Memoria e narrazione: l'esperienza partigiana e la Shoah · Analisi dei due testi trattati durante...
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SCUOLA INTERATENEO DI SPECIALIZZAZIONE PER LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI DELLA SCUOLA SECONDARIA
SIS
Relazione finale
Memoria e narrazione: l'esperienza partigiana e la Shoah
ANNO ACCADEMICO 2005/2006 Specializzanda: Cristina Alice Ossola Classe di concorso: A043/A050 Libretto: 267321 Scuola sede di tirocinio: Istituto Magistrale “Regina Margherita”, succursale di Torino Docente accogliente: professoressa Luisa Melis Supervisore: professoressa Carla Gatti
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INDICE PARTE PRIMA: LE TEORIE DI RIFERIMENTO
1. Il modello teorico di riferimento: il Costruttivismo………………...………………….p. 1 1. 1 Cos’è il Costruttivismo………………………………………………………………...……..p. 1 1. 2 Il Costruttivismo in didattica………………………………………………………..……....p. 2
2. Le teorie metodologiche di riferimento: la didattica dei risultati e le didattica dei processi……………………………………………………………………………………p. 2
3. Ruolo e significato dei contenuti prescelti i relazione alla disciplina e alle sue caratteristiche…………………………………………………………………………….p. 4
4. Scelta delle modalità dell’intervento didattico e degli strumenti da privilegiare…….p. 5 4.1 Struttura delle lezioni e scelte metodologiche……………………………………………….p. 5 4.2 Tecniche d’insegnamento e strumenti……………………………………………………….p. 8 4.3 Strategie d’insegnamento…………………………………………………………………….p. 8
PARTE SECONDA: IL PROGETTO
1. Contesti di indirizzo e di classe………………………………………………………...p. 10 2. Scelta dei contenuti in relazione alla programmazione dell’insegnante titolare e ai
prerequisiti degli studenti ai quali si rivolge…………………………………………..p. 11 3. Descrizione sintetica del progetto……………………………………………………...p. 12
PARTE TERZA: ANALISI DEL PROCESSO
1. Lo svolgimento dell’intervento didattico, le eventuali modifiche apportate e le loro motivazioni………………………………………………………………………………p. 16
2. Osservazioni relative agli aspetti relazionali…………………………………………p. 25 2.1 Il mi rapporto con la classe………………………………………………………………….p. 25 2.2 Il mio rapporto con la docente accogliente………………………………………………...p. 26 2.3 Il rapporto docente accogliente/gruppo classe……………………………………………..p. 27 2.4 Il rapporto tra gli alunni…………………………………………………………………….p. 28
3. Analisi critica dei risultati……………………………………………………………...p. 28 3.1 Alcuni dubbi strutturali sul percorso………………………………………………………p. 28 3.2 Confronto tra gli obiettivi del progetto e l’apprendimento effettivo……………………..p. 29
QUARTA PARTE: ASPETTI METACOGNITIVI DELL’ATTIVITA’ SVOLTA
1. In che senso metacognizione?…………………………………………………………..p. 31 2. Le competenze maturate………………………………………………………………..p. 32
BIBLIOGRAFIA………………………………………………………………………………...p.34 ALLEGATI:
1. Verifica sommativa scritta semistrutturata somministrata al termine dello svolgimento dell’unità didattica.
2. Piano di lavoro distribuito alla classe nel corso della prima lezione introduttiva al percorso didattico.
3. Analisi dei due testi trattati durante il percorso didattico. 4. I brani presenti sul libro di testo e quelli distribuiti in fotocopia alla classe:
Elio Vittorini: “L’offesa all’uomo”, tratto da Uomini e no (1945) Cesare Pavese: “Ogni guerra è una guerra civile”, tratto da La casa in collina (1950) Carlo Emilio Gadda: “Mussolini oggetto barocco”, tratto da Eros e Priapo (1967) Beppe Fenoglio: “Il settore sbagliato dalla parte giusta”, tratto da Il partigiano Johnny (1967) Natalia Ginzburg: estratto tratto da Lessico familiare (1963) Italo Calvino: estratto tratto da Il sentiero dei nidi di ragno (1947) Primo Levi: Introduzione di Se questo è un uomo (1947)
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Primo Levi: “Il comandante di Auschwitz” tratto da Racconti e saggi di primo Levi, La Stampa Terza pagina (1986) L. Beccarla Rolfi e A. M. Buzzone: Introduzione della Buzzone di Le donne di Ravensbruk, testimonianze di deportate politiche italiane (1978) Anna Frank: Prefazione di Natalia Ginzburg di Diario (edizione Einaudi del 1990) Giacomo Debenedetti: “16 ottobre 1943: i nazisti nel ghetto di Roma” Giorgio Bassani: “Un sopravvissuto”, tratto da Cinque storie ferraresi (1956) Primo Levi: “Nei campi di sterminio”, tratto da La tregua (1963)
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PARTE PRIMA
LE TEORIE DI RIFERIMENTO
1. Il modello teorico di riferimento: il Costruttivismo
1. 1 Cos’è il Costruttivismo Con il termine “costruttivismo” si intende un orientamento, condiviso in molte discipline, che si
oppone alla visione positivista della scienza, secondo la quale il mondo e la realtà sono entità
oggettivamente date, indipendenti dall’eventuale osservatore. Al contrario, la realtà per i
costruttivisti non può essere considerata come un qualcosa di oggettivo, indipendente dal soggetto
che la esperisce, perché è il soggetto stesso che crea, costruisce, inventa ciò che crede che esista.
Quindi, non può essere considerata indipendente da colui che la osserva, dal momento che è proprio
l’osservatore che le dà un senso, partecipando attivamente alla sua costruzione. Dietro le spinte del
Costruttivismo cessa l’idea di una realtà composta di strutture e caratteristiche stabili e indipendenti
dall’osservatore: essa non è più quella di colui che osserva, ma consiste in un insieme di sistemi
osservabili, nei quali l’azione dell’uomo muta ciò che viene osservato.
Gli assunti più importanti, condivisi dai maggiori esponenti di questo pensiero, si possono
riassumere in una semplice sintesi di punti-chiave:
1. Vi è sempre la partecipazione attiva dell’individuo nella costruzione della conoscenza,
attraverso un processo di alta responsabilizzazione. Ciò che si definisce “conoscenza” non
può essere considerata una rappresentazione del mondo esterno ricavata dal mondo reale,
ma è una costruzione fatta dal soggetto con strumenti presi al proprio interno.
2. Esiste una struttura cognitiva di base che in ciascuno fornisce una determinata forma
all’esperienza (non può esistere un’interazione istruttiva, ma si può solo comunicare
cambiando dal momento in cui si interagisce con un’altra persona).
3. L’uomo è visto come un sistema auto-organizzantesi, che protegge e mantiene la propria
integrità (autopoiesi).
Secondo l’ottica costruttivista, la conoscenza umana, l’esperienza e l’adattamento sono
caratterizzati da una partecipazione attiva dell’individuo: siamo noi stessi che letteralmente creiamo
le realtà alle quali poi rispondiamo. E’ messa in discussione la possibilità di una conoscenza
oggettiva, di un sapere totale che rappresenti in modo fedele un ordine esterno indipendente da chi
osserva. Questo aspetto costituisce un punto fondamentale nella “teoria dei costrutti personali” di
Kelly (1955), autore considerato uno dei padri fondatori del costruttivismo in psicologia. Secondo
quest’idea, le capacità del sistema mentale umano non sono solo quelle di classificare e organizzare
le informazioni ricevute dall’esterno, ma consistono anche nell’anticipazione attiva di eventi: ogni
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persona sviluppa, con caratteristiche particolari, un sistema costruttivo che comporta relazioni
ordinali tra i costrutti; questi vengono ordinati gerarchicamente, collocando al centro quelli che
rispondono ai “perché” fondamentali della nostra esistenza, mentre in posizione periferica si
trovano quelli che si riferiscono a dimensioni concrete e alla rappresentazione visibile dei propri
“perché”.
Il costuttivismo si suddivide in radicale e critico. Il primo nega del tutto qualsiasi tipo di esistenza
che vada oltre quella prodotta dai pensieri umani; la conoscenza non riguarda più una realtà
oggettiva, ma esclusivamente l’ordine e l’organizzazione di esperienze nel mondo del nostro
esperire. I costruttivisti critici sono più moderati nelle loro osservazioni e sono più “realisti”: non
negano l’esistenza di un mondo fisico reale, sebbene riconoscano i nostri limiti nel conoscere
direttamente o approssimativamente.
1. 2 Il Costruttivismo in didattica
Considerare i soggetti come coloro che costruiscono, interpretano le realtà porta necessariamente a
focalizzare l’attenzione sull’analisi dei processi soggettivi che sostanziano la realtà. La concezione
costruttivista in didattica si basa sull’idea che la conoscenza debba presentarsi in modo strettamente
collegato al contesto storico, temporale e culturale di riferimento. L’obiettivo prioritario è, infatti,
quello di “costruire” conoscenza attraverso l’organizzazione dei singoli contenuti relazionati al
contesto. Applicando le teorie costruttiviste in didattica, gli studenti sono stimolati a connettere le
diverse conoscenze disciplinari tra loro e a collegarle con gli altri ambiti di studio, così da ottenere
un sapere integrato, che rispecchia la complessità del reale e che non si ferma alla sterile
parcellizzazione della conoscenza.
Seguendo quest’ottica ho prediletto un intervento che collegasse in maniera indissolubile i contenuti
disciplinari del programma di italiano con quelli di storia, originando un’unità didattica in parte
interdisciplinare; l’idea di fondo è quella di creare continui collegamenti tra le due aree, così da
dimostrare, almeno in forma d’esempio, come la conoscenza sia un concetto onnicomprensivo,
globale e legato alla formazione a tutto tondo della persona e non solo all’acquisizione di
competenze settoriali e specifiche.
2. Le teorie metodologiche di riferimento: la didattica dei risultati e la didattica dei processi
Considerando le numerose e diverse metodologie didattiche esistenti, una distinzione fondamentale
che viene comunemente operata è quella tra modelli didattici basati sui risultati
dell’apprendimento e modelli didattici che pongono maggior attenzione ai processi di
insegnamento/apprendimento. Questa, però, è una suddivisione più teorica che pratica perché,
nella realtà quotidiana in aula, sul “campo d’azione”, è indispensabile, non solo fare riferimento a
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entrambi i modelli, ma spesso occorre anche utilizzarli insieme, “mescolandoli” e contaminandoli
tra loro. Uno dei compiti principali dell’insegnante, infatti, è quello di istruire ed educare i propri
studenti rispondendo ai loro bisogni formativi. Si tratta di bisogni complessi, ogni volta diversi e
che richiedono una didattica personalizzata, caratterizzata, a volte, anche da percorsi individuali,
flessibili e che, proprio perché devono possedere tutte queste caratteristiche, per essere realizzati
hanno bisogno dell’utilizzo di metodologie disparate e anche modificabili in itinere.
Nel caso specifico del mio percorso didattico di tirocinio attivo, ho fatto uso di questo “mix” di
impostazioni metodologiche, fondendo insieme quelle focalizzate sui risultati con quelle basate sui
processi. Le metodologie d’azione della didattica per concetti e di quella per sfondo integratore
rispecchiano in modo abbastanza esaustivo il tipo d’intervento che ho sviluppato in classe.
Le caratteristiche della didattica per concetti che sono rintracciabili nel mio percorso sono legate
all’importanza che ho attribuito agli aspetti logico-induttivi del processo di
insegnamento/apprendimento: il ricorso alla conversazione analitica, attraverso discussioni guidate
dall’insegnante, ha portato gli studenti a ragionare in classe mediante l’identificazione dei concetti-
cardine della tematica analizzata e li ha indotti alla formazione mentale di mappe concettuali.
Queste vengono organizzate secondo alcune parole chiave che fanno riferimento ai termini che
designano immagini mentali di oggetti e di eventi. Questo tipo di conversazione ha lo scopo di far
affiorare le conoscenze pregresse e implicite degli allievi, anche attraverso congrue domande-
stimolo, proposte dal docente per facilitarne la verbalizzazione. Lo scopo che io ho attribuito alle
discussioni guidate proposte in aula è quello di agevolare l’utilizzo dello strumento della logica da
parte degli allievi: sviluppare la capacità di connessione e di sistematizzazione, per agevolare la
competenza dell’argomentazione e dell’aggregazione organica delle conoscenze acquisite. In tal
senso si può dire che questo tipo di didattica sia più legata all’analisi del processo d’apprendimento
che alla verifica del possesso dei contenuti.
