Meccanismi cerebrali ed evoluzione della lettura

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Meccanismi cerebrali ed evoluzione della lettura Ernesto Hofmann

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Gli effetti sui meccanismi di lettura e di pensiero dei nuovi dispositivi elettronici,

dai tablet agli e-reader, agli smartphone, sono ancora in parte imprevedibili e forse

saranno piu' complessi di quanto oggi si possa immaginare, e questo perche' il cervello

umano e' fortemente pre-organizzato e frutto di una lunga evoluzione biologica.

Potremmo dire che in un certo senso e' piu' la tecnologia che si deve adattare alle

caratteristiche del cervello che non viceversa.

Sembra comunque di essere attualmente nel mezzo di una nuova rivoluzione nella

pubblicazione dei libri simile, per impatto complessivo, a quella di Gutenberg di più di

500 anni fa. Questa volta si tratta di Internet e dei microcomputer che stanno

determinando un forte cambiamento nel nostro modo di creare, distribuire e leggere libri.

Leggiamo sempre più e-book su telefoni cellulari e tablet, e siamo in grado di

accedere a una quantita' di informazioni molto maggiore rispetto al passato. Si possono

scaricare i libri da Internet piuttosto che comprarli in libreria. E si individuano nuovi

modi, molto innovativi, per pubblicare e distribuire i libri, creando così nuovi

collegamenti tra autore e lettore.

Eppure, per certi versi, il futuro della lettura sembra ancora un po' come il passato

della lettura. Infatti, anche se il cambiamento tecnologico continua ad accelerare a un

ritmo esponenziale, i comportamenti e le abitudini dei lettori si modificano a un ritmo

piu' moderato, e cio' perché se il cambiamento tecnologico è rivoluzionario, il

cambiamento umano è evolutivo.

Questo potrebbe spiegare perché Apple o Amazon nel proporre gli e-book su

iPad o Kindle li abbiano forniti di caratteristiche non funzionali ma solo decorative,

ereditate dai libri tradizionali. Gli e-book vengono presentati come volumi con copertine

tradizionali, e anche la sensazione fisica di sfogliare una pagina è stato reso con una

animazione digitale. I lettori sembrano cosi' avere la sensazione che la lettura di un e-

book su un tablet non sia fondamentalmente diversa da quella di un libro.

l’evoluzione del libro

Una breve analisi storica puo' essere utile per comprendere meglio quanto sta

accadendo, esaminando come la lettura si sia evoluta attraverso diverse tecnologie.

- le tavolette di argilla

Le prime forme di distribuzione di informazioni scritte sono state realizzate per

mezzo di tavolette di argilla di differenti dimensioni. Le tavolette erano di vario tipo e di

diverso materiale, e ne esistono migliaia in varie lingue (sumero, accadico, ittita,

persiano, lineare A e B, egiziano, greco). Erano modellate con argilla bagnata che

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formava una superficie piatta, quadrata o rettangolare, di varie dimensioni, da pochi cm

ad alcune decine di cm di lato. Per scrivere era necessario incidere la superficie ancora

fresca della tavoletta con una punta in metallo o in osso. Era un sistema che occupava

molto spazio e richiedeva molto tempo per la scrittura.

- il rotolo di papiro

La creazione di testi molto piu' lunghi e complessi pote' avvenire con una nuova

tecnologia, quella del rotolo di papiro, introdotto dagli Egizî e adottato in seguito dai

Greci e dai Romani. I rotoli erano composti di più strisce di papiro incollate insieme a

formare un unico foglio più o meno lungo, avvolto intorno a un paio di cilindri di legno,

ed erano scritti in colonna da una sola parte, quella cioè interna,.

Un rotolo di papiro standard era composto da una ventina di fogli e raggiungeva

la lunghezza totale di oltre tre metri. Ma si sa di rotoli composti da 50, 60 e anche 150

fogli, per una lunghezza di una trentina di metri.

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E’ interessante ricordare che la formazione di Alessandro il Grande fu basata

anche sulla lettura dell’Iliade, della quale Aristotele preparò un’edizione, fornita di note,

appositamente per Alessandro e denominata edizione della cassetta, che lo stesso

Alessandro portava sempre con sé. La cassetta era forse appartenuta a Dario, e pare fosse

di straordinaria bellezza, e sembra anche che Alessandro la avesse sempre vicino a se' e

la consultasse prima di dormire. Purtroppo questo straordinario reperto è andato perduto.

- il codex

Nella seconda metà del II secolo gli scritti letterari si presentano sotto una forma

decisamente nuova, il «quaderno con le pagine», in latino codex. Questa inedita forma del

libro restera' tale fino ai giorni nostri, e in un certo senso persino negli e-book. Nel

mondo greco-romano, il passaggio dal rotolo (volumen) al codex era iniziato nel I secolo

e terminerà di fatto all’inizio del V.

Oggi sembra che fossero soprattutto i Cristiani i promotori di questa nuova

forma del libro. Cerchiamo di capirne i motivi perche' cosi' potremo avere una prima

idea di come la tecnologia di distribuzione delle informazioni possa influenzare le

abitudini dei lettori, la loro cultura e forse persino l'organizzazione cerebrale, che e' un

po' il tema di questo articolo.

Per comprendere bene il senso dell'innovazione culturale avviata dal codex e' utile

partire dalla struttura letteraria dell'Antico Testamento che in origine era il Tanakh, ossia

la Bibbia ebraica.

La struttura letteraria del Tanakh, piu' o meno coevo dell’Iliade, era molto diversa

da quella di quest'ultima ed era stata trascritta molti secoli prima. Probabilmente

esistevano sezioni scritte della Bibbia gia' intorno all'ottavo-nono secolo aC, mentre la

trascrizione dell'Iliade che si conosce con certezza risale al tempo di Pisistrato, ossia

almeno tre secoli dopo.

Per un lungo periodo l'Iliade veniva sostanzialmente cantata a memoria (cantami,

o Diva, del Pelide Achille…), mentre il Tanakh (e soprattutto i suoi primi cinque libri, la

Torah, ossia la Genesi) veniva letto. Ma c’e' molto di più.

Vi è, nella prosa narrativa della Bibbia, una modalità narrativa peculiare, modalità

che Erich Auerbach ha esaminato nel 1946 nel suo magistrale Mimesis. Il realismo nella

letteratura occidentale. Dice Auerbach che: " ...non è facile immaginare contrasti

stilistici maggiori tra questi testi ugualmente antichi ed epici. Da una parte

[nell’Odissea] fenomeni a tutto tondo, ugualmente illuminati, delimitati nel tempo e nello

spazio, collegati tra loro senza lacune, in primo piano, pensieri e sentimenti espressi,

avvenimenti che si compiono con agio e senza eccessiva tensione. Dall’altra parte [nella

Torah], dei fenomeni viene manifestato solo quel tanto che importa ai fini dell’azione, il

resto rimane nel buio; vengono accentuati soltanto i punti culminanti e decisivi

dell’azione; le cose interposte non acquistano esistenza; luogo e tempo sono indefiniti e

bisognosi di chiarimento; i pensieri e i sentimenti restano inespressi, vengono suggeriti

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soltanto dal tacere e dal frammentario discorso; l’insieme, diretto con la massima e

ininterrotta tensione a uno scopo, e perciò molto più unitario, rimane enigmatico e nello

sfondo..."

C' e' un punto molto sottile da comprendere per intuire il modo di pensare di chi

scriveva i vari passi della Bibbia. Se Dio è onnisciente anche chi scrive deve in una certa

misura condividere tale onniscienza e quindi deve narrare come se sapesse tutto pur senza

dire tutto, lasciando cosi' al lettore il compito di riempire, per cosi' dire, i vuoti.

La forma narrativa, molto piu' flessibile della poesia, perche' piu' aperta e libera,

permetteva ai redattori dei vari libri della Bibbia di rappresentare il complesso rapporto

tra il progetto di Dio e la liberta' umana, che e' il tema dominante dell'intera narrazione.

Nell'Iliade ci sono anche gli dei e ci sono anche relazioni tra loro e gli eroi, sia

greci sia troiani, ma nulla di confrontabile per complessita' psicologica al rapporto tra

Jahvè e i protagonisti della Bibbia.

Nei Vangeli, apparsi quasi un millennio dopo, questa capacità narrativa diventera'

ancora più acuta e moderna, ed è questa una delle ragioni dello straordinario successo dei

Vangeli stessi come opera letteraria e come strumento di fede. Cio' ci aiuta ancora un

volta a comprendere come la tecnologia che sostiene la lettura incida profondamente

sugli stessi meccanismi di pensiero.

Cosa c’è di così originale nel Vangelo di Marco, il primo, il più' breve, e

indubbiamente il piu' complesso dei quattro Vangeli canonici?

