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Mentecritica.net - Speciale Donne: diritti mancati, (im)pari opportunità, racconti di vita... il mondo delle donne italiane.

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Cos'è Mente Critica

Un Web Log nasce per essere la condivisione sulla rete di un diario. Un diario è una cosa molto personale e condividerlo sulla rete planetaria è cosa rivoluzionaria.

Con queste pagine, i fondatori hanno voluto andare oltre la fase di condivisione di un diario in pubblico. Si è inteso creare un diario collettivo, dove le persone possano esprimere liberamente la loro opinione sulle questioni che, da cittadini, vivono continuamente.Rifuggendo l’idea che l’arena della politica sia quella sguaiata e spettacolare della televisione.

Questo è un foro pubblico dove l’unica regola è proporre le proprie opinioni con metodo civile e razionale. Non è importante trovarsi d’accordo, l’importante è ritrovare l’amore per la discussione garbata ed informata.

Qui non c’è spazio per urla, fondamentalismi e persone certe di quello che dicono.

Questo è il posto dove si incontrano persone che hanno dubbi, vogliono capire e trarre arricchimento dalle opinioni degli altri.

Se vi piace litigare andate altrove. Non mancano alternative.

E’ opinione dei fondatori che la più grande ricchezza di questo paese è sempre stata la cultura.

Lo scopo è evitare facili quanto inutili indottrinamenti favorendo la libertà di espressione di ognuno, garantendo sempre il rispetto per le opinioni altrui e cercando di dar vita al vero, costruttivo dialogo.

Solo in questo modo si può ritenere di possedere, sempre più, una mente critica, dove non esistono questioni di principio.

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Speciale DonneUn 8 Marzo fuori stagione

A chiacchiere l’altra metà del cielo. Nei fatti discriminate nei luoghi di lavoro ed oggetto di violenza in famiglia e in strada. Nonostante la costituzione, un ministero ad hoc e le quote rosa, nessuno può veramente dire che le donne di questo paese godano di diritti equivalenti a quelli degli uomini.

Nel preparare lo speciale e leggendo quanto ci arrivava, delle volte abbiamo sorriso, altre volte ci siamo arrabbiati e, altre ancora, sinceramente commossi. Alla fine ci siamo convinti che, come uomini, certi atteggiamenti sono ancora parte di noi ed è ancora lunga la strada da percorrere perché il cielo non sia più diviso in due metà.

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Le Donne Italiane Sono Disponibili Solo in Due ModelliPosted By redazione On 21 Gennaio, 2008 @ 12:00 In Cronache Italiane, Informazione, Democrazia e Diritti

[1] Articolo originale di Martin Penner pubblicato su Telegraph del 22/11/2007 tradotto da diabolicoMarco e Doxaliber

Tra le altre cose, mi ritengo un esperto di donne italiane. Questo non a causa delle mie virtù amorose, ma più che altro in quanto ho avuto la possibilità di studiare da vicino tre campioni rappresentativi: mia moglie, mia suocera e mia figlia.Ho guardato con orrore mia figlia di sette anni scimmiottare le sensuali ballerine che vede negli spettacoli della TV italiana; ho visto il modo in cui la madre di mia moglie si affaccenda intorno alla cucina come la classica mamma* italiana, e ho avuto innumerevoli “discussioni “con la mia consorte circa lavoro, affari domestici e lacca per i capelli.

In qualità di corrispondente da Roma ho anche avuto diverse opportunità di intervistare altre donne italiane, sia starlette che scienziati, e di scrivere articoli su di loro. Le donne italiane sono un tema affascinante, non assomigliano per niente alle inglesi. Viste attraverso gli occhi di un uomo di 41 anni come me, non sono né meglio né peggio, ma sono diverse.

Extravaganza della femminilità:la passerella di Milano simbolizza il desiderio delle

donne italiane di apparire ben vestite.

Sono molti gli aspetti che pongono le donne italiane come un caso a parte. Le statistiche dimostrano che hanno meno possibilità di lavoro, fanno meno figli, hanno una minore rappresentanza politica e lavorano molto di più in casa di quanto non facciano le loro controparti nel Regno Unito e nel resto d’Europa.Ma le donne italiane hanno anche una delle più alte aspettative di vita nell’UE, godono di un eccezionale livello di assistenza sanitaria e, a quanto riporta una recente indagine, fanno sesso più di chiunque altro.

Sono anche fra le donne più femminili, meglio vestite, meglio curate di tutto il mondo. Qualsiasi turista che arriva in Italia non può fare a meno di notare la quantità di tempo e l’impegno che le donne dedicano alla cura del loro aspetto. A volte il risultato è volgare, altre volte è sexy e talvolta è meraviglioso. Ma qualunque sia il prodotto finale, sorprende l’impegno. E per un giovane uomo britannico che arriva in Italia, l’effetto è sempre abbagliante.

Purtroppo, questo “obbligo alla bellezza”, è il sottoprodotto di diversi fattori che, sommati, portano ad una situazione del tutto simile ad una vera e propria oppressione. In tutti i modi possibili la società italiana trasmette alle donne il messaggio secondo cui, per avere un qualche valore, è obbligatorio apparire giovani e sexy. Ciò non sorprende se si considera che il paese è, ed è sempre stato, gestito dagli uomini.Le donne ricoprono soltanto il due per cento dei seggi nei consigli di amministrazione delle principali società italiane ed il 17 per cento dei seggi nel parlamento nazionale. E sono state ammesse al voto solo dal 1946.

Poi bisogna considerare l’enorme pressione da parte dei media. La televisione è piena di esili giovani donne in biancheria intima, il cui unico compito è quello di sorridere e dimenare i fianchi. Le poche donne con un vero e proprio ruolo, come

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la conduzione di un talk show o la lettura dei numeri vincenti della lotteria, possono uscire soltanto sfoggiando abiti da sera in stile hollywoodiano.

Il modello che viene imposto alle donne dalla TV ha probabilmente raggiunto la sua apoteosi nel corso del 1990 con una trasmissione di culto chiamata “Non è La Rai”. Il concetto, come per tutte le idee vincenti, era sfacciatamente semplice: far indossare gonne relativamente corte a circa 100 adolescenti e poi riunirle in uno studio

televisivo. Tutto qui. Il passo successivo era quello di accendere le telecamere e di trasmettere in diretta tutto quello che accadeva. L’unica accortezza necessaria era nella scelta dei cameraman, i quali dovevano essere allenati al punto da riuscire a sdraiarsi sul

pavimento in modo da poter offrire alla nazione una buona visuale delle cosce delle adolescenti danzanti.

E poi c’è la pubblicità. Ovunque gli inserzionisti sfruttano le immagini del corpo femminile. Ma in Italia tutto, dai rasoi ai telefoni, dalle vacanze alla colla, è pubblicizzato utilizzando i seni femminili. Sergio Rodriguez, direttore creativo dell’agenzia pubblicitaria Leo Burnett Italia, ha spiegato la situazione in una recente intervista con il Financial Times. Confrontando le tecniche pubblicitarie in Italia e nel Regno Unito, egli ha dichiarato che la differenza sta nel fatto che “in Italia, quando non è necessario utilizzare le donne, si utilizzano le donne”.

L’altro modello offerto alle donne di queste parti è, ovviamente, la mamma. Le italiane hanno sempre svolto bene il ruolo di madri ed i sondaggi mostrano che, anche oggi, praticamente tutte le giovani donne vogliono bambini. Ma naturalmente, per essere madre, bisogna trovare un uomo, ed una volta trovato un uomo bisogna tenerselo. In entrambi i casi l’approccio da seguire

è chiaro. Le opzioni sono: “super bambolona” o “madre astuta”.

In un paese dove le donne lottano per trovare un posto di lavoro (che poi perdono a causa della maternità), trovano poco spazio nella politica nazionale e comunque non raggiungono mai il vertice, resta ben poco da fare nella vita, fatta eccezione il cercare di apparire belle in ogni momento. “Fa parte della loro rassegnazione dovuta al fatto che non c’è alcuna possibilità di poter raggiungere altri obiettivi oltre a questo”, spiega Elisa Manna, una sociologa dell’Istituto di ricerca Censis. Aggiungete alla formula una miriade di stilisti di fama mondiale ed una società relativamente opulenta e avrete una “extravaganza di femminilità” che lascia i giovani inglesi in una situazione di velata confusione.

Per curiosità una volta ho ricercato il punto di vista di Mussolini sulle donne. In una intervista che egli rilasciò alla fine del 1920, dopo aver ricordato a tutti che il posto di una donna era “in casa”, aggiunse che l’altro compito delle donne era di quello di “aiutare l’uomo a dimenticare le sue tribolazioni e la sua fatica”.Egli fu inflessibile sulla necessità di tenere le donne ben lontane da qualsiasi questione rilevante. “Le donne sono un passatempo affascinante, quando un uomo ha il tempo da far passare ?.?.?. ma non dovrebbero mai essere prese sul serio, dal momento che loro stesse raramente si comportano seriamente”.Paragonando il suo punto di vista con quello che emerge dalla TV italiana e la pubblicità di oggi, fatico seriamente a scovare qualche progresso.

*(in italiano nel testo N.d.T.)

URLs in this post:[1] Articolo originale di Martin Penner pubblicato su Telegraph del 22/11/2007: http://www.telegraph.co.uk/global/main.jhtml?xml=/global/2007/11/22/italian-women.xml

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Voglio Riprendermi la Notte *Posted By Luna On 21 Gennaio, 2008 @ 18:00 In Vere Donne, Democrazia e Diritti, Storia e Memoria |

Prendo spunto da una frase del messaggio con il quale è stato lanciato questo speciale di MenteCritica per avviare la mia riflessione.

“Come uomini abbiamo fatto molti errori, leggere di voi sarà un modo per capire e migliorare…”

Volete “leggere di noi”. Leggere le donne. (Ho timore di sbagliare accento e trasformare un verbo in un aggettivo, “leggère“, che ha “condizionato” la nostra vita). Cosa volete che vi scriviamo, cosa dobbiamo raccontare, dire più di quanto è stato già detto? Più di quello che sapete già?

La “[2] dichiarazione dei diritti umani” parla di noi. Quattro [3] conferenze mondiali sulle donne, negli ultimi 30 anni (da città del messico 1975 a pechino 1995) e le “sessioni speciali dell’Assemblea Generale” (i cosiddetti +5) hanno ribadito e scritto nel tempo:“La differenza tra uomini e donne nella società, anziché essere strumento di subalternità, deve diventare una importante fonte di cambiamento”“La violenza perpetrata nei confronti delle donne ha prodotto come effetto il “potere degli uomini” e la conseguente discriminazione che le donne hanno patito, ha rallentato lo sviluppo dell’autonomia femminile..” (Pechino art.18).Esistono, inoltre, numerosi documenti ufficiali in cui vengono menzionate le violenze e le discriminazioni che hanno come soggetto le donne.

Può bastare?

Potrei sottolineare che, nonostante le conferenze, i dibattiti, il riconoscimento di “colpe”, la violazione dei diritti delle donne continua ad essere all’ordine del giorno. In alcuni Paesi poveri si traduce in vera e propria “eliminazione fisica”! Di quali altre notizie avete bisogno?

Del peso in grammi del burqa?

Della soglia del dolore delle ragazzine costrette alla infibulazione?

Tradurre in parole l’orrore ed il dolore delle donne afghane, trattate come bottino di guerra, costrette a subire una violenza che in seguito verrà “condonata”, giustificata in quanto considerata “utile” per fiaccare il nemico e ricompensare i miliziani?

Il conteggio delle telefonate e denunce fatte da Maria (nome inventato) alla polizia prima di essere “uccisa a botte” dal marito geloso?

In questo 8 Marzo fuori stagione non ho nulla da dire.

Ho qualcosa da chiedere: cambiare, cambiare, cambiaTe

“Niente mimose ragazze.”

Peccato, è il mio fiore preferito!

* “Voglio Riprendermi la Notte” fu uno slogan femminista dopo [4] il massacro del Circeo

URLs in this post:[2] dichiarazione dei diritti umani: http://boes.org/un/itahr-b.html[3] conferenze mondiali sulle donne: http://www.paceediritti.it/wcm/pace_diritti/sezioni/Pubblicazioni_documentazione/vertici/Pechino95.htm[4] il massacro del Circeo: http://it.wikipedia.org/wiki/Massacro_del_Circeo

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Donna, Partorirai Con Dolore, e io me ne Arricchirò. Lo Scandalo del Parto CesareoPosted By GoldFish On 22 Gennaio, 2008 @ 13:30 In Cronache Italiane, Vere Donne |

Stamattina mi sento stanca e nervosa. Mi gira la testa. L’autobus è pieno e divento ancora più tesa. Fortunatamente, si libera un posto a sedere. Di fronte a me c’è una bimba di circa 10 anni accompagnata, forse, dalla zia. La piccola è agitata e sta raccontando qualcosa, ma la zia è tranquilla e la guarda con l’ammirazione. Sta parlando della sua passione, del suo sogno - diventare medico. Dice che la vista del sangue non le fa nessuna impressione e che vuole operare le persone per salvare le vite. Si lamenta del fatto che sua madre le impedisca di guardare il suo telefilm preferito: [1] Dr.House .

“Che devo fare“, dice la piccola,”tutti quegli stupidi cartoni per neonati non mi piacciono!” Le persone, che riescono a sentire la bimba, sorridono. Qualcuno incomincia a scherzare con la futura “dottoressa” facendole delle domande. Io, invece, divento triste. Sto cercando di immaginare in quale momento della vita di questa bambina, per quale misteriosa circostanza, tutta questa passione possa svanire e dare origine alla completa indifferenza ed alla ricerca esclusiva del guadagno.

