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Secció 8 449 Metafonia e dittongazione spontanea nel dialetto di Belvedere Marittimo (CS): dati empirici e implicazioni teoriche Giovanni Abete (Jena) Collocato in unarea di transizione tra dialetti meridionali e dialetti meridionali estremi, il dialetto di Belvedere Marittimo (CS) presenta per diversi aspetti caratteristiche peculiari. Il vocalismo tonico di base di questa varietà è di tipo siciliano, ma su di esso hanno agito metafonia e dittongazione spontanea, in un intreccio che presenta implicazioni teoriche interessanti, sia per la diacronia di questi processi, sia per la descrizione degli esiti in sincronia. Come altre varietà della Calabria settentrionale, il dialetto di Belvedere presenta metafonia di ĕ e ŏ con esiti [i] e [u] (es. ['pi;ə] ‘piedi, ['purkə] ‘porco). Del tutto singolare, invece, nel panorama del Tirreno calabrese, è un fenomeno di dittongazione spontanea che sembra aver interessato esclusivamente le /i/ e /u/ originarie (< ī ĭ ē e < ū ŭ ō; es. ['vaInə] ‘vino, ['nautSə] ‘noce’, senza coinvolgere le /i/ e /u/ secondarie di origine metafonetica (< ĕ e < ŏ). La situazione è ulteriormente complicata dal fatto che i dittonghi spontanei sono limitati alla posizione finale di enunciato, mentre nelle posizioni interne vengono mantenuti timbri monottongali (es. [tiJ;u 'vI;nə 'b;u;nə] ‘ho il vino buonovs. ['amu fatt u 'vaInə] ‘abbiamo fatto il vino). Pertanto, in posizione interna gli esiti delle /i/ e /u/ originarie e secondarie risultano fusi insieme, mentre in posizione finale si distinguono per la presenza o assenza di dittongazione. In questa ricerca si forniranno dati acustici sulle realizzazioni di /i/ e /u/ originarie e secondarie, attraverso unanalisi dinamica della struttura formantica. In primo luogo, si accerterà se le /i/ e /u/ secondarie siano effettivamente immuni al tipo di alternanza monottongo/dittongo che caratterizza le /i/ e /u/ primarie; quindi si confronteranno gli esiti monottongali delle variabili primarie e secondarie in posizione interna di enunciato, per capire quale grado di sovrapposizione ci sia tra di essi; infine, si confronteranno i suddetti esiti monottongali in posizione interna con gli esiti monottongali in posizione finale delle /i/ e /u/ secondarie. Lanalisi verrà condotta su materiale estrapolato da un corpus di parlato spontaneo, elicitato sul campo con la tecnica dellintervista libera, e comprendente circa cinque ore di regis- trazioni di quattro parlanti maschi adulti. I risultati verranno discussi in rapporto alla questione della cronologia relativa di dittongazione spontanea e metafonia, e in rapporto al problema della rappresentazione sincronica dellalternanza tra esiti dittongali e esiti monottongali.

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Metafonia e dittongazione spontanea nel dialetto di BelvedereMarittimo (CS): dati empirici e implicazioni teoriche

Giovanni Abete (Jena)

Collocato in un’area di transizione tra dialetti meridionali e dialetti meridionali estremi, ildialetto di Belvedere Marittimo (CS) presenta per diversi aspetti caratteristiche peculiari. Ilvocalismo tonico di base di questa varietà è di tipo siciliano, ma su di esso hanno agitometafonia e dittongazione spontanea, in un intreccio che presenta implicazioni teoricheinteressanti, sia per la diacronia di questi processi, sia per la descrizione degli esiti insincronia.Come altre varietà della Calabria settentrionale, il dialetto di Belvedere presenta metafoniadi ĕ e ŏ con esiti [i] e [u] (es. ['pi;ə] ‘piedi’, ['purkə] ‘porco’). Del tutto singolare, invece,nel panorama del Tirreno calabrese, è un fenomeno di dittongazione spontanea che sembraaver interessato esclusivamente le /i/ e /u/ originarie (< ī ĭ ē e < ū ŭ ō; es. ['vaInə] ‘vino’,['nautSə] ‘noce’, senza coinvolgere le /i/ e /u/ secondarie di origine metafonetica (< ĕ e < ŏ).La situazione è ulteriormente complicata dal fatto che i dittonghi spontanei sono limitatialla posizione finale di enunciato, mentre nelle posizioni interne vengono mantenuti timbrimonottongali (es. [tiJ;u 'vI;nə 'b;u;nə] ‘ho il vino buono’ vs. ['amu fatt u 'vaInə] ‘abbiamofatto il vino’ ). Pertanto, in posizione interna gli esiti delle /i/ e /u/ originarie e secondarierisultano fusi insieme, mentre in posizione finale si distinguono per la presenza o assenza didittongazione.In questa ricerca si forniranno dati acustici sulle realizzazioni di /i/ e /u/ originarie esecondarie, attraverso un’analisi dinamica della struttura formantica. In primo luogo, siaccerterà se le /i/ e /u/ secondarie siano effettivamente immuni al tipo di alternanzamonottongo/dittongo che caratterizza le /i/ e /u/ primarie; quindi si confronteranno gli esitimonottongali delle variabili primarie e secondarie in posizione interna di enunciato, percapire quale grado di sovrapposizione ci sia tra di essi; infine, si confronteranno i suddettiesiti monottongali in posizione interna con gli esiti monottongali in posizione finale delle /i/e /u/ secondarie.L’analisi verrà condotta su materiale estrapolato da un corpus di parlato spontaneo, elicitatosul campo con la tecnica dell’intervista libera, e comprendente circa cinque ore di regis-trazioni di quattro parlanti maschi adulti. I risultati verranno discussi in rapporto allaquestione della cronologia relativa di dittongazione spontanea e metafonia, e in rapporto alproblema della rappresentazione sincronica dell’alternanza tra esiti dittongali e esitimonottongali.

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Cartografía lingüística de Galicia e Portugal

Xosé A. Álvarez Pérez

Esta comunicación presenta un proxecto conxunto entre o Centro de Linguística daUniversidade de Lisboa e o Instituto da Lingua Galega (Universidade de Santiago deCompostela) que pretende a cartografía conxunta, acompañada de comentario, de datosgalegos e portugueses referidos a distintos dominios da lingua, esencialmente léxico,fonética e fonoloxía e morfoloxía. Na presente comunicación, farase unha descrición doproxecto e presentaranse algúns exemplos.Os obxectivos deste traballo, descrición lingüística de dúas ramas do diasistema galego-portugués sen ter en conta a fronteira política que separa Galicia e Portugal, son variados;destacaremos apenas dous:1. Análise da situación (e movementos) das isoglosas, esencialmente fonéticas, usadastradicionalmente para confrontar galego e portugués.2. Exame das áreas lexicais, especialmente aquelas transfronteirizas, procurando unhacomprensión global dos mecanismos de circulación das palabras e a súa distribución codecorrer do tempo.O material de base do proxecto está constituído polos datos do Atlas Lingüístico Galego(ALGa), parcialmente publicado, e os do Atlas Linguístico-Etnográfico de Portugal e daGaliza (ALEPG), cuxas enquisas están terminadas e actualmente está en proceso depreparación para a publicación. No total, a obra presentará uns 250 puntos de enquisa,pertencentes a Galicia, Portugal continental e varias localidades españolas de falaportuguesa. No comentario que acompañará os datos, engadirase material adicional dedistinto tipo, especialmente o proveniente doutras pescudas dialectais e do proxecto doTesouro do léxico patrimonial galego e portugués, mais estes datos non seránrepresentados cartograficamente.En relación aos conceptos pescudados, tal como foi referido anteriormente, centraremos enaspectos fonético-fonolóxicos e lexicais (tamén na morfoloxía, mais en menor medida),aqueles temas, especialmente os dous primeiros, máis desenvolvidos nos cuestionarios. Conesta finalidade, confrontáronse os cuestionarios do ALGa e do ALEGP (neste último, só oquestionário reduzido), e, da súa comparación, obtivéronse 800 correspondencias. Tras asúa análise, seleccionaranse entre 100 e 200 itens para a súa representación cartográfica eestudo.

ReferenciasGONZÁLEZ GONZÁLEZ, M. (1994): “El Atlas Linguistico Galego”, en P. García MOUTON,

(ed.): Geolingüística. Trabajos europeos. Madrid: Consejo Superior de InvestigacionesCientíficas.

SARAMAGO, João (2002): “Diferenciação lexical interpontual nos territórios galego eportuguês (Estudo dialectométrico aplicado a materiais galegos do ALGa)”, en Rosario

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ÁLVAREZ, Francisco DUBERT GARCÍA e Xulio SOUSA FERNÁNDEZ (eds.), Dialectoloxíae léxico. Santiago de Compostela: Instituto da Lingua Galega / Consello da CulturaGalega, Sección de Lingua, pp. 41-68.

SARAMAGO, João (2006). “O Atlas Linguístico-Etnográfico de Portugal e da Galiza(ALEPG)”. Estudis Romànics, XXVIII. Barcelona : Institut d’Estudis Catalans, pp.281-298.

Atlas linguístico do brasil e a distribuição de variantes lexicaisreferentes a conceitos do campo da fauna

Vanderci de Andrade Aguilera (Londrina)

É consensual entre os lexicólogos e dialetólogos que o léxico atua como um espelho quereflete as mudanças sociais sofridas pela comunidade, devido à necessidade que o homemtem de se comunicar e de se atualizar para interagir no meio em que vive. Os Atlasrefletem, naturalmente, todas essas particularidades, todos os valores que o homem adquireem sua vida, na sua interação com a(s) comunidade(s) lingüística(s) de que participa. Cabe,também, aos Atlas linguísticos, assinalar estratos e observar a substituição léxica, emboraatualmente os mapas deixem muito claro que não vão, nem pretendem ir, em busca deantiguidades, mas da fala real, viva, como bem afirma García Mouton (1990, p. 40). Nocaso do Projeto do Atlas linguístico do Brasil – ALiB – são as respostas dadas a 202questões do Questionário Semântico Lexical, distribuídas por 15 campos semânticos, quevão atuar como espelho, refletindo as mudanças sociais pelas quais nosso país passou denação essencialmente rural a urbana, nos últimos 60 anos. Para discutir a distribuiçãoespacial do léxico do Português Brasileiro, elegemos para esta pesquisa, dentre as 25questões referentes à fauna, cinco delas, a saber: urubu (64), gambá (71), libélula (85),bicho de fruta (86) e bicho de pau podre (87). As respostas foram selecionadas a partir dasentrevistas realizadas junto a 200 informantes de 25 capitais e 216 informantes do interiordos estados de São Paulo (região Sudeste), Paraná (região Sul) e Amapá (região Norte). Osdados foram analisados sob as perspectivas: (i) diatópica – na busca de isoglossas queconfirmem ou refutem a divisão dialetal do Brasil proposta por Nascentes em 1953; (ii)diagenérica ou diassexual– verificando se há diferenças na fala de homens e mulheresquanto ao acervo lexical; (iii) diageracional – comparando a produtividade léxica defalantes jovens e idosos; e (iv) diastrática- opondo a fala de indivíduos mais escolarizados àdos informantes de menor escolaridade; e a fala de pessoas nascidas na capital à daquelesnaturais do interior. Além de demonstrar os dados sob a forma de cartas experimentais egráficos de freqüência, Interessa-nos, neste estudo, buscar nos dicionários a lexicalizaçãode formas regionais e de criação popular. A busca em dicionários diz respeito à verificaçãodos registros de variantes regionais. Uma vez constatada a ausência ou incompletude nas

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informações dicionarizadas, o ALiB estará cumprindo um dos seus objetivos que é o defornecer aos lexicógrafos um considerável volume de dados que lhes permita aprimorar osdicionários, ampliando o campo de informações (COMITÊ NACIONAL, 2001).

A pluridimensionalidade no Atlas Linguístico do Brasila partir de cartas fonéticas

Jacyra Andrade Mota (Salvador)

Considerando que o Projeto Atlas Linguístico do Brasil (Projeto ALiB) segue, do ponto devista metodológico, os parâmetros da Geolinguística Pluridimensional Contemporânea,pretende-se, nesta comunicação, apresentar algumas cartas de natureza fonético-fonológica,analisando-as quanto à presença de outras variáveis, além da diatópica, como a diagera-cional, a diastrática, a diagenérica e a diafásica.O Projeto ALiB, em desenvolvimento desde 1996, é coordenado por um Comitê Nacionalde que fazem parte pesquisadores de dez universidades brasileiras e encontra-se já em fasede publicação dos primeiros resultados cartográficos.Do ponto de vista metodológico, a constituição do corpus do Projeto ALiB contempla oregistro de fala de 1.100 informantes, sistematicamente distribuídos pelos dois gêneros, porduas faixas etárias (a primeira, de 18 a 30 anos e a segunda, de 50 a 65 anos) e, nas capitaisde Estado, por dois graus de escolaridade (fundamental, com um máximo de 8 anos deescolaridade, e universitário, com, pelo menos, 15 anos de estudo), tendo-se entrevistado 8indivíduos, em 25 capitais brasileiras, e 4, nas demais localidades. Com relação ao tipo dediscurso, a coleta de dados linguísticos fez-se mediante a utilização de diferentesquestionários — fonético-fonológicos, morfossintáticos, semântico-lexicais — com ainclusão de questões de pragmática, questões metalinguísticas, temas para a depreensão deelocuções mais espontâneas, e leitura de texto.Para exemplificar o aproveitamento das variáveis diageracional, diastrática, diagenérica ediafásica, apresentam-se, nesta comunicação, os resultados cartográficos, em capitaisbrasileiras, referentes a realizações consonânticas como as que se observam entre: (a)alveolares e palatais, para o /S/ em coda silábica, em vocábulos como estrada, escola,estilingue, ou entre essas variantes e a fricativa laríngea, como em mesma e merma; (b)oclusivas dento-alveolares e africadas palatais, como em muito e muntcho.As variantes analisadas possibilitam não só a demarcação de áreas dialetais, objetivoprincipal dos atlas linguísticos, mas também a depreensão de variáveis sociais e, emalgumas áreas, a identificação de mudanças em curso no português do Brasil.

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Les cacologies, un genre textuel ?essai de définition à partir du corpus suisse romand

Dorothée Aquino / Sara Cotelli / Christel Nissille (Neuchâtel)

Notre recherche s’inscrit dans le champ de la tradition du discours épilinguistique – c’est àdire des discours sur la langue et les pratiques langagières (Canut 2007) – et s’intéresse plusparticulièrement au monde francophone. Cette tradition voit se développer depuis le xviième

siècle plusieurs types de productions de commentateurs comme les remarques, lescacologies, les descriptions lexicographiques ou encore les chroniques de langage. Nouspensons, à la suite d’Ayres-Bennett (1994), qu’il est possible d’admettre que certains de cesécrits, notamment les remarques, forment des genres spécifiques; cette intuition estconfirmée par Caron, qui propose un «faisceau de traits le plus souvent représentés» (2004:399) par les productions des remarqueurs. Pour l’heure, aucune étude ne permet de savoir sile constat est similaire pour les autres productions épilinguistiques.Par notre travail d’analyse sur des recueils de cacologies produits en Suisse romande(Aquino / Cotelli / Nissille, à paraître), nous avons été amenées à nous interroger sur laplace qui est celle de ces ouvrages dans la tradition épilinguistique. Ces recueils, qui sedonnent à lire comme des écrits correctifs souvent à visée pédagogique, contiennent descommentaires et des jugements sur les usages que les locuteurs font de leur langue, plusparticulièrement des mauvais usages et présentent entre eux de grandes similitudesformelles.Une évaluation de ces recueils à travers la notion de genre textuel (Bakhtine 1984; Adam1998) nous semble indispensable pour cerner leur place au sein de la tradition épilinguis-tique en Suisse romande. Par l’examen de leurs traits formels et pragmatiques, nous souhai-tons infirmer ou confirmer une continuité et déceler une filiation entre les cacologies et lesautres productions textuelles qui les précèdent et leur font suite.Notre corpus se constitue de l’intégralité des recueils de cacologie du xixème siècle etd’ouvrages de même nature représentatifs du xxème siècle. Cet ensemble présente laparticularité d’être hétérogène; il mêle en effet des productions descriptives, prescriptives etmixtes. Cet état rend le problème plus complexe et la distinction générique incontournable.