C’è una capacita' romanzesca che crea una profonda relazione tra le prime e le

ultime pagine. Quelle iniziali contengono degli accenni, a qualcosa che si dovra'

sviluppare. Quasi come in un giallo nel quale vengono presentati i vari personaggi e

quindi il delitto, dal quale si dipaneranno le indagini.

Gesu' , in virtu' dei suoi poteri soprannaturali, sa che verra' tradito da un amico

(Giuda) e lo sviluppo narrativo che ne consegue e' coerente con questa situazione.

Probabilmente Marco, che doveva conoscere bene i testi ebraici, riprendeva un passo dei

Salmi (41,10): "...anche l'amico in cui confidavo, che mangiava con me il pane, ha alzato

contro di me il suo calcagno".

Sul Vangelo di Marco ci sono però alcune cose molto importanti da aggiungere

per comprendere meglio la sua struttura letteraria e la sua influenza culturale.

Molti studiosi recenti, oltre il 2000, e tra questi soprattutto Dennis Mac Donald

(The Homeric Epics and the Gospel of Mark), sostengono che Marco utilizzò non solo

un'incredibile quantita' di detti dell'Antico Testamento, per metterli in bocca a Gesù', ma

anche molti elementi omerici, anche se rivisitati in modo opportuno.

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L'Iliade e l'Odissea costituivano i fondamentali manuali d'apprendimento per

chiunque avesse voluto imparare a scrivere in greco nell'Antichità, col risultato che le

storie dell'Iliade e dell'Odissea erano i primi testi ad essere adattati e imitati in tanti modi

diversi dagli autori antichi, proprio a causa della loro vasta notorietà.

E Marco scriveva in Greco. Secondo MacDonald, Marco fece in modo che Gesù

non solo emulasse, ma superasse gli eroi omerici per sofferenze patite, nobiltà,

compassione e poteri dimostrati: in tal modo il suo Vangelo creava miti più umani, più

etici, più ispiratori. E ciò ebbe una grande influenza nel secondo secolo dC.

Intorno al 60 dC era uscito in forma di codex anche il Satyricon, attribuito, a

Petronio, ed era anche questo in forma narrativa. Ebbe successo, ma non come il

Vangelo di Marco e quindi degli altri Vangeli, e perciò storicamente dobbiamo fare

riferimento ai Vangeli per la nuova forma letteraria narrativa presentata non come un

rotolo da svolgere ma come una sequenza di pagine da sfogliare.

Eppure gli ebrei non credevano che fosse giunta la fine dei tempi e che fosse

apparso un Messia. Mentre i Cristiani vedevano una consonanza tra passato e presente in

una nuova concezione temporale: Gesu' era il Messia e le profezie venivano a

compimento.

Quindi occorreva una nuova capacita' narrativa, nella quale la storia narrata

avesse una premessa, uno sviluppo e un compimento. Nasceva cosi' una nuova tecnica

narrativa, che sara' poi quella del romanzo moderno, per la quale bisogna poter, per cosi'

dire, andare avanti e indietro per verificare la coerenza dello sviluppo narrativo.

Con un rotolo di papiro sarebbe stato molto più' difficile che con un codice.

Il romanzo è un tipo di narrativa che avvince il lettore e lo impegna a tenere tutto

insieme.

E' questa probabilmente la ragione per la quale i primi cristiani preferirono quasi

subito il codice al rotolo. Si pensa persino che il Vangelo di Marco sia immediatamente

apparso in forma di codice.

Gli ebrei invece continuarono a usare il rotolo e a leggere il Tanakh, e soprattutto

la Torah, ma non cosi' i Cristiani che anzi trasferirono anche l’Antico Testamento su

codice.

Il codice diventava il fondamento di una nuova tecnica narrativa che rifletteva una

diversa concezione di uno sviluppo evolutivo temporale, un disegno divino che poteva

sembrare occulto e che via via dimostrava la sua coerenza. Ecco come una nuova

tecnologia si sposava con un nuovo modo di pensare.

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La tragedia di Gesu' veniva così vista nella sua interezza e assumeva una spessore

psicologico del tutto nuovo rispetto alle precedenti forme letterarie.

Ai codici in papiro subentrarono presto codici in pergamena che contenevano

pagine scritte su entrambi i lati. I vantaggi della pergamena sul papiro per la realizzazione

di libri sembra oggi ovvio per noi. Era un materiale molto più duraturo del papiro.

la stampa a caratteri mobili su carta

La stampa a caratteri mobili su carta (scoperta dai cinesi) inventata da Gutenberg

nel 1452 scatenò una vera e propria rivoluzione nel mercato dei libri,

E la sua prima opera fu una Bibbia composta di due volumi di circa 300 fogli

ciascuno (dimensione di un foglio: 21,1 cm x 15,1 cm, con 42 righe di testo) che venne

stampata in 180 copie.

L'invenzione di Gutenberg si diffuse velocemente. Se nel 1455 esistevano, in

tutta Europa solo due tipografie, quella di Fust-Schöffer e quella piu' piccola di

Gutenberg, entrambe a Mainz, nel 1500 le tipografie erano diffuse in oltre 250 città. In

soli 50 anni vennero stampati piu' di 40.000 libri in quasi due milioni di copie. In alcune

città c'erano decine di tipografie, e nella sola Venezia oltre 150.

L'italiano Aldo Manuzio sarebbe diventato il principe dei tipografi per la bellezza

e la varieta' delle sue pubblicazioni, tanto da far esclamare a Erasmo da Rotterdam: "

Aldus bibliotecam molitur cuius non alia septa sint quam ipsius orbis". (Aldo hai creato

una biblioteca i cui confini sono il mondo).

La nuova tecnologia tipografica influì profondamente sul pensiero e sulla cultura

umana: nacque la lettura solitaria e con essa l'uomo moderno.

Montaigne nei Saggi (Libro III, cap. III) scriveva: “Mi metto un po' piú spesso in

disparte nella mia libreria da dove comodamente do' ordini alla mia casa. Sono

sull'ingresso e vedo sotto di me il mio giardino, la corte e la maggior parte dei locali

della mia casa....Essa ha tre finestre di prospetto ampio e libero...La figura è rotonda e

non ha di piatto che quello che serve alla mia tavola e al mio stare a sedere, e viene ad

offrirmi per la sua curvatura in un colpo d'occhio tutti i miei libri, schierati su cinque file

tutto intorno”. “In un sol colpo d'occhio” , “Quivi è la mia residenza. Io provo a

rendermene il dominio puro e a sottrarre solo questo cantuccio alla comunione e

coniugale e filiale e civile ...Sfoglio ora un libro ora un altro, senza ordine e senza

programma, qua e là; un momento fantastico, un momento annoto e detto passeggiando,

le mie idee come queste”.

E pochi decenni dopo, con il pieno affermarsi della tipografia, sarebbe nato anche

il giornale cosi' che Hegel avrebbe potuto dire: “La preghiera del mattino dell'uomo

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moderno è la lettura del giornale. Ci permette di situarci quotidianamente nel nostro

mondo storico".

l’avvento del tablet e degli smartphone

Oggi tutte le tecnologie che abbiano descritto sembrano essere travolte da una

nuova tecnologia, quella dei cosidetti tablet o anche degli smartphone.

Chi scrive pensa addirittura che smartphone piu' grandi, piu' sottili e piu' leggeri,

possano diventare lo strumento di maggior diffusione delle informazioni digitali, siano

essi e-book o testi in formato pdf.

Il tablet è un computer a forma di tavoletta (tablet) che funziona semplicemente

toccando con le dita lo schermo (touchscreen). E’ più leggero di un pc portatile, è più

piccolo di un pc portatile, è più bello di un pc portatile. E puo' anche sembrare un libro.

L'iPad, che di fatto e' stato il primo tablet di grande successo, era nato come

dispositivo più pratico di un computer per navigare in Internet, per ascoltare la musica,

per guardare i video; ma poi e' diventato uno strumento rivoluzionario per leggere

giornali, riviste e libri elettronici, ovunque si sia.

Ma anche il Kindle di Amazon, specificamente pensato per la lettura dei libri

digitali, sta riscuotendo un enorme successo commerciale.

L'iPad e' uno strumento rivoluzionario perchè ormai e' diventato il dispositivo

piu' diffuso per lettura di contenuti digitali. Quello che e' stato l'iPod per la musica, l'

iPhone per gli smartphone, l' iPad (cosi' come anche altri tablet simili) sembra esserlo

per la lettura dei libri elettronici. Amazon, che pure ha il suo Kindle per la lettura dei

libri elettronici, fornisce l'interfaccia per leggere su iPad i libri in formato Kindle.

La tecnologia dei libri elettronici sembra pero' rimettere in gioco il meccanismo

scrittura-lettura, che e' una delle piu' peculiari attivita' dell'uomo.