E’ da tempo che penso che il mio rapporto con i medici sia una delle battaglie della mia guerra quotidiana e che, ormai, non riesco a convincermi che abbiano sempre a cuore i loro pazienti.

E’ brutto pensare queste cose dei medici.

Specialmente ora che dentro di me batte il cuoricino di un cucciolo di 15 millimetri. Sono spaventata. Fino a qualche giorno fa ero completamente felice. Ero felice di lasciare dietro di me, di dimenticare, almeno per un po’, la feroce ed interminabile guerra contro[2] il contratto a progetto e godermi questa magica e dolcissima sensazione. Ero felice finché non ho scoperto di essere una merce preziosa per il mio ginecologo. No, non voglio parlare dei costosissimi e molto ravvicinati monitoraggi. A questo ero già preparata. Vorrei parlare del [3] business dei parti cesarei.

Ho atteso ben 5 lunghi anni pieni di dolore e ansia per vedere finalmente quella magica striscetta sul test di gravidanza. Ammetto che, per scaramanzia, non ho mai letto nulla sulla gravidanza e parto. Per questo mi sono sentita un’egoista quando ho percepito dentro di me il rifiuto per il parto cesareo quasi impostomi dal mio ginecologo senza che, almeno per ora, ce ne sia un’effettiva necessità.“Signora, lo sa che il suo bambino è prezioso, non dobbiamo rischiare. Il parto naturale è molto doloroso per lei e pericoloso per il bimbo, dobbiamo programmare tutto“, ha spiegato lui.Mi sono sentita quasi un’infanticida e i sensi di colpa per il fatto di desiderare un parto naturale non mi facevano dormire di notte. Allora, ho deciso di fare una ricerca ed i risultati mi hanno letteralmente sconvolta.

Vi do subito un dato. Guardate questa tabella relativa ai parti cesarei nella regione Lazio nel 2003. Le prime dieci posizioni della classifica sono

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occupate da strutture private non accreditate con il servizio sanitario nazionale con percentuali di tagli cesarei che vanno dal 78,1% della prima posizione fino al 56,8% della decima.

La versione integrale della tabella 2003 [4] è disponibile qui.

I tagli cesarei aumentano drasticamente tre anni dopo, nel 2006, quando, osservando la tabella per quell’anno, si osserva che nelle prime dieci posizioni ci sono ancora dieci case di cura private, ma con percentuali che adesso vanno dall’86,9% della prima fino al 65,3% della decima.

La versione integrale della tabella 2006 [5] è disponibile qui.

In certe strutture nove parti su dieci sono cesarei. Cosa c’è che non va nel parto naturale? Un parto naturale è doloroso e stressante sia per la donna che per il bambino. Ma è anche un atto magico, durante il quale si diventa “madre”. E’ un atto naturale e la natura non sbaglia mai. Per questo [6] moltissime donne lo desiderano, nonostante la paura del dolore. Fra una mamma ed un figlio,

partorito naturalmente, si instaura subito un rapporto speciale. Un rapporto di profonda intimità. Questa sensazione può, invece, mancare con il parto cesareo. Le donne che lo hanno subito si sentono spesso frustrate e non appagate. Molte di loro sono soggette a depressione. Inoltre, secondo [7] MariLia Zappalà, redattrice di “Donna & Donna, Il giornale delle Ostetriche“.

“il dolore che non si prova durante il travaglio per via dell’anestesia, si prova tutto dopo, come in ogni intervento chirurgico. C’è sofferenza nel movimento, c’è sofferenza per la ripresa delle normali funzioni fisiologiche, c’è sofferenza nel tenere in braccio il bambino per allattarlo. La mobilità, la vitalità, la salute della neomamma sono fortemente limitate dalla presenza di una ferita chirurgica che necessita di cure mediche. C’è inoltre una sofferenza interiore per la perdita di un’esperienza naturale, per non aver partorito con le proprie forze.” ([8] fonte).

Invece che ne “pensa” il diretto interessato, il bambino? Sempre secondo la Zappalà:

“Le condizioni che si verificano durante il travaglio naturale sono infatti benefiche per il bambino sia sul piano respiratorio e termico che su quello comportamentale e relazionale. Il travaglio di parto infatti scatena l’attivazione di tutta una serie di ormoni nella partoriente e nel bambino (catecolamine, endorfine, ossitocina) che agiscono come un’orchestra per armonizzare le funzioni del neonato alla nuova realtà… L’adattamento del neonato è più difficile quando la nascita avviene con taglio cesareo, soprattutto se è un cesareo di elezione, cioè non attuato d’urgenza a travaglio iniziato, ma programmato.” ([9] fonte).

Attenzione, ovviamente non mi riferisco ai casi nei quali vi sono problemi veramente patologici che richiedono il parto cesareo (e che sono statisticamente non più del 10-15%, fonte [10] Ministero della Salute). Non esiterei nemmeno un secondo e farei il parto cesareo se dovesse presentarsi anche un minimo rischio per la salute del bambino. Inoltre, rispetto e capisco le donne che hanno scelto il parto cesareo per problemi di natura psicologica o per la paura del dolore.

Allora cosa sta succedendo? Per quale motivo si suggerisce con tanta superficialità il parto cesareo anche quando non ne sussistono necessariamente

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le condizioni? A quanto pare l’atteggiamento poco professionale del mio ginecologo è condiviso da molti suoi colleghi. Infatti l’Italia ha il trend di crescita di nascite per parto cesareo [11] più elevato dei paesi occidentali.

“nel corso degli anni si assiste ad un aumento della frequenza relativa di tale procedura chirurgica, con valori nettamente superiori a quanto rilevato in altri paesi sviluppati e che ci pongono tra le nazioni a maggior frequenza di tagli cesarei. L’aumento è dovuto principalmente ad alcune regioni ad altissima frequenza di taglio cesareo, tra le quali la Campania (dato 2000 pari al 53%), la Sicilia (42,5%), la Puglia (40,6%), la Basilicata (40,8%).”

40-53% contro 10-15% che, statisticamente, risultano effettivamente necessari!

Spicca clamoroso il dato della Campania:

“Nelle regioni con maggior frequenza di parto cesareo si osservano valori percentuali più elevati nelle strutture private (accreditate e non) che in quelle pubbliche. Per quanto riguarda le strutture private accreditate un caso particolarmente critico è costituito da quelle operanti nella regione Campania, che effettuano il 57% di tutti i tagli cesarei effettuati dalle strutture private accreditate italiane, a fronte di una percentuale delle nascite in tale regione pari al 12,6% del dato complessivo italiano.”

[12] Documento in formato word scaricabile dal sito del Ministero della Salute (36 KB)

A quanto pare, non è nemmeno certo che il parto cesareo sia più sicuro:

“Analizzando però i dati delle SDO (schede di dismissione ospedaliera), si può vedere che regioni con un tasso medio di cesarei più basso della media nazionale hanno bassa mortalità perinatale e morbilità neonatale ed invece regioni con alto tasso di cesarei hanno un’alta mortalità perinatale e morbosità neonatale e che quindi [13] non sembrano esserci vantaggi in termini di esiti neonatali. A questo si aggiunge la consapevolezza che i tagli cesarei moltiplicano per 4 (se non addirittura per 8 ) il rischio di morte per una donna, e che l’intervento chirurgico ha un costo economico per il servizio pubblico non indifferente.Inoltre, c’è da segnalare un’elevata medicalizzazione, [14] l’enorme numero di esami che vengono applicati soprattutto nell’ultima parte della gravidanza. “([15] fonte)

Ho tratto delle mie conclusioni personali. Non credo che il problema principale sia quello evidenziato dall’autore dell’articolo che sto citando. Lo riporto per completezza:

“Il problema maggiore nel nostro paese è il sostegno agli operatori: oggi abbiamo nelle nostre sale parto una generazione di medici educati a risolvere ogni problema con un taglio cesareo ma che poco conosce delle manovre ostetriche, ma anche della fisiologia ostetrica e che ha poco rispetto degli aspetti emozionali della nascita; e riaddestrare questo personale sembra essere un’operazione molto complicata. In quest’ottica, l’idea che mi sono fatto è che da noi molti cesarei siano preventivi, per evitare cioè il rischio di trovarsi nella vera emergenza ostetrica a cui non si sarebbe in grado di rispondere.”

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Può darsi che abbia ragione, ma, per me, la spiegazione è altrove. Ci sono sempre i famosi interessi economici in mezzo:

1. Immagino che programmando il parto cesareo, un centro privato può seguire (leggi: “guadagnare su”) più gravidanze rispetto a quanto potrebbe fare se la quota di parti naturali fosse rispettata. Non c’è rischio che all’improvviso si presenti una partoriente con le doglie per la quale si deve organizzare urgentemente la sala parto o, se è necessario, la sala operatoria. Diventa una specie di catena di montaggio. Non ci sono più emergenze.

2. Il parto cesareo può arrivare a costare circa 5 volte i più rispetto a quello naturale. Ovviamente, se la clinica è convenzionata, il costo ricade integralmente sul servizio sanitario nazionale.

Si potrebbe pensare che qualcuno cerca di trarre profitto dai nostri sensi di colpa e dalle nostre paure. Come se ci dicessero: “Va bene, partorite naturalmente, ma sarete responsabili voi se qualcosa va storto“.

Allora, dove finisce quella passione? Quella passione che dovrebbe fare dei miracoli! Far nascere un bambino è il miracolo più grande al quale può contribuire ed assistere un medico. Se anche in questo c’è il calcolo e la freddezza, allora come possiamo fidarci degli altri medici, pediatri, cardiologi, geriatri che ci dovrebbero accompagnare nel corso della nostra vita?

La bambina e la zia sono scese. L’atmosfera nell’autobus è tornata alla normalità. Il sorriso sul volti è stato sostituito dalla espressione che abbiamo tutti quando affrontiamo le nostre battaglie quotidiane. Quella specie di guerra civile dove nemmeno il medico può essere considerato un alleato.

URLs in this post:

[1] Dr.House: http://it.wikipedia.org/wiki/Dr._House_-_Medical_Division[2] il contratto a progetto: http://www.mentecritica.net/la-sottile-linea-rossa/il-futuro-e-nei-giovani/dellefragilicose/1579/[3] business dei parti cesarei: http://www.provincia.grosseto.it/pariopportunita/news.php?bookmark=8&id=259[4] è disponibile qui: http://www.vitadidonna.it/sanitapubblica_000087.html[5] è disponibile qui: http://www.vitadidonna.it/sanitapubblica_000096.html[6] moltissime donne lo desiderano: http://www.kwsalute.kataweb.it/Notizia/0,1044,4700,00.html[7] MariLia Zappalà: http://guide.dada.net/nascita/biografia.shtml[8] fonte: http://guide.dada.net/nascita/interventi/2002/02/95844.shtml[9] fonte: http://guide.dada.net/nascita/interventi/2002/02/95795.shtml[10] Ministero della Salute: http://www.ministerosalute.it/dettaglio/pdPrimoPiano.jsp?id=193&sub=5&lang=it[11] più elevato dei paesi occidentali: http://www.ministerosalute.it/dettaglio/dettaglioNews.jsp?id=261[12] Documento in formato word scaricabile dal sito del Ministero della Salute: http://www.ministerosalute.it/programmazione/resources/documenti/sdo/Studio_tagli_cesarei.doc[13] non sembrano esserci vantaggi: http://www.odv.bo.it/2002-2/speciale-02.php[14] l’enorme numero di esami: http://www.istat.it/Aproserv/noved/gravidanza/volume.pdf[15] fonte: http://www.epicentro.iss.it/archivio/27-6-2002/cesarei.htm

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Da Dove Cominciare per un’UguaglianzaPosted By Lisa Vitolo On 22 Gennaio, 2008 @ 19:30 In Vere Donne, Democrazia e Diritti |

Ho letto con molto interesse, pochi minuti fa, [1] la proposta di istituire una giornata per le donne vittime di violenza. E’ una bellissima iniziativa, ma purtroppo il problema è già conosciuto. Immagino già come andrà a finire: cercheranno qualche nuovo fiore simbolico da regalare a noi donne, riceveremo molti auguri, tanti esperti o (molto più spesso) presunti tali parleranno seduti sulle poltrone degli studi televisivi. Purtroppo il vero obiettivo da raggiungere è un intero rifacimento della nostra cultura.

Non voglio spostarmi in altri continenti del mondo dove le culture e le situazioni sociali sono totalmente differenti, rimaniamo pure nel mondo occidentale.Come spiegavo prima, è la mentalità di base a presentare delle lacune, e l’abbiamo tutti noi occidentali perchè tutti

deriviamo da una cultura simile, e spesso nemmeno ci accorgiamo di ciò. Una larga fetta della popolazione è ancora internamente convinta che il compito della donna nella società sia sposarsi, fare molti figli, essere un buon angelo del focolare…e se ci scappa un pugno o uno stupro ogni tanto da parte del marito o del passante, sono cose che capitano. Anzi, in caso di gravidanze improvvise causa stupro, fino a poco tempo fa era la donna a perdere “l’onore” e ad essere etichettata come una poco di buono. Come se fosse colpa sua. Davanti a tutto questo, noi donne nel corso dei secoli abbiamo sempre assunto un atteggiamento piuttosto passivo. Perché?

