Materiali e soluzioni innovative per il packaging - matech.it · il primo è un poliestere lineare...

3
© PST Galileo - Settembre 2011 Materiali e soluzioni innovative per il packaging Priorità nella gestione dei rifiuti Prodotto da scarti di legno Legno flessibile Le funzioni principali del packaging, sia alimentare che non, sono da sempre le stesse: conservare, proteggere e comunicare. Quest’ultimo aspetto ha subito negli anni un radicale cambiamento, acquisendo dal dopoguerra in poi un ruolo sempre più significativo e predominante rispetto alle altre due funzioni. Il packaging è dunque un oggetto appositamente progettato per vendere meglio un prodotto, oltre che per distinguerlo da tutti gli altri a scaffale e conferirgli un’identità. Si tratta però di un prodotto che, una volta assolta la sua funzione, viene buttato. E’ stato calcolato che nel 2010 sono state immessi sul mercato 12 milioni di tonnellate di materiali destinati al packaging; è dunque evidente che lo smaltimento o comunque la gestione di una così grande quantità di rifiuto in questi anni è diventata un’assoluta necessità. Realizzare un packaging che sia rispettoso dell’ambiente è oggi possibile seguendo strade alternative, caratterizzate da gradi diversi di ecosostenibilità. L’impatto ambientale può essere ridotto impiegando materiali ottenuti da riciclo e utilizzati in forma di film, riempitivi espansi o scatole compatte; i materiali di partenza sono plastiche derivate da petrolio, come il polietilene o il polistirolo espanso, oppure, come propone un’azienda innovativa, la carta dei quotidiani, disponibile in grande quantità e pronta per un suo riciclo sapiente. Ma è soprattutto con la eco-progettazione del prodotto-packaging che si raggiungono i massimi livelli di sostenibilità. Per eco-progettazione si intende lo studio del prodotto nel suo intero ciclo di vita (LCA) dal punto di vista dell’energia consumata e della CO2 emessa; in base ai risultati che emergono, l’azienda può intervenire in una o/e nell’altra fase al fine di ridurre l’impatto ambientale nel modo più efficiente. Si può pensare, ad esempio, di realizzare lo stesso prodotto • cambiando la materia prima e partendo da materiali derivati da risorse rinnovabili, anziché da petrolio; • studiando le forme e gli spessori che permettono un minor consumo di materiale; • ottimizzando il processo produttivo e la quantità di energia impiegata. Di estremo interesse per il settore del packaging sono dunque i biopolimeri, derivanti da risorse rinnovabili, riciclabili e/o biodegradabili. Sul mercato ormai se ne trovano di diverse tipologie, sia per l’origine naturale sia per grado di biodegradabilità e compostabilità sia per prestazioni termiche e meccaniche. I biopolimeri si possono lavorare per iniezione, estrusione, soffiaggio o termoformatura, che costituiscono le tecniche tradizionali di lavorazione delle materie plastiche.

Transcript of Materiali e soluzioni innovative per il packaging - matech.it · il primo è un poliestere lineare...

© PST Galileo - Settembre 2011

Materiali e soluzioni innovative per il packaging

Priorità nella gestione dei rifiuti

Prodotto da scarti di legno Legno flessibile

Le funzioni principali del packaging, sia alimentare che non, sono da sempre le stesse: conservare, proteggere e comunicare. Quest’ultimo aspetto ha subito negli anni un radicale cambiamento, acquisendo dal dopoguerra in poi un ruolo sempre più significativo e predominante rispetto alle altre due funzioni. Il packaging è dunque un oggetto appositamente progettato per vendere meglio un prodotto, oltre che per distinguerlo da tutti gli altri a scaffale e conferirgli un’identità.

Si tratta però di un prodotto che, una volta assolta la sua funzione, viene buttato. E’ stato calcolato che nel 2010 sono state immessi sul mercato 12 milioni di tonnellate di materiali destinati al packaging; è dunque evidente che lo smaltimento o comunque la gestione di una così grande quantità di rifiuto in questi anni è diventata un’assoluta necessità.

