Medicina Tradizionale Cinese

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© 2003 Editoriale Davidorfeus SpA, Brescia tutti i diritti riservati prima edizione italiana febbraio 1997 copertina e grafica Davidorfeus Stampa Davidorfeus EDO è stata ideata per la libreria in occasione del progetto editoriale in corso di realizzazione della Enciclopedia Tematica Aperta (ETA). La I.A.C. di Bologna cura il marketing e la pubblicità diretta della Enciclopedia Tematica Aperta. ISBN 88-16-43104-0 Per informazioni stille opere pubblicate e in programma ci si può rivolgere a: Editoriale Jaca Book SpA, Servizio Lettori, via Gioberti 7, 20123 Milano Tel. 02/48561520/29; Fax 02/48193361 INDICE INTRODUZIONE Una filosofia alla base della medicina Il successo della Medicina Tradizionale Cinese in Occidente Antichità della Tradizione medica Numerologia e analogia, strumenti per cogliere la Tradizione LA COSMOLOGIA CINESE L'originalità del pensiero cinese La cosmologia cinese Yin/yang - Cinque elementi

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© 2003Editoriale Davidorfeus SpA, Brescia

tutti i diritti riservati

prima edizione italianafebbraio 1997

copertina e graficaDavidorfeus

StampaDavidorfeus

EDO è stata ideata per la libreria in occasione del progetto editoriale in corso di realizzazione della Enciclopedia Tematica

Aperta (ETA). La I.A.C. di Bologna cura il marketing e la pubblicità diretta della Enciclopedia Tematica Aperta.

ISBN 88-16-43104-0Per informazioni stille opere pubblicate e in programma

ci si può rivolgere a: Editoriale Jaca Book SpA, Servizio Lettori,via Gioberti 7, 20123 Milano

Tel. 02/48561520/29; Fax 02/48193361

INDICE

INTRODUZIONE

Una filosofia alla base della medicinaIl successo della Medicina Tradizionale Cinese in OccidenteAntichità della Tradizione medicaNumerologia e analogia, strumenti per cogliere la Tradizione

LA COSMOLOGIA CINESE

L'originalità del pensiero cineseLa cosmologia cineseYin/yang - Cinque elementi

VALUTAZIONE FILOSOFICADELLA STRUTTURAZIONE DELL'UOMO

L'embriologia umana secondo il simbolismo cinese L'uomo: un Soffio tra Cielo e TerraIl corpoI meridianiGli organi e i visceri (zang-fu)I SoffiSangue e liquidiLe malattie

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L'UOMO COSMICO

La valenza psichica degli organi: gli Shen Il Cuore: un sovranoHun e PoProposito e volereIl Cuore e gli organi minacciati dagli eccessi delle pas-sioniIl mantenimento degli organi

IL RAPPORTO DELL'UOMO CON IL DESTINO

Il ritorno all'Uno e l’immortalitàIl concetto di VuotoIl «Vuoto del cuore» (xin xu) e l'«Arte del cuore» (xinshu)Il «non-agire» (wu wei) e il «saper-fare» (zhi)Il Santo (Zhen Ren) e la longevità (chang shengIl senso dell'atto medico secondo la Medicina Tradizionale Cinese

ABBREVIAZIONI

NOTE

INTRODUZIONE

L’incontro con la cultura cinese e la sua diffusione in Europa ad opera di studiosi, missionari, antropologi non è sempre stata rispettosa delle peculiarità dei modi di vita e del pensiero di questo popolo. Talora, con qualche forzatura, si è voluto ritrovare nella cultura cinese il paradiso terrestre privo di contraddizioni dell'idealismo illuminista. Talora, si è voluto ricercare nelle pratiche mediche tecniche esoteriche che fossero la conferma di tradizioni occidentali analoghe. Talora, più semplicemente, la Cina è servita come luogo dell'inconscio collettivo in cui collocare tutte le fantasie e le stravaganze che la bruta realtà occidentale non riusciva a contenere. La vita tuttavia, quella quotidiana dei Cinesi, ha continuato a riproporsi fedele a se stessa, obbligando l'osservatore occidentale a prendere atto della diversità del «popolo del Centro». In questi ultimi anni si è sentito parlare con sempre maggiore insistenza e in modo sempre più documentato del loro pensiero e del loro sistema di vita. Questo ci ha incuriosi ti, attratti, affascinati e spesso ci ha obbligati a riesaminare l'insieme del nostro pensiero e dei nostri comportamenti. All'uomo occidentale, assetato di felicità e di nuove

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esperienze, si sono proposte antiche filosofie, nuove re-ligioni, ma anche semplici pratiche di vita, legate al man-tenimento della salute, modalità differenti di alimentarsi o di curarsi. La stessa agopuntura, pratica terapeutica unica nella storia della medicina, non poteva non attrarre la curiosità degli studiosi occidentali. Naturalmente la medicina praticata in Oriente ha lo stesso scopo della nostra: proteggere la vita, preservarla e portarla al compimento delle sue potenzialità. Ma il modo con cui è concepita e applicata ha reso necessario un tentativo di comprensione dei motivi delle grandi diversità come delle inesplicabili somiglianze. Abbiamo tentato di mettere in luce i punti essenziali che caratterizzano la medicina cinese piuttosto che ricercare una comparazione con quella occidentale. Ciò, a nostro parere, avrebbe come limite possibile quello di accusare in modo unilaterale le differenze o di non tenerne conto in modo sufficiente. Attualmente in Cina esistono due tipi di medicine: la medicina tradizionale, chiamata appunto Medicina Tradizionale Cinese, da sempre insegnata e praticata, e la medicina occidentale.

La Medicina Tradizionale Cinese è l'insieme di tecniche terapeutiche che, a partire da una concezione della vita e dell'uomo elaborata nei primi secoli a.C., ha permesso ai Cinesi di studiare e di trattare globalmente le questioni che si sono posti e si pongono sulla salute. Il termine «tradizionale» precisa il fatto che il fondamento di questo sapere è antico e che la conoscenza sempre più approfondita in campo medico non ha escluso, ma anzi ancora oggi si rifà a quei principi filosofici elaborati nell'antichità e sistematizzati sotto la dinastia Han (206 a.C.- 221 d.C.). Da qui nasce la necessità di una trattazione della filosofia che sta alla base di questa medicina. Infatti la medicina cinese affonda le sue radici in un pensiero, in una logica, in generale in una civiltà che è molto diversa dalla nostra e che ha sviluppato una propria concezione dell'uomo, del corpo, della salute e della malattia.

Per quel che riguarda la medicina occidentale, invece, i primi corsi furono tenuti da medici inglesi e americani a Pechino e a Canton tra il 1860 e il 1870. La prima scuo la fu aperta a Tian-jin nel 1881 e da questa istituzione nel 1885 uscirono i primi medici di formazione occidentale. Nel trattamento delle epidemie e di certe affezioni acute i risultati positivi e rapidi della terapia occidentale si affermarono immediatamente e dimostrarono l'insuf-ficienza di certe pratiche cinesi. Ma l'interpretazione della vita e il metodo di affronto della medicina tradi-zionale, come pure certi dati empirici del passato, sono risultati degni di essere conservati, perché hanno resisti-to al vaglio del tempo. Essi sono solidamente ancorati nella mentalità cinese, nelle persone colte come nel po-polo. Quindi, a partire dall'inizio del nostro secolo, le due medicine sono insegnate e praticate; a partire dagli anni 50, anche in modo integrato.

Una filosofia alla base della medicina

I Cinesi non hanno bisogno di aprire un testo di filosofia per capire la strutturazione del sapere medico, in quanto medicina e filosofia non sono separabili per loro Ma che cosa intende e per filosofia? Il popolo cinese è un popolo che ama la concretezza, e la filosofia non può essere astratta, ma deve cogliere in ogni istante i movimenti della vita. Possiamo forse adottare una definizione corrente, per esempio del Dizionario Robert filosofia co-me «concezione generale, come visione più o merlo me-todica del mondo e della vita». Non recuperarla sarebbe non poter cogliere la peculiarità di questa medicina e impedire di conseguenza quell'incontro proficuo tra medicina cinese e medicina occidentale da molti auspi-cato e da alcuni medici già attuato.

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Le filosofie che impregnavano la cultura cinese al tempo in cui prese corpo la sistematizzazione e la stesura dei testi classici di medicina, intorno al III secolo a.C., sono rappresentate dal confucianesimo e dal taoismo. Quest'ultimo, pur non essendo esaustivo delle basi teoriche del sapere medico, ne costituisce però il nucleo fonda-mentale. Non mancano, come vedremo, formule precise o teorie a sé stanti, come quelle dello yin/yang e dei Cinque movimenti (chiamati anche elementi o fasi) wu xing, che hanno dato al taoismo un substrato teorico e un linguaggio tecnico e che a loro volta sono state rinforzate dal taoismo a tal punto che è diventato impossibile concepirle come scuole separate. Lo spirito taoista ha informato tutto il pensiero scientifico della Cina antica. I concetti nodali della medicina hanno fatto sempre riferimento a questa organizzazione del pensiero e a questo modo di concepire la vita. Il mondo taoista è un mondo «razionale» nel senso largo del termine, cioè organizzato secondo un sistema logico: comprensibile nella sua struttura: Ma e anche un mondo 'simbolico' Ciò non è antitetico. La ragione dell’uomo infatti, è una luce che talvolta può esprimersi con precisione e connessioni proprie della logica matematica; talora, invece, quando ha che fare con la vita, è obbligata a ricorrere al simbolismo per continuare a parlare dell'uomo e del mondo. La stessa natura ideogrammatica della lingua cinese combina la potenza rigorosa del senso con il simbolo dell'immagine, del meraviglioso. Gli antichi scrittori dei Classici cinesi hanno messo a punto una metodologia che dà una spiegazione dell'Universo, una rappresentazione sistematica della vita, soddisfacente e globale quanto il Discorso sul metodo di Descartes o la Critica della Ragion Pura di Kant. Ma hanno nascosto i loro tesori in testi difficili da penetrare, circondandosi di una difesa irta di simboli, spesso di natura numerica. Anche i testi classici di medicina sono scritti da sapienti letterati, da uomini di pensiero che non volevano comunicare al primo venuto il loro sapere; sono testi ermetici e gli autori lo dicono esplicitamente. Del resto,

tutta, la lingua classica è divenuta praticamente ermetica sotto l'effetto combinato dell'occidentalizzazione del cinese e della volgarizzazione della cultura abbiente. Per penetrare il senso bisogna essere degli iniziati, conoscere cioè tutti i codici di accesso, la logica interna, la filosofia che li sostiene. La pluralità di senso, la polisemia, è la regola generale di un testo classico, perché la lingua è ideogrammatica. Da qui la difficoltà di leggere, comprendere, interpretare, tradurre e la necessità di commentare. Nei testi di medicina che par-lano del dispiegarsi della vita umana, il vocabolario usa-to è sì tecnico, ma spesso si rifà ad entità sensibili che non sono quantificabili. Quando si parla di combinazioni nell'uomo, non sempre si parla di combinazioni chimiche o di realtà di ordine biologico e fisico. Ad esempio, quando si dice che l'uomo è il frutto del com-binarsi dei Soffi del Cielo e della Terra, che cosa si in tende per Cielo e per Terra? Il Cielo non 'è certo il cielo materia e, osserva i e con i telescopio, ma un principio supremo, quello della iniziativa della vita. La Terra è tutto ciò che non è Cielo, e più precisamente incarna tutte le funzioni della maternità: dà le forme, contiene gli esseri, è il luogo del radicamento, nutre, protegge, proprio come è detto in tutte le civiltà antiche. La combinazione delle diverse componenti che costitui-scono il taoismo, la struttura filosofica, l'aspetto simboli -co, il mito hanno fatto si che esso fosse strettamente le-gato alla nascita e allo sviluppo dell'astronomia, della medicina e delle speculazioni matematiche. Ispirato da una concezione naturale e onnipotente dell'universo, il taoismo ha ripreso e valorizzato, dando loro sistemati-cità, i diversi aspetti della cultura cinese: gli antenati del pensiero scientifico, i cosiddetti «uomini delle tecniche», gli eredi dello sciamanismo, i grandi maestri taoisti, Lao zi, Zhuang zi, Lie zi, con le basi dei miti cinesi, con dati buddhisti e altri confuciani, rinforzando la sua identità e la sua coerenza. Ha così costituito una

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forza di coordinamento e di sintesi delle tradizioni cinesi che è rimasta viva nei secoli. Ma soprattutto ha saputo dar vita ad un pensiero, che si è diffuso ovunque in Asia, grazie al suo modo di utilizzare sapientemente il gioco dello yin e del-lo yang, di trattare temi fondamentali, come quelli di «Vuoto», di «longevità», di «Santo». Si sarebbe tentati di dire che li ha inventati, ma sarebbe scorretto. È la vita umana che, con o senza taoismo, ha necessità del vuoto per respirare, del tempo per vivere a lungo, dell'educazione per divenire Santo. Ma è utile sottolineare che il taoismo ha reso cosciente allo spirito umano l'importanza di questi temi che sono punti di riferimento per l'esistenza. Anche la cosmologia, a cui la medicina si rifà costantemente per via dello stretto rapporto esistente tra l'uomo e l'universo, è parte integrante del pensiero taoista.

Secondo questa concezione l'universo, formatosi a partire dal Caos primordiale, e in evoluzione, costante, e in perpetuo divenire a partire da un «quid» unico, il Soffio primordiale (qi) . La sola realtà per i Cinesi antichi è il (qi) nelle sue trasformazioni, da uno stato impercettibile ad uno stato visibile e quindi esprimibile. Anche l'origine dell'uomo è da ricercarsi nel concentrarsi e nel coagularsi di qi, di Soffi esistenti dall'Inizio, che divengono Soffi propri di un destino specifico. Il termine qi caratterizza la medicina cinese. È stato tradotto indifferentemente con il termine energia o Soffi. Energia perché la vita produce, mantiene, consuma, economizza, libera energia. Molti amano questa espressione che è più consona alla nostra mentalità occidentale. Come non ricordare che, dopo gli studi di Einstein, per il mondo occidentale la massa non e che una forma di energia? Allo stesso modo; gia nell'antichità; nelle loro specu-lazioni, i Cinesi consideravano i corpi e i loro dinamismi come una stessa realtà formata di energia, di Soffi. II termine Soffi dà maggiormente l’idea di movimento vitale che si libera e circola. E un'immagine più tranquilla, interamente deformabile per adattarsi alle esigenze di chi deve descrivere

i fenomeni vitali. Ma oggi la maggior parte degli autori impiega il termine cinese qi senza tradurlo, sapendo che il lettore comprenderà questa parola, così importante da qualificare la medicina stessa. La medicina cinese è infatti una medicina energetica, una medicina di Soffi. Perciò non si può avere una percezione esatta di questa medicina se non la si pensa come una scienza che studia gli scambi di Soffi e se non la si considera un'arte, l'arte di ristabilire l'armonia funzionale di questi scambi., Oggetto di questa medicina è quindi la regolazione dei Soffi costitutivi e animatori dell'uomo in seno ai Soffi costitutivi e animatori dell'universo. L'uomo è infatti considerato una istanza cosmica, terzo termine, insieme al Cielo e alla Terra che lo supportano e lo sostengono come Padre e Madre. In virtù dell'unità dell'universo, così come in virtù del Soffio di cui il mondo e l'uomo sono fatti e strutturati, tutto è in corrispondenza e in relazione, tutto è omologabile e rapportabile. In questo modo la costituzione dell’uomo, come vedremo, può essere messa in parallelo con quella della società e con quella dell'universo. L'uomo, quindi, e a maggior ragione il suo benessere, non può mai essere considerato a sé stante o ontologicamente indipendente da ciò che lo fa sussistere. Lo sviluppo dell'uomo ed il suo equilibrio seguono le stesse leggi dell'universo e obbediscono alle regole che governano il movimento delle ore e delle stagioni. La cosmologia è nello stesso tempo filosofia e antropologia, visione della realtà e della vita da cui la medicina tradizionale non prescinde.

Il successo della MedicinaTradizionale Cinese in Occidente

In questi ultimi anni abbiamo assistito ad un processo di

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diffusione della Medicina Tradizionale Cinese. Agopuntura, fitoterapia, dietetica, massaggio, tecniche corporee di armonizzazione del Soffio si sono sviluppate in Europa e in America. Come mai? Negli ultimi decenni l’Occidente ha vissuto un conflitto per molti versi drammatico e insanabile. Da un lato, infatti, si è avuta una esplosione tecnologica che ha permesso di ottenere un benessere ed una ricchezza di beni come mai si è registrato nella storia dell'uomo. Dall'altro la modalità stessa di produzione, i ritmi di lavoro e i loro riflessi sui rapporti sociali, nonché l'impatto di questa tecnologia sull'ambiente hanno portato la qualità della vita alla soglia della invivibilità. Spersonalizzato, frustrato e sempre più «inquinato» nel corpo come nella mente, l'uomo ha dovuto sperimentare malattie che derivano direttamente dal benessere che egli stesso ha prodotto.

La persona che si ammala è costretta a ricorrere a una medicina sempre più frammentaria, che non la considera nella sua globalità di persona, che non tiene conto del rapporto che sente di avere con l'ambiente e che non si preoccupa della sua partecipazione al processo di guarigione. L'uomo di oggi è sempre più timoroso e restio a ricorrere a farmaci di cui ha imparato a conoscere, accanto ai benefici, i potenti effetti collaterali e aspira a qualcosa d'altro che sia più rispettoso della sua natura, che lo consideri globalmente nei suoi aspetti fisici e psichici, che lo riporti a un'armonia con il proprio sé e con il mondo esterno. La medicina occidentale, pur valida, non considera come elemento indispensabile l'integrazione uomo/universo. Nel pensiero cinese, già a partire dal linguaggio, percepiamo che l'inclusione dell'uomo nell'universo è necessaria, perché è espressa visivamente in ogni carattere della lingua scritta. Grazie agli ideogrammi, i Cinesi riconducono tutto all'unità con la minima spiegazione. Nel sistema alfabetico, invece, è insita una divisione e solo la «ri-comprensione» dei vari elementi riesce a dare alla parola un senso compiuto (comprendere vuol dire «prendere con»). Detto questo, noi

non sappiamo neppure se sia possibile per lo spirito oc-cidentale, quando si tratta di medicina, cioè della vita, superare le divisioni introdotte dal linguaggio alfabetico, andando oltre la dispersione delle nozioni che derivano dall'analisi e dalla divisione del discorso (notare la radice di di dividere). La medicina, tuttavia, si trova in una situazione un pò particolare, perché la vita non perde mai il suo diritto. Il medico davanti al suo paziente, che è un essere vivente, è comunque ripreso sempre dalla comunione di vita che ha con lui, e la fortuna del malato è che non si applicano a lui, senza averle umanizzate, le dottrine alle quali il medico di medicina occidentale si rifà. Esiste un conflitto, non sempre esplicito, che si propone continuamente, tra ciò che si può chiamare una scienza medica al servizio dell'uomo e una medicina scientifica che non è che la glorificazione della scienza e la complicazione della vita.

La Medicina Tradizionale Cinese, per la concezione dell’uomo e della vita sottesa, ha certamente delle rispo-ste alle problematiche e alle riflessioni che l'uomo mo-derno si pone. Infatti il merito singolare di questa medi-cina sta nell'interpretazione semplice e fluida della vita. Essa riconosce e privilegia nell'uomo il suo continuo «essere costituito e ricostituito dai Soffi del Cielo/Terra», la dipendenza da un ambito spazio-temporale da cui l'individuo non può essere astratto, la gerarchia delle funzioni biologiche sottoposte all'autorità della sfera psichica e spirituale. Inoltre da sempre ha avuto chiaro che la malattia non è un avvenimento accidentale, dovuto al caso o a fattori esterni, ma è qualcosa che ha a che fare con il rapporto che l'uomo intrattiene con l'ambiente. Per «uomo» intende un soggetto considerato globalmente nella sua individualità, non separato in sottoinsiemi, che ha una sicura capacità di resistere o di accondiscendere alla malattia secondo

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un patrimonio suo personale che è anche ereditario. Questa coscienza dell'uomo come sistema aperto, come microcosmo strettamente in relazione con il macrocosmo, ha implicato e implica per la medicina cinese, come vedremo lungo le righe di questo testo, un approccio diverso alla fisiologia e alla patologia soprattutto per il diverso rapporto malato-malattia. Per la cultura cinese l'uomo ha come prima responsabilità la sua salute, intesa in modo esaustivo e globale: la salute non solo assenza di sintomi o di malattia, ma è sviluppo di tutte le, potenzialità della persona . Il compito dato a ogni uomo e quello di portare a termine i giorni assegnati a ciascuno dal destino con una condotta di vita natura e in conformità alle leggi del Cielo. Il Santo,esempio vivo di umanità realizzata, e colui che ha saputo compiere ciò e in questo modo ha raggiunto la longevità. Tutti gli uomini sono preoccupati per la propria vita, ma spesso non sono coscienti del suo senso, della sua moralità, del suo destino. Una vita senza motivazione, senza un progetto, senza una morale, intesa come conoscenza del «saper-fare», è ciò che predispone alla malattia. Mantenersi in salute è quindi prevenire la malattia, ma in senso lato, cercando prima di tutto il proprio «ben-essere».; Se un metodo di vita naturale, l’uomo diventa arte-fice primo della vita e della sua salute, perché diviene ca-pace di preservare le essenze e lo spirito vitale ricevuti all'inizio della vita.

Da questa concezione deriva un grande assioma: la Medicina Tradizionale Cinese rimedia alle disfunzioni dell'organismo non tanto con la collaborazione del paziente, ma con la preoccupazione costante che il paziente si prenda lui stesso in carico, cioè sia il responsabile ultimo della sua salute. Solo il paziente è l'artefice vero della sua guarigione, utilizzando l'aiuto del medico e della medicina intesa in senso esaustivo. Se non può farlo perché è ammalato o bloccato o non ha abbastanza conoscenze, il medico lo aiuterà a ritrovare questo ruolo di soggetto della sua salute. Questo gli permetterà anche di recuperare una conoscenza di

sé per cui riuscirà a manifestare al medico ciò che lui solo avverte non funzionare nel suo organismo. Nell'atto medico, il ruolo del medico n è di guarire il l, paziente, ma di curarlo così bene da indurlo a guarire da solo.

La Medicina Tradizionale Cinese non domanda niente altro e non offre che i mezzi naturali per condurre le operazioni della natura in noi: dalla vita alla morte, attraverso le fasi di sviluppo che sono le stagioni nell'uomo, ponendo rimedio agli squilibri energetici che possono man mano causare malattie. Differenti sono i metodi usati: in primo luogo, per l'importanza attribuitale, l'agopuntura, capace di modificare i passaggi dei Soffi nel corpo, di riportarlo in uno stato di equilibrio, grazie all'uso di aghi applicati in punti conosciuti e insegnati da una tradizione millenaria. Con questo metodo si può tonificare, cioè portare i Soffi energetici là dove manchino, oppure si può disperdere, cioè liberare, quegli ammassi di Soffi che si oppongono ad una libera e armoniosa circolazione della corrente vitale nell'individuo. Si può anche apportare del calore nelle zone degli agopunti, servendosi di sigari di artemisia: questa tecnica antichissima è chiamata moxibustione.

