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10/04/16 1 Materiale sulla filosofia con i bambini Corso febbraio/aprile 2016

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Materiale  sulla  filosofia  con  i  bambini  Corso  febbraio/aprile  2016  

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Filosofia  con  i  

bambini  

Philosophy  for  

Children  

DISCUSSIONE

CONFRONTO DI OPINIONI IN RAPPORTO AD UN DATO ARGOMENTO

S

S I

+ -

problematizzazione

interazione sociale

sviluppo argomentazione

dinamiche di ruolo

condizioni di partecipazione attiva

scarsa pertinenza apporti

insegnante come CONDUTTORE

S

O

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La  Philosophy  for  children    

e  lo  sviluppo  del  pensiero  criBco  

LE MATRICI PEDAGOGICHE DELLA P4C: •  Pedagogia come impegno per la convivenza democratica (educazione agli atteggiamenti democratici e idea di scuola come comunità di ricerca : J.Dewey).

•  Pedagogie del dialogo: il dialogo come modalità pedagogica (Socrate,M.Buber).

•  Pedagogie della parola: la parola liberatrice, che porta alla coscienza, che è generatrice (P.Freire). •  Pedagogia della complessità: il pensiero che interconnette ed è ologrammatico ( E.Morin).

•  Pedagogie della soggettività: l’io che si prende cura di sé, del proprio pensiero (fenomenologia). •  Pedagogie della costruzione del significato: il processo di ricerca porta alla co-costruzione di significati condivisi, con i quali ci orientiamo nella realtà e nel mondo (J.Bruner).

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La P4C è

•  un curricolo, un progetto pedagogico centrato sulla possibilità di trasformare la classe – o qualsivoglia contesto educativo – in una comunità di ricerca (CdR). Essere una CdR significa condividere significati e valori: negoziare percorsi intellettuali, fini e linguaggi per arrivare alla soluzione dei problemi e a nuovi comportamenti. •  nasce negli anni Settanta ad opera del Prof. Lipman, professore di logica presso la Columbia University. Il professore appronta egli stesso una serie di racconti volti ad ‘insegnare a pensare’. I suoi racconti si propongono di ‘fare filosofia’’ con bambini e ragazzi, a partire dal loro stupore verso il mondo e dalla loro curiosità verso gli interrrogativi che ne scaturiscono. Questi racconti sono dialoghi che richiamano quelli socratici, atti ad attivare processi e procedure di pensiero.

Lipman intende il pensiero superiore come una combinazione di pensiero critico, pensiero creativo e pensiero orientato al valore (caring), ovvero appartenente alla sfera di sentimenti ed emozioni. Il pensiero si configura come connessione e interazione dell’ esperienza, legata indissolubilmente al contesto socio-affettivo-cognitivo; pensare equivale a scoprire, inventare, connettere e sperimentare relazioni. Il pensiero critico è ‘responsabilità cognitiva’. Il filosofare si configura come percorso intellettuale volto alla ragionevolezza argomentativa.

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IL PENSIERO CRITICO •  RAZIONALE O RAGIONEVOLE?

•  METTE IN CRISI UN OGGETTO

Nella Filosofia con i bambini l’oggetto è la domanda e l’esercizio del pensiero avviene insieme

Il pensiero ha una dimensione critica perché: a) Ricerca criteri, ragioni, giustificazioni, fondamenti in relazione alla specificità dei contesti di riferimento b) Opera connessioni e distinzioni c) Formula giudizi in prospett iva autocrit ica e autocorrettiva, assumendo valenze metacognitive

IN SINTESI: Ci incamminiamo in un percorso formativo per insegnanti ed

alunni di tipo:

FILOSOFICO, PEDAGOGICO E DIDATTICO • FILOSOFICO, perché affronta problemi esistenziali quotidiani • PEDAGOGICO, perché costruisce capacità di pensiero complesso ( critico, creativo, valoriale) e democratico ( ascolto, rispetto delle idee degli altri) • DIDATTICO, perché costruisce un Ambiente Educativo specifico e imposta un metodo di lavoro trasformando: q  la classe in una Comunità di Ricerca q  l’insegnante in Facilitatore dell’Apprendimento

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Platone  (Le+era  VII):   Non è, questa mia, una scienza come le altre: essa non si può in alcun modo comunicare, ma come fiamma s’accende da fuoco che balza: nasce d’improvviso nell’anima dopo un lungo periodo di discussioni sull’argomento e una vita vissuta in comune, e poi si nutre di se medesima. �

Filosofare con i bambini è mettere in pratica la filosofia, cioè condividere una pratica abitando le domande poste nel circolo ermeneutico del dialogo.  

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La filosofia avrebbe il compito di percepire i crepacci nascosti nella struttura apparentemente levigata dei nostri concetti e di lottare per il significato della vita e della realtà

La  filosofia  è  eminentemente  TRASVERSANTE    Il  termine  si  potrebbe  considerare  sotto  tre  sfumature:  1.  Trasversante  nel  senso  del  passato  prossimo,  cioè  CHE  TRASVERSA    2.  Trasversante  come  composto  da  3  parole:  TRANS  (TRAS)  =  “attraverso”,  indica  lo  spostamento  da  un  punto  all’altro  (come  trasferire),  in  senso  figurato  il  passaggio  da  una  condizione  ad  un’altra  (come  trasfigurare,  trasformare),  oppure  mutamento  o  cambiamento  VERSUS  =  contro,  in  contrapposizione  ANTE  =  che  sta  prima  di  ogni  altra  cosa,  che  precede,  che  è  all’origine…    

