MICROECONOMIA - TIM e Telecom in un unico … · • Secondo i criteri adottati, l’oligopolio...

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MICROECONOMIA L’oligopolio Enrico Saltari Università di Roma “La Sapienza” 1

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MICROECONOMIA

L’oligopolio

Enrico SaltariUniversità di Roma “La Sapienza”

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• Secondo i criteri adottati, l’oligopolio può essere definito come quella forma di mer-cato composta da un numero relativamente ristretto di imprese, ciascuna delle qualiha dimensioni rilevanti rispetto al mercato, il cui prodotto può essere omogeneo odifferenziato, e in cui le barriere all’entrata sono consistenti ma non impediscono deltutto l’ingresso di altre imprese

• La caratteristica più importante cui il complesso di queste caratteristiche dà luogo èl’interdipendenza strategica. Vale a dire, la singola impresa nel decidere la propriastrategia di prezzo o di quantità non può tener conto soltanto delle proprie decisionima deve tener conto anche di quelle degli altri oligopolisti. Naturalmente, questaconsiderazione vale per tutte le imprese.

• Supponiamo per semplicità che le imprese presenti sul mercato siano solo due. Ancoraper semplicità, supponiamo che i costi siano nulli. Allora, il profitto della primaimpresa, Π1 sarà

Π1 = P ·Q12

dove Q1 è la quantità prodotta e P è il prezzo di mercato. P perciò dipenderà dal-l’offerta totale delle due imprese. Per tener conto di ciò, scriveremo P = P (Q1, Q2)

sicché il profitto può essere scritto

Π1 = P (Q1, Q2) ·Q1Π1 non dipende solo da Q1 ma anche da quanto decide di produrre l’altra impresa,Q2. In questo senso, vi è interazione strategica

• Data l’interazione strategica, esistono due forme possibili di comportamento da partedelle imprese oligopolistiche:

1. Comportamento collusivo, in cui le imprese decidono le proprie strategie accordandositra loro in modo da massimizzare il profitto di tutte

2. Comportamento non cooperativo, in cui le imprese agiscono indipendentemente l’unadall’altra ciascuna avendo come obiettivo soltanto il proprio profitto.

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Collusione

• Quando le imprese si accordano tra loro in modo da massimizzare il profitto com-plessivo, si dice che esiste un cartello. Le condizioni che facilitano il formarsi di uncartello sono:

1. una legislazione che lo consenta (altrimenti l’accordo deve essere nascosto);

2. l’omogeneità del prodotto (sicché il prezzo da fissare è unico);

3. la stabilità della domanda e dei costi;

4. l’esistenza di barriere.

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• Il principale ostacolo alla stabilità del cartello è la tentazione di tradirlo, ovvero a nonrispettare gli accordi praticando condizioni che sottraendo clienti alle altre impreseposano aumentare i profitti. Per illustrare questa “tentazione”, si può ricorrere aldilemma del prigioniero. Reinterpretando opportunamente le strategie, diciamo che adisposizione dell’impresa ci sono due alternative: tradire oppure non tradire (coope-rare). Come già sappiamo, esiste nel dilemma del prigioniero una strategia dominanteche è anche un equilibrio di Nash, ed è ovviamente quella di tradire. Supponiamoche ci si aspetti che l’altra (ci sono per semplicità solo due imprese) impresa decidadi tradire, praticando per esempio prezzi più bassi. Allora conviene tradire perchéin questo modo si riesce a fronteggiare meglio la concorrenza dell’altra impresa. Seinvece ci si aspetta che l’altra impresa non tradisca, allora conviene tradire perché inquesto modo si conquista una più ampia quota di mercato.

• Due sospettati di aver commesso un dato reato vengono arrestati e interrogati dallapolizia. In realtà, la polizia non dispone di prove sufficienti per incriminarli a meno che

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non confessino. Procede allora a interrogarli separatamente. Se tutti e due confes-sano, potranno essere condannati solo per un crimine di scarsa entità (con un’utilitàdi 100 per ciascuno). Se nessuno dei due confessa, entrambi saranno condannati allaminima pena (con un’utilità di 150 per ciascuno). Se uno confessa e l’altro no, chiconfessa sarà rimesso in libertà (con un’utilità di 200) mentre l’altro sarà condanna-to a scontare una pena consistente (con un’utilità di 50). La strategia migliore perentrambi i giocatori è di confessare. Se infatti uno dei due pensa che l’altro confessi,anche a lui converrà confessare - l’utilità è maggiore. Se invece pensa che l’altroconfessi, gli converrà confessare - anche in questo caso l’utilità è maggiore. La cop-pia (confessare, confessare) è perciò sia una strategia dominante che un equilibrio diNash.

