Mgazine CRI Giugno 2012 (Croce Rossa Italiana)

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il magazine della CROCE ROSSA ITALIANA Anno II ~ NUMERO 3 Maggio + Giugno 2012 L’INTERVISTA ANDREA RICCARDI VIGILARE CONTRO LA CULTURA DEL DISPREZZO ULTIMORA TERREMOTO IN EMILIA ROMAGNA AL LAVORO PER UNA NUOVA EMERGENZA SCRIVE PER NOI MARCELLO VILLARI QUANDO LA DISCRIMINAZIONE COLPISCE I PROFUGHI DISCRIMINAZIONI

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Magazine della Croce Rossa Italiana

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il magazine dellaCROCE ROSSA ITALIANA

Anno II ~ NUMERO 3Maggio + Giugno 2012

L’INTERVISTA

ANDREA RICCARDIVIGILARE CONTRO LA

CULTURA DEL DISPREZZO

ULTIM’ORA

TERREMOTOIN EMILIA ROMAGNA

AL LAVORO PER UNANUOVA EMERGENZA

SCRIVE PER NOI

MARCELLO VILLARIQUANDO LA DISCRIMINAZIONE

COLPISCE I PROFUGHI

DISCRIMINAZIONI

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EDITORIALE

150+A FIANCO DI CHI HA BISOGNO

Mentre stiamo andando in stampa, gli ultimi drammatici eventi del terre-

moto in Emilia e della bomba di Brindisi ci hanno costretto a ritardare di

qualche giorno e cambiare ovviamente l’apertura e l’editoriale. Questo

numero è stato dedicato alle discriminazioni e alle tante sfaccettature che

questa parola porta con sé e proprio per questo abbiamo voluto ospi-

tare una serie di importanti interventi sul tema. Avrei voluto parlare del-

l’importanza della Croce Rossa e del volontariato per far fronte a un

problema che purtroppo cova sempre sotto la cenere e che tante, troppe

volte, torna fuori con estrema drammaticità.

Tutto è cambiato, ovviamente, quando ci siamo svegliati sabato 19 mag-

gio con la tragedia della bomba infame di Brindisi davanti alla scuola

Morvillo-Falcone che ha tolto la vita a Melissa e ha ferito un’intera comunità nazionale: una violenza che non ha giu-

stificazioni e che deve essere solo condannata fermamente. Colpire una scuola è infatti un atto di inaudita ferocia:

si colpisce la speranza, si colpisce il luogo dove si diffonde il sapere e si dissemina la cultura dell'integrazione e della

cittadinanza attiva. In quella circostanza, i volontari della Croce Rossa di Brindisi sono intervenuti a sostegno delle

vittime e dei familiari.

Poche ore dopo, poi, una forte scossa di terremoto sconvolgeva la vita dell’Emilia, colpendo una serie di paesi e

mettendo in ginocchio un tessuto sociale e soprattutto industriale che faceva prosperare quella zona del nostro

Paese. Il 29 una seconda scossa raddoppiava il numero degli sfollati e portava a 17 il numero delle vittime. Scrivo

questo editoriale, appena tornato da una visita che ho voluto fare nelle zone maggiormente colpite dal terremoto,

per rendermi conto personalmente della situazione e per incontrare le centinaia di uomini e donne della nostra As-

sociazione che hanno risposto e stanno rispondendo a questa nuova emergenza. Storie di volontari di Finale Emilia,

di Sant’Agostino, di San Felice sul Panaro, giusto per citarne qualcuno, che subito dopo aver messo in sicurezza i pro-

pri cari, hanno indossato la divisa della Croce Rossa e si sono messi a disposizione della propria comunità. Una ri-

sposta efficiente e puntuale dell’intero sistema di Protezione Civile che proprio in Emilia Romagna è un’eccellenza.

A causa delle frequenti repliche di scosse di terremoto, ho riscontrato nella popolazione presente nei campi, com-

posta anche da moltissimi anziani e da stranieri, molta preoccupazione e disagio. Proprio per questo, abbiamo de-

ciso di aumentare il sostegno psicologico: passata la paura per la prima grande scossa, ora per alcuni comincia anche

l’angoscia per il domani. Sappiamo che ci sono a rischio parecchi posti di lavoro perché il tessuto industriale è stato

gravemente danneggiato. Dal punto di vista sociale c’è un lavoro molto delicato da fare e i nostri volontari stanno

cercando di dare il loro contributo al meglio. L’altro aspetto che stiamo implementando è l’animazione: è oppor-

tuno creare dei momenti di svago, per alleggerire la tensione. Poi ci sono molti anziani e questo è un altro problema

molto serio. Alcuni sappiamo non vogliono lasciare la terra dove sono cresciuti, dove hanno le radici e quindi dob-

biamo cercare di farli uscire dalle tende senza sradicarli. Insieme a loro questa fragilità nella fragilità del tessuto ur-

bano riguarda anche i nuclei familiari più deboli, quello degli extracomunitari, degli stranieri, che sono da sostenere.

Un grande lavoro, una grande sfida, che i volontari e gli operatori della CRI, sapranno sicuramente portare a ter-

mine nel migliore dei modi.

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diFrancescoRoccaCommissario straordinario Croce Rossa Italiana

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LIPTON ICE TEA. DRINK POSITIVE

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L’INTERVISTAVigilare contro la cultura del disprezzoIntervista ad Andrea Riccardi, ministro per la cooperazione internazionale e l’integrazione

PRIMO PIANOConoscenza dell’altro e integrazione per un futuro miglioreCome imbrigliare l'islamofobiaRom e discriminazioneDiscriminazioni antigaySe la diversità si chiama dipendenzaÈ la diversità che accomuna

TESTIMONIANZEOltre 20 anni di impegno contro le discriminazioniFranco Pittau racconta la sua ventennale esperienza nella lotta alle discriminazioni

IN MEDIA CRII tentacoli della discriminazioneQuando progresso tecnologico e civile non vanno di pari passo

FOCUSImpegno concreto per le pari opportunitàAl servizio dei ragazzi disabili, una struttura che insegna l’autonomia

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ULTIM’ORATerremotoin Emilia Romagna, al lavoro per una nuova emergenza

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SCRIVE PER NOIQuando la discriminazione colpisce i profughiMarcello Villari, Caporedattore ai Servizi Esteri del TG5 racconta la sua esperienza

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STORIE DI VOLONTARIInsegnando si riceve più di quanto si dàEloisa Miranda racconta le sue esperienze di insegnamte al Centro di Accoglienza MigrantiNulla accade per casoLa storia di Marusca Micchi, forza e volontà al servizio di CRIUna volontaria italiana in SiriaSilvia Elzi racconta l’incontro fra due culture

52

IL COMITATO INTERNAZIONALECroce Rossa Cipriota: la 188a Società Nazionale del MovimentoCICR, Giornata Internazionale per la sensibilizzazione sulle mine

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CRI NEL MONDOCRI in Palestina: capoeira a Hebron

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LA FEDERAZIONE INTERNAZIONALEKazakistan: il volontariato come strumento per combattere l’esclusione socialeBosnia Erzegovina: i sette principi in scena

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CONOSCIAMO I COMITATILe attività della CRI a Milano, Napoli e Urbino

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ATTIVITÀNews dal territorioDisagio giovanile e devianze: come la CRI interviene

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DIUDiritto Internazionale Umanitario e le discriminazioni

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SOMMARIOD

150+Il Magazine della Croce Rossa ItalianaRegistrazione al Tribunale di Roman° 359/2011 del 05/12/2011

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Hanno collaborato:Marco Accorinti, Maria Grazia Baccolo, Sandra Crowther, Ludo-vico Di Meo, Silvia Elzi, Ilaria Forte, Adele Fraschetti, Marco Ga-lassi, Paola Longobardi, Marusca Micchi, Eloisa Miranda,Michele Novaga, Gian Marco Onorato, Fabio Patruno, AlessandroPistecchia, Paolo Russo, Andrea Niccolò Strummiello, MarcelloVillari, Giovanni Zambello.

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Croce Rossa Italiana

@pressCROCEROSSA

Ufficio Stampa - Croce Rossa Italiana

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TERREMOTOIN EMILIA ROMAGNA,AL LAVOROPER UNA NUOVA EMERGENZA

IL 20MAGGIO IL SISMA HA SCONVOLTO LA REGIONE.MARTEDÌ 29 LA SECONDA TERRIBILE SCOSSA. NELLEPRIMEORE SUBITO IN AZIONE 200 VOLONTARI CRIPER ASSISTERE LA POPOLAZIONE

©MicheleBelmondo

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ULTIM’ORA

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UN FORTISSIMO SISMA HA COLPITO IL 20 MAG-GIO IL NORD ITALIA, DEVASTANDO L’EMILIA RO-MAGNA. LA SCOSSA, DI MAGNITUDO 5,9 DELLASCALA RICHTER, SI È VERIFICATA ALLE 4.04 CONEPICENTRO A 36 CHILOMETRI A NORD DI BO-LOGNA, FRA LE PROVINCE DI MODENA E FER-RARA. POI UNA SECONDA TERRIBILE SCOSSA HAPORTATO A 17 IL NUMERO DELLE VITTIME E A15.000 QUELLO DEGLI SFOLLATI. FINALE EMI-LIA, FERRARA, SANT’AGOSTINO, MIRANDOLA,SAN FELICE SUL PANARO, SAN POSSIDONIO,BONDENO, CAVEZZO, MEDOLLA, FERRARA, MO-GLIA (MANTOVA) SONO I CENTRI PIÙ COLPITI.

Fin dai primi minuti la Croce Rossa Italiana ha attivato la SalaOperativa Nazionale, che ha coordinato le operazioni e la SalaOperativa Regionale Emilia Romagna insieme alle Sale Provinciali.Mobilitati inizialmente 200 volontari dell’Emilia, ai quali se nesono poi aggiunti anche altri provenienti da Toscana, Trentino,Umbria. La CRI, in stretta collaborazione con Protezione Civile,è stata impegnata anche nei giorni successivi nelle attività di assi-stenza alla popolazione colpite dal sisma. Coordinati da MicheleCamurati, Responsabile della Sala Operativa Regionale, ad oggisono operativi oltre 200 volontari CRI (nel momento in cui an-

diamo in stampa) che gestiscono i punti di accoglienza di: S. Ago-stino (FE), presso il Palareno, con capienza fino a 210 persone;Moglia (MN), 52 persone assistite; Finale Emilia (MO), 170; Cam-posanto (MO), 50; Bondeno (FE), 30; Mirandola (20), 20; Fer-rara (FE), 50 persone. La CRI ha garantito supportosanitario-logistico e distribuzione di generi di conforto. Ha mon-tato 12 tende pneumatiche ad uso centro di accoglienza e attivato3 PMA (Posto Medico Avanzato) a Finale Emilia, a Mirandola e aSan Felice sul Panaro. Montate ed attivate 2 cucine. Le attivitàsvolte riguardano il supporto e l’assistenza sanitaria, trasferimentie trasporto disabili, distribuzione generi di conforto e pasti (pre-parati da altre associazioni), monitoraggio e censimento della po-polazione nei punti di accoglienza. Effettuata anche attività dicarattere psico-sociale con l’ausilio per i più piccoli di clowneriae animazione.Quindici volontari CRI sono stati impiegati a San Possidonio (MO)nel campo per 250 ospiti allestito dalla Regione Toscana. Per lapresenza di oltre 60 bambini e ragazzi in una fascia d’età che vada zero anni fino a 17 circa, su iniziativa dei volontari CRI pro-venienti dal Comitato Locale di Firenze e con l’aiuto della Mise-ricordia di Montenero, è stata aperta una ludoteca per le attivitàludico-creative.

SISMAEMILIA:CROCEROSSA ITALIANAATTIVARACCOLTAFONDIPERSOCCORSOEASSISTENZAALLAPOPOLAZIONELa Croce Rossa Italiana ha attivato una raccolta fondi per sostenere gli abitanti dell’Emilia Romagna colpiti dal sisma del20 maggio. Le donazioni raccolte saranno impiegate nelle operazioni di soccorso e di assistenza alla popolazione.La CRI, operativa sin da subito dopo il terribile evento, è al momento impegnata nella gestione dei centri di accoglienzaper gli sfollati, nel supporto sanitario-logistico e nella distribuzione di generi di conforto, con mezzi adibiti al trasportodi materiale sanitario e pulmini per il trasporto disabili, e nelle attività psico-sociali con l'ausilio, per i più piccoli, diClowneria e animazione.E’ possibile donare mediante:

BONIFICOSUCONTOCORRENTEBANCARIOCodice IBAN:IT19P0100503382000000200208Intestatoa:"CroceRossa Italiana,ViaToscana12 -00187Roma"pressoBancaNazionaledelLavoro -FilialediRomaBissolatiTesoreria -ViaSanNicoladaTolen-tino67 -RomaIndicare lacausale "SismaEmiliaRomagna"(Perdonazionidall'esterocodiceBIC/SWIFT:BNL IITRR)

CONTOCORRENTEPOSTALEn.300004intestatoa:"CroceRossa Italiana,viaToscana12 -00187Roma"Indicare lacausale "SismaEmiliaRomagna"

ON-LINESul sitowww.cri.it,nellasezioneDONAon-line,selezionare lacausale"SismaEmiliaRomagna"

di Felicia Mammone e Lucrezia Martinelli

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ULTIM’ORA

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I PRIMI INTERVENTI DI SOCCORSORACCONTATI DA GABRIELE«Siamo riusciti ad intervenire prontamente subito dopo ilsisma: alle 4.27 il nostro sistema era già a regime, devo direanche per merito di un nucleo di sei volontari che si sonoresi subito disponibili». Alle 4.27 Gabriele Mantovani, vo-lontario della Croce Rossa e coordinatore del servizio am-bulanze CRI di Finale Emilia, è entrato in attività per questadrammatica emergenza. A distanza di 40 ore era ancora allavoro senza sosta, infaticabile come gli altri volontari che lohanno affiancato in uno straordinario lavoro di assistenzaalla popolazione colpita dal terremoto.«Grazie poi al supporto del Comitato locale CRI di Carpi -racconta Gabriele - nel giro di un’ora dal sisma siamo riu-sciti a gestire tutti i trasporti, i feriti su chiamata del 118, lepersone sfollate dalle case inagibili al centro raccolta po-tendo contare, a Finale, su 5 ambulanze, 2 pullmini, una au-tomobile per trasporto disabili più altri mezzi di trasportovari. Abbiamo anche partecipato all’evacuazione degliospedali di Finale, Mirandola e Cento».«Domenica, il giorno del terremoto, è stata una giornatadavvero intensa, mi ha colpito soprattutto la calma della po-polazione civile che ha reagito mostrando sentimenti digrande solidarietà e unione. Il panico era dipinto sui voltidelle persone anziane che non volevano abbandonare lacasa. Alcune di esse erano anche ferite, con fratture al fe-more, al bacino e traumi vari, accomunati da una unicaesclamazione:“Io non lascio casa mia!”. In questi casi - pro-segue Gabriele - c’è voluta molta pazienza per fare opera diconvincimento, del resto non potevamo fare diversamente,erano feriti e le loro abitazioni inagibili». Professionalità, ef-ficienza, umanità, doti fondamentali per gestire con il do-vuto controllo la situazione, anche se operare nella propriacittà distrutta è un dolore che si rinnova ad ogni angolo.«Non ho potuto fare a meno di commuovermi - ammette Ga-briele - quando mi sono recato nel PMA della Croce Rossa:era di fronte alla Rocca di Finale, il simbolo della città.Quando l’ho vista in quelle condizioni non è stato facile…».

IL LAVORO SENZA SOSTADIMARCOEDELISA«Tutto è stato molto casuale, noi solitamente non facciamo ilturno di sabato… ma ci siamo trovati in 3 a voler trascorrerela notte in Comitato e così, per una fortunata sfortuna, ab-biamo potuto rispondere prontamente alle necessità dellapopolazione colpita dal sisma». Inizia come il racconto diuna coincidenza la cronaca dei soccorsi che Marco Alber-ghini, 46 anni e da 17 volontario della Croce Rossa, ha pre-stato con i volontari del Comitato CRI di Finale di Emilia aferiti e sfollati nelle notte di sabato 19 maggio.«Appena abbiamo sentito la scossa ci siamo svegliati epochi minuti dopo,alle 4.25,eravamo già fuori in ambulanzaper un codice rosso - racconta Marco -. Da subito, forse, nonci eravamo resi conto della potenza del terremoto.Abbiamoiniziato a realizzare bene i danni che aveva provocatoquando sulla strada per San Felice, dove eravamo diretti persoccorrere una signora, una dopo l’altra ci sono apparse lecase distrutte e le macerie», dice Marco, che è anche Com-missario del Comitato locale CRI di Finale. «Il codice rossoera un’anziana che a causa della scossa era caduta, avevabattuto la testa ed era in stato confusionale. Appena arrivatia casa della signora le abbiamo prestato le prime cure e su-bito abbiamo provveduto a trasportarla all’ospedale di Mi-randola... e lì - continua Marco - c’era il caos: persone contraumi facciali, lesioni agli arti, gente in preda al panico, ilterremoto era stato veramente forte».I volontari della CRI sanno benissimo che in questi momentifermarsi per razionalizzare serve a poco, se si vuole dareuna mano a chi è in difficoltà è necessario reagire: un sor-riso, una pacca sulla spalla o anche una semplice parola diconforto sono importanti sostegni. «Abbiamo continuato ilnostro turno fino a domenica sera - spiega Alberghini - ab-biamo trasportato un malato all’ospedale di Modena e poiabbiamo portato una bambina a Carpi.La piccola soffriva diattacchi epilettici e non avendo le medicine con sé neces-sitava di stare sotto osservazione medica; durante il viaggioabbiamo giocato con lei, era abbastanza impaurita, ma noicon pupazzi e qualche piccolo passatempo siamo riusciti afarla sorridere. È stata una bella soddisfazione».Il lavoro di Marco e degli altri volontari di Finale di Emiliaè continuato per tutta la giornata di domenica 20 maggio.«Proprio durante la seconda scossa, quella delle 15.18, homesso in salvo una signora. Eravamo stati chiamati dal 118per soccorrere l’anziana che si trovava al secondo piano diuna casa pericolante tra Canaletto e Finale ma, proprio inquel momento, è arrivata la scossa. Lei ci chiedeva aiutodalla finestra e mentre tutto “ballava” sono salito su per lescale, l’ho presa in braccio e l’ho portata in strada - ci rac-conta - Niente di che, non ho pensato tanto prima di agire…

LA GIOIA DI ESSERED’AIUTO NEIRACCONTI DEIVOLONTARIDI FINALE EMILIA

©MicheleBelmondo ©MicheleBelmondo

©MicheleBelmondo ©MicheleBelmondo

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mi è solo venuto in mente che se fosse stata mia nonnaanche io avrei voluto che qualcuno l’aiutasse». La modestiaaccompagna i racconti del volontario. «Non sono mica uneroe - dice - quelli hanno le croci, bèh noi anche portiamouna croce ma la nostra è rossa! - e continua - non è facilemettersi in gioco, non è facile portare l’aiuto giusto, noi ciproviamo e teniamo duro. Gli occhi atterriti delle personetraumatizzate dalla scossa non si dimenticano facilmente,sono esperienze che ti segnano profondamente - spiegaMarco - ma di certo ogni volontario cerca di fare il suo me-glio per aiutare chi ha bisogno,anche semplicemente ascol-tando i loro racconti, i sacrifici fatti per costruire quelle caseche il terremoto in pochi secondi ha distrutto… sì, anchesolo l’ascolto e un abbraccio possono alleviare le sofferenzedi queste persone».

UNA FORTUNATA SFORTUNAI momenti di fortunata sfortuna hanno continuato a coinvol-gere i volontari della CRI. «La mattina del 20 maggio cisiamo recati al Posto Medico Avanzato perché chiamati adaiutare un signore anziano… ma ci siamo trovati a dare au-silio a diversi ospiti della struttura». Così, con tono positivoe una voce tanto dolce ed entusiasta, Elisa Confente, infer-miera di professione, 27 anni e da 3 in CRI, ci racconta diuna macchina dei soccorsi che continua a lavorare anchedopo l’immediata emergenza. «Siamo andati poi al PMA al-lestito dalla Protezione Civile presso il Centro sportivo diFinale per trasportare a casa un anziano che si alimenta tra-mite Peg (sondino in plastica inserito nello stomaco di unapersona per permetterne la nutrizione). Mentre cercavamodi trovare una giusta soluzione al trasporto del signore, unadonna si è avvicinata dicendoci che non aveva i propri far-maci. Un paio di telefonate e abbiamo rintracciato un far-macista che si è subito prodigato per aiutare la signora. Poi- continua Elisa - abbiamo saputo che la casa dell’anzianonon era agibile e quindi, tramite il 118, riamo riusciti a tro-vargli una sistemazione in un hotel della zona che sta fun-zionando come “centro di riposo per anziani”. Inoltre,abbiamo procurato delle coperte per una signora e propriomentre pensavamo di aver finito il da farsi, all’improvviso,una signora ha avuto un grave problema respiratorio: siamointervenuti subito con i nostri macchinari e siamo riusciti asoccorrerla».«Sono in servizio da 2 giorni - racconta la volontaria - e nonci penso proprio ad andare a casa. Sono contentissima distare qui, nel pieno dell’emergenza. Mangio quel che mi ca-pita, dormo poco ma io non potrei stare altrove: voglio aiu-tare gli abitanti di Finale e tutte le altre persone che sono indifficoltà. È questo il mio compito da volontaria».

QUANDO LAVITA È APPESA A UN FILOSalvataggi drammatici e interventi singolari. Un giornata diintensa attività quella del 20 maggio, raccontata da Paola Re,volontaria 31enne della Croce Rossa di Finale Emilia e capoequipaggio, in azione insieme con gli altri volontari CRIpochi minuti dopo la devastante scossa di terremoto. «Allafine di una giornata così intensa come quella del 20 maggio,la soddisfazione di essere stati d’aiuto a così tante personeè grande, ma certo lo è molto di più sapendo di aver con-tribuito a portare a buon fine il salvataggio di una vitaumana”. Con grande entusiasmo e coinvolgimento Paola ri-percorre uno dei primi, forse il più drammatico interventodi emergenza-urgenza messo in atto da un equipaggio dellaCRI di Finale Emilia, operativo pochi minuti dopo la scossadelle 4.04, in soccorso di un giovane malato di SLA. «Il pa-ziente, di 45 anni, viveva attaccato ad un respiratore - rac-conta Paola - ma subito dopo la violenta scossa di terremotoin tutta la cittadina è saltata la corrente elettrica. Il respira-tore, per la precisione un ventilatore polmonare insiemecon un’altra macchina per l’aspirazione della saliva, hannosmesso di ricevere energia elettrica e non avevano chepochi minuti di autonomia per proseguire prima di cessareil funzionamento. Dopo la segnalazione immediatamente cisiamo recati con il nostro equipaggio nella frazione rurale diFinale Emilia dove si trovava il paziente, lo abbiamo subitotrasportato all’aperto e in prossimità di un prato siamo riu-sciti ad attaccarlo ad un generatore dei Vigili del Fuoco. Poi- conclude Paola - con non poche difficoltà, abbiamo ap-prontato il trasporto in ambulanza e trasferito l’uomo al-l’ospedale di Beggiovara. Inutile descrivere la nostracontentezza…».

SALVATAGGIO IN“ZONA ROSSA”Dopo il terremoto anche a Finale Ligure il centro storico haguadagnato la triste etichetta di “zona rossa”, edifici dan-neggiati, crolli diffusi, strade invase di macerie. Qui, in unvecchio palazzo dal soffitto collassato, domenica 20 maggioi volontari del Comitato Locale della Croce Rossa e i Vigilidel Fuoco,sono riusciti a raggiungere quel che restava dellacasa di un’anziana signora di 88 anni, malata di alzheimer ecostretta a letto. «Quando siamo arrivati verso le 13 - rac-conta Paola - era spaventatissima, aveva lo sguardo atter-rito ed era circondata da calcinacci, i vetri erano in frantumi,oggetti e mobili rovesciati e sparsi ovunque. La sua badantedopo la scossa era fuggita e l’aveva abbandonata lì da sola.Grazie ai Vigili del Fuoco che ci hanno preceduto creandoun varco tra le macerie per farci passare, siamo riusciti adarrivare dalla signora e a trasportarla in ospedale, dove èstata poi raggiunta dai familiari».

ULTIM’ORA

©LucioTagliazucchi ©MicheleBelmondo

©MicheleBelmondo

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DISCRIMINAZIONI

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di Lucrezia Martinelli

VIGILARE CONTROLA CULTURADEL DISPREZZOINTERVISTA AD ANDREA RICCARDI, MINISTROPER LACOOPERAZIONE INTERNAZIONALE E L’INTEGRAZIONE

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L’INTERVISTA

Andrea Riccardi è il Ministro per la Cooperazione Internazionale el’Integrazione del governo Monti. Professore di storia contempo-ranea all’Università di Bari, alla Sapienza e all’Università di RomaTre, premio Unesco per la pace e fratellanza tra i popoli, è il fon-datore della Comunità di Sant’Egidio, da sempre impegnata nellalotta alla povertà e nell’inclusione sociale.

Ministro Riccardi, chi sono oggi le vittime di atteggia-menti discriminatori e razzisti in Italia?Sicuramente i migranti, gli stranieri e i rom in una dimensione spessosottovalutata, sono vittime di atteggiamenti di intolleranza, di di-scriminazione, di violenza. Nonché la comunità ebraica, sempre og-getto di attacchi inaccettabili, dalle scritte sui muri, ai siti webantisemiti. Abbiamo il dovere di garantire e proteggere in primis lasicurezza di questi soggetti. Ma credo pure che la società italiananel suo insieme rischi di diventare, anch’essa, vittima di gesti o pa-role del genere. Bisogna sempre vigilare contro quella che defini-sco la “cultura” del disprezzo, perché in tali circostanze vienecompromessa la possibilità che la nostra società sia aperta, paci-fica, integrata.

Che cosa è possibile fare per contrastare le discrimina-zioni?C’è una responsabilità dell’azione di governo, e delle forze politi-che. A ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enun-ciati nella Costituzione e nella Dichiarazione Universale dei Dirittidell’Uomo, senza distinzione alcuna. Sono questi i principi fonda-mentali che costituiscono la base di ogni democrazia, di ogni statodi diritto. L’azione di governo - oggi e nel futuro, qualunque mag-gioranza la sostenga - è chiamata a salvaguardare e a riaffermarequeste acquisizioni. E dunque ad impedire e a sanzionare, a ga-rantire e a tutelare, a favorire e ad incoraggiare, dando vita a unarete di riferimento non soltanto normativa, ma pure propositiva,perché ogni manifestazione di disprezzo, di discriminazione, di raz-zismo, sia isolata, ridotta, ed infine eliminata. E poi c’è una re-sponsabilità dell’intero corpo sociale. Una società che si facesseconquistare dal fascino di parole d’ordine semplificatrici ma illuso-rie, sarebbe meno libera, meno democratica e senza prospettive.Il benessere, la dignità, il riscatto di ognuno di noi sono stretta-mente legati a quelli di coloro che ci vivono accanto, chiunque essisiano.

Quant’ è importante la Sua esperienza sul campo, a San-t’Egidio, per poter rispondere ora dall’interno delle isti-tuzioni al disagio delle categorie più vulnerabili e allostigma nei loro confronti? Ce la può raccontare?