L'agopuntura viene spesso associata alla fitoterapia, che cura con prodotti vegetali o estratti di natura animale o minerale. Un ruolo fondamentale è svolto nella Medicina Tradizionale Cinese dalla dietetica, scienza da sempre usata per prevenire e curare le malattie, che si basa sui concetti di «sapore» e «natura» dei cibi, analizzati e studiati in stretta relazione con gli organi. Vi sono inoltre diverse tecniche di ginnastica e di respi-razione come il Tai ji quan, il Qi gong, il Gong fu, il Dao yin, che, grazie a movimenti precisi e particolari, fanno lavorare i Soffi, dirigendoli nelle varie strutture

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interne dell'organismo. Queste pratiche armonizzano i Soffi interni e fanno instaurare un corretto rapporto con l'ambiente esterno.

Nei Paesi europei e in America la Medicina Tradizionale Cinese vive nella legalità, ma sotto il controllo della medicina occidentale. La pretesa di essere riconosciuta come una scienza esatta è sempre stata disattesa, perché solo ultimamente si è avuto un insegnamento serio e «tradizionale» ad esempio dell'agopuntura, che ne è l'espressione più significativa, e perché nell'ambito della scienza occidentale si crede al valore esclusivo del positivismo scientifico. Il pensiero che sostiene la scienza occidentale affronta il reale a partire dal principio di individuazione e con il metodo analitico; la cultura cinese, come vedremo meglio in seguito, ha un modo di procedere analogico e quindi correlativo. Per questi motivi la Medicina Tradizionale Cinese è entrata a far parte delle medicine definite «alternative», perché espressione di un'altra maniera di comprendere la vita e di concepire la salute.

Antichità della Tradizione medica

I medici cinesi, per fare una diagnosi, osservano il loro paziente, lo interrogano, ascoltano i rumori del corpo e sempre eseguono la tecnica della «presa del polso»1. Ma aggiungono che bisogna riportare gli elementi raccolti ad un quadro interpretativo che la tradizione dei primi secoli a.C. ha consegnato loro. Tutti i punti della diagnostica che permettono di conoscere lo stato del malato e di intuire il trattamento si riferiscono ad una conoscenza che nel tempo si è costantemente confrontata con la realtà clinica. La prova della validità di questa conoscenza è data dal fatto che nei

secoli non si è distrutto alcun assioma o principio delle opere di medicina, ma, verificandoli, li si è considerati costantemente validi. I molteplici testi che si sono susseguiti riprendono sempre i principi di fondo. Le differenze tra le opere non sono normalmente delle contestazioni a concezioni precedenti, quanto ampliamenti. Si può dunque affermare che tutti gli studiosi che fanno parte di questa tradizione accettano lo stesso sapere medico. Il trascorrere dei secoli ed il variare delle mentalità - sotto l'influenza buddhista, per esempio - hanno modificato solo alcuni aspetti, senza contraddire il passato.

La pietra angolare di tutto il sapere medico è il Huangdi Neijing. Di difficile datazione, probabilmente esisteva già nel IV secolo a.C. in un forma diversa da quella che attualmente possediamo. Si presenta come una organizzazione sistematica delle conoscenze mediche dell'antichità. Jing significa «Classico», nei «interno», quindi Classico dell'interno di Huangdi, l'Imperatore Giallo, vissuto secondo la leggenda nel III millennio a.C., mitico fondatore della civiltà cinese e inventore della medicina. Questo testo viene citato per la prima volta da Ban Gu, redattore della storia ufficiale degli Han anteriori (206 a.C.- 8 d.C.), il quale ci informa che esso era diviso in due libri, il Suwen ed il Lingshu, ciascuno in diciotto rotoli. La straordinaria importanza di questo testo è testimoniata anche dal fatto che quando Shi Huangdi, il primo imperatore che unificò la Cina nel 221 a.C, ordinò nel 213 a.C. che tutti i libri fossero arsi per distruggere l'antica tradizione, questa opera fu risparmiata. Ci furono nei secoli sicuri rimaneggiamenti fino a quando Wang Bing (710-804 d.C.) durante la dinastia dei Tang lo rieditò, suddividendolo in 81 capitoli: questa è la base di tutte le riedizioni e i commentari successivi. Non esiste in campo medico ancora oggi autorità superiore al Neijing e nessun

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trattato della scienza medica tradizionale può dispensarsi dal farvi esplicito riferimento. Tratta della fisiologia, della patologia e della clinica che costituiscono il sapere tradi-zionale e già esprime i concetti fondamentali della medicina cinese: il carattere preventivo di questa medicina (SW, cap. 2: meglio prevenire che curare); l'intervento delicato della terapia che, con il minimo d'interferenza, deve ristabilire il flusso vitale bloccato o deviato; l’importanza di andare sino alla radice della malattia. Non è infatti sufficiente sopprimere i sintomi, ma bisogna riprendere e correggere l'aspetto del movimento vitale colpito (SW, cap. 5). A questo testo si affiancarono, nei primi secoli a.C., il Nanjing o Classico delle difficoltà, che vuoi essere un chiarimento dei punti più oscuri del Neijing, e lo Shennong Bencao Jing o Classico di Materia Medica di Shennong, prima grande sistematizzazione di tutta la farmacopea cinese.

Numerologia e analogia,strumenti per cogliere la Tradizione

Per accedere alla Tradizione, per leggere i libri classici, testi di medicina compresi, occorrono degli strumenti; uno dei principali è la comprensione della numerologia, ed è per questo che diamo qui alcuni cenni. Si potrebbero scrivere dei trattati di numerologia, per la complessità e l'importanza che essa riveste nel pensiero cinese antico. Abbiamo visto che, il sapere antico si rifà ad una filosofia che non è astratta, ma di tipo esistenziale, che cerca di ricondurre l'uomo, in qualsiasi campo si trovi ad operare, e delle certezze che riguardano la sua natura di essere vivente. I numeri, in qualsiasi ambito di studio compaiano, hanno valore reale, ma anche simbolico, esprimono concetti, rimandano a realtà ultime. Non hanno solo valore quantitativo, ma anche qualitativo. Permettono di classificare, facendo riferimento all’inclusione in un in-

sieme; servono a collocare secondo un ordine gerarchico. La tradizione racconta che Yu il Grande, fondatore della prima dinasta cinese storicamente documentabile, quella degli Xia (2207-1558 a.C.), ricevette dal Cielo le «nove sezioni dello Hong Fan». Questo testo, inserito nello Shujing, Libro della Storia2, è uno dei primi testi scritti a noi giunti, la cui stesura risale al periodo tra il VI ed il IV secolo a.C. Lo Hong Fan è una summa di saggezza in cui si tenta di dare la spiegazione dell'ordine cosmico, di stabilire il posto dell’uomo e del suo massimo rappresentante, l’Imperatore, e di mettere in stretta relazione l'ordine morale e l’ordine cosmico. Secondo il Granet3, queste nove sezioni non sono una dissertazione in nove punti, ma sono i nove numeri con il loro valore simbolico che, correttamente interpretati, permettono di analizzare e decifrare il mondo stesso. I Cinesi hanno tre serie di numeri: una denaria, una duodenaria e una decimale. Le prime due hanno valore simbolico. La serie denaria è divisa in cinque coppie numeriche, quattro poste alle estremità di una croce e una nel mezzo (fig. 1). Raffigurano. un quadrato, simbolo dello spazio. I numeri della serie duodenaria sono disposti lungo una circonferenza che raffigura il Cielo, il tempo. Numeri, spazio, tempo sono sempre strettamente collegati a livello simbolico. Come si è già detto, i testi classici di medicina fanno ampio riferimento alla numerologia perché, mentre vengono esposti i processi della vita dell’uomo, grazie alla simbologia dei numeri è resa presente la concezione della vita e dell'universo sottesa a questa medicina. Facciamo qualche esemplificazione rapida e del tutto generale.

- L’Uno simboleggia, a seconda dei casi, il Tao, il Caos primordiale,l’Unità prima delle differenziazioni, il Cielo nella sua caratteristica di artefice della vita. L’Uno è sempre e in ogni caso richiamo all'unità, all’indistinto, al

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mistero, che può manifestarsi oppure no, e la cui qualità essenziale è il continuo cambiamento.

fig. 1 – La serie numerica denaria

- Il Due è l’emblema della Terra ed è rappresentato da un quadrato. La Terra come dispensatrice di forme, per l’uomo di forme organiche e di forme psichiche. Il Due è la scissione dell’Uno, che si mantiene unito come, coppia, simboleggia lo, yin/gang o solamente lo yin, in quanto rappresentato da due linee spezzate (─ ─).

- Il Tre è l'emblema del Cielo, rappresentato dal cerchio. Simboleggia i Soffi, in dipendenza dalla loro origine e nello stesso tempo nella loro differenziazione. È il Due che si riunisce intorno ad un perno, è la vita stessa della coppia indica l'unione feconda dello yin/yang, lo spazio mediano dell’incontro Cielo/Terra. Il Tre, simboleg-giando il Cielo può significare la potenza dei Soffi yang.

- Il numero Quattro indica il movimento dei Soffi in espansione secondo le direttrici dei quattro punti cardinali nello spazio o secondo le quattro stagioni, ammasso

differenziato di Soffi nel tempo.

- La Terra (femmina, yin, Due, pari) ha associato il numero Cinque (2+2+1): i quattro punti cardinali ed il Centro. La classificazione per 5 secondo un ciclo denario deriva dalla rappresentazione di Terra e di spazio. Al numero Cinque sono sempre legati i concetti di gerarchia e di ordine. Il Cinque è il centro della serie numerica dall'Uno al Nove e nello stesso tempo indica il centro dello spazio a cui i quattro punti cardinali hanno riferimento, il centro del tempo, la quinta stagione cinese. Il numero Cinque è perciò il principio di organizzazione di ciò che esiste. La dispersione dei Soffi delle quattro stagioni e dei quattro punti cardinali aspira ad ordinarsi e a correlarsi intorno ad un Centro, simboleggiato appunto dal numero Cinque che indica ciò che raccoglie e distribuisce.

- Il Cielo (maschio, yang, Tre, dispari) ha come numero il Sei (3+3), dove il Tre è simbolo del Cielo ed il Due è il diametro di un cerchio inscritto in un quadrato di lato 2. Il numero Sei rappresenta la modulazione del flusso vitale; sono i Sei Soffi della struttura dell’universo che si legano secondo sei congiunzioni; sono gli scambi dinamici tra i Soffi. del Cielo e della Terra, secondo gli spazi qualificati dei quattro quadranti, nord, sud, est, ovest, con l’aggiunta dell’alto e del basso, cioè con i movimenti di elevazione e di affondamento. La vita del Cielo/Terra, come la vita di ogni individuo, è questo sestuplice movimento dei Sei Soffi che costituiscono lo spazio vitale. Per la cultura cinese spazio e tempo, come Cielo e Terra, sono strettamente correlati. Per questo motivo la classificazione per 6 si oppone e nello stesso tempo completa quella per 5. E così che nell'uomo ci sono, come vedremo, cinque organi zang, assimilabili al principio yin, e sei visceri fu

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assimilabili al principio yang.

- Il numero Sette simboleggiala pienezza dei Soffi ed il manifestarsi di una compiutezza; è pure il simbolo dello Spirito vitale, della vitalità.

- Il numero Otto rappresenta la distribuzione in tutte le direzioni dei Soffi animatori, con il chiaro riferimento alla Rosa dei Venti

- Il numero Nove (3x3) è la potenza organizzata dei Soffi, è la forza vitale ben composta in tutti i dettagli, ben armonizzata.

- Il numero Dieci è l'unità ritrovata di questa potenza, della forza vitale. È’ il numero del sole e il numero dell'uomo. Essendo formato visivamente dal numero Uno è richiamo all'unità e al mistero della vita.

Lo studio del pensiero filosofico cinese e della medicina che ne deriva, non può prescindere da tiri approccio almeno iniziale al principale strumento di elaborazione di questo sapere, che è l’analogia come modalità di rapporto, di relazione di entità o cose diverse tra loro per qualità e quantità, è il metodo privilegiato che ha consentito al pensiero cinese di strutturare quel mondo di corrispondenze che è la base del sapere antico. Ai Cinesi non è mai molto interessato misurare effetti e ricercare nessi causali, ma osservare e catalogare corrispondenze fino a ipotizzare una conoscenza esaustiva della realtà.

Per capire il concetto di analogia bisogna ricordare i concetti di univocità ed equivocità.

Quando un termine ha lo stesso significato per tutti i soggetti a cui lo si riferisce si dice che questo concetto è «uno», in quanto esprime sempre lo stesso contenuto. Ad esempio, il termine «animale» vale per un pesce, un uccello, un mammifero: è univoco.

Quando un termine sta ad indicare oggetti diversi si dice equivoco. Ad esempio, il termine «leone» può indicare sia un animale che una costellazione.

Il termine analogo detto di soggetti che hanno un contenuto in parte uguale e in parte diverso. Ad esempio, la relazione padre-figlio è analoga a quella autore-opera. Ciò che vi è di comune in questa relazione è che il secondo termine non esisterebbe senza il primo. Cicerone (Timeo 4) definisce l'analogia come un rappor-to delle parti tra loro e con il tutto. Questo rapporto può essere tra cose diverse per quantità, qualità e persino per natura: sia per una città che per il corpo umano si può parlare di arterie e di circolazione. In matematica le analogie sono formule che esprimono l’uguaglianza di due rapporti quantitativi. In filosofia, invece, l'analogia è l'uguaglianza di rapporti qualitativi. Nei rapporti qualitativi non sono dati gli oggetti, ma soltanto quelle relazioni che consentono di scoprirli e di ricollegarli in unità. In questo senso l'analogia è uno degli strumenti fondamentali per estendere la conoscenza dei fenomeni naturali sulla guida delle loro connessioni fondamentali.

Una ulteriore implicazione che deriva dall’uso dell'ana-logia è il carattere sovrasensibile che spesso si percepisce nella descrizione della realtà naturale. L’analogia, infatti, sembra fatta apposta per fare del sensibile un continuo punto di rimando a qualcosa che, inespresso, è presente in ciò che si esperimenta, anche se è di natura diversa. Ana significa «in alto», «oltre» e dà

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l'idea di un passaggio da un ordine ad un altro, come ad esempio all'animale all’umano, dall’umano al divino. Nella misura in cui le frontiere che marcano le delimitazioni di questi ambiti sono materialmente invalicabili, l’analogia li supera, mostrando ciò che vi è di formalmente simile. Costituisce, perciò, il superamento continuo di un dato immanente che viene ricollocato all’interno di una catena di significati. A differenza dell’analisi, l’analogia è fatta per strutturare una conoscenza fatta di relazioni e di rappor ti tra gli oggetti del sapere. Così la relazione tra il macrocosmo celeste ed il microcosmo umano, così tipici della cultura cinese, è costruibile solo mediante lo strumento analogico che, pur riconoscendo le differente, grazie al metodico rilevamento dei dati sa rintracciare le ragioni profonde delle somiglianze. Il rapporto analogico è alla base delle numerose descrizioni del corpo umano come di un paese, fatto di montagne, fiumi, mari, con palazzi e porte in cui, ad esempio, i vasi costituiscono le strade, gli organi i fienili ed i granai, amministrato da signori e funzionari: «Il Cuore ha funzione di Signore... il Polmone è ministro e cancelliere... il Fegato è il comandante dell'esercito» (SW. cap. 8).

L'analogia consente al saggio dell’antichità cinese la trasposizione- della conoscenza delle relazioni tra i vari oggetti ed eventi del macrocosmo a quella piccola zona di esso, definita e delimitata, che è l’uomo. Non è un caso che si sia potuta diffondere l’affermazione, peraltro imprecisa, secondo cui i medici cinesi non avrebbero avuto la necessità di effettuare delle dissezioni anatomiche, essendo sufficiente per loro studiare le correlazioni energetiche tra i vari organi all’interno delle leggi di corrispondenza esistenti tra gli organi stessi e le strutture celesti. Nell’uomo con le debite proporzioni, avvengono fenomeni «come nell’universo» e le relazioni che regolano la generazione e il reciproco controllo dei Soffi interni sono strutturate su leggi di similitudini analogiche a quelle che reggono i grandi movimenti dei Soffi a livello cosmico.

Vicina e spesso confusa col pensiero analogico è la no-zione di corrispondenza, che non esprime che un caso particolare di similitudine. Infatti, mentre una analogia interviene tra soggetti diversi che hanno alcuni punti in comune, il rapporto di corrispondenza si instaura tra soggetti che intrattengono tra loro un rapporto di complementarietà.

Esempio eclatante della teoria delle corrispondenze è la catalogazione della realtà secondo la legge dei Cinque elementi, che vedremo nel prossimo capitolo. Tutto vie-ne classificato a partire dalle Cinque direzioni: i quattro punti cardinali ed il Centro.

«L'est genera il Vento. Il Vento genera il Legno. Il Legno genera l’acido. L’acido genera il Fegato. Il Fegato genera i muscoli. I muscoli generano il Cuore. Il Fegato comanda l’occhio» (SW, cap. 5). Il sole nasce all’est; anche il Soffio dell'universo si trasmette primariamente all’est, tramite il Vento. Il Vento è la potenza dell’universo che crea il movimento stesso; è ciò che agita le piante dall’interno all'esterno (Legno). Il Vento fa parte delle Cinque influenze celesti (Vento, Calore, Umidità, Secchezza, Freddo); il Legno fa parte dei Cinque elementi dell'universo (Legno, Fuoco, Terra, Metallo, Acqua). Nelle piante il Soffio dell’universo si conserva nel sapore acido. L’acido alimenta la struttura del Fegato. Dal Fegato dipendono i muscoli, principio, dell'animazione corporale. Il Fegato comanda l’occhio, poiché ogni organo ha un rapporto specifico con uno degli orifizi superiori del corpo. Ciò che è detto per l’est viene ripetuto, secondo altre corrispondenze, per ciascuno dei punti cardinali e per il Centro.

E così la filosofia, appoggiandosi sulla numerologia e sull’analogia, dà alla medicina un fondamento solido e

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pratico, che ogni volta ristabilisce le corrispondenze fon-damentali dell’uomo e della vita. Inserito nel flusso della vita universale, l’uomo si mantiene in salute o la ritrova grazie alla medicina, riscoprendo o consolidando i legami che lo uniscono agli altri esseri, restando collegato alla potenza del Cielo/Terra.

LA COSMOLOGIA CINESE

L'originalità del pensiero cinese

Tutte le discipline cinesi dell’epoca classica che abbiano come oggetto l’uomo, l’antropologia, la filosofia, la sociologia, ma anche discipline più tecniche, come la stessa medicina, partono da una concezione dell’uomo quale entità unica e globale, ontologicamente vivente nel l’ambiente che lo circonda e nell’universo stesso. È per questo che la nostra esposizione prenderà avvio da alcuni cenni di cosmologia.

Prima di entrare in argomento è tuttavia utile introdurre un raffronto con la filosofia occidentale, per quanto breve e schematico possa essere, per mettere in luce da un lato la comune matrice di pensiero e dall'altro le profonde differenze spesso osservate nella pratica delle due medicine. La stretta correlazione tra filosofia della natura e medicina è un dato che ritroviamo all’origine di ogni tradizione culturale, e quindi anche in quella occidentale; ma mentre la medicina occidentale si ergerà a scienza a sé stante con metodo e ambiti suoi propri, la medicina cinese resterà nel tempo legata ai principi della filosofia che l’hanno generata. Per questo motivo la Medicina Tradizionale Cinese è fondamentalmente costruita come una fenomenologia dell’uomo e resta un esempio dell’applicazione del pensiero speculativo cinese. Malgrado i percorsi differenti, le attuali riflessioni sui principi di filosofia della scienza, elaborati in Occidente in biologia, matematica e fisica, hanno messo in luce sorprendenti analogie con le filosofie della natura orientali. Ciò permette di

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riesaminare, non solo a livello teorico ma anche a livello applicativo, numerosi problemi di affronto di singole patologie, con nuove prospettive operative nei confronti di questioni tuttora aperte, quali ad esempio le malattie cronico-degenerative. Le differenti filosofie che appaiono nella religione cinese, taoista, confuciana, buddhista, sebbene differiscano in molteplici aspetti, hanno però in comune una visione dell’unità dell’universo: il cosmo è una realtà indivisibile, animata, in eterno movimento, manifestazione di una realtà ultima, che i taoisti e i confuciani chiamano Tao, i buddhisti Dharmakaya, di cui tutti gli esseri e tutte le cose sono parte. Ci sono delle forti analogie tra questa concezione del mondo e la filosofia greca classica, in particolare con Eraclito (540 - 476 a.C.), ma poi si sono perse, per essere recuperate nel nostro secolo, in mo-do particolare dalla fisica, che ha riscoperto l’unità e l’interdipendenza di tutti i . fenomeni e la natura intrinsecamente dinamica dell’universo. Nel VI secolo a.C., i filosofi della scuola di Mileto, Talete, Anassimandro, Anassimene, impegnati nel tentativo di comprendere la natura dell’universo, ritenevano che «tutte le cose fossero piene di dei» (Talete), cioè animate, e che si producessero per condensazione e rarefazione di un principio primo indeterminato4, da cui sarebbero originati tutti gli elementi. Questi filosofi introdussero i concetti di ciclicità, regolarità, periodicità dei processi a cui sono riconducibili tutti i fenomeni, gli stessi che si ritrovano nella filosofia cinese dello stesso periodo. Le corrispondenze più importanti tra filosofia occidentale e filosofia cinese si hanno, péro, con Eraclito filosofo ionico del V secolo a.C. Egli affermava che tutte le cose sono governate dalla stessa legge, la quale riflette la struttura della realtà: una realtà fatta di opposti che si alternano. Questa opposizione universale fa si che tutte le cose siano in continuo divenire per il passaggio continuo da uno stato al suo opposto. «Le cose fredde si scaldavo, il caldo si raffredda, l’umido si secca, ciò che è arido si inumidisce». Eraclito paragonò l'intera realtà ad un fiume,

affermando che «tutto scorre» che «nello stesso, fiume non è mai possibile bagnarsi due volte» (fr. 91), perché la seconda volta è già cambiato, non è più quello di prima. Ma questo divenire ha in sè profonda stabilità «ciò che si oppone genera profonda armonia» (fr. 53), per la tensione all’unità dei contrari. Ritroviamo in Cina, nello stesso periodo, questa «complementarità di op-posti» in perenne divenire nella teoria yin/yang, formulata nell’ambiente naturalista, profondamente influenzato dal pensiero taoista e confuciano. Tra il VI ed il IV secolo, contemporaneamente alla filosofia e la natura, si sviluppo in maniera più strutturata, sia in Oriente che in Occidente; la medicina. Essa passò da una fase mitologico-religiosa in cui il mito era dominante, legato in Occidente ai culti del dio Esculapio e in Oriente alle leggende dei mitici re dell'antichità5, ad una fase pseudoscientifica, caratterizzata da tentativi di spiegazione di tipo speculativo-filosofico. Nell’antichità le malattie erano state sempre ritenute di origine soprannaturale, demoniaca, ed erano curate da sacerdoti o sciamani con incantesimi e magie. In questo periodo la malattia inizia ad essere considerata un fenomeno naturale, prodotto da cause naturali e curabile con interventi tecnici. Così, mentre in Occidente si sviluppò la nuova concezione medica soprattutto ad opera di Ippocrate (460 - 370 a.C.), in Oriente lo scibile medico veniva sistematizzato in due testi di fondamentale importanza: lo Huangdi Neijing, formato dal Suwen e dal Lingshu, ed il Nanjing.