BibliographieADAM, Jean-Michel (1998), « Genres, textes, discours: pour une reconception linguistique

du concept de genre », Revue belge de philologie et d’histoire 75, vol. 3, 665-681.AQUINO, Dorothée ; COTELLI ; Sara; NISSILLE, Christel (à paraître), «Les recueils de

cacologie et la tradition épilinguistique du français de Suisse romande», in: Diémoz, F. /KRISTOL, A. (ed.), Actes du colloque de l’AFLS, Berne (Peter Lang).

AYRES-BENNET, Wendy (1994), «Les ailes du temps et la plume du « remarqueur » : latradition puriste au xixe siècle», Romantisme 86, 33-43.

BAKHTINE, Michael (1984), Esthétique de la création verbale, Paris (Gallimard).

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CARON, Philippe (2004), «Postface», in : CARON, P. (ed.), Les remarqueurs sur la languefrançaise du xvie siècle à nos jours Rennes (Presses universitaires de Rennes), 395-400.

CANUT, Cécile (2007), «L’épilinguistique en question», in: SIOUFFI, G. / STEUCKARDT, A.(ed.), Les linguistes et la norme, Berne (Peter Lang), 49-72.

L’héritage latin dans les parlers d’Oltenie

Ilona Bădescu (Craiova)

Pendant l’antiquité, l’Olténie a été fortement romanisée, même si l’occupation romaine surle territoire de la Dacia n’a pas été de longue durée.Les parlers d’Oltenie présentent encore aujourd’hui certains caracteristiques qui lesparticularisent par rapport a d’autres aires dialectales, y compris la grande aire des parlersde Valachie aux quels les prémiers sont subordonnés (un très important en est laconservation du passé simple latin), traites qui sont dus, pour la pluparts à l’élément latinhérité.

Bibliographie séléctiveBRÂNCUŞ, Gr., Graiul din Oltenia, în LR 3, 1962, p.248-260CARAGIU MARIOŢEANU, M., Compendiu de dialectologie română (nord- şi sud-

dunăreană), Bucureşti, 1975.CARAGIU MARIOŢEANU, M., Giosu, Şt., Ionescu Ruxăndoiu, L., Todoran, R., Dialectologie

română, Bucureşti, 1977.DENSUSIANU, Ov., Istoria limbii române, Bucureşti, 1961IONICĂ, I., Subdialectul muntean, în Rusu, 1984, p.163-208PUŞCARIU, S., Limba română. I. Privire generală, Bucureşti, 1976RUSU, V., Tratat de dialectologie românească, Craiova, 1984

Entre el Capcir i el rossellonés: el conflentí

Claudi Balaguer

Si exceptuem el cas del Capcir, el català de la Catalunya del Nord, vist des de fora, se'nspresenta amb un cert caràcter uniforme i trets que sovint representen més aviat la fesomiadel rossellonés. Com totes les varietats, el català septentrional coneix unes variacions diver-ses, més o menys discretes, que conformen les seues particularitats.

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El Conflent és un territori central i alhora perifèric de la geografia i societat nord-catalanes,situat als afores de la plana rossellonesa i aïllat de la Cerdanya per un relleu esquiu i vies decomunicació que serpentegen contínuament. La seua varietat lingüística s'assimila bensovint al rossellonés ja que representa un límit bastant marcat amb el cerdà que ja s'acostamés al català de l'altra banda del Pirineu.Així sorgeixen en el païsatge dialectal de les terres del Conflent certs matisos més o menysdiscrets, diversos tresors fonètics, morfològics i lèxics escassament estudiats.El conflentí representa un espai lingüístic curiós, bastant estrany algunes vegades, amb certstrets que l'aparenten alhora al català occidental i a l'occità, i formant una mena de transiciósuau cap a la varietat del Capcir. Ens deixa entreveure la possibilitat que la Catalunya delNord va ser un territori que probablement abans, com ho pensava Coromines, presentava unpanorama lingüístic prou diferent del que és actualment, i que arran de la seua periferitzaciódesprés del període d'esplendor com a territori central del Regne de Mallorca, podria haverconegut certa homogeneització. Aquesta hauria estat més intensa a les seues extremitatsoriental i occidental per raons geogràfiques i econòmiques evidents, deixant arrecerada lazona central del seu espai.A partir de diverses dades recollides a diverses enquestes lingüístiques, des de finals delsegle XX fins a les més recents, s'intentarà d'enfocar algunes de les característiques mésdestacades del conflentí que el singularitzen respecte a la resta del català septentrional.

Contrast entre trets geogràfics de la llengua catalanaamb trets generals d’altres llengües romàniques

Vicent Beltran (Alacant), Pere Navarro (València)

Tradicionalment s’han elaborat estudis comparatius de l’estructura de les diverses llengüesromàniques, però poques vegades s’ha donat informació sobre els trets lingüístics queapareixen puntualment en alguns dialectes d’una llengua contrastant-los amb les solucionsmés generals en altres. Nosaltres pretenem contrastar trets diatòpics de la llengua catalanaamb trets generals en les altres llengües romàniques, tenint en compte els nivells lingüísticsfonètic, morfològic, sintàctic i lèxic. Amb la intenció de no carregar excessivamentd’informació l’article, ometrem intencionadament els trets dialectals catalans que tenenalgun paral· lelisme amb diversos parlars romànics de poca extensió, com ara plau, dijaus oes hores que trobem en alacantí i en aranès pels més generals plou, dijous i les hores,propis de la llengua normativa i generals en català, i plòu, dijòus i las horas de l’occitàestàndard.A nivell fonètic, treballem, entre altres trets, els resultats de la vocal llatina Ĕ en posiciótònica que esdevé palatal semioberta en ribagorçà (pedra, pell), gallegoportuguès (pedra,pele), occità (pèira, pèl), italià (pietra, pelle). Quant al vocalisme àton, trobem el

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paral· lelisme entre els parlars catalans xipella i el furlà que tanquen in [i] les vocals palatalssemitancades /e/ en posíció àtona final: lis rosis. En relació al consonantisme, contrastem elresultat de la caiguda de la dental sonora intervocàlica /d/ en els parlars valencians (aixaes,dormia, via, roa), en asturià (abogaes), i en francès (dormie, vie, roue); també és compartitel fenomen de la iodització entre els parlars del català central i del baleàric (paia) ambl’asturià (paya), el pietmontès (paja), el ladí (paia), el furlà (paie), el romanès (paie)Alguns fenòmens que tractem en el nivell morfològic són el manteniment de la nasal /n/etimològica (hòmens, jóvens) dels antics proparoxítons llatins, que es dóna en algunsdialectes catalans i és general en portuguès (homens, jovens); les formes plenes de l’articledeterminat (lo, los) en català nord-occidental, alguerès, tarragoní i capcinès són presents enasturià, espanyol (només en plural), i en occità: també l’article masculí plural les, que éspropi del pallarès i del francès. La morfologia verbal també presenta una sèrie deparal· lismes, el més suggestiu dels quals és el morfema de primera persona del presentd’indicatiu que conté la vocal /i/ en català nord-oriental (jo canti), en occità llenguadocià,provençal, gascó (ieu canti) i furlà (jo cjanti); presenta la vocal /e/ en valencia (jo cante),occità llenguadocià, provençal, llemosí, auvernyat (ieu cante, chante), francès (je chante),ladí (ie ciante); també s’empra la vocal /o/ en català nord-occidental i sud-oriental (jocanto), tal com ho fan el gallegoportuguès, asturià, espanyol, aragonès, italià; fins i tot elmorfema pot presentar absència de vocal en el català de les Balears i de l’Alguer (jo cant),axí com tenen el romanx (jau chant) i el romanès (eu cânt).Quant al nivell lèxic, s’estudien paral·lelismes del tipus espill (tortosí, valencià) i espelho(portuguès), espeyu (asturià), espejo (espanyol), espiello (aragonès), specc (piemontès),specchio (italià); mirall (la resta de parlars catalans), miralh (occità), miroir francès.

Un projet d’informatisation dans la cartographie linguistiqueroumaine:

Noul Atlas lingvistic român, pe regiuni. Moldova şi Bucovina en formatélectronique (e-NALR) – réalisations et perspectives

Luminiţa Botoşineanu / Florin-Teodor Olariu / Silviu Bejinariu

A partir de l'expérience accumulée par l'équipe dans le domaine de la cartographielinguistique informatisée (grâce à l'élaboration antérieure d'un logiciel qui, par le stockageet le traitement de l'information linguistique, a fait possible, pour la première fois pour lalangue roumaine, l'édition assistée par l'ordinateur du troisième volume du Noul Atlaslingvistic român, pe regiuni. Moldova şi Bucovina), le projet e-NALR se propose lestockage des données linguistiques du premier volume de l'atlas ci-haut mentionné et leurstructuration de point de vue informatique, fait qui permettrait la constitution d'une banquede données complexe, propre à l'interprétation sur plusieurs plans. Les opportunités

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qu'offrirait cette collection électronique d'informations linguistiques pour une utilisationpersonnalisée, adaptée aux préoccupations et aux intérêts des spécialistes qui recourront àce système de documentation, seront complétées avec des possibilités avancées derecherche de données, d'identification des occurrences de certaines formes dialectalesparticulières et même de création de cartes interprétatives à partir des critères fournis parl'utilisateur. De cette perspective, il apparaît aussi une finalité plus générale de notredémarche, à savoir l'élaboration d'un instrument de travail, qui, de par sa mise en place,apporterait des immenses bénéfices surtout aux dialectologues et aux lexicographes (lematériel sera compris dans la base de données du Dictionnaire trésor de la langueroumaine). De plus, ce programme informatique crée les prémisses de son élargissement auniveau national, action par laquelle tout le réseau d'atlas roumains régionaux de troisièmegénération (NALR) pourrait être digitalisé et lancé on-line – une perspective ayant unimpact majeur sur le développement de la géolinguistique roumaine, même européenne.Les étapes de ce projet complexe, qui, tout en s'avançant sur les voies del'interdisciplinarité, répond à une ambition de la linguistique européenne actuelle (la miseau point des ressources/corpus linguistiques et des instruments de traitement des faits delangue) sont les suivantes: la publication on-line du premier volume de l'atlas linguistique(disponible à présent exclusivement sur support graphique) et la constitution d'unecollection digitale de matériel dialectal, ouverte à un grand nombre de possibilitésd'interprétation et de traitement, à l'aide d'une interface avancée ayant comme point dedépart l'application utilisée actuellement pour le stockage électronique des données et pourleur traitement primaire.Le système proposé sera disponible sur le Web, ayant deux parties, le client et le server:l'application server assure le management des informations et réalise les traitementsnécessaires, tandis que le client ne représente que l'interface avec l'utilisateur – solution quioffre un plus de sécurité aux informations. Puisque les informations stockées de la sorte ontcomme trait particulier leur distribution géographique, on va utiliser des conceptsspécifiques GIS (Geographic Information System), ce qui garantit une grande flexibilité ence qui concerne les types de planches affichées, aisi que leur intégration dans un contextegéographique plus large.

Português do Brasil: caminhos para uma divisão dialetal(de Nascentes ao projeto ALIB)

Suzana Alice Marcelino Cardoso (Salvador de Bahia)

A língua portuguesa, implantada em território americano nos começos do século XVI,época em que os portugueses, no seu processo de expansão, atingem vários continentes,vem a se tornar o instrumento de comunicação de uso majoritário no nascente país.

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Com diferentes pontos de penetração situados nas áreas do Leste, do Nordeste, do Centro-Leste e Norte, a língua portuguesa se expande na direção costa-centro. O interesse pelaocupação do território leva a que se criem rotas de penetração, como o caminho dosbandeirantes, o caminho do gado, ou que se busque a implantação de uma imigraçãoprogramada, como sucedeu com a açoriana, no sul, na região de Santa Catarina. Predomina,assim, a língua portuguesa em um território de 8.511.000 km², marcado pela diversidadecultural e pela presença significativa de populações indígenas autóctones e pela fixação depopulações africanas fruto do processo de escravização.Esta conformação histórico-cultural torna-se a base na qual se assenta a diversidade de usosque vai caracterizar o português brasileiro, nada obstante a unidade sistêmica que assegurao seu desempenho nacional.Assim entendendo, necessário se faz conhecer os caminhos da sua divisão areal, asdiferentes isoglossas que se podem delimitar e as variedades de uso que se estabelecem porregião.Nesse sentido, diferentes autores buscaram fornecer um traçado que delineasse o perfil douso do português brasileiro. Divisões de base exclusivamente geográfica ou de basehistórico-geográfica foram apresentadas e seguidas por uma divisão de base linguísticaproposta por Antenor Nascentes (1953, 1955).Nesta comunicação procura-se, a partir das divisões existentes, particularmente daestabelecida por Nascentes, discutir o traçado de uma divisão dialetal do portuguêsbrasileiro tal como se configura a partir do que já sugerem os dados coletados para oProjeto Atlas Linguístico do Brasil (Projeto ALiB), entendendo a pertinência da afirmaçãodesse autor, ao declarar que “[...] enquanto não existir o Atlas Linguístico do Brasil, não sepode fazer uma divisão territorial em matéria de dialectologia com bases absolutamenteseguras” (NASCENTES, 1955, p. 213). Confronta-se a configuração de isoglossas traçadaspor Nascentes, tomando-se, por outro lado, alguns dos fenômenos fonéticos por elereferidos, com o que já se pode estabelecer com base nos dados do Projeto ALiB. Espera-se, dessa forma, delinear, ainda que de forma preliminar, alguns veios das possíveisisoglossas que assinalam os caminhos do português brasileiro.

ReferênciasNASCENTES, Antenor. Études dialectologiques du Brésil. ORBIS - Bulletin International de

Documentation Linguistique, Louvain, t. 1, n. 1, p. 181-184, 1952.–– Études dialectologiques du Brésil. ORBIS - Bulletin International de Documentation

Linguistique, Louvain, t. 2, n. 2, p. 438-444, 1953.–– Divisão dialectológica do território brasileiro. Revista Brasileira de Geografia. Rio de

Janeiro, v. 17, n/ 2 abr/jun, 1955, p. 213-19. Republicado em : BARBADINHO NETO,Raimundo (org.). Estudos filológicos. Volume dedicado à memória de AntenorNascentes. Rio de Janeiro: Academia Brasileira de Letras, 2003, p.691-704.