Nell'esperienza di Sant'Egidio la fede si fa anche cultura. Culturadella vita, promozione umana. E cambiamento di contesti bloccati.In tutto il mondo le nostre "Scuole della pace" guardano con af-fetto alla vita dei più piccoli in ambiti in cui il minore non ha quasirilievo. Lo stesso può dirsi a proposito degli anziani, del lavoroche la Comunità porta avanti per vincere la loro solitudine, perproporre alternative all’istituzionalizzazione. E potrei continuare ci-tando l’impegno per gli immigrati con le scuole d’italiano e la for-mazione dei mediatori culturali. E poi il grande amore per l’Africa,gli sforzi per la pace, i tanti progetti, Dream, un programma di curagratuita per decine di migliaia di malati di Aids in dieci paesi sub-sahariani …. Insomma, tutto questo bene si lega con la titolaturadel dicastero che dirigo, con la cooperazione, con l’integrazione,con la delega alle politiche familiari, etc. Certo, non è che guar-dare le cose dal punto di vista delle istituzioni renda tutto più sem-plice, più fattibile. Anzi, c’è da fare i conti con la mancanza di fondi,con l’esigenza di armonizzare politiche, scelte, problematiche con-crete.

Negli ultimi tempi gli italiani hanno imparato a conside-rare gli immigrati come una risorsa, un’opportunità perl’economia e per la famiglia. Qual è il loro contributo so-ciale, culturale, economico?

“A OGNI INDIVIDUO SPETTANO TUTTI I DIRITTI ETUTTE LE LIBERTÀ ENUNCIATI NELLA COSTITUZIONEE NELLA DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTIDELL’UOMO”

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AndreaRiccardiMinistroperlaCooperazioneInternazionalee

l’IntegrazionedelgovernoMonti

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Penso che sempre più, negli ultimi tempi, si stia riuscendo ad an-dare oltre le generalizzazioni, i luoghi comuni. Perché il razzismo, laxenofobia, la discriminazione, la contrapposizione, si nutrono diluoghi comuni. Ma lo stereotipo non è la verità. Mentre la realtà èquella che sempre più italiani imparano a riconoscere, a sperimen-tare. Una realtà fatta, certo, di qualche difficoltà, ma anche di ungrande sostegno al bene comune, al bene nazionale – e al beneindividuale e familiare di tanti – che passa attraverso il contributodegli immigrati, attraverso la loro “scommessa” sull’Italia. Lo rico-noscono sempre più famiglie italiane, che, per alleggerire la vitadei loro componenti più deboli – gli anziani, i bambini, i portatoridi handicap – si affidano a chi viene dall’Europa dell’Est. Lo rico-noscono sempre più imprenditori e artigiani italiani, che portanoavanti la loro attività in un tempo difficile con chi viene dall’Africa.Lo riconoscono gli economisti e anche l’Inps che dichiara esplici-tamente che senza i contributi versati da milioni di stranieri i suoibilanci sarebbero compromessi. Parliamo di una realtà di supportoe di sviluppo che è in crescita e che lo sarà sempre di più.

Le cronache purtroppo continuano a registrare, seppursporadicamente, episodi di intolleranza nei confronti

degli immigrati. Si tratta di fenomeni isolati oppure esi-ste un pregiudizio xenofobo in Italia?

C’è un atteggiamento xenofobo che,quando non è contrastato, si fastrada, in particolare tra i più giovani.La sfida è educativa, formativa, co-municativa. Gli italiani non sono raz-zisti. Ma ci sono segnali che nonvanno sottovalutati e che soprattuttovanno contrastati. Credo che il pro-blema sia agire su più livelli. Respon-sabilizzare le comunità immigrate, e irom. Responsabilizzare i media ri-spetto al linguaggio che usano. Favo-

rire i mille percorsi educativi presenti nelle scuole italiane. Favorirei processi di incontro con l’altro. E parlare. Per condannare, certo,quando ci sono reati; ma anche per spiegare, per informare, peravvicinare.

In questo scenario di crisi economica è ancora più com-plesso costruire percorsi di integrazione sociale. Qualemodello immagina per il nostro Paese?La società italiana, per l’acutizzarsi della crisi economica, per l’ato-mizzazione degli individui, per lo spaesamento di tanti, per l’insuf-ficienza di un investimento culturale di largo respiro, è percorsa datroppe pulsioni divisive. In questo tempo più solo e più difficile siè tanto maggiormente risentiti e irritati, tanto più spesso alla ri-cerca di nuovi e vecchi capri espiatori. Ma è un’illusione pensareche dalla crisi si esca da soli. O alimentando contrapposizioni e an-tagonismi. Dalla crisi si esce insieme. Non c’è solo un problema dirisorse economiche da reperire per favorire politiche di integra-zione – problema che pure esiste e che va in qualche modo messosul tavolo – ma c’è anche un problema di scelte culturali, di mes-saggi che si mandano. Il modello che immagino per il nostro Paeseè un modello “inclusivo”, è un fare sistema tutti insieme. Perchésempre le costruzioni che uniscono le forze, le visioni, che met-tono in sinergia interessi e prospettive differenti, sono le più solidee le più capaci di resistere alle tempeste della vita e della storia.

In questo contesto come vede il ruolo della Croce RossaItaliana?Il ruolo della Croce Rossa Italiana è prezioso proprio in una taleprospettiva. Un’istituzione che unisce, che guarda alla complessitàdel mondo - del mondo di casa nostra e di quello globale - conuna visione aperta e solidale, ecco un segno importante per la so-cietà in cui viviamo e ancor più per quella in cui vivremo nel futuro.

Lei è stato insignito del Premio Carlo Magno, un presti-gioso riconoscimento attribuito a persone e istituzioniche si sono particolarmente distinte nella promozione di

“IlruolodellaCroceRossaIta-lianaèpreziosoproprioinunataleprospettiva.Un’istituzionecheunisce,cheguardaallacomplessitàdelmondo”

L’INTERVISTA

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©MarkoKokic

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L’INTERVISTA

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un’Europa unita e nella diffusione di una cultura di pacee di dialogo. In questa ottica come vede il futuro del-l’Europa?Il futuro dell’Europa lo decideremo noi europei. E scelte chiuse,meschine, prive di visione, potrebbero anche condurre a un’Eu-ropa irrilevante, fuori dalla storia, avulsa dal respiro del nostrotempo globale. Da parte mia credo che l’Europa non possa vivereper se stessa. Il mondo ha bisogno dell’Europa, del suo umanesimo,della sua forza ragionevole, della sua capacità di mediazione e di

dialogo, delle sue risorse, della sua cultura. Schumann, padre fon-datore dell’Europa, scriveva: «L’Europa unita prefigura la solida-rietà universale del futuro». L’Europa nel mondo è un segno dipace. L’Europa, una e molteplice, realizza la civiltà del convivere.È la civiltà che tante volte manca a un mondo che reagisce con gliscontri di civiltà e di religione; che manca a un’economia disumana,senza quel quid che viene dall’umanesimo di tradizione europea.

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in ambito di prevenzione mediante l’attuazione di un programma

di sensibilizzazione e di educazione. Le informazioni per preve-

nire e per combattere l’infezione sono state divulgate ad una

platea di 7.675 persone. Presso il Red Cross Kids Club viene of-

ferto un pasto nutriente ai bambini in maggiore difficoltà, spesso

l’unico della giornata.

Analoga iniziativa è stata estesa in Estremo Oriente. La Croce

Rossa Cinese, oltre a promuovere una campagna di preven-

zione rivolta all’intera popolazione, ha sostenuto oltre 354 fami-

glie colpite distribuendo trattamenti farmacologici anti-retro virali

e facendo esami del sangue, così che i malati potessero con-

trollare il virus e rimanere in buona salute.

Importante e in netta crescita è l’impatto del programma nella

zone oggetto dell'azione. Sono stati aiutati oltre 39.109 individui

affetti da HIV /AIDS e le famiglie più vulnerabili, con i loro mem-

bri gravemente colpiti dall’HIV, hanno ricevuto un sostegno vitale

dalla Croce Rossa.

La Federazione Internazionale della Croce Rossa e della Mez-

zaluna Rossa (IFRC) è uno dei sei partner di Land Rover nel Glo-

bal Humanitarian & Conservation Partners, all'interno del

programma Land Rovers’ Our Planet.

Nel 2010, l’IFRC e Land Rover hanno lanciato una partnership

triennale chiamata “Reaching Vulnerable People Around the

World”. Tra i numerosi progetti globali, l'iniziativa fornisce il sup-

porto ai programmi della Croce Rossa nella lotta alla HIV in Sud

Africa ed in Cina.

Il Sud Africa è una delle nazioni maggiormente colpite. Ogni

giorno 100 persone muoiono di malattie legate all’AIDS e 5,6

milioni hanno contratto l’HIV. Nel KwaZulu-Natal, una delle re-

gioni più povere del Paese, un bambino su cinque ha perso uno

o entrambi i genitori a causa di questo male.

Nell’ultimo anno, insieme a Land Rover, la IFRC ha aiutato 240

orfani e bambini in difficoltà e offerto assistenza domiciliare a

271 persone affette da HIV fornendo cibo, generi essenziali per

la famiglia ed abbigliamento. Importante il contributo dato anche

LAND ROVERSOSTIENE LA

LOTTA ALL'AIDSCON LA FEDERAZIONE

INTERNAZIONALE DELLA CROCEROSSA E DELLA

MEZZALUNA ROSSA

PAGINA A CURA DI INCE MEDIA

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PRIMO PIANO

LA COMUNITÀ EBRAICA ATTRAVERSO LE PAROLE

DEL PRESIDENTE RICCARDO PACIFICI

La sfida che dovrà affrontare la società italiana ed europea, saràquella di saper cogliere le opportunità che si presentano, le spinteche arrivano dalle nuove migrazioni e il saper affrontare l’ingressodi masse di uomini e donne disperate che immaginano di trovarein Italia ed Europa una speranza. Noi pensiamo che questa spe-ranza esista e qualora mancasse, dobbiamo far sì che venga co-struita. Immaginare di chiudere e blindare le nostre frontiere,significa non aver compreso che queste saranno lo spartiacque diuna Europa che ha voglia di crescere e invertire la rotta del declinoe del calo demografico a cui, con remissività, ci stiamo abituando.Le nuove immigrazioni possono e debbono essere colte anchecome l’opportunità di arricchirci culturalmente ma anche di sapercompetere con nazioni che prima di noi hanno saputo utilizzarequeste masse migratorie come un modello di sviluppo, ci riferiamoin particolare agli Stati Uniti d’America e alla città di New York inprimis.Nello stato di Isarele per esempio, negli anni ‘90 a seguito del-l’abbattimento del Muro di Berlino e dell’opportunità degli ebreirussi di lasciare il loro paese nativo, sono arrivati circa un milionedi persone in un paese, come quello dello Stato ebraico, che al-l’epoca contava circa cinque milioni di abitanti. Per fare un altroesempio, è come se in Italia fossero ritornati a casa dieci milioni diitalo americani. Tra loro vi erano indubbiamente disperati e gentemolto povera ma il livello di istruzione in ogni campo ha fatto si chetale sforzo di accoglienza sia poi diventato il motore di un piccoloPaese che oggi, anche grazie a questa ondata migratoria, è al-l’avanguardia nel settore della ricerca scientifica e tecnologica eche ha la più alta percentuale di premi Nobel rispetto al numerodei suoi abitanti.Tali sfide debbono purtroppo conciliarsi con il tema più delicato espesso odioso, quale la xenofobia, oltre agli egoismi, le lotte sociali,la disoccupazione, la paura del diverso, e sopratutto il razzismo.

I pregiudizi e luoghi comuni a cui stiamo assistendo, collegano l’im-magine degli immigrati a risorse che sottraggono il lavoro, pensieroche degenera con lo stereotipo dell’italiano che non ha più vogliadi svolgere lavori domestici o di assistere anziani e bambini. Altroluogo comune, rivolto a persone di diverse nazionalità, comportache spesso si arrivi a pensare che gli albanesi commettano atti diviolenza contro le nostre donne o che i rumeni si ubriachino e pro-vochino incidenti automobilistici. Ancora peggiore è il pensiero chetutti i musulmani siano dei fanatici estremisti e terroristi. Per nonparlare poi di noi ebrei che, pur non essendo immigrati, siamo pereccellenza gli stranieri fra tutti, magari dimenticando che, per esem-pio, molti ebrei hanno costruito e contribuito all’unione dell’Italia.Ovvio che possano esserci persone di altre nazionalità che rubanoa bordo degli autobus o che commettono atti di estrema violenza,ma ciò non significa che tutte le persone di queste nazioni siano di-soneste o capaci solamente di delinquere.La nostra sfida è preparare le persone già nelle scuole a saper co-gliere la ricchezza dei fenomeni migratori, aiutando tali popolazionia integrarsi nel nostro Paese. Ad ognuno di loro bisogna insegnarela nostra lingua, quale miglior mezzo per evitare incomprensioni e,allo stesso tempo, prepararle a conoscere le nostre leggi e i nostrivalori, iniziando dalla Costituzione.Nel contempo è necessario anche saper respingere coloro chesfruttano questi flussi migratori per venire a delinquere o peggio an-cora per commettere azioni legate al terrorismo internazionale.Solo coniugando valore e accoglienza, un principio cardine del-l’etica ebraica, la conoscenza dell’altro e l’integrazione con l’esi-genza della sicurezza dei cittadini, possiamo lasciare una speranzaper un futuro migliore ai nostri figli. Sopratutto ai figli dei nuovi cit-tadini italiani.

Conoscenzadell’altro eintegrazioneper un futuromigliore

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RiccardoPacificiPresidenteComunitàEbraica

di Riccardo Pacifici

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PRIMO PIANO

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La grande prova di solidarietà e di generosità mostrata più volte

dalla gente comune e dalle ong italiane nelle difficili realtà del-

l'immigrazione, non ci può far ignorare taluni suoi risvolti amari, ov-

vero, l'affiorare di sentimenti razzisti, di vessazioni economiche nei

confronti dei più deboli.

All'interno di questo magma “esplosivo” va posta maggior atten-

zione ad una particolare forma di intolleranza, l'islamofobia, di cui

ad esempio il caso di Neila e Nadia, a Monterotondo, per citare

l'ultimo episodio, ne evidenzia tutta la viltà. Nel corso degli ultimi

venti anni da vari paesi del Nordafrica, dall'Asia e dai Balcani, sono

arrivati uomini, donne, anziani e minori, in un numero tale da far

quotare i fedeli dell'islam come la seconda religione di fatto del

Belpaese. Ci si può rendere facilmente conto come ciò sia una po-

sizione impegnativa per ambedue le “parti”, nella necessità reci-

proca di sforzi per imbrigliare estremismi. È indubbio che l'attacco

terroristico dell’11 settembre 2001 ha fornito la base, per così

dire, alla vulgata mediatica o alla pubblicistica per dipingere i mu-

sulmani come fanatici, violenti ed essere percepiti da settori della

popolazione come degli invasori, in cui minareti e moschee – e

perfino i kebab – sarebbero gli effetti di questa conquista terri-

toriale.

Il risultato evidente, a proposito di esecrabili fatti di cronaca nera,

è l'accentuazione nel “discorso pubblico” della preoccupazione, in

modo spesso esclusiva, da cui far dedurre la diversità, la volontà

dei musulmani di vivere separati dal resto della popolazione; le

considerazioni implicite del tipo: “tutti i musulmani ucciderebbero

la figlia disobbediente”, “tutti i musulmani costringono mogli e fi-

glie a portare il velo”, “tutti i musulmani aderiscono al Jihad”, por-

Come imbrigliare l'islamofobia

©AndreaStrummiello

OmarCamiletti–sociofondatoredel“TavoloInterreligiosodiRoma”

di Omar Camiletti – socio fondatore del “Tavolo Interreligioso diRoma”, collaboratore della Grande Moschea di Roma e del CentroIslamico Culturale d’Italia

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tano a giudicare i musulmani incompatibili e refrattari alla convi-

venza sociale e civile.

Il segno che si sia in presenza di islamofobia non risiede nella cri-

tica a questo o a quell'aspetto dell'islam e dei musulmani, cosa in

sé pienamente legittima al pari di ciò che si può pensare per ogni

religione, filosofia o politica. Al di là dell'insultare, offendere e de-

ridere la figura e l'opera del Profeta dell'islam, come è avvenuto

in più occasioni – ricordiamo il caso delle vignette danesi – che

possiamo far rientrare nella problematica della blasfemia, dob-

biamo essere avvertiti su quanto la propagazione di pregiudizi, ste-

reotipi e soprattutto di generalizzazioni, costituisca un grave rischio

per la nostra società. Infatti, la storia tragica del '900 ci dovrebbe

trovare più cauti.

Speranze tuttavia allignano nella stessa vita politica a partire dal-

l'iniziativa del Ministro Andrea Riccardi nel promuovere la Confe-

renza permanente “Religioni, Cultura e Integrazione” alla quale

partecipano le principali organizzazioni islamiche, fra cui spicca la

Grande Moschea di Roma. Favorire programmi di conoscenza, nelle

scuole in particolare e consentire, secondo i principi costituzionali,

il massimo della libertà religiosa sono questi temi che le comunità

islamiche si aspettano di veder affrontati.

La Grande Moschea di Roma si è particolarmente attivata nella de-

licata missione intrapresa da alcune aziende ospedaliere romane di

accogliere al meglio degenti di diverse fedi religiose. Per esempio,

il documento d'intento realizzato dall’ospedale Santo Spirito con un

opuscolo che illustra l'atteggiamento dei fedeli di fronte alla ma-

lattia e anche il San Camillo-Forlanini con la stipula di un protocollo

che permette di agevolare l'assistenza spirituale, un compito a cui

si dedica il tavolo interreligioso di Roma. La questione invece spe-

cifica ai media è emersa durante un recente convegno svoltosi a

Roma (“MEDIAMente diversi. Giornalismo e immigrazione in Italia e

in Europa”) in cui si è delineata la necessità di inserire giovani delle

seconde generazioni nel settore dell'informazione. Gli argini al-

l'islamofobia si costruiscono anche cosi.

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PRIMO PIANO

IL PARLAMENTO EUROPEO, NELLA RISOLUZIONEDEL 25 MARZO 2010, HA ESPRESSO FORTI PRE-OCCUPAZIONI DINANZI ALLE DISCRIMINAZIONI DICUI I ROM SONO VITTIME NEI SETTORI DEL-L’ISTRUZIONE (IN PARTICOLARE LA SEGREGA-ZIONE), DELL’ALLOGGIO (SEGNATAMENTE LEESPULSIONI FORZATE E LE DIFFICILI CONDIZIONI DIVITA), DELL’OCCUPAZIONE (INGRESSO AL MONDODEL LAVORO) E DELLA PARITÀ DI ACCESSO AI SI-STEMI DI ASSISTENZA E CURA.

Ma chi sono e perché si trovano in Europa e in Italia le popolazionirom e sinte? Nel nostro Paese la prima presenza di comunità zin-gare è descritta da una cronaca del 1422 registrata presso la cittàdi Bologna, cui seguono documenti che ne confermano la presenzaa Forlì, Roma e in altri centri. Sono gli esiti del successo ottomanonella battaglia del Kosovo (1389) e della penetrazione nei territoriBalcani, che avrebbe portato all’approdo di comunità rom unita-mente a minoranze albanesi (o Arbëreshë) e croate attraversol’Adriatico. Tracce di questa presenza sono tutt’oggi ritrovabili trai “rom abruzzesi” (storicamente calderai e sensali, sedentari ma ra-mificati in diverse regioni e nelle grandi città) che costituiscono ilgruppo numericamente più importante tra i rom di antico insedia-mento, insieme al cosiddetto gruppo di “rom calabresi”.Il popolo sinto, sottogruppo considerevole nella macrocategoriadegli zingari, suddiviso e classificato etnicamente in base alla re-gione di stanziamento, è tradizionalmente dedito allo spettacoloviaggiante e all’artigianato. Si distingue dal sottogruppo rom per unavariante fortemente germanizzata della lingua romanes, che provala maggiore presenza in età moderna nei territori tedeschi ed unpassaggio in Italia attraverso le Alpi.

Rom ediscriminazione

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di Marco Accorinti - ricercatore IRPPS-CNR, Delegato tecnico delCommissario Straordinario per la progettazione Rom e Senza Dimorae Alessandro Pistecchia - Dottore di ricerca in Storia d’Europa, Coor-dinatore dell’intervento del Comitato Locale CRI Roma presso il Vil-laggio attrezzato di Salone

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In seguito a flussi migratori intermittenti tra la fine del secolo XIX el’inizio del XX, alle comunità di antico insediamento si aggiungonoi rom cosiddetti Vlax, provenienti dalle terre romene ed affrancatidalla schiavitù, abolita nel biennio 1855-86 in Moldavia e Valac-chia. Tra questi troviamo diversi sottogruppi (Ciurari, Ursari, Ru-dari, Kaldersaa e Lovara), insieme ad altre comunità di origine slavacome i rom sloveni, croati ed istriani.Ma in tempi più recenti, il conflitto nella ex Jugoslavia ha dato ori-gine al flusso di consistenti comunità, tra cui i rom xoraxané (mu-sulmani) e dashikané (cristiano ortodossi) da Serbia, Montenegro eBosnia, già protagonisti di movimenti migratori verso l’Italia tra glianni Sessanta e Settanta con l’avviamento della politica dell’auto-gestione della Jugoslavia titoista. Le più recenti migrazioni hannovisto un crescente transito di rom di origine romena (tra i quali Ru-dari, Caldarari, Lautari e Spoitori della Dobrugia), con altri gruppimimetizzatisi con i connazionali migranti economici. Tale flusso, conl’ingresso in UE di Romania e Bulgaria ha registrato un picco dal2007, a causa della facilitazione della regolarizzazione dei docu-menti di soggiorno. I rom rumeni si sono insediati principalmentenelle periferie delle grandi città, frequentemente in accampamenti

abusivi.In conclusione possiamo dire che parlare di “zingari”, o “rom”, de-finire sottogruppi per mestiere, provenienza o reti parentali èun’operazione assai problematica, trattandosi di gruppi cultural-mente distinti ed eterogenei, che praticano diverse strategie di in-serimento socio-economico. Il nomadismo, l’utilizzo della linguaromanes, il rispetto di specifici rituali funerari, la credenza nella di-cotomia puro/impuro, la risoluzione delle controversie attraversotribunali ritualizzati, sono stati più volte tenuti in considerazione perstabilire il tratto fondamentale dell’identità romanì. I tentativi sisono dimostrati sempre vani, tanto che l’unico carattere ricono-sciuto come sufficiente e necessario all’individuazione dell’etnicitàrom sembra essere la considerazione negativa dei non zingari (gagé)verso gli zingari.Quali sono le condizioni di esclusione e di mancata integrazione so-ciale delle popolazioni rom e sinte?La comunità romanì non gode di riconoscimento della legislazioneitaliana come gruppo etnico-linguistico e ciò rende problematicoil rafforzamento della tutela dei diritti delle comunità per favorirel’integrazione e attenuare i profondi sentimenti generali di ostilità.L’esclusione e lo stigma antigitano hanno radici profonde e com-plesse: la percezione dell’opinione pubblica resta generalmente ne-gativa (anche rispetto ad altre comunità straniere, peraltro) ed ètesa all’equazione rom=criminale, mentre la valenza antipopolaredegli interventi a favore delle comunità rom contribuiscono allamancata applicazione delle tutele normative in ambito scolastico, sa-nitario, occupazionale, abitativo.Esistono tuttavia dei tentativi e dei progetti tesi alla sensibilizza-zione e alla lotta contro l’etnocentrismo e lo stereotipo antizin-garo, che mirano ad un’attenuazione dell’ansia collettiva e dei suoidevastanti effetti.La CRI, impegnata con volontari e professionisti, da anni a fiancodelle popolazioni rom più vulnerabili e marginalizzate, supportal’autonomia e la partecipazione delle comunità rom, con forme diassistenza diretta. Inoltre, nel rispetto del principio fondamentaledell’umanità, riconosce e sostiene i diritti fondamentali contrastandoil processo di disumanizzazione dei rom, spesso non percepiti comeindividui, e i miti che hanno giustificato in passato comportamentivessatori e pratiche genocidarie.Gli interventi di sostegno della CRI, oltre a favorire l’inclusione so-ciale e la tutela sanitaria delle comunità rom più vulnerabili, rap-presentano un messaggio per la popolazione non rom, unostrumento simbolico di prossimità verso l’altro che può favorire larottura di barriere culturali e paure immaginarie.In linea con la sua storia e con l’intervento promosso da molti vo-lontari in Italia, la CRI, coinvolta per l’elaborazione della strategiaitaliana volta all’inclusione di rom, sinti e caminanti, ha fornito uncontributo tecnico di rilievo all’elaborazione del testo recente-mente inoltrato dal Governo alla Commissione Europea. L’operadi inclusione delle comunità romanì può realizzarsi solo attraversouna duplice azione: favorendo il coinvolgimento e la partecipa-zione della popolazione e continuando l’opera di sensibilizzazionee di distruzione del pregiudizio presso i “gagé”.

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DISCRIMINAZIONE È OMOFOBIA, È TRANSFOBIA E

CIOÈ ODIO, DISGUSTO E VIOLENZA.

Omosessuali, lesbiche e transessuali ne sono vittime, sia in queipaesi che si confrontano con più serenità rispetto al passato con i“curiosi” affetti persone dello stesso sesso (perché amare è essen-zialmente essere gay) sia, più visibilmente in quelli dove i nostriamori sono ancora puniti con la pena di morte, con l’arresto e ilcarcere.E il nostro paese, che è tra quelli che il 17 maggio di ogni annocelebrano la Giornata internazionale contro l’omofobia e la tran-sfobia e che hanno incominciato a confrontarsi con l’omosessualità,resta a metà del guado dilaniato tra pregiudizi su “ricchioni” e“lelle” e spinte, anche favorite dal movimento lgbt, e cioè lesbico,gay, bisessuale e trans, verso un futuro più accogliente per tutti. Maquanta fatica.Mentre le cronache ci informano di uccisioni barbare di omoses-suali all’estero, è il caso di Daniel Zamudio, un giovane omosessualecileno segregato e ucciso da un gruppo neonazista o di David KatoKisule, attivista gay ucciso a martellate in Uganda per il coraggio diessere se stesso, uomini che diventano simboli di lotta per la li-bertà, assistiamo in Italia ad una miriade di atti di vergognosa di-scriminazione.Un gruppo di ragazzi gay viene pestato in discoteca in provincia diVerbania, un ragazzo gay è inseguito e insultato per strada a Napoli,un anziano omosessuale subisce un’estorsione, e un giovane vieneapostrofato come “checca” da un bullo e abbandona la scuola,una donna perde il lavoro perché ama una donna, mentre si rin-corrono le dichiarazioni omofobe di questo o quell’esponente po-litico o di una importante giornalista dalle tribune della TV

nazionale. E poi c’è il web, dove apre un nuovo gruppo antigay suFacebook, dove la diffusione di odio è facile quanto un click.Ma questa è la punta dell’iceberg di un fenomeno dai contornisfuocati: la discriminazione lgbt, per sua natura non emerge, non èdenunciata nel meccanismo discriminatorio più classico: la vittimanon denuncia né assume visibilità per evitare altra violenza, che co-munque arriverà.È uno stillicidio quotidiano, che ho scelto di raccontare anche conalcuni scatti ripresi dai muri di diverse città italiane e raccolti da En-cilopegaya.com, inoffensivi all’apparenza ma di una potenza evo-catrice senza pari nella loro brutale e gratuità volgarità. E nel lororicordare ad ogni omosessuale e lesbica il disgusto ancora troppodiffuso e profondo nella società italiana.È un disgusto che accompagna generazioni di uomini e donne, gio-vani e anziani, gay, lesbiche, transessuali, che continuano e essereemarginati nel silenzio di biografie e identità rifiutate e stravolte, ov-vero condannate (o autocondannate) al disprezzo, fino alla vio-lenza, alla tortura, all’assassinio.E la discriminazione antigay italiana, certificata, se proprio ce nefosse bisogno, in ambito istituzionale da una recente “Relazionesulla discriminazione in Italia” diffusa da UNAR, l’agenzia antidiscri-minazioni italiana, o da un libro bianco sull’omofobia che è a di-sposizione sul sito di Arcigay e che aggiorniamo ogni anno. È unapiaga che chiede risposte istituzionali e personali, dall’intimo diogni individuo.Le istituzioni dovrebbero offrire al Paese una legge che non c’è:gli omofobi italiani, a differenza dei razzisti, sanno di poter agire im-punemente tanto i codici italiani sono privi di qualsivoglia tutelaper le vittime.Ogni individuo deve riflettere su quanto la tolleranza e il rispettodella dignità degli omosessuali esattamente come quella di donne,ebrei, islamici, cattolici, le persone di colore, gli handicappati, imalati, grassi, magri, alti o bassi (e chi più ne ha più ne metta) sonovalori non negoziabili per il pieno compimento della democrazia eun parametro di autentica realizzazione della Costituzione nellaquale ci riconosciamo. E che meno omofobia è sempre meno san-gue versato, meno ferite e meno morti.

