MATERAZZI, DE ROSSI, QUAGGIÙ QUALCUNO VI AMA M · nali, braccialetti; lavano i vetri, lustra- ......

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13.07.2006 VANITY FAIR 95 MATERAZZI, DE ROSSI, QUAGGIÙ QUALCUNO VI AMA AFP/GRAZIA NERI Mamma Salomé, 28 anni (in rosa), e i suoi nove «figli» adottivi al nuovo Villaggio Sos di Morelia, nel Messico del Nord. Dal 15 luglio vivranno qui con altri 110 bambini abbandonati. VANITY RONALD-NIÑOS DI FRANCESCO BRIGLIA - FOTO BRUNO BRIONI Perchè i bambini messicani abbandonati sono felici dei cartellini rossi ai due azzurri espulsi al Mondiale? Nella foto qui sopra c’è un indizio (anzi 110). E, se voltate pagina, ne trovate altri 50 mila amma Salomé non lo sa, ma se oggi siamo qui è anche grazie ai calcioni e alle gomitate rifilate agli avversari da De Rossi e Materaz- zi. Per ogni ammonizione ed espulsione sui campi di Germania 2006, infatti, un nuovo mattone si è andato ad aggiungere a quella che a giorni diventerà la sua nuova casa. Sua e dei suoi nove figli adottivi: quattro maschi e cinque femmine, il più piccolo di 4 anni e la più grande di dieci. Bambini rubati alla strada, che da questo momento possono sperare in un futuro miglio- re. Ma andiamo con ordine e facciamo un passo indietro. M

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13.07.2006 VANITY FAIR 95

MATERAZZI, DE ROSSI, QUAGGIÙQUALCUNO VI AMA

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Mamma Salomé, 28 anni (in rosa), e i suoi nove «figli» adottivi al nuovo Villaggio Sos di Morelia, nel Messico del Nord. Dal 15 luglio vivranno qui con altri 110 bambini abbandonati.

VANITY RONALD-NIÑOS

D I F R A N C E S C O B R I G L I A - F O T O B R U N O B R I O N I

Perchè i bambini messicani abbandonati sono felici

dei cartellini rossi ai due azzurri espulsi al Mondiale?

Nella foto qui sopra c’è un indizio (anzi 110). E, se voltate pagina, ne trovate altri 50 mila

amma Salomé non lo sa, ma se oggi siamo qui è anche grazie ai calcioni e alle gomitate rifilate agli avversari da De Rossi e Materaz-zi. Per ogni ammonizione ed espulsione sui campi di Germania 2006, infatti, un nuovo mattone si è andato ad aggiungere a quella

che a giorni diventerà la sua nuova casa. Sua e dei suoi nove figli adottivi: quattro maschi e cinque femmine, il più piccolo di 4 anni e la più grande di dieci. Bambini rubati alla strada, che da questo momento possono sperare in un futuro miglio-re. Ma andiamo con ordine e facciamo un passo indietro.

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milioni. Li vedi a ogni angolo di strada, schiacciati nel traffico della Capitale o sotto le tende dei mercatini all’aperto di Morelia. Vendono accendini, gior-nali, braccialetti; lavano i vetri, lustra-no le scarpe. E se alla sera non portano a casa abbastanza soldi, fanno la fine di M., 6 anni, uno dei nove bambini affi-dati a mamma Salomé. L’hanno trova-to poco lontano da qui, il volto coper-to di sangue e il corpo pieno di cicatri-ci: i segni ancora freschi delle sigaret-te che gli spegnevano addosso i genito-ri come punizione per una giornata di magri guadagni.È una storia che si ripete tristemen-te, da queste parti. Una storia fatta an-che di «abusi su ragazzine di soli 10 an-ni, madri in galera per traffico di mi-nori, padri ubriachi che picchiano i fi-gli», ci racconta Berta, l’assistente so-ciale che sta seguendo l’inserimento di questa prima famiglia del villaggio di

Morelia. Una storia che per questi no-ve bambini abbandonati che si aggira-no curiosi tra le case del loro nuovo vil-laggio, e per gli altri 110 che li segui-ranno a breve, è fortunatamente finita per sempre.

