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Michelangelo Mancuso Clinica Neurologica, Dipartimento di Neuroscienze, Università di Pisa ANATOMIA DELLA MANO: 27 segmenti ossei (carpo + mano) 18 muscoli intrinseci 12 tendini dei flessori estrinseci 12 tendini degli estensori Estrinseci Rami sensitivi e motori dei nervi Ulnare e Mediano + ramo sensitivo del nervo Radiale Vasi arteriosi, venosi e linfatici. L'anatomia della mano spiega l’elevata frequenza di lesioni che interessano più tessuti, le cosiddette lesioni complesse, osteo-muscolo-vascolo- nervose.

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Michelangelo MancusoClinica Neurologica, Dipartimento di Neuroscienze, Università di Pisa

ANATOMIA DELLA MANO:

27 segmenti ossei (carpo + mano)

18 muscoli intrinseci

12 tendini dei flessori estrinseci

12 tendini degli estensori

Estrinseci

Rami sensitivi e motori dei nervi Ulnare e

Mediano + ramo sensitivo del nervo Radiale

Vasi arteriosi, venosi e linfatici.

L'anatomia della mano spiega l’elevata

frequenza di lesioni che

interessano più tessuti, le cosiddette

lesioni complesse, osteo-muscolo-vascolo-

nervose.

Secondo i dati diffusi dall’ INAIL nel 2007 si sono verificati in Italia 912.615 infortunisul lavoro; nel 34.2% dei casi la lesione era a carico dell'arto superiore e nel 29.1% a livello delcomplesso mano-polso. Nella maggior parte dei casi gli eventi traumatici riportati in occasione di lavoro determinano una inabilità solo temporanea, nel 3% circa dei casi guariscono con postumi permanenti

CONSEGUENZE TRAUMI DELLA MANO

�Perdita dell’integrità della cute

�Tumefazione

�Rigidità

�Riduzione o perdita della sensibilità

�Dolore

�Limitazione o impotenza funzionale.

� PERCHE' E' NECESSARIO UN TERAPISTA DELLA MANO E NON UN SEMPLICE TERAPISTA?

La mano è un organo complesso e delicato. Ogni volta che qualcosa come untrauma, un’immobilizzazione o una patologia altera il suo preciso equilibrio risponde con reazioni particolari che la differenziano da qualsiasi altro distretto corporeo, rendendo necessario un intervento specialistico.

QUANDO RECARSI DA UN TERAPISTA DELLA MANO?

Ogni qualvolta è indispensabile restituire alla mano la sua funzionalità e “l’armonia dei suoi strumenti”. In seguito ad un periodo di immobilizzazionein gesso o dopo un intervento chirurgico più o meno importante. Talvolta anche dopo un’operazione semplice e banale possono verificarsi effetti spiacevoli come una mano gonfia o una cicatrice aderente, che si possono risolvere con gli accorgimenti giusti e in tempi brevi.

� In presenza di patologie infiammatorie o degenerative (artrosi, artrite reumatoide..) per mantenere il più a lungo possibile la funzionalità della mano ed imparare dal terapista gli atteggiamenti corretti per salvaguardare le strutture malate.

� Prima di alcuni interventi chirurgici (transfer tendinei, innesti, tenolisi, artrolisi…) per preparare la mano e i suoi tessuti all’intervento, riducendo così i successivi tempi di recupero.

QUALI SONO I PRINCIPI FONDAMENTALI CHE IL

TERAPISTA DELLA MANO DEVE SEGUIRE??

• Rispettare il processo di riparazione dei

tessuti

• Contrastare la deformità col corretto

posizionamento

• Non provocare dolore

• Eseguire cautamente, se indicata, la

mobilizzazione passiva

(potenzialmente dannosa)

• Promuovere attività finalizzate e

significative

FATTORI DA CUI DIPENDE IL RISULTATO DEL

TRATTAMENTO:

Risposta adattativa

età

entità

decorso

personalità

Supporto dei familiari

OBIETTIVI DEL TERAPISTA:

Instaurare un’appropriata comunicazione Terapista-Paziente

Rispettare la soggettività del Paziente: rispettare la “gravità percepita” ed il

limite di

tollerabilità del dolore e dello stress

Incoraggiare un ruolo attivo del Paziente nel percorso terapeutico attraverso

l’informazione

e l’educazione

Favorire la motivazione al recupero

Indurre aspettative di recupero realistiche

RIPARAZIONE DEI TESSUTI

Fase infiammatoria: dura pochi giorni; è caratterizzata da un’iniziale vasocostrizione seguita

da vasodilatazione e migrazione nella zona di lesione di leucociti e macrofagi che fagocitano

corpi estranei e tessuto necrotico; in questa fase, in cui i tessuti sono molto fragili, trovano

indicazione l’immobilizzazione e il riposo.