Le analogie del cammino teorico e speculativo tra le due culture sono state dunque in questi secoli così vive che alcuni studiosi hanno ipotizzato una origine comune, localizzabile tra Grecia e Cina, probabilmente in Mesopotamia6. Questo pensiero filosofico si modificò in seguito all’incontro con le civiltà occidentale e orientale. Mentre in Cina tale concezione dell’uomo e

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dell’universo, strettamente correlati, si mantenne inalterata certamente sino all’epoca moderna, in Occidente questa visione unitaria e dinamica si evolverà ben diversamente.

Il primo pensatore che si oppose a Eraclito fu Parmenide, nato ad Elea intorno al 540 a.C. Egli distinse una verità sensoriale, sempre fallace, e una verità secondo ragione. Affermò che i sensi ci mostrano l’infinita mutevolezza delle cose e la loro molteplicità, ma la ragione nega tale movimento. Solo l’Essere è, e perciò non può mai essere stato generato e mai finire: è eterno, immutabile. Parmenide concepì l’Essere come estensione e lo identificò con il pieno e il non-essere con il vuoto. Ma se il non-essere non è, allora tutto è pieno; e se tutto è pieno non può che essere compatto. La ragione ci indica la verità: l’Uno-Tutto completamente statico. Il tentativo di superare la polemica tra l'eterno Divenire di Eraclito e l'Essere immutabile di Parmenide venne operato dalla filosofia atomistica di Leucippo e Democrito. Essi concepirono l’Essere come pieno composto di atomi, particelle indivisibili, ingenerabili, incorruttibili ed eterne che, nell’associarsi e nel disgiungersi nel vuoto, determinano le varietà dei fenomeni in natura. Il loro moto è rigidamente meccanico e spesso associato a cause esterne, talora di natura spirituale. Si trova qui l’inizio della distinzione tra spirito e materia, che trovò in Platone uno dei massimi teorici e che determinò nel tempo una netta separazione. tra. chi si occupò solo dei problemi attinenti al mondo spirituale ed etico e chi si occupò dei problemi scientifici. Le conoscenze scientifiche dell’antichità furono sistematizzate da Aristotele (384 - 322 a.C.), che pose le basi di una concezione dell’universo che durò fino al Rinasci-mento. Nella sua Fisica affermò l’importanza del rapporto causale che diventerà fondamentale mentale per il modo di pensare occidentale: «gli uomini non ritengono di conoscere una cosa finché non ne hanno afferrato i perché». Ma la ricerca delle cause prime della natura lo portò a risultati che vanno oltre la natura stessa: il motore immobile e l’intelletto

attivo sono cause immateriali, e dunque non fanno parte della natura che è sempre materiale. L’oggetto della filosofia non è solo la natura, ma una realtà onnicomprensiva che egli indicò con «l’essere in quanto essere». Per distinguere questa nuova filosofia la chiamò «filosofia prima», declassando la fisica a «filosofia seconda»: lo studio e l’indagine del mondo naturale sono di secondaria importanza, ancora dipendenti, e non hanno ambiti propri di ricerca. Verso l’inizio del XVII secolo, si arrivò con Galilei alla formulazione del metodo scientifico, poggiato da un lato sulla sperimen-tazione diretta delle ipotesi teoriche e dall’altro sulla loro rielaborazione e formulazione teorica, grazie al cre-scente sviluppo della matematica. Nacque così il metodo induttivo-sperimentale.

Ma lo sviluppo della scienza moderna ebbe come fondamento la speculazione filosofica di René Descartes (1596 - 1650), che ebbe il merito di aver fornito a tutti i ricercatori successivi la giustificazione teorica per una indagine del mondo fenomenico, libero da qualsiasi implicanza morale. Nella concezione della natura e dell’uomo, formati da res cogitans (mente) e da res extensa (materia), pose le basi per un persistente dualismo, corpo/mente, uomo/universo, che sino ai giorni nostri ha condizionato lo sviluppo di tutte le scienze, dalla fisica alla biologia, alla medicina. La separazione operata da Cartesio permise, però, agli studiosi di rappresentarsi la materia come altro da sé, come qualcosa di oggettivo ed inerte, separato dall’osservatore, fatto di elementi correlati tra loro da regole meccanicistiche, consentendone uno studio con leggi proprie e preparando le basi di una conoscenza che da deduttiva cominciava a diventare empirica. Su questa impostazione di pensiero presero avvio gli studi teorici e sperimentali che, partendo da Galileo per arrivare a Newton, permisero di costruire una scienza della natura

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sperimentalmente comprovata. La divisione tra res cogitans e res extensa e il «Cogito ergo sum» hanno tuttavia portato ad una concezione dell’uomo in cui la mente, staccata, altro dal corpo, ne è l’elemento dominante. L’intero organismo umano è equiparato a quello animale, ed è visto come una macchina le cui funzioni dipendono «dalla sola disposizione dei suoi organi, né più, né meno di quanto fanno i movimenti di un orologio o altro automa, in seguito a quello dei suoi contrappesi e delle sue ruote». Una siffatta concezione meccanicistica fu alla base della teoria newtoniana dell’universo, che dalla seconda metà del Seicento informò il pensiero scientifico sino alla fine dell'Ottocento. La meccanica classica di Newton è servita ottimamente per descrivere i fenomeni naturali fino a che non furono scoperti i fenomeni elettrici e magnetici. Il modello newtoniano, infatti, è valido solo per i corpi solidi e per velocità di molto inferiori a quella della luce. Nè gli altri casi la meccanica classica è stata sostituita dalla meccanica quantistica e dalla teoria della relatività. Secondo Newton, «lo spazio assoluto, per sua stessa relazione ad alcunché di esterno, rimane sempre uguale ed immobile», ed è lo spazio tridimensionale della geometria euclidea. Tutti i mutamenti sono descritti «in funzione di una dimensione separata, il tempo, anch’esso assoluto». Le particelle materiali si muovono in questo spazio e in questo tempo assoluti. Per Newton, come per gli atomisti greci, le particelle avevano la stessa forma e la stessa massa, e perciò la materia era conservata ed inerte. La fisica moderna ha condotto al superamento della concezione classica, cioè della nozione di spazio e di tempo assoluti, delle particelle solide elementari, della natura strettamente causale dei fenomeni fisici e dell'ideale di una descrizione oggettiva della natura. Una delle applicazioni fondamentali della teoria della relatività di Einstein che stabilisce una equivalenza tra energia e materia (E = mc2), ha dimostrato che la massa non ha nulla a che vedere con una qualsiasi sostanza, ma è una forma di energia, così come sostenevano i filosofi taoisti: l’universo, la natura, l’uomo, gli esseri vi -

venti non sono altro che strutture energetiche in cui la differenza fenomenologica è data dal rapporto relativo esistente tra differenti tipi di energia, di cui la materia è uno. La materia, secondo la fisica moderna, non è più fatta da «mattoni fondamentali» , ma è una complessa rete di reazioni tra le varie parti e queste reazioni hanno sempre l’osservatore come elemento essenziale del tutto. La descrizione oggettiva della natura non è più possibile. Quanto più si penetra nel mondo submicroscopico, tanto più ci si rende conto che il fisico moderno, come il filosofo o il mistico orientale, è giunto a considerare il mondo come un insieme di componenti inseparabili, interagenti, in continuo movimento, e che l’uomo è parte integrante di questo sistema. Le particelle subatomiche, percettibili solamente secondo un sistema di propa-gazioni e relazioni reciproche, sono descritte come una rete dinamica di interconnessioni7. In questi processi vengono messi in evidenza i mutamenti e le trasformazioni, piuttosto che la struttura o la entità fon-damentale, proprio come avviene nello Yijing8, in cui gli esagrammi non sono altro che configurazioni simboliche dell’eterno divenire del Tao.

La cosmologia cinese

Potrebbe sembrare strano che per parlare dei principi che stanno alla base di una pratica medica semplice come quella cinese, al punto da essere talora definita una protomedicina, si parta da una breve disamina della cosmologia intesa come idea del mondo o della «totalità assoluta delle cose esistenti» (E. Kant, Critica della Ragion Pura, dial., cap. II, sez. I). Tuttavia, come abbiamo fatto già notare, la Medicina Tradizionale Cinese resta ancorata alla filosofia. Sarebbe pertanto

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impossibile affrontare discorsi sull’uomo, sulla sua salute e sulla malattia, senza rintracciare le sue origini all’interno del contesto più ampio e più generale che è l'universo. La cosmologia è, infatti, l’orizzonte ultimo in cui è inscritta la scienza cinese antica per lo stretto rapporto macrocosmo/microcosmo, universo/uomo che è specifico della concezione dell’uomo, rintracciabile non solo nella filosofia confuciana e taoista, ma in tutto il pensiero cinese sino all'età moderna.

Il Tao, invisibile, impercettibile, origine di tutti gli esseri, è il principio immanente e trascendente l'universo. II Tao è indefinibile, e tuttavia efficacemente operante: «Senza nome fece apparire il Cielo Terra» (Tao, cap. 1). Il suo significato è Via, Via che scandisce i ritmi dell’universo e che soggiace al mutamento e alla trasformazione degli esseri. «Il Tao cominciò a generare le immensità vuote, che generarono l’universo, che generò i Soffi» (HZ, cap. 7).

In origine quindi, viene generato il vuoto, informe e impercettibile, che viene chiamato anche Caos primordiale, opportunità perché «qualcosa» sia chiamato ad essere: «In questa vasta distesa tutto era calmo e sereno; in questo profondo silenzio tutto era limpido e trasparente. Nessuna forma era visibile» (HZ, cap. 2). Sotto l’influenza del Tao, l’universo, ancora allo stato indifferenziato e potenziale, si anima: si ha il qi, i Soffi. Il Soffio primordiale nella sua manifestazione si presenta con due modalità: i Soffi leggeri e pesanti. I primi, sottili, limpidi, salgono, si disperdono e formano il Cielo, designando lo yang. I Soffi pesanti, grossolani, opachi, si addensano in basso e formano la Terra lo yin. La loro unione feconda, il Cielo/Terra, è la madre dei Diecimila esseri, cioè di tutti gli esseri viventi: il mondo sensibile è, infatti, la manifestazione dell’incrociarsi dei loro Soffi.

Il capitolo 42 del Tao Te King è una sintesi ammirevole della cosmologia cinese, in cui l’aspetto simbolico è affidato ai numeri: «La Via produce l’Uno, l’Uno produce il Due, il Due produce il Tre, il Tre produce i Diecimila Esseri». Il Tao genera il qi, il Soffio (Uno), che si manifesta come yin e yang (Due), che produce il Tre: Cielo, Uomo, Terra. L’uomo vive ed è costituito dagli stessi Soffi armonizzati che costituiscono il Cielo e la Terra: il Cielo costituisce la parte spirituale, energetica, razionale, psichica dell’uomo, mentre i Soffi della Terra costituiscono la sua struttura corporea. La vita spirituale, sotto l’influenza del Cielo - che proba-bilmente non è Dio, ma senza dubbio è Altro da sé - è per l’antropologia cinese una necessità costitutiva. La vita biologica, sotto l’influenza della Terra, introduce la sacralità con cui viene considerato il corpo dell'uomo. L’essere vive dell’effimera congiunzione delle componenti Cielo/Terra e la mortee non è atro che il ritorno di ciascuna delle due parti alla loro origine. Come la peculiarità dell’universo, in cui l’uomo è inserito, è di essere in continuo divenire, così la vera natura della vita umana è un adeguamento costante e ritmico ai mutamenti e all'evoluzione del Cielo/Terra. La medicina cinese, almeno nelle sue espressioni più precise e coscienti, si definisce come tecnica terapeutica che nel tempo si è data gli strumenti per aiutare l’uomo a rimanere inserito nel movimento vitale dei Soffi che lo costituiscono e lo animano in relazione a quelli che costituiscono e animano l’universo.

Yin/yang - Cinque elementi

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Analizzando il corpo dottrinale della Medicina Tradizionale Cinese, si resta colpiti dal fatto che per oltre venti secoli molti studiosi abbiano descritto i movimenti normali e patologici della vita facendo riferimento allo stesso sistema filosofico, in cui le teorie dello yin/yang e dei Cinque elementi hanno avuto una importanza fondamentale. Queste due teorie nascono in ambiti e in tempi diversi, ma a partire dal II secolo a.C. sono riunite sotto il nome di «Scuola dello yin/yang e dei Cinque elementi», come troviamo confermato nelle Memorie storiche di Sima Qian, storico di corte morto nel 110 a.C. La Scuola dello yin/yang, operante nei secoli IV-III a.C., è la prima a cercare di sistematizzare la teoria dello yin/yang, nozioni che furono impiegate nella più alta antichità in astronomia, arte divinatoria, musica. Quanto ai testi antichi a noi pervenuti, questi termini si trovano citati per la prima volta nello Hi Tseu, La Grande Appendice, piccolo commento annesso allo Yijing, probabilmente scritto nel IV secolo a.C. La novità della teoria dello yin/yang rispetto all’ambiente culturale in cui e stata concepita consiste nel superamento di quasiasi interpretazione e universo di tipo mitologico e magico con un passaggio ad una modalità interpretativa di tipo speculativo-naturalistico. Grazie ad essa la pratica medica si stacca dal complesso di conoscenze magico-empiriche legate alle figure dei Fangshi, «uomini delle tecniche» che si dedicavano alla magia, alla divinazione, all’astrologia, alla geomanzia e alla medicina. Una spiccata predisposizione alla osservazione e alla classificazione dei fenomeni naturali costituisce la base a partire dalla quale gli antichi studiosi cinesi costruirono speculazioni e leggi per una conoscenza naturalistica della realtà. Lo yin e lo yang, come pure i Cinque elementi, non sono sostanze o principi, ma «virtù», simboli grazie ai quali si possono classificare e definire tutti i fenomeni. Essi costituirono un criterio classificativo di un numero elevatissimo di osservazioni e, grazie alla elaborazione di una teoria generale di connessioni, divennero criterio predittivo anche per situazioni non ancora osservate sia nel

cosmo che nell’uomo.

I termini yin e yang indicano aspetti concreti e antitetici del tempo e dello spazio: l’ideogramma yang rappresenta il sole alto sull’orizzonte che sovrasta una montagna e, per analogia, il fuoco, il caldo, la siccità, la luce, il giorno, il mezzogiorno, l’estate; è yang tutto ciò che è associabile all’idea di iniziativa, di movimento, di attività, di espansione. L’ideogramma yin rappresenta le nubi sopra la montagna e, per analogia, l’acqua, il freddo, l’umidità, l’ombra, la notte, mezzanotte, l’inverno e tutto quanto è riferibile all’idea di riposo e di inattività, di contrazione. Yin e yang sono comunque momenti diversi di un’unica realtà, sono tra loro complementari é si avvicendano ritmicamente. Non esistono uno stato yin o uno stato yang, ogni cosa o situazione ha un aspetto yin e un aspetto yang, sempre relativamente a ciò che viene considerato9. L’uomo stesso, e ancora di più la vita umana, è costituito da una dialettica tra il più manifesto yin (forma, corpo = xing) ed il meno manifesto yang (spirito = Shen) e risponde a tutte le leggi che reggono lo yin e lo yang a livello cosmico.

Lo yin e lo yang hanno tra loro delle relazioni che tradizionalmente sono state così compendiate:

1. Ogni fenomeno ha un aspetto yin e un aspetto yang: ad esempio la terra è formata da un nucleo caldo (yang) e da una parte periferica più fredda (yin).

2. Ogni fenomeno yin o yang può essere suddiviso ulterior-mente in yin e yang. Ad esempio, l’estate, che è yang, ha un periodo di caldo canicolare (yang) più caldo rispetto al caldo estivo (yin).

3. Yin e yang si definiscono reciprocamente: non esiste buio senza luce, né caldo senza freddo. Lao zi dice: «Ognuno nel mondo decide il Bello, ed ecco venire

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il Brutto. Ognuno nel mondo decide il Bene, ed ecco venire il Male» (Tao, cap. 2).

4. Yin e yang si controllano vicendevolmente: ad esempio, l’attrito (yin) limita la velocità (yang) di una macchina.

5. Yin e yang si trasformano uno nell’altro. Ad un periodo di attività fisica intensa segue sempre un periodo di riposo. Il simbolo tradizionale dello yin/yang illustra bene e sinteticamente questa teoria (fig. 2). Il cerchio è diviso in due parti: una parte bianca (yang) ed una parte nera (yin). La linea ricurva che si separa vuole rendere il concetto che yin e yang si creano, si trasformano e si controllano a vicenda. I cerchi più piccoli, di colore opposto, contenuti in ognuna delle due parti indicano che nello yin è contenuto lo yang e viceversa.

fig. 2 – Il simbolo tradizionale dello yin/yang

Nella medicina cinese l’applicazione della teoria yin/yang è tuttora una delle basi principali su cui si fondano la

diagnostica, la fisiologia, la patologia, con una complessità tale che in questa sede non vale la pena neppure accennare. La stessa salute dell’uomo viene considerata come l’esito di un'equilibrata armonia tra lo yin e lo yang. Ogni volta che avviene una rottura di questo equilibrio, perché uno dei due termini è in eccesso o in difetto, si instaura la malattia, come affer-mano i testi classici: «Se lo yin è vittorioso, lo yang è ammalato; se lo yang è vittorioso, lo yin è ammalato... Lo yang vittorioso provoca segni di calore [febbre], lo yin vittorioso provoca segni di freddo [brividi]» (SW, cap. 23).

Il tentativo di spiegare in modo più completo i fenomeni osservati portò in seguito alla formulazione della teoria dei Cinque elementi, Wu xing, che si aggiunse a quella dello yin/yang, offrendo allo studioso una doppia possibilità di analisi della realtà. La prima esposizione risale probabilmente al III secolo a.C., ad opera di Zou Yan, le cui opere sono però andate perdute. La troviamo espressa per la prima volta nello Hong Fan, sezione dello Shujing, il Libro della Storia. La definizione lunga e difficile di questa complessa teoria giunse ad un assetto definitivo all'epoca della dinastia Song (960-1279), quando in medicina iniziò ad essere sistema-ticamente impiegata per spiegare l’eziologia e i processi delle malattie. Oggi si preferisce tradurre l'espressione Wu xing, invece che con Cinque elementi, con Cinque movimenti (Wu significa Cinque e xing significa camminare), o Cinque fasi, o Cinque agenti, per evitare che si interpretino gli elementi come sostanze materiali prive di dinamismo. I Cinque elementi non sono affatto i costituenti ultimi della materia o dell’universo, come potrebbe pensare chi applicasse i criteri della filosofia greca antica al pensiero cinese. Sono, invece, categorie con cui leggere la realtà in un preciso ordine spazio-temporale in continua trasformazione ed evoluzione,

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sono emblemi di cinque fasi specifiche secondo cui viene analizzata l’unità del movimento vitale. Ogni realtà vivente può essere scomposta e analizzata secondo questo modello elementare per una miglior comprensione e, in medicina, per un affinamento degli interventi terapeutici. Gli elementi sono: il Legno, il Fuoco, la Terra, il Metallo e l'Acqua. Ogni elemento circoscrive una classe di funzioni e qualità fra loro correlate, secondo una corrispondenza analogica.

Al Fuoco furono associati il sud, considerato il punto di massimo calore, l’estate e il mezzogiorno. Ad esso fu inoltre abbinata la fase di massima espansione o apogeo. È lo stato del grande yang . Questa scansione può essere applicata non solo ai fenomeni naturali, come alla crescita di un organismo o all’orbita di un pianeta, ma anche ai fenomeni sociali o politici, come al massimo splendore di una dinastia, all’espansione di una razza o di una cultura.

All’Acqua, che in natura è per lo più fredda e spesso si presenta sotto forma di ghiaccio o neve, furono associati il nord, punto di massimo freddo, l'inverno, la mezzanotte. Ad essa furono inoltre abbinate tutte le funzioni che sono proprie al riposo e alla quiete. È lo stato del grande yin .

Al Legno, che simboleggia il germogliare delle piante, furono abbinati l’est, punto cardinale del sorgere del sole, l’alba, e la primavera, tempo della germinazione e, per i Cinesi, inizio dell’anno. Ad esso furono inoltre abbinate tutte le funzioni che sono in fase di crescita. È lo stato del lo yang in crescita e dello yin in diminuzione (piccolo yin ).

Al Metallo, per il suo aspetto duro e arido, si legarono l'ovest e l'autunno perché il sole tramonta a ovest, segnando la fine del giorno (fine dello yang, come l'autunno è la fine del periodo yang dell’anno. Ad esso furono inoltre abbinate tutte le funzioni in fase di declino. Il Metallo è lo stato dello yin in crescita e dello yang in diminuzione (piccolo yang ).

