Maurizio Martinelli · 2020. 1. 8. · Roberto Pinotti Past president e Fondatore del Centro...

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    Maurizio Martinelli

    Apu-An:il ritorno del Sole alato

    Dalle Apuane a Tiahuanaco

    VerdechiaroEdizioni

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    © 2011 Verdechiaro Edizioni Via Montecchio, 23/2 42031 Baiso (Reggio Emilia)

    isbn 978-88-6623-081-6

    Nessuna parte di questa pubblicazione, inclusa l’immagine di copertina, può essere riprodotta in alcuna forma senza l’autorizzazione scritta dell’editore, a eccezione di brevi citazioni destinate alle recensioni.

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    Prefazione

    Quando, giovanissimo, mi sono imbattuto nel corso dei miei con-tatti epistolari in un ormai attempato Costantino Cattoi, sono ri-masto sconcertato ma anche più che positivamente impressionato dall’uomo. Indubbiamente una bella figura, la sua. Militare e legio-nario fiumano amico di D’Annunzio, decorato al valore, tecnico di prim’ordine, avventuroso indagatore dell’ignoto nonché marito di una sensitiva eccezionale che ha contribuito a effettuare innume-revoli scoperte archeologiche grazie alla propria medianità, Cattoi era anche un uomo scomodo in quanto libero da preconcetti e alla costante ricerca della verità. Me ne aveva positivamente parlato l’a-mico console Alberto Perego, il diplomatico “padre” dell’ufologia in Italia, cui lo avevano presentato Francesco e Lina Polimeni, creatori della pionieristica rivista ufologica italiana Spazio e vita di cui usci-rono cinque memorabili numeri alla fine degli anni Cinquanta. In quel periodo Roma si era silenziosamente trasformata nel crocevia di importanti personaggi ufologici internazionali quali l’inglese De-smond Leslie, parente di Winston Churchill, e gli americani George Adamski e George Hunt Williamson, al centro di clamorosi casi di “contattismo”; e così pure in una sorta di ponte culturale che finì per unire il Nord e il Sud America con l’Europa e con la tradizione orientale ed esoterica, in nome della crescente consapevolezza del fatto che gli ufo e i visitatori extraterrestri che li controllano si ma-

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    nifestano da tempo sulla Terra, e che la storia e l’archeologia conser-vano numerose tracce di tali incontri senza tempo fra gli uomini del passato e questi visitatori spaziali.

    Cattoi indicava serenamente le affascinanti prospettive della ri-cerca sul tema, collegando la protostoria italica e mediterranea con quella precolombiana e con la tradizione mediorientale (egizia, me-sopotamica, giudaico-cristiana e greco-romana fino alla mitica At-lantide di Platone) nell’ottica di periodici contatti astrali fra l’umani-tà ed esseri originari di altri pianeti, ieri e oggi.

    Adesso, dopo il successo dei testi di Peter Kolosimo, Erich Von Daeniken e Zecharia Sitchin, tutto ciò potrebbe a molti apparire scontato. Ma all’epoca non lo era affatto, e Cattoi ha indubbiamente pagato – come Perego, i Polimeni e altri ancora – un prezzo molto elevato sul piano psicologico, umano e sociale per le convinzioni che esprimeva. Nemo propheta in patria. La sua morte, verificatasi non molto tempo dopo i nostri contatti, non mi consentì di approfondi-re la sua conoscenza, ma essa bastò a lasciare in me tutto il fascino per questa figura di giovanile entusiasta e di instancabile curioso, confermatomi dalle testimonianze di altri che lo avevano avvicinato. Non a caso a Cattoi ho fatto riferimento nel mio libro Atlantide: il mistero dei continenti perduti (Mondadori, 2001).

    Quando più di recente Maurizio Martinelli si fece vivo con me pre-sentandomi le originali esperienze vissute dal padre con l’amico Cattoi e le approfondimmo, vedemmo così scaturire da ricordi, lettere, testi e documenti i particolari di un’esistenza unica nel suo genere, da cui emergeva altresì in tutta la sua importanza la figura di George Hunt Williamson, peraltro a me ben nota per i miei rapporti con altri perso-naggi dell’ufologia italiana della prim’ora che lo avevano direttamente conosciuto in Italia, come il catanese Franco Brancatelli, o con quanti avevano avuto la ventura di acquisire a posteriori dagli usa quanto era rimasto del suo archivio personale, come Stefano Breccia.

    A Maurizio va dunque il notevole merito di avere ricostruito vali-damente e con pazienza certosina i tanti aspetti e dettagli della vita di

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    un personaggio eccezionale e poliedrico come Williamson, misco-nosciuto ma indiscutibile antesignano dell’ufologia, del contattismo e della paleoastronautica. A lui e ai suoi libri The saucers speak, ufos confidential, Other tongues, other flesh, Road in the sky, Secret places of the lion e Secret of the Andes1 si deve non poco in campo ufologico, e il nostro Paese – dove solo il primo e l’ultimo sono apparsi in traduzione italiana – ha rivestito un’importanza notevole nella sua esperienza, a suo tempo condivisa con Costantino Cattoi. L’esperienza esaltante di un pioniere indiscusso.

    Sono stato quindi lieto e onorato di essere stato coinvolto in pri-ma persona in questo processo di approfondimento biografico che ha permesso oggi a Maurizio di uscire con questo importante libro che ho avuto il piacere di caldeggiare all’editore in quanto inedito “testimone del tempo” e rivelatore di un’esperienza di vita unica e affascinante.

    Buona lettura!

    Roberto PinottiPast president e Fondatore

    del Centro Ufologico Nazionale (cun)

    1 Il libro è stato pubblicato nel 2009 da Verdechiaro Edizioni, con il titolo Il segreto delle Ande.

  • Introduzione

    Le Alpi Apuane, l’Ansedonia, Marcahuasi, Tiahuanaco, Agarthi, Atlantide, l’origine degli Etruschi, le città sommerse, le città sot-terranee, le faglie, le radiazioni secche, l’energia elettromagnetica, le macchie solari, le sculture rupestri, un nuovo pianeta all’interno del nostro sistema solare, l’origine della vita, Daniel Ruzo, George Hunt Williamson, i dischi volanti, i Fratelli dello spazio.

    Le lettere che il comandante Costantino Cattoi scrisse a mio pa-dre Filippo fra il 21 agosto 1958 e il 10 aprile 1960 contengono tematiche e informazioni talmente ampie e variegate che il cervel-lo deve pazientemente attendere di poterle assimilare, addirittura le “cellulette grigie” dovrebbero “ruminarle”, digerirle. Scorrendo le lettere – affascinante la carta che ha ben resistito all’usura degli anni, con la scrittura in blu e le figure colorate – tornano alla mente le parole: «Leggere questo libro è cavalcare una cometa»,1 dall’introdu-zione di Sergio Solmi al Mattino dei maghi.

    Nelle lettere vengono citate numerose persone, per lo più scono-sciute alla maggioranza dell’opinione pubblica attuale; fra esse spic-ca il dottor George Hunt Williamson, protagonista sin dalla prima pagina:

    1 Sergio Solmi, Introduzione a Louis Pauwels, Jacques Bergier, Il mattino dei maghi, Oscar Mondadori, Milano 1997, p. 14.

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    […] Ma io starei per proporle una premessa al documentario: cioè do-cumentare Williamson nelle escursioni che dureranno 3 giorni, credo da sabato a domenica prossima, all’Argentario, all’Ansedonia, all’Amiata, perché sono questi i 3 caposaldi toscani che dimostreranno il centro da dove sono partiti i “Messaggeri Divini” per portare in Egitto, in Asia e al Perù le lettere sacre, le nozioni di agricoltura, scienza e arte. È per queste constatazioni che W. è partito dal Perù per l’Italia. […] W. ha controllato esatta la mia tesi: che la misteriosa civiltà di Tiahuanaco è di origine Italica-Tirrenide-Atlantide.2

    A questo punto, nell’era della rete Internet, delle informazioni glo-bali, della conoscenza a disposizione di tutti, il lettore che intendes-se documentarsi, cercasse di comprendere, di capire, di analizzare i protagonisti delle lettere, incontrerebbe un inspiegabile vuoto, una totale assenza di dati. Infatti il tenente colonnello Costantino Cattoi risulta un illustre sconosciuto, magari un eccentrico sognatore di improbabili “giganti” che vissero nel lontano passato. E come mai non esiste nemmeno una biografia di George Hunt Williamson, praticamente il primo ricercatore, a parte Desmond Leslie, a ini-ziare a studiare in maniera comparata le leggende delle civiltà del passato in vari libri?3

    Leggendo e rileggendo innumerevoli volte le lettere che trovai fra le carte di mio padre – purtroppo non ho rinvenuto quelle scrit-te da lui a Cattoi – mi sono accorto che quegli uomini avevano intrapreso una via conoscitiva che li aveva portati in un terreno “ai confini della realtà”, per cui essi hanno deciso di dedicare la loro personale esistenza a uno scopo ben preciso: ricercare l’origine del-la nostra vita. Lungo il cammino della conoscenza, tali “Cercatori di verità”4 si imbatterono in verità scomode, difficili da accettare

    2 Lettera del 21 agosto 1958, p. 1.3 Sempre per Verdechiaro Edizioni, è in corso di lavorazione il primo libro su Wil-

    liamson, scritto dall’autore assieme al ricercatore francese Michel Zirger. 4 Cfr. il gruppo denominato appunto “Cercatori di verità” in Georges I.

    Gurdjieff, Incontri con uomini straordinari, Adelphi, Milano 1977.

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    per il pensiero comune, per cui dovettero cercare di esprimere un punto di vista “non terrestre”.

    Allo scopo di colmare le lacune informative sui personaggi del carteggio, ho predisposto brevi profili dei due protagonisti del-le lettere: lo scrivente, il comandante Cattoi, e il ricevente, dottor Martinelli. Ho quindi provato a tratteggiare un ritratto del dottor George Hunt Williamson, ricavandolo dai suoi libri e dalle poche testimonianze scritte rintracciate sinora. Ho poi fatto parlare di sé lo stesso Williamson come Michel D’Obrenovic, poiché egli mutò legalmente il suo nome ufficiale sin dalla fine degli anni Cinquanta, utilizzando le note personali scritte da lui per la sua autobiografia mai pubblicata.

    Per quanto riguarda la presentazione del contenuto delle lettere, ho pensato di far cosa gradita predisponendo una semplice scheda introduttiva per ciascuna di esse, lasciando al lettore il piacere di recepire i temi che meglio gli si addicono.

    Nel capitolo sulle sculture rupestri e i giganti ho mostrato come le intuizioni di Cattoi, Martinelli e Williamson siano state riscontrate negli studi effettuati negli ultimi anni da ricercatori indipendenti.

    Ho infine iniziato a fornire alcuni spunti propedeutici a uno stu-dio sul punto di vista “non terrestre”, presentando alcuni esempi di concetti differenti, non necessariamente condivisibili, ma che prevedono un’apertura mentale necessaria a comprendere le no-stre vere origini.

    Ho aggiunto nell’Appendice la storia delle recenti ricerche su un ulteriore pianeta che si troverebbe all’interno del nostro sistema so-lare, denominato Planet X, assieme a un’analisi comparata della reale governance del pianeta Terra secondo gli ultimi studi di una disciplina chiamata esopolitica.

    Infine il titolo del presente saggio, Apu-An: il ritorno del Sole alato, mette in evidenza uno dei temi chiave dei nostri tempi: il ritorno al proprio perielio e anche perigeo del pianeta – il cui simbolo, sin dalla prima civilizzazione post-diluvio, quella sumera, è il globo o

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    sole alato – che ha portato la vita sulla Terra, come il dottor Sitchin ha contribuito in maniera determinante a far conoscere all’Homo Sapiens Sapiens.5

    Maurizio Martinelli 6

    Carrara, estate 2011

    5 Nelle opere di Zecharia Sitchin (Baku, 1920 - New York, 2010) viene presen-tata in maniera esaustiva la storia di tale pianeta.