Fase plastica: dal 4° giorno per 2-6 settimane; in questa l’infiltrato cellulare è

costituito da

fibroblasti che producono fibre collagene (cicatrice) e rendono quindi

progressivamente più

resistente allo stiramento il tessuto leso; si può procedere ad esercizi di

mobilizzazione

attiva protetta, anche con l’ausilio di ortesi dinamiche.

Fase di maturazione o rimodellamento: dura mesi/anni; il tessuto cicatriziale cambia

la sua

architettura e le fibre collagene si organizzano orientandosi secondo le linee di forza,

con

conseguente ulteriore aumento della la resistenza allo stiramento; in questa fase si

possono

introdurre esercizi contro resistenza inizialmente minima, quindi progressiva,

controllando

che non insorgano reazioni infiammatorie, da evitare assolutamente

Posizionamento anti-deformità

Lesioni traumatiche e disuso sono causa di

deformità prevedibili:

� polso in flessione

� metacarpofalangee in estensione

�interfalangee in flessione

� pollice in adduzione ed estensione

Mano negativa

Posizione anti-deformità “intrinsic plus”:

• Polso in posizione neutra o lieve

Estensione

• Metacarpofalangee in flessione

• Interfalengee in estensione

• Pollice in abduzione ed opposizione

EVITARE IL DOLORE ATTRAVERSO:

Mobilizzazioni lente e dolci

Imparare a riconoscere i segni del dolore e modificare

l’approccio terapeutico di conseguenza

Esercizio analitico versus attività

finalizzate

Per un buon recupero è necessario:

�Approccio analitico: distrazione, scivolamento, rotazione articolare

�Coinvolgimento in attività finalizzate proprie della quotidianità e del

vissuto del Paziente

L’APPROCCIO AI PZ CON TRAUMATISMI DELLA MANO E’ UN

APPROCCIO MULTIDISCIPLINARE E PREVEDE L’INTERVENTO DI

FIGURE SPECIALIZZATE QUALI:

Fisiatra Psicologo

Terapista Psichiatra

Il progetto riabilitativo per essere efficace dovrà essere centrato sul singolo pz e dovrà tener conto delle esigenze del pz e del contesto socio-culturale in cui il pz vive.

PRINCIPI GENERALI CHE IL TERAPISTA DEVE

SEGUIRE:

�Instaurare un’appropriata comunicazione Terapista-Paziente;

� Rispettare la soggettività del Paziente: rispettare la “gravità

percepita” ed il limite di tollerabilità del dolore e dello stress;

� Incoraggiare un ruolo attivo del Paziente nel percorso terapeutico

attraverso l’informazione e l’educazione;

� Favorire la motivazione al recupero;

� Indurre aspettative di recupero realistiche

COSA DEVE VALUTARE IL TERAPISTA IN UNA MANO TRAUMATIZZATA??

�La presenza di edema

�Le condizioni generali della cute: trofismo, colore, temperatura, sudorazione, stato degli annessi cutanei (peli, unghie)

�La presenza di cicatrici o ferite

�Le limitazioni dell’articolarità e/o della motricità

�I deficit della sensibilità

�La presenza di dolore e le sue caratteristiche

�La performance nelle attività prensili e manipolative

EDEMA

Cos’è l’edema??

In quale sede si manifesta in questi pz??

Come va trattato??

L’edema è l’accumulo di liquido nell’interstizio, si localizza prevalentemente nel

dorso della mano e tende a fare da colla provocando

Aderenze tra i tessuti. Obiettivamente la cute è tesa e

Lucida. Esercitando una leggera pressione con

Il polpastrello delle dita sul dorso della mano si può

Rilevare il segno della fovea, tale segno indica che

L’edema non è ancora cronicizzato e dunque è drenabile.

TECNICHE DI MISURAZIONE DELL’EDEMA:

Misurazione centimetrica

Misurazione volumetrica (Controindicato se ci sono ferite non cicatrizzate)

FASE INFIAMMATORIAELEVAZIONE

COMPRESSIONE

ORTESI

CRIOTERAPIA

Elevazione: mano più in alto del gomito, gomito più in alto del cuore

(NB: l’elevazione può essere controindicata in caso di insufficienza arteriosa, per il rischio di

ischemia della Mano)

Compressione:

Bendaggio elastico applicato in senso disto-prossimale con andamento

spirale

Guaine elastocompressive

Ortesi in posizione antideformità anche associata al bendaggio

Crioterapia: applicazione di freddo per 20 min 3-4 volte algiorno. Induce socostrizione ed

ha

effetto analgesico. Cautela nell’uso del freddo su cute scarsamente vascolarizzata e sulle ferite,

nonché in caso di ridotta/assente sensibilità protettiva nelle lesioni nervose periferiche)

Mobilizzazione attiva dei segmenti indenni prossimali, per aumentare ritorno

venoso ed il drenaggio linfatico

Mobilizzazione attiva: La compressione intermittente prodotta dalla pompa muscolare

promuove il lavoro attivo in scarico

Tecniche di linfodrenaggio manuale

o pressoterapia strumentale, da utilizzare

preferibilmente prima delle sedute

di esercizio attivo.

