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Mensile di aggiornamento e approfondimento in materia di sicurezza sul lavoro Numero 1 – Gennaio 2016

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Mensile di aggiornamento e approfondimento in materia di sicurezza sul lavoro

Numero 1 – Gennaio 2016

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Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Gennaio 2016, n. 1

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Sommario

APPROFONDIMENTI

Sicurezza: tariffe per miglioramenti PRONTO IL NUOVO MODELLO OT 24 Scade il 29 febbraio 2016 il termine per la presentazione delle domande per la riduzione del tasso medio di tariffa Inail per le aziende che abbiano effettuato nel 2015 interventi per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e di igiene nei luoghi di lavoro, in aggiunta a quelli previsti dalla normativa vigente. (Pierpaolo Masciocchi, Il Sole 24 ORE – Sicurezza24, 22 dicembre 2015)

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Sicurezza e reati LE FATTISPECIE DI REATO IMPUTABILI AL DATORE DI LAVORO DURANTE LE ISPEZIONI Il potere di accesso nei luoghi di lavoro è il potere più caratteristico attribuito agli organi ispettivi. Sul punto deve evidenziarsi che gli ispettori del lavoro hanno facoltà di visitare in ogni parte, a qualunque ora del giorno e della notte, i laboratori, gli opifici, i cantieri, gli uffici, i locali di pubblico spettacolo, i dormitori ed i refettori annessi agli stabilimenti… (Pierpaolo Masciocchi, Il Sole 24 ORE – Sicurezza24, 10 dicembre 2015)

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Sicurezza: bando Isi PRESENTATO IL BANDO ISI 2015 Dal 1° marzo al 5 maggio 2016 le aziende possono inserire sul portale dell'Istituto le domande di finanziamento. Novità di questa sesta edizione – che porta a oltre 1,2 miliardi l'ammontare totale stanziato dal 2010 – l'introduzione di uno specifico asse di contributi per progetti di bonifica da materiali contenenti amianto. (Il Sole 24 ORE – Tecnici24, 21 dicembre 2015)

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Sicurezza e obblighi DECADUTO L'OBBLIGO DI TENUTA DEL REGISTRO INFORTUNI A far data dal 23 dicembre 2015 decade l'obbligo per i datori di lavoro di tenuta del registro infortuni. (Pierpaolo Masciocchi, Il Sole 24 ORE – Tecnici24, 21 dicembre 2015)

22 Sicurezza e giurisprudenza – 1 INFORTUNI: IL DATORE NON È COLPEVOLE QUANDO L'EVENTO È DEL TUTTO IMPREVEDIBILE Corte di cassazione - Sezione lavoro - Sentenza 17 dicembre 2015 n. 25395 (Giampaolo Piagnerelli, Il Sole 24 ORE – Guida al Diritto online, 17 dicembre 2015)

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Sicurezza e giurisprudenza – 2 LO STRESS PER IL MANCATO RIPOSO VA RISARCITO COME LAVORO STRAORDINARIO Corte di cassazione - Ordinanza 15 dicembre 2015 n. 25260 (Giampaolo Piagnerelli, Il Sole 24 ORE – Guida al Diritto online, 15 dicembre 2015)

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Sicurezza e privacy LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI NELLA SICUREZZA SUL LAVORO Il Garante della privacy ha recentemente pubblicato una scheda informativa del Responsabile della protezione dei dati personali (Data Protection Officer), come definita nella proposta di Regolamento COM(2012)11 concernente la “tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali e la libera circolazione di tali dati”. (Pierpaolo Masciocchi, Il Sole 24 ORE – Sicurezza24, 22 dicembre 2015)

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Sicurezza: trasporti eccezionali I NUOVI CRITERI DI ASSIMILAZIONE E CIRCOLAZIONE DELLE PIATTAFORME SEMOVENTI Il provvedimento disciplina le procedure di omologazione e di accertamento dei requisiti di idoneità alla circolazione delle piattaforme semoventi eccezionali ed individua i requisiti richiesti per la circolazione delle piattaforme semoventi eccezionali. (Pierpaolo Masciocchi, Il Sole 24 ORE – Cantieri24, 22 dicembre 2015)

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L’ESPERTO RISPONDE

38 RASSEGNA DI NORMATIVA

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Chiusa in redazione il 7 gennaio 2016

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Sicurezza: tariffe per miglioramenti

Pronto il nuovo modello OT 24 (Pierpaolo Masciocchi, Il Sole 24 ORE – Sicurezza24, 22 dicembre 2015)

Scade il 29 febbraio 2016 il termine per la presentazione delle domande per la riduzione del tasso medio di tariffa Inail per le aziende che abbiano effettuato nel 2015 interventi per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e di igiene nei luoghi di lavoro, in aggiunta a quelli previsti dalla normativa vigente.

È quanto emerge dal nuovo modello OT/24 pubblicato nella sezione modulistica del sito dell’Inail.

La normativa di riferimento, in proposito, è il D.M. 12 dicembre 2000, come modificato, da ultimo, dal Decreto Ministeriale del 3 marzo 2015 il quale prevede, all’articolo 24, che l’INAIL può applicare una riduzione del tasso medio di tariffa alle aziende che abbiano effettuato interventi per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e di igiene nei luoghi di lavoro, in aggiunta a quelli previsti dalla normativa in materia. La riduzione del tasso medio di tariffa è determinata in relazione al numero dei lavoratori anno del periodo, calcolati per singola voce di tariffa, secondo lo schema seguente:

Lavoratori-Anno Riduzione Fino a 10 28 % Da 11 a 50 18 % Da 51 a 200 10 % Oltre 200 5 %

Il numero del lavoratori anno rappresenta uno speciale parametro quantitativo adottato nell’ambito del sistema tariffario INAIL all’esclusivo fine di determinare la misura dell’oscillazione del tasso di premio spettante all’azienda dopo il primo biennio di attività. Il calcolo è effettuato rapportando, anno per anno, le retribuzioni soggette a contribuzione alla retribuzione media annua determinata secondo i parametri esplicitati nell’art.22 MAT, sulla base del periodo di osservazione costituito dal primo triennio del quadriennio precedente l’anno nel quale il tasso oscillato deve trovare applicazione o del minor periodo, purché non inferiore ad un anno, nelle ipotesi di attività iniziata da meno di quattro anni. Il dato è comunicato alla ditta annualmente

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sul provvedimento 20SM, nella sezione “determinazione del tasso applicato sulla base dei dati del periodo di osservazione” ed è distinto per ciascun rischio assicurato. Per ottenere la riduzione l’azienda deve presentare apposita istanza (Modello OT24) fornendo tutti gli elementi, le notizie e le indicazioni definiti a tal fine dall’INAIL. La domanda di riduzione deve essere presentata esclusivamente in modalità telematica attraverso la sezione Servizi Online presente sul sito www.inail.it entro il termine del 29 febbraio 2016. La domanda è presentata per l’unità produttiva (o le unità produttive) dell’azienda in cui siano stati attuati gli interventi di miglioramento delle condizioni di sicurezza e di igiene nei luoghi di lavoro. Si ricorda che per unità produttiva si intende “lo stabilimento o struttura finalizzati alla produzione di beni o all’erogazione di servizi, dotati di autonomia finanziaria e tecnico funzionale” (Cfr. art. 2 del D.Lgs. 81/08). Al fine di semplificare i rapporti delle aziende con l’Istituto, tutte le domande presentate dall’azienda, indipendentemente dalla localizzazione territoriale delle Unità produttive, sono inoltrate alla sede INAIL competente in relazione alla circoscrizione territoriale della sede legale dell’azienda, individuata automaticamente in fase di compilazione online del modulo. Sul modello di domanda la ditta indica gli interventi per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e di igiene nei luoghi di lavoro, in aggiunta a quelli previsti dalla normativa in materia, che ha attuato nell’anno solare precedente quello di presentazione della domanda. Ad ogni intervento è attribuito un punteggio. Per poter accedere alla riduzione del tasso medio di tariffa è necessario aver effettuato interventi tali che la somma dei loro punteggi sia pari almeno a 100. Per il raggiungimento del punteggio è possibile selezionare interventi relativi a diverse sezioni o a una sola sezione del modello. Una volta individuati interventi sufficienti a far raggiungere un punteggio almeno pari a 100, è inibita la selezione di ulteriori interventi. L’Istituto individua per ogni intervento la documentazione che ritiene probante l’attuazione dell’intervento dichiarato. La riduzione riconosciuta ha effetto per l’anno in corso alla data di presentazione dell’istanza ed è applicata in sede di regolazione del premio assicurativo dovuto per lo stesso anno. Qualora risulti, in qualsiasi momento, la mancanza dei requisiti prescritti per il riconoscimento della riduzione, l’INAIL procede all’annullamento della riduzione stessa e alla richiesta delle integrazioni dei premi dovuti, nonché all’applicazione delle vigenti sanzioni. L’accettazione della domanda e, quindi, la possibilità di ottenere una riduzione del tasso di premio, è condizionata alla presenza di tre presupposti applicativi. Regolarità contributiva ed assicurativa La riduzione è concessa solo dopo l’accertamento dei requisiti di regolarità contributiva del datore di lavoro richiedente, secondo i criteri e le modalità previste dal decreto interministeriale 30 gennaio 2015, in attuazione del comma 2 dell’articolo 4 del decreto legge 34/14, come precisati nella circolare INAIL 61 del 26 giugno 2015. Osservanza delle norme in materia di prevenzione infortuni e di igiene del lavoro Il requisito s’intende realizzato qualora siano osservate tutte le disposizioni obbligatorie in materia di prevenzione infortuni e di igiene del lavoro con riferimento alla situazione presente alla data del 31 dicembre dell’anno precedente quello cui si riferisce la domanda. Per la sussistenza del requisito si fa riferimento all’azienda nel suo complesso e non alle sole PAT oggetto della domanda Sul sito web INAIL – www.inail.it – è presente un questionario di autovalutazione per verificare il livello di conformità alle principali norme inerenti alla tutela della salute e sicurezza sul lavoro. Non rilevano le irregolarità risultanti da accertamenti non definitivi a norma di legge o comunque sospesi in sede di contenzioso amministrativo o giudiziario, salvo l’annullamento della riduzione concessa qualora l’irregolarità sia definitivamente accertata nelle sedi competenti