    6 L’autore è contattabile all’indirizzo e-mail [email protected].

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    Costantino Cattoi1894-1975

    Costantino Cattoi con la moglie, la radiomante Maria Mataloni, di fronte ai reperti rinvenuti a Capena.

    Il tenente colonnello aviatore Costantino Cattoi, nato in Frosinone nel 1894, esprimeva una poliedrica personalità, ma soprattutto cre-deva nell’uomo e nelle sue origini divine.

    Eroe della prima guerra mondiale, inventore della prospezione fotografica applicata alla cartografia, legionario nell’impresa di Fiu-me, intimo di Gabriele D’Annunzio e di Italo Balbo, esperto inter-nazionale di ricerche idriche e minerarie, scopritore negli anni Tren-ta delle antichissime città di Capena nel Lazio7 e di Lylybeo vicino

    7 Il filmato della scoperta venne riportato nel cinegiornale dell’Istituto Luce, gennaio 1931 serie AO719.

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    Marsala, in Sicilia, si presenta al dottor Filippo Martinelli, chimico ed esoterista di Carrara, nel lungo e appassionante carteggio svoltosi negli anni 1958-1960:

    Non sono un professore, ma il geotecnico Cattoi. Se fossi professore avrei tenuto in gran dispregio le sculture rupestri, e non sarei giunto a scoprire che non sono altro che iscrizioni oracolari e ideografiche, i prototipi italici di tutte le successive iscrizioni e scritte geroglifiche del mondo, a partire dall’Egitto… La mia è una ricerca mistica sulle origini dell’uomo.8

    Costantino Cattoi, dopo aver conseguito il diploma di perito geotec-nico durante l’anno scolastico 1912-13,

    venne chiamato alle armi nel 1914 nel Corpo dell’Artiglieria, ma nel 1915 chiede e ottiene da tenente di frequentare a Torino il Corso Allievi Osservatori d’aeroplano. Nel settembre 1915 entra in Zona di Guerra ove è destinato prima alla 46ima e indi alla 49ima e alla 32ima squadriglia ae-roplani per artiglieria. Nel 1917 passa alla 252ima squadriglia idrovolanti per artiglieria, poi è destinato all’Ufficio Servizi aeronautici del Coman-do Supremo e indi al Comando Artiglieria della iv Armata; infine nel 1918 al Comando Artiglieria della 1ma Armata. Dopo la guerra fu Legio-nario fiumano. È decorato di tre medaglie d’argento e di due di bronzo al valore militare.9 Successivamente partecipa a operazioni aeronautiche in Libia, esattamente in Tripolitania e Cirenaica.10

    Fotografando e osservando dall’aereo i rilievi montani, le varie col-ture dei terreni e i rilievi topo-fotografici, Cattoi comprende l’im-portanza della rilevazione aerea per la topografia e la cartografia,

    8 Lettera del 1 ottobre 1959.9 Cfr. l’Albo d’oro dell’Aeronautica militare al valor militare del 1928, vol. 1,

    oltre alle notizie su Cattoi riportate dal nipote Antonio Mataloni in Diario di una vita, Edizioni Il mio amico, Argentario, luglio 2008.

    10 Citato in Aeronautica no. 3-1931, in Regia Aeronautica, Ufficiali in congedo, Libretto per-sonale di Costantino Cattoi, Roma, Stato Maggiore A.M., 5° reparto, Ufficio storico.

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    anzi propone inutilmente alle sfere militari di brevettare questa sua scoperta; saranno i francesi a sviluppare più tardi le sua intuizione tramite brevetti internazionali, nonostante la rivendicazione del pri-mato italiano da parte della direttrice del Museo aeronautico Gianni Caproni, la signora Maria Fede Caproni di Taliedo.

    A sinistra, il libretto della Regia Aeronautica; a destra, il libretto militare di Costantino Cattoi.

    Guidato e sostenuto dal geologo professor Trèner e dal geografo professor Fiorio, Cattoi presenta i risultati del suo lavoro, compren-dente quasi duecentocinquanta voli sia in Italia che in Libia, al tren-taseiesimo Congresso italiano della Società geologica italiana, tenu-tosi a Piacenza il 16-22 settembre 1923.11

    L’importanza dell’attività di Cattoi per l’Italia è testimoniata dal fatto che, a partire dal 1927, il Ministero dell’Aeronautica mette a

    11 Cfr. Lettera di Gabriele D’Annunzio recata al presidente del congresso dal tenente avia-tore Costantino Cattoi, E. Berardi, Milano 1923. Carta a mano, le carte sono assicurate alla copertina mediante un nastrino tricolore. Foglie con l’impresa dannunziana Semper Adamas.

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    sua disposizione un aereo e il luogotenente Giulio Keller allo scopo di effettuare rilevamenti fotografici per cercare petrolio e di altri minerali. Verranno scattate quarantamila fotografie per uno studio geofisico di quasi tutta l’Italia.12

    Assegnato al comando militare di Grosseto nel 1930, durante una ricerca idrica in porto Santo Stefano da parte di un rabdomante, Cattoi conosce una giovane sensitiva, comprendendone immedia-tamente le enormi possibilità nel campo della ricerca. La ragazza, Maria Domenica Mataloni, diverrà una celebre radiomante, forman-do con Cattoi, che sposerà il 10 giugno 1933,13 una celebre coppia. Maria Domenica gli donerà due figlie, Giovanna Atlantina, nel 1934, e Maria Pia, nel 1938. Il binomio Cattoi-Mataloni riuscì a far dotare di un acquedotto autonomo ben centoventi aeroporti tra il 1932 e il 1942, rilevò giacimenti di metano, gas naturale e idrocarburi, nonché tre laghi sotterranei in Libia, consentendo così l’irrigazione intensiva di quasi tutta la fascia costiera tra Misurata e la Tunisia.

    Cattoi, dopo aver verificato le straordinarie facoltà della moglie, de-cide di abbandonare la carriera militare per fondare assieme a lei una propria società, la Società radiogeotenica di Grosseto,14 che si occupa di ricerche idriche, minerarie e archeologiche nel sottosuolo.15 Tra le maggiori scoperte della coppia si possono citare due importanti ri-trovamenti: innanzitutto quello dell’antica città etrusca di Capena nel

    12 Ne sono testimonianza due lettere, di cui addirittura una in lingua inglese, fir-mate da Italo Balbo su carta intestata appunto del Ministero dell’Aeronautica, Gabinetto del Ministro, la prima in lingua italiana con protocollo no. 25800 del 27 gennaio 1927 e l’altra con protocollo no. 27303 del 16 marzo 1927.

    13 I rapporti tra Cattoi e Balbo erano talmente stretti che Italo Balbo fu il suo testimone di nozze, vedi Antonio Mataloni in Diario di una vita, Edizioni Il mio amico, Argentario, luglio 2008, p. 35.

    14 Per una conferma dell’attività della società cfr. Maria Cecilia Mazzi, G. Giaco-mo Pani, Capena e il suo territorio, Centro regionale per la documentazione dei beni culturali e ambientali del Lazio, Edizioni Dedalo, Bari 1995, pp. 35-40.

    15 Sull’attività della società e sulle “capacità” della signora Mataloni, cfr. l’artico-lo di Mario Vinci Il tuscolo e tre millenni in Notizie in controluce, Mensile di cultura e attualità dei Castelli Romani e dintorni, anno viii, no. 10, ottobre 1999.

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    Lazio,16 a nord di Roma, alcuni metri sotto la quale Cattoi e la moglie trova-rono resti di una Capena ancora più antica; succes-sivamente Cattoi e Maria Mataloni vennero invitati dal Dipartimento delle Antichità di Trapani e Marsala a cercare l’anti-ca città di Lylybeo. Nel dicembre 1931, Cattoi poté annunciare di aver localizzato la città nello “Stagnone di Marsala”, rinvenendo molte croci a forma di Tau.17 Nel 1934 invece la coppia lo-calizzò presso l’isola di Linosa, nel canale di Sicilia, una città sommersa che venne successivamente filmata nel 1957 dal famoso sommozzato-re e campione di immersioni subacquee Raimondo Bucher.18

    È soprattutto la scoperta di Capena che avvicina la stampa alla coppia. Alcuni articoli apparsi durante il 1931 spiegano infatti il fe-nomeno “Mataloni” e l’importanza della radiomanzia:

    La radiomanzia è qualcosa di conduttore, accumulatore… un fatto è tut-tavia certo, quello cioè di una certa “corrispondenza” tra la Mataloni e il

    16 La scoperta avvenne grazie alla visione da parte di Maria Mataloni delle foto aeree fatte eseguire da Italo Balbo sopra il comune di Leprignano.

    17 Cattoi comunicò le proprie scoperte a George Hunt Williamson, il quale le riportò nel libro Road in the sky, Neville Spearman, Londra 1959, pp. 53-54.

    18 Citato in un articolo di Francesco Polimeni nella rivista Spazio e vita, p. 3, 1958. Per una conferma del fatto, vedi l’articolo del 1 settembre 1957 pubblicato dal Corriere della sera, in cui vengono riportate le dichiarazioni di Bucher all’agenzia Italia. Bucher spiega di aver filmato una struttura di pietra lunga alcune centi-naia di metri a circa cinquantacinque-sessanta metri di profondità.

    Maria Mataloni (a sinistra) con una croce a forma di Tau rinvenuta nella zona di Marsala.

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    regno minerale. Le misteriose onde “corrispondono” infatti con la radio-mante e le segnalano non solo la presenza, ma anche la natura dell’og-getto, con assoluta precisione. […] La radiomanzia potrebbe dunque essere… un effetto di onde che vengono emesse dai centri nervosi del soggetto e che, lanciate nello spazio, a sua insaputa, tornino a sensibiliz-zare altri centri nervosi del medesimo soggetto; forse intensificate, forse trasformate dall’urto che ricevono all’incontro dell’oggetto nascosto.19

    A sinistra, Maria Mataloni durante le ricerche a Capena. A destra, scavi in una tomba a camera probabilmente riferibile al colle delle Saliere.

    Di carattere molto schivo, Cattoi rifiuta favori e aiuti da parte del regime fascista, nonostante la sua antica amicizia con Italo Balbo. Di lui rimane traccia in un libro scritto alla fine degli anni Trenta20 allo scopo di celebrare la grandezza del regime fascista legandola alla storia di Roma, senza tuttavia provare a sviluppare la ricerca archeologica e quella delle origini, come avvenne invece nella Ger-mania hitleriana.21

    19 Articoli apparsi sul Tevere del 14 e del 19 gennaio 1931. 20 Mario Eugenio Rangoni, Missione di Roma, tratto dalla concezione mistica di Costantino

    Cattoi, Ist. Ed. Cisalpino, Milano 1939. Da notare a p. 8 la spiegazione dell’appel-lativo “Costantin dall’ala occhiuta” che Gabriele D’Annunzio riserva a Cattoi.

    21 Vedi il saggio di Marco Zagni L’archeologia misterica italiana durante il fascismo

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    A conferma della sua attività nelle ricerche nel sottosuolo, sappia-mo che Cattoi partecipò sia al secondo Convegno nazionale per il metano nel 1939 in Bologna, che al terzo l’anno successivo.22

    Nel dopoguerra Cattoi resta sconosciuto alla pubblica opinione, infatti l’unico documento in cui viene citato è un’intervista che rila-scia nel 1967 al giornalista Franco Bertarelli per il settimanale Epoca, per cui fra gli addetti ai lavori Cattoi viene ricordato come il “Cac-ciatore di giganti”.23 Infine bisogna ricordare alcune citazioni delle sue intuizioni in saggi apparsi su Internet, in riferimento ad alcune scoperte del professor Ighina.24

    Epoca, anno xviii, n. 883 del 27 agosto 1967, pp. 66-69.