438 VILLAGGI PER 50 MILA BAMBINIDisposto su una superficie di 22 mila metri quadri e composto da 14 grandi case indipendenti, una per famiglia, il primo Villaggio dei Mondiali (dove Mi-guel e gli altri entreranno definitiva-mente il 15 luglio) è in realtà l’ultimo di una lunga serie. In Messico ce ne sono già sette, nel mondo altri 430 disloca-ti in 132 Paesi (di cui sette anche in Ita-lia), per un totale di circa 50 mila bam-bini. Ma non si tratta dei «soliti» istitu-ti per minori. Il modello su cui si basa-no, inventato dal medico austriaco Her-mann Gmeiner nel 1949, prevede infat-ti che ogni bambino non solo sia accu-

PER OGNI CARTELLINOPIÙ DI TREMILA EUROSiamo a Colonia Primo Tapia, zona in-dustriale di Morelia, 200 chilometri a nord-ovest di Città del Messico: un mi-lione di anime che sopravvivono con pochi dollari al giorno. È in mezzo a queste baracche che si può finalmente vedere il primo risultato concreto del-la campagna «6 villaggi per il 2006», promossa da Fifa e dalla Ong interna-zionale Sos Villaggi dei Bambini: la più imponente operazione di beneficenza che il mondo del calcio abbia mai rea-lizzato. In tutto ci sono in ballo 20 mi-lioni di euro, di cui i due terzi già rac-colti attraverso donazioni di privati e adozioni a distanza (per informazio-ni: www.sositalia.it, tel. 02.55231564), il resto da incassare entro la fine di que-st’anno anche grazie ai provvedimen-ti disciplinari comminati ai «cattivi» del Mondiale. Il tariffario l’ha stabilito di-rettamente Joseph Blatter, il presidente della Fifa: 3.200 euro di multa per ogni cartellino giallo e almeno altrettanto per ogni rosso. E questa volta nessun giocatore si è lamentato.

GLI «INVISIBILI» DELL’UNICEF E LE CICATRICI DI MIGUELTutti questi soldi, infatti, serviranno a costruire sei centri di accoglienza per minori abbandonati o in gravi diffi-coltà, come quello che siamo venuti a inaugurare in Messico con mamma Sa-lomé e i suoi bambini, la prima fami-glia a beneficiare del progetto (gli al-tri seguiranno a breve: prima in Bra-sile, Sudafrica e Ucraina, poi in Nige-ria e Vietnam). Piccole oasi di speranza per una piccolissima parte di quel mi-liardo di «invisibili» che, secondo l’ul-timo rapporto Unicef, vivono in po-vertà, tra i quali 150 milioni di orfani e 180 milioni costretti al lavoro già da giovanissimi.Qui in Messico ce ne sono almeno 3,5

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Da sinistra in senso orario: i ragazzi del

Villaggio Sos di Città del Messico, l’asilo popolare

di Martín Carrera, gli Azzurri che entrano

in campo con alcune mascotte del progetto

«6 villaggi per il 2006» e il primo pranzo

nel Villaggio di Morelia.

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fatti una famiglia, ma appena possono la vengono a trovare e presto qualcuno le darà anche un nipotino. Qui nella Capitale, come avviene in tutti gli altri villaggi sparsi per il mondo e co-me avverrà anche a Morelia, le regole so-no molto semplici. «Ogni mese Berenise e le altre mamme ricevono una cifra che si aggira intorno agli 800 dollari per man-dare avanti la casa in assoluta autono-mia», spiega Carlos, 38 anni, il direttore. «Si comprano il cibo, le medicine, i vestiti, i libri di scuola: esattamente come avviene in una famiglia normale. E, dentro casa, loro fanno tutto quello che gli pare». Per un bambino abbandonato «non c’è biso-gno d’altro», conferma Rosario Guzman, responsabile messicana del programma di sostegno alle famiglie Sos: «sono sufficien-ti un po’ di tranquillità e affetto».