Alcuni spunti identificabili nel percorso che ho sviluppato si collegano anche alla didattica per
sfondo integratore. Questa tipologia si fonda, infatti, sulla possibilità di tradurre i contenuti
dell’insegnamento in narrazione, sottolineando l’importanza che questa riveste per veicolare tanto i
contenuti quanto i valori e gli aspetti più pregnanti insiti nell’acquisizione di conoscenza. E’ una
didattica che cerca di evidenziare come ogni azione umana sia legata strettamente al contesto di
riferimento e reputa che la narrazione letteraria sia indispensabile per conferire un senso profondo al
contenuto. La didattica per sfondo integratore ritiene che il docente abbia il dovere di insegnare
restando ancorato al sistema dei valori della propria società e cultura: i programmi scolastici sono
intesi, dunque, come tante “educazioni”, diverse e complesse, come l’educazione alla cittadinanza,
alla legalità o al rispetto dell’ambiente…
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Trattando un tema emotivamente toccante come quello della memoria e della narrazione
dell’esperienza partigiana italiana e della deportazione e sterminio nei campi di concentramento
nazisti, credo che si addica perfettamente un tipo di didattica che insegni agli studenti a soffermarsi
su questi temi in modo personale, soggettivo ed autonomo, ma guidato e “contenuto”
dall’insegnante, così che essi affrontino categorie come quelle di “giusto”, “sbagliato”; di “bene”, di
“male” senza ignorare la problematicità di questi termini e del loro significato morale e storico.
3. Ruolo e significato dei contenuti prescelti in relazione alla disciplina e
alle sue caratteristiche
L’unità didattica che ho sviluppato in una classe quinta dell’istituto magistrale “Regina Margherita”
di Torino tratta un argomento relativo all’ultima parte del programma di letteratura italiana, quello
della narrazione dell’esperienza partigiana e della Shoah da parte di alcuni autori italiani del
secondo dopoguerra. Si sono presi in considerazione temi che la classe non aveva ancora trattato e
piuttosto lontani temporalmente rispetto al punto in cui si trovava sia in letteratura che in storia al
momento del mio arrivo. La docente accogliente ha voluto che organizzassi un’unità didattica a se
stante, completa e conclusa, suggerendomi, già prima dell’inizio, un “percorso particolare”, una
panoramica sulla letteratura del periodo interessato in funzione del tema scelto e l’analisi più
dettagliata di soli due autori, Beppe Fenoglio e Primo Levi.
E’ nata, dunque, la necessità di una precisa, seppur estremamente sommaria, contestualizzazione
storica ed il bisogno di trattare l’argomento letterario sempre in stretto rapporto con la disciplina
storica, collegamento del resto necessario, data l’inscindibilità dei due ambiti in relazione a quel
preciso contesto. La scelta di operare secondo un’ottica almeno in parte interdisciplinare nasce
anche dal fatto che è una modalità suggerita all’insegnante dallo stesso Ministero della Pubblica
Istruzione, sin dalla scuola secondaria di I grado1: indicando i criteri orientativi per le prove degli
esami di Stato per il conseguimento del diploma di Licenza media viene spiegato come i diversi
insegnanti e linguaggi debbano concorrere all’acquisizione di un sapere unitario. E’ dunque un
compito prioritario di un buon docente saper insegnare ricorrendo sia alla cooperazione tra
insegnanti che a una programmazione didattica che proponga continue relazioni tra le diverse
discipline, così da promuovere un approccio culturale alla realtà concreto e volto all’acquisizione di
un sapere complesso, articolato, ma unitario nel suo insieme. L’interdisciplinarità deve dunque
essere una costante, presente in modo continuativo e strutturato durante tutto il percorso formativo
scolastico degli studenti.
1 Ministero della pubblica istruzione, Scuola Media statale. Programmi e orari d’insegnamento, criteri orientativi per le prove d’esame di licenza e relative modalità di svolgimento, Roma, Istituto poligrafico e Zecca dello stato, 1994.
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L’idea di fondo è stata, inoltre, quella di impostare almeno una parte della trattazione del
programma annuale di letteratura in modo diverso rispetto alle metodologie più tradizionali:
concepirlo non più come una routine scolastica basata sulla trattazione di quanta più materia si può,
spesso indiscriminatamente, e sul “poco di tutto”, ma come la predilezione di alcuni aspetti,
analizzati in maniera selettiva ma organica, ed ai quali dedicarsi con attenzione analitica. Ciò non
significa trascurare la linea complessiva dello svolgimento letterario, ma soltanto stabilire
prospettive diverse e graduare il livello di approfondimento, secondo il singolo caso ed anche in
relazione agli interessi degli studenti. In quest’ottica acquista valore un tipo di percorso didattico
come questo, legato a un tema, piuttosto che a un genere letterario o per autori di un dato periodo.
La visione d’insieme vuole essere quella di una letteratura vista non soltanto come oggetto di
studio, ma anche come significativa esperienza di vita, come “luogo” di crescita, di formazione e di
educazione ad alcuni valori universali. Le opere del passato devono incontrarsi con le aspettative e
l’immaginario dei giovani dei giorni nostri, così che, pur mantenendo la loro distanza e alterità,
entrino in contatto con questo nuovo pubblico, si carichino di significati inattesi e aiutino lo
studente a comprendere il significato della narrazione intesa, in questo caso, come “memoria” nella
sua accezione più estesa e complessa. Attraverso questo taglio specifico, infine, si tenta di
rispondere all’esigenza di dare allo studio della letteratura italiana un’articolazione duttile e varia,
operando attraverso “percorsi”. Con questo termine si intende la suddivisione del piano annuale di
storia letteraria in momenti diversi, relativamente autonomi e conclusi, caratterizzati ciascuno da un
certo tema seguito nel suo sviluppo nel tempo.
4. Scelta delle modalità dell’intervento didattico e degli strumenti da privilegiare
Alla base del mio intervento vi è la scelta di una logica didattica induttiva. Partendo dalla lettura,
dal riassunto orale e dall’analisi in classe dei due testi di Fenoglio e di Levi, ho incentivato
discussioni guidate e lavori di gruppo che si rifanno alle teorie del cooperative learning poiché
reputo che gli argomenti in questione siano meglio assimilabili attraverso il confronto, la riflessione
collettiva e metacognitiva. Inoltre, credo si debba incentivare, soprattutto in una quinta superiore,
l’esposizione orale e il dibattito, così da facilitare l’acquisizione di un linguaggio adatto
all’argomentazione trasversale e in previsione dell’interrogazione dell’Esame di Stato.
4. 1 Struttura delle lezioni e scelte metodologiche
- Gli incontri non sono mai stati strutturati interamente attraverso la lezione frontale. Questo tipo di
spiegazione ha però costituito la parte introduttiva a quasi tutte le tematiche trattate, il momento
cioè in cui è stato presentato l’argomento del giorno, in preparazione all’attività da svolgere
collettivamente in classe. Si è trattato di parti di lezioni frontali tout-court solo quando ho dovuto
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presentare il contesto storico della Resistenza e della Shoah e quando si sono affrontate le tematiche
dei singoli capitoli del libro I sommersi e i salvati, opera che le studentesse dovevano ancora
leggere (compito delle vacanze di Natale al quale io dovevo prepararle).
Nel complesso ho però cercato di strutturare lezioni di tipo interattivo che coinvolgessero le allieve
attraverso la richiesta di frequenti interventi, discussioni guidate dall’insegnante e lavori di gruppo
che prendono spunto dalle tecniche del cooperative learning, atti a favorire la collaborazione tra
compagni. Il tema del cooperative learning si è affrontato in diverse occasioni durante questi due
anni di formazione al S.I.S. e mi ha dato utili spunti per l’osservazione delle dinamiche relazionali
all’interno dei gruppi di lavoro: l’apprendimento cooperativo ha lo scopo di rafforzare l’attività di
ciascun membro, favorendo anche il processo di socializzazione. Questa modalità di lavoro si trova,
nella pratica, a scontrarsi con alcuni problemi contingenti e variabili che non ne permettono quasi
mai un’applicazione rigorosa; nel mio caso, infatti, si è sempre trattato di lavori di gruppo che si
ispirano alle sue tecniche, ma che non lo rispecchiano totalmente. Vi sono, tuttavia, alcune
caratteristiche di questo tipo di attività che ritornano costantemente anche all’interno dei gruppi di
lavoro da me costituiti:
1. intendere il cooperative learning come modalità di apprendimento che si realizza attraverso
la cooperazione tra compagni
2. assegnare compiti e consegne molto chiare e focalizzare, insieme agli allievi un obiettivo
principale finale ben determinato e comune a tutto il gruppo
3. assegnare un certo grado di responsabilità organizzativa e d’azione a ciascun gruppo e a
ciascun elemento di ogni gruppo
4. promuovere una riflessione metacognitiva sul proprio lavoro in ciascun team, così che sia in
grado di autovalutarsi
5. limitare a non più di 5/6 gli elementi di ciascun gruppo, così che le interazioni interne siano
sempre significative, coordinate e non dispersive
6. costituire ruoli interni al gruppo che siano sempre adeguati alle possibilità del singolo e non
inferiori o eccessivamente superiori
7. controllare costantemente, come supervisore, il lavoro di ciascun gruppo, osservandone i
processi interni
La predilezione di questo tipo di lezioni nasce dal riconoscimento dell’utilità della cooperazione in
classe: lo scambio, il feedback, la negoziazione ed il confronto continui divengono quindi la base
del processo insegnamento/apprendimento e regolano i rapporti e le interazioni all’interno del
gruppo classe durante l’intero percorso didattico. Tutte le studentesse hanno assunto un ruolo attivo,
di progettazione e di risposta ai problemi che man mano si ponevano. Lo scopo è quello di aiutare
gli studenti a riflettere sempre sul proprio pensiero, discutendone con i compagni, così da renderli
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consapevoli e attivi nei propri processi di apprendimento (sviluppo delle competenze di
metacognizione). In quest’ottica, la funzione dell’insegnate muta rispetto alle didattiche più frontali,
perché questi si trova a partecipare alla costruzione del sapere dei propri studenti, non fornendo loro
conoscenze precostituite, ma guidandoli nel percorso di acquisizione delle informazioni; costruisce
insieme a loro una rete di conoscenze e di competenze che sono trasferibili anche in altri contesti
(life skills). La collaborazione tra i membri di un gruppo di lavoro può rappresentare una risposta
positiva alla gestione della complessità: ogni elemento del gruppo mette a disposizione degli altri le
proprie conoscenze, abilità e competenze, al fine del raggiungimento di un obiettivo comune a tutto
il suo team. Ciascuno studente aiuta alla risoluzione dei problemi durante il percorso e
contemporaneamente apprende. Inoltre, vi è anche lo stimolo alla responsabilizzazione degli allievi:
da ricettori passivi di sapere divengono attivi nella definizione dei percorsi e delle strategie del loro
stesso apprendimento e imparano a autovalutarsi.
- Le scelte metodologiche che ho prediletto, illustrate seguendo la scansione delle diverse fasi
didattiche delle lezioni:
1. Durante la trattazione di entrambi i libri, ho sempre dedicato una parte delle lezioni,
successivamente alla spiegazione frontale del loro contenuto, alla lettura di alcuni estratti dei
testi stessi e di brani di altri autori, scelti da me, riguardanti gli argomenti della Resistenza e
della Shoah e forniti in fotocopia alla classe. Alcune volte ho letto io, cercando di
coinvolgere le allieve attraverso una lettura espressiva e con puntuale rispetto dei ritmi e
della punteggiatura (preparata preventivamente a casa); altre volte, soprattutto quando la
classe era distratta, ho fatto leggere le ragazze, alternandole.
2. Il lavoro successivo consisteva nell’analisi dei brani da parte dell’intera classe, sotto forma
di discussione guidata, attraverso il riassunto, l’identificazione dei temi portanti e il loro
collegamento con gli argomenti strutturali dell’intero percorso.
3. In alcuni casi ho optato per lavori che prendono spunto dalle tecniche del cooperative
learning: dividevo la classe in gruppi di massimo 5/6 persone e distribuivo a ciascuno un
testo fotocopiato (brani tratti da opere di autori italiani che hanno parlato di Resistenza o
della Shoah, quali C. Levi, Gadda, Pavese, N. Ginzburg, Vittorini…). La consegna era di
leggerlo, analizzarlo e discuterne; dopo aver lasciato circa mezz’ora per queste operazioni,
chiedevo a ciascun gruppo, rappresentato da almeno due dei suoi componenti, di esporre alla
classe il contenuto, le tematiche portanti, di confrontarle con quelle trattate da Fenoglio o da
Levi e di proporre un’analisi critica personale a riguardo, preventivamente discussa e
negoziata – se il caso – all’interno del proprio gruppo.
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4. 2 Tecniche d’insegnamento e strumenti
- Durante la spiegazione della trama relativa ai singoli capitoli dei due libri, ho notato distrazione
diffusa in tutta la classe. Ho allora optato per ridurre al minimo le parti di spiegazione frontale,
facendo intervenire il più possibile le studentesse (da lezione frontale a lezione interattiva). Brevi
introduzioni all’argomento sono sempre state seguite da discussioni guidate, nelle quali tutte le
alunne esponevano il loro punto di vista e la loro interpretazione in proposito. In alcuni casi, al
posto del dibattito ho preferito la lettura di brani estranei ai due testi, scritti da autori che hanno
trattato gli stessi temi: ciascuna allieva leggeva una parte di testo, la riassumeva e la commentava
alla classe, collegandola alla stessa tematica presente nel romanzo di Fenoglio o nel libro di Levi.