    Nonostante la moglie perda progressivamente la vista e, di conse-guenza, le proprie capacità radiomantiche, Cattoi continua le pro-

    in Gianfranco De Turris (a cura di), Esoterismo e fascismo, Ed. Mediterranee, Roma 2006.

    22 Atti del secondo Convegno nazionale per il metano, xiii Fiera di Bologna, 25-28 mag-gio 1939, Tip. Parma, Bologna 1940.

    23 Franco Bertarelli, Il cacciatore di giganti, in Epoca, no. 883 del 27 agosto 1967. 24 Cfr. il sito www.ascensione.org/le_scoperte_di_ighina.htm.

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    prie ricerche nel campo dell’archeologia e nello studio della storia delle origini, localizzando l’antica città di Cosa presso la costa ma-remmana, fotografando la Sfinge di Cosa sull’Argentario, il “Giano Bifronte” di Pisco Montano a Terracina, la Sfinge di Eryx a Trapani e tutte le sculture rupestri all’Ansedonia.

    15 agosto 1964: Cattoi all’Argentario con una pianta pietrificata.

    Tali scoperte vengono comunicate da Cattoi nel 1956 all’editore ita-liano di un importante libro del professor Denis Saurat, per cui, nel-la seconda edizione, le informazioni e i dati dello studioso italiano vengono inseriti in appendice:

    Numeroso materiale fotografico ci è stato inviato da Costantino Cattoi che, da oltre quarant’anni, cerca, scopre e studia questi monumenti scol-piti nelle montagne, simboli e messaggi di lontane generazioni.25

    Proprio in quel periodo, Cattoi invia a George Hunt Williamson il materiale fotografico e il report delle proprie scoperte. L’antropolo-go statunitense si reca intanto nel 1957 sull’altipiano di Marcahuasi in Perù, allo scopo di studiare le sculture rupestri scoperte dal dot-tor Ruzo e di verificare le ipotesi del ricercatore italiano. I riscontri

    25 Denis Saurat, L’Atlantide e il regno dei giganti, Le nuove edizioni d’Italia, Milano 1957, pp. 203-204.

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    che Williamson riuscirà a effettuare con le ipotesi di Cattoi saranno talmente probanti che l’anno successivo l’antropologo americano organizzerà una speciale missione in Europa con l’obiettivo princi-pale d’incontrare Cattoi all’Ansedonia e di discutere con lui tutte le comuni scoperte.

    Durante il mese di agosto del 1958, i due straordinari personaggi si incontrano prima a Roma, durante la conferenza tenuta da Wil-liamson presso il Circolo della stampa a Palazzo Marignoli grazie all’organizzazione del dottor Francesco Polimeni, editore della ri-vista Spazio e vita.26 Successivamente, Cattoi ospita Williamson nella propria residenza in Santa Liberata, all’Argentario, e assieme visita-no le sculture rupestri, la città di Cosa, l’oreopitecus di Baccinello.27

    I due studiosi concordano anche su una questione estremamente vitale. Ribadisce Cattoi:

    Infatti Williamson sa benissimo, per conto suo, dell’energia elettroma-gnetica, e ha riconosciuto che le sculture rupestri degli uomini supini sono veri e propri fari orientativi per i provenienti dagli spazi siderali, e stazioni di rifornimento di energia per i dischi. Entrambi ignorava-mo di esserne tutti e due al corrente, quindi le reciproche meraviglie e i reciproci entusiasmi di avere entrambi visto giusto, così enorme-mente lontani. Ma io avevo dalla mia non i documenti del tempo della Lemuria di cui dispone Williamson, bensì 25 anni di sopralluoghi per ricerche di acque minerali e archeologiche con mia moglie, la radio-mante Maria Mataloni. Conoscevo queste linee come fasce di emis-sioni di energia elettro-magnetica, dalle quali Maria rifuggiva sempre, perché ne vedeva da grande distanza le emanazioni e i loro fulmini continuati, scagliatisi dalle terre verso il cielo e viceversa, così come

    26 Cfr. il resoconto integrale della conferenza in ben tre numeri della rivista Spa-zio e vita durante il 1958.

    27 Cfr. articoli de La Nazione del 16 e 18 agosto 1958 con le foto della visita di Williamson. Interessante notare come la corrispondenza da Madrid mostri l’ampio risalto che il quotidiano nazionale accordò all’evento. Cfr. Roberto Pinotti, L’Atlantide, il mistero dei continenti perduti, Nuovi misteri, Mondadori, Milano 2001, p. 251.

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    vedeva a distanza le fasce gassose e i giacimenti petroliferi, le correnti d’acqua, l’uranio, il radio, l’oro, l’argento, il rame (calcopirite), la pirite, il piombo argentifero eccetera.28

    L’entusiasmo del colonnello Cattoi è enorme: dopo anni di ricerche, di studi, di enormi difficoltà, ha trovato dall’altra parte dell’Oceano la conferma alle proprie teorie. Infatti Ruzo e Williamson concorda-no sul legame fra le sculture rupestri e le linee di energia, sulle loro duplici funzioni, sia come punto di segnalazione per i piloti di veicoli spaziali, sia come riferimento per l’energia di rifornimento per gli stessi veicoli. Pertanto è evidente che le sculture rupestri vennero deliberatamente costruite dagli antichi con un duplice scopo: da una parte esse indicano luoghi per l’atterraggio di veicoli volanti, dall’al-tra servono a segnalare le aree dove esistono minerali e, soprattutto, energia elettromagnetica.

    Il comandante Cattoi aveva attentamente studiato le opere sto-riche di autori come Mario Guarnacci, Angelo Mazzoldi, Evelino Leonardi, Colonna di Cesarò, Guido d’Alessio, Guido di Nardo, i quali, sin dal Settecento, cercarono di proporre un cosiddetto “primato italico” riguardo alle origini dell’uomo. La scoperta di antichissime sculture rupestri in varie aree d’Italia parve dunque a Cattoi una conferma delle tesi di tali studiosi; nello stesso tempo, la comparazione dei ritrovamenti italiani con quelli di Daniel Ruzo in Marcahuasi, la sintesi operata da Williamson, le innumerevoli apparizioni ufo in tutto il mondo, portano tali uomini a compren-dere di stare affrontando un momento cruciale e decisivo per la vita dell’uomo.

    In uno scritto del 1967,29 in un crescendo lirico di temi estrema-mente attuali, Cattoi sintetizza i lunghi decenni di attività e ricerche:

    28 Lettera del 29 settembre 1958.29 Si tratta di una lunga nota in forma di lettera scritta il 24 luglio 1967, trovata

    dal nipote di Costantino Cattoi, Marco Savarese, il quale ne ha gentilmente permesso la pubblicazione.

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    Ecco l’elenco schematico delle mie realizzazioni…1. La scoperta delle cause ascose operanti nei terremoti e nelle eruzioni

    vulcaniche.2. La scoperta di squilibri elettromagnetici di carica positiva, captabili

    strumentalmente, prima che si formino sulla superficie della Terra gli uragano, i tornado, i tifoni, i cicloni, la grandine, le nebbie.

    3. La scoperta dei fenomeni che precedono la formazione delle valan-ghe, delle frane interne o di scorrimento, captabili strumentalmente.

    4. La scoperta di nuove linee di formazione di fenomeni sismici e vul-canici, la quale prevede fenomeni endogeni.

    5. La scoperta di aree di grandi frane interne, schematizzate per ora su carte 1:1.000.000.

    6. Scoperta di orme e di impronte lasciateci da civiltà fiorite e sparite milioni di anni fa fin dalle ere arcaica, paleozoica e mesozoica.

    7. Scoperta di uomini giganti, esattamente come descritto nella Bibbia, grazie alle foto aeree scattate da me con gli idrovolanti della crociera Atlantica.

    8. I voli con il dirigibile pilotato da S.E. il generale Valle e con gli ae-roplani degli aeroporti di Centocelle e Guidonia (Monte Celio) mi orientarono per la ricerca di segni esterni, indicanti in profondità la ubicazione delle 300 città sotterranee del cosiddetto mitico regno nascosto di Saturno. Queste città del regno dell’Età dell’Oro di detta deità, la Saturnia Tellus, sono state da me quasi tutte individuate nella Toscana e nel Lazio, a circa 200 m. di profondità. Erano abitate dai giganti di 18 m. di altezza che, per la prima volta al mondo, ho scoperto oltre che all’Argentario, all’isola del Giglio, al Circeo, all’El-ba, e nelle altre isole tirreniche, lungo l’arco alpino e l’Appennino…

    9. La scoperta di grandi laghi sotterranei, che furono controllati e utilizzati dai terrestri che dovettero trovare rifugio nel sottosuolo, quando sulla superficie imperversavano le fasi glaciali e quelle degli allineamenti vulcanici noti.

    10. La scoperta di opere d’arte scultoree nelle rupi costiere e montane sparse su tutta la Terra, lungo le direttrici delle grandi migrazioni che sin dalle prime ere geologiche della Terra si irradiarono dal Monte Argentario verso le terre di tutti i continenti del pianeta.

    11. La scoperta dei segni esteriori scolpiti, delle grandi, delle immense

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    centrali di energia, delle quali i giganti delle prime ere si valevano per circolare e navigare sul pianeta e nel suo interno, e per volare verso le stelle.

    12. La scoperta di punti di impatto sulla Terra dei mezzi di volo che gli uomini di prima della storia vollero impiegare, per conquistare con la violenza e la prepotenza le altrui Case del Cielo. Le grandi batta-glie aeree contro gli invasori terrestri vivono tuttora nelle descrizioni dei miti indù, quelli pagani e persino nel capitolo 12 dell’Apocalisse di Giovanni Apostolo, e rivivranno nei punti d’impatto delle astronavi abbattute che ho scoperto, dandone più volte notizia scritta all’Uffi-cio Storico dello Stato maggiore dell’Aeronautica Italiana.

    Anche per Cattoi, come per Williamson, nell’ultima parte della vita prevale un senso mistico, un’attesa quasi messianica di incontri con esseri superiori e di avvenimenti sconvolgenti per il pianeta. D’altra parte era lo stesso Costantino Cattoi a spiegare al dottor Martinelli:

    Lo sbaglio di noi tutti è di tendere a tenerci segrete le proprie fonti di notizie. […] A un indiano venne chiesto: «Cosa è il Bene e cosa è il Male?» E l’indiano, senza esitazione alcuna rispose: «Il Bene è tutto ciò che unisce e il Male è tutto ciò che divide». […] Noi ci teniamo egoisti-camente divisi l’uno dall’altro. Invece ora urge unirsi, fondersi!30

    E ancora:

    Non so se le è mai venuto in mente, se, sotto sotto, alle mie ricerche sulle sculture rupestri, si nascondesse un preciso programma non ma-nifesto, chiamiamolo pure “misterioso”. Ebbene questo mio non mani-festo programma consiste in quanto segue: la mia è la ricerca mistica e pura, sulle origini dell’uomo. Origini che già conosco spiritualmente.31

    30 Lettera del 10 febbraio 1960. 31 Lettera dell’1 marzo 1960.

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    Cattoi e Maria Mataloni a Capri

    Nelle lettere Cattoi spiega al dottor Martinelli ciò che avveniva alla moglie, Maria Mataloni, in presenza di particolari correnti di ener-gia, citando fra gli altri un episodio avvenuto nella Grotta Azzurra di Capri. Anni dopo il signor Domenico Dati ne ebbe conferma dal racconto di un barcaiolo locale. Qui di seguito riporto il suo raccon-to, che egli mi ha gentilmente permesso di pubblicare.