Discriminazioniantigay

©GiovanniDall’Orto/enciclopegaya.com

di Paolo Patanè - presidente nazionale Arcigay

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Secondo l’Organizzazione Mondiale di Sanità (OMS) 25 milioni dipersone nel mondo soffrono di gravi forme di tossicodipendenza.Comportamenti errati, personalità fragili, ambienti di vita partico-lari, tante possono essere le concause di una storia di dipendenza.È certamente questo un modo di vivere sbagliato, che porta gioiatemporanea ma poi, inevitabilmente, il dolore. La gente preferiscenon vedere, non parlare, dimenticare l’esistenza dei tossicomani edi solito ci riesce a meno che non si tratti di un proprio parente odi un amico stretto.Un’altra patologia che ha creato allarme sociale è l’AIDS. Tossico-dipendenti e malati di AIDS sono persone considerate diverse, dacui tenersi alla larga, eppure sono solo esseri umani che come mag-giore colpa hanno quella di avere scelto comportamenti sbagliati,come i tossicomani, o che soffrono di una malattia infettiva, comel’AIDS. L’AIDS e la tossicodipendenza sono in qualche modo legate fra di

loro per via dello scambio di siringhe, pratica questa che ha de-terminato in alcuni paesi europei l’esplosione dell’epidemia HIV fratossicomani all’inizio e, dopo il suo passaggio alla popolazione ge-nerale, attraverso i rapporti sessuali non protetti.Della tossicodipendenza e dell’AIDS i mass media non parlano senon in maniera allarmistica, lasciando così che la paura basata sul-l’ignoranza dilaghi e che della prevenzione si occupino, in manierainsufficiente in quanto forzosamente limitata, solo gli esperti. Lagente ha paura dei tossicomani, ha paura della gente malata diAIDS. Questa paura nasce dall’ignoranza, dal non sapere in cosa ef-fettivamente consistono questi problemi, come possono essere pre-venuti e come poter aiutare queste persone a vivere in condizionirispettose della loro dignità umana.Vista la difficoltà dei Governi a risolvere questi problemi e l’emer-genza sociale e sanitaria che ne consegue, il Movimento Interna-zionale di Croce Rossa ha scelto di aiutare le persone più vulnerabilifra quelle colpite da TD e AIDS. La pratica di eccellenza sviluppatain questo campo con 36 anni di attività a Villa Maraini in Roma periniziativa del dr. Massimo Barra e sotto l’egida della CRI è divenutaun modello per tutto il Movimento Internazionale di Croce Rossa,e a questo esempio di buona pratica le Società Nazionali interes-sate possono ispirarsi per intraprendere nuove attività o poten-ziare quelle in essere nel loro Paese. 34 SN e rappresentanti dellaFederazione di tutto il mondo hanno partecipato a corsi intensivia Villa Maraini in un programma che vede la CRI promotore e laFederazione coordinatore.Che la Croce Rossa si occupi dei drogati e dell’AIDS è un ele-

Se la diversità si chiama dipendenzadi Fabio Patruno - Presidente network europeo ERNA (European RedCross / Red Crescent Network on HIV, AIDS and TB), tra i fondatori diVilla Maraini, Servizio Operazioni Internazionali e Attività Sociali Sani-tarie - Desk Riduzione del Danno.

UnoscorciodelgiardinodellaVilla

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Duranteunalezione

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mento che muove le coscienze dei popoli e dei Governi. Questepersone discriminate dalla Società vengono finalmente riconosciute“malate” e quindi meritevoli di assistenza e di ricevere quello di cuihanno bisogno per la loro condizione di vulnerabilità, esse nonsono più solo degne di attenzione in quanto criminali da condan-nare o malati infettivi da isolare.I servizi che noi promuoviamo vogliono raggiungere i più vulnera-bili, noi non ci limitiamo ad assistere coloro che vengono a chie-dere aiuto al nostro centro, costoro hanno già maturato il seme delcambiamento, ma andiamo sulla strada, nei sottopassaggi, nelle sta-zioni, negli angoli più nascosti della città, a raggiungere coloro chevivono completamente rinchiusi ed isolati nel mondo della droga.

Costoro vivono come fossero in una sorta di limbo dove l’unicapreoccupazione è procurarsi la dose successiva e non si pongonoil problema di avere con sé una siringa sporca o non averla affattoed usare la prima che capita. L’esperienza di Villa Maraini ha di-mostrato che se si avvicinano queste persone accogliendo il lorodolore senza giudicare, ma fornendo loro il contatto, il sostegno,le opportunità e gli stimoli per una ripresa, in breve “accompa-gnandole” il miracolo può accadere! Con tempi e modi diversi per-ché ogni storia è differente e ogni persona deve poter fare le suescelte, a noi il compito di fornire le più adatte modalità di assi-stenza, cura e riabilitazione.

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MassimoBarraFondatoreVillaMaraini

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La diversità è un concetto positivo e negativo assieme, a secondadel valore che ognuno di noi le attribuisce in determinate situazioni.La diversità può generare sentimenti avversi oppure può diventareuna vera e propria ricchezza attraverso lo scambio ed il confrontoche genera con l’altro.Nel nostro Paese il “diverso” fa ancora paura. “Diverso” viene con-siderato non solo chi appartiene ad un’altra etnia, parla un’altra lin-gua o professa un’altra religione, ma anche chi ha una disabilità.Permangono barriere culturali che non permettono di affrontarecon maggiore serenità il problema della diversità e generano cosìpregiudizi e discriminazioni.È necessario pertanto favorire un cambiamento culturale che vedenella diversità un valore aggiunto, non un ostacolo ma una risorsa.L’articolo 3 della nostra Costituzione recita:“Tutti i cittadini hannopari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzionedi sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, dicondizioni personali e sociali”.Tutti siamo diversi e proprio perciò tutti siamo uguali e l’uguaglianzaimplica, quindi, pari dignità e pari opportunità. La diversità uniscee arricchisce la collettività; sono le differenze che invece separano

e creano disuguaglianze. Tutti siamo unici e perciò a tutti, proprioper la unicità che viene rappresentata, deve essere garantito di vi-vere la propria vita e l’ambiente in cui s’interagisce senza problemi,ostacoli, senza discriminazioni. Ognuno di noi è portatore di un“modello individuale” che arricchisce e contribuisce a realizzare unconfronto costruttivo ed un’appartenenza.Ecco perché FIABA si propone di abbattere tutte quelle barriere,da quelle architettoniche a quelle culturali, psicologiche e senso-riali, che precludono la possibilità di godere e di vivere l’ambientein tutte le sue forme e caratteristiche.Dalla sua costituzione FIABA sta tracciando un percorso che toccae si prospetta verso tutti gli ambiti della vita per affermare unanuova visione di welfare che consideri al primo posto la “qualitàdella vita” per tutti.Per questo promuove la fruibilità universale e la progettazione diambienti totalmente accessibili secondo i principi della Total Qua-lity e dell’Universal Design, che non si limitano solo all’eliminazionedelle barriere ma che hanno anche come obiettivo quello di eli-minare la “discriminazione della progettazione” e di fornire unapiena partecipazione sociale a tutti i membri della società. Di ciòne beneficeranno non solo le persone con disabilità ma tutta lapopolazione in quanto la disabilità è una condizione che può ri-guardare tutti noi in qualsiasi momento della nostra vita in modotemporaneo o permanente. Un ambiente accessibile e fruibile, nonsolo da chi ha un’esigenza particolare, è un ambiente che eleva laqualità della vita di tutte le persone ed è garanzia per l’afferma-zione delle pari opportunità. Se si riducono le possibilità di sceltaanche la qualità della vita si riduce; senza una piena ed effettiva par-tecipazione ed inclusione all’interno della società, si ledono i di-ritti umani, il rispetto per la dignità della persona.

È la diversità che accomunadi Giuseppe Trieste - Presidente FIABA (Fondo Italiano Abbattimento Barriere Architettoniche)

GiuseppeTriestePresidenteFIABA

PRIMO PIANO

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La Caritas (alla quale successivamente si è unita la Fondazione Mi-

grantes), pur avendo una funzione prettamente religiosa come or-

ganismo della Conferenza Episcopale Italiana, si è sentita coinvolta

fin dall’inizio nella promozione umana dell’immigrazione in Italia. In

particolare, questi due organismi pastorali hanno ritenuto oppor-

tuno favorire l’approccio statistico all’immigrazione come rimedio

al pericolo di un suo inquadramento aprioristico, parziale e con-

troverso, non tanto in occasione delle prime due leggi sull’immi-

grazione (n. 943 del 1986 e n. 39 del 1990), approvate con una

larga maggioranza parlamentare, quanto negli anni successivi, ca-

ratterizzati da una forte contrapposizione tra i diversi schieramenti

politici e i cittadini, come è stato riscontrato in occasione delle

successive leggi (n. 40 del 1998 e n. 189 del 2002) e, special-

mente, del cosiddetto “pacchetto sicurezza”(Legge 94/2009).

L’equipe del “Dossier Statistico Immigrazione” è stata costituita ai

tempi della Legge 39/1990, quando era diffuso l’interesse al

nuovo fenomeno mentre i dati risultavano scarsamente disponibili

e, per giunta, spesso discordanti. Pubblicare un dossier statistico

sull’immigrazione ha significato fin dall’inizio impegnarsi a racco-

gliere il maggior numero di dati per compendiarli in tabelle e pre-

sentarli con una breve introduzione finalizzata a facilitarne la lettura,

distinguendo il compito dei redattori da quello dei promotori Ca-

TESTIMONIANZE

Oltre 20 annidi impegnocontro lediscriminazioniPiù di 20 anni di impegno contro le discrimina-zioni nei confronti degli immigrati: è questa lasingolare esperienza che ho potuto fare nel-l’ambito del “Dossier Statistico Immigrazione”della Caritas e della Migrantes, vedendo manmano questo rapporto annuale concepito e rea-lizzato in ambito ecclesiale, diventare semprepiù un sussidio sempre più utilizzato in ambitoistituzionale e sociale con la creazione di quellesinergie assolutamente indispensabili in questosettore di impegno.

di Franco Pittaucoordinatore Dossier Statistico Immigrazione Caritas Migrantes

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TESTIMONIANZE

ritas e Migrantes che valutano anche le politiche migratorie e, al-

l’occorrenza, le sottopongono a critica.

La visione d’insieme è data non solo dalla ricchezza dei contenuti,

ma anche dall’approccio pluriprofessionale che caratterizza la re-

dazione del “Dossier”, composta da esperti in vari discipline umane.

Dai singoli dati si arriva alle linee strutturali del fenomeno migra-

torio, sia a livello di territori che di collettività. Se si individuano

le linee strutturali, si riesce a cogliere ciò che veramente conta nella

comparazione tra i differenti territori e le differenti collettività. Il

fruitore delle statistiche viene posto in grado di ripercorrere per

suo conto il processo conoscitivo, non solo perché gli si fa leggere

l’introduzione ragionata di chi ha curato il testo, ma anche perché

vengono messe a disposizione le tabelle con i dati indispensabili per

verificare criticamente la metodologia seguita.

Dalla lettura quantitativa si può passare a quella qualitativa: è que-

sto lo sforzo che compiamo, dall’inizio del Duemila, insieme al

CNEL che cura gli “Indici di inserimento territoriale degli immigrati”,

in cui gli indicatori statistici vengono accorpati in indici omogenei

e il diverso posizionamento di regioni e provincia dà luogo a pun-

teggi specifici e poi ad un punteggio complessivo. L’integrazione è

e resterà sempre un processo di adattamento delle singole per-

sone, ma ciò non toglie che attraverso i dati così strutturati si pos-

sano individuare i contesti nei quali questo processo risulta di per

sé più agevole.

Certamente la statistica non può essere considerata una via alter-

nativa alle scelte politiche, ma sarebbe sbagliato e fuorviante tra-

scurare la lezione dei numeri. Gli interventi sociali debbono essere

diversamente calibrati a seconda del numero degli immigrati, della

loro ripartizione di genere, della loro età, della loro anzianità di

soggiorno, del vivere o meno in famiglia, dei settori lavorativi di in-

serimento, dei paesi di provenienza e delle relative culture, delle

religioni professate, della situazione culturale ed economica: tutti

questi aspetti si conoscono attraverso le statistiche.

Spesso si rimane invischiati nelle sigle, negli schieramenti culturali o

religiosi, nelle parole d’ordine dei partiti, mentre un orizzonte li-

mitato non consente di cogliere la sostanza del fenomeno e di pre-

pararsi al futuro. Il “Dossier”, con la metodologia improntata alla

riflessione statistica, ha voluto essere un incentivo a consonanze

trasversali. L’immigrazione, pur senza nasconderne i problemi, va

inquadrata al di là delle esperienze personali negative, delle paure

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TESTIMONIANZE

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TESTIMONIANZE

collettive e dei capri espiatori, del sentito dire (magari in televisione

da un politico “autorevole”), dei calcoli elettorali, della paura di

perdere la fede, della sindrome da invasione.

A questo punto viene da chiedersi cosa è cambiato a partire dagli

anni ’90. Si è passati dall’indifferenza iniziale, all’emergenza e alla

preoccupazione nel corso degli anni ’90, e a partire dall’inizio del

secolo alla sistematizzazione in positivo o in negativo. Una buona

parte della popolazione ha capito che con l’immigrazione si deve

convivere e se ne è fatta una ragione, dando anche esempi ammi-

revoli di lavoro fatto per gli immigrati e con gli immigrati. Un’altra

parte, anch’essa molto consistente, ha radicalizzato le paure e ne

ha fatto un programma, le ha per così dire razionalizzate. L’avver-

sione agli immigrati, anche quando non è diventato un programma

partitico, da questi cittadini è stato ritenuto frutto di buon senso,

qualcosa di scontato, un principio da far valere da chi ama il pro-

prio paese.

Personalmente ritengo che non ci sia bisogno né di sconti verbali

né di altro tipo e chi ha maggiormente approfondito il tema del-

l’immigrazione deve avere una pazienza senza fine e molto ben ar-

gomentata nel parlare agli altri che non sono sulle stesse posizioni.

Con calma bisogna far capire che senza gli immigrati non si può

pensare il futuro dell’Italia. Dagli anni ’90, ormai, il sistema Italia

non tira più, ma ciò non può essere addebitato ai nuovi venuti

stranieri, che avranno anche creato qualche problema sociale (as-

sistenza, casa, scuola ecc.) per le esigenze proprie di ogni essere

umano, ma fondamentalmente hanno rappresentato un aiuto fon-

damentale a livello demografico e occupazionale. Questi aspetti si

possono giustificare con i dati statistici e su di essi bisogna conti-

nuare a far perno per ottenere la convinzione della gente. In Ita-

lia gli immigrati sono una realtà innovativa che può aiutare per il

cambiamento di cui abbiamo bisogno. I cittadini stranieri, molti dei

quali nati in Italia, sono una risorsa del paese e non una presenza

da combattere. Il razzismo è una strategia cieca e, oltre tutto, anche

poco conveniente. Una politica migratoria che non valorizza gli im-

migrati equivale a un grande spreco, mentre dal punto di vista dei

valori ci scredita a livello internazionale e rinnega il passato di oltre

un secolo di emigrazione, durante il quale abbiamo sollevato al-

l’estero le stesse richieste degli attuali immigrati.

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Page 37: Mgazine CRI Giugno 2012 (Croce Rossa Italiana)

I TENTACOLI DELLADISCRIMINAZIONE

a cura di Ludovico Di Meo - Vicedirettore di RaiUno

IN MEDIA

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IN MEDIA

zione più odiosa (semmai fosse possibile una classifica in questo

senso) rimane quella razzista: e in questo caso su giornali e tg viene

ancora - giustamente - segnalata con indignazione. La persona di co-

lore, lo “straniero” in genere, vittima di una discriminazione gua-

dagna sicuramente uno spazio importante sui media. Le ragioni

sono molte: anzitutto la sensazione di aver a che fare con un rot-

tame del passato, roba che sa di ku-klux-klan, croci incendiate,

schiavismo medievale. Con un presidente americano di colore (e

persino con un campionissimo del golf come Tiger Woods!) difen-

dere qualsiasi idea di razzismo è come pensare che sia il sole a gi-

rare attorno alla terra e non viceversa. Eppure, lo sappiamo, il

razzismo più o meno strisciante esiste ancora, non viene espresso

a parole (non sarebbe “politically correct”!) ma con i fatti e gli at-

«Vivere nel mondo di oggi e discriminare qualcuno per sesso, reli-

gione, colore della pelle o quant’altro, è come vivere in Alaska ed

essere contro la neve». Così diceva William Faulkner, il grande scrit-

tore, poeta e drammaturgo, già negli anni ’50. Allora sembrava

che la guerra contro ogni tipo di discriminazione potesse essere

vinta, e in fretta, ma invece così non è stato, e stiamo ancora a

parlarne nel secondo decennio del terzo millennio, come se il

tempo non fosse mai passato. Sembra incredibile come il progresso

tecnologico vada a quadrupla velocità rispetto al progresso civile

e sociale, come se fosse più semplice inventare un telefonino che

abbandonare definitivamente atteggiamenti ed idee sinceramente

indifendibili ed anacronistiche. Dunque la discriminazione esiste an-

cora, e siccome è molto diffusa, non fa più notizia. La discrimina-

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IN MEDIA

teggiamenti quotidiani. Si sussurra all’orecchio dell’amico compia-

cente, ma mai a voce alta. Stessa storia con altre forme di discri-

minazione, come il sessismo o l’omofobia. Difficilmente troverete

persone che davanti ad una telecamera o al taccuino di un gior-

nalista ammettono di odiare i gay o affermano che una donna, nel

lavoro, è considerata una comprimaria.

La nostra società (quella democratica e opulenta, occidentale in-

tendo) ha formalmente accettato le unioni gay o lesbiche, e solo

qualche formazione estremista ritiene gli omosessuali dei diversi

quasi senza diritti. Questa aria nuova ha permesso molti “outing”

da parte di omosessuali, quasi sempre persone famose, che con il

loro gesto (non semplice, non facile) sperano di fare da volano,

di convincere quelli che vivono in segreto la loro condizione, a

uscire allo scoperto, e parlarne con la famiglia e gli amici. Ma que-

sto non succede, almeno non succede con una frequenza che può

indurre a pensare che qualcosa, nella società, sia cambiato. E al-

lora, nonostante la nostra mente moderna, si sorride e si ammicca

vedendo un gay, e addirittura dal

mondo dorato e machista del cal-

cio, lo sport nazionale, arrivano

secche smentite alle voci che vo-

gliono questo o quel campione

“sospettato” di legami omosessuali.

(Il presidente iraniano Ahmadinejad

disse alle Nazione Unite: «Nel mio

paese non esistono omosessuali»).

Nel mondo del lavoro la loro vita

non sempre è facile, anche se qualcuno parla addirittura di “lobby

gay” per definire centri di potere più o meno occulti che facendo

leva sul senso di colpa degli “altri”, impongono scelte ed orien-

tano decisioni. E’ l’altra faccia della medaglia, sinceramente poco

credibile.

Anche la discriminazione verso le donne è dura da morire. Le cro-

nache dei giornali degli anni 50 erano piene di articoli sul delitto

d’onore, la nostra Italia era in pieno medioevo: «le donne de-

vono stare a casa a seguire la famiglia, e non in ufficio», «le donne

che lavorano tolgono posti all’uomo»: discorsi del genere li ab-

biamo sentiti tutti, ancora adesso. In realtà in Italia sono stati no-

tevoli gli sforzi fatti negli ultimi decenni per creare quelle che si

definiscono “politiche di discriminazione positiva”, ovvero creare

i presupposti per avvantaggiare quelle categorie di persone po-

tenzialmente vittime di discriminazione. Si è creata una struttura per

le pari opportunità tra i sessi e si è introdotta in Parlamento la re-

gola delle cosiddette “quote rosa” per garantire quote minime di

presenza femminile nelle rappresentanze politiche ed istituzionali. Al

momento la percentuale di parlamentari donna oscilla, tra camera

e senato, fra il 14 e il 17 per cento. Ancora troppo poco?

Sul fronte europeo l’anno 2007 è stato definito “l’anno europeo

per le pari opportunità per tutti”. Nell’articolo 21 della carta dei

diritti fondamentali dell’Unione europea si afferma che «È vietata

qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso,

la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le carat-

teristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni perso-

nali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza

ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap,

Lecronachedeigiornalideglianni50erano

pienediarticolisuldelitto

d’onore,lano-straItaliaerainpienomedioevo

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l'età o le tendenze sessuali». Nell'ambito d'applicazione del trattato

che istituisce la Comunità europea e del trattato sull'Unione euro-

pea è vietata qualsiasi discriminazione fondata sulla cittadinanza,

fatte salve le disposizioni particolari contenute nei trattati stessi.

Insomma, le istituzioni nazionali ed europee si impegnano a contra-

stare ogni discriminazione verso le donne, ma forse quelle più dif-

ficilmente estirpabili si nascondono in casa, in famiglia: ogni tanto

storie di donne vessate e maltrattate trovano la dignità di pubbli-

cazione su giornali o telegiornali, ma la sensazione - sgradevolissima

- è quella di avere a che fare con la classica punta dell’iceberg.

Sessismo, razzismo, xenofobia, omofobia. La piovra chiamata di-

scriminazione ha tentacoli lunghi e spesso invisibili. I media se ne

occupano, quando la storia fa notizia, e forse è sempre troppo

poco. Come se non sempre l’equazione discriminazione = indi-

gnazione funzionasse a dovere. L’abitudine al malcostume, alle in-

giustizie, al sopruso, condiziona gli animi di tutti e sembra

anestetizzare le coscienze. Fino ad un certo punto: fino a quando,

inaspettatamente, diventiamo noi stessi, magari inaspettatamente,

vittime.

E solo allora, in quell’attimo, prima di reagire o dimenticare in fretta,

realizziamo quanto doloroso e violento possa essere giocare nella

serie B della vita.

IN MEDIA

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acquisire la loro caratteristica impermeabilità, devono volare fino

in Indonesia. Lì infatti subiscono un trattamento denominato

“EPIC” che consiste in un incapsulamento con materiali parti-

colari in modo da formare una vera e propria membrana ag-

giuntiva, così sangue e liquidi biologici non intaccano i tessuti

neanche se vengono compressi sulla divisa.

È per questo che Sergio Erba, titolare dell’azienda, ci riferisce

con una nota di orgoglio che, considerando importantissima l’in-

columità e la sicurezza del personale di Croce Rossa, è lieto di

poter garantire questa protezione grazie all’uso delle divise tec-

nologicamente avanzate della Erbasan.

La Croce Rossa Italiana da un anno ha un nuovo partner che si

occupa della protezione e del benessere dei Volontari durante la

loro instancabile opera di assistenza. Erbasan, ditta leader nel

settore dell’abbigliamento da lavoro, è dal 2011 il fornitore uffi-

ciale di divise e capi di vestiario per i Volontari del Soccorso.

Sappiamo benissimo che la parola d’ordine fra i Volontari è

“emergenza”.

Si lavora in emergenza, ci si occupa di emergenza, si viene av-

visati con il preavviso inesistente che un’emergenza impone.

Sono proprio queste le situazioni che mettono alla prova anche

Erbasan.

Infatti la caratteristica distintiva delle nostre divise è la loro emo-

repellenza sia al contatto che alla pressione, ma questa pecu-

liarità impone una lavorazione lunga e attenta. Per questo

abbiamo sviluppato procedure e tempistiche che ci permettono

di essere pronti ogni volta che il nostro importante partner ne ha

bisogno. Queste divise infatti vengono realizzate in Italia, ma per

CON ORGOGLIOSIAMO PARTE

DI UNA GRANDEFAMIGLIA

PAGINA A CURA DI INCE MEDIA

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www.erbasan.it

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IMPEGNO CONCRETOPER LE PARI OPPORTUNITÀ

siddetta “legge di stabilità”, prevede, tra le altre cose, una serie diincentivi finalizzati a favorire l’occupazione sia giovanile che fem-minile e la ricollocazione del personale in esubero. Ma anche ilD.Lgs. n. 167/2011 (il cosiddetto “Testo Unico dell’apprendistato”)sostiene un nuovo incentivo in favore dei lavoratori in mobilità,quindi anche delle donne, che possono essere assunti con con-tratto di apprendistato, con possibili vantaggi economici e norma-tivi per i datori di lavoro. Ma occupiamoci dell’aspetto femminile.Il Governo con i suoi provvedimenti sia in materia di riforma dellavoro che di legge di stabilità sta promuovendo atti necessari cheabbracciano l’intera materia, dai regimi di orario ai rapporti di la-voro flessibili, al rafforzamento dei servizi fino alle misure per unaeffettiva parità nei trattamenti di genere. In questo contesto stiamovalorizzando l’avviso comune sulla conciliazione lavoro/famiglia sot-toscritto nel marzo 2011 dalle parti sociali: è una batteria di stru-

Coerentemente come è la scelta che mi accompagna nell’eserciziodel ruolo affidatomi di consigliera nazionale di parità, mi correl’obbligo di sottolineare che dalla parte delle donne e del lavoro,vi sono adempimenti già previsti nella legislazione vigente, da at-tuare, che hanno nel Governo una grande attenzione anche nellapredisposizione delle linee del PNR (Piano di riforma nazionale)quale adempimento annuale e soprattutto che sono stati illustrati,in parte, dal Ministro Fornero nella sua programmazione in materiadi politiche di pari opportunità nella audizione al Senato e alla Ca-mera il 24 gennaio scorso e che peraltro ritroviamo confermatenella recente riforma del mercato del lavoro in discussione in Par-lamento.È fondamentale attuare quanto detto anche con politiche antidi-scriminatorie attive.Non solo la normativa, contenuta nella Legge n. 183/ 2011, co-

di Alessandra Servidori - Consigliera Nazionale di parità - Ministero del lavoro e delle politiche sociali

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menti di politica attiva che trovano nell’Osservatorio nazionale sullacontrattazione della Consigliera di parità una ricca raccolta di ac-cordi e nuove prassi in materia di flessibilità e produttività lavora-tiva. Per divulgare e implementare strumenti condivisi per rafforzarela produttività e la flessibilità sui luoghi di lavoro e sostenere cosìl’occupazione femminile, il salario di produttività con le sue age-volazioni previste sia per le aziende che per le lavoratrici e lavo-ratori è una leva fondamentale per sviluppare politiche diconciliazione e quindi maggiore flessibilità produttiva.La Carta delle pari opportunità e uguaglianza sul lavoro che i Mi-nisteri del Lavoro e delle Pari opportunità in collaborazione conla Rete delle consigliere, Sodalitas e importanti realtà associativecome Aidda, Ucid, Impronta Etica e successivamente sottoscritta danumerose aziende, rappresenta un importante strumento di politi-che attive dando ai suoi dieci punti (che coincidono con gli stru-menti dell’avviso comune) una aggregazione tra le parti sociali cheportano beneficio alle imprese e alle lavoratrici .Tra gli obiettivi del decreto “Salva Italia” che peraltro valorizzanoil Piano Italia 2020 per l’occupabilità femminile e i provvedimentiassunti dal precedente Governo, rimane quello di incentivare l’oc-cupazione femminile. In sintesi, gli interventi previsti dalla Manovraper rilanciare il lavoro femminile sono:

Sgravi Fiscali. Sono stati introdotti sgravi dell’Irap (Imposta re-gionale sulle attività produttive) per le imprese che assumerannodonne (oltre che giovani sotto i 35 anni) a tempo indeterminato.Queste imprese avranno la possibilità di dedurre 10.600 europer ogni nuova lavoratrice di sesso femminile. La cifra sale a15.200 al Sud. È un provvedimento che incide sulla domanda dilavoro da parte delle imprese.