- Per quanto concerne l’introduzione al contesto storico della Seconda guerra mondiale e
specificamente alla Resistenza e alla Shoah, ho fornito alla classe alcune fotocopie riassuntive nelle
quali, separatamente, ho descritto in breve i due fenomeni storici. Il primo gruppo è stato
consegnato prima della trattazione del romanzo fenogliano sulla Resistenza, all’inizio del mio
intervento didattico; il secondo prima di parlare dell’esperienza personale di Levi e di I sommersi e i
salvati. La lettura approfondita delle fotocopie introduttive è stata data come compito a casa, così
che avvenisse una preparazione propedeutica al tema da trattare dal punto di vista letterario,
attraverso la sua collocazione nel panorama storico di riferimento. Il controllo dell’acquisizione
delle nozioni e dei dati salienti è stato effettuato attraverso una breve interrogazione formativa
informale a volo, prima di parlare dei due libri.
- I compiti assegnati sono sempre stati costituiti da riflessioni da formulare riguardo ad alcuni
aspetti trattati in classe, in relazione alle due opere e legati al tema della Resistenza e della Shoah
secondo l’ottica adottata da Fenoglio e da Levi, cioè attraverso un punto di vista autobiografico. Il
controllo dell’avvenuta rielaborazione dei temi è stato fatto attraverso brainstorming e discussioni
guidate a inizio lezione, utilizzati come verifiche formative orali in itinere e volte a saggiare la
comprensione collettiva e a controllare che la maggioranza della classe fosse al passo con il
programma.
- Prima di iniziare una nuova parte e di spiegare i capitoli dei due testi non ancora analizzati, ho
sempre interrogato in modo informale la classe, chiedendo alle alunne, a turno, di fare il punto della
situazione o di riassumere gli argomenti e i capitoli già trattati. In questo modo, l’acquisizione dei
contenuti è avvenuta soprattutto in classe, gradualmente e attraverso un continuo ripasso.
4. 3 Strategie d’insegnamento
In questa sezione dedicata alle teorie di riferimento, intendo illustrare l’utilizzo consapevole e
pianificato di determinate abilità, al fine di raggiungere un dato scopo. All’interno di un’attività
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organizzata, come quella dello svolgimento di un percorso didattico, il termine “strategie
d’insegnamento” indica le modalità adottate per superare, passo a passo, i problemi che si pongono
per il raggiungimento dell’obiettivo finale. Si riferiscono, pertanto, all’uso di operazioni mentali
precise, dirette alla soluzione di un problema cognitivo specifico. Alcune tra quelle che ho utilizzato
durante la mia azione didattica:
1. Per rinforzare le funzioni di rielaborazione dei contenuti e per far evidenziare i legami logici
tra gli avvenimenti descritti nei testi ho chiesto spesso alle studentesse di ripercorrere
l’intera trama del romanzo e di collocare l’episodio visto nello spazio e nel tempo narrativi.
In tal modo, si ripercorrono mentalmente i procedimenti logici di memorizzazione dei
contenuti messi in atto durante la lettura (acquisizione della consapevolezza dei propri
processi metacognitivi).
2. Per facilitare la contestualizzazione storica dei due libri, ho spesso ripreso i dati storici
essenziali presentati in fotocopia, ripetendoli più volte nelle lezioni e ho fatto leggere testi di
altri autori italiani che hanno affrontato gli stessi argomenti e che hanno descritto nelle loro
opere avvenimenti della Seconda guerra mondiale. L’intento era quello di far considerare i
lavori di Fenoglio e di Levi come parte di uno sforzo collettivo di ricordo e di denuncia
portato avanti da tutti gli intellettuali del secondo dopoguerra.
3. Per mantenere l’attenzione: non ho fatto leggere secondo l’ordine di postazione nei banchi,
ma in modo sparso, così da costringere a seguire sempre; ho fatto riassumere, in itinere,
l’intera trama dei romanzi, così da facilitare anche la memorizzazione complessiva dei fatti
narrati; ho sempre guardato in volto le studentesse che leggevano, che interrogavo o che
intervenivano durante le lezioni, dimostrando loro l’importanza di ciascun contributo;
durante le spiegazioni e le interrogazioni formative informali volte a tutta la classe giravo
per l’aula, mi sedevo accanto alle alunne tra i banchi, non stavo mai seduta alla cattedra e
guardavo la classe intera, senza soffermarmi su piccoli gruppi o singole allieve; nei momenti
di maggior disordine, interrompevo la spiegazione e guardavo la classe in silenzio, senza
rimproverare o alzare il tono di voce; fino a quando non avevo riottenuto attenzione non
proseguivo nell’intervento.
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PARTE SECONDA
IL PROGETTO
1. Contesti di indirizzo e di classe
L’intervento didattico si è svolto nella classe V B ad indirizzo sociale dell’istituto magistrale
“Regina Margherita” di Torino. Il corso è quinquennale e prevede 30 ore settimanali; l’impianto è
liceale e contempera l’area umanistica e scientifica in vista dello studio della realtà contemporanea
attraverso le scienze sociali. Sono previsti gli apprendimenti di due lingue straniere. Il
conseguimento del diploma attraverso il Nuovo Esame di Stato consente l’accesso a tutte le facoltà
universitarie e ai corsi post-diploma coerenti con l’indirizzo, legati alla sfera sociale e della
comunicazione. Le materie del corso sono: Italiano, Storia, Inglese, Matematica, Diritto e
Economia, Scienze della terra, Linguaggi non verbali, Educazione fisica, Scienze sociali, Lingua
straniera 2, Area di integrazione (corsi per il biennio riguardanti le scienze sociali che possono
essere scelti autonomamente dagli studenti, allo scopo di rendere l’offerta formativa adeguata al
contesto al quale si rivolge. Nei primi due anni si punta a potenziare l’apprendimento delle
discipline che si approfondiscono nel triennio, in base agli assi portanti del curricolo. Per l’indirizzo
sociale la disciplina di approfondimento degli ultimi tre anni è Diritto).
La V Bs è composta da 29 ragazze, tutte italiane e non ripetenti. L’unica eccezione è costituita da
una studentessa di origine indiana, ma da molti anni in Italia e perfettamente integrata e al passo con
i programmi scolastici. La docente accogliente mi ha descritto la V B come unita, affiatata e
volenterosa, ma, allo stesso tempo, vivace, rumorosa e non molto brillante. In base anche
all’esperienza dell’anno precedente relativa al tirocinio osservativo, ho avuto la stessa impressione,
confermatasi ulteriormente nel corso delle lezioni. Non ci sono allieve con particolari problemi; si
può dire sia una classe dal livello omogeneo, nella media e senza picchi di eccellenza o con alunni
che siano molto carenti riguardo ad aspetti particolari. Le difficoltà maggiori si riscontrano, sia per
la docente accogliente che a mio parere, nella gestione degli aspetti disciplinari: le ragazze tendono
a distrarsi facilmente durante le spiegazioni; perdono l’attenzione in breve tempo e non seguono le
spiegazioni con costanza. Parlano molto tra loro, il chiacchiericcio sottovoce è costante e difficile
da eliminare; spesso occorre riprenderle per ottenere nuovamente la partecipazione collettiva alle
lezioni. La classe si è però dimostrata entusiasta del mio intervento, soprattutto perché, oltre ad
essere effettuato con una metodologia diversa da quella usuale della loro insegnante, è stato
affrontato da una docente molto vicina a loro d’età (lo scarto è di appena sette anni), alla quale
rivolgersi con una certa spigliatezza e confidenza. Inoltre, la disposizione positiva delle studentesse
riguardo al mio lavoro è stata dettata anche dal fatto che il modulo è stato organizzato come un
insieme di lezioni a se stanti, scisse dal programma di letteratura in corso e che ha anticipato la sua
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parte finale, quella relativa alla narrativa del Novecento. L’interesse e la curiosità erano dunque
maggiori rispetto a un’unità didattica che seguisse o continuasse il programma portato avanti dalla
loro docente perché ha permesso uno stacco rispetto al percorso didattico in atto e l’analisi di un
argomento del tutto nuovo.
2. Scelta dei contenuti in relazione alla programmazione dell’insegnante titolare ed ai
prerequisiti degli studenti ai quali si rivolge
Il modulo è costituito da un’anticipazione dell’ultimo argomento del programma di letteratura
italiana, Memoria e narrazione: l’esperienza partigiana e la Shoah, in previsione di alcuni incontri
sul tema, organizzati in occasione della Giornata della Memoria e grazie alla collaborazione di ex
deportati politici che sono stati invitati a parlare nella scuola alla fine del mese di gennaio 2006.
La trattazione del tema della memoria e della narrazione dell’esperienza partigiana e della Shoah
vuole essere effettuata attraverso l’analisi di due testi: il romanzo di Beppe Fenoglio Una questione
privata (1963) e l’opera di Primo Levi I sommersi e salvati (1986). Lo scopo dell’intervento è, in
prima istanza, la conoscenza delle opere dei due autori italiani e l’inquadramento storico-letterario
dell’esperienza partigiana e della Shoah, anche attraverso una panoramica su altri autori del secondo
dopoguerra che si sono occupati del tema della memoria e della narrazione di questi argomenti.
Trattandosi di un modulo relativo all’ultima parte del programma di letteratura italiana, gli
argomenti della Resistenza e della Shoah non trovano diretto collegamento con quelli
precedentemente visti né sono la prosecuzione di quelli affrontati dalla docente accogliente prima
del mio inserimento, sia per italiano che per storia. La classe si trovava ancora al Realismo,
Naturalismo e Verismo (da Zola a Verga)2, per cui non vi è stato un controllo dei prerequisiti,
quanto, piuttosto, una preparazione preventiva al programma da trattare (i prerequisiti sono cioè
parte integrante del modulo e sono stati acquisiti in classe, attraverso spiegazioni frontali e lavori
collettivi organizzati da me). Tale considerazione vale soprattutto per ciò che riguarda i prerequisiti
contenutistici, relativi alla conoscenza del contesto storico della Seconda guerra mondiale e dei temi
della Resistenza e della Shoah in letteratura.
2 Il piano di lavoro di letteratura italiana per l’intero anno scolastico prevede la trattazione di questi argomenti, secondo questo ordine (tranne l’anticipazione del modulo affrontato da me): Tra Neoclassicismo e Preromanticismo: Parini, Alfieri, Foscolo. - Il Romanticismo in Europa e in Italia: Manzoni e Leopardi. - L’Età postunitaria: la Scapigliatura e Carducci. - Il Realismo, Naturalismo e il Verismo: dal romanzo sperimentale di Zola al “documento umano” di Verga. - Il poeta e l’esteta nel Decadentismo: Pascoli e D’Annunzio. - I caratteri novecenteschi della narrativa e la rivoluzione del teatro: Svevo e Pirandello. - I poeti tra le due guerre: Saba, Ungaretti, Montale e Quasimodo. - La narrativa del Novecento: Pavese, Calvino, Gadda e altri autori. - Memoria e narrazione: l’esperienza partigiana e la Shoah.
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Unico prerequisito specifico richiesto era la lettura, preventiva al mio arrivo in classe, del romanzo
di Fenoglio Una questione privata. La docente accogliente si è preoccupata di verificare che
l’obiettivo fosse stato raggiunto dalla maggioranza attraverso una lezione-dibattito sul testo, prima
del mio inserimento. Dati i risultati carenti, mi ha comunque suggerito di riprendere la trama,
secondo la scansione dei singoli capitoli, prima di analizzare il libro dal punto di vista tematico e
stilistico, anche perché alcune alunne non avevano ancora terminato la lettura.
Vi sono, poi, alcune competenze generali che la classe deve aver già fatto proprie per affrontare il
modulo e che vengono acquisite nel corso di tutti e cinque gli anni di scuola secondaria di secondo
grado, in maniera graduale e trasversale. Questi prerequisiti sono valevoli, in una classe V, per
affrontare qualsiasi tipo di argomento di italiano e di storia:
1. Avere una buona capacità di lettura, sia interna che a voce alta.
2. Saper riassumere oralmente parti di testo appena lette.
3. Saper fare un riassunto scritto di un brano o di un intero libro.
4. Saper prendere appunti durante le spiegazioni frontali, utili allo studio e alla
memorizzazione dei contenuti trattati.
5. Avere una buona capacità di ascolto e di concentrazione durante le spiegazioni frontali,
seppur brevi.
6. Saper discutere, attraverso un dibattito guidato, riguardo alle tematiche presenti in un libro
letto da tutta la classe.
7. Saper formulare un giudizio critico soggettivo rispetto a un testo letto.
Questi prerequisiti sono stati da me considerati come già posseduti in maniera sufficiente da tutte le
studentesse, avendo preventivamente concordato il mio lavoro con la docente accogliente e
seguendo i criteri da lei indicatimi al fine di raggiungere gli obiettivi precedentemente elencati. La
professoressa Melis ha lavorato molto, negli anni precedenti, sulla lettura, riassunto e analisi
testuale. Non ho effettivamente riscontrato problemi considerevoli rispetto al possesso di queste
competenze di base per affrontare l’unità didattica.