    Le estati in passato non erano così torride, bastava un po’ d’ombra per rinfrescarsi. Ciò vale anche per Napoli e per la precisione Portici, il mio paese subito attaccato a Napoli, che è ormai unito ad altri da confini impossibili da distinguere e, con essi, forma un’unica città.Era estate quando i miei decisero di andare a Capri in gita, tutti insieme al molo Beverello per il traghetto, che era molto più lento di quelli di adesso e ci metteva una vita ad arrivare.Nel percorso ricordo motoscafi da gara a due posti che sfrecciavano con il loro numero in un cerchio bianco sulla fiancata, i delfini che nuo-tavano veloci davanti alla prua del traghetto.Arrivati a Capri, si decide d’andare a visitare la Grotta Azzurra e, essen-doci delle barche a motore sponsorizzate per quello, ci imbarchiamo in una di queste. Decisione affrettata perché il tragitto da fare è lunghetto e ci mettiamo un po’ ad arrivare, ma l’isola vista dal mare è bellissima.Arrivati a destinazione dobbiamo trasbordare su un’altra barchetta a remi e fare il biglietto per l’ingresso nella grotta. La biglietteria è un’altra

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    barca più lunga con un tendone blu e una scritta bianca: «grotta az-zurra». C’è una gran folla di barche tutte in fila per fare il biglietto e poi anche per entrare nella grotta.Le barche si urtano tra di loro e una prima raccomandazione del bar-caiolo è di non mantenersi con le mani sui bordi della barca, un’altra potrebbe schiacciare le dita!Manovre, sbattimenti, equilibrio precario, i barcaioli parlano tra di loro in un’ammuina (caos) totale. Fatta la fila per il biglietto si fa la fila per la grotta e inizia a circolare una voce tra i barcaioli e i turisti: «Una signora s’è sentita male nella grotta».Ma la storia è strana, anomala. I barcaioli ne vogliono sapere di più dal barcaiolo che la trasportava, solo che ora è nella grotta e bisogna aspettare che esca fuori per farsi raccontare. Si forma un cerchio di barche intorno al barcaiolo che racconta il fatto, la sua espressione mentre racconta è stranita: abbronzato come tutti, è un tipo basso, tarchiato, con pochi capelli, racconta e fa gesti, l’espressione è tra l’at-tonito e lo stupefatto, tutti ascoltano il racconto in un silenzio ag-ghiacciante.«Una volta entrati in grotta ha iniziato a urlare e a chiamare il marito… tutti si sono spaventati».S’avvicina anche il più anziano dei barcaioli, con i capelli bianchi ma un fisico muscoloso, per sentire la storia. Ricordo la frase: «Va bene, s’è spaventata, ma poi è uscita ed è stata meglio?» E l’altro: «No» dice scuotendo la testa, «era tutta ustionata» e indica le braccia e se le passa intorno al collo senza perdere quell’espressione interrogativa e stupe-fatta. Un fatto decisamente strano e anomalo.Il barcaiolo anziano ascoltato questo ordina al barcaiolo di non raccon-tare mai più questa storia e lo dice anche agli altri: «Anche voi, non ne parlate più in giro».Noi continuiamo la gita, l’entrata è piccola e bisogna accucciarsi. Il bar-caiolo aspetta l’onda giusta, afferrata la fune spinge la barca all’interno della grotta con un colpo di schiena, flettendosi all’indietro si stende a sua volta sulla barca, la volta scorre su di noi e dalla luce si passa al buio, come quando si varca una soglia.Una volta entrati nella grotta (anche se un po’ terrorizzati dalla storia e dalla manovra) lo spettacolo è mozzafiato, l’acqua schizza fosfore-

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    scente dai remi, c’è chi si tuffa dalla barca per nuotarci dentro, qualche barcaiolo canta Santa Lucia e qualcun altro, avendo urtato con la testa sulla volta, rimane in piedi a bestemmiare ad alta voce e si sente solo la sua voce rimbombare.Non ho mai saputo chi fosse quella donna finché non mi sono interes-sato a Costantino Cattoi e alla moglie radiomante Maria Mataloni.

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    Filippo Martinelli1925-1991

    Filippo Martinelli con il figlio Maurizio.

    Carrara, sul cui stemma sta la Ruota Astronautica della prima Casa degli Dei giganti, di cui Arunte fu l’ultimo sacerdote conosciuto dagli uomi-ni… Ecco la ragione della attrazione che Martinelli ha avuto e ha per il volo spaziale! E Lei zitto! L’Apu-An è la casa degli antichi carri volanti del Sole! Essi stanno per ritornare.32

    Il comandante Cattoi disegna la ruota a otto raggi, simbolo della città di Carrara, mentre si esalta per le conferme alle proprie intuizioni e scoperte in seguito della visita di George Hunt Williamson in Italia.

    32 Lettera dell’8 ottobre 1958.

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    Chimico, farmacista, speleologo, creatore di profumi e di pietre, giovanissimo partigiano nelle brigate di Giustizia e Libertà, po-litico (Partito d’Azione prima, successivamente Partito Socialista Autonomista come sindaco di Carrara), esoterista, segretario di una delle sezioni italiane del cisaer (Centro italiano studi aviazione elettromagnetica, fondato dal console Alberto Perego),33 contatti-sta grazie a un codice computerizzato, il dottor Martinelli riteneva che fossero esistiti sin dai tempi più antichi esseri superiori che tentarono di guidare e indirizzare l’umanità verso la piena cono-scenza delle proprie origini.

    Filippo Martinelli con il gruppo di speleologi di Carrara mentre esplora le grotte delle Apuane durante gli anni Sessanta.

    Gli studi sugli occultisti francesi dell’Ottocento sino alle opere di Fulcanelli, le ricerche nelle grotte, nelle valli, sulle vette delle Alpi Apuane, le informazioni scambiate con il colonnello Cattoi, la si-curezza che dischi e astronavi extraterrestri fossero presenti all’in-terno delle Alpi Apuane, la decisione da sindaco di legare, nel 1964,

    33 Cfr. la lista completa dei segretari di sezione in Alberto Perego, L’aviazione di altri pianeti opera tra noi, Edizioni del Centro italiano studi aviazione elettroma-gnetica, Roma 1963, p. 560.

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    grazie a un gemellaggio pionieristico, la propria città alla capitale dell’Armenia Erevan – quasi a intuire il legame antichissimo con Noè o Ziusudra o Utnapitshim e i suoi discendenti, che partirono dal monte Ararat per fondare città dodici città in Italia fra cui Carra-ra34 – sono tutti aspetti della sua incessante ricerca, che si interruppe in un sabato di novembre, dopo che Filippo Martinelli riuscì final-mente a trovare quello che riteneva essere un libro fondamentale, la Steganografia di Giovanni Tritemio.35

    Come sopra menzionato, secondo le traduzioni e le interpretazio-ni delle opere di Beroso Caldeo, successivamente riportate da san Girolamo, Carrara o Cariara, “la città della Luna”, venne fondata subito dopo il diluvio dai discendenti di Noè,36 mentre l’analisi più completa sulle origini e l’antichità di Carrara è stata scritta da frate Agostino Superbi37 sempre nel Sedicesimo secolo, a dimostrazione del fervore degli studi sull’antichità della città. Spiega Beroso:

    [Noè] essendo andato a regger Kitym, che hora chiamano Italia… la-sciò grand desiderio di sé à suoi Armeni, Et per questa ragione, questi due Regni, cioè l’Armeno, perché vi cominciò, & l’Italico perché Vi insegnò, regnò, & vi finì, lo hanno in reverenza, & insiememente lo cognominano, Cielo, Sole, Chaos, Seme del mondo, padre de Dei mag-giori e minori… lo dipingono nelle scritture col corpo del Sole, col moto della Luna…38

    34 Cfr. i cinque libri de Le antichità di Beroso Caldeo, sacerdote, con il commento di Giovanni Annio di Viterbo, in Venezia, per Baldissera Constantini, 1550. Studi recenti hanno posto dubbi sulla reale veridicità dei commenti di Annio.

    35 Giovanni Tritemio, Steganografia, Nardini editore, Firenze 1982. 36 Cfr. anche Fragmenti di M. Portio Catone in Le antichità di Beroso Caldeo, sacerdote,

    M. Francesco Sansovino, in Vinegia, presso Altobello Salicato, 1583, alla Li-breria della Fortezza, p. 60 e segg.

    37 Fra’ Agostino Superbi, Discorso dell’origine et antichità di Carrara, in Padoua, Ap-presso Lorenzo Pasquali, 1598.

    38 Beroso, in Le antichità di Beroso Caldeo, sacerdote, M. Francesco Sansovino, in Vinegia, presso Altobello Salicato, 1583, alla Libreria della Fortezza, p. 8.

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    Catone sosteneva che «Luna [era] detta Cariara dagli Etruschi, da Greci Silene, Apua nel transito dell’Appennino»,39 per cui si evince che furono gli Etruschi, fra i popoli che abitavano l’Italia, a legare la città fondata vicino al mare a quello che sarà più tardi il borgo ai piedi delle montagne di marmo bianco.

    La conferma più evidente della correttezza della tesi di tali autori è la presenza della città di Luna, o Luni, presso la foce del fiume Ma-gra, di fronte alle Alpi Apuane, a pochi chilometri dall’attuale città di Carrara. Addirittura tutta la regione a nord della Toscana, lungo il fiume Magra, ha preso il proprio nome, Lunigiana, dall’antica città. L’importanza di Luna in epoca romana come portus Lunae (per l’im-barco e il trasporto dei blocchi di marmo bianco delle Apuane verso Roma) è attestata da numerosi scritti su di essa e sui marmi bianchi delle Apuane, dai tempi appunto romani sino a quelli di Petrarca e Dante Alighieri.

    È da notare che la Lunigiana risulta essere una delle aree mondiali più importanti per il numero, la completezza e l’omogeneità della raccolta e del ritrovamento delle cosiddette “Statue stele”, meglio definite come “statuaria antropomorfa”.40 Nel territorio imbrifero del fiume Magra, che sfocia presso l’antica Luna/Luni, pertanto in un territorio di soli 1.655 chilometri quadrati, ne sono state ritrovate numerose, con una datazione che va dal iii millennio al vi secolo prima dell’era attuale.41 Come spiega il padre delle Statue stele della Lunigiana, Augusto C. Ambrosi:

    39 M. Porcio Catone in Le antichità di Beroso Caldeo, sacerdote, M. Francesco Sansovi-no, in Vinegia, presso Altobello Salicato, 1583, alla Libreria della Fortezza, p. 67.

    40 Per uno studio sinottico della statuaria antropomorfica in Europa, vedi Atti del Congresso internazionale La statuaria antropomorfica in Europa dal neolitico alla ro-manizzazione, a cura dell’Istituto internazionale di studi liguri, sezione lunense, La Spezia/Pontremoli, 27 aprile-1 maggio 1994.

    41 Le Statue stele della Lunigiana sono conservate per la maggior parte nel Mu-seo delle Statue stele del Piagnaro in Pontremoli e, in misura minore, nel Museo civico Ubaldo Formentini in La Spezia.

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    Che siano divinità vere e proprie o soltanto personaggi emergenti, guer-rieri e grandi madri… questa folla misteriosa e suggestiva erano cer-tamente monumenti nei quali si trasfondeva una carica di affetto e di amore che, in tutti i casi, doveva confluire in quell’acceso sentimento che oggi chiamiamo idolatria.42

    Alcune Statue stele della Lunigiana.