• Utilizziamo il dilemma del prigioniero per rappresentare la situazione del mercato in

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cui ciascuno dei due oligopolisti teme che l’altro tradirà.

A

Bcoopera tradisce

coopera 150, 150 50, 200

tradisce 200,50 100,100

Il profitto che deriva dal praticare prezzi più bassi è per entrambi i soggetti 100. Seinvece si realizza l’accordo (tutti e due i soggetti cooperano) il profitto individualeaumenta a 150. Se uno dei due soggetti “bara” praticando prezzi più bassi si appropriadi parte della quota di mercato dell’altra impresa , il suo profitto sale a 200 mentrequello dell’altro cade a 50.

• La strategia dominante, che è anche un equilibrio di Nash, è tradire sia per A cheper B. La razionalità individuale (la max del profitto) conduce a un risultato peggioreche non la razionalità collettiva (150+150).

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• Se tutto questo fa sì che il cartello abbia natura instabile, esistono strategie chepossono aumentarne la stabilità consistenti nel tradire una volta che l’altra impresaabbia tradito. Vale a dire, nel ribattere “colpo su colpo”. Affinché però questastrategia di ritorsione abbia successo, occorre che l’orizzonte dell’accordo sia infinito.

Monopolio parziale

• Un’altra forma di collusione è quella del monopolio parziale. In questo caso l’accordoviene facilitato dalla presenza di un’impresa leader che domina il mercato, mentre lealtre imprese sono di piccole dimensioni. L’idea di fondo è che alla grande impresaconviene lasciar sopravvivere le imprese più piccole, la “frangia”, perché queste rendo-no più difficile l’ingresso di altre imprese sul mercato. Di qui l’obiettivo della grandeimpresa: massimizzare il profitto, data la quota di mercato della frangia.

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• Il grafico seguente illustra il funzionamento di questo mercato.

I comportamenti non cooperativi

• Quando le imprese competono tra loro, per definire la loro strategia debbono neces-sariamente fare delle congetture sul comportamento delle altre imprese. In generale,si avranno tanti tipi di comportamento per quante congetture è possibile formarsi sulcomportamento delle altre imprese.

• Un concetto assai importante a questo riguardo è quello dell’equilibrio di Nash. Comesi ricorderà, esiste un equilibrio di Nash, se per ciascun agente il comportamentoadottato è ottimale date le aspettative sulle strategie adottate dagli altri agenti.Poiché questa definizione si applica appunto a tutti gli agenti, ha senso parlare diequilibrio nel senso che nessuno ha interesse a cambiare il proprio comportamento.

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Il modello di Cournot

• Il modello di Cournot è un antecedente importante dell’equilibrio di Nash nell’ambitodella teoria dell’oligopolio.

• Nel contesto dell’oligopolio, l’equilibrio di Cournot-Nash recita nel seguente modo.Nel modello di Cournot ciascuna impresa massimizza il profitto scegliendo la quantitàda produrre data l’aspettativa che si è formata sulla quantità che le altre impreseoffriranno. Si ha equilibrio quando questa aspettativa sulla quantità prodotta dallealtre imprese risulta realizzata.

• Il modello è particolarmente semplice nel caso di due imprese, diciamo l’impresa 1 e2. Il modello di Cournot in questo caso significa che l’impresa 1 massimizza il profittofacendo un’ipotesi sulla quantità prodotta da 2 e che 2 massimizza il profitto facendoun ipotesi sulla quantità prodotta da 1. In equilibrio le aspettative risultano realizzatenel senso appunto che tutte e due le imprese massimizzano il profitto.

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• Guardiamo a un esempio di equilibrio di Cournot con due imprese. Supporremo chele due imprese siano identiche e che abbiano costi nulli. La curva di domanda dimercato è P = a− bQ, dove Q rappresenta la quantità complessivamente prodottadalle due imprese, vale a dire Q = Q1 +Q2.