Qui passiamo al secondo problema. Penso sia inutile che io mi dilunghi sull’ingiustizia delle violenze sessuali/psicologiche che molte donne subiscono per strada o nelle proprie famiglie. O sulla violenza e sulle personalità distorte degli uomini che commettono ciò. è sotto gli occhi di tutti, tranne forse di questi ultimi. Vorrei invece focalizzarmi su un altro punto: noi donne.

Ragazze, basta. Basta considerare giusto quello che ci viene insegnato ovunque: che in fondo il nostro compito è di cucinare e di servire il caro marito, di sopportare passivamente le sue violenze, e che se vogliamo fare successo nella vita requisiti essenziali sono perizoma e reggiseno, preferibilmente non accompagnati da altri capi d’abbigliamento.

Sono una grande appassionata di musica, e devo dire che stimo molto le ragazze che si presentano su un palcoscenico o nei video musicali con jeans e magliette: gridano al mondo che per essere brave e fare successo non c’è bisogno di mostrare generose forme e agitarle in giro. Vorrei fosse vero. Non mi importa di quanto sia “morale” un seno in mostra, ognuna è libera di fare come vuole, ma perché dobbiamo svenderci così? E far credere agli uomini che in fondo siamo lì solo per farci guardare? Gli uomini continueranno a dire “quella è proprio una … [inserire epiteto a piacere]” ma sotto sotto un’occhiata la daranno.

E’ un’ingiustizia che ci portiamo avanti da secoli: in fondo, non ci hanno insegnato al catechismo che la donna è tentatrice? Ci crediamo ancora. Ho parlato con molte ragazze che considerano giustissimo che le donne non possano dire una messa. Quando inizio a discutere di queste tematiche in genere ricevo commenti del tipo “uh una femminista!”.Con questo non insinuo che la colpa sia esclusivamente nostra perché non lo è affatto, ma come diceva un filosofo “Per cambiare il mondo

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bisogna prima cambiare se stessi”. Per modificare la società ancora maschilista e piena di pregiudizi in una equa, per mettere a tacere quegli uomini che ancora si credono superiori, il primo passo deve venire da noi. Non è impossibile. Ci possiamo riuscire solo se ne siamo tutte convinte.

URLs in this post:[1] la proposta di istituire una giornata per le donne vittime di violenza: http://www.mentecritica.net/un-giorno-per-le-donne-vittime-di-violenza/oltre-le-righe/franca-colonna/1767/

Donne: Le Vere Maschiliste Siamo NoiPosted By Anima Sola On 23 Gennaio, 2008 @ 14:00 In Oltre le Righe, Vere Donne, Democrazia e Diritti |

Premetto un punto essenziale: io ho sofferto in prima persona violenza ed abusi in famiglia ed anche fuori. L’esperienza dolorosamente vissuta fin nella più intima fibra ha orientato le mie scelte professionali e personali.Così, se esprimo opinioni al riguardo,

lo faccio perchè so che cosa significhino certe esperienze in quanto le ho vissute sulla mia pelle, in tutti i sensi.

Qualche tempo fa a Roma [1] centomila donne hanno sfilato per protestare e richiamare l’attenzione sulla violenza di cui la Donna è fatta oggetto tanto nel privato quanto nel pubblico senza distinzione di contesto sociale e culturale. Poteva essere un momento molto forte di aggregazione e riconoscimento, ma non lo è stato. Mi ha fatto realmente sanguinare nell’intimo venire a sapere che donne impegnate in politica sono state allontanate da un corteo che in virtù dei valori che propugnava le avrebbe dovute accogliere a braccia aperte.

Prima di tutto, se veramente si vogliono indossare i panni della tolleranza chiunque andava accettato, sarebbe stato anche un’ulteriore dimostrazione che il problema è realmente “sentito” da tanti, anche se ad esempio uomini. E poi perché prendersela con donne impegnate in politica? Loro meritano tutto il rispetto per varie ragioni. Come ha chiaramente dichiarato Miriam Mafai la politica riguarda tutti noi e se si vuole una legge diversa in tema di violenza sulle donne, bisogna per forza di cose coinvolgersi con chi è impegnato nella vita politica in modo attivo. Inoltre, ritengo che indipendentemente dal partito, una donna che si impegna in attività politica meriti rispetto ed apprezzamento, perché non è certo facile ed agevole affermarsi in un ambiente simile.

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Mi è venuta in mente una frase di un film della serie di Don Camillo e Peppone. A chi si preoccupava con Don Camillo del fatto che nella sezione comunista di Brescello era stata inviata una donna ad organizzare la sezione femminile, il sacerdote rispondeva “Al massimo disorganizzerà la sezione maschile. E poi non c’è da preoccuparsi è dai tempi di Noè che qualcuno cerca di organizzare le donne e non c’è mai riuscito”. Forse, su certe frasi dovremmo riflettere un po’ a lungo. L’episodio increscioso della manifestazione è la triste riprova di osservazioni tanto ciniche.

Capisco la Rabbia, il sentimento di disperazione e di frustrazione, ma non è con l’odio che si troveranno risposte e soluzioni. Prima di tutto ciò che come donne possiamo e dobbiamo fare è interrogarci su noi stesse, su ciò in cui ci riconosciamo, sull’identità culturale e sociale. Esiste una branca della Psicologia la Vittimologia di cui sentiamo parlare spesso in riferimento ad eventi criminali. La Vittimologia -orrenda parola- cerca di tracciare il ritratto psicologico delle persone oggetto di un evento criminale, violento quindi. Noi Donne ad un livello collettivo, ma soprattutto personale dobbiamo chiederci le ragioni per cui ciò capita. Esiste un’identità culturale che ci educa a viverci in un determinato modo, percepirci in una determinata ottica. Siamo noi Donne le prime a doverci liberare da determinati schemi culturali e sociali. E’ troppo semplice addossare le “colpe” agli uomini violenti, alle leggi latitanti… Dobbiamo crescere dentro ognuna di noi senza distinzione di cultura e provenienza sociale.

Cosa intendo dire? Certamente parole non troppo simpatiche per alcune. Prima di tutto: ogni maschilista ha una madre che lo ha educato in tal senso. Non più tardi di ieri ho ascoltato per un’ora il triste racconto di una giovane sposa che a soli 4 mesi dal matrimonio è in crisi perchè il marito si comporta da “macho” con il beneplacito della di lui madre, nonché suocera della paziente. Ovviamente la frase difensiva della paziente era :”Speravo che lui cambiasse”. Merita soffermarci un attimo su questa frase, frutto di una visione culturale secondo la quale, la donna “può cambiare” il bruto o l’imbecille di turno con il suo amore. Finché una donna crederà di “cambiare” un uomo non farà altro che ripetere uno schema culturale partorito nel contesto della mentalità della donna intesa come angelo del focolare, operatrice famigliare stile crocerossina, benefattrice dell’umanità e via dicendo.

La vita di coppia dovrebbe essere gioia di condivisione, non palestra per esercizi di salvataggio. Quindi, da una parte l’ingenua convinzione della vittima di turno di poter cambiare il maschilista spalleggiato da una donna che è esponente di quel numeroso gruppo di donne che hanno aderito in pieno alla mentalità patriarcale. Gli schiaffi volano con il consenso della suocera. E non credete sia un caso isolato. Per fortuna molte giovani donne reagiscono, ma tante subiscono nel silenzio delle case. Non illudiamoci, il fenomeno non riguarda solo donne di una certa età, purtroppo interessa anche persone più giovani. Posso citare vari esempi, uno che mi ha “sconvolta” profondamente.

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Una vignetta non umoristica. Avevo in terapia un adolescente che finalmente aveva incontrato una coetanea con cui iniziare una relazione affettiva (età 16 anni). Io mi complimentai all’annuncio fattomi in presenza della madre, che intervenne commentando “Sono contenta perché è una ragazzina seria: non porta la minigonna, non mostra l’ombelico. Non è una… come tutte le altre. Io sono contenta di avere un maschio almeno non mi resta incinta… tutte scostumate le ragazzine di oggi” La madre del mio paziente ha 38 anni.

E’ chiaramente condizionata dalla mentalità maschilista e patriarcale che ci illudiamo, almeno io ho sperato, fosse andata in cantina. Ma, come può andare nel sottosuolo un modo di pensare a cui in modo più o meno inconsapevole molte donne continuano a riconoscersi e peggio ancora identificarsi? Purtroppo, quando si affronta il discorso dell’identità della donna bisogna sempre rendersi consapevoli che ci si deve rendere coscienti e consapevoli della svalutazione culturale di cui tutte siamo partecipi. Se vogliamo realmente crescere bisogna che ognuna di noi a titolo personale prenda coscienza dei “limiti” culturali in cui ci ritroviamo a vivere.Ora, le parole fanno sempre un bell’effetto, andiamo sul pratico perché bisogna anche

spiegare con esempi concreti ciò di cui si sta parlando.

Altra vignetta non umoristica. “Dottoressa, lo so che mi ha aiutata tanto, Certamente, lei è migliore di tanti suoi colleghi uomini, ma vede lei è una donna e non posso darle fiducia, né so ringraziarla”. Simpatica frase detta da una donna che era stata sodomizzata da un medico durante una visita specialistica. L’edificante discorsetto mi fu rivolto davanti al giudice istruttore e servì a spiegare per quale ragione l’interessata mi ricusava come CTU proposto dalla Procura. Io non mi sono stupita più di tanto, perché ho capito l’atteggiamento mentale dell’interessata. Era una donna che nutriva un profondo disprezzo per tutte le donne a cominciare da se stessa. Triste risultato di uno schema educativo per cui la competenza e l’aiuto se vengono da una donna non hanno lo stesso valore di quello di un uomo.

Altra vignetta non umoristica. “Mio fratello (noto anticlericale) ha fatto bene ora che è rimasto vedovo, a mettere le figlie in collegio dalle suore. Almeno, con una buona educazione religiosa le terranno a freno, perché si sa bene che noi donne se non c’insegnano un po’ di timor di Dio siamo tutte p…” Frase di sublime orrore pronunciata da signora quarantenne sorella di uomo politico noto per il suo ateismo ed anticlericalismo, negli anni 60 fautore del libero amore (quello praticato dalle altre di certo non dalla sorella o dalle figlie). Qui, è evidente il concetto che le donne sono “naturalmente immorali” e che devono essere educate in modo religioso per imbrigliare le loro tendenze pericolose. La stessa condotta negli uomini è incoraggiata ed apprezzata, spesso anche dalle loro madri.

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Altra vignetta non umoristica, molto truce.“Dottoressa, lo dica a mia madre di tornare con papà. E’ vero lui l’ha spedita varie volte al pronto soccorso con fratture e lesioni perché la picchia, ma è solo per amore. Sa ieri il mio papà piangeva, non lo posso sopportare. Certo che anche mia madre ha pianto tanto, ma cosa vuole una figlia ha bisogno di un padre. Io posso veder piangere mia madre, tanto ci è abituata, ma il mio papà no, e poi no”. Quando mi sento dire che una donna deve sopportare tutto per amore dei figli, io racconto questo episodio. Una donna che subisce violenza dal marito ottiene dai figli soltanto disprezzo, i maschi spesso lo mascherano con la così detta pietà, le femmine con il disprezzo perché ognuna vorrebbe identificarsi con un modello diverso di madre.

Purtroppo, le vignette riportate non risalgono a decenni fa’, sono attuali e non sono inventate.Ci hanno dato una pseudoemancipazione che è comoda solo per certi modelli che piacciono ai maschilisti. Rendiamoci conto che non è importante poter svolgere certi lavori, ad esempio indossare l’uniforme militare, ma libere di essere Persone in una società dove l’essere maschi o femmine non costituisca una diversità culturale. Il discorso è molto complesso e non lo si può certo concludere in poche battute. Il dibattito è aperto, apertissimo, ma senza faziosità di parte, liberarci da questo sarebbe già un primo passo verso un interloquire costruttivo.

Immagini tratte da DeviantArt.com

URLs in this post: [1] centomila donne hanno sfilato: http://www.corriere.it/cronache/07_novembre_24/violenza_donne_corteo_8f6a15d2-9a87-11dc-a3e4-0003ba99c53b.shtml

XX & XYPosted By Assunta Altieri On 23 Gennaio, 2008 @ 18:00 In Oltre le Righe, Vere Donne |

Le dieci e mezza di sera. In estate è ancora presto per tornare a casa, anche se hai quindici anni. Soprattutto se abiti in una città di mare. Sulla riviera Nord, quella che da Pescara porta a Montesilvano, dall’Orsa Maggiore in poi, ché prima ci stanno solo famigliole che

leccano gelati e inseguono bambini su minuscole bici colorate, le vedi. Hanno la pelle abbronzata, indossano minigonne e magliettine aderenti. Sono belle, fresche, luccicanti sopra e sotto il make up. In vetrina, ma non sono puttane. Le puttane stanno dall’altro lato della strada. Hanno la stessa età, sono vestite allo stesso modo, ma stanno dall’altra parte della strada.

Sul lungomare, scivoloso per la sabbia portata dai bagnanti, loro sculettano spensierate. Non sono puttane: sono adolescenti. Giocano con la malizia che hanno appena imparato e stanno assaporando il loro essere femmine. Come cuccioli di felino che celano nel gioco il loro futuro di predatori, sperimentano la sensualità. Con la stessa naturalezza dei cuccioli di felino, lottano istintivamente. Quindici anni e sulle spalle il peso del [1] nuovo perbenismo che le etichetta, senza ascoltarle, come vuote veline denudate di ogni moralità e intelligenza. Poco importa che, a scuola, siano le più brave, le più attente, le più coinvolte, le più attive, le più propositive. Sono solo piccole femmine che suscitano desideri e istinti irrefrenabili.