La Terra è il punto di osservazione e di riferimento delle varie posizioni astronomiche del sole e delle altre stelle. È centro di correlazione e indica l’equilibrio e la neutralità. Ad essa

corrisponde una cosiddetta «quinta stagione», periodo di transizione fra due stagioni, costituito dai diciotto giorni che precedono l’arrivo delle quattro stagioni classiche. Secondo alcune tradizioni, rappresentando il centro virtuale dell’anno, è inserita tra il Fuoco ed il Metallo. In quanto punto di riferimento centrale attorno a cui e grazie a cui gli altri elementi si muovono, la Terra ha rapporti con tutti; infatti li contiene tutti: contiene i semi e le radici degli alberi, il fuoco dei vulcani, i minerali, l’acqua (fig. 3). Quando l’Occidente enumera quattro direzioni, il mondo cinese parla istintivamente di cinque: la quinta direzione è il funzionamento delle altre quattro. È sempre il relativo che agisce, quando l'assoluto opera. In un testo cinese la distinzione dell'assoluto e del relativo è essenziale e imprescindibile. L’applicazione della teoria dei Cinque movimenti permise di costruire insiemi di corrispon-denze in cui furono correlati gran parte dei fenomeni osservabili: i Cinque colori, i Cinque sapori, le Cinque note, i Cinque numeri, le Cinque classi di animali, le Cinque virtù, le Cinque passioni e così via10. Ai movimenti furono pure correlati gli organi e i visceri, prendendo spunto da alcuni aspetti della loro attività funzionale, correlata alle Cinque fasi: al Legno corrispondono il Fegato e la Vescica Biliare, al Fuoco il Cuore e l’Intestino Tenue, alla Terra la Milza e lo Stomaco, al Metallo il Polmone e il Grosso Intestino, all’Acqua i Reni e la Vescica. In questo modo là descrizione e la spiegazione di eventi del macrocosmo consentono di spiegare e correlare eventi naturali del mondo fisico e biologico, nonché elementi della fisiologia e della patologia dell’uomo (microcosmo)

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fig. 3 – La classificazione dei fenomeni osservabili secondo la legge dei Cinque movimenti

Ciascuno di questi elementi, a seconda del percorso del sole durante a giornata o della stagione dell’anno, a tempo e luoghi debiti, attiva il proprio campo. Ad esempio, in estate

sarà particolarmente forte e attivo tutto ciò che appartiene al Fuoco. É così che le forze che animano l’universo si alternano in un gioco bilanciato di premi-nenze, dando vita all'equilibrio mutevole dell'universo. I Cinque elementi sono regolati da quattro leggi - due fisiologiche e due patologiche - che spiegano come i movimenti interagiscono tra loro. Tutto il movimento cosmico è naturale, ma il naturale è ordinato. Per questo si parla di leggi naturali. La legge di generazione Sheng afferma che il Legno genera il Fuoco, il Fuoco genera la Terra, la Terra genera il Metallo, il Metallo genera l’Acqua, l’Acqua genera il Legno. Secondo questa legge ogni movimento produce il successivo ed è prodotto da quello che precede (relazione madre-figlio) (fig. 4).

fig. 4 – La legge di generazione Sheng

Questa legge applicata alla medicina spiega che le malattie, per debolezza od eccesso, si trasmettono dalla madre al figlio e viceversa. Ad esempio, un organo carente di energia può essere cerato rafforzando

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l’organo-madre; un organo in eccesso di energia può essere curato drenando l’organo figlio. Questo è uno dei fondamenti terapeutici dell'agopuntura. La secondale legge è detta di controllo o dominazione Ke e introduce all'interno del ciclo di mutua produzione un controllo a feed-back che impedisce la formazione di squilibri: il Legno domina la Terra perché se ne nutre, il Fuoco domina il Metallo perché lo fonde, la Terra domina l’Acqua perché l’assorbe, il Metallo domina il Legno perché lo taglia, l’Acqua domina il Fuoco perché lo spegne. Da questa legge risulta che ogni elemento sottomette il movimento nipote ed è sottomesso dal movimento nonno (fig. 5). Queste due leggi servono per mantenere in armonia la vita dell'universo, che è quindi regolata da un equilibrio mutevole in cui le diverse forze che lo animano lo dominano di volta in volta.

fig. 5 – La legge di dominazione Ke

Ma possono instaurarsi elementi patologici capaci di alterare il fisiologico controllo di un elemento sull’altro. Si ha così il ciclo di iperdominazione o di aggressione Cheng (Fig. 6) per cui un organo esercita una domina-zione eccessiva sull'organo controllato, creando in esso uno stato di carenza.

fig. 6 – Il ciclo di iperdominazione o di aggressione di Cheng

Oppure può accadere che si invertano i ruoli e che l’organo controllato diventi dominatore: si instaurano così dei momenti di ribellione nel ciclo di dominazione e la regolazione si trasforma in controdominazione, ciclo Wu (fig. 7).

fig. 7 – Il ciclo di controdominazione Wu

VALUTAZIONE FILOSOFICADELLA STRUTTURAZIONE

DELL'UOMO

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Prima di analizzare come si presenta e funziona secondo i Cinesi l’organismo umano, bisogna sgombrare il campo da una ambiguità. Molto spesso nei nostri testi medici il corpo è considerato una proposta anatomica, poi fisiologica; poi patologica. Ma non si è mai sicuri che si tratti del corpo dell’uomo; potrebbe essere il corpo di una scimmia superiore. Sfogliando i testi cinesi di medicina, si può vedere immediatamente come la presentazione generale dell’organismo umano implichi un sentimento dell’uomo che è molto diverso da quello che si riscontra in un testo occidentale. La realtà per loro è come una stoffa in cui ogni uomo è un filo della trama, un elemento che ha coscienza di, essere parte del tutto. Inoltre per i Cinesi un corpo non vive mai indipendentemente da ciò che lo fa vivere e quindi nei testi di medicina si parla prima di tutto del Cielo/Terra; il richiamo alla filosofia è per loro giustificato solo perché in ogni istante è presentazione e conferma di ciò che costituisce l’uomo. Quando un Cinese considera un corpo ha sempre presente lo spirito di vita che lo anima, che è l’attore onnipresente e onnipotente della vita. Di conseguenza, psicologia, morale, anatomia, contemplazione di ciò che è sono momenti non separati, ma distinti, di un unico processo di conoscenza. Affrontare argomenti differenti come l'iniziazione al cammino spirituale, l'iniziazione alla conoscenza del corpo, l'iniziazione alla numerologia con la metodologia cinese non pone problemi. La metodologia cinese è infatti un modo di presentare il cammino della vita e di indicare la realtà.

L'embriologia umanasecondo il simbolismo cinese

Il primo testo conosciuto e ben datato che parla dello sviluppo embriologico dell’uomo non è un testo di medicina, bensì di filosofia, lo Huainan zi, che risale al II secolo a.C. L’uomo, formato dagli influssi del Cielo e della Terra tramite la mediazione di un uomo e di una donna, ha in sé, fin dal primo istante tutti gli e elementi biologici e psichici che formeranno la sua identità di es-sere adulto. Il commento a questi brevi versi del capitolo 7 dello Huainan zi, grazie anche alla numerologia, ten-derà a dimostrare come nell'embriologia vi sia il modello del funzionamento di ogni vita umana. «Al primo mese l’essere vivente è un impasto. Al secondo mese è un gomitolo. Al terzo mese è un feto. Al quarto mese vi sono delle carni. Al quinto mese vi è l’animazione muscolare. Al sesto mese vi sono le ossa. Al settimo mese l’organismo è compiuto. All’ottavo mese si muove. Al nono mese scalpita. Al decimo mese vede la luce. Nella misura in cui si organizza la forma corporale, i Cinque organi prendono forma».

La nostra origine è nell’Invisibile, nell’Indicibile: i liquidi, coagulandosi, formano una cosa molle, percorsa dalle essenze e dai «Soffi originari»; ogni vita, nella apparente passività dello stato iniziale yin, viene segretamente lavorata dai Soffi yang; nel primo mese si forma un impasto. Uno è il numero che simboleggia l’indistinto, il prima dello yin/yang, unità iniziale e permanente dell’Uno che diviene molteplice e che poi all’Uno ritorna in ogni suo elemento individuale. Come l’autore dello Huainan zi fa dire al mitico re Yu il Grande: «la vita è un invio in missione e la morte un ritorno» (HZ, cap. 7). Al secondo mese, a partire da un

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centro, l’ammasso di Soffi si organizza e l’aspetto è quello di un gomitolo; la forma si precisa. Il numero Due è uno sviluppo, un’accentuazione del numero Uno, è il simbolo dell’alternanza yin/yang.

Al terzo mese è un feto: l’embrione fa sentire la sua presenza come peso. Tre, armonia risultante dall’unione della coppia Cielo/Terra, yin/yang, padre/madre, fondamento di ogni animazione sensibile; Tre, è il numero dei Soffi che presiede alla formazione di un nuovo essere, indipendente come nuovo nato, ma vivente nella dipendenza della sua origine parentale.

L'organizzazione dell’individuo è lenta; ci si limita a sot-tolineare nei primi tre mesi i cambiamenti generali di aspetto. Viceversa, nel quarto, quinto e sesto mese vengono considerate le strutturazioni delle masse dell’embrione. Si formano la pelle, i muscoli e i tendini, le ossa. La descrizione segue un ordine non realistico, ma simbolico: da principio la pelle, come parte più esterna, poi i muscoli e i tendini nella zona intermedia e infine le ossa nella zona profonda. Viene qui ribadito come l’essere umano abbia tre livelli: una zona superficiale di contatto con l’esterno disseminata di orifizi una zona profonda e nascosta dove risiedono gli spiriti dell’animazione, e una zona intermedia che è costituita dalla rete dei vasi e dei meridiani. Si riconosce lo schema delle relazioni del Cielo/Terra con la zona intermedia di scambi o lo schema yin/yang e la loro congiunzione come armonia di Soffi.

Al quarto mese vi sono delle carni, che sono l’aspetto terrestre dell’uomo, la massa che i Soffi qi, animano: inizia la formazione della struttura. Quattro, espansione orientata nelle quattro direzioni, origine delle limitazioni, fondamento di tutte le forme.

Al quinto mese si sviluppa l’aspetto yang di mobilità e tensione: compaiono i muscoli, i tendini e i nervi. I ten-dini e i nervi sono l’aspetto visibile ed il mezzo di una animazione che ha il suo principio nascosto nel seme umano e la cui crescita progressiva porta l’uomo a risalire verso la luce del giorno.

Al sesto mese si forma l’ossatura, che è l’aspetto terre-stre, l’aspetto yin. Così è completato il secondo periodo di tre mesi in cui l’organizzazione dell’uomo in muscoli, tendini, nervi, ossa si è formata. La distinzione e la visi-bilità aumentano.

Per la grande importanza attribuita al numero Sette, il settimo mese esprime la pienezza dell’energia ed il com-pimento organico. Il numero Sette è il simbolo dello scoppio della vitalità dei Soffi del Cielo sulla Terra e della formazione tramite il Cielo/Terra dell’uomo vivente. Al settimo mese vi è il completamento organico. Questo termine sintetico non traduce la complessità della realtà che si chiama uomo: i Cinque organi, i Sei visceri, le Cinque sostanze preziose - Soffi, essenze. Spiriti, sangue, liquidi - che analizzeremo in seguito.

Ancora tre mesi perché il bambino esca dal seno mater-no; l’attività del principio yang si accentua sempre più: il feto si muove, scalpita, viene alla luce.

Nell’ottavo mese vi è movimento, inteso non solo nel senso che il nascituro si muove nel ventre della madre, ma anche nel senso che il movimento vitale si percepisce come scuotimento interno al bambino che si trasmette all’esterno. Al nono mese l’uomo vuole uscire alla luce e perciò scalcia e si agita. Nove, 3x3, numero di Soffi

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portato alla completezza massima: è la perfezione dell’essere umano che vuole venire alla luce. Completati i nove mesi, all’inizio del decimo avviene la nascita. Dieci: non è un errore di conteggio, ma il numero del completamento, ed è posto ad indicare il momento del parto. Dieci, ricapitolazione dei numeri prece-denti, richiamo all’Uno, all’unità di cui i Diecimila esseri, cioè tutti i viventi, sono parte. In quasi tutte le lingue del mondo, sia che si usino cifre arabe o ideogrammi, Uno e Dieci si scrivono in modo simile. L’embriologia, tramite la numerologia, ci ricorda il radicamento dell’uomo all’Uno: la concezione dell’uomo considerato in se stesso è un non senso per i Cinesi. Inoltre il Dieci è il numero simboli-camente correlato all’uomo, perche la sua vita è possibile solo se le anime vegetative (Tre Hun e Sette Po) restano intimamente legate alla sua corporeità. La nascita comporta l’incontro del nuovo nato, prodotto del Cielo/Terra nella sua animazione interna, con le forze esterne del Cielo/Terra aria, luce, calore. Uscito alla luce il feto diventa un lattante e inizia il computo dei suoi giorni e la sua crescita. L’essere dipendente resta la regola della sua vita, una dipendenza che gli è ricordata dalla sua stessa struttura corporea: «la testa che è rotonda è immagine del Cielo, i piedi che sono quadrati sono immagine della Terra» (HZ, cap. 7).

L’uomo. un Soffio tra Cielo e Terra

L’uomo ubbidisce alle stesse leggi e agli stessi ritmi che re-golano gli scambi del Cielo/Terra. Il Cielo ha 4 stagioni, 5 pianeti, 9 punti di fuga verso le 9 direzioni (8 punti della rosa dei venti più il Centro), 12 mesi e 365 giorni. Si-

milmente l’uomo ha 4 membra e 5 organi, 9 orifizi (7 nella testa e 2 nella parte inferiore del corpo), 12 tragitti per i Soffi, chiamati meridiani, 365 punti di animazione. Gli orifizi superiori servono per la comunicazione con i Soffi celesti, gli orifizi inferiori sono diretti verso la terra. I Soffi del Cielo/Terra sono distribuiti dalle 4 stagioni, ciascuna di 3 mesi, come i Soffi che l’uomo riceve penetrano dalle 4 membra, divise in 3 parti, e vengono distribuiti in tutto l’organismo. I Soffi del Cielo si distribuiscono lungo i 12 mesi dell’anno e i Soffi dell'uomo si distribuiscono nei 12 meridiani. 15 pianeti sono concentrazione e organizzazione dei Soffi celesti, come i 5 organi sono concentrazione e organizzazione nell’uomo di questi stessi Soffi: esiste una connessione tra astrologia e medicina. Viene così a stabilirsi una corrispondenza analogica sotto il simbolismo numerico dei Soffi dell’universo e dei Soffi nell’uomo sulla quale è basata la concezione della medicina cinese. L’uomo è quindi fatto a immagine del Cielo/Terra ed è formato e strutturato dall’incrociarsi dei loro Soffi in lui. Spesso la Tradizione cinese ha definito l’universo Uomo cosmico, makranthropos, come ad esempio nel mito di Ban Gu o di Lao zi, i cui corpi hanno fatto e sono l’universo, mentre l’uomo è un piccolo universo. Il suo equilibrio ed il suo sviluppo osservano le stesse leggi dell’universo e soggiacciono alle regole che guidano il movimento delle ore e delle stagioni. Come ci viene detto nel primo capitolo del Lie zi, dalla nascita alla morte l’uomo percorre quattro tappe: l’infanzia, l’adolescenza e la maturità, la vecchiaia, la morte. Durante l’infanzia i Soffi si concentrano e il suo volere è uno. È l’apogeo del Soffio vitale armonizzato. Nulla si può aggiungere alla sua virtù. Il volere è voler vivere e in questa fase della vita è unico e ben ordinato. Durante l’adolescenza e la maturità il sangue e i Soffi possono debordare: i desideri e le passioni possono esercitare il loro dominio sull’uomo; la virtù già declina. Durante la vecchiaia,

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passioni e desideri si smorzano, il corpo diviene lento e si appesantisce. Si recupera almeno in parte la virtù dell’infanzia. Con la morte si ha la scomparsa dell’essere particolare ed il ritorno all’Origine, all’Uno.

Il corpo

In italiano c'è un solo vocabolo per indicare il corpo, mentre in cinese esistono diversi ideogrammi, di cui almeno tre sono di fondamentale importanza. Il primo è il carattere xing

, che significa forma corporea non solo dell’uomo, ma di tutti gli esseri sensibili. La parte fonetica etimologi-camente indica i piatti di una bilancia in equilibrio e di conseguenza una costruzione solida ed equilibrata. Il radicale significa piume, capelli: qualcosa di leggero e fluttuante, come un fantasma che danza nel vento. La forma corporea esprime la struttura profonda non visibile e rispecchia lo stato di salute. Il corpo è quindi sia la struttura sia il dispiegamento libero di una figura. Forma corporea, figura; tutto ricorda che l’uomo esce dall’Invisibile e dal Senza Forma per ritornarvi, abbandonando la sua forma (cfr. HZ, cap. 1) .

Il secondo modo per indicare il corpo e l'ideogramma ti che è quello che più rende il nostro concetto di corpo e fa riferimento alla strutturazione e alla organizzazione di una costruzione. Il radicale di sinistra, infatti, significa sistema osseo .

Accoppiando il carattere xing con il carattere ti si indica la forma visibile di un individuo e la sua organizzazione interna. Ma perché l’essere umano si presenti come persona

non sono sufficienti una forma esterna e una struttura interna; ci vuole ciò che lo fa essere soggetto unico e irrepetibile. Il carattere shen , persona, da l’idea dell’esistenza individuale e della personificazione. Anticamente designava la gravidanza in quanto l’embrione è il mistero della vita che si sviluppa e si prolunga durante tutta l’esistenza adulta. Indica il movimento stesso della vita nell’individuo, ciò a partire dal quale tutto si sviluppa, come dal tronco di un albero si sviluppano rami e foglie e dallo scafo si perfeziona una barca. Scafo e tronco sono altri significati dell'ideogramma shen. La combinazione tra ti e shen permette di avere una percezione più esatta di ciò che i Cinesi considerano come persona umana, oggetto stesso della medicina. Non c'è un corpo dato e una animazione che lo pervade, ci sono dei Soffi originari che coagu-landosi diventano Soffi propri di un individuo, dotato di una natura specifica e di un destino proprio.

I meridiani

Non si può parlare dei Soffi animatori dell’uomo senza citare le modalità con cui questi si muovono, si organiz-zano e si diffondono all’interno del corpo. La rete di vasi e di meridiani in cui si ripropone sistematicamente la dialettica yin/yang, Cielo/Terra è la base della circolazione dei Soffi che anima il corpo. Come vedremo in seguito, questa rete di animazione è percorsa in permanenza, anche se in modo diverso, da vari tipi di energia. Il termine meridiano è la traduzione dell’ideogramma cinese jing, che globalmente indica il flusso energetico nel suo dinamismo orientato. I meridiani principali o ordinari, in numero di dodici, costituiscono la grande circolazione energetica del

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corpo. Ad ogni meridiano è collegato un organo o un viscere. Le disarmonie degli organi o dei visceri si riflettono sui meridiani corrispondenti, così come uno squilibrio di un meridiano può causare uno squilibrio dell’organo corrispondente. La Medicina Tradizionale Cinese considera l’uomo nella sua globalità e le diverse parti si correlano armoniosamente tra loro. La circolazione meridianica è appunto la base viva che, collegando le parti con il tutto, consente di spiegare sia perché e come lo squilibrio di un meridiano o di un organo possano indurre uno stato generale di malessere o di malattia, sia perché l’azione terapeutica di riequilibrio portata su un punto di meridiano possa determinare un riequilibrio generale dell’organismo e il recupero della salute. Ai meridiani principali si aggiungono i meridiani straordinari (qi mo), in numero di otto. Notiamo come il numero Dodici dei meridiani ordinari rappresenta la totalità degli ammassi di Soffi durante l’anno, divisa in dodici mesi, mentre il numero Otto dei meridiani straordinari corrisponde agli otto venti che si liberano lungo le otto direzioni dello spazio. La dialettica spazio/tempo è sempre presente come qualcosa di unico e inscindibile. Vi sono altri tipi di meridiani. Talora il termine meridia-no è stato usato metaforicamente per indicare funzioni vitali che non sono compendiabili in tale concetto. Così, ad esempio, si parla di meridiani tendino-muscolari per indicare la funzionalità dei muscoli nel loro complesso. Ogni medico che usi della Medicina Tradizionale Cinese deve avere una conoscenza approfondita dei meridiani perché lungo i percorsi si localizzano i punti di agopuntura che comunicano in profondità con zone di concentrazione di energia, sensibili all’infissione degli aghi. Ogni punto ha un’azione terapeutica ben definita.

I medici imperiali della dinastia Song (960-1279), nell’introduzione al Classico sistematico di agopuntura, scritto da Huangfu Mi nel II secolo d.C. e da loro rieditato, dicevano chiaramente che i meridiani e altri elementi del

loro sistema non erano reperibili mediante indagine fisica. Ma questo non costituiva certamente un problema per loro. Infatti, mentre in Occidente dalla scoperta del metodo sperimentale ogni teoria deve essere dimostrabile con eventi riproducibili e misurabili, per i Cinesi la bontà del loro sistema si basa sul fatto che sia razionale, cioè logicamente comprensibile nella sua struttura, e sulla convinzione che tutto ciò che è visibile ha le sue radici nell’invisibile e ciò che anima l’organismo è qualcosa di impalpabile, che non vuol dire non raggiungibile. La loro dottrina è per essi verificata dall’autorità dei testi classici, che da duemila anni non vengono smentiti, e naturalmente dall’efficacia della terapia.

Gli organi e i visceri (zang-fu)

I meridiani principali nel loro percorso arrivano ad irro-rare le parti più vitali del nostro organismo, gli organi e i visceri. Questi nomi possono ricordare strutture analo-ghe della medicina occidentale, ma in realtà sono entità molto diverse. Essi, infatti, come vedremo nel prossimo capitolo, oltre ad avere una originale connotazione. psi-chica, sono considerati da un punto di vista funzionale più che anatomico, perché la tendenza del pensiero ci-nese è quella di ricercare attività dinamiche funzionali quando descrive delle strutture. I termini cinesi usati per designarli sono zang per gli organi e fu per i visceri. Zang significa conservare in luogo sicuro e nascosto, tesaurizzare; gli zang ricevono, infatti, i Soffi raffinati e più puri e li accumulano. Sono organi pieni, «organi

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tesoro», come li ha denominati Soulié de Morant, grande studioso che ha introdotto in Europa la pratica dell’agopuntura. I fu, che noi chiamiamo visceri per diffe-renziarli dagli organi, sono deputati alla trasformazione e al trasporto dei Soffi. L’ideogramma significa magazzino di transito di merci preziose; sono organi cavi. Sono stati definiti da Soulié de Morant «organi laboratorio», in quanto in essi viene lavorata e raffinata l’energia jing derivata dagli alimenti.

Gli organi, zang, sono cinque: Polmone, Cuore, con due funzioni precise e diversificate, Milza, Fegato, Reni. Essi sono yin, perché sono situati più internamente rispetto ai fu, che sono yang perché più esterni. I fu sono sei: Stomaco, Intestino Tenue, Grosso Intestino, Vescica, Triplice Riscaldatore11, Vescicola Biliare. Grazie alla duplice funzione del Cuore si possono contare a piacere cinque o sei zang. Ritorna l’importanza della numerologia: contarne cinque è ricordare che la totalità degli organi obbedisce ad un numero simbolico Cinque che è il numero della permutazione delle influenze celesti, della legge dei Cinque elementi, della riorganizzazione di un tutto intorno a un centro. Contarne sei significa sottolineare la stretta correlazione tra gli zang e sei dei Dodici meridiani principali, perché gli altri sei sono associati ai fu.

Non è nostro compito illustrare le funzioni dei Cinque organi e dei Sei visceri. Ci limitiamo a riportare una similitudine che ricorre spesso nei testi classici di medicina. Gli zang e i fu sono, infatti, correlati al corpo umano oltre che da considerazioni di tipo fisiologico anche da correlazioni di tipo analogico) Così il corpo umano, considerato come il Grande Paese del Centro, è amministrato e governato da strutture analoghe a quelle che governano l’Impero. Il Cuore svolge le funzioni di sovrano e nello stesso tempo di maestro) Essendo sede degli Shen, è il luogo dove si forma il

discernimento, l’intelligenza. In quanto sovrano è responsabile dell’ordinamento e dell’organizzazione di tutti gli Shen dell’organismo, che verranno analizzati in dettaglio nel prossimo capitolo; in quanto maestro, grazie ai suoi ambasciatori e messaggeri, trasmette i suoi ordini, perché tutto quello che deve essere compiuto venga compiuto.

Il Cuore, assistito dagli altri organi, è il sovrano che risiede nel suo palazzo situato nel cuore dell’Impero. La pace, la prosperità e la sicurezza del sovrano e del suo regno dipendono dalla vigilanza delle guardie. Gli organi hanno la funzione di vegliare alle porte, che sono gli orifizi degli organi di senso. Essi si devono opporre alla intrusione dei Soffi perniciosi che portano le malattie e impedire agli Shen, che animano il corpo, di abbandonarlo.

Inoltre la Milza, come controllore dei transiti digestivi, ha la funzione di ministro dei trasporti e delle trasfor-mazioni. II suo compito inizia non appena gli alimenti sono stati ingeriti fino all’assimilazione delle sostanze nutritive.