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Interventi migliorativi in materia di sicurezza ed igiene nei luoghi di lavoro La specifica condizione riguardante l’attuazione di interventi per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e di igiene nei luoghi di lavoro nel corso dell’anno solare precedente quello di presentazione dell’istanza, in aggiunta a quelli previsti dalla normativa in materia (Cfr. D.Lgs. 81/08 e successive modifiche e integrazioni), s’intende realizzata qualora all’interno dell’Unità produttiva (o delle Unità produttive) indicata nella domanda siano stati effettuati interventi tali che la somma dei loro punteggi sia pari almeno a 100. Gli interventi migliorativi che l’azienda deve dimostrare di aver adottato devono riferirsi all’anno solare precedente quello di presentazione della domanda. In generale si evidenzia che alcuni interventi possono avere valenza pluriennale; essi, infatti, mantengono la loro validità negli anni sin quando l’azienda continua a mantenere ed attuare quanto previsto dall’intervento (procedure, modalità operative, codici di pratica, ricorso a personale o ditte qualificati, adozione di un sistema di gestione, ecc.). È però necessario che l’azienda ripresenti annualmente l’istanza e dimostri anno per anno tale continuità di attuazione mediante la documentazione probante indicata. Nel modello di domanda sono contemplati quattro diverse tipologie di intervento. Interventi di carattere generale Tali interventi si riferiscono ai sistemi di gestione della salute e sicurezza sul lavoro. Si precisa, in proposito, che qualora la data di scadenza dei certificati cada nell’anno 2015 e non sia presente documentazione attestante il rinnovo l’azienda che abbia comunque mantenuto detto SGSL, ancorché in assenza di certificazione, non dovrà selezionare l’intervento relativo ai SGSL certificati, bensì l’intervento d) relativo a un SGSL non certificato. Durante le verifiche che saranno svolte dall’INAIL si potrebbero riscontrare sui documenti presentati dall’azienda evidenze di non conformità. Le non conformità possono essere di tipo normativo, maggiori o minori. Le non conformità di tipo normativo e le non conformità maggiori determineranno il respingimento dell’istanza. Nel caso di non conformità minori l’intervento si può ritenere attuato. Sono non conformità di tipo normativo quelle che riguardano il mancato rispetto di un requisito di legge in materia di salute e sicurezza sul lavoro e ovviamente comportano il venir meno dei prerequisiti per la concessione dello sconto. Sono non conformità maggiori le carenze di sistema tali da inficiare l’efficacia del sistema stesso. Possono essere punti della linea guida o della norma cui si è fatto riferimento per l’adozione o il mantenimento del SGSL, non trattati o gestiti in maniera talmente poco accurata o poco calata nella specifica realtà aziendale da essere inadeguati. A titolo esemplificativo si citano i seguenti possibili casi: a) Documento di politica complessivamente carente rispetto ai punti della norma e/o degli obiettivi e/o non sottoscritta dall’alta direzione aziendale; b) Verbale di audit interno effettuato da personale non competente; c) Verbale di audit interno carente (ad esempio verifica solo documentale o su un numero di processi aziendali non rispondente e significativo rispetto all’impresa in esame); d) Verbale di riesame carente rispetto all’insieme dei punti previsti dalla norma o che mostra come il riesame sia stato svolto in maniera poco rappresentativa della realtà aziendale con particolare riferimento alla partecipazione e al coinvolgimento dei lavoratori; Sono non conformità minori: “imperfezioni” che non inficiano la validità complessiva del sistema e che non rientrano nella casistica di cui sopra Interventi di carattere generale ispirati alla responsabilità sociale Occorre che l’azienda abbia realizzato modelli di rendicontazione di Responsabilità Sociale, (bilancio di sostenibilità o bilancio sociale) asseverati da parte di ente terzo oppure ha implementato e mantiene principi, temi fondamentali, aspetti specifici di responsabilità sociale, propri della UNI ISO

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26000:2010, ed ha conseguentemente implementato e/o mantenuto modelli di Prevenzione Integrata, realizzati attraverso politiche, prassi, procedure integrate di Modelli di Responsabilità Sociale secondo la UNI ISO 26000:2010 e Sistemi di gestione della SSL (OHSAS 18001 e Linee Guida UNI INAIL), cui si aggiungano anche altri sistemi di gestione (ISO 9001:2008, ISO 14001:2004, EMAS:2009). Occorre, in alternativa, che l’azienda abbia implementato: a) principi, temi fondamentali, aspetti specifici di responsabilità sociale, propri della UNI ISO 26000:2010, ed ha conseguentemente privilegiato, nella selezione dei fornitori e/o per la gestione di appalti, anche per quanto attiene la tutela della SSL, almeno uno fra i criteri di: - Sustainable Public Procurement (oltre gli obblighi previsti dalla legislazione e dal Decreto del Ministero dell'Ambiente – 6 giugno 2012 – “Guida per l'integrazione degli aspetti sociali negli appalti pubblici”) - Green Public Procurement b) principi, temi fondamentali, aspetti specifici di responsabilità sociale, propri della UNI ISO 26000:2010, ed ha conseguentemente adottato ISTRUZIONI OT24 – 2016 15 misure per ridurre i livelli di rischiosità delle lavorazioni e/o attività svolte e/o presenti in azienda seguendo forme di prevenzione in ottica di genere, attraverso le seguenti attività: - segnalazioni di quasi infortuni e/o mancati incidenti distinti per causa, età, provenienza e genere; - anamnesi lavorativa e screening medico-sanitari differenziati; c) principi, temi fondamentali, aspetti specifici di responsabilità sociale, propri della UNI ISO 26000:2010, ed ha conseguentemente adottato politiche, procedure e/o piani operativi di sostegno alle risorse umane, anche per la conciliazione dei tempi vita/lavoro, che prevedano almeno tre interventi fra i seguenti: - agevolazioni per i dipendenti (mutui a tasso agevolato; buoni pasto; mensa interna o esterna in convenzione; asili nido interni o esterni in convenzione; centri estivi centri/iniziative per periodi non scolastici – 90 giorni – per i figli dei dipendenti; polizza sanitaria integrativa nel caso di sostegno a malato oncologico o sostegno psicologico, anche post partum): - tipologie di orario flessibile e telelavoro; - programmi di reinserimento lavorativo; - formazione continua per lo sviluppo delle professionalità individuali; - iniziative di rilevazione e monitoraggio del benessere organizzativo e individuale e sportello di ascolto; d) principi, temi fondamentali, aspetti specifici di responsabilità sociale, propri della UNI ISO 26000:2010, ed ha conseguentemente adottato politiche, procedure e/o piani operativi per il supporto alla gestione delle differenze e delle diversità, oltre quanto stabilito dalla legislazione di riferimento, che prevedano almeno tre interventi fra i seguenti: - sostegno e/o assistenza in casi di disabilità di parenti e/o affini; - assunzione di persone con disabilità; - agevolazione nell’inserimento di: disabili e/o minoranze in genere (linguistiche, etniche, religiose, ecc.); - sostegno al reinserimento lavorativo di disabili; - uguale trattamento nelle fasi di: formazione, assunzione, assegnazione mansioni/incarichi o progressione di carriera;

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e) mantiene principi, temi fondamentali, aspetti specifici di responsabilità sociale, propri della UNI ISO 26000:2010, ed ha conseguentemente attuato iniziative di supporto alle PMI (a favore di aziende controllate, partecipate o esterne) per l’adozione di principi, temi fondamentali, aspetti specifici propri della UNI ISO 26000:2010, che generino ricadute lungo la catena del valore sulla SSL, con almeno un intervento fra i seguenti: - incentivazione; - sostegno; - sgravi anche economici; f) principi, temi fondamentali, aspetti specifici di responsabilità sociale, propri della UNI ISO 26000:2010, ed ha conseguentemente sostenuto e promosso un coinvolgimento delle diverse figure aziendali al fine di promuovere la tutela della salute e sicurezza sul lavoro secondo una prospettiva di responsabilità sociale con la realizzazione congiunta di almeno una delle seguenti attività: - piani di formazione ed educazione sanitaria oltre gli obblighi previsti dalla normativa vigente (concordati dal Datore di lavoro con il Medico Competente e RLS, o RLST o RLS di sito rispetto ad esigenze specifiche); - protocolli sanitari dedicati; - procedure o istruzioni operative; g) principi, temi fondamentali, aspetti specifici di responsabilità sociale, propri della UNI ISO 26000:2010, ed ha conseguentemente operato un continuo processo di coinvolgimento degli stakeholder (punto 2.21 della UNI ISO 26000:2010) nella definizione ed attuazione di politiche interne sociali, ambientali, di sostegno alla comunità, con impatti sulla SSL, attraverso almeno quattro interventi fra i seguenti: - politiche di sostenibilità (acquisti sostenibili); - politiche di life cycle assessment (approccio del ciclo di vita); - prevenzione e gestione dei rischi ambientali; - uso sostenibile delle risorse; - utilizzo di fonti di energia rinnovabili; - formazione continua del personale sulle tematiche ambientali; - investimenti o partecipazione attiva ad iniziative della comunità con interventi non solo finanziari ma anche sotto forma di partnership, in ambiti quali: istruzione e formazione, cultura, sport; h) un sistema di Responsabilità Sociale certificato SA 8000. Sicurezza e sorveglianza sanitaria Sul tema della sicurezza e della sorveglianza sanitaria sono previsti i seguenti interventi di miglioramento: - Per le aziende fino a 15 lavoratori è stata effettuata almeno una volta l’anno la riunione periodica di cui all’art. 35 del D.Lgs. 81/08 senza necessità di specifica richiesta da parte del RLS/RLST. - L’azienda ove sono occupati meno di 10 lavoratori dispone del piano di emergenza e ha effettuato la prova di evacuazione almeno una volta l’anno, con verifica dell’esito (ad eccezione delle aziende di cui all’art. 3 comma 2 del D.M. 10 marzo 1998).

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- L’azienda raccoglie e analizza sistematicamente i quasi infortuni avvenuti in occasione di lavoro al proprio personale. - L’azienda adotta una procedura mediante la quale raccoglie e analizza sistematicamente gli infortuni e i quasi infortuni avvenuti in occasione di lavoro agli appaltatori e ai subappaltatori all’interno dei luoghi di lavoro su cui l’azienda stessa ha disponibilità giuridica. - L’azienda adotta una procedura per la verifica dell’efficacia della formazione, che comprenda test di verifica sia al termine di ciascun intervento formativo, sia successivamente. - Nei riguardi dei lavoratori con specifiche tipologie contrattuali l’azienda attua una procedura per la verifica dell’apprendimento delle corrette modalità operative per la mansione e dei comportamenti da adottare in caso di emergenze. - L’azienda ha curato la formazione dei lavoratori stranieri attraverso l’organizzazione di corsi integrativi di lingua italiana comprendenti la terminologia relativa alla salute e sicurezza sul lavoro, e attraverso l’adozione di modalità informative specifiche in tema di salute e sicurezza sul lavoro. - L’azienda, per la quale non è obbligatoria per legge l’adozione di un defibrillatore, ha effettuato la specifica formazione per lavoratori addetti all’utilizzo del defibrillatore in proprio possesso. - Il medico competente, d’intesa con il datore di lavoro, ha indicato nel protocollo sanitario ed ha realizzato almeno uno dei seguenti interventi: a) nella cartella sanitaria dei lavoratori sono state raccolte le informazioni anamnestiche dal medico di famiglia del lavoratore in merito alle patologie in atto o pregresse, alle invalidità, alle terapie in corso, tenendo conto della normativa attinente la trasmissione di dati sensibili b) sono stati acquisiti ed elaborati dati epidemiologici del territorio e del comparto specifico in cui opera l’azienda c) sono state effettuate visite specifiche di sorveglianza sanitaria per i lavoratori incaricati delle squadre di emergenza, al fine di verificarne il possesso dei requisiti psicofisici. - L’azienda ha effettuato una specifica formazione e informazione dei lavoratori, oltre a quanto previsto dalla normativa vigente, che tiene conto degli scenari incidentali che potrebbero realizzarsi nell’ambiente di lavoro a seguito di evento sismico o altri eventi calamitosi. - L’azienda attua un piano di monitoraggio strumentale dei livelli di esposizione dei lavoratori a uno o più agenti chimici, fisici, biologici, oltre a quanto previsto dalla legislazione - Il personale che durante l’attività lavorativa fa uso di veicoli a motore personalmente condotti ha effettuato uno specifico corso teorico-pratico di guida sicura - L’azienda fornisce un servizio di trasporto casa-lavoro con mezzi di trasporto collettivo integrativo di quello pubblico. - L’azienda ha partecipato, nell’ambito di specifici accordi e convenzioni con gli enti competenti, alla realizzazione di interventi volti al miglioramento della sicurezza delle infrastrutture stradali in prossimità del luogo di lavoro quali ad esempio impianti semaforici, di illuminazione, attraversamenti pedonali, rotatorie, piste ciclabili, ecc Prevenzione di rischi specifici Gli interventi previsti in questa sezione hanno un punteggio diversificato a seconda del settore produttivo identificato secondo l’articolazione dei grandi gruppi/gruppi/sottogruppi riportata nella seguente Tabella 1.