    L’attuale città di Carrara sorse invece più tardi, in epoca medioevale,43 ma in ogni caso l’antichità del nome è riconfermata anche dallo stu-dioso danese Wilhelm Wanscher, il quale le attribuisce il significato di “cappella di Ra”.44 Lo stesso Wanscher, propone anche «l’etimo-logia di Apuania derivata dall’egiziano api-an (‘pj – ‘n), “il sole alato ritorna”, e del nome Aronte, derivato dall’egiziano arrùt, “porta di santuario”».45 Aronte o Arunte, citato anche nel canto xx dell’Inferno

    42 Augusto C. Ambrosi, Statue stele in Lunigiana, Sagep libri & comunicazione, Genova 1997, p. 3. Per un’interpretazione più recente e per la sua bibliografia, cfr. anche Orazio Olivieri, La civetta e la Luna, il significato delle Statue stele della Lunigiana, Mori Editore, Aulla 2004.

    43 La data della prima citazione della moderna Carrara in documenti ufficiali è il 963 d.C.

    44 Wilhelm Wanscher, La vera lingua etrusca, Libreria Commissionaria Sansoni, Firenze 1952, p. 16.

    45 Citazione da una lettera di Wilhelm Wanscher scritta il 20 febbraio 1954 a Cesare de Paolis, riportata nell’articolo Variazioni sul nome di Carrara.

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    nella Divina Commedia,46 era un famoso aruspice in tempi etruschi, il quale abitava nell’area fra i monti di Carrara e il porto di Luni.

    Lo stemma della città di Carrara contiene la ruota solare a otto raggi, mentre gli stemmi delle città vicine verso nord, a partire da Sarzana, riportano spesso la Luna, in particolare il crescente di Luna, che si ritrova nello stemma della stessa Provincia di Massa-Carrara. Ecco dunque assieme il Sole e la Luna, la presenza di una civilizza-zione antica, pre-etrusca, che ha lasciato appunto a sua testimonian-za le Statue stele, mentre le storie e le leggende sono purtroppo in gran parte scomparse47 a causa della deportazione in massa di circa quarantasettemila Apuani da parte dei Romani intorno al 180 a.C., in seguito alla loro definitiva sconfitta. Come spiega Eugenio Lenzi:

    Terminato il rastrellamento della regione, il loro trasferimento avvenne in due tempi: un primo scaglione di 40.000 fu condotto oltre Roma […], un secondo scaglione di 7.000 Liguri Apuani furono invece tra-sportati via mare sino a Cuma e Neapolis.48

    Il luogo finale dove fu probabilmente deportata la maggior parte de-gli Apuani fu il Sannio, esattamente nei Campi Taurasini. A comple-tamento della loro opera, i Romani deportarono parte delle popo-lazioni sannitiche a suo tempo soggiogate nell’area a sud di Carrara, fra Massa e la Versilia.

    Facendo seguito agli studi di Cattoi e Williamson, le cui tesi ven-nero esplicitate nella conferenza tenuta da Williamson in Roma il 30 agosto 1958, i collegamenti tra l’area delle Apuane e quella del centro-sud America sono stati sottolineati anche dallo studioso pi-

    46 «Aronta è quei ch’al ventre li s’atterga, che ne’ monti di Luni, dove ronca lo Carrarese che di sotto alberga, ebbe tra’ bianchi marmi la spelonca per sua dimora onde a guardar le stelle e ‘l mar non li era la veduta tronca».

    47 Fra le poche raccolte, vedi Paolo Fantozzi, Le leggende delle Alpi Apuane, Le lettere, Firenze 2003.

    48 Eugenio Lenzi, Il dramma degli antichi liguri, Ciuffa Editore, Roma 1992, pp. 67 e seguenti.

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    sano Enzo Baiocchi, il quale, in un saggio dedicato alle origini del nome della sua città, Pisa appunto, ricorda l’opera di George Hunt Williamson, conosciuto tramite Cattoi, sottolineando come egli ebbe a dire «che la chiave di molti misteri ancora insoluti del Perù, si do-veva probabilmente cercare nelle Alpi Apuane in Toscana». Ricorda Baiocchi i numerosi toponimi di “Pisa” e “Apu” che si riscontrano in Sudamerica, per arrivare a sostenere che

    […] il toponimo peruviano Apurimac risulta composto da due parti: Apu e Rimac. Apu è la parte iniziale dell’intero nome attribuito alla maggiore divinità solare incaica conosciuta come Viracocha, ma in realtà appellata Apu Kon Tiki Viracocha che, in lingua quechua, significa “cosa eminente suprema”. Rimac, invece – secondo Victor Von Hagen in An-cient Sun Kingdoms of the Americas – vuol dire “colui che parla” o “il gran parlatore”, inteso nel senso di profetizzare. […] Il Dio era raffigurato barbuto, biondo, con gli occhi azzurri e la pelle bianca.49

    Come adesso sappiamo dagli studi e dalle opere di Zecharia Sitchin, Viracocha e Rimac erano i nomi con i quali rispettivamente nelle Ande e sulla costa peruviana veniva chiamato il Maestro/Dio dei Sumeri, Ish.kur, oppure Adad per l’area vicino alla costa dell’attuale Libano, oppure Teshub per gli Ittiti. La presenza dei Maestri/Dei Anunnaki nelle Ande e nell’area di Tiahuanaco era legata princi-palmente a un’attività estrattiva, sia d’oro che di altri minerali come stagno o bronzo, per cui, essendo la lavorazione dei metalli una del-le specialità di Ish.kur/Adad/Teshub, fu suo compito sviluppare dall’altra parte dell’Oceano, in Sudamerica, in Perù, presso il lago Titicaca,50 il centro della lavorazione dei metalli, proprio nel mo-mento in cui iniziò la crisi del bronzo in Medio Oriente.

    49 Enzo Baiocchi, Divagazioni sulle origini e sul nome di Pisa, pubblicato sul perio-dico culturale e di informazione del Comune di Pisa, rassegna 2 nel numero triplo 4, 5, 6 dell’anno 1973.

    50 Secondo Zecharia Sitchin, il nome del lago significa “lake of the tin stones”, Z. Sitchin, The lost realms, Avon Books, New York 1990, p. 237.

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    Molto interessante risulta l’analisi linguistica del nome Tiahuanaco da parte del dottor Sitchin, per il quale il nome originale era Ti.Anaku.51

    Per completezza ricordiamo come Cattoi sostenesse che la parola Apuana era inclusa nel termine Tiahuanaco in quanto «la P umbra poteva essere letta H o K»,52 mentre infine fra i numerosi significati che il termine Na «aveva nella lingua sumera, vi era anche quello di “pietra”».53

    Dunque il termine Apu è ben conosciuto in Sudamerica, come dimostra il fatto che i Maestri/Dei o “spiriti della montagna” che operavano nell’area delle Ande fossero denominati appunto Apu. In tempi recenti, in due sconcertanti libri, Galassia X-9 e 170 ore con extraterrestri, l’ingegnere di origine serba Vlado Kapetanovic54 ha descritto i propri incontri con esseri extraterrestri provenienti da un pianeta cosiddetto “Apu”. L’importanza della testimonianza di Kapetanovic per il presente saggio risiede nel fatto che egli ha iden-tificato un pianeta attualmente non conosciuto, da cui discendono gli extraterrestri che lui avrebbe incontrato nelle Ande, proprio con lo stesso nominativo “Apu”.

    In precedenza avevo citato l’interpretazione di Apuana/Apuania proposta da Wilhelm Wanscher, con la quale lo studioso danese at-tribuiva al nome il significato di “Sole alato”. Attualmente sappiamo

    51 Secondo Zecharia Sitchin si trattava di tin city: «Our suggestion that Anaku in the place’s name stems from the Mesopotamian term which meant tin as the metal granted by the Annunaki invokes a direct link between Tiahuanaco and Lake Titicaca and the ancient Near East». The lost realms, Avon Books, New York 1990, p. 243.

    52 Lettera di Costantino Cattoi a Filippo Martinelli del 24 novembre 1958. 53 Zecharia Sitchin, The lost realms, Avon Books, New York 1990, p. 236.54 Vlado Kapetanovic è nato il 13 aprile 1918 nella piccola città di Kolsin in

    Montenegro. È emigrato in Perù dopo la seconda guerra mondiale, lavoran-do come ingegnere nella centrale idroelettrica di Huallanca, sulle Ande. Nel corso delle sue escursioni sulle montagne ha incontrato varie volte visitatori provenienti da un cosiddetto pianeta Apu, dei quali parla nei suoi libri. Morì nel 2006. L’attrice Shirley Maclaine nel suo libro Tutto sta nel recitare la vita lo ha descritto come una delle persone più interessanti che abbia mai incontrato.

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    che il Sole alato o “globo alato” oppure “disco solare alato” è un simbolo presente in tutte le antiche civilizzazioni post-diluvio, da quelle del Medio Oriente (Mesopotamia, Egitto, Anatolia, Persia) sino a quelle del Sudamerica.

    Tuttavia sappiamo anche grazie al dottor Zecharia Sitchin che tale simbolo identifica il pianeta denominato “Nibiru” dai Sumeri, il cosiddetto dodicesimo pianeta del nostro sistema solare, il pianeta originario dei nostri “Padri”, coloro i quali crearono l’Homo Sapiens Sapiens attraverso due consecutive manipolazioni genetiche su un ominide, l’Homo Erectus, il quale viveva nell’Africa sud-orientale circa duecentocinquantamila anni fa.

    E quale sorpresa trovare quel simbolo, con gli otto raggi del Sole e le due ali, impresso su un’antica casa nel centro della parte vecchia della città di Carrara. Si tratta di una delle più antiche case della città, denominata “Casa Repetti” in quanto dedicata a Emanuele Repet-ti, famoso geologo e geografo del Settecento. La casa sembra abbia ospitato le prime organizzazioni pubbliche di Carrara intorno al 1300. Fortunatamente sono rimasti indenni dopo secoli alcuni simboli incisi nella pietra. Si tratta di simboli cristiani gnostici, compreso un albero della vita di origine mesopotamica e una piccola svastica. Fra essi spic-ca anche il simbolo del Sole alato, che sarà più tardi inglobato nello stemma di Carrara, senza tuttavia mantenere le due ali.55

    Simboli gnostici incisi nella più antica casa di Carrara. Foto Daniele Canali.

    55 Uno studioso di storia locale, Roberto Ricci, nel saggio Una nuova ipotesi sullo stemma di Carrara, in Atti dell’Accademia aruntica, 2000, indica come «nella rap-presentazione di Casa Repetti (fine Trecento?) la ruota presenta ali…»

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    I dati presentati in queste pagine indicano un’origine molto antica dell’area che comprende le Alpi Apuane e la pianura di Luna, origine che è senz’altro legata a una presenza dei Maestri/Dei Anunnaki almeno dopo il diluvio/tsunami che distrusse tutte le loro basi in-torno a tredici-quattordicimila anni fa. La presenza del simbolo del

    A destra, alcuni simboli del Sole o Globo ala-to presenti sia in Mesopotamia che in Egitto. Notare la somiglianza tra il terzo dall’alto con il simbolo del Sole o Globo alato inciso in Carrara (sopra). Sotto, ancora simboli gnostici incisi nella più antica casa di Carrara. Foto Daniele Canali.