Irrefrenabili per chi? Forse vale la pena domandarselo. Per il nuovo maschio? No, perché non c’è un nuovo maschio. Questo è il problema: le donne cambiano, tentano di cambiare, ma i maschi restano quelli di sempre, anche quando apparecchiano la tavola e vanno a prendere i figli a scuola; lo fanno per sentirsi, e sentirsi definiti, evoluti e moderni, non perché sentano di far parte di uno stesso sistema.

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È solidarietà ma non è coscienza.

Quando lo dico e quando lo scrivo sono, prima e più dei maschi, le femmine a ribellarsi. Non sono tutti uguali, non il mio uomo! E invece sì, care persone che avete il mio stesso intreccio di cromosomi. Sono esattamente come gli altri. Un po’ più furbi, ma come gli altri. E non pensiate di averne educato almeno uno. Lui, il vostro lui, si è semplicemente adattato. E siate certe che, quando incrociando le adolescenti-veline, esclamerà: “Che fine ha fatto il femminismo?”, intenderà semplicemente sottintendere che, lui, quelle adolescenti se le farebbe eccome, ma non è colpa sua ché è maschio e quindi gli tira, è colpa loro e del loro essere svestite e provocanti. Ma com’è, care persone con una y in più e una x in meno, non lo sapete forse com’è fatta una femmina? Com’è che a vederla nuda vi bolle il sangue e vi si rizza? Culi e tette ce n’è in abbondanza, in ogni dove, eppure non smettete di cercarli: sulle riviste patinate lucide, in televisione, sul web, sui seipertre e sul lungomare. È da quando esistiamo che siamo fatti così: voi il grillo e noi la passera. Eppure!

Care donne che vi ribellate all’ovvio, guardate attentamente e capirete che non lo avete affatto educato il vostro lui. Al contrario, lui ha educato voi a considerarvi diversa, al di sopra delle puttanelle. Vi ha assorbite nel suo credo e rese cieche di fronte all’evidenza. Vi ha regalato il sogno dell’uguaglianza e voi lo ripagate a caro prezzo perché ci rimettete in dignità.Com’è che un architetto è un architetto se i suoi

cromosomi sono xy, ed è un “architetto donna” se i suoi cromosomi sono xx? Com’è che uno scrittore è uno scrittore e una scrittrice deve spiegare perché scrive? Com’è che un uomo è pragmatico e una donna [2] ha il pragmatismo di un uomo? Com’è che l’uomo è virile e la donna è puttana? Com’è che (nella maggioranza dei casi) a morire da stronzi gli uomini ci vanno in guerra e per spacconaggine e [3] le donne per violenza subita dagli uomini? Sono le [4] statistiche a parlare. Sono i fatti. E i fatti, ancora oggi, inducono a dover [5] dare spiegazioni che dovrebbero stare ficcate nella testa di tutti (senza distinzione di x e di y) sin dai primi secondi di vita.

Com’è che ridete compiaciuti della perspicace intuizione di Oliviero Toscani (mi pare) per cui i tacchi a spillo sono, nell’immaginario collettivo, inversamente proporzionali all’intelligenza?

Finché l’ovvio si scontrerà con l’ignoranza, sarà necessario parlarne. Ignoranza che, spesso, non è degli uomini ma delle donne. Fino a quando, care xx, non avrete chiara l’opportunità di costruire e resterete legate a schemi mentali vecchi quanto il mondo e vi vedrete come “parte completante di un uomo”, non ci sarà nuova storia. Ma è anche degli uomini, ancorati a una visione di superiorità che sembra scritta nel DNA (ma così non è).

Personalmente mi preoccuperei più del tessuto sociale-lavorativo che delle donne nude in televisione che tu, caro xy che in questo momento storci il naso di fronte a ciò che scrivo, vai a guardare, e io, invece, ignoro perché sono ben altri i miei obiettivi. La dignità sta nella testa e non nelle mutande.

Una riflessione parallela s’impone: dove è scritto

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che sia vietato a una donna mostrare il proprio corpo? In quale cultura se non in quella puramente maschilista (che non è solo degli uomini)? La donna non è “cosa vostra”, da ammantare ed esibire a piacimento, da coccolare e sgridare, da lodare per virtù che voi le avete attribuito e ricondurre sulla retta via. Con quale diritto si sancisce che non sia “buon costume”? Con quello canonico che prima fa della donna la bestia dell’uomo e poi l’innalza a vergine eterna? Con quello laico (se di laicità potremo mai parlare senza ipocrisia nel nostro Paese) che riconosce diritti mantenendo il potere nelle mani degli uomini? Con quello naturalistico che sancisce una femminilità cucita addosso alle donne e dalla quale queste non riescono a distaccarsi (per stupidità o falsa interpretazione del concetto di femminilità, molto spesso)? Con quale diritto?

Dov’è esattamente l’errore? Io ce l’ho un’idea, ma vorrei il tuo punto di vista, di te che pensi “Sei stata sfortunata, hai conosciuto solo farabutti!”, di te ché mi pari così determinato a confondere la logica statistica con la banalità del luogo comune del “non siamo tutti uguali” che si cela, neppure troppo velatamente, in quell’invito a considerare il parco maschi conosciuto. Personalmente lo leggo come una difesa: ehi, donnicciole che vaneggiate, io non sono così! E come sei tu? Come sei tu che giudichi e ti scandalizzi di fronte a quello zapping che evidentemente non ti lascia indifferente. Come sei tu? Non stai forse attribuendo alle donne la “perdita di valori”? Quali valori, poi!

Quindi, gentilissimo xy, scendi dal piedistallo perché a differenza di te a me non mi scandalizza un corpo nudo. Spesso tiri in ballo la logica [condivido l’abbozzo di tentativo razionalizzante] ma poi cadi nel già sentito che puzza di stantio. E

se ritieni ch’io debba ammantarmi per essere donna, ti rispondo che non me ne frega essere donna come tu vuoi.

A me interessa essere persona capace di pensare, produttiva, sufficiente a me stessa, in grado di dare da vivere alla mia prole che non sarei disposta a sacrificare sull’altare se chiamata da un qualunque dio, ché non c’ho da dimostrare di poterne fare a meno. Quello è già diritto conquistato. Non ho bisogno di un dio.

A me non me ne frega nulla della femminilità come tu la intendi, io sono avanti già di qualche miglio [non è tanto, ma è qualche centimetro conquistato con la fatica del mio lavoro e del mio pensare e ne vado fiera]. Non ho tempo per la tua - probabilmente inconsapevole - guerra alle donne. È cosa tua, non mi appartiene più. Io sono diretta verso il cambiamento. È quella la mia meta. Le donne lo capiranno, e quando l’avranno capito la smetteranno di farsi costruire dagli uomini le quote rosa per concedere loro un’altra occasione di essere trombate. Lo capiranno e la smetteranno di limitarsi a mostrarsi e di cercare il compagno a cui essere devote e, piuttosto, cercheranno un compagno con cui condividere, alla pari, sconfitte, onori e glorie. Quando lo capiranno, la smetteranno di farsi assorbire da un sistema maschile e saranno finalmente libere di essere donne.

URLs in this post:[1] nuovo perbenismo: http://www.repubblica.it/2007/07/sezioni/persone/paese-veline/paese-veline/paese-veline.html[2] ha il pragmatismo di un uomo: http://cassettoideelibere.blogspot.com/2007/07/che-uomo-che-questa-ragazza.html[3] le donne per violenza subita dagli uomini: http://slmpds.net/babsi/2007/06/26/non-ancora-persone-solamente-donne/[4] statistiche: http://www.repubblica.it/2007/07/sezioni/cronaca/donne-violenza/donne-violenza/donne-violenza.html[5] dare spiegazioni: http://www.repubblica.it/2007/07/sezioni/persone/paese-veline/doppia-laurea/doppia-laurea.html

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Legge 40 e Fecondazione Assistita: Quattro Petali di un FiorePosted By Giovanna Sinisi On 24 Gennaio, 2008 @ 14:00 In Vere Donne, Oltre il Confine, Democrazia e Diritti, Meccanica delle Cose, Leggere |

Ieri, con un atto di diritto pregno di civile responsabilità ed indipendenza di giudizio, il Tar del Lazio [1] ha annullato le linee guida della legge sulla fecondazione medicalmente assistita. Il senso della decisione va oltre la bocciatura delle linee guida e mette in discussione l’intero impianto della [2] legge 40. Legge che, ricordiamolo a tutti, non riconosce lo status di malattia alle coppie incapaci di procreare e che, sulla base di criteri opinabili, impone pratiche mediche di standard qualitativo inaccettabile. Questo costringe, chi se lo può permettere, a cercare queste cure presso centri esteri dove le procedure mediche vengono applicate nel pieno rispetto dei protocolli scientifici internazionalmente riconosciuti. La legge 40 è stato un duplice schiaffo per le coppie afflitte da patologia della riproduzione. Il primo lo hanno ricevuto quando si sono viste negare una serie di misure scientifiche in grado di aumentare le probabilità di successo delle cure, il secondo gli è stato inflitto quando l’[3] incivile opportunismo politico del clero di Roma si è associato alla criminale e torpida indifferenza dei connazionali che hanno disertato il referendum abrogativo. Questo ha associato al dolore per la malattia la sensazione di abbandono da parte del proprio Paese.Oggi, nell’ambito del nostro “[4] 8 marzo fuori stagione” vi proponiamo una testimonianza. Scrive una donna e ci fa capire che, aldilà dei dibattiti bizantini sul sesso degli angeli nei quali amano indulgere filosofi della domenica e porporati celibi, la sterilità è dolore, sofferenza e solitudine. Come qualsiasi altra malattia. Chi, il [5] 14 e 15 giugno 2005, non ha votato perché “non è un problema mio” o “perché così facciamo mancare il quorum“, legga questo racconto e ripensi al proprio comportamento. Un giorno potrebbe essere la sua bambina a vivere un’esperienza del genere. Comandante Nebbia

Quattro Petali di un FioreCi siamo. Devo prepararmi. Mi tolgo i vestiti e mi infilo sotto il lenzuolo. Una signora gentile con un dolce sorriso mi mette un braccialetto sul polso e, in una lingua mista di inglese e olandese, cerca di spiegarmi cosa devo fare. La pancia è gonfia e fa un po’ male. E’ normale. E’ la quarta volta e conosco bene il mio corpo. Ora mi dice che va tutto bene. Sento passare una lettiga nel corridoio. La signora gira la testa e i nostri sguardi si incontrano. Il suo viso è stanco ma felice. Mi sorride dolcemente e richiude gli occhi. Sono un po’ emozionata. Cerco di distrarmi guardando la stanza. Ora potrei disegnarla ad occhi chiusi. Ricordo tutto. I palloncini colorati del disegno sulle tende. Il colore caldo giallino delle mura. Il mio compagno mi prende la mano e la bacia con l’estrema dolcezza. Non siamo soli. Nel letto accanto c’è un’altra donna. La sua compagna le sta sistemando i lunghi capelli neri sotto la cuffia.

Attendo il mio turno. Ci siamo. I dottori parlano una lingua che non conosco. Non avrei creduto che il mio paese, il luogo dove sono nata e cresciuta, mi avrebbe lasciato sola a combattere contro quella che, [6] per legge dello stato, non è più una malattia e non da diritto a ricevere le migliori cure possibili. Cerco di capire dai loro sguardi se tutto va bene. Fisso il monitor della sala operatoria. Quanti sono gli [7] ovociti? Cerco di contarli, ma il leggero tranquillante sta facendo il suo lavoro e non riesco a concentrarmi. Uno…due…tre… Forse ne ho contati una decina, forse di più. Guardo nuovamente i monitor, ma non li vedo più. Mi sento stanca ma libera e felice. Vorrei vederli, ma un angelo con il camice celeste li porta via. Li porta via [8] in una stanza dove tante piccole e fragilissime gocce d’amore si incontrano facendo

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nascere la speranza di una nuova vita, un bellissimo fiore. All’improvviso una cellula si trasforma in 2 poi 4 poi 8 piccole dolcissime cellule. Come se si aprissero i petali di un fiore che sboccia.

E’ un fiore molto delicato e devono prima farlo sbocciare loro, gli angeli con i camici celesti. Si deve aspettare 3 lunghi giorni, 72 lunghissime ore per poterlo poi trapiantare nel giardino dove, se succede il miracolo, crescerà per i successivi 9 mesi.

Tre lunghi giorni, 72 lunghissime ore. Le mura dell’albergo diventano sempre più soffocanti. E’ domenica sera. Ci affacciamo alla finestra. Siamo troppo stanchi per uscire. Le vie di questa città straniera sono piene di persone e di fiori. Eccone uno, fra le braccia di una signora alta e molto bella. E’ un fiorellino con enormi occhi celesti e capelli biondi sotto un cappellino con un enorme pon-pon. Ecco ne sta passando un altro. Nero con gli occhi marroncino chiaro. Sta facendo i capricci perché il suo papà non vuole dargli la macchina fotografica. Come potrebbe essere il mio fiorellino? Il pensiero mi turba. Non vorrei pensarci troppo. Non vorrei rimanere male un’altra volta. L’ho già immaginato per altre 3 volte, ma i miei fiorellini non sono mai sbocciati.

