Matematica
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Transcript of Matematica
M AT E M AT I C A 1
dipartimento di matematica
ITIS V.VolterraSan Donà di Piave
Versione [09/2008.1][S-All]
I N D I C E
i algebra 1
1 algebra0 2
1.1 Introduzione 2
1.2 Insiemi numerici 2
1.3 Operazioni e proprietà. Terminologia 2
1.4 Potenze ad esponente naturale ed intero 4
1.5 Massimo comun divisore e minimo comune multiplo tra numerinaturali 5
1.6 Espressioni aritmetiche 5
1.7 Esercizi riepilogativi 9
2 insiemi 11
2.1 Introduzione 11
2.2 Rappresentazioni 11
2.2.1 Rappresentazione per elencazione 11
2.2.2 Rappresentazione per proprietà caratteristica 12
2.2.3 Rappresentazione grafica di Eulero-Venn 14
2.3 Sottoinsiemi 15
2.4 Operazioni 17
2.4.1 Intersezione 17
2.4.2 Unione 18
2.4.3 Differenza 18
2.4.4 Differenza simmetrica 19
2.4.5 Complementare 20
2.4.6 Prodotto cartesiano 21
2.5 Esercizi riepilogativi 24
3 monomi 27
3.1 Introduzione 27
3.2 Monomi 27
3.3 Operazioni tra monomi 29
4 polinomi 31
4.1 Polinomi 31
4.2 Operazioni 32
4.3 Prodotti notevoli 33
4.4 Divisione 36
4.5 Divisione con la Regola di Ruffini 39
4.6 Esercizi riepilogativi 42
5 scomposizioni 45
5.1 Scomposizioni 45
5.2 Sintesi 53
5.3 Massimo comun divisore e minimo comune multiplo di polino-mi 54
5.4 Esercizi riepilogativi 55
6 frazioni algebriche 57
6.1 Frazioni algebriche 57
6.2 Operazioni 58
6.3 Esercizi riepilogativi 63
7 equazioni 65
7.1 Introduzione 65
7.2 Risoluzione di equazioni in una incognita 67
7.3 Equazioni di primo grado 71
7.4 Particolari equazioni riconducibili a quelle di primo grado 76
ii
indice iii
7.5 Problemi di primo grado 79
7.6 Esercizi riepilogativi 82
ii geometria 85
8 logica elementare 86
8.1 Concetti primitivi e definizioni 87
8.2 Postulati e teoremi 88
9 postulati di appartenenza 90
10 postulati dell’ordine 93
10.1 Postulato della relazione di precedenza 93
10.2 Postulato di densità della retta 93
10.3 Postulato di illimitatezza della retta 95
10.4 Postulato di partizione del piano 96
11 postulati di congruenza 97
11.1 Il movimento rigido e la congruenza tra figure 97
11.2 Postulati di congruenza 97
12 i criteri di congruenza per i triangoli 106
12.1 Definizione e classificazione dei triangoli 106
12.2 I criteri di congruenza dei triangoli 108
12.3 Esercizi 110
13 teoremi di caratterizzazione dei triangoli isosceli 111
13.1 Il primo teorema dell’angolo esterno 113
13.2 Teoremi sulla disuguaglianza triangolare 114
13.3 Le simmetrie centrale e assiale 116
13.4 Esercizi 119
14 perpendicolarità 120
14.1 Definizioni e prime applicazioni 120
14.2 Ulteriori proprietà dei triangoli isosceli 121
14.3 Costruzioni con riga e compasso 124
14.4 Luoghi geometrici 127
15 parallelismo 131
15.1 Definizioni e V postulato di Euclide 131
15.2 Rette tagliate da una trasversale 132
15.3 Criteri di parallelismo 133
15.4 Teorema degli angoli interni di un triangolo 136
15.5 Esercizi 138
16 quadrilateri notevoli 139
16.1 Il trapezio 139
16.2 Il parallelogramma 141
16.3 Il rombo 146
16.4 Il rettangolo 148
16.5 Il quadrato 150
16.6 I teoremi dei punti medi 151
16.7 Esercizi 154
iii contributi 156
E L E N C O D E L L E F I G U R E
E L E N C O D E L L E TA B E L L E
iv
Parte I
A L G E B R A
1A L G E B R A 0
1.1 introduzione
In questo capitolo vengono richiamati e sintetizzati i principali argomenti diaritmetica affrontati alla scuola media, prerequisiti indispensabili per affrontare ilnuovo corso di studi.
1.2 insiemi numerici
Distinguiamo i seguenti insiemi numerici le cui notazioni e rappresentazionisaranno sviluppate nel capitolo sugli insiemi.
Insieme dei numeri naturali: N = {0, 1, 2, 3, ··}Insieme dei numeri interi: Z = {0, 1, −1, 2, −2, ··}Insieme dei numeri razionali: Q = {frazioni con denominatore diverso da zero}
Osservazione 1.2.1.
• Ogni numero intero è anche un razionale in quanto si può pensare come unafrazione con denominatore uno.
• Ogni numero razionale può essere scritto in forma decimale esegendo la divisionetra numeratore e denominatore. Viceversa, un numero decimale finito o illimitato pe-riodico può essere scritto sotto forma di frazione(frazione generatrice) utilizzandole regole studiate alla scuola media che vengono proposte nei seguenti esempi:
2, 35 =235
100=47
20
0, 012 =12
1000=
3
250
5, 36 =536− 5
99=531
99=59
11
13, 28 =1328− 132
90=1196
90=598
45
1, 9 =19− 1
9=18
2= 2 (!)
1.3 operazioni e proprietà. terminologia
Le operazioni tra numeri e le relative proprietà possono essere riassunte nellaseguente tabella:
2
1.3 operazioni e proprietà. terminologia 3
OPERAZIONI TERMINI RISULTATO PROPRIETA’ PRINCIPA-LI
addizione addendi somma commutativa, associativa
sottrazione minuendo/sottraendo differenza
moltiplicazione fattori prodotto commutativa, associativa,distributiva, legge di an-nullamento del prodotto*
divisione dividendo/divisore quoziente distributiva
*Legge di annullamento del prodotto: il prodotto di fattori è nullo se e solo se ènullo almeno uno di essi.
Osservazione 1.3.1. In una divisione il divisore deve essere diverso da zero; se ciò nonaccade l’operazione è priva di significato.
E’ opportuno ricordare che, oltre alla divisione il cui quoziente è un nume-ro decimale, esiste anche la divisione euclidea (la prima incontrata alle scuoleelementari), così definita:
Definizione 1.3.1. Eseguire la divisione P : D significa determinare due numeri Q(quoziente) ed R (resto) tali che
P = D ·Q+ R con R < D
Esempio 1.3.1. Nella divisione 20 : 3 si ottiene Q = 6 ed R = 2 infatti 20 = 3 · 6+ 2
con 2 < 3
Definizione 1.3.2. Due numeri diversi da zero si dicono concordi se hanno lo stessosegno, discordi se hanno segno diverso.
Definizione 1.3.3. Due numeri si dicono opposti quando la loro somma è zero
Esempio 1.3.2. Gli opposti di −3, 5,3
2, −1
7sono rispettivamente: 3, −5, −
3
2,1
7
Definizione 1.3.4. Due numeri si dicono reciproci (o inversi uno dell’altro) se il loroprodotto è uno.
Esempio 1.3.3. I reciproci di 1, −3
5,7
2, −1
5sono rispettivamente: 1, −
5
3,2
7, −5
Osservazione 1.3.2. Non esiste il reciproco dello zero in quanto nessun numero molti-plicato per esso dà uno.
1.4 potenze ad esponente naturale ed intero 4
1.4 potenze ad esponente naturale ed intero
Definizione 1.4.1. Dato a numero razionale ed n numero naturale maggiore od ugualea 2, si definisce potenza n-esima di a il prodotto di n fattori uguali ad a:an = a · a · a · · · ·a︸ ︷︷ ︸
n volte
e si assume a1 = a
a si chiama base della potenza, n esponente.
Esempio 1.4.1.
• 23 = 2 · 2 · 2 = 8
•(
−3
5
)2=
(−3
5
)·(
−3
5
)=9
25
• 05 = 0 · 0 · 0 · 0 · 0 = 0
Proprietà:
• an · am = an+m
• an : am = an−m con a 6= 0 e n > m
• (an)m = an·m
• an · bn = (ab)n
• an : bn = (a : b)n con b 6= 0
Per convenzione si assume a0 = 1 purchè a 6= 0; ciò estende la secondaproprietà al caso n = m infatti a0 = an−n = an : an = 1
Per convenzione si assume che a−n =1
anpurchè a 6= 0; ciò, oltre che dare
significato alle potenze con esponente intero, è compatibile con le proprietà ed
estende la seconda al caso n < m infatti: a−n = a0−n = a0 : an = 1 : an =1
an
Esempio 1.4.2.
• 2−3 =1
23=1
8
•(
−3
7
)−2
=1(
−3
7
)2 =1
9
49
=49
9
•(
−3
2
)−3
=
(−2
3
)3= −
8
27
•(6
13
)−1
=13
6
Osservazione 1.4.1.
• Dalla definizione di potenza e dalle convenzioni assunte si deduce che la potenza00 è priva di significato.
• La potenza di un numero diverso da zero con esponente pari è sempre positiva,quella con esponente dispari mantiene il segno della base.
1.5 massimo comun divisore e minimo comune multiplo tra numeri naturali 5
1.5 massimo comun divisore e minimo comune multiplo tra nume-ri naturali
Definizione 1.5.1. Un numero naturale si dice primo se è diverso da 1 ed è divisibilesolo per se stesso e per 1.
Definizione 1.5.2. Un numero naturale si dice scomposto in fattori primi se è scrittocome prodotto di potenze di numeri primi.
Esempio 1.5.1. Il numero 360 si può scrivere, come prodotto di fattori, in più modi:
360 =
23 · 32 · 5
4 · 2 · 32 · 5
23 · 3 · 15
.....
solo 23 · 32 · 5 è la scomposizione in fattori primi di 360 perchè le altre scritture contengonoanche numeri non primi (rispettivamente 4 e 15).
E’ possibile dimostrare che la scomposizione in fattori primi di un numero èunica (ciò non sarebbe vero se anche l’1 venisse annoverato tra i numeri primi).
Definizione 1.5.3. Si dice massimo comun divisore (M.C.D.) tra numeri naturali, ilpiù grande divisore comune.
Per calcolare il M.C.D. è sufficiente scomporre in fattori primi i numeri dati emoltiplicare i fattori comuni con il minimo esponente.
Definizione 1.5.4. Si dice minimo comune multiplo (m.c.m.) tra numeri naturali, ilpiù piccolo multiplo comune, diverso da zero.
Per calcolare il m.c.m. è sufficiente scomporre in fattori primi i numeri dati emoltiplicare i fattori comuni e non comuni con il massimo esponente.
Esempio 1.5.2.
• M.C.D.(8, 12, 4) = 22 = 4 m.c.m.(8, 12, 4) = 23 · 3 = 24
essendo 8 = 23, 12 = 22 · 3, 4 = 22
• M.C.D.(50, 63) = 1 m.c.m.(50, 63) = 2 · 32 · 52 · 7 = 3150
essendo 50 = 2 · 52, 63 = 32 · 7
Definizione 1.5.5. Due numeri naturali a e b si dicono primi tra loro (coprimi) seM.C.D.(a,b) = 1
Osservazione 1.5.1. Due numeri primi sono primi tra loro, ma due numeri primi traloro non sono necessariamente numeri primi (50 e 63 sono primi tra loro, ma non primi)
1.6 espressioni aritmetiche
In una espressione aritmetica le operazioni devono essere svolte nel seguenteordine:
-potenze-moltiplicazioni e divisioni (nell’ordine sinistra destra)-addizioni e sottrazioniNel caso si intenda eseguire le operazioni in ordine diverso è necessario
utilizzare le parentesi.
1.6 espressioni aritmetiche 6
Esempio 1.6.1.
• 23 · 5− 6 · 7 : 3+ 4 = 8 · 5− 42 : 3+ 4 = 40− 14+ 4 = 30
• 23 · 5− 6 · 7 : (3+ 4) = 8 · 5− 42 : 7 = 40− 6 = 34
Proponiamo alcuni esercizi svolti riguardanti la semplificazione di espressioniaritmetiche:
Esempio 1.6.2.[3
4· 14·(5−
3
2
):
(3
4−3
16
)]:7
4·(2+
1
2
)2−
(1+
1
2
)2=
=
[3
16·(7
2
):
(12− 3
16
)]:7
4·(5
2
)2−
(3
2
)2=
[21
32:
(9
16
)]:7
4· 254
−9
4
=
[��217
��322·��161
�93
]:7
4· 254
−9
4
=
[�71
6
]· �41
�71· 25�41
−9
4
=25
6−9
4
=50− 27
12
=23
12
Esempio 1.6.3.{[(0, 5+ 2, 3
)(0, 5+ 0, 4) :
13
2−
(1
2+1
5+1
10
)]2(−2
5
)−4}−1
=
=
{[(5− 0
9+23− 2
9
)(5
10+4
10
):13
2−
(5+ 2+ 1
10
)]2(−2
5
)−4}−1
=
{[(5
9+21
9
)(9
10
)· 213
−�84
��105
]2(−2
5
)−4}−1
=
{[��262
�91· �91
��105· �21
��131−4
5
]2(−2
5
)−4}−1
=
{[2
5−4
5
]2(−2
5
)−4}−1
=
{[−2
5
]2(−2
5
)−4}−1
=
{[−2
5
]−2}−1
=
{−2
5
}2=4
25
1.6 espressioni aritmetiche 7
Esempio 1.6.4.(5
7
)−3
:
(−7
5
)2·(7
5
)−2
:
(−5
7
)−3
=
=
(5
7
)−3
:
(5
7
)−2
·(5
7
)2:
(−5
7
)−3
=
(5
7
)−3+2+2
:
(−5
7
)−3
=
(5
7
)1:
[−
(5
7
)−3]
= −
(5
7
)1+3= −
(5
7
)4Esempio 1.6.5.[(
−1
2
)2]−3
: 2−3 ·(
−1
2
)−4
: 211 =
=
(−1
2
)−6
: 2−3 · (−2)4 : 211
= 26 : 2−3 · 24 : 211
= 26+3+4−11
= 22 = 4
Esempio 1.6.6.(2
7
)2(14
5
)2:
(−4
5
)3+ 1 =
=
(2
�71·��142
5
)2:
(−4
5
)3+ 1
=
(4
5
)2:
(−4
5
)3+ 1
= −
(4
5
)2−3+ 1
= −
(4
5
)−1
+ 1
= −5
4+ 1
= −1
4
1.6 espressioni aritmetiche 8
Esempio 1.6.7.
16
81
(2
3
)−7(−3
2
)3:
(9
4
)3=
=
(2
3
)4(2
3
)−7(−2
3
)−3
:
[(2
3
)−2]3
= −
(2
3
)4(2
3
)−7(2
3
)−3
:
(2
3
)−6
= −
(2
3
)4−7−3+6= −
(2
3
)0= −1
1.7 esercizi riepilogativi 9
1.7 esercizi riepilogativi
1.(1
3+3
4− 1+
1
2
):
(3
4+5
2+ 1−
9
8
)+
(3
25+1
3
) [16
25
]
2.(1
3+ 1
):
(1
6+1
4
)−
(3
10+7
10
) [11
5
]
3.