Diventa quindi necessario comprendere il senso e le modalita' di questa

evoluzione.

E per fare cio' e' bene partire da un'analisi dei meccanismi cerebrali utilizzati per

leggere, perche' sono piu' complessi di quanto si potesse immaginare qualche decennio

fa.

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il paradosso della lettura

Saper parlare richiede una particolare predisposizione genetica che consente al

bambino di imparare una lingua in tempi brevissimi e con un’efficienza che ha

dell’incredibile. Molti bambini sono in grado di parlare abbastanza bene già prima dei

due anni di vita. Probabilmente l’uomo ha acquisito il linguaggio centinaia di migliaia di

anni fa, e forse già gli ultimi homo erectus erano in grado di comunicare ancorchè in

maniera primitiva. Quasi certamente parlava l’uomo di Neanderthal, dotato sia dell'osso

ioide sia del gene FOXP2 che sembrano essenziali al linguaggio umano.

Ma per la lettura le cose sono diverse e di molto.

In termini evolutivi, la lettura è un'invenzione culturale di recente acquisizione

che utilizza strutture cerebrali esistenti per una attivita' radicalmente nuova. A differenza

di visione o discorso, non esiste un programma genetico diretto che viene mutuato dalle

successive generazioni. Si tratta invece di un processo innaturale che deve essere appreso

da ogni individuo.

In particolare, si evidenzia la plasticità sorprendente del cervello, la sua "capacità

proteiforme" di creare nuove connessioni sinaptiche e di riorganizzarsi per imparare

nuove abilità: siamo tutti nati con la capacità di cambiare ciò che ci viene dato dalla

natura ... Siamo, sembrerebbe fin dall'inizio, geneticamente pronti per le innovazioni,

siamo in grado di acquisire linguaggi diversi, creando nel proprio cervello reti

neurologiche distintive.

A fronte di simili vincoli biologici quale potra' essere allora il futuro della

lettura?

Per migliaia di anni la lettura dei testi ha arricchito l'uomo soprattutto con "il dono

del tempo" , tempo nel quali i pensieri possono andare oltre le parole lette sulla pagina

per arrivare a nuovi livelli di comprensione, per pensare quasi l'impensabile.

0 Ma nell'universo digitale, nel mondo di Internet e di Google, con

un'incredibile sovrabbondanza di informazioni, lo scenario della lettura si modifica, le

informazioni stesse spesso non vengono esaminate analiticamente e criticamente, e

difficilmente ci si avventura al di là delle parole di un testo per intravedere nuovi

orizzonti intellettuali.

il mistero della scimmia che legge

Dovremmo a questo punto porci una domanda: perché il nostro cervello,

strutturalmente simile a quello delle scimmie antropomorfe, è in grado di leggere? Come

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è stato possibile acquisire questa facolta’ in poche migliaia di anni.

Le più recenti ricerche neurologiche hanno permesso di scoprire che il cervello

umano possiede dei meccanismi corticali (ossia della neocorteccia cerebrale)

perfettamente adattati alla lettura delle lettere di vari tipi di testi scritti.

E la cosa forse piu' sorprendente è che tali meccanismi sono ospitati nelle stesse

zone cerebrali in tutti gli uomini, dando l’impressione che esista uno specifico organo

cerebrale preposto alla lettura.

Ma da un punto di vista squisitamente evolutivo è passato troppo poco tempo

perché fosse possibile disegnare tale funzione cerebrale. Allora quando e in che modo gli

uomini hanno imparato a leggere? La corteccia cerebrale è il frutto di un’evoluzione

biologica che è durata milioni di anni prima che fosse inventata la scrittura: come ha fatto

il nostro cervello ad adattarsi?

E’ bene tenere presente che, differentemente da quanto proponevano nel passato

alcuni filosofi, il nostro cervello non è una tabula rasa sulla quale è sempre possibile

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disegnare nuove funzioni, bensì è una complessa infrastruttura abbastanza preorganizzata

ma anche in grado di adattarsi a nuovi compiti.

Non c'e' dubbio che i sistemi di scrittura a loro volta si siano dovuti adattare ad

alcune restrizioni biologiche imposte dalla natura stessa del nostro cervello.

Quello che oggi sappiamo è che due meccanismi sembrano agire in parallelo.

Uno, di natura fonetica, in grado di convertire le lettere lette in suoni vocalizzati. Un

secondo meccanismo, di natura lessicale, consente invece l’accesso a un vero e proprio

dizionario semantico delle singole parole.

Inoltre, quando si prepara a leggere, il cervello adatta la distanza degli occhi dal

testo alla grandezza dei caratteri per assicurarsi di essere in grado di cogliere sempre

all’incirca tra le sette e le nove lettere. Questo valore, che è piccolo, corrisponde più o

meno all’informazione che può essere elaborata da un singolo atto visivo.

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Nel Medioevo era abituale la lettura ad alta voce perche' questa consentiva di

passare dal canale visivo a quello uditivo e da questo a quello semantico. E tutto

sommato questo è il modo con il quale i bambini iniziano a leggere tuttora.

Ma nell’odierno adulto, ormai abituato a leggere in grandi quantità fin

dall'infanzia, si stabilisce una specie di connessione diretta tra la vista e la semantica,

anche se sembra che il canale fonetico sia in funzione, pur se all’insaputa di chi legge. In

ogni caso i due canali, fonetico e lessicale, continuano a operare in parallelo.

Per rendersi pienamente conto del ruolo del canale lessicale occorre tenere

presente che molte parole sono omofone, ossia appaiono con lo stesso suono. La semplice

frase "sparò un colpo alla c(i)eca" se solo pronunciata, e al di fuori di un contesto, si

presta a notevoli ambiguità. Cosa vuol dire: un colpo alla non vedente, a caso, alla

cecoslovacca, alla ex comunita' europea carbone acciaio...?

L’italiano è una lingua tutto sommato abbastanza poco omofona, ma l’inglese lo è

in una misura terrificante: maid-made; raise-raze, board-bored, muscles-mussels...

Gli esempi sono infiniti e fanno dell’inglese una lingua molto difficile da

apprendere da adulti, come e' ben noto; tanto che gli stessi inglesi pensano di

semplificarla, come in parte hanno fatto gli americani.

Ma l’esempio più rilevante viene dalla lingua cinese, nella quale l’omofonia

raggiunge livelli quasi impensabili.

Basti considerare il breve testo che segue.

A un lettore occidentale che non conosca il cinese sembra estremamente

complesso da interpretare e quantomeno da leggere. Eppure basta ripetere per ogni parola

scritta il suono "shi", con lievi variazioni di intonazione: shi shi shi shi shi....

Tutto ciò potrebbe sembrare assurdo, eppure le varie parole che compaiono in

questo breve testo vengono tutte pronunciate shi, con opportuno accento tonico.

E il racconto è abbastanza semplice e narra di un certo signor Shi che amava

mangiare leoni. Viveva in una stanza di pietra. Un giorno, recandosi al mercato verso le

dieci, vide dieci leoni e li uccise per paura di perderli. Li porto' a casa e fece pulire la

stanza da un servitore e poi li cominciò a mangiare, rendendosi conto che erano proprio

dieci leoni quelli che mangiava...

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È un racconto del tutto surreale, ma ogni parola si pronuncia shi, con opportuna

intonazione, il che ci lascia in parte interdetti. Eppure pensiamo allo " sparo' una colpo

alla c(i)eca...."...

Può essere interessante approfondire per un momento le difficoltà che attualmente

incontrano i cinesi nel processo di scritttura-lettura perchè, soprattutto a causa di Internet

e delle digitalizzazione delle informazioni, essi stessi devono iniziare a utilizzare le

tastiere dei computer e dei microcomputer (vedi anche : China’s language input system in

the digital age affects children’s reading development, PNAS 2012).

In Cina è in atto una sostanziale romanizzazione delle parole cinesi (il cosiddetto

pinyin), romanizzazione che mantiene più o meno l’aspetto fonetico della parola cinese

digitata, ma non quello grafico. In estrema sintesi i nuovi fonemi sono simili ai

precedenti, ma non i grafemi.

Nel digitare una parola sulla tastiera i cinesi devono selezionare il giusto grafema

corrispondente da un elenco non piccolo.

Ricordiamo che il cinese è essenzialmente una lingua monosillabica, nella quale

le singole sillabe sono rappresentata da ideogrammi che hanno seguito un’evoluzione

biologica (cervello)-culturale non molto diversa da quella delle lingue occidentali, ossia

una progressiva astrazione di tratti presenti originariamente nell’entità complessiva

rappresentata, come raccontato in modo più approfondito in altra parte di questo

articolo.

