Metallicità+WR+V

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1 - metallicità dalla chimica stellare all’età delle stelle

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Una descrizione del concetto di metallicità, dei tipi spettrali e classi di luminosità e delle stelle Wolf-Rayet, oltre ad una introduzione delle stelle variabili.

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1 - metallicità

dalla chimica stellare all’età delle stelle

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Composizione del Sole• 100 g di materia solare*

contengono:– 73,46 g di H– 24,85 g di He– 0,77 g di O– 0,29 g di C– 0,16 g di Fe– 0,12 g di Ne– 0,09 g di N– 0,07 g di Si– 0,05 g di Mg– 0,04 g di S

Se consideriamo gli atomi contenuti in quei 100 g, si possono contare, esprimendolo in multipli di L = 6,022 x 1023 atomi (numero di Avogadro):

72,88 L atomi di H; 6,21 L atomi di He; 0,05 L atomi di O; 0,024 L atomi di C; 0,003 L di Fe; 0,006 L atomi di Ne; 0,006 L atomi di N; 0,003 L atomi di Si; 0,002 L atomi di Mg; 0,001 L atomi di S, per un totale di 79,17 L

Di questi 79,17 L atomi:

Il 92% sono atomi di HIl 7% sono atomi di HeLo 0,1% sono i restanti elementi che, nel complesso, vengono chiamati metalli

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In astrofisica il termine “metalli”…

• indica gli elementi diversi da H ed He, estenendendosi a tutti gli elementi più pesanti dell’He;

• non ha a che fare con la suddivisione in metalli, non metalli e metalloidi operata in chimica

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METALLI

H He

Tavola Periodica del Sole

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Z

X Y

X% + Y% + Z% = 1

Espressione della percentuale in massa del Sole

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La metallicità• Il contenuto in metalli Z, metallicità, si può

esprimere anche rapportando il contenuto di Fe rispetto alla quantità di H;

• La scelta del Fe come elemento di paragone è dettata dalla facilità nel misurarlo attraverso analisi spettroscopiche;

• Il rapporto Fe/H di una determinata stella è definito in termini del rapporto Fe/H solare che, quindi, fa da “riferimento”. Detti NFe ed NH il numero di atomi di Fe ed H, si ha:

( ) ( )Fe,SoleFe10 10 Sole

H H,Sole

Fe log log Fe H * Fe HH

NNN N

= - = -

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Cosa comporta la metallicità• Se una stella ha Fe/H = 2, ciò equivale a dire

che la stella è “più metallica” del Sole, in pratica ha più elementi pesanti di quanti ne abbia la nostra stella;

• Poiché Fe/H è espresso in termini di logaritmi decimali, Fe/H = 2 significa che la stella è 100 volte più ricca di metalli del Sole;

• Se una stella ha Fe/H = −1, ciò equivale a dire che essa è più povera di metalli rispetto al Sole;

• Fe/H = −1 significa che essa ha 10 volte meno metalli della nostra stella

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Metallicità e metalli• La metallicità può suggerire variazioni composizionali nella stella;• Se la stella, per qualche motivo, si arricchisce di H, allora Fe/H

diminuirà;• Oltre al rapporto Fe/H, si possono calcolare analoghi rapporti anche

per gli altri metalli. Così, scelto un metallo di nostro interesse, X per esempio, studiando il rapporto X/Fe e vedendo che esso è mutato nel tempo, ovvia conclusione sarà che o X o Fe sono cambiati. Per capire quale dei due elementi è mutato (X o Fe), si deve confrontare X/Fe con Fe/H; se Fe/H è rimasto costante, la deduzione ovvia è che X è cambiato, mentre Fe ed H non sono stati toccati: la stella ha quindi subito una variazione rispetto ad X;

• Studiando i rapporti tra i vari metalli ed il ferro contenuti in una stella, si può quindi capire se questa ha subito cambiamenti composizionali;

• La metallicità ed i rapporti tra i vari metalli ed il Fe ci permettono di studiare i fenomeni di nucleosintesi che avvengono nelle stelle

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si ricava energia “spezzando” gli atomi:

Reazioni di Fissione

si ricava energia “unendo” gli atomi:

Reazioni di Fusione

Picco del Ferro (V, Cr, M

n, Fe, Co, N

i); massim

a stabilità

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Un’occhiata alla nucleosintesiBig Bang Produzione di

H ed isotopi (D, T), He ed isotopi (3He, 4He), Li

Nessun altro elemento. Le reazioni avrebbero dovuto portare ad atomi contenenti 5 od 8 protoni, che non esistono in natura. Ogni altra reazione chimica è quindi bloccata.