Esercizi di scorrimento

tendineo differenziato,

utili nella prevenzione di

aderenze tra

tendini flessori superficiali e profondi

e tra apparati tendinei e piani ossei

Fase plastica

Mobilizzazione

attiva

Linfodrenaggio

Scorrimento

tendineo

differenziato

Mano aperta Mano ad uncino Pugno chiuso

Intrinsic plus Pugno aperto

COSA CONSIGLIARE AL PZ CON EDEMA

INFIAMMATORIO DELLA MANO:

�Evitare l’esposizione al sole ed a qualsiasi forma di calore

� Evitare l’uso di anelli, bracciali ed indumenti costrittivi

� Fare attenzione a punture di insetti e graffi di animali (facilità

di infezioni)

� Curare il trofismo cutaneo con creme idratanti/elasticizzanti e

proteggerla con guanti nelle

�faccende domestiche

� Fare attenzione ad eventuali segni di iperpressione durante

l’uso di ortesi

� Rispettare il dolore distribuendo in modo adeguato i periodi di

attività e di riposo

CICATRICI

Le cicatrici insieme alle aderenze che si formano tra cute lesa e tendini sottostanti

causano rigidità, in particolare quando attraversano una regione

articolare: le cicatrici palmari con decorso perpendicolare alle linee di flessione vanno

frequentemente incontro a retrazione causando rigidità in flessione; le cicatrici

dorsali con decorso longitudinale possono determinare rigidità in estensione

Tipologia delle cicatrici:

�Immature: colore rosso o violaceo, di consistenza aumentata; sbiancano alla

pressione.

�Mature: più piatte e soffici, di colore simile alla cute circostante; non sbiancano alla

pressione.

�Retraenti: in genere localizzate nelle commissure interdigitali o perpendicolari alle

pliche di flessione.

�Ipertrofiche: rilevate, dure, anelastiche, rosee o biancastre, disidratate e pruriginose

� spesso aderenti ai piani profondi.

�Cheloidee: rilevate e debordanti dalla lesione, con propaggini simili a chele di

granchio, frequenti sulla cute dorsale della mano.

OBIETTIVI NEL TRATTAMENTO DELLE CICATRICI:

�Idratazione: creme idratanti/elasticizzanti da applicare più volte al giorno

�Massaggio di scollamento: azione meccanica e vasoattiva. Da condurre con cautela, evitando manovre troppo aggressive che producano infiammazione locale. Al massaggio si associano spesso anche tecniche di desensitizzazioneper condizionare l’iperestesia spesso presente in sede cicatriziale (per la desensitizzazione si rimanda al capitolo sulle lesioni nervose periferiche). Il massaggio e controindicato in caso di dermatiti concomitanti, in pazienti con particolari patologie sistemiche (LES, sclerodermia), in prossimità di ferite aperte (drenaggi, fissatori esterni…), in caso di cicatrici cheloidee, per le quali la stimolazione meccanica risulta controproducente.

�Stress-stiramento: secondo il principio per cui i tessuti crescono in allungamento se ad essi viene applicata una leggera tensione. Lo stiramento viene praticato sia mediante esercizi di allungamento durante lamobilizzazione, sia con l’uso di ortesi che mantengano in trazione statica o dinamica il tessuto cicatriziale.

Scorrimento tra i diversi piani tissutali: per cute-tendine, cute-muscolo, cute-

tendine-osso. La cicatrice sarà mantenuta manualmente in trazione nella

direzione opposta a quella di scorrimento miotendineo.

Compressione: indicata nelle cicatrici ipertrofiche, cheloidee e negli esiti di

ustioni;

riduce la sintesi del collagene.

o fogli di gel siliconico

o guaine elastocompressive su misura

Terapia fisica: ultrasuoni (azione defibrosante), vacuum terapia mediante

apposite siringhe (azione meccanica).