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3.    Trasversante  come  composto  da  2  parole:  TRANS  (TRAS)  =  idem  come  sopra  VERSANTE  =  participio  presente  del  verbo  transitivo  VERSARE,  inteso  in  molteplici  significati  suggestivi:  -­‐  Far  sgorgare  un  liquido,  rivoltando  o  inclinando  il  recipiente  in  cui  è  contenuto  -­‐  Lasciar  uscire  il  proprio  contenuto  attraverso  fessure  (“la  botte  versa”)  -­‐  Far  uscire,  spargere  (“la  ferita  versa  sangue”)  -­‐  Rovesciare  (“versare  il  brodo  per  terra”)  -­‐  Far  confluire,  immettere  (“il  Po  versa  le  sue  acque…”)  -­‐  Confidare,  rivelare  (“versare  pene,  dolori”)    Come  verbo  Intransitivo  nel  significato  di  essere,  trovarsi  in  una  determinata  condizione  generalmente  negativa  (“versare  in  cattive  acque”)    Nel  significato  di  “Scrivere  versi”,  nel  senso  di  contribuire  con  un  verso  al  pensiero    

PERCHE’ IL PENSIERO SI SVILUPPI IN SENSO CRITICO OCCORRE:

a. Creare le condizioni ambientali opportune b. Dotarsi di strategie dialogiche e un minimo di progettazione c. Monitorare i pensieri con i dialoghi d. Documentare il percorso dialogico e. Munirsi di strumenti di valutazione qualitativa e di autovalutazione

4 PISTE OPERATIVE DI RICERCA E SPERIMENTAZIONE: a) Approfondire come funziona il pensiero critico e rilevarne le tracce b) Simulare noi insegnanti l’esercizio del pensiero critico c) Approcciarci filosoficamente al sapere d) Rimodulare lo stile e la relazione educativa

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IL PERCORSO PER I DOCENTI E IL PROGETTO 1. La Philosophy for children tra tradizione e innovazione a. Lo scenario pedagogico-filosofico della Philosophy for Children: nascita e sviluppi recenti b. Accenni al metodo del filosofare con i bambini: strategie e non programma 2. Il dialogo filosofico: il ruolo del docente a. Strategie per una buona conduzione della discussione b. Analisi di materiali prodotti in alcune esperienze dialogiche significative 3. I contenuti filosofici e la progettazione a. Fondamenti filosofici di un percorso educativo b. Fondamenti pedagogici per lo sviluppo del pensiero critico c. Per una didattica della filosofia con i bambini: possibili itinerari di sperimentazione dialogica 4. La filosofia in pratica tra domanda e risposta a. Il valore del dialogo nel rapporto insegnamento-apprendimento b. Ascolto, dialogo e restituzione pensata attraverso la simulazione di un incontro filosofico.

FILOSOFIA  

BAMBINI  

?  

Studiare  

Fare   Porsi  domande  di  SENSO  Perché?  Come  mai?  

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Dove  andrà  il  mio  mal  di  pancia  quando  mi  passerà?    (Ursula,  3  anni)    

Se  vado  a  leRo  alle  oRo  e  mi  alzo  alle  seRe  del  maTno,  come  faccio  a  sapere  veramente  che  la  lanceRa  piccola  dell’orologio  ha  faRo  soltanto  un  giro?  Devo  stare  alzato  tuRa  la  noRe  per  controllare?  Se  guardo  altrove,  anche  per  breve  tempo,  la  lanceRa  piccola  potrebbe  pure  fare  due  giri.    (Jordan,  5  anni)    

Come  possiamo  essere  sicuri  che  non  è  tuRo  un  sogno?  (Tim,  quasi  6  anni)    

Perché  non  B  vedo  doppio  dato  che  ho  due  occhi  e  posso  vederB  con  l’uno  e  con  l’altro  separatamente?    (John,  8  anni)    

Quando  sarò  grande  potrò  pensare  come  voglio?    (Macha,  4  anni)    

Da  dove  viene  l’ombra?  Perché  c’è?    (Andreas,  6  anni)    

Cosa  ero  io  prima  di  nascere?  Chi  c’era  prima  dei  nonni?  Perché  sono  un  bambino  e  non  una  bambina?  Gli  animali  pensano  e  sentono  come  me?  Perché  non  posso  essere  un  cane?  Perchè  ci  sono  bambini  che  nascono  malaB?  Perché  ci  sono  le  guerre?  Dove  si  va  quando  si  muore?  

Come  ACCOGLIERE  

queste  DOMANDE?  

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CONTRODOMANDA  rispondere  con  un’altra  domanda  del  Bpo  “Secondo  te?”,    e  meRersi  bene  all’ascolto  

Un  bambino  chiede:  “Perché  piove?”  L’adulto  può  cercare  di  rispondere  facendo  appello  alle  proprie  cognizioni  di  meteorologia.  Ma  se  il  bambino  ripete  poco  dopo  la  stessa  domanda,  evidentemente  l’adulto  non  ha  colto  ciò  che  il  bambino  chiedeva  davvero:  “Qual  è  il  senso  del  faRo  che  piove  proprio  adesso,  quando  mi  piacerebbe  tanto  andare  fuori  a  giocare?”  Invece  di  rispondere  si  può  chiedere  al  bambino  stesso:  “Qual  è  il  senso  della  pioggia?”  “Guarda,  i  fiori  hanno  sete.  Per  questo  piove!”  