3. Descrizione sintetica del progetto
Due sezioni per un unico percorso
La trattazione dell’argomento di letteratura italiana Memoria e narrazione: l’esperienza partigiana
e la Shoah è stato organizzata suddividendo l’analisi dei due temi e dei relativi testi: un primo ciclo
di lezioni è stato dedicato alla guerra partigiana e al romanzo fenogliano, mentre la seconda parte
del percorso didattico si è concentrata sul tema della deportazione di ebrei italiani nei campi di
sterminio nazisti e sull’opera di Primo Levi. Per rendere comunque omogeneo l’intero intervento, si
è optato per ricollegare sovente i due argomenti, peraltro coesistenti nel contesto italiano del tempo,
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anche grazie all’analisi di approfondimento di estratti di testi di altri autori italiani del secondo
dopoguerra che hanno scritto su entrambe le tematiche.
I parte del percorso: la Resistenza raccontata dagli autori italiani; analisi di Una questione privata di
Beppe Fenoglio (circa 5 ore)
• Introduzione sulla Resistenza italiana: il concetto di “memoria” e il bisogno di raccontare
degli autori italiani del secondo dopoguerra (analisi di estratti di testi di Natalia Ginzburg;
Italo Calvino e Beppe Fenoglio).
• Il contesto storico della Resistenza nell’Italia divisa (1943/1945); ripasso collettivo in classe
di alcuni momenti storici portanti.
• Analisi del testo di Fenoglio, Una questione privata: la trama; considerazioni critiche sui
personaggi, sulle tecniche narrative utilizzate, su alcune “questioni letterarie” rispetto
all’autore, quali il “verismo” fenogliano e lo stile lucido e oggettivo.
• Panoramica su altri autori della Resistenza italiana: Cesare Pavese; Carlo Levi; Carlo Emilio
Gadda; Carlo Cassola; Natalia Ginzburg e Italo Calvino.
II parte del percorso: la Shoah raccontata dagli autori italiani; analisi di I sommersi e i salvati di
Primo Levi (circa 4 ore)
• La memoria della Shoah: possibili interpretazioni degli autori italiani. Analisi di estratti di
testi di Carlo Emilio Gadda; Carlo Levi; Natalia Ginzburg; Giorgio Bassani; Primo Levi;
Elio Vittorini; Giacomo Debenedetti e L. Beccaria Rolfi e A. M. Buzzone.
• Il contesto storico della Shoah: ripasso collettivo in classe, con particolare attenzione ad
alcuni temi-chiave.
• Analisi tematica e critica del libro di Primo Levi I sommersi e i salvati, mantenendo la
scansione dei capitoli.
Tempi previsti
L’organizzazione dei tempi dell’intervento didattico prevede 12 ore di lezione, raggruppate per la
maggior parte a gruppi di due e svolte nei mesi di dicembre 2005 e gennaio 2006. Di queste 12 ore,
tre sono state impiegate per lo svolgimento e la correzione della verifica sommativa scritta.
Obiettivi dell’intervento
Obiettivi cognitivi (conoscenze):
1. Conoscere i contenuti dei due testi: la trama di Una questione privata di Fenoglio e i nodi
tematici di I sommersi e i salvati di Levi; alcune notizie essenziali sulla vita e sulle opere dei
due scrittori.
2. Saper riconoscere le caratteristiche principali del “triangolo dei protagonisti” del romanzo
fenogliano: Milton-Fulvia-Giorgio.
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3. Saper descrivere il testo di Fenoglio come “romanzo circolare”, “romanzo della memoria”
(attraverso la tecnica narrativa del flash-back), “romanzo del paesaggio e del tempo” e
“romanzo metaforico” (con particolare attenzione al tema della nebbia, alle sue valenze
simboliche e al tema della corsa).
4. Conoscere alcune problematiche tra le più rilevanti toccate da Primo Levi nel suo libro: il
tema della “memoria dell’offesa”; “la zona grigia”; “la vergogna”; alcuni stereotipi riguardo
all’esperienza della deportazione; il tema della “comunicazione interrotta” all’interno dei
lager.
5. Conoscere il contesto storico della Resistenza in Italia (1943/1945), in particolare: i fatti
salienti del 1943 e la formazione del CLN; l’Italia divisa tra fascisti al nord e Alleati al sud;
chi formava le brigate partigiane e i vari schieramenti (particolare attenzione alla differenza
tra garibaldini e badogliani); la Resistenza come guerra di liberazione, ma anche come
guerra civile; i metodi di lotta partigiana e le rappresaglie fasciste.
6. Conoscere il contesto storico della Shoah (1938/1945), nello specifico: le origini della
Shoah, l’antisemitismo nazista (definizione di “Olocausto” e di “lager”); il “primo passo”
verso l’annientamento (l’epurazione nella pubblica amministrazione e nell’economia
tedesca, le leggi antisemite – 1933/1938); il “secondo passo” (le prime persecuzioni e la
“Notte dei cristalli” – 1938/1939); il “terzo passo” (dalla “soluzione radicale” alla
“soluzione finale” di Hitler, i campi di concentramento e di sterminio; la gestione scientifica
dei lager; il terrore; le torture e l’annientamento).
Abilità e competenze:
1. Saper riassumere oralmente e per scritto le trame dei due romanzi letti e i brani analizzati in
classe.
2. Saper discutere in classe, attraverso un dibattito guidato dall’insegnante, rispetto ai temi
della memoria e della narrazione dell’esperienza partigiana e della Shoah, alla luce delle
spiegazioni effettuate e dell’analisi e commento dei due testi svolti in aula.
Obiettivi metacognitivi e educativi:
1. Acquisire la consapevolezza dell’importanza e della significatività della Resistenza e della
tragedia della Shoah in quanto fenomeni storici a noi ancora vicini e che hanno condizionato
irreversibilmente il futuro dell’Europa e del nostro paese (la Storia vista come stratificazione
di eventi che si condizionano vicendevolmente).
2. Acquisire la consapevolezza dell’unicità della tragedia della persecuzione degli ebrei
durante la Seconda guerra mondiale; dell’importanza della memoria e della narrazione di
questo fenomeno storico e del ricordo come “monito”, affinché, restando vivo nella mente di
tutti, anche delle generazioni future, non si possa mai più ripetere.
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Criteri di valutazione
Verifiche formative: durante ciascuna lezione ho verificato le capacità di lettura a voce alta, di
riassunto orale, di analisi testuale e di discussione collettiva guidata riguardo a un testo. Ciascun
incontro è stato caratterizzato, inoltre, da una parte valutativa informale, nella quale ho sottoposto la
classe a interrogazioni orali non strutturate, con l’intento formativo di controllare la
memorizzazione dei contenuti storici e delle trame dei libri, che la classe fosse al passo con il
programma, l’avvenuta riflessione metacognitiva e la formulazione di un giudizio personale e
critico sul romanzo di Fenoglio e sull’opera di Levi.
Verifica sommativa: al termine dell’unità didattica e dopo aver dato come compito per le vacanze
natalizie la lettura del libro I sommersi e i salvati, ho sottoposto la classe ad una verifica sommativa
scritta non strutturata3 il cui voto è stato registrato.
PARTE TERZA
ANALISI DEL PROCESSO
1. Lo svolgimento dell’intervento didattico, le eventuali modifiche apportate e le loro
motivazioni
Ho scelto di descrivere l’intervento didattico attraverso la modalità del Diario perché reputo illustri
in modo esaustivo i passaggi importanti delle singole lezioni, ma anche i dettagli e le modifiche
apportate volta per volta, relative al caso particolare e al problema del momento. E’, inoltre, un
ottimo sistema per descrivere l’intervento didattico fase per fase, permettendo, a conclusione della
lettura, una visione diacronica complessiva soddisfacente e che rende appieno la situazione che si è
sperimentata in aula.
Prima lezione di due ore: lunedì 12 dicembre 2005 (dalle ore 9.55 alle 11.50)
Previsione e esecuzione: la lezione si è articolata seguendo questi passaggi:
1. Presentazione alle alunne e spiegazione del mio ruolo di tirocinante, anche in relazione alla
precedente esperienza osservativa nella stessa classe.
2. Distribuzione della fotocopia contenente il piano di lavoro relativo all’intera unità didattica:
ho voluto che le allieve avessero fin dall’inizio le idee chiare rispetto a come è strutturato il
mio intervento e su quali fossero gli argomenti e gli obiettivi da raggiungere nel corso delle
lezioni. Ho specificato la scelta di suddividere le tematiche della memoria e narrazione della
Resistenza e della Shoah, così da facilitare una assimilazione graduale e sistematica delle
3 La verifica sommativa scritta è presente in allegato, corredata dalla tabella dei punteggi per l’attribuzione dei voti.
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nozioni storiche, delle trame dei due libri e dei relativi riferimenti al contesto letterario
italiano del secondo dopoguerra.
3. Breve brainstorming collettivo sulle conoscenze pregresse e sulle idee che la classe poteva
avere rispetto al fenomeno della Resistenza, in particolare in Italia e rispetto al contesto
storico della Seconda guerra mondiale. Lo scopo era quello di controllare che almeno la
maggioranza della classe avesse un’idea abbastanza chiara sul periodo storico in questione,
sulla situazione dell’Italia divisa tra nord e sud alla nascita del CLN e su cosa potesse
significare una guerra civile di liberazione come quella della Resistenza partigiana. Quasi
tutte le allieve sono intervenute, dimostrando da subito interesse per l’argomento e grande
curiosità, al di là delle specifiche conoscenze storiche.
4. Distribuzione delle fotocopie riassuntive da me strutturate sull’inquadramento storico
relativo alla Resistenza in Italia: questa parte dell’incontro si è svolta secondo lo schema
della lezione frontale. Le alunne seguivano la spiegazione dei principali fatti storici dal 1943
al 1945 sulle fotocopie; è stato loro richiesto d’integrarle con appunti, dato che la mia
introduzione orale era più ricca e completa rispetto al riassunto schematico che ho fornito
loro. Ho, inoltre, fatto leggere le fotocopie, dopo aver constatato che l’attenzione, mentre
parlavo io, era carente.
5. Introduzione all’argomento della memoria e narrazione del fenomeno della Resistenza: ho
proposto una breve discussione guidata rispetto al significato del termine “memoria” in
questo contesto e ho chiesto alle alunne di ragionare insieme sul perché esista un forte
bisogno di raccontare e vi sia stato un tale impegno nel ricordare e nel tramandare i fatti
storici della Resistenza. Successivamente, ho proposto alcune delle motivazioni che gli
intellettuali e gli scrittori del secondo dopoguerra hanno addotto per giustificare la grande
profusione di scritti sulla Resistenza sbocciati tra la fine degli anni ’40 e i primi anni ’50
(sotto forma di lezione frontale):
• Il bisogno di liberare il pensiero e la parola, dopo il lungo periodo di censura dettato
dal governo fascista: riferimento alla scrittrice Natalia Ginzburg (Lessico familiare) e
distribuzione di una fotocopia tratta dal suo libro e contenente le riflessioni
dell’autrice riguardo a questo argomento. Lettura e commento in classe.
• La paura degli scrittori di narrare la guerra sotto forma di cronaca autobiografica che
sconfinasse in retorica sentimentale e pietistica. Scelta alternativa di alcuni autori:
Italo Calvino (Il sentiero dei nidi di ragno, la visione della Resistenza dal punto di
vista fantastico e decentrato di un bambino); Beppe Fenoglio (I ventitré giorni della
città di Alba, la visione comico-grottesca e cinica della presa della città, paragonata
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ad una parata carnevalesca). Distribuzione, lettura e commento in classe di una
fotocopia contenente estratti dei due testi.
• L’eccezionalità della guerra nel senso della sua unicità e crudezza. Per quest’ottica di
descrizione del fenomeno della Resistenza ho scelto la visione della guerra
partigiana come guerra di liberazione, ma, contemporaneamente, come guerra civile
narrata da Fenoglio in una intensa pagina di Il partigiano Johnny, data in fotocopia
alla classe, letta e commentata collettivamente.
6. Assegnazione dei compiti per casa: studiare le fotocopie relative alla contestualizzazione storica
della Resistenza, eventualmente approfondendole attraverso la lettura del libro di testo di storia
nella sua parte relativa alla Seconda guerra mondiale.
Note sul gruppo classe:
1. Ho notato disattenzione e chiacchiericcio durante la spiegazione del contesto storico della
Resistenza; il motivo credo consistesse nel fatto che si trattava di un argomento di storia che
la classe non aveva ancora trattato, molto lontano dalla parte di programma alla quale era
arrivata e dunque di non immediata assimilazione perché privo di possibili confronti. Ho
allora optato per l’interruzione della spiegazione frontale e per la lettura delle fotocopie da
parte delle allieve, così che fossero costrette a seguire. Ho poi spiegato loro l’importanza
della comprensione del contesto di riferimento per capire appieno il romanzo di Fenoglio.
2. Il rumore di fondo e la disattenzione di singole alunne o di piccoli gruppi, soprattutto delle
ultime file, ha comunque caratterizzato dal punto di vista disciplinare l’intera lezione,
costringendomi a dover interrompere il mio intervento più volte, fino a riottenere un clima
sufficientemente produttivo.
Seconda lezione di un’ora: mercoledì 14 dicembre (dalle ore 8.00 alle 8.50)
Previsione e esecuzione:
1. Introduzione al romanzo di Fenoglio Una questione privata: mi sono soffermata, attraverso
una brevissima lezione frontale, sulla scelta dell’autore di cambiare la struttura del libro più
volte, da 6 a 11 e poi a 13 capitoli. Si è sottolineata l’incompiutezza del testo, che doveva
ancora essere rimaneggiato, fino al raggiungimento di 20 capitoli.