• Guardiamo all’impresa 2. Supponiamo si aspetti che l’impresa 1 produca e offra laquantità Qa

1, dove l’apice a sta per atteso. Perciò, il ricavo totale dell’impresa 2, cheè anche il suo profitto per l’assenza di costi è

RT2 = PQ2 = [a− b (Qa1 +Q2)]Q2

Il ricavo totale è massimo quando il ricavo marginale è nullo, cioè quando

RMa2 = a− b (Qa1 + 2Q2) = 0

da cui ricaviamo la quantità che 2 intende produrre

Q2 =a− bQa

1

2b11

• Quella appena scritta è l’equazione della curva di reazione di 2. Essa indica per ognidata aspettativa sulla quantità prodotta da 1, Qa

1, con quale quantità reagirà 2.

• Siccome le due imprese sono identiche, la curva di reazione di 1 sarà

Q1 =a− bQa

2

2bLe due curve di reazione sono rappresentate nel grafico seguente. L’intersezione delledue curve individua l’equilibrio di Cournot: ogni impresa massimizza il profitto e lesue aspettative risultano realizzate.

• Algebricamente, l’equilibrio di Cournot si ha se Qa1 = Q1 e Qa

2 = Q2. Sostituendonelle precedenti due equazioni e ricordando che le due imprese sono identiche sicchéQ1 = Q2, si ottiene

Q1 =a− bQ12b

→ Q∗1 =a

3b,Q∗2 =

a

3b12

Esercizio

La curva di domanda di mercato che due imprese in regime di oligopolio fronteggiano èP = 10 − Q. I costi marginali delle due imprese sono identici e pari a 1. Determinatel’output prodotto da ciascuna impresa corrispondente all’equilibrio di Cournot e quellaprodotta complessivamente nel mercato.

Risposta. Il ricavo totale della prima impresa è RT1 =h10−

³Q1 +Qa

2

´iQ1, da

cui il ricavo marginale è RMa1 = 10 − 2Q1 − Qa2. Uguagliando ricavo marginale e

costo marginale, otteniamo che la quantità prodotta dalla prima impresa è Q∗1 =9−Qa

22 .

Considerato che nell’equilibrio di Cournot le quantità che un’impresa si aspetta che l’altraproduca, Qa

2, sono effettivamente prodotte, Qa2 = Q2, e che le due imprese sono identiche

sicché produrranno il medesimo ammontare, Q∗1 = Q∗2 = Q∗, otteniamo che Q∗ = 3,

mentre la quantità prodotta da entrambe è 6. Quale sarebbe la quantità offerta se le dueimprese fossero di proprietà di un unico imprenditore monopolista?

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0 3 6 9

3

6

9

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La curva di domanda ad angolo

• Questa teoria intende spiegare perché in mercati caratterizzati da oligopolio il prezzotende a rimanere immutato per periodi di tempo relativamente lunghi. Lo fa attri-buendo all’oligopolista la seguente congettura: egli suppone che a partire dal prezzoesistente, P ∗, non verrà seguito dagli altri oligopolisti qualora aumenti il prezzo; sup-pone invece che verrà imitato se dovesse ridurre il prezzo. Queste aspettative dannoappunto luogo ad una curva di domanda caratterizzata da un angolo al prezzo P ∗.

• L’angolo deriva dalla particolare congettura adottata la quale fa sì che siano rilevantidue tratti diversi della curva di domanda a seconda che si ipotizzi un rialzo o unribasso di prezzo. La curva di domanda è più elastica al di sopra di P ∗ perché sele altre imprese non aumentano il prezzo, l’impresa in questione perderà buona partedella propria clientela qualora dovesse aumentare il prezzo. La curva di domanda èinvece più rigida al di sotto di P ∗perché siccome tutte le altre imprese riducono ilprezzo, la quota di mercato acquisita è poco rilevante.

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• Come risulta dal grafico, l’angolo nella curva di domanda fa sì che il ricavo marginalepresenti una discontinuità, vale a dire un intervallo all’interno del quale passa il costomarginale se il prezzo esistente deve essere P ∗. Ciò significa che il costo marginalepuò mutare ma non dar luogo a cambiamenti del prezzo purché rimanga all’internodell’intervallo predeterminato.

