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MELTING POT. PSICODRAMMA, ANALISI TRANSAZIONALE, FILMATI, MINDFULNESS, TECNICHE ANALOGICHE E METAFORICHE. MIX VINCENTE NELLA FORMAZIONE COMPORTAMENTALE-MANAGERIALE di Luisa Ghianda La formazione comportamentale, distinta dall’addestramento tecnico-professionale, implementa capacità sociali complesse, indispensabili per l’integrazione, il benessere, il cambiamento in ambito lavorativo. Inconsapevolezza, mancanza di conoscenza, blocchi interiori, comportamenti auto- sabotanti limitano un'espressione funzionale del ruolo professionale. Questi elementi diventano oggetto di ricerca durante il percorso formativo, al fine di promuovere nuove consapevolezze, atte ad attivare comportamenti efficaci. In qualità di formatrice adotto una metodologia che integra due discipline, l’Analisi Transazionale e lo Psicodramma Moreniano, arricchendo l’intervento con altre tecniche quali favole, racconti, filmati. L'insieme degli strumenti conduce ad una metodologia esperienziale fatta di giochi di ruolo, lavori di gruppo, analisi di autocasi, momenti di discussione e confronto, messa in scena, che consente di indagare in modo molto

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MELTING POT.

PSICODRAMMA, ANALISI TRANSAZIONALE, FILMATI, MINDFULNESS, TECNICHE

ANALOGICHE E METAFORICHE.

MIX VINCENTE NELLA FORMAZIONE COMPORTAMENTALE-MANAGERIALE

di Luisa Ghianda

La formazione comportamentale, distinta dall’addestramento tecnico-professionale,

implementa capacità sociali complesse, indispensabili per l’integrazione, il benessere, il

cambiamento in ambito lavorativo.

Inconsapevolezza, mancanza di conoscenza, blocchi interiori, comportamenti auto-

sabotanti limitano un'espressione funzionale del ruolo professionale. Questi elementi

diventano oggetto di ricerca durante il percorso formativo, al fine di promuovere nuove

consapevolezze, atte ad attivare comportamenti efficaci.

In qualità di formatrice adotto una metodologia che integra due discipline, l’Analisi

Transazionale e lo Psicodramma Moreniano, arricchendo l’intervento con altre tecniche

quali favole, racconti, filmati. L'insieme degli strumenti conduce ad una metodologia

esperienziale fatta di giochi di ruolo, lavori di gruppo, analisi di autocasi, momenti di

discussione e confronto, messa in scena, che consente di indagare in modo molto

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puntuale la gestione del ruolo professionale, rimanendo fortemente ancorati alla

dimensione professionale.

Primo elemento su cui mi concentro in apertura di corso è la promozione di un

atteggiamento contrattuale tra me e i corsisti e tra i corsisti stessi. La contrattualità

rimanda al principio di okness, così caro all’Analisi Transazionale. "Io sono ok, Tu sei ok"

significa entrare in una relazione che è comunicazione profonda con ciò che l’Altro è,

promuovendo una posizione paritaria, nel rispetto delle diverse competenze.

Atteggiamento contrattuale significa “incontrare” l’Altro laddove si trova senza giudicarlo,

offrendogli semplicemente appoggio ed empatia. Questi valori trovano la loro applicazione

in principi etici imprescindibili in un percorso formativo: il rispetto per gli individui,

l’empowerment, cioè la funzione di potenziare le capacità delle persone, la protezione, la

responsabilità e l’impegno nella relazione in corso. Solo in un clima non giudicante è

possibile abbassare le barriere, spogliarsi del ruolo, mettersi in gioco, abbandonandosi ad

una indagine degli aspetti della vita lavorativa dove non si ha ancora raggiunto una piena

espressione, esperienza tanto più preziosa proprio perché avviene all’interno di un gruppo,

luogo ideale di confronto, scambio e mutuo apprendimento.

L’Analisi Transazionale è una teoria dello sviluppo della persona e dei suoi

comportamenti. Nei corsi di formazione, l’obiettivo non è la conoscenza dell’A.T. di per sé,

ma l’aumento dell’efficacia (manageriale, comunicativa, negoziale, interpersonale, ecc.).

L’Analisi Transazionale funge solo da strumento per l’apprendimento.

Il nome A.T. deriva dal termine 'transazione', che significa 'scambio': un dialogo tra due o

più persone è costituito da una serie di transazioni verbali o non-verbali. L'Analisi

Transazionale prende in considerazione tali transazioni e ne deduce informazioni sulle

quali è possibile analizzare la qualità degli scambi relazionali. Tramite la lettura del dialogo

esterno transazionale è possibile ipotizzare il dialogo interno di un individuo. Identificando

gli stati dell'Io attivi tra due persone che comunicano è possibile risalire a "quello che una

persona si sta dicendo dentro" e alle emozioni correlate agli eventi-stimoli (vissuti).