RIGIDITA’ ARTICOLARE

Rigidità in flessione = deficit di estensione

Rigidità in estensione = deficit in flessione

Rigidità con buona attività dei muscoli attivi sull’articolazione colpita

Rigidità di articolazioni rimaste prive di un “motore” muscolare in grado di

mantenere i risultati del trattamento (rigidità extra-articolari, prognosi

peggiore): nelle lesioni nervose periferiche e nelle lesioni tendinee con deficit

dell’azione tendinea

Cause di rigidità:

Articolari

Peri-articolari

Extra-articolari

PREVENZIONE DELLA RIGIDITA’

L’approccio rieducativo:

• mobilizzazione attiva delle strutture non coinvolte dal trauma,

• mobilizzazione precoce protetta delle lesioni tendinee riparate e delle lesioni osteoarticolari stabili o stabilizzate chirurgicamente

• immobilizzazione selettiva delle lesioni instabili, che neutralizzi solo le forze destabilizzanti,

• immobilizzazione globale (quando necessaria) in posizione anti-deformità e per il tempo strettamente necessario.

Il movimento attivo (o attivo protetto da tutore) è la metodica da favorire nella fase plastica della guarigione tissutale (dopo i primi 3-4 gg dall’evento acuto), in quanto:

• rispetta la fisiologia delle strutture della mano;

• “protegge” le strutture in via di guarigione (quando è raggiunto il limite funzionale il movimento si arresta);

• Previene l’esclusione funzionale della mano, che aggrava ulteriormente la rigiditàcon il non uso;

• Favorisce la corticalizzazione, la finalizzazione ed il controllo del movimento.

LE ORTESIDispositivi applicati al corpo allo scopo di stabilizzare o immobilizzare,

prevenire o correggere le deformità, proteggere dalle lesioni, favorire la

guarigione tissutale, assistere la funzione. Le ortesi favoriscono la crescita dei

tessuti, applicando al tessuto stesso una trazione lieve e prolungata.

CLASSIFICAZIONE DELLE ORTESIOrtesi di protezione:

• immobilizzare o stabilizzare

un’articolazione/tessuto infiammato,

dolente o lesionato.

• restringere il ROM entro limiti “sicuri”

• prevenire deformità

• proteggere strutture vulnerabili o in fase di

cicatrizzazione dopo un trauma o un

intervento

chirurgico.

Ortesi correttive:

• Ridurre rigidità articolari recuperando

ROM

• Stabilizzare sublussazioni articolari

• controllare l’ipertrofia delle cicatrici

Ortesi di integrazione o sostituzione:

• Assistere il movimento articolare in caso

di paralisi o debolezza dei muscoli

• Prevenire le deformità da squilibrio tra

muscoli agonisti ed antagonisti (ex:

ipertonia spastica).

In base agli obiettivi

Ortesi statiche:

prive di parti in movimento, stabilizzano ed immobilizzano l’articolazione. Non devono essere indossate più a

lungo del necessario (favoriscono la rigidità) e non devono includere altre articolazioni oltre a quelle da

trattare.

Ortesi statiche con blocco unidirezionale:

permettono il ROM attivo completo in una direzione e lo bloccano nella direzione opposta

Ortesi statiche seriali :

posizionano i tessuti in trazione per un tempo prolungato, con l’obiettivo di allungarli e guadagnare ROM.

Man mano che l’articolarità aumenta devono essere rimodellate. Non permettono movimento attivo

Ortesi statiche progressive:

sfruttano componenti non dinamiche (velcro, viti, tornichetti) per creare una forza mobilizzante allo scopo di

guadagnare ROM. La trazione può essere regolata in continuo senza dover rimodellare l’ortesi.

Ortesi dinamiche:

si compongono anche di parti in movimento; applicano una forza di trazione passiva in una direzione e

permettono il movimento attivo contro resistenza nella direzione opposta.

Ortesi dinamiche con blocco unidirezionale: applicano una forza di trazione passiva in una direzione e

permettono un limitato movimento attivo contro resistenza nella direzione opposta fino all’elemento di blocco,

che definisce il ROM “sicuro«

Ortesi per tenodesi : collega l’estensione attiva del polso alla flessione passiva delle dita. E’ usata in Pazienti

tetraplegici livello C6, nei quali è conservata l’estensione attiva del polso. Si compone di tre parti separate: un

modulo base per l’avambraccio, una componente statica che stabilizza il pollice in abduzione-opposizione, una

componente dorsale che stabilizza II e III dito, collegata da un tirante alla componente dell’avambraccio.

L’estensione del polso mette il tensione il tirante, flette le MCF di II e III dito portandoli in opposizione al

pollice, con funzione di pinza tridigitale.

Ortesi anti spasticità

Ortesi di riposo per mano

e polso

Ortesi statica per il gomito

Ortesi dinamica

GRAZIE PER LGRAZIE PER L’’ATTENZIONEATTENZIONE

La mano è il vero organo della civilta'

iniziatore dell'evoluzione umana

(ernst fischer)