[(5
6
)2]3·
[(2
15
)3]2:
(1
9
)4 [1
81
]
4.(7
4
)2·(2
7
)2·
[(1
2
)2]3:
[(1
2
)3]2 [1
4
]
5.(5
4
)−2
·(5
4
)−3
:
(−5
4
)−6 [5
4
]
6.
[(1
2
)−2
· 24 :
(1
2
)−3]2· 215
[221
]
7.(3,5− 2,05+ 0,1
):8
5+(6− 0,8 · 1,3
): 0,6− (2+ 1,3)
(2− 0,6
)[4]
8.(
−3
5
)(7
6− 2
)[2−
4
3−
(1
3−1
2
)+3
2
]+14
5
(2
7− 1
) [−5
6
]
9.(4−
1
2
)−2(1
2
)−2
+ 2+
[(1
2
)2]0:
[(3
2
)−2
:
(1
3− 3−2
)]3[1
2
]
10.
[(1+
1
2
)2−1
22
]2 [1+
(2−
2
3
)2]− 1
:91
3+ 1
[4
3
]
11.(3
5− 0,4
)9
2+(2,3− 0,5
) 35
−
(3
4· 0,3+
1
3
)3
7− 0,05
[3
2
]
12.
(0,1+ 0,27
):
(0,83−
7
9
)0,27+ 1,6+ 0,39
[3]
13.(2−
3
2
)2 (1+
1
3
)2:
(−1
3
)+
(−1
2
)3:
(−1
2
) [−13
12
]
14.
[(1+
1
2
)2 (1−
1
2
)2]3:36
212[1]
15.
[(−3
4
)−3
:
(−3
4
)−2]−1 [(
−2
3
)2:
(−2
3
)3]−2 [−1
3
]
16.
[(−2
5
)−5 (−2
5
)3−
(−1
2+ 1
)2]:
[(−1)−1
(−1
6
)−3]
+ 2 (−3)−2
[1
4
]
17. −(−0,5)2 · 23
− 1+
[(−0,4+ 0,5)2 : (0,1)2+
2
(−3)2
]· (−0,5)2
[−31
36
]
1.7 esercizi riepilogativi 10
18.(1−
1
2
)2+
{[(3
2
)3+
(1
3
)3]:
[(3
2
)2−1
2+
(1
3
)2]}:
(2+
4
9
)−
3
4
[1
4
]
19.{[(
7
6−1
2
):
(−9
11
)]:
(7
9−1
3
)}(4
3−14
11
) [−1
9
]
20. (−2) (−1+ 2)3− (−1)[−1− 2 (2)1
]3− 2 [−2− (2)]3 [0]
21.
−
[(3
10−2
5
)3:
(3
10−1
5
)]23
:
[(1
10−1
5
)−2]−16
[−1]
22.
(7
3
):
(7
3
)6+4
7(2)3{[(
3
2
)2:
(3
2
)4](−3
2
)−1
3
}3 + 4 [−1]
23.
(85 · 23
)4: 44
85 : 162[257]
24.
[(1
3
)5·(1
9
)7]3:
(1
27
)334 : 37
[(1
3
)45]
25.
[(1−
1
2
)2:
(2−
1
2
)2−2
9
]2:
(−1
3
)3 [−1
3
]
26.
(−2+
1
2
)[0,3
(1+
1
2
)+
(2
5−1
3− 0,2
)]2,5−
(8−
1
4
)(1−
4
5
) [−1
2
]
27.[(353
)−2:(72)−3]−3 (
54)2
:[(153
)−2:(3−2
)3]−4: 52 [1]
28. −3
2:
(−3+
3
2
)−
(−9
8
):
(−3
4−3
2
)+8
5:
(−2
3− 2
) [−1
10
]
29.
(11
3+7
9
): (−8) +
1
5[(11
2−3
5
)−7
5
]:
[(1+
1
3
)7
8
]− 3
·1−
1
4
3−1
5
[impossibile]
30.
(2−
1
2
)2 (4−
3
4+1
2
)−
(1
2− 2
)2 (3−
1
2+1
4
)(1+
1
2
)2 [1]
2I N S I E M I
2.1 introduzione
Il concetto di insieme è un concetto primitivo; scegliamo dunque di non darneuna definizione esplicita. Con il termine insieme intendiamo intuitivamente unraggruppamento o una collezione di oggetti, di natura qualsiasi, detti elementi.
Un insieme si dice ben definito cioè ‘Insieme da un punto di vista matematico’se si può stabilire con ‘assoluta certezza’ se un oggetto gli appartiene o no.
Esempio 2.1.1.
1. L’insieme degli insegnanti di matematica dell’ITIS è un insieme ben definito.
2. L’insieme degli insegnanti di matematica simpatici dell’ITIS non è ben definito perchè uno stessoinsegnante può risultare simpatico ad alcuni alunni e non ad altri.
Esercizio 2.1.1. Stabilire quali dei seguenti è un insieme da un punto di vista matemetico:
1. L’insieme degli alunni dell’ITIS ‘Volterra’.
2. L’insieme delle alunne più belle dell’ITIS ‘Volterra’.
3. L’insieme dei numeri grandi.
4. L’insieme dei divisori di 10.
5. L’insieme dei calciatori che hanno realizzato pochi goals.
6. L’insieme dei calciatori che hanno realizzato almeno un goal.
2.2 rappresentazioni
Per rappresentare un insieme si utilizzano diverse simbologie:
2.2.1 Rappresentazione per elencazione
La rappresentazione per elencazione consiste nello scrivere entro parentesi graffetutti gli elementi dell’insieme separati da ‘,’ o da ‘;’
Esempio 2.2.1. {3,7,9} è la rappresentazione per elencazione dell’insieme delle cifre del numero 9373
Osservazione 2.2.1. Un oggetto che compare più volte non va ripetuto.
Gli insiemi vengono solitamente etichettati utilizzando le prime lettere dell’al-fabeto maiuscolo. Rifacendoci all’esempio 2.2.1 si può scrivere A = {3, 7, 9}. Perindicare che un elemento appartiene ad un insieme useremo il simbolo ∈; in casocontrario il simbolo /∈.
Con riferimento all’esempio 2.2.1 si scrive:
7 ∈ {3, 7, 9} oppure 7 ∈ A
(si noti la convenienza dell’etichetta A usata)
5 /∈ A
Se vogliamo rappresentare l’insieme delle lettere dell’alfabeto si conviene discrivere:
B = {a,b, c,d, . . . , z}
per evitare di elencare tutti gli elementi. (maggiore è il numero di elementidell’insieme e più è evidente l’utilità di una tale convenzione).
11
2.2 rappresentazioni 12
Esempio 2.2.2. Dato
C = {a,1, {2,∗}}
possiamo notare che ad esso appartengono 3 elementi e dunque scriviamo
a ∈ C , 1 ∈ C , {2,∗} ∈ C
Osservazione 2.2.2. Gli elementi di un insieme non sono necessariamente dello stesso‘tipo’ e tra essi vi può essere anche un insieme. Nell’esempio 2.2.2 all’insieme C appartienel’insieme {2, ∗}. Si nota perciò che 2 /∈ C ma 2 appartiene ad un elemento di C.
Definizione 2.2.1. Si dice insieme vuoto un insieme privo di elementi.
La rappresentazione per elencazione dell’insieme vuoto è {}, esso viene etichet-tato con il simbolo ∅
Definizione 2.2.2. Si dice cardinalità di un insieme A il numero degli elementi che gliappartengono. Essa si indica con |A|.
Se il numero degli elementi di un insieme è finito si dice che l’insieme hacardinalità finita, in caso contrario che ha cardinalità infinita.
In riferimento all’esempio 2.2.2 si scrive |C| = 3 (la cardinalità di un insiemefinito è un numero!)
Due esempi importanti di insiemi numerici di cardinalità infinita sono l’in-sieme dei numeri naturali N = {0, 1, 2, 3, . . . } e l’insieme dei numeri interiZ = {0, +1, −1, +2, −2, . . . }.
Esercizio 2.2.1. Scrivere la rappresentazione per elencazione dei seguenti insiemi:
1. L’insieme dei numeri interi compresi tra −2 escluso e 3 compreso.
2. L’insieme dei numeri naturali compresi tra −2 incluso e 3 escluso.
3. L’insieme dei numeri naturali multipli di 3.
4. L’insieme dei numeri naturali minori di 100 che sono potenze di 5.
5. L’insieme dei numeri interi il cui quadrato è minore di 16.
6. L’insieme dei numeri interi il cui valore assoluto è 7 oppure 5.
7. L’insieme dei numeri naturali maggiori di 10.
2.2.2 Rappresentazione per proprietà caratteristica
La rappresentazione per proprietà caratteristica consiste nell’esplicitare unaproprietà che caratterizza tutti e soli gli elementi dell’insieme.
Esempio 2.2.3. Utilizzando la rappresentazione per caratteristica, l’insiemeD = {1,2,4,8} può esserescritto come
D = {x tale che x è un divisore naturale di 8}
dove x indica un elemento generico dell’insieme.
Possiamo notare che la proprietà caratteristica individuata non è l’unica. L’insieme D può,infatti, essere scritto anche
D = {x tale che x è una potenza naturale di 2 minore o uguale ad 8}
o usando il simbolismo matematico
D = {x | x = 2n , n ∈N , 1 6 x 6 8}
Osservazione 2.2.3. Per determinare la proprietà caratteristica di un insieme non èsufficiente individuare una proprietà di cui godono tutti gli elementi di un insieme perchèpotrebbero non essere i soli ad averla.
2.2 rappresentazioni 13
Esempio 2.2.4. Dato l’insieme E = {0,2,4,6,8,10,12} se scrivessimo E = {x | x = 2n,n ∈N} non avremmo individuato la proprietà caratteristica perchè con tale scrittura anche il numero 16apparterrebbe all’insieme e ciò è palesemente errato. La scrittura corretta è invece:
E = {x | x = 2n , n ∈N , x 6 12}
oppure
E = {x | x = 2n , n ∈N , n 6 6}
dove è chiaramente esplicitato che gli elementi di E sono tutti e soli i multipli naturali di 2 minori o ugualidi 12.
Un ulteriore importante esempio di insieme numerico è l’insieme dei numerirazionali
Q = {x | x =p
q, p,q ∈ Z , q 6= 0}
In N e in Z è possibile definire il concetto di precedente e successivo di unelemento x, rispettivamente x− 1 e x+ 1, in quanto tra x− 1 ed x ( così come trax e x+ 1 ) non esistono altri elementi di tali insiemi.(E’ bene precisare che in N ilprecedente di x è definito solo se x 6= 0)
Diversamente in Q non è possibile parlare di precedente o di successivo di unelemento infatti:
Teorema 2.2.1. Dati 2 elementi qualunque di Q diversi tra loro, esiste un terzo elementodi Q, compreso tra essi.
Usando la simbologia matematica :
∀x1, x2 ∈ Q, x1 < x2︸ ︷︷ ︸Ipotesi
∃x3 ∈ Q︸ ︷︷ ︸Tesi 1
| x1 <︸ ︷︷ ︸Tesi 2
x3< x2︸ ︷︷ ︸Tesi 3
Dim. Siano x1,x2 ∈ Q con x1 < x2 allora
x1 =p1q1
; e x2 =p2q2
, p1,p2,q1,q2 ∈ Z q1 6= 0,q2 6= 0
Consideriamo x3 =x1+x22
allora
x3 =
p1q1
+p2q2
2=p1q2+p2q12q1q2
con p1q2+p2q1 ∈ Z e 0 6= 2q1q2 ∈ Z
quindi x3 ∈ Q (Tesi 1)
Essendo per ipotesi x1 < x2 allorap1q1<p2q2
dunque (portando le frazioni allo stesso
denominatore)
p1q2q1q2
<p2q1q2q1
(2.1)
x3 =p1q2+p2q12q1q2
=1
2
(p1q2+p2q1
q1q2
)=1
2
(p1q2q1q2
+p2q1q1q2
)per (2.1)>
1
2
(p1q2q1q2
+p1q2q1q2
)=
=1
2
(2p1q2q1q2
)=p1q1
= x1 cioè x3 > x1 (Tesi 2 )
x3 =p1q2+p2q12q1q2
=1
2
(p1q2+p2q1
q1q2
)=1
2
(p1q2q1q2
+p2q1q1q2
)per (2.1)<
1
2
(p2q1q1q2
+p2q1q1q2
)=
=1
2
(2p2q1q1q2
)=p2q2
= x2 cioè x3 < x2 (Tesi 3 )
2.2 rappresentazioni 14
Corollario 2.2.1. Dati due elementi x1 e x2 di Q , con x1 6= x2, esistono infiniti elementidi Q compresi tra loro.
Dimostrazione. Per il teorema 2.1 ∃ x3 ∈ Q | x1 < x3 < x2Ora, considerando x1 e x3, per il teorema 2.1 ∃ x4 ∈ Q | x1 < x4 < x3E’ facile convincerci che, ripetendo tale ragionamento si avrà :
x1 < . . . . . . < x5 < x4 < x3 < x2
Esercizio 2.2.2. Determinare la rappresentazione per elencazione dei seguenti insiemi:
A = {x ∈ Z | −3 6 x < 2} B = {x | x = 7n ,n ∈N ,n 6 3}
C = {x ∈N | −2 < x 6 1} D = {x | x = MCD(36,40,54)}
E = {x | x = 3n,n ∈N,n > 2} F = {x ∈N | x < 10}
G = {x | x = 3k− 2 ,k ∈N ,k 6 3} H = {x | x = 2n+ 1 ,n ∈N}
I = {x | x = 5k ,k ∈ Z , −2 6 k 6 1} L = {x | x =
(1
3
)−k+2
,k ∈ Z , −1 6 k 6 3}
Esercizio 2.2.3. Determinare la rappresentazione per proprietà caratteristica dei seguenti insiemi:
A = {−3, −2, −1,0,1} B = {0,2,4,6, . . .} C = {2,3,4,5, . . . ,99}
D = {0,3, −3,6, −6,9, −9 . . .} E = {1,4,16,64, . . .} F = {1
2,1,2,4}
G = {1,1
2,1
3,1
4, . . . ,
1
20} H = {6,12,18,24,30} I = {2,6,10,14, . . .}
Esercizio 2.2.4. Determinare la cardinalità diA = {1, {2,3},4,5, {6}} e stabilire se i seguenti elementiappartengono adA: 1,2,4, {2,3}, {5},6
2.2.3 Rappresentazione grafica di Eulero-Venn
La rappresentazione grafica di Eulero-Venn consiste nel delimitare con una lineachiusa una regione di piano all’interno della quale vanno collocati gli elementidell’insieme.
Esempio 2.2.5. L’insieme D = {x | x = 2n , n ∈ N , 1 6 x 6 8} sarà con la rappresentazionegrafica:
D
·1
·2·8
·4
·16
pertanto 1 ∈D, 4 ∈D, 16 /∈D
Esercizio 2.2.5. Rappresentare per elencazione e con i diagrammi di Eulero-Venn i seguenti insiemi:
A = {x ∈ Z | −3 6 x < 2}
B = {x ∈N | 4 < x 6 10}
C = {x ∈N | −3 6 x < 1}
D = {x ∈ Z | −5
2< x 6
3
2}
E = {x ∈ Z | x > −3}
A questo punto notiamo l’impossibilità di rappresentare per elencazione e con idiagrammi di Eulero-Venn l’insieme
F = {x ∈ Q | −1 6 x < 2}
in quanto, non potendo parlare di successivo nell’insieme Q, la scelta deglielementi da scrivere dopo −1 è arbitraria, il ‘così via’ indicato dai puntini è privodi significato e non esiste un ‘ultimo’ elemento dell’insieme perchè non esiste in
2.3 sottoinsiemi 15
Q il precedente di 2. Per questo genere di insiemi può essere utile un nuovo tipodi rappresentazione grafica :
−1
•A
2
◦ dove i punti del segmento • ◦ rap-presentano tutti i numeri razionali tra -1 incluso e 2 escluso (si conviene di indicarecon • valore incluso e con ◦ valore escluso).