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La variación diatópica en textos legales

Inés Carrasco / Pilar Carrasco (Málaga)

En este trabajo nos proponemos estudiar a partir de la dimensión variacional hablado/escrito, los rasgos propios de la lengua hablada o afines a la inmediatez comunicativa quelos redactores de los textos legales incluyen en sus discursos y que sirven para determinar elorigen geográfico (variedades diatópicas) o social (variedades diastráticas).Efectivamente, el estudio de los documentos por regla general permite apreciar unavariación en función de los lugares de la redacción del documento, de la cultura delescribano, de los aspectos relacionados con el lugar al que está vinculado el documento etc.Dicho análisis puede ser decisivo para ofrecer nuevos y más datos sobre la cronología delespañol meridional. Por ejemplo, determinadas grafías son reveladoras de la fonética delque escribe y, por lo tanto, más cercanas a la oralidad, principalmente si el escriba no esdemasiado culto o diestro en el manejo del código escrito como para someterse a los usosortográficos de una época concreta y superar el desajuste que se produce entrepronunciación y escritura normalizada.En nuestro caso concreto, el conjunto de documentos que forma la base del DITECA(Diccionario de textos concejiles de Andalucía)1 nos presenta la posibilidad de encontrarun conjunto de rasgos importantes para la caracterización del andaluz a partir de laobtención de datos específicos de los usos de una localidad o zona determinada. Estostextos son sin duda representaciones de lo que Oesterreicher denomina la distanciacomunicativa. Presentan una prosa elaborada de acuerdo con esquemas sintácticostradicionalmente heredados y un vocabulario perteneciente en una gran proporción a laesfera de lo jurídico-administrativo. Sin embargo, también se debe contar con que la lenguade la distancia da muestras de una cierta variación diatópica2 en los diferentes niveles deanálisis: fónico, morfosintáctico y léxico-semántico. Además, lo que nos parece másinteresante, es indagar las causas que explican la presencia de estos rasgos lingüísticospropios de la lengua oral.

1 La relación de fuentes que integran el corpus, su cronología y las abreviaturas con las que nosreferimos a ellas pueden verse en Carrasco Cantos, Inés (2007): “El Diccionario de textosjurídicos de Andalucía (DITECA)”, en Mar Campos Souto, et al. (eds.), Historia del léxicoespañol, Anexos de Revista de Lexicografía, 5, A Coruña, Servicio de Publicacións Universidadeda Coruña, 25-37.

2 Kock, Peter – Wulf Oesterreicher (2007):, Lengua hablada en la Romania, Gredos, Madrid.

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El proyecto CORAMA: dos casos de estudio

I. Carrasco / P. Carrasco / Mª L. Chamorro / D. Esteba / L. García Aguiar /P. López Mora / S. Robles (Málaga)

Nuestra propuesta de comunicación consiste en la presentación del proyecto CORAMA(Corpus Oral de la provincia de Málaga en los Medios Audiovisuales) que se está llevandoa cabo por un grupo de profesores de la Universidad de Málaga con la finalidad de estudiarlos fenómenos lingüísticos que caracterizan las hablas de la provincia de Málaga en laactualidad, mediante la previa elaboración de un corpus de textos orales extraídos de losmedios de comunicación locales.Como es bien sabido, ya hay notables estudios sobre las hablas andaluzas e, igualmente,sobre la diversidad interna de la variedad hablada en la provincia de Málaga. Esto quedóevidenciado por estudios ya clásicos de Geografía lingüística cuyas conclusiones, sinembargo, es necesario actualizar a partir de las nuevas metodologías que se ponen a nuestradisposición en el campo de la Dialectología.Esta comunicación incluirá dos casos de estudio concreto, resultado ya de lasinvestigaciones llevadas a cabo hasta el momento. El primero de ellos trata sobre unfenómeno reciente y poco estudiado consistente en la pronunciación africada del grupointerior –st- que, en ciertas circunstancias y grupos sociales, se pronuncia como lo que se hadenominado una “nueva consonante africada andaluza” (Moya et al.).El segundo ejemplo seleccionado para esta presentación tiene un carácter diverso yconstituye un acercamiento con nuevos datos a un fenómeno morfosintáctico de grantradición y arraigo social en la provincia. Se trata de la sustitución del pronombre de 2ªpersona plural vosotros por ustedes para significar trato familiar (y no exclusivamentecomo tratamiento de cortesía). En el caso de la provincia de Málaga, como en otros lugaresde la Andalucía occidental, el fenómeno puede producirse como sustitución completa(ustedes vienen) o como sustitución incompleta cuando la forma ustedes acompaña a la 2ªpersona del plural: ustedes venís, fórmula ésta condenada por la norma culta del españolgeneral y, sin embargo, muy extendida y no exclusivamente en los grupos sociales deestratos inferiores.Con estas dos calas en la situación de las hablas andaluzas en la provincia pretendemosmostrar dos aspectos radicalmente diferentes de nuestro vernáculo: el primero, rasgofonético; el segundo, morfosintáctico; uno, moderno y en desarrollo; el otro, tradicional yque, a pesar de que constituye un choque con el estándar, parece resistir la tendencia a la“estandarización” tan evidente en otros niveles, como puede ser el léxico.

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¿Cómo ha salido la Dialectología Románica del refugio etnográfico(Diego Catalán)? Un modelo etnolingüístico para el estudio del

vocabulario riojano del Siglo de Oro

Jose Ramon Carriazo

En la segunda mitad del siglo XX, desde la incipiente sociolingüística, se criticaron losmétodos de la dialectología por su excesivo —y a veces exclusivo— descriptivismo,apuntando que no se habían superado las premisas teóricas del método Wörter und Sachen.Estas críticas y la extensión del enfoque estructuralista llevaron a la geografía lingüísticahasta un callejón sin aparente salida: el refugio etnográfico («aferrada, en general, a viejosmoldes de estudio, la dialectología se recoge hoy sobre sí misma, o se refugia en el campoetnográfico, sin decidirse a exigir voz y voto en la asamblea de la lingüística generalmoderna», Diego Catalán: “Dialectología y estructuralismo diacrónico”, Estructuralismo eHistoria. Miscelánea homenaje André Martinet, III, La Laguna, 1962, 69), del que resurgiócon una nueva perspectiva de análisis basada en el concepto de variación inherente a todalengua.Por su parte, el análisis lexicológico de los inventarios de bienes custodiados en elMonasterio de Yuso corre el riesgo de quedarse en una mera descripción atomizada devoces inconexas si no se asienta sobre unas sólidas bases teóricas, proporcionadas por laetnolingüística histórica. Un estudio como el que propongo encajaría metodológicamenteen la geografía lingüística, de base comparatista, pero salvando las diferencias que existenentre la sincronía y la diacronía. En dialectología histórica no existe la posibilidad realizarencuestas a la población de los territorios estudiados: la recogida de datos debe hacerse apartir del análisis filológico de corpus documentales como el que manejamos Veamos unejemplo extraído de ese corpus formado por los inventarios de bienes redactados en SanMillán de la Cogolla en los Siglos XVI y XVII, considerados como actos de hablacolectivos vinculados a determinados actos sociales, mostrará, por lo tanto, la vida culturaly material del grupo humano que los protagonizó y llevó a cabo.El Registro de escripturas públicas de mi, Juan López de Pedrossa, otorgadas por mitestimonio este año de mil y seiscientos y diez contiene esta frase:- Tres tobajas de mesa pequeñas muy viejas y rrompidas.Podríamos decir, a la vista de la grafía tobajas, que la confusión entre la palatal lateral(representada ya como -ll-) y la prepalatal sonora (representada mediante -j-, quizás yavelar, aunque no lo indicaría el ejemplo que comentamos) no era en La Rioja, comoafirmaba Manuel Alvar, un fenómeno residual a finales del siglo XIII y confinado al orientedel territorio (Alfaro), sino que pervivió aún muchos años. Pero no podemos ir más allá sinel apoyo de la Filología y de la Etnografía románicas: ¿A qué significado asignaremos lasriojanas tobajas de mesa? ¿Estaríamos ante un aragonesismo por toballa ‘servillleta’, y deahí el «de mesa», o se trataría más bien de un italianismo por ‘mantel’? Es necesario

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estudiar el conjunto documental holísticamente antes de poder pronunciarse sobre estascuestiones semánticas o referenciales.Con este enfoque, la comunidad de habla reflejada en los protocolos notarialesemilianenses puede considerarse una red social trenzada, de estructura jerarquizada y conunas funciones individuales a menudo explicitadas en los documentos. En el marco de ladialectología románica, un modelo etnolingüístico para el estudio de las terminologíaspopulares contenidas en los inventarios de bienes riojanos auriseculares, en el sentido de loque Coseriu llamaba, en un artículo programático, lingüística esqueológica, serviría anuestra disciplina para salir de su refugio etnográfico definitivamente y, por fin, exigir voz yvoto en la asamblea de la lingüística general moderna, junto a la lexemática, a lalingüística de corpus o a la etnografía de la comunicación.

Tractament quantitatiu de la variació dialectal i anàlisi lingüística:noves perspectives a partir de les dades del COD

Esteve Clua / Esteve Valls / Margalida Adrover (Barcelona)

En treballs anteriors havíem argumentat a favor de la necessitat de realitzar una anàlisilingüística prèvia al tractament quantitatiu de qualsevol conjunt de dades dialectals (v. Clua& Lloret 2006). La nostra idea, basada en la lingüística generativa, tenia a veure amb el fetque moltes vegades les coincidències fonètiques poden amagar divergències fonològiquesrellevants. En conseqüència, creiem que les anàlisis quantitatives realitzades únicament apartir de les dades fonètiques no poden reflectir adequadament les diferències o similitudsexistents entre varietats dialectals.Fins ara la nostra argumentació es basava principalment en l’anàlisi de petits conjunts dedades, relacionats amb alguns aspectes puntuals de la morfologia verbal o dels clíticspronominals d'algunes varietats del català. A Clua (2009) vam defensar per primer cop lapertinència de l’anàlisi lingüística a partir d’una anàlisi quantitativa global de les dades delCOD (Corpus Oral Dialectal del català contemporani). En aquest treball s’hi realitzavendos tractaments quantitatius de les dades d'aquest corpus: una a partir de les dadesfonètiques i un altra a partir de les dades analitzades fonològicament. I s’hi comparaven elsresultats, que en alguns aspectes reflectien diferències rellevants.En aquesta comunicació aportem nous arguments en defensa de la necessitat de basar lesanàlisis quantitatives de la variació dialectal en dades que prèviament hagin estatanalitzades fonològicament. Es tracta, en definitiva, de reflectir amb més precisió ladistància lingüística interdialectal. Tornem a comparar, doncs, una anàlisi quantitativa deles dades fonètiques del COD amb una altra de basada en dades analitzades fonològica-ment. En aquest cas, però, utilitzem un nou índex de similitud que considerem més adequati pertinent a l’hora de calcular la distància lingüística.

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ReferènciesCLUA, Esteve; LLORET, Maria-Rosa (2006): «New tendencies in geographical dialectology:

The Catalan Corpus Oral Dialectal (COD)». A: MONTREUIL, J.-P. (ed.), NewPerspectives on Romance Linguistics. Vol. 2: Phonetics, phonology, and dialectology.Amsterdam: Benjamins, pp. 31-47.

CLUA, Esteve (2009): «Relevancia del análisis lingüístico en el tratamiento cuantitativo dela variación dialectal» comunicació presentada al Simposio Internacional Tecnologíaspara la variación lingüística EUDIA2, 1-2 de octubre 2009, Universidad del PaísVasco, Vitoria-Gasteiz.

VIAPLANA, Joaquim, et al. 2007, COD. Corpus Oral Dialectal. Barcelona, PPU. (CD-rom).

Tractament horio- i dialectomètric de dues isoglosses a la fronteraentre el galaico-portuguès i l’asturlleonès

Ramón De Andrés (Uviéu)

En aquesta comunicació es pretén donar notícia d’una isoglossa gramatical a la fronteraentre el galaico-portuguès i l’asturlleonès a l’occident asturià, dins del projecte ETLEN o«Estudiu de la Transición Llingüística na Zona Eo-Navia (Asturies)», ref. MICINN-08-FFI2008-01774/FILO.El projecte ETLEN, començat l’any 2000 per investigadors de la Universitat d’Uviéu, ésuna recerca dialectològica de la zona Eo-Navia, de transició entre els dominis galaico-portuguès i asturlleonès a la franja més occidental d’Astúries. Té tres objectius: (a)Dialectogràfic: mostrar, com un atles lingüístic convencional, la gran quantitat de fenòmensrecollits a la zona; (b) Horiomètric: mesurar la frontera lingüística tot categoritzant els tretsdistintius geotipològics a nivell de domini lingüístic mitjançant un mètode propi amb l’ajutde l’aplicació «CartoDial»; (c) Dialectomètric: mesurar la variació dialectal interna de lazona Eo-Navia segons l’escola de Salzburg i utilitzant l’aplicació «Visual DialectoMetry».La font de les dades és una enquesta dialectal conclosa l’any 2005, feta amb qüestionaripropi de 467 entrades que recullen fenòmens fònics, nominals i verbals a 40 punts.Hem triat dos d’aquest fenòmens: 1. «Col·locació dels pronoms clítics a certes perífrasisverbals, com ara les formades amb els verbs haber, ir, querer o poder + infinitiu»; 2.«Col·locació dels pronoms clítics a les perífrasis tener ~ ter que + infinitiu i hai que +infinitiu».Estat de la qüestió: pel que fa al sistema de col·locació dels pronoms clítics amb el verb, lesllengües romàniques peninsulars es divideixen clarament en dos blocs: (a) el format pelcatalà, aragonès i castellà, amb proclisi fixa i enclisi només amb imperatiu, infinitiu igerundi; (b) el bloc format pel asturlleonès i galaico-portuguès, que admeten enclisi iproclisi, la primera com a col·locació primària i la segona com a col·locació secundària

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segons certs factors sintàctics regulars (negació, subordinació) o pragmàtics (focalització).Asturlleonès i galaico-portuguès comparteixen les línies generals de llur sistema clític, peròhi mostren algunes discrepàncies. Una d’elles concerneix ambdós fenòmens estudiats enaquesta comunicació.La situació que volem confirmar és més o menys coneguda, i es dedueix també de lesdescripcions fetes a la zona, que, però, no l’han explicitat fins ara com a tret distintiu. Seriaaquesta:1. Opcions lliures de col·locació primària dels pronoms clítics a certes perífrasis verbals,com ara les formades amb els verbs haber, ir, querer o poder + infinitiu:

ASTURLLEONÈSPuen equivocaseQueremos faceloHas llamameVoi facelo

GALAICO-PORTUGUÈSHas chamame Hasme chamarVou facelo Vouno facerQueremos facelo Querémolo facerPoden equivocarse Pódense equivocar

2. Opcions lliures de col·locació primària dels pronoms clítics a les perífrasis tener ~ terque + infinitiu i hai que + infinitiu:

ASTURLLEONÈSTengo que facela Tengo que la facerHai que facela Hai que la facer

GALAICO-PORTUGUÈSTeño que facela Teño que a facer Téñoa que facerHai que facela Hai que a facer Haina que facer

La comunicació consistirà a mostrar els resultats obtinguts del qüestionari del projecteETLEN, i quin tractament reben d’acord amb totes tres metodologies utilitzades:dialectogràfica, horiomètrica i dialectomètrica.