Gli stati dell’Io sono coerenti sistemi di pensieri e sentimenti che si esprimono in

corrispondenti sistemi di comportamento. Sono costitutivi della personalità e vengono

chiamati Genitore, Adulto, Bambino. La parte Genitoriale è custode di esperienze, la parte

Adulta elabora informazioni, la parte Bambina è sede di spontaneità ed emotività.

Nel corso della giornata ci si sposta continuamente da uno stato dell’Io all’altro. Una

personalità equilibrata fa uso di tutti e 3 gli stati dell’Io, energizzando quello adeguato al

contesto. Quando due persone comunicano, ognuna è libera di scegliere lo stato dell’Io

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con il quale interagire. Sebbene nella maggioranza dei casi le persone rispondono agli

“inviti degli altri”, replicando con lo stato dell’Io complementare all’interlocutore, ognuno è

responsabile, in qualsiasi momento, della scelta del proprio stato dell’Io, nonché libero di

utilizzare quello più adatto al contesto. Questo presupposto è un invito a sentirsi

responsabili per i propri atteggiamenti, le proprie emozioni, le proprie scelte, eludendo la

sensazione di essere vittime inconsapevoli degli scambi relazionali avviati

dall’interlocutore. Naturalmente, scambi consapevoli ed efficaci hanno bisogno di

competenza emotiva, conoscenza dell’effetto dei propri gesti sull’interlocutore, empatia,

capacità di lettura del contesto, autocritica, comprensione di sé e dei propri bisogni.

L'utilizzo del modello degli stati dell'Io accresce consapevolezza circa le proprie ed altrui

modalità comportamentali, promuovendo una gestione responsabile e coerente dei propri

pensieri, sentimenti, comportamenti. Inoltre, consente di leggere le interazioni sociali,

grazie alla decodifica delle transazioni verbali, per cui potenzia la capacità di gestire una

comunicazione in modo efficace, nel rispetto delle proprie ed altrui emozioni e degli

obiettivi prefissati.

Uno dei grandi vantaggi di questa disciplina è la sua alta comprensibilità e accessibilità.

Gli argomenti vengono proposti in modo semplice, ma non semplicistico, tanto da risultare

facilmente comprensibili anche a chi è digiuno di conoscenze in ambito psicologico. Eric

Berne, caposcuola dell’A.T., desiderava principalmente promuovere consapevolezza ed

autonomia nei suoi pazienti. Una relazione asimmetrica tra il terapeuta e il paziente non

avrebbe giovato, da lì la necessità di esprimere le sue tesi in modo facilmente

comprensibile a tutti, indipendentemente dal livello e dal tipo di istruzione. Attraverso

alcune brevi lezioni è possibile, infatti, mettere il paziente, come i gruppi di formazione,

nella condizione di usare l’Analisi Transazionale, e quindi di maneggiare concetti delicati e

complessi, per leggere, approfondire e comprendere le loro relazioni personali o

professionali.

Un secondo elemento vincente dell’A.T. è rappresentato dall’opportunità che offre rispetto

ai contenuti emotivi. Parlare delle proprie emozioni può essere utile e necessario anche

nel contesto professionale, dove non è inconsueto respirare disorientamento e malessere.

Una formazione capace di aiutare le persone a vivere le relazioni interpersonali come

occasioni di crescita può essere particolarmente efficace nella gestione delle più frequenti

situazioni relazionali previste dal ruolo professionale. Certamente parlare di sé all’interno

di un gruppo può essere imbarazzante, fonte di agitazione, fino a mettere in luce la paura

che andare in profondità possa sollecitare vissuti non elaborabili in modo compiuto e

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puntuale nel contesto d’aula. Tuttavia, l’Analisi Transazionale, nelle mani di un formatore

esperto e rispettoso delle difese dei corsisti, offre modalità di lavoro protettive. Come

prima evidenziato, il tema del contratto e dell’atteggiamento contrattuale porta il trainer a

negoziare con i corsisti il livello di profondità cui è possibile arrivare, livello per altro

costantemente ridefinito con il progredire del corso. L’Analisi Transazionale offre la

possibilità di ragionare intorno ad ipotesi analitiche senza porsi come verità assoluta. Ad

esempio gli Stati dell’Io e il concetto di transazione costituiscono la base per una

comprensione dei meccanismi connessi alla comunicazione interpersonale, ma sono

nozioni che si prestano anche per una indagine più approfondita legata alla teoria della

personalità e dei meccanismi transferali. Il formatore definisce via via con il gruppo il livello

a cui è opportuno assettare l’intervento. Tutti i temi sono trattati con humour e leggerezza

in modo che sia davvero possibile avventurarsi in punta di piedi nei vari vissuti.