Realizzare un packaging che sia rispettoso dell’ambiente è oggi possibile seguendo strade alternative, caratterizzate da gradi diversi di ecosostenibilità. L’impatto ambientale può essere ridotto impiegando materiali ottenuti da riciclo e utilizzati in forma di film, riempitivi espansi o scatole compatte; i materiali di partenza sono plastiche derivate da petrolio, come il polietilene o il polistirolo espanso, oppure, come propone un’azienda innovativa, la carta dei quotidiani, disponibile in grande quantità e pronta per un suo riciclo sapiente.

Ma è soprattutto con la eco-progettazione del prodotto-packaging che si raggiungono i massimi livelli di sostenibilità. Per eco-progettazione si intende lo studio del prodotto nel suo intero ciclo di vita (LCA) dal punto di vista dell’energia consumata e della CO2 emessa; in base ai risultati che emergono, l’azienda può intervenire in una o/e nell’altra fase al fine di ridurre l’impatto ambientale nel modo più efficiente.

Si può pensare, ad esempio, di realizzare lo stesso prodotto • cambiando la materia prima e partendo da materiali derivati da risorse rinnovabili, anziché da petrolio;• studiando le forme e gli spessori che permettono un minor consumo di materiale;• ottimizzando il processo produttivo e la quantità di energia impiegata.

Di estremo interesse per il settore del packaging sono dunque i biopolimeri, derivanti da risorse rinnovabili, riciclabili e/o biodegradabili.

Sul mercato ormai se ne trovano di diverse tipologie, sia per l’origine naturale sia per grado di biodegradabilità e compostabilità sia per prestazioni termiche e meccaniche. I biopolimeri si possono lavorare per iniezione, estrusione, soffiaggio o termoformatura, che costituiscono le tecniche tradizionali di lavorazione delle materie plastiche.

© PST Galileo - Settembre 2011

Film bio termoformati Espanso naturale

I biopolimeri più noti sono a base PLA (acido polilattico) derivati generalmente da mais; altri, meno conosciuti, derivano da canna da zucchero, amido di patata o olio di ricino. Completamente differenti ma ugualmente biodegradabili secondo la normativa EN13432 sono i recenti PHA (PolyHydroxyAlcanoate) e PHBH (copolimero del 3-hydroxybutyrate e del 3-hydroxyhexanoate), entrambi ottenuti dalla fermentazione batterica di zuccheri o lipidi; il primo è un poliestere lineare termoplastico, disponibile a breve anche nella forma elastomerica, mentre il secondo presenta invece proprietà meccaniche molto simili a quelle del polipropilene. Rispetto al PLA, entrambi i materiali offrono una maggiore proprietà barriera ai gas, resistenza all’idrolisi e alla temperatura.

Questi polimeri vengono generalmente impiegati per la realizzazione di film flessibili, ottenuti per estrusione o soffiaggio, o di pezzi da iniezione o di vaschette termoformate, che trovano ampio uso, ad esempio, nei fast food, dove i volumi elevati e le conseguenti problematiche di smaltimento trovano nei biopolimeri biodegradabili e compostabili una risposta significativa in termini di salvaguardia ambientale.

Anche per quanto riguarda i prodotti espansi si può parlare di ecocompatibilità e addirittura di biodegradabilità: dalle prime schiume poliuretaniche parzialmente derivate da soia, impiegate inizialmente nel settore auto, si è arrivati oggi a espansi al 100% di derivazione naturale, soprattutto PLA ma anche amido e cellulosa; con questi materiali si ottengono ad esempio prodotti dall’aspetto del tutto simile al polistirene espanso, con caratteristiche meccaniche molto simili. Queste schiume trovano applicazione nel settore dell’imballaggio, dell’edilizia o dei trasporti.