• Supponiamo che le due curve di domanda abbiano le seguenti due equazioni

P1 = a1 − b1Q1

P2 = a2 − b2Q2

dove per ipotesi la curva di domanda indicizzata con 1 è la curva di domanda piùrigida mentre la 2 è la curva di domanda più elastica (vedi grafico). Perciò, a1 > a2e b1 > b2. Le due curve di domanda hanno un intersezione per il prezzo P ∗. Lacorrispondente quantità Q∗ è data da

a1 − b1Q∗ = a2 − b2Q

∗ → Q∗ =a1 − a2b1 − b2

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I ricavi marginali relativi alle due curve di domanda sono dati da

RM1 = a1 − 2b1Q1RM2 = a2 − 2b2Q2

In corrispondenza di Q∗ i due ricavi marginali presentano una discontinuità pari aRM2 (Q

∗)−RM1 (Q∗) , cioè

RM2 (Q∗)−RM1 (Q

∗) = a2 − 2b2Q∗ − a1 − 2b1Q∗

= a2 − a1 + 2 (b1 − b2)Q∗

Sostituendo e semplificando, otteniamo

RM2 (Q∗)−RM1 (Q

∗) = a1 − a2

ovvero il tratto di discontinuità è pari alla differenza tra le due intercette sull’asse delprezzo.

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Esercizio

Sia P = 260−5Q3 la curva di domanda che l’impresa suppone di trovarsi di fronte qualora

aumenti il prezzo. Sia P = 100−3Q la curva di domanda che l’impresa ritiene di trovarsidi fronte se abbassa il prezzo. Determinate:

1. (a) il prezzo e la quantità corrispondenti al punto d’angolo;

(b) la corrispondente discontinuità del ricavo marginale;

(c) se la funzione del costo totale dell’impresa è CT = 2.25Q2 + 10, determinate diquanto può spostarsi il costo marginale senza comportare mutamenti di prezzo equantità.

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Risposta.

R.a Uguagliando le due funzioni di domanda, otteniamo che la quantità corrispondente alpunto d’angolo è Q∗ = 10 mentre il prezzo è P ∗ = 70.

R.b Le due funzioni del ricavo marginale sono 260−10Q3 e 100−6Q. Sostituendo in questedue funzioni Q∗, otteniamo che il ricavo marginale può oscillare tra 1603 = 53.3 e 40.

R.c Il costo marginale in corrispondenza di Q∗ è CMa (Q∗) = 4.5Q∗ = 45, sicché ilcosto marginale può aumentare di 8.3 o diminuire di 5 senza dar luogo a variazioni diprezzo o quantità.

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0 10 20 30 40

20

40

60

80

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Il costo pieno

• La curva di domanda ad angolo se spiega la rigidità del prezzo non spiega però comeil prezzo si sia formato. Uno dei modi è di guardare ai costi di produzione. Partiamodall’uguglianza contabile tra ricavi da un lato e somma dei costi e del profitto dall’altra

PQ = CF + CV + Π

Guardiamo alle grandezze unitarie di questa identità dividendo lato a lato per Q

P = CFMe+ CVMe+ ΠMe

dove CFMe, CVMe e ΠMe sono i costi fissi medi, i costi variabili medi e il profittomedio. Poiché le grandezze presenti nell’ultima formula sono tutte note, è possibilecalcolare il rapporto tra la somma di profitti e costi fissi medi, e il costo variabilemedio. Indichiamo questo rapporto con m

CFMe+ ΠMe

CVMe= m

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ovvero

CFMe+ ΠMe = mCVMe

La somma dei profitti e dei costi medi sono una data proporzione del costo variabilemedio. Questa proporzione viene denominata ricarico o margine. Di conseguenza,possiamo esprimere il prezzo come

P = CVMe (1 +m)

Il principio del costo pieno afferma appunto che il prezzo può essere calcolato comeun margine applicato al costo variabile medio.

• Naturalmente quella finora esposta non è una teoria: non abbiamo spiegato perché ilprezzo è quello che è. Abbiamo semplicemente manipolato un’uguaglianza contabile.Il principio in questione diviene una teoria se supponiamo che il margine m rimangacostante a fronte di mutamenti dei costi. L’idea è che le imprese, in mancanza diinformazioni sul comportamento delle altre imprese, continuino a perseguire la stessastrategia, ovvero ad applicare lo stesso margine, ipotizzando che le imprese reagiscanopiù o meno tutte allo stesso modo quando mutano i costi.

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Esercizio

Un data impresa forma il prezzo in modo tale da coprire con il 40% del suo valore icosti fissi medi, con il 50% i costi variabili medi e con il restante 10% il profitto medio.Determinate il margine di ricarico applicato dall’impresa.

Risposta. Secondo il principio del costo pieno P = CVMe (1 +m) , da cui, dividendoper P, 1 = CVMe

P (1 +m) = 0.5 (1 +m) . Dall’ultima uguaglianza ricaviamo m =

100%.

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