Il tempo sembra di essersi fermato. Vorrei addormentarmi ora e svegliarmi solo al momento giusto. Ogni squillo del telefono può portare cattive notizie. L’email è vuota. Sul comodino vicino al letto c’è il quaderno con gli orari d’ingresso dei vari musei. Prima di partire ho deciso che, comunque vada, sarà una bella vacanza. Ora, invece, non ho le forze. Non riesco a pensare ad altro. Facciamo solo lunghe passeggiate fra le vie illuminate. Fra un po’ sarà

Natale. I negozi sono addobbati. E’ tempo di regali. Non ho ancora fatto l’albero. Appena torniamo lo faccio subito.

Abbiamo scoperto di avere come vicini in albergo altre due coppie di italiani. Anche loro sono qui per lo stesso motivo. Ci siamo incrociati qualche volta in ascensore. Qualche parola. Negli occhi di ognuno ansia, sofferenza e incertezza. Qualche breve scambio di consigli, una stretta di mano e un “in bocca al lupo” sincero. Tra di noi sappiamo veramente cosa vuol dire. Magari in un’altra occasione le cose non sarebbero finite qui. Come minimo si sarebbe organizzata una seratina chiassosa tutti insieme con una spaghettata improvisata e feroci critiche sulla cucina locale. Ora però è tutto diverso. L’interminabile attesa, la paura del fallimento, la sensazione di essere traditi e rifiutati dal nostro stesso paese ci indebolisce e ci sterilizza anche nei sentimenti. Non c’è nessuno vicino a sostenerci. Le nostre famiglie sono lontano e il telefono non sostituirà mai un caldo abbraccio di mia madre.

Terzo giorno! Squillo del telefono. Forse ce l’abbiamo fatta! Sento la voce del dottore. Abbiamo un dolce ma fragilissimo fiorellino di 4 petali! Uno solo! Corriamo a prenderlo!Ci siamo. Il dottore arriva. Fra le sue mani c’è una specie di siringa con dentro il nostro piccolo. Ecco. Finalmente è a casa. Ora è dentro di me. Ora mi sento più tranquilla. Vieni piccolo! Ti proteggerò. Cerco di accarezzare dolcemente la mia pancia, ma la mano è troppo fredda. La riscaldo sotto le lenzuola. Ora sembra troppo calda. Lascio perdere. Non riesco a respirare. Ho paura di fare qualcosa di sbagliato.Ci teniamo per mano e guardiamo un po’ la televisione mentre aspettiamo il tempo necessario prima di uscire. In ospedale si vede Raiuno via satellite. C’è uno di quei programmi che trasmettono di pomeriggio e parla di una casa di Napoli dove le donne che non possono avere figli vanno a recitare una preghiera su [9] una sedia miracolosa per avere la grazia. L’intervistatrice parla con una suora ed entrambe sembrano entusiaste.

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Mi guardo in giro. L’ospedale nel quale ci troviamo è moderno, pulito ed accogliente. I medici sono professionali, le infermiere sono dolcissime e l’atmosfera è serena ed operosa. Il contrasto con quello che accade in patria è fortissimo. Quando ci guardiamo, quello che sento e vedo negli occhi del mio compagno si chiama imbarazzo e vergogna.

Ora devo aspettare 2 settimane. Torniamo a casa. Abbiamo fatto del nostro meglio. Questa volta deve funzionare! Ogni dolore mi fa impazzire dalla paura. Cerco di sforzarmi per sentire qualcosa. Almeno un piccolo segno!Mio dolce fiorellino! Mandami almeno un segno! Fammi capire che ci sei! Nulla. Ti capisco. Sei cosi piccolo. Due settimane di attesa, 14 lunghissimi giorni che non finiscono mai.

Finalmente è ora. Stringo fra le mani il test di gravidanza. Fra 2 minuti saprò se ci sei e da quel momento saremo sempre insieme! Nessuno ti porterà via da me! Sarai mio, solo mio! Mio dolce fiorellino.

Dedicato a tutte le donne che in questo momento portano dentro un piccolo fiorellino, una speranza. Dedicato a tutte le coppie che oggi hanno scoperto di non potere, forse mai, stringere fra le mani il loro bambino. Dedicato a tutte le donne che, nonostante tutte le difficoltà e rischi, continuano a lottare. Dedicato a tutti i fiorellini che nascono ogni giorno sul nostro pianeta per illuminarlo e riempirlo di gioia e speranza! Dedicato al mio compagno che ha sognato insieme a me durante questi lunghi anni.

URLs in this post:[1] ha annullato le linee guida: http://www.corriere.it/cronache/08_gennaio_23/tar_lazio_fecondazione_3e19eaf4-c9cb-11dc-97c6-0003ba99c667.shtml

[2] legge 40: http://www.parlamento.it/leggi/04040l.htm[3] incivile opportunismo politico: http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2005/03_Marzo/11/ruini.shtml[4] 8 marzo fuori stagione: http://www.mentecritica.net/mentecritica-il-timone-passa-alle-ragazze/mente-critica/redazione/2797/[5] 14 e 15 giugno 2005: http://www.repubblica.it/2005/f/dirette/sezioni/politica

/referendum/referendum2/index.html[6] per legge dello stato: http://www.parlamento.it/leggi/04040l.htm[7] ovociti: http://it.wikipedia.org/wiki/Ovocita[8] in una stanza: http://it.wikipedia.org/wiki/Fivet[9] una sedia miracolosa: http://today.reuters.it/misc/PrinterFriendlyPopup.aspx?type=entertainmentNews&storyID=uri%3A2007-12-03T112326Z_01_CIA735462_RTRIDST_0_OITLR-SEDIA-MIRACOLI-NAPOLI-FOTO-VIDEO.XML

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Separatismo Educativo, Provocazione o Necessità?Posted By Daniela Tuscano On 24 Gennaio, 2008 @ 19:30 In Il Futuro è nei Giovani, Vere Donne, Democrazia e Diritti |

Anni addietro alcuni pedagogisti inglesi, dopo un approfondito lavoro di ricerca, decretarono il fallimento della scuola mista. Maschi e femmine – questa la sorprendente conclusione – apprendono in modo diverso: devono quindi ricevere un’educazione distinta.

Il pubblico più maturo reagì con diffidenza a questa proposta. Non erano poi lontanissimi i tempi dell’infanzia rigidamente divisa in fiocchi rosa e azzurri, dove le scuole “serie” erano, naturalmente, solo quelle maschili. Gli istituti femminili inculcavano alle bambine il dovere del servizio, dell’abnegazione, del sacrificio, corroborato da robuste dosi di economia domestica infarcite da qualche nozione di cultura generale (in fondo, il loro futuro di spose e madri richiedeva pur sempre un minimo di raziocinio). I ricercatori anglosassoni, con la loro profferta, volevano dunque tornare al passato?

In realtà, essi muovevano da un presupposto diverso. Si erano accorti che, a parità di anni e condizioni, le ragazze si dimostravano più attente, mature, responsabili, interessate dei loro compagni maschi. Di qui il fervido consiglio: scuole separate.Si tratta di razzismo al contrario, dichiararono molti, fra cui la sottoscritta, convinta soprattutto della validità della relazione tra i sessi nella fase infantile e adolescenziale. L’esperienza maturata in seguito mi ha spinta,

però, a rivedere le mie posizioni. Se l’ipotetica separazione lasciasse intatta la struttura educativa, sarebbe inutile, anzi dannosa. La scuola non può trasformarsi in un’azienda che premia chi è più efficiente lasciando indietro gli altri. Ma se rappresentasse l’unica maniera per permettere alla ragazza di crescere seguendo i propri ritmi d’apprendimento e per favorirne l’autentica maturazione personale… potrei essere d’accordo.

Pur se educata nella famiglia più liberale del mondo, infatti, la bambina apprende ben presto che il mondo non contempla la sua esistenza se non in subordine a quella maschile. La pubblicità, il cinema, la televisione, la società tutta le inviano messaggi in cui questa subalternità è costantemente ribadita; e attraverso la TV la piccola scopre che in molte parti del mondo, senza che nessuno si scandalizzi, essa è costretta a velarsi, a vergognarsi di sé, a rinunciare agli studi per badare a un marito spesso imposto e non di rado molto più anziano di lei. Impara, dal linguaggio degli amichetti, che una femmina non vale nulla, perché considerata debole, fragile, irresoluta.Con questo bagaglio psicologico-culturale giunge a scuola. E la scuola è l’istituzione che per eccellenza riflette, con la cupa fissità d’uno specchio antico, la svalutazione sociale della donna. Lì il sessismo del linguaggio diventa norma; e la norma è il maschio. Nelle antologie ricorrono pochi nomi femminili (in alcune, anche recentissime, non se ne trova neppure uno); dalla storia addirittura scompaiono. All’unica rivoluzione riuscita, quella delle donne appunto, non si dedica che in sparuti casi qualche pagina distratta, da spiegare, semmai, a discrezione dell’insegnante. In compenso è obbligatorio conoscere a memoria le campagne di Napoleone e le guerre (dichiarate e combattute da maschi)

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vengono presentate come momenti fondamentali di progresso e di civiltà: “la sola igiene del mondo”. La filosofia poi, madre di tutte le materie, è paradossalmente il regno assoluto degli uomini. E i pregiudizi misogini di Platone e Aristotele diventano paradigmi del sapere universale.

Le scuole elementari e medie pullulano di insegnanti donne: professioniste mal pagate che spesso, a costo di enormi sacrifici, cercano di rimediare allo sfascio definitivo del sistema scolastico. Tuttavia quest’impegno non è riconosciuto da nessuno: non dall’istituzione, all’interno della quale “non si fa carriera” (questo il vero motivo della scarsità di personale docente maschile, che però, guarda il caso, ricompare in modo massiccio all’Università, dove riceve gratificazione e rispetto, oltre a un lauto stipendio); non dalla società; dagli studenti men che meno.

Da questa scuola che non le contempla, ma che le sfrutta, io non avrei problemi a togliere le donne, siano esse scolare, professoresse o presidi. Per quanto tempo? Basterebbero le elementari, forse le medie; di sicuro il momento in cui la personalità si sviluppa in modo completo. Immagino una sorta di college dove non contino competitività e carriera, in cui s’insegnino i valori più originali dell’esperienza femminile, il rispetto della diversità, la religiosità non patriarcale. Hegel? La ragazza potrà relativizzarlo (e quindi capirlo meglio, compatendo il suo elogio della famiglia patriarcale) dopo aver imparato, magari attraverso Edith Stein e Carla Lonzi, ad amarsi di più.

So che questa mia idea incontrerà fortissime resistenze. Qualcuno obietterà pure che, in ogni caso, la società ha le sue regole e rinchiudersi in un gineceo non serve a nulla. Il fatto è che nell’era

della comunicazione globale un’auto-reclusione sarebbe pressoché impossibile. Inoltre, a differenza del passato, oggi non è certo la scuola l’unico luogo deputato alla conoscenza tra giovani uomini e giovani donne: occasioni di incontro sono sempre possibili. E, una volta tornata alla scuola mista, la ragazza avrà tutto il tempo di dialogare coi maschi, ma su un piano di effettiva parità, maggiormente consapevole delle proprie capacità e del proprio valore.

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Sempre sulle Donne: Ambizioni e SocietàPosted By Lisa Vitolo On 25 Gennaio, 2008 @ 14:00 In Vere Donne, Democrazia e Diritti | 3 Comments

Lo so, ho già scritto [1] un articolo per questo speciale e quindi a rigor di logica dovrei dedicarmi ad altro, ma dato che raramente sto zitta, eccomi di nuovo qui!

Come titolo questo non vincerà un premio di originalità, ma è esattamente ciò di cui voglio parlare qui: le ambizioni femminili. Non so dove, ma tempo fa ho letto un articolo sulle ambizioni delle ragazze di oggi, e ne ho discusso con degli amici. Non mi è piaciuto per niente, specialmente perché alcune delle cose che ho letto sono vere, ne trovo riscontro nella realtà di tutti i giorni.

Ci sono tanti a cui piace pensare che a noi donne piace solo farci una bella sc***** con qualcuno che ce l’ha lungo; e quest’immagine è quella continuamente mandata avanti dalla televisione. Basta guardare le varie trasmissioni: non ce n’è una che non abbia il classico “palo”, ovvero la bella gnocca con il solo compito di stare zitta, sorridere, agitare i capelli resi morbidi e luminosi dallo shampoo Comediaminesichiama e mostrare le belle forme. Secondo la pubblicità le nostre preoccupazioni sono come essere assolutamente sexy e come combattere gli inestetismi della

cellulite (c’è ancora qualcuno che usa quel termine bruttissimo, ‘inestetismi’??). A me piace pensare che ci sia qualcosa di più nella mia vita che farmi bella per i ragazzi, ma purtroppo quello che vedo in giro non mi rassicura molto in questo senso.

Tantissime ragazze che vedo in giro sono davvero solo interessate ad apparire “assolutamente sexy” e spendono ore per mettere in mostra il loro aspetto fisico e le forme dagli undici anni in su. Ma è davvero “colpa” loro? Già molti facendo una riflessione simile diranno “ah ma si quelle sono puttanelle” oppure “come si sono ridotte le generazioni d’oggi” guardando loro il culo di sottecchi.

La domanda che voglio porre è un’altra: davvero si vuole altro da noi donne? Davvero si desidera che noi impariamo, che raggiungiamo una posizione sociale elevata, che facciamo carriera in politica, che diventiamo finalmente consapevoli dei nostri diritti e li difendiamo unite tutte insieme? Non credo, nonostante la discussione sulle quote rosa che, chissà come mai, riempie i telegiornali per due giorni e poi sparisce nel dimenticatoio per due anni. Mi sa che se facciamo una statistica sulle preferenze risulterà vincitrice la bella gnocca che sorride negli studi televisivi. La società stessa insegna alle ragazzine che fanno bene a mettere in mostra quel centimetro di tetta, perché piace e

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infatti in genere sono quelle con codazzi di ragazzi sbavanti dietro. Di certo tutto ciò non lo imparano da sole. Deprimente.