Irap Incentivo di natura fiscale. L’art. 22, comma 7, dellaLegge n. 183/2011 prevede un incentivo di natura fiscale che ogniRegione potrebbe attuare a partire dal 2012, strettamente corre-lato alla contrattazione collettiva territoriale od aziendale finalizzataalla produttività, alla qualità ed al miglioramento del servizio. Conl’art. 2 del D.L. n. 201/2011 si è ulteriormente intervenuti in ma-teria prevedendo agevolazioni fiscali nei confronti di chi assume atempo indeterminato personale femminile e giovani al di sotto deitrentacinque anni di età.

Contratti di apprendistato. I datori di lavoro con più di 9 di-pendenti che assumano da gennaio 2012 a dicembre 2016 mano-dopera femminile avranno uno sgravio contributivo del 100% perun periodo di tre anni, del 10% dal terzo anno in avanti.

Contratti di inserimento. È riconosciuto un contributo a tutti idatori di lavoro che favoriscono il lavoro femminile, stipulandocontratti con lavoratrici di qualunque età purché prive di un im-piego da almeno sei mesi e che risiedano in territori con tasso di

disoccupazione superiore al 20% e che superi di 10 punti quellomaschile.

Incentivi di natura economica. Tutti i lavoratori assunti concontratto di inserimento possono essere inquadrati in deminutiofino a due livelli inferiori a quello previsto in applicazione del Ccnl,ai lavoratori addetti a mansioni o funzioni corrispondenti a quelleal conseguimento delle quali è preordinato il progetto di inseri-mento dei lavoratori. Il sotto inquadramento non trova applica-zione per le lavoratrici sopra indicate (lettera e. dell’art. 54, comma1, del D.Lgs. n. 276/ 2003), salvo che non si rinvenga una di-versa previsione nella contrattazione nazionale o territoriale.

Incentivi di natura contributiva. Per tutti gli assunti con con-tratto di inserimento (ad eccezione dei giovani di età compresa trai diciotto ed i ventinove anni - art. 54, comma 1, lettera a) vienericonosciuto un abbattimento della contribuzione a carico del da-tore di lavoro, pari al 25%: la concessione della contribuzione age-

FOCUS

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FOCUS

ticipata dal lavoro delle lavoratrici in stato interessante. A partiredal 1° aprile 2012 saranno la Direzione territoriale del lavoro e laAsl a disporre l’interdizione. Quest’ultima si applicherà in tre ipo-tesi:a. Per il periodo precedente al parto;b. Per uno o più periodi nel caso di gravi complicanze della gra-vidanza o di persistenti forme morbose che si presume possanoessere aggravate dallo stato di gravidanza;c. quando le condizioni di lavoro ambientali siano ritenute pregiu-dizievoli alla salute della donna e del bambino e la lavoratrice nonpossa essere spostata ad altre mansioni.Molto interessante è la parte, in via di definizione, del Ddl del Go-verno di riforma del mercato del lavoro dedicato all’occupabilitàfemminile soprattutto in dimensione proprio antidiscriminatoria.Infatti nel Capo V, Ulteriori disposizioni in materia di mercato dellavoro, art. 55. (Tutela della maternità e paternità e contrasto delfenomeno delle dimissioni in bianco) si prevede:1. Il comma 4 dell’articolo 55 del Decreto Legislativo 26 marzo2001, n. 151, è sostituito dal seguente:“4. La risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di di-missioni presentate dalla lavoratrice, durante il periodo di gravi-danza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre annidi vita del bambino o nei primi tre anni di accoglienza del minoreadottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale,nei primi tre anni decorrenti dalle comunicazioni di cui all’articolo54, comma 9, devono essere convalidate dal servizio ispettivo delMinistero del lavoro e delle politiche sociali competente per ter-ritorio. A detta convalida è sospensivamente condizionata l’effica-cia della risoluzione del rapporto di lavoro”.Segue comma 2, 3,4,5,6,7,8 omissis.

Art. 56 (Sostegno alla genitorialità)1. Al fine di sostenere la genitorialità, promuovendo una cultura dimaggiore condivisione dei compiti di cura dei figli all’interno dellacoppia e per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro,in via sperimentale per gli anni 2013 - 2015:a) il padre lavoratore dipendente, entro i cinque mesi dalla nascitadel figlio, ha l’obbligo di astenersi dal lavoro per un periodo di tregiorni, anche continuativi, ….omissis. Segue b, art 2 a,b, art3 omis-sis.In buona sostanza queste sono le principali novità introdotte inmateria di sostegno all’occupabilità femminile, vero è che alle partisociali e alle consigliere di parità spetta in collaborazione con glienti locali e le parti sociali l’impegnativo compito di far conosceree applicare in un vero meccanismo di mainstreaming interistituzio-nale di genere, ovvero gestione della conoscenza in quanto ele-menti strategici che fanno parte del processo di miglioramento edinnovazione e di governance del mercato del lavoro femminile.

volata comporta anche la rispondenza ai requisiti del regolamentoCe n. 2204/2002 sulle persone svantaggiate e per le donne diqualsiasi età.

Lavoratori e lavoratrici disoccupati o sospesi da almeno24 mesi. L’art. 8, comma 9, della Legge n. 407/1990 prevedeun abbattimento contributivo per trentasei mesi nel caso in cui i da-tori di lavoro assumano a tempo indeterminato disoccupati da al-meno ventiquattro mesi o lavoratori sospesi e beneficiari ditrattamento integrativo straordinario da un uguale periodo. L’age-volazione appare riconoscibile anche in altre ipotesi: in caso di so-spensione del rapporto per astensione dal lavoro a causa dellamaternità, cosa che comporta ‘‘lo spostamento’’ in avanti della frui-zione.

Assunzione a tempo indeterminato di lavoratori e lavora-trici in mobilità. L’art. 25, comma 9, della Legge n. 223/1991,prevede che l’assunzione di un lavoratore iscritto nelle liste di mo-bilità venga incentivata sotto una duplice forma: quella contributivae quella economica. Il Ministero del lavoro, con una nota risalenteal 1999, condivisa dall’Inps, ha ritenuto che in caso di maternitàcon relativa sospensione del rapporto, il datore di lavoro abbia di-ritto ad usufruire dei benefici contributivi, cosa che comporta ildifferimento degli stessi per un periodo uguale a quello della so-spensione.

Lavoratori e lavoratrici che usufruiscono di trattamentointegrativo in deroga - Assunzione a tempo determinatoper sostituzione di lavoratrice in maternità. L’art. 10,comma 2, della Legge n. 53/2000, poi confluito nell’art. 4 delD.Lgs. n. 151/2001, ha previsto incentivi di natura contributiva infavore delle aziende sottodimensionate alle venti unità che assu-mano con contratto a tempo determinato per sostituire lavoratoriin congedo ex art. 4 del D.Lgs. n. 151/2001.

Fondo per il finanziamento. La Legge n. 214 del 22 dicembre2011 - art 24 comma 26 ha istituito presso il ministero del La-voro, Salute e Politiche Sociali il “Fondo per il finanziamento di in-terventi a favore dell’incremento in termini quantitativi e qualitatividell’occupazione giovanile e delle donne”. Il finanziamento sarà ef-fettuato in diverse tranches, distribuite nell’arco temporale 2012-2015. Quest’anno saranno apportati 200 milioni di Euro di risorse,mentre per ognuno degli anni 2013 e 2014 la somma sarà di 300milioni di Euro. Per l’anno 2015 l’ammontare sarà pari a 240 mi-lioni di Euro. Con decreti del Ministro del lavoro e delle politichesociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze,sono definiti i criteri e le modalità istitutive del predetto Fondo.

Astensione anticipata dal lavoro per lavoratrici in stato in-teressante. Si semplifica la procedura per avviare l’astensione an-

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AL SERVIZIODEI RAGAZZIDISABILI,UNA STRUTTURACHE INSEGNAL’AUTONOMIA«Ciao, io sono Marco, del Centro Archimede di Croce Rossa». È

così che ci accoglie uno dei ragazzi ospitati nel centro diurno di via

Ramazzini, a Roma. Nato nel febbraio del 1991 con la denomina-

zione di “Laboratori Arti e Mestieri”, inizialmente la struttura era un

servizio interno al Centro Educativo Motorio (CEM), quale rispo-

sta operativa alla richiesta di inserimento di giovani e adulti disa-

bili. Rispondere alla carenza di servizi per quei ragazzi che dopo la

scuola dell’obbligo non potevano percorrere la strada dell’inseri-

mento lavorativo, con gravi rischi di regressione e isolamento, è il

motivo della nascita di questa importante struttura di Croce Rossa.

Dopo una prima collocazione a Palazzo Mario Riva, sede del CEM

a Villa Maraini, il Centro sposta la propria residenza al primo piano

della cosiddetta “Casa nel Bosco”, sempre all’interno della Villa.

Inaugurati i nuovi locali, la struttura si inserisce nel più ampio ser-

vizio a favore dei diversamente abili svolto dalla Croce Rossa di

Roma. I lavori di ristrutturazione del villino, che ospita il Centro

diurno, hanno consentito di raddoppiare la capacità ricettiva e di

rendere maggiormente accoglienti gli ambienti utilizzati dagli utenti

che potranno rimanervi per alcuni periodi. Il lavoro, svolto da per-

sonale altamente qualificato, tende attraverso l’inserimento in atti-

vità programmate, al mantenimento delle attitudini dei ragazzi e

allo sviluppo delle loro capacità al fine di rafforzarne l’autosuffi-

cienza.

La struttura, inaugurata nel 2006 dall’allora Sindaco di Roma Wal-

ter Veltroni e dal Presidente nazionale della Croce Rossa, Massimo

Barra, è oggi non solo formativa ma anche riabilitativa, e al centro

di ogni azione viene posta esclusivamente la persona. Qui i ragazzi

imparano ad essere autonomi e allo stesso tempo a svolgere lavori.

di Paola Longobardi

©UfficioComunicazioneCRI

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45

FOCUS

©UfficioComunicazioneCRI

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FOCUS COUNTDOWN

46

Gioielli, oggetti in ceramica, sculture in legno e disegni, sono solo

alcuni degli prodotti creati dagli ospiti, che seguiti costantemente

dall’equipe di educatori, svolgono durante l’arco della giornata le

iniziative per cui sono assegnati quotidianamente. Attività ludico ri-

creative e laboratori di arti e mestieri che impegnano i ragazzi di-

verse ore della giornata. Tra questi, anche il giardinaggio e la

manutenzione del verde, esperienza che si estende fino all’inse-

gnamento. Infatti, in collaborazione con le scuole del territorio, gli

ospiti del Centro Archimede, insegnano agli studenti ciò che im-

parano loro stessi attraverso i laboratori di giardinaggio. Iniziativa

di grande successo che permette integrazione e socializzazione, pa-

role chiave che la coordinatrice del Centro intende specificare più

volte. E queste attività di interazione con l’esterno, sono uno stru-

mento molto utile per concretizzare l’inserimento sociale. Attual-

mente, la necessità della struttura è quella di disporre anche dei

locali ai piani superiori della palazzina, per avviare il servizio di re-

sidenza temporanea. «Questo servizio – ha spiegato Antonella Ticca,

responsabile del Centro Archimede – è la fisiologica evoluzione del

percorso che i nostri ospiti compiono, ovvero la possibilità di vivere

in modo autonomo, organizzato e sociale, brevi periodi di tempo

Page 49: Mgazine CRI Giugno 2012 (Croce Rossa Italiana)

FOCUS COUNTDOWN

47

consentirà di proiettare gli educatori e i formatori verso uno sce-

nario di ampliamento dei servizi portando a completamento il ven-

taglio di interventi che il Centro stesso potrebbe ancora offrire ai

propri utenti, in particolare sarà possibile dare una risposta con-

creta ai genitori di questi ragazzi che ogni giorno si domandano che

cosa succederà quando non potranno più occuparsi dei loro figli.

E l’obiettivo ultimo è proprio questo, superare al più presto le

barriere burocratiche per arrivare all’apertura di una Casa Famiglia

che porti all’autonomia e all’emancipazione di tutti gli ospiti del

Centro Archimede.

lontano dalle loro famiglie, sviluppando quindi processi di eman-

cipazione e distacco da queste. Tutto ciò ora sarà finalmente rea-

lizzabile». I ragazzi si sono fatti parte attiva di questa azione

allestendo, nei luoghi da loro desiderati, una mostra aperta al pub-

blico di opere che rappresentassero in modo tangibile come avreb-

bero voluto che fossero trasformati ed utilizzati i locali. Ad oggi

questi ambienti non possono però ancora essere usati, ma una volta

realizzato anche questo passaggio, sarà possibile e auspicabile of-

frire all’utenza maggiori garanzie di ospitalità, nonché di sollecita-

zioni ed esperienze che ne arricchiscano il percorso. Ma soprattutto

©UfficioComunicazioneCRI

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SCRIVE PER NOI

Ero a Mosca quel 25 dicembre del 1991 quando accadde un

evento fino a pochi mesi prima inimmaginabile, la dissoluzione del-

l’Unione Sovietica, un avvenimento epocale che ha concluso in

modo del tutto inaspettato il Novecento. Nessuno in quel momento

poteva pensare allo sconvolgimento che avrebbe provocato nella

vita di milioni di persone che fino a quel momento avevano vissuto

in uno spazio comune dove convivevano più di 170 nazionalità di-

verse. Molti cittadini sovietici, si ritrovarono dalla sera alla mattina,

dopo che le ex 15 repubbliche che formavano l’URSS erano di-

ventate stati indipendenti, a essere stranieri in quella che era stata

la loro patria, perché i russi che abitavano nei paesi baltici o nel-

l’Asia centrale, i georgiani che abitavano in Armenia, gli azeri che

vivevano in Kazakhstan e così via persero in quel momento il diritto

allo stipendio – erano in gran parte dipendenti pubblici o militari

– alla pensione, alla casa. Sul passaporto di ogni sovietico c’era

scritta la nazionalità, e così un dato che voleva dimostrare la con-

vivenza di paesi ed etnie diverse in un’unica nazione divenne un

motivo di discriminazione e di emarginazione. Chi aveva qualche ag-

gancio se ne tornò nel paese di origine, dove forse non aveva mai

abitato: milioni precipitarono in miseria, discriminati e spesso, come

accade ai russi in Lettonia o Estonia privati pure del diritto di voto.

Una tragedia poco conosciuta di cui sono stato, in quegli anni, di-

retto testimone, perché coinvolse anche gente che avevo cono-

sciuto. Di lì a poco altri milioni di persone – e in modo molto più

cruento – si sarebbero trovati nelle stesse condizioni nella ex Ju-

goslavia.

La condizione di profugo – per ragioni politiche, economiche,

guerre o fame non importa – è il primo passo verso la discrimina-

zione, il razzismo, il rifiuto da parte di chi si sente invaso dagli

Quando ladiscriminazionecolpisce iprofughi

di Marcello Villari - Caporedattore Servizi Esteri TG5

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“altri”– soprattutto quando ci si trova di fronte a fenomeni di massa

o a cambiamenti radicali nella struttura statale – anche dove non

c’è in origine un razzismo diffuso. Ero in Somalia nel 1993 all’epoca

dell’operazione umanitaria “Restore Hope”, alla quale partecipò

anche l’Italia. Intorno a Mogadiscio, in campi improvvisati maleo-

doranti e dalle condizioni igieniche spaventose si ammassavano cen-

tinaia di migliaia di essere umani arrivati dall’interno per sfuggire alla

siccità e alla fame. Respinti anche dagli abitanti della città (tutto è

relativo!) che si vedevano assediati da folle di affamati. L’operazione

umanitaria, come è noto, fallì e la situazione del Corno d’Africa è

tutt’ora drammatica. È da questa parte del continente che arriva in

Europa uno dei filoni dell’immigrazione clandestina. Nel 2009 li ho

rivisti a Malta, primo fronte di sbarco dei barconi di disperati che

partivano dalla Libia. Ero andato nei giorni delle polemiche con

l’Italia sulla sorte del mercantile turco con 144 migranti a bordo che

vagavano senza cibo ne acqua nel Mediterraneo, dopo il rifiuto di

Malta di accoglierli nonostante la nave fosse in acque di competenza

maltese. Alla fine li accolse il nostro paese. Nell’isola, intorno alla

Valletta, c’erano due grandi campi, una vecchia caserma abbando-

nata dagli inglesi e una tendopoli, stile lager, guardati a vista da mi-

litari armati. Il ministro degli esteri, Tonio Borg, mi disse

chiaramente: “siamo una piccola isola, ne abbiamo migliaia, si sta

creando una situazione sociale ingestibile, prendeteveli voi che siete

più grandi e più ricchi”. Dalla tragedia della fame al dramma del-

l’emarginazione…allo stesso modo del resto accade e continua a

succedere in Italia. Il benestante, la persona affermata, l’uomo d’af-

fari, qualunque sia il colore della pelle, difficilmente provoca sen-

timenti di razzismo, il povero, l’emarginato sì: di fronte all’esercito

di dannati che preme ai confini, che invade la tua città o il tuo

borgo, la differenza razziale, spesso abilmente sfruttata dalla poli-

tica o da imprenditori senza scrupoli, diventa discriminazione e

causa di ogni “male”, dalla disoccupazione alla criminalità.

Ma la storia può essere anche diversa. Nel luglio del 2006 ero a

Beirut, devastata dai durissimi bombardamenti israeliani, durante la

guerra fra il Libano e lo stato ebraico. Mentre cercavo di entrare

in città arrivando dalla valle della Bekaa – ero entrato in Libano

attraverso il confine con la Siria – avevo incontrato colonne inter-

minabili di automobili che procedevano in senso inverso, lascia-

vano la città: si disse in quei giorni che quasi 100 mila persone

avevano abbandonato Beirut e altre località del sud del paese, di-

rette in Siria appunto, oppure, via nave, a Cipro e in Grecia. Pro-

fughi di guerra…ma…In quei giorni di bombardamenti coloro che

avevano potuto lasciare il paese, in particolare verso l’Europa,

erano generalmente famiglie benestanti o del ceto medio o co-

munque non gente particolarmente disagiata. I media libanesi – io

ero a Beirut – raccontavano dell’ottima accoglienza ricevuta a Cipro

e della disponibilità di proprietari di barche, yacht e altri mezzi na-

vali ad accompagnare i “profughi” alla destinazione prescelta. Un’al-

tra storia appunto che suggerisce una considerazione più generale:

razzismo, discriminazione, odio interetnico hanno certamente radici

culturali e storiche antiche, ma la grave crisi economica internazio-

nale e il conseguente peggioramento dei livelli di reddito e occu-

pazione anche nei paesi più ricchi rischiano di riproporre nelle

varie aree del mondo, Europa compresa, fantasmi d’altri tempi e

fenomeni nuovi che gettano una luce sinistra sul nostro immediato

futuro.

SCRIVE PER NOI

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“No matter how short a man is, he can still see the sky”

La sveglia, una canzone dei Beatles, suona alle 7.15. È la canzone

che mi ha svegliata ogni mattina degli ultimi mesi passati a scrivere

la tesi. Sembra diversa adesso, mentre apro gli occhi in questa

stanza del Centro di Accoglienza Migranti di Mineo, ma probabil-

mente sono io che sono cambiata, senza accorgermene né volerlo.

Solo ora, a distanza di mesi, me ne rendo conto.

La maggior parte delle emozioni provate da me e da alcune per-

sone che ho avuto al mio fianco sono indescrivibili, nella loro com-

plessità, in quel binomio ossimorico di asprezza e dolcezza che le

ha caratterizzate ogni giorno. Non sempre è possibile trovare le

parole per spiegare ciò che si prova, a volte dovremmo accon-

tentarci di assaporarne il ricordo. Ma in questo caso bisogna fare

uno sforzo, soprattutto per coloro che non c'erano.

Una volta assegnata all'info-point, l'ufficio di interpreti e mediatori,

ho accettato con entusiasmo la proposta di occuparmi del corso

di lingua italiana per gli ospiti adulti, ma le preoccupazioni non

hanno tardato a sorgere. Non avevo esperienza come insegnante:

cosa e come avrei dovuto insegnare? Sarei riuscita a farmi rispet-

tare da una classe di adulti? Quanti sarebbero stati? E se dopo due

lezioni ci fosse stato il deserto? Se avessi ceduto alla paura di non

riuscire ad affrontare una classe composta da persone con una di-

versa base di partenza a seconda della lingua di riferimento e del

livello di istruzione, non tutte davvero interessate e praticamente

tutte sprovviste di materiale per scrivere, il corso si sarebbe con-

cluso al secondo giorno.

Ma non è stato così, grazie alla tenacia dei miei studenti, che per

settimane hanno usato i fogli volanti che mi procacciavo dagli ope-

ratori della logistica («maestra! vorrei u-un foglia, per favore!»),

orientandosi tra il crescente numero di cartelloni appesi alle pareti

con il nastro adesivo, che mi hanno ascoltata con attenzione reli-

giosa e non si sono scoraggiati di fronte a niente. I risultati sono

stati sorprendenti e, per me, le ore di scuola erano diventate fon-

Insegnandosi riceve piùdi quanto si dà

STORIE DI VOLONTARI

di Eloisa Miranda

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Page 56: Mgazine CRI Giugno 2012 (Croce Rossa Italiana)

STORIE DI VOLONTARI

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damentali per affrontare anche il resto, per mantenere il sangue

freddo, essere più paziente e riflessiva e vedere le problematiche

del campo, da quelle minime a quelle più gravi, in una prospettiva

più obiettiva.

La grammatica, le storie che inventavo come esempi, i consigli che

cercavo di dare quando mi chiedevano come comportarsi in Italia

una volta usciti dal campo, i tentativi di metterli in guardia sullo

stato dell'economia, del mercato del lavoro, delle politiche sul-

l'immigrazione, nutrendo la mia loquacità con il loro bisogno di sa-

pere: sentivo che tutto ciò che dicevo mi tornava indietro e mi

costringeva a riflettere. I loro occhi, la loro attenzione, mi comu-

nicavano qualcosa, da interpretare e da cui imparare. «Come mi

comporterei se fossi nella loro situazione? Avrei la forza di affron-

tare la diversità, le novità, l'ostilità di tanta gente? Di dimostrare che

persona sono, di cosa sono capace, che posso essere utile al Paese,

anche se non è quello in cui sono nata e cresciuta? Riuscirei a man-

tenermi integra, fedele a me stessa, senza vendermi o cercare scap-

patoie, combattendo per farmi riconoscere come persona cui

spettano non solo doveri, ma anche diritti?».

Durante quella lunga e afosa estate siciliana, scandita dagli sbarchi

e dalle notizie sull'andamento della guerra in Libia, che stampa-

vamo da internet in inglese, francese e arabo e appendevamo alla

porta a vetri dell'info-point in modo che tutti potessero leggerle

e commentarle, i pomeriggi passati in classe hanno lasciato un segno

indelebile. Lo hanno lasciato sui ragazzi, che hanno imparato a par-

lare e a scrivere in italiano, ma lo hanno lasciato anche su di me.

Mi hanno insegnato che anche se la vita può essere crudele, sot-

toporci alle prove più dure, costringerci a lasciare la nostra terra

e la nostra famiglia, ad attraversare il deserto su camion stracolmi,

il mare su barconi arrugginiti, mezzo continente asiatico nel baga-

gliaio di una macchina per cominciare da zero, non bisogna mai

perdere la speranza, la fiducia in noi stessi e la determinazione di

cambiare ciò che si può cambiare.

«La vita è bella, semplice e molto meno pesante quando qualcuno

riesce la prendre con filosofia. Le personni si conoscono un giorno,

un'altro inelutabilmente devono continuare la loro strada e seguire

il loro destino». (Ahmed)

«La vita è una scelta, sia felice nella scelta della tua vita. E la vita è

Page 57: Mgazine CRI Giugno 2012 (Croce Rossa Italiana)

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molto corta, bisogna vivere. Sia felice nella pazienza e nel corag-

gio». (Alfayo)

Ho imparato ad apprezzare quello che ho, a dare valore anche a

ciò che può sembrare insignificante. Ho capito che possiamo essere

privati di tutto tranne che della nostra dignità. E sono la dignità, il

buon umore, la tenacia di persone a cui il destino ha, per ora,

tolto quasi tutto, che mi hanno insegnato che a ogni fine corri-

sponde un inizio e che è in noi stessi che bisogna trovare la forza

di ricominciare, di continuare a sorridere.

«Maestra… the expression 'mamma mia!'… what should a man use,

“papà mio”?» (Atta)

«Il governo e l'individuo hanno molti i soldi ma il governo è non

buono. Abbiamo molti belle ragazze, non queste vecchie e brutte

ragazze qui … lei rida …» (IK)

«Poi la polizia ha presso me nell'ufficio e ha scritto la mia storia ha

preso una foto di me e firmo con le miei deci dita sulla macchina.

Poi un'uomo chi lavora nella croce rossa ha dato me una casa. La

casa ha due letto con le coperte e lenzuola anche una finestra e

una porta». (Daniel)

Grazie ai loro racconti ho viaggiato per i paesi dell'Africa e dal Pa-

kistan attraverso l'Asia, li ho visti tramite i loro occhi, ne ho per-

cepito l'amore, la nostalgia e la rabbia di fronte a problemi

decennali che impediscono a milioni di persone di vivere serena-

mente nei luoghi che vorrebbero chiamare “casa”. Ho imparato ad

amare quelle terre, le loro contraddizioni, la loro asprezza e la loro

poesia e ho capito che è lì che voglio che mi porti la mia strada.

«La vita nel villaggio molto bene. Pakistan è paradiso. Se volete

andare Pakistan allora dovete partire subbito, non in ritardo».

(Amjad)

«L'Eritrea ha fatto il divincolarsi lungho e forte con l'Ethiope della

sua libertà. Poi ha vinto sull'Ethiope e ha ottenuto la sua libertà nel

1990 dopo trenta anni la guerra lungha». (Daniel)

«In foreste ci vivono elephante, garafia, gazzale e diverse tipi di

animale. La sua citta somiglia a Roma e questo è perche Mossoline

built». (Abdelfetah)

«Abidjan il suo capitale economica, no ha niente a invidiare à altre

citta del monde, con il suoi miniatura gratte cielo. Da l'impressione

di essere da qualche parte in America o europa». (Ahmed)

STORIE DI VOLONTARI

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Tutto cominciò per caso,una di quelle dome-niche indaffarate, c'era da riorganizzare lasede e gran parte del lavoro era ancora dafare. Eravamo un gruppo, i soliti amici e trauna chiacchiera e l'altra si tirava avanti neltentativo di fare un po' d'ordine.Poi, nell'an-golo più nascosto ecco uno scatolone contanti fogli arrotolati.