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    globo/Sole alato privo del simbolo del serpente denota chiaramente che l’area era gestita dal gruppo dei Maestri/Dei guidato dal leader della missione Terra, Enlil, il figlio non primogenito, ma erede legale del sovrano/leader del pianeta Nibiru, Anu o An. Inoltre il fatto che le montagne delle Apuane siano sempre state, da oltre duemila anni, il principale bacino marmifero del mondo, che esse fossero già in funzione all’arrivo dei Romani, che la parola sumera che significa pietra, Na, fosse inglobata nel nome Apuana, che il termine Apu in-dicasse i Maestri/Dei guidati da Ish.kur/Adad/Teshub/Viracocha/Rimac, che la pietra e dunque anche il marmo fosse di pertinenza assoluta per le costruzioni dei Maestri/Dei, che il monte principa-le sopra Carrara sia chiamato ancora oggi “Monte Sagro o Sacro”, tutto ciò sottintende come l’area fosse riconosciuta come la regione della “pietra degli Dei” o “Apu”.

    I Maestri/Dei che lavorarono nelle Apuane erano dunque guidati da Ish.kur/Adad/Teshub/Viracocha/Rimac, il quale supervisiona-va le attività estrattive sia nel proprio dominio dell’Anatolia che in quello dell’area del lago Titicaca nelle Ande, come abbiamo scrit-to in precedenza. Studi recenti sul dna di abitanti del centro Italia hanno dimostrato statisticamente una chiara origine anatolica dei campioni studiati.56

    Ed ecco che anche in Italia si sviluppa un Centro di Conoscenza, per cui la metallurgia, la lavorazione dell’oro e di altri metalli assieme alla mantica vengono praticate principalmente nel centro da parte degli Etruschi. Essi si riferivano a se stessi come Rasna, ricordando la loro origine mesopotamica. Come ha ben spiegato il dottor Carlo Forin, Ra-

    56 Le ricerche sono state effettuate dal professor Alberto Piazza e colleghi sul genoma di campioni di persone originarie delle cittadine toscane di Murlo, Volterra e della valle del Casentino. Il codice genetico degli “etruschi contem-poranei” è stato messo a confronto con quello di 1.264 uomini provenienti dalla stessa Toscana, dal nord Italia, dai Balcani del sud, da Sicilia e Sardegna, da Lemnos e dall’Anatolia. «I campioni di dna provenienti da Murlo e Vol-terra» spiega Piazza «sono correlati molto più a quelli dei popoli orientali che non a quelli degli altri abitanti della penisola».

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    sna significa Anshar, il nome che i Sumeri avevano assegnato al pianeta Saturno;57 d’altra parte basta leggere il nome partendo da destra.

    Molte tradizioni italiche citano l’arrivo in Italia del Maestro/Dio Saturno in epoche antiche, allo scopo di fondare città e creare civi-lizzazione. Come ricorda sempre Virgilio, l’area vicino a Roma, nel Lazio, venne denominata appunto Saturnia Tellus, Terra di Saturno.

    Riguardo al ruolo di Saturno in Italia, lo studioso Giorgio Copiz ha scoperto che

    le più antiche città del Basso Lazio, in sostanza il territorio denominato appunto Saturnia Tellus, sono state costruite dai loro remotissimi e ignoti fondatori in maniera da ripetere sulla nostra Terra la disposizione che hanno nel cielo le stelle di numerose costellazioni. In altre parole, così come, stando alle asserzioni di Robert Bauval, le tre piramidi di Giza in Egitto ripetono sul suolo la disposizione cha hanno nel cielo le tre stelle principali della Cintura di Orione, allo stesso modo molte delle cittadine più antiche del Lazio sono state disposte in maniera da riprodurre la col-locazione che hanno le stelle di alcune importanti costellazioni.

    Spiega Copiz:

    Nel territorio denominato appunto Saturnia Tellus, le costellazioni ter-restri da me rilevate trovano nei centri di Segni, Norba, Alatri e Trevi nel Lazio, Ferentino, Veroli, Civita d’Antino, Angizia, Sora, Bovile, Er-nica, Rocca d’Arce, Arpino, Montecassino, Castro dei Volsci, Fondi, Terracina, Formia, Gaeta, Roccamonfina, San Felice Circeo e Sezze una perfetta corrispondenza con le costellazioni di Leo Minor, Leo Maior, Gemini, Aquila, Hydra, Ercole e Ursa Maior. […] Esisteva in-fatti un’antichissima tradizione, che era già quasi una leggenda al tempo dei Romani, secondo la quale tutte quelle località laziali contraddistinte dai resti di mura poligonali erano state fondate in epoca remotissima da Saturno, o dai suoi congiunti e discendenti.58

    57 Carlo Forin, Antares, dagli Dei di Babele alle lingue d’Europa, Collecta, Vittorio Veneto 2005.

    58 Giorgio Copiz ha pubblicato a proprio spese il volume Dagli Appennini ad

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    Per i Sumeri, il pianeta Anshar/Saturno era dedicato al Maestro/Dio Ninurta, fratello maggiore di Ish.kur/Teshup/Teshub. Nel pantheon Sumero, subentrando al padre Enlil, a Ninurta veniva at-tribuito il numero 50, il più importante dopo il numero 60 del Padre dei Maestri/Dei, Anu.

    Secondo le informazioni riportate in testi sumeri59 e accadici, Ninurta si impegnò nella riorganizzazione delle terre dopo il di-luvio, soprattutto con lavori di drenaggio, allo scopo di iniziare le coltivazioni agricole. Ninurta dunque, chiamato in Accadico Urash, “la persona dell’aratro”, concesse all’umanità il dono dell’a-gricoltura.

    Come ho riportato in precedenza, il sacerdote Beroso è attual-mente una delle fonti principali delle nostre informazioni sul mon-do antico, sumerico e accadico. Egli spiega come l’arrivo di Anshar/Ninurta/Saturno in Italia sia avvenuto immediatamente dopo il di-luvio. Uno dei principali risultati della sua attività fu la fondazione delle dodici città, dando inizio alla cosiddetta “Età dell’oro”, incluse le città nell’area dell’attuale Lazio («Et pose le colonie alle ripe Tibe-rine il Ianicolo, & Arim Iano»60).

    Nota giustamente il dottor Forin che

    il ruolo di ponte culturale etrusco tra il vicino Oriente e il latino viene svolto dal genio di Virgilio; il più importante genio sapienziale italiano, vera e propria spugna culturale di un’epoca, era un etrusco. Il campione di latino era un etrusco che pensava ancora in sume-ro. La sua figura è fondamentale perché fa da ponte tra la civiltà

    Atlantide. Un piccolo estratto si può ricavare dall’intervista riportata in Le città cosmiche del Lazio di Gianluigi Proia e Luigi Cozzi, Mystero no. 33, febbraio 2003, Mondo Ignoto srl, www.circei.it.

    59 Zecharia Sitchin, The wars of Gods and Men, Avon Books, New York 1985, pp. 123-125.

    60 Fragmenti di M. Portio Catone in Le antichità di Beroso Caldeo, sacerdote, M. France-sco Sansovino, in Vinegia, presso Altobello Salicato, 1583, alla Libreria della Fortezza, p. 61.

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    sumerico-accadica, finita storicamente intorno al 1850 a.C. circa, e la civiltà latina.61

    Il Centro di Conoscenza ha ormai posto le proprie basi e radici in Italia, per cui la possente organizzazione statale di Roma tenterà di unificare sotto il proprio controllo i Centri di Conoscenza medio-orientali e asiatici. Le legioni romane, guidate dall’insegne dell’aqui-la, il simbolo di Anshar/Ninurta/Saturno, si spingeranno sino al Singkiang cinese.62

    In Italia la tradizione riesce a sopravvivere al crollo dell’impero romano grazie all’opera di san Benedetto e dei suoi monaci, per cui René Guénon potrà affermare che «da Pitagora a Virgilio e da Virgi-lio a Dante, la catena della tradizione non fu senza dubbio rotta sulla terra d’Italia».63 Il fatto che, a partire dagli anni Cinquanta, l’Italia abbia espresso studiosi (da Costantino Cattoi a Roberto Pinotti) e opere tese a comprendere la vera realtà dei Maestri/Dei non sembra affatto casuale.

    61 Carlo Forin, Antares, dagli Dei di Babele alle lingue d’Europa, Collecta, Vittorio Veneto 2005, p. 13.

    62 Jurgis Baltrusaitis, Arte sumera, arte romanica, Adelphi, Milano 2006. L’autore spiega a p. 64 il legame tra l’aquila e Ninurta. Il brillante lavoro dell’erudito lituano esamina i passaggi culturali dalla Mesopotamia all’Europa, corrobo-rando la tesi di Sumer come Centro iniziale di Conoscenza post-diluvio.

    63 René Guénon, L’esoterismo di Dante, Atanor, Roma 1990, p. 17.

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    George Hunt Williamson(1926-1959, dopo Michel d’Obrenovic)

    George Hunt Williamson (sulla sinistra) con la moglie Betty e un collaboratore. © Michel Zirger.

    Nell’estate del 1958, con uno lungo articolo scritto dal corrispon-dente in Madrid, il quotidiano La Nazione annunciava l’arrivo in Ita-lia dell’antropologo americano George Hunt Williamson,64 il quale intendeva verificare assieme allo studioso Costantino Cattoi i legami fra le civiltà dell’Europa e del Sudamerica.65

    64 Articolo dal titolo Antropologo americano in Toscana alla ricerca di tracce dell’Atlan-tide apparso su La Nazione del 16 agosto 1958, p. 3.

    65 ghw spiega in un articolo dal titolo Preliminary report on my world tour, apparso

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    I risultati del viaggio di Williamson furono talmente positivi da in-durre il suo editore inglese, Neville Spearman, a occuparsi dell’orga-nizzazione di un’ulteriore spedizione per l’anno successivo, tramite la creazione di un apposito Trust Fund. In una nota introduttiva al libro Secret places of the lion, l’editore spiega:

    Il dottor George Hunt Williamson ritornerà in Europa durante il pros-simo anno con una completa spedizione allo scopo di continuare l’im-portante lavoro archeologico e le scoperte che egli ha fatto in Italia durante il 1958. Queste scoperte riguardano il collegamento tra l’Euro-pa e il Sudamerica e indicano al di là di ogni dubbio che le antiche civi-lizzazioni dei due continenti e le città perdute del mondo hanno molto in comune, allo stesso modo stabiliscono l’esistenza di ufo migliaia di anni fa, durante i tempi di Atlantide e Lemuria. La spedizione del dottor Williamson non sarà ufficialmente sponsorizzata. Fondi sono urgente-mente richiesti per poterle assicurare il miglior successo. Un Trust Fund è stato quindi creato e, come editori del dottor Williamson, facciamo un appello a tutti i lettori per contributi finanziari, sia grandi che piccoli. Ogni contributo in denaro, che verrà personalmente riconosciuto, do-vrà essere spedito a dottor Williamson, c/o Neville Spearman Limited, 112 Whitfield street, London, W.1, and marked «Trust Fund».66

    Williamson purtroppo non tornò mai più in Europa, nonostante le attese dell’editore inglese e dei gruppi italiani, quello toscano di cui facevano parte il colonnello Costantino Cattoi e il dottor Filippo Martinelli, quello di Roma legato alla rivista Spazio e vita del dottor Franco Polimeni e quello di Catania, facente capo al Centro studi e ricerche spaziali, i cui principali esponenti erano Alfredo Scalia, Giuseppe Pappalardo, Antonio Santonocito, Eugenio Siracusa e il giornalista Franco Brancatelli, autore di un interessantissimo artico-

    sul numero 6 del 1958, a pagina 14 della rivista inglese Flying saucer review, il numero delle nazioni visitate e l’importanza delle scoperte effettuate in Sicilia in particolare e in Italia in generale.