Lasciamo perdere la visione ecclesiastica: lì nemmeno la bella gnocca andrebbe bene. Direttamente le donne dallo sguardo triste nascoste dietro il casto vestito che vedo sulle copertine di alcuni libri, che mettono il velo per andare in Chiesa e ascoltano qualcuno che le vedrà sempre inferiori all’uomo, per millenni, anche senza mai ammetterlo esplicitamente. Le poche che protestano, sono indemoniate. Quasi quasi preferivo puttanelle. Direttamente donne col solo obiettivo del matrimonio, con la sola aspirazione di stare a casa a far felice il marito e accudire tanti figli. Poi quando scappa la mano (anzi, qualche altra cosa) si sa che c’è sempre un’altra cosa che ci riesce molto bene oltre a pulire i pavimenti.

Parlano sempre contro l’aborto, contro i pacs, contro i rapporti prematrimoniali e in generale contro qualsiasi forma di sessualità che non sia repressa e controllata dalle loro assurdi regole, ma ne avete mai sentito qualcuno dire qualcosa contro le violenze domestiche e le migliaia di donne violentate ogni anno? Se qualcuno l’ha fatto, sicuramente gli è stata data la metà di credito rispetto alle impressioni del tal-dei-tali sull’aborto. A parlarne ci è riuscito l’istruttore di karate della mia palestra (a riprova che anche un uomo se ci si mette può capire certe cose, non pretendo che le donne siano esseri superiori), e dubito fosse solo una mossa per aumentare il numero di iscritti ai suoi corsi. Quindi non è impossibile.Un quadro pessimistico? Certo, ma preferisco non rassegnarmi, casomai arrabbiarmi. Tempo fa ho visto un’immagine, su un sito, di una donna crocifissa ad una vagina. Molto cruda e realistica: ma forse dovrebbe essercene un’altra con una donna che ci osserva dalle sbarre di un confessionale. O legata ad un’antenna televisiva per il digitale terrestre.Un grande saluto a tutte le donne che sanno cosa vogliono nella vita, che lo scelgono autonomamente e se ne fregano di tutti quelli (troppi) che ostacoleranno loro il cammino. Continuiamo così.

URLs in this post:[1] un articolo: http://www.mentecritica.net/da-dove-cominciare-per-unuguaglianza/vere-donne/lisa-vitolo/1989/

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Non ci Sono più le Donne di una VoltaPosted By bhuidhe On 25 Gennaio, 2008 @ 18:00 In Vere Donne, Storia e Memoria, Veri Uomini |

Me lo sono sentita dire 10 giorni fa.

- Non ci sono più le donne di una volta. Sai, quelle donne che quando porti a casa gli amici sono in grado di preparare magicamente una cena per dieci, che sanno gestire una casa sempre a posto, che sanno tenere il frigo pieno. Non ce ne sono più. Secondo me le donne di oggi hanno perso le capacità delle loro mamme.

Mi sono consultata con una mia amica. Sorpresa! Anche lei, tre settimane fa, si è sentita dire la stessa cosa. Immaginate il fumo che è uscito dalle nostre orecchie. E poi una sua interessante osservazione:

- Secondo me non ci sono più gli uomini di una volta. E’ per questo che non ci sono più le donne di una volta.

E, in un certo senso, ha ragione. Diverse per nazionalità (io scozzese, lei italiana), abbiamo scoperto però dei genitori molto simili. Sì, la magica mamma che tiene una casa come uno specchio e che con qualche misterioso potere magico presenta in 39 secondi precisi un pasto completo per dodici. Si angoscia per una macchia sulla tua camicia, ha sempre le redini in mano e sembra non dormire mai. Ma i loro mariti gli rendevano possibile questa vita (ai nostri occhi impossibile anche se loro la vivevano con impegno e orgoglio). Portavano a casa uno stipendio adeguato (e questa non è un appunto agli uomini di oggi, vittime di una macro-situazione economica) e “ci pensavano loro“.Le riparazioni in casa erano compito loro. La macchina da aggiustare - se c’era - era compito loro. Le litigate con l’avvocato erano compito loro.

Il commercialista e il bancario erano conoscenze loro. Una divisione dei compiti ai nostri occhi inammissibile, ma che comunque comportava un sforzo adeguato da entrambe le parti.

Gli uomini di una volta, magari, erano “vecchio stile“. Probabilmente non credevano nell’uguaglianza della donna sul lavoro e nell’economia, ma provavano un profondo rispetto per “la donna“. Uomini che non avrebbero mai alzato una mano, che sarebbero intervenuti in ogni momento per proteggere anche una qualsiasi sconosciuta. Che provavano profonda indignazione per le lesioni alla dignità della donna e offrivano un impegno serio e totale alla loro.

Mio padre, davanti a me, ha ceduto la sua sedia a una signora in albergo. Ero adolescente. Mi ha chiesto se sapevo che mestiere facesse la signora.

- No, cosa fa?

- E’ una prostituta. Ma è sempre una signora. E se un giorno tu mancherai di rispetto a una signora come lei, sarò il primo a sculacciarti. Perché succedono le disgrazie e domani potresti essere tu al suo posto.

Questi signori all’antica stanno sparendo. Per fortuna i loro figli rimangono signori, pur rispettosi dei cambiamenti di ruoli. Purtroppo rimane, permane e sembra essere endemico, un altro tipo di uomo all’antica.

Le botte continuano. I soprusi, la possessività, il dominio prepotente e violento. Questo tipo di uomo avrebbe provocato disgusto e rabbia

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nell’uomo di una volta che fu mio padre. Ma purtroppo si è mostrato più resistente nel tempo e duro a morire. In ogni senso.

Questo, ahimè, perché continuano a esistere le donne di una volta. Mentre le donne forti e impegnate nella loro gestione domestica, cresciute comunque con un senso della loro dignità, hanno avuto figlie istruite, indipendenti, capaci di gestire casa, lavoro e figli come a pochi uomini viene richiesto, ecco che le serve hanno partorito serve. Le perfette, addestrate, prontissime vittime dei piccoli bulli.

Notizia di un giorno fa: una mia giovane amica di 22 anni, da un anno sposata e da sei mesi madre, ha ricevuto una telefonata dal marito che le chiedeva di tornare immediatamente a casa - erano le 16 ed era in biblioteca per intenderci. Arrivata a casa ha è stata picchiata. Intervenuta la polizia, la suocera le ha portato via la bambina e ha interessato i servizi sociali tentando di toglierla alla giovane mamma cercando di farla passare per pazza. Intervenuto il padre della mia amica, altissimo ufficiale dell’esercito, questa famiglia di piccoli, meschini bulli si è immediatamente ritirata e ora la mia amica si trova dal suo papà con la sua bimba a curare le sue botte.

Una donna che aggredisce un’altra perché non sta giù sdraiata come un tappetino non può che crescere un figlio che poi abuserà in maniera violenta di sua moglie. Questo perpetuare dei ruoli di una volta è endemico, forse pandemico. Difficile da interrompere.

Ora la mia giovane amica è in piena crisi di coscienza. Si sta mettendo in dubbio. Si sta chiedendo dove abbia sbagliato, cos’è in lei che ha provocato il marito che è convinta di amare ancora. Questa donna deve crescere. Deve diventare una donna di oggi che guarda in faccia la realtà e capire che un uomo che abusa di lei non può mai essere una persona accettabile. Non è in lei la colpa, ma in lui.

La persona che più le sta aiutando in questo

viaggio contro la parte più malsana della femminilità, questo docile “tappetizzarsi“, è il suo papà. Uomo di una volta. Uomo che magari avrà difficoltà nell’immaginarla dirigente di una grande industria, ma che per rispetto della sua persona e per la sua felicità vuole che lei torni all’università e per lei combatterà contro se stesso per crescere.

Ripongo la mia fiducia in questi uomini di una volta per aiutare le donne di una volta a crescere e insieme porre fine alle meschinerie dei bulli di una volta.La decenza è senza tempo.

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Lettera ad uno (S)conosciutoPosted By Luna On 26 Gennaio, 2008 @ 9:00 In Vere Donne, Democrazia e Diritti |

Caro (S)conosciuto,(come ben sai “S” è l’iniziale del tuo nome…)Anzitutto ti ringrazio! E come vedi lo faccio pubblicamente. Per le belle frasi che mi scrivi, per i complimenti che mi fai, per il

“desiderio tuo” di conoscermi. Ti ringrazio per i mille messaggi pvt che ogni giorno mi invii, (per non farmi sentire sola… da cosa tu abbia dedotto che io mi senta sola non lo so!).

Ti ringrazio per il “desiderio tuo” di voler sentire la mia voce, di “consolarmi” (come ti ho già detto ho superato i miei traumi adolescenziali), ti ringrazio per la certezza che hai (nel tuo cuore) di essere l’uomo adatto a me! (nonostante io ti abbia “assicurato” che non sto cercando un uomo da avere al mio fianco!).

Caro (S)conosciuto,alla fine ho parlato di te ad un mio amico psicologo, più che altro per avere un consiglio, un suggerimento sul come comportarmi con te, per non ferirti, per non farti sentire rifiutato, dal momento che io gradirei (te l’ho già scritto ricordi?) non ricevere più tante e tali “attenzioni”.

Sai cosa mi ha risposto lo psicologo?

Di rivolgermi alla polizia, perchè il mio (tuo) potrebbe essere un caso di “[1] STALKING“!

Non lo farò! Non ti denuncerò, spero che queste poche righe siano sufficienti a farti desistere dal continuare ad importunarmi.

Luna

Fortunatamente il testo di cui sopra è frutto della mia immaginazione.

Ma lo STALKING esiste e molte (troppe) donne sono vittime di molestatori, persecutori. Sadici che perseverano nel loro sadismo perché non ottengono una risposta masochista. L’ultimo atto, in molti casi, è la violenza. Cosa dice la legge in merito?

RIFERIMENTI LEGISLATIVI

Nel nostro Paese è anche possibile che possano essere stati fattori culturali e sociali a far sì che il fenomeno dello stalking, sia meno prevalente, ma una migliore attenzione ci permetterà, in futuro, una consapevolezza maggiore del problema. Sicuramente dal punto di vista legislativo non ci troviamo in una posizione avanzata rispetto alla considerazione del problema. Gli Stati Uniti, il Regno Unito e il Canada, hanno cercato, nel corso degli anni, di sviluppare una legislazione, sul problema del molestatore assillante, vediamo qui brevemente come:

La giurisprudenza Americana, è stata la prima ad affrontare specificatamente il problema della definizione dello stalking. Nel 1992 il Congresso degli Stati Uniti ha deliberato che la massima autorità giudiziaria della federazione, l’Attorney General, attraverso il National Istitute of Justice, conducesse ricerche sul fenomeno e sviluppasse un modello legislativo anti-stalking costituzionale e applicabile nelle singole legislazioni degli stati membri. Entro la fine del 1994 tutti gli Stati hanno approvato la legge anti-stalking.

La maggior parte di esse definiscono lo stalking come “L’intenzionale, malevolo e persistente comportamento di seguire o molestare un’altra persona”. Alcuni stati chiedono che insieme alla molestia esista una “minaccia credibile” e che sia verosimile che il persecutore possa attuare la minaccia, per essere perseguito.

Alcuni stati, in mancanza della minaccia esplicita prevedono pene meno gravi trattandolo come semplice molestia.

In Canada è considerato delitto di molestia criminale “…molestare intenzionalmente o

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imprudentemente un’altra persona in ciascuno di questi modi: 1) seguendo o comunicando con quella persona e conoscenti anche indirettamente; 2) sorvegliando i luoghi dove quella persona o un suo conoscente risiede o si trova; 3) mettendo in atto condotta minacciosa di qualsiasi tipo diretta a quella persona ed ai suoi familiari, tale da far temere per la sua sicurezza”

Nel Regno Unito nel 1997 è stato adottato il “Protection from Harassment Act”, per affrontare in modo più mirato, rispetto alla legislazione precedente, i comportamenti di molestia. L’atto prevede che “una persona non deve attuare una condotta che sa o che dovrebbe sapere essere causa di molestia ad un’altra. Se una persona ragionevole, in possesso delle medesime informazioni, pensasse che la condotta dell’imputato corrisponde a molestia, ciò significherebbe che il crimine è stato commesso. Occorre peraltro dimostrare che l’imputato sapeva o avrebbe dovuto sapere ,che la sua condotta avrebbe causato timore di violenza nella vittima”, è inoltre necessario che gli atti di violenza siano ripetuti almeno due volte.

In Italia?

In Italia le condotte degli stalker sono considerate penalmente rilevanti, quando integrano la fattispecie prevista dall’art. 660 c.p., sul reato sessuale. In armonia con la cultura penalistica italiana, la molestia assillante non si ascrive all’interno di questo reato, ma si manifesta al massimo come semplice contravvenzione fino

a comprovato atto della molestia stessa (un esempio rientrante in questi casi è la violenza fisica).

Nelle legislazioni esaminate quindi non esiste accordo minimo circa la necessità della presenza di minacce esplicite da parte del molestatore per definire il reato. Prevale la tendenza al assumere come decisivo il consenso su ciò che una persona ragionevole giudicherebbe minaccioso, con le ovvie difficoltà relative a discriminare i casi più lievi, da quelli che possono sconfinare con tentativi di corteggiamento, magari goffi e da parte di persone con scarse abilità sociali.