Continuum et fragmentation géolinguitiquesd’après l’Atlas linguistique de la Crisana en ligne

Sheila Embleton / Dorin Uritescu / Eric Wheeler (York, Canada)

L’Atlas linguistique de la Crisana en ligne (RODA) met à la disposition des chercheurs ungrand volume de données digitalisées provenant de l’une des régions les plus conservatrices

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de la Romania, ainsi qu’un programme d’analyse interactive.Nous présenterons ce programme, en insistant sur l’analyse des données à l’aide de laméthode d’analyse statistique à échelle pluridimensionnelle (angl. « multidimensionalscaling »).Nous appliquons cette méthode d’analyse à deux catégories de données : les données brutesde l’atlas linguistique en question, c’est-à-dire les données présentées sur 407 cartesanalytiques, et les données interprétées, présentées dans 373 cartes interprétatives. Nousdétaillons ensuite l’analyse en regroupant les cartes interprétatives dans plusieurscatégories, selon le domaine linguistique des données interprétées : phonétique, morpholo-gique, lexical. Finalement, nous analysons dans la même perspective, des groupes de cartesinterprétatives en prenant en considération le type de variation qu’elles montrent et/ou lesaires linguistiques qu’elles délimitent, par exemple des cartes délimitant des aireslinguistiques qui correspondent en gros aux subdivisions traditionnelles de l’espacedialectal analysé, des cartes présentant une variation qui transgresse les aires traditionnelleset des cartes montrant un morcellement qui refuse toute tentative pour délimiter des airesdialectales cohérentes.Les résultats de nos analyses renvoient, du moins au niveau micro-dialectal, à une structurede la variation linguistique à plusieurs niveaux. Il s’agit, en fait, d’un continuumlinguistique dont la division en aires dialectales distinctes peut se faire de différentesmanières, en fonction des phénomènes choisis comme définitoires.Sans être tout à fait surprenants pour les dialectologues, nos résultats démontrentl’adéquation de la méthode pour l’étude de ce qui sous-tend la variation, notamment ducontinuum linguistique que la géographie linguistique traditionnelle, toujours fascinée parles différences, néglige ou trouve impossible à mettre en valeur.

Références :EMBLETON, Sheila, Dorin URITESCU et Eric WHEELER. 2009. Romanian Online Dialect

Atlas. http://pi.library.yorku.ca/dspace/. Community : “dialectology”, collection :“RODA”.

–– 2008. Digitalized Dialect Studies: North-Western Romanian. Bucuresti, EdituraAcademiei Române.

STAN, Ionel, et Dorin URITESCU, Noul Atlas lingvistic român. Crisana. I-II. Bucuresti,Editura Academiei Române, 1996, 2003.

Aspectos morfossintáticos do vêneto do sul do Brasil

Carmen Maria Faggion

Por vêneto do Sul do Brasil (ou sul-rio-grandense) entendemos o que Frosi e Mioranza(1983) designam como coiné de predominância vêneta, um instrumento de comunicação

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comum em meio à multiplicidade de dialetos falados no estado brasileiro do Rio Grande doSul, por ocasião dos primeiros anos de imigração italiana (iniciada em 1875). Essavariedade também tem sido chamada pelo nome com que seu próprio povo falante adesigna, o talian. Com pouquíssimo uso escrito, esse vêneto sofreu a variação intensa a queestão submetidas as linguagens não policiadas por escolarização ou qualquer outra formaque aponte modelos de uso culto ou formal. Durante muito tempo estigmatizada, a línguaportuguesa falada pelos ítalo-descendentes conserva traços desse vêneto, cujo uso chegou aser proibido, na Segunda Guerra Mundial (v., entre outros, Frosi et al., 2008). Cada vezmais, esse vêneto cede espaço à língua portuguesa. O dialeto italiano parece cada vez maisrestrito às zonas rurais remotas e às gerações mais antigas.Nos poucos textos escritos em vêneto (a maior parte deles com intenção jocosa ou decaráter memorialista), observam-se aspectos interessantes, tais como o emprego dapartícula multiuso ghe, com onze funções diferentes (cf. Faggion, 2006), a persistência daconcordância do particípio com objeto direto preposto ao verbo (como se observa nofrancês escrito), permanência dos pronomes pessoais em frases (diferente do italianopadrão), ao mesmo tempo em que ocorre uso da mesma forma verbal para pessoasdiferentes (l’ ga, i ga).Na fala, observa-se entre os jovens a tendência de empregar um único auxiliar verbal: nãopersiste o emprego do auxiliar específico essere nos tempos compostos, com verbos demovimento, nem com verbos pronominais.Para localização de construções morfossintáticas específicas, investigamos escritos dialetaisitalianos do Sul do Brasil, como o de Bernardi, Nanetto Pipetta, e escritos mais recentes,publicados sob o influxo de uma revalorização das origens, geralmente em ediçõesbilíngues (vêneto-português), que permitem contrapor duas formas na visão do próprioautor, como ocorre em Os pesos e as medidas (Balen 1987) e L'mio paese 'l è cosi(Luzzatto 1987).Dados colhidos de oitiva também serão analisados.

Balen, Ítalo. Os pesos e as medidas. Caxias do Sul: UCS/Porto Alegre: EST, 1987.Bernardi, Aquiles. Vita e Stória de Nanetto Pipetta: nassuo in Itália e vegnudo in Mérica

per catare la cucagna. 6.ed. Porto Alegre, EST/ Caxias do Sul, Correio Rio-Grandense,1980 [1924-25].

Faggion, Carmen M. O uso de ghe/ghen em registros escritos do dialeto italiano da SerraGaúcha. Lima, M.; Fontana, N. Língua estrangeira e segunda língua: estudosdescritivos. Caxias do Sul: EDUCS, 2006.

Frosi, Vitalina; Mioranza, Ciro. Dialetos italianos. Caxias do Sul: EDUCS, 1983.Frosi, Vitalina M.; DAL Corno, Giselle O. M.; Faggion, Carmen M. Prestígio e

estigmatização: dialeto italiano e língua portuguesa da Região de Colonização Italianado Nordeste do Rio Grande do Sul. Revista da ABRALIN, v. 7, n. 2, jul-dez 2008. p.139-167.

Luzzatto, Darcy Loss. L'mio paese 'l è cosi. Porto Alegre: D.C. Luzzatto, 1987.

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O que enquanto marcador arquetípico de subordinação na construçãode novas conjunções

Edson Domingos Fagundes

No levantamento das conjunções presentes no corpus de FAGUNDES (2007), que tratouda alternância indicativo/subjuntivo em entrevistas do Paraná do Banco de DadosVARSUL (Variação Lingüística na Região Sul do Brasil), observamos que determinadasconjunções não estavam previstas nos paradigmas tradicionalmente apresentados nasgramáticas escolares. Por esta razão, julgamos inicialmente que o uso dessas conjunçõesestivesse limitado à língua oral, em função das características do corpus constituído comgravações; contudo, como procuramos demonstrar, muitas são encontradas não só na obrade autores contemporâneos, mas também em textos da internet (cf. LONGUIN-THOMAZI,2008). Os exemplos a seguir, acompanhados das conjunções “tradicionais” equivalentes,ilustram algumas desses casos: ...vai que o piá pisa num caco de vidro ou cai de mau jeito,né? (Curitiba, entrevista 08 F B PRI), equivalente à conjunção condicional se; ... na certavai ficar que nem a irmã...(GATTAI, 1995), equivalente à comparativa como; ...não queele me critique, mas ela acha que eu devia ter me empenhado mais... (Curitiba, entrevista11 M A SEG), equivalente à concessiva embora. Neste trabalho apresentamos algumasdessas conjunções (vai/vamos que; onde que; embora que; nem que; que nem, não que) ediscutimos possibilidades para dar continuidade à discussão. Para tanto, julgamos que osseguintes pontos devem ser considerados: (i) a ocorrência dessas conjunções não estálimitada à língua escrita; (ii) a possibilidade de abordagem do tema pelo viés dagramaticalização; (iii) a composição de novas conjunções é tema recorrente dentro dahistória da língua portuguesa (mas que; pois que; enquanto que); e (iv), tomando oconceito de barreiras de segurança (filets de secours) proposto por JENSEN (1970),postulamos que a presença do que nessas conjunções parece evidenciá-lo como marcadorarquetípico de subordinação.

Mot mophologique minimal , connexites et proprietes emergentes dansla formation des categories de vernaculaires romans/ le cas gascon

Jean-Louis Fossat (Toulouse)

Au regard du français ou d’autres langues romanes, l’étude de la formation des objets-motsvernaculaires de l’occitan reste lacunaire, notamment en ce qui concerne les connexitésentre domaine morphologique, domaine phonologique, domaine phonétique et domaineprosodique.

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Mon objectif est de mettre en discussion la problématique des propriétés morphologiquesessentielles (catégories majeures et mineures), discriminées des propriétés émergentes desvernaculaires romans, avec application plus spécifique au cas gascon.A la lumière d’une base de formes morpho-syntaxiques sonores du gascon (OCCITON_1,2010, Valencia), constituée en archive digitale, on tentera de présenter, à partir de grandstableaux de données comparables cette problématique, au profit d’une analyse de connexitémorphologique des sous-classes morphologiques et de leurs propriétés mises en évidence.L’analyse portera avec plus de précision sur deux aspects cruciaux de la formation des motsvernaculaires :- la formation du sous_classes flexionnelles du verbe : connexités intraparadigmatiques :le cas de PT /SIMPT et les effets induits de la réduction syllabique- la formation de sous_classes de morphologie prosodique dans le domaine de lamorphologie pronominale à la périphérie gauche et à la périphérie droite du verbe.1.- Formation des representants du gascon : propriétés essentielles et propriétésémergentes : OCCITON_2010_PrCoOn se limitera ici au tableaux des données permettant une typologie des propriétésmorphosyntaxiques des REPRESENTANTS objets, pour le seul domaine gascon.Dans ce cas, on concentrera l’attention sur le tableau de données concernant les connexitésde catégories majeures ou mineures , en mettant en évidence, à partir du concept classiquede mot minimal, le concept d’émergence d’unités étendues par nexus, en relation avec lesprocessus de clise, de proclise et enclise syllabique ou asyllabique, avec ou sans réductiondes gabarits :1.1 Cas de figure simple : couplage de deux objets de catégorie distincte, en périphérie

gauche et droite1.2 ENONCIATIF_Pr123456 objet direct OBJET INDIRECTNEGATION _Pr1234567 objet direct/objet indirectHYPOTHESE_Pr123456 objet_direct objet indirect1.2 Cas de figure : couplage complexe (3 objets morphologiques).ENONCIATIF_ 2 REPRESENTANTS en énoncé assertif positif ou négatif. .IM_2 représentants.On examinera ici les effets induits du processus de clise et de réduction, en perspectivecomparative (galego, asturien, catalan, dialectes occitans, franco-provençal, parlers italo-romans septentrionaux).2. Categorisation flexionnelle des mots verbaux et connexites intraparadigmatiques :OCCITON_2010_MV:Système, structures d’objets morphologiques verbaux 4D, ontologie du domaine flexionnelverbal ;Le cas des solidarités paradigmatiques dans les sous-domaines2.1 du bloc PT/SIMPT/IMPT2.2 du bloc C/C+/IFU, avec application spécifique au gascon..

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On examinara ici les effets induits de la réduction syllabique sur les formes verbales et onréexaminera dans ce cadre la question du polymorphisme des objets 4D de la morphologieverbale des vernaculaires occitans.Conclusions- Examen critique du poids phonétique dans la genèse de structures (Sampson, J. Allières)- Poids phonologique et formation des mots (Hyman, L. Molinu, F. Floricik, Steriades,Coromines)- Poids prosodique et formation catégorielle (expérimentation personnelle).- Poids des connexités de variables structurantes dans le cadre des théories dudéveloppement des mots minimaux, et des mots étendus : reconnaissance de la parole,apprentissage catégoriel et émergence de cohésion restreinte à des réseaux de sociabilité, enrapport avec la dimension géolinguistique qui sera prise en compte dans le cadre d’unethéorisation d’objets morphologiques vernaculaires de type « 4D » (dimension spatiale,dimension temporelle).AnnexesAnnexe 1 : CDROM OCCITON1_2010 (plan de l’expérimentation) ; déposé Université deValencia.Annexe 2 : analyse discriminante des variables morphosyntaxiques du gascon (alg6+archive digitale ; verbe et représentants)

L’adstrat germanique dans le Dictionnaire des belgicismes (2010)

Michel Francard / Aude Wirth

La présence très ancienne du français en Belgique ne doit pas faire oublier que cette languey a coexisté pendant plusieurs siècles avec des parlers endogènes. En Wallonie, il s’agitessentiellement de langues romanes, qui sont le wallon, le picard, le lorrain (appelé gaumaisen Belgique) et le champenois. À Bruxelles, îlot francophone dans un territoirehistoriquement flamand, il s’agit de langues germaniques, soit le flamand (sous des formesdialectales multiples) et le néerlandais.Si les interférences entre le français et les langues régionales romanes ont fait l’objet d’uneattention soutenue, notamment dans l’importante tradition d’études dialectologiques, cellesdues aux parlers germaniques ont suscité moins de travaux3, alors même que cette influence

3 On mentionnera toutefois Baetens Beardsmore 1971, Wind 1937, Wind 1947. Des étudescentrées sur les rapports entre les dialectes wallons et l’adstrat germanique fournissent elles ausside précieuses indications : voir notamment Geschiere 1950, Gessler 1939, Herbillon 1950-1953,Valkoff 1936, Warland 1940. Il y a lieu également de tenir compte d’articles isolés, quifournissent une documentation de qualité sur certaines formes (A. Henry, Jan Grauls, etc.).

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a été régulièrement invoquée dans le discours puriste pour rendre compte de certainsbelgicismes.La récente parution du Dictionnaire des belgicismes (Francard et al. 2010) est l’occasionde revenir sur cette question. Cet ouvrage fournit en effet une nomenclature plus fournieque celle des ouvrages qui l’ont précédé et un relevé systématique des convergences entreles régionalismes et leur adstrat/substrat.Après une brève présentation du Dictionnaire des belgicismes, cette communicationproposera un panorama des emprunts du français de Belgique aux parlers germaniques,lesquels sont, dans leur grande majorité, des données de nature lexicale. Toutefois onillustrera également d’autres types d’emprunts (morphologiques, grammaticaux, phraséolo-giques). Lorsque la documentation disponible le permettra, on distinguera également leslangues « prêteuses » (flamand, néerlandais de Belgique, néerlandais standard) et les phaseschronologiques de l’emprunt.On tentera ainsi d’éclairer une des dynamiques constitutives du français en Belgiquefrancophone, dont l’ampleur a été peu soulignée jusqu’à présent et qui pose d’intéressantesquestions non seulement de nature historique, mais aussi sociolinguistique : les empruntss’inscrivent dans le contexte plus général des rapports de force entre les langues en contactet leur intégration dans la variété de français en usage en Belgique est révélatrice desrapports qu’entretiennent les francophones belges avec leurs normes endogènes.Quelques références bibliographiquesBAETENS BEARDSMORE, Hugo. 1971. Le français régional de Bruxelles. Bruxelles :

Presses universitaires de Bruxelles.CALLEBAUT, Bruno & RYCKEBOER, Hugo. 1997. « Sprachkontakte in Westeuropa :

français-néerlandais ». ». Dans GOEBL, Hans, et al. (éd.). Kontaktlinguistik/Contact Lin-guistics/Linguistique de contact/ Ein internationales Handbuch zeitgenössischer Fors-chung/An International Handbook of Contemporary Research/Manuel internationaldes recherches contemporaines. 2. Halbband/Volume 2/Tome 2. Berlin/New York :Walter de Gruyter, p. 1240-1252.