Questo spiega la preponderante abbondanza di H ed He nell’Universo.

Dopo il Big Bang la tavola periodica contava solo H, He e piccole quantità di Li, l’unico elemento “pesante” presente.

Il primo universo aveva Fe/H praticamente azzerato: nessun metallo. Le prime stelle si formano da una materia che è composta solo da H ed He. Le stelle di prima generazione partono con una quantità di metalli nulla.

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Gli elementi nelle prime stelleStelle di prima generazionecon massa > 1,4 masse solari

Produzione di H ed He: reazioni di fusione nucleare trasformano H in He

Quando l’H è esaurito, l’He viene bruciato in nuove reazioni di fusione a dare nuovi elementi. Compaiono Be e C. Altri processi di combustione dell’He portano alla comparsa di O, Ne, Mg, Si, S, Ar, Ca, Ti, Cr, Fe, Ni. Ulteriori processi formano altri elementi quali Na, P, Zn.

Le stelle di prima generazione, attraverso processi di fusione al loro interno, creano tutti gli elementi della tavola periodica, sino al Fe. Metallicità in aumento.

Lo scopo delle reazioni nucleari è ricavare energia. L’energia ricavata permette alle stelle di “bilanciare” il loro peso e mantenersi in equilibrio. Ogni elemento creato attraverso la fusione è più stabile del precedente.

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Esplosioni stellariStelle di prima generazionecon massa > 1,4 masse solari

Diversi processi di fusione portano alla formazione di 56Ni che decade in Co e quindi in Fe.

Fino ad ora ogni elemento prodotto partecipava a reazioni di fusione liberando energia. Ma con il Fe ed il Ni ciò non accade più perché sono, di fatto, gli elementi più stabili (Il Ni in particolare).

Con la produzione di Fe edi Ni termina la nucleosintesi nelle stelle. Ogni altro elemento più massiccio risulta instabile* e l’unico modo per produrlo è sottrarre energia alla stella.

Le reazioni quindi cessano. La stella si trova senza più “energia” a sostenere il proprio peso così che il nucleo della stella collassa, protoni ed elettroni si fondono assieme a dare neutroni; il collasso può continuare od arrestarsi, l’effetto finale è, comunque, un’esplosione della stella. La stella esplode in quanto gli strati più esterni si “schiantano” contro il nucleo, generando un’onda d’urto in propagazione verso l’esterno. L’esplosione è chiamata supernova.

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Gli elementi più pesantiEsplosione delle prime stelle Durante un’esplosione stellare (supernova),

inoltre, si producono reazioni in cui si vengono a formare gli elementi più pesanti del Fe e del Ni, quali Au, Pt ed altri ancora più massicci.

Con le prime supernovae, gli elementi che la stella ha formato durante la sua vita, vengono disseminati nello spazio.

Altro modo che una stella ha per disseminare di elementi, è quello di perdere massa attraverso emissione di venti stellari.

Le supernovae, arricchiscono l’Universo di nuovi elementi che prima difettavano.

Le nuove stelle si formeranno da materiale che contiene più metalli.

Le stelle di seconda generazione avranno i metalli che si sono formati nelle stelle di prima generazione. Esse genereranno ulteriori metalli, arricchendo ulteriormente l’Universo. Il risultato è che le stelle di terza generazione saranno ancor più ricche di metalli di quelle di seconda generazione.

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Metalli e popolazioniWilhelm Heinrich Walter Baade (1893 - 1960), studiando la galassia di Andromeda, introduce il concetto di popolazione stellare.

La distinzione è fatta sulla base delle abbondanze chimiche che le due diverse categorie di stelle possiedono.

Baade distingue le stelle in stelle di popolazione II, più vecchie, e stelle di popolazione I, più giovani.

Il contenuto di metalli permette di etichettare le stelle di popolazione II come stelle a bassa metallicità, mentre le stelle di popolazione I sono quelle ad alta metallicità.