Il Fegato è il generale delle armate, perché comanda l’energia difensiva e perché analogamente al generale in capo ha come compito precipuo di progettare la battaglia.

Il Polmone ha il compito ministeriale della trasmissione degli ordini del Cuore alla periferia. Questo compito è designato dall'ideogramma xiang chuan. Xiang significa portare aiuto: il Polmone agisce come funzionario del Cuore che nutre il corpo nutrendo il sangue; chuan si-gnifica trasmettere, propagare, ed è quanto il Polmone

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opera, ricercando, facendo muovere e propagando rit-micamente i Soffi energetici, informati degli ordini del sovrano.

I Reni sono i custodi del jing, delle energie essenziali che derivano, come vedremo in seguito, sia dalle energie che trasmettono i genitori al momento del concepimento, sia dall’energia che è ottenuta dalla trasformazione degli ali -menti. Nei Reni vi è quindi il fondamento della forza del la vita, del voler vivere.

I fu ricevono, contengono, trasformano e assorbono le so-stanze fondamentali e provvedono all’eliminazione delle scorie. Sembrerebbe la prospettiva della medicina occidentale. Invece ci sono molte differenze. Un esempio per tutti: la Vescica, «ministro delle acque», che ha per funzione quella di raccogliere i liquidi che devono essere eliminati, ha nello stesso tempo, secondo la Medicina Tradizionale Cinese, una funzione importantissima di regolazione di tutti i liquidi del corpo. La lunghezza del suo meridiano e la molteplicità dei suoi punti stanno proprio ad indicare la sua importanza per il trattamento degli squilibri del movimento e della circolazione dei liquidi.

I Soffi che penetrano nell’uomo attraverso gli organi di senso, gli alimenti solidi e liquidi, l’aria atmosferica, carichi di differenti qualità a seconda dell’ora, del giorno, della stagione e del luogo geografico, vengono accumulati ed elaborati dai Sei fu. L’energia sottile, frutto delle depurazioni ed elaborazioni dei fu, passa negli zang, dove viene ulteriormente raffinata a contatto con dei catalizzatori particolari, i Soffi ancestrali, che daranno ai Soffi tesaurizzati da ciascun organo la propria specificità funzionale. Da qui i Soffi puri visitano l’organismo, mantenendo l’energia vitale. Seguendo le modalità proprie e le esigenze di ogni regione del corpo, i ritmi delle stagioni,

del giorno e della notte, delle correnti dell'energia yin/yang, essi regolano gli scambi fino nelle parti più profonde, dando a tutte le parti del corpo l'equilibrio yin/yang che conviene e in cui consiste la salute. Il flusso nutritivo del sangue e dei Soffi irrora anche le parti più superficiali, corre sotto la pelle, penetra i muscoli e i tendini, si insinua nelle ossa.

I Soffi

Definire la medicina cinese, come spesso avviene, medicina energetica o medicina di Soffi rischia di farla apparire come una pratica che non si cura delle gravi compromissioni organiche che possono affliggere l’uomo. In realtà occuparsi della fisiologia e della patologia dei Soffi vuol dire esattamente occuparsi di ciò che precede e in qualche modo permette l’instaurarsi di sintomi evidenti o di malattie, avendo la possibilità di capirne le cause e di intervenire, talora in modo insperato, soprattutto a livello preventivo o al primo comparire dei sintomi.

Il qi, i Soffi, che circolano grazie ai meridiani, possono essere normali o patologici. I primi si dividono in Soffi del Cielo anteriore o Soffi innati e Soffi del Cielo poste-riore o Soffi acquisiti. Per energie innate si intendono le energie del padre e della madre, contenute nei gameti al momento del concepimento. Inalate sono anche le ener-gie presenti nel cosmo in quell’istante. Il concepimento è il momento che segna il passaggio tra l’innato è l’ac-quisito. Parlare di Cielo anteriore è dire esplicitamente che le energie dell’ambiente partecipano alla formazione dell’uomo.

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I Soffi si dividono ulteriormente in Soffi ereditari e Soffi ordinari, che si acquisiscono con l’alimentazione e la re-spirazione. I Soffi ereditari comprendono i Soffi originari, yuan qi, i Soffi essenziali jinq qi, i Soffi ancestrali zong qi. Al momento del concepimento l’uomo riceve il Soffio origi-nario del Cielo e della Terra, il Soffio primordiale di cui è fatto il Cielo/Terra; per questo l’energia yuan qi è detta energia del Cielo anteriore, perché precede e sovrintende il concepimento. I Soffi essenziali sono i Soffi che vengono trasmessi dai genitori al momento del concepimento. Questa energia jing è detta pure del Cielo anteriore e ha lo stesso nome dell’energia jing del Cielo posteriore, che è quella che l’organismo trae dagli alimenti e dalla respirazione. L’energia jing che circola nel nostro corpo è l’insieme di questi due tipi di Soffi. Essi si combinano continuamente per poter mantenere la vita: Cielo anteriore e posteriore non sono entità separabili. I Soffi ancestrali sono chiamati così perché sono i Soffi propri della specie, all’interno della specie, della propria stirpe. Hanno il compito di trasmettere gli schemi genetici di una particolare discendenza. Nei popoli antichi la conservazione delle qualità della discendenza era essenziale. La concezione cinese dei Soffi ereditari occupa un posto eminente nella cultura ed è la base potente del culto degli antenati.

Soffi originali, essenziali e ancestrali presiedono alla for-mazione dell’ovulo, dell’embrione e del feto e saranno il potenziale vitale di ogni individuo. L’insieme di queste energie è un dato che decresce nel corso dell’esistenza, secondo i processi di invecchiamento biologico. Il compito dell’uomo, secondo la Medicina Tradizionale Cinese, è quello di tenere un modo di vita corretto che permetta di mantenere intatta il più a lungo possibile questa riserva di energia e portare così a termine i giorni stabiliti dal destino. La forza formatrice dei Soffi, acquisiti tramite la nutrizione, perde nel tempo la sua efficacia. I Soffi degli ultimi anni della vita sono sempre meno capaci di garantire la vitalità

dell'individuo. Tra le energie ereditarie vengono normalmente indicati gli Shen gli Spiriti. «La Via della creazione e del compimerito dei Diecimila esseri: niente che non sia scambio yin/yang e, in seguito, radiazione luminosa degli Spiriti. È per questo che per la vita di un uomo è necessario che vi sia congiunzione tra i Soffi yin e dei Soffi yang, che vi sia l'unione delle essenze del padre e della madre. Due essenze si uniscono: forma corporea e Spiriti sono allora completati. Sono i Soffi uniti del Cielo/Terra e il nome naturale è: uomo»12

.

Ricordiamo che per la cultura cinese non vi è alcuna se-parazione tra spirito e materia. Come vedremo in modo più approfondito nel prossimo capitolo, gli Spiriti sono, di volta in volta, l’istanza psichica e spirituale che anima l’uomo, la coscienza che l’uomo ha di sé, il suo spirito

vitale. È la vitalità stessa dell’uomo, tanto è vero che gli squilibri dello Shen hanno spesso sintomi che si riper-cuotono sul qi, cioè sui Soffi e sulla loro distribuzione. Per il mantenimento della vita nell’organismo vi sono i Soffi che presiedono al quotidiano e ordinario svolgi-mento della vita, i Soffi ying detti anche rong e i Soffi wei. L’ideogramma dei Soffi ying ricorda l’arte militare e precisamente un accampamento dove sono accesi dei fuochi, dove tutto è ben delimitato e organizzato. I Soffi ying sono profondi e forniscono l’energia di base; sono il nutrimento allo stadio più puro. Costituiscono, infatti, il prodotto della distillazione di tutto ciò che il nostro organismo assume dall’esterno - cibo e aria - per il suo sostentamento, dopo essere passato al vaglio dei visceri. Hanno pure una funzione importante per la formazione dei liquidi e del sangue. La circolazione dell’energia ying parte dal Polmone, percorre permanente-mente tutti i meridiani principali e secondari, quindi tutti gli organi e tutti i visceri.I Soffi wei sono quelli che formano la

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difesa attiva pattugliando il territorio, e come sentinelle vegliano sull'accampamento. L’etimologia indica sia il cuoio con cui anticamente erano fatti gli scudi, sia i percorsi di pattugliamento. La vitalità è data dagli effetti congiunti dei Soffi ying e wei. Un paese è fiorente quando la sua am-ministrazione è ben regolata e quando è ben difeso. I Soffi wei non percorrono i meridiani, ma scorrono tra pelle e muscoli per bloccare le energie perverse che possono produrre squilibri nell’organismo e indurlo ad ammalarsi. Sono meno sottili dei Soffi ying e per questo sono detti torbidi.

Soffi originali, essenziali, ancestrali da una parte e Soffi yin e wei dall’altra sono chiamati Soffi autentici, legittimi, zheng, in contrapposizione ai Soffi detti perversi, xie qi, di provenienza sia interna che esterna, che portano attacco all’individuo e che fanno scattare lo stato di legittima difesa.

Sangue e liquidi

La definizione che spesso viene data dell’uomo nei testi classici è «essere di sangue e di Soffi». La natura e la fun -zione del sangue è molto diversa e un pò più complessa nel pensiero cinese rispetto a quello occidentale. Il sangue ha, per i Cinesi, una particolare «potenza energetica». II termine che viene impiegato per descrivere questa realtà è xue qi; xue significa sangue e qi, come abbiamo visto, energia: il sangue e i suoi Soffi. L’animazione avviene grazie alla «potenza» del sangue che si distribuisce nell'organismo attraverso i Dodici meridiani principali e la rete dei meridiani secondari. È difficile tracciare una netta distinzione tra Soffi e sangue, in quanto la stessa energia che percorre i meridiani è spesso descritta come mantenuta dai

principi attivi del sangue. Nei testi antichi si dice che «il sangue e i Soffi sono per l’uomo ciò che vento e pioggia sono per l'universo». La pioggia è qualcosa di materializzato, mentre il vento si percepisce attraverso ciò che muove. Nell’espressione «sangue e Soffi» è contenuto tutto il movimento dell’uomo sia fisico che psichico. Per tradurlo in una espressione della nostra lingua potremmo dire che l’uomo vibra corpo e anima. L’espressione «sangue e Soffi» dice appunto questa unità composita dell’uomo che il medico cinese cerca di valutare grazie ad una tecnica diagnostica raffinata e complessa che è la «presa del polso». Appoggiando i polpastrelli sui polsi del paziente nella zona percorsa dalle arterie radiali, il medico sente e valuta il passaggio del sangue e dei Soffi. I Cinesi hanno fatto innumerevoli osservazioni sulle sensazioni tattili determinate dal passaggio del sangue; non hanno tanto considerato il numero delle pulsazioni al minuto come facciamo noi occidentali, ma hanno soprattutto apprezzato elementi qualitativi come la pro-fondità, la lentezza, l’intermittenza, l’ampiezza del polso e, con un vocabolario molto specifico, li hanno classificati. Il modo di pulsare del sangue può indicare al medico il tipo di malattia che ha colpito il paziente e, cosa rilevante, può talora dare informazioni su malattie che sono ancora in incubazione. Su questo poggia l’azione preventiva dell’ago-puntura. Il polso può variare a seconda della costituzione di base dell’individuo, del sesso, dell’età, della stagione, degli alimenti appena assunti, degli stati emotivi. Tenuto conto di questi fattori, il medico stabilisce se un polso è regolare oppure no. Se non è normale, interviene. La tecnica della «presa del polso» indica fino a che punto i Cinesi hanno integrato le funzioni corporali; infatti, appoggiando tre dita in un solo punto del corpo, si può determinare dove si trova l’anomalia della salute.

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Oltre al sangue vi sono altre sostanze fluide che costitui-scono i «liquidi» del corpo, i jin-ye, trattati in modo spe-cifico nel capitolo 5 del Lingshu. I liquidi jin sono «chiari», di natura, yang, e percorrono la parte più- esterna dell’organismo con la funzione di umidificare e nutrire, in modo complementare al sangue, pelle, peli, muscoli, orifizi. La loro insufficienza è alla base dell'aspetto avvizzito del viso, della pelle e della fragilità dei capelli e dei peli. I liquidi jin sono: il sudore prodotto dal Cuore, la saliva prodotta dalla Milza, la bava prodotta dai Reni, le lacrime prodotte dal Fegato, il muco nasale prodotto dal Polmone. La deglutizione della saliva, considerata «liquido d’oro e di giada», abbinata a tecniche di respirazione, è alla base di numerose pratiche di immortalità del taoismo esoterico. I liquidi ye, «torbidi», di natura yin, sono costituiti dai liquidi nascosti dell’organismo. Tra questi possiamo ricordare il liquido cerebrospinale, quello sinoviale e altri. Il lettore sarà forse sorpreso dal numero dei termini particolari usati dalla Medicina Tradizionale Cinese per spiegare la fisiologia dell’essere vivente. La stessa cosa si verifica per la medicina occidentale. Perché? Non c'è che una vita, ma l’osser-vazione dei fenomeni vitali è un’analisi permanente dei Diecimila elementi che, combinandosi, riempiono migliaia di funzioni nell’unità armoniosa di una natura vivente e di un destino imprevedibile. La molteplicità dei termini, rispetto all’unità del fine ricercato di descrivere la vita, rispecchia la continuità e la diversità dei punti di osservazione dei fenomeni.

Le malattie

La logica diversa che sottende le due medicine, quella occidentale e quella cinese, si mostra chiaramente nell’affronto del concetto di malattia. Per la medicina

occidentale ricercare le cause di malattia vuol dire parti-re da uno o più sintomi e ricercare ciò che li ha determi-nati, per lo più un agente o una serie di agenti che ven-gono individuati, isolati, per essere debellati con l’inter-vento esterno di sostanze in grado di sconfiggerli. La lo-gica del medico occidentale è analitica: ricerca sino a trovare la causa della malattia. La medicina cinese riconosce i fattori patogeni, ma considera l’organismo in grado di contrastare le aggressioni mediante capacità di reazioni intrinseche che dipendono dal «terreno» indivi-duale, cioè dalla predisposizione dell’individuo a con-trarre o meno certe malattie. Da qui lo straordinario va-lore attribuito dalla medicina cinese alla prevenzione. Ricordiamo che nell’antichità i medici di corte venivano pagati solo quando la famiglia imperiale godeva di buo-na salute. Una persona in buona salute è in grado di re-spingere attacchi di qualsiasi natura, ma se l’organismo è debilitato si instaurano squilibri che minano le capacità di difesa. Una volta instauratasi la malattia, tutte le branche della medicina cinese cercano, in primo luogo, di potenziare le capacità di risposta dell’organismo. Compito della terapia è solamente quello di riportare l'equilibrio nei Soffi dell’organismo. Il paziente viene considerato nella sua unicità e nessun aspetto della sua persona, sia esso fisico, psichico o spirituale, viene tra-scurato o può essere scisso. Ogni elemento, sintomo in-cluso, può essere considerato e compreso solo in relazio-ne al tutto. La malattia è per lo più una alterazione dell’energia vitale qi che viene a trovarsi in stato di deficit o di eccesso e comporta sempre squilibri tra componente yin e yang dell'organismo. La Tradizione classica riconosce sei fattori esterni e sette interni che possono concorrere allo scatenamento della malattia. I fattori esterni, Vento, Freddo, Calore, Fuoco, Umidità, Secchezza, sono delle cause climatiche, inducenti la malattia qualora si presentino con notevole intensità o in periodi dell’anno inusuali rispetto alla stagione. I Sette

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fattori interni sono le «sette emotività»: gioia eccessiva, collera, tristezza, oppressione, preoccupazioni, paura e spavento. In italiano sono sostantivi indicanti uno stato d’animo, in cinese individuano turbe organiche specifiche. Ciascuna di queste passioni, se perdura ne tempo, induce squilibri prima a livello psichico e subito dopo a livello organico, come vedremo nel prossimo capitolo. I fattori esterni sono di solito correlati a malattie acute, ma temporanee, quelli interni a malattie croniche.

L’UOMO COSMICO

La valenza psichica

degli organi: gli Shen

La vita è un movimento continuo di Soffi essenziali che vivono tra i condizionamenti di una natura umana par-ticolare e di un destino particolare e che attualizzano nell'«io» il movimento hic et nunc dell’Universo. I Cin-que organi, mediatori degli influssi cosmici, sono consi-derati dai Cinesi la parte nobile dell’uomo. Non è a caso che anche lo studio delle istanze psichiche e della strut-tura personologica dell’individuo abbia la sua radice a questo livello. I Cinque organi, infatti, possono essere visti come Cinque funzioni spirituali e psichiche, chia-mate generalmente Shen,: Spiriti, che sono l’animazione nascosta di ciascun organo e dell’uomo nel suo comples-so, in quanto sintesi di istanze del Cielo e della Terra che lo formano e lo portano nel suo entrare e rimanere nella vita. Queste istanze psichiche, queste funzioni spirituali non possono essere disgiunte dall’aspetto fisico e fisiologico degli organi stessi. Una espressione antica, jing Shen, dice bene che gli Spiriti, Shen, hanno un legame perfettamente operante con le essenze, jing. Jing Shen è lo Spirito vitale, la vitalità umana.

Un organo non sarebbe ciò che è se il suo sviluppo non seguisse un piano che ha un codice di lettura iscritto nella materialità della sua forma (xing) e, nelle dinami-che specifiche degli Shen che lo abitano. L’esito finale di questo processo è una entità totalmente diversa, che difficilmente può essere definita in termini occidentali. Sia che la si definisca psicosomatica oppure somatopsichica, non si riesce tuttavia a inquadrarla

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completamente, perché la nostra cultura moderna, postulando la giustapposizione tra psiche e soma, difficilmente riesce a cogliere una entità organi-camente costruita di «sangue e Soffi». Vita fisica, vita psichica e vita spirituale sono unite nella concezione dell’uomo sottesa alla Medicina Tradizionale Cinese.

Secondo la Tradizione medica (cfr. SW, cap. 23), il Cuore è la sede di entità superiori, ad esso subordinate, che sono gli Spiriti celesti (Shen propriamente detti); il Fegato degli Hun, il Polmone dei Po la Milza e i Reni di due modalità espres-sive del Cuore, il Proposito (yi) ed il volere (zhi). Queste funzioni mentali che dirigono il comportamento dell’indi-viduo e da cui dipende il buon funzionamento degli organi e dei visceri sono state anche chiamate «anime vegetative», perché permettono e mantengono la vita fisica.

Grazie alla corrispondenza dei Cinque organi, considerati nella loro fisiologia e nel loro dinamismo spirituale, l’uomo si unisce intimamente al movimento misterioso dell’universo che è lo sviluppo senza limiti e senza pausa dell’eterno congiungersi del Cielo e della Terra. L’uomo, custodendo nel suo intimo i propri Shen che costituiscono la sua origine celeste, e issandosi nella sua radice terrestre, è in grado di portare a termine i giorni donatigli dal destino. L’arbitro di questa doppia posizione, dell’uomo relazionato all’universo e delle potenze spirituali alle realtà organiche, è il sovrano dei Cinque visceri, il Cuore.

Il Cuore: un sovrano

L‘immagine del sovrano è un altro saggio della correlazione dell’uomo con l’universo e con il corpo sociale in cui è

inserito. Nelle varie culture, la mistica del capo presiede ai destini dei diversi gruppi. Il vero nome del capo è quello di sovrano. Nell’universo vi è un sovrano: il Tao; nell’Impero: l'Imperatore; nella famiglia: il padre e gli antenati; nell’individuo: il Cuore.

Il ruolo fondamentale che ha il Cuore nella Medicina Tradizionale Cinese dipende dal fatto che è sede degli Shen13. Al momento del concepimento gli Shen vengono ad animare l’embrione. Essi sono l’aspetto celeste nell’uomo. Sono gli operatori di tutti i meccanismi della vita e, per raggiungere la longevità, l’uomo deve custo-dirli all’interno del corpo. «Il Cuore è il sovrano dei Cinque zang (organi) e dei Sei fu (visceri), la residenza degli Shen (Spiriti). Se questo organo è robusto e solido, i Soffi perversi non riescono a penetrare. Se vi penetra-no, il Cuore viene colpito e se il Cuore è colpito gli Shen se ne vanno; se gli Shen se ne vanno, si ha la morte» (Zang Jiebin).

Il Cuore, simbolo della vita, è il muscolo rosso che tutti conosciamo, ma è soprattutto la funzione morale di intelligenza e di volontà. In lui si concentrano e si unificano gli influssi più puri che circolano nell’uomo.

E’ a conoscenza di tutto ciò che avviene nel corpo uma-no e per questo è sovrano di tutti gli organi e i visceri. Questa conoscenza può essere chiamata coscienza cor-porale immediata, capace di sentire e avvertire lo stato del momento, proprio come il sovrano che in ogni istante percepisce lo stato del suo popolo. Solo grazie al Cuore gli Shen sono presenti negli altri organi, così come il sovrano è presente nell’operato e tramite l'operato dei suoi ministri.

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Come vedremo in seguito, i taoisti, sottolineando l’im-portanza di questo concetto, arrivano a formulare l’«Arte del cuore» come capacità di restituire al Cuore il suo ruolo di sovrano e permettergli di regnare sull’individuo e il «Vuoto del cuore» come mezzo perché questa singolare porzione dello spirito del Cielo che è lo spirito dell’uomo lo animi e diriga le sue azioni. Se il Cuore è vuoto, tranquillo, silen-zioso, gli Shen vi dimorano volentieri. Qualunque sia la violenza delle sollecitazioni esterne, essi restano tranquilli nel Cuore. Se il Cuore è preso, in tumulto, in preda alle passioni, gli Shen si spaventano e si disperdono, lasciando l’uomo squilibrato o folle. A questo si espone chi non sa mantenere, grazie al raccoglimento, l’unità vivente di ciò che costituisce l’uomo. L’assorbimento dei sensi in ciò che per loro è fonte di piacere è l’occasione offerta agli Spiriti per andarsene dal corpo. Chi vorrà conservarli deve chiudere le porte dei sensi. Confuciani e taoisti concordano su questo primo principio della vita spirituale. «In questo studio (Cuore), dove non vi sono persone (Vuoto) accorrono e si installano i messaggeri della felicità (Spiriti)» (ZZ, cap. 4). Anche per i Cinesi la felicità non è un'idea, ma una presenza. Se il Cuore, signore dei Cinque organi, è vuoto, il ventre ricettacolo dei Soffi è pieno e l’uomo è in salute, in armonia con sé e con ciò che lo circonda.

Lao zi diceva: «I Santi vuotavano i Cuori e riempivano i ventri. Piegavano la volontà e rendevano dure le ossa» ( Tao, cap. 3). I1 Cuore vuoto deve poter ricevere tutto; il ventre pieno è pieno di Soffi. Il Cuore vuoto è per eccellenza il Cuore; il ventre pieno di Soffi è per eccellenza il Ventre. Quando il cuore è orientato verso un fine si ha il volere.

Il primo volere di un uomo sano è il voler vivere. Ad ogni parte dell’uomo ciò che è conveniente: il vuoto al Cuore, la pienezza dei Soffi al ventre, l’agilità alla volontà, la resistenza alle ossa. Rendere dure le ossa è il principio della

forza.