L’Analisi Transazionale è, di fatto, una psicologia sociale. L’analisi delle transazioni

comunicative mostra il dialogo interno di un individuo e quindi costituisce la chiave

d’accesso alla dimensione psicologica e alla lettura dei bisogni profondi. Proprio perché

incentrata sulla relazione, l’A.T. è un formidabile strumento di alfabetizzazione relazionale,

contribuendo a sviluppare competenze emotive e relazionali. Diventare competenti dal

punto di vista relazionale significa coltivare sia la capacità di osservare i fenomeni del

rapporto, al fine di aumentare l’autoconsapevolezza, sia implementare la capacità di

assumere comportamenti funzionali alla costruzione di buone relazioni. La capacità di

indagine può essere sviluppata a partire dalla abilità di riconoscere gli stati dell’Io attivi in

una relazione, potendo essere contemporaneamente coinvolti e osservatori separati, fino

alla necessità di sospendere il giudizio. Assumere comportamenti finalizzati alla

costruzione di buone relazioni è un altro obiettivo, il che significa, a mio avviso, smettere di

usarsi reciprocamente per continuare all’infinito una storia antica che è solo dell’uno o

dell’altro.

Lo Psicodramma Moreniano è un metodo psicologico di gruppo che utilizza la

drammatizzazione, privilegiandola alla narrazione. E’ un approccio esplorativo, che indaga

fattori affettivi, cognitivi e comportamentali attraverso modalità "d'azione". L’applicazione

dello psicodramma è particolarmente utile quando il percorso di formazione manageriale è

orientato ad acquisire una maggiore competenza nel gestire le relazioni interpersonali.

Un buon esercizio del ruolo professionale passa attraverso una buona conoscenza di sé e

delle proprie costruzioni mentali. La messa in scena permette di risperimentare nel qui e

ora le situazioni difficili, reali o interiori, rivivendole con la stessa intensità emotiva che ha

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caratterizzato il momento reale. E’ proprio la possibilità di sollecitare quel vissuto ciò che

consente al metodo di essere particolarmente potente.

Anche in questo caso lo psicodramma altro non è se non una metodologia per lavorare

sugli autocasi, strumento principe in ambito formativo, in quanto sollecita tutte le risorse

individuali utili all’apprendimento.

Grazie alla metodologia psicodrammatica, i comportamenti prendono forma nell'azione.

Nella dimensione di semi-realtà, tipica del gioco teatrale, la persona può risperimentare il

contesto problematico, avviando una indagine di sé, degli interlocutori coinvolti, delle

proprie dinamiche interiori, dei comportamenti agiti, fino a concedersi comportamenti mai

messi in atto, allenandosi a sperimentarli per farli propri. Il metodo psicodrammatico

permette, dunque, di saggiare i comportamenti efficaci, palesando quelli inefficaci,

facilitando, così, moti di autoconsapevolezza. Questo lavoro favorisce il confronto di

contenuti manifesti con contenuti latenti, dotando le vicende di un senso e dimostrandosi

occasione di costruzione di significati, che possono essere percepiti, compresi, nonché

integrati con quelli precedentemente costruiti.

L’autocaso avvia la riproduzione, recitata il più fedelmente possibile, di un evento

significativo ed emblematico rispetto agli obiettivi del seminario. Chi ha vissuto l’episodio

rimette in scena l’accaduto recitando se stesso ed istruendo altri partecipanti a recitare la

parte degli interlocutori reali. La drammatizzazione offre un’opportunità espressiva, che

diviene analizzabile e modificabile, perché la messa in scena favorisce la capacità di

mettersi in relazione con gli altri per la costruzione di un pensiero cooperativo.

Una volta recitato l’episodio, utilizzo quanto emerso per una ulteriore analisi attraverso

l’Analisi Transazionale: stati dell’Io, transazioni, giochi, tornaconti, emozioni, vissuti o

bisogni psicologici. A mo’ di brainstorming sollecito i partecipanti ad individuare ulteriori

opzioni per la gestione di situazioni di quel tipo. L’autocaso consente l’apertura ad opzioni

alternative ed offre al partecipante la possibilità di vagliare altre modalità praticabili per lui,

anche avvantaggiandosi del contributo del gruppo.