Nel 1978 viene introdotta anche la popolazione III, supposta essere costituita da stelle in cui il contenuto di metalli è molto più basso di quelle di popolazione II. In altre parole le stelle di popolazione III sono le stelle di prima generazione, quelle di popolazione II le stelle di seconda generazione e quelle di popolazione I le stelle più giovani.

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Via LatteaCome si distribuiscono le stelle e le popolazioni stellari nella Via Lattea e, in genere, nelle galassie?

Le galassie a spirale sono ricche di gas e soggette a formazione stellare. Sono formate da un disco di stelle giovani e da un nucleo di stelle più vecchie. Sono circondate da un alone di stelle molto vecchie, raggruppate in ammassi globulari.

Popolazione I: si rinvengono nel disco, di solito in piccoli gruppi chiamati ammassi aperti

Popolazione II: nell’alone, in gruppi di forma sferica chiamati ammassi globulari

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ammassi globulari: stelle più vecchie (10 Ga) e povere in metalli

Popolazione II

ammassi aperti: stelle più giovani (anche 1 Ma) e ricche in metalli

Popolazione I

ALONE

DISCO

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Stelle di popolazione II: M80, nello Scorpione. Distanza: 32.600 alRaggio: 48 alMassa: 500.000 masse solariEtà: 12 miliardi di anni.

Stelle di popolazione I: M11, nello Scudo. Distanza: 6.200 al.Raggio: -Massa: -Età: 220 milioni di anni.#Stelle: 200

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2 – stelle di Wolf - Rayet

dagli spettri alla “Pistol Star”

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Radiazione, frequenza ed energia

Un oggetto caldo od, in generale, qualsiasi oggetto abbia una temperatura diversa da 0 K (praticamente irraggiungibile), emette radiazione elettromagnetica. Questa ha natura sia ondulatoria, che corpuscolare.

La radiazione elettromagnetica è caratterizzata da due parametri fondamentali: una è l’energia E che essa possiede. Altra caratteristica è la frequenza f della radiazione o, che è lo stesso, la lunghezza d’onda λ. Energia e frequenza/lunghezza d’onda della radiazione emessa dal corpo sono legate da una legge di proporzionalità: ( )346,626 10 J sE hλ h= = ×

dove h è una costante, detta di Planck. La radiazione elettromagnetica ha un range di variazione della frequenza/lunghezza d’onda molto ampio. Tale range, chiamato spettro elettromagnetico, comprende diversi “set” di frequenze cui corrispondono radiazioni ben precise. Il range di variazione delle frequenze e lunghezze d’onda della radiazione elettromagnetica è chiamato spettro elettromagnetico.

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Lo spettro elettromagnetico

Onde radio

Microonde

Infrarosso IR

Visibile (la luce percepibile)

Ultravioletto UV

Raggi X

Raggi Gamma

(Raggi Gamma ad alta energia)

λ < 10−12 m

λ > 106 m

f < 1018 Hz

f > 1 Hz T ~ 0 K

T > 107 K

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Il corpo neroSupponiamo di far incidere della radiazione elettromagnetica su di un corpo.

Di solito il materiale di cui è fatto il corpo, in parte assorbe la radiazione, in parte la riemette. Il corpo su cui facciamo ricadere la radiazione, però, è diverso. È un corpo ideale che assorbe completamente la radiazione che su di esso incide.

Per il principio di conservazione dell’energia, l’energia prima assorbita viene totalmente emessa completamente. Un tale corpo è detto corpo nero.

Un corpo nero è, quindi, in equilibrio termico con l’ambiente circostante. Assorbe ed emette radiazioni elettromagnetiche, le quali dipendono dalla temperatura del corpo nero.

Un corpo nero emette diverse radiazioni elettromagnetiche: alcune sono poco intense, altre invece vengono emesse con intensità maggiore. È la temperatura del corpo nero che stabilisce quale radiazione elettromagnetica viene emessa con maggiore intensità.