FRANCARD, Michel, GERON, Geneviève, WILMET, Régine & WIRTH, Aude. 2010.Dictionnaire des belgicismes. Bruxelles : De Boeck.

GESCHIERE, Lein. 1950. Les éléments néerlandais du wallon liégeois. Amsterdam : Noord-Hollandsche Uitg. Mij.

GESSLER, Jean. 1939. « Notes de lexicologie comparée (limbourgeoise et liégeoise) ». DansMélanges de linguistique romane offerts à Jean Haust. Liège, p.184-207.

HERBILLON, Jules. 1950/1952/1953. « Éléments néerlandais du wallon liégeois ». DansDialectes belgo-romans 8/9/10.

ROEGIEST, Eugeen. 2006. « Contacts linguistiques: allemand / néerlandais et français /Sprachkontakte: Deutsch Niederländisch und Französisch ». Dans Manuel internationald'histoire linguistique de la Romania / Ein internationales Handbuch zur Geschichteder romanischen Sprachen (Edited by Gerhard ERNST · Martin-Dietrich GLEßGEN •Christian SCHMITT • Wolfgang SCHWEICKARD). Berlin • New York (Walter de Gruyter),p. 1685-1695.

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VALKOFF, Marius. 1936. « Waals en Germaans ». Dans Leuvensche Bijdragen 28, p. 1-26.WARLAND, Joseph. 1940. Glossar und Grammatik der Germanischen Lehnwörter in der

Wallonischen Mundart Malmedys. Liège: Faculté de philosophie et lettres.WIND, Bettinz. 1937. « Les contributions néerlandaises au vocabulaire du français belge ».

Dans Neophilologus 22, p. 81-98 et 161-167 (CR par Jean Haust dans BTD 11, p. 198).WIND, H. 1947. « De quelques curiosités syntaxiques propres au français belge ». Dans

Neophilologus 31, p. 161-165.

La dialectometrización del ALPI: rápida presentación de los resultados

Hans Goebl

En el curso de la dialectometrización de los datos del primero (y único) volumen del ALPI(publicado en 1962) efectuada en 2009 según los principios y métodos de la « Escueladialectométrica de Salzburgo», se han alcanzado, a pesar de la cuantidad limitada de losdatos originales, resultados geolingüísticos muy interesantes.El objetivo di mi ponencia és el de presentar, directamente desde el programa dialecto-métrico « Visual DialectoMetry », los siguientes mapas y esquemas dialectométricos:algunos de los 375 mapas de trabajo (sacados de los 75 mapas originales del ALPI),algunos mapas de similitud, un mapa de parámetros, dos tipos de mapas interpuntuales, unaanálisis dendrográfica y algunos mapas de correlaciones.La calidad de los resultados alcanzados sólo con los datos del primer volumen del ALPIrepresentan un excelente augurio para la publicación de los restantes volúmenes del « AtlasLingüístico de la Península Ibérica » en curso a Santiago de Compostela.

Evidencialidad en el español de Chile

Carlos González Vergara (Santiago)

El fenómeno de la evidencialidad es definido como “el dominio semántico relacionado conla fuente u origen de la información expresada en el enunciado” (Bermúdez, 2002). Variosestudios al respecto (Schwenter, 1998; Aikhenvald, 2004; Bermúdez, 2005; GonzálezVergara y Lima, 2009) han descrito una serie de formas gramaticales que transmitensignificado evidencial en varias lenguas, entre ellas el español. Estas formas, que puedenser descritas como “estrategias gramaticales” son: formas verbales en futuro simple ycompuesto; formas verbales en condicional simple y compuesto (condicional de rumor);dequeísmo; construcciones con verbos de percepción y cláusulas subordinadas con ascenso

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del sujeto; la variación paradigmática del pronombre “uno”; y el demostrativo “tal”. Elobjetivo de la presente investigación, enmarcada en el proyecto Fondecyt 11070002, esdescribir si estas formas gramaticales efectivamente expresan significado evidencial en elespañol de Chile y con qué frecuencia transmiten tal significado en relación con otros comotiempo, estatus o modalidad.El corpus de trabajo consiste en una muestra de 549 textos (aproximadamente un millón ymedio de palabras) tomada del Corpus dinámico del castellano de Chile (Codicach),clasificados en “cartas a medios” (100, representativas de las zonas norte, centro, sur ySantiago), “textos de diarios” (100, igualmente representativas de las zonas norte, centro,sur y Santiago), “foros de Internet y de prensa y discusiones de Usenet” (150), “textos derevistas” (81) y “textos académicos” (68, representativos de ciencias aplicadas, naturales,sociales y humanidades).Los resultados muestran que todas las estrategias revisadas transmiten algún significadorelacionado con la fuente de información (fuente, modo o grado de universalidad delacceso), con la excepción de las formas de futuro. Es especialmente interesante el juego quese produce, entre los significados modal epistémico en formas como los verbos encondicional o el dequeísmo, así como la variación entre el significado deíctico y elevidencial en la forma “uno”.

Hacia una caracterización dialectal de la interpolaciónen el castellano de la Edad Media

Cristina Matute Martínez (Madrid)

El fenómeno de la interpolación caracteriza al orden de los pronombres átonos en lahistoria de las variedades occidentales de la Península Ibérica, así como de la centralcastellana entre los siglos XIII y XV. Tiene lugar cuando estos pronombres se separan delverbo en oraciones subordinadas, ascendiendo hacia las conjunciones sobre la negación ysobre diversos constituyentes también antepuestos al verbo (como lo yo avía), peronormalmente en menor medida que el orden sin interpolación (que por esso lo perdadestodo). Los estudios que explican este apartado sintáctico en castellano antiguo abogan poruna génesis autónoma (Cho 1997, Castillo Lluch 1996, Rivero 1993), aunque lacomparación interlingüística llevó a Menéndez Pidal (1942) a formular la hipótesis de que,si esta estructura no surgió en la lengua castellana por influencia de la variedad leonesa, almenos su uso sí se vio potenciado por el contacto con ella. La distribución dialectalpeninsular fue perfilada por Ramsden (1963), quien hizo notar su ausencia de ladocumentación oriental, lo cual fue corroborado por Matute Martínez (2004) con diplomasnotariales de muy diversa procedencia. Respecto a la misma variedad castellana del sigloXIII, tal estudio revela que abunda en textos con rasgos occidentales (en la General

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Estoria), mientras que está totalmente ausente de otros de corte oriental (en el Libroconplido en los judizios de las estrellas), aun habiendo sido redactados en una misma épocay en un idéntico ámbito cultural y geográfico, el scriptorium de Alfonso X.A la luz de estos datos, resulta evidente la necesidad de profundizar en el análisis de ladistribución dialectal de la interpolación del castellano antiguo, tarea que se aborda en lapresente investigación. Para ello se utiliza el corpus de Biblias medievales (en el marco delproyecto “Edición y estudio de textos bíblicos medievales en castellano”, HUM2007-62259/FILO), que cuenta con diversos manuscritos castellanos fechados entre el siglo XIIIy el XV y redactados por individuos procedentes del centro y oriente castellano o deterritorios colindantes (las Biblias E6, E8 y la Biblia de Alba), así como otros manuscritoscon una adscripción dialectal indeterminada aún. La metodología de estudio incluye elanálisis cuantitativo de los datos (acotada la muestra a los pronombres átonos de 3ª personano reflexivos), y su análisis cualitativo, facilitado por el hecho de que el corpus “Bibliamedieval” permita el contraste entre muy diversos manuscritos de forma precisa, alpresentar todos el mismo texto subyacente (la Biblia). De estos análisis se extraen losdistintos parámetros de uso en la lengua de los manuscritos bíblicos, contrastados con lostextos investigados anteriormente, y se persigue demostrar la pertinencia de los factoresextralingüísticos diatópicos y diacrónicos en la variación de la estructura. En últimotérmino, pretende contribuir al conocimiento de la variación dialectal interna de la lenguacastellana en la Edad Media.

Éléments gallo-italiques et gallo-romans dans les parlers corses

Stella Medori

Si les parlers corses s’inscrivent indubitablement dans l’aire italo-romane centrale voirecentro-méridionale, plusieurs auteurs (Rohlfs, Dalbera-Stefanaggi, Medori) ont mis enrelief la présence d’éléments lexicaux ou morphologiques de provenance septentrionale,c’est-à-dire gallo-italique voire gallo-romane dans les dialectes insulaires. Cette communi-cation tentera d’apporter une contribution à cet inventaire autour d’éléments lexicaux oumorphologiques que l’on peut retrouver dans des domaines divers tels que le lexiqueagricole, religieux ou urbain, voir onomastique. Les éléments inventoriés pourront montrerdes situations de contrastes ou de continuité avec les aires centrales et méridionales d’Italieet tâcheront de s’inscrire dans une contribution à la connaissance stratigraphique du corse.

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Il complementatore mu/ma/mi nei dialetti italiani meridionali estremi:un caso complesso tra morfologia e sintassi

Antonio Mendicino / Nadia Prantera (la Calabria)

Un fenomeno ben noto alla dialettologia italiana, più volte e variamente trattato inletteratura (cfr. tra gli altri Rohlfs 1969, 1972; Trumper 1985, 1997, 2003; Ledgeway 1998,2003, 2009, Vincent 1997), è la mancanza, nei dialetti meridionali estremi, della strategiainfinitivale, funzione ricoperta da costruzioni con verbo finito e la particella mu/ma/mi(all’italiano ‘devo fare’ corrisponde ad es. in catanzarese aju ma fazzu). Trumper-Rizzi1985 e Trumper 2003 hanno già affrontato la questione contribuendo a definire la tipologiadi verbi che in tali varietà richiedono il complementatore mu/ma/mi in alternanza con il piùdiffuso complementatore ca. In alcune varietà, inoltre, la forma mu del complementatore èridotta a u, con semplice caduta del segmento iniziale, davanti a consonante, mentre nonsubisce riduzione nei casi in cui il complementatore incontri altre parole funzionali iniziantiper vocale. In particolare, possono creare difficoltà nell’analisi quei casi in cui ilcomplementatore u si trova immediatamente adiacente ai pronomi personali clitici di terzapersona u/a/i (a loro volta forme ridotte di lu/la/li, it. lo/la/li o le), creando nessi bivocaliciin iato, se non addirittura nessi trivocalici, quando si tenga conto della vocale finale delverbo o preposizione reggente: si vedano i seguenti casi emblematici in cui la desinenzaverbale è manifestata dal morfema -u:-u + u + u-u + u + a-u + u + iFl Vb + MU + ClIn questa sede si intende proporre un modello complessivo di variazione per il quadrocalabrese e ridiscutere alcune ipotesi interpretative avanzate di recente secondo cui, nei casirichiamati, si configurebbe l’esistenza di una forma complessa u + m → u davanti aconsonante, ipotesi da cui discordiamo e rispetto alla quale prospettiamo una soluzione chesia più coerente ai dati linguistici a disposizione. I comportamenti linguistici osservati ciconsentono, infatti, di ritenere che, più che ad una forma complessa u + m → u, si sia difronte alle forme mu e u la cui alternanza è determinata dal contesto fonologico.

O rural-urbano no léxico do português do Brasil: dimensãogeolinguística

Aparecida Negri Isquerdo (Campo Grande)

Os dados linguísticos já documentados e descritos pelo Projeto Atlas Linguístico do Brasil(ALiB) têm evidenciado tendências contemporâneas do português brasileiro, dentre outras,

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a questão do caráter rural/urbano no uso da língua por populações de pequenos e grandescentros urbanos e o caráter conservador e/ou inovador da língua. Este trabalho discuteresultados parciais de um projeto de pesquisa em andamento que está investigando, combase em dados lexicais do corpus inédito do Projeto ALiB, a questão da configuração docaráter rural-urbano do léxico (reflexos do confronto cidade-campo na nomeação dosreferentes e a consequente dicotomia rural-urbano no âmbito do léxico). Na etapa atual,estão em exame os dados recolhidos nas 25 capitais brasileiras e em 21 localidades dointerior dos 03 Estados da região Centro-Oeste do Brasil (de economia voltadapredominantemente para a agropecuária e muito marcada por características rurais) queintegram a rede de pontos do ALiB. Esse projeto de pesquisa prevê, enfim, o estudosistemático do acervo vocabular recolhido como resposta para as perguntas do QuestionárioSemântico-Lexical, relativas a áreas semânticas mais voltadas para o universo rural(fenômenos atmosféricos, fauna, flora, atividades agropastoris). Focaliza a dimensãoregional do léxico, com ênfase na questão das marcas de ruralidade no falar do homemurbano, considerando-se que o perfil do informante do Projeto ALiB, ao contrário dos atlastradicionais, e, em função dos objetivos e metodologia adotados, pretere o homem rural,elegendo como informantes pessoas nascidas e residentes em núcleos urbanos. Nestacomunicação, são discutidos dados oriundos das 25 capitais brasileiras, fornecidos por 200informantes como resposta para perguntas relativas às áreas semânticas habitação,alimentação e cozinha. Com base na análise comparativa entre as variantes lexicaisregistradas nas capitais das 05 regiões brasileiras, o estudo busca demonstrar que: i) oprocesso de manutenção ou não de um item lexical são linguística e socialmente coletivose, ii) fatores socioculturais e econômicos podem gerar níveis distintos de característicasrurais e urbanas na fala dos habitantes dos grandes centros urbanos, haja vista que amanutenção dessas marcas relaciona-se diretamente ao perfil do falante, à localizaçãogeográfica da localidade, ao tipo de atividade econômica predominante e à história socialda região.

Avolla, una forma en recessió en el català central de les comarquesde Girona. Treball de síntesi dialectològica

Lourdes Oliveras Darder

Ovella és un mot que té parents en diverses llengües romàniques, ben conegut en tot eldomini lingüístic català. L’únic territori que fa una mica d’excepció a aquesta hegemoniaaclaparadora de la paraula ovella és el Rosselló, on és habitual que l’ovella s’anomeni feda,una denominació que continua més enllà dels confins de Catalunya, cap al Llenguadoc. Siens passegem pels països en què s’usen llengües filles del llatí, ens adonarem que elsparents de la forma ovella s’escampen per la Península Ibèrica, però també més enllà. El

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portuguès diu ovelha. L’aragonès, per la seva banda, coneix el mot güella, que ja es potcomençar a sentir allà on s’acaben els límits occidentals del català per la part septentrionaldel Principat. Quan travessem el Pirineu, la forma feda s’utilitza en molts llocs d’Occitània,però la llengua d’oc també usa la forma oelha, del mateix origen que l’ovella catalana. Encanvi, en francès ja hi ha brebis, en italià pecora i en sard berbeghe (o verveghe), que vainevitablement acompanyada de l’article salat: sa berbeghe (o sa verveghe).Però en català, a més de la paraula ovella i de la forma típicamente rossellonesa feda,existeix un altre mot. Tot i que avui ja ha reculat força, a la zona de l’Empordà la denomi-nació ovella conviu a vegades amb un altre nom: avoia, que seria recomanable d’escriureavolla en coherència amb el seu origen i, evidentment, amb la representació ovella.La forma avolla o avoia era un terme dialectal de força extensió. Joan Coromines ja la varegistrar a Sant Joan de Palamós, a Llambilles, a Calonge i a Santa Pau. El diccionarid’Antoni Maria Alcover i Francesc de Borja Moll (el monumental Diccionari català-valencià-balear) el recull a Sant Feliu de Guíxols, a Llofriu i a Caldes de Malavella.Fins i tot un autor nascut en els confins de la diòcesi de Girona, Prudenci Bertrana, dinsl’obra Proses bàrbares, posa en boca d’una dona de pagès la denominació aboies per ferreferència a unes ovelles. A aquesta extensió segurament bastant superior a l’actual,sumem-hi l’antiguitat de la forma. Segons les dades que aporta el Diccionari etimològic icomplementari de la llengua catalana de Joan Coromines (abreujadament, DECat) avolla oavoia és una forma prou antiga, que ja apareix en un document del segle XIII i en lesOrdinacions de Castelló d’Empúries, de mitjans del segle XIV.Així doncs, el que aquí pretenem és reunir les dades sobre la forma avolla disperses perdiversos treballs i alhora mirar de precisar cartogràficament l'extensió que devia tenir finsfa no gaire la forma avolla a la part nord-oriental del Principat de Catalunya. Al mateixtemps, aportarem noves informacions sobre la forma que surten de poblacions de l'àreaimmediata a la ciutat de Girona i a la part septentrional de les Gavarres, zona en què laforma avolla subsisteix encara avui.