Esempio  

CONTRODOMANDA  rispondere  con  un’altra  domanda  del  Bpo  “Secondo  te?”,    e  meRersi  bene  all’ascolto  

Esempio  

“Perché  tuT  gli  uomini  hanno  un  ombelico?”    “Secondo  te  perché  è  così?”    “Perché  così  tuT  sanno  dov’è  il  centro”  

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DOMANDE    “ILLEGITTIME”  

DOMANDE    “LEGITTIME”  

poste  dall’insegnante  per  esigenze  di  controllo  

(illegiTme  in  quanto  chi  le  pone  ha  già  la  risposta)  

non  hanno  una  risposta  “preconfezionata”  

meritano  davvero  l’impegno,  del  singolo  e  del  gruppo,  al  fine  di  trovare  una  risposta  originale  

PHILOSOPHY  FOR  CHILDREN  Programma  ideato  in  USA  da  MaRhew  

Lipman,  a  parBre  dagli  anni  ’70,  per  affrontare  le  quesBoni  di  senso  a  scuola  

KINDERPHILOSOPHIE  

FILOSOFIA  CON  I  BAMBINI  

In  area  tedesca:  

In  Italia  (per)  

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“NOVEL  FORMAT”   importanza  della  mediazione  narraBva  

RacconB  desBnaB  alle  diverse  fasce  di  età,  a  coprire  tuT  i  gradi  della  scuola  dell’obbligo  

SCUOLA  DELL’INFANZIA  

             L’OSPEDALE  DELLE  BAMBOLE  SCUOLA  PRIMARIA  

   Classe  prima  

             ELFIE      Primo  biennio  

             KIO  &  GUS      Secondo  biennio  

             PIXIE  

storie  raccontate  in  prima  persona  dai  protagonisB,  che  sono  della  

stessa  età  dei  leRori  offrono  spunB  conBnui  e  progressivi  di  riflessione  e  

discussione  in  classe  

+  ampi  MANUALI  per  l’insegnante  con      ESERCIZI  e  PIANI  DI  DISCUSSIONE      uBlizzabili  al  fine  di  facilitare        il  gruppo  di  bambini        nel  percorso  di  ricerca  

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Esempio  di  materiale  narraBvo:  

Il  nome  della  mia  bambola  è  Rotolina.  È  il  nome  che  le  ho  dato.  Quando  è  venuta  da  me,  non  aveva  un  nome.  Quando  sono  venuta  da  papà  e  mamma  neanche  io  avevo  un  nome.  Il  mio  nome  è  Manù.  Penso  che  il  mio  nome  mi  s[a  bene.  Anche  il  nome  di  Rotolina  le  sta  bene.  Ha  una  faccia  rotonda  e  una  testa  rotonda.  Non  ha  capelli.  Mi  domandavo  da  dove  venisse  la  mia  bambola.  Un  giorno  l’ho  chiesto  a  mamma  e  lei  ha  de^o:  “Te  l’ho  comprata  al  negozio  di  gioca^oli”.  “Dov’era  Rotolina  prima  di  venire  al  negozio  di  gioca^oli?”  ho  chiesto.  “Credo  che  fosse  alla  fabbrica  delle  bambole”  ha  de^o  mamma.  “E  prima?”.  “Forse  era  un  pensiero  nella  testa  del  fabbricante  di  bambole”  ha  de^o  mamma,  lentamente.  Avete  mai  creduto  di  aver  capito  una  cosa  ma,  dopo,  avete  scoperto  che  non  l’avete  capita  per  niente?  Ecco  quello  che  mi  è  successo  il  giorno  che  mamma  mi  ha  parlato  di  un  pensiero  nella  mente  del  fabbricante  di  bambole.    

da  “L’ospedale  delle  bambole”  –  per  la  Scuola  dell’Infanzia  

Esempio  di  materiale  narraBvo:  

da  “Pixie”  –  per  la  classe  quinta  

Sabato  pomeriggio  i  miei  genitori  dovevano  andare  a  trovare  un  collega  di  papà.  Dissero  che  preferivano  non  portare  me  e  Miranda  con  loro  e  noi  abbiamo  risposto:  “Bene,  staremo  a  casa!  Tanto  non  avevamo  nessuna  voglia  di  uscire!”.  Mentre  stavano  andando  via,  mia  madre  ci  raccomandò:  “State  a^ente.  Adesso  sarete  sole  in  casa,  perciò  non  dovete  aprire  a  nessuno.  Questa  è  una  regola  che  non  amme^e  eccezioni!”.  Ci  dissero  che  sarebbero  torna[  nel  giro  di  due  o  tre  ore,  papà  mi  accarezzò  la  testa  e  uscirono.  Subito  io  mi  sono  messa  a  saltare  intorno  al  tavolo  della  cucina  e  Miranda  mi  ha  de^o:  “Che  [  prende  ora?”.  “Siamo  libere!  –  gridai  –  La  casa  è  tu^a  nostra!”.  “Tu  sei  scema  –  disse  Miranda  –  Non  è  cambiato  proprio  niente.  Dovres[  sapere  che  nella  famiglia  esistono  delle  regole  che  rimangono  uguali  sia  quando  mamma  e  papà  ci  sono  che  quando  non  ci  sono”.  “Libere,  libere,  libere  –  con[nuavo  a  cantare  –  Libere,  libere,  libere!  Ora  tu^o  è  possibile!”.  Miranda  arricciò  il  naso  come  faceva  ogni  volta  e  disse:  “Sei  disgustosa!”.                                                                              (…con[nua)  