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La legge di Wien

Se un corpo nero ha temperatura T, allora la radiazione elettromagnetica che emetterà con maggiore intensità, avrà lunghezza d’onda λmax data dalla relazione di proporzionalità diretta:

3max 2,8978 10 m Kλ -= ×Il Sole può essere paragonato ad un corpo nero. La nostra stella emette diverse radiazioni elettromagnetiche, quali onde radio, infrarosso, luce visibile, ultravioletti, raggi X. Ma la temperatura superficiale del Sole, 6000 K, fa si che esso emetta con più intensità radiazione elettromagnetica che ricade nel campo del visibile, della luce.

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Lo spettro del corpo nero

Il range di radiazioni elettromagnetiche emesse dal corpo nero si può rappresentare come una curva con un picco. Il picco corrisponde alla radiazione emessa con maggiore intensità. Tale curva è chiamata spettro.

L’andamento della curva ed il suo picco (la radiazione elettromagnetica più intensa) sono stabilite univocamente dalla temperatura del corpo.

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Lo spettro visibileDi tutte le radiazioni elettromagnetiche, quelle che ricadono nel visibile, sono quelle con cui abbiamo massima confidenza. La luce è la radiazione elettromagnetica corrispondente.

Il “visibile”, l’ottico, la luce come lo si può chiamare, comprende radiazioni le cui lunghezze d’onda vanno da λ = 700 nm (nanometri) = 7 x 10–7m a λ = 400 nm (nanometri) = 4 x 10–7 m. In questo range sono comprese radiazioni con diversa lunghezza d’onda cui corrisponde un colore ben determinato (rosso per 700 nm e violetto per 400 nm e tra questi l’arancio, il giallo, il verde ed il blu). Quando le radiazioni del visibile sono egualmente presenti con medesima intensità, si fondono in un unico colore che è il bianco.

La luce bianca è quindi composta da diverse radiazioni. Queste possono essere separate facendo passare la luce bianca attraverso un prisma. Quel che si ottiene è lo spettro del visibile o, per farla semplice, un arcobaleno.

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Leggi di Kirchhoff

Solidi o liquidiincandescenti

Gas caldidenso

prisma

1 legge: la luce emessa da un corpo incandescente (solido o liquido) o da un gas denso ad alta temperatura, fatta passare attraverso un prisma, restituisce uno spettro continuo.

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Leggi di Kirchhoff

Fonte di

Luce

(stella) prisma

2 legge: la luce di una sorgente di spettro continuo la cui luce passa attraverso un gas freddo, fatta passare attraverso un prisma, restituisce uno spettro a righe. Nello spettro sono visibili righe nere. Le righe dipendono dalla composizione del gas. Ogni elemento forma un set di righe ben preciso. Studiando le righe presenti in uno spettro, si può studiare la composizione del gas. Lo spettro ottenuto è detto spettro con linee d’assorbimento. Tali spettri sono tipici delle stelle. Essi permettono di studiare gli elementi contenuti nelle loro atmosfere.

Gas freddo

(atmosfera stellare)

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Leggi di Kirchhoff

prisma

3 legge: la luce di un gas caldo rarefatto, fatta passare attraverso un prisma, restituisce uno spettro caratterizzato da sfondo nero su cui spiccano linee luminose. Un tale spettro si definisce spettro con linee d’emissione. Le linee ancora una volta sono caratteristiche degli elementi presenti nel gas. Ogni elemento genera un set determinato di righe. Tali spettri sono tipici delle nebulose.

Gas caldo

(nebulosa)

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Spettri stellariS’è detto che le stelle hanno una determinata composizione. La loro atmosfera contiene vari elementi. Tali elementi imprimono la loro impronta sulla luce emessa dalla stella nella forma delle linee d’assorbimento. Studiando le linee si può risalire agli elementi che le hanno prodotte. Ogni stella ha un set di linee completamente diverso.