Hun e Po

Come altri popoli, i Cinesi ritengono che l’uomo sia animato da due entità: gli Hun, di origine celeste, e i Po, di origine terrestre. Gli Hun, detti anime spirituali, assi-curano l’animazione superiore dell’uomo e alla morte fanno ritorno al Cielo e si uniscono alla schiera degli an-tenati. I Po, detti anime corporali, sono responsabili del-la vita vegetativa dell’uomo e alla morte si dissolvono e tornano alla Terra da cui sono usciti. Se il processo della loro separazione non avviene perfettamente, queste ani-me sono condannate ad errare. Da qui l’importanza dei riti al momento della morte, prima e dopo il funerale. Gli ideogrammi Hun e Po , sono composti da un radicale comune che significa Spiriti . Il carattere Hun ha inoltre sulla sinistra la grafia delle nubi , che stanno ad indicare il loro aspetto etereo e più yang. Il carattere Po ha sulla sinistra un radicale che significa biancore , come il biancore del metallo o delle ossa.

Secondo la teoria dei Cinque elementi, il bianco corri-sponde all’autunno, all’ovest, al metallo, al Polmone che è la sede dei Po. Questi sono yin, come le essenze di base (jing), in quanto strettamente legati alla Terra.

Gli Hun sono una personificazione degli Shen, gli Spiriti del Cielo. Tradizionalmente sono tre - Tre indica la composi-zione della gerarchia e l'armonia dei Soffi - e rappresentano una serie di schemi legati alla produzione di immagini e alla progettazione. Per mezzo di questo

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codice innato, l’uomo ha la capacità di suscitare in sé immagini che gli permettono di fare progetti, di ricordare per immagini, di sognare. Gli Hun sono generalmente alloggiati nel Fegato, perché il loro slancio etereo e la loro natura yang che tende al Cielo trovano una stabilità nell’ab-bondanza di sangue (yin) che caratterizza la struttura del Fegato. Sangue e Hun sono gli aspetti yin e yang del Fegato.

Nell’uomo globalmente considerato, gli Shen, che hanno la loro sede nel Cuore, sono ciò che attivano e conservano l’animazione; gli Hun, che hanno la loro sede nel Fegato, rappresentano gli effetti della sua potenza yang con le sue funzioni di spinta, proiezione e messa in moto di tutti i meccanismi. I Po costituiscono l’energia che serve per mantenere questi processi vitali; costituiscono il fattore energetico di base. I Po sono respon-sabili dei nostri movimenti vitali, delle sensazioni, degli istinti. Tutto ciò che è corporale, che dipende dai sensi, è di loro pertinenza.

«Quando il corpo di un bambino inizia a formarsi, l'anima che gli dona la forma si chiama Po. Quando quest'anima gli ha dato la forma, l'anima spirituale, chiamata Hun, sopraggiunge»14. Alla morte essi ritorneranno alla Terra. È per questo che, nella ricerca di una complementarità stabilizzatrice, sono alloggiati nel Polmone, ministro dei Soffi eterei della respirazione (yang). I Soffi del Polmone danno ai Po il dinamismo necessario per svolgere la loro attività in tutto l’organismo. Po e Soffi sono gli aspetti complementari, yin e yang, del Polmone.

Secondo la tradizione i Po sono sette: Sette per garantire che i Soffi interni non escano all’esterno attraverso i Sette orifizi. L’uomo possiede quattro sensi - il quinto, la pelle, è consi-derato a parte - i cui orifizi in numero di sette sono situati nel capo. Sette per dominare le Sette passioni che, come vedremo in seguito, possono pervertire i Soffi,

attaccare gli organi ed essere così causa di malattie.

Al momento della morte di una persona, a seconda delle sue credenze, un prete taoista o buddhista insieme ai fa-miliari recita preghiere e celebra riti per il riposo delle anime Hun. Si veglia, invece, fino al momento del fune-rale, perché le anime Po restino all’interno del corpo si no alla sua completa disgregazione. A questo scopo si prendono anche delle precauzioni: gli orifizi vengono chiusi con delle pietre di giada, il corpo del defunto vie-ne avvolto in molti vestiti e lo stesso sarcofago viene più volte fasciato con panni. Al momento del corteo funebre si vigila per allontanare gli spiriti vaganti che potrebbero voler approfittare di un corpo disponibile per abitarlo. È questa la ragione della presenza dei suonatori di tromba o dei flautisti davanti alle tombe i quali, con il suono, tengono lontani questi spiriti o della presenza di cani di stoffa che, come falso bersaglio, richia-mano gli spiriti al loro interno per impedire che penetrino nel corpo del defunto. La prima sepoltura è per lo più provvisoria. Il costume di una seconda sepoltura, che sussiste ancora, attesta la credenza secondo cui per l’interramento definitivo bisogna aspettare che le ossa siano comple-tamente prive di carne, perché questo è il segno che ogni vitalità si è esaurita e che le anime Po hanno fatto correttamente ritorno alla terra. Spesso dopo la prima sepoltura le ossa vengono riesumate e pulite dalla carne restante con spazzole di ferro: è un modo per esercitare la pietà verso i parenti, per farli riposare in pace. Un ter-zo ordine di precauzioni è preso predisponendo una ta-voletta che abbia inciso il nome del defunto. Essa viene consacrata mediante un rito che consiste nel mettere un punto rosso dopo il nome, per rendere effettiva la sua morte ed il ritorno di ciascuna delle sue parti al Cielo e alla Terra. Questa tavoletta è conservata tra le pareti do-mestiche, dove avviene il vero culto dei morti.

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Proposito e volere

Un lettore che non abbia familiarità con la cultura e la terminologia cinese proverà un certo impaccio vedendo come si concatenano realtà conosciute, come Milza e Reni, a certe identità meno facili da definire come il proposito e il volere. Ma, addentrandosi nel discorso, dovrà capire che il nostro modo di pensare occidentale ha molto da imparare in questo sforzo di far dipendere le qualità del nostro psichismo dallo stato degli organi. Il successo di certe terapeutiche cinesi deriva dal carattere rigorosamente psicosomatico dell'analisi della vita umana praticata in Cina.

Proposito e volere sono strettamente legati al Cuore. Essi formano l’asse centrale della persona, collegando i tre componenti (Reni, Milza, Cuore) della sua organizzazione fisica. Se questo asse è profondamente ancorato al volere dei Reni, correttamente stabilizzato dal proposito della Milza e ben illuminato dagli Spiriti del Cuore, i colpi più duri della vita verranno ammortiz-zati, le disgrazie più temibili non potranno sconvolgere l’uomo. Proposito e volere congiuntamente mantengono l’uomo lungo l'asse della sua vita e lo orientano secondo il suo Cuore. Quando il Cuore, in preda a passioni o a stimo-li esterni eccessivi, si fuorvia, proposito e volere si dissociano e si disorganizzano: turbamento e disordini emotivi sconvolgono la persona.

Il proposito, yi, ha sede nella Milza, che secondo la legge dei Cinque movimenti corrisponde al Centro, alla Terra. Essa è il luogo in cui tutto è accettato per essere trasformato ed essere distribuito sotto un nuova forma: i cibi rielaborati diventeranno Soffi raffinati. Essa modella le forme: le forme del corpo che sono le carni, la forma della mente che è il

pensiero. Il pensiero considerato e rielaborato dal Cuore, che ne giudica la giustezza, diviene proposito.

«Quando il proposito diviene permanente si parla di vo-lere» (LS, cap. 8). All’azione della Milza che si esprime nel pro-posito, si aggiunge la potenza dei Reni. I Reni hanno la possibilità di stabilizzare ciò che viene deciso e di spingere l’organismo a realizzare qualcosa. L'orienta-mento, già presente nel proposito, si afferma e diventa una direttiva.

A partire dalla volontà si ha una cascata di effetti il pen-siero che si trasforma in riflessione, che si trasforma in proposito, che tramite deliberazioni e decisioni porta al «saper-fare». Il saper-fare è l’esito di un processo che ha le sue radici nel Cuore. Il saper-fare per i Cinesi è saper mantenere la propria vita, conoscere le regole della propria natura, del proprio organismo e della propria psicologia e rispettarle, evitare sperperi e dispersioni di Soffi, mantenersi in armonia all’interno come all'esterno con tutto ciò che esiste.

Ma il volere fondamentale di ogni essere vivente è il vo-ler vivere, che segue la ripartizione in cinque del movi-mento vitale. Nella Tradizione classica si designa con Cinque voleri l’insieme di cinque attività proprie ad ogni organo, che chiamiamo emozioni o sentimenti ma che in realtà sono potenti manifestazioni della vita: collera legata al Fegato, allegria legata al Cuore, preoccupa-zione legata alla Milza, tristezza legata al Polmone, pau-ra legata ai Reni. Prima di essere nocivo a causa di eccessi o squilibri, un sentimento è l’espressione intima della tensione propria di uno zang. I Cinque voleri sono espressione a livello dei sentimenti, delle istanze che si occupano della vitalità e del mantenimento di essa in ogni organo.

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Il Cuore egli organi minacciatidagli eccessi delle passioni

Le emozioni, i sentimenti, le passioni, se sono troppo intensi o se sono provati per periodi di tempo troppo lunghi, portano ad una alterazione dei principi vitali e minano la salute: sono quelle che in precedenza abbiamo definito le principali cause interne di malattia, in contrapposizione alle cause esterne.

A seconda dei periodi storici, la conoscenza medica cinese ha considerato diversi tipi di emozioni e, a seconda che si insista più sull'aspetto organico o sull'aspetto morale, sono state indicate con ideogrammi leggermente

differenti. Antecedentemente al Lingshu le passioni erano cinque, ciascuna correlata ad un organo: la collera porta attacco al Fegato, l'allegria al Cuore, le preoccupazioni alla Milza, la tristezza al Polmone, la paura ai Reni. Nel capitolo 8 del Lingshu sono trattati anche l'oppressione che blocca tutte le circolazioni ed il terrore, lo stato di shock, che porta attacco alle essenze. Quando sono enumerate cinque passioni, è perché si vuole ricercare la corrispondenza con la teoria dei Cinque elementi e con i Cinque organi. Quando se ne enumerano sette è perché le si mette in corrispondenza con i Sette orifizi. La correlazione emozione/organo è complessa e non va interpretata in modo troppo rigido. Inoltre le emozioni portano tutte attacco al Cuore, perché, come abbiamo visto, il Cuore è il sovrano, è la residenza degli Shen, della mente che ha coscienza di sé. L'importanza attribuita al Cuore è dimostrata dall'ideogramma con cui vengono designate le passioni, una cui parte è formata dal radicale del Cuore.

Mentre è chiaro come tutte queste emozioni possano provocare malattie, potrebbe non esserlo per l’allegria. Del resto anche per i Cinesi l’assenza di gioia è spesso il primo sintomo di un attacco che non si è ancora riper-cosso in modo esplicito a livello organico. Perché dun-que l'allegria e la gioia possono essere causa di malattie? Per i Cinesi possono esserlo in due occasioni: quando sono improv-vise e quando stanno ad indicare una vita di eccessi, anche se piacevole. L’eccesso di gioia e allegria, che può condurre all'eccitazione senza limiti, è contraria alla filosofia taoista, che consigliava moderazione non solo nella dieta e nell'attività sessuale, ma anche nell'eccesso di desiderio. Infatti sotto l'impulso della gioia le forze della vita, le essenze ed i Soffi, sono spinte fuori dal corpo: l’interno si svuota e si ha dispersione verso l'esterno. L’incoscienza che deriva dalla gioia fa perdere ogni nozione di pericolo o di semplice ritegno, vi è solo vana dissipazione.

L’attacco delle passioni è diretto sia all’organo sia a ciò che anima ciascun organo, quindi agli Shen, agli Hun, ai Po, al proposito, al volere. Ci saranno disturbi psichici accompagnati da sintomi fisici, dovuti a disordini nella distribuzione corretta dei Soffi, perché per i Cinesi non vi è nulla che non si verifichi all’interno che non venga a manifestarsi all’esterno. L’effetto patologico che le passioni provocano nella circolazione dei Soffi è descritto nel Suwen al capitolo 39: «L’imperatore domandò: ‘Vorrei sapere da quali Soffi sono prodotte le cento malattie’. Quando vi è collera i Soffi salgono. Quando vi è allegria i Soffi si rilasciano. Quando vi è tristezza i Soffi scompaiono. Quando vi è paura i Soffi discendono. Quando vi è sussulto per lo spavento i Soffi si confondono. Quando vi è pensiero ossessivo e preoccupazione i Soffi si annodano».

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Tutti i libri di medicina cinese enfatizzano gli squilibri del qi, dei Soffi, nelle turbe emozionali e la necessità di inter-venire immediatamente nella cura per non creare situazioni croniche, che possono portare a morte prematura. Non è nostro compito dimostrare nel dettaglio come le passioni portino attacco agli organi; facciamo solo un esempio per cercare di chiarire il processo.

La collera porta attacco al Fegato. A seconda che la persona la manifesti o no, essa produce secondo la Medicina Tradi-zionale Cinese effetti differenti sull’organismo. La collera trattenuta provoca sintomi da stagnazione, in quanto il Fegato non è più in grado di dare il giusto slancio alla circolazione del sangue e dei Soffi perché raggiungano le estremità del corpo. Psichicamente sembrerebbe che il paziente soffra di esaurimento, con depressione e con tutti i sintomi che questa patologia provoca, ma ad un esame più attento, soprattutto del polso e della lingua, ci si accorgerà che le caratteristiche del quadro clinico sono da eccesso e non da deficit, e quindi collegate alla collera. La collera che monta e che si manifesta è un processo violento che vuota lo yin; lo yang in eccesso spinge tutto verso l’alto e all’esterno. Si determina, così, una salita patologica di Soffi con sintomi alla parte superiore della testa: mal di testa, giramenti, ronzii all’orecchio, macchie rosse sul collo, viso paonazzo. Psichicamente viene meno la lucidità e la capacità di giudizio. Il Fegato, generale delle armate, capace di analizzare le situazioni e di progettare i piani, in preda alla collera, marcerà sul nemico senza rispettare ciò che aveva deciso a tavolino e darà ordini insensati, manifestazione del suo disordine interiore. La collera è legata al Fegato, ma essa porta attacco anche ai Reni. Secondo la legge Sheng dei Cinque elementi (vedi fig. 4), Reni e Fegato sono madre e figlio e i loro Soffi sono in reciproca comunicazione. «Quando i Reni sono in preda ad una collera che gonfia senza potersi fermare, si produce un attacco al volere. Una volta che il volere è colpito non ci si può neppure ricordare

di ciò che si è appena detto; i lombi e la spina dorsale non possono chinarsi né avanti, né indietro, né piegarsi, né raddrizzarsi. I peli si spezzano e si hanno tutti i segni di una morte prematura. Si muore alla fine dell’estate» (LS, cap. 8).

La collera che gonfia indica un processo di qualcosa che si autoalimenta sino alla distruzione e porta attacco al volere che, come abbiamo visto, è l’istanza specifica dei Reni. La collera violenta conduce sangue e Soffi in con-trocorrente verso l’alto, creando un vuoto in basso. Que-sto movimento produce una pressione sui visceri che in-contra Milza e Stomaco, Cuore e Polmoni. La Milza è deputata a far emergere gli elementi memorizzati e i Reni sono la sede dove risiede la volontà di ricordare, di rendere presente. La perdita della memoria è molto temuta dai Cinesi. La ritengono, infatti, sviamento interiore, in quanto i propri punti di riferimento non vengono più riconosciuti; una persona si sviluppa per la fedeltà alla propria memoria e per desiderio e volere di farla vivere. Ricordiamo che, secondo la Medicina Tradizionale Cinese, i Reni sono responsabili della solidità dell’ossatura e presiedono anche al funziona-mento del midollo osseo e quindi ai meccanismi dell’ematopoiesi. Gli effetti di indebolimento dei Reni si ripercuotono perciò sulle ossa e in modo particolare sulle zone di comando, sulla regione lombare e in generale su tutta la spina dorsale. Se i Reni si svuotano di Soffi, le loro essenze non possono più nutrire il midollo e le ossa; si perdono, quindi, agilità e capacità di movimento. Si muore alla fine dell’estate, periodo tra l’estate e l’autunno, stagione che per la legge dei Cinque movimenti è legata all’elemento Terra. Il Movimento Acqua, legato ai Reni, indebolitosi teme la Terra, legata alla Milza, che diventa vittoriosa (ciclo di iperdomi-nazione Cheng; vedi fig. 6). Le difficoltà di passaggio dalla stagione yang alla stagione yin a causa del calore

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eccessivo provocato dalla collera diventano insormonta-bili e sopraggiunge la morte. È indicata la stagione della morte ma non il numero di anni che passeranno prima che sopraggiunga. In ogni caso si avrà una morte prematura, dovuta al pervertimento del movimento regolare dei Soffi.

Il mantenimento degli organi

Secondo la Tradizione cinese vi sono metodi differenti per mantenere gli organi in buona salute e preservare l’equilibrio armonioso tra le varie componenti dell’organismo. In primo luogo semplici precetti dietetici, norme preventive e terapeutiche che consentono, grazie ad una nutrizione consona alla stagione, di prevenire l’instaurarsi di malattie. Secondo la legge dei Cinque elementi ad ogni organo corrisponde un sapore, in grado di nutrirlo e rinforzarlo: l’acido al Fegato, l’amaro al Cuore, il dolce alla Milza, il piccante al Polmone, il salato ai Reni. A seconda della stagione è opportuno assumere o evitare alcuni alimenti che sono utili o dannosi all’organo corrispondente. Ad esempio, la primavera è la stagione del Fegato, che è sottoposto in questo periodo a grande attività. Per tonificarlo occorre assumere alimenti acidi15. In secondo luogo, come vedremo nel prossimo capitolo, la filosofia taoista, tramite l’Arte del cuore, il Vuoto del cuore, il saper-fare, insegna a mantenersi tranquilli e sereni e ad allontanare le passioni che, portando attacco agli organi, sono causa di malattia. In terzo luogo la cultura cinese per conservare gli organi ha sviluppato numerose tecniche di longevità: meditazione, contempla-zione, visualizzazione degli organi; pratiche di igiene come la respirazione; vari tipi di ginnastica come il Dao yin, il Tai ji quan, il Qi gong, il Gong fu; pratiche sociali e rituali; l’esercizio delle arti come la calligrafia, la musica e la poesia. Il fine ultimo di tutte queste tecniche è quello di

prolungare la vita, «fissando le anime spirituali (Hun) sulle carnali (Po)» (Tao, cap. 10), cioè di aiutare le istanze che animano i Cinque organi. In modo partico-lare la meditazione, grazie alla potenza del pensiero, è in grado di rendere tranquilli gli organi e di mantenere all’interno gli Spiriti o di farli ritornare qualora si siano allontanati. Le tecniche di visualizzazione, pratiche del taoismo religioso, consistono nel conoscere il nome segreto del viscere, nel richiamare alla mente la sua forma, lo spirito che vi abita, che spesso si presenta sotto forma di animale o di ragazzo vestito del colore corrispondente alla stagione. Ad esempio, il Fegato è rappresentato come una zucca, il suo Spirito ha la forma di un drago (emblema dell’est) verde (colore della primavera, stagione legata al Fegato), oppure di un ra-gazzo di giada. Nei testi taoisti si trovano inoltre docu-mentati numerosi esercizi di respirazione, in quanto ad ogni organo è legato un «Soffio» particolare e un modo preciso per emettere il Soffio.

Per quel che riguarda le modalità di intervento, secondo la teoria dei Cinque elementi si può agire sugli organi in modo diretto, cioè sull’organo della stagione in corso, o in modo indiretto, cioè nutrendo l’organo che deve do-minare quello che potrebbe attaccare l’organo della sta-gione in atto; un esempio: in inverno si possono o nutri -re i Reni direttamente o nutrire il Fegato, il quale neutra -lizzi la Milza che potrebbe portare attacco ai Reni.

IL RAPPORTO DELL'UOMO

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CON IL DESTINO

Il ritorno all'Uno e l'immortalità

Abbiamo visto come il pensiero cinese dei primi secoli a.C. abbia descritto la genesi del cosmo come un processo di divisione e specificazione in cui l’Unità primigenia spontaneamente dà vita alla complessità sempre maggiore delle sue manifestazioni. La letteratura classica considera le tappe dello sviluppo dell’universo come una sorta di re-gressione, un allontanamento dalla perfezione che si situa nell’origine indifferenziata, vuota, silenziosa: il Tao, inizio, sostegno e termine di tutto ciò che vive tra Cielo e Terra. Compito dell’uomo è fare ritorno a ciò che l’ha generato, alla fase primigenia del Senza Forma. Secondo la filosofia taoista, il rapporto ed il ritorno all’Uno appartiene alla natura propria di ciascuno e determina il suo valore come persona. L’uomo che raggiunge il Tao non è niente altro che l’uomo vero, l’uomo che vive la verità di sé. Mentre l’uomo comune cerca la propria realizzazione nell’affermazione di sé, nel fare, i maestri taoisti spingono i loro discepoli a conquistare l’«essere», l’agire conforme al Cielo/Terra. Quando l’uomo vero raggiunge l’unità originale non agisce più direttamente, ma lascia che la natura segua il suo corso, perché la volontà del saggio si identifica completamente con

l'ordine del Tao.

«Il Cielo/Terra non vive per se stesso e così sussiste eternamente. I Santi incuranti della loro vita si mantene-vano pieni di vita. La loro abnegazione realizzava la loro perfezione» (Tao, cap. 7).

Il Tao, nel Cielo/Terra, doppia origine dell’uomo, è il centro nel quale egli vive, il luogo a cui farà ritorno, il modello che gli è dato perché, imitandolo, giunga alla pienezza dei suoi giorni. Giorni nello stesso tempo com-pleti, stabili, pieni di vitalità. Vi è per i taoisti una virtù, una disposizione interiore, una capacità di elevarsi spiri -tualmente che ci viene donata alla nascita e che l’educa-zione può affinare. Infatti, ogni uomo ha inscritto nella sua natura e nel suo destino, sotto modalità che solo lui può scoprire, quella cosa che non si insegna: l'arte di di-venire e di ridivenire se stessi indefinitamente.

Per l’ideale confuciano i talenti e le virtù personali sono il fondamento dell’azione efficace. La Virtù taoista non contraddice questo, ma richiama l’efficacia stessa della Via che porta alla Grande conoscenza che conduce all’Uno. Con continue meditazioni e duri esercizi i seguaci del taoismo cercano di superare la distinzione tra fisico e metafisico e ricercano la Via, per trovare «le porte delle meraviglie» (Tao, cap. 1), l’unità con l’universo. Il cammino ascetico di ritorno all’Uno conosce vari livelli di distacco dalle persone e dalle cose: dalla capacità di «fare il Vuoto», all’«Arte del cuore», al non-agire, che è il vero saper-fare taoista. In questo modo si diventa «Santi» e si raggiunge la longevità, che consiste nel portare a termine i giorni donati a ciascuno dal destino con un sano intrattenimento del principio vitale. La medicina e il medico «santo» aiutano l'uomo in questo suo arduo

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compito.