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Esempio  di  materiale  narraBvo:  Io  con[nuai:  “Adesso  vado  nel  guardaroba  della  mamma  e  mi  provo  il  ves[to  elegante  che  arriva  fino  al  pavimento”.  “Ci  scomparirai  dentro.  E  forse  non  sarebbe  una  cafva  idea!”.  Proprio  in  quel  momento  bussarono  alla  porta.  Senza  togliere  la  catena  domandai:  “Chi  è?”.  Dall’altra  parte  sen[i  Isabella  che  rispondeva:  “Siamo  noi:  Isabella  e  Conce^a”.  “Pixie  –  disse  Miranda  –  hai  sen[to  che  cosa  ha  de^o  la  mamma.  Abbiamo  l’ordine  di  non  fare  entrare  nessuno.  Le  regole  sono  regole!”.  “Ma  –  protestai  –  mamma  non  voleva  dire  di  non  far  entrare  persone  conosciute!”.  “Conosciamo  tan[  [pi  che  mamma  non  vorrebbe  che  entrassero  in  casa”.  In  quel  momento  Isabella  richiamò  alla  porta:  “Pixie,  non  preoccupar[  per  noi.  Ci  eravamo  fermate  solo  per  dir[  ciao.  Ci  vediamo  domani!”.  Non  mi  andava  di  avviare  una  grande  lite  con  Miranda.  Perciò  mi  sono  infilata  nel  guardaroba  della  mamma,  mi  sono  seduta  sul  pavimento  in  mezzo  alle  scarpe  brontolando:  “Questo  è  l’unico  posto  dove  sono  libera  di  essere  me  stessa!”.    

da  “Pixie”  –  per  la  classe  quinta  

Esempi  di  piani  di  discussione:  (riferiB  al  brano  di  Pixie)  

PIANO  DI  DISCUSSIONE  1  1.  Che  cos’è  una  regola?  2.  Le  famiglie  hanno  tu^e  le  stesse  regole?  3.  In  famiglia  tu^e  le  regole  sono  fa^e  dai  genitori?  4.  I  bambini  inventano  qualche  volta  delle  regole?  5.  Avete  mai  partecipato  ad  un  gioco  in  cui  avete  stabilito        delle  regole?  6.  Esistono  regole  che  è  meglio  infrangere?  7.  Esistono  regole  che  vi  impongono  di  fare  cose  che  non  siete        in  grado  di  fare?            Se  sì,  meritate  di  essere  puni[  se  non  rispe^ate            tali  regole?  8.  In  famiglia  le  regole  rimangono  uguali,  anche  quando  i        genitori  sono  assen[?  9.  Che  fine  fanno  le  regole  che  nessuno  rispe^a?  10.Secondo  voi,  ogni  regola  ha  una  buona  ragione?  

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PIANO DI DISCUSSIONE 2: esistono eccezioni alle regole?

1. Giovanni si è svegliato con un forte raffreddore. Deve andare a scuola?

2. Per Tonino l’ora di andare a letto è alle 10, ma alla TV c’è Harry Potter dalle 9 alle 11. Può restare in piedi fino alle 11?

3. Susanna è a dieta. Può mangiare il gelato e il dolce il giorno del suo compleanno?

4. Il signor Rossi viaggia su un’autostrada vuota. Può superare di 20 km il limite di velocità?

5. Se prendi un bel voto ad un compito copiato e nessuno se ne accorge, il voto ha valore?

6. Potete stabilire nuove regole mentre fate una partita di calcio?

Esempi  di  piani  di  discussione:  (riferiB  al  brano  di  Pixie)  

PIANO DI DISCUSSIONE 3

1. Perché non ci sono regole che vietano di volare nella camera da pranzo?

2. Può esserci una regola che vieta di starnutire quando uno

ha il raffreddore?

3. Sono necessarie regole per farci respirare?

4. Perché non ci sono regole che vietano di fare colazione la

mattina?

5. Abbiamo bisogno di una regola per divertirci ad una festa

di compleanno?

6. Dovrebbero esserci delle regole per la pulizia della vostra

camera?

7. Avete bisogno di regole per spendere i soldi a vostra

disposizione?

Esempi  di  piani  di  discussione:  (riferiB  al  brano  di  Pixie)  

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SETTING  

Il  seTng  deve  essere  confortevole,  rilassante,  informale.    Le  sessioni  filosofiche  oRengono  in  genere  maggiore  successo  se  gesBte  con  gruppi  ristreT,  di  10-­‐15  bambini.    La  disposizione  ideale  è  con  le  sedie  in  circolo.  È  bene  che  l’insegnante  si  sieda  con  i  bambini,  alla  stessa  loro  altezza  (non  in  piedi,  né  su  una  sedia  più  grande).  Eventualmente,  se  nell’aula  vi  fosse  un  grande  tappeto,  ci  si  potrebbe  anche  accomodare  a  terra  (sopraRuRo  nella  scuola  dell’infanzia).  Importante  la  presenza  di  una  lavagna  in  posizione  accessibile  a  tuT.  

lavagna

disposizione sedie

posizione insegnante

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PROPOSTA-­‐STIMOLO  

Gli  incontri  iniziano  con  la  leRura  dei  racconB  di  Lipman.    Si  può  anche  prendere  spunto  dal  ricco  repertorio  di  leReratura  per  l’infanzia,  oppure  da  poesie,  da  componimenB  dei  bambini  stessi,  da  faT  di  aRualità,  da  opere  piRoriche,  dall’ascolto  di  brani  musicali,  dalla  visione  di  un  filmato  significaBvo…  Nel  caso  si  parta  da  un  brano  narraBvo  è  consigliabile  che  la  prima  leRura  sia  svolta  dall’insegnante  in  modo  espressivo.  In  seguito  si  può  chiedere  ai  membri  della  classe  di  rileggere  il  testo  ad  alta  voce,  o  tuT  insieme  o  a  turno,  un  paragrafo  ciascuno.    