Tutti gli spettri emessi dalle stelle possono ricadere in sette grandi categorie identificate da una lettera. Ogni categoria, tipo spettrale, prevede il prevalere di una determinata composizione chimica. All’interno di un tipo spettrale possono verificarsi minime variazioni nella composizione che sono identificate da un numero che varia da 0 a 9. Così una stella G2 ha una composizione affine ad una G0, mentre una G9 è più affine al tipo spettrale successivo, il K. Ogni categoria è identificata non solo da una composizione chimica, ma anche da un set di temperature, da un colore e da luminosità. Le sette categorie, che non hanno significato evolutivo, ma solo composizionale e termico, sono:

O B A F G K M

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OT > 30.000 K; L > 30 mila volte il Sole; colore “standard”: blu

colore percepito: bluStelle famose: Naos (Zeta Puppis)

B10.000 K < T < 30.000 K; L = 30 mila a 25 volte il Sole; colore “blu bianco”

colore percepito: blu scuro, biancoStelle famose: Rigel (Beta Orionis)

A7.500 K < T < 10.000 K; L = da 25 a 5 volte il Sole; colore “bianco”

colore percepito: blu biancoStelle famose: Deneb (Alfa Cygni)

Stelle Blu

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F6.000 K < T < 7.500 K; L = da 5 a 1,5 volte il Sole; colore “standard”: bianche

colore percepito: bianco gialloStelle famose: Canopo (Alfa Carinae)

G5.200 K < T < 6.000 K; L = 1,5 a 0,6 volte il Sole; colore “giallo”

colore percepito: bianco giallastroStelle famose: Sole, Alshain (Beta Aquilae)

Stelle Bianche e Gialle

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K5.200 K < T < 3.700 K; L = da 0,6 a 0,08 volte il Sole; colore “standard”: arancio

colore percepito: giallo pallido, arancioStelle famose: Eltanin (Gamma Draconis)

M3.700 K < T < 2.400 K; L < 0,08 volte il Sole; colore “rosso”

colore percepito: arancio chiaro, rossoStelle famose: Sole, Alshain (Beta Aquilae)

Stelle Arancioni e Rosse

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Le classi di luminositàLe stelle emettono luce e questo permette di operare una nuova classificazione, che completa quella dei tipi spettrali. La potenza luminosa o luminosità L erogata da una stella dipende dalla sua temperatura e dalle dimensioni della stella, secondo una legge che è:

2 4 8 2 44 5,67 10 W m KL πR σT σ - - -= = ×

La luminosità di una stella è espressa in termini di quella solare LSole = 3,86 x 1026 W. La luminosità, essendo proporzionale alle dimensioni, permette di classificare le stelle in classi che rendono conto sia della temperatura, ma anche delle dimensioni. La classe di luminosità accompagna il tipo spettrale, tranne che sd e D, che lo precedono. Così il Sole è una stella G2 V.

0 – Ia: ipergiganti, supergiganti estremamente luminose;Ia: supergiganti luminoseIab: supergiganti intermedieIb: supergiganti poco luminoseII: giganti luminoseIII: gigantiIV: subgigantiV: stelle di sequenza principale (tipo Sole o “nane”)sd: subnaneD: nane bianche

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Stelle bizzarre

Esempi di tipi spettrali di alcune stelle: notare come tutti siano spettri d’assorbimento

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Stelle bizzarre

Nel 1867 gli astronomi Wolf e Rayet osservarono, dall’osservatorio di Parigi, tre stelle del Cigno, HD191765, HD 192103 e HD 192641, rimanendo alquanto perplessi. La perplessità stava nel fatto che, scomponendo la luce di queste tre stelle attraverso un prisma, si otteneva uno spettro anomalo.

L’anomalia consisteva nel fatto che le tre stelle possedevano uno spettro ad emissione, tipico delle nebulose. Inoltre le linee sembravano evidenziare un movimento del gas.

Conclusione ovvia fu che le suddette stelle erano circondate da gusci di gas in rapida espansione. Le linee d’emissione erano, infatti, generate dalla luce stellare che eccitava il gas eiettato dalla stella stessa.

Stella con spettrod’emissione

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Caratteristiche delle stelle WR• Sono stelle molto calde, da 50.000 K a 100.000 K (temperature

maggiori delle stelle di tipo spettrale O);• Emettono forti venti stellari, le cui velocità spaziano da 300 km/s a

2400 km/s; questi brillano per fluorescenza, generando le linee di emissione;

• I venti stellari possono creare gusci di gas che vanno a formare nebulose attorno alla stella;

• Le WR hanno propri tipi spettrali, distinti dalle linee di emissione dell’He ed N (stelle WN), C (stelle WC) ed O (stelle WO);

• Queste stelle sono uno “step” obbligato nell’evoluzione di stelle massicce;

• Tutte le stelle WR terminano la loro vita come supernovae.