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Tabella 1

Settore

Grandi gruppi/gruppi/sottogruppi di tariffa

Industria

Artigianato

Terziario

Altre attività

Alimenti Gruppo 1400 Gruppo 1400 Gruppo 1400 Gruppo 1200 Chimica Gruppo 2100 Gruppo 2100 Gruppo 2100 Gruppo 2100 Costruzioni Grande Gruppo

3 Grande Gruppo 3

Grande Gruppo 3

Grande Gruppo 3

Comunicazioni Gruppo 4200 Grande gruppo 4 Gruppo 4200 Gruppo 4200 Energia Gruppi 4100,

4300, 4500 Grande Gruppo 4

Gruppo 4100 Gruppo 4100

Legno Grande Gruppo 5

Grande Gruppo 5

Grande Gruppo 5

Grande Gruppo 5

Metallurgia Gruppo 6100 Gruppo 6100 Gruppo 6100 Gruppo 6100 Metalmeccanica Gruppo 6200 Gruppo 6200 Gruppo 6200 Gruppo 6100 Mineraria Gruppo 7100 Gruppo 7100 Gruppo 7100 Gruppo 7100 Ceramiche Sottogruppo

7280 Sottogruppo 7280

Sottogruppo 7200

Gruppo 7100

Vetro Gruppo 7300 Gruppo 7300 Gruppo 7300 Gruppo 7100 Tessile Grande Gruppo

8 Grande Gruppo 8

Grande Gruppo 8

Grande Gruppo 8

Trasporti Gruppo 9100 escluso 9140

Gruppo 9100 Gruppo 9100 Gruppo 9100

Nella compilazione del modulo l’azienda potrà selezionare il punteggio relativo a uno specifico settore produttivo purché nell’istanza sia presente almeno una lavorazione attiva (voce di tariffa) ad esso riconducibile. In presenza di più voci di tariffa riconducibili a settori con punteggi diversi l’azienda ha facoltà di scegliere il settore con punteggio più favorevole.

In sintesi

Che cos'è lo sconto per prevenzione?

L'Inail premia con uno "sconto" denominato "oscillazione per prevenzione" (OT/24), le aziende, operative da almeno un biennio, che eseguono interventi per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e di igiene nei luoghi di lavoro, in aggiunta a quelli minimi previsti dalla normativa in materia (decreto legislativo 81/2008 e successive modifiche e integrazioni).

A cosa serve L'"oscillazione per prevenzione" riduce il tasso di premio applicabile all'azienda, determinando un risparmio sul premio dovuto all'Inail. In base al decreto ministeriale 3 marzo 2015, che ha sostituito l'articolo 24 decreto ministeriale 12 dicembre 2000, la riduzione di tasso è riconosciuta in misura fissa, in

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relazione al numero dei lavoratori-anno del periodo. Chi può beneficiarne Su domanda, tutte le aziende in possesso dei requisiti

per il rilascio della regolarità contributiva ed assicurativa ed in regola con le disposizioni obbligatorie in materia di prevenzione infortuni e di igiene del lavoro (pre-requisiti). In aggiunta, è necessario che l'azienda abbia effettuato, nell'anno precedente a quello in cui chiede la riduzione, interventi di miglioramento nel campo della prevenzione degli infortuni e igiene del lavoro.

Come ottenere la riduzione La domanda deve essere inoltrata esclusivamente in modalità telematica attraverso la sezione Servizi online presente sul sito www.inail.it entro il 2 febbraio 2016. Il facsimile del modello di domanda, che deve essere compilata solo online, è disponibile nella sezione Modulistica insieme alle relative Istruzioni per la compilazione.

Valutazione e decisione L'Inail, entro i 120 giorni successivi al ricevimento della domanda, comunica all'azienda il provvedimento adottato adeguatamente motivato. E' stato predisposto un elenco contenente la documentazione che l'Istituto ritiene utile a dimostrare l'effettuazione degli interventi di miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro riportati nel modello OT24.Tale documentazione viene di norma richiesta, in fase di verifica, alle aziende che presentano l'istanza di riduzione.

Applicazione della riduzione La riduzione riconosciuta dall'Inail opera solo per l'anno nel quale è stata presentata la domanda ed è applicata dall'azienda stessa, in sede di regolazione del premio assicurativo dovuto per lo stesso anno.

Requisiti Per quanto riguarda la regolarità in materia di prevenzione infortuni ed igiene del lavoro, il requisito s'intende realizzato qualora siano osservate tutte le disposizioni obbligatorie con riferimento alla situazione presente alla data del 31 dicembre dell'anno precedente quello cui si riferisce la domanda. L'oscillazione per prevenzione (art. 24 M.A.T.), inoltre, rientra tra i "benefici normativi e contributivi" previsti dal decreto ministeriale 24 ottobre 2007. Pertanto, per fruire della riduzione, è necessario che, al momento della concessione del beneficio, i datori di lavoro siano in possesso dei seguenti requisiti:

applicazione integrale della parte economica e

normativa degli accordi e dei contratti collettivi nazionali e regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, nonché degli altri obblighi di legge

inesistenza, a carico del datore di lavoro o del dirigente responsabile, di provvedimenti, amministrativi o giurisdizionali, definitivi in ordine alla commissione delle violazioni, in

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materia di tutela delle condizioni di lavoro, di cui all'allegato A del decreto ministeriale del 24 ottobre 2007 o il decorso del periodo indicato dallo stesso allegato per ciascun illecito (cd. "cause ostative")

il possesso della regolarità contributiva nei confronti di Inail e Inps e, per il settore edile, anche delle Casse Edili.

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Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Gennaio 2016, n. 1

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Sicurezza e reati

Le fattispecie di reato imputabili al datore di lavoro durante le

ispezioni (Pierpaolo Masciocchi, Il Sole 24 ORE – Sicurezza24, 10 dicembre 2015)

Il potere di accesso nei luoghi di lavoro è il potere più caratteristico attribuito agli organi ispettivi.

Sul punto deve evidenziarsi che gli ispettori del lavoro hanno facoltà di visitare in ogni parte , a

qualunque ora del giorno e della notte, i laboratori, gli opifici, i cantieri, gli uffici, i locali di pubblico

spettacolo, i dormitori ed i refettori annessi agli stabilimenti, non di meno essi dovranno astenersi

dal visitare i locali annessi a luoghi di lavoro e che non siano direttamente o indirettamente

connessi con l’esercizio dell’azienda, sempreché non abbiamo fondato sospetto che servano a

compiere o a nascondere violazioni di legge.

Allo stesso modo il potere di accesso è riconosciuto agli addetti alla vigilanza degli istituti

previdenziali per esaminare tutta la documentazione che sia pertinente con gli obblighi contributivi

o con l’erogazione delle prestazioni previdenziali e per assumere dai datori di lavoro e dai lavoratori

notizie attinenti alla sussistenza dei rapporti di lavoro, alle retribuzioni, agli adempimenti

contributivi e assicurativi.

Da quanto sopra si evince che il personale ispettivo, senza alcun preavviso e senza necessità di un

mandato specifico, può liberamente accedere in azienda o nei cantieri al fine di assicurare

l’osservanza delle norma in materia di tutela del lavoro in ogni sua forma. Il potere di accesso non

può comunque spingersi fino alla dimora privata del cittadino che costituisce, dunque, un luogo

inviolabile da parte degli ispettori.

Gli ispettori possono esaminare tutta la documentazione relativa alla legislazione sociale e del

lavoro, ivi compresa quella contabile e anche quella inerente la sicurezza sul lavoro. Possono

intervistare liberamente i lavoratori occupati in azienda, che devono essere sentiti separatamente e

senza la presenza del datore di lavoro, né del professionista che assiste l’azienda.

Nel corso di un accertamento, l'ispettore di vigilanza può trovare ostacolo nel comportamento del

datore di lavoro che impedisce in qualche modo la definizione dell'accertamento stesso.

Generalmente due sono le tipologie di comportamenti che possono configurare un illecito, in specie

quelli omissivi e quelli irregolari.

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Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Gennaio 2016, n. 1

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Essendo le verifiche ispettive fondate sull'esame di atti e documenti aziendali, il comportamento

omissivo si configura di solito nel rifiuto alla esibizione della documentazione richiesta. Il rifiuto

dell'esibizione della documentazione o altre cause che ne impediscono la visura (smarrimento,

documentazione non più rinvenibile ecc.) dovranno risultare dal verbale e, se possibile, da una

dichiarazione scritta del datore di lavoro o del suo rappresentante. Qualora infatti tale

documentazione fosse successivamente in qualche modo e da chiunque rinvenuta, si

configurerebbe lo stesso effetto di un comportamento omissivo del datore di lavoro e quindi la

possibilità di procedere ad un ulteriore accertamento.

Si concretizza invece un comportamento irregolare nelle mancate registrazioni di lavoratori nel

Libro Unico del Lavoro, ovvero in registrazioni di retribuzioni inferiori a quelle effettivamente

corrisposte, non rilevabili al momento dell'ispezione sulla base degli interrogatori effettuati e della

documentazione resa disponibile. Tali situazioni possono venire alla luce anche dopo la chiusura del

verbale, sia ovviamente per denunce presentate dai lavoratori, che per fatti interni ed esterni

all'Istituto dei quali lo stesso è venuto a conoscenza in momenti successivi.

Tutti questi comportamenti assunti da parte del datore di lavoro possono dar luogo a fattispecie di

reato, che in seguito si evidenziano.

Impedimento dell’accesso agli ispettori

Il datore di lavoro non può assolutamente impedire l’accesso e lo svolgimento dell’attività di

vigilanza; nel caso ciò avvenga può essere applicata al datore di lavoro una sanzione

amministrativa assai elevata. Inoltre, nei casi più gravi, il fatto può assumere anche rilevanza

penale, integrando gli estremi del reato di interruzione di pubblico servizio (art. 340 c.p.), di

resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.) o di violenza o minaccia a pubblico ufficiale (art. 336

c.p.).

In questi casi, tuttavia, trattandosi di ipotesi di reato, dovranno essere rispettate le garanzie

previste dal codice di procedura penale e le attività potranno essere poste in essere solo dagli

ispettori del lavoro che rivestono la qualifica di polizia giudiziaria. Gli stessi pertanto, potranno

procedere alla perquisizione dei locali al fine di acquisire elementi di prova dell’illecito

amministrativo, previa autorizzazione della magistratura.

Resistenza a pubblico ufficiale

L'art. 337 c.p. prevede che "chiunque usa violenza o minaccia per opporsi ad un pubblico ufficiale o

ad un incaricato di pubblico servizio, mentre compie un atto di ufficio o di servizio, o a coloro che,

richiesti, gli prestano assistenza, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni".

La ragione giustificatrice della norma va ricercata nell'esigenza di tutelare la libertà di azione dei

pubblici poteri nella fase di esecuzione delle decisioni adottate. L'interesse tutelato della pubblica

amministrazione, vale a dire dell'ispettore del lavoro o della USL, è quello diretto a non subire

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Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Gennaio 2016, n. 1

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intralci nel momento in cui procede all'attuazione della sua volontà. Ciò implica che l'atto dell'ufficio

o del servizio deve essere già iniziato e che la violenza o la minaccia, in cui consiste la resistenza,

devono essere contemporanee allo svolgimento dell'attività funzionale.

Infatti l'ispettore può incontrare resistenza da parte del datore di lavoro (o dirigente o preposto) il

quale può avere un preciso interesse a non permettere l'ingresso in certi luoghi di lavoro proprio al

personale addetto al controllo e alla prevenzione, evidentemente allo scopo di non far scoprire

situazioni che integrano violazione delle norme dettate in materia di sicurezza ed igiene. La Corte

di Cassazione penale con sentenza n. 7055 del 15 luglio 1996 ha riconosciuto la responsabilità

penale ex art. 317 del datore di lavoro e del lavoratore nel caso in cui il primo ordini al dipendente

di impedire l'uscita dallo stabilimento degli ispettori USL.

Violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario

L'art. 338 c.p. prevede che "chiunque usa violenza ad un Corpo politico, amministrativo o

giudiziario o ad una rappresentanza di esso, o ad una qualsiasi pubblica Autorità costituita in

collegio, per impedirne, in tutto o in parte, anche temporaneamente l'attività, è punito con la

reclusione da uno a sette anni".

La condotta incriminata consiste nell'usare violenza o minaccia per opporsi al compimento

dell'attività funzionale, cioè in un'attività che influisca negativamente sulla libertà di movimento del

pubblico funzionario (ispettore del lavoro o della USL).

Oltraggio a pubblico ufficiale

L'art. 341 c.p., stabilisce che "chiunque offenda l'onore o il prestigio di un pubblico ufficiale, in

presenza di lui e a causa o nell'esercizio delle sue funzioni, è punito con la reclusione da sei mesi a

due anni" e aggiunge, al comma 4, che "le pene sono aumentate quando il fatto è commesso con

violenza o minaccia, ovvero quando l'offesa è recata in presenza di una o più persone".

L'offesa all'onore o al prestigio deve avvenire in presenza del pubblico ufficiale; ciò presuppone un

rapporto di continuità spaziale. Inoltre è necessario che vi sia un nesso funzionale tra il

comportamento offensivo e l'esercizio delle funzioni, nesso di contestualità (nell'esercizio) e di

causalità psicologica (nella causa). Ciò significa che la ragione dell'offesa va ravvisata nelle funzioni

che l'ispettore deve compiere.

La causa di giustificazione della reazione legittima a pubblico ufficiale

L'art. 4, D.L.L. 14 settembre 1944, n. 288, dispone che "non si applicano le disposizioni degli artt.

336 (Violenza o minaccia a un pubblico ufficiale), 337 (Resistenza a un pubblico ufficiale), 338

(Violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario), 339 (Circostanze

aggravanti), 341 (Oltraggio a un pubblico ufficiale), 342 (Oltraggio a un Corpo politico,

amministrativo o giudiziario), 353 (Turbata libertà degli incanti) cod. pen., quando il pubblico

ufficiale ovvero l'incaricato di un pubblico servizio ovvero il pubblico impiegato, abbia dato causa al

fatto preveduto negli stessi articoli, eccedendo con atti arbitrari i limiti delle sue attribuzioni".

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La ratio dell'istituto della legittima reazione agli atti arbitrari del pubblico ufficiale va ravvisata

nell'esigenza di tener conto della posizione psicologica del privato che si ritenga vittima di una

pubblica prevaricazione, piuttosto che nell'esigenza di garantire interessi materiali di volta in volta

sottesi alla situazione di conflitto.

La reazione agli atti arbitrari che costituisce una vera e propria causa di giustificazione che elimina

l'antigiuridicità del fatto può consistere in una reazione materiale che mira ad impedire la

realizzazione di un atto della pubblica amministrazione o in una reazione verbale successiva all'atto

medesimo. La reazione del privato, in tal caso del datore di lavoro, è legittima quando il pubblico

ufficiale vi abbia dato causa eccedendo con atti arbitrari i limiti delle sue attribuzioni: ad esempio,

si potrebbe probabilmente configurare nel caso dell'ispettore del lavoro o della USL che si rifiuti di

esibire il tesserino di riconoscimento. Il concetto di arbitrarietà denota il particolare atteggiamento

psicologico di chi compie l'atto illegittimo cioè la consapevolezza di conseguire uno scopo estraneo

alla funzione per danneggiare il datore di lavoro.

Posta però la difficoltà di accertare la malafede del pubblico funzionario si può ritenere che per

giustificare l'autotutela del datore di lavoro sia sufficiente il fatto che la condotta del pubblico

ufficiale contraddica la norma che dovrebbe disciplinarla.

Rifiuto di fornire informazioni o notizie all'ispettore

Coloro che legalmente richiesti dagli ispettori del lavoro di fornire notizie e informazioni sulle

condizioni di lavoro esistenti nell'impresa, non le forniscano o le diano scientemente errate od

incomplete sono puniti. Più in particolare, Commette il reato di cui all'art. 4 della L. 628/1961 il

datore di lavoro che ometta di rispondere alla richiesta rivoltale dall'Ispettorato del lavoro di

documentazione necessaria per verifica della sussistenza di irregolarità nelle assunzioni dei

dipendenti.

Si precisa che la mancata esibizione dei documenti sul lavoro è «intralcio» e non «impedimento»

all'attività di vigilanza. Pertanto è condotta punibile in via amministrativa con la sanzione da 1.290

a 12.910 euro (ai sensi della legge n. 638/1983) e non in via penale con la sanzione dell'arresto

fino a due mesi o dell'ammenda fino a 516 euro (ai sensi della legge n. 628/1961).

Lo precisa il ministero del lavoro nella nota protocollo n. 12065/2012, optando per uno degli

orientamenti giurisprudenziali in materia (quello più morbido per i datori di lavoro).

Il chiarimento è stato sollecitato dalla direzione territoriale del lavoro di Oristano che, proprio in

virtù dell'esistenza del duplice (e contrario) orientamento in giurisprudenza, ha chiesto al ministero

di sapere se l'omessa trasmissione all'ispettore del lavoro della documentazione aziendale (di solito

è il primo atto che fanno gli ispettori in sede di primo accesso in azienda) integri o meno il reato di

cui all'articolo 4, comma 7, della legge n. 628/1961.

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Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Gennaio 2016, n. 1

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Questa disposizione, spiega il ministero preliminarmente, contempla la sanzione penale dell'arresto

fino a due mesi ovvero dell'ammenda fino a euro 516,00 nell'ipotesi di «impedimento all'attività di

vigilanza» inteso quale condotta finalizzata a ostacolare le indagini espletate dal personale

ispettivo. In particolare, aggiunge il ministero, la norma punisce il comportamento di «coloro che,

legalmente richiesti dall'ispettorato di fornire notizie (…), non le forniscono o le forniscono

scientemente errate o incomplete», riferendosi, in tal modo, a «chiunque» (e non solo al datore di

lavoro) non fornisca notizie ovvero le fornisca in maniera scientemente errata o incompleta, dietro

esplicita richiesta del personale ispettivo. La giurisprudenza della Corte di cassazione, spiega

ancora il ministero, ha avuto modo di evidenziare, in proposito, come la norma sanzionatoria abbia

carattere generale e debba essere interpretata nel senso che sanziona ogni inadempimento alle

richieste indirizzate a raccogliere, nell'ambito dei propri poteri funzionali, tutte le notizie e le

informazioni, in quanto rientranti nei compiti di vigilanza affidati all'ispettorato del lavoro.

Tuttavia, precisa il ministero, d'altro lato la stessa giurisprudenza ha pure delimitato l'applicabilità

della fattispecie sanzionatoria penale. Infatti, la Corte di cassazione ha chiarito che la sanzione non

colpisce genericamente l'impedimento all'attività di vigilanza ma più particolarmente il rifiuto di

fornire notizie o fornirle consapevolmente errate o incomplete. Tra le sentenze, il ministero ricorda

la n. 26974/2001 laddove la Cassazione afferma «come l'omessa ottemperanza a siffatte richieste,

riferite alla documentazione in genere, non sia penalmente sanzionata, mentre lo stesso potere di

richiedere l'esibizione di documenti e le relative sanzioni amministrative comminate ex articolo 3,

comma 3, della legge n. 638/1983 siano collegati ai poteri di polizia amministrativa». L'articolo 3,

comma 3, della legge n. 638/1983 punisce «i datori di lavoro e loro rappresentanti che

impediscano l'esercizio dei poteri di vigilanza» con la sanzione da 1.290 a 12.910 euro. In

conclusione, dunque, il ministero istruisce il proprio personale ispettivo nel senso di sanzionare in

via amministrativa e non in via penale la mancata esibizione di documentazione da parte delle

aziende. E ciò nonostante la stessa Corte di cassazione, in altre sentenze (tra cui la n. 8663/2007),

abbia ritenuto realizzarsi, in queste fattispecie (mancata esibizione di documentazione), il reato

penalmente rilevante.

Violazione delle disposizioni impartite dagli ispettori

In caso di inosservanza alle disposizioni legittimamente impartite dagli ispettori del lavoro e, si

ritiene, dai funzionari delle USL i datori di lavoro e i loro rappresentanti sono puniti con la sanzione

amministrativa da euro 515 ad euro 2.580.

Concussione e induzione indebita a dare o promettere utilità

Il reato di cui all’art. 317 cod. pen., come novellato dalla legge n. 190 del 2012, è designato

dall’abuso costrittivo del pubblico ufficiale, attuato mediante violenza o, più di frequente, mediante

minaccia, esplicita o implicita, di un danno contra ius, da cui deriva una grave limitazione, senza

tuttavia annullarla del tutto, della libertà di autodeterminazione del destinatario, che, senza alcun

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vantaggio indebito per sé, è posto di fronte all’alternativa secca di subire il male prospettato o di

evitarlo con la dazione o la promessa dell’indebito.

Il reato di cui all’art. 319-quater c.p., introdotto dalla legge n. 190 del 2012, è designato dall’abuso

induttivo del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio, vale a dire da una condotta

di persuasione, di suggestione, di inganno (purché quest’ultimo non si risolva in induzione in errore

sulla doverosità della dazione), di pressione morale, con più tenue valore condizionante la libertà di

autodeterminazione del destinatario, il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col

prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, perché motivato dalla

prospettiva di conseguire un indebito tornaconto personale, il che lo pone in una posizione di

complicità col pubblico agente e lo rende meritevole di sanzione.

Nei casi c.d. ambigui, quelli cioè che possono collocarsi al confine tra la concussione e l’induzione in

debita (la c. d. “zona grigia” dell’abuso della qualità, della prospettazione di un male indeterminato,

della minaccia-offerta, dell’esercizio del potere discrezionale, del bilanciamento tra beni giuridici

coinvolti nel conflitto decisionale), i criteri di valutazione del danno antigiuridico e del vantaggio

indebito, che rispettivamente contraddistinguono i detti illeciti, devono essere utilizzati nella loro

operatività dinamica all’interno della vicenda concreta, individuando, all’esito di una approfondita

ed equilibrata valutazione complessiva del fatto, i dati più qualificanti.

V’è continuità normativa, quanto al pubblico ufficiale, tra la previgente concussione per costrizione

e il novellato art. 317 c.p., la cui formulazione è del tutto sovrapponibile, sotto il profilo strutturale,

alla prima, con l’effetto che, in relazione ai fatti pregressi, va applicato il più favorevole

trattamento sanzionatorio previsto dalla vecchia norma.

L’abuso costrittivo dell’incaricato di pubblico servizio, illecito attualmente estraneo allo statuto dei

reati contro pubblica amministrazione, è in continuità normativa, sotto il profilo strutturale, con

altre fattispecie incriminatrici di diritto comune, quali, a seconda dei casi concreti, l’estorsione, la

violenza privata, la violenza sessuale (artt. 629, 610, 609-bis, con l’aggravante di cui all’art. 61

c.p.).

Sussiste continuità normativa, quanto alla posizione del pubblico agente, tra la concussione per

induzione di cui al previgente art. 317 c.p. e il nuovo reato di induzione indebita a dare o

promettere utilità di cui all’art. 319-quater cod. pen., considerato che la pur prevista punibilità, in

quest’ultimo, del soggetto indotto non ha mutato la struttura dell’abuso induttivo, ferma restando,

per i fatti pregressi, l’applicazione del più favorevole trattamento sanzionatorio di cui alla nuova

norma.