2. Veloce brainstorming per verificare che almeno la maggioranza della classe avesse letto il
libro prima del mio intervento, come concordato con la docente accogliente. La
professoressa mi aveva preventivamente avvertita del fatto che molte allieve non avevano
terminato la lettura. La situazione era, in realtà, ben più critica: solo due studentesse lo
avevano concluso; molte erano all’inizio e una buona parte della classe non l’aveva
nemmeno cominciato. Come previsto, ho dunque scelto di spiegare prima il contenuto
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tematico del romanzo, per potermi poi dedicare all’analisi stilistica e al confronto con altri
autori italiani che hanno scritto riguardo allo stesso tema, ma secondo ottiche differenti. Ho
comunque precisato alla classe che il comportamento tenuto era poco rispettoso nei miei
confronti e dimostrava mancanza di maturità, responsabilità e coscienza dell’importanza
dell’argomento, peraltro tematica da portare all’Esame di Stato (entrambi i libri da
analizzare sono parte del programma finale).
3. Riassunto della trama rispettiva ai primi 6 capitoli del romanzo: per non operare secondo la
classica lezione frontale, ho optato per una breve descrizione degli avvenimenti descritti
seguita dalla lettura, effettuata a turno dalle alunne, di estratti del romanzo scelti da me. Ho
poi chiesto alla classe di ragionare collettivamente, attraverso una discussione guidata su
alcuni temi portanti, verificando così contemporaneamente se le studentesse avevano seguito
con attenzione la spiegazione dei contenuti. I nodi concettuali sui quali ho incentrato il loro
ragionamento sono: la presenza dei flash-back nel testo come rivelatori della natura del
libro: un “romanzo del tempo perduto”, un “romanzo della memoria” (parallelismo con
Proust); l’introduzione del personaggio di Fulvia come di un protagonista “simbolico”,
inesistente, un topos letterario; la funzione di Radio Londra, citata nel testo e strumento di
resistenza partigiana di notevole efficacia; il senso del titolo del libro, cioè il prevalere della
“questione privata” del protagonista Milton sul suo impegno civile in qualità di partigiano; il
romanzo inteso come continua metafora: la descrizione della nebbia ricorrente e simbolica;
introduzione dei personaggi principali (il “triangolo dei protagonisti”).
Note sul gruppo classe:
Le studentesse sono rimaste particolarmente colpite dal mio secco rimprovero riguardo alla mancata
lettura del romanzo: si sono immediatamente dimostrate pronte a rimediare, assicurandomi di
terminare il libro per la lezione successiva. Hanno inoltre concordato con me sull’importanza della
tematica, anche nell’ottica della preparazione dell’esame finale. La lezione è stata, successivamente,
molto produttiva e caratterizzata da attenzione e silenzio diffusi.
Terza lezione di due ore: venerdì 16 dicembre (dalle ore 11.50 alle 13.30)
Previsione e esecuzione:
1. Dopo aver chiesto conferma alla classe dell’avvenuta lettura del romanzo fenogliano, ho
brevemente terminato la spiegazione contenutistica relativa ai capitoli 7-13, soffermandomi
esclusivamente sugli avvenimenti salienti e chiedendo alle allieve di intervenire riguardo ad
episodi secondari descritti nel testo (verifica formativa in itinere e della capacità di
scanning).
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2. La seconda parte della lezione è stata impostata secondo un lavoro che prende spunto dalle
tecniche del cooperative learning: dopo aver suddiviso la classe in gruppi di massimo 5
persone, ho distribuito alcune fotocopie per ciascun gruppo, contenenti brani tratti da altri
testi riguardanti la Resistenza, scritti da autori italiani della generazione di Fenoglio o di
poco successivi. Il compito era leggere ciascun gruppo un estratto differente, suddividendosi
alcuni compiti interni (una prima lettura generale; sottolineatura degli argomenti portanti;
rilievo dei dettagli contenutistici; ricerca di collegamenti con l’opera fenogliana…)
riassumerlo insieme e commentarlo oralmente tra compagne, formulando riflessioni critiche
soggettive e facendo un parallelismo con tematiche affini toccate dal nostro autore nel suo
romanzo. Ogni gruppo doveva, al termine del confronto interno, scegliere almeno due
rappresentanti che esponessero alla classe il contenuto e le riflessioni prodotte. I portavoce
erano chiamati alla cattedra, mentre io mi disponevo al loro posto tra i banchi, favorendo
così un’esposizione formale volta all’intera classe che fosse organica, strutturata e nell’ottica
dell’acquisizione di una buona capacità argomentativa ai fini dell’interrogazione dell’Esame
di Stato.
I testi da me scelti:
• Elio Vittorini, “L’offesa all’uomo”, tratto da Uomini e no.
• Giacomo Debenedetti, “16 ottobre 1943: i nazisti nel Ghetto di Roma”.
• Primo Levi, “Nei campi di sterminio”, tratto da La tregua.
• Giorgio Bassani, “Un sopravvissuto”, tratto da Cinque storie ferraresi.
• Cesare Pavese, “Ogni guerra è una guerra civile”, tratto da La casa in collina.
• Carlo Emilio Gadda, “Mussolini, oggetto barocco”, tratto da Eros e Priapo.
Ho appositamente optato per testi che presentassero la tematica della Resistenza affiancata a quella
contemporanea della persecuzione degli ebrei da parte dei nazisti e dei fascisti. Questa scelta è stata
dettata dalla volontà di trovare un punto di intreccio tra i due argomenti del modulo, la Resistenza al
regime fascista e la Shoah, così da considerarli come legati e coesistenti e non come due fenomeni
solo paralleli di uno stesso periodo storico; questo, nonostante la mia trattazione sia stata prima di
uno e poi dell’altro tema. In tal modo, la classe ha iniziato a ragionare anche sulla seconda tematica
dell’unità didattica, autofornendosi un’introduzione propedeutica all’argomento.
3. L’ultima parte della lezione è stata strutturata secondo una lezione frontale nella quale ho
proposto alla classe una panoramica su alcuni autori italiani che si sono occupati,
contemporaneamente a Fenoglio, del tema della Resistenza. In particolare, ho ricordato:
• Cesare Pavese, La luna e i falò (1949); La casa in collina (1950), cenni ai temi delle due
opere e alla vicinanza con Fenoglio.
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• Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli, introduzione del tema dell’esilio forzato durante la
guerra, per sfuggire alle persecuzioni antisemite.
• Carlo Emilio Gadda, Quel pasticciaccio della via Merulana (1957); Eros e Priapo (1967),
un’invettiva feroce nei confronti del fascismo e del Duce; Giornale di guerra e di prigionia
(1955), indicazioni sull’esperienza biografica dell’autore, che aderì al fascismo tra le due
guerre e che se ne pentì amaramente durante la seconda.
• Carlo Cassola, Fausto e Anna (1952); Il soldato (1958); La ragazza di Bube (1968), cenni
alle tematiche portanti delle tre opere.
• Natalia Ginzburg, Lessico familiare (1963); Caro Michele (1973).
• Italo Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno (1947).
Note sul gruppo classe:
Ho notato grande interesse e buona partecipazione al lavoro di cooperative learning: le studentesse
hanno letto e analizzato con impegno i testi distribuiti e hanno saputo parlarne al resto della classe
efficacemente. Alcune allieve erano, però, particolarmente imbarazzate e in soggezione durante
l’esposizione orale alla cattedra; ho notato una generale mancanza di familiarità con l’esposizione a
voce alta al gruppo e al docente, al di fuori della classica interrogazione orale.
Quarta lezione di due ore: lunedì 19 dicembre (dalle ore 9.55 alle 11.50)
Previsione e esecuzione:
1. La prima parte della lezione è stata dedicata, come nel caso precedente relativo alla Resistenza,
all’introduzione del contesto storico della Shoah. Ho distribuito alcune fotocopie contenenti i dati
salienti sull’argomento, strutturate preventivamente da me. Per evitare la lezione frontale, ho optato
per una breve spiegazione seguita da una lezione interattiva nella quale le alunne leggevano le
fotocopie a turno e discutevano collettivamente attraverso una discussione guidata sulle loro idee
pregresse e sulle conoscenze già in loro possesso rispetto al fenomeno della persecuzione e
dell’uccisione degli ebrei e delle altre cosiddette “razze inferiori” durante il nazismo. Lo scopo era
fornire l’inquadramento contestuale del libro di Levi I sommersi e i salvati, attraverso riflessioni
prodotte dalle studentesse e non dalla docente. Le problematiche sulle quali ho fatto insistere le
allieve sono:
• Le origini dell’antisemitismo nazista
• Le definizioni di “Olocausto” e di “Shosh” e loro differenze sostanziali; definizione di
“lager”
• Dall’intolleranza alle restrizioni legislative volte agli ebrei in Germania; dalle persecuzioni
vere e proprie (a partire dalla “Notte dei cristalli”, Berlino, novembre 1938) fino
all’annientamento nei campi di sterminio (dalla “soluzione radicale” a quella “finale” decisa
da Hitler)
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• La “gestione scientifica” dei lager
• Ss e kapò nei campi di prigionia: la psicologia dello sterminio
2. Successivamente, ho incentivato le studentesse a ragionare insieme, attraverso un’altra
discussione guidata, sul bisogno di ricordare e sul concetto di “memoria” in relazione alla Shoah,
anche confrontandole con le metodologie letterarie di memoria e di narrazione della Resistenza;
differenze e punti comuni. Ho poi proposto, attraverso una parte di lezione frontale, alcuni possibili
modi, scelti dagli scrittori del dopoguerra, per parlare di questa tragedia; in particolare ho citato:
• L’invettiva politica contro il nazismo e il fascismo: Carlo Emilio Gadda, Eros e Priapo; una
lettura di tipo ideologico-politica, già presa in esame precedentemente.
• Il tema dell’esilio degli ebrei per salvarsi dalla persecuzione: Carlo Levi, Cristo si è fermato
a Eboli.
• La descrizione autobiografica e della sfera privata: Natalia Ginzburg, Lessico familiare;
Prefazione al Diario di Anna Frank; Anna Maria Buzzone, Le donne di Ravensbruck, la
reclusione nei lager dal punto di vista della donna.
• Il rifugio nell’illusione: Giorgio Bassani, Il giardino dei Finzi-Contini; Cinque storie
ferraresi.
• La cruda cronaca della propria esperienza: Primo Levi, Se questo è un uomo; La tregua; Se
non ora quando?; I sommersi e i salvati.
3. L’ultima parte dell’incontro è stata dedicata all’introduzione del testo di Levi I sommersi e i
salvati che la classe dovrà leggere durante le vacanze natalizie. Attraverso una breve spiegazione
frontale, ho puntato l’attenzione su alcune caratteristiche del testo, dopo aver dato le indicazioni
essenziali sulla biografia dell’autore e sulla sua esperienza nel campo di concentramento di
Auschwitz:
• La scelta di questo libro, edito nel 1986, come “strumento catartico”, di superamento finale
della vergogna, dell’angoscia e della sofferenza legate al bisogno (e alla contemporanea
pena provata) di narrare l’orrore dei lager, unico modo per rendere immortale il monito e
evitare il ripetersi di una tale tragedia.
• Definizione di Levi dei “sommersi” e dei “salvati” e loro capovolgimento concettuale.
• Il suicidio di Levi: il trionfo dei sommersi o dei salvati?
4. Per compito ho dato da studiare le fotocopie relative alla contestualizzazione storica della Shoah
fornite da me, con eventuale approfondimento sul libro di testo di storia adottato dalla classe.
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Quinta lezione di due ore: giovedì 22 dicembre (dalle ore 9.55 alle ore 11.00 e dalle ore 12.40 alle
13.30)
Previsione e esecuzione: quest’ultima lezione, prima delle vacanze natalizie, ha avuto lo scopo di
introdurre i contenuti essenziali dell’opera di Levi, così da fornire una base propedeutica e di guida
alla lettura del testo e si proponeva di analizzare alcuni brani di altri autori che hanno scritto della
Shoah, confrontandone la trattazione rispetto al Levi.
1. La prima parte della lezione (circa un’ora) è stata caratterizzata dall’analisi dei temi toccati
dall’autore ne I sommersi e i salvati, attraverso una lezione in parte frontale, caratterizzata, però,
dal frequente intervento e dalla sollecitazione da parte mia verso la classe alla riflessione su alcuni
nodi concettuali, attraverso brevi discussioni guidate. I temi sottolineati corrispondono ai capitoli
del libro: il ricordo distorto dei carnefici rispetto all’offesa arrecata alle vittime dei campi di
concentramento (la memoria come “strumento appositamente fallace”); la “zona grigia” all’interno
dei lager; la vergogna che ha attanagliato l’autore e i “salvati” al ritorno dai campi; la
comunicazione vietata e bloccata (strumenti di violenza psicologica); le inutili violenze subite
(fisiche e mentali); la ulteriore difficoltà per un intellettuale a Auschwitz; alcuni stereotipi assurdi
rispetto alla vita nei lager; analisi di lettere di tedeschi scritte a Levi dopo l’uscita di Se questo è un
uomo in Germania.