    66 George Hunt Williamson, Secret places of the lion, Neville Spearman, London 1958. Nota introduttiva dell’editore.

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    lo riguardo alla visita di George Hunt Williamson in Catania.67

    Secondo Costantino Cattoi esisteva un indirizzo provvisorio in Inghilterra, «Yew Tree House, Hanchurch, Stoke-on-Trent, Staffs»,68 al quale Williamson si appoggiò nel momento in cui riprese il co-gnome della sua famiglia d’origine, quella reale serba, Obrenovic, mutando così il proprio nome in quello di Michel D’Obrenovic.69

    L’improvviso abbandono dei progetti in Europa da parte di Wil-liamson è semplicemente uno dei tanti interrogativi in cui ci si im-batte leggendo i suoi scritti e analizzando la sua vita. A differenza della maggior parte degli studiosi moderni, i quali si concentrano su pochi e ben circoscritti argomenti e nonostante l’estrema specializ-zazione sia divenuta un modus operandi internazionale, George Hunt Williamson (che per brevità denomineremo d’ora innanzi ghw) spa-

    67 Franco Brancatelli, George Hunt Williamson, confidente degli alieni, in ufo, noti-ziario del Centro ufologico nazionale, no. 59, ottobre/novembre 2005, pp. 42-45. Williamson tenne due conferenze in Italia, a Roma con l’organizzazio-ne di Polimeni e a Catania tramite Brancatelli e il suo Centro. Inoltre visitò l’Argentario e la città di Cosa assieme a Costantino Cattoi, sempre nell’estate del 1958.

    68 Citato in una lettera scritta dal tenente colonnello aviatore Costantino Cattoi al dottor Filippo Martinelli il 23 dicembre 1958. Effettivamente esiste una let-tera del 30 giugno 1960 indirizzata a monsignor Michel D’Obrenovic-Obilic van Lazar (con indirizzo Yew Tree House, Hanchurch, Stoke-on-Trent, Staf-fs, England) inviata dal signor Charles Zakharoff e riguardante l’avvistamento di un serpente marino in Australia. La lettera è citata a p. 29 del sito www.strangeark.com/nabr/NABR16.pdf.

    69 Il legame con gli ambienti inglesi legati alla Flying saucer review appare chiara-mente dagli articoli che ghw pubblica appunto sulla rivista durante gli anni 1957-59. Da notare sulla comunicazione apparsa sul numero 4 del 1958, a pagina 5, l’enfasi sul fatto che ghw dichiara di voler consegnare alla regina uno speciale dono trovato mettendo a repentaglio la propria vita. A partire dal 1959, ghw viaggiava con un passaporto a nome Michel D’Obrenovic. Come ben spiega Michel Zirger nel saggio George Hunt Williamson revisité, pubblicato dalla rivista francese Lumières dans la nuit, a p. 26 del numero 357 di agosto 2000, ghw risultava essere discendente diretto del Principe Wilhelm Maximi-lian Obrenovic van Lazar, erede al trono di Serbia.

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    ziò in numerosi campi del sapere per poter capire l’origine dell’uomo. Persona dunque non classificabile secondo schemi prefissati,

    in quanto la sua ricerca lo portò come antropologo fra gli Indiani Chippewa e Hopi, come contattista di esseri extraterrestri nel de-serto della California con George Adamski, come “confidente de-gli alieni” a ricevere messaggi da abitanti di diversi pianeti del no-stro sistema solare, come conferenziere a spiegare il messaggio che i Fratelli dello spazio intendevano portare agli “Uomini di Buona Volontà”, come esploratore a cavalcare in Perù assieme a Daniel Ruzo studiando le sculture rupestri di Marcahuasi, come scrittore di successo a creare un nuova disciplina, la paleo-astronautica secondo la definizione di Roberto Pinotti, come Brother Philip a rivelare il segreto delle Ande.

    Williamson in Perù. L’immagine è tratta dal libro Road in the sky.

    Fondamentale fu dunque la sua apertura mentale, come spiega lui stesso in una conferenza tenuta a Detroit nel 1954:

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    Credetemi, la materia dei dischi volanti è fantastica, ma anche la vita stessa è fantastica. […] Il fatto che noi siamo vivi e sediamo qui è fanta-stico. La verità è più strana della realtà romanzata e noi dobbiamo man-tenere la mente aperta. Noi comprendiamo che ciò che conosciamo è una pallida ombra di ciò che conosceremo domani.70

    Schematicamente la sua attività conosciuta può essere divisa in tre parti, anche se in fondo si tratta di momenti diversi della stessa ri-cerca: il contattismo-channeling, la paleo-astronautica archeologica, la ricerca mistica e il silenzio interiore. I primi due momenti sono sostanzialmente contemporanei, mentre il terzo è legato alla sua im-provvisa “sparizione” in un monastero fra le Ande fra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta.

    Purtroppo non è possibile stabilire la durata del suo soggiorno nelle Ande, poiché esistono pochissime tracce della sua attività e della sua presenza dopo i primi anni Sessanta. Per esempio, in vari siti specializzati si avanza addirittura l’ipotesi della sua morte nel 1965 durante una spedizione in Perù.71 Sembra tuttavia che ghw alternasse la ricerca interiore nei monasteri peruviani alla pubblica-zione di alcuni articoli e alla partecipazione a sporadiche conferenze, ma soprattutto egli continuò i tentativi di rimanere in contatto con i suoi “amici dello spazio”.

    Le poche evidenze rimaste sono l’articolo Project xoc. Some keys to Maya hieroglyphics a firma Charles Lacombe e Michel D’Obrenovic, scritto nel 1968 sulla rivista Journal of Inter-American Studies.72 Inoltre, secondo un sito americano, nel 1972, prima ancora del suo contatto con il “RA channel team” di Don Elkins, ghw fece costruire una

    70 A message from our space brothers via short wave radio, conferenza tenuta da ghw in Detroit, Michigan, usa, lunedì 21 giugno 1954. Dal sito www.bibliotecapleya-des.net/bb/williamson.htm, p. 5.

    71 Numerosi sono tali siti. Cfr., fra gli altri, www.dnamagazine.it/crociati-ufo.html.

    72 Vol. 10, no. 3 (Jul. 1968), pp. 406-430, pubblicato dal Centro per gli studi latino-americani dell’Università di Miami. www.jstor.org/stable/165353.

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    piattaforma di comunicazione con un codice Morse tipo setv etp elettro-optico.73 Sempre negli stessi anni, ghw collaborò con il mu-sicista non vedente Philip Rodgers, il quale riceveva messaggi dallo spazio tramite il proprio registratore. Tali messaggi, resi in forma musicale, venivano resi intellegibili utilizzando il cosiddetto “lin-guaggio Solex Mal” indicato da ghw in uno dei suoi primi libri.74

    In un suo libro, David Hatcher Childress sostiene che ghw parte-cipò a una conferenza in Madrid nel 1980, cercando di minimizzare il contenuto del libro Secret of the Andes, scritto da Brother Philip, per molti un suo pseudonimo.75 Secondo l’enciclopedia online Wikipe-dia, ghw sarebbe stato nominato vescovo della Chiesa Nestoriana (attualmente Chiesa Assira dell’Est) negli Stati Uniti, lasciando la vita nel 1986 ad appena sessant’anni.

    La sua stessa morte è messa in discussione da Guillermo Alarcon, il quale sostiene che

    L’Air Force tentò invano di screditare il dottor George Hunt Williamson. Il suo associato Lyman Streeter venne messo a tacere dalla cia, mentre Williamson venne inserito in una lista di diciassette persone da colpire, i quali sapevano troppo e avevano parlato troppo. Williamson volò nelle remote montagne delle Ande durante gli anni Sessanta e Settanta allo scopo di fuggire e, secondo Alice Wells (una delle testimoni del primo famoso incontro di Adamski con un extraterrestre), ritornò in incogni-to in America nel 1975. Nonostante le voci sulla sua morte, Williamson (sotto le spoglie di Brother Philip di un monastero nelle Ande) contattò nel 1973 il direttore del Dipartimento degli Affari interplanetari, Gabriel Green, vivendo ritirato dalla metà degli anni Settanta in Santa Barbara, California. Dove sia oggi, non si sa. Secondo il sergente Willard Wanall,

    73 setv, The Search for Extraterrial Visitation, www.setv.org/nstrmntd.html. 74 Per la collaborazione con Philip Rodgers cfr. www.spacevoice.fsnet.co.uk/

    index.html e www.spacevoice.fsnet.co.uk/language.htm. Mentre per l’analisi del linguaggio Solex Mal cfr. George Hunt Williamson, Other tongues, other flesh, in particolare pp. 72-94.

    75 David Hatcher Childress, The lost cities & ancient mysteries of south America, p. 128, da Google Book Search.

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    investigatore del Servizio segreto dell’Esercito negli anni Cinquanta sugli ufo, Williamson scappò in Sudamerica per sfuggire alla cia.76

    In pratica, oltre a Michael Zirger,77 Olivier de Rouvroy78 e il profes-sor Michaels Swords,79 solamente Timothy Green Beckley ha scritto un sia pur breve saggio biografico su ghw, nel quale cerca di mettere in rilievo la sua fondamentale onestà intellettuale di ricercatore della verità tout court:

    In Sudamerica Williamson finalmente “incontrò” la coscienza dietro agli ufo e al fenomeno che era stato un parte così importante della sua storia di vita e la verità che egli scoprì lo portò a terminare la sua ricerca sugli ufo anziché a un nuovo inizio. Egli aveva trovato se stesso.80

    Agli articoli sopra menzionati va in ogni caso aggiunta la voce Wil-liamson, George Hunt, nell’enciclopedia sugli ufo di Jerome Clark, in cui, oltre all’interessante bibliografia, si possono apprezzare le paro-le di Robert Girard, che acquistò la libreria di ghw:

    Oltre a una discreta serie di materiale sugli ufo, Williamson possedeva molti libri di grande interesse nelle aree della mitologia, folklore, storia antica, antichi astronauti, simbolismo, antropologia, etnologia e soprat-tutto un ampio patrimonio di libri sulle Americhe e sugli Indiani d’A-merica… Williamson fu una delle figure più importanti della prima Età

    76 Guillermo Alarcon, Venus declassified, Ufologia Top secret File, dal sito www.bur-lingtonnews.net/venusians.html.

    77 Michel Zirger, George Hunt Williamson revisité, nella rivista francese Lumières dans la nuit, pp. 25-30, no. 357, agosto 2000, quindi tutta una serie di articoli sulla rivista francese Top secret.

    78 Cfr. erenouvelle.nous-les-dieux.org/portcontgwil.htm. 79 Michael Sword, ufos and the Amish, iur 18 (5), sept/oct 1993; A little walk in the

    strange life of George Hunt Williamson, iur summer 2001; Strange days, iur 30 (4) august 2006.

    80 Timothy Green Beckley, George Hunt Williamson: a biography, in Brother Philip, Secret of the Andes and the golden Sun disc of Mu, dba Global Comunications, New Brunswick, nj 2008, pp. 109-111.

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    degli ufo, lasciò molti libri autorevoli – anche se spesso controversi – ad arricchire la letteratura ufo, e in molte forme fu il diretto precursore di autori (come Von Daniken) che procedettero a sviluppare l’idea della “civilizzazione dalle stelle”… Lo stato dei libri non è sempre perfetto, il che riflette l’incessante vita in movimento e i molti spostamenti che Williamson dovette fare nella sua vita secondo vari gradi di urgenza.81

    Infine, come menzionato in precedenza nelle note, il ricercatore Mi-chel Zirger ha scritto un saggio su ghw nell’agosto 2000 sulla rivista di ufologia francese, ldln, no. 357, dopo aver

    acquisito i manoscritti originali dei suoi principali libri, oltre al suo pri-mo saggio letterario non pubblicato Chippewa diary (1951), un centinaio di lettere, numerose note manoscritte, quaderni d’esplorazione (Perù, 1957-58), il suo ultimo diario intimo (1981-86) e persino due Bibbie, la sua e quella della madre.82

    L’ingegner Stefano Breccia, autore del famoso libro sulla questione “Amicizia”83 acquisì dal bibliofilo Robert Girard una serie di ma-noscritti originali di ghw. In uno di questi, datato 1984, si evince l’intenzione di ritornare a comunicare al pubblico tramite due nuove serie di libri, quella segreta – formata da Secret of lost horizon, Secret of the high lama e, infine, Secret of the red hand – e quella dei luoghi segre-ti, composta da Secret places of the lion, pubblicato nel 1958, e i nuovi Secret places of the stars e Secret places of thunder.