Il reato di concussione e quello di induzione in debita si differenziano dalle fattispecie corruttive, in

quanto i primi due illeciti richiedono, entrambi, una condotta di prevaricazione abusiva del

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Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Gennaio 2016, n. 1

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funzionario pubblico, idonea, a seconda dei contenuti che assume, a costringere o a indurre

l’extraneus, comunque in posizione di soggezione, alla dazione o alla promessa indebita, mentre

l’accordo corruttivo presuppone la par condicio contractualis ed evidenzia l’incontro assolutamente

libero e consapevole delle volontà delle parti.

Il tentativo di induzione indebita, in particolare, si differenzia dall’istigazione alla corruzione attiva

di cui all’art. 322 c.p., perché, mentre quest’ultima fattispecie s’inserisce sempre nell’ottica di

instaurare un rapporto paritetico tra i soggetti coinvolti, diretto al mercimonio dei pubblici poteri, la

prima presuppone che il funzionario pubblico, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, ponga

potenzialmente il suo interlocutore in uno stato di soggezione, avanzando una richiesta perentoria,

ripetuta, più insistente e con più elevato grado di pressione psicologica rispetto alla mera

sollecitazione, che si concretizza nella proposta di un semplice scambio di favori.

Confisca per violazioni gravi o reiterate

L'art. 9 del D.L. n. 187/2010 ha modificato l'art. 20 della L. n. 689/1981, introducendo un nuovo

strumento ad uso del personale ispettivo, di forte impatto sull'attività di vigilanza in materia di

lavoro e legislazione sociale. In particolare la norma stabilisce che in presenza di violazioni gravi o

reiterate, in materia di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli

infortuni sul lavoro, è sempre disposta la confisca amministrativa delle cose che servirono o furono

destinate a commettere la violazione e delle cose che ne sono il prodotto, anche se non venga

emessa l'ordinanza - ingiunzione di pagamento. La disposizione non si applica se la cosa appartiene

a persona estranea alla violazione amministrativa ovvero quando in relazione ad essa è consentita

la messa a norma e quest'ultima risulta effettuata secondo le disposizioni vigenti.

La norma, in vigore dal 13 novembre 2010, richiede - ai fini di una corretta applicazione -

l'individuazione, da parte del Ministero del lavoro, sia delle violazioni "gravi o reiterate" che

comportano l'adozione della confisca, sia dei beni che possono essere oggetto del provvedimento

amministrativo.

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Sicurezza: bando

Isi

Presentato il bando Isi 2015 (Il Sole 24 ORE – Tecnici24, 21 dicembre 2015)

Dal 1° marzo al 5 maggio 2016 le aziende possono inserire sul portale dell'Istituto le domande di

finanziamento. Novità di questa sesta edizione – che porta a oltre 1,2 miliardi l'ammontare totale

stanziato dal 2010 – l'introduzione di uno specifico asse di contributi per progetti di bonifica da

materiali contenenti amianto.

Il bando Isi 2015 mette a disposizione delle imprese 276.269.986 euro di contributi a fondo

perduto per progetti di miglioramento dei livelli di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Le novità

nel nuovo bando Isi 2015 è rappresentata dall'introduzione di uno specifico asse di finanziamento

dedicato ai progetti di bonifica da materiali contenenti amianto. Le aziende interessate potranno

inserire le proprie domande dal 1° marzo al 5 maggio 2016 sul portale dell'Inail.

Lo stanziamento è ripartito in budget regionali. Gli incentivi Isi – ripartiti su singoli avvisi

regionali pubblicati sul portale dell'Inail – vengono assegnati fino a esaurimento, secondo l'ordine

cronologico di arrivo delle domande. Il contributo viene erogato a seguito del superamento della

verifica tecnico-amministrativa e la conseguente realizzazione del progetto ed è cumulabile con

benefici derivanti da interventi pubblici di garanzia sul credito (quali, per esempio, quelli gestiti dal

Fondo di garanzia delle Pmi e da Ismea). I soggetti destinatari dei contributi sono tutte le imprese,

anche individuali, ubicate sul territorio nazionale iscritte alla Camera di Commercio Industria,

Artigianato e Agricoltura.

Copertura dei costi fino al 65%, il contributo massimo è di 130mila euro. Nel dettaglio, i

276.269.986 euro di finanziamenti del bando a sportello possono riguardare progetti di

investimento volti al miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori, progetti per

l'adozione di modelli organizzativi e di responsabilità sociale e – come già sottolineato – progetti di

bonifica da materiali contenenti amianto. Il bando Isi 2015 mette a disposizione delle imprese un

contributo in conto capitale pari al 65% dei costi sostenuti per la realizzazione dell'intervento ed è

compreso tra un minimo di 5.000 euro e un massimo di 130.000 euro (il limite minimo di

contributo non si applica alle imprese fino a 50 lavoratori che presentino progetti per l'adozione di

modelli organizzativi e di responsabilità sociale).

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Gli elenchi di tutte le domande disponibili online. La procedura per l'assegnazione degli

incentivi Inail ricalca quella adottata nelle edizioni precedenti. Dal 1° marzo al 5 maggio 2016,

nella sezione "Servizi on line" del portale dell'Inail, le imprese avranno a disposizione una

procedura informatica che consentirà loro di inserire la domanda di contributo con le modalità

indicate negli Avvisi regionali. A partire dal 12 maggio 2016 le aziende la cui domanda abbia

raggiunto, o superato, la soglia minima di ammissibilità potranno accedere al sito per ottenere il

proprio codice identificativo da utilizzare al momento di inoltrare la domanda online nelle date e

negli orari di apertura dello sportello informatico (tali informazioni saranno comunicate sul sito

dell'Inail a partire dal 19 maggio 2016). Gli elenchi in ordine cronologico di tutte le domande

inoltrate saranno pubblicati sul portale Inail, con l'indicazione di quelle collocate in posizione utile

per accedere al contributo.

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Sicurezza e

obblighi

Decaduto l'obbligo di tenuta del registro infortuni (Pierpaolo Masciocchi, Il Sole 24 ORE – Tecnici24, 21 dicembre 2015)

A far data dal 23 dicembre 2015 decade l'obbligo per i datori di lavoro di tenuta del registro

infortuni.

È, questa, la conseguenza di una norma contenuta nel D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 151.

Il provvedimento, come noto, è intervenuto sulla disciplina in materia di salute e sicurezza sul

lavoro (articolo 20), razionalizzando altresì alcuni adempimenti in materia di infortuni sul lavoro e

malattie professionali (articolo 21) e modificando l'apparato sanzionatorio per il contrasto al lavoro

sommerso e irregolare e la sicurezza sui luoghi di lavoro (articolo 22).

In particolare, l'articolo il comma 4, dell'art. 21 del decreto richiamato dispone che "A decorrere dal

novantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto, è abolito

l'obbligo di tenuta del registro infortuni".

Poiché il decreto 151/15 è entrato in vigore il 24 settembre 2015, l'abolizione del registro è

effettiva a partire dal 23 dicembre 2015.

Si ricorda che il registro infortuni è un registro cartaceo conforme ai criteri del D.M. 12/9/58 sul

quale vanno annotati cronologicamente tutti gli infortuni occorsi durante l'attività lavorativa che

comportino un'assenza dal lavoro di almeno un giorno escluso quello dell'evento. Il registro

infortuni è uno strumento che serve per fornire più elementi possibili in merito agli eventi

infortunistici, indipendentemente dal luogo di accadimento, ai fini di una corretta attività di

prevenzione degli stessi.

Di norma, per una corretta conoscenza ed analisi delle cause, ogni azienda deve avere un solo

registro infortuni anche nel caso di lavori temporanei (es. cantieri edili…) o caratterizzati da

mobilità (es. imprese di pulizie, autotrasportatori ecc.) e nel caso di presenza di più unità operative

locali purché con il limite della dimensione provinciale (es. catene di negozi, sportelli bancari, ecc.).

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Il registro è uno solo anche nel caso di più posizioni INAIL all'interno dell'azienda e deve essere

obbligatoriamente tenuto presso la sede del datore di lavoro.

Il registro infortuni è obbligatorio per tutte le aziende nelle quali siano occupati prestatori di lavoro

subordinato o soggetti equiparati ai sensi dell'art. 2 del D.Lgs. 81/08 (ad esempio: soci lavoratori

di cooperative e società, tirocinanti e allievi di istituti di istruzione con uso di laboratori,

attrezzature di lavoro, ecc.). Rimangono escluse le imprese familiari che impiegano esclusivamente

coadiuvanti familiari e gli addetti ai servizi domestici e familiari (colf, badanti, ecc.), e i lavoratori

autonomi.

Per effetto della disposizione richiamata non solo il datore di lavoro non sarà più tenuto ad istituire

il registro ma potrà anche omettere la sua conservazione che, prima della sua decadenza, era

prevista per almeno quattro anni dall'ultima registrazione o dalla cessazione dell'attività.

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Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Gennaio 2016, n. 1

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Sicurezza e

giurisprudenza – 1

Infortuni: il datore non è colpevole quando l'evento è del tutto

imprevedibile (Giampaolo Piagnerelli, Il Sole 24 ORE – Guida al Diritto online, 17 dicembre 2015)

Corte di cassazione - Sezione lavoro - Sentenza 17 dicembre 2015 n. 25395

Il datore non può essere riconosciuto sempre responsabile in relazione a un infortunio avvenuto al

dipendente in azienda. In modo particolare quando l’evento sia stato del tutto imprevedibile e

frutto di una sfortunata coincidenza. E’ quanto chiarisce la Cassazione con la sentenza n.

25395/2015. La Corte si è trovata alle prese con dipendente che, per raggiungere la mensa, aveva

percorso un tappeto mobile che però non era funzionante in quanto in riparazione. Era quindi

caduto a terra riportando lesioni di vario genere.

Il riconoscimento dell’Inail - A seguito dell’accaduto l’Inail aveva accordato al prestatore

un’indennità per inabilità temporanea, riconoscendogli, peraltro una rendita per inabilità

permanente. Il dipendente però, evidentemente non soddisfatto da quanto ottenuto, ha adito il

giudice del lavoro di Roma per ottenere il diritto al risarcimento dei danni subiti a causa del

sinistro. Il giudizio si era concluso con la condanna del datore a versare una somma superiore a

5mila euro. Con la sentenza del novembre 2011 la Corte d’Appello di Roma aveva confermato le

statuizioni di primo grado. Rilevava la Corte territoriale che, sulla base di quanto previsto

dall’articolo 2087 del cc, norma da interpretare estensivamente, l’obbligo del datore di lavoro di

preservare l’integrità psicofisica dei dipendenti, impone l’adozione di tutte le misure atte a tutelare

il diritto soggettivo dei lavoratori a operare in un ambiente esente da rischi, in particolare di un

corrimano che avrebbe potuto costituire una misura idonea a prevenire eventuali cadute durante

l’attraversamento del sottopassaggio.

La posizione della Cassazione - La Cassazione, invece, non ha accolto questa tesi ricordando

che in materia di tutela delle condizioni di lavoro, ex articolo 2087 cc, è configurabile una

responsabilità del datore di lavoro in relazione a infortunio che sia riconducibile a un

comportamento colpevole del datore, alla violazione di uno specifico obbligo di sicurezza da parte

dello stesso o al mancato apprestamento di quelle misure idonee a prevenire il danno per i

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Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Gennaio 2016, n. 1

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lavoratori dipendenti, mentre non può esigersi dal datore di lavoro la predisposizione di

accorgimenti idonei a fronteggiare cause d’infortunio del tutto imprevedibili. E sul punto - rilevano i

Supremi giudici - la sentenza era completamente priva della descrizione della situazione generativa

del rischio, indispensabile e preliminare all’individuazione delle misure di protezione richieste dalla

norme o dalle regole di prudenza in relazione alle condizioni dei luoghi o dalle regole di prudenza in

relazione alle condizioni e alla conseguente verifica delle relative responsabilità.