Osservazione 2.2.4. La retta orientata sistema di ascisse utilizzata in questa rappresen-tazione comprende in realtà, oltre a tutti i numeri razionali, altri numeri come ad esempio√2 = 1, 4142 . . . già incontrati alla scuola media. A rigore il segmento che rappresenta F
non dovrebbe essere continuo, ma presentare dei buchi (interruzioni) in corrispondenzadei numeri non razionali. Conveniamo tuttavia di mantenere la notazione descritta in taletipo di rappresentazione grafica.
2.3 sottoinsiemi
Definizione 2.3.1. Dati due insiemi A e B si dice che B è sottoinsieme o una parte di Ase ogni elemento di B appartiene all’insieme A.
Si scrive B ⊆ A e si legge B è sottoinsieme di A (o B è contenuto in A) oppureA ⊇ B e si legge A contiene B. Usando il simbolismo matematico:
B ⊆ A significa ∀x ∈ B ⇒ x ∈ A
Dalla definizione si ricava che B può anche essere eventualmente coincidente conA. Tra i sottoinsiemi di A, dunque, c’è anche A stesso detto sottoinsieme improprioo banale.
Anche l’insieme vuoto è sottoinsieme di tutti gli insiemi e anch’esso vienechiamato sottoinsieme improprio o banale.
Ogni insieme non vuoto ha, dunque, due sottoinsiemi impropri; gli altrieventuali sottoinsiemi si dicono propri.
Se vogliamo indicare che B è sottoinsieme di A non coincidente con A stesso,scriviamo B ⊂ A (oppure A ⊃ B).
Esempio 2.3.1. DatoA = {1,2,3,4} l’insieme B = {3,4} è un suo sottoinsieme proprio di cardinalità2.
Esempio 2.3.2. DatoA = {1,2, {3,4}} l’ insieme :
B = {1,2} è un suo sottoinsieme proprio di cardinalità 2
C = {2} è un suo sottoinsieme proprio di cardinalità 1
D = {3,4} non è un suo sottoinsieme proprio infatti 3 ∈D ma 3 /∈AE = {{3,4}} è un suo sottoinsieme proprio di cardinalità 1
Definizione 2.3.2. Due insiemi A e B si dicono uguali e si scrive A = B
se A ⊆ B e A ⊇ B
In tal caso, dunque, i due insiemi contengono gli stessi elementi.
Esempio 2.3.3. Dati
A = {x ∈N | x è multiplo di 2} e B = {x ∈N | x è divisibile per 2}
alloraA ⊆ B
perchè se x ∈A, x è multiplo di 2 dunque è divisibile per 2 perciò x ∈ B, inoltre
A ⊇ B
perchè se x ∈ B, x è divisibile per 2 dunque esso è multiplo di 2 perciò x ∈A. In conclusione:A = B.
2.3 sottoinsiemi 16
Definizione 2.3.3. Dato un insieme A se si considerano tutti i suoi sottoinsiemi ( proprie impropri) possiamo formare un nuovo insieme chiamato insieme dei sottoinsiemi diA o, più spesso, insieme delle parti di A. Esso si indica con P(A), quindi
P(A) = {B | B ⊆ A}
Esempio 2.3.4. DatoA = {a,b} sarà P(A) = {{}, {a}, {b}, {a,b}}
Osservazione 2.3.1. E’ bene ricordare, in riferimento all’esempio appena fatto che:
a ∈ A ma a /∈ P(A)
{a} ∈ P(A) ma {a} /∈ A{a} non è sottoinsieme di P(A) ma {a} ⊆ A
e facciamo notare che le scritture {a} ⊆ A e {a} ∈ P(A) sono equivalenti.
Teorema 2.3.1. Se |A| = n allora |P(A)| = 2n
Dim. Consideriamo la sequenza:A0 = {} cioè |A0| = 0 =⇒ P(A0) = ∅ ⇒ |P(A0)| = 1 = 20
A1 = {∗} cioè |A1| = 1 =⇒ P(A1) = {∅, {∗}}⇒ |P(A1)| = 2 = 21
A2 = {∗,•} cioè |A2| = 2 =⇒ P(A2) = {∅, {∗}, {•}, {∗,•}}⇒ |P(A2)| = 4 = 22
......
......
E’ sufficiente notare che ogni volta che si aggiunge un elemento x ad A, la cardinalità di P(A)
raddoppia in quanto a P(A) apparterranno tutti i ‘vecchi’ sottoinsiemi di A non contenenti x ealtrettanti di ‘nuovi’ ottenuti dai precedenti con l’inserimento dell’elemento x. Possiamo alloraaffermare che procedendo nella sequenza:
|A3| = 3 =⇒ |P(A3)| = 2|P(A2)| = 2 · 4 = 2 · 22 = 23
......
|An−1| = n− 1 =⇒ |P(An−1)| = 2n−1
|An| = n =⇒ |P(An)| = 2|P(An−1)| = 2 · 2n−1 = 2n
Osservazione 2.3.2. Se vogliamo determinare A tale che |P(A)| = 16 è sufficientescrivere un qualunque insieme di cardinalità 4 come può essere {a,b, c,d}.
Non è possibile, invece, determinare alcun insieme A tale che |P(A)| = 9 perchè 9 nonè una potenza di 2.
Esercizio 2.3.1. Determinare l’insieme delle parti diA = {−2,0,4} e di B = {2, {0,1}}
Esercizio 2.3.2. Determinare i sottoinsiemi propri di C = {−1,2
5,3}
Esercizio 2.3.3. Spiegare perchè non esiste alcun insiemeA per cui P(A) = ∅
Esercizio 2.3.4. Determinare le cardinalità di P(A) e di P(P(A)) sapendo che la cardinalità diA è 3
Esercizio 2.3.5. Determinare |P(P(A))| nei casi in cui |A| = 2 e |A| = 11
Esercizio 2.3.6. Stabilire quali tra i seguenti insiemi sono uguali:
A = {−2, −1,0,1} B = {x | x = 3k,k ∈N,k < 4} C = {0,3,6,9}
D = {x | x ∈ Z, −3 < x < 2} E = {x | x = 3k,k ∈N} F = {x | x = 3k,k ∈N, −2 6 k 6 3}
2.4 operazioni 17
2.4 operazioni
2.4.1 Intersezione
Definizione 2.4.1. Si definisce intersezione tra due insiemi A e B l’insieme, indicatocon A∩B, degli elementi appartenenti ad entrambi.
In simboli:
1. con la rappresentazione per proprietà caratteristica
A∩B = {x | x ∈ A e x ∈ B}
2. con la rappresentazione di Eulero-Venn
A B
Esempio 2.4.1.
DatiA = {1,2,3,4} e B = {2,4,6} saràA∩B = {2,4}
Dati C = {1, {2,3},4} eD = {2,4,6} sarà C∩D = {4}
Definizione 2.4.2. Due insiemi A e B si dicono disgiunti se A∩B = ∅
La rappresentazione grafica di Eulero-Venn di due insiemi disgiunti è:A B
Osservazione 2.4.1. :
∀A A∩A = A ; ∀A A∩ ∅ = ∅∀A,B A∩B = B∩A (proprietà commutativa)
B ⊆ A⇒ A∩B = B
Per determinare l’intersezione tra due sottoinsiemi di Q, può essere utile larappresentazione grafica rispetto ad un sistema di ascisse.
Esempio 2.4.2. DatiA = {x ∈ Q | −1
26 x < 5} eB = {x ∈ Q | x > 0} dalla loro rappresentazione
grafica:
− 12
•A
5
◦
0
•B
•si ricavaA∩B ◦
cioè, con la rappresentazione per caratteristica: A∩B = {x ∈ Q | 0 6 x < 5}
Esercizio 2.4.1. Dopo aver dato la rappresentazione per elencazione degli insiemi
A = {x ∈ Z | −3
26 x < 4} e B = {x ∈N | x >
1
2} determinareA∩B.
Esercizio 2.4.2. Determinare C∩D con C = {x ∈ Q | −3 6 x <1
2} e
D = {x ∈ Q | x < −4 oppure x > −1}
2.4 operazioni 18
2.4.2 Unione
Definizione 2.4.3. Si definisce unione tra due insiemi A e B l’insieme, indicato conA∪B, degli elementi appartenenti ad almeno uno di essi.
In simboli:
1. con la rappresentazione per proprietà caratteristica
A∪B = {x | x ∈ A oppure x ∈ B}
2. con la rappresentazione di Eulero-Venn
A B
Con riferimento all’esempio 4.1 sarà:
A∪B = {1,2,3,4,6}
C∪D = {1,2, {2,3},4,6}
e con riferimento all’ esempio 4.2 sarà:
− 12
•A
5
◦
0
•B
•si ricava A∪B
cioè A∪B = {x ∈ Q | x > −1
2}
Osservazione 2.4.2. :
∀A A∪A = A ; ∀A A∪ ∅ = A
∀A,B A∪B = B∪A (proprietà commutativa)
B ⊆ A⇒ A∪B = A
Esercizio 2.4.3. Dopo aver dato la rappresentazione per elencazione degli insiemi A = {x | x =
|2k− 3|,k ∈ N,k 6 4} e B = {x | x = 2n+ 1,n ∈ N,n 6 4} determinare A∪B e darne larappresentazione per caratteristica.
Esercizio 2.4.4. Determinare C ∪D con C = {x ∈ Q | x <
[(−3
5
)2]0} e D = {x ∈ Q |(
−1
2
)−1
< x 6
(−1
2
)−2
}
2.4.3 Differenza
Definizione 2.4.4. Si definisce differenza tra due insiemi A e B l’insieme, indicato conA \B, degli elementi appartenenti ad A ma non a B.
In simboli:
1. con la rappresentazione per proprietà caratteristica
A \B = {x | x ∈ A e x /∈ B}
2. con la rappresentazione di Eulero-Venn
2.4 operazioni 19
A B
Con riferimento all’esempio 4.1 sarà:
A \B = {1,3}
C \D = {1, {2,3}}
e con riferimento all’ esempio 4.2 sarà:
− 12
•A
5
◦
0
•B
•si ricava A \B ◦
cioè A \B = {x ∈ Q | −1
26 x < 0}
Osservazione 2.4.3. :
∀A A \A = ∅ ; ∀A A \ ∅ = A
B ⊆ A⇒ B \A = ∅A∩B = ∅ ⇒ A \B = A
Per questa operazione non vale la proprietà commutativa, infatti, controesem-pio:
dati A = {a,b, c,d} e B = {b, c, e, f,g} saràA \B = {a,d} 6= {e, f,g} = B \A
Si conviene di indicare l’insieme N \ {0} con N∗, analogamente Z∗ = Z \ {0} eQ∗ = Q \ {0}
Esercizio 2.4.5. DeterminareA \B e B \A conA = {0.3,1.2,2.5,32} e
B = {0,1
3,2
5,9}
Esercizio 2.4.6. Determinare C \D eD \C con
C = {x ∈ Q | −3 < x 6 1 oppure1
2< x < 2} eD = {x ∈ Q | 0 < x 6 1}
2.4.4 Differenza simmetrica
Definizione 2.4.5. Si definisce differenza simmetrica tra due insiemi A e B l’insieme,indicato con A4B, degli elementi appartenenti solo ad A oppure solo a B.
In simboli:
1. con le precedenti operazioni insiemistiche
A4B = (A \B)∪ (B \A) = (A∪B) \ (A∩B)
2. con la rappresentazione di Eulero-Venn
A B
2.4 operazioni 20
Con riferimento all’esempio 4.1 sarà:
A4B = {1,3,6}
C4D = {1, {2,3},2,6}
e con riferimento all’ esempio 4.2 sarà sufficiente rappresentare A∪B e A∩B e successiva-mente (A∪B) \ (A∩B) =A4B
− 12
•A
5
◦
0
•B
•si ricava A4B ◦ •
Osservazione 2.4.4. :
∀A A4A = ∅ ; ∀A A4∅ = A
A∩B = ∅ ⇒ A4B = A∪B∀A,B⇒ A4B = B4A
Esercizio 2.4.7. Dati A = {x | x ∈N∗,x 6 4} , B = {x | x ∈N∗, −1 6 x < 3} e C = {x | x ∈Z, −2 < x 6 3} determinareA4B,A4C,(A \B)4C
Esercizio 2.4.8. dati C = {x ∈ Z | x−
(1
3
)−1
6 x <
∣∣∣∣−103∣∣∣∣}
eD = {x | x = 3k,k ∈ Z, −1 6 k 6 2} determinare C4D
2.4.5 Complementare
Definizione 2.4.6. Un insieme U si dice insieme universo (o insieme ambiente) diun insieme A se A è sottoinsieme di U
Esempio 2.4.3. DatoA = {0,2,4,6,8,10}, possibili insiemi universo sono:
U1 = {0,1,2,3, . . . ,20}
U2 = {x | x = 2n,n ∈N}
U3 = N
U4 = Q
Definizione 2.4.7. Si definisce complementare di un insieme A rispetto ad un suoinsieme universo U l’insieme, indicato con CU(A) o AU, degli elementi appartenenti adU ma non ad A.
QuindiCU = U \A
o, con la rappresentazione grafica:U
A
Esempio 2.4.4. DatiA = {x ∈N | x 6 15} e B = {x | x = 2n+ 1,n ∈N}
rispetto all’insieme universo N si avrà CN(A) = {x ∈N | x > 16} eCN(B) = {x | x = 2n,n ∈N}
2.4 operazioni 21
Esempio 2.4.5. DatoA = {x ∈ Q∗ | −3 < x 65
2} rispetto all’insieme universo Q si avrà :
−3
◦A
0
◦
52
•
◦si ricava CQ(A) • • ◦
cioè CQ(A) = {x ∈ Q | x 6 −3 o x >5
2o x = 0}
Osservazione 2.4.5.
CU(U) = ∅ ; CU(∅) = U
∀A⇒ CU(CU(A)) = A
Esercizio 2.4.9. Per ciascuno dei seguenti insiemi determina due possibili insiemi
universo:A = {5,10,15,20,25,30} , B = {1
9,1
3,1,3,9,27}
C = {x ∈ Q∗ | x > −1
2},D = {x ∈ Z | x2 6 24}
Esercizio 2.4.10. DatiA = {x ∈N | x > 10} ,B = {x ∈N∗ | x 6 19} e
C = {x ∈ Q | x 6 −5 o x >3
2} determinare :
CN(A),CN(B),CN(A∩B),CN(A∪B),CZ(A),CZ(B),CQ(C)
2.4.6 Prodotto cartesiano
Definizione 2.4.8. Si definisce prodotto cartesiano tra due insiemi A e B l’insieme,indicato con A×B, di tutte le coppie ordinate aventi il primo elemento appartenente ad Aed il secondo appartenente a B.