    Nel momento in cui «il silenzio di venticinque anni è rotto con molte verità e conoscenze da parte dei principali Maestri – gli antichi saggi – che hanno assistito l’umanità per migliaia di anni», ghw in-tende comunicare sia nuove informazioni, sia ciò che aveva omesso di scrivere. Infatti Neville Spearman, l’editore che aveva ricevuto il

    81 Jerome Clarke, The ufo enciclopedia, Emnigraphics, Detroit 1992, pp. 403-408.82 Michel Zirger, George Hunt Williamson revisité, pubblicato sulla rivista francese

    Lumières dans la nuit, p. 26, no. 357, agosto 2000. 83 Stefano Breccia, Contattismi di massa, Nexus Edizioni, Padova 2007.

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    manoscritto di Secret of the Andes, pubblicò circa un quarto di tale manoscritto, in quanto ritenne che le rivelazioni in esso contenute fossero troppo sorprendenti per essere comunicate a quel tempo. Nella nuova serie nulla verrà omesso. George Hunt Williamson, dopo essersi imposto un silenzio durato venticinque anni, ha aperto di nuovo una via mai esplorata, e ha realizzato la più difficile di tutte le gesta, ha trovato qualche “nuova cosa”.84

    Come ben spiega Gianfranco Degli Esposti in un dettagliato ar-ticolo, «la ricerca di intelligenze extraterrestri tramite segnali Morse o onde radio è indiscutibilmente quasi altrettanto antica quanto l’i-deazione dei mezzi medesimi».85

    L’approccio di ghw fu tuttavia qualitativamente differente. Infatti, egli spiega

    se il cervello umano non è niente altro che uno strumento di ricezione e trasmissione simile a un apparecchio radio, esso deve essere in grado di ricevere e interpretare la musica delle sfere o la Grande intelligenza cosmica che da sempre permea tutto lo spazio: l’uomo lo deve sempli-cemente sintonizzare.86

    Per cui egli cercò di aprire il proprio cervello, l’intera sua essenza, a eventuali comunicazioni provenienti da esseri di altri pianeti e di altri sistemi solari. Praticamente si può affermare che egli non solo tentò, come altri ricercatori indipendenti e come gli attuali programmi go-vernativi, di ricevere segnali con la tecnologia disponibile allo stato dell’arte, ma che lui stesso poteva risultare un mezzo di ricezione dei messaggi e delle comunicazioni extraterrestri. Un chiaro e breve

    84 George Hunt Williamson, manoscritto di Secret of lost horizon (Shangri-la is alive and well). Grazie alla gentilezza dell’ingegner Stefano Breccia ho potuto con-sultare l’intero manoscritto.

    85 Gianfranco Degli Esposti, Contatti radio con gli extraterrestri, da Nikola Tesla a George Hunt Williamson, in ufo, notiziario del Centro ufologico nazionale, no. 59, ottobre-novembre 2005, pp. 36-41.

    86 George Hunt Williamson, Road in the sky, Neville Spearman, London 1959, p. 240.

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    programma di lavoro veniva sintetizzato da parte di ghw all’inizio degli anni Cinquanta in tre punti:87

    - La scienza e la religione sono indissolubili.- L’intero universo è di natura magnetica e persino la “cultura” è in-

    fluenzata dalle leggi del magnetismo.- Esseri extraterrestri, i quali visitano la Terra da milioni di anni, han-

    no deciso di farsi conoscere al mondo intero allo scopo di guidare l’umanità in una Nuova Era, letteralmente New Age, entrando ap-punto il nostro pianeta nelle più intense vibrazioni dell’Era zodiacale dell’Acquario.

    Le comunicazioni ricevute da parte di esseri extraterrestri vengo-no comunicate tramite libri e conferenze negli Stati Uniti, tuttavia ghw unisce sempre allo studio teoretico la ricerca sul campo, che aveva intrapreso sin dall’inizio degli anni Cinquanta presso gli In-diani d’America.

    Decide pertanto di recarsi prima in Sudamerica, nelle Ande, so-prattutto in Perù e Bolivia, quindi in Europa, in particolare in Ita-lia, come sopra menzionato, per verificare e ritrovare le tracce delle antiche civiltà. Da tali ricerche scaturiscono i libri di successo che anticipano le ricerche di Von Daniken, Kolosimo, Pinotti, Char-roux e di quanti hanno scritto sulle visite di antichi “astronauti” sul pianeta Terra.

    Seguendo le orme di archeo-astronomi e ricercatori tedeschi che, come ben analizzato dallo studioso italiano Marco Zagni,88 iniziarono a studiare i siti sin dagli anni Trenta, ghw si occupò del-le linee di Nazca e delle sculture megalitiche rupestri dell’altopiano di Marcahuasi.

    87 Tratto dal prologo a George Hunt Williamson, Other tongues, other flesh, Neville Spearman, London 1953, p. 8.

    88 Marco Zagni, Archeologi di Himmler, Ritter, Milano 2004; soprattutto il capitolo ix, L’Ahnenerbe e la Welteislehre, Edmund Kiss in Sudamerica.

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    Il Peca Gasha, la più famosa delle sculture megalitiche di Marcahuasi, in Perù:

    il suo nome, in lingua quechua, significa “il guardiano”,

    “la sentinella”.

    Usufruendo delle informazioni e degli studi di Maria Reiche in loco, ghw fu forse il primo a collegare tali linee a presenze extraterrestri, suggerendo di spiegare la loro esistenza con il fatto che i visitatori dello spazio potessero aver bisogno di segnali direzionali per ritro-vare aree naturali o artificiali di energia magnetica per rifornire le proprie navi spaziali: in pratica le linee di Nazca erano dei veri e propri «beacons for the gods».89

    Dopo aver incontrato Daniel Ruzo a Lima, all’inizio del 1957, il 7 giugno ghw inizia la salita verso l’altipiano di Marcahuasi, dove soggiornerà studiando i famosi megaliti. Ne rimarrà talmente affa-scinato da denominare il luogo «Last of the sacred forest».90

    89 Tratto dal capitolo Beacons for the gods, pp. 65-82, di George Hunt Williamson, Road in the sky, Neville Spearman, London 1959.

    90 George Hunt Williamson, Road in the sky, Neville Spearman, London 1959, pp. 32-64.

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    Daniel Ruzo, dopo aver tenuto un’importante conferenza a Parigi, a cura della Società di etnografia, presso la Scuola di studi superiori dell’Università della Sorbona, il 5 gennaio 1957 mette in contatto ghw con lo studioso italiano Costantino Cattoi, il quale si affretta a comunicare tramite numerose lettere le proprie scoperte all’an-tropologo americano. I riscontri sono importanti e permettono di comprendere il legame esistente tra i due continenti, tra le sculture rupestri e i megaliti dei due luoghi, posizionati entrambi sopra le principali linee di faglia.

    L’articolo di Franco Brantatelli su ufo, notiziario del 2005, nel quale si racconta l’arrivo dello studioso a Catania nel 1958.

    Il 5 aprile 1958, ghw scrive a Cattoi:

    Abbiamo trovato, qui in Perù, io e il mio buon amico professor Daniel Ruzo di Lima, esattamente la stessa cosa che Cattoi ha scoperto in Ita-lia: sculture rupestri di giganti che emanano un suono ronzante che pro-

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    viene dalle rocce scolpite, che possono essere anche viste solo dall’alto. Tutto ciò indica che le antiche razze che fecero le sculture erano in contatto con astronavi di altri mondi, e le sculture rupestri erano punti di riferimento, cioè specie di fari, usati anticamente per l’arrivo degli ufo. È possibile avere una copia della foto che mostra l’ufo che si libra sull’enorme testa umana di roccia scoperta da Cattoi? Qualche mese fa sono giunto alla stessa conclusione: e cioè, siccome esiste questo ronzio (o suono ronzante) in prossimità di queste sculture rupestri, sul posto c’è una stazione di rifornimento di energia – che era usata anticamente ed è tuttora usata dagli ufo. Credo che questo ronzio stia aumentando, a causa dell’intensità dei raggi cosmici sul nostro pianeta. Questo fatto provocherà l’apertura a tempo delle porte segrete che racchiudono i te-sori incas: essi vennero chiusi con “serrature cosmiche” che si sarebbe-ro dischiuse solo per (future) mutate condizioni geofisiche, dipendenti dalle attività solari.91

    Lo studio di antichi miti e leggende, l’analisi dei resti delle civiltà scomparse nel passato e dei loro glifi, petroglifi, segni, disegni, le incessanti manifestazioni di ufo a partire dal 1947, le comunicazioni ricevute da presunti esseri extraterrestri convincono ghw che l’uma-nità sia entrata in un momento chiave per la sua esistenza:

    I viaggiatori lungo le autostrade del cielo erano in comunicazione con i costruttori dell’autostrada della Terra – questi viaggiatori erano deno-minati in tutte le tradizioni delle civilizzazioni passate come “gli dei che viaggiavano nelle strade del cielo in carri di fuoco o in falconi dorati”. Questi viaggiatori lungo la strada del cielo sono oggi nei cieli della Terra e i loro “carri dorati” sono divenuti i moderni “Oggetti Volanti Non-Identificati o Dischi Volanti”. La loro autostrada è oggi più attiva di quanto non lo sia mai stata nel passato. […] Un Grande Ospite Celeste si muove verso la Terra.92

    91 Citato in una lettera scritta dal tenente colonnello aviatore Costantino Cattoi al dottor Filippo Martinelli il 14 ottobre 1958.

    92 George Hunt Williamson, Road in the sky, Neville Spearman, London 1959, p. 10.

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    Articoli sulle ricerche e le scoperte di Cattoi e Wil-liamson in Toscana. In alto, Spazio e vita del 1958; a sinistra, George Hunt Williamson assie-me a due giornalisti della Reuters in visita all’“Uomo di Baccinello” in Toscana nell’agosto del 1958 (La Nazione).

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    L’ultimo periodo della vita di ghw esplicita la vera natura dell’uomo, l’aspirazione a creare una comunità che prepari l’entrata dell’umani-tà nella Nuova Era. Il luogo prescelto è situato nelle amate Ande, principalmente in un monastero presso il lago Titicaca, un santuario più a nord, un’abbazia in una valle nascosta in Perù. Verrà seguito il tipico stile di vita degli Esseni, con digiuno, meditazione e contem-plazione. L’agricoltura seguirà il ritmo delle stagioni, senza che ven-gano usati fertilizzanti chimici. Ogni cosa crescerà organicamente.

    Il lavoro di ricerca spazierà in diversi campi, un nuovo metodo per datare esattamente il passato e oggetti del passato, nutrizione, giar-dinaggio organico, metafisica, linguaggio, antropologia, archeologia, ricerca storica, investigazione nel campo degli ufo e contatto con vi-sitatori dello spazio. Allo stesso tempo verranno eseguiti progetti in loco, come la riscoperta della scrittura perduta pre-Incas e dell’impero di Paititi, la completa esplorazione e il mappaggio del Grande Muro del Perù, la riscoperta della capitale perduta dello stesso antico impero di Paititi, la ricerca del sistema di gallerie sotterranee degli antichi pre-Incas. In ogni caso, s