Il principio di diritto - La Corte ha pertanto accolto il ricorso del datore enunciando il seguente

principio di diritto: “ai fini dell’applicazione dell’articolo 2087 cc, in forza del quale è configurabile la

responsabilità del datore di lavoro in relazione ad infortunio che sia riconducibile a un

comportamento colpevole del datore, alla violazione di uno specifico obbligo di sicurezza da parte

dello stesso o al mancato apprestamento di misure idonee alla prevenzione di ragioni di danno per

il lavoratori dipendenti, senza che possa esigersi dal datore di lavoro la predisposizione di

accorgimenti idonei a fronteggiare cause di infortunio del tutto imprevedibili, occorre che sia

individuata la situazione generativa del rischio, indispensabile e preliminare alla verifica del rispetto

delle misure di protezione richieste dalle norme di legge o dalle regole di prudenza in relazione alle

condizioni dei luoghi e alla verifica delle responsabilità datoriali”

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Sicurezza e

giurisprudenza – 2

Lo stress per il mancato riposo va risarcito come lavoro

straordinario (Giampaolo Piagnerelli, Il Sole 24 ORE – Guida al Diritto online, 15 dicembre 2015)

Corte di cassazione - Ordinanza 15 dicembre 2015 n. 25260

Alla società privata che si occupa di trasporto pubblico si applicano le regole previste per i rapporti

di lavoro di natura privatistica. E quindi le mancate pause e riposi spettanti ai prestatori vanno

risarciti. A chiarirlo la Cassazione con l'ordinanza n. 25260/15. In particolare una spa del trasporto

pubblico pugliese è stata condannata a pagare due dipendenti in funzione del lavoro in eccesso

svolto per ogni ora o frazione di ora di riposo giornaliero e/o settimanale non goduto. La Corte,

pertanto, ha ritenuto pienamente legittima la liquidazione equitativa del danno psicofisico derivato

dalla mancata fruizione dei riposi operata dal Tribunale sulla valutazione della gravosità della

prosecuzione dell'attività lavorativa oltre il limite normativo.

Quantificazione del danno - Corretta anche la quantificazione del danno prendendo a calcolo il

parametro per il lavoro straordinario. Contro la sentenza di merito che la condannava, la società ha

proposto ricorso in Cassazione evidenziando come i lavoratori avessero fatto discendere

automaticamente l'esistenza di un danno da usura psico-fisica dalla mancata fruizione dei riposi

senza verificare se il danno fosse stato in concreto provato e prima ancora allegato. Mancava in

sostanza quello più genericamente qualificato come vincolo di inerenza. Sul punto la risposta è

stata molto chiara e in particolare è stato rilevato come la Corte d'appello, decidendo sulla base di

quanto previsto dall'articolo 2697 cc, avesse ritenuto provata la domanda dei prestatori sulla scorta

della documentazione dagli stessi prodotta in giudizio e aggiungendo il rilievo che la medesima non

era stata contrastata da altra produzione documentale di provenienza della società.

I Supremi giudici aggiungono, inoltre, che nel corso del primo grado era stata richiesta e ottenuta

una consulenza tecnica d'ufficio che aveva riconosciuto il danno ai lavoratori e la società, già allora,

non si era opposta in alcun modo. La vicenda è stata ricondotta al cosiddetto "danno da stress" o

usura psicofisica derivante per l'appunto nel mancato riconoscimento delle soste obbligatorie nella

guida. E anche tale danno si iscrive nella categoria unitaria del danno non patrimoniale causato da

inadempimento contrattuale e la sua risarcibilità presuppone la sussistenza di un pregiudizio

concreto patito dal titolare dell'interesse leso, sul quale grava, pertanto, l'onere della relativa

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Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Gennaio 2016, n. 1

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specifica deduzione: il diritto del lavoratore al risarcimento del danno non patrimoniale non può

dunque prescindere da una specifica allegazione sulla natura e sulle caratteristiche del danno. La

società nell'appello ha eccepito, infine, l'illegittimità del metodo di calcolo utilizzato.

La discrezionalità del giudice - Su questo rilievo la Cassazione ha precisato che il potere di

liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli articoli 1226 e 2056 del cc costituisce

espressione del più generale potere previsto dall'articolo 115 del cpc e il suo esercizio rientra nella

discrezionalità del giudice di merito con l'unico limite di non poter surrogare il mancato

accertamento della prova della responsabilità del debitore. Ipotesi che nel caso non si è

assolutamente verificata con inevitabile condanna della società a risarcire i lavoratori.

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Sicurezza e

privacy

La protezione dei dati personali nella sicurezza sul lavoro (Pierpaolo Masciocchi, Il Sole 24 ORE – Sicurezza24, 22 dicembre 2015)

Il Garante della privacy ha recentemente pubblicato una scheda informativa del Responsabile della

protezione dei dati personali (Data Protection Officer), come definita nella proposta di Regolamento

COM(2012)11 concernente la “tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati

personali e la libera circolazione di tali dati”.

La normativa è attualmente ancora in fase di definizione, quindi le informazioni qui presentate

vanno considerate come suscettibili di cambiamenti.

Si ricorda, in proposito, che nel gennaio 2012 la Commissione europea ha presentato ufficialmente

il cosiddetto "pacchetto protezione dati" con lo scopo di garantire un quadro coerente ed un

sistema complessivamente armonizzato in materia nell'Ue.

Esso si compone di due diversi strumenti:

– una proposta di Regolamento concernente "la tutela delle persone fisiche con riguardo al

trattamento dei dati personali e la libera circolazione di tali dati", volta a disciplinare i trattamenti

di dati personali sia nel settore privato sia nel settore pubblico, e destinata a sostituire la Direttiva

95/46;

– una proposta di Direttiva indirizzata alla regolamentazione dei settori di prevenzione, contrasto e

repressione dei crimini, nonché all'esecuzione delle sanzioni penali, che sostituirà (ed integrerà) la

decisione quadro 977/2008/CE sulla protezione dei dati personali scambiati dalle autorità di polizia

e giustizia (che l'Italia non ha, peraltro, ancora attuato).

L'iter per l'approvazione definitiva dei due nuovi strumenti normativi comporta l'intervento

congiunto di Parlamento europeo e Consiglio UE in base alla procedura detta di "codecisione" (ora

definita dal Trattato di Lisbona "procedura legislativa"), e dovrebbe concludersi nei primi mesi del

2016.

Sulla base degli emendamenti approvati dal Parlamento europeo e dal Consiglio Ue alla proposta di

Regolamento concernente la tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati

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personali e la libera circolazione di tali dati (Regolamento generale sulla protezione dei dati)

presentata dalla Commissione europea (COM(2012)0011 – C7-0025/2012 – 2012/0011(COD)), il

responsabile del trattamento o l'incaricato del trattamento possono designare o, se previsto dal

diritto dell'Unione o degli Stati membri, designano un responsabile della protezione dei dati

quando:

a) il trattamento è effettuato da un’autorità pubblica o da un organismo pubblico, oppure

b) il trattamento è effettuato da una persona giuridica e riguarda più di 5.000 interessati in

qualsiasi periodo di 12 mesi consecutivi; oppure

c) le attività principali del responsabile del trattamento o dell’incaricato del trattamento consistono

in trattamenti che, per la loro natura, il loro oggetto o le loro finalità richiedono il controllo regolare

e sistematico degli interessati; oppure

d) le attività principali del responsabile del trattamento o dell'incaricato del trattamento consistono

nel trattamento di categorie particolari di dati ai sensi dell'articolo 9, paragrafo 1 del Regolamento

(che dispone il divieto di trattare dati personali che rivelino l’origine razziale o etnica, le opinioni

politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, l’appartenenza sindacale, come pure trattare dati

genetici o dati relativi alla salute e alla vita sessuale), nell'affitto di dati o riguardano dati su minori

o dipendenti in archivi su larga scala.

Un gruppo di imprese può nominare un unico responsabile della protezione dei dati.

Il regolamento prevede poi che, qualora il responsabile del trattamento o l'incaricato del

trattamento sia un'autorità pubblica o un organismo pubblico, un unico responsabile della

protezione dei dati può essere designato per più autorità pubbliche o organismi pubblici, tenuto

conto della loro struttura organizzativa e dimensione.

Nei casi diversi da quelli sopra indicati, il responsabile del trattamento, l’incaricato del trattamento

o le associazioni e gli altri organismi rappresentanti le categorie di responsabili del trattamento o di

incaricati del trattamento possono designare un responsabile della protezione dei dati.

Il responsabile della protezione dei dati è designato in funzione delle qualità professionali, in

particolare della conoscenza specialistica della normativa e delle pratiche in materia di protezione

dei dati, e della capacità di adempiere ai propri compiti, in particolare l'assenza di conflitto di

interessi

Il responsabile del trattamento o l'incaricato del trattamento pubblica le coordinate di contatto del

responsabile della protezione dei dati e le comunica all'autorità di controllo. Gli interessati possono

contattare il responsabile della protezione dei dati per tutte le questioni relative al trattamento dei

loro dati personali e all'esercizio dei loro diritti riconosciuti dal presente regolamento.

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Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Gennaio 2016, n. 1

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Il Regolamento prevede poi che il responsabile del trattamento o l'incaricato del trattamento debba

assicurarsi che il responsabile della protezione dei dati sia prontamente e adeguatamente coinvolto

in tutte le questioni riguardanti la protezione dei dati personali.

Il responsabile del trattamento o l'incaricato del trattamento sostiene il responsabile della

protezione dei dati nell'esecuzione dei propri compiti fornendogli le risorse necessarie per

adempiere a tali compiti nonché l'accesso ai dati personali e alle operazioni di trattamento.

Il responsabile del trattamento o l'incaricato del trattamento si assicura infine che il responsabile

della protezione dei dati possa agire in maniera indipendente nell'adempimento dei propri compiti e

non riceva alcuna istruzione per quanto riguarda il loro esercizio.

Il responsabile della protezione dei dati non è penalizzato dal responsabile del trattamento o

dall'incaricato del trattamento per l'adempimento dei propri compiti. Il responsabile della

protezione dei dati riferisce direttamente ai massimi superiori gerarchici del responsabile del

trattamento o dell'incaricato del trattamento.

Il responsabile della protezione dei dati può svolgere altri compiti e funzioni. Il responsabile del

trattamento o l'incaricato del trattamento deve tuttavia assicurare che tali compiti e funzioni non

diano adito a un conflitto di interessi.

Tra i vari compiti attribuiti al responsabile della protezione dei dati il regolamento evidenzia:

a) informare e consigliare il responsabile del trattamento o l'incaricato del trattamento nonché i

dipendenti che trattano dati personali in merito agli obblighi derivanti dal presente regolamento

nonché da altre disposizioni dell'Unione o degli Stati membri relative alla protezione dei dati;

b) sorvegliare l'osservanza del regolamento, delle altre disposizioni dell'Unione o degli Stati membri

relative alla protezione dei dati nonché delle politiche del responsabile del trattamento o

dell'incaricato del trattamento in materia di protezione dei dati personali, compresi l'attribuzione

delle responsabilità, la sensibilizzazione e la formazione del personale che partecipa ai trattamenti

e gli audit connessi;

c) sorvegliare l’attuazione e l’applicazione del presente regolamento, con particolare riguardo ai

requisiti concernenti la protezione fin dalla progettazione, la protezione di default, la sicurezza dei

dati, l’informazione dell’interessato e le richieste degli interessati di esercitare i diritti riconosciuti

dal regolamento;

d) garantire la conservazione dei registri delle categorie di attività di trattamento dei dati

personali;

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e) controllare che le violazioni dei dati personali siano documentate, notificate e comunicate;

f) fornire, se richiesto, un parere in merito alla valutazione d'impatto sulla protezione dei dati e

sorvegliarne lo svolgimento;

g) controllare che sia dato seguito alle richieste dell'autorità di controllo e, nell'ambito delle sue

competenze, cooperare con l'autorità di controllo di propria iniziativa o su sua richiesta;

h) fungere da punto di contatto per l'autorità di controllo per questioni connesse al trattamento di

dati personali, tra cui la consultazione preventiva e, se del caso, effettuare consultazioni su

qualunque altra questione.

i) verificare la conformità con il regolamento ai sensi del meccanismo di consultazione preventiva;

j) informare i rappresentanti del personale in merito al trattamento dei dati che riguardano i

dipendenti.