SCELTA  DEI  TEMI  

L’insegnante  invita  la  classe  a  dire  cosa  abbia  trovato  di  piacevole  ed  interessante  nella  proposta-­‐sBmolo.    Qualora  la  risposta  sia  lenta  o  le  osservazioni  vaghe,  si  possono  spronare  i  bambini  con  domande  del  Bpo:  «Che  cosa  hai  trovato  di  strano,  simpaBco,  poco  chiaro…?».  L’insegnante  deve  però  evitare  di  influenzare  le  loro  scelte.  In  linea  di  massima  sono  gli  alunni  a  dover  scegliere  gli  argomenB  da  traRare  nel  dialogo  in  classe.    

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COMPILAZIONE  AGENDA  DI  DISCUSSIONE  

È  consigliabile  scrivere  alla  lavagna  le  quesBoni  che  gli  studenB  evidenziano.    La  visualizzazione  degli  argomenB  alla  lavagna  è  molto  importante,  in  quanto  consente  alla  discussione  di  rimanere  fedele  alle  problemaBche  originariamente  sollevate.  Si  traRa  di  una  sorta  di  “agenda  di  discussione”  definita  dalla  comunità  stessa.  Le  osservazioni  scriRe  possono  essere  selezionate  o  raggruppate  secondo  somiglianze  o  differenze,  al  fine  di  formulare  quesBoni  più  ampie  e  generali.    Occorre  poi  stabilire  un  ordine  di  discussione  dei  temi,  che  non  deve  essere  necessariamente  lo  stesso  ordine  nel  quale  essi  sono  staB  sollevaB.    

DISCUSSIONE  

È  il  momento  centrale  della  sessione  filosofica:  la  fase  più  streRamente  dialogica  ed  argomentaBva.  Occorre  evitare  che  si  ricreino  le  dinamiche  frontali  Bpiche  delle  normali  ore  di  lezione,  dove  l’insegnante  è  visto  come  fonte  di  informazioni  sicure.  In  una  “comunità  di  ricerca”  insegnante  ed  allievo  stabiliscono  un  rapporto  di  indagine  cooperaBva.    Nella  gesBone  di  un  dialogo  filosofico,  è  fondamentale  la  flessibilità.  Se  il  gruppo  si  sofferma  a  lungo  su  una  quesBone  che  al  coordinatore  pare  sostanzialmente  risolta,  è  importante  non  avere  freRa  di  passare  alla  successiva,  ma  lasciare  il  tempo  necessario  perché  si  esaurisca  all’interno  della  comunità.  Viceversa,  è  bene  non  insistere  su  un  problema  ritenuto  dall’insegnante  importante,  qualora  si  rivelasse  noioso  per  la  classe.        

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USO  MATERIALE  STRUTTURATO  

Gli  esercizi  possono  essere  d’aiuto  per  potenziare  le  abilità  implicate  in  un  determinato  punto  della  discussione  e  per  chiarire  un  conceRo  sfuocato,  prevenendo  fraintendimenB  demoBvanB  per  la  classe.  È  bene,  comunque,  non  ricorrere  agli  esercizi  prima  che  si  sia  stabilita  una  qualche  discussione  nel  gruppo,  anche  se  breve  o  preliminare.  Diversamente  l’impiego  di  esercizi  potrebbe  somigliare  molto  alla  normale  prassi  scolasBca      

CONCLUSIONE  

L’insegnante  segnala  che  la  sessione  è  terminata  e  chiede  al  gruppo  di  valutare  il  proprio  grado  di  ascolto  reciproco  e  la  significaBvità  dei  temi  traRaB,  nonché  la  profondità  del  percorso  effeRuato.  

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Riassumendo:  

Durata  complessiva  di  una  sessione  filosofica:  1  ora  circa.  

ATvità  introduTva  

Presentazione  proposta-­‐sBmolo  

Elaborazione  agenda  di  discussione  

Discussione  

Chiusura  e  valutazione  

5  minuB  

10  minuB  

10  minuB  

30  minuB  

5  minuB  

DIFFICOLTÀ  PIÙ  COMUNI  CON  I  BAMBINI  NELLE  ATTIVITÀ  DIALOGICHE  IN  AULA  

l’inosservanza  del  proprio  turno  di  intervento    (i  bambini  tendono  a  parlare  tuf  insieme  e  a  voce          alta);    

la  non  perBnenza  temaBca    (quando  un  pensiero  li  a^anaglia,  non  si  preoccupano  nel      loro  intervento  di  riferirsi  al  tema  della  discussione,      ma  raccontano  ciò  che  in  quel  momento  sta  loro      par[colarmente  a  cuore,  anche  se  totalmente  fuori      luogo);    

la  personalizzazione  estrema    (fondano  i  loro  interven[  su  esperienze,  desideri  o      ricordi  talmente  personali  da  disperdere  la  discussione        in  rivoli  secondari,  anziché  renderla  più  concreta);  

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l’egocentrismo  dominante    (che  rende  intolleran[  alle  cri[che  e  indisponibili          alla  ricerca  comunitaria);    

i  giudizi  assoluB    (che  non  danno  possibilità  di  appello  ad  altri  pun[  di      vista,  basandosi  su  asserzioni  categoriche);    

DIFFICOLTÀ  PIÙ  COMUNI  CON  I  BAMBINI  NELLE  ATTIVITÀ  DIALOGICHE  IN  AULA  

l’eccessiva  generalizzazione    (base  fondante  degli  stereo[pi  e  del  pregiudizio);    

il  gregarismo  intelleRuale    (sia  nei  confron[  di  compagni  leader,  che  verso      l’insegnante:  impedisce  di  pensare  autonomamente).    