Attualmente, durante le scuole elementari, i bambini cinesi devono imparare

almeno tremila segni per essere in grado di saper almeno leggere un giornale. Un cinese

veramente colto conosce oltre trentamila segni, e le loro eventual combinazioni.

L’utilizzo della tastiera e la romanizzazione del cinese potrebbe col tempo

condurre a un indebolimento delle capacità menmoniche degli studenti e quindi a un

minor livello di alfabetizzazione.

Ma per operare nel mondo di Internet occorre soprattutto velocità e ciò comporta

altre metodologie di scrittura rispetto a quelle tradizionali. Insomma è un serpente che si

morde la coda.

I cinesi sono ben consci delle dimensioni del problema tanto che recentemente in

una trasmissione televisiva di successo (luglio 2014) hanno dato una dimostrazione

pratica dell’attuale situazione. Hanno interrogato un certo numero di adulti per sapere

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come avrebbero scritto la parola pettegolezzo, il cui suono è più o meno feiwen, e che è

bisillabica, ossia composta di due segni.

Oltre il 50% degli intervistati ha fallito il test.

Ancora una volta dobbiamo enfatizzare il ruolo dell’omofonia nella lingua cinese.

Gli intervistati hanno sbagliato ma ben tre parole bisillabiche cinesi hanno lo stesso

suono, ossia più o meno fei-wen, che si avverte subito come bisillabico.

E occorre aggiungere che serve molta concentrazione per scrivere (o meglio

disegnare) un carattere cinese. Se viene meno questa capacità, quasi artistica, viene a

mancare uno dei pilastri della cultura cinese, un elemento fondamentale della loro

identità culturale.

Da tutte queste considerazioni sulla lingua cinese emerge ancora più chiaramente

che siamo dotati di un meccanismo lessicale, a sua volta fornito di un dizionario di

termini, di crescenti dimensioni, che viene interrogato per comprendere nell'ambito di un

contesto il significato di ogni singola parola, indipendentemente dalla sua forma fonetica.

Questo ci fa intuire quanto complessa e dinamica sia l’infrastruttura preposta alla

lettura, e come questa a sua volta possa modificare, ed essere a sua volta modificata,

la/dalla cultura acquisita e in via di evoluzione

Nuove tecnologie certamente influiscono sul modo di leggere e quindi sui nostri

meccanismi cerebrali così plastici e quindi sulle nostre abitudini e su nostri

comportamenti.

la complessiva infrastruttura cerebrale umana preposta alla lettura

Per riassumere quanto detto, cerchiamo di vedere in maniera molto semplificata

come potrebbe apparire la complessiva infrastruttura cerebrale umana, preposta alla

lettura, a seguito delle più recenti ricerche neurologiche.

Come gia' accennato, un'opinione molto diffusa da secoli e' quella che il cervello

umano, a differenza di quello di altri animali, sia una "macchina di apprendimento" in

grado di adattarsi a ogni nuovo compito culturale, per quanto complesso esso sia. L'uomo

si e' liberato dagli istinti per inventare sempre nuove forme di comportamento.

Un primo serio colpo venne inferto a questa teoria nel 1892 quando un neurologo

francese, Joseph-Jules Dejerine scopri' che una lesione riguardante una piccola zona della

parte sinistra del cervello (preposta alla visione) determinava una completa incapacita' di

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leggere, pur consentendo di vedere oggetti e persone.

Le moderne tecniche di scansione cerebrale (brain imaging) confermano che

questa regione del cervello svolge un ruolo fondamentale nei processi di lettura di un

testo. Dislocata nella stessa posizione cerebrale per tutti i lettori del mondo, sembra

rispondere automaticamente agli impulsi visivi provenienti da lettere scritte.

In meno di un quinto di secondo, ossia di un tempo cosi' breve da essere al di

sotto della soglia della percezione cosciente, questa regione cerebrale estrae l'identita' di

un gruppo di lettere indipendentemente dalle possibili differenze di forma, di dimensioni,

o di posizione. L'informazione cosi' estratta viene poi inviata a due ulteriori regioni

cerebrali distribuite nei lobi temporali e frontali, che rispettivamente codificano la

struttura sonora e il significato della sequenza stessa. Nel caso della lettura le forme dei

sistemi di scrittura si sono evolute verso una progressiva semplificazione, pur rimanendo

compatibili con lo schema di riconoscimento visuale presenti in tutti i primati.

Un'affascinante teoria del neurologo Marc Changizi (Visual Revolution) mostra

come tutti i sistemi di scrittura utilizzino lo stesso insieme di forme base, e mostra altresi'

che queste forme fanno gia' parte del sistema visivo di tutti i primati perche' vengono

utilizzate anche per codificare immagini di scene naturali.

E' noto che i bambini di tutto il mondo cominciano le loro attivita' grafiche molto

presto, disegnano figure molto simili e sembrano seguire un programma di sviluppo

mentale simile.

I disegni dei bambini diventano i mattoni fondamentali della scrittura e anche

della percezione visiva. E questo perche' l'uomo si e' evoluto per centinaia di migliaia di

anni (se non per milioni) per ricavare dall' ambiente che lo circonda la visione di entita'

complessive, e di non parti di entità', perché le entita' (un albero, un cavallo, un fiume,

..) sono ciò che resta sostanzialmente invariante, nel corso del tempo e sono quindi i

fondamentali per dare un senso al mondo.

Il nostro cervello cerca quasi naturalmente tali entita' e vuole interpretare gli

stimoli esterni come entità'.

Nel corso della sua evoluzione l'uomo ha quindi sostanzialmente riciclato queste

forme (e la corrispondente parte di corteccia cerebrale) e le ha trasformate in un codice

culturale utilizzato nel linguaggio.

La vista e l’udito sembra che si siano evoluti in maniera parallela, e finanche

sinergica, nell’acquisire dall’ambiente circostante l’individuo suoni e immagini.

E’ noto che l’acquisizione del linguaggio parlato ha preceduto, e di molto, quella

del linguaggio scritto e letto.

Possiamo immaginare che ci siano state alcune fasi molto lunghe, e distanziate nel

tempo, durante le quali i meccanismi cerebrali necessari per le nuove funzioni si sono

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progressivamente arricchiti e stabilizzati.

Non sappiamo quando e in che modo sia stato acquisito il linguaggio umano, ma

immaginiamo che i suoni naturali siano stati via via selezionati e in qualche modo

classificati: anche gli animali sanno distinguere, secondo la loro specie, alcuni richiami

tipici.

Noi stessi, al di là delle parole, se ci troviamo inseriti in un bosco, per esempio,

sappiamo distinguere alcuni suoni più o meno distinti. Un fruscio può avvertirci della

presenza di un uccello o piutttosto di un serpente, mentre un ringhio può farci capire la

presenza di un predatore, e così via, pur non vedendoli.

Quello che non appare immediato è che nei suoni che percepiamo c’è una

sostanziale regolarità. Il suono prodotto da due oggetti che si urtano è diverso da quello

di due oggetti che scivolano l'uno sull’altro, come è diverso lo scorrere dell’acqua, tanto

che possiamo riconoscere in un bosco la presenza di un piccolo ruscello seminascosto dal

suono dell’acqua che scorre.

Ovviamente il cervello umano ha classificato questi suoni nel corso di periodi

lunghissimi durante i quali si è progressivamente evoluto. E in tal modo deve essere

arrivato a una forma di classificazione semplificata secondo la quale esistono

essenzialmente tre tipi base di suoni: il colpo, lo sfregamento e il suono liquido.

Non c’è perciò da stupirsi quando si nota che i suoni che la nostra bocca emette

possono anche essere classificati più o meno nello stesso modo.

Alcune consonanti, come q, t, p, b,.. danno l’impressione di un suono secco:

mentre altre come s, f, v,.. ricordano il suono dello sfregamento di due corpi; e infine

vocali e consonanti come r, l,.. sono sostanzialmente suoni liquidi.

Deve essere stato con un simile armamentario fonetico che l’uomo ha cominciato

a creare i suoi segnali per renderli via via sempre più complessi fino ad acquisire un

alfabeto, una grammatica e una sintassi, in un processo di centinaia di migliaia di anni.

La lingua parlata si fonda quindi su di una atomicità di suoni che, benchè ampia, è

ristretta a qualche decina di forme sonore di base, dalle quali col tempo sono stati ricavati

singoli fonemi che poi sono andati a costituire, attraverso opportuni raggruppamenti, le

parole del linguaggio.

Ma tutte le lingue più o meno condividono le stesse sonorità. Alcune sono

certamente più difficili da acquisire di altre, e vanno apprese durante l’infanzia, quando

l’elasticità cerebrale è massima. E quindi il linguaggio parlato alla fine è una

composizione ben organizzata di suoni di base.