In simboli :A×B = {(x,y) | x ∈ A e y ∈ B}
Esempio 2.4.6. DatiA = {1,2,3} eB = {2,4} si avràA×B = {(1,2), (1,4), (2,2), (2,4), (3,2), (3,4)}
Gli elementi appartenenti ad A× B non appartengono nè ad A, nè a B. Essisono infatti di ‘nuova natura’: la coppia costituisce una nuova entità.
Con riferimento all’esempio 4.6, 1 /∈ A× B, 4 /∈ A× B invece (1, 4) ∈ A× B;(4, 1) /∈ A×B e ciò dimostra l’importanza dell’ordine all’interno della coppia.
Si raccomanda di non confondere la coppia (1,4) con {1, 4} che invece è uninsieme.
Nel caso B = A si conviene di indicare A×A con A2
Osservazione 2.4.6. ∀A⇒ A× ∅ = ∅ e ∅ ×A = ∅
Anche per questa operazione non vale la proprietà commutativa, infatti, contro-esempio:
dati A = {1, 2} e B = {1} saràA×B = {(1, 1), (2, 1)} 6= {(1, 1), (1, 2)} = B×AFacciamo notare che la nuova natura degli elementi di A×B non permette una
sua rappresentazione con i diagrammi di Eulero-Venn, a partire da quella di A eB.
Si introduce tuttavia, nel caso in cui A e B siano insiemi numerici, una nuovarappresentazione grafica utilizzando il piano cartesiano nel quale ogni coppiaordinata è individuata da un punto.
2.4 operazioni 22
Esempio 2.4.7. DatiA = {−2, −1,0,1} e B = {−2,0,1} la rappresentazione nel piano cartesiano diA×B sarà:
• • • •• • • •
• • • •
Teorema 2.4.1. Se |A| = n e |B| = m allora |A×B| = n ·m
Dimostrazione.
|A| = n⇒ A = {a1,a2,a3, . . . ,an}
|B| = m⇒ B = {b1,b2, . . . ,bm}
Le coppie con primo elemento a1 sono m, infatti esse sono:
(a1,b1), (a1,b2), . . . , (a1,bm)
Le coppie con primo elemento a2 sono ancora m, infatti esse sono:
(a2,b1), (a2,b2), . . . , (a2,bm)
Procedendo con questo ragionamento possiamo affermare che con ogni elementodi A si ottengono m coppie. Quindi in tutto m+m+ . . .+m︸ ︷︷ ︸
n volte
coppie, cioè n ·m
coppie.
Esercizio 2.4.11. Determinare A×B e B×A per elencazione e graficamente nel piano cartesianoessendo:A = {x ∈ Z | −1 6 x 6 2} ,B = {x ∈ Z | |x| 6 1}
Esercizio 2.4.12. DatiA = {0,1
2,1,3
2} eB = {−1,0,2,3,4} determinare la cardinalità diP (A×B)
Il teorema 2.4.1 ci permette di calcolare la cardinalità di A×B se sono note lecardinalità di A e B anche se non ne conosciamo gli elementi.
Questo non è invece possibile per le altre operazioni tra A e B, infatti, nonpossiamo calcolare |A∪B|, |A∩B|,|A\B|, |B\A|, |A4B| perchè, non conoscendo glielementi dei due insiemi non sappiamo quali e quanti sono comuni ad entrambi.
Possiamo però individuare quali sono i valori minimi e massimi che possonoassumere pensando alle situazioni ‘estreme’ nelle quali gli insiemi sono disgiuntioppure uno è sottoinsieme dell’altro.
Quindi se, per esempio, |A| = 5 e |B| = 3 allora |A ∪ B| come valore minimoassume valore 5 (caso in cui B ⊆ A) e come valore massimo assume valore 8 (casoin cui A∩B = ∅), scriviamo dunque
5 6 |A∪B| 6 8
Analogamente si determina :
0︸︷︷︸quandoA∩B=∅
6 |A∩B| 6 3︸︷︷︸quandoB⊆A
; 2︸︷︷︸quandoB⊆A
6 |A\B| 6 5︸︷︷︸quandoA∩B=∅
0︸︷︷︸quandoB⊆A
6 |B\A| 6 3︸︷︷︸quandoA∩B=∅
; 2︸︷︷︸quandoB⊆A
6 |A4B| 6 8︸︷︷︸quandoA∩B=∅
Un’attenta analisi delle cardinalità degli insiemi può esserci d’aiuto nell’affronta-re problemi la cui risoluzione può essere svolta utilizzando una rappresentazioneinsiemistica.
2.4 operazioni 23
Esempio 2.4.8. Nella mensa di una azienda con 110 operai :
i) 40 mangiano almeno il primo piatto
ii) 53 mangiano solo il secondo piatto
iii) 13 mangiano sia il primo che il secondo piatto.
Quanti operai
a) non mangiano?
b) mangiano solo il primo piatto?
c) mangiano solo un piatto?
d) non mangiano il secondo piatto?
Se indichiamo conO l’insieme degli operai (in tale contesto insieme universo) P ed S rispettivamentel’insieme degli operai che mangiano il primo piatto e l’insieme di quelli che mangiano il secondo piatto, perrispondere alle domande dovremo calcolare nell’ordine :
|CO(P∪S)| ; |P \S| ; |P4S| ; |CO(S)|
Può essere utile allo scopo dare una rappresentazione grafica del problema, con i diagrammi di Eulero-Venn,convenendo di indicare non gli elementi appartenenti agli insiemi, ma le rispettive cardinalità.
P S
O
Dall’ipotesi ii) possiamo ricavare |S \P| = 53 cioè
P S
O
53
Dall’ipotesi iii) possiamo ricavare |P∩S| = 13 cioè
P S
O
5313
e dunque, utilizzando l’ulteriore ipotesi i) cioè |P| = 40 ricaviamo che|P \S| = |P| − |P∩S| = 40− 13 = 27 cioè
2.5 esercizi riepilogativi 24
P S
O
531327
Sapendo infine che gli operai sono 110 si ricava|CO(P∪S)| = |O| − |P∪S| = 110− 93 = 17 cioè
P S
O
531327
17
Dall’esame attento della rappresentazione finale possiamo rispondere alle domande:
a)|CO(P∪S)| = 17 b)|P \S| = 27 c)|P4S| = 80 d)|CO(S)| = 44
2.5 esercizi riepilogativi
Esercizio 2.5.1. Determinare la rappresentazione per proprietà caratteristica degli insiemi:
A = {1
5,1
10,1
15,1
20, . . .} B = {1, −2,4, −8,16, −32,64}
C = {1
4,2
9,3
16,4
25,5
36. . .} D = {1,4,7,10,13, . . .}
E = {1,3,6,11,20,37,70, . . .}
Esercizio 2.5.2. Dati gli insiemi :
A = {x ∈ Z∗ | −3 6 x < 2}
B = {x ∈N | −1 6 x 6 3}
determinare :
A∪B, A∩B, B \A, A4B, A× (A∩B) , P (B \A)
Esercizio 2.5.3. Siano
A = {x ∈ Q | −1
26 x <
[(2
3· 185
−9
5
)2+
(1−
4
25
)]:
[(1−
2
5
)2+3
25
]}
B = {x ∈ Q | x >
[(5
6−1
3
)2 (5−
1
2
)2:
(3
2
)3]−
(1+
1
2
)}
determinare :A∪B, A∩B, B \A, CQ (A) , CQ (B)
Esercizio 2.5.4. Dati gli insiemi :
A = {x ∈ Q | x 6
(2
5
)3 (52
)2 [(−1
2
)5:
(−1
2
)−2
·(
−1
2
)−6]
+ (−13)0}
B = {x ∈ Q | −2 < x 6
(3−
1
2
)(1
5− 1
)2− (−3)2−
(−1
2
)−3
+ 2}
determinare:A∪B, A∩B, B \A, BQ, A4B
2.5 esercizi riepilogativi 25
Esercizio 2.5.5. Siano
A = {x ∈N | −4 6 x 6 1 o 5 < x 6 7}
B = {x ∈ Z∗ | −2 < x < 4}
determinare:A∪B, A∩B, B \A, P (B \A) , A× (A∩B)
Esercizio 2.5.6. Dati gli insiemi:
A = {x ∈ Q | x > E1)
B = {x ∈ Q | E2 6 x < 2.05 }
con
E1 =
(
−2
3+4
5
)2·(
−2
3+4
5
)3(
−2
3+4
5
)6
−1
−
(−2
3+4
5
)−2
:
(−2
3+4
5
)−3
E2 =
[(−1−
1
2
):
(2−
1
2
)−
(1
3−1
3
):
(1
3+1
2
)]· 14
−19
9:
(1−
1
3
)2determinare :
A∪B, A∩B, AQ, BQ, B \AQ
Si chiede infine se C = {x ∈ Q | x >37
18} è disgiunto da B.
Esercizio 2.5.7. DatiA = {{2}, {0}, {3}, {1,2}, {0,1,2}} e B = {0,1,2}determinare:
P (B)∪A, P (B)∩A, A \P (B) , P (B) \A
Esercizio 2.5.8. SianoA e B due insiemi tali che :
A×B = {(−1,1) , (0,1) , (1,1) , (−1,2) , (0,2) , (1,2)}
determinare :A∪B , A∩B, C = (A×B) \A2, P (C)
Esercizio 2.5.9. SianoA e B due insiemi con |A| = 20 e |B| = 8, determinare:
1. |A∪B|, |A∩B|, |B \A|, |A×B|, |P (B) |
2. |A∪B| e |A \B| sapendo che |A∩B| = 3
Esercizio 2.5.10. Se |A| = 8 e |B| = 7, determinare le cardinalità di :
A∪B, A∩B, A \B, B \A,P (A) , B×A
Esercizio 2.5.11. SianoA e B due insiemi disgiunti con |A| = 10 e |B| = 7, determinare :
|A∪B|, |A∩B|, |A \B|, |A×B|, |P (B) |
Esercizio 2.5.12. Individuare la relazione traA e B nei seguenti casi:
1. A∩B =A
2. A∪B =A
3. A \B = ∅
4. AB = B
Esercizio 2.5.13. Per ciascuna delle seguenti affermazioni false fornisci un controesempio:
1. A∪B =A
2. se |A| = 3 e |B| = 5⇒ |A∩B| = 3
3. A∩B = ∅ ⇒A = ∅
4. se x è multiplo di 3 è anche multiplo di 6
Esercizio 2.5.14. Determinare una scrittura più semplice per i seguenti insiemi:
1. (A∩B)∪ (B \A)
2. (A \B)∩ (B \A)
3. (A∪B) \ (B \A)
2.5 esercizi riepilogativi 26
4. (B \A)∪A
Esercizio 2.5.15. In una scuola con 150 alunni ci sono:
• 23 studenti che frequentano lo sportello di matematica
• 41 studenti che frequentano solo lo sportello di chimica
• 3 studenti che frequentano sia lo sportello di chimica che quello di matematica
Quanti sono gli studenti che:
1. frequentano solo lo sportello di matematica?
2. non frequentano sportelli?
Esercizio 2.5.16. In un pomeriggio assolato 20 alunni dovrebbero studiare inglese e matematica ; 8 nonstudiano inglese,10 studiano matematica e 4 non studiano niente. Quanti allievi studiano entrambe lematerie?
Esercizio 2.5.17. In una classe di 20 studenti ,18 hanno visitato Venezia, 14 Roma e 5 Firenze. Sapendoche 3 soli hanno visitato le 3 città, 5 sia Firenze che Venezia, 3 esclusivamente Venezia, determina quantihanno visitato :
1. solo Firenze
2. Firenze e Roma
3. nessuna delle tre città
4. non hanno visitato Roma
3M O N O M I
3.1 introduzione
Per rispondere alla domanda su quale sia il triplo del successivo del numero 7 siesegue il seguente calcolo:3 · (7+ 1) ottenendo come risultato il numero 24
Definizione 3.1.1. Si dice espressione aritmetica un’espressione che si ottiene medianteoperazioni tra numeri.
L’espressione sopra calcolata è un esempio di espressione aritmetica.Se ora volessimo determinare il triplo del successivo di un generico numero
naturale n useremmo la scrittura:
3 · (n+ 1)
Definizione 3.1.2. Si dice espressione algebrica un’espressione che si ottiene medianteoperazioni tra numeri e lettere.
Quindi 3 · (n + 1) è un esempio di espressione algebrica. Sono esempi diespressioni algebriche:
2 · (a+ 3b)
(a+ 7x) · x2a+ 3b
2+ 5c : (y− 2)
Cominciamo a studiare le espressioni algebriche introducendo le più semplicitra esse.
3.2 monomi
Definizione 3.2.1. Si dice monomio un’espressione algebrica contenente solo l’opera-zione di moltiplicazione.
Sono monomi le espressioni algebriche:
3 · a · b · b ,3
5· a · 2
3· b
non lo sono3 · a : b ,
3
5a+ b , 2
ab
c, 4− a
Definizione 3.2.2. Un monomio si dice ridotto a forma normale quando contiene unsolo fattore numerico, detto coefficiente, ed una parte letterale in cui ogni lettera figurauna sola volta con l’esponente ottenuto utilizzando la definizione di potenza.
3 · a · b · b in forma normale si scrive 3ab2
3
5· a · 2
3· b in forma normale si scrive
2
5ab
Altri esempi di monomi scritti in forma normale sono:
−2
7a2b5c , 2x3y6
D’ora in poi quando parleremo di monomi li intenderemo già scritti in formanormale.
27
3.2 monomi 28
osservazione: Non è un monomio l’espressione 2a3bc−2 perchè una sua
scrittura equivalente è2a3b
c2nella quale compare anche l’operazione di divisione.
Qualora il coefficiente sia 1 si conviene di scrivere la sola parte letterale:
1a2b = a2b , 1x2y3z = x2y3z
Analogamente la scrittura −a2b indica un monomio con coefficiente −1 e parteletterale a2b
Definizione 3.2.3. Si dice monomio nullo un monomio con coefficiente uguale a zero.
Definizione 3.2.4. Si dice grado relativo ad una lettera di un monomio l’esponentecon cui tale lettera compare nel monomio.
Esempio 3.2.1. Il grado del monomo 3a3b2c relativo
alla lettera
a è 3
b è 2
c è 1
d è 0 perchè 3a3b2c = 3a3b2c · 1 = 3a3b2c ·d0
e è 0
..........
..........
Definizione 3.2.5. Si dice grado assoluto di un monomio la somma dei gradi relativi.
Esempio 3.2.2. Il grado assoluto di 3a3b2c è 6, quello di −2xy è 2.
osservazione : Ogni numero diverso da zero è un monomio di grado assolutozero (ovviamente è zero anche il grado relativo ad ogni lettera).
Conveniamo di non attribuire alcun grado al monomio nullo in quanto qualun-que valore sarebbe corretto, infatti:
0 =
0x0
0xyz3
.....
Definizione 3.2.6. Due monomi si dicono simili quando hanno la stessa parte letterale.
Definizione 3.2.7. Due monomi si dicono opposti quando sono simili e hanno coefficientiopposti.
Esempio 3.2.3.
2ab , −3ab sono simili ma non opposti7
2a2b , −
7
2a2b sono opposti
2
3a ,
3
2a , sono simili ma non opposti
− 5a , 5a2 non sono simili
3.3 operazioni tra monomi 29
3.3 operazioni tra monomi
Definizione 3.3.1. La somma algebrica di monomi simili è un monomio simile ad essied avente per coefficiente la somma algebrica dei coefficienti.