«Chissà che contiene», mi dico. D'istinto allungo la mano e prendoquello più grande, quello arrotolato con cura, incuriosita. É uno diquei cartelli in polietilene, di quelli che si mettono esposti fuori, chenon si “logorano” con il tempo, una pubblicità di un evento orga-nizzato dalla CRI. Mi si illumina il volto, guardo Alice cercando com-plicità, detto e fatto. Ci faremo due cartelli da esporre al cancello.«Voglio che si veda sempre, voglio che chi passa sappia che qui cisiamo noi, che qui c'è la Croce Rossa!». D'altronde la nostra sedenon è visibile, bisogna affacciarsi all'entrata del piccolo parcheggioe scorgere i mezzi parcheggiati, per capire che siamo lì. Lo puliscoe lo appendo da sola. Bene, a distanza di tanti mesi, non avrei im-maginato che tutta quella mia caparbietà nel voler “mostrare” l'em-blema, un giorno mi avrebbe regalato una delle emozioni più belledella vita. Passano i mesi, infatti, tra mille impegni e difficoltà, tanticambiamenti, forse troppi, forse “troppa dedizione” e alla fine sonoquasi vicina a mollare tutto. Non sono più in grado di aiutare nes-suno, sto vedendo tutto nel modo sbagliato, troppo polemica,troppo pessimista e probabilmente sto perdendo quei principi chetanto avevano dato un’impronta alla mia vita. C'è da fare questo,quello e quell'altro e così mi ritrovo più impegnata, più coinvolta,più incasinata. Sì perché non c'è solo la CRI nella vita di un volon-tario, c'è anche tutto il resto, tutti i problemi della vita quotidiana,tanti, troppi da gestire tutti assieme. In fondo però la vita va avanti,deve andare avanti se pur tra mille difficoltà, così insisto, portoavanti il mio compito di Collaboratore Tecnico di Gruppo alla For-mazione, ogni tanto studio per l'esame di Istruttore PSTI, ma prin-cipalmente continuo a fare i turni, a dare una mano a chi, perquanto nelle mie possibilità, ne ha bisogno. Non ho cambiato idea,

Nullaaccade percaso

STORIE DI VOLONTARI

di Marusca Micchi

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sono sempre convinta che dopo gli imminenti impegni dovrò dareuno “stop”, soprattutto per me stessa, perché ho bisogno di ri-mettere assieme le idee, di ricominciare da qualche parte con osenza la Croce Rossa.Poi succede che il destino decide che è il momento di mettertialla prova. Non basta avere dubbi, non basta perdere l'affetto diuna persona cara, non basta perdere il lavoro, non è sufficiente ri-manere semplicemente soli, no, il destino decide di darti una spinta,o cadi o vai avanti.Ed è così che qualche domenica fa, dopo un tranquillo turno po-meridiano passato tra amici, arrivano le diciannove. É ora di tor-nare a Pistoia. Ero ancora in fila nel traffico quando arrival'ennesimo sms del capo che chiedeva se ero libera la sera stessaperché c'era da preparare il nuovo corso, i ripassi, i documenti. Lacaparbietà del capo di solito ha la meglio e tanto in sede dovevopassare ugualmente. In sede ero sul pianerottolo della scala per fu-mare una sigaretta, stavo guardandomi attorno, senza pensare aniente, osservando semplicemente i riflessi delle auto illuminate dalfaro che sta sopra alla porta. Vedo la sagoma di un uomo alto edistinto che si avvicina con passo indeciso. Rimane perplesso nelvedermi fuori, probabilmente stava pensando a cosa dire. «Scu-sami», mi dice coprendosi la bocca, tira fuori un foglio di cartacon dentro dei biscotti, «Scusami stavo mangiando un biscotto».Mi colpisce il gesto, l'educazione nel non voler parlare mentre man-gia e nel porre la sua mano davanti alla bocca. «Buonasera», con-tinua salendo le scale. È un fiume di parole quelle che escono dallabocca di quest'uomo, parole scandite in un pressoché perfetto ita-liano che denota che si trova in Italia ormai da diverso tempo.Sono frastornata e sinceramente non capisco cosa vuole. Il re-sponsabile prova a chiedergli «Di cosa hai bisogno, cosa stai cer-cando?». L'uomo si ferma, ci guarda entrambi e dice: «Avevo solobisogno di parlare con qualcuno che mi guardasse negli occhi, chemi facesse capire che c'è ancora una speranza, che sono un uomoe devo andare avanti».Ho smesso di respirare in quel momento, mi sono bloccata. Quantadignità in quell'uomo, quanto “vivere” c'era in lui. Aveva solo bi-sogno di parlare con qualcuno, aveva bisogno di essere semplice-mente considerato “un uomo”. Ci racconta la sua storia, di uomo“in regola”, di persona di sani principi che semplicemente non puòtornare al proprio paese. Gli avevano preso tutto. Gli era rimastasolo la dignità di uomo di 46 anni, di padre di famiglia, di lavora-tore. Ci racconta che stava camminando, preso dalla disperazioneper non avere una soluzione che lo facesse tornare a casa, parladi depressione, di rabbia, di dolore. “Camminavo lungo la stradavenendo dalla stazione, non ho incontrato nessuno. A quest'ora

non c'è mai nessuno per la strada, non sapevo dove andare, erosenza meta, fino a quando non ho visto quel cartello e le vostremacchine. Mi son detto che qui “doveva” esserci qualcuno».Già, quel cartello di qualche mese prima, quell'emblema per indi-care che noi eravamo là e quel qualcuno che doveva essere lì inquel momento. Abbiamo fatto poco per Basil, gli abbiamo datotutto ciò che potevamo, per prendere quel treno che per lui erala salvezza, qualcosa da mangiare e dell'acqua.Mi è difficile esprimere le esatte parole che ha usato per ringra-ziarci, erano confuse, emozionate ma soprattutto sincere. Prima disalutarlo gli ho dato un abbraccio ed ho visto i suoi occhi riempirsidi lacrime, gli ho detto che avremmo aspettato sue notizie e su unfoglietto gli abbiamo scritto i nostri nomi e l'indirizzo. «Grazie. Diròai miei figli cosa avete fatto per me questa sera, che eravate qui in-vece di essere nelle vostre case, o fuori a divertirvi con le vostrefamiglie ed amici. Insegnerò loro cosa significa il gesto che ho ri-cevuto stasera, io ero finito, disperato e non sapete quanto miavete dato, quanta forza mi avete fatto ritrovare questa sera». Guar-dando l'emblema sulla mia divisa ha detto: «Grazie». Io ed il caporimaniamo in silenzio, ho le lacrime agli occhi e nella testa comin-ciano a rimbalzarmi tutti i pensieri, uno dopo l'altro, senza freno,un susseguirsi ordinato di eventi e di situazioni. Perché avevo vo-luto quel cartello, perché avevo tanto insistito per metterlo, per-ché quella fila nel traffico che mi ha fatto ritardare, perchél'insistenza del capo nel dover preparare il corso proprio quellasera, perché non avevo avuto il solito invito a cena, perché dovevoo meglio dovevamo essere in sede proprio quella sera, quando disolito è chiusa, perché proprio ora che stavo per mollare la CRI?Troppe coincidenze, troppe cose che non dovevano essere ed in-vece erano e tutte semplicemente perché Basil doveva passare dilì, e doveva regalare a me e Claudio la più grande emozione e lapiù grande gioia che un volontario possa ricevere dopo tanto,tanto impegno in questa unica, grande Associazione chiamata“Croce Rossa”. Basil ci ha fatto il più bel regalo, ci ha insegnatoche spesso basta veramente poco per aiutare qualcuno, ci ha in-segnato che prima o poi la nostra caparbietà, il nostro impegno, inostri sacrifici, nel momento più inaspettato verranno ricompen-sati, con un semplice sorriso, con occhi pieni di lacrime e con un“grazie” pronunciato a bassa voce. Tutto questo vale molto di piùdi tante onorificenze, di tanti discorsi, di qualsiasi ricompensa eco-nomica. Basil, non scorderò mai ciò che ha fatto per me con la sua“stretta” così forte e con i suoi occhi. Spero, se mai un giornopotrò insegnare, di poter trasmettere ciò che egli mi ha veramenteinsegnato, ad “essere un volontario”.

STORIE DI VOLONTARI

Page 62: Mgazine CRI Giugno 2012 (Croce Rossa Italiana)

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STORIE DI VOLONTARI

Quandosi iniziaa farevolontariato sipos-

sono avere varie aspettative ma forse

pochipensanodi incontrare il propriode-

stino. Se entri a far parte di un’organizza-

zione internazionale,di unmondo ampio

e variegato comequello di Croce Rossa in

breve tempo la tua vita puo’ cambiare

completamente: puoi trovarti a parlare

un’altra lingua,conoscere una cultura di-

versa in un paese nuovo e sentirti comun-

que a casa. Questa è la mia storia. Dalla

CroceRossaItalianaallaMezzalunaRossa

Siriana,lamia avventura nel volontariato

mi ha condotta attraverso due paesi,due

societàedueculturemoltodiversemaani-

mate dalla stessa passione per l’Umanità,

passandoperSolferinodovehoconosciuto

miomarito IbrahimMalla.

UNA VOLONTARIAITALIANA IN SIRIAdi Silvia Elzi

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STORIE DI VOLONTARI

Sono volontaria del soccorso dal 2004 e istruttrice di Diritto In-ternazionale Umanitario, ho fatto per diversi anni servizio sull’am-bulanza nel gruppo di Gorla Minore - Comitato di Busto Arsizio(VA), una delle piccole e meravigliose cellule che costituiscono labase del nostro Movimento. Mi è capitato spesso di pensare aquanti di questi gruppi ci sono nel mondo, tutti uniti da uno scopoe da ideali comuni. Una delle esperienze più belle per un volonta-rio di Croce Rossa è partecipare alla Fiaccolata di Solferino: lì sirespira davvero l’internazionalità della nostra organizzazione: vo-

lontari da tutto il mondo si riuniscono per celebrare un’idea cheogni anno ringiovanisce anziché invecchiare.Nel 2009, per il 150esimo anniversario dell’Idea di Croce Rossa,il mio comitato ha realizzato un gemellaggio con la Siria. Io sonolaureata in lingue e ho studiato brevemente anche la lingua araba,quindi mi sono occupata con entusiasmo di questo progetto, senzasapere che per me questo evento era anche un appuntamento conil destino perchè stavo per conoscere mio marito.Qualche giorno prima della Fiaccolata, con altri volontari del co-

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mitato e una bandiera con l’emblema, sono andata all’aeroportoad accogliere la delegazione siriana: posso quindi dire che io eIbrahim ci siamo incontrati letteralmente sotto la bandiera di CroceRossa.Ibrahim collabora con la Federazione Internazionale di Croce Rossae Mezzaluna Rossa in Medioriente e Nord Africa come istruttore dicomunicazione e fotografia ed è il fotografo ufficiale della Mezza-luna Rossa Araba Siriana. A Solferino ha allestito una mostra foto-grafica sulle attività della Mezzaluna Rossa in Siria, in questocontesto abbiamo collaborato e abbiamo avuto modo di con-frontarci su diversi temi e nonostante la diversità culturale e religiosaho trovato in lui gli stessi principi e lo stesso spirito che mi anima.Damasco non è proprio dietro l’angolo, e credo che la distanzaabbia svolto un ruolo fondamentale nella nostra storia, perchè ciha spinti a valutare l’importanza che avevamo l’uno per l’altra equindi a compiere dopo pochi mesi un passo importante per en-trambi: abbiamo deciso di sposarci.All’inizio avevamo tanti interrogativi e ci chiedevamo come sarebbestato il futuro ma ci siamo promessi di affrontarlo insieme. Adessoquando qualcuno ci chiede se abbiamo problemi dovuti alla reli-gione o alla cultura diversa ci viene da sorridere, perché rispetto

alle difficoltà pratiche che normalmente si incontrano nella vita,forse la religione e la cultura sono le più semplici da affrontare: seci sono amore e rispetto, la diversità non è un ostacolo, è anzi unpunto di interesse, di dialogo e quindi di incontro.Trasferirmi in Siria non è stato facile: ho lasciato la mia famiglia, gliamici, il lavoro, ma non il volontariato. Sono cambiate le personee le attività, ma la stessa passione che ho conosciuto in Italia l’horitrovata qui nella Mezzaluna Rossa Siriana.All’inizio la barriera linguistica era un ostacolo importante perciò se-guivo Ibrahim sui servizi e facevo attività con i bambini perché conloro non servono molte parole. Poi il mio arabo è migliorato e misono integrata nel gruppo dei soccorritori fino a diventare istrut-trice di primo soccorso con un corso tenuto dalla Croce Rossa Li-banese.Le tecniche di primo soccorso hanno delle differenze dovute alcontesto, sono diversi i materiali e a volte le procedure: ricordo cheuna delle cose che più mi ha stupito è che in Italia nei trasporti conla barella posizioniamo il paziente in modo che veda dove ci stiamodirigendo perché questo lo possa tranquillizzare, in Siria invece èal contrario: il paziente non vede dove andiamo perché non si spa-venti.

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Inizialmente queste differenze mi hanno sorpresa e mi hanno toltola “sicurezza” dei nostri protocolli, la sensazione di conoscere, nellamaggior parte dei casi, il modo migliore per aiutare chi ha bisogno.Poi ho capito che non c’è un modo solo ma tanti modi, che pra-tiche diverse possono raggiungere il miglior risultato, e anche chec’è sempre un modo per contribuire a mantenere alto il valore del-l’Umanità.Dall’inizio della crisi in Siria, in quanto straniera, non ho più potutofare servizio sull’ambulanza, né seguire Ibrahim nelle missioni con ilComitato Internazionale (CICR) per la consegna di aiuti umanitarinelle città più colpite come Homs e Idlib. Ma ho avuto la possibi-lità di vedere, tramite le foto di mio marito, la straordinaria atti-vità che il Comitato Internazionale, la Federazione e la MezzalunaRossa Araba Siriana stanno compiendo in questo momento storicoper il paese, e ho trovato il mio modo di contribuire mantenendo

i contatti con altre società nazionali e inviando loro materiale fo-tografico per diffondere e sostenere le attività in Siria.Oggi le foto di Ibrahim sono pubblicate sul sito della Croce RossaItaliana e di altre società nazionali di tutto il mondo che ci hannocontattato per ringraziarci e per dirci quanto le immagini rendanopiù efficaci le campagne di raccolta fondi per la Siria, questo cirende molto orgogliosi.Ogni giorno riceviamo messaggi di sostegno che diffondiamo infacebook e tra i volontari siriani perché sentano la vicinanza e ilsenso di fratellanza che persone da tutto il mondo condividonocon noi e perché continuino la loro attività con orgoglio: il corag-gio con cui i volontari stanno affrontando la difficile situazione, ildesiderio di contribuire, con neutralità e indipendenza, a migliorarele condizioni e la dignità delle persone sono degni di ogni lode esono gli stessi che oltre 150 anni fa mossero Henry Dunant.

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CRI IN PALESTINACAPOEIRA A HEBRONdi Gian Marco OnoratoDelegato CRI in Medio Oriente e Nord Africa (MENA)

Poco tempo fa accompagnavo una delegazione di rappresentantidell’ufficio ECHO di Gerusalemme e di Amman a Hebron, nel suddella West Bank. Essi volevano vedere alcune attività del programmapsicosociale che, sostenuto dalla CRI da vari anni, è implementatocon successo dalla Mezza Luna Rossa Palestinese. Decidemmo di vi-sitare, tra l’altro, una scuola media femminile, nel centro della cittávecchia di Hebron, dove si svolgeva una sessione di Capoeira. Lacittá vecchia è l’antico centro storico di Hebron, dove si dice chela presenza dell’uomo sia stata continua per oltre 5.000 anni.Adesso, questa parte della città, con l’antica Moschea di Ibrahim,il suo suk e il suo labirinto di viuzze, si trova nel Settore H2, sottoamministrazione militare israeliana. Qualche centinaio di coloni ul-

traortodossi ebrei si sono installati nel Centro Storico, accompa-gnati da circa 1.500 militari israeliani. Attorno a loro, vivono neldubbio circa 10.000 palestinesi, il resto di una popolazione che,prima della guerra del 1967, la famosa “guerra dei sei giorni”, con-tava più di 30.000 abitanti. La città di Hebron è antica e la con-vivenza tra arabi ed ebrei è stata spesso travagliata e tragica. Macosa ci faceva la Capoeira in questo luogo che ricorda immanca-bilmente il teatro della tragedia greca? Cosa proponevano giovanibrasiliani a fanciulle palestinesi dal capo coperto?La Capoeira è una forma d’arte marziale che combina danza e mu-sica. O meglio, essa è una danza che è lotta e una lotta che èdanza. Essa nacque in Brasile, forse nel XVI secolo, come una spe-

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ranza di sopravvivenza, uno strumento grazie al quale uno schiavoin fuga, sprovvisto di qualsiasi strumento di difesa, poteva soprav-vivere in un ambiente ostile e sconosciuto, sfuggire alla caccia dei“capitaes-do-mato”, agenti coloniali a cavallo armati e incaricati diritrovare i fuggitivi.Le rappresentazioni sono generalmente teatrali, acrobatiche e conpoca marzialità. Ma l’arte marziale è presente, ancorché sottile e na-scosta, al punto che coloro che non la praticano ne ignorano lapresenza. L’“inganno” è sempre presente e l’esperto capoeiristanon distoglie mai lo sguardo dal suo opponente. Un attacco puòpresentarsi persino sotto le vesti di un gesto amichevole. La “mali-zia” fa parte del bagaglio di Capoeira.Durante e dopo la rappresentazione mi sono soffermato su tuttiquesti aspetti di “resistenza”, “malizia”, teatralità”, cercando di ve-dere le possibili equivalenze esistenti tra questa disciplina “esotica”nata dalla schiavitù degli africani da parte degli europei e la TerraBiblica che trova in Hebron il suo punto di partenza: Abramo, ilpadre degli ebrei e dei palestinesi, si fermò a Hebron e qui acquistòle grotte che dovevano servire alla sepoltura sua e di sua moglieSarah (le Grotte di Macpelah = le Tombe dei Patriarchi). Su que-ste grotte, si dice, fu costruita la Moschea di Abramo. Ebbene,tutto mi parve improvvisamente presente nella complessa societàisraelo-palestinese: la “resistenza” all’occupazione israeliana da partedei palestinesi e quella non meno forte degli ebrei nei confrontidei loro “cugini” lontani nella ferrea convinzione che la Terra sialoro per diritto divino. La “Malizia” nella costante alternanza di gesti

“amichevoli” e di confronti fisici. La “Teatralità” con la quale ognunoesprime i suoi umori e anela ad aver il tutto necessario per essereun vero abitante della Terra Santa, Promessa, Posseduta.Le bambine palestinesi, nella scuola media a Hebron, iniziano mo-vimenti che con il tempo, forse, diventeranno eleganti e flessibili,sotto la guida di giovani brasiliani che sottolineano la necessità diguardare l’avversario sempre negli occhi, onde evitare di farsi sor-prendere. Io mi auguro che questo sguardo attento possa anche in-dividuare segni di pace, un sorriso non malizioso che termina conun teatrale abbraccio, di quelli che ti strappano le lacrime di feli-cità. Nel fondo, se le parole non sono più sufficienti per comuni-care e per capirsi, forse con il linguaggio del corpo potremostabilire un miglior dialogo.

In Brasile la Capoeira è un simbolo di resistenza all’oppressionema é anche diventato un modo per interagire, schivando i colpi, evi-tando il contatto fisico e doloroso, mostrando grazia e intelligenza.A Hebron, ho sognato che essa diventasse l’ispiratrice di confrontimaliziosamente pacifici. Non più “occhio per occhio” ma “occhinegli occhi”.

Nota: Capoeira contribuisce a dare forza, flessibilità, resistenza fisica e mentale edequilibrio. Insomma, “mens sana in corpore sano”. Per questa ragione è stata spe-rimentata all’interno del programma psicosociale di PRCS ma anche adottata daUNRWA e ONG internazionali che lavorano nei territori palestinesi occupati e inIsraele.

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RepubblicaDemocraticadel CongoRistrutturazione ed Equipaggia-mento dell'Ospedale GILDdi KinshasaIl progetto mira ad aumentare e migliorare l'ac-cessibilità alle cure mediche per la popolazionea basso reddito del Comune di Mont Ngafula nel-la città di Kinshasa.La Croce Rossa Italiana ha de-ciso di collaborare con l'Ong BUS - Bambini Uni-ti per la Solidarietà,per portare a termine e ren-dere effettivo l'ospedale pediatrico "Gild" di Kin-shasa.

EtiopiaIntegrated and Community BasedWater-Sanitation in Saharti SamreWoreda and ERCS Tigray RegionAdwaSubBranchcapacitybuildingI due progetti prevedono da un lato l'imple-mentazione di un programma di Water and Sa-nitation presso la Saharti SamreWoreda (villaggidi Samre e Mai Tekli),a 60 km a sud ovest di Ma-kallé, e dall'altro delle attività di CapacityBuilding nella Red Cross local Branch di Adwa,150 km a nord.

MadagascarKeep-up: moustiquaireset infor-

mation, education and communi-cation pour eliminer le paludismedans duex district della regione diAtsimo AtsinananaIl progetto si propone di contribuire all’elimi-nazione progressiva a lungo termine della malaria,secondo la politica del governo Malgascio in con-formità con l'Obiettivo dello Sviluppo del Mil-lennio. In particolare gli interventi previsti miranoa ridurre la mortalità e la morbilità dovuta alla ma-laria nei distretti di Midongy del Sud e Befotakadella regione di Atsimo Atsinanana.Samar II Securité enmerIl progetto prevede la formazione e sensibiliz-zazione dei volontari della CRM del distretto diNosy Be e della popolazione in generale, sullenorme di base da adottare in materia di sicurezzain mare. Considerata inoltre la fatiscenza dellestrutture portuali e dei mezzi utilizzati per il tra-sporto dei malati dalle isole circostanti Nosy Beall'ospedale maggiore,il progetto prevede un in-tervento di ristrutturazione del porto di Nosy Bee l'acquisto di nuovi mezzi di trasporto unitamentea materiale di salvataggio.

MozambicoRiduzione del rischio disastri in 25comunità distretti di Govuro e Vi-lankulo, Provincia di InhambaneIl progetto propone di contribuire al rafforzamentodella prevenzione disastri in due distretti fre-

quentemente soggetti a gravi fenomeni atmosfe-rici al fine di ridurre la vulnerabilità della popo-lazione locale.

RuandaAgazozi villaggiomodellodellaCro-ce Rossa Ruandese a NyamashekIl progetto contribuisce a raggiungere gli Obiet-tivi del Millennio attraverso la realizzazione di duevillaggi pilota. Lo sviluppo di tali villaggi serviràa ridurre la soglia di povertà raggiungendo gliobiettivi posti in essere dallaVisione 2020.Il Pro-getto è co-finanziato dalla Commissione Europea.Progetto di riduzione dei rischi ca-tastrofiObiettivo del programma è garantire una rispostaefficace alle catastrofi e alla riduzione del rischiodisastri nelle province del Nord e dell’Ovest ga-rantendo l’intervento in otto distretti.Nelle zone incui il progetto sarà operativo,i Comitati Locali del-la CR Ruandese verranno riorganizzati nel setto-re dell’emergenza attraverso squadre di volonta-ri più efficaci in risposa alle catastrofi. I volontariformati attraverso moduli standardizzati acquisi-ranno le capacità tecniche in attività di riduzionedei rischi.Il programma prevede,inoltre,il potenziamento deimateriali di primo soccorso presso i Comitati lo-cali attraverso l’acquisto degli equipaggiamenti ne-cessari.La realizzazione del programma,di durata triennale,

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LEATTIVITÀINTERNAZIONALI

Attività di emergenza in caso di catastrofe naturale, conflitto armato, ten-sione interna, grave situazione di crisi sanitaria o alimentare in ambito internazionale

Progetti di soccorsi e sviluppo in collaborazione e a sostegno dello svi-luppo istituzionale delle Società di Croce Rossa degli altri Paesi, in favore delle popolazionisvantaggiate e ad alta vulnerabilità sociale

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del progetto 500.000 dollari,di cui 250.000 a ca-rico della CRI da suddividere in tre anni di at-tività, con avvio nel 2011.Progetto “Preparazione delle co-munità agli adattamenti dovuti aicambiamenti climatici e per fron-teggiare i disastri in caso di inon-dazioni (PRACC)”progetto di rafforzamento della capacità co-munitaria e istituzionale a far fronte ai disastricausati dalle inondazioni,agli effetti collegati aicambiamenti climatici e alle conseguenze deidisastri,con particolare attenzione ai gruppi divulnerabili perché affetti da HIV,nelle comunitàindividuate come prioritarie, quali: Tela, LaCeiba e Jutiapa nel Dipartimento di Atlántida,Choloma e Chamalecón nel Dipartimento diCortes, in collaborazione con la CR Hondure-gna (2012-2013).1° annualità anno 2012.Costocomplessivo del progetto: Euro 260.000,00.

NicaraguaProgetto“Mi Hogar SaludableMiglioramento delle condizioni di salute, ge-stione rifiuti ed igiene nell’Isola di Ometepe”:progetto in collaborazione con la CR Nicara-guense focalizzato nell’ampliamento delle co-noscenze delle comunità sul tema specifico diuso dell’acqua,delle latrine,della gestione deirifiuti organici, igiene personale e domestica.Le attività vertono inoltre nella realizzazione del-

le infrastrutture necessarie (500 latrine) in quattro lo-calità carenti,nel rafforzamento dell’operatività del nuo-vo Posto di Soccorso e nella formazione dei nuovi vo-lontari sul tema. Costo complessivo del progettoEuro 145.000,00 con termine a maggio 2012. (avvia-to a Luglio 2011)Progetto“Hermano Sol”Promuovere il tema del Cambiamento Climatico all’in-terno ed all’esterno della CRN in 6 Dipartimenti del Pae-se”: Intervento finalizzato alla diffusione di nozionispecifiche sul tema del Cambiamento Climatico nelleFiliali della CR Nicaraguense per promuovere azioni uti-li all’adattamento a livello locale attraverso programmie progetti specifici.Costo del progetto Euro 260.000,00.Il progetto ha una durata di 18 mesi con avvio a febbraio2012.

HaitiProgetto “La Sanità in Movimento –Gressier”In consorzio con CR Haitiana e Lussemburghese, siè ritenuto di fornire servizi socio-sanitari alla popo-lazione della città di Gressier e delle comunità semi-rurali circostanti, attraverso il potenziamento dellestrutture e del personale del Centro Sanitario dellaCR Lussemburghese e del Comitato Locale dellaCRH a Gressier.Costo del progetto Euro 142.000,00,1° anno di attività (avviato a novembre 2011).Progetto“Villaggio Haitien Solferino”Il progetto mira al miglioramento delle condizionidi resilienza, salute, educazione ed economia di 53

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favorisce lo sviluppo di attività prioritarie perla Società Nazionale Ruandese dandole la pos-sibilità di accrescere le proprie competenze nelcampo inerente alla gestione catastrofi.

GabonGestion de CatastropheIl progetto è stato concepito sia per rinforzarele capacità di risposta ai disastri dei volontaridella Croce Rossa del Gabon sia per migliorarele condizioni di vita di tutta la popolazione delGabon.

GambiaChangingMinds Saving LivesIl progetto è volto ad incrementare la formazionedei volontari della Croce Rossa Giovanile delGambia per garantire una rapida ed efficace ri-sposta alle esigenze della popolazione e nel-lo specifico dei gruppi più vulnerabili.