Intanto nel corso dell’evoluzione dell’uomo anche le capacità visive si sono

perfezionate e l’uomo ha imparato a imitare le forme della natura così come ne imitava i

suoni.

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Occorre enfatizzare il fatto che l’uomo ha imparato a disegnare molto prima di

imparare a scrivere e quindi a leggere, come i bambini.

Le recenti scoperte delle meravigliose caverne di Cosquier e Chauvet hanno

mostrato quale incredibile capacità pittorica possedessero uomini di trentamila anni fa. La

grotta di Chauvet, da molti definita la Cappella Sistina del Paleolitico, mostra delle

pitture rupestri di una bellezza straordinaria per coloratura, per verosimiglianza, per

capacità di cogliere scorci che fanno intravedere quasi principi di prospettiva.

Da una simile capacità di disegno l’uomo ha tratto evidentemente la capacità di

astrarre. Di simboleggiare e di arrivare a definire elementi primitivi del disegno, veri e

propri atomi (come righe, circoli, incroci,..) che sono poi confluiti nella simbologia del

linguaggio scritto.

Esperimenti condotti negli ultimi anni su persone illetterate hanno mostrato che

la regione cerebrale di cui parliamo, prima di essere interessata dalle parole, viene

utilizzata per il riconoscimento di volti e oggetti. Si e' anche notato come questa regione

sia particolarnente sensibile ai contorni di forme naturali, come per esempio le forme di

tipo "Y" nei rami degli alberi.

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Forse proprio da una simile attivita' cerebrale e' nata una predisposizione verso la

forma delle lettere, che sembrano cosi' una specie di riciclaggio di forme preesistenti. Il

cervello durante la lettura non sembra basarsi sulla forma complessiva della singola

parola, ma sembra piuttosto decomporla in singoli grafemi, a una velocita' tale da dare

l'illusione di una lettura simultanea dell'intera parola.

La parte della corteccia visiva umana responsabile per il riconoscimento delle

entita' è organizzata in una gerarchia, in cui i livelli più bassi sono responsabili di

riconoscere le caratteristiche visive semplici di tali entita' come bordi o tratti, i livelli

medi di gestire giunzioni o lettere, e livelli piu' alti sono responsabili di intere entita',

ideogrammi o parole.

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Poiche' il cervello non si è evoluto per elaborare ideogrammi e parole scritte, la

cultura umana ha selezionato ideogrammi e parole che siano a loro modo delle intere

entita', sia nel condividere una simile complessità , sia nell'essere composti di un numero

simile di costituenti (tratti, giunzioni, forma topologica,..).

La parte di cervello che risponde agli impulsi visivi che provengono dalle forme

delle entita' esterne si trova nell'emisfero sinistro, nella parte inferiore, e appartiene a una

regione cerebrale piu' vasta che aiuta a riconoscere l'ambiente nel quale ci si trova. Ed e'

in questa stessa posizione nel cervello di un europeo, di un cinese, o di un africano.

Attraverso quest'area transitano tutte le informazioni che riguardano le parole

scritte, prima di essere distribuite a ulteriori e differenti aree.

E se anche tutti i sistemi di scrittura condividono certe strutture neurologiche

universali alcune lingue utilizzano differenti regioni cerebrali. Per esempio il cervello di

un lettore cinese richiede una robusta attivazione di regioni visuali nell'area occipitale,

ossia uno spazio corticale necessario per acquisire le migliaia di caratteri della lingua

cinese. Di contro la lettura alfabetica occidentale richiede una maggiore attivita' nelle

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regioni temporali e parietali per tenere conto delle relazioni tra segni e suoni (fonemi).

Il sistema di scrittura individuale condiziona quindi l'infrastruttura neurologica

finale delle zone cerebrali dedicate alla lettura.

Se l'area del cervello che analizza gli input visuali individua delle lettere le

proietta verso altre aree corticali atte all'estrazione del suono o del significato. Quest'area

del cervello e' un'area che sembra interessata essenzialmente alla presenza di lettere e non

tanto alla forma nelle quali esse si presentano.

Quindi non fornisce una risposta diversa se la specifica lettera e' minuscola o

maiuscola, corsivo o grassetto, grande o piccola. E sembra che in quest'area alcune zone

corticali rispondano a intere parole mentre altre a singole lettere.

E' interessante aggiungere che quest'area cerebrale si trova posizionata tra quella

che riconosce l'ambiente e gli eventuali edifici e l'altra preposta al riconoscimento dei

volti. Tuttavia le zone di frontiera tra queste diverse tre aree sono meno nettamente

differenziate di quanto potrebbe sembrare. La specializzazione funzionale sembra

riguardare piuttosto singoli neuroni che non intere aree, e spesso neuroni specializzati per

alcune funzioni si mescolano con altri preposti ad altre.

L'analisi visuale e' solo il primo passo nel processo di lettura. A essa segue

l'estrazione del significato e delle sequenze sonore associate, attivita' che vengono svolte

in parallelo in differenti aree corticali.

Quindi differenti reti neuronali sembrano interessate nell'elaborazione dei suoni e

dei significati. Una regione nota come il piano temporale, nell'ambito del lobo temporale,

sembra essere coinvolta nella concordanza tra lettere e suoni. E le regioni mediosinistra e

ventrale del lobo temporale sinistro sembrano coinvolte nella creazione del significato.

Le regioni vicine alla parte anteriore del lobo temporale sembrano coinvolte

nell'estrazione del significato di parole combinate in frasi.

Le funzioni di queste regioni sembrano dipendere da informazioni memorizzate in

memoria. Si pensa che queste aree agiscano come zone di convergenza delle

informazioni che provengono da altre parti del cervello.

Ma allora la domanda chiave e': se la zona preposta al riconoscimento delle lettere

era gia' presente nel cervello quando si e' lentamente iniziato a leggere, cosa faceva prima

questa zona cerebrale? L'intera regione cerebrale nella quale quest'area e' inserita viene

coinvolta nel cosiddetto riconoscimento visuale invariante, ossia il riconoscimento di

oggetti, volti e scene che non dipende dal particolate punto di osservazione, di

illuminazione o da altri tipi di variazioni.

Questo tipo di invarianza e' di un'importanza assolutamente fondamentale perche'

consente di mantenere una visione coerente dell'ambiente nel quale si vive. E la sua

importanza e' tale da essere stata estesa con un intuito prodigioso da Einstein che ne ha

fatto il cardine forse fondamentale della fisica moderna. Per un osservatore che si trovi

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nello spazio-tempo i fenomeni devono essere invarianti comunque li si osservi. Il punto e'

cosa deve essere invariante? E da li' e' partita la sua straordinaria analisi che ha condotto

alla teoria della relativita', che in realta' e' una teoria dell'invarianza.

Non sottovalutiamo poi il fatto che questa strana zona cerebrale viene utilizzata

da popolazioni primitive illetterate per leggere altre informazioni, che possono essere

segnali di varia natura provenienti dall'ambiente circostante.

In una foresta pluviale tropicale, per esempio, e' molto pericoloso muoversi se

non si sanno leggere tali segnali.

A mo' di esempio racconto un'esperienza personale che mi capito' negli anni

Settanta quando con un notevole livello di ingenuita' e di incoscienza mi avventurai in

una foresta della Nuova Guinea. Ero arrivato da poche settimane e con una certa

regolarita' frequentavo un bordo della foresta non lontano da un piccolo villaggio. Era un

posto magico, con dei colori incredibili, ai quali pero' non ero abituato. Le varie

sfumature di colore mi sfuggivano e con essi i mimetismi di insetti e animali.

Passavo il tempo a fotografare farfalle. E dopo pochi giorni venni individuato dai

bambini del villaggio i quali, sei o sette, erano sempre vicino a me a guardare affascinati,

soprattutto il bagliore del flash che usavo per dare piu' luce a certe immagini.

Ed ecco l'episodio che poteva avere per me una svolta forse persino drammatica.

Mi ero fissato a fotografare una piccola farfalla celeste, simile alle nostre licene, che

continuava a volare e a posarsi ad ali aperte su di una grande foglia.

I bambini mi guardavano costantemente e sorridevano con grande simpatia. Una

bambina, forse di quattro o cinque anni, con due enormi occhi neri, era la piu' vicina.

Allora le feci il gesto di avvicinarsi, le feci capire che l'avrei fotografata. Mi

guardo', rimase ferma ma parlo' e disse una sola parola: ular! Per mia grande fortuna

avevo imparato alcune parole chiave. Ular voleva dire serpente. E la bambina mi

avvertiva che dov'ero io c'era un serpente, certamente pericoloso.

Lei era a distanza di sicurezza, ma io no. Tutto questo lo compresi in un istante.

Rimasi fermo, impaurito ma calmo. Cominciai a guardare intorno con estrema attenzione.