Nell'eseguire i propri compiti, il responsabile della protezione dei dati deve infine considerare

debitamente i rischi inerenti al trattamento, tenuto conto della natura, dell'oggetto, del contesto e

delle finalità del trattamento.

Come già evidenziato in premessa, la normativa è attualmente ancora in fase di definizione, tanto

che l'approvazione definitiva del regolamento dovrebbe concludersi non prima del 2016.

Ne consegue che le informazioni qui presentate vanno considerate come suscettibili di

cambiamenti.

Per comodità di lettura si riporta, in seguito, una tabella riepilogativa dei compiti, delle funzioni e

delle prerogative del Responsabile della protezione dei dati personali, alla luce degli emendamenti

sino ad oggi approvati dal Parlamento europeo e dal Consiglio Ue.

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Sicurezza: trasporti

eccezionali

I nuovi criteri di assimilazione e circolazione delle piattaforme

semoventi (Pierpaolo Masciocchi, Il Sole 24 ORE – Cantieri24, 22 dicembre 2015)

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 283 del 4 dicembre 2015 è stato pubblicato il decreto 9 ottobre 2015, n.

192.

Il provvedimento, che entra in vigore il 19 dicembre 2015, disciplina le procedure di omologazione

e di accertamento dei requisiti di idoneità alla circolazione delle piattaforme semoventi eccezionali

ed individua i requisiti richiesti per la circolazione delle piattaforme semoventi eccezionali.

Si ricorda che, ai sensi degli articoli 10 e 59 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 2851, le

piattaforme semoventi sono veicoli eccezionali con caratteristiche atipiche destinate ai trasporti

eccezionali e finalizzate esclusivamente al trasporto su strada, a velocità ridotta comunque non

superiore a 20 km/h, di manufatti ovvero di carichi indivisibili e sono costituite da:

a) un gruppo motopropulsore di potenza abbinato a una o più unità, di tipo modulare, munite di

piano di carico, ovvero

b) un gruppo motopropulsore di potenza incorporato in una unità munita di piano di carico (tipo

cosiddetto «monolitico»).

In funzione del numero e del tipo di moduli presenti nelle varie configurazioni di marcia, le

piattaforme semoventi possono assumere masse massime e dimensioni diverse tra loro

Le piattaforme semoventi, in relazione a particolari necessità di trasporto e movimentazione di

manufatti di elevate dimensioni, possono essere abbinate ad altre piattaforme semoventi sia

lateralmente che longitudinalmente, secondo le prescrizioni dettate dalla Direzione generale per la

motorizzazione, come previsto in Appendice I, articolo 9, del decreto del Presidente della

Repubblica del 16 dicembre 1992, n. 495.

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Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Gennaio 2016, n. 1

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Il decreto dispone, in specie, che le piattaforme semoventi eccezionali, ai fini della circolazione su

strada e della guida, sono assimilate ai veicoli della categoria N3, di cui all'articolo 47, comma 2,

lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. Si tratta, in sostanza, dei veicoli destinati

al trasporto di merci, aventi massa massima superiore a 12 t.

In relazione all’omologazione e all’accertamento dei requisiti di idoneità alla circolazione il decreto

in commento prevede si applichino le prescrizioni tecniche individuate nei rispettivi allegati.

Essi disciplinano, in specie, le caratteristiche tecniche e di composizione delle piattaforme (Allegato

A) e le prescrizioni per l'omologazione/accertamento dei requisiti di idoneità alla circolazione

(Allegato B). Quanto alle caratteristiche tecniche, si prevede che la piattaforma semovente

eccezionale sia costituita, nella composizione minima necessaria per l'immatricolazione, da un

gruppo di potenza e da uno o più moduli in modo da avere almeno 4 assi a terra ovvero, se del

tipo "monolitico", con almeno 3 assi a terra. Il valore minimo della massa complessiva è di 52.000

kg mentre la velocità massima senza carico, per costruzione non può superiore a 20 km/h.

Si dispone poi che il costruttore del veicolo abbia la responsabilità diretta ed esclusiva della

progettazione e dei calcoli di tutte le strutture comunque realizzate e che ogni gruppo di potenza

abbinato con l'unità modulare base ovvero incorporato in un modulo di carico se di tipo monolitico

debba essere munito di posto di guida che può essere realizzato con piattaforma di comando non

coperta; è comunque ammessa la guida a terra con velocità effettiva (a vuoto o a carico) non

superiore a 5 km/h e in presenza di dispositivo automatico che non consente il superamento del

limite di velocità.

Con riferimento alle caratteristiche di composizione si dispone che la piattaforma semovente può

essere costituita o da un solo elemento di carico (tipo monolitico costituito da gruppo di potenza e

elemento di carico con almeno 3 assi a terra di cui almeno uno motorizzato) o da un sistema

modulare (gruppo di potenza abbinato ad un elemento di carico con almeno 4 assi a terra di cui

almeno uno motorizzato, a sua volta abbinabile con altri elementi modulari). Il sistema di

composizione di una piattaforma semovente modulare, consente di poter avere a disposizione

semoventi eccezionali, costituiti da una o più unità modulari, in grado di assumere configurazioni

diverse per la circolazione su strada.

Le predette unità modulari, dotate di assi, non sono considerate autonomamente funzionanti, ma

sono predisposte in origine per entrare a far parte di veicoli piattaforme semoventi modulari di

configurazione idonea per la circolazione su strada.

Ognuno dei moduli di cui trattasi è costituito da un «gruppo assi» (di cui almeno uno motorizzato)

che, per essere funzionante, deve essere integrato dal cosiddetto «gruppo di potenza», il quale

raggruppa in se' le funzioni di comando e di fornitura di energia alle ruote motorizzate nonché di

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Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Gennaio 2016, n. 1

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comando di tutti i dispositivi del «gruppo assi» (frenatura, sterzatura, sospensione/sollevamento,

segnalazione visiva ed illuminazione). Il «gruppo di potenza» viene applicato direttamente su una

delle estremità (anteriore o posteriore) del modulo con un gruppo di almeno 4 assi ovvero è

solidale ad una unità di almeno 3 assi (tipo «monolitico»).

Le unità modulari, siano essi singole che unite ad altre per costituire veicoli semoventi modulari,

devono essere abbinate direttamente o tramite strutture interposte o tramite collegamenti

idraulici/elettrici, a quegli elementi di collegamento che hanno le caratteristiche necessarie per

rendere funzionali tutti i dispositivi di cui sono dotati i medesimi veicoli.

All'interno di ciascun veicolo semovente modulare possono essere utilizzate attrezzature, quali

pianali (fissi o telescopici), elementi distanziatori, idonei all'abbinamento con le unità modulari

sopra descritte. Per documentate esigenze, può essere inserito un modulo con assi a terra non

motorizzati.

L'elemento «gruppo di potenza» con aggancio solidale con un modulo avente almeno 4 assi ovvero

solidale in una unità con almeno 3 assi se del tipo «monolitico», deve recare punzonato il numero

di telaio (contenente il codice V.I.N. - Vehicle Identification Number) dell'intero veicolo destinato

alla immatricolazione e targatura. Le unità modulari, ciascuna individuata tramite punzonatura di

un proprio numero di identificazione (da non confondere con il numero di telaio del veicolo, come

sopra detto), sono abbinate al gruppo di potenza. Le diverse configurazioni di marcia sono

caratterizzate da:

– numero complessivo degli assi a terra;

– massa a vuoto;

– massa massima a pieno carico;

– lunghezza massima;

– larghezza massima.

Ciascuna unità modulare può essere utilizzata per costituire, con altre unità modulari, veicoli

semoventi modulari diversi tra loro. Le piattaforme semoventi possono essere abbinate con altre

piattaforme semoventi in composizione «coda contro coda» e lateralmente.

Quanto alle verifiche periodiche, esse devono essere effettuate annualmente, a cura dei competenti

uffici delle Direzioni generali territoriali del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, su tutti i

moduli componenti il veicolo, secondo i tempi e le modalità applicabili previsti dall'articolo 80 del

decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

Tale articolo prevede, per le autovetture, per gli autoveicoli adibiti al trasporto di cose o ad uso

speciale di massa complessiva a pieno carico non superiore a 3,5 t e per gli autoveicoli per

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trasporto promiscuo, che la revisione deve essere disposta entro quattro anni dalla data di prima

immatricolazione e successivamente ogni due anni, nel rispetto delle specifiche decorrenze previste

dalle direttive comunitarie vigenti in materia.

Per i veicoli destinati al trasporto di persone con numero di posti superiore a 9 compreso quello del

conducente, per gli autoveicoli destinati ai trasporti di cose o ad uso speciale di massa complessiva

a pieno carico superiore a 3,5 t, per i rimorchi di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5

t, per i taxi, per le autoambulanze, per i veicoli adibiti a noleggio con conducente e per i veicoli

atipici la revisione deve essere disposta annualmente.

La circolazione delle piattaforme semoventi eccezionali è subordinata all'immatricolazione del

veicolo costituito dal gruppo motopropulsore e da uno o più moduli, in modo da avere almeno

quattro assi a terra, con le modalità e le formalità previste dall'articolo 93 del decreto legislativo 30

aprile 1992, n. 285.

Tale articolo prevede che, quando per ragione d'ufficio i documenti di circolazione, la patente di

guida e il certificato di abilitazione professionale vengono consegnati agli uffici che ne hanno curato

il rilascio per esigenze inerenti alle loro rispettive attribuzioni, questi ultimi provvedono a fornire,

previo accertamento degli adempimenti prescritti, un estratto del documento che sostituisce a tutti

gli effetti l'originale per la durata massima di sessanta giorni. La ricevuta rilasciata dalle imprese di

consulenza sostituisce il documento ad esse consegnato ovvero l'estratto per trenta giorni dalla

data di rilascio, che deve essere riportata lo stesso giorno nel registro giornale tenuto dalle

predette imprese. Queste devono porre a disposizione dell'interessato, entro i predetti trenta

giorni, l'estratto articolo ovvero il documento conseguente all'operazione cui si riferisce la ricevuta.

Tale ricevuta non è rinnovabile né reiterabile ed è valida per la circolazione nella misura in cui ne

sussistano le condizioni.

Qualora trattasi della tipologia di gruppi motopropulsore di potenza incorporato in una unità munita

di piano di carico (tipo cosiddetto «monolitico») il numero minimo di assi è pari a tre.

Ogni gruppo motopropulsore, dotato di cabina o di piano di manovra eventualmente rimovibile, con

velocità estremamente ridotta per movimentazione di carichi, abbinato con almeno un modulo con

quattro assi, ovvero incorporato se trattasi di gruppi motopropulsore di potenza incorporato in una

unità munita di piano di carico deve essere dotato di targa e carta di circolazione.