Esempio 3.3.1.
2a2b+ 3a2b = 5a2b
− 3xy3− 2xy3+xy3 = −4xy3
1
2x2a+
3
4x2a−x2a =
1
4x2a
osservazione : 3a2b+ 2ab non dà come risultato un monomio (non essendosimili i monomi) ma un’espressione algebrica che definiremo in seguito.
Definizione 3.3.2. Il prodotto di monomi è un monomio avente per coefficiente ilprodotto dei coefficienti e per parte letterale il prodotto delle parti letterali (applicando leproprietà delle potenze).
Esempio 3.3.2.
− 2a2b3 · (−3abc) = 6a3b4c
2
5x3y ·
(−15
4x5)
= −3
2x8y
Definizione 3.3.3. La potenza di un monomio è un monomio avente per coefficiente lapotenza del coefficiente e per parte letterale la potenza della parte letterale (applicando leproprietà delle potenze).
Esempio 3.3.3.(−2
3ab2
)3= −
8
27a3b6
(−a2b3c)2 = a4b6c2[(3ab2)3− 20a3b6
]2=[27a3b6− 20a3b6
]2=[7a3b6
]2= 49a6b12
Definizione 3.3.4. Il quoziente tra due monomi è una espressione algebrica che siottiene dividendo tra loro i coefficienti e le parti letterali.
Esempio 3.3.4.
15x3y4z : (−3x2z) = −5xy4
5
2a5b2 :
(15
4a5b
)=2
3b
osservazione : Da 10x3y2 : 2x5y si ottiene 5x−2y che non è un monomio.Il quoziente tra due monomi è dunque un monomio solo se il dividendo
contiene almeno tutte le lettere del divisore con grado relativo non minore.Quando il quoziente tra due monomi è un monomio il dividendo si dice
divisibile per il divisore e il divisore si dice fattore del dividendo.
Esempio 3.3.5.[3
4a3b6c3−
(−1
4ab2c
)3−
(1
2ab2
)2 (−1
16ab2c3
)]:
(−5
4ab2c
)2=[
3
4a3b6c3−
(−1
64a3b6c3
)−
(1
4a2b4
)(−1
16ab2c3
)]:
(25
16a2b4c2
)=[
3
4a3b6c3+
1
64a3b6c3+
1
64a3b6c3
]:
(25
16a2b4c2
)=[
25
32a3b6c3
]:
(25
16a2b4c2
)=
1
2ab2c
Esercizio 3.3.1. Semplifica le seguenti espressioni:
3.3 operazioni tra monomi 30
•(2xy2−
3
2x2)
−[(xy2+ 2xy2− 4xy2
)]•(
−1
2x2y
)2−
[3
2x5y4 :
(1
2xy
)2− 3x3y2
](−1
3x
)
•[−2
5x3y :
(−1
5
)+2
3(−3x)
]7+
(x2−
2
3x2y : y
)0+ 5
• (x+x)3 (−y)5−
(−1
3xy−
3
5xy+
7
10xy
)(xy2− 6xy2
)2• a5n−1 : an−2 : an+3+a3n−2+ 3a3n : a2 con n > 2
Esercizio 3.3.2. Calcola il valore delle seguenti espressioni attribuendo alle lettere i valori a fianco indicati:
• −2
3a3b2 +
1
4
[(−2ab) (−ab) −
1
2· 3a2(−2b2) − 2a2b2+ 5a(ab2)
]per a =
1
2e
b = −3
•[2a3 : (−8a3)
]a+ (−a2)2 : a3−
1
4
(2a8−
5
2a2(−a2)3
)0per a =
4
3
Esercizio 3.3.3. Dopo aver stabilito il grado relativo ed assoluto dei monomi:
15xy4z; −10x3t;xz3;y3z2;3
2z stabilire quali dividono 40x3y4z2
Definizione 3.3.5. Si dice massimo comun divisore (M.C.D.) di monomi un monomiodi grado massimo che è un fattore (o divisore) di tutti i monomi dati.
Per calcolare il M.C.D. tra monomi è sufficiente scegliere un qualunque mo-nomio avente per parte letterale il prodotto di tutte le lettere comuni prese conl’esponente minore (questo affinchè il monomio ottenuto sia un fattore comune).
Vista l’arbitrarietà del coefficiente del M.C.D. si conviene di assegnare ad essoil M.C.D. tra i coefficienti, qualora questi siano interi, il numero 1 se almeno unodi essi è frazionario.Esempio 3.3.6.
M.C.D.(30a2b3, −18a3c,24a4b5c) = 6a2(oppure − 6a2)
M.C.D.(21
13a3b2, −
7
8ab5,5ab4c
)= ±ab2
M.C.D.(12ab5, −20x) = ±4
M.C.D.(5x2z,9y4) = ±1
Definizione 3.3.6. Si dice minimo comune multiplo (m.c.m.) di monomi un monomiodi grado minimo che è divisibile per tutti i monomi dati (o multiplo dei monomi dati).
Per calcolare il m.c.m. tra monomi è sufficiente scegliere un qualunque mono-mio avente per parte letterale il prodotto di tutte le lettere comuni e non comuniprese con l’esponente maggiore (questo affinchè il monomio ottenuto sia unmultiplo comune).
Vista l’arbitrarietà del coefficiente del m.c.m. si conviene di assegnare ad esso ilm.c.m. tra i coefficienti, qualora questi siano interi, il numero 1 se almeno uno diessi è frazionario.Esempio 3.3.7.
m.c.m.(30a2b3, −18a3c,24a4b5c) = 360a4b5c(oppure − 360a4b5c)
m.c.m.(21
13a3b2, −
7
8ab5,5ab4c
)= ±a3b5c
m.c.m.(12ab5, −20x) = ±60ab5x
m.c.m.(5x2z,9y4) = ±45x2y4zEsercizio 3.3.4. Determinare M.C.D. e m.c.m. tra i seguenti gruppi di monomi:
• 15x2yz3 20y3 10xy2 12yz5
• 10ab4 6a3 15b2
• 4x3y2 − 12x5y2
3y6
• 27a3b − 81a2b2 9ab3 18b4
• −5
3a6b2c4
7
3a3c3 − 2ab
• 2a2n 4anb 6anb2 con n > 0
4P O L I N O M I
4.1 polinomi
Definizione 4.1.1. Si dice polinomio un’espressione ottenuta dalla somma algebrica dimonomi.
Esempio 4.1.1. Sono polinomi le seguenti espressioni:
− 2ab+ 3a2− 2b+ 1
1
2a2+ 3− 2a+ 5−a
All’occorrenza un polinomio può essere ‘etichettato’ utilizzando una lettera ma-iuscola seguita da una parentesi tonda contenente le lettere presenti nel polinomio;con riferimento all’esempio scriveremo:
P(a,b) = −2ab+ 3a2 − 2b+ 1
Q(a) =1
2a2 + 3− 2a+ 5− a
Definizione 4.1.2. Un polinomio si dice ridotto a forma normale se non contienemonomi simili.
Relativamente all’esempio precedente il polinomio P(a,b) è già in forma
normale; la forma normale del polinomio Q(a) è1
2a2 + 8− 3a
D’ora in poi, quando parleremo di polinomi, li intenderemo ridotti a formanormale.
osservazione: Ogni monomio è un particolare polinomio in quanto si puòottenere come somma di monomi simili. Ricorrendo alla terminologia insiemisticapossiamo affermare che l’insieme Q è un sottoinsieme dell’insieme dei monomiM che a sua volta è sottoinsieme dell’insieme dei polinomi P.
P
M
Q
E’ consuetudine chiamare binomio, trinomio, e quadrinomio rispettivamenteun polinomio con due, tre, quattro monomi.
Definizione 4.1.3. Si dice grado relativo ( assoluto) di un polinomio il grado relativo(assoluto) del monomio componente di grado maggiore.
Esempio 4.1.2. Dato il polinomio: 3b4− 2ab3c+1
2ac3− 5a2b2 il grado relativo
31
4.2 operazioni 32
alla lettera
a è 2 ed è dato dal monomio −5a2b2
b è 4 ed è dato dal monomio 3b4
c è 3 ed è dato dal monomio1
2ac3
d è 0
..........
e il grado assoluto è 5 ed è dato dal monomio −2ab3c.
Esempio 4.1.3. Dato il polinomio: x3y−3
5x2y2− 2y2 il grado relativo
alla lettera
x è 3 ed è dato dal monomio x3y
y è 2 ed è dato indifferentemente da −3
5x2y2 e −2y2
e il grado assoluto è 4 ed è dato indifferentemente da x3y e −3
5x2y2.
Dato un polinomio, con riferimento ad una lettera, si dice termine noto ilmonomio di grado zero.
Qualora il polinomio contenga una sola lettera si dice coefficiente direttivo ilcoefficiente del monomio di grado maggiore.
Definizione 4.1.4. Un polinomio si dice omogeneo quando tutti i monomi che locompongono hanno lo stesso grado assoluto.
Definizione 4.1.5. Un polinomio si dice ordinato rispetto ad una lettera quando imonomi componenti sono scritti secondo le potenze crescenti o decrescenti di quella lettera.
Generalmente si preferisce ordinare secondo le potenze decrescenti della lettera.
Definizione 4.1.6. Un polinomio si dice completo rispetto ad una lettera quandocontiene tutte le potenze di quella lettera dal grado relativo fino a zero.
Esercizio 4.1.1. Stabilire grado assoluto e relativo dei seguenti polinomi e ordinarli rispetto a ciascunalettera:
• x2y3+x5− 2xy4− 3x3y2+ 9y5
• 2a3b−a4+b4+ 8a2b2
4.2 operazioni
Definizione 4.2.1. La somma tra polinomi è il polinomio che si ottiene sommando imonomi di tutti i polinomi.
Esempio 4.2.1.
(3a− 5ab+ 2) +(−2a2+ 3+ 2ab
)= 3a− 3ab+ 5− 2a2
Definizione 4.2.2. La differenza tra due polinomi è il polinomio che si ottiene sommandoai monomi del primo polinomio gli opposti del secondo.
Esempio 4.2.2.
(3a− 5ab+ 2) −(−2a2+ 3+ 2ab
)= (3a− 5ab+ 2) +
(+2a2− 3− 2ab
)= 2a2− 7ab+ 3a− 1
4.3 prodotti notevoli 33
In generale l’addizione algebrica tra polinomi si esegue togliendo le parentesiai polinomi e cambiando il segno a quelli preceduti dal segno meno.
Esempio 4.2.3.
(x− 1) + (x− 2y+ 3) − (2x+ 2− 5y) = x− 1+x− 2y+ 3− 2x− 2+ 5y = 3y
Esercizio 4.2.1.
• (a2+ab+ 3b2) − (a2− 2ab+ 3b2)
• (2x−y− z) − (3x+ 2y− 3z) − (y+ 4x− z) + (5x− 4z+ 4y)
Definizione 4.2.3. Il prodotto tra due polinomi è il polinomio che si ottiene moltipli-cando ogni monomio del primo polinomio per tutti quelli del secondo.
Esempio 4.2.4.
(3x2−xy4) · (−2x+y4) = −6x3+ 3x2y4+ 2x2y4−xy8 = −6x3+ 5x2y4−xy8
Esercizio 4.2.2.
• (2x− 3y)
(1
2y+ 5x
)•(2a2+b−
1
2
)(1
2+b− 2a2
)• (3a2− 1)(2a+ 1)(a2−a+ 3)
Un esempio di una espressione algebrica contenente le operazioni sin quidefinite è il seguente:
Esempio 4.2.5.(x+ 2y)(2x−y+ 3) − 2(x2−y2) + (x−y)(y− 3) =
2x2−xy+ 3x+ 4xy− 2y2+ 6y− 2x2+ 2y2+xy− 3x−y2+ 3y =
−y2+ 4xy+ 9y
Esercizio 4.2.3. 3(x− 1) − (2x− 2)(x+ 2) + (2−y)(x2− 4) − (4y−x2y)
4.3 prodotti notevoli
Nel calcolo di una espressione algebrica polinomiale sono spesso presenti partico-lari moltiplicazioni tra polinomi, anche sotto forma di potenza.Tali prodotti, dettiprodotti notevoli, si possono determinare mediante regole pratiche che permettonodi snellire i calcoli.
1. Somma per differenza
(A+B)(A−B) = A2 −B2
infatti(A+B)(A−B) = A2 −AB+AB−B2 = A2 −B2
Esempio 4.3.1.
(2x+ 3y2)(2x− 3y2) =︸︷︷︸conA=2x eB=3y2
(2x)2− (3y2)2 = 4x2− 9y4
(7x2− 1)(7x2+ 1) = 49x4− 1
(−2x2+ 3y)(−2x2− 3y) = 4x4− 9y2
(5a+ 2b)(2b− 5a) = 4b2− 25a2
Dagli esempi si nota che:il prodotto tra la somma di due termini e la loro differenza si ottiene facendoil quadrato del termine che mantiene il segno, meno il quadrato di quelloche cambia di segno.
Esercizio 4.3.1.
• (−4x+ 3y2)(−4x− 3y2)
4.3 prodotti notevoli 34
•(1
2a3− 5b
)(1
2a3+ 5b
)•(2
3x2y+ 7y4
)(7y4−
2
3x2y
)
2. Quadrato di binomio
(A+B)2 = A2 + 2AB+B2
infatti
(A+B)2 = (A+B)(A+B) = A2 +AB+AB+B2 = A2 + 2AB+B2
Esempio 4.3.2.
(2x− 7)2 = (2x)2+ 2(2x)(−7) + (−7)2 = 4x2− 28x+ 49
(y3+ 5xy)2 = y6+ 10xy4+ 25x2y2(−2
3+x2
)2=4
9−4
3x2+x4(
−1
2a− 3b
)2=1
4a2+ 3ab+ 9b2
(x− 2y+ 3)(x− 2y− 3) = (x− 2y)2− 32 = x2− 4xy+ 4y2− 9
Riassumendo possiamo memorizzare che:il quadrato di un binomio si ottiene sommando il quadrato del primotermine, il doppio prodotto dei due termini e il quadrato del secondotermine.
Esercizio 4.3.2.
(3x2−xy)2 ; (−2x−y2)2 ;(1
2x3+ 4
)2; (y2+ 3x+ 4)(y2− 3x− 4)
3. Quadrato di trinomio
(A+B+C)2 = A2 +B2 +C2 + 2AB+ 2AC+ 2BC
infatti
(A+B+C)2 =
= (A+B+C)(A+B+C)
= A2 +AB+AC+AB+B2 +BC+AC+BC+C2
= A2 +B2 +C2 + 2AB+ 2AC+ 2BC
Esempio 4.3.3.
(2x−y2+ 1)2 = 4x2+y4+ 1− 4xy2+ 4x− 2y2(3
2−xy+y2
)2=9
4+x2y2+y4− 3xy+ 3y2− 2xy3
Riassumendo possiamo memorizzare che:
il quadrato di un trinomio si ottiene sommando i quadrati dei tre termini ei doppi prodotti dei termini presi a due a due.Analogamente il quadrato di un polinomio si ottiene sommando i quadratidi tutti i termini e i doppi prodotti dei termini presi a due a due.
Esempio 4.3.4.