E finalmente a sei-sette metri da me lo vidi, ular. Era un Acanthopis antarcticus, detto

anche vipera della morte. Non e' un viperide ma un elapide, ma assomiglia a una vipera.

E' corto e tozzo, ed e' estremamente velenoso.

Ma non e' aggressivo, a meno di non finirgli addosso. La velocità' del suo morso

e' incredibile (il lettore curioso puo' trovare i filmati su youtube!).

Allora con molta calma lo fotografai, seminascosto tra le foglie in terra. Poi, dato

che sono impenitente, tagliai un lungo ramo e volli vedere come reagiva. Era

quasi indolente, ma non scemo perche' non mordeva il ramo.

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Alla fine lentamente se ne ando' piu' in la'. Ma sarebbe bastato prima qualche

passo in piu' e forse non avrei potuto scrivere questo articolo.

La bambina era un'illetterata. Chissa' quando e se avrebbe imparato a scrivere e

leggere. Ma gia' conosceva i segni della foresta, e quelli si' che li sapeva leggere.

Tante volte penso a lei con riconoscenza e anche con ammirato stupore: c'e'

qualcosa di magico nel mondo in cui viviamo. E ho ancora due grandi fotografie del

serpente che talora guardo quasi con riverenza.

Questo breve racconto personale ci puo' riportate al tema dell'utilizzo dei tablet

come strumenti di lettura. In che modo influiranno sui nostri comportamenti. Anche se e'

molto difficile fare una reale previsione si puo' comunque intuire che cio' che si può

guadagnare per certi aspetti, lo si puo' perdere per altri. Il cervello, per quanto potente e

complesso e' comunque un sistema finito ed e' noto che un elevato livello di

alfabetizzazione letteraria non porta necessariamente a riconoscere altre informazioni di

natura completamente diversa che spesso, come gia' accennato, sono essenziali per

muoversi in ambienti del tutto diversi da quelli delle nostre civilta'.

Come e' stato gia' osservato da altri, e piu' volte ormai, sembra che il cervello non

si sia evoluto sotto la spinta dell'evoluzione culturale, ma piuttosto quest'ultima e'

avvenuta rispettando norme ben precise fissate proprio dalla natura stessa del cervello

umano. Quindi possiamo gia' avanzare un'ipotesi.

La rivoluzione dei tablet nell'ambito della lettura sara' in un certo senso meno

dirompente di quanto potremmo temere. Dal rotolo, al codice, al libro, la cultura umana

ha mantenuto di fatto una sostanziale continuita' pur consentendo un piu' agevole accesso

alle informazioni.

Cerchiamo allora di comprendere meglio cosa potrebbe avvenire.

influssi culturali dei tablet

Come potranno influire la nuova tecnologia dei tablet sui nostri meccanismi

cerebrali di lettura e quindi sui nostri comportamenti e sulla nostra cultura? Alcuni aspetti

ci appaiono già abbastanza evidenti mentre altri sono più elusivi e persino contraddittori.

Con l’avvento delle nuove tecnologie informatiche, di Internet, degli smartphone

e dei tablet ci stiamo orientando verso una crescente gestione simultanea di più obiettivi e

compiti (multitasking) e la nostra attenzione rischia di frammentarsi. Per quanto riguarda

la lettura sembra che stiamo perdendo la capacità di concentrarci su testi lunghi e lineari.

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Se pensiamo alle dimensioni dei maggiori romanzi classici

dell’Ottocento/Novecento, e all’impegno che essi richiedono per essere letti, constatiamo

che una crescente frazione dei lettori non sembra più in grado di affrontarne la

complessità. Un testo di oltre tremila pagine, quale la Ricerca del tempo perduto di

Proust, disseminato di singole frasi che talora occupano un’intera pagina, non sembra più

attraente per la maggior parte dei lettori.

I tablet stanno abituando i lettori a una continua scansione dello schermo per

saltare in continuazione da un’informazione a un’altra più o meno correlata alla prima, e

così via.

Probabilmente la tattilità e la permanenza fisica della carta produce un’esperienza

cognitiva ed emotiva diversa, con un lettura che non può essere frammentaria ma che

richiede un’attenzione sostenuta e continua, una vera e propria immersione psicologica

nell’argomento trattato, quella che viene denominata la "lettura profonda".

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Diversi studi sono stati fatti negli ultimi anni per cercare di comprendere le

mutate attitudini dei lettori di testi digitali su supporti elettronici rispetto ai lettori

tradizionali di libri e giornali stampati su carta. Erik Wästlund della Karlstad University

sostiene di aver scoperto che gli studenti imparano meglio quando leggono su supporti

cartacei.

In termini quanto mai semplificati sembra che il testo sulla carta sia più facile da

capire. Un'obiezione comune è stata per anni che una volta gli schermi di nuova

generazione fossero stati disponibili le differenze sarebbero scomparse.

In realtà sostiene Wästlund anche se gli schermi attuali sono molto migliorati,

basti pensare allo schermo Retina della Apple, i nostri cervelli sono sempre gli stessi. I

tablet offrono certamente sorprendenti opportunità per accedere a molteplici

informazioni, ma quando si tratta di lettura e apprendimento profondo, sembra ancora

come se il materiale stampato fosse preferibile. Wästlund ha presentato agli studenti dei

suoi esperimenti un’ampia varietà di formati di documento sullo schermo. Il più influente

fattore, ha trovato, era se potevano vedere le pagine nella loro interezza. Quando invece

le dovevano far scorrere, le loro prestazioni ne soffrivano. E anche il leggero sforzo

necessario per trascinare un mouse o passare il dito richiede un piccolo ma significativo

investimento di attenzione, che è superiore a quello necessario per sfogliare una pagina di

libro

Il testo di una pagina che scorre su e giù disturba anche l'attenzione visiva del

lettore, costringendo gli occhi cercare continuamente nuovi punti di partenza e ri-

focalizzazione Lo scorrimento digitale di un testo impegna risorse mentali che potrebbero

essere utilizzate per una migliore comprensione dello stesso.

Ma ci sono anche altri importanti aspetti che vanno considerati. Muoversi

all'interno di un libro, o di un'intera biblioteca, non e' la stessa cosa che muoversi

nell'universo di Internet, o anche nello spazio molto piu' ridotto di un libro elettronico.

Nel mondo fisico dei libri di carta le informazioni sono correlate a una collocazione quasi

geografica.

Le informazioni dei libri reali si ricordano piu' o meno come quelle dei luoghi in

un bosco: non mi ricordo esattamente come sia quell'albero e nemmeno esattamente dove

sia, ma so arrivarci.

La biblioteca personale funziona quasi come un'estensione del cervello. Non si

possono ricordare in dettaglio tutti i libri che si sono letti, ma piu' o meno si sa dove sono

nella libreria perche' ci sono dei punti di riferimento fissi. Una volta trovato il libro anche

questo si presenta con una struttura fisica spazialmente ben ordinata.

I libri non sono flussi orizzontali e uniformi di testo, ma sono divisi blocchi

(capitoli e paragrafi) opportunamente numerati. All'interno di ogni paragrafo ci sono

parole spesso di dimensioni diverse, frasi di diversa lunghezza, ci sono figure, tabelle,

immagini, che forniscono spunti per aiutare la navigazione mentale alla ricerca della

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specifica informazione.

Tutti questi segnali si fondano su di una collocazione spaziale fissa all'interno del

libro e della pagina.

Internet e gli e-book hanno certamente dei pregi che le librerie fisiche non hanno,

ma sono profondamente diversi in termini di navigabilita' spaziale e quindi possono

difficilmente essere considerati una vera e propria estensione fisica del cervello. La

topografia di Internet o di un libro digitale e' piu' astratta, meno solida da un punto di

vista puramente intuitivo, e hanno bisogmo di strumenti opportuni (tipo Google) per

restituire il loro patrimonio.

Ma soprattutto per Internet si pone un problema non facilmente intuibile, ma

sostanziale, che e' quello di non perdersi tra troppe informazioni senza mai arrivare a

quella giusta.

Con una preveggenza quasi straordinaria, nel 1941, Jorge Luis Borges scrisse un

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racconto, La biblioteca di Babele, nel quale si narra di un vecchio bibliotecario che ha

passato tutta la vita alla ricerca del libro che desse senso alla sua esistenza. Nella sua

immensa biblioteca, di una forma quanto mai singolare, ci sono libri in tutte le lingue,

alcuni indecifrabili, e altri che a ogni lettore offrono differenti interpretazioni.

La biblioteca, come Internet, contiene tutte le informazioni possibili, tutta la

conoscenza e quindi tutta la realta'. Ma come si puo' trovare il libro indice, quello che ci

guida al libro giusto? Il bibliotecario non lo ha mai trovato, la vita non ha senso.