HondurasProgetto“AmpliandoOpportunità(PAO)”Progetto in consorzio con la CR Honduregna,laCR Svizzera e il CICR per la riduzione dei fat-tori di rischio sociale e di emarginazione del-la popolazione giovanile (2011) del BarrioS.Francisco - Tegucigalpa.Costo complessivo

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famiglie haitiane colpite dal terremoto, attra-verso attività integrate. La principale prevedela costruzione di un villaggio di 53 case, unascuola, campi sportivi, un centro comunitario,ed il rafforzamento di un centro sanitario. Incollaborazione con IFRC e Padri Scalabrinianidi Haiti per gli aspetti di progettazione,costru-zione ed integrazione sociale (scuole, attivitàpsicosociali, attività produttrici di reddito), af-fiancandosi ed integrando il progetto Fu-ture4Haiti dell’ASCS nelle attività generatricidi reddito. Costo del progetto Euro2.342.680,00 in 3 anni. 1° anno di attività 2012.Progetto“Supporto psicosociale”CRI ha aderito mediante Pledge al consorziocon IFRC,ICRC,CR Haitiana,CR Islandese e CRNorvegese, per la realizzazione del Pro-gramma Nazionale di Appoggio PsicoSocialedella CRH, al fine di fornire servizi di sostegnopsicosociale a lungo termine in qualsiasi cir-costanza, come anche in caso di crisi. CRI hamesso a disposizione Euro 400.000,00 per i 4anni di durata prevista.2° anno di attività 2012.Progetto “Risposta Appello FICRMDRHT008 Haiti Hearthquake”Progetto 4 del “Programma 2 - Attività Psico-sociali per Haiti”, denominato “Programma diintervento integrato a sostegno della CroceRossa Haitiana - Risposta all'appello dellaFICR”nel quale è stato previsto di fare seguitoagli accordi presi in occasione del Summit diNew York del mese di maggio 2010 con l’ade-sione della CRI all'appello per Haiti indettodalla FICR.Firmato un Pledge Earmarked e im-pegnato l’importo di CHF 1.412.000 (€1.000.000 circa), per lo sviluppo della CR Hai-tiana nel settore della Salute, in particolare perprimo soccorso,ambulanze e staff della SocietàNazionale.

EcuadorMiglioramento delle condizioni disalutedellapopolazionepiùvulne-rabile nella Comunità LaVictoria –Provincia di CotopaxiL’obiettivo è contribuire al miglioramentodella salute psico-fisica di 1336 bambini mi-nori di 5 anni, anche diversamente abili, e didonne in età fertile, attraverso la sensibilizza-zione al problema della contaminazione dapiombo e l’importanza dell’assunzione di cal-cio come protettore dell’organismo dall’intos-sicazione, in una comunità che fonda il suosostentamento sulla lavorazione della cera-mica tradizionale. In collaborazione con CREcuadoregna. Costo del progetto Euro125.000,00 in 2 anni (iniziato a maggio 2011).2° annualità anno 2012.

GuatemalaProgetto“Potenziamento dell’Isti-tuto di formazione Integrale dellaCroce Rossa Guatemalteca (IFI)”in consorzio con le CR di Giappone, Spagna,Canada e Norvegia, attraverso il potenzia-mento della struttura di formazione della Con-sorella e lo sviluppo di un programma di autofinanziamento, si punta al progresso nella for-mazione sia del personale della SN, sia dellapopolazione in generale, in un contesto doveall’educazione è conferita particolare atten-zione sociale. Costo del progetto Euro200.000,00 in 2 anni. 1° annualità anno 2012.

El SalvadorProgetto“Promuovendo Opportu-nità per la Inclusione sociale dellapopolazione giovanile di HabitatConfien - San Salvador”In consorzio con la CR Salvadoregna e il CICR,il progetto si propone di diminuire i fattori diesclusione e rischio sociale dei giovani e delleloro famiglie, attraverso la lo sviluppo delleproprie abilità individuali, favorendo la sceltadi alternative positive a quella prevalente diadesione a gruppi criminali come forma di af-fermazione sociale. Costo del progetto Euro240.000,00 in 3 anni (avviato ad aprile 2011).2° annualità anno 2012.

CambogiaCommunity based health careProgramma sanitario di formazione rivolto alle co-munità più vulnerabili per migliorare i servizi sa-nitari di base e per la prevenzione della tossico-dipendenza.

IndonesiaFornitura materiali di assistenzaper risposta ai disastriProgramma di prevenzione ai disastri con l'ac-quisto di materiale di assistenza (mascherine ecucine comunitarie). Il progetto è co-finanziatodalla Regione Veneto (€ 20.000).Riduzione rischio nella prepara-zione ai disastri per la Comunitàdella Provincia di KalimantanSi tratta di formare la popolazione locale ed i vo-lontari di Croce Rossa attraverso corsi di forma-zione rivolti a dette categorie con la super-visionedella CR di Jakarta.Lo scopo è di rafforzare la CRIndonesiana,sia a livello centrale che periferico,la Comunità locale di base con le Municipalità,nel settore della ''preparazione ai disastri'' enell'adattamento ai cambiamenti climatici. I be-neficiari sono 4.316 tra personale dipendente diCR e volontari,160 persone di quattro villaggi e50 scuole locali.

KoreaDem.Rep.Capacity building for communica-tionProgramma di rafforzamento della S.N. nell'am-bito della comunicazione interna alla S.N.ma an-che esterna con l'acquisto di materiale di diffu-sione (manuali,video etc) e di promozione.È pre-visto uno scambio tra le due S.N. nel settore co-municazione.

MongoliaDisaster preparednessDefinito accordo quadro di cooperazione sullapreparazione ai disastri.In fase di stesura propostadi progetto e budget dettagliati.

Sri-LankaHealth care for children (bambinicardiopatici)Programma di sostegno per intervento chirurgicoa bambini cardiopatici.

ThailandiaProgrammaper riduzionedel dan-noHIV e rafforzamento sistema sa-nitario a BangkokIl Programma mira a fornire sostegno sanitario

e formativo per la salute mamma -bambino sie-ropositivi a Bangkok (800 beneficiari).Programma per riduzione dannoHIV e rafforzamento sistemasanita-rio a Chang-MaiIl Programma fornisce sostegno sanitario e for-mativo ai nonni di bambini sieropositivi rimasti or-fani a causa dell'Aids a Chiang –Mai (60 beneficari).Clinichemobili a BangkokÈ rivolto a circa 8.400 beneficiari in strada per ri-durre il rischio HIV.Circa 300 volontari guidati dapersonale specializzato su due camper a turno dan-no assistenza diretta alle persone a rischio di con-trarre la malattia.“È una tua scelta”a Chiang-MaiÈ rivolto a circa 600 famiglie per l’assistenza alleminorenni in gravidanza. Con l’aiuto di persona-le specializzato e di volontari si vuole prevenire lagravidanza non voluta nei minori, ridurre la per-centuale di minori in gravidanza, coinvolgerenon solo i minori ma anche le loro famiglie.

LaosProgramma di formazione e assi-stenza mamma-bambino rivolto acirca1400donnecon800bambiniperlacuraeprevenzionemalattie tracuila sindromeHIV.

BielorussiaMigliorare l’accesso di donne tossi-codipendenti ai servizi di preven-zione HIV e di riduzione del dannoIl Progetto contribuisce a mitigare la diffusione del-la epidemia HIV attraverso il miglioramento del-la fruibilità dei servizi a favore delle persone tos-sicodipendenti di sesso femminile nella Regionedi Grodno.Humanitarian Assistance Program-me to theVulnerable in BelarusIl Programma - svolto in collaborazione con CR Bie-lorussa, CR Svizzera e IFRC - assicura supporto allefasce della popolazione bielorussa maggior-mente colpite dalla grave crisi economica che ilpaese sta attraversando. Obiettivi principali: ga-rantire adeguati livelli nutrizionali ai gruppi più vul-nerabili, migliorare il loro accesso a sevizi socia-li di qualità, sensibilizzare la più ampia comunitàlocale e mobilitare risorse in loco da destinare al-l’assistenza.

Bosnia-HerzegovinaOrganizationalDevelopment ofRedCross of Bosnia-HerzegovinaIl Progetto, di particolare rilevanza dati i delicatiequilibri geo-politici dell’area, mira al rafforza-mento istituzionale e allo sviluppo organizzativodella RC BiH,con l’intento di contribuire al processodi“unificazione”delle due Società di CR afferen-ti alle due Entità politiche del paese (RepubblicaSrpska e Federazione Bosniaca),avviato nel 2006e per il momento realizzata attraverso l’elezionedi un unico Presidente della CR di BiH, due vice-presidenti ed un unico Segretario Generale.Il Pro-getto CRI originario è stato ampliato e rafforzatodalla partecipazione,anche finanziaria,di ICRC eIFRC discussa ed elaborata congiuntamente a CRBiH.First AidTrainingandAdvocacyPro-grammeinBosnia-Herzegovina (FirstAid atWork)Il Progetto intende contribuire ad una delle prio-

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MontenegroAccessoall'istruzionee inclusionesocialeperbambini egiovaniRomdei Campi Konik di PodgoricaIl progetto in partnership con Croce RossaMontenegrina, promuove l'inclusione socialedi bambini Rom (3-6 anni) dei Campi Konika Podgorica, facilitando il loro accesso al-l'istruzione e contrastando il fenomeno delladispersione scolastica; facilita, inoltre, l'accessodi adolescenti e giovani Rom (15-20 anni) acorsi di formazione professionale, contri-buendo al reinserimento e finalizzazione delciclo scolastico di base e ottenimento di di-plomi necessari per l'iscrizione ad istitutipubblici professionali; contribuisce a mi-gliorare la prevenzione sanitaria presso icampi Konik, attraverso iniziative di sensibi-lizzazione.HomeCare:assistenza socio-sani-taria domiciliare agli anzianiIl Progetto Home Care di assistenza domici-liare ad anziani e persone non autosufficien-ti, mira al rafforzamento della gestione dei ser-vizi home care forniti dai volontari della CRMontenegrina e promuove iniziative voltealla sostenibilità del programma, attraverso:attività di formazione dei volontari; la defini-zione e realizzazione di un piano di comuni-cazione e fund-raising; la realizzazione diuno studio sul livello di soddisfazione dei ser-vizi home care offerti e sul ruolo specifico diCroce Rossa nel prestare tale assistenza,al finedi giungere a raccomandazioni utili al mi-glioramento del programma.

TajikistanCommunity DevelopmentSostegno alla Comunità di Sagirdasht finaliz-zato all’acquisto di medicinali e piccole at-trezzature per l'Ospedale e per adattare unospazio ad attività fisico-riabilitative.

UcrainaRiduzione del danno: HIV/AIDS edroga per vie iniettiva in UcrainaProsecuzione di Progetto per limitare la dif-fusione dell’ epidemia HIV e migliorare i ser-vizi per le persone tossicodipendenti e per lepersone affette da HIV a Kiev, Zaporizhzhya,Melitopol a Chernivtsy.

AlbaniaSocial andProfessional Support toDisavantagedWomen in AlbaniaIl Progetto, in partnership con Croce RossaAlbanese, intende contribuire a ridurre la di-scriminazione sociale nei confronti delledonne albanesi - in particolare le donnecapo-famiglia con scarsi mezzi di sostenta-mento che vivono in aree rurali isolate - of-frendo loro opportunità di formazione pro-fessionale che faciliti il loro inserimento nelmondo del lavoro, rafforzando la loro auto-stima e migliorando il loro accesso all’assi-stenza sanitaria. Il progetto è svolto in colla-borazione con CR Albanese.

EuropaealtreareegeograficheSupporto alla Federazione Inter-nazionalediCroceRossaeMezza-luna Rossa per il funzionamentodelNetworkEuropeosuHIV,AIDSeTubercolosi “ERNA” e per il Pro-

grammadi rafforzamentodelle SNnel-l’ambito dei progetti contro le tossico-dipendenze e di harm reductionIl coordinamento è tenuto da IFRC Ginevra in col-legamento con le diverse Zone e CRI. Attività incorso di svolgimento in Argentina,Azerbaijan,Cam-bogia, Kazakstan, Uganda e Kenia. Il contributo so-stiene anche le attività del Network Europeo dellaFederazione ERNA, la cui Presidenza è retta dallaCRI.

LibiaSupporto psicosociale a bambini, ge-nitori e insegnantiLa CRI,dal 1 ottobre 2011, in consorzio con la CroceRossa Danese ( CRD) e la Mazzaluna Rossa Palesti-nese (PRCS) ha deciso,sfruttando le competenze ac-quisite con il programma psicosociale in Palestina,di allestire un centro psicosociale nella città di Aj-dabiya al sud di Bengazi, dove il conflitto armato halasciato segni profondi nella popolazione locale enella popolazione di sfollati, trovando nella LibyanRed Crescent (LRC) un partner interessato e moti-vato.A breve e medio termine, il PSP in Libia ha come tar-get principale i bambini e l'assistenza agli ex dete-nuti e agli ex combattenti. A lungo termine, il PSPprevede di ampliare l'ambito di intervento alla co-munità in generale e di coprire tutta l'area nord delpaese, da Bengazi a Tripoli.

SiriaProgramma di reclutamento e forma-zione di volontari sirianiIl progetto si propone di aiutare la Mezzaluna RossaSiriana a reclutare e formare giovani volontari. LaSARC, la più grande organizzazione umanitaria in Si-ria, negli ultimi anni ha visto aumentare il volumedelle attività svolte, contro un diminuire della basedi volontariato. Inoltre, non è stata sviluppataun’adeguata struttura dell’organizzazione, che sitrova ora a dover fronteggiare attività troppo ampieper le sue capacità. Per questo motivo la CRI si pro-pone di dare assistenza per migliorare la loro abi-lità nel coinvolgere nuovi giovani volontari e mi-gliorare la qualità dei loro servizi alle comunità.

PalestinaSupportopsicosociale abambini,geni-tori e insegnantiIl programma psicosociale messo in atto dal consor-zio PSP riscuote ogni anno grandi successi ed è sem-pre più visto come un progetto capace di effettuareeccellenti interventi ed arrivare ad ottimi risultati.Per-tanto viene rinnovato ogni anno con forte consensoda parte della popolazione palestinese.Supportopsicosociale abambini,geni-tori e insegnanti a JeninQuesto progetto,non coperto da ECHO,sarà attuato aJenin, una zona particolarmente vulnerabile nel norddella West Bank.OrganizationalDevelopment / DisasterManagementIl progetto prevede la preparazione della popolazionelocale al pronto intervento in caso di disastri di ori-gine naturale, cui il territorio palestinese è soggetto,come terremoti, inondazioni, carestie, o di origineumana, come guerre, data la precaria e instabile si-tuazione politica. Il programma è composto di dueparti: Capacity Building e Disaster Risk Reduction.

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rità strategiche definite dalla CR Bosniaca:es-sere riconosciuta dalle autorità governative delpaese quale organizzazione di riferimento in tut-to il territorio della BiH nel fornire corsi di for-mazione in primo soccorso di elevata qualità,in base ai requisiti richiesti dal First Aid Cer-tificate dell’Unione Europea,anche in vista delnecessario allineamento della Bosnia-Herze-govina alle normative europee nel processo diintegrazione nell’UE attualmente in corso.HomeCareProgramme2006-2010Review in Bosnia-HerzegovinaSin dal 2006, la Croce Rossa Italiana supporta,in partnership con CR Bosniaca e IFRC, il Pro-gramma Home Care che garantisce assistenzadomiciliare socio-sanitaria a migliaia di personenon autosufficienti nel paese, principalmenteanziani. L’idea di una valutazione del Pro-gramma pluriennale fin qui svolto con il sup-porto della CRI è legata non solo a ragioni diaccountability, ma anche per sostenere la CRBosniaca nella individuazione di punti di forzae debolezza nell’attuale gestione del Pro-gramma e nella definizione un piano d’azioneche ne assicuri la sostenibilità a lungo termine.Social Inclusion and Income Ge-neratingActivities forRomaCom-munitiesIl Progetto intende dare continuità e rafforzareulteriormente le attività della Croce Rossa Bo-sniaca a favore dell’integrazione sociale dellapopolazione Rom nel paese,attraverso:a) pro-mozione di una cultura di pace,solidarietà e in-clusione mediante scambi (youth camp) tra gio-vani Rom e giovani di Croce Rossa; b) forma-zione professionale che faciliti l’inserimento la-vorativo dei Rom,in coordinamento con ufficiodi collocamento nel paese.

BulgariaSupport toHomeCareCentersPro-grammeDal 2004 la Croce Rossa Italiana e la Croce Ros-sa Bulgara promuovono un programma di assi-stenza agli anziani isolati in Bulgaria,che ha per-messo, nel corso degli anni,l’apertura di 3 centridiassistenzadomiciliarenellecittàdiPlovdiv,Mon-tana e Blagoevgrad. In ogni Centro è attiva unasquadra di infermieri professionali/infermierigenerici e promotori sociali che hanno effettua-to mediamente 18.000 visite domiciliari all'anno.I treCentri lavoranoincollegamentoconilnetworkdei medici di famiglia,con i Municipi e le autori-tà provinciali.

GeorgiaCombattere la diffusionedell’HIV/AIDSe la stigmatizzazioneattraverso attività di prevenzionee riduzione del dannoProsecuzione di Progetto per limitare la diffu-sione della epidemia HIV attraverso attività diprevenzione fra i giovani e riduzione del dan-no fra i tossicodipendenti in Rustavi,Gori eTbi-lisi.Supportoalla ristrutturazionedelCentro Sociale per Anziani di Bol-nisiIl Progetto contribuisce al rafforzamento della at-tività svolte dalla Croce Rossa Georgiana a fa-vore degli anziani,attraverso la ristrutturazionedel Centro Sociale di Bolnisi gestito dalla Con-sorella in coordinamento con le autorità locali.

MedioOriente

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Alimahmad, un cittadino tajiko di 21 anni, arrivò ad Astana, Kaza-kistan, nel 2007, costretto a lasciare la sua casa alla ricerca di unun lavoro e di una fonte di sostentamento per la sua famiglia.Giunto nella capitale, Alik – così lo chiamano i suoi amici – trovòlavoro come spazzino presso uno dei blocchi di appartamenti dellacittà.Alik inviava alla famiglia quasi l’intero salario che percepiva, rima-nendo con poco denaro che bastava a stento a garantirgli cibo eabiti. «Quando venni a conoscenza della Mezzaluna Rossa e mirecai da loro per chiedere aiuto, mi trovai di fronte persone di-sponibili e generose, che mi diedero da vestire e cercarono di sup-portarmi come potevano» ricorda Alimahmad che, per paura diessere scoperto, non si avventurava mai fuori dall’edificio in cuiabitava o dal suo luogo di lavoro. Per questo motivo, spesso nonaveva mai nessuno con cui parlare.Alik cominciò a frequentare il comitato locale di Astana della Mez-zaluna Rossa Kazaka, a volte anche solo per condividere i propriproblemi con il personale della Società Nazionale.Quando, nel 2009, con il supporto dell’Unione Europea, fu lan-ciato il progetto del Network delle Società Nazionali della Mezza-luna Rossa in Asia Centrale per lavoratori migranti, Alik divenne unvolontario attivo e cominciò ad assistere la Mezzaluna Rossa nelgarantire accesso umanitario ad altri migranti dal Tajikistan.Dall’altro lato, l’esperienza lo aiutò considerevolmente a superarel’esclusione sociale in cui era sprofondato: insieme ad altri volon-tari, prese parte a campagne informative sui servizi offerti dallaMezzaluna Rossa e, dopo aver ricevuto una formazione specifica,cominciò a informare altre persone migranti su come condurre unostile di vita sano e prevenire HIV, tubercolosi e altre malattie ses-sualmente trasmesse.

Nell’aprile 2010, Alimahmad fu obbligato a lasciare il paese e a ri-tornare in Tajikistan. Il comitato locale di Astana della MezzalunaRossa Kazaka lo supportò nell’acquisto del biglietto aereo di ri-torno e gli fornì i riferimenti di centri informativi per migranti pre-senti all’interno del suo paese di origine.I centri presenti in Kazakistan, Tajikistan, Uzbekistan e Kirghizistanfanno parte di una rete che ha come scopo quello di migliorare lecondizioni dei lavoratori migranti nei paesi di origine e destina-zione in Asia Centrale. In base al progetto del Network, volontarie dipendenti di questi centri lavorano a stretto contatto tra loro,condividendo informazioni sulle attività e i servizi ai beneficiari.Coloro che presentino domanda presso la Società Nazionale delpaese in cui si trovano sono inclusi nel programma di reintegra-zione. È anche offerta loro possibilità di diventare volontari e con-tribuire così alla promozione dei principi e valori umanitari dellaCroce Rossa e Mezzaluna Rossa.Tutte le informazioni sulla situazione di Alik furono quindi inviate allapersona incaricata di migrazioni all’interno della Mezzaluna Rossa Ta-jika e al Rappresentante di Paese della FICR in Tajikistan. Alik, tut-tavia, lasciò di nuovo il paese dopo pochi mesi, spinto dellenecessità finanziarie della propria famiglia.Pochi mesi fa, Alik bussò di nuovo alla porta del comitato dellaMezzaluna Rossa di Astana, ricordando il supporto materiale eumano che aveva ricevuto da loro e raccontando del tentativo an-dato a vuoto di cercare lavoro in Russia e altri paesi.Ora Alik è tornato a lavorare come spazzino nella capitale delpaese e, nel tempo libero, assiste i volontari della Mezzaluna Rossanel raggiungere altri migranti che, come lui prima, si trovano in con-dizioni di vulnerabilità e ad esclusione sociale.

KAZAKISTAN: IL VOLONTARIATOCOME STRUMENTO PER COMBATTEREL’ESCLUSIONE SOCIALEdi Assel Tastanova - Coordinatrice di Comunicazione e Principi e Valori Fondamentali, Delegazione Regionale FICR in Kazakistan

LA FEDERAZIONE INTERNAZIONALE

Alimahmad,cittadinotajikodi21anni,lavoraadAstana,Kazakistan,comespazzino.Neltempolibero,assisteivolontaridellaMezzalunaRossanelraggiungerealtrimigrantiche,comeluiprima,sitrovanoincondizionidivulnerabilitàediesclusionesociale/

MezzalunaRossaKazaka

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La proposta arrivò da un collega della Croce Rossa della BosniaErzegovina, Nidal, un giovane dipendente della sede centrale dellaSocietà Nazionale che ha stretti contatti con i volontari di altri co-mitati del paese.Un giorno, lo scorso set-tembre, Nidal si presentònel mio ufficio con un do-cumento in mano: la pro-posta di un progettoelaborata dai giovani vo-lontari del comitato di Sre-brenik, nella parte orientaledel paese, e mi chiese sefossimo disposti ad aiutarli.Dopo una breve discus-sione, l’idea iniziò ad allet-tarmi: si trattava di unospettacolo teatrale, dal ti-tolo “Seven Principles” (iSette Principi), interamenteideato, realizzato e rappre-sentato da volontari. Il bud-get richiesto era minimo.Lo spettacolo andò inscena nel dicembre del-l’anno scorso nel teatrodella cittadina, invitateanche le autorità locali…Un successo travolgente!Fui invitato alla prima dellospettacolo e naturalmenteandai, anche se Srebrenik sitrova a tre ore di strada daSarajevo e la rappresenta-zione si svolgeva di sera, ilche avrebbe significatodover rientrare a casa du-rante la notte guidandosulle strade ingombre dineve. Ma non me lo volevoperdere assolutamente.Appena entrato nel teatro, un po’ prima dell’inizio della rappre-sentazione, fui immediatamente colpito dall’atmosfera che regnavatra il pubblico: era gioiosa, carica di attesa, coinvolgente. Vado ateatro ogni tanto ma non ricordo di aver mai provato un’emozionedel genere in attesa di fronte a un palcoscenico.Lo spettacolo si presentò come un misto di prosa e balletto, in-frammezzati da spezzoni di filmati proiettati su un grande schermo,

e poi musica, una musica un po’ inquietante forse, ma assoluta-mente in sintonia con il contenuto dei video. I balletti erano ese-guiti dai volontari stessi, quindi non da professionisti, ma l’effetto

mi parve veramente riuscito.La storia narrava di ungruppo di volontari di CroceRossa impegnati nel prontosoccorso, e della loro capa-cità di vivere i Sette PrincipiFondamentali di CroceRossa e Mezzaluna Rossa inogni momento della loroquotidianità… Ma non visvelo ulteriori informazioni,sperando che abbiate occa-sione di assistere alla rap-presentazione prima o poi,magari in uno dei prossimiincontri internazionali che ve-dranno riunita la gioventù diCroce Rossa e MezzalunaRossa.Dato lo strepitoso successodi quest’iniziativa - la cuicontinuazione anche la De-legazione del CICR in BosniaErzegovina si è mostrata in-teressata a supportare - cipiacerebbe mettere in scenalo spettacolo in altre due lo-calità della Bosnia. Per il mo-mento, il progetto è curatodal gruppo di volontari cheha avuto originariamentel’idea, ma l’intenzione èquella di formare volontaridi altre sedi locali perchépossano replicarlo all’internodella loro comunità.Il trasporto, l’intensità e la

forza con cui ho visto recitare i giovani volontari di Srebrenik mihanno colpito profondamente, facendomi ricordare quanto i no-stri Principi Fondamentali influiscano su ogni azione che svolgiamo,su ogni pensiero o parola che produciamo quotidianamente.Penso che questa rappresenti un’importante iniziativa per far co-noscere a tutti i principi fondamentali e i valori umanitari che sonoalla base del nostro Movimento, ma soprattutto per ricordare anoi stessi da dove veniamo e in che direzione stiamo andando.

BOSNIA ERZEGOVINA:I SETTE PRINCIPI IN SCENAdi Michele Rezza Sanchez - Rappresentante Paese della FICR e Delegato della Croce Rossa Italiana in Bosnia Erzegovina

LA FEDERAZIONE INTERNAZIONALE

VolontaridelcomitatolocalediSrebenikdurantelaperformanceteatraleëSevenPrinciplesítenutasi loscorsoDicembrenellacittadina/CroceRossadellaBosniaErzegovina

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AMRA JAHICAmra Jahic è volontario sin da quando aveva 15 anni, per cui, quando parla dei Principi di Croce Rossa, in un certo senso parlo deiprincipi con cui è cresciuto. Quando ascoltò per la prima volta la storia di Henry Dunant e di Solferino, ne rimase affascinato. «Eccocome l’azione di una singola persona può cambiare il mondo», pensò. Dunant era un uomo di grandissima umanità, forte volontà,grande slancio ed entusiasmo, che fu in grado di trasmettere ad altri queste qualità. Riuscì a risvegliare ciò che di buono c’è nellepersone, a spingerle ad aiutare un amico, oppure uno sconosciuto per strada, senza distinzione alcuna: questo è ciò che la CroceRossa ha fatto negli ultimi 150 anni, cambiando per sempre il mondo in cui viviamo.Amra racconta che «Fare parte di una stessa famiglia e sapere che in tutto il mondo ci sono persone che seguono gli stessi principiche seguo io mi dà la forza per continuare a credervi.Umanità. Imparzialità. Neutralità. Indipendenza. Volontariato. Unità. Universalità. Per me e per tanti altri, queste non sono solo parole,sono un modo di vedere e vivere il mondo».

ORHAN IBRAHIMAGICPer Orhan Ibrahimagic, come per tutti i volontari di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, i Sette Principi rappresentano uno stile di vita.È impossibile pensare che una persona possa far parte del nostro Movimento senza credere fermamente nei principi e valori su cuiesso si basa. L’Umanità è un principio che ciascuno dovrebbe portare dentro di sé, e ogni momento delle nostre vite dovrebbe es-sere contraddistinto dalla volontà di fare del bene e dal desiderio di creare un mondo più giusto e migliore per tutti.Nella rappresentazione teatrale Orhan ricopre il ruolo di Tarik. Tarik è il capitano di una squadra di primo soccorso che durante un’ope-razione perde la propria ragazza. I sentimenti irreprimibili di rabbia e senso di colpa lo spingono a lasciare la squadra e ad abban-donare la città in cui vive. La storia si sviluppa attorno al suo personaggio, che incarna alcuni dei Principi Fondamentali.Già dalle sue prime rappresentazioni a Srebrenik e Lukavac, questa iniziativa ha dimostrato come, attraverso le proprie azioni, i gio-vani possano fare la differenza. «Spero che – continua Omar – quanti più giovani possibile abbiano occasione di vedere ‘Sette Prin-cipi’, e comprendere come ciascuno ha dentro di sé le potenzialità per provocare un cambiamento nel mondo in cui vive, per se stessoe per gli altri».