O Projeto Atlas Linguístico do Brasil (ALiB) e a identidade social defaixa etária: uma questão de tempo nos dados das capitais do país

Marcela Moura Torres Paim (Salvador de Bahia)

Este trabalho investiga como a linguagem de indivíduos apresenta nas narrativas pessoais asmarcas linguísticas temporais específicas que constroem, mantêm e projetam a identidadede faixa etária em inquéritos do Projeto ALiB (Atlas Linguístico do Brasil). A metodologiaempregada consistiu na realização das seguintes etapas: 1) leitura de textos teóricos

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referentes ao tema proposto; 2) escolha e formação do corpus, constituídos de inquéritosdas capitais do Projeto ALiB; 3) análise do corpus a fim de verificar marcas linguísticastransmissoras da construção, projeção e manutenção da identidade social de faixa etária. Otermo identidade está sendo aqui concebido como “identidade social” que segundo Ochs(1993, p.288) é entendido “como um termo que pode abranger uma gama de personaesociais que um indivíduo pode reclamar para si ou atribuir aos outros ao longo da vida. Asanálises dos inquéritos selecionados buscam estudar os marcadores temporais que seapresentam com maior intensidade no discurso dos informantes da faixa etária 2, emrelação a informantes da faixa etária 1, em decorrência de fatores culturais que agem sobreos falantes idosos, levando-os a estruturarem os seus atos de fala segundo parâmetrosdiversos dos adotados pelos falantes da primeira faixa etária como também os itens lexicaisreveladores de faixa etária dos informantes reveladores do estereótipo “os tempos antigoseram sempre melhores” e que transmitem a construção, projeção e manutenção da identida-de social de faixa etária. Dessa forma, os recursos linguísticos encontrados nas entrevistasdemonstram que a identidade de faixa etária depende basicamente da categoria tempo, poisesta atua nessa linguagem como elemento ordenador na elaboração do discurso, manifes-tando-se em dois pólos – o antes e o agora – visando às aposições desejadas entre passado epresente típico dos discursos narrativos pessoais pertencentes a uma faixa etária maisavançada.

Interferenza germanica e frammentazione linguistica dellaGalloromania: i modelli diglossici dei Pariser (altdeutsche) Gespräche

(Conversazioni di Parigi)

Teresa Proto / Michela Russo (Paris)

I Pariser (altdeutsche) Gespräche sono un insieme di glosse annotate a margine deimanoscritti Paris (P), BNF, fonds latin 7641 (f. 1-85v) e Vaticanus Reginensis latinus (V)(Bibl. Vatic. Christ.) 566, f. 50 , risalenti all’inizio del X sec., secondo Penzl (1984) XIsec., ma probabile copia di un antigrafo romanzo del IX sec. Si tratta di un glossariobilingue destinato a utenti (nobili) di lingua romanza che viaggiavano nei vicini territori dilingua tedesca, composto di brevi frasi riconducibili alla tradizione degli hermeneumatagreco-latini. Il testo trascritto da un copista romanzo in ortografia romanizzata proviene daun’area di contatto nella quale interferiscono elementi galloromanzi, alto tedeschi e delfrancone occidentale e centrale e del basso francone. Esistono svariate ipotesi sulla suaprovenienza (Haubrichs-Pfister 1989): a) da area linguistica basso francone corrispondenteall’attuale nord della Francia, Belgio e Olanda, b) da area linguistica del francone centralecorrispondente alla zona tra Colonia e Treviri, c) da territori del francone centrale e delbasso francone confinanti con l’area romanza, d) francone occidentale (Sonderegger 1978).

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Numerosi sono gli esempi di interferenza come l’uso di <e> che in galloromanzo restituiscei latina e i germanica (lunga o breve): ata. mir > mer o l’ipercorrettismo ata. gest(e)ra >gistra (e della serie velare corrispondente ata. thu > do); l’oscillazione tra le grafie <ae>,<e> e <a> come in <nae> che corrisponde ad ata. ne, in < guer> per ata. wār(e) accanto a<guaz> per ata. wāz segnala che il monottongo /E/ da /a/ attraverso la fase dittongata [ae](<ae>) è già attestato nel IX secolo, contrariamente a quanto testimoniato dalla primaattestazione romanza nella Passion Clermont (X sec.) parler (Haubrichs-Pfister 1989: 20).Nei testi galloromanzi del IX sec. era emersa soltanto la dittongazione di /a/ in <ae>attestata per la prima volta nella Sequenza di Eulalia.Altri fenomeni fonetici forniscono indizi di carattere diatopico per la localizzazione deltesto: l’uso sistematico delle grafie <gu>, <cu> in luogo del germanico [w] prima dellariduzione galloromanza a <g> (IX sec.) è spesso ipercorretto come segnalano le scrittureinverse del tipo: <guan> per ata. gan. La conservazione del germ. [w], oggi limitata aidialetti francesi orientali, come il piccardo, doveva tuttavia essere più estesa ad ovest doveè scomparsa con l’imporsi della scripta altomedievale della Francia centrale.Ci occuperemo in questa sede di alcuni fenomeni di interferenza: della degeminazioneriscontrabile anche attraverso gli ipercorrettismi come gott < ata. gote o tatta[n] < ata. taten;gli esiti delle occlusive in posizione iniziale e intervocalica per cui la sonora germanicaappare trascritta il più delle volte in posizione iniziale con la sorda corrispondente,segnalando neutralizzazione del contrasto di sonorità: <colernen> per ata. ga-lernen, <pe>per ata. b. Analogamente l’opposizione delle dentali germ. <th> sorda e sonora þ e đ inposizione iniziale è neutralizzata e resa con la sorda <t>; nell’antigrafo la grafia <th>indicava sia þ che đ, evento che dimostra la neutralizzazione di sonorità tra questi duefonemi in epoca precedente alla copia. La prostesi vocalica davanti a <sc->, <sp-> e <sn->caratterizza le forme <esconae> (ata. sconi), <es prachen> (*sprāhhēn), <isnel> (ata. snel)mentre lascia intatte le forme <schlap-> e <schelt>; l’epentesi è invece attestata per i nessi<kn-> e <gr-> nelle forme <canet> (ata. kneht) e <cherize> (ata. kerza).Tali problemi linguistici, che segnalano la simbiosi di germanico e romanzo nell’ambitodelle interferenze fonetiche, esigono una soluzione che tenga conto del punto di vistacongiunto del romanista e del germanista. Nei Pariser (altdeutsche) Gespräche, cheriflettono un periodo di transizione misto di oralità e scrittura, frutto del contatto tra gruppietnici diversi, la lingua funziona come un sistema omeostatico (autoregolante) e le variantigrafemiche/linguistiche rinviano al grado di interscambiabilità o di mescidanza linguisticamostrato dalla competenza scripto-linguistica dell’amanuense. Cercheremo di differenziarei diversi strati dell’interferenza linguistica germanica (alto tedeschi, francone occidentale,centrale e del basso francone) nella Galloromania medievale, legati all’espansione dellegenti germaniche, tra i secoli V e IX fondamentali per la formazione delle lingue romanze.

Referenze bibliograficheW. HAUBRICHS (1972) “Zur Herkunft der Altdeutschen (Pariser) Gespräche, in Zeitschrift

für deutsches Altertum 101, 86-103.

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W. HAUBRICHS/M. PFISTER (1989) In Francia fui. Studien zu den romanisch-germanischenInterferenzen, Mainz.

H. PENZL (1984) “Gimer min ros. How German was taught in the Ninth and ElevenCenturies”, German Quaterly 57, 392-401.

R. SCHÜTZHEICHEL (1963) “Das westfränkische Problem. X. Die Pariser Gespräche”,Deutsche Wortforschung in europäischen Bezügen, L.E. SCHMITT (ed.), Vol. 2,Giessen, 469-523.

St. SONDEREGGER (1971) “Reflexe gesprochener Sprache in der althochdeutschenLiteratur”, Frühmittelalterliche Studien 5 , 176-192.

–– (1972) “Altdeutsche Gespräche”, Die Deutsche Literatur des Mittelaters, Verfasserlexi-kon, vol. 1, Berlin/New York, 284-285.

Perfetti Imperfetti. Sul passato remoto in -v-in alcune varietà dialettali dell’Italia meridionale

Valentina Rètaro (Napoli)

In questo contributo si presentano i primi risultati di uno studio sulle caratteristichefonetiche e morfologiche delle forme di passato remoto debole in -v- riscontrate nellevarietà dialettali dell’Italia meridionale, con particolare riferimento ad alcuni dialetti di areanapoletana. I materiali analizzati provengono da un corpus di parlato spontaneo raccolto sulcampo nell’arco di un triennio in cinque centri dell’area nord-vesuviana, mediante latecnica dell’intervista libera. I parlanti hanno un’età superiore ai 45 anni, un basso livello diistruzione e caratteristiche socio-culturali pressoché simili.Nelle varietà dialettali dell’area interna del Vesuvio, il passato remoto presenta uncomplesso polimorfismo desinenziale, con numerosi casi di sincretismo e allotropia. Parti-colarmente interessanti appaiono le desinenze con elemento fricativo labiodentale di tipo-av-, -ev- -iv-. Benché tali esiti si presentino a macchia di leopardo in tutta l’Italiameridionale, essi non sono stati mai descritti prima d’ora in maniera esaustiva, né sono statemai considerate in maniera critica le questioni legate al conflitto omofonico conl’imperfetto. Le desinenze perfettive in -v- pongono infatti almeno due ordini di questioni.La prima concerne l’origine dell’elemento fricativo; la seconda riguarda la funzione svoltain sincronia da tali forme alla luce del conflitto omofonico con l’imperfetto. Tali aspetticostituiscono l’oggetto di questo studio.Relativamente alla prima questione, l’elemento consonantico -v- viene interpretato o comeun suono di origine epentetica (cfr. Rohlfs 1966; per il Siciliano, Mocciaro 1976), oppurecome un elemento originario, risalente direttamente alla base latina (per le forme registratenel Sannio beneventano cfr. Maturi, 2002). L’analisi delle forme raccolte in sincronia nellevarietà nord-vesuviane mostra, tuttavia, come queste ipotesi prestino il fianco ad alcune

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critiche. La presente disamina terrà conto della presenza degli esiti in -v- documentati nellecarte AIS anche in altre varietà italiane meridionali.Per quanto riguarda il conflitto omofonico con le forme imperfettive, occorre chiedersiquale sia stato, nello sviluppo diacronico dei passati remoti in -v-, il ruolo giocato dalladiffusione di modalità aspettuali tipiche dell’imperfetto narrativo (cfr. Bertinetto 1986) e seall’origine di tali esiti, più che un accidente dell’evoluzione fonetica, non ci sia stato uncambiamento che ha interessato non la forma, ma la funzione. Per tale motivo, si ritieneindispensabile anche un esame approfondito delle proprietà semantico-aspettuali deglienunciati coinvolti.

Riferimenti bibliograficiBERTINETTO, P. M. (1986), Tempo, aspetto e azione nel verbo italiano. Il sistema

dell’indicativo, Firenze: Accademia della Crusca.MATURI, P. (2002), Dialetti e substandardizzazione nel Sannio Beneventano, Frankfurt am

Main: Lang.MOCCIARO, A. G. (1976), “Le forme del Passato Remoto in siciliano”, in Problemi di

morfosintassi dialettale, Atti dell’XI Convegno per gli Studi Dialettali Italiani, pp. 271-286, Pisa: Pacini.

ROHLFS, G., (1966), Grammatica Storica della Lingua Italiana e dei suoi Dialetti (Trad. it.),Vol. II, Torino: Einaudi.

Las sibilantes en documentos ecuatorianos de los siglos XVI-XVIII

Natacha Reynaud Oudot (Neuchâtel)

Los documentos coloniales del Archivo General de Indias de Sevilla son consideradostradicionalmente una fuente de conocimiento muy importante que nos facilita el acceso avariedades del español alejadas, tanto desde el punto de vista diacrónico como diatópico.Mediante la investigación de documentos provenientes de la Audiencia de Quito, podemosdilucidar y describir, posiblemente en gran medida, la fonología y la ortografía ecuatorianasde la época colonial.Estudiaremos la evolución del antiguo sistema de sibilantes, que sufre un cambio radicaldurante el siglo de oro, y su reflejo en los documentos de la Audiencia de Quito,basándonos en textos principalmente jurídicos (declaraciones de testigos, peticiones, cartas,denuncias) de los siglos XVI, XVII y XVIII. Contrastaremos documentos de dos zonasgeográficas, Costa y Sierra ecuatorianas, de características geográficas, demográficas ehistóricas muy diferentes, con la situación de la Península y de otras zonas americanas.A partir de las confusiones gráficas que se observan en los documentos describiremos lasituación de las sibilantes en los documentos e intentaremos precisar el arraigo de

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fenómenos como el ensordecimiento, el seseo-ceceo o la aspiración. Finalmente pondremosen perspectiva los datos obtenidos con factores extralingüísticos, por ejemplo históricos,demográficos, geográficos o sociales y los contrastaremos con el español actual delEcuador. La originalidad de esta contribución se halla en el hecho de que se presentaránejemplos del siglo XVI, período que hasta hoy en día ha sido muy poco estudiado en lazona que tratamos, al contrario de la vecina región que constituye hoy la actual Colombia,cuyas sibilantes fueron descritas de manera muy precisa por Cock Hincapié en 1969 (Elseseo en el Nuevo Reino de Granada 1550-1650).

Referencias bibliográficasALARCOS LLORACH, Emilio (1965), Fonología española, 4ta ed., Madrid, Gredos.ALONSO, Amado (1969), De la pronunciación medieval a la moderna, Madrid, Gredos.ÁLVAREZ NAZARIO, Manuel (1982), Orígenes y desarrollo del Español en Puerto Rico

(siglos XVI y XVII), Río Piedras, Editorial Universitaria.ARIZA VIGUERA, Manuel (1996), “Reflexiones sobre la evolución del sistema consonántico

en los siglos de oro”, en Alonso GONZÁLEZ, Alegría et alii. (coord.), Actas del IIICongreso Internacional de Historia de la Lengua Española, Madrid, Arco Libros, vol.I, pp. 43-79.