2. La seconda parte dell’incontro ha previsto un lavoro di gruppo che prende spunto, come
nell’occasione precedente, dalle tecniche del cooperative learning: dopo aver suddiviso la classe in
gruppi (questa volta di 6 persone ognuno, tranne uno di 5), ho dato a ciascuno alcune fotocopie
contenenti brani sul tema della Shoah tratti da opere scritte da autori italiani: le studentesse
dovevano leggerli, riassumerli oralmente e discuterne all’interno dei gruppi, per poi esporre le loro
riflessioni alla classe e a me. Dopo l’esposizione di ciascun gruppo si è ragionato collettivamente,
attraverso una discussione guidata. I brani che ho scelto per questo lavoro sono:
• 1° gruppo: Primo Levi, Introduzione di Se questo è un uomo e analisi della poesia “Se
questo è un uomo” posta all’inizio del libro.
• 2° gruppo: Primo Levi, “Il comandante di Auschwitz”, tratto da racconti e saggi di Primo
Levi, Terza pagina e analisi della poesia antecedente il racconto e scritta dall’autore “Una
valle”.
• 3° gruppo: L. Beccaria Rolfi e A. M. Buzzone, Introduzione di Le donne di Ravensbruck,
riflessione sulla condizione della donna nei campi di sterminio.
• 4° gruppo: Natalia Ginzburg, Prefazione al Diario di Anna Frank, riflessione sull’esperienza
biografica, soggettiva.
26
• 5° gruppo: analisi di un articolo di Diario del mese, 24 gennaio 2003, anno II, numero 1
sulla finzione cinematografica nei lager per testimoniare una fittizia vita agiata dei
prigionieri.
3. Come compito per le vacanze ho dato la lettura integrale dei due libri analizzati di Levi e di
Fenoglio (per chi non aveva ancora letto quest’ultimo); il ripasso del contesto storico relativo alla
Resistenza in Italia e alla Shoah (attraverso la lettura approfondita delle fotocopie da me fornite sui
temi storici) e la riflessione complessiva sull’unità didattica, in previsione della verifica sommativa
scritta non strutturata da sostenere al rientro a scuola.
Note sul gruppo classe:
Ho verificato un grande cambiamento durante le ultime lezioni: le alunne erano molto più attente,
interessate e partecipi e spesso hanno interrotto le mie spiegazioni per avere chiarimenti e per avere
indicazioni ulteriori rispetto ad argomenti che avevano suscitato particolare partecipazione emotiva
(in tali casi ho fornito loro una piccola bibliografia di approfondimento). L’argomento della Shoah
ha entusiasmato l’intera classe ed ha sortito risultati migliori rispetto a quello della Resistenza.
Credo che una delle motivazioni consista nella conoscenza, da parte della maggioranza della classe,
di più notizie rispetto a questo fatto storico. E’ nata, inoltre, sul finire della lezione, un’interessante
discussione sui film che hanno trattato questi temi in modo fedele o affascinante e che le allieve
conoscono; tra quelli citati o da me consigliati: “La tregua”; “La vita è bella”; “Jona che visse nella
balena”; “Trein de vie”; “Schindler’s list”; “Il giardino dei Finzi-Contini”, “Terra e libertà” ed
altri… Dato l’interesse diffuso ho proposto alla classe di parlare con la docente accogliente per una
possibile visita al Museo permanente della Resistenza, una volta avvenuta la riapertura alla fine del
mese di gennaio 2006 e dopo l’incontro con gli ex deportati che verranno a parlare all’istituto.
Sesta lezione di due ore: venerdì 13 gennaio 2006 (dalle ore 11.50 alle 13.30)
Previsione e esecuzione: quest’incontro prevede la somministrazione della verifica sommativa
scritta non strutturata relativa a tutta l’unità didattica e presente in allegato.
Ho scelto la verifica scritta perché era l’unico strumento che potevo utilizzare, data la carenza di
tempo, per saggiare l’intera classe e non solo la preparazione di alcune alunne. Inoltre, avevo già
utilizzato l’interrogazione orale per tutte le verifiche formative in itinere, potendo controllare le
acquisizioni contenutistiche parziali di tutte le studentesse durante l’intero percorso didattico.
Credo, inoltre, che la verifica non strutturata costituisca il sistema migliore per valutare le
competenze acquisite riguardo un’unità didattica complessa come quella da me effettuata, che
richiede il raggiungimento di obiettivi cognitivi sia di storia che di letteratura italiana, la lettura
integrale di due libri e la formulazione di analisi critiche personali riguardo ai testi. Il mio intento
specifico, però, è stato soprattutto quello di verificare l’acquisizione delle conoscenze
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contenutistiche riguardo ai due libri e al contesto storico di riferimento. La scala valutativa
utilizzata per questa verifica finale è quella numerica, comune a tutto l’istituto, la più tradizionale e
frequente per la scuola superiore (dallo 0 al 10). Avevo pensato anche al tema in classe, nella forma
del saggio breve che riguardasse i temi della Resistenza e della Shoah in relazione alle opere di
Fenoglio e di Levi, ma mi è stato sconsigliato dalla docente accogliente, nell’ottica di
somministrarlo più avanti, quando si tratterà specificatamente la narrativa del Novecento in italiano
e la Seconda guerra mondiale in storia.
1. Dopo aver preventivamente diviso i banchi poiché tutti i compiti sono uguali, ho distribuito la
prima parte della verifica (esercizi 1 e 2 relativi alla conoscenza dei contenuti dei due libri e del
contesto storico di riferimento) – 1 ora di tempo. Prima di dare inizio all’esecuzione ho verificato
che le consegne fossero chiare a tutta la classe, leggendo ad alta voce l’intera verifica e rispondendo
alle domande di specificazione. Ho poi precisato che non avrei più aiutato le allieve durante lo
svolgimento, al fine di non agevolarne solo alcune.
2. La seconda parte del compito è stata distribuita all’inizio della seconda ora. Ho scelto di dividere
i 3 esercizi poiché l’ultimo si propone di verificare il raggiungimento di obiettivi metacognitivi
complessi: la capacità di analisi di un brano e la sua rielaborazione personale. Le due parti di
verifica produrranno due voti distinti che potranno essere registrati separatamente o si potrà
ottenerne uno solo, facendone la media; la scelta è a discrezione delle necessità valutative della
docente accogliente.
Eventuale recupero della verifica: la professoressa Melis mi ha suggerito di non occuparmi del
recupero delle eventuali insufficienze, poiché l’argomento verrà ripreso da lei trattando la narrativa
del Novecento e la Seconda guerra mondiale in italiano e storia e proponendo lavori di
approfondimento da svolgere per scritto come compito e programmando un tema in classe che
comprenda, tra le tracce, una specifica sulla Resistenza e la Shoah che le alunne insufficienti
dovranno per forza svolgere. Io avrei comunque previsto, in caso di un numero cospicuo di
insufficienze, una lezione di ripasso generale, attraverso parte di lezione frontale e attraverso un
brainstorming sugli argomenti risultati più ostici ed avrei successivamente richiesto alle alunne
carenti di produrre a casa una breve relazione scritta di approfondimento riguardo uno dei temi
trattai durante il percorso didattico. Il voto avrebbe integrato quello insufficiente, permettendo il
raggiungimento della sufficienza e favorendo l’approfondimento di almeno uno degli argomenti
affrontati insieme in modo generale.
Settima lezione di un’ora: lunedì 16 gennaio (dalle ore 9.55 alle 11.00)
Previsione e esecuzione: la lezione prevede la restituzione dei compiti in classe, la chiarificazione
dei singoli voti, le delucidazioni relative ai casi specifici e la registrazione dei voti.
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Si è spiegato inoltre alla classe quali saranno le modalità di recupero delle insufficienze, cioè
attraverso la produzione di lavori scritti di approfondimento da effettuare a casa o tramite la scelta
obbligata del tema relativo agli argomenti della Resistenza e della Shoah, che si effettuerà dopo
aver ripreso con la docente accogliente gli argomenti, sia dal punto di vista storico che letterario.
Sarà la professoressa Melis a scegliere la modalità migliore, secondo le necessità formative della
singola studentessa.
2. Osservazioni relative agli aspetti relazionali
L’analisi di alcuni aspetti relazionali riscontrati in classe parte dal presupposto che io considero il
rapporto docente/allievi la base strutturale del processo insegnamento/apprendimento. Credo
fermamente che venga prima la relazione dell’istruzione poiché penso che la conoscenza non sia
trasmissibile come “sapere infuso”, “travasato” asetticamente dall’insegnante ai propri studenti, ma
che sia veicolato proprio dal canale relazionale e si fondi sulla relazione umana costruttiva ed
edificante per entrambi. Non sono solo gli studenti a cambiare e a apprendere, ciò avviene
continuamente anche per il docente, proprio grazie alla reciprocità peculiare di ogni relazione.
2. 1 Il mio rapporto con la classe
In generale, posso dire di aver instaurato un buon rapporto con il gruppo classe: tutte le studentesse
sembrano aver apprezzato il mio intervento didattico e lo hanno dimostrato partecipando
attivamente alle attività proposte, eseguendo quasi sempre i compiti assegnati a casa e dimostrando
discrete capacità complessive nelle attività di gruppo svolte in aula. L’argomento della memoria e
della narrazione della Resistenza e della Shoah mi pare averle entusiasmate da subito, fattore che ha
facilitato uno svolgimento lineare e senza particolari ritardi nel programma. Un ulteriore riscontro
positivo è stato dato dalla coerenza tra il prospetto teorico di programmazione e l’effettiva
esecuzione in aula: non vi sono stati scarti rilevanti, ciò a dimostrazione dell’impegno delle allieve,
che ha permesso la trattazione dell’intero percorso senza ritardi sull’attività. Il clima di classe era
sempre disteso e proficuo all’apprendimento, senza situazioni di ansia o tensione e fondato su una
comunicazione aperta e costruttiva. La classe è poi parsa entusiasta nei miei confronti; credo
dipenda, in parte, dallo scarto minimo di età tra me e loro, fattore che mi ha resa più familiare:
un’insegnante giovane che tratta una parte di programma scissa dagli argomenti in corso, che li
affronta in maniera differente dalla docente abituale le ha incuriosite. Unico problema era il rumore
costante, caratterizzato dal chiacchierare di fondo tra compagne, che rendeva più difficile mantenere
l’attenzione generale, soprattutto durante le spiegazioni frontali.
Anche per ciò che concerne il mio rapporto con singole alunne valgono le considerazioni proposte
rispetto a tutta la classe, tranne che per rari casi, in occasioni sporadiche nelle quali ho trovato
29
maggiori difficoltà con alcune studentesse. Si tratta di allieve dal rendimento scolastico più carente
rispetto alle compagne, non molto interessate in generale alla scuola e allo studio, piuttosto vivaci in
aula: dovevo spesso riprenderle durante le lezioni perché continuavano a parlare al fondo della
classe, disturbando la spiegazione e facendo perdere la concentrazione durante le parti di lezione
frontale anche alle vicine. Normalmente, interrompevo la spiegazione e rimanevo in silenzio
osservandole con sguardo di rimprovero, ma senza riprenderle a voce con toni accesi, riuscendo
così a riacquistare il silenzio e l’attenzione della maggioranza. Il problema si è però riproposto
numerose volte. Confrontandomi con la docente accogliente, anche lei mi ha confermato questa
tendenza diffusa, rassicurandomi sul mio intervento e sul mio modo di affrontare l’aspetto
disciplinare.
2. 2 Il mio rapporto con la docente accogliente
Ho avuto la fortuna di incontrare una professoressa eccezionale sia dal punto di vista della
preparazione professionale che della vocazione ed alla quale devo gran parte della buona riuscita
del mio percorso didattico nella sua classe. Nonostante la quantità di programma da svolgere,
l’ansia di non concluderlo e la preparazione all’Esame di Stato, la professoressa Melis ha voluto che
io svolgessi il mio tirocinio attivo nella quinta, perché reputava fosse un’esperienza per me
estremamente formativa ed utile ad affrontare con maggior dimestichezza e decisione le mie future
classi: la sua scelta si è basata sulla fiducia che ha da subito provato nei miei confronti, poiché ha
visto quanto mi impegnassi e quanto tenessi in considerazione ogni sua opinione e ogni suo
consiglio, sin dall’anno scorso, durante l’osservazione in aula. Il fatto è che, non avendo avuto in
precedenza alcuna esperienza d’insegnamento e considerando da subito la mia docente accogliente
un’insegnante di elevata qualità, ho assimilato con grande interesse ogni sua indicazione didattica e
relazionale che reputassi utile alla mia formazione professionale. Questa premessa positiva e
l’accordo reciproco di fiducia non ha fatto che aumentare la mia dedizione nell’ideazione,
progettazione e poi nella realizzazione del percorso didattico che la docente mi aveva suggerito.