LA FEDERAZIONE INTERNAZIONALE

VolontaridelcomitatolocalediSrebenikdurantelaperformanceteatraleëSevenPrinciplesítenutasi loscorsoDicembrenellacittadina/CroceRossadellaBosniaErzegovina

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Nel corsodella riunionedel 22 e 23 feb-braio 2012, il Comitato InternazionaledellaCroceRossa(CICR)hariconosciutolaCroceRossadiCiprocome la188a So-cietàNazionaledelMovimento interna-zionale della Croce Rossa e dellaMezzalunaRossa.Intervista aPhilip Spoerri,direttoredeldiritto internazionale e della coopera-zionealCICR.

Perché la Croce Rossa di Cipro, che esisteva in quanto

organizzazione indipendente dal 1960, è stata ricono-

sciuta solo ora?

Ogni volta che la Croce Rossa di Cipro ha chiesto il riconosci-

mento - la prima volta fu nel 1971 - non ha soddisfatto tutti i cri-

teri indicati nello statuto della Croce Rossa Internazionale e della

Mezzaluna Rossa per il riconoscimento come una società nazionale.

La recente adozione da parte della Croce Rossa Cipro di nuovi

strumenti statutari di base ha aperto la strada per la procedura di

riconoscimento, e il CICR, in virtù delle responsabilità statutarie di

cui è incaricato, ha attentamente esaminato la posizione giuridica

della Società per valutare se rispettava le dieci condizioni per il ri-

conoscimento. Ora siamo lieti di accogliere la 188a Società Na-

zionale, riconosciuta come parte del Movimento.

Che cosa si intende per "Movimento"?

La Croce Rossa Internazionale e della Mezzaluna Rossa, che è un'or-

ganizzazione composta dal Comitato Internazionale della Croce

Rossa (CICR), dalla Federazione Internazionale della Croce Rossa

e della Mezzaluna Rossa, e dopo che la Croce Rossa di Cipro è

stata riconosciuta, da 188 Società Nazionali di Croce Rossa o Mez-

zaluna Rossa.

La Croce Rossa di Cipro, come le sue 187 consorelle, svolge molti

ruoli ed ha obiettivi diversi per sostenere le persone e le comunità

che hanno bisogno di aiuto. Fornisce servizi di ambulanza, gestisce

una casa per bambini malati e assiste i migranti. Secondo la legge

1967 sulla Croce Rossa di Cipro, si comporta anche come ausiliario

alle autorità nazionali della Repubblica di Cipro in campo umani-

tario e svolge un ruolo centrale nella preparazione alla risposta in

caso di catastrofi.

La situazione politica nell'isola di Cipro ha ostacolato il

processo di riconoscimento?

La procedura per il riconoscimento di una nuova Società nazionale

IL COMITATO INTERNAZIONALE

CROCE ROSSA CIPRIOTA:LA 188a SOCIETÀ NAZIONALEDEL MOVIMENTOtraduzione non ufficiale di M.Grazia Baccolo (tratto dal nr. 490 del Caffè Dunant)

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in seno al Movimento segue rigorosamente considerazioni di ca-

rattere legale ed è determinato da dieci condizioni per il ricono-

scimento di cui ho parlato. Si tiene conto inoltre di prassi

precedenti. Considerazioni politiche o conflitti non entrano in

gioco nelle decisioni, queste si basano sui Principi Fondamentali

del Movimento, in particolare quello della neutralità, e l'impegno

preso dalla Società Nazionale di offrire i suoi servizi a tutte le per-

sone e tutte le comunità. Va inoltre rilevato che la decisione di ri-

conoscere una Società Nazionale ha effetto solo a livello della

Croce Rossa Internazionale e della Mezzaluna Rossa.

Può ricordarci i criteri richiesti a una Società Nazionale

per essere riconosciuta all'interno del Movimento?

Le dieci condizioni per il riconoscimento sono definite nell'articolo

4 dello Statuto del Movimento. La prima condizione è che lo Stato,

sul cui territorio la società nazionale richiedente è costituita in con-

formità della legislazione nazionale, deve rispettare le Convenzioni

di Ginevra del 1949. Altre condizioni riguardano lo statuto di au-

tonomia della Società Nazionale richiedente nei confronti del go-

verno, l'uso di un emblema riconosciuto e il rispetto dei sette

Principi fondamentali.

La settima condizione riguarda il fatto che la Società Nazionale ri-

chiedente abbia accesso a tutto il territorio dello Stato. In questo

caso specifico è stato un problema, dato l'attuale clima politico

sull'isola di Cipro. Tuttavia, il CICR ha concluso, sulla base di pre-

IL COMITATO INTERNAZIONALE

cedenti, che questo fatto non avrebbe potuto impedire alla Croce

Rossa di Cipro di chiedere il riconoscimento, dato che la Società

non è stata in grado di estendere la sua azione all'intero territorio

a causa di circostanze non dipendenti dal suo controllo. Questa de-

cisione è in accordo con l'interpretazione della condizione settima

data dalla commissione congiunta CICR / Federazione Internazio-

nale per gli Statuti delle società nazionali, che è responsabile del-

l’esame di nuove domande per il riconoscimento e l'ammissione in

seno alla Federazione.

La Federazione Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna

Rossa deve ancora esaminare la questione prima di prendere una

decisione definitiva sull'ammissione della Croce Rossa di Cipro.

Questa procedura può essere effettuata ufficialmente prima dell'As-

semblea Generale della Federazione nel 2013.

Le considerazioni culturali o religiose che influenzano

ogni processo di ammissione?

Dato il principio fondamentale di imparzialità, proprio del Movi-

mento, le operazioni della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa de-

vono essere condotte senza discriminazione, basate sulla nazionalità,

razza, credo religioso, di classe o di opinioni politiche.

Nel 2012, le maggiori operazioni del CICR sono state condotte per

le persone che vivono nel mondo musulmano, in paesi come Af-

ghanistan, Somalia, Iraq, Pakistan e Sudan. In questi paesi, lavo-

riamo a stretto contatto con le Società Nazionali della Mezzaluna

Rossa, come facciamo con le Società Nazionali della Croce Rossa

in altri contesti. In definitiva, il nostro obiettivo è di alleviare la

sofferenza e ci sforziamo di dare priorità ai bisogni umanitari più

urgenti, indipendentemente questioni di origine e cultura.

Quali rapporti il CICR e il Movimento hanno con la "So-

cietà della Mezzaluna Rossa turca di Cipro del Nord"?

Il CICR intende sostenere lo sviluppo di attività che questa entità

svolge per le persone che hanno bisogno di assistenza. Sono in

corso trattative con la Federazione per pianificare una missione

congiunta alfine di incontrare rappresentanti della Mezzaluna Rossa

turca, nel nord di Cipro, di discutere le circostanze e le disposizioni

necessarie per poter stabilire un vero dialogo.

Page 78: Mgazine CRI Giugno 2012 (Croce Rossa Italiana)

In occasione della Giornata Interna-zionale per la sensibilizzazione sullemine antipersona, il 4 aprile, il Comi-tato Internazionale della CroceRossaharivoltounappello,ancoraunavolta,per porre fine alla sofferenza causatadalle armi che uccidono e devastanole vite anchedopo la finedei conflitti.

“La comunità internazionale deve continuare ad agire fino a quandole persone continueranno a essere uccise o mutilate dalle mine,dalle bombe a grappolo e dai residui bellici esplosivi - dice YvesDaccord, Direttore Generale del CICR -. Maggiori sforzi devonoessere fatti per sminare i campi da mine, bombe a grappolo e altreforme di ordigni inesplosi e abbandonati. Anche l’uso di mine-an-tiuomo e bombe a grappolo deve finire”.Il Direttore Generale del CICR ha espresso rammarico visto che lemine e altri esplosivi pericolosi non sono solo un’eredità delle lun-ghe guerre passate ma anche una minaccia nei conflitti recenti. InLibia, per esempio, i residui bellici esplosivi stanno ostacolando ilritorno delle persone alle loro case, così come il rallentamentodella ricostruzione post-bellica. Anche se il conflitto è durato menodi un anno, la rimozione di queste armi andrà avanti per un lungotempo a venire.La sofferenza causata dalle mine e da altre munizioni inesplose po-trebbe essere di gran lunga ridotta se tutti gli Stati collaborassero

e attuassero pienamente i trattati di diritto internazionale umanita-rio che cercano di affrontare i problemi causati da queste armi,cioè la Convenzione di messa al bando delle mine Anti-persona, laConvenzione sulle munizioni a grappolo e il Protocollo sui residuibellici esplosivi.“Mentre l’attuale quadro normativo è un risultato notevole in sè,investire sull’implementazione è essenziale per raggiungere gli obiet-tivi umanitari” ha detto Mister Daccord. In particolare, c’è un realebisogno di aumentare il supporto alle persone che sono state col-pite da mine e da altri residui bellici letali. Costoro hanno bisognodi un accesso a vita all’assistenza medica, alla riabilitazione fisica eai servizi psicologici, così come l’assistenza per riconquistare il loroposto nella società.“Gli Stati devono intensificare i loro sforzi per distruggere le minee le bombe a grappolo e aumentare la bonifica dalle mine - hadetto Daccord -. In molti luoghi, la raccolta dei dati delle vittimedeve essere migliorata e, attuando la legislazione nazionale, perimporre gli obblighi del trattato che deve ancora essere adottato”.Quest’anno sancirà il 15o anniversario della Convenzione del 1997sulla messa al bando delle mine anti-persona. Un totale di 159 Statihanno aderito alla Convenzione, di cui almeno 35 ancora hannoobblighi di sminamento. Il Protocollo 2003 sui residui bellici esplo-sivi ha coinvolto 76 Stati. Un totale di 70 Stati hanno aderito allaConvenzione del 2008 sulle bombe a grappolo e altri 41 Statil’hanno firmata.

IL COMITATO INTERNAZIONALE

Colombia,gliscolari inunacittàindipartimentodelCaucaparteciparealseminarioCICRsucometenersialsicurodallemine

©ICRC-E.Tovar

CICR, GIORNATA INTERNAZIONALE PERLA SENSIBILIZZAZIONE SULLE MINE:FERMARE LE ARMI CHE CONTINUANO A UCCIDERE!

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di Felicia Mammone

Page 79: Mgazine CRI Giugno 2012 (Croce Rossa Italiana)

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IL COMITATO INTERNAZIONALE

Brazzaville,ilquartiereTalangai.UnespertoCICRnellarimozionediordigniesplosividuranteun'operazionedibonifica

©ICRC

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CROCE ROSSA PERLA STRAMILANOIl 25 marzo si è corsa la 41esima edi-zione della Stramilano,la gara che dal1972coinvolgeoltre50.000persone.De-terminantel’apportodellaCroceRossaProvincialediMilanoche,comeavvieneda quasi un decennio,ha fornito assi-

stenzalogisticaesanitariaper l’ottimariuscita dellamanifestazione che pre-vede tre gare:la Stramilano vera epro-pria di 10 chilometri, la Stramilaninadedicata ai più piccini e lamezzama-ratonadi21chilometri.

di Michele Novaga

Page 81: Mgazine CRI Giugno 2012 (Croce Rossa Italiana)

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È mattina presto quando la colonna dei mezzi si muove dal CPE-CRI del Parco Nord di Milano direzione Parco Sempione, nel cen-tro della città. Un’ora dopo oltre 250 operatori della DivisioneEmergenze della Croce Rossa Provinciale di Milano, sono già al la-voro per montare il Villaggio degli Atleti, punto di riferimento perchi l’indomani correrà la Stramilano. Anche per l’edizione di que-st’anno, infatti, come da tradizione consolidata dell’ultimo decen-nio, la Croce Rossa fornirà agli oltre 60.000 partecipanti, diquella che è stata definita la corsa più bella d’Italia, l’assistenza sa-nitaria durante il percorso e all’arrivo ma anche l’assistenza logi-stica. «In questo villaggio montato tra l’Arena Civica e l’Arco dellaPace custodiremo 6.500 borse dei partecipanti alla mezza mara-tona e prepareremo e serviremo 6.000 pasti che verranno con-sumati all’interno della mensa montata nella tenda pneumatica diultima generazione di 400 mq», racconta Antonio Arosio, DelegatoProvinciale CRI alle Attività di Emergenza, mentre coordina le ope-razioni. «Durante la corsa di domani saranno impiegati circa 300operatori oltre a 40 mezzi e 15 ambulanze per il soccorso avan-zato. In 16 bag points alloggeremo e custodiremo le borse degliatleti della mezza maratona, altre tre serviranno allo staff dei fisio-terapisti per massaggiare i muscoli dei maratoneti. All’interno del-l’Arena e durante il percorso, allestiremo dei PMA sanitari perassistere e medicare eventuali traumatizzati».Tra i vialetti e i prati del Parco Sempione c’è un gran fermento: cisono squadre che montano i gazebo delle borse, ci sono i cuochigià all’opera a tagliare le verdure per il sugo, ci sono gli elettrici-sti intenti a montare l’impianto di illuminazione, ci sono quelli cheallestiscono la mense con decine di tavoli e panche, c’è chi spazza,chi pulisce e chi guida il bilico da una parte all’altra dei 4.000metri quadrati di estensione del villaggio. Le divise rosse dei vo-lontari creano un divertente confronto cromatico con l’azzurro in-tenso del cielo di Lombardia (che, come diceva il Manzoni, “….ècosì bello quand’è bello”) e il verde degli alberi secolari del parco.Ma per molti dei volontari questi due giorni saranno un test d’esamedel corso Opem-Operazioni d’Emergenza della Scuola Divem. «Ab-biamo approfittato di questo avvenimento per svolgere gli esami dispecializzazione che prevedono un’attività pratica nella gestione lo-gistica del montaggio delle strutture - commenta Gianmaria Parotti,responsabile del Comitato Scientifico di Scuola Divem -.Tutto ilcorso è stato finalizzato allo svolgimento di questa prova e 54 cor-sisti oggi hanno lavorato all’allestimento facendo tesoro dell’attivitàteorica svolta in aula».Sono le 8.30 di domenica, i primi atleti affollano la piazza Duomo.Quaranta operatori CRI si posizionano sotto lo striscione dellapartenza per contenere la folla degli oltre 50.000 che si cimen-teranno nella corsa non competitiva, di 10 chilometri, a breve.Anche le 7 squadre di soccorso appiedate e ciclomontate sono giàsparpagliate tra partenza, arrivo (dentro l’Arena Civica) e lungo ilpercorso. Così come sono pronti gli equipaggi delle ambulanze edel centro mobile di soccorso.Al Villaggio ci si dà un gran da fare per sistemare le borse degli atleti

che partono per la mezza maratona da piazza Castello. Il colpo dicannone decreta l’inizio. La gara dei professionisti si svolge senzaparticolari problemi.Come tradizione viene consegnato il Premio Croce Rossa MF35 allaprima donna 35 enne arrivata al traguardo, in memoria di MichelaRossi, l’atleta abruzzese morta nel devastante terremoto dell’Aquilapoche ore dopo aver corso la Stramilano 2009. Nel frattempo ilSergente Maggiore Massimo Boncristiano è il primo della delega-zione di corridori di Croce Rossa ad arrivare al traguardo.Una cinquantina saranno, alla fine delle due gare, gli interventi sa-nitari sui corridori soprattutto per curare storte, stati di affatica-mento e piccole escoriazioni in seguito a cadute.La corsa è finita ma al tendone mensa i 20 cuochi e i 30 addettialla distribuzione dei pasti non si fermano un attimo: in otto turni,tutti i 6.000 atleti della mezza maratona a rotazione ricevono econsumano un pranzo completo a base di orecchiette al sugo, par-migiano, salame, pane e frutta. Gli ultimi a mangiare sono gli ope-ratori CRI che, finalmente si possono rifocillare, in vista del lavorodi smontaggio che li attende nel pomeriggio.A ringraziarli personalmente Alberto Bruno, Commissario CRI Pro-vinciale di Milano. «Voglio ringraziare tutti per il lavoro svolto sinda ieri. Tutto quello che abbiamo fatto per consentire lo svolgi-mento di un grande evento e una grande festa di popolo, è allostesso tempo una grande esercitazione molto reale in caso di emer-genza». Ringraziamenti a cui si è associato, con uguali parole, ilCommissario Regionale, Maurizio Gussoni, presente all’evento in-sieme all’Ispettrice Regionale dei Pionieri, Sabrina Turrin.Mentre i cittadini milanesi affollano il parco in questo caldo e as-solato pomeriggio domenicale, i volontari sono al lavoro per smon-tare tutto e caricarlo, di nuovo, sui mezzi per il ritorno al CPE-CRIdel Parco Nord.Rientreranno alla base stremati ma contenti, pronti per unanuova… emergenza!

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L’AMERICA’S CUP A NAPOLILa prima edizione dell’America’s Cup a Napoli non era partita pro-prio bene, anzi non era partita affatto. Rallentamenti, ripensamentihanno fatto temere fino all’ultimo che la manifestazione risentissedel ritardo che giorno dopo giorno andava accumulandosi. Per laCroce Rossa Italiana, e il Comitato Provinciale CRI di Napoli, laprima riunione organizzativa si è tenuta il 26 marzo e l’assegna-zione ufficiale delle attività di soccorso sanitario alla CRI è avve-nuta nove giorni prima dell’inizio delle gare. Così, a ritmo di passo,

è stata avviata la macchina organizzativa. Il primo step è stato ga-rantire un presidio sanitario avanzato, con volontari e personaleparamedico, nell’area che da Mergellina arriva a Piazza Vittoriadove è stato successivamente allestito il Villaggio ospitalità, del-l’area tecnica riservata ai team e al Comitato organizzatore.

Completati a tempo di record i lavori, sabato 7 aprile, si apre lamanifestazione. Il sole del giorno prima lascia il posto alla pioggia,

a cura di Paolo Russo

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motivo per cui buona parte degli eventi previsti, taglio del nastrocompreso, vengono spostati all’interno degli stand istituzionali. Il sin-daco di Napoli, Luigi De Magistris, incontra i volontari della CRI,visita l’area dove l’Associazione ha istallato, con strutture gonfiabili,un Posto Medico Avanzato (PMA), una tenda per l’alloggio tempo-raneo di visitatori e il camper di coordinamento delle attività.

La pioggia fa da padrona per tutta la giornata di domenica te-nendo lontano i visitatori. In serata, nella fantastica cornice di Piazzadel Plebiscito, si svolge la spettacolare cerimonia di inaugurazione:il colonnato della Chiesa di San Francesco da Paola trasformato inun grande acquario, gli effetti speciali di Marco Balich, presidentedi Filmmaster Events che firma l’intera organizzazione scenograficadell’evento, stupiscono oltre 20.000 presenti. In un crescendo dientusiasmo il video messaggio del Presidente della Repubblica,Giorgio Napolitano, l’ingresso della bandiera portata dalla cam-pionessa olimpica Alessandra Sensini, ed ecco la presentazione dellesquadre. Con l’arrivo sul palco del team Luna Rossa, un nubifragiosi abbatte sulla piazza e la manifestazione si chiude. Nel fuggi-fuggigenerale qualcuno cade e s’infortuna, la CRI è presente con 3equipaggi così può soccorrere, tra gli altri, anche una giovanedonna per la quale si renderà necessario il ricovero in ospedale.

Il giorno successivo, lunedì 9, è una giornata bellissima. Già dallamattinata un fiume umano affolla l’enorme isola pedonale dedi-cata alla manifestazione. A fine giornata, saranno più di 250.000i visitatori che hanno passeggiato tra la Villa Comunale e il lungo-mare. Gli spettatori si arrampicano sugli scogli per vedere da vicinoi catamarani che, anche nella giornata di riposo delle gare, assa-porano il sole e il mare del golfo di Napoli. Qualcuno scivola, s’in-fortuna e i soccorritori corrono ad assisterli. Superlavoro ancheper la CRI che nel corso della giornata ha realizzato una quaran-tina di interventi e 3 ricoveri.

Da martedì il maltempo torna a essere il protagonista della mani-festazione. Un velista neozelandese, durante una manovra in acqua,si produce una profonda lacerazione alla mano. Al PMA riceve l’as-sistenza e anche la consulenza del Commissario del Comitato Pro-vinciale CRI di Napoli, Paolo Monorchio che, da ortopedico,esclude lesioni ai tendini. Il velista è comunque trasferito al prontosoccorso per poi rientrare al villaggio in serata. Nonostante il mal-tempo alle 14.30 partono le prime regate. Tra un temporale e unaschiarita, gli equipaggi si fronteggiano “all’ultimo bordo” ma ormaitutti i velisti hanno individuato il nemico da battere: il maltempo.Dopo un’ora circa di gara, il vento alzatosi è troppo forte e le re-gate vengono sospese.

Venerdì le previsioni annunciano un mini-tornado in arrivo su Na-poli. L’intera giornata di gare viene annullata e tutto il villaggio rin-forza gli ormeggi e si prepara al peggio. Nonostante questo nessunvolontario della Croce Rossa Italiana lascia il villaggio, preparandosia fronteggiare l’emergenza, che per fortuna non arriverà.Un vento particolarmente teso e onde di grandezza tale da supe-rare il frangiflutti realizzato a ridosso del Lungomare Caraccioloaprono la giornata di sabato: il Comitato di Regata dell’AC WorldSeries Napoli decide di annullare le prove. Anche nell’ultima gior-nata della manifestazione, domenica 15, il tempo è inclemente, mail villaggio è pieno di visitatori. È stato allestito anche uno stand perla raccolta fondi della campagna 2012 di Trenta Ore per la Vita eCroce Rossa Italiana al fine di acquistare defibrillatori da donarea palestre, piscine e campi sportivi. Le gare cominciano a mezzo-giorno ed è Luna Rossa Piranha l’AC45 vincitore del Fleet RacingChampionship valido ai fini dell’AC World Series. Il saluto calorosodel pubblico, la presenza dei quasi 500 volontari CRI in otto giornidi manifestazione sono la dimostrazione più sincera che Napoli èpiena di risorse individuali straordinarie.

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IlCommissarioProvincialeCRIdiNapoli,PaoloMonorchio

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URBINO: L’IMPEGNO DELLACRI PER L’INTEGRAZIONEDELLE DONNE IMMIGRATE

Nel2006sièapertoun laboratorioCRIper leattivitàdi integrazionedidonneimmigrate a Urbino,città che ha datoinatalialDucadiMontefeltroeche,inquesti ultimianni,oltrealla fortepre-senzadi studentiuniversitari,havistoancheuna fortepresenzamigratoria.Ciò,in collaborazione con Comune diUrbino,Caritas,Asur,ha spinto la CRIad assumere un ruolo di coordina-mento interistituzionale per affron-tare questa problematica.

All’interno del laboratorio sono stati avviati percorsi di approccioalla lingua italiana, percorsi di educazione alla salute che vedonosempre il coordinamento del Comitato CRI di Urbino. Inoltre, il la-boratorio si è posto l’obiettivo di far da ponte tra le donne im-migrate e i servizi socio sanitari territoriali. Nei corsi svolti nellaboratorio CRI, le docenze sono state tenute sia dal personale diCroce Rossa sia dal personale socio sanitario che ha accettato lacollaborazione. In sintesi, i percorsi formativi attuati sono stati: amaggio 2006, organizzazione e coordinamento interistituzionaleper percorso formativo per insegnanti dell'Istituto Comprensivo"Pascoli" di Urbino; a novembre 2006, organizzazione e coordi-

di Sandra Crowther

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namento incontri prevenzione salute donne immigrate, con CRI Co-mitato di Urbino, NAAA onlus e rete istituzionale; nel 2007, atti-vità aggregative in località Ponte Armellina, dedicate alle donneimmigrate; nel 2008, organizzazione corso BEPS per volontarieimmigrate, di cui ben 8 donne hanno conseguito l’attestato; nel2009, coordinamento interistituzionale per servizio volontarie im-migrate CRI presso l’Ospedale di Urbino ed il Distretto sanitario;sempre nel 2009, coordinamento interistituzionale per serviziodonne immigrate per accompagnamento dell’ostetrica alle visitedomiciliari riguardanti il post parto e l’allattamento delle donneimmigrate in difficoltà; infine nel 2011, organizzazione segreteriaper il convegno "Il dialogo interculturale nella sanità", promossoda ASUR in collaborazione con la CRI di Urbino e NAAA Onlus.Gli ambiti d'azione che la CRI ha scelto per il servizio delle donneimmigrate riguardano la prevenzione del disagio sociale, la tuteladella maternità, l'accompagnamento delle donne migranti comepersone a rischio di esclusione sociale. Questi ambiti sono tenutiassieme dall'obiettivo di lavorare sull'empowerment delle donnemigranti nel contesto territoriale urbinate, aggredendo condizionidi svantaggio ed isolamento sociale con percorsi di accompagna-mento, aiuto, promozione e formazione di competenze di facilita-zione e mediazione di comunità, a partire dalla sfera dei bisognisocio-sanitari.I servizi sanitari e socio-sanitari, per esempio relativi alla maternità,costituiscono una delle principali porte di accesso delle donne im-migrate alle relazioni intergruppo, ma sono anche occasione difraintendimenti e rischi. Ne consegue un aggravio di carico su alcuniservizi e figure professionali (vedi gli accessi inappropriati al ProntoSoccorso, i troppi ricoveri urgenti rispetto a quelli programmati),con un impegno sproporzionato e a tratti inefficace di risorse eco-nomiche e umane, e rischi per la qualità della presa in carico: il tipodi bisogni e le domande espresse si veicolano infatti verso l'offertanon sempre adeguata, a causa di difficoltà di comunicazione. Dif-ficoltà che hanno sia una componente linguistica, ma anche socio-culturale: condizioni sociali e di vita (l'isolamento, povertà materialee relazionale), la conoscenza frammentaria e le rappresentazionidifferenti del servizio socio-sanitario, sono alcuni degli elementiche possono incidere negativamente sull’alleanza terapeutica e lacontinuità socio-assistenziale, rafforzando in un circolo vizioso l’iso-lamento delle donne immigrate.L'obiettivo generale delle azioni svolte dalla Croce Rossa Italianadi Urbino è stato ed è quello di lavorare sul ribilanciamento dellapresa in carico, considerando la complessità del bisogno, gli aspettidi prevenzione ed educazione alla salute, in modo da sgravare la“cura” ed avviare percorsi di autonomia nella gestione del proprio“benessere” e nella fruizione dei servizi. Empowerment, auto-aiutoe limitazione delle discriminazioni istituzionali sono affrontati con-

giuntamente unendo risorse e competenze delle donne immigrate,delle istituzioni, del privato sociale. Da quest’anno la CRI di Urbinopartecipa attivamente all’organizzazione e coordinamento di uncorso di formazione per “facilitatrici” dedicato a donne immigrateche vivono nel nostro ambito territoriale. Il corso di formazioneprevede le seguenti tappe: 1) coinvolgimento attivo di tutti gli sta-keholders rilevanti e programmazione di strategie di accesso delledonne immigrate ai servizi socio-sanitari; 2) raggiungimento didonne a maggior rischio di isolamento e creazione di “antenne”(le facilitatrici) sul territorio che agiscano da gatekeeper per defi-nire il bisogno e indirizzarlo verso la rete di intervento ed i servizipiù opportuni. Aumento della conoscenza dei problemi territorialinei rapporti interculturali che coinvolgono le donne immigrate; 3)miglioramento dell'uso competente dei servizi e della relazione dicura; capacitazione delle donne immigrate coinvolte nella gestionedelle problematiche socio-sanitarie, in particolare ostetrico-gine-cologiche; 4) miglioramento e qualificazione delle competenze for-mali e informali per facilitare il riconoscimento, maggiorcoinvolgimento delle donne immigrate nel volontariato e nell'asso-ciazionismo e maggior riconoscimento di volontariato e associa-zionismo nel rapporto con le istituzioni rilevanti partendo da unametodologia bottom-up; 5) dare rilevanza pubblica ai vantaggi re-ciproci associati ad una relazione di cura più fluida, al fine di fa-vorire il supporto alla continuità e ulteriore sperimentazione diazioni in questo campo; favorire l'istituzionalizzazione di una presain carico a rete e diversity-sensible delle donne immigrate; 6) coin-volgimento e sostegno alla motivazione delle donne immigrate allapartecipazione dei corsi CRI del Comitato di Urbino come volon-tarie. Una parte del corso includerà tre project work di cui uno co-ordinato e realizzato interamente dalla Croce Rossa con eventofinale. Il contesto scelto per l'avvio sperimentale del corso è l'areaurbinate, che comprende circa 20 Comuni nell'interno della Pro-vincia di Pesaro ed Urbino. Esso è caratterizzato sia nell'ottica deibisogni e dei problemi non sufficientemente coperti, sia nell'otticadelle risorse che potenzialmente può esprimere. Infatti, sul territo-rio si riscontra una forte e crescente pressione migratoria. I serviziper la maternità e l'infanzia, sociali e sanitari, inoltre, sono fra quellipiù investiti dal fenomeno, in quanto nei Comuni interessati gli stra-nieri sono minorenni fra il 25 e il 30% dei casi: ormai più di unquarto dei nati nell'Ospedale di Urbino ha una madre straniera(238 su 940 parti nel 2008, secondo i dati più recenti dell'Os-servatorio Epidemiologico sulle Disuguaglianze della Regione Mar-che). Sul territorio esiste una rete informale di istituzioni el'associazionismo immigrato formale e informale, che mette assiemeattori con diverse competenze ed esperienze, i quali già da diversianni hanno avviato una riflessione su questi temi.