Pure il concetto di immortalità taoista, che spesso si incontra nella letteratura classica, dipende proprio dalla capacità dell’uomo di ritornare in seno a quell’Uno che è eterno. «Ma dopo la morte gli spiriti sottili e leggeri tornano al Cielo e il corpo con le ossa alla sua radice terrestre, come potrebbe l'uomo sussistere?» (HZ, cap. 7). Siamo tutti condannati a morire. Che cosa significa, allora, questa ostinazione di tutti i maestri taoisti a predicare una ascesi che conduce a superare l’alternanza vita-morte? Quale è dunque la ragione di questo formidabile culto degli antenati, sul quale, come propone Leon Vandermeersch, bisognerebbe far riposare la civiltà cinese? Tutta la Tradizione risponde con immenso clamore: «Lo Spirito della Vallata non muore», o ancora: «La Potenza che fa vivere non muore» (cfr. Tao, capp. 6-7). Ora è dato al Santo, all’iniziato, di schiudersi al mistero della vita che lo percorre, di unirsi a ciò che dimora per sempre.

Resta da domandarsi, beninteso, ciò che può essere l’io di un Santo spogliato dal sé grazie al suo sforzo ascetico. Lo scopo dell’ascesi taoista, ma anche confuciana, è di far si che questo individuo che io sono, spogliato dalle contingenze e dalle accidentalità, divenga l’uomo supremo, lo Zhen Ren, il Santo che, avendo abbandonato ogni preoccupazione di affermazioni e di meriti, è ormai «spogliato di sé». Si obietterà che un uomo senza sé non è più uomo. La tradizione risponde: un uomo spogliato di sé è compagno del Tao. È così che la cultura cinese tenta un’ardita conciliazione tra psicologia e mistica.

Il concetto di Vuoto

Per parlare dei passaggi che conducono alla santità biso-gna introdurre e soffermarsi sul concetto di Vuoto. In-fatti per la filosofia taoista il Vuoto è la «chiave» che permette l’accesso ad una comprensione e ad una saggezza che incarnano l'arte di vivere, fondata sui principi di Vuoto del cuore e non-agire.

Il concetto di vuoto in Occidente dà adito a poche ri-flessioni: il vuoto è vuoto ed è talora assimilabile al nulla. Nel pensiero cinese è, invece, una nozione essenziale. Il Vuoto è la sede della vita; è un elemento dinamico, condizione senza la quale non si opera alcuna trasformazione. La stessa Pienezza, intesa come realizzazione e compiutezza, non può verificarsi senza il Vuoto, che ne consente lo sviluppo e il dispiegarsi, permettendo agli elementi che compongono un sistema di trasformarsi e di ricomporsi in unità.

Il Vuoto ha quindi un valore funzionale. A livello onto-logico, fisico, psichico e spirituale, permette un processo di interiorizzazione e di trasformazione grazie al quale ogni elemento, ogni essere, raggiunge se stesso e coglie il suo Altro da sé.

«Il Tao ha per origine il Vuoto. Dal Vuoto è nato il co-smo da cui emana il Soffio vitale» (ZZ, cap. 3). Se il Tao ha per origine il Vuoto, per animare i Diecimila esseri è necessario il Vuoto da cui procedono il Soffio primor-diale e gli altri Soffi vitali. La vita stessa avviene nel Vuoto mediano, spazio tra Cielo e Terra dove si operano gli scambi dei Soffi.

Anche lo yin e lo yang, per esprimere la loro dinamicità, hanno bisogno del Vuoto. Le coppie yin/yang e Pie-no/Vuoto sono sempre correlate. Nel Libro dei

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Mutamenti, dove non si parla ancora di yin/yang, il tratto pieno (──). simboleggia lo yang, mentre il tratto spezzato, che presenta un vuoto tra due linee (─ ─), simboleggia lo yin. In seno al sistema binario yin/yang, il Vuoto costituisce il terzo termine, che è nello stesso tempo separazione, luogo dove avviene la trasforma-zione, ricongiungimento in unità. Il Vuoto è quindi il punto nodale tessuto di virtuale e di divenire dove si incontrano la mancanza e la pienezza, il sé e l'Altro da sé. Dalla vita quotidiana sono tratte alcune delle immagini più comprensibili e compiute del Vuoto:

«Trenta raggi si congiungono ad un mozzo unicoQuesto vuoto nel carro permette l’uso Con una zolla d’argilla si dà forma ad un vaso Questo vuoto nel vaso permette l’usoSi dispongono le porte e le finestre per una stanza Questo vuoto nella stanza permette l'uso L’avere permette il vantaggio Il non-avere permette l’uso» (Tao, cap. 11).

Ancora di più nell’uomo, grazie al Vuoto e allo scorrere dei Soffi nel Vuoto, la vita opera i suoi scambi. Ovunque, in Cielo, in Terra, nell’uomo, il Pieno costituisce il visibile, ma il Vuoto permette l’uso.

Il concetto di Vuoto è tipico della cultura cinese ed è impiegato in tutte le forme di arte: dalla musica dove viene espresso con silenzi e note sincopate, alla poesia dove vengono utilizzate parole-vuote, alla pittura dove questo concetto è reso «visibile». In alcune opere dei più grandi artisti cinesi lo spazio non dipinto può occupare anche i due

terzi della tela. Ricordiamo che per i Cinesi la pittura e l’arte in generale non sono prima di tutto un fatto estetico, ma il tentativo di creare un microcosmo ad immagine del macrocosmo. Se l’universo procede dal Soffio Primordiale e si mantiene per lo scambio dei Soffi vitali, bisogna che gli stessi Soffi animino l’opera d’arte. Nella pittura come nell’universo come nel corpo, senza il Vuoto i Soffi non potrebbero circolare e l’alternanza yin/yang non potrebbe accadere.

La rappresentazione simbolica del Vuoto è la Vallata, incavo vuoto che fa nascere e nutre tutte le cose; portando tutte le cose nel suo seno, non si esaurisce mai. «Lo Spirito della Vallata vive per sempre; qui si parla della Femmina misteriosa. La Femmina misteriosa ha un’apertura da cui escono Cielo e Terra. L’impercet-tibile filo fila indefinitamente; vi si attinge senza mai esaurirlo» (Tao, cap. 6).

Lo Spirito che scende nella Vallata non sono altro che i Soffi. Spirito e Vallata si uniscono: è la vita. «La Grande Vallata è il luogo dove si versa senza mai riempire e dove si attinge senza mai esaurire» (ZZ, cap. 2).

Vi sono vari termini che designano, con sfumature di-verse, la parola Vuoto: xu, chong, kong. Il termine più comune-mente usato in medicina è l’ideogramma xu , che indica una collina deserta, un altipiano dove i Soffi circolano liberamente e con regolarità. Sappiamo che per i Cinesi la buona salute è uno stato di perfetto silenzio dove non vengono percepite anomalie: solo quando si presentano le malattie ci si accorge che qual-cosa non funziona come dovrebbe. Nel Vuoto i Soffi so-no così equilibrati, così armonizzati che è come se non ci fossero: i Soffi perfetti non fanno rumore. L'ideogramma xu è accoppiato all’ideogram-ma shi ,

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che designa la Pienezza. Indica, infatti, qualcosa che fruttifica e raggiunge la maturità, come il seme che produrrà il frutto. Shi è ciò che è pieno, ma in quanto reale e vero; vero è ciò che ha raggiunto la sua realizzazione, la sua Pienezza.

Se l’uomo non è capace di mantenere psicologicamente, spiritualmente e anche fisicamente questo vuoto dentro di sé, vuoto e pienezza possono diventare stati patologici. Nei testi medici il termine xu, Vuoto, indica stati di debolezza o di scompenso che favoriscono l’ingresso dei Soffi perversi e shi indica qualcosa che è troppo pieno, cioè in eccesso. Il medico dovrà, con gli strumenti più adatti, nel primo caso tonificare e nel secondo disperdere. Un altro concetto che si avvicina al concetto di Vuoto e che spesso viene tradotto in Occidente con questa parola è wu , propriamente: «che ha perduto la forma», quindi senza forma, invisibile, incorporeo. Con approssimazione è stato anche tradotto con non-avere, ed è accoppiato al termine you , avere, che per analogia significa «che ha una forma», corporeo, visibile. «All’origine vi è il Nulla (wu); il Nulla non ha nome. Dal Nulla è nato l’Uno; l’Uno non ha forme» (ZZ, cap. 2). «Chi ha produce i Diecimila esseri, ma chi ha è pro-dotto da chi non ha» (Tao, cap. 40). La vita è assumere una forma visibile e morire è perdere questa forma; si esce alla vita e si rientra alla morte; uscire è nascere e rientrare è morire (cfr. Tao, cap. 50). Prima di essere chiamati alla vita gli esseri fanno parte dell’Uno in modo invisibile. Dopo la morte si ha il ritorno all’Uno, all’invisibile. Il prima è Senza Forma e il dopo è ancora Senza Forma. Durante la vita, visibile e invisibile sono strettamente legati, meglio: compenetrati. Il visibile è la mani-festazione dell’invisibile; l’invisibile è la radice del visibile. Pensiamo ai Soffi, agli Shen. Così nell'atto medico si incontra la corporeità del paziente, si incontrano i sintomi, segni esterni di un ma-lessere interiore e nascosto. Il medico, partendo da realtà oggettivabili e da strutture visibili e sperimentabili, rag-

giunge e interviene sull'essenza stessa della vita, sull'in-visibile, e di questo si deve sempre ricordare.

Il « Vuoto del cuore» (xin xu )

e l'«Arte del cuore» (xin shu )

Come abbiamo visto in precedenza, il Cuore ha nell’uo-mo la stessa funzione che il Sovrano ha nello Stato. Dal Cuore dipendono ricerca dell'autenticità, felicità o infe-licità, salute o malattia, longevità o morte prematura. Secondo il pensiero taoista, per svolgere questo suo compito vitale il Cuore deve essere in uno stato di Vuo-to. Tre sono i termini che ricorrono continuamente nei testi classici nel concorrere a mantenere il Vuoto: wu yu

, senza desiderio; wu zhi , senza cono-scenza; wu wei , senza azione.

Il Cuore deve restare senza desiderio. L’uomo senza desi-derio non può vivere. Che cosa intendevano allora i taoisti per wu yu? Nel capitolo 1 del Tao Te King si dice che «desiderio e senza desiderio» hanno la stessa origine. Quindi esistono entrambi nel Cuore dell’uomo. Il desiderio è il desiderio naturale, è la vita che vuole vivere. Il senza desiderio è non restare attaccati all’oggetto del desiderio. Il desiderio viene, non lo si asseconda e questo consente ad altri desideri di venire. Allora si desidera e si resta senza desiderio. In questo senso il concetto di Vuoto del cuore non è qualcosa di statico e di passivo, ma è ben espresso dall’immagine dinamica del fluire di un fiume: l’acqua che scorre permette in uno stesso istante all’acqua che arriva di prendere il posto dell’acqua appena passata; oppure dall’immagine dello specchio che riflette tutte le realtà proprio perché nessuna si fissa sulla sua superficie.

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Il Vuoto del cuore è perciò la condizione per aumentare la nostra percezione cosciente, libera da vizi e da pregiudizi; è quella condizione libera dal passato e dal futuro che permette di vivere la pienezza dell'hic et nunc. A livello fisico il Vuoto del cuore è necessario per acquisire e mantenere i Soffi vitali; a livello psichico e spirituale permette la vera conoscenza: «Come può un uomo conoscere il Tao? Grazie al Cuore. Come il Cuore può conoscere? Grazie al Vuoto, perché il Vuoto non dirige verso le impressioni già tesaurizzate, ma verso ciò che deve essere ricevuto» (Xun zi, cap. 21). Ma la vera conoscenza, per i taoisti, consiste nello sbarazzarsi di tutto ciò che non è saper vivere. Al wu yu è, infatti, spesso associato il wu zhi, senza conoscenza, non sapere. I taoisti rifiutano la falsa cono-scenza, che disperde lo spirito e che lo rende sì sapiente, ma di ciò che non è la vita. L’agire naturale non ha bisogno di spiegazioni e non ha bisogno di essere insegnato: è naturale. E una conoscenza senza conoscenze.

Oltre che per la conoscenza il Vuoto è necessario per la presa in carico di persone e situazioni. Sembrerebbe un paradosso, in realtà per la mentalità cinese è un'evidenza: per assumersi responsabilità, per realizzare compiti, per vivere in pienezza è indispensabile il Vuoto del cuore. I testi antichi raccomandano di non sovraccaricare il Cuore. Il Cuore si riempie a sua insaputa. Non appena ci si accorge di questa Pienezza, che è sempre deleteria, occorre ricreare una situazione di Vuoto. La vita è una sorgente, la cui forza e la cui limpidezza vanno protette. L’esteriorizzazione, attraverso il contatto snervante con gli altri, è la principale minaccia per la longevità. Ugualmente l’uso intenso dei sensi va proscritto, poiché agita il Cuore (cfr. Tao, cap. 12).

«Il Cuore dell’uomo, nel primo stadio della sua esistenza, è nella calma più assoluta, esente da ogni desiderio; in questo stato il Cielo gli dà forma. Presto gli oggetti esterni agiscono

su di lui e vi producono diversi movimenti; sono i desideri che si aggiungono alla sua natura primaria. L’uomo, in presenza degli oggetti esterni, ha la facoltà o il desiderio di conoscerli; quando li conosce prova sentimenti di attrazione per gli uni e di repulsione per gli altri. Se non domina questi sentimenti, si lascia trascinare verso le cose esterne, diventa incapace di rien-trare in se stesso e di regolare i movimenti del suo Cuo-re; perde le buone disposizioni che ha ricevuto dal Cie-lo» (Liji, Libro dei Riti).

La luce degli Shen permette al Cuore di essere il luogo di origine di ogni reazione e di ogni conoscenza e ne as-sicura la coerenza e la condotta. Da qui l’importanza di una «Arte del cuore», che consiste nel fare del Cuore un centro che possa ricevere tutti gli stimoli, restando ade-rente alla propria natura, all'Uno, all’universale. Varie tecniche, come la meditazione, il Tai ji, la pratica della cal-ligrafia, aiutano a svuotare il Cuore per entrare in possesso di sé. In un Cuore calmo e vuoto nulla si attac-ca sconsideratamente, nulla occupa un posto indebito, nulla blocca, nulla ingombra, ma tutto si presenta ed è ricevuto per essere pesato ed apprezzato.

La calma e la quiete, il Vuoto, non sono la negazione degli impulsi, delle reazioni, delle trasformazioni che fanno la vita, sono la loro giusta analisi, la temperanza che allontana dalla perdita di controllo e dagli eccessi; il Vuoto è ciò che permette il perpetuo ristabilirsi nell’uo-mo di un equilibrio fatto di Soffi e di sangue, di carne e di spirito, di sentimenti e di ragione. L’Arte del cuore permette di coltivare in se stessi ciò che porta al Vuoto del cuore, di controllare il voler-vivere senza vessare la propria spontaneità, ma mantenendola nel flusso che porta sempre al superamento di sé. «Quando si è penetrati dalla dottrina dell’Arte del cuore, si rifiutano

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piaceri e desideri, attrazioni e avversioni, allegria e collera, gioia e amarezza. È la comunione mistica con i Diecimila esseri. Non si conoscono più né approvazione né disapprovazione. Ci si eleva, ci si educa nell'illuminazione mistica, fino al punto che vita e morte si confondono» (HZ, cap. 1). Se l’uomo vive in questo modo il Cuore è protetto e si nutre dei Soffi più puri.

Il «non-agire» (wu wei )

e il «saper fare» (zhi )

La pratica del wu yu, il restare senza desiderio, conduce al wu wei, al non-agire, che è uno dei concetti cardine della filosofia taoista. Wu significa non, essere senza, e wei significa fare, agire, ma spesso giunge ad assumere una sfumatura negativa: intervenire, ingerirsi in, forzare; un fare che può disturbare, contrariare. Normalmente viene tradotto nelle lingue occidentali come non-agire, dove il «non» blocca la negatività precipua del termine wei. Lontano dal significare rinuncia, ritirata, inattività, è la condizione e la forza stessa dell’azione autentica ed efficace. È il modo taoista di concepire l’azione. «Il non-agire non significa restare in uno stato statico, fisso, non muoversi. Con questo termine si vuole sempli-cemente dire che niente emana dall’io» (HZ, cap. 9). Ancora una volta viene sottolineato che l’agire autentico è comunque l’agire di chi è capace di un superamento di sé, dei propri desideri, dei propri istinti, dei propri schemi, per arrivare ad una azione adeguata, efficace nella misura in cui si conforma alle leggi dell’universo, della natura e alla struttura vera degli esseri.

«Si verifica il non-agire quando l’intenzione individuale non interferisce con la Via universale, quando i desideri e le tendenze particolari non allontanano dal giusto cammino,

quando l’azione opera in funzione di un principio interno celeste di ordine, quando, ottenendo un merito, perché si ha seguito la propria natura, non si glorifica se stessi, attribuendosi una fama personale» (HZ, cap. 19).

Non agire non è quindi non fare, ma agire nello stesso modo della natura e nello stesso senso. Il non-agire è stato applicato dai pensatori taoisti in ogni campo: politico, sociale, culturale e, come vedremo in seguito, medico. Conformarsi al principio interno degli esseri e lasciarsi guidare dalla loro natura sono aspetti del non-agire, inteso come modo di agire non interventista. In campo politico, ad esempio, le leggi sono considerate dai taoisti ostacoli per la natura perché sono del tutto esterne e spesso si impongono ad essa. Da qui l’av-versione dei taoisti per i legisti: «Lasciatevi guidare dalla natura degli esseri e l’universo intero vi seguirà; ostacolatela e anche le leggi non saranno di alcuna utilità». «In un governo che ha per linea direttrice la Via, le leggi, pur essendo poche, saranno sufficienti a trasformare le cose; in un governo che non è retto dalla Via, le leggi, pur essendo numerose, apporteranno solo caos» (HZ, cap. 19). I1 Vuoto del Cuore e il non-agire conducono al saper-fare. Il saper-fare non è altro che un saper-essere. La giusta azione è l’attualizzazione dell’essere e della sua creatività. Ma proprio perché non ci sono divisioni all’interno della persona, il saper-fare è anche saper mantenere la propria vita, conoscerne le regole, rispettarle, evitare di sperperare e disperdere l’energia vitale, mantenersi in armonia all’interno come all’esterno con tutto ciò che esiste.

Il Santo (Zhen Ren )

e la longevità (chang sheng )

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La nozione di «Santo» appartiene a tutta la tradizione cinese. L’origine dell’appellazione non è conosciuta, ma è comune a tutte le scuole. All’origine presupponeva una responsabilità sociale e politica; solo in un secondo momento privati cittadini, senza cariche pubbliche, furono chiamati Zhen Ren. È il caso dello stesso Confucio che, in qualità di maestro, fu proclamato Santo. I primi Santi furono gli antichi sovrani che formarono la Cina, dotati di virtù soprannaturali: Yao, Shun e Yu il Grande. «Adottavano la pratica del non-agire e si davano all’insegnamento senza parole» (Tao, cap. 2). La loro leggenda, rivisitata da Lao zi, si riassume così: silenzio per l’edificazione del popolo; agire naturale per la pace degli Stati. Santi senza averlo voluto; come il Cielo, dall’alto proteg-gevano il popolo, come la Terra lo nutrivano e lo guidavano.

Ma vi è un altro modo di considerare la nozione di Santo ed è quella che pone l’accento sull'autenticità e non tanto sul ruolo sociale e politico. Da questo punto di vista, il Santo è per il pensiero taoista l’uomo che è pervenuto al possesso di sé, l’uomo che, seguendo il naturale, ha raggiunto il Tao e ha saputo mantenere la sua vitalità fino a compiere i giorni affi -datigli dal destino. Il ritorno all’Uno, la comunione con il Tao, è frutto di una ascesi, di una educazione del Cuore e della volontà, che hanno come frutto la felicità per sé e per il mondo intero. La prima tappa del cammino che conduce alla santità è rendersi conto che le ambizioni e le gioie del mondo sono apparenze effimere che poggiano sul nulla, destinate alla dispersione.

«Si affascinano le orecchie con arie di Chaoge, Beibi, Mimi; si allineano seducenti bellezze; si alzano le coppe di liquore antico, mentre le notti si succedono ai giorni. Si tira agli uccelli nelle altezze, con cani che corrono si forzano lepri e volpi. Questa la si chiama gioia. Un fuoco che si attizza; il Cuore freme in una atmosfera dove la seduzione gareggia

con il piacere. Una volta staccati i carri, i cavalli a riposo, l’alcool bevuto, l’ultimo accordo muto, il Cuore all’improvviso si stringe, rattristato; si resta desolati come dopo una scomparsa. Che cosa succede dunque? Si è creduto di far gioire l’intimo a partire dall’esterno» (HZ, cap. 1).

Per il Santo «la gioia consiste nell’ottenere ciò che l’uo-mo deve possedere» (HZ, cap. 1). Il possesso di sé come ritrova-mento di ciò che ci costituisce, del Tao. «Una volta che ci si possiede, stare ai piedi di un albero elevato o nell’anfratto di una caverna è sufficiente per la nostra gioia. Ma se non si possiede se stessi, ci donassero l’Impero come dimora e i Diecimila popoli per maestri, questo non basterebbe a mantenere la nostra vita. Chi può raggiungere l’assenza di gioia trova la gioia in tutto. E chi trova la gioia in tutto, accede sicuramente alla Gioia perfetta» (HZ, cap. 1).

L’uomo santo, che non si sacrifica per divenire schiavo delle cose e che non compromette la sua armonia per soddisfare i suoi desideri, ha la padronanza della propria interiorità; il suo Centro è ben ancorato e detta il suo comportamento esterno.

La virtù del Santo

Avendo fatto il Vuoto interiore, il Santo contempla l’Uno, e ne diviene incarnazione vivente. Per il fatto che incarna questo Centro, per sua natura è il solo vero go-vernante; è capace di valorizzare i singoli nella loro mol-teplicità e di ricondurre ad unità la loro individualità. La sua comunione con l'unità primigenia gli permette di

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comunicare istinti-vamente e spontaneamente con gli altri esseri che hanno ciascuno nel loro cuore la reminiscenza di questa unità. Per questa giustezza nel cogliere il movimento della vita sostiene la vita stessa. Con il suo sguardo sul reale il Santo è capace di portare più ordine nel mondo di quanto possa fare il migliore dei riformatori o un governante armato delle migliori intenzioni. Ciò che fa esistere non è quello che si crede di vedere o cogliere. Opulenti messi, un popolo in pace, uno Stato che prospera sembrerebbero frutti di un buon governo, della venuta regolare delle piogge, della fertilità del suolo. La vera ragione è che gli influssi si distribuiscono re -golarmente, che le leggi dell’universo sono rispettate, che uomini santi si attivano serenamente per rendere presente la Via del Cielo. L’uomo che è Virtù, non ha virtù particolari, si occupa di tutto, non preoccupandosi di nulla: conserva solo la Via. «Così il Santo non permette che l’umano insudici ciò che gli viene dal Cielo, né lascia che gli appetiti turbino la sua disposizione interiore. Senza pensarvi è come conviene; senza dire una parola, ispira fiducia; senza calcolare perviene allo scopo, senza fare nulla, ha tutto realizzato» (HZ, cap. 1). L’ordine nella vita che ne deriva non dipende dal fatto che ciascuno è al suo posto e svolge le sue funzioni; convinzione, questa, propriamente confuciana. Ma è l’ordine che deriva dall’essere tutti uguali, punti di una circonferenza equidistanti dal Centro, ordine eterno centrato su un principio unico da cui tutto procede e verso cui ogni essere tende: «Tutto si gira verso l’Uno celeste dove è l’Armonia suprema» (HZ, cap. 13).