(x− 2y+ 5xy− 1)2 = x2+ 4y2+ 25x2y2+ 1− 4xy+ 10x2y− 2x− 20xy2+ 4y− 10xy
= x2+ 4y2+ 25x2y2+ 1− 14xy+ 10x2y− 2x− 20xy2+ 4y
4.3 prodotti notevoli 35
Esercizio 4.3.3.
(2a+ 3b2− 5)2 ;(x2−xy+
1
3
)2; (−3x+ 2xy− 2y+ 1)2
4. Cubo di binomio
(A+B)3 = A3 + 3A2B+ 3AB2 +B3
infatti
(A+B)3 = (A+B)(A+B)2 = (A+B)(A2 + 2AB+B2)
= A3 + 2A2B+AB2 +A2B+ 2AB2 +B3
= A3 + 3A2B+ 3AB2 +B3
Esempio 4.3.5.
(2x+ 3)3 = (2x)3+ 3(2x)23+ 3(2x)32+ 33 = 8x3+ 36x2+ 54x+ 27
(x− 5y2)3 = x3− 15x2y2+ 75xy4− 125y6(−1
3x2+ 2x
)3= −
1
27x6+
2
3x5− 4x4+ 8x3(
−a−1
4ab
)3= −a3−
3
4a3b−
3
16a3b2−
1
64a3b3
Riassumendo possiamo memorizzare che:
il cubo di un binomio si ottiene sommando il cubo del primo termine, iltriplo prodotto del quadrato del primo termine per il secondo, il triploprodotto del quadrato del secondo termine per il primo e il cubo delsecondo termine.
Esercizio 4.3.4.(3
4x+ 4
)3; (x2− 3)3 ;
(−xy−
1
2x
)3Abbiamo sinora imparato a calcolare la potenza di un binomio fino al terzo grado.
Riscrivendo i risultati ottenuti:(A+B)0 = 1
(A+B)1 = A + B(A+B)2 = A2 + 2AB + B2
(A+B)3 = A3 + 3A2B+ 3AB2 +B3
possiamo notare che il risultato è formalmente sempre un polinomio omogeneo,ordinato e completo in A e B con grado uguale a quello della potenza che stiamocalcolando.
Osserviamo inoltre, che il primo e l’ultimo coefficiente di ogni polinomiorisultato (nell’ordine in cui è stato scritto) sono uguali ad 1, mentre gli altri sonola somma dei due coefficienti ‘vicini’ della potenza precedente.
Si potrebbe dimostrare, con strumenti matematici che ancora non possediamo,che quanto osservato si può generalizzare per calcolare una qualsiasi potenza dibinomio.
Continuando quindi l’elenco delle potenze avremo:
(A+B)3 = 1A3 + 3A2B+ 3AB2 + 1B3
↘↙ ↘ ↙ ↘ ↙(A+B)4 = 1A4 + 4A3B+ 6A2B2 + 4AB3 + 1B4
↘↙ ↘ ↙ ↘ ↙ ↘ ↙.. .. .. ..
che ci permette di enunciare la seguente regola pratica:la potenza n-esima di un binomio è un polinomio omogeneo, ordinato e completo
di grado n i cui coefficienti si ricavano dalla seguente tabella (detta Triangolo di
4.4 divisione 36
Tartaglia) nella quale ogni numero è la somma dei due numeri ‘vicini’ sopra adesso:
1
1 1
1 2 1
1 3 3 1
1 4 6 4 1
1 .. .. .. .. 1
Esempio 4.3.6.
(2x−y2)5 = (2x)5+ 5(2x)4(−y2) + 10(2x)3(−y2)2+ 10(2x)2(−y2)3+
+ 5(2x)(−y2)4+ (−y2)5
= 32x5− 80x4y2+ 80x3y4− 40x2y6+ 10xy8−y10
Esercizio 4.3.5.(3x−x2)4 ; (x+ 2y)6
Vediamo ora due esempi di espressioni algebriche contenenti le operazioni e iprodotti notevoli tra polinomi:
Esempio 4.3.7.[(y2+1)(y−1)(y+1)−(y2+4)2+(2+y)(y−2)+(−4y)2+8(3−y2)]3−(3y2−
1)2− 26 =
[(y2+1)(y2−1)−(y4+8y2+16)+y2−4+16y2+24−8y2]3−(9y4−6y2+1)−
26 =
[y4− 1−y4− 8y2− 16+y2− 4+ 16y2+ 24− 8y2]3− 9y4+ 6y2− 1− 26 =
[y2+ 3]3− 9y4+ 6y2− 27 =
y6+ 9y4+ 27y2+ 27− 9y4+ 6y2− 27 = y6+ 33y2
Esempio 4.3.8.(x+ 2y− 1)(x+ 2y+ 1) − (x+ 2y+ 1)2+ 2(2y+x) =
(x+ 2y)2− 1−x2− 4y2− 1− 4xy− 2x− 4y+ 4y+ 2x =
x2+ 4xy+ 4y2−x2− 4y2− 4xy− 2 = −2
Esercizio 4.3.6.
• (a+ 3b)2(a− 3b)2− (−3b)4− (1−a2)2+ (a+b)(a−b) + 2(−3ab)2
• (x2− 3x+ 2)2+x2(x+ 2)(x− 3) + 2x(x− 1)3+x(x2−x+ 10)
4.4 divisione
Per dividere un polinomio per un monomio non nullo è sufficiente dividere ognisuo termine per il monomio. L’espressione algebrica ottenuta è un polinomiosolo quando il monomio divisore è un fattore di tutti i termini componenti ilpolinomio dividendo.
Esempio 4.4.1.
(−6x2y3+ 4xy2− 5xy4) :(2xy2
)= −3xy+ 2−
5
2y2
Esercizio 4.4.1.(3
2xy3z2−
1
2xyz+x2y2z
):
(1
2xyz
)Vogliamo ora definire ed imparare ad eseguire la divisione tra due polinomi.
Definizione 4.4.1. Dati due polinomi P e D (rispettivamente dividendo e divisore) ilquoziente Q e il resto R della divisione tra P e D sono due polinomi tali che
P = D ·Q+ R ove il grado di R è minore del grado di D
4.4 divisione 37
Per imparare ad eseguire la divisione tra due polinomi procediamo con unesempio:
data la divisione(x− 6x3 + 2x4 − 1) : (x2 − 2)
ordiniamo dividendo P e divisore D e otteniamo:
(2x4 − 6x3 + x− 1) : (x2 − 2)
Dividiamo il monomio di grado massimo di P per quello di grado massimo di D(essi sono ovviamente i primi monomi di P e D essendo questi ultimi ordinati).Il risultato ottenuto, Q1 = 2x2, è il primo candidato quoziente mentre il primocandidato resto si ottiene calcolandoR1 = P−D ·Q1 = 2x4− 6x3+ x− 1− (x2− 2) · 2x2 = 2x4− 6x3+ x− 1− 2x4+
4x2 = −6x3 + 4x2 + x− 1
Poichè il grado di R1 non è minore del grado di D, ripetiamo il procedimentoper la divisione R1 : D ed otteniamo Q2 = −6x e R2 = R1 −D ·Q2 = −6x3 +
4x2 + x− 1− (x2 − 2)(−6x) = −6x3 + 4x2 + x− 1+ 6x3 − 12x = 4x2 − 11x− 1
Poichè ancora il grado di R2 non è minore del grado di D, continuiamo con R2 :
D ottenendo Q3 = 4 e R3 = R2 −D ·Q3 = 4x2 − 11x− 1− (x2 − 2) · 4 = −11x+ 7
Poichè finalmente il grado di R3 è minore del grado di D, possiamo scrivere(riassumendo il procedimento svolto)
P = D ·Q1 + R1 = D ·Q1 +D ·Q2 + R2 = D ·Q1 +D ·Q2 +D ·Q3 + R3
= (proprietà distrubutiva)
= D · (Q1 +Q2 +Q3) + R3
con riferimento al nostro esempio abbiamo:2x4 − 6x3 + x− 1 = (x2 − 2) · (2x2 − 6x+ 4) + (−11x+ 7)
e quindi possiamo dire che il quoziente Q è 2x2 − 6x+ 4 e il resto R è −11x+ 7
Il procedimento appena illustrato viene sintetizzato con la seguente regolapratica:
P → 2x4 − 6x3 + 0x2 + x− 1 x2 − 2← D
−D ·Q1 → −2x4 + 4x2 2x2 − 6x+ 4← Q
R1 → // − 6x3 + 4x2 + x− 1 Q1 Q2 Q3
↑ ↑ ↑
−D ·Q2 → +6x3 − 12x
R2 → // + 4x2 − 11x− 1
−D ·Q3 → −4x2 + 8
R = R3 → // − 11x+ 7
Osserviamo che:
1. nella precedente ‘tabella di divisione’ è stato necessario completare for-malmente il polinomio dividendo P diversamente da quanto fatto per ildivisore D.
2. il grado del quoziente Q è determinato dal monomio Q1 e quindi esso è ladifferenza tra il grado del dividendo P e quello del divisore D.
3. dalla definizione di divisione sappiamo che il grado del resto è minore diquello del divisore e infatti nell’esempio svolto è
4.4 divisione 38
gr(R) = 1 < 2 = gr(D).
E’ importante non commettere l’errore di pensare che il grado del resto siasempre inferiore di uno a quello del divisore come si può verificare conla seguente divisione (4x3 − 5x+ 16) : (2x2 − 3x+ 2) nella quale il resto hagrado zero.
Esercizio 4.4.2.
• (x5− 3x3+ 2x+x2− 2) : (x2−x)
• (−10x3− 6+ 9x2) : (2− 5x2− 3x)
Proponiamoci di eseguire una divisione tra polinomi in cui compare più di unalettera:
(x3 − 4y3 + 2xy2) : (x2 + y2 − 3xy)
Per utilizzare il procedimento imparato è necessario stabilire rispetto a qualelettera ordinare i polinomi.
1. divisione rispetto ad x:
x3 + 0x2 + 2xy2 − 4y3 x2 − 3xy+ y2
−x3 + 3x2y− xy2 x+ 3y
// + 3x2y+ xy2 − 4y3
−3x2y+ 9xy2 − 3y3
10xy2 − 7y3
2. divisione rispetto ad y:
−4y3 + 2xy2 + 0y + x3 y2 − 3xy+ x2
+4y3 − 12xy2 + 4x2y −4y− 10x
// − 10xy2 + 4x2y + x3
+10xy2 − 30x2y+ 10x3
−26x2y+ 11x3
Osservando che i quozienti e i resti ottenuti con le due divisioni sono diversi,conveniamo di indicarli con Q(x) ed R(x) o Q(y) ed R(y) se sono stati ottenutirispettivamente rispetto ad x o ad y e quindi:Q(x) = x+ 3y e R(x) = 10xy2 − 7y3
Q(y) = −4y− 10x e R(y) = −26x2y+ 11x3
Osservazioni:
4.5 divisione con la regola di ruffini 39
1. Nel caso particolare in cui il grado del dividendo P sia minore di quellodel divisore D, possiamo affermare che il quoziente Q è il polinomio nulloed il resto R è proprio il dividendo P infatti possiamo scrivere la seguenteuguaglianza:
P = D · 0+ P con gr(P) < gr(D)
2. Qualora il resto sia nullo, il divisore D della divisione si dice fattore (odivisore) del polinomio dividendo, infatti:
P = D ·Q+ 0 da cui P = D ·Q
Ovviamente anche Q sarà un fattore o divisore di P ed è facile convincerciche in tal caso
P : Q = D
3. Nelle divisioni tra polinomi in più lettere, se il resto è nullo, i quozientiottenuti rispetto a ciascuna lettera sono uguali tra loro.
Esercizio 4.4.3.
• (3a5− 4a4b− 10a2b3+ 4a3b2+ab4) : (a2+b2)
•(5
8x4y−
2
3x3y2+
3
2x3y−
7
3x2y3−x2y2+xy4− 6xy3
):
(5
6x−
1
3y+ 2
)
4.5 divisione con la regola di ruffini
Per eseguire la divisione quando il divisore è un polinomio di primo grado concoefficiente direttivo unitario rispetto ad una lettera esiste una regola, detta Regoladi Ruffini, che consente di determinare quoziente e resto in modo più rapido edelegante.
Scegliamo di illustrare il nuovo procedimento mediante degli esempi.Data la divisione (x3 − 5x2 + 3) : (x− 2), disponiamo tutti i coefficienti del
dividendo, ordinato e formalmente completo, all’interno di una ‘tabella’:
1 − 5 0 3
Scriviamo l’opposto del termine noto del divisore nella ‘tabella’:
1 − 5 0 3
+2
Trascriviamo il coefficiente direttivo sotto la linea orizzontale :
1 − 5 0 3
+2
1
Moltiplichiamo quest’ultimo per l’opposto del termine noto (+2) e scriviamo ilprodotto nella colonna successiva (quella del −5) sulla riga del 2:
1 − 5 0 3
+2
1
2
Sommiamo −5 e 2 riportando il risultato sotto la linea orizzontale:
4.5 divisione con la regola di ruffini 40
1 − 5 0 3
+2
1 − 3
2
Ripetiamo lo stesso procedimento moltiplicando −3 e 2, riportando nellacolonna successiva il prodotto e calcolando infine la somma:
1 − 5 0 3
+2
1 − 3 − 6
2 − 6
Iterando ancora una volta otteniamo:
1 − 5 0 3
+2
1 − 3 − 6
2 − 6 −12
−9
L’ultima riga contiene in modo ordinato rispettivamente i coefficienti del quo-ziente ed il resto. Il quoziente, che sappiamo essere un polinomio di gradodue, (uno in meno del dividendo essendo il divisore di grado uno) è dunquex2 − 3x− 6.
Il resto, che sappiamo essere un polinomio di grado zero, è −9.Un ulteriore esempio è la seguente divisione
(2a2x2 − 3x3 + a4x− 4a6) : (x+ 2a2)
Il calcolo con la regola di Ruffini è:
−3 2a2 a4 −4a6
−2a2
−3 8a2 − 15a4
6a2 − 16a4 30a6
26a6
Il quoziente ed il resto risultano rispettivamente:Q(x) = −3x2 + 8a2x− 15a4 , R = 26a6
Se avessimo voluto eseguire la divisione rispetto alla lettera a non avremmopotuto usare la nuova regola (non avendo il divisore grado 1 rispetto ad a) e conil metodo generale di divisione avremmo ottenuto:
Q(a) = −2a4 +3
2a2x+
1
4x2 , R = −
13
4x3
Osservazione 4.5.1. Se il coefficiente direttivo non è unitario è possibile adattare laregola di Ruffini per eseguire la divisione. In questo caso, però, il procedimento risultaappesantito perdendo in parte la sua rapidità esecutiva; si consiglia, dunque, di eseguire ladivisione con il metodo tradizionale.
Esercizio 4.5.1.
• (x3− 13x+ 12) : (x+ 1)
•(x3−
2
3x2+
1
3x− 1
): (x− 3)
• (x2y+ 4xy2+ 3y3) : (2x+y)
Nel caso in cui il divisore sia un polinomio di primo grado con coefficientedirettivo unitario è possibile determinare il resto senza eseguire la divisioneutilizzando il seguente:
Teorema 4.5.1 (Teorema del resto). Il resto della divisione tra P(x) e (x− k) si ottienesostituendo l’opposto del termine noto del divisore alla lettera del dividendo cioè: R = P(k).