L’AIUTO (DA LONTANO) DI LIPPI,COLLINA, TOTTI E GLI ALTRIEd è proprio per questo che Carlos ha deciso di eliminare anche le visite al vil-laggio che ogni tanto venivano organiz-zate da Sos con i suoi ambasciatori (in Ita-lia sono Fabio Cannavaro, Christian Vie-ri, Francesco Totti, Marcello Lippi e Pier-luigi Collina). Per questi bambini, infatti, «la presenza di una grande star non fa al-tro che aggravare il senso di frustrazione: prima proiettandoli in un mondo di so-gni, poi riportandoli di botto nella mise-ria a cui sono comunque costretti». Meglio dunque utilizzare gli ambasciato-ri per quello che sanno fare meglio, ov-

vero promuovere la raccolta dei fondi per la gestione dei villaggi. In Messico, per esempio, il 90 per cento dei finan-ziamenti arriva ancora dalla sede centra-le dell’Associazione, a Innsbruck (in Au-stria), o dalle operazioni come quella le-gata ai Mondiali. Ma negli ultimi anni le spese sono andate crescendo. Oltre che per la gestione dei villaggi, infatti, i sol-di servono a finanziare tutte le strutture di sostegno che vengono costruite intor-no: dagli asili popolari ai centri medici e professionali. Strutture che vengono poi messe a disposizione di tutti i bambi-ni della zona e delle loro famiglie, nella speranza che non debbano subire anche loro il trauma dell’abbandono.

IL SUBCOMANDANTE MARCOSE LA SUA GENTEL’ultima scommessa di Sos, qui a Città del Messico, è proprio quella di favorire la na-scita di strutture analoghe a opera del-le stesse madri: delle specie di cooperati-ve di mutua assistenza che siano in grado di autofinanziarsi. «Il primo esperimento lo stiamo facendo nell’asilo popolare di Martín Carrera», racconta ancora Rosario Guzman, «in una delle zone più povere e malfamate di Città del Messico. E tra que-sti vicoli polverosi, dove si rifugia il subco-mandante Marcos quando passa dalla Ca-pitale, la cosa sembra funzionare».A guidare l’asilo, dove le mamme del quartiere possono lasciare i propri figli per soli 4 dollari al mese, c’è Marù, una signora di 40 anni che ogni giorno si oc-cupa di una ventina di bambini dai due ai cinque anni. A fine mese si ritrova, se va bene, con un centinaio di dollari, ma se non ci fosse il suo asilo, assicura lei, «quei bambini oggi sarebbero tutti sulla strada». E per loro, a quel punto, l’unica speranza di salvezza sarebbe proprio quella di fini-re in un Villaggio Sos. Perché la storia di M., e di tanti altri, non si ripeta.

dito, ma abbia davvero una nuova vita: quindi una vera casa e, soprattutto, una vera mamma: la «mamma Sos».

BERENISE E LE ALTRE MAMME SOSSono proprio le donne come Salomé il fulcro di questi villaggi, donne che ab-bandonano tutto quello che hanno per dedicarsi 24 ore su 24 a crescere bambi-ni non loro. Prendono poco più di 200 dollari al mese di stipendio per seguir-ne fino a un massimo di dodici ciascu-na, e, visto che nella maggior parte dei casi l’obiettivo di reinserirli nelle fami-glie biologiche risulta irrealizzabile, a partire da quel momento diventano a tutti gli effetti i loro figli. Mamma Bere-nise, che da nove anni lavora nel Villag-gio Sos di Città del Messico, il più anti-co (e malmesso) del Paese, racconta per esempio che oltre ai dieci «figli» in ca-sa, ne ha altri cinque che vivono fuori. Ormai hanno più di 20 anni e si sono