La brevissima sintesi, un po' azzardata, che ne abbiano dato puo' solo

lontanamente far comprendere il paradosso che si cela in questo meraviglioso racconto

che sembra in qualche modo precorrere i paradossi di Internet.

E possiamo intuire che la nostra mente, che ha letteralmente progettato la sua

capacita' di leggere e di scrivere, sia oggi di fronte a difficolta' di adattamento non

irrilevanti.

Sullo schermo di un tablet si procede per scansioni, cercando quasi

involontariamente parole chiave, e si finisce spesso col leggere in modo selettivo. Con le

pagine di carta si tende invece a concentrarsi maggiormente sul flusso del testo. La lettura

di un testo su tablet avviene in modo quasi globale (skimming) mentre nella lettura di un

testo su carta su procede piu' linearmente ( scanning).

La lettura di un testo digitale tende a impegnare piu' risorse se occorre filtrare

collegamenti ipertestuali o se, soprattutto, lo stesso tablet e' connesso a Internet e quindi

soggetto a possibili interruzioni.

Gli occhi possono anche affaticarsi piu' che sulla carta per la mutevolezza dello

schermo dovuta a layout, colori, e contrasti diversi. Se poi le righe di testo sono troppo

lunghe diventa necessario spostare di molto gli occhi, e il tutto si complica se il testo e'

organizzato in piu' colonne.

Il tipo di carattere, il colore e le dimensioni del testo possono concorrere a rendere

la lettura digitale piu' facile o piu' difficile. E mentre tali variabili sono certamente

presenti nei testi stampati su carta in quelli digitali la gamma di formati e layout che

appaiono sullo schermo e' molto ampia.

E la transizione tra un layout e un altro puo' avvenire di momento in momento, e,

ogni volta richiede un adattamento degli occhi. Ogni regolazione, a sua volta, richiede

energia mentale e fisica.

Il mondo digitale sembra accelerare tutto, mentre la riflessione, e quindi la lettura

profonda, richiedono lentezza e calma. Italo Calvino nelle sue celebri lezioni americane

aveva intuito, come Borges, i paradossi che il mondo postmoderno avrebbe dovuto

affrontare e con grande acume fece un elogio della leggerezza scrivendo che: " ....tra le

molte virtu' di Chuang-Tzu c'era l'abilita' nel disegno. Il re gli chiese il disegno di un

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granchio. Chuang-Tzu disse che aveva bisogno di cinque anni di tempo e d'una villa con

dodici servitori. Dopo cinque anni il disegno non era ancora cominciato. "Ho bisogno di

altri cinque anni" disse Chuang-Tzu. Il re glieli accordo'. Allo scadere dei dieci anni

Chuang-Tzu prese il pennello e in un istante, con un solo gesto, disegno' un granchio, il

piu' perfetto granchio che si fosse mai visto...".

Occorrera' ancora molta pazienza in questa inevitabile transizione culturale cui

stiamo assistendo.

E non dimentichiamo che siamo esseri fisici che avvertono la fisicita', e che ne

hanno bisogno.

Nell'attivita' di lettura la sensazione delle pagine sotto la propria punta delle dita

non è semplicemente il fascino del vecchio stile. E ' in realta' una ricca fonte di

informazioni che ha il pregio di informare momento per momento i lettori della loro

posizione in un testo. Il senso della posizione è importante perche' fornisce una sorta di

impalcatura concettuale in cui l'informazione e la sua memorizzazione vengono quasi

automaticamente fatti propri, e l'impalcatura è tanto più forte quando piu' essa e' costruita

su segnali sia visivi sia tattili.

Le interfacce elettroniche sono caratterizzate soprattutto da barre di avanzamento

simboliche, ma si tratta di stimoli puramente visivi, piuttosto che tattili. Le pagine

tendono anche a essere visualizzate singolarmente piuttosto che a coppie, limitando

ulteriormente la loro rappresentazione spaziale. E in un certo senso gli e-reader e i tablet

sono essenzialmente costituiti da una sola pagina che è costantemente riscritta.

I libri di carta consentono anche diversi tipi di annotazioni: sottolineature, note a

margine, piegature sull'angolo esterno della pagina come segnalibro,.. E tutto cio' per

molti è parte integrante della lettura profonda. Il software di lettura dello schermo di un

tablet può permettere annotazioni, ma il processo e' molto meno tattile ed alcuni studi

hanno indicato che esistono stretti legami tra il gesto e la cognizione.

Infine il tablet è anche fragile: se cade può guastrasi e rendere inaccessibili le

informazioni ivi conservate. La carta è molto meno fragile; si può strappare o macchiare

ma resta ancora leggibile.

Il mondo della lettura digitale puo' quindi richiedere al lettore una maggiore

attenzione e un maggior autocontrollo rispetto alla lettura tradizionale. E cio' puo' voler

dire che per entrare nel mondo della lettura digitale occorrera' una formazione

intellettuale piu' complessa e rigorosa rispetto alla lettura tradizionale, e cio' soprattutto

nei bambini.

Ma noi riteniamo che poi l'attivita' di lettura dovrebbe essere sostanzialmente

equivalente dal punto di vista del complessivo rendimento intellettuale. E col tempo si

dischiuderanno possibilita' e opportunita' intellettuali ancora non prevedibili.

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E c'e' forse un'altra transizione in atto che potrebbe aiutarci a comprendere quella

verso la lettura digitale.

il ruolo della scrittura in corsivo

Già' molto tempo prima dell'avvento del libro digitale, almeno due o tre decine di

anni fa, un altro fenomeno ha attratto l'attenzione di insegnanti, psicologi, e piu' in

generale uomini e donne di cultura: la progressiva scomparsa della scrittura in corsivo.

I giovani, in maniera sempre piu' massiccia, tendono a scrivere su carta, con

penna o matita, utilizzando le sole maiuscole. E questa tendenza si e' accentuata con

l'arrivo dei personal computer, dei telefoni cellulari e dei tablet.

Non e' nemmeno vero che scrivano di meno, anzi. Ormai l'utilizzo di Twitter,

degli sms e delle email sta facendo aumentare in modo significativo la quantita'

complessiva di parole scritte ogni giorno dai giovani.

Quello che certamente cambia e' la sintassi, molto piu' semplice e quasi

scarnificata, delle loro frasi, e ovviamente anche l'uso di una tastiera (utilizzata con

crescente maestria) al posto di penne, matite e carta.

Del resto io stesso sto scrivendo questo mio testo su di un tablet, con un dito

mentre con l'altra mano sostengo il tablet.

Ma e' un male la morte del corsivo? E' una domanda non dissimile da quella della

morte del libro di carta.

Il fenomeno della riduzione del corsivo ha preceduto di molti anni l'avvento del

libro digitale e forse potrebbe dirci qualcosa sugli effetti culturali di quest'ultimo.

Cosa si e' detto sul progressivo abbandono del corsivo? Non dimentichiamo che la

calligrafia, ossia la bella scrittura, e' stata tradizionalmente uno dei fondamenti

dell'istruzione nelle scuole elementari.

E ricordiamo anche che la bella scrittura, ossia il vero corsivo, richiederebbe non

solo l'uso delle lettere minuscole, ma anche la scrittura di ogni parola con un singolo

tratto continuo, senza mai sollevare penna o matita dalla carta, e quindi un certo

virtuosismo.

Quando circa due decenni fa ci si e' accorti del fenomeno in atto si sono levate

grida di allarme.

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Si e' detto che l'uso del corsivo al posto dello stampatello, a ancor piu' l'uso del

computer, puo' influenzare la mente di un bambino.

Si e' anche detto che scrivere in corsivo vuol dire tradurre il pensiero in parole, in

unita' semantiche, mentre scrivere in stampatello vuol dire invece spezzettare il proprio

pensiero in singole lettere. Il corsivo come con un unico tratto collega le lettere cosi'

collega i pensieri in un unico flusso coerente.

E' anche vero che molti ragazzi non sufficientemente allenati a scrivere bene in

corsivo non riescono a rileggere le proprie parole e quindi sono comunque costretti a

ripiegare sullo stampatello.

E lo stampatello e' certamente piu' impersonale del corsivo e non si presta

facilmente alle perizie calligrafiche tipiche di tante storie non solo criminali. Il corsivo

secondo i grafologi e' una spia della personalita' e anche dello stato d'animo.

E si aggiunge anche che se non si impara il corsivo, con le sue caratteristiche,

come ci si potra' concentrare su di un testo?

Intorno al 1990 su molti giornali, da Time, al New York Times, a Forbes, a molti

altri ancora, sono apparsi molti articoli sul tema della "morte del corsivo", e ancora

adesso ne appaiono altri di tenore simile.

Tuttavia recentemente lo stesso New York Times (Let Cursive Handwriting Die,

1, V, 2013) ha cambiato parere, affermando che al corsivo dovrebbe essere consentito di

morire. In realta' sta gia' morendo, pur essendo stato insegnato per tanto tempo.