L’eccezionalità del rapporto che si è instaurato tra me e le professoressa va però al di là dell’aspetto
professionale fine a se stesso: più volte ci siamo incontrate anche fuori dalla scuola, per discutere
rispetto alla significatività del mestiere dell’insegnante, della sua pregnanza ed alle onerose
responsabilità che comporta, seppur contemporanee a grandi soddisfazioni e gratificazioni. Oltre a
suggerirmi tecniche e metodologie pratiche d’insegnamento che ha acquisito e fatto proprie,
personalizzandole solo dopo tanti anni di pratica sul campo, la professoressa mi è stata di esempio
per tutto ciò che concerne gli aspetti relazionali e emotivi. L’importanza che attribuisce alla
relazione con gli studenti, che deve essere, a suo avviso, distesa, fiduciosa e proficua, mi ha fatto
più volte ragionare sul processo insegnamento/apprendimento. La conclusione che ne ho tratto, e
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che mi trova in perfetto accordo con lei, consiste nell’attribuzione dell’assoluto valore alla relazione
stessa, unico veicolo di trasmissione di conoscenza. In questo senso, ciò che mi ha insegnato la
professoressa Melis esula dall’ambito professionale scolastico, poiché coinvolge qualsiasi ambito
della vita di una persona; si tratta, insomma di life-skills, di competenze adattabili, valide ed utili
per ogni occasione durante tutta la propria esistenza. Sono acquisizioni che si possono tradurre in
qualsiasi contesto, non fermandosi solo all’applicazione scolastica contingente, ma fornendo alla
persona gli strumenti adatti per agire nelle situazioni più disparate.
2. 3 Il rapporto docente accogliente/gruppo classe
La professoressa è un’insegnante molto esperta, preparata nelle sue discipline, anche grazie
all’importanza che attribuisce all’aggiornamento continuo; è aperta alla sperimentazione di nuove
tecniche d’insegnamento e crede fermamente nella relazione docente/alunni. Avendo a che fare con
allievi della scuola secondaria di secondo grado da numerosi anni, conosce a fondo i problemi che
caratterizzano i giovani adolescenti e tiene in considerazione quest’aspetto nel suo modo di operare
in classe. Una delle sue doti più evidenti è quella di saper instaurare un dialogo profondo e
costruttivo con i suoi studenti, basato sulla stima, sulla fiducia reciproca e sul potenziamento delle
qualità insite in ciascun allievo, in relazioni alle possibilità del singolo. Contemporaneamente, è
sempre attenta alle norme di conversazione e di buona convivenza civile, trasmettendo in ogni
momento anche valori e norme di vita che esulano dall’istruzione scolastica. Attraverso
l’osservazione della sua azione didattica, si comprende con evidenza la coincidenza tra istruzione e
educazione: il suo intervento in classe è mirato non solo a far acquisire conoscenze disciplinari
specifiche, ma anche a formare i giovani a tutto tondo. Ne deriva un clima di classe sereno e
disteso, positivo e propositivo.
2. 4 Il rapporto tra le alunne
La classe è molto unita, forma un gruppo nel complesso compatto e omogeneo, anche se vi sono
piccoli nuclei più stretti di altri. Trattandosi di sole ragazze, l’unione sembra essere più profonda e
emotiva del solito, basata sul dialogo e sulle confidenze tipiche delle adolescenti di sesso
femminile: molte sono anche amiche, oltre che semplici compagne di scuola. La collaborazione
appare evidente e costante, in particolar modo ne ho visto l’intensità durante i lavori di gruppo
proposti in classe: cooperazione e aiuto reciproco hanno caratterizzato le esercitazioni collettive.
Anche durante le discussioni guidate ho potuto notare la compattezza del gruppo: tutte le
studentesse sono intervenute, anche quelle più timide e meno propositive. Vigono spontaneamente
regole di convivenza civile e conversazione corretta, né si riscontrano situazioni di prevaricazione e
sottomissione evidenti. Nel complesso, si può dire si tratti di una classe molto positiva dal punto di
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vista relazionale, che ha affrontato questo percorso formativo quinquennale con impegno e
collaborazione, percependo, oltre all’aspetto d’istruzione, anche una forte componente umana.
3. Analisi critica dei risultati
3. 1 Alcuni dubbi strutturali sul percorso
Oltre alle valutazioni specifiche ottenute attraverso la verifica sommativa scritta non strutturata, che
ha ottenuto risultati complessivamente discreti, esclusi rari casi di lieve insufficienza, credo sia
interessante riflettere sulle acquisizioni disciplinari generali e sul raggiungimento di obiettivi
metacognitivi ed educativi che la classe ha dimostrato di aver ottenuto nel corso del mio intervento
didattico. Reputo importante, infatti, una valutazione formativa complessiva del gruppo classe, più
che un’analisi dettagliata delle singole conoscenze, abilità e competenze disciplinari acquisite.
Una prima considerazione da fare riguarda le perplessità che può destare la progettazione di un
percorso didattico in parte interdisciplinare e complesso come questo, in una classe di cui si
conoscono solo marginalmente i reali bisogni formativi degli alunni e che si è solo osservata per il
breve tempo del tirocinio passivo. I giudizi che mi sono creata rispetto alle singole allieve non
possono che essere relativi e non del tutto attendibili e ciò vale, anche se in modo meno netto, anche
per le considerazioni complessive di classe. In questo senso mi sono state molto d’aiuto le
indicazioni, anche sul singolo caso, che mi ha fornito preventivamente e in itinere la professoressa
che conosce a fondo la quinta, anche per ciò che riguarda dimensioni extrascolastiche (è anche
coordinatrice di classe e svolge all’interno dell’istituto funzioni organizzative che la portano ad
avere frequenti contatti con le famiglie degli allievi).
Una seconda critica va fatta rispetto ai lavori di gruppo che ho proposto e che hanno, nel complesso,
avuto un buon esito; si tratta di esercitazioni su testi letterari basati sulle norme generali del
cooperative learning. Forse, spinta anche dal buon clima di collaborazione generale di classe, ho
confidato troppo sulle capacità di organizzazione delle attività dei singoli gruppi: non attribuendo io
i ruoli all’interno dei diversi team di lavoro, si sono verificate situazioni in cui alcuni elementi
hanno svolto funzioni marginali ed altri manageriali e organizzative troppo spiccate, portando ad
uno squilibrio interno di posizioni, di compiti e di responsabilità.
Un ulteriore dubbio concerne il collocamento nel corso dell’anno scolastico dell’unità didattica da
me svolta: trattandosi della Resistenza e della Shoah, temi legati alla Seconda guerra mondiale,
sarebbe stato opportuno affrontare l’argomento, in letteratura e in storia, alla fine dell’anno,
secondo il normale ordine cronologico. La scelta della docente accogliente è stata, invece, quella di
farne un percorso a se stante, un momento formativo di riflessione slegato dal resto della
programmazione, concluso, significativo in sé e propedeutico agli incontri organizzati dall’istituto
per la Giornata della Memoria. Se da un lato quest’ottica ha accattivato la curiosità delle studentesse
32
e ha suscitato il loro viva partecipazione, dall’altro ha creato alcuni problemi organizzativi: l’unità
didattica ha dovuto trattare i temi storici in modo diretto, anche se sommario e riassuntivo, senza
poterli considerare come prerequisiti all’argomento letterario. Si sono pertanto dedicate circa due
ore complessive all’introduzione degli eventi relativi alla Resistenza e alla Shoah della Seconda
guerra mondiale, molto prima che la classe affrontasse questa parte in storia e restringendo lo spazio
dell’analisi letteraria.
3. 2 Confronto tra gli obiettivi del progetto e l’apprendimento effettivo
Rispetto all’acquisizione di sapere (obiettivi conoscitivi), tutte le studentesse sono state interrogate
durante il percorso in modo informale, dimostrando partecipazione, preparazione e impegno
sufficienti; in alcune situazioni il riscontro è stato del tutto positivo, soprattutto nel caso di alunne
che hanno spontaneamente approfondito argomenti specifici del programma, proponendo poi in
classe ulteriori spunti di riflessione collettiva. La conoscenza delle trame dei due testi da leggere
integralmente, del sistema dei personaggi, delle tematiche portanti di tutti gli estratti di testi
analizzati e del contesto storico della Resistenza e della Shoah è stata acquisita dalla maggioranza
della classe in modo soddisfacente, rispondendo a tutte le richieste da me proposte e raggiungendo
tutti gli obiettivi disciplinari di base richiesti nel mio percorso. Anche per ciò che concerne le abilità
e le competenze specifiche della disciplina, i risultati sono stati positivi: la maggioranza delle
studentesse si è dimostrata in grado di riassumere oralmente e per scritto le trame dei due libri e dei
testi letti in classe e ha dato prova di saper discutere, attraverso un dibattito guidato, rispetto ai temi
del corso, alla luce delle spiegazioni effettuate e dell’analisi e commento dei due testi svolti in
classe. Si è anche verificata la capacità di saper cogliere il significato globale del testo, distaccando
le argomentazioni principali da quelle secondarie (strategie di skimming) e, al contrario, quella di
cogliere il particolare nel generale, esponendo fatti narrativi peculiari e dettagli facenti parte
dell’arricchimento dell’intreccio (strategie di scanning).
Per quanto riguarda la competenza interdisciplinare di riflessione personale sul lavoro svolto
(metacognizione), ho notato grande impegno da parte della maggioranza nelle verifiche formative e
durante le discussioni guidate. Attraverso collegamenti tra le trame dei testi letti, interpretazioni sui
personaggi e sulle vicende narrate svolti dalle studentesse, ho verificato alcune acquisizioni, quali la
rielaborazione dei concetti appresi e l’autoanalisi rispetto ai propri processi cognitivi. In particolare,
trattando un tema dai risvolti emotivi evidenti come quello dell’esperienza partigiana e della
deportazione degli ebrei nei lager nazisti, è stato importante che la classe raggiungesse un buon
grado di consapevolezza riguardo all’importanza e alla significatività di questi argomenti, in quanto
fenomeni storici a noi ancora vicini e che hanno condizionato irreversibilmente il futuro
dell’Europa e del nostro paese. Ciò che mi importava particolarmente, è l’acquisizione di una
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visione della Storia come di una stratificazione di eventi che si condizionano vicendevolmente e che
sono sempre legati da rapporti di causa/effetto. Inoltre, le alunne hanno dimostrato di comprendere,
durante le discussioni guidate in classe, l’unicità della persecuzione nazista durante la Seconda
guerra mondiale, attribuendo la giusta importanza alla narrazione a alla memorialistica come
strumenti di ricordo e di monito affinché, restando ancora viva nella mente di tutti, anche delle
generazioni più giovani, non si possa mai più ripetere una tale tragedia.
PARTE QUARTA
ASPETTI METACOGNITIVI DELL’ATTIVITA’ SVOLTA
1. In che senso metacognizione?
L’esperienza di tirocinio attivo, seppur breve, ha inciso profondamente sulla mia formazione di
insegnante, soprattutto tenendo conto del fatto che non avevo avuto prima nessun tipo di approccio
con classi di scuola secondaria di primo e secondo grado. Lavorare con gli studenti, preparare a casa
i materiali da proporre in classe, programmare con la docente accogliente i temi da affrontare,
riflettere sulle metodologie didattiche da proporre è un compito complesso, stancante, ma anche
fortemente formativo. Il confronto con gli studenti, con il tutor, con il supervisore e con i colleghi
che stavano sperimentando contemporaneamente l’attività di tirocinio, mi ha insegnato a meditare a
fondo su ogni azione didattica, su ciascuna scelta presa, rendendomi sempre consapevole, per
quanto mi è dato esserlo, del mio agire quotidiano in aula.
Il bilancio che traggo da questo percorso di preparazione alla docenza non può che essere in tal
senso positivo. L’esperienza diretta mi ha consentito di sperimentare sul campo ciò che è stato
appreso durante le lezioni frontali della Scuola di Specializzazione: il tirocinio è stato un vero
“laboratorio” dei corsi seguiti, rappresentando il momento emblematico in cui si integrano aspetti
disciplinari, didattici, professionali e relazionali nel progettare e realizzare l’intervento didattico.
Alla pratica dell’insegnamento si è infatti anche affiancato il processo di rielaborazione degli
stimoli teorici appresi a lezione, utilizzati a seconda delle specifiche esigenze formative e
contingenti della classe; non è stato semplice applicare ciò che si è appreso a livello teorico perché
occorre la capacità di trasporre l’astratto in una situazione concreta; la capacità di comprendere i
bisogni formativi e le esigenze degli studenti; tenere conto e saper gestire gli eventuali imprevisti e
cambiamenti che ogni interazione educativa reale presenta.
Un aspetto importante del tirocinio attivo è quello legato alla sperimentazione della dimensione
relazionale e alla capacità di rifletterci sopra: si opera in una classe vera, carica di motivazioni, di
emozioni differenti, di pensieri e frustrazioni che non sono contemplati nelle teorie educative che si
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è studiato. Essere consapevoli e attenti alle emozioni e alle ansie degli studenti è indispensabile per
progettare interventi che siano realmente applicabili e formativi. E il tirocinante si trova ad agire e
reagire nell’immediato, guardandosi contemporaneamente come dall’alto, attraverso
un’osservazione interna metacognitiva.