COMPETENZE  COMUNICATIVE  DELL’INSEGNANTE  

Senza  assumere  aReggiamenB  troppo  direTvi,  l’insegnante  deve  cercare  di  aTrare  l’aRenzione  su  chi  sta  parlando,  lasciando,  tuRavia,  che  il  dialogo  si  sviluppi  gradualmente  in  maniera  autonoma:  non  è  necessario  che  ogni  intervento  sia  filtrato  dall’insegnante.    

Lo  sviluppo  delle  idee  degli  alunni  si  sBmola  chiedendo  esempi  e  contro-­‐esempi,  mostrando  contraddizioni,  evidenziando  conseguenze  ed  implicazioni.  Quello  che  bisogna  evitare  è  di  ridurre  la  discussione  ad  un  bombardamento  interminabile  di  quesBoni,  senza  lasciare  il  tempo  di  esaminarne  alcuna.    

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COMPETENZE  COMUNICATIVE  DELL’INSEGNANTE  

È  necessario  evitare  che  la  discussione  venga  monopolizzata  da  qualcuno,  (il  “più  bravo”  della  classe  o  semplicemente  il  più  aggressivo);  infaT  non  è  deRo  che  colui  che  interviene  sempre  sia  colui  che  ha  le  cose  più  importanB  e  aTnenB  da  dire.    

L’insegnante  deve  indurre  gli  alunni  ad  esporre  le  argomentazioni  migliori  a  sostegno  delle  loro  tesi.  Se  i  bambini  si  lasciano  andare  a  raccontare  aneddoB  e  faT  personali,  bisogna  cercare  di  far  emergere  gli  aspeT  che  risultano  perBnenB  all’argomento  in  discussione.  È  bene  limitare,  per  quanto  possibile,  l’irrilevanza.  Il  fine  non  è  quello  di  “far  parlare”  i  bambini,  ma  di  farli  dialogare  ragionevolmente.    

COMPETENZE  COMUNICATIVE  DELL’INSEGNANTE  

L’enfasi  generale  deve  essere  rivolta  non  alle  risposte  esaRe,  che  in  linea  di  massima  non  esistono  a  priori,  ma  alle  ragioni  addoRe  a  giusBficazione  delle  risposte  ed  alle  buone  domande.  È  bene  però  astenersi  dal  dire  esplicitamente  agli  allievi  che  non  esistono  risposte  giuste,  altrimenB  si  potrebbe  ingenerare  la  convinzione  che  tuRo  è  soggeTvo  e  relaBvo.    

L’insegnante  deve  astenersi  dall’esprimere  la  propria  eventuale  disapprovazione  per  alcune  affermazioni  dei  bambini.  Se  c’è  qualcosa  di  errato  nel  loro  ragionamento  conviene  porre  domande  ulteriori  per  portare  a  galla  il  vizio  di  fondo  e  renderli  consapevoli  di  ciò.  Se,  invece,  è  una  quesBone  di  opinioni  diverse,  occorre  evitare  di  competere  argomentaBvamente  con  gli  allievi.    

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OBIETTIVI  

SVILUPPO  DI  ABILITA’  COGNITIVE  COMPLESSE  -­‐  addurre  ragioni,  -­‐  fare  previsioni,  elaborare  ipotesi  e  soRoporle  a  verifica,  -­‐  chiedere  e  cercare  prove,  -­‐  riconoscere  diverse  prospeTve  e  punB  di  vista,  -­‐  scoprire  alternaBve,  -­‐  prendere  in  considerazione  tuT  gli  elemenB  significaBvi,  -­‐  operare  disBnzioni  e  connessioni  (parte/tuRo,  mezzi/fini,  causa/effeRo),  -­‐  ricavare  inferenze  da  singole  premesse,  -­‐  scoprire  delle  assunzioni  implicite,  -­‐  formulare  confronB,  -­‐  generalizzare  ed  usare  analogie,  -­‐  offrire  esempi  e  contro-­‐esempi,  -­‐  riconoscere  le  contraddizioni,  -­‐  scoprire  ragionamenB  fallaci,  -­‐  tendere  alla  coerenza,  -­‐  sapere  come  regolarsi  con  le  ambiguità,  -­‐  rifleRere  sulle  procedure  di  ricerca.    

TRASFORMAZIONE  DELLA  CLASSE  IN  “COMUNITA’  DI  RICERCA”  

-­‐  cosBtuire  una  struRura  egualitaria,  -­‐  anteporre  il  procedere  della  ricerca  a  qualsiasi  intervento  personale,  -­‐  seguire  un  percorso  aperto,  orientato  però  ad  un  risultato  (non  necessariamente  una  conclusione  vera  e  propria,  ma  un  prodoRo  parziale  

e  provvisorio  condivisibile  che  comporB  una  condizione  di  cambiamento  intelleRuale  nel  gruppo),  -­‐  aTvare  processi  di  autoregolazione  e  autocorrezione.    

SVILUPPO  DI  ATTEGGIAMENTI  DEMPOCRATICI  

-­‐  superare  progressivamente  l’egocentrismo  e  collocare  in  prospeTva  il  proprio  io,  -­‐  favorire  la  crescita  personale  nella  relazione  con  gli  altri,  -­‐  sviluppare  coraggio  intelleRuale,  umiltà,  tolleranza  e  perseveranza,  -­‐  rispeRare  gli  altri  come  persone  ed  il  loro  punto  di  vista,  -­‐  meRere  in  discussione  le  proprie  certezze  ed  acceRare  le  criBche,  -­‐  apprezzare  le  differenze.    