Sulla carta di circolazione della piattaforma semovente eccezionale sono indicati il tipo e gli estremi

dei moduli che possono essere abbinati, nonché le caratteristiche di lunghezza massima e massa

massima verificata ed altre eventuali annotazioni ritenute indispensabili ai fini della sicurezza della

circolazione.

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Le piattaforme semoventi, già immesse in circolazione in altri Stati membri dell'Unione europea,

negli Stati ed aderenti all'accordo sullo Spazio Economico Europeo ed in Turchia, per l'immissione

in circolazione su strada in Italia sono soggette a verifiche delle condizioni di idoneità alla

circolazione e di protezione degli utenti, sulla base di certificazioni rilasciate nei Paesi di

provenienza.

La verifica, ove si evinca da un esame documentale che le condizioni di idoneità alla circolazione e

di protezione degli utenti sono equivalenti o superiori a quelle richieste dal presente regolamento,

non comporta la ripetizione di controlli già esperiti nell'ambito dell'originaria procedura di

approvazione.

Le piattaforme semoventi eccezionali sono destinate esclusivamente al trasporto di manufatti

ovvero di carichi indivisibili e possono circolare su percorsi autorizzati dall'ente proprietario della

strada. I veicoli «piattaforme semoventi» devono essere condotti con patente di guida della

categoria CE. La verifica, delle condizioni di riconoscimento deve essere effettuata presso i Centri

Prova Autoveicoli del Ministero delle infrastrutture e trasporti.

Le piattaforme semoventi eccezionali, eventualmente modulari, già autorizzate alla data del 19

dicembre 2015, possono continuare a circolare per un periodo massimo di un anno. Decorso tale

termine, alle suddette piattaforme semoventi eccezionali si applica la disciplina prevista dalle in

commento.

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Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Gennaio 2016, n. 1

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Sicurezza

PER L’ISTRUTTORE DI VELA LA CERATA PUÒ ESSERE «DPI»

D. Un circolo nautico ha alle dipendenze un istruttore di vela che svolge la sua attività, nel corso

dell’anno, in aula e in mare. Naturalmente il circolo è soggetto agli obblighi in materia di salute e

sicurezza previsti dalla legge, tra cui quello di fornire i dispositivi di protezione individuale (Dpi).

Tra i Dpi è individuabile il giubbotto salvagente (peraltro previsto anche dalla normativa sul

diporto), ma come considerare stivali e cerate? Si tratta di abbigliamento tecnico, che deve

acquistare il lavoratore, o di Dpi, che devono essere forniti dal datore di lavoro?

----

R. Il Dlgs 81/2008, al comma 1 dell’articolo 74, definisce “dispositivo di protezione individuale”

qualsiasi attrezzatura destinata a essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo

contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché

ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo.

Il successivo comma 2 ribadisce che non costituiscono Dpi:

a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente destinati a proteggere la

sicurezza e la salute del lavoratore;

b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio;

c) le attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle forze di polizia e del personale

del servizio per il mantenimento dell’ordine pubblico;

d) le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di trasporto;

e) i materiali sportivi, quando utilizzati a fini specificamente sportivi e non per attività lavorative;

f) i materiali per l’autodifesa o per la dissuasione;

g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori nocivi.

Le tipologie di Dpi sono tre, in funzione dell’entità del rischio da cui proteggono:

– prima categoria, per salvaguardare chi li indossa da danni lievi;

– seconda categoria, tutti quelli non rientranti nella prima e nella terza;

– terza categoria, per salvaguardare chi li indossa da rischi di gravi lesioni o morte.

Pertanto, se, dalla valutazione dei rischi effettuata dal datore di lavoro, emergessero rischi per gli

arti inferiori (piedi), allora si dovranno fornire ai lavoratori stivali in grado di proteggerli, che, come

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Rubes Triva – Il Sole 24 Ore, Mensile di aggiornamento, Gennaio 2016, n. 1

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tali, saranno da considerare Dpi. Analogamente, per quanto riguarda il vestiario, sussistendo

palesemente un rischio di annegamento, il datore di lavoro dovrà fornire, quali Dpi, giubbotti di

salvataggio e/o vestiario galleggiante. Anche la cerata, infine, è da considerare Dpi, ma di prima

categoria, in quanto protegge da danni lievi.

(Il Sole 24 ORE – Esperto Risponde, 4 gennaio 2015)

VERIFICHE DELL’AFFIDATARIA SE C’È SUBAPPALTO

D. Una Srl senza dipendenti opera nel settore delle ristrutturazioni edili private. Nel dettaglio,

esegue opere di sostituzione di infissi e porte blindate, tinteggiatura, realizzazione di cartongesso,

posa in opera di piastrelle. Non avendo dipendenti, agisce come affidataria dei lavori, che poi

attribuisce in subappalto. In considerazione della tipologia di lavori che vengono eseguiti, si devono

porre in essere gli adempimenti previsti dal Dlgs 81/2008, testo unico in materia di salute e

sicurezza sul lavoro? In caso di risposta positiva, quali sono questi adempimenti e chi deve porli in

essere? La Srl o i vari subappaltatori?

----

R. L’impresa affidataria, secondo l’articolo 89, comma 1, lettera i, del Dlgs 81/2008, è definita

come «l’impresa titolare del contratto d’appalto con il committente che, nell’esecuzione dell’opera

appaltata, può avvalersi di imprese subappaltatrici o di lavoratori autonomi». Pertanto, può anche

subappaltare l’intera opera o parte di essa ad altre imprese e/o lavoratori autonomi, mantenendo

su di sé solo gli obblighi di verifica delle condizioni di sicurezza dei lavori affidati e l’applicazione

delle disposizioni e delle prescrizioni del piano di sicurezza e coordinamento, come previsto

dall’articolo 97, comma 1, del decreto citato. Resta sempre a carico del datore di lavoro

dell’impresa affidataria non esecutrice l’obbligo di comunicare al committente o al responsabile dei

lavori «il nominativo del soggetto o i nominativi dei soggetti della propria impresa, con le specifiche

mansioni, incaricati per l’assolvimento dei compiti di cui all’articolo 97». Per espletare tali funzioni,

i soggetti citati dovranno essere in possesso di adeguata formazione (articolo 97, comma 3, del

Dlgs 81/2008).

Le modalità e la frequenza delle verifiche previste dall’articolo 97, comma 1, del Dlgs 81/2008 (ad

esempio, la verifica delle condizioni di sicurezza) dovranno essere messe in atto dal datore di

lavoro dell’impresa affidataria, in base a una sua valutazione, che tenga conto della tipologia e

complessità dell’opera oggetto dell’appalto.

Infine, per quanto riguarda le imprese subappaltatrici, rimangono a loro carico tutti gli obblighi

previsti dalla normativa vigente in materia di tutela della salute e sicurezza. Per maggiori

approfondimenti, si può consultare, sul sito del ministero del Lavoro, l’interpello 13/2014.

(Il Sole 24 ORE – Esperto Risponde, 4 gennaio 2015)

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(G.U. 5 gennaio 2016, n. 3)

Sicurezza DECRETO LEGISLATIVO 12 novembre 2015, n. 190

Attuazione della direttiva di esecuzione 2014/111/UE recante modifica della direttiva 2009/15/CE,

per quanto attiene all'adozione da parte dell'Organizzazione marittima internazionale (IMO) di

taluni codici e relativi emendamenti di alcuni protocolli e convenzioni.

(G.U. 3 dicembre 2015, n 282)

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO

DECRETO 30 settembre 2015

Approvazione delle norme tecniche per la salvaguardia della sicurezza relativamente ai materiali,

agli apparecchi, alle installazioni e agli impianti alimentati con gas combustibile e all'odorizzazione

del gas.

(G.U. 3 dicembre 2015, n 282)

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI

DECRETO 9 ottobre 2015, n. 192

Regolamento recante norme relative all'individuazione dei criteri di assimilazione ai fini della guida

e della circolazione ed all'accertamento dei requisiti tecnici di idoneita' delle «piattaforme

semoventi».

(G.U. 4 dicembre 2015, n 283)

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI

DECRETO 9 ottobre 2015, n. 193

Regolamento recante norme relative all'individuazione dei criteri di assimilazione ai fini della guida

e della circolazione ed all'accertamento dei requisiti tecnici di idoneita' della «navetta turistica».

(G.U. 4 dicembre 2015, n 283)

MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI

DECRETO 30 settembre 2015

Riduzione dei premi e contributi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e malattie

professionali.

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(G.U. 9 dicembre 2015, n 286)

MINISTERO DELL'INTERNO

COMUNICATO

Riconoscimento e classificazione di un manufatto esplosivo.

(G.U. 12 dicembre 2015, n 289)

MINISTERO DELL'INTERNO

COMUNICATO

Riconoscimento e classificazione di alcuni manufatti esplodenti.

(G.U. 12 dicembre 2015, n 289)

MINISTERO DELL'INTERNO

COMUNICATO

Riconoscimento e classificazione di un manufatto esplosivo.

(G.U. 12 dicembre 2015, n 289)

MINISTERO DELL'INTERNO

COMUNICATO

Riconoscimento e classificazione di un manufatto esplosivo.

(G.U. 12 dicembre 2015, n 289)

MINISTERO DELL'INTERNO

COMUNICATO

Riconoscimento e classificazione di un manufatto esplosivo.

(G.U. 12 dicembre 2015, n 289)

MINISTERO DELL'INTERNO

COMUNICATO

Riconoscimento e classificazione di alcuni manufatti esplodenti.

(G.U. 12 dicembre 2015, n 289)

MINISTERO DELL'INTERNO

COMUNICATO

Classificazione di un manufatto esplosivo

(G.U. 12 dicembre 2015, n 289)

MINISTERO DELL'INTERNO

COMUNICATO

Classificazione di alcuni manufatti esplosivi.

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(G.U. 12 dicembre 2015, n 289)

MINISTERO DELL'INTERNO

COMUNICATO

Classificazione di alcuni manufatti esplosivi.

(G.U. 12 dicembre 2015, n 289)

MINISTERO DELL'INTERNO

COMUNICATO

Classificazione di un manufatto esplosivo.

(G.U. 12 dicembre 2015, n 289)

MINISTERO DELL'INTERNO

COMUNICATO

Classificazione di un manufatto esplosivo.

(G.U. 12 dicembre 2015, n 289)

ENTE NAZIONALE PER L'AVIAZIONE CIVILE

COMUNICATO

Adozione del regolamento «Regole dell'Aria Italia (RAIT)» edizione 2, emendamento 1.

(G.U. 19 dicembre 2015, n 295)

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI

DECRETO 1 dicembre 2015, n. 203

Regolamento recante norme regolamentari in materia di revisioni periodiche, di adeguamenti

tecnici e di varianti costruttive per i servizi di pubblico trasporto effettuati con funivie, funicolari,

sciovie e slittinovie destinate al trasporto di persone.

(G.U. 21 dicembre 2015, n 296)

MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE

DECRETO 6 novembre 2015

Ripartizione delle risorse da assegnare, per l'anno 2015, per le finalità di cui alla legge 21

novembre 2000, n. 353, per lo svolgimento da parte delle regioni e delle province autonome di

Trento e Bolzano delle funzioni conferite ai fini della conservazione e della difesa dagli incendi del

patrimonio boschivo nazionale.

(G.U. 21 dicembre 2015, n 296)

COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA

DELIBERA 6 agosto 2015

Contratto di programma ANAS S.p.A. 2015 e piano pluriennale degli investimenti 2015-2019.

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(Delibera n. 63/2015).

(G.U. 21 dicembre 2015, n 296)

ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO,

COMUNICATO

Avviso pubblico per incentivi di sostegno alle imprese per la realizzazione di interventi in materia di

salute e sicurezza sul lavoro, per l'anno 2015.

(G.U. 21 dicembre 2015, n 296)

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