4.5 divisione con la regola di ruffini 41
Dim. Per definizione di divisione
P(x) = (x− k) ·Q(x) + R
sostituendo k alla x si ottiene:
P(k) = (k− k) ·Q(k) + R
quindi:P(k) = 0 ·Q(k) + R
cioèP(k) = R
Esempio 4.5.1.Il resto della divisione: (2x4+x−5) : (x−1) è R = P(1) = 2 ·14+1−5 = 2+1−5 = −2
Il resto della divisione: (x2+x− 2) : (x+ 2) è R = P(−2) = (−2)2+ (−2) − 2 = 0
In quest’ultimo esempio, poichè il resto è nullo, il divisore (x+ 2) è un fattoredel polinomio x2 + x− 2
Più in generale per controllare se un polinomio del tipo (x− k) è un fattore diP(x) è sufficiente calcolare il resto (e quindi P(k)) e vedere se esso è nullo; si puòenunciare, infatti il seguente teorema:
Teorema 4.5.2 (Teorema di Ruffini). Se un polinomio P(x) si annulla per x uguale a k,un suo fattore è (x− k), e viceversa.
Dim. (⇒)
P(x) = (x− k) ·Q(x) + R
poichè per ipotesiR = P(k) = 0
alloraP(x) = (x− k) ·Q(x)
dunque(x− k) è un fattore di P(x)
(⇐)
se(x− k) è un fattore di P(x)
alloraP(x) = (x− k) ·Q(x)
dunqueP(k) = (k− k) ·Q(x) = 0
Esempio 4.5.2. Stabilire quale dei seguenti polinomi è un divisore di x3+ 3x2− 4x− 12:
x+ 1; x− 2; x+ 3
P(−1) = −1+ 3+ 4− 12 6= 0⇒ x+ 1 non è un fattoreP(+2) = 8+ 12− 8− 12 = 0⇒ x− 2 è un fattoreP(−3) = −27+ 27+ 12− 12 = 0⇒ x+ 3 è un fattore
Esempio 4.5.3. Determinare il valore da attribuire alla lettera t affinchè x−1 sia un fattore del polinomiox2− 3x+ t+ 4
Calcoliamo P(1) = 1− 3+ t+ 4 = t+ 2 dovrà essere R = 0 cioè t+ 2 = 0 dunque t = −2
Esempio 4.5.4. Determinare un divisore di x2+ 2x− 15
Con il teorema di Ruffini siamo in grado di determinare i divisori del tipo (x−k)
Infatti calcolando P(1),P(−1),P(2),P(−2), . . . . . . otteniamo i resti della divisione rispettivamenteper (x− 1), (x+ 1), (x− 2), (x+ 2), . . . . . .P(1) = −13,P(−1) = −16,P(2) = −7,P(−2) = −15,P(3) = 0⇒ (x− 3) è un divisore
(fattore) del polinomio.
4.6 esercizi riepilogativi 42
osservazione : Per determinare un fattore di un polinomio P(x), come nell’ul-timo esempio, non è necessario sostituire alla x tutti i numeri interi finchè si ottienezero, ma solo i divisori del termine noto del dividendo. Infatti dall’uguaglianza:
P(x) = (x− k) ·Q(x)
si deduce che il termine noto di P(x) è il prodotto tra il termine noto di Q(x)
(indichiamolo con q) e quello di (x− k), dunque esso é −k · q e quindi k risultaun fattore del termine noto di P(x).
Se vogliamo ora cercare un fattore di x3 − 4x2 − 25 i numeri da sostituire a xsaranno i divisori di 25 ovvero ± 1,±5,±25.
Poichè P(1) 6= 0,P(−1) 6= 0 ma P(5) = 0 possiamo concludere che (x− 5) è unfattore del polinomio.
E’ opportuno far notare che non sempre un polinomio ha fattori del tipo (x− k)
come è il caso di x2+ 5x+ 2 per il quale P(1) 6= 0, P(−1) 6= 0, P(2) 6= 0,P(−2) 6= 0.
Esercizio 4.5.2.
• Calcolare il resto della divisione: (3x4+ 6x2+x− 3) :
(x+
2
3
)• Stabilire quale dei seguenti binomi è un fattore di x3− 5x2+ 3x− 15:
(x− 1); (x− 2); (x− 4); (x− 5); (x+ 6)
• Determinare due fattori di primo grado di x4−x3−x2− 5x− 30
• Determinare il valore di k affinchè (y+ 1) sia un fattore di y3+ 2ky2− 5ky− 6k− 2
• Determinare k in modo che il resto della divisione: (2x4− 3x2+kx−k) : (x+ 2) sia 17
4.6 esercizi riepilogativi
Esercizio 4.6.1. Calcola il valore delle seguenti espressioni:
1.(3
2−a
)2−a(a− 3) +
(2a−
3
2
)(3
2+ 2a
)−3
2b2
[4a2−3
2b2]
2. (a−b)(a+b)3− (a+b)(a−b)3− 4ab(a2− 2b2)
[4ab3]
3. (x2− 3xy+ 2y2)2−x(x− 3y)3− 3xy(x2+ 5y2)
[4y4− 14x2y2]
4. 8(y− 1)3+ 4(y− 1)2+ (y2− 4y+ 2)2−y2(y2− 1)
[y2]
5. (2x−y− 1)(2x+y+ 1) − (2x+ 1)(2x− 3) + (y− 2)(y+ 2)
[4x− 2y− 2]
6. (x2− 2y)2+ (x+ 2y)3− (x−y)3− 3y
(3y2+
5
3x2)
− 4y2
[x4+ 9xy2]
7. (x+ 2y− 1)2 + (x2 − x− 2y)(x2 + x+ 2y) + (x2 − 2)3 + 5(x2 − 1)(x2 + 1) +
2(x+ 2y− 6x2)
[x6− 12]
8. 2(ab− 1)(ab+ 1) +
(a2−ab−
1
2b2)2
−
(ab+
1
2b2)2
−a2(a−b)2
[−2]
9.
[1
2ab−
(1
4a+b
)2+
(b+
1
4a
)(−1
4a+b
)]a+
(b+
1
2a
)3−b2
(3
2a+b
)
4.6 esercizi riepilogativi 43
[3
4a2b]
10. (x−1)(x+3) − (x+1)2− (x−2)2+2(x+3)2− (x+2−y)2−2y(x+2−1
2y)
[12x+ 6]
11. [(3x− 1) (3x+ 1)]2−
(9x2−
1
2
)2+1
4
[−9x2+ 1]
12. x(x− 2y)3−[(x+ 2y)2− (2x+y)2
]2+ 2xy
(3x2+ 4y2− 15xy
)+ 9y4
[−8x4]
13. (xn+1−x2)(xn+1+x2) −x2(xn+x)2
[−2xn+3− 2x4]
Esercizio 4.6.2. Calcola quoziente e resto delle seguenti divisioni:
1. (4x3− 5x+ 16) : (2x2− 3x+ 2)
[Q(x) = 2x+ 3,R(x) = 10]
2.(1
4x4−x2y2+ 6xy3− 6y4
):
(1
2x2+xy− 3y2
)
[Q(x) =1
2x2−xy+ 3y2,R(x) = 3y4] ,
[Q(y) = 2y2−4
3xy+
2
9x2,R(y) = −
1
18x3y+
5
36x4]
3. (2x3+ 3x2− 2x+ 2) : (x+ 2)
[Q(x) = 2x2−x,R = 2]
4. (2a5− 15a3b2− 25ab4−b5) : (a− 3b) rispetto alla lettera a
[Q(a) = 2a4+ 6a3b+ 3a2b2+ 9ab3+ 2b4,R(a) = 5b5]
5.(a5+
10
3a4− 3a2+
1
2
): (a+ 3)
[Q(a) = a4+1
3a3−a2,R =
1
2]
6. (64x6−y6) : (16x4+ 4x2y2+y4)
[Q(x) =Q(y) = 4x2−y2,R(x) = R(y) = 0]
7. (2a4− 6a2+ 3) : (a2− 3a− 1)
[Q(a) = 2a2+ 6a+ 14,R(a) = 48a+ 17]
8.(x4−x3−
9
8x−
1
4
):
(x−
3
2
)
[Q(x) = x3+1
2x2+
3
4x,R = −
1
4]
9. (2x3−x2− 8x+ 4) : (2x− 1)
[Q(x) = x2− 4,R = 0]
Esercizio 4.6.3. Calcola il valore delle seguenti espressioni contenenti divisioni tra polinomi
1.[(2x4+x3− 3x2+x
): (x2+x− 1) +x
]2− 4x4
[0]
2. (x− 4)2+[(x2− 16
): (4−x)
]·[(2x2− 13x+ 20
): (2x− 5)
][−8x+ 32]
Esercizio 4.6.4. Stabilisci per quale valore di a la divisione (2x2−ax+ 3) : (x+ 1) dà resto 5
4.6 esercizi riepilogativi 44
[a = 0]
Esercizio 4.6.5. Stabilisci per quale valore di k il polinomio P(x) = 2x3 − x2 + kx+ 1− 3k èdivisibile per x+ 2
[k = −19
5]
Esercizio 4.6.6. Stabilisci per quale valore di k la divisione (2x2+ 3x+k− 2) : (x− 1) è esatta
[k = −3]
Esercizio 4.6.7. Dati i polinomi :A(x) = x3+2x2−x+3k+2 e B(x) = kx2− (3k−1)x+k
determina k in modo che i due polinomi, divisi entrambi per x+ 1 abbiano lo stesso resto
[k =5
2]
Esercizio 4.6.8. Verifica che il polinomio x4 − x2 + 12x− 36 è divisibile per i binomi (x− 2) e(x+ 3) utilizzando il teorema di Ruffini. Successivamente, utilizzando la divisione, verifica che è divisibileper il loro prodotto.
Esercizio 4.6.9. Stabilisci per quale valore di a le divisioni: (x2 +ax− 3a) : (x+ 6) e (x2 + x−
(a+ 2)) : (x+ 3) danno lo stesso resto
[a = 4]
5S C O M P O S I Z I O N I
5.1 scomposizioni
Nei capitoli precedenti abbiamo imparato a semplificare le espressioni algebrichecontenenti operazioni tra polinomi; nella maggior parte dei casi la semplificazioneconsisteva nell’eseguire la moltiplicazione (o lo sviluppo di una potenza) di poli-nomi per ottenere come risultato un polinomio. In questo capitolo ci proponiamodi affrontare il problema inverso, cioè scrivere un polinomio, se possibile, comeprodotto di altri polinomi.
Esempio 5.1.1. Dato P(x) = x3 + x2 − 4x− 4 si può facilmente verificare che P(x) = (x2 −
4)(x+ 1) ma anche P(x) = (x− 2)(x2+ 3x+ 2) oppure P(x) = (x− 2)(x+ 2)(x+ 1)
Definizione 5.1.1. Un polinomio si dice riducibile (scomponibile) se può essere scrittocome prodotto di due o più polinomi (detti fattori) di grado maggiore di zero. In casocontrario esso si dirà irriducibile.
Osservazione 5.1.1. Dalla definizione si deduce banalmente che:
• un polinomio di primo grado è irriducibile;
• un polinomio di grado n può essere scritto come prodotto di al più n fattori diprimo grado.
Definizione 5.1.2. Si chiama scomposizione in fattori di un polinomio la sua scritturacome prodotto di fattori irriducibili
Con riferimento all’esempio la scrittura (x2−4)(x+1) non è la scomposizione infattori di P(x) in quanto x2 − 4 non è un polinomio irriducibile. La scomposizionein fattori di P(x) è invece (x− 2)(x+ 2)(x+ 1) essendo ciascuno dei tre fattori unpolinomio di primo grado.
Osservazione 5.1.2. La riducibilità o irriducibilità di un polinomio è legata all’insiemenumerico al quale appartengno i suoi coefficienti; pertanto alcuni polinomi che sonoirriducibili in quanto operiamo con coefficienti razionali (Q), potranno diventare riducibilise i loro coefficienti saranno considerati nell’insieme R dei numeri reali (che contiene oltrea tutti i razionali anche altri numeri, incontrati alla scuola media, come ad esempio
√2 e
π)
Un esempio di quanto osservato è il polinomio x2 − 2, irriducibile in Q,riducibile in R in quanto:
(x+√2)(x−
√2) = x2 − x ·
√2+√2 · x− (
√2)2 = x2 − 2
Per scomporre un polinomio non esistono metodi generali, ma particolaristrategie da applicare a determinate tipologie di polinomi. Una strategia giàa nostra disposizione è l’applicazione del Teorema di Ruffini che permette dideterminare i fattori di primo gardo di un polinomio.
Esempio 5.1.2. Dato P(x) = x2− 25 si ottiene P(1) 6= 0 6= P(−1), P(5) = 0 quindi x− 5 è unfattore di x2 − 25. L’altro fattore, cioè x+ 5, si ottiene eseguendo la divisione (x2 − 25) : (x− 5).Essendo P(x) =D(x) ·Q(x) si ha x2− 25 = (x− 5)(x+ 5)
Alla tecnica di scomposizione che utilizza il Teorema di Ruffini, pur efficace egenerale, si preferiscono metodi più snelli adatti ciascuno ad un particolare tipodi polinomio. Illustriamo ora i principali metodi di scomposizione.
45
5.1 scomposizioni 46
1. Raccoglimento a fattor comune
Consiste nell’applicare la proprietà distributiva della moltiplicazione ‘evi-denziando’ come primo fattore il M.C.D. tra i monomi del polinomio ecome secondo fattore il quoziente tra il polinomio e il M.C.D. In simboli:
A ·B+A ·C+A ·D = A · (B+C+D)
Esempio 5.1.3.
• 2xy+ 4x2− 6x3y = 2x(y+ 2x− 3x2y)
• a2b3c− 5ab2c2 = ab2c(ab− 5c)
• 7xa2− 7a2 = 7a2(x− 1)
•2
3a4b2+
1
5a2b3c− 3a3b4c2 = a2b2
(2
3a2+
1
5bc− 3ab2c2
)• −12x2− 15xy = −3x(4x+ 5y) meglio di 3x(−4x− 5y)
• xn+2− 5xn = xn(x2− 5), (n ∈N)
osservazioni :
(a) Quando i coefficienti sono frazionari abbiamo stabilito che il coefficientedel M.C.D. è 1. E’ opportuno tuttavia raccogliere, in alcuni casi, anche uncoefficiente non unitario come dimostrano i seguenti esempi:
4
5a2b5 −
4
5ab6 =
4
5ab5(a− b) preferibile a ab5
(4
5a−
4
5b
)6
7xy3 +
3
5x2 − 9x = 3x
(2
7y3 +
1
5x− 3
)1
2b2c−
3
4c =
1
4c(2b2 − 3)
(b) Qualora il M.C.D. che raccogliamo sia un monomio di grado zero,quella che otteniamo non è una scomposizione in base alla definizionedata, tuttavia la scrittura ottenuta è spesso utile per poter continuare con lascomposizione come mostra il seguente esempio:
3x2 − 75 = 3(x2 − 25) =︸︷︷︸vedi es.3.1.2
3(x− 5)(x+ 5)
(c) La scomposizione mediante raccoglimento a fattor comune può essereestesa anche ad espressioni i cui addendi contengono uno stesso polinomiocome fattore; vediamone alcuni esempi:
3(x+ y) − 2a(x+ y) − x(x+ y) = (x+ y)(3− 2a− x)
(b− a)2 − (b− a)(2− a) = (b− a)[(b− a) − (2− a)] = (b− a)(b− a− 2+
a) = (b− a)(b− 2)
2x(x− y) + 5y(y− x) = 2x(x− y) − 5y(−y+ x) = 2x(x− y) − 5y(x− y) =
(x− y)(2x− 5y)
Esercizio 5.1.1.