La scelta nella scuola superiore di un percorso che fosse in parte interdisciplinare, dovendo
veicolare contenuti di storia contemporaneamente a quelli di italiano, ha rappresentato un ulteriore
stimolo e motivo di impegno: si è dovuto tenere conto non solo degli obiettivi disciplinari specifici,
ma anche di richieste più generali, complessive, trasversali. L’idea di base è stata quella di operare
per la creazione di una conoscenza complessa, varia e duttile, ma onnicomprensiva e mai settoriale,
a scomparti chiusi senza comunicazione. Posso fare un confronto, in tal senso, con l’esperienza di
tirocinio attivo nella scuola media, dove, nonostante io abbia svolto due unità didattiche di
grammatica italiana e di narrativa senza particolari agganci interdisciplinari, ho potuto verificare,
attraverso l’osservazione quotidiana e l’esperienza indiretta dell’anno scorso, quanto
l’interdisciplinarietà sia anche qui presente. Si attua non solo sul piano dei contenuti, come avviene
alle superiori, ma su quello delle competenze e delle abilità relazionali, allo scopo di far acquisire
agli studenti un sapere unito attraverso la riflessione e il confronto con la complessità del reale.
2. Le competenze maturate
Questi due anni di preparazione all’insegnamento mi hanno impegnata molto, ma
contemporaneamente mi hanno fornito categorie interpretative fondamentali per svolgere il mio
futuro lavoro con maggior consapevolezza. Dal punto di vista didattico, ho riflettuto a lungo
sull’importanza dei contenuti disciplinari, che devono essere conosciuti con sicurezza,
padroneggiati in modo fluido e duttile, così da poterli selezionare e tradurre secondo le esigenze dei
singoli contesti di apprendimento. La difficoltà si trova nel riuscire a trasformare le conoscenze
specifiche, a volte dettagliate e in forma accademica, in materiale fruibile da giovani studenti, senza
banalizzare o semplificare in modo grossolano e impreciso, ma, al contrario, traducendone la
complessità e l’articolazione in forma accessibile. Il tutto, sempre mantenendo il giusto grado di
problematicità, affinché gli allievi non generalizzino o sottovalutino ciò che apprendono; in tal
senso, il docente svolge il ruolo di mediatore, di traduttore fedele del sapere per gli studenti,
secondo i differenti bisogni formativi, le diverse età e con l’intento costante di aiutarli a riflettere
sui propri processi di conoscenza.
Anche dal punto di vista emotivo-relazionale traggo conclusioni costruttive. Il clima favorevole e
disteso nelle classi è la base del processo insegnamento/apprendimento: come più volte ho
specificato, reputo che il sapere si veicoli esclusivamente attraverso la relazione fiduciosa e la sua
bidirezionalità, che contempera crescita e mutamento continui, tanto per gli studenti quanto per gli
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insegnanti. I docenti costituiscono il primo esempio per gli allievi, il primo modello
comportamentale: da qui nasce la necessità della coerenza e della correttezza che non deve mai
venire meno in un insegnante; la prima regola sta nel non giudicare mai e nel valutare sempre
ciascuno secondo il proprio grado e le proprie possibilità di sviluppo e apprendimento, credendo
sempre fermamente nella possibilità che tutti hanno di crescere e di migliorare, anche se secondo la
realizzazione di potenzialità differenti. I ragazzi devono potersi esprimere liberamente, formulando
idee anche controverse e contrastanti; la norma alla base della discussione guidata è quella della
correttezza e del rispetto delle regole di convivenza civile. Il docente deve svolgere la funzione di
“contenitore”, di guida esterna che indirizza il pensare, l’espressione e l’agire dei propri studenti,
senza mai imporsi o prevaricare plasmandoli. Lo scopo è quello di tirare fuori da ciascun allievo il
meglio di sé: potenzialità che ciascuno possiede ma che deve essere stimolata per attuarsi
concretamente. Riguardo a queste competenze relazionali mi è stato utili confrontarmi con la
docente supervisore e con quella accogliente, entrambe esperte insegnanti che lavorano nelle scuole
secondarie da più anni: ascoltando la sua esperienza nel caso della prima e vedendola agire in classe
nel caso della seconda, ho potuto riflettere sull’organizzazione e gestione quotidiana dell’attività
didattica in aula. L’acquisizione di questa competenza onnicomprensiva non è facile, perché
richiede la capacità di prendere sempre la decisione più corretta possibile, anche in situazioni
impreviste e difficili, sapendo correggere il procedimento anche in itinere: solo con grande
esperienza e continua autoanalisi si può raggiungere una tale dimestichezza e decisione.
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BIBLIOGRAFIA
Fonti relative agli aspetti trasversali sulle quali si fonda l’esperienza di tirocinio e la mia formazione
come insegnante
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Associati, Milano 2000.
• Simone R., La terza fase: forme di sapere che stiamo perdendo, Laterza, Bari, 2000
• Smelser N., Manuale di sociologia, Il Mulino, Bologna, 1987.
• Vygotskij L. S., Pensiero e linguaggio, traduzione a cura di Mecacci L., Laterza, Bari, 1990
Fonti relative ai contenuti disciplinari trattati nell’intervento didattico di tirocinio attivo, utili per la
preparazione dell’insegnante
• AA. VV., Diario del mese, 24 gennaio 2003, anno II, numero I (per la Shoah)
• Cassola, C., La ragazza di Bube, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 1980, Introduzione
di Geno Prampolini, pp. 5-15
• Fenoglio, B., Il partigiano Johnny, Einaudi, Torino, 1968, Introduzione, pp. V-XV
• Frank, A., Diario, Einaudi, Torino, 1993, Prefazione di Natalia Ginzburg, pp. VII-XI
• Guglielmino, Grosser, Il sistema letterario, Edizioni Principato, Milano, 1994, vol. V
• Levi, P., La Stampa, Terza pagina, Editrice La Stampa, Torino, 1986, “Il comandante di
Auschwitz”, pp. 95-98
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• Levi, P., Se questo è un uomo, Giulio Einaudi Editore, Torino, 1958, Nota introduttiva
dell’autore, pp. 7-9
• Ortoleva, Revelli, Storia dell’età contemporanea, Edizioni scolastiche Bruno Mondatori,
Milano, 1993, Il Novecento
Libri di testo e altri usati dagli studenti
• AA. VV., Dal testo alla storia, dalla storia al testo, Paravia, Torino, 2000, vol. H
• Feonglio B., Una questione privata, 1963
• Levi, P., I sommersi e i salvati, 1986
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ALLEGATI
ALLEGATO 1: VERIFICA SOMMATIVA SCRITTA NON STRUTTURATA somministrata alla classe al termine dello svolgimento dell’unità didattica.
DATA
NOME E COGNOME
CLASSE
VERIFICA SOMMATIVA (scritta non strutturata) SULL’UNITA’ DIDATTICA MEMORIA E NARRAZIONE: L’ESPERIENZA PARTIGIANA E LA SHOAH
• Esercizi 1 e 2, obiettivi: conoscere i contenuti e possedere capacità di sintesi
1. IL CONTESTO STORICO DELLA RESISTENZA E DELLA SHOAH Rispondi alle seguenti domande utilizzando solo le righe a disposizione (ne sono state date 4 per ciascuna risposta)
1. Perché dal settembre del 1943 si parla di “Italia divisa”? 2. Cos’erano la “linea Gustav” e la “linea gotica”? 3. Chi forma la Resistenza e cosa si intende con il termine “partigiano”? 4. Perché si può dire che la Resistenza fu una guerra di liberazione, ma anche una guerra
civile? 5. Quali erano i metodi della lotta partigiana? 6. Fornisci una definizione possibile di “Olocausto”. 7. Che cos’è la “Notte dei cristalli” (Berlino, novembre 1938)? 8. Chi erano le Ss e i kapò? 9. Qual è la differenza tra la prima “soluzione radicale” proposta da Hitler e la successiva
“soluzione finale” rispetto alla persecuzione degli ebrei? 10. Indica alcuni procedimenti legislativi antisemiti messi in atto dal regime nazista tra il 1933 e
il 1938, in preparazione alla persecuzione vera e propria degli ebrei. 2.ANALISI TESTUALE DI UNA QUESTIONE PRIVATA DI FENOGLIO E DI I SOMMERSI E I SALVATI DI P. LEVI. Rispondi alle domande seguenti utilizzando solo le righe a disposizione (ne sono state date 4 per ciascuna risposta)
1. In che senso si può parlare di “anglofilia” quando si descrive il protagonista Milton? 2. Milton – Johnny e Fenoglio possono essere considerati la stessa persona? Se sì, in che
senso? 3. Una questione privata, un “romanzo circolare”. Perché? 4. Indica almeno due caratteristiche di Fulvia. 5. Perché il romanzo di Fenoglio è stato spesso considerato dalla critica come un “romanzo
metaforico”? Ricorda e contestualizza all’interno dell’intreccio almeno una metafora importante per l’autore.
6. Cosa intende Levi per “memoria dell’offesa”? 7. Cosa intende Levi per “zona grigia” all’interno del lager? 8. Il concetto di “vergogna” per Levi. 9. Indica alcuni esempi di “violenza inutile” praticata nei campi di sterminio tra quelli citati
dall’autore nel suo libro. 10. I tatuaggi a Auschwitz.
• Esercizio 3, obiettivi: possedere capacità di analisi testuale e di rielaborazione di un testo
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3. ANALISI CRITICA DI I SOMMERSI E I SALVATI DI P. LEVI4. a) Leggi l’estratto seguente, tratto dall’opera di Levi b) Contestualizzalo all’interno del libro specificando di quale argomento tratta (fai
riferimento alle tematiche principali che scandiscono gli otto capitoli del libro) c) Riassumi brevemente il contenuto e specifica cosa intende l’autore con “non essere
parlati”. d) Proponi una tua considerazione critica a riguardo
Questo “non essere parlati” aveva effetti rapidi e devastanti. A chi non ti parla, o ti si indirizza con urli che ti sembrano inarticolati, non osi rivolgere la parola. Se hai la fortuna di trovare accanto a te qualcuno con cui hai una lingua in comune, buon per te, potrai scambiare le tue impressioni, consigliarti con lui, sfogarti; se non trovi nessuno, la lingua ti si secca in pochi giorni, e con la lingua il pensiero”.
ALLEGATO 2: PIANO DI LAVORO distribuito alla classe nel corso della prima lezione introduttiva al percorso didattico.
PIANO DI LAVORO DELL’UNITA’ DIDATTICA MEMORIA E NARRAZIONE:
L’ESPERIENZA PARTIGIANA E LA SHOAH L’attività si svolge attraverso la trattazione distinta dei due temi:
- Memoria e narrazione dell’esperienza partigiana - Memoria e narrazione della Shoah
Memoria e narrazione dell’esperienza partigiana
Le lezioni dedicate all’argomento mirano ad analizzare questi nodi tematici: 1. Inquadramento del fenomeno della Resistenza e della guerra partigiana all’interno del
contesto storico di riferimento (in relazione alle fotocopie preventivamente distribuite). 2. Alcune possibili interpretazioni del concetto di “narrazione” e del “bisogno di
ricordare”: la memoria dell’esperienza partigiana tra gli autori italiani (in relazione anche alle fotocopie fornite).
3. L’analisi del testo di Beppe Fenoglio Una questione privata (1963): i contenuti dei singoli capitoli; le tematiche principali, con particolare attenzione a quelle legate al tema della Resistenza; l’analisi delle caratteristiche dei protagonisti; le tecniche narrative impiegate dall’autore; alcune “questioni letterarie” rispetto al romanzo; notizie essenziali su B. Fenoglio.
4. Carrellata su altri scrittori italiani che si sono occupati di questo tema e confronto della loro interpretazione con quella del nostro autore (questa parte di approfondimento verrà affrontata in base alla disponibilità di tempo).
Memoria e narrazione: la Shoah
Le lezioni su quest’argomento trattano: 1. Il contesto storico della Shoah: le origini dell’antisemitismo nazista; la definizione di
“Olocausto” e di “lager”; le radici ideologiche della politica antisemita; dall’epurazione dalla pubblica amministrazione allo sterminio degli ebrei (in relazione alle fotocopie fornite).
4 Il brano da analizzare è tratto da: Primo Levi, I sommersi e i salvati, Torino, Tascabili Einaudi, 1991, p.72.
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2. La memoria della Shoah, alcune possibili interpretazioni del concetto di “Memoria” rispetto a questo tema: Memoria come invettiva (contro il fascismo ed il nazismo); Memoria come testimonianza diretta (dell’esilio politico e dell’esperienza della deportazione nei campi di concentramento); memoria come descrizione della sfera privata.
3. Analisi del testo di Primo Levi I sommersi e i salvati (1986): i contenuti e le tematiche secondo la scansione dei capitoli (eventuale lettura di estratti del libro e di altri autori che hanno affrontato lo stesso tema; confronto con Levi).
4. Carrellata su altri autori italiani che hanno trattato il tema della Shoah (questa parte di approfondimento verrà trattata in base alla disponibilità di tempo).
N.B.: Gli scopi dell’unità didattica:
1. Preparazione riguardo ai temi della Resistenza e della Shoah in previsione degli incontri di gennaio 2006 relativi alla “Memoria”.
2. Trattazione della parte del programma annuale di italiano e di storia relativa ai due temi, nell’ottica della preparazione per l’esame di maturità (la lettura dei testi di Fenoglio e Levi è obbligatoria: le lezioni collettive svolte insieme hanno l’intento di velocizzarne la conoscenza).