In “armonia con la cultura penalistica italiana’”? Cosa vuole dire? Che per non distruggere l’armonia della politica italiana lasciamo che venga “distrutta” la vita delle donne molestate?

Potremmo, armoniosamente, chiedere al nostro Stalker di “violentarci” per poterlo poi denunciare e attendere che giustizia sia fatta!(nella speranza che, vista la lungaggine della nostra giustizia, nel frattempo lui(lo stalker) non ci abbia uccise! !)

URLs in this post:[1] STALKING: http://it.wikipedia.org/wiki/Stalking

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Donne Attenzione: Non Dovete Ridere in Pubblico. In Caso Contrario Verrete BastonatePosted By Laura Costantini On 26 Gennaio, 2008 @ 14:00 In Oltre le Righe, Vere Donne, Leggere

Donne attenzione: Dovete stare dentro casa a qualsiasi ora del giorno. Non è decoroso per una donna vagare oziosamente per le strade. Se uscite, dovete essere accompagnate da un mahram, un parente di sesso maschile. La donna che verrà sorpresa da sola per la strada sarà bastonata e rispedita a casa. Non dovete mostrare il volto in nessuna circostanza. Quando uscite, dovete indossare il burqa. Altrimenti verrete duramente percosse.

Sono proibiti i cosmetici.Sono proibiti i gioielli.Non dovete indossare abiti attraenti.Non dovete parlare se non per rispondere.Non dovete guardare negli occhi gli uomini.Non dovete ridere in pubblico. In caso contrario verrete bastonate.Non dovete dipingere le unghie. In caso contrario vi sarà tagliato un dito.Alle ragazze è proibito frequentare la scuola. Tutte le scuole femminili saranno immediatamente chiuse. Se aprirete una scuola femminile sarete bastonati e la vostra scuola verrà chiusa.Alle donne è proibito lavorare.Se vi rendete colpevoli di adulterio, verrete lapidate.Ascoltate. Ascoltate con attenzione. Obbedite. Allah-u-akbar

(“Mille splendidi soli” di Khaled Hosseini, pag. 289)

Mi è venuto da vomitare e da piangere e da urlare mentre leggevo il secondo libro di [1] Hosseini. Nel settembre del 1996, data cui risale questo osceno diktat, io vivevo normalmente nel XX secolo, lavoravo, gioivo, soffrivo, cantavo, facevo tutto ciò che un essere umano ha il diritto di fare. E intanto c’erano degli esseri umani (ma lo erano, lo sono i Talebani?) che creavano l’inferno in terra. Costringevano le donne chirurgo (le poche rimaste per curare le altre donne) a operare indossando il burqa. Costringevano le donne gravide a partorire senza alcun medicinale a disposizione, senza neanche l’anestetico in caso di taglio cesareo (Hosseini la racconta così, ma ho i miei dubbi che nella realtà una donna possa sopravvivere all’apertura dell’utero da sveglia. Ho provato sulla mia pelle cosa significa sentirsi tagliare da un bisturi senza che l’anestesia abbia ancora fatto effetto e non oso pensare a cosa possa essere sentirsi aprire le viscere).Non amo gli estremismi, da nessuna parte vengano, non amo l’intolleranza. Sono per il rispetto delle culture e delle tradizioni, ma questo NO! Ancora oggi, sotto la presunta democrazia creata da Karzai, nelle zone più remote dell’Afghanistan, i signori della guerra talebani dettano legge, stabiliscono che è proibito tenere in casa parrocchetti (si, avete capito bene, i pappagallini). Se lo fate, sarete bastonati e i vostri uccelli verranno uccisi.Quale cultura degna di tale nome, quale assurda religione, quale c***o di tradizione può dire che è proibito ballare, cantare, giocare a carte, giocare a scacchi, far volare gli aquiloni?!

La gente di Kabul, le donne di Kabul hanno sofferto sulla propria pelle ciò che Hosseini ci racconta in questo libro, alcune continuano a soffrirlo, consegnate mani e piedi legati al volere di uomini oscenamente ignoranti. Uomini di 60 anni che si sentono in diritto di deflorare e ingravidare ragazzine di 14! Karzai non sarà il governante migliore di questa terra, l’Afghanistan è da sempre terra di conquista a causa della sua posizione strategica e sempre vi si sono combattute guerre ingiuste spacciate per interventi a favore del popolo martoriato. Lo sappiamo, tutti, e piuttosto bene. Ma quel popolo, quelle donne sono martoriate, giorno dopo giorno, ora dopo ora.Leggere questo romanzo, che vi consiglio solo se siete in grado di reggerne l’urlo di disperazione, mi ha fatto aprire gli occhi. Gli americani sono lì,

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come in qualunque altro posto del mondo, per farsi i loro porci comodi. Ma mai come in questo caso i loro porci comodi coincidono con la necessità di dire BASTA! Alle assurdità dei Talebani, gente ignorante, uomini ignoranti, oscenamente convinti di detenere nei propri genitali l’investitura a parlare in nome di Dio. Un’umanità che sia degna di tale nome può osservare impotente [2] la distruzione dei Buddha di Bamiyan, ma non la distruzione di intere generazioni di donne.Bisogna fermarli, a qualsiasi costo.

URLs in this post:[1] Hosseini: http://it.wikipedia.org/wiki/Khaled_Hosseini[2] la distruzione dei Buddha di Bamiyan: http://it.wikipedia.org/wiki/Buddha_di_Bamiyan#Distruzione

Vaccino per il Papilloma Virus: Un Aiuto per la Donna che non Piace ai Medici CattoliciPosted By spes74 On 26 Gennaio, 2008 @ 19:30 In Informazione, Vere Donne

Il [1] virus del papilloma umano o HPV (acronimo di Human Papilloma Virus) è un virus appartenente al gruppo dei papovavirus. Le infezioni da HPV sono estremamente diffuse e possono causare malattie della pelle e delle mucose.

Si conoscono oltre 70 tipi di HPV, dei quali la maggior parte causa malattie non gravi, quali ad esempio le verruche cutanee. Alcuni tipi di HPV possono tuttavia causare tumori benigni quale il condiloma genitale e anche maligni quale il cancro del collo dell’utero e del pene. […] Si calcola che oltre il 70% delle donne contragga un’infezione genitale da HPV nel corso della propria vita, ma la grande maggioranza di queste infezioni è destinata a scomparire spontaneamente nel corso di pochi mesi. Solo in caso di persistenza nel tempo di infezioni di HPV ad alto rischio oncogenico è possibile, in una minoranza dei casi, lo sviluppo di un tumore maligno del collo uterino.

Il virus dell’HPV si contrae principalmente per via sessuale. Il rischio di contrarre una infezione da HPV aumenta con il numero dei partner sessuali, ed è massimo nell’età più giovanile (20-35 anni). […] L’infezione da HPV è asintomatica nella maggior parte dei casi. […] Ogni anno, in Italia, sono circa 3.500 le donne che si ammalano di cancro del collo dell’utero. Quasi la metà muore. In Europa questa patologia colpisce più di 33 mila donne e circa 15 mila muoiono ogni anno. Si stima che il 75% della popolazione entri in

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contatto con il virus almeno una volta durante la sua vita. […]

Fin qui un po’ di notizie sul virus che ci da [2] Wikipedia. E’ importante notare che ogni anno, in Italia, sono circa 3.500 le donne che si ammalano di cancro del collo dell’utero. Quasi la metà muore. Quindi l’arrivo di un [3] vaccino dovrebbe essere salutato almeno con apprezzamento se può evitare a migliaia di donne di morire, invece che sollevare dubbi etici. Ma di questi parleremo tra poco, ora vediamo di capire qualcosa in più su questo vaccino e sul perché può essere osteggiato dai cattolici.

Da [4] vitadidonna: “In Italia a febbraio 2007, l’Agenzia italiana del farmaco ha autorizzato la commercializzazione del primo vaccino contro il papilloma virus (HPV), responsabile della quasi totalità dei casi di tumore del collo dell’utero (o cervice uterina). E’ previsto che il vaccino possa essere offerto gratuitamente dalle strutture pubbliche dal 2008 a tutte le bambine all’età di 12 anni. […] Oggi l’arma migliore per contrastare questo tumore è il [5] Pap Test (noto come “striscio”), un esame semplice e innocuo, che permette di identificare la presenza di lesioni anche piccolissime e di curarle tempestivamente prima che si trasformino in tumore. […] Si tratta di un vaccino contro il papilloma virus (HPV). Di questo ne esistono oltre 120 diversi tipi (ceppi), ma la stragrande maggioranza non causa lesioni e tumori. Il vaccino messo in commercio è diretto contro 4 ceppi del virus: HPV 16, HPV 18, HPV 11, HPV 6. Due di questi (HPV 16 e 18) sono

quelli più frequentemente correlati alle lesioni tumorali e sono responsabili da soli del 70% dei casi di tumore del collo dell’utero. Gli altri due tipi (HPV 6 e HPV 11) sono invece correlati a lesioni benigne chiamate condilomi che, sebbene fastidiose, non causano lesioni maligne. […] Da quando si contrae l’infezione a quando si sviluppa il tumore possono passare anche 20-30 anni, per cui i tumori che colpiscono le donne di 45-50 anni sono la conseguenza di infezioni contratte in giovane età. […] Il vaccino viene somministrato tramite una iniezione intramuscolare. Sono previste 3 dosi: la seconda dopo 2 mesi e la terza dopo 6 mesi dalla prima dose. […] La vaccinazione è raccomandata a 12 anni, prima che la persona sia stata infettata dal virus, condizione che si verifica sicuramente prima del primo rapporto sessuale. Infatti la vaccinazione ha la massima efficacia nelle donne che non sono entrate in contatto con il virus: l’effetto protettivo diminuisce notevolmente se si è già entrati in contatto con uno o più dei ceppi virali contenuti nel vaccino […]

E qui casca l’asino, permettetemi la “licenza poetica”…Il problema etico è proprio questo: il vaccino va fatto ad un’età indicativa di 12 anni, “favorendo un comportamento sessuale dissoluto“!

Su [6] Aprileonline ci spiega questi dubbi etici la brava Marzia Bonacci: “Si chiama Human papilloma virus la nuova frontiera di confronto etico fra laici e cattolici perché a sollevare il dibattito […] è la notizia dell’arrivo sul mercato italiano di un vaccino che servirebbe a prevenire da alcuni ceppi di questo virus, causa nelle donne di una serie di patologie all’apparato genitale tra cui il tumore al collo dell’utero. Come già accaduto per l’uso del profilattico oppure per l’accesso all’anestesia epidurale durante il parto, il progresso biomedico e le sue conquiste non vengono infatti recepite in modo univoco nello stesso mondo scientifico, come testimonia appunto il recente studio apparso sulla rivista “Medicina e morale”, pubblicata dal centro di bioetica della facoltà di Medicina e chirurgia Agostino Gemelli dell’Università cattolica del Sacro Cuore di Roma. […] la vaccinazione generalizzata delle donne è si in grado di proteggerle dal cancro al collo dell’utero, ma questa proposta fa sorgere alcune serie preoccupazioni di carattere etico.

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Un timore che si lega al fatto che l’Hpv rientra tra le Mst, cioè le malattie sessualmente trasmissibili, le quali destano preoccupazione proprio nei tre studiosi che hanno elaborato il testo: secondo loro infatti il vaccino rischierebbe di comportare “ulteriori cadute di valori, il rafforzamento di una comune accettazione da parte dell’opinione pubblica dei comportamenti sessuali promiscui e probabilmente una maggiore diffusione della malattia“. […] La risposta critica di uno scienziato laico […] “Penso che sia un ragionamento viziato da scarsa preparazione specifica e pratica sul tema - sostiene Flamigni -. Perché non avrebbero fatto una riflessione simile se avessero tenuto conto della grande quantità di donne innocenti che vengono contagiate. […] Un’ altra delle ragioni per cui bisognerebbe essere un po’ meno drastici e dogmatici è legata al fatto che ci sono infezioni che non dipendono dalla vita sessuale: le ho riscontrate spesso in ragazze che vivono in comunità e che, per igiene approssimativa, spesso usano asciugami bagnati già utilizzati da altre ragazze oppure si scambiano gli indumenti intimi. […] la prevenzione dalle malattie sessualmente trasmissibili è osteggiata soprattutto dalla Chiesa, così come lo è l’educazione sessuale soprattutto verso le giovani generazioni.” […] Il vaccino per risultare efficace deve essere somministrato alle ragazze prima dell’inizio della loro attività sessuale, per questo il ministero della Salute ha indicato come età di riferimento i 12 anni: dal 2008 saranno le ragazze nate nel 1996 a potere

usufruire del vaccino a carico, per quanto riguarda il suo costo, del Sistema sanitario nazionale. Per sconfiggere il tumore della cervice e rendere la vaccinazione totalmente efficace è importante però che le donne si sottopongano comunque al pap test, cioè allo screening a scadenza stabile.

Dunque la prevenzione rappresenta un vero spauracchio per i cattolici. Ma si sa, per loro malattie e sofferenze sono doni divini: perché rinunciarvi?E sul vaccino di cui abbiamo parlato finora abbiamo anche un’aggravante in più: si parla esplicitamente di malattie sessualmente trasmesse! Perché prevenire una sofferenza, peraltro dono divino, a queste creature così dissolute e immorali che sono le donne?

Stando al [7] programma del Ministero della Salute l’Italia sarà il primo Paese europeo a garantire il vaccino gratuito contro il cancro alla cervice uterina. Staremo a vedere.