• 4a2b+ 16a2c
• 25a3b4− 5a2b3+ 5a2b2
•1
9a3b3+
2
3a2b4
• 3xn+1ym+ 2xnym+2
• (a−b)2+ 2(a−b) − (a−b)ab
• 3x(a− 1) +x2(−a+ 1)
2. Raccoglimento parziale
Consiste nell’applicare il raccoglimento a fattor comune a gruppi di monomie successivamente effettuare il raccoglimento a fattor comune nell’interaespressione ottenuta.
5.1 scomposizioni 47
Esempio 5.1.4.
• 2x+ 4y+ ax+ 2ay = 2(x+ 2y) + a(x+ 2y) avendo raccolto il fattore 2 nelgruppo dei primi due monomi ed a nel gruppo dei rimanenti = (x+ 2y)(2+a) avendoraccolto a fattor comune (x+ 2y)
Allo stesso risultato si può pervenire raccogliendo parzialmete tra il primo e il terzo monomioe tra il secondo e il quarto: x(2+a) + 2y(2+a) = (2+a)(x+ 2y)
• 9x2− 3x− 3xy+y = 3x(3x− 1) −y(3x− 1) = (3x− 1)(3x−y)
• 5ab2− 2a2+ 6a− 15b2 =
= a(5b2− 2a) − 3(−2a+ 5b2) = (5b2− 2a)(a− 3)
= 5b2(a− 3) − 2a(a− 3) = (a− 3)(5b2− 2a)
• 11x2− 22xy+x− 2y = 11x(x− 2y) + 1(x− 2y) = (x− 2y)(11x+ 1)
• 12a2x2+6ax2y−4a2b−2aby = 2a(6ax2+3x2y−2ab−by) = 2a[3x2(2a+
y) −b(2a+y)] = 2a(2a+y)(3x2−b)
• ax+a−bx−b− 2cx− 2c =
= a(x+ 1) −b(x+ 1) − 2c(x+ 1) = (x+ 1)(a−b− 2c)
= x(a−b− 2c) + 1(a−b− 2c) = (a−b− 2c)(x+ 1)
Dagli esempi svolti è facile convincerci che affinchè si possa applicare ilraccoglimento parziale è necessario che i gruppi di monomi individuaticontengano lo stesso numero di termini.
Esercizio 5.1.2.
• a4−a3− 2a+ 2
• y2− 3x3+xy− 3x2y
• 10p2− 4pq− 15p+ 6q
• 2x2− 3xy+xz− 2ax+ 3ay−az
3. Scomposizione mediante riconoscimento di prodotti notevoli
Consiste nell’applicare la proprietà simmetrica dell’uguaglianza alle formu-le studiate relativamente ai prodotti notevoli. Si avrà quindi:
a) Differenza tra due quadrati
Ricordando che (A+B)(A−B) = A2 −B2 si ricava
A2 −B2 = (A+B)(A−B)
Esempio 5.1.5.
• 9− 4x2 = (3)2− (2x)2 = (3+ 2x)(3− 2x)
•1
4x2− 1 =
(1
2x+ 1
)(1
2x− 1
)• 25a2b4−
9
16y6 =
(5ab2+
3
4y3)(5ab2−
3
4y3)
• −16+ 25x2 = (5x+ 4)(5x− 4)
• (2x− 3a)2 − (x+a)2 = (2x− 3a+ x+a)(2x− 3a− x−a) = (3x−
2a)(x− 4a)
Esercizio 5.1.3.
• a2− 9b2
•25
16a2− 1
• x2n−y4
• (2a− 1)2− (1−a)2
5.1 scomposizioni 48
b) Sviluppo del quadrato di un binomio
Ricordando che (A+B)2 = A2 + 2AB+B2 si ricava
A2 + 2AB+B2 = (A+B)2
Esempio 5.1.6.
• x2+ 6x+ 9 = (x)2+ 2 · 3 ·x+ (3)2 = (x+ 3)2
• x4y2+ 2x2y+ 1 = (x2y+ 1)2
• 9x2− 12xy2+ 4y4 = (3x− 2y2)2
•25
4a2− 5ab+b2 =
(5
2a−b
)2•1
4x2y2+ 1−xy =
(1
2xy− 1
)2osserva che non sempre il doppio prodotto è il
monomio centraleEsercizio 5.1.4.
• 49a2− 14ab+b2
•1
4x2+
1
9y2−
1
3xy
•1
25+2
5x2+x4
• 4y2n− 12yn+ 9
c) Sviluppo del quadrato di un trinomio
Ricordando che (A+B+C)2 = A2 +B2 +C2 + 2AB+ 2AC+ 2BC siricava
A2 +B2 +C2 + 2AB+ 2AC+ 2BC = (A+B+C)2
Esempio 5.1.7.
• x2 + 4y2 + 1+ 4xy+ 2x+ 4y = (x)2 + (2y)2 + (1)2 + 2 · (x) · (2y) +
2 · (x) · (1) + 2 · (2y) · (1) = (x+ 2y+ 1)2
• 9x4+a2+ 16− 6x2a+ 24x2− 8a = (3x2−a+ 4)2
• x2y2− 6xy− 14x2y+ 9+ 49x2+ 42x = (xy− 3− 7x)2 anche in questocaso osserva che i monomi possono presentarsi in ordine sparso.Esercizio 5.1.5.
• a2+ 4x2+ 9+ 4ax− 6a− 12x
• 16x2+ 9x4y2− 24x3y− 12x2y3+ 4y4+ 16xy2
d) Sviluppo del cubo di un binomio
Ricordando che (A+B)3 = A3 + 3A2B+ 3AB2 +B3 si ricava
A3 + 3A2B+ 3AB2 +B3 = (A+B)3
Esempio 5.1.8.
• x3 + 6x2 + 12x+ 8 = (x)3 + 3 · (x)2 · (2) + 3 · (x) · (2)2 + (2)3 = (x+
2)3
• 125x6− 75x4y+ 15x2y2−y3 = (5x2−y)3
•1
27a3b3−
2
3a2b2x3+ 4abx6− 8x9 =
(1
3ab− 2x3
)3
5.1 scomposizioni 49
Esercizio 5.1.6.
• 27x3− 27x2y+ 9xy2−y3
•8
27a3− 2a2+
9
2a−
27
8
• a3n+ 3a2n+ 3an+ 1
Vediamo ora alcuni esempi in cui per scomporre un polinomio è necessarioutilizzare più di un metodo tra quelli illustrati.
Esempio 5.1.9.
• 50x5− 2x3y4︸ ︷︷ ︸racc. f. c.
= 2x3(25x2−y4︸ ︷︷ ︸diff. quad.
) = 2x3(5x−y2)(5x+y2)
• a4− 8a2+ 16︸ ︷︷ ︸quad. bin.
= ( a2− 4︸ ︷︷ ︸diff. quad.
)2 = [(a− 2)(a+ 2)]2 = (a− 2)2(a+ 2)2
•
(x2− 9y2)24a3+ (x2− 9y2)36a2+ (x2− 9y2)18a+ 3(x2− 9y2)︸ ︷︷ ︸racc. f.c.
= 3(x2− 9y2︸ ︷︷ ︸diff. quad.
)(8a3+ 12a2+ 6a+ 1︸ ︷︷ ︸cubo bin.
) = 3(x− 3y)(x+ 3y)(2a+ 1)3
• x4−a2x2− 4x2+ 4a2︸ ︷︷ ︸racc. parz.
= x2(x2−a2)−4(x2−a2) = ( x2−a2︸ ︷︷ ︸diff. quad.
)( x2− 4︸ ︷︷ ︸diff. quad.
) =
(x−a)(x+a)(x− 2)(x+ 2)
•1
2y3− 4y2+ 8y︸ ︷︷ ︸
racc. f.c.
=1
2y(y2− 8y+ 16︸ ︷︷ ︸
quad. bin.
) =1
2y(y− 4)2
• 3x3− 9x2+ 12︸ ︷︷ ︸racc. f.c.
= 3(x3− 3x2+ 4) poichè il polinomio P(x) = x3− 3x2+ 4 non
è riconducibile ad alcun prodotto notevole, dobbiamo cercare un suo fattore utilizzando ilTeorema di Ruffini.
P(1) = 1− 3+ 4 6= 0 , P(−1) = −1− 3+ 4 = 0⇒ (x+ 1) è un fattore di P(x);l’altro fattore lo otteniamo eseguendo la divisione:
1 − 3 0 4
−1
1 − 4 4
−1 4 −4
0
Q(x) = x2− 4x+ 4
Quindi 3x3 − 9x2 + 12 = 3(x3− 3x2+ 4︸ ︷︷ ︸Ruffini
) = 3(x+ 1)(x2− 4x+ 4︸ ︷︷ ︸quad. bin.
) = 3(x+
1)(x− 2)2
Esercizio 5.1.7.
• x5+xy4− 2x3y2
• 192a8b7− 3a2b
• a2x2−a2y2+abx2−aby2
• x4+x3− 3x2− 4x− 4
• 24x− 36x2− 4
• (a+ 2)x2− 6(a+ 2)x+ 9(a+ 2)
• (3x− 1)3− (3x− 1)
• x3y− 2x3− 3x2y+ 6x2+ 3xy− 6x−y+ 2
• 2ax4− 162ay4
• (2a− 5)2− (a+ 2)2
4. Scomposizione di particolari binomi e trinomi
5.1 scomposizioni 50
a) Somma di due cubi
A3 +B3 = (A+B)(A2 −AB+B2)
infatti posto P(A) = A3 + B3, per il Teorema di Ruffini, essendoP(−B) = 0, un suo fattore è A+B, l’altro si otterrà dalla divisione:
1 0 0 B3
−B
1 −B B2−B B2 −B3
0
Q(A) = A2 −AB+B2 quindi A3 +B3 = (A+B)(A2 −AB+B2)Esempio 5.1.10. 8x3+ 27 = (2x)3+ (3)3 = (2x+ 3)(4x2− 6x+ 9)
b) Differenza di due cubi
A3 −B3 = (A−B)(A2 +AB+B2)
(la dimostrazione è analoga a quella precedente)Esempio 5.1.11. a3 − 125b6 = (a)3 − (5b2)3 = (a− 5b2)(a2 + 5ab2 +
25b4)
Osservazione 5.1.3. I trinomi A2 ±AB+B2 vengono chiamati falsi qua-drati e, come verrà dimostrato in seguito, se di secondo grado, sono irridu-cibili.(I falsi quadrati di grado superiore al secondo sono riducibili, ma contecniche che esulano da questo corso di studi)
Esercizio 5.1.8.
• x6+ 1
• 27x3y3+ z9
• 125a3−x6
• −64+1
8y3
c) Somma o differenza di due potenze ennesime
Qualora per scomporre la somma o la differenza di due potenze enne-sime non sia possibile ricondursi ai casi finora esaminati, è possibiledimostrare che valgono le seguenti uguaglianze:
An+Bn = (A+B)(An−1−An−2B+An−3B2− · · ·−ABn−2+Bn−1)
con n naturale dispari. Qualora n sia pari dimostreremo che il binomio,se di secondo grado, è irriducibile (se di grado superiore è riducibile,ma non sempre con tecniche elementari)
An−Bn = (A−B)(An−1+An−2B+An−3B2+ · · ·+ABn−2+Bn−1)
qualunque sia n naturale
Esempio 5.1.12.
• x5− 32 = (x− 2)(x4+ 2x3+ 4x2+ 8x+ 16)
• 1+x7 = (1+x)(1−x+x2−x3+x4−x5+x6)
• y6 − x6 = (y3 − x3)(y3 + x3) = (y− x)(y2 + xy+ x2)(y+ x)(y2 − xy+
x2) (è preferibile riconoscere la differenza di quadrati)
5. Regola ‘somma-prodotto’ per trinomi
Consideriamo il trinomio di secondo grado con coefficiente direttivo unita-rio del tipo
x2 + sx+ p
e supponiamo che il coefficiente s e il termine noto p siano rispettivamentela somma e il prodotto di due numeri a e b ossia s = a+ b , p = a · b.Possiamo scrivere :
5.1 scomposizioni 51
x2 + sx+ p = x2 + (a+ b)x+ a · b = x2 + ax+ bx+ ab = x(x+ a) + b(x+
a) = (x+ a)(x+ b) Otteniamo dunque la seguente regola :
x2 + sx+ p = (x+ a)(x+ b)
con s = a+ b e p = a · bPer la determinazione dei numeri a e b consigliamo operativamente diindividuare i fattori di p e tra questi scegliere quelli che hanno la somma sdesiderata.
Esempio 5.1.13.
• x2+ 5x+ 6 = (x+ 2)(x+ 3) s = +5 = +2+ 3, p = +6 = (+2) · (+3)
• x2−x− 12 = (x− 4)(x+ 3) s = −1 = −4+ 3, p = −12 = (−4) · (+3)
• x2 − 7xy+ 10y2 = (x− 5y)(x− 2y) s = −7y = −5y− 2y, p = 10y2 =
(−5y) · (−2y)
• 3x2− 33x− 36 = 3(x2− 11x− 12) = 3(x− 12)(x+ 1)
Nell’ultimo esempio, pur non avendo il polinomio coefficiente direttivounitario, è stato possibile ricondurci alla regola ‘somma-prodotto’ perchèabbiamo potuto operare il raccoglimante a fattor comune. Nei casi in cui ilcoefficiente direttivo rimanga diverso da 1 è possibile una generalizzazionecome nel seguente esempio: dato il polinomio 6x2 − 11x+ 3, cerchiamo duenumeri la cui somma sia ancora il coefficiente di x cioè −11 e il cui prodottosia il prodotto tra il coefficiente direttivo e il termine noto, cioè 6 · 3 = 18.Individuati tali valori in −9 e −2 trasformiamo il trinomio nel quadrinomio6x2 − 2x− 9x+ 3 e lo scomponiamo mediante raccoglimento parziale:
6x2− 11x+ 3 = 6x2− 2x− 9x+ 3 = 2x(3x− 1)− 3(3x− 1) = (3x− 1)(2x− 3)
La regola ‘somma -prodotto’ e la sua generalizzazione possono essere esteseanche a polinomi di grado maggiore di due del tipo ax2n + bxn + c inquanto tale polinomio può essere pensato come ay2 + by+ c avendo postoy = xn
Esempio 5.1.14.
• x4−5x2+4 =︸︷︷︸x2=y
y2−5y+4 = (y−4)(y−1) =︸︷︷︸y=x2
(x2−4)(x2−1) = (x−
2)(x+ 2)(x− 1)(x+ 1)
• 2x6 − 10x3 − 48 = 2(x6 − 5x3 − 24) = 2(x3 − 8)(x3 + 3) = 2(x− 2)(x2 +
2x+ 4)(x3+ 3)
• 2x8 + 3x4 + 1 = 2x8 + 2x4 + x4 + 1 = 2x4(x4 + 1) + 1(x4 + 1) = (x4 +
1)(2x4+ 1)
• x4− 3x2y2− 4y4 = (x2− 4y2)(x2+y2) = (x− 2y)(x+ 2y)(x2+y2)
Esercizio 5.1.9.
• x2− 11x+ 24
• x2− 6ax− 55a2
• x