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NECWheelchairtennistourPer il tredicesimo anno consecutivo a marzo si è tenuto a Cuneo,

presso il Palatennis GIS, il consueto appuntamento con il “NEC Whe-

elchair tennis tour”, meglio noto come “Tennis in carrozzina”, un tor-

neo internazionale riservato ad atleti diversamente abili ospitato in

tutto il mondo da ben 24 Paesi. Anche quest’anno la Croce Rossa Ita-

liana ha preso parte all’evento; i Giovani, in particolare, hanno fornito

parte dell'assistenza logistica portando in campo bibite ed alimenti al-

l'inizio di ogni incontro, aiutando nella sistemazione gli atleti nei diversi hotel e favorendo gli spostamenti dei medesimi giocatori dagli al-

berghi al luogo dei match. La Croce Rossa si è anche occupata dell'assistenza sanitaria durante tutto l'evento. I volontari CRI hanno espresso

vivo entusiasmo per aver avuto la possibilità di partecipare ad un’esperienza di questo calibro e poter quindi far tesoro di quanto appreso;

ogni anno infatti la Croce Rossa di Cuneo si impegna a fondo affinché il proprio ruolo nell'organizzazione sia sempre più attivo e vissuto

con la giusta consapevolezza, fondamentale per il buon funzionamento dell’attività. Ciò che rimane impressa è sicuramente la grande lezione

di vita che questi sportivi infondono a tutti, come ai loro familiari, pronti a fare il tifo e agli organizzatori dell’evento.

CorsodiformazioneperAssistenti

familiari

A Fasano (Br), presso la sede del Comitato Locale della Croce si è

svolto, nei mesi di marzo e aprile, il Corso di formazione per Assi-

stenti familiari, comunemente note come “Badanti”. L'iniziativa, pro-

mossa dal Comitato Femminile della CRI fasanese, è stata strutturata

in 10 dieci incontri. Le lezioni teoriche si sono svolte in aula presso il

"Centro di Formazione" della Croce Rossa a Fasano e qualche ora di

abilità pratica è trascorsa invece presso l'Istituto per Anziani "Canonico Rossini", per una durata complessiva di 30 ore. Durante gli incontri

sono stati analizzati alcuni contenuti di gerontologia e geriatria, cura e igiene della persona e dell'abbigliamento, principi di educazione ali-

mentare, i bisogni della persona anziana e i suoi aspetti psicologici, i diritti e le tutele delle badanti, la medicazioni di piaghe da decubito e

abilità legate al movimento della persona, le abilità comunicative, relazionali e sociali che consentano un adeguato rapporto interpersonale

con l'utente e con il nucleo familiare ed infine alcuni elementi di primo soccorso.

CUNEO

FASANO (BR)

NEWS DAL TERRITORIOa cura di Lucrezia Martinelli

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ATTIVITÀ

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UnitàdiStrada - AngeliCustodi

Un servizio sempre più impegnativo e che cresce nel tempo. In questi

termini è possibile qualificare il lavoro svolto nel 2011 dalle Unità di

Strada-Angeli Custodi, gestite dalla Sala Operativa Sociale CRI in par-

tenariato con la Provincia di Latina. Resta alta l'attenzione sui minori,

mendicanti e non, con oltre 100 interventi di vario genere. In parti-

colare, vanno avanti i progetti di scolarizzazione dei bambini presenti

nei vari campi nomadi, come Al Karama e ad Aprilia. La CRI inoltre è

stata scelta dalla Giustizia minorile per un progetto di rieducazione e

lavori socialmente utili tanto da aver accolto due giovani su indicazioni del Tribunale per i Minori.

Il responsabile della Sala Operativa Sociale, Daniele Bruni, ha dichiarato: «Sono orgoglioso dell'attività delle Unità di Strada per i risultati

raggiunti nel 2011. Cito solo a titolo di esempio, i diversi rimpatri con la collaborazione delle ambasciate, delle società nazionali di Croce

Rossa di altri Paesi e del Comune di Latina; gli inserimenti nelle case d'accoglienza di donne e minori, l'incondizionata assistenza ai senza fissa

dimora di tutto il territorio. Un progetto su convenzione con la Provincia di Latina che senza dubbio è cresciuto nel tempo».

Per ogni emergenza sociale è possibile contattare il numero 800-585200 - Sala Operativa Sociale CRI.

Gliesaminonfinisconomai: SMTS

Si sono svolti alla fine di marzo gli esami che hanno diplomato 9 ope-

ratori specializzati nei Soccorsi con Mezzi e Tecniche Speciali del Co-

mitato Provinciale CRI di Caltanissetta. Gli operatori SMTS sono unità

altamente specializzate della Croce Rossa Italiana; hanno abilitazioni in

tecniche speleo alpine, cartografia, orientamento, avvicinamento agli

aeromobili, soccorso in acqua e soccorso in zone impervie. Oltre al

classico corso PSTI (Pronto Soccorso Trasporto Infermi) hanno nozioni

importanti in materia di Protezione Civile e in materia NBCR (Nucleare

Batteriologico Chimico e Radiologico). Inoltre, hanno già partecipato attivamente a numerose esercitazioni con il Comando dei Vigili del

Fuoco nella provincia di Caltanissetta, alla ricerca di un disperso in località Gela (CL) nel 2010 e in altre numerose attività. I Soccorsi con

Mezzi e Tecniche Speciali possono effettuarsi con personale specializzato, in strade interrotte e impraticabilità del terreno per via delle ca-

lamità naturali, ricerche a largo raggio di persone disperse o intrappolate in sacche d'aria nelle cavità del terreno poi inondate da qualche

temporale o nevicata, oppure portare il primo soccorso in alta quota con l’ausilio delle tecniche speleo alpine, o in aree contaminate da

qualche sostanza chimica o da scorie radioattive.

CALTANISSETTA

LATINA

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GetRightWhenYouDrive

Giovani volontari della Croce Rossa Italiana che sensibilizzano i coe-

tanei sul consumo responsabile di sostanze alcoliche. Controlli gratuiti

con etilometro, area di decompressione, trasporto a domicilio e ma-

teriale informativo. È il progetto “Get Right When You Drive” del Co-

mitato Provinciale CRI di Padova che si sta svolgendo in questi mesi

nel territorio nei pressi di locali e discoteche i cui titolari hanno ben accolto l'iniziativa, come del resto anche i giovani. I volontari agiscono

come semplici informatori, non volendo e non potendo sostituirsi all’operato degli agenti di pubblica sicurezza. L’intento dell’attività è quello

di limitare il danno. Nei luoghi previsti i giovani CRI allestiscono una piazzola di sosta dove le persone troveranno materiale informativo sulle

conseguenze dell'abuso di alcolici e sugli effetti causati in chi si mette alla guida in stato di ebbrezza. Ci sarà anche un piccolo quiz per va-

lutare la conoscenza degli elementi basilari della materia. Si potranno effettuare gratuitamente controlli del tasso alcolemico senza nessuna

sanzione. Nel caso in cui la persona interessata risulti fuori norma, i volontari la inviteranno, ma non possono obbligarla, a sostare nell'ap-

posito gazebo-relax allestito, finché il tasso non ritornerà sotto il limite previsto dalla legge. Il Progetto è svolto da una squadra di 5-6 vo-

lontari della Croce Rossa, appositamente formati da Franco Marcomini del Dipartimento dipendenze SERT dell’Azienda sanitaria 16 di

Padova, dagli addetti delle squadre di emergenza psicologica della CRI e da Nicolò Zanuso, referente provinciale del progetto ed Ispettore

giovani CRI di Vigodarzere, delegazione coordinatrice del servizio. Informazioni: www.cripadova.it

Bimbinfiera

Il Comitato Locale CRI di Roma ha partecipato all’edizione di que-

st'anno di “Bimbinfiera”, il più importante salone espositivo italiano

dedicato al mondo dell'infanzia, rivolgendosi ai bambini, alle mamme,

ai papà e agli operatori del settore presenti in gran numero. Nel primo

fine settimana di aprile la Croce Rossa di Roma è stata presente al-

l’evento con un ampio spazio allestito all'interno della manifestazione,

promuovendo e diffondendo tra l'altro la disostruzione e rianimazione

cardiopolmonare in età pediatrica.

Lo spazio espositivo era organizzato in differenti aree. La prima area era dedicata a genitori e operatori, con sessioni formative tenute da

istruttori CRI sulla disostruzione in età pediatrica e distribuzione di materiale informativo e formativo, cartaceo e multimediale. Una seconda

area è stata dedicata all'intrattenimento dei più piccini con il supporto dei Giovani del Comitato Locale di Roma che con grande entusia-

smo hanno coinvolto i bimbi facendoli colorare su immagini a tema CRI e preparando insieme a loro innumerevoli "sculture di palloncini"

dalle forme più svariate. Un'ulteriore area ha ospitato l'esposizione di mezzi e tecniche dei soccorsi speciali, con presentazione dei diversi

presidi.

PADOVA

ROMA

ATTIVITÀ

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ATTIVITÀ

Si è svolto sabato 17 marzo, a Roma,presso la sala Palascianodel ComitatoCentrale della Croce Rossa Italiana ilconvegnointitolato“Disagiogiovanileedevianze: come la CRI interviene”.L’obiettivodell’incontroèstatoquellodivolercapireefarcomprenderelemoda-litàcon lequali laCroceRossageneral-mente affronta il problemadel disagiominorile e la devianza che può scatu-rirne.

Per ogni ragazzo si sa, l’adolescenza è un periodo critico. Si af-frontano cambiamenti fisici, si cresce, c’è la paura che questi cam-biamenti non vengano accettati. Si fanno nuove esperienze, siscoprono nuove cose, e molto spesso si entra a contatto con nuoverealtà che non sempre si è in grado di gestire nel migliore dei modi.Quando a tutti questi fattori si aggiunge poi la devianza il disagioaumenta, ci si sente ancor di più fuori la società, e all’esterno ap-pare evidente la necessità di ricorrere a un sostegno.In Italia esiste una fitta rete di servizi appositamente predisposti, diquesta rete fa parte la CRI che mira a fornire un valido supportoin ambito di prevenzione primaria, secondaria, e terziaria.Sono centomila i ragazzi con i genitori in carcere, e di questi non

è possibile conoscere le loro prospettive: è la riflessione con laquale ha avuto inizio il convegno e che ha coinvolto un centinaiodi Giovani CRI provenienti da numerose regioni.Come ha detto Enrico Girmenia, psicoterapeuta, esistono dei cam-panelli d’allarme che possono far comprendere l’esistenza di de-vianze giovanili.Tra i segnali, quello più ovvio e frequente è in primis la trasgres-sione che in alcuni casi può arrivare a sfociare in fenomeni di bul-lismo, partecipazione a baby gang, discriminazione, violenza edillegalità. In risposta a questo, vi è stato l’intervento di Santa Sicali,giovane CRI psicoterapeuta, che in base alle proprie esperienze al-l’interno dell’associazione e in base a quanto è stato realizzato dallaCroce Rossa dal 2006 ad oggi, arriva ad evidenziare come il di-sagio giovanile si origini laddove il ragazzo abbia difficoltà a tro-vare una sua collocazione nella società in cui vive.La realtà viene dunque vista come fonte di disorientazione per ilragazzo, che in mancanza di una guida, può non saper risponderenel giusto modo.È stata Serenella Pesarin, Direttore Generale per l’attenuazione diprovvedimenti generali, invece, a voler sottolineare come ogniazione o iniziativa all’interno della società possa avere risvolti po-sitivi o negativi. Il 30% di chi abusa lo fa perchè ha subito un abusosessuale e sicuramente non si può solo pensare alla riduzione del

DISAGIO GIOVANILE E DEVIANZE:COME LA CRI INTERVIENEdi Ilaria Forte

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©MarcoGalassi

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ATTIVITÀ

danno, quando al voler affrontare il tutto a livello sociale. Gene-ralmente si tende a considerare protagonisti di questi eventi i gio-vani extracomunitari e a pensare che la devianza giovanile sia inaumento. In realtà non è vera nessuna delle due affermazioni.Pierluigi Rossetti, funzionario del Servizio Politiche di welfare delComune di Forlì, ha condiviso tre casi pratici avvenuti nel comitatoLocale della Croce Rossa per i quali i Giovani si sono impegnati aintegrare la persona assegnatagli al pari degli altri volontari, nelpieno rispetto dei principi di Croce Rossa.A concludere gli interventi è stata Arianna Marchetti, delegato tec-nico Nazionale Area Servizio nella Comunità, che ha proposto unapanoramica delle attività e delle iniziative svolte dai Giovani dellaCroce Rossa Italiana sul territorio, lanciando la sfida per lavoraredi meglio ed ottenere un maggiore impatto.I giovani trovano difficoltoso superare la fase adolescenziale a causadi questo malessere generalizzato; diventa dunque difficoltoso riu-scire a superare questa fase critica ed arrivare verso l’età adultasenza incorrere in situazioni di rischio. E’ proprio questo il punto.Provare a superare questa fase e magari affrontare il rischio senzacontare su riferimenti stabili, senza relazioni solide fondate su prin-cipi e valori positivi, può comportare l’istaurarsi di comportamentidevianti dovuti proprio all’inequilibrio e alla difficoltà poi di trar-sene fuori. Tutte quelle persone che vivono in condizioni di mar-ginalità sociale, perché istituzionalizzati o colpevoli di reati penali,inseriti poi in programmi di “messa alla prova”, trovano difficile ilpercorso di reinserimento nel tessuto sociale. Per questi ultimi laCroce Rossa rappresenta una vera e propria possibilità di cambia-mento, o meglio, rappresenta una seconda possibilità per tornarea vivere.Già nel corso della seconda Assemblea Nazionale dei Giovani CRIsi era arrivati al punto di voler promuovere un maggiore impegnodell’Associazione attraverso il miglioramento delle attività di pre-venzione e la reazione alle attuali problematiche giovanili, solleci-tando la collaborazione con Enti ed Istituzioni del servizio socialeprincipalmente finalizzate al recupero dei minori.L’evento ha voluto anche tracciare un “report” del servizio reso aseguito della firma del protocollo d’intesa con il Dipartimento dellaGiustizia Minorile, nonché della formazione avviata in questi anni.Proprio in riferimento a quest’accordo di cooperazione strategicail convegno ha voluto essere un’iniziativa volta a capire come laCRI possa agire concretamente di fronte alla tematica.L’occasione, che ha costituito momento di dibattito e confronto,si è proposta di favorire un’azione coerente con gli obiettivi stra-tegici della Croce Rossa Italiana e, tramite la sensibilizzazione deivolontari, come un momento di confronto con esperti del settore,ovvero con rappresentanti delle Istituzioni e servizi territoriale.In occasione dell’evento è stata consegnata da Andrea Gradella,Vice Ispettore nazionale dei Giovani CRI, la medaglia di bronzo alPioniere Santa Sicali quale riconoscimento per la realizzazione delprogetto “La Città che Vorrei”.

ROMA,SABATO17MARZO2012

NellafotoSerenellaPesarin,DirettoreGenerale

attuazioneprovvedimentigiudiziaridelDipartimento

diGiustiziaMinorile

©MarcoGalassi

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DIRITTOINTERNAZIONALEUMANITARIOE LE DISCRIMINAZIONIdi Adele Fiaschetti

©TommasoDellaLonga

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Il termine Discriminazione deriva dal latino “discrimino” che signi-

fica distinguere, separare, fare una distinzione. Parlava Seneca di Di-

scriminator, ancor di più Sant’Agostino, indicandolo come «colui

che fa la differenza», la Discriminatio indica dunque una separa-

zione.

Il concetto di Discriminazione nel corso della Storia ha interessato

filosofi, religiosi e molti giuristi costituzionalisti, ma il termine nella

sua accezione moderna ha iniziato a essere utilizzato solo nella

prima metà del 1800, considerandolo come un trattamento sfa-

vorevole rispetto all’individuo che ne è danneggiato, in quanto

trattato in maniera diversa.

Nel diritto esso assume una nozione più specifica e riveste pecu-

liare importanza, poiché tocca situazioni soggettive garantite come

diritti della persona che, in ossequio ai principi generali del nostro

ordinamento sia interno sia internazionale, sono considerati invio-

labili.

Esistono vari tipi di discriminazioni sia legate alla teoria dell’iden-

tità sociale sia a quella del conflitto realistico. La posizione delle

Nazioni Unite circa le Discriminazioni è che “i comportamenti di-

scriminatori possono assumere molte forme, ma tutti comportano

una qualche forma di esclusione o di rifiuto” . Ciò ha portato a di-

sposizioni normative che sviluppano il divieto di discriminazione in

maniera sempre più progressiva ed evoluta nella specificazione e

sempre più precisa e ricca delle cause di discriminazioni, basti pen-

sare all’esempio dell’art.21 della Carta dei diritti fondamentali del-

l’Unione Europea e all’art 14. della Convenzione Europea per la

Salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali.

Dunque, recentemente il dibattito giuridico internazionale e nazio-

nale si è incentrato sul principio di eguaglianza, sulle modalità e gli

strumenti più adatti a combattere le discriminazioni, tanto attra-

verso l’utilizzo di clausole di divieto di discriminazioni quanto il ri-

corso a disposizioni normative identificate di volta in volta come

azioni positive, misure temporanee e speciali o discriminazioni spe-

ciali.

È importante sottolineare che nei documenti comunitari e interna-

zionali si è sviluppato il DIVIETO di DISCRIMINAZIONI, mentre

nella legislazione nazionale le disposizioni giuridiche vengono de-

finite solo come azioni positive.

Il nostro ordinamento giuridico e sociale poggia sulle fondamenta

del principio di uguaglianza.

Esso è sancito espressamente all’art. 3 della Costituzione Italiana,

la quale, stabilendo che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale

e sono eguali avanti alla legge, enuclea, in primo luogo, il cd. prin-

cipio di eguaglianza formale. Esso impone al legislatore di emanare

regole aventi efficacia generale e valide per tutti a prescindere dal-

l’appartenenza degli individui ad una determinata categoria, ossia

senza distinzioni di sesso, razza, lingua, religione opinione politica

e di condizioni personali e sociali.

DIRITTO INTERNAZIONALE UMANITARIO

Page 96: Mgazine CRI Giugno 2012 (Croce Rossa Italiana)

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Per vero, il principio in esame è completato dal secondo comma

della norma citata che sancisce il principio di eguaglianza cd. so-

stanziale, con il quale il legislatore costituente mira alla creazione

di un sistema in cui non solo le leggi risultino uguali per tutti ma che

esse siano altresì orientate e volte a eliminare gli ostacoli all’attua-

zione effettiva di una situazione egalitaria per tutti i cittadini.

Ciò premesso, è evidente che il principio di parità di trattamento

e i divieti di discriminazione non costituiscono altro che estrinse-

cazione di quanto solennemente sancito

dall’art. 3 della Carta fondamentale.

In verità, essi trovano espresso riconosci-

mento anche nell’ordinamento internazio-

nale a cui l’Italia aderisce e si conforma. E

infatti, per citare i documenti normativi più

applicati nell’ordinamento, il principio di

non discriminazione è enucleato:

all’art. 14 CEDU, che stabilisce che il go-

dimento dei diritti sanciti dalla Carta deve

essere assicurato senza che venga attuata

alcuna discriminazione determinata dal

qualsivoglia fattore;

all’art. 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea

vieta qualunque forma di discriminazione.

Il riconoscimento espresso nelle carte dei diritti fondamentali ema-

nate nell’ambito del sistema giuridico interno ed europeo dimo-

strano che i comportamenti discriminatori tenuti ad ogni livello

costituiscono violazione di un diritto inviolabile appartenente ad

ogni individuo e rappresentato dalla dignità umana.

Tanto premesso in termini generali, è possibile collegare le pro-

blematiche relative alla discriminazione con il Diritto internazionale

Umanitario prendendo in esame l’articolo 3 comune alle Conven-

zioni di Ginevra del 12 Agosto 1949.

“Le persone che non prendono parte attiva alle ostilità, compresi

membri delle forze armate che abbiano deposto le armi o si tro-

vino hors de combat per infermità, ferite, detenzione o qualsiasi

altra ragione, saranno trattate umanamente in ogni circostanza, senza

alcuna discriminazione fondata su razza, religione o credo, sesso, na-

scita o censo, o qualsivoglia altro criterio analogo. Il diritto cd. di

Ginevra, relativo alla protezione delle vittime dei conflitti armati e

della popolazione civile, si è sviluppato a partire dalla convenzione

di Ginevra del 1864 e ha trovato una sistemazione nelle Conven-

zioni di Ginevra del 1906, 1929 e 1949: tradizionalmente si di-

stingue dal cd. diritto dell'Aja, relativo alla disciplina dell'uso della

violenza bellica fra belligeranti (cfr. Convenzioni dell'Aja del 1899

e 1907), anche se tale distinzione viene ritenuta superata dal-

l'adozione dei Protocolli addizionali alle 4 Convenzioni di Gine-

vra del 1977.

Il diritto internazionale umanitario è diritto internazionale in senso

proprio, cioè un insieme di norme dirette a regolare una parte dei

rapporti tra stati nei casi di conflitto armato. Lo scopo è la prote-

zione dell'individuo e il divieto di eventuali

discriminazioni ex art. 3 comune Convenzioni

di Ginevra del 1949, però la protezione non

si esprime nella forma del riconoscimento di

diritti dell'individuo ma in quella di obblighi

reciproci tra gli stati belligeranti.

La relazione tra diritto internazionale umani-

tario e diritto internazionale dei diritti umani

si fonda sul principio di specialità. La distin-

zione non è intrinseca, ma riguarda il conte-

sto, vale a dire le diverse circostanze che ne

richiedono l'applicazione. A livello sostan-

ziale, le norme si compenetrano e si completano, in particolare du-

rante i conflitti armati non internazionali. A livello procedurale, gli

strumenti di tutela dei diritti umani contengono sofisticati mecca-

nismi di enforcement, che sono più efficaci di quelli propri del di-

ritto internazionale umanitario, caratterizzati da un approccio

essenzialmente State – oriented.

Le norme di diritto umanitario amplificano la tutela dei diritti fon-

damentali e limitano le discriminazioni, in quanto obbligano al ri-

spetto di diritti umani fondamentali alcuni soggetti tendenzialmente

irresponsabili, come i gruppi armati irregolari e i movimenti di li-

berazione nazionale. Inoltre, le quattro Convenzioni di Ginevra,

con norme analoghe, dispongono affinché gli stati introducano nei

loro ordinamenti sanzioni penali per la prevenzione e la repres-

sione delle infrazioni gravi (l'omicidio intenzionale, la tortura o i

trattamenti inumani, compresi gli esperimenti biologici, il fatto di ca-

gionare intenzionalmente grandi sofferenze o di attentare grave-

mente all'integrità fisica o alla salute, la distruzione e

l'appropriamento di beni non giustificate da necessità militari e

compiute in grande proporzione ricorrendo a mezzi illeciti e arbi-

trari) e procedano contro i responsabili secondo il principio aut pu-

nire aut dedere (Grotius ), vale a dire sul principio della

giurisdizione universale.

DIRITTO INTERNAZIONALE UMANITARIO

Page 97: Mgazine CRI Giugno 2012 (Croce Rossa Italiana)

Per ciò che riguarda i conflitti armati non internazionali, che

oppongono nel territorio dello Stato le forze governative ad

altri gruppi armati, l'esistenza di un conflitto interno non fa ve-

nire meno la vigenza del diritto nazionale e gli obblighi del go-

verno di garantire i diritti umani ed evitare o limitare al massimo

le discriminazioni. Per la parte dei diritti umani ritenuta dero-

gabile dagli strumenti internazionali di tutela, soccorre l'art. 3

comune citato, che è norma internazionale inderogabile di di-

ritto internazionale (ius cogens). La norma in esame, combinata

all'art. 2 comune alle Convenzioni di Ginevra, richiede un con-

flitto armato (interno), ma non l'esistenza di scontri su vasta scala

o assimilabili comunque a situazioni di guerra civile, e vieta, in

ogni tempo ed in ogni luogo, oltre alla violenza proditoria, l'ol-

traggio alla dignità delle persone e le condanne in assenza delle

garanzie processuali ( ). L'art. 3 impedisce in particolare che

siano inflitte condanne in assenza di due process of law, men-

tre l'interpretazione delle norme sui diritti umani internazional-

mente riconosciute lascerebbe spazio alla possibilità di

esecuzioni sommarie ( ); la stessa norma vieta qualsiasi provve-

dimento coercitivo che pur non costituendo trattamento inu-

mano o degradante, dovesse rivelarsi oltraggioso per la dignità

dell'individuo. Come si vede, la sovrapposizione tra diritti umani

e diritto umanitario garantisce un elevato standard di tutela dei

diritti della persona.

Ciò chiarito, in relazione alle Discriminazioni, seppur breve-

mente, non può non prendersi in considerazione LA CONVEN-

ZIONE DI GINEVRA DEL 1951 RELATIVA ALLO STATUS DEI

RIFUGIATI E IL PROTOCOLLO DEL 1967.

Il rifugiato è colui "che temendo a ragione di essere persegui-

tato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad

un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche,

si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non

vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di

questo Paese; oppure che, non avendo cittadinanza e trovan-

dosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di

tali avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di

cui sopra".

Tale convenzione, che attualmente protegge milioni di persone

da discriminazioni e da persecuzioni, si è dimostrata eccezio-

nalmente flessibile di fronte ad un mondo in rapida evoluzione,

continuando ad essere l’architrave dell’attività di protezione dei

rifugiati.

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