e vengo ricoperto da lenzuola colorate e bolle di

    sapone al profumo caramellato e una musica celestiale.Questa una vera musica celestiale. Cos i piani si

    sovrappongono, suoni e profumi, nellintreccio di corpibagnati e materia stridente e lapertura di orizzontiimpensabili. Fasce di colori pastello impalpabili e lamorbidezza di questa melodia. Unespolosione di mate-ria ed energia. Lo so che stai solo cercando di confon-dermi, ma io non mi lascio depistare. Ho fatto tutta que-

    sta strada solo per mettermi davanti a te e guardartinegli occhi e vedere se reggi il mio sguardo. Perch io tivedevo e ti ho sempre visto, ma ho dovuto aspettare ilmomento giusto. Eccolo. Sono venuto a farti la guerra ea reclamare la mia vendetta. Sono venuto a riprendermilei e a portarla lontana da te. E allora? Non mi guardinegli occhi? Codardo! Guardami negli occhi! Guardanel fondo dei miei occhi e implora il mio perdono. E

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    imploralo per leternit, perch io non ti perdoner mai.Mai.

    Lo schianto stato tremendo. Carlo uscito di stradaa velocit folle. La macchina si accartocciata su sestessa e di lui non rimasta quasi traccia. Spero che nonabbia sofferto. Ma non credo ne abbia avuto il tempo.Penso che non abbia nemmeno visto il pericolo arrivare.Ma non voglio tirare conclusioni. E non voglio credere

    niente. Io non credo in niente. Penso solo che il suomomento fosse arrivato. E non so di chi la scelta perquesto genere di cose. Ora mi piace solo immaginareche sia tornato da Sara e che possa riabbracciarla, e che

    possa concedersi tutto il tempo che vuole per guardarlacome la guardava. Insieme erano perfetti. Lei se neraandata prima del dovuto, e lui era rimasto come svuota-to, la sua vita guastata come una mela marcia. Avevavoltato lo sguardo e si era diretto in unaltra direzione.Tutto cambiato e non so proprio cosa abbia comincia-to a pensare da quel momento in poi. Ci sono ragioniche non possiamo capire. Non possiamo farci niente, masolo sentire che qualcosa andato perduto. Si era dedi-cato completamente al suo lavoro e a quegli orologi chesembravano essere diventati la sua unica ragione di vita.

    Forse per trovava altro in quella routine senzasenso. Trovava dellaltro nei suoi orologi. Forse la stes-sa cosa che trovo io nel pensare che lei era l ad aspet-tarlo, e che ora lui le potr dire tutte quelle cose che quinon hanno parole, quelle cose che nemmeno io riesco adire. La stessa cosa che trovo a stare in mezzo agli amicie a parlare con la gente e a raccontare storie piene zeppedi parole come questa: una via duscita, una specie di

    pace.

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    Postfazione

    Questi racconti sono stati scritti da studenti, laurean-di e neolaureati del corso di laurea detto specialisticoo magistrale (il 2 che viene dopo il 3, per intenderci)in Televisione, cinema e produzione multimedialedellUniversit Iulm di Milano. Il progetto nasce daunidea del curatore, Giuseppe Carrieri, che anche il

    pi giovane del gruppo, mentre il sottoscritto ha selezio-nato i testi pervenuti. Il che vuole tra laltro dire, temo,che se la qualit delle opere raccolte non vi convince,una quota non del tutto trascurabile della colpa di meche faccio di mestiere il professore e dovrei avere inse-gnato qualcosa a chi qui scrive.

    Comunque, quale che sia lopinione del cortese letto-re, sono convinto che ne valesse la pena:Linafferrabilecon ogni evidenza ha qualcosa da dire, da indirizzaresulle strade del letterario. N si tratta solo di un apportogenerazionale. In effetti, non so quanti dallesternodel mondo accademico si sarebbero aspettati raccontitanto ben architettati, simmetrici e ornati di procedimen-ti, e anzi talvolta imputabili di artificiosit, di unecces-siva voglia di stupire. Le etichette valgono quel che val-gono, certo, e i tecnicismi tutti amano sbeffeggiarli: maqui davvero troviamo anacronie e anisocronie forzate(sino a suggerire la reversibilit del tempo), effetti dimetalessi (il racconto autoconsapevole, in altri termini,la mise en abyme), deformazioni dei piani narrativi e

    parecchi altri accidenti della specularit letteraria (altre

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    camere oscure, dico) in vario modo riconducibili aunidea di narrazione problematica. Non a caso, le

    opere che costituiscono uneccezione per lo meno appa-rente sono le due estreme, la prima e lultima: ma il lororealismo declinato in prima persona non privo didisincanto e di doppi fondi ironici.

    Certo, la spiegazione pi scontata quella che attri-buisce certi esiti al tipo di frequentazione con il mondodel rcitportato avanti dai nostri autori anche e magari

    soprattutto in ambito professionale: quello, dico, dellasceneggiatura cinematografica e della produzione televi-siva. Chi muove i primi passi in un campo tecnicamen-te complesso, dominato dal massimo della ruviditcostruttiva, portato quasi istintivamente a enfatizzare igiochi di suture e snodi, la calibratura di percorsi narra-tivi che non necessariamente si chiudono su se stessi conunillusione di compiutezza naturale, se non naturali-stica. Leffetto, quando con gli effetti si gioca, forsemeglio chesi veda.

    Non so, magari qualcuno fra gli scriventi un po hadavvero sentito questebbrezza, ha desiderato frastorna-re il proprio lettore con la magia di una partitura verba-le esibita. Ma io sono convinto che le cose siano anda-te in modo leggermente diverso. Il punto che scrivere,oggi, unoperazione nientaffatto ovvia e naturale, anzilo sicuramente meno del filmare, del suonare (o misce-lare) musica, del dipingere. Proprio la facilit con cui si

    pu portare a termine una cosa chiamata racconto, e lafacilit con cui si pu essere pubblicati, invitano a esco-gitare forme che rispecchino un massimo di consapevo-lezza, di distanza e proprio di straniamento. Oggi, cidicono questi esordienti, si comincia a essere scrittorisoprattutto oltre. Oltre le norme e aspettative pi diffu-se, oltre lesperienza immediata e la banalit linearedella tranche de vie: e poco importa - ma molti di lorolo impareranno dopo - se i gesti che appaiono pi sciol-

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    ti sono in realt i pi studiati. (E poco importa ancheperch un discorso da me fatto sin troppe volte, e che

    qui viene in pieno confermato se oggi una ricerca let-teraria autentica spesso nasce dallibridazione dei lin-guaggi anche mediatici, e se insomma la letteratura vivesempre pi, e per fortuna, di televisione cinemaInternet...)

    Non per caso, si lavorato allinsegna dellinafferra-bile. Non, attenzione, dellindicibile: semmai della

    sirena del tempo (come diceva un grande poeta delNovecento italiano), della possibilit di ghermire laltro,di inseguire ci che c ma ci sfugge. Letteratura, sensodella vita, ma anche lei/lui, il sesso, la diversit: dominala consapevolezza di stare in un mondo in cui molto sgu-scia via, ci pianta in asso prima ancora di averlo incon-trato. Per afferrarlo, per provarci almeno, necessarioattrezzarsi facendo la scelta meno risaputa, seguendo ilcammino pi tortuoso.

    E tanto ci basti: almeno per cominciare.

    Paolo Giovannetti