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SVILUPPO  DI  COMPETENZE  COMUNICATIVE  

-­‐  esporre  con  chiarezza  le  proprie  idee,  -­‐  aspeRare  il  proprio  turno  per  parlare,  -­‐  saper  dialogare  con  i  coetanei  e  con  gli  adulB,  -­‐  saper  argomentare,  -­‐  saper  ascoltare  gli  altri  con  interesse  ed  aRenzione,  -­‐  comprendere  i  contenuB  con  capacità  di  analisi,  sintesi  e  rielaborazione,  -­‐  acquisire  nuovi  vocaboli    

Esempio  di  dialogo  (nella  scuola  dell’infanzia)  

Insegnante:  Cos’è  il  cervello?    ElisabeRa:  È  una  cosa  che  ci  fa  sen[re.  Davide  C.:  Che  ci  fa  parlare.  Marco:  Serve  per  non  farci  sgonfiare  la  testa  ...  per  tenere  dri^a  la  testa!  Elisa  L.:  Io  ho  la  casse^a  del  corpo  umano.    Marco:  ...ma,  dai,  can[amo...  Elisa:  La  mia  Sbrodolina  ha  i  buchi  nel  cervello.    Marco:  Can[amo  quella  di  Pasqua!  Insegnante:  (presentando  una  espressione  facciale  triste)  A  cosa  sto  pensando  secondo  voi?  Marco:  Piangendo…  Stefania:  Triste.                                                                                                                                                                                    (con[nua…)  

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Esempio  di  dialogo  (nella  scuola  dell’infanzia)  

Insegnante:  (cambiando  espressione;  mostrandosi  sorridente)  E  ora?  A  cosa  sto  pensando?  Coro:  Cose  belle!!!  Insegnante:  Come  fate  a  saperlo…  io  non  ho  parlato!  Elisa  L.:  Sta  funzionando  il  nostro  cervello...  Marco:  Dai!  La  can[amo  quella  di  Pasqua.  Insegnante:  Quando  cantate  la  canzone  cosa  usate?  ElisabeRa:  Il  microfono!  Elisa  L.:  …il  cervello!!!  Coro:  Pensiamo!  (i  bambini  cantano  la  canzone;  l’insegnante  facilitatrice  ascolta  ma  non  canta)  Insegnante:  Come  mai  voi  avete  cantato  la  canzone  e  io  no?  Forse  non  ho  il  cervello?  Stefania:  Non  la  sai!  Marco:  La  rican[amo  così  la  impari!  

Esempio  di  dialogo  (in  una  quarta  elementare)  

Insegnante:  Allora…  Il  tuo  nome  lo  sai  per  certo  perché  è  stato  deciso…  E  che  la  Terra  gira  lo  sai  per  certo  perché  è  stato  deciso?  Alessio:  No,  quello  lo  hanno  trovato…  scoperto!  Fabio:  Lo  hanno  visto...  Insegnante:  Ma  gli  uomini  del  medioevo  vedevano  il  Sole  che  girava,  non  la  Terra...  anche  loro  lo  vedevano!  Alessio:  Sì,  ma  adesso  lo  hanno  proprio  anche  provato!  Insegnante:  Lo  hanno  provato  e  le  cose  non  cambieranno  più?  Sei  sicuro  che  un  giorno  qualcuno  non  potrà  dire  che  non  è  la  Terra  a  girare?  Fabio:  Sì  che  la  Terra  gira,  perché  gli  scienzia[  lo  hanno  proprio  conosciuto...  Manuele:  No,  io  adesso  non  sono  neanche  sicuro  di  sapere  che  la  Terra  gira,  perché  io  non  l’ho  mai  visto,  non  l’ho  provato  io...  Dovrei  andare  su  a  vedere  come  gli  astronau[...  Alessio:  Fida[,  che  sanno  il  fa^o  suo  gli  scienzia[!                                                                                                              (con[nua…)  

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Esempio  di  dialogo  (in  una  quarta  elementare)  

Insegnante:  Ma  a  volte  gli  scienzia[  dicono  cose  che  poi  con  il  tempo  si  dimostrano  false...  Alessio:  Mi  sembra  difficile  che  ci  sono  scienzia[  così...  Insegnante:  Gli  scienzia[  di  una  volta  non  dicevano  mica  che  la  Terra  era  rotonda  e  che  girava...  Alessio:  Sì,  ma  una  volta,  però!  Insegnante:  Sì,  ma  in  quel  periodo  erano  quelli  che  ne  sapevano  di  più,  per  loro  era  vero.  Non  potrebbe  essere  lo  stesso  adesso?  Alessio:  Ma  loro  non  c’erano  anda[  sull’astronave  a  vedere  che  gira…  Tommy:  Ma  la  Terra  che  gira?  Quello  come  fai  a  vederlo?  Rossella:  Una  volta  vedevano  il  Sole  girare  e  non  la  Terra.  Fabio:  Io  ci  andrei  a  vedere  se  gira,  così  poi  sarei  sicuro!  Manuele:  Ma  no,  perché  anche  se  loro  vanno  su  e  vedono  la  Terra  che  gira,  può  essere  la  stessa  cosa  del  Sole  per  quelli  di  una  volta  e  può  essere  che  siamo  noi  sull’astronave  che  giriamo,  non  lei…  

Esempio  di  dialogo  (in  una  quinta  elementare)  