COCK HINCAPIÉ, Olga (1969), El seseo en el Nuevo reino de Granada (1550-1650),Bogotá, Instituto Caro y Cuervo.

FONTANELLA DE WEINBERG, María Beatriz (1987), El español bonaerense. Cuatro siglosde evolución lingüística (1580-1980), Buenos Aires, Hachette.

QUESADA PACHECO, Miguel Ángel (1990), El español colonial de Costa Rica, San José,Ed. de la Univ. de Costa Rica.

QUILIS, Antonio (1992), “Rasgos generales sobre la lengua española en el Ecuador”, enHERNÁNDEZ ALONSO, César (ed.), Historia y presente del español de América,Valladolid, Junta de Castilla y León, Pabecal.

ROJAS, Elena (1982), Evolución histórica del español en Tucumán entre los siglos XVI yXIX, Tucumán, Universidad de Tucumán.

SÁNCHEZ MÉNDEZ, Juan Pedro (1997), Aproximación histórica al español de Venezuela yEcuador durante los siglos XVII y XVIII, Valencia, Universitat de València, Tirant loBlanch.

TOSCANO MATEUS, Humberto (1953), El español del Ecuador, Madrid, Consejo Superiorde Investigaciones Científicas.

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Seseo prenuclear e seseo postnuclear en galego:distribución diatópica e evolución no s. XX

David Rodríguez Lorenzo

Na maior parte do territorio galego distínguese un fonema /θ/ (< /ts/, /dz/ medievais), dunfonema /s/ (< /s/, /z/ medievais). Porén, na franxa máis occidental pervive un sistema desibilantes no que non existe a interdental xorda. Como consecuencia, as falas desta áreapresentan un único fonema (/s/ ou /ñ/, segundo a zona) ou ben dous funcionalmenteopostos: /s/ (caza) e /ñ/ (casa). A non existencia do son /θ/ e o conseguinte triunfo dassolucións con /s/ ou /ñ/ é o que se coñece comunmente como seseo [FernándezRei:1990,54]. É preciso diferenciar entre seseo total (en todos os contextos) e seseoimplosivo.O obxecto desta comunicación é o de amosar os resultados da investigación sobre o cambiona distribución xeográfica deste fenómeno ao longo do século XX. Os materiaisempregados tómanse de tres proxectos dialectolóxicos: Atlas Lingüístico de la PenínsulaIbérica –na súa parte correspondente a Galicia– , Atlas Lingüístico Galego e DiaGal. Así,os datos analizados corresponden con tres momentos históricos suficientementedistanciados como para observar variación en diacronía, a saber, respectivamente: 1934,1974 e 2008.

FERNÁNDEZ REI, Francisco [1990,]: Dialectoloxía da lingua galega, Xerais, Vigo.GONZÁLEZ, Manuel (coord.) [1999]: Atlas Lingüístico Galego, v.III-Fonética, Instituto da

Lingua Galega, Pedro Barrié de la Maza, Santiago, A Coruña.NAVARRO TOMÁS, Tomás [1962]: Atlas Lingüístico de la Península Ibérica, v.1, Fonética-

1, Consejo Superior de Investigaciones Científicas, Madrid.

Sémantique motivationnelle et géolinguistique : analyse et remarquesméthodologiques à partir des noms des plantes sauvages dans les

dialectes roumains

Carmen Scarlat (Grenoble) / Vittorio Dell’Aquila (Vaasa/Vasa)

La cartographie thématique a acquis, avec la révolution que l’informatique a apportée à lacartographie à travers les logiciels SIG, de nouvelles capacités en ce qui concerne l’analyselinguistique. La facilité de manipulation rapide de grandes quantités de donnéeslinguistiques qui peuvent être soumises à différents type de traitements, soit descriptif, soitanalytique, ainsi que la possibilité de créer plusieurs types de cartes, sans limites pour ce

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qui est de la quantité et surtout de la typologie graphique, a ouvert aux linguistes des pointsde vues sur le fait linguistique qui n’étaient pas imaginables il y a 15 ans.Notre communication montrera quelques types d’analyses géolinguistiques à partir d’unesélection de données lexicales dialectales sous forme de traitement statistique des donnéestextuelles, de classification et de méthodologie de la cartographie : les noms des plantessauvages dans les dialectes roumains seront soumis à des analyses de typeonomasiologique, motivationnel et de typologie géographique qui seront explicitées àtravers la cartographie des résultats.

Grammaticalisations anthropomorphiques en français régionalantillais : l’expression de la voix moyenne

André Thibaut

Depuis quelques années, le français régional antillais (= F.R.A.) commence à susciterl’intérêt des chercheurs. On dispose depuis peu de bonnes descriptions de la situation socio-linguistique antillaise, mais aussi de quelques articles et monographies sur les aspects pho-nétiques, morphosyntaxiques et lexicaux de cette variété de français ; cela dit, beaucoup detravail reste à faire pour parvenir à une caractérisation satisfaisante de ce régiolecte. Cettecommunication vise à présenter une construction syntaxique typique du F.R.A. (dont uncorrespondant existe parallèlement en créole) exprimant la voix moyenne à l’aide de tour-nures partiellement grammaticalisées formées sur des métonymies anthropomorphiques (àl’aide de pieds, reins, mais surtout corps). Nous avons relevé un très grand nombre d’attes-tations du phénomène dans des ouvrages littéraires antillais ; cf., à titre d’exemples :a) avec pieds :« Pour moi, j’ai retiré mes pieds. » Saint-John Perse, Éloges, dans Saint-John Perse,Œuvres complètes, Paris, Gallimard, La Pléiade, pp. 46-47 ; commenté (brièvement) dansJ. Gardes Tamine (dir.) 2006, 181.« Du coup, les curieux inutiles qui gobaient le spectacle préfèrent tirer leurs pieds. » PatrickChamoiseau, Solibo magnifique, Paris, Gallimard, 1988, p. 89 (coll. Folio).« J’ai levé mes pieds sans me signaler, pour rentrer à case téter mon rhum. » PatrickChamoiseau, Solibo magnifique, Paris, Gallimard, 1988, p. 187 (coll. Folio).« Ah ça, non, non et non ! Allez, retire tes pieds d’ici ! » Raphaël Confiant, Case à Chine,Paris, Gallimard, 2007, p. 26 (coll. Folio).b) avec corps :« – Tu es réveillé, mon fi, dit Délira. Comment te sens-tu, comment sens-tu ton corps ? »Jacques Roumain, Gouverneurs de la rosée [1re éd. 1946], dans L.-Fr. Hoffmann (coord.),Œuvres complètes, Madrid (etc.), ALLCA XX, 2003, p. 373.

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« En avant, grouille ton corps, vite ! » Jacques Stephen Alexis, Compère Général Soleil,Paris, Gallimard, 1955, p. 25.« Il parlait à son corps, tenait de longs discours entrecoupés de cris […]. » SimoneSchwarz-Bart, Ti Jean L’horizon, Paris, Éd. du Seuil, 1979, p. 218.« – Repose ton corps, je vais arranger ça au retour, déclara-t-elle. » Patrick Chamoiseau,Chronique des sept misères, Paris, Gallimard, 1986, p. 33.[en contexte métalinguistique ; le maître à l’éleve, dans la salle de classe] « – On ne ditpas : Je parle pour mon corps, on dit : Je me parle à moi-même. » Patrick Chamoiseau,Une enfance créole II : Chemin-d’école, Paris, Gallimard, 1996, p. 159 (coll. Folio).« On en déduisit qu’il avait tué son corps. » Raphaël Confiant, Case à Chine, Paris,Gallimard, 2007, p. 239 (coll. Folio).On se penchera d’abord sur les manifestations anciennes de ce phénomène, en créole ainsique dans le français de l’époque coloniale ; puis, on étudiera de plus près le fonctionnementsyntaxique de ces tournures, afin d’évaluer entre autres leurs possibilités combinatoires etleur degré de figement ; enfin, on tentera d’analyser leurs valeurs sémantico-pragmatiques.

Anàlisi contrastiva de dos sistemes de mesura de la distància fonèticaaplicades al Corpus Oral Dialectal de la Universitat de Barcelona

Esteve Valls / Esteve Clua (Barcelona)

El mètode dialectomètric consolidat arran de l’explotació del Corpus Oral Dialectal (COD)de la Universitat de Barcelona es caracteritza per defensar la necessitat d’una anàlisilingüística prèvia al tractament quantitatiu de les dades que discrimini els elementspredictibles i impredictibles de la llengua i doni compte de les diferències subjacents entrevarietats. D’aquesta manera, el càlcul de la distància lingüística entre varietats recull,també, les divergències fonològiques que en el nivell fonètic romanen invisibles.A Clua (2009) es mostren els primers resultats d’aplicar aquest mètode dialectomètric a latotalitat de les dades del COD. Alhora, es comparen aquests resultats amb la classificaciódialectal derivada del càlcul de les interdistàncies en base a les dades únicament fonètiques,contrast que serveix per refermar novament la major precisió de les classificacions queparteixen de l’anàlisi lingüística.Tanmateix, hi ha altres centres de recerca dialectomètrica que apliquen sistemes de càlculde la distància fonètica diferents del que s’ha aplicat fins ara al COD. És el cas del Centerfor Language and Cognition de la Universitat de Groningen, que basa el càlcul de lesinterdistàncies en l’aplicació de l’anomenada distància de Levenshtein (Heeringa, 2004).Aquest sistema, que ha generat una gran quantitat d’estudis en els darrers anys, s’ha aplicatrecentment a les dades del COD (Valls, en premsa). Aquests resultats, però, encara no hanestat contrastats amb els resultats obtinguts a Clua (2009). En aquesta presentació volem,

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doncs, analitzar el grau de convergència o divergència entre les classificacions resultantsd’ambdós sistemes de càlcul, amb l’objectiu d’aportar noves dades que permetin avançar enel camí de determinar quin mètode dialectomètric reflecteix de manera més acurada lavariació geolectal d’una àrea lingüística –en aquest cas, la catalana.

Referències bibliogràfiquesCLUA, E. (2009): «Relevancia del análisis lingüístico en el tratamiento cuantitativo de la

variación dialectal». Comunicació presentada al Simposio Internacional Tecnologíaspara la variación lingüística EUDIA2, 1-2 de octubre 2009, Universitat del País Basc,Vitòria.

HEERINGA, W. (2004): Measuring Dialect Pronuntiation Differences using LevenshteinDistance. Groningen: Groningen Dissertations in Linguistics 46.

VALLS, E. (en premsa): «Cap a una diversificació metodològica de la dialectometriacatalana: primers resultats d’aplicar la distància de Levenshtein al Corpus OralDialectal». A «Interlingüística», n. 20.

Áreas lingüísticas do Espírito Santo:Avaliando resultados do questionário lexical

Catarina Vaz Rodrigues

Antenor Nascentes dividiu o Brasil em seis subfalares e incluiu o Espírito Santo na áreafluminense. Contudo, suas características étnicas, culturais e históricas, diferenciadas dasregiões vizinhas, permitem que se questione tal homogeneidade lingüística. Enquanto nosoutros estados do sudeste os imigrantes alóctones se integraram às comunidades existentes,alguns dos grupos que para aqui vieram deram origem a novos núcleos de ocupação. Têm-se aqui, como no sul do país, localidades fundadas pelos imigrantes nas áreas mais frias doestado, situadas nas montanhas e, em sua maioria, distantes das comunidades de falaportuguesa, o que favoreceu a manutenção de usos, costumes e da língua dos países deorigem. A ocupação do estado, sucintamente delineada, leva à hipótese de haver no estadopelo menos duas áreas lingüísticas. Para comprovar, ou não, tal hipótese, teve início oprojeto Atlas Linguístico do Espírito Santo, o qual tem como objetivo descrever as princi-pais variantes lexicais, fonéticas e morfossintáticas do português capixaba. O projeto estásendo desenvolvido por etapas. A primeira seguiu princípios dialetológicos tradicionais econtemplou 35 pontos na área rural; a segunda, em andamento, incorporou princípios pluri-dimensionais e investiga 5 pontos na área urbana. Os informantes da primeira etapa, nafaixa de 30 a 55 anos, de ambos os sexos, apresentavam perfil com característicasdialetológicas tradicionais. Um grupo de informantes da área urbana apresenta o mesmoperfil da rural, e o outro inclui informantes com terceiro grau. Ambas as fases da pesquisa

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foram viabilizadas com financiamento do CNPq. Os dados aqui apresentados fazem partedo questionário lexical, os quais foram separados em cinco grupos: a) O primeiro reúnecartas com predomínio de uma dada lexia, sendo que todas as demais se apresentamesparsas, não possibilitando o traçado de isoglossas. b) Os dois grupos seguintesconcentram a maior parte das isoléxicas respectivamente no sul e no norte do estado,embora haja, algumas vezes, lexias predominantes no sul, mas que ocorrem em uma áreamenor ao norte do estado. c) Com menor freqüência tem-se isoléxicas que avançam nosentido leste/oeste. d) O último grupo reúne cartas cujas isoléxicas foram registradas, até omomento, uma única vez, e não se enquadravam em nenhuma das possibilidades anteriores.A distribuição das áreas lingüísticas delineadas coincide em linhas gerais com o processode ocupação. As áreas com predomínio de imigrantes são muito cortadas por isoléxicas,constituindo-se antes em áreas de transição do que em áreas diferenciadas.

Procesos de sustitución léxica en el español americano:el caso de coger y agarrar

Alejandro Velázquez Elizalde

Una de las diferencias dialectales léxicas más notables entre el español peninsular y elamericano es el uso del verbo coger, cuyo uso en América es reducido debido a laconnotación que posee —‘realizar el acto sexual’ (DRAE, s.v. coger)—. Esto ha propiciadoque la variante americana del español reemplace ese verbo con otros que puedan abarcar elvacío semántico dejado.Si bien esta diferencia dialectal ha sido señalada en la bibliografía sobre dialectología ylexicología, los estudios se han concentrado en la sincronía de este fenómeno, al tiempo quese ha otorgado poco peso a la observación del proceso de sustitución léxica del verbo cogeren el español americano en perspectiva diacrónica.En esta investigación realizamos un análisis diacrónico centrado en uno de los sustitutosléxicos del verbo coger en América: agarrar. Este análisis está formulado a partir de losmateriales de los corpus electrónicos de la Real Academia Española, el Corpus Diacrónicodel Español (corde) y el Corpus de Referencia del Español Actual (crea), en cuatro cortescronológicos correspondientes a los periodos 1800-1805, 1875-1880, 1950-1955 y 2000-2004, y plantea tres objetivos:

a) Realizar una observación general de la frecuencia de uso de los verbos coger yagarrar en los dialectos peninsular y americano del español en los últimos 200años y verificar los cambios cuantitativos que presentan en este periodo.

b) Analizar los contextos de uso de ambos verbos, mediante el estudio de loscomplementos verbales que comparten, a fin de establecer el espacio semántico enel que se realiza la sustitución del verbo coger por el verbo agarrar.

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Observar los contextos en los que el español americano mantiene el uso del verbo coger yaquellos en los que se da el reemplazo con el verbo agarrar, para determinar el ritmo desustitución léxica en el caso de este par de verbos.