La conoscenza del Santo

Respinto ogni sapere artificioso (wu zhi), l’esito di essere uno con il Tao è una conoscenza universale che sa cogliere la verità degli esseri e delle cose, che conosce l’origine e la

fine di ogni avvenimento, che è capace di dare il posto giusto ad ogni cosa. «Il Santo percepisce le cose nella loro evoluzione e nel movimento degli esseri conosce la loro fine, nel loro germe percepisce la loro evoluzione, dalle loro trasformazioni deduce le loro regole, dalla loro attività le loro leggi» (HZ, cap. 13). «Il Santo risponde all'evoluzione delle situazioni, giudica del mo-mento opportuno» (HZ, cap. 1). In comunione con la Via, grazie alla sua capacità di percepire e di compren-dere l’ordine interno degli esseri e delle cose, «percepisce il vero e i1 falso nello stesso modo in cui l’occhio distingue il bianco dal nero o l’orecchio una nota bassa da una alta» (HZ, cap. 19). Infatti, liberandosi dai pregiudizi e dai punti di vista parziali, accede ad un livello di percezione e conoscenza superiori.

L'agire del Santo

Quanto all’azione, essa si caratterizza per l'efficacia del wu wei, il «non-agire»: il Santo manifesta la Virtù della Via e, come lei, non interferisce; permette a ciascuno di ritrovare l'agire secondo natura. «Così il Santo, ritirato in se stesso, si rifiuta di agire e non vi è nulla che non si faccia; indifferente è là senza governare e tutto si trova governato. Ciò che io chiamo ‘non-agire’ è non superare il movimento degli esseri; ciò che io chiamo `nulla che non si faccia è l'agire che si appoggia sul movimento degli esseri; ciò che io chiamo ‘senza governare’ è che il naturale non sia alterato; ciò che io chiamo ‘tutto si trova governato’ è appoggiarsi sulla mutua affinità degli esseri» (HZ, cap. 1).

I1 Santo trasforma gli esseri dall’interno, seguendo la lo-

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ro natura: «Ponendo ordine nell’universo, non cerca di cambiare la natura degli uomini. Ma conforta ciò che esiste già, purificandolo» (HZ, cap. 19). Proprio perché è in unità con il Tao, «ama stare sulla nuda terra - vicino alle sue radici; collocare il Cuore nell’abisso - per raccogliersi e ritrovare se stesso; dare semplicemente per umanità; coltivare la sincerità dei propositi; governare, rispettando la natura; affidare le cariche a persone capaci; non agire che al momento favorevole» (Tao, cap. 8).

Il Santo e la longevità

Ma il saggio che ha fatto ritorno al Tao, che grazie a questo si percepisce Uno con tutti gli esseri viventi è un uomo che ha sperimentato l’unità di sé: non vi è alcuna separazione tra la ricerca dell’Illuminazione e la ricerca della longevità; la tranquillità, la pace, il benessere spirituale sono premessa e fine del benessere fisico. Vivendo la verità di sé, sa disporre dei Soffi di cui la vita è costituita, sa tesaurizzare le essenze e l’energia vitale e in questo modo raggiunge la longevità. Con questo termine si intende sia il portare a termine i giorni concessi a ciascuno dal destino, sia economizzare con cura l'energia vitale che purtroppo non è infinita. I giovani, in modo particolare, pensano che lo sia perché la potenza della vita entra nello spirito e annienta la prospettiva della morte. Questo mostra bene come la vita in se stessa abbia una predisposizione a vincere. Ma non è così ed il medico e il Santo sanno che, malgrado il fiorire e lo sbocciare della vita, questo capitale energetico è limitato e cercano di renderne coscienti i pazienti o i loro discepoli.

Il saper tesaurizzare l’energia riguarda sia il corpo che lo spirito, sia l’esterno che l’interno: «Alcuni non raggiun-gono la longevità iscritta nel loro destino e muoiono prematu-ramente a metà della loro corsa, colpiti da mala morte. Perché? Perché sono condotti dall’appetito di vi-vere. Solo coloro che non vivono per vivere ottengono la Lunga Vita» (HZ, cap. 7).

Non bisogna affaticare il corpo con l’uso eccessivo dei sensi, non bisogna turbare la tranquillità dello spirito che è necessaria al cuore per reggere l’individuo. L’interno e l’esterno devono essere preservati in un giusto equi-librio. Ricorre nei testi antichi l’esempio di un eremita, grande asceta, eccellente nell’arte di conservare il suo intimo, ma che, avendo tralasciato il suo esterno, si fece divorare da una tigre; e quello di un uomo di mondo che eccelleva nelle cure esteriori del corpo, ma che avendo negletto il suo interno, si fece divorare da una febbre maligna. Due morti premature per aver dimenticato una parte di sé.

Intrattenere la vita è lasciar prosperare tutte le espressio-ni esterne della propria vitalità sotto il controllo di un Centro fermamente e sanamente costituito, cioè fedele alla propria natura. Si diventa così autentici e in comu-nione con il Cielo. «Tutti i meriti degli Imperatori e dei re non sono niente in confronto a quelli del Santo; egli non considera se non quello che preserva l'integrità del suo essere e che mantiene la vita» (ZZ, cap. 28). «Così un Cuore esente da prostrazione e da gioia conosce la perfezione della Virtù; libero e inalterabile conosce la perfezione della serenità; sbarazzato dai piaceri e dai desideri conosce la perfezione del Vuoto; senza attra-zioni o avversioni conosce la pace suprema... In questo modo il Cuore è maestro dei Cinque visceri, regola l’uso delle quattro membra, fa scorrere e circolare il sangue e i

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Soffi». Viceversa, «gli uomini dagli appetiti voraci e dal le passioni divoranti covano la potenza con uno sguardo pieno di invidia, affascinati come sono dai titoli e dalla posizione. Non hanno, che una ambizione: superare gli altri con la loro abilità e installarsi ai vertici della società. Con questo risultato, che le loro essenze e i loro Shen diminuiscono tutti i giorni un po' di più, si sconvolgono sempre più... È la candela che si consuma: più viva è la fiamma, più fonde la cera». «Più essenze, Shen, Soffi e volere dimorano nella quiete, più diventano abbondanti e robusti; più si agitano, più diminuiscono e diventano vecchi. I Santi, per la cura che hanno dei loro Shen, sapendo armonizzare e rendere agili i loro Soffi, mantenendo il loro corpo nella pace e nel riposo, accompagnano il Tao che si inabissa e poi riemerge, si inchina e poi si raddrizza» (HZ, cap. 1).

Il senso dell’ atto medicosecondo la Medicina Tradizionale Cinese

Nei testi antichi di medicina il rapporto tra questa e pensiero taoista è così stretto che ci si può domandare se un buon medico possa sottrarsi al cammino che la spiritualità taoista richiede. Il medico della Tradizione cinese antica è un Santo, nel senso che è un uomo che ha saputo, grazie ad una ascesi personale, arrivare ad una conoscenza del mistero della vita. La pratica del Vuoto del cuore e l’Arte del cuore gli permettono di liberarsi dal suo «particolare» per raggiungere l’autenticità di sé e coglie-re la verità del suo paziente. La comunione con il Tao gli insegna a percepire l’uomo come «colui che risponde alle leggi del Cielo e della Terra», correlato quindi all’ambiente in cui vive e alle leggi dell’universo. Il «non-agire» gli consente di intervenire nel modo più rispettoso per modificare quelle inversioni del movimento naturale dei Soffi, dello yin e dello yang, che è la

patologia nell’uomo, favorendo i naturali movimenti di ritorno all'equilibrio. Il suo compito è quello di ristabilire il fluire naturale e regolare dei Soffi, essendo convinto con la Tradizione che ciò che anima l'organismo visibile è qualcosa di invisibile, ma non per questo meno concreto. I testi medici antichi, sia taoisti che confuciani, insistono sul fatto che solamente mettendosi in relazione con la verità di sé, con un atteggiamento sereno e raccolto, è possibile instaurare una relazione autentica con chi si deve curare. Il medico, grazie ad un ambiente idoneo e alla sua capacità di meditare, trova il centro di sé, per arrivare a quello del paziente. Questa è la premessa del trattamento. Il grande medico vuota il suo cuore e si concentra prima di visitare il suo paziente.

«Quando trattate siate come colui che spinge il suo sguardo in fondo all’abisso: attenzione a non cadere! Che la vostra mano sia come quella che tiene una tigre: la fermezza non vi mancherà! Che niente turbi il vostro animo: nella calma considerate il vostro paziente senza girare lo sguardo a destra e a sinistra. Che il movimento con cui mettete gli aghi non devii: perché la vostra dirit-tura richiamerà la rettifi-cazione. Prima di tutto rettifica-te il vostro Shen: perché è lo sguardo che voi portate al malato che richiama la regola-zione dei suoi Shen. In questo modo farete circolare i Soffi con facilità» (SW cap. 54).

«Non distogliere lo sguardo» è la manifestazione della forza di concentrazione interiore e la modalità con cui dirigere la potenza del «volere» verso il paziente. Ma si-gnifica anche contribuire a questa concentrazione e sot-trarsi alle sollecitazioni e agli stimoli esterni. È l’esito del «Vuoto del cuore» che deve dirigere il medico per accogliere veramente il paziente, per leggerne i sintomi,

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per penetrarne le linee della vitalità e quindi della patologia. Se «non si distoglie lo sguardo», si riporterà il malato sul giusto cammino con una diagnostica giusta, con un gesto terapeutico esatto, con un messaggio rivolto al suo spirito, ai suoi Shen. Gli Shen, centro della vita, sono i soli capaci di rettificare dall'interno uno stato di disequilibrio e quindi ricondurre a una reale guari-gione. Il giusto comportamento del medico rettificherà, quindi, il movimento perturbato dell'animazione del paziente.

«Che il medico si tenga in un luogo tranquillo e ritirato; che guardi i presagi dell’andare e venire degli Shen. Avendo chiuso ermeticamente porte e finestre, gli Hun e i Po non vengono dissipati; la concentrazione del pensiero unifica il potere spirituale, in modo che essenze e Soffi si distribuiscano come conviene. Quando nessun rumore esterno, che proviene dagli uomini, offende le orecchie e le essenze proprie sono raccolte e gli Shen si trovano così nell’unità, il volere passa nell’ago con il suo messaggio imperativo» (LS, cap. 9).

La vera concentrazione consiste nel disporre tutto come conviene, senza tensioni inutili, ma con la tranquillità che permette una vigilanza efficace. Così accade ai concertisti quando stanno davanti ai loro strumenti prima di iniziare il concerto, al pittore davanti alla sua tela, in mezzo a colori e pennelli, all’acrobata davanti al trapezio, predisponendo il materiale che permetterà loro di operare. Il medico, davanti al suo paziente, non lo considera un caso clinico, ma una presenza che chiede che la vita si rinnovi in lui. Ha una funzione maieutica: non è l’artefice della vita, ma senza di lui il bambino non nasce, la salute non si ristabilisce. Alcune volte la vita è potente nel medico e contratta nel paziente. Per la comunione universale al Tao, per l’impulso della vita comune a tutti, può succedere qualcosa che assomiglia al fenomeno della risonanza acustica. Se il processo è corretto,

il rifiorire della vita è molto più probabile. La verità del medico interagisce con quella del paziente, non con un trattamento psicanalitico o psicologico, ma grazie ad uno scambio silenzioso e misterioso di vitalità. Il paziente diviene, cosi, collaborante e più disponibile ad accogliere in sé il ritorno dell'armonia della vita; acquisisce una predisposizione naturale all’imitazione della vitalità del medico che lo cura e non si sente costretto ad obbedire ad un terapeuta che lo domina con il suo potere e con il suo sapere. Guarire è, perciò, per la Tradizione classica, un accompagnamento sostanziale.

La Cina, esaltando l’autorità dell’Imperatore, ha affidato la gestione del potere a dei ministri: il medico, in quanto custode della vita, ha il ruolo di Imperatore; l’anatomia e la fisiologia sono suoi ministri. Il Grande Medico della Tradizione classica è in effetti un sovrano: conosce perfettamente anatomia e fisiologia, l’azione degli aghi, i principi attivi delle piante, ma è anche un osservatore fedele della volontà del Cielo e delle leggi universali. Proteggendo ciò che è sano e riequilibrando ciò che è patologico, è benefico ed efficace ordinatore della salute. Il medico cura le persone come l'Imperatore elargisce le sue cure all'Impero. È buon Imperatore chi evita le carestie, blocca le incursioni dei predatori, reprime i disordini nell’amministrazione e ciò che agita il popolo. Allo stesso modo è consacrato buon medico, uomo d’Arte, colui che preserva la salute, previene le malattie, curando il «terreno» del paziente, calma le agitazioni interne, riconduce all’esterno i «fattori perversi» di malesseri e malattie.

La medicina è una scienza d’osservazione. Il medico guarda, non solo con i suoi occhi ma con tutti i sensi, il suo paziente per raddrizzare le deviazioni, per compen-sare gli squilibri della corrente vitale. Le regole della

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diagnostica permettono di cogliere le alterazioni dell’energia vitale, percettibili con la presa dei polsi, con l’auscultazione attenta della voce, della respirazione, con l’osservazione del colorito, dello sguardo, del modo di camminare, del modo di conversare, della capacità di concentrazione e soprattutto della presenza o meno della gioia di vivere.

Ma per soccorrere la vita bisogna conoscerla. Per conoscerla nelle sue trasformazioni bisogna saperla osservare in sé e attorno a sé e in ogni essere. L’osservazione, secondo la Medicina Tradizionale Cinese, deve saper cogliere il movimento dei Soffi che ci costituiscono e ci ricostituiscono indefinitamente. Come abbiamo visto l'uomo è un nocciolo di influssi incrociati del Cielo e della Terra, dello yin e dello yang. Le interazioni dei Soffi si esprimono in mutazioni permanenti che sono la vita. Ogni accumulo di Soffi ubbidisce a dei ritmi che hanno un momento di crescita, di apogeo e di declino. Se osserviamo i cambiamenti di una situazione, la vita di un uomo, la durata di una dinastia, l’evoluzione di una malattia, i tre mesi di una stagione, le ore di una giornata, vediamo tante realtà particolari, animate da un movi-mento proprio, che tuttavia sono in risonanza con il mo-vimento della vita universale. L’essere è modulato nell’estendersi della sua esistenza, in ogni periodo del suo divenire, da questi movimenti universali.

La Medicina Tradizionale Cinese introduce normalmente il ritmo del tempo in tutti i suoi interventi, senza attardarsi a distinguere un livello fisico o psichico, poiché la vita non li distingue. Si tratta del tempo proprio dell'individuo e del tempo naturale attorno a lui, della loro compenetrazione. La completezza del medico si vede nella capacità di tener conto delle interazioni fini e complesse che dettagliano la durata e portano al compimento del tempo. Non essendovi altro che il tempo dell’uomo e i tempi del cosmo, il tempo è lo scivolare dei Soffi da una qualità ad un’altra. In questo modo il

medico evita di interferire negli influssi che vengono scambiati tra Cielo e Terra, che si fondono provvisoriamente per far apparire la meraviglia dell'esistenza individuale. Per leggere correttamente i se-gni della vita gli è chiesto di alzare lo sguardo verso il Cielo, per osservare le leggi eterne dell’universo, i cicli della natura, le variazioni stagionali e i conseguenti fe-nomeni di crescita e di deperimento. Gli è pure chiesto di abbassare lo sguardo verso la Terra, per vedere gli ef-fetti dell’operato del Cielo e le trasformazioni che a par-tire da queste leggi si operano nell’uomo. Questo è il Medico Santo, il Grande Medico della tradizione cinese, che dopo aver trovato il cammino della vita e della verità per sé, si fa compagno del suo paziente in questa stessa ricerca della vita in pienezza.

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ABBREVIAZIONI

Tao = Tao Te King HZ = Huainan zi LS = Huangdi Neijing Lingshu SW = Huangdi Neijing Suwen ZZ = Zhuang zi

Per le citazioni si vedano rispettivamente:

Larre C. (a cura di), Tao Te King. Le livre de la Voie et de la Vertu, DDB, Paris 1977 (trad. it . Tao Te King. Il libro della Via e della Virtù, Jaca Book-SoWen, Milano 1994).

Larre C., Robinet I., Rochat de la Vallée E. (a cura di), Les grands traités du Huainanzi, Editions du Cerf, Paris 1993.

Larre C., Rochat de la Vallée E. (a cura di), Les mouvements du coeur, DDB, Paris 1992 (trad. it . Dal “Huangdi Neijing Lingshu”. La psiche nella tradizione

cinese. Capitolo otto, Jaca Book-SoWen, Milano 1994).

Larre C., Rochat de la Vallée E. (a cura di), Suwen, les 11 premiers chapitres, Maisonneuve, Paris 1994 (trad. it . Huangdi Neijing Suwen. Le domande semplici

dell’Imperatore Giallo, Jaca Book-SoWen, Milano 1994).

Larre C., Rochat de la Vallée E. (a cura di), Zhuangzi, La conduite de la vie. De vide en vide, DDB, Paris 1995

(trad. it . in preparazione, Jaca Book-SoWen, Milano).

Larre C., Rochat de la Vallée E. (a cura di), Zhuangzi, La conduite de la vie. Le vol inutile, DDB, Paris 1994

(trad.it . in preparazione, Jaca Book-SoWen, Milano).

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NOTE

1 Si veda più avanti al paragrafo «Sangue e liquidi».

2 È uno dei Cinque Classici, insieme a Yi Jing, Libro delle Mutazioni; Shijing, Libro delle Odi; Liji, Libro dei Riti; Chunqiu Zuozhuan, Cronache delle Primavere e degli Autunni. Tali testi, rivisitati da Confucio e dai suoi discepoli, sono considerati sacri perché raccolgono la tradizione orale più antica.

3 M. Granet, La Pensée chinoise, La Renaissance du livre, Paris 1934 (trad. it . Il pensiero cinese, Adelphi, Milano 1971, pp. 122 ss.).

4 Questo principio fu chiamato da Anassimandro (610-545 a.C.) apeiron, che vuol dire indeterminato, infinito, e da Anassimene (588-528 a.C.) pneuma, soffio, di cui sarebbero costituiti il mondo, la natura e l’uomo, anche nella sua parte più intima, la psiche (psyko = soffiare).

5 L’invenzione della medicina in Cina è fatta risalire ai mitici imperatori Shennong (Divino Coltivatore) e Huangdi (Imperatore Giallo) che si dice abbiano regnato nel III millennio a.C. Shennong scoprì l’aratro e insegnò le tecniche dell’agricoltura. Fu quindi il primo a studiare le piante e tutte le loro proprietà terapeutiche: è il mitico fondatore della fitoterapia. Huangdi è considerato l'iniziatore dell’agopuntura e della dietetica ed è il leggendario autore del primo libro di medicina: Huangdi Neijing.

6 Cfr. P. Unshuld, Medicine in China. A Histoiy of Ideas, University of California Press, Berkeley 1985, pp. 54 ss.

7 Ma le relazioni nell’universo sono matematiche o morali? Il problema resta aperto. Forse non è la matematica o l’esperienza fisica, ma piuttosto la «sorgente morale», per dirla con Bergson (Le due fonti della morale e della religione, 1932), che può rendere conto del reale. La coscienza morale esiste sotto forma di relazioni ed è reale. Certo, la matematica e la fisica colgono la realtà, ma sotto un aspetto che è loro proprio. La concettualizzazione matematica e la sperimentazione fisica rivista dalla concettualizzazione matematica non esauriscono il reale. L'uomo scientifico non sfugge più, oggi come ieri, a questo problema esistenziale

8 Lo Yijing, Classico delle Mutazioni, è il Classico cinese usato per la divinazione. La tradizione lo fa risalire al V secolo a.C., ma si dice che l’inventore degli esagrammi fu il mitico imperatore Fu Xi, vissuto nel III millennio a.C. Questo libro è basato sul concetto universalmente accettato dalla cultura cinese che i fenomeni della natura, come quelli della società e quelli della vita individuale, sono in continuo mutamento, secondo una legge cosmica universale e per questo inter-

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pretabili. È composto da 64 esagrammi, formati ciascuno da sei linee, intere o spezzate, che simboleggiano lo yang o lo yin, rappresentanti 64 situazioni di equilibrio nell’universo. Secondo tecniche precise, tirando a sorte bastoncini o monete, si mette in relazione il singolo con il cosmo e si ottengono, a seconda dei casi, uno o due esagrammi, di cui il secondo si origina dal primo per mutazione dei tratti yin in yang e viceversa: le linee del primo esagramma forniscono indicazioni sullo stato presente delle cose, mentre il secondo esagramma indica l’evoluzione della situazione. In questo modo lo Yijing offre, più che la conoscenza dell'avvenire, un consiglio su come orientare la propria azione. Come un contadino, prima di eseguire importanti lavori nei campi, scruta il cielo per cogliervi il segno del tempo che sta per venire, così lo si può essere un mezzo per consultare la «tendenza» del momento, in una situazione incerta, al fine di utilizzare al meglio le proprie risorse per progetti futuri. Questo sistema implica, per chi ne fa uso, la credenza in due principi inderogabili. Il primo: nulla avviene per caso nell’universo, e i numeri e le figure sono dunque delle manifestazioni certe dell'azione segreta dello yin e dello yang; e il secondo: il cielo risponde favorevolmente a coloro che lo venerano.

9 L’uomo è yang rispetto alla donna, che è yin per quanto riguarda la forza. Ma rispetto alla longevità la donna è yang, perché vive più a lungo dell’uomo che in questo caso è yin

10 Per una trattazione sistematica, si veda M. Granet, Il pensiero cinese, cit., pp. 271 ss. Per un esempio di classificazione secondo la teoria dei Cinque elementi ad opera di un testo classico di medicina, si veda Huangdi Neijing Suwen. Le domande semplici dell'Imperatore Giallo, a cura di C. Larre, E. Rochat de la Vallée, Jaca Book-SoWen, Milano 1994, cap. 5, p. 160.

11 Il Triplice Riscaldatore garantisce i processi fondamentali del metabolismo. Il suo compito è quello di armonizzare la circolazione delle diverse energie, ereditaria, difensiva, nutritiva, e di regolare la circolazione dei liquidi.

12 Leijing di Zhang Jiebin (1563-1640). Medico taoista, uomo di grande cultura, riprese e commentò il Neijing, suddividendolo per argomenti.

13 Il capitolo 8 del Lingshu, che si intitola «Radicarsi agli Spiriti», tratta in modo esauriente degli Shen e a questa trattazione rimandiamo il lettore che ne voglia sapere di più: cfr. C. Larre, E. Rochat de la Vallée (a cura di), Dal "Huangdi Neijing Lingshu". La psiche nella tradizione cinese. Capitolo otto, Jaca Book-SoWen, Milano 1994.

14 Chungiu Zuozhuan, Cronache delle Primavere e degli Autunni. Cfr. nota 2.

15 Cfr. E. Minelli, La dietetica nella Medicina Tradizionale Cinese, EDO, Jaca Book, Milano (in prep.).