A scopo di completezza, è necessario dire che un dibattito simile a quello descritto nell’articolo [8] si è sviluppato anche negli Stati Uniti. In parte perché gruppi religiosi conservatori sostengono che la maggior sicurezza indotta dalla vaccinazione possa far passare in secondo piano una profilassi basata sull’astensione dai rapporti, in parte perché alcuni ricercatori ritengono che una profilassi basata sul vaccino possa favorire la salute pubblica a [9] discapito di quella personale. (N.d.R.)

URLs in this post:[1] virus del papilloma umano o HPV: http://it.wikipedia.org/wiki/Papillomavirus[2] Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Papillomavirus[3] vaccino: http://www.vitadidonna.it/copia_di_vita_di_00004b.html[4] vitadidonna: http://www.vitadidonna.it/copia_di_vita_di_00004b.html[5] Pap Test: http://www.vitadidonna.it/copia_di_vita_di_000011.html[6] Aprileonline: http://www.aprileonline.info/3387/laici-e-cattolici-divisi-da-un-virus[7] programma: http://www.ipocm.ministerosalute.it/ministero/sezDettaglioDiario.jsp?id=33&anno=2007[8] si è sviluppato: http://content.nejm.org/cgi/content/full/355/23/2389[9] discapito di quella personale: http://jama.ama-assn.org/cgi/content/full/297/17/1921

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Hillary e le CompagnePosted By Lameduck On 27 Gennaio, 2008 @ 11:00 In Vere Donne, Democrazia e Diritti, Il Lavoro degli Italiani, Meccanica delle Cose |

Lo ammetto, l’automatismo di gioire perché una donna rischia di diventare presidentessa della repubblica non ce l’ho e anzi, la cosa rischia di provocarmi di solito una fastidiosa orticaria, la stessa che provo quando bisogna essere buoni e buonisti per forza.

Ogni volta che sento gridolini di goduria all’idea che la signora avvocatessa Hillary Clinton o la dottoressa [1] Condoleezza Rice diventino le prime presidentesse degli Stati Uniti e magari la Giovanna Melandri o la Santanchè qualcosa di simile in Italia, anche se la vedo decisamente più dura, mi trovo a pensare quanto sia ahimé assolutamente falsa quest’idea che siccome un politico è donna governerà meglio degli uomini.

Se per “meglio” intendiamo più umanamente, con un occhio di riguardo ai poveri e con una sana ripugnanza della guerra mi sa che gli esempi

passati non ci aiutano molto.Quando governava Golda Meir in Israele hanno per caso taciuto le armi in Medio Oriente? La grande donna politica affermava, in una intervista al Sunday Times del 15 giugno 1969: “Non esiste una cosa come il popolo palestinese … Non è come se noi siamo venuti e li abbiamo cacciati e preso il loro paese. Essi non esistono.”

Uhm, non male.Ricordate gli effetti nefasti sul welfare della politica ultraliberista della madre di tutte le domine, Margaret Thatcher, che pure piace ancora tanto dalle parti degli amanti del bondage estremo economico? Giusto per nominare alcune sue imprese: la guerra delle Falklands, il braccio di ferro con i minatori, i tagli alle mense scolastiche ovvero il famoso “togliere il latte ai bambini”. Insuperabile.Facciamo altri esempi. [2] Indira Gandhi governò l’India più come una dea Kalì dal pugno di ferro che come una buona mamma affettuosa e, per limitare le nascite, iniziò una campagna di sterilizzazione coatta delle classi più povere.La signora Ceausescu fu altrettanto spietata se non di più del marito e così la vedova di Mao, Jiang Qing con la sua famigerata Banda dei Quattro.

Le regine della storia hanno combattuto, eliminato nemici e affamato popoli, esattamente come i loro colleghi maschi.Se proprio vogliamo trovare un esempio di donna che si sfinì fino all’ultimo per aiutare i poveri del suo popolo dobbiamo citare [3] Eva Peron, la quale tuttavia non si faceva problemi a frequentare torturatori e a maneggiare denaro proveniente da bottini nazisti.

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Voglio essere ottimista e pensare che Hillary e compagne saranno molto diverse, ma ho paura che il problema non stia nel sesso del politico ma nella politica, che corromperebbe anche le persone migliori.Inoltre trovo stucchevole definire una conquista del femminismo la donna al potere perché se è vero che ogni grande uomo ha una grande donna alle spalle, ogni grande donna ha alle sue spalle una piccola donna che gli spupazza i figli, gli pulisce la casa, gli bada ai vecchi e gli fa insomma da serva.

Il potere di una donna, oggi, presuppone purtroppo la sottomissione di un’altra donna di status economico inferiore. Niente di nuovo sul fronte occidentale.

Per giunta, guardando bene, si scopre che queste grandi donne sono quasi sempre o figlie, o mogli, o conviventi o amanti di qualche uomo importante nel senso del conto in banca.

Domanda: il risultato di anni di emancipazione femminile consiste nel fatto che una classe di donne si è emancipata grazie a vincoli di sangue e letto e l’altra continua a sbattersi come prima e in più deve anche servire le signore emancipate? Quella che chiamiamo emancipazione non sarà piuttosto nepotismo e attaccamento al posto di comando, che deve essere occupato comunque da “uno di noi” e anche se è donna non importa?

A me piacerebbe vedere una presidentessa nella

sala di comando, ma che fosse una vera donna, una che sa smacchiare un pantalone, sfeltrire il maglioncino, attaccare un bottone, cucinare l’impepata di cozze e badare ad una nidiata di marmocchi.Una insomma che, magari dopo aver lavorato duramente per meno di mille euro al mese, si facesse un culo così anche in casa e conoscesse quindi la vita reale di milioni di donne. Poi magari la politica guasterebbe anche lei ma almeno io e le altre milionesse di elettrici del “Club del Mazzo Tanto” ci sentiremmo un po’ più rappresentate.

Io penso che tante smanie per una donna che adesso corre per la presidenza americana nasconda la consapevolezza che alla fine vincerà comunque un uomo. Ci divertiamo un po’ a fingere che il potere sarà femmina tanto non corriamo rischi.

Del resto recentemente abbiamo assistito alla sonora sconfitta (non dirò trombata) della signora Ségolène Royal in Francia da parte del presidente “trombeur de femmes”. Tanto per ribadire il concetto di cui sopra, la signora fu condannata in una causa giudiziaria perché non aveva retribuito alcune collaboratrici durante una campagna elettorale. Ogni grande donna ha piccole donne alle sue spalle.Politicamente in fondo non era un granché: molto puritana al punto di voler censurare alcuni poster pubblicitari, si era distinta per una campagna in favore della difesa del formaggio chabichou, si era dichiarata contraria ai matrimoni gay e minacciava di mandare a lavorare gli insegnanti anche il pomeriggio perché secondo lei non fanno una cippa tutto il giorno.

Chissà come andrà a finire a novembre negli States. Hanno già detto che è vecchia, che è antipatica, che è lesbica, che è tirchia. Non la vedo

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bene per Hillary, anche se i concorrenti non sono dei fulmini di guerra. Una vera Cima Coppi sotto la neve e il ghiaccio per terra, con i gregari che arrancano.

Paradossalmente però potremmo veramente avere una donna alla Casa Bianca quest’anno. Guardate il filmato. Macchè Hillary Clinton o Condoleezza Rice, donne in fondo cazzute e con il frustino in mano, babbione petulanti e castranti.In quanto a charme e femminilità Rudolph Giuliani, qui in versione drag queen in uno sconcertante duetto con Donald Trump, mostra di fare sul serio.

Guardate che pezzo di gnocca. Se vincerà in novembre, per la prima volta un essere umano potrebbe trovarsi ad impersonare allo stesso tempo il Presidente e Marilyn, diventare l’amante di se stesso e cantarsi [4] “Happy Birthday, mister president” da solo.Dimenticheremo presto le scemenze di Bush. L’impero quest’anno farà il salto in avanti.E che nessuno parli di elezioni truccate, per favore!

URLs in this post:[1] Condoleezza Rice: http://www.mentecritica.net/la-solitudine-di-condoleezza-rice/oltre-le-righe/lexi-amberson/2805/[2] Indira Gandhi: http://guide.supereva.com/india/interventi/2005/06/212561.shtml[3] Eva Peron: http://it.wikipedia.org/wiki/Eva_Duarte_de_Per%C3%B3n[4] “Happy Birthday, mister president”: http://it.youtube.com/watch?v=k4SLSlSmW74

La Solitudine di Condoleezza RicePosted By Lexi Amberson On 27 Gennaio, 2008 @ 16:00 In Oltre le Righe, Vere Donne, Oltre il Confine |

Da qualche tempo, nei confronti di [1] Condoleezza Rice, è in corso un’operazione di discredito personale a mezzo di illazioni scandalistiche e allusioni volgari. Pur avendo risolutamente negato di voler entrare nei giochi elettoralistici del 2008, il Segretario di Stato è da tempo al centro di striscianti manovre tendenti a screditarne l’immagine, soprattutto in una futura prospettiva presidenziale. Per arrivare a questo si è partiti da alcune voci, che da anni circolano sottotraccia, su una sua presunta propensione lesbica.

Per gli infangatori di professione Condoleezza Rice è in questo senso un bersaglio facile, trattandosi di una single di cui non si conoscono rilevanti relazioni con l’altro sesso, mentre al contrario è accertata una sua frequentazione, anni fa, con una giornalista di Fox News.

Se ciò non bastasse sono anche scesi in campo gli psicanalisti della domenica, subito pronti a cogliere nella personalità e nei gusti della Rice inequivocabili segni di mascolinità. Tutti sanno infatti della sua passione per il football e quando, tempo fa, disse che il suo sogno sarebbe poter un giorno diventare commissioner della National Football League molti si sono dati di gomito.

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Ma il colpo finale arriva ora con la “rivelazione” che Condoleezza Rice divide la propria casa con un’altra donna. Però, a dire il vero, si tratta di un segreto di Pulcinella. Tutti in California, dove Rice viveva prima di assumere l’attuale incarico e dove è intenzionata a tornare tra un anno, conoscono la storia. E non c’è proprio nulla di misterioso.

Per sette anni Condoleezza Rice ha rivestito il ruolo di provost alla Stanford University (dove ritornerà al termine della presidenza Bush). L’appartamento in questione, che si trova a Palo Alto, fu acquistato in società con altre due persone: una sua amica regista (Randy Bean) e un professore della Stanford (Coit Blacker, conosciuto da tutti come Chip), dichiaratamente gay.La Rice entrò in società per aiutare l’amica che, in seguito ad alcune spese di carattere medico, si era ritrovata letteralmente sul lastrico. Successivamente il professor Blacker ha rivenduto la sua parte alle due donne che si trovarono quindi ad essere proprietarie al 50% della casa.

Questo è tutto quello che c’è da sapere e francamente non mi sembra molto. In ogni caso sembrerebbe superfluo dire che la vita privata, affettiva e sessuale di una persona, di qualsiasi persona, non è di pertinenza altrui. Ma purtroppo, e qui arriva la parte più disgustosa della vicenda, non è così, dovendo fare i conti con la meschinità della natura umana.

L’input è stato dato alcuni mesi fa da una senatrice democratica della California, Barbara Boxer, la quale, confrontandosi sul tema della guerra in Iraq e chiedendosi chi avrebbe pagato il prezzo per i

molti soldati caduti, ha rimarcato lo status familiare della Rice, non madre e nemmeno sposa.

Nonostante la Boxer abbia in seguito cercato di correggere il tiro, tutti quanti hanno interpretato quella sua frase come un voler affibbiare alla Rice la patente di unfit a ricoprire ruoli di così alta responsabilità. Il senso profondo, e alquanto meschino, era che lei, in quanto (presunta) lesbica e priva sia dell’esperienza materna che della “normale” vita di coppia non avrebbe la sensibilità e nemmeno la preparazione per assumere in un eventuale futuro la carica di Presidente degli Stati Uniti.

E anche se tutti, compresa la stampa democratica, hanno stigmatizzato l’infelice uscita della senatrice californiana, da quel momento il significato recondito e più ipocrita contenuto in quella frase si è insinuato in molte menti.

A partire, paradossalmente, dagli attivisti repubblicani che davanti a questo tipo di situazione, e immemori delle lezioni passate (una su tutte: [2] Mary Cheney), si comportano come bambini vergognosi che cercano in tutti i modi di nascondere di essersi fatti la pipì addosso.

Il risultato è che nell’entourage repubblicano si sta cercando silenziosamente di isolare sempre più Condoleezza Rice. E anche lei, da quel che si dice, non vede l’ora di finire questa sua esperienza per

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non dover più sopportare certe facce. E’ mortificante vedere come nel contrastare una persona non si ricorra minimamente ad una leale contrapposizione di idee bensì ad ogni tipo di discredito personale. Nulla che abbia a che fare con le capacità individuali.

E’ innegabile che, a prescindere da quelle che possono essere le divergenze di opinione politica, Condoleezza Rice sia una donna di non comune qualità.Ma il talento, la bravura, la capacità di smarcarsi dagli altri e di segnare con un tratto distintivo la propria vita, sono tutte cose che non vengono perdonate dalla moltitudine di mediocri, di invidiosi, di omuncoli e donnette, di chi non sa andare oltre ai propri limiti mentali.

URLs in this post:[1] Condoleezza Rice: http://it.wikipedia.org/wiki/Condoleezza_Rice[2] Mary Cheney: http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2007/05_Maggio/24/cheney_figlio.shtml

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