Una percentuale sempre minore di adulti usa il corsivo giorno per giorno. Mentre

gran parte della nostra comunicazione avviene ormai via tastiera.

Aggiunge il New York Times che educatori e responsabili politici dovrebbero

resistere alla tentazione di aggiungere sempre piu' competenze nei programmi educativi

per l'infanzia.

Inoltre ci sono poche ricerche ben documentate sul fatto che l'insegnamento del

corsivo influisca positivamente sulle capacita' complessive degli studenti, e comunque

non abbastanza per meritare il suo insegnamento.

Conclude il New York Times che il buon senso suggerisce che agli studenti

dovrebbe essere insegnata una qualche forma di grafia, ma non necessariamente sia lo

stampatello sia il corsivo.

Come e' stato fatto con l'abaco e il regolo, per l'insegnamento del corsivo e' il

momento di andare in pensione.

Che sia cosi' anche per il libro di carta?

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considerazioni conclusive

Chi scrive ritiene che, nonostante tutte le novita' e le difficolta' che la lettura

digitale sembra proporre, la rivoluzione in atto nel campo dei libri (e dei giornali) sia

inarrestabile: i giornali, le riviste, i libri un po' alla volta cesseranno di avere un supporto

cartaceo per diventare digitali, e quindi accessibili attraverso dispositivi elettronici.

I libri di carta potrebbero diventare col tempo oggetti d'antiquariato e di culto, un

po' come e' successo col trasporto per mezzo dei cavalli dopo l'avvento dell'automobile.

Molti editori si stanno rapidamente adeguando e imparano a utilizzare le nuove

tecniche. I maggiori quotidiani del mondo sono ormai fruibili, e a costo minore, via iPad.

C'e' da aggiungere un aspetto cui non si pensa immediatamente. Diversi testi di

politica, di economia, di tecnologia, di medicina, di storia,..vengono pubblicati negli

USA, nazione che e' comunque all'avanguardia intellettuale, e spesso questi testi sono di

grande attualita'. Non c'e' piu' bisogno di aspettare che la copia cartacea venga distribuita

anche in Europa (e in Italia): in forma digitale e generalmente a costo decisamente

minore sono immediatamente disponibili su scala mondiale.

Talora capita che il libro sia talmente bello da volerne poi anche la copia cartacea;

ma per una persona sufficientemente alfabetizzata si tratta quasi di un vezzo romantico

piu' che di un'effettiva necessita'.

E non c'e' solo questo.

Ci sono possibilità impensabili fino a qualche anno fa. Mi prendo la liberta' di

raccontare un’esperienza personale, che vale come possono valere tante altre esperienze

simili. Per un appassionato di entomologia, per chi ha imparato ad amare le farfalle da

bambino, come racconta mirabilmente Nabokov in Parla ricordo, i libri di farfalle sono

quasi dei testi sacri.

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Per la tipografia sono un’acquisizione relativamente recente: i primi libri di un

certo valore si collocano a cavallo tra il 18° e il 19° secolo.

Sono opere di enorme interesse perche' consentono di capire a grandi linee quale

fosse lo scenario naturalistico di un'epoca ormai svanita. E poiche' le farfalle stanno

scomparendo a un ritmo quasi accelerato, per chi le ama sono non solo il ricordo di un

tempo che fu ma anche una guida per capire quale potesse essere lo scenario

entomologico di uno o due secoli fa. E si fanno scoperte sorprendenti: le farfalle che

erano rare nel 1950 erano rare anche nel 1850. E queste permette di fare svariate

riflessioni. Il punto è che tali libri sono ormai molto difficili da trovare e hanno raggiunto

quotazioni quasi inarrivabili per un normale lettore. Il celeberrimo Seitz (Die gross-

schmetterlinge der erde), o il Rippon (Icones Ornithopterorum), vengono venduti, per

esempio, dall'antiquario Junk di Amsterdam a oltre ventimila euro ciascuno.

Io possiedo una copia del Sordelli (Museo entomologico, del 1885) cosi come di

altri testi, tra cui il sorprendente omonimo Ernst Hofmann (Die gross-schmetterlinge

Europas, 1887) su cui studiava a San Pietroburgo da bambino il gia' citato Nabokov.

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Quello che sembra stupefacente e' che la maggior parte di questi libri è stata

digitalizzata da organizzazioni diverse quali lo Smithsonian, l’università di Gottinga,

quella di Monaco,...ed è disponibile gratuitamente su Internet. Sono documenti pesanti,

spesso ben oltre il gigabyte, che però possono essere caricati su di un tablet e ivi

esaminati con infinito piacere, e gratuitamente. Anni fa mai avrei immaginato di poter

leggere la Fauna etrusca di Pietro Rossi, del 1798, forse il primo documento che

classifica le farfalle italiane (di una regione come la Toscana), con osservazioni

straordinariamente interessanti, ovviamente per un appassionato della materia.

Ed e' facile intuire che uno scenario simile si estenda a innumerevoli altre

discipline.

Questo è solo un esempio di quanto innovativa possa essere la tecnologia dei

tablet per una diversa fruizione di libri apparentemente quasi inaccessibili, a meno di non

visitare una biblioteca, spesso assai remota.

Piu' in generale con l'editoria digitale non esisteranno più libri esauriti e

inaccessibili, con un beneficio anche per le foreste (di cui si abbattono mediamente più di

9 milioni di alberi all'anno a fini editoriali).

Per i giovani di oggi questo scenario e' gia' attuale: il loro orizzonte di riferimento

sarà uno schermo, nello studio, nell'informazione come nel gioco.

Alle persone oggi anziane mancherà certamente l'odore, o meglio il profumo,

della carta, il piacere tattile del libro quasi accarezzato, la possibilità di sfogliare avanti e

indietro per mezzo delle "orecchie d'asino" messe a segnalibro sugli angoli delle pagine.

Le pareti di casa saranno forse meno calde calde e rassicuranti, come le

desiderava Montaigne.

Le tipografie saranno forse il settore che maggiormente soffrira' della

progressiva riduzione di giornali e libri di carta. Sopravviveranno probabilmente le

tipografie di nicchia, quali per esempio quelle che stampano libri e cataloghi d'arte. Ma

anche in questo caso il progressivo perfezionamento degli schermi di tablet e smartphone

creera' seri ostacoli. Forse solo riproduzioni di grandi dimensioni per opere artistiche di

valore giustificheranno il libro di carta contro il piccolo schermo elettronico.

Lo scenario si complichera' anche per le librerie. Del resto il canale di vendita

Internet, come ampiamente dimostrato dal fenomeno Amazon, si sta imponendo per

disponibilita' di testi, per sconti e per velocità di consegna.

Con Internet, con Word, con gli e-book si potranno anche "auto produrre" i libri.

E Internet per l'editoria diventera' una vetrina, senza filtri, della creatività. Per

ciascuno sara' possibile inserire un suo testo nel Web, con possibilità maggiori di

raggiungere un pubblico o un editore. E anche per gli scrittori già affermati, Internet sarà

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un modo per diffondere meglio le proprie opere e idee.

E quando tutto sarà gratuito e in circolazione senza limiti, proprio grazie a

Internet gli scrittori di successo potranno incontrare i loro lettori in convegni a pagamento

con i quali bilanciare in una certa misura i ridotti guadagni dai diritti d'autore.

E occorre aggiungere che ci sono ancora notevoli miglioramenti che possono

essere apportati agli attuali e-book.

Ancora troppi e-book vengono prodotti riversando file PDF in file e-pub.

Sicuramente ci saranno innovazioni editoriali che renderanno i libri e i giornali digitali

molto piu' fruibili e attraenti.

Diventeremo allora piu' intelligenti e piu' colti? Chissa'? Il progresso e' qualcosa

di estremamente difficile da definire e da misurare. Ma e' certo che lo scenario mediatico

sara' profondamente diverso rispetto a quello di qualche decennio fa.

E non e' detto che il disagio delle nuove tecnologie sia superiore ai benefici

offerti da quelle precedenti.

Mio nonno che aveva vissuto a Vienna la rivoluzione dell'auto, diventando

persino l'autista del primo ministro nel 1930, mi diceva che quelle auto inquinavano e

puzzavano, ma mai quanto le decine di migliaia di cavalli che all'inizio del ventesimo

secolo avevano letteralmente appestato Vienna.

Si pensa con nostalgia ai valzer, ma nessuno immagina cosa fosse allora

camminare per le strade della citta' di Johann Strauss.

Avere una grande biblioteca in una piccola borsa non sara' certamente un regresso

culturale, anche se come tutte le rivoluzioni culturali richiedera' una certa capacita' di

adattamento.

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