Per l’applicazione di grafiche, scritte e loghi sul packaging di tipo plastico, si possono proporre i nuovi inchiostri ‘bio’ che permettono di ottenere la certificazione di compostabilità al prodotto completo.

L’ecoprogettazione e l’attenzione rivolta alla scelta oculata dei materiali in un’ottica di rispetto ambientale non rappresentano gli unici obiettivi per le aziende del packaging: questo settore sta infatti investendo molto per un continuo miglioramento delle prestazioni del proprio prodotto, legate alla facilità d’uso, a nuove funzionalità e, in ambito alimentare, a una migliore conservazione del prodotto.

La shelf-life è senz’altro un aspetto fondamentale nel settore alimentare e il suo incremento è sicuramente un obiettivo ambizioso e gradito. E’ noto che il deterioramento dell’alimento viene accelerato dalla presenza di gas come l’ossigeno e l’etilene, provenienti dall’alimento stesso e, nel caso dell’ossigeno, anche dall’ambiente esterno all’imballo.

Le nanotecnologie permettono oggi di realizzare film con nanocariche non solo di argilla, già esistenti da qualche anno sul mercato, ma anche di ioni ferro che, reagendo con l’ossigeno, ne riducono drasticamente e per lunghi tempi la concentrazione e rendono il packaging attivo.

Inoltre, possono essere inseriti all’interno del packaging fogli al 100% naturali, a base mais o bambù, per assorbire l’etilene prodotto dagli ortaggi o dalla frutta, aumentando la durata degli alimenti senza perdere, anche a seguito dell’assorbimento, la caratteristica di compostabilità.

© PST Galileo - Settembre 2011

Inchiostri bio Etichetta ‘timer’

Un altro impegno tecnologico significativo è quello legato alla durata del packaging in funzione della resistenza agli UV. Fino a ieri questa proprietà era garantita dall’inserimento nel film di assorbitori di tipo organico che però hanno durata limitata, non sono idonei al contatto alimentare e, col passare del tempo, fanno perdere trasparenza al film.

Oggi si può ricorrere anche all’impiego di assorbitori inorganici che reagiscono con i raggi UV e li bloccano. Essi mantengono una elevata trasparenza del film e non ingialliscono nel tempo.

Test hanno confermato la non migrazione delle sostanze nella superficie, rendendo gli assorbitori inorganici idonei al contatto alimentare; sono applicati nel settore del packaging alimentare e nella protezione di pigmenti per il settore della cosmetica.

La tecnica della microincapsulazione è ormai consolidata nel mercato: applicabile a tessuti, carta, polimeri e metalli, è in grado di rilasciare nel tempo una fragranza, una profumazione o un principio attivo (assorbente di odori, agenti igienizzanti e antimicrobici, Aloe Vera o Vitamina E).

Anche in questo campo la nanotecnologia o, meglio, la nanoincapsulazione porta una ventata di novità: la dimensione nanometrica delle capsule permette di ottimizzare il sistema di rilascio, che diventa molto più regolare e controllato.

Merita una breve descrizione un nuovo materiale plastico che ha trovato applicazioni ‘utili’ nel settore del packaging, grazie ad un particolare comportamento, del tutto anomalo per un polimero. Si tratta di un polietilene speciale che, disponibile in forma di strisce, piattine e fogli, ha la capacità di piegarsi a freddo e di rimanere nella posizione impressa, garantendo elevata resistenza a sforzo ciclico.

Fino ad oggi questa proprietà era garantita solo da materiali metallici come l’alluminio o l’acciaio (il classico filo di ferro). In alcune applicazioni questo tipo di materiale conferisce un vantaggio d’uso (il sacchetto che rimane aperto), in altre permette di alleggerire il prodotto, sostituendo i metalli sopracitati, in altri casi consente di ottenere un vantaggio ecologico, in quanto, in mancanza della parte metallica, lo smaltimento del prodotto è più semplice, oppure offre un maggior grado di sicurezza a determinati prodotti (ad esempio nei giocattoli piegabili).