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WR124, nella costellazione della Freccia. Distante 15.000 al, ha un guscio che di gas che si estende per 6 al tutt’intorno alla stella.

I venti spazzano il guscio alla velocità di 100.000 km/h

Perde massa alla velocità di un centomillesimo di masse solari l’anno.

La stella è una stella fuggitiva, muovendosi a 200 km/s.

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Pistol Star, nel Sagittario, così chiamata perché prende il nome dalla nebulosa, la Pistol Nebula, che essa stessa ha creato ed illumina. Distante 25.000 al, è offuscata dalle polveri del centro della Galassia. Se fosse visibile, avrebbe magnitudine 4.

Ha eiettato un quantitativo pari a 10 masse solari in un outburst tra 4000 e 6000 anni fa. Ha l’età del Sole; si suppone esploderà come supernova tra 1 e 3 milioni a partire da ora

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Gamma Velorum (alias Muliphein/Regor), nelle Vele. Sistema quadruplo. Ha magnitudine 1,7 ed è una delle stelle più luminose del cielo. Distante 1095 al, ha una magnitudine assoluta di – 4,5. E’ formata da una coppia di stelle, Gamma Vel A e Gamma Vel B. Delle due Gamma Vel A è una doppia a sua volta ed uno dei componenti è una WR che esploderà come supernova. La WR è una delle candidate supernovae più vicine al Sole.

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Theta Muscae, nella Mosca, è la seconda WR più luminosa del cielo dopo Gamma Vel.

La WR è parte di una stella tripla a 7400 al di distanza. Se la distanza è corretta, la WR dista dalla compagna più vicina 0,5 UA (Metà della distanza Terra - Sole) e la terza stella è distante 100 UA. I venti stellari emessi dalla WR si scontrano contro quelli della compagna, generando, nel fronte d’impatto, raggi X.

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3 - Variabili

Stimare la magnitudine… a vista.

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MagnitudineFu l’astronomo Ipparco (II secolo a.C.) a classificare per la prima volta lo splendore apparente di una stella in “classi” di grandezza o “magnitudine”.

Le stelle di magnitudine 1 erano le più luminose, quelle di magnitudine 6 le meno luminose. Tolomeo riprese questa scala nel suo Almagesto. Ad oggi la scala delle magnitudine è stata estesa alle magnitudini negative.

La scala è settata in modo che tra una stella di magnitudine e la successiva vi sia una differenza di 2,5 ed in modo che tra una di magnitudine 1 ed una di magnitudine 6 vi sia una differenza di 2,55 = 100 volte. La scala, quindi, è logaritmica.

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Apparente ed assoluta

La magnitudine come vista da Terra è detta apparente, in quanto lo splendore diminuisce con il quadrato della distanza.

Lo splendore reale delle stelle si può calcolare supponendo che tutte le stelle occupino la stessa distanza. Tale distanza è stata posta idealmente a 32 al. La magnitudine di una stella cambia notevolmente. Detta m la magnitudine apparente ed M la nuova magnitudine (chiamata assoluta), e D la distanza in parsec (1 pc = 3,26 al) si ha:

( )5 log 1M m D= - -Il Sole ha m = –26, ma portandolo a 32 al, scenderebbe ad M = 4. Altro esempio è Deneb, distante 2600 al ovvero 2600/3,26 = 802 pc e con m = 1,25. La sua magnitudine assoluta sarà 1,25 – 5 (log 802 – 1) = = 1,25 – 5 (2,9 – 1) = 1,25 – 9,5 = –8,25.

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Fisse e variabili

La luminosità di una stella non è fissa, ma può variare per diversi motivi, cinque nella fattispecie. Tali stelle sono dette stelle variabili.

La variabilità è una caratteristica comune tra le stelle. Molte stelle famose sono variabili. La Polare, per esempio.

Alcune variabili sono famose sin dall’antichità, perché la loro variabilità ha attirato l’attenzione degli antichi. Algol in particolare, Beta Persei, era chiamata la Stella del Diavolo proprio perché, a contrario delle altre stelle del cielo, variava la sua luminosità nell’arco di 2,8 giorni.