Referencias bibliográficasCOMPANY, Concepción. 2007. El siglo XVIII y la identidad lingüística de México. México:

Universidad Nacional Autónoma de México/Academia Mexicana de la Lengua.PASTOR MILÁN, María Ángeles. 1990. “«Coger», «tomar» y «agarrar» en Hispanoamérica”,

Boletín de la Real Academia Española (70) 251, pp. 533-568.REAL ACADEMIA ESPAÑOLA. 2001. Diccionario de la lengua española, 22ª ed.

Madrid: Espasa.

Forme rare ale articolului nehotărât/nedefinit în româna veche. Întreistoria limbii române şi geografia lingvistică romanică

Floarea Virban

Studierea realităţii lingvistice corespunzătoare unei perioade istorice cu privire la careexistă puţine atestări (cum este cazul limbii române a sec. al XVI-lea–începutului de sec. alXVII-lea) este în genere o întreprindere foarte complicată. Daca reconstruirea limbii scriseeste deja dificilă, reconstituirea realităţii limbii vorbite riscă să devină o sarcină aproapeimposibilă. Apelul la limba actuală, deşi util, poate adesea oferi false soluţii. Astfel, în locde a rezolva o problemă, se pot crea ulterioare confuzii. La fel, limitarea cercetării lacontextul românesc se poate de asemenea dovedi neproductivă. Soluţiile pot veni uneori dedeparte; în cazul limbii române, din alte arii lingvistice romanice (în particular, din ariileperiferice/marginale). Presentarea de faţă pleacă de la un caz concret. Micul OctoihPseudo-Oprea – un manuscris religios românesc de la începutul sec. al XVII-lea (cea maiveche copie manuscrisă conservată) – prezintă o particularitate lingvistică cel puţin foarterară, dacă nu chiar unică, în tradiţia manuscrisă românească. Este vorba despre două formeale articolului nehotărât (masculin singular) un; in specie despre următoarele variante: 'u e'nu. ‘Ciudăţenia’ celei de-a doua forme e dată şi de faptul că avem de-a face cu o formăpentru care nu există alte astestări nici în tradiţa scrisă a limbii române, nici în limba vorbităactuală. Prin urmare, este greu, dacă nu imposibil, de explicat astfel de forme în contextromânesc. Mai mult, există riscul de a considera aceste forme, în special pe cea de-a doua(‘nu) ca fapte de grafie; explicând forma ‘nu pur şi simplu ca o grafie inversă a lui un.Dacă, în schimb, se caută soluţia problemei într-o arie mai largă, cea romanică (din carelimba română face parte), se constată că forme identice există în dialectele italienemeridionale. Ceea ce poate părea ‘ciudat’ în context românesc se dovedeşte a fi absolutpertinent în context romanic. Ceea ce putea fi greşit interpretat ca un fapt de grafie se

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dovedeşte a fi un fapt de limbă; forma ‘nu (precum şi forma ‘u) din Micul Octoihreproducea, pur şi simplu, o realitate a limbii române vorbite vechi. Sigur, rămâne deexplicat cum/când au patruns/apărut aceste forme în limba română, daca sunt moştenite saudacă avem de-a face cu evoluţii ulterioare pe teren românesc. Această intervenţie este oîncercare de a explica un fapt care ţine de istoria limbii române prin apelul la geografialingvistică romanică. Dincolo de analiza unui fapt concret de limbă şi de încercarea de afurniza posibile explicaţii, intervenţia de faţă subliniază relevanţa deosebită a perspectiveiromanice în cercetarea limbii române vechi – mai puţin ‘norocoasă’ decât alte limbi neo-latine (în cazul românei există mult mai puţine atestări şi mult mai târzii) – şi, implicit, aistoriei limbii române. În particular, un studiu comparat al românei vechi în relaţie cu ariileperifice ale Romaniei (cu dialectele italiene meridionale, în special) ar putea ajuta, daca nula rezolvare multor probleme de istorie a limbii române, cel puţin la o punere corectă aproblemelor.

El sufijo -ico y su variante -iquio como caracterizadores dialectales

Mª Esther Vivancos Mulero (Granada)

El sufijo –ico ha sido considerado como uno de los elementos morfológicos máscaracterísticos de las hablas murcianas. No obstante, a pesar de contar con multitud detrabajos sobre la variedad diatópica murciana, encontramos que los estudios morfológicossobre esta variedad son prácticamente inexistentes. Por ello, en este trabajo, tras realizar unbreve estado de la cuestión del sufijo –ico, en el que expondremos de forma sucinta losdistintos aspectos que se han tratado sobre el mismo (etimología, origen y presencia delmismo en las distintas variedades dialectales), nos centraremos en cómo se ha manifestadoel uso de este sufijo en el murciano.Para ello hemos establecido un corpus lingüístico, integrado por obras literarias ydocumentos archivísticos murcianos del siglo XVIII. En dicho corpus llevaremos a caboun estudio cuantitativo y cualitativo del sufijo –ico y su variante palatalizada –iquio. Hemoselegido como marco cronológico de nuestro corpus el siglo XVIII porque esta época estáresultando crucial para determinar el proceso de diferenciación lingüística de lasmodalidades regionales frente a la norma centropeninsular. Por ello, si estamos estudiandoun caracterizador dialectal, como es el dicho sufijo y su variante, creemos que esinteresante centrar nuestro trabajo en este marco temporal y así poder observar cómo se haconfigurado el dialecto murciano históricamente.Una vez analizado el corpus, intentaremos dar respuesta a varias cuestiones: ¿es posibleconsiderar el sufijo –ico y su variante –iquio como los sufijos predominantes en losdocumentos?, ¿en qué bases (sustantivas, adjetivas o adverbiales) aparece el sufijo y su

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variante con mayor profusión?, ¿qué valor (diminutivo, expresivo, etc.) del sufijo y suvariante es el preponderante en las unidades léxicas analizadas?, etc.Con este trabajo pretendemos acercarnos a uno de los rasgos dialectales más interesantesque poseen las hablas murcianas, contribuyendo así al estudio de la realidad dialectalmurciana, una realidad poliédrica a la que aún le quedan muchas aristas por estudiar.

L’utilisation de diatopismes du français dans la littérature : le cas del’œuvre du Vendéen Yves Viollier, romancier contemporain

Inka Wissner

Dans le champ disciplinaire de l’étude de la variation diatopique du français (cf. Rézeau2007), la littérature est largement exploitée comme corpus traditionnel. Différentes étudesse sont donc déjà posé la question de savoir comment et/ou pourquoi un écrivainfrancophone recourt à un régionalisme (ou diatopisme), sans cependant proposer uneanalyse approfondie en accord avec l’état actuel des connaissances en matière de diatopie etd’analyse du discours.C’est dans ce cadre que je propose d’aborder le sujet dans une perspective nouvelle, à lafois variationniste et pragmatique, en prenant pour objectif de rendre compte de l’utilisationdiscursive des diatopismes dans une œuvre littéraire contemporaine, à l’exemple des 27romans du Vendéen Yves Viollier, publiés de 1972 à 2009. Ceci implique la prise encompte des divers paramètres littéraires, socioculturels et discursifs qui sont disponibles,donc aussi du positionnement littéraire de l’écrivain de même que des caractéristiques dudiscours littéraire étudié (cf. Maingueneau 2007), avec ses contraintes discursives etstylistiques.Mes réflexions se fondent sur l’analyse de l’ensemble des faits linguistiques qui sont mis enrelief métalinguistiquement dans l’œuvre étudiée et que j’ai pu identifier commediatopismes du français en Vendée à l’aide des outils de la lexicographie différentielle(couronnée en France par le DRF), de même qu’à l’aide d’enquêtes de terrain que j’airéalisées en Vendée.Cette nomenclature m’a alors invitée à me poser les questions suivantes : Quelle est lafréquence relative des emplois avec ou sans mise en relief d’un même diatopisme, et quelleest leur distribution discursive ? Quels sont les types de mises en relief et d’autonymie quel’on rencontre ? Ces paramètres discursifs, que véhiculent-ils sur les caractéristiquessociolinguistiques et pragmatiques des diatopismes ?Dans le cadre de la présente communication, un choix d’exemples tirés de romansd’époques différentes de l’œuvre dépouillée sera l’occasion de s’intéresser en particulieraux différents types de mise en relief rencontrés, de même qu’à l’interprétation du statut quiest attribué aux diatopismes dans les cotextes étudiés.

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Bibliographie:DRF = REZEAU, Pierre (ed.) (2001), Dictionnaire des régionalismes de France (DRF).

Géographie et histoire d’un patrimoine linguistique, Bruxelles : De Boeck-Duculot.Maingueneau, Dominique (42007), Linguistique pour le texte littéraire (réimpr. de 2003

chez Nathan) [1986] (coll. Lettres sup.), Paris : A. Colin.Rézeau, Pierre (2007) : “Des variétés dialectales gallo-romanes aux variétés régionales du

français : la constitution d’un champ disciplinaire”, in : TROTTER, David (ed.), Actes duxxive Congrès International de Linguistique et de Philologie Romanes, Aberystwyth, 1-6 août 2004, vol IV, Tübingen : Niemeyer, 263-275.

Viollier, Yves (1972), Un Tristan pour Iseut, suivi de Raymonde (coll. Les Romans de laTerre), Les Sables-d’Olonne : Le Cercle d’Or.

Viollier, Yves (2009), Aide toi et le ciel…, Paris : R. Laffont.

Particularités lexico-grammaticales des interjectionsdans un corpus de littérature antillaise contemporaine

Teodor-Florin Zanoaga (Paris)

L’étude du français régional antillais n’en est qu’à ses débuts. Dans ce domaine, presquetout reste encore à faire. Le but de notre communication est de contribuer à l’étude dufrançais antillais littéraire en analysant du point de vue lexico-grammatical les particularitésd’une partie du discours ambigue, souvent ignorée ou traitée d’une façon superficielle dansles ouvrages de grammaire, l’interjection.Notre corpus est composé de trois romans, les plus représentatifs de l’auteur guadeloupéenErnest Pépin: L’Homme-au-Bâton (Paris, Gallimard, 1992), Tambour-Babel (Paris,Gallimard, 1996), et L’Envers du décor (Paris, Du Rocher / Le Serpent à Plumes, 2006).Il faut faire la précision qu’une étude consacrée exclusivement aux interjections du françaisrégional antillais n’existe pas encore, d’où l’utilité de notre recherche.Les questions auxquelles nous essaierons de répondre sont les suivantes: 1. Quelles sont lesparticularités structurales et sémantiques des interjections?; 2. Peut-on reconstituerl’histoire des interjections présentes dans notre corpus?; Comment peut un lecteur exogènedéduire le sens de certaines interjections qui apparaissent dans des contextes ambigus?;3. Comment s’explique le nombre élevé d’interjections chez Ernest Pépin? ; 4. Commentpeut- on faire la distinction entre les interjections inventées par l’auteur et celles quiexistent au-delà de la littérature, dans la langue de tous les jours que les Antillais utilisent?Une des conclusions que nous espérons tirer à la fin de notre recherche est que la plupartdes interjections de notre corpus peuvent être incluses dans la catégorie des régionalismesqui caractérisent le français antillais.

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Voilà quelques exemples qui mériteraient une analyse détaillée: (yé) cric! (yé) crac!“formule qui annonce le début d’un conte créole dont le premier élément est prononcé parle conteur pour avertir l’auditoire et le deuxième élément par l’auditoire pour signaler le faitqu’il est préparé à écouter”; tim-tim ... bois sec “formule rituelle qui annonce le début d’unedevinette créole “; blip “onomatopée qui décrit un bruit de chute”; tchiiip “onomatopéeexprimant le mépris et le dédain”; wacha-wacha “onomatopée exprimant le bruit causé parle glissement des doigts sur les cordes d’une guitare”.

BibliographieBURIDANT Claude, L’interjection: jeu et enjeux, Paris, A. Collin, 2006.Pierre ENCKELL, Pierre RÉZEAU, Dictionnaire des onomatopées, Paris, PUF, 2003.LUDWIG Ralph, Danièle Montbriand, Hector Poullet, Sylviane Telchid, Dictionnaire créole

français (Guadeloupe), Servedit, Éditions Jasor, 2002.VALDMAN Albert, Le créole : structure, statut, origine, Paris, Klincksieck, 1978.

Il dialetto catalano della città di Alghero (Sardegna) e la lingua deicanti religiosi algheresi (goigs)

Alina Zvonareva

La città di Alghero (cat. l’Alguer, sard. S’Alighera) è ubicata sulla costa occidentale dellaSardegna, in provincia di Sassari. Secondo i dati statistici, circa 10000 abitanti della città (il20% della popolazione) parlano la variante algherese della lingua catalana (cat. аlguerès).L’algherese ha delle caratteristiche abbastanza particolari rispetto ad altri dialetti catalani, ilche è stato condizionato, in primo luogo, dalla posizione geografica di Alghero edall’evoluzione storica di questa parlata. La città sarda e le regioni iberiche catalanofonesono separate dal mare e molto distanti tra di loro, così gli algheresi hanno visssuto persette secoli in isolamento da parlanti catalani di altri territori. Inoltre, il catalano alghereseha subito e continua a subire influenze di altre lingue parlate in Sardegna, ovvero delcastigliano (ma questa lingua ha influenzato anche il catalano della Penisola Iberica), delsardo, usato in quasi tutta l’isola e documentato a partire dal XI secolo, e dell’italiano, lalingua ufficiale in Sardegna dal ‘700. Tutto questo ha determinato la peculiare situazionelinguistica di Alghero: l’area della diffusione di una lingua minoritaria, ovvero il sardo,comprende un’altra minoranza, classificata dai linguisti come «insulare».Nell’ambito della comunicazione ci si propone di indagare sulle caratteristiche linguistichedei canti religiosi algheresi (goigs). La messa per iscritto di questi testi risale ai secoliXVII-XVIII, ma molto probabilmente questa avvenne dopo un lungo periodo ditrasmissione orale. Abbiamo scelto questi componimenti in quanto appartengono a ungenere conservativo, favorevole al mantenimento di molti tratti linguistici tipici dell’alghe-

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rese dell’epoca in cui era una lingua viva; inoltre, i canti goigs sono legati alle tradizioniletterarie catalana e sarda (il genere ha origine pirenaica ed ebbe fioritura in Sardegna doveera stato introdotto dai dominatori catalani). Riteniamo il materiale dei goigs appropriatoper lo studio del dialetto algherese dal punto di vista delle relazioni linguistiche e culturalitra le varie aree del dominio linguistico romanzo. L’analisi della lingua di questi cantipermette di capire meglio alcune tendenze che caratterizzano il catalano di Alghero ingenerale, soprattutto per quanto riguarda il lessico (ci si soffermerà sugli arcaismi, suidialettalismi, sui sardismi, sui castiglianismi e sugli italianismi dei goigs algheresi); inparticolare, il nostro studio ha rivelato che i castiglianismi e gli italianismi dei goigs hannouna natura diversa: mentre i termini di origine castigliana riguardano quasi esclusivamenteil campo della religione e della chiesa e sono fissati dai dizionari, nonché presenti moltospesso anche nei dialetti sardi, i prestiti dall’italiano rappresentano uno strato moltodisordinato e hanno l’aspetto di inclusioni estranee che contaminano il sistema linguisticoalgherese. Dalla ricerca sulla fonetica e sulla grammatica dei goigs emergono dati checonfermano il carattere ibrido della lingua di questi componimenti e dimostrano la suagrande instabilità e l’abbondanza di varianti diverse delle stesse forme. Nelle conclusioni siintende ragionare sul rapporto tra la lingua dei goigs algheresi e il dialetto di Alghero ingenerale.