La tecnica dell’autocaso gestita attraverso la metodologia psicodrammatica differisce

nettamente dal classico role-play, tecnica addestrativa che ha, piuttosto, lo scopo di far

esercitare le persone su una modalità comportamentale ritenuta efficace fino alla sua

piena acquisizione. Il role-play sottintende il paradigma d’apprendimento "stimolo –

risposta – rinforzo", l’autocaso apre, invece, all’ "insight". Stimolato dall’azione nel qui e

ora, il partecipante può comprendere il reale bisogno sottostante al suo comportamento,

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intravedendo modalità alternative, e più apprezzabili, di gestione della situazione

problematica, che pure soddisfino quello stesso bisogno.

Qualora nessun corsista voglia giocarsi sulla scena psicodrammatica, magari perché il

gruppo non ha ancora raggiunto una certa intimità, utilizzo del materiale visivo, tipo

spezzoni di film o produzioni video fatte ad hoc, dove gli attori giocano situazioni

complesse con l’attivazione dei diversi stati dell’Io. La visione dei filmati conduce ad

individuare diverse opzioni comportamentali (non una sola, ovvero quella “giusta”)

sviluppando autoefficacia, che, come sottolinea l’A. T., dipende proprio da un ampio

numero di risposte comportamentali a disposizione.

Altri strumenti a mio avviso potenti sono la fantasia guidata, l’autobiografia, la costruzione

di favole e racconti.

La fantasia guidata, in particolare, conduce i partecipanti attraverso un percorso simbolico,

facilitando l’accesso ad alcune emozioni latenti o ad altro materiale psichico. L’obiettivo

rimane fortemente ancorato alla dimensione professionale, poiché consiste nel portare a

consapevolezza i vissuti psicologici relativi a tematiche collegate al proprio ruolo

professionale. Il riappropriarsi di una parte di sé rimossa o semplicemente temuta

consente di non continuare a difendersene coattivamente nella dimensione sociale.

Anche la costruzione di favole/racconti, sulla base delle indicazioni fornite dal formatore,

favorisce l’emergere di vissuti inconsapevoli che possono essere elaborati sulla base di

alcune chiavi di interpretazione. Tale lavoro lascerà emergere le paure latenti nel gruppo

ed evidenzierà una dinamica risolutiva quale principale punto di forza di quello stesso

gruppo.

Infine, esercizi di mindfulness possono essere utilizzati per potenziare la concentrazione,

le capacità attentive e mnemoniche, la gestione dello stress, la capacità di prendere

decisioni e gestire i problemi, determinando maggior efficienza e chiarezza nello

svolgimento del lavoro, nonché coesione tra le persone. Gli obiettivi formativi esulano

dall'acquisizione di modelli comportamentali astrattamente ritenuti efficaci, ma attengono

allo sviluppo di equilibrio interiore, ascolto profondo, empatia, resilienza, intelligenza

emotiva, coerenza con se stessi, intimità, al fine di esprimere l'eccellenza.

Grazie all’alternanza delle varie metodologie è possibile sollecitare nei corsisti sia l’ambito

delle competenze psicologiche, sia quello delle competenze emotive, coinvolgendo la

persona nella sua totalità e facilitando, così, il cambiamento. I corsisti arrivano a

comprendere che, nel percorso d’integrazione sociale, è possibile abbiano costruito

strutture psicologiche difensive ora cristallizzate e divenute un limite per la piena

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espressione del potenziale. Una maggior consapevolezza di sé e del proprio stile

relazionale costituiscono la base per individuare alternative comportamentali migliori, sia

sul piano logico, sia sul piano concreto. Tale consapevolezza porta a rielaborare le

convinzioni auto-limitanti e gli automatismi inconsci, che ostacolano l'arricchimento della

propria mappa interpretativa. La ristrutturazione delle proprie credenze rappresenta

l'accesso ad un comportamento nuovo. Il vissuto trova un’elaborazione emotiva e

cognitiva, smettendo di essere trasferito nei gesti quotidiani in modo inconsapevole. Il

lavoro proposto invita, inoltre, a mantenere modalità propositive, educando alla

cooperazione, indirizzando a mettere in relazione i propri punti di vista con quelli degli altri,

abituando ad ascoltare.

Approfondire la conoscenza di sé non solo è premessa per lo sviluppo di capacità sociali

complesse, ma è anche l’unico modo, a mio avviso, per modificare comportamenti

inadeguati, portando ad una gestione vincente del ruolo professionale, nonché ad una

piena espressione di sé e del proprio potenziale.