La prima stella variabile fu scoperta dall’olandese Fabricius nel 1596. La stella apparve e scomparve nell’arco di qualche anno. Per tale motivo egli denominò la stella Mira, “La Meravigliosa”. Mira oscilla tra magnitudine 2 ed 8 nell’arco di qualche anno.

Variabili famose sono le cefeidi, aventi come capostipite Delta Cephei. In queste stelle esiste un legame tra il periodo e la luminosità. Noto il periodo di variabilità della stella, si ricava automaticamente la luminosità, permettendo così di calcolare in modo preciso la distanza.

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Una prima categoria comprende stelle doppie i cui due componenti si eclissano a vicenda. La loro luminosità varia in modo costante, secondo il periodo delle eclissi. Tale categoria di stelle si chiama variabili ad eclissi;

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Altre stelle variabili possono avere una loro attività, come il Sole, che porta ad aumentare luminosità in modo brusco e violento per fenomenologie esplosive che avvengono nella loro atmosfera. L’esempio più famoso è la stella UV Ceti. Stelle di questo tipo sono dette variabili eruttive;

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Una stella può cambiare luminosità perché pulsa, contraendosi e dilatandosi, variando quindi le sue dimensioni, la temperatura ed il tasso di luminosità. L’esempio più famoso è Delta Cephei. Si parla di variabili pulsanti;

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La luminosità di alcune stelle varia lungo la superficie; per varie ragioni la superficie della stella non emette luce in modo uniforme così che, durante la rotazione, la stella volge alla Terra porzioni ora più luminose, ora più “spente”. La curva di luce è BY Draconis, la cui superficie è costellata da grandi macchie stellari; si parla di variabili rotanti; la luminosità può variare per deformazione della stella (ellissoidica invece di sferica), per presenza di macchie stellari dovute a forti campi magnetici. Rientrano in questa categoria pulsar che variano nel visibile. Nella foto la supermacchia di XX Trianguli

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Tra le stelle soggette a variabilità rientrano anche le supernovae, le esplosioni di stelle massicce isolate (SN tipo II); simili alle supernovae sono le novae, in cui una piccola nana bianca, a causa della sua massa elevata, “ruba” massa da una più grande e leggera. La massa rubata cade sulla nana bianca, innescando nuove reazioni nella sua superficie. Si generano così esplosioni che aumentano la luminosità temporaneamente. La stella rimane integra nonostante tutto e si parla di novae; alcune novae possono riverificarsi dopo diversi anni. Qualche volta le esplosioni sono così massicce che possono distruggere la stella originando un altro tipo di supernovae (SN I). Supernovae e novae rientrano nel novero delle variabili cataclismiche.

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Il metodo Argelander

E’ un metodo elaborato dall’astronomo tedesco Friedrich Wilhelm Argelander (1799 - 1875) per stimare la magnitudine di una stella. Questa viene confrontata con varie stelle vicine a magnitudine nota, così da ricavare, attraverso confronti multipli, una stima della magnitudine. Il confronto prevede il riconoscimento di 5 “gradini”, descritti ne Il Cielo Imperfetto.Gradino 0: la variabile ed il riferimento hanno splendore identico;

Gradino 1: la differenza tra le due stelle si nota solo dopo lunga osservazione;

Gradino 2: leggera differenza si nota senza esitazione;

Gradino 3: apprezzabile piccola differenza sin dal primo momento

Gradino 4: differenza evidente

Gradino 5: differenza sproporzionata

Se la variabile è più luminosa della stella B di y gradini e più debole della stella A di x gradini, la magnitudine si calcola facilmente:

( )x a a bxm m m m

x y= + -+

Facendo più osservazioni, si ricavano varie stime che poi è possibile interpolare attraverso metodi statistici.

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Le carte dell’AAVSO

L’american Association of Variable Stars Observers fornisce, per ogni stella variabile, una mappa di identificazione; in ogni mappa sono indicate le stelle da usare come riferimento nel metodo Argelander. Sono inoltre presenti anche curve di luce da usare come riferimento, qualora si volesse studiare la variabilità di una data stella.

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La cartina per rintracciare e seguire le variazioni di luminosità di δ Cephei, la capostipite della più famosa categoria di variabili pulsanti, le cefeidi.