Emanuela:  Mi  sto  chiedendo:  cos’è  il  tempo?  Svetlana:  Le  ore,  i  giorni,  la  mafna,  la  sera...    Nicole^a:  A  volte  noi  pensiamo  di  sapere  che  cosa  significa  una  parola,  ma  la  stessa  parola  ha  diversi  significa[.  Molte  cose  pensiamo  di  saperle  e  invece  non  le  sappiamo...  Stefania:  Quando  facciamo  tante  cose  il  tempo  passa  in  fre^a,  quando  ci  annoiamo  non  passa  mai.  Valen[no:  Sono  d’accordo.  Quando  gioco  a  Play  Sta[on  il  tempo  passa  velocemente.  La  no^e  quando  sei  sveglio  sembra  un’infinità.  Enrico:  Quando  giochi  a  Play  Sta[on,  è  come  se  fossi  in  un  altro  posto  da  dove  sei.  Svetlana:  A  scuola  quando  voglio  andarmene,  il  tempo  non  passa.    Emanuela:  E  se  si  rompono  tuf  gli  orologi  del  mondo,  il  tempo  non  passa  più?  Valen[no:  Che  sfiga!                                                                (con[nua…)  

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Esempio  di  dialogo  (in  una  quinta  elementare)  

Stefania:  Si  capisce  dal  sole  che  ore  sono.  Nicole^a:  Come  hanno  fa^o  a  sapere  l’ora  quando  non  c’erano  gli  orologi?    Enrico:  Me^evano  un  bastoncino  per  terra  e  guardavano  l’ombra.  Nicole^a:  Sì,  ma  come  facevano  gli  uomini  a  dire  che  ore  erano  quando  nessuno  aveva  mai  inventato  le  ore?  Stefania:  Dio  ha  inventato  le  ore!  Emanuela.:  Le  ha  inventate  un  inventore,  non  Dio!  Enrico:  Si  può  scoprire  nei  libri  come  hanno  fa^o.  Nei  libri  c’è  spiegato.  Nicole^a:  …Ma  io…vorrei  sapere  com’è  nata  l’idea.  Emanuela:  Forse  gli  an[chi  erano  più  intelligen[  di  noi:  inventavano  tante  cose...  

Classe  seconda  Le  parole  sono  dentro  la  matema5ca  o  la  matema5ca  sta  dentro  le  parole?        Insegnante:  Secondo  voi  le  parole  sono  dentro  la  matema[ca  o  la  matema[ca  dentro  le  parole?  Marianna:  Secondo  me  potrebbe  essere  che  le  parole  stanno  dentro  la  matemaBca,  perché  la  matemaBca  ha  costruito  parole  e  anche  numeri,  perché  le  parole,  senza  la  matemaBca,  non  stavano  dentro  ai  numeri:  stavano  in  giro…  Greta:  Per  me  la  matemaBca  sta  dentro  le  parole.    Lara:  Per  me  le  parole  stanno  dentro  alla  matemaBca,  perché  può  darsi  che  ci  stanno  anche  i  numeri.  Francesca:  La  matemaBca  sta  dentro  alle  parole,  perché  i  numeri  li  puoi  dire  anche  a  voce.    Erika:  Per  me  la  matemaBca  sta  dentro  alle  parole  perché  ci  sono  certe  parole  della  matemaBca  come  meno,  per  e  più.  Meno,  per  e  più  mica  è  italiano.    MaReo:  Per  me  il  per  è  di  tuRe  le  lingue,  perché  tuRe  le  lingue  usano  il  meno,  il  per  e  il  più.  Valerio:  Uno  comincia  con  la  U.  I  numeri  che  cominciano  con  la  U  si  nascondono  dietro  alla  U.  Il  due,  che  comincia  con  la  D,  si  nasconde  dietro  alla  D.  

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Lorenzo:  La  matemaBca  sta  dentro  alle  parole  perché  i  numeri  si  possono  scrivere  a  leRere.    Asia:  Per  me  un  po’  tuRe  e  due.  I  numeri  si  possono  scrivere  a  leRere  e  anche  a  numeri  e  allora  se  la  matemaBca  sta  dentro  all’italiano,  o  l’italiano  sta  dentro  alla  matemaBca,  è  uguale:  solo  si  fa  l’inverso.  Simone:  Per  esempio  io  ho  quaRro  scriRo  e  ho  4  scriRo  al  numero:  è  sempre  lo  stesso.  Marianna:  Senza  che  le  parole  stavano  dentro  ai  numeri,  i  numeri  non  esistevano:  stavano  in  giro  per  l’aria…  Con  le  parole  invece  la  voce  nostra  può  dire  i  numeri.    Lara:  Per  me  se  non  c’era  la  matemaBca  i  numeri  non  esistevano.    Lorenzo:  Se  non  c’era  la  matemaBca,  niente  esisteva.  Non  potevi  contare…    Irene:  Se  non  esisteva  la  matemaBca  non  esistevamo  nemmeno  noi,  perché  la  mamma  non  sapeva  quando  dovevamo  nascere.    Lara:  Se  non  c’era  la  matemaBca  non  esistevamo  nemmeno  noi,  perché  noi  abbiamo  gli  anni.  Francesca:  Non  potevamo  sapere  niente.    Lorenzo:  Nemmeno  quanB  giochi  hai.  Fabio:  Io  non  ho  mai  contato  i  giochi…    Asia:  Non  c’era  nemmeno  il  divano,  perché  per  farlo  bisogna  prendere  le  misure.  MaTa:  In  verità,  se  non  esisteva  la  matemaBca  non  esisteva  nemmeno  il  mondo,  perché  Dio  ha  faRo  il  mondo  però  lo  ha  misurato  per  farlo  grande  grande  abbastanza  perché  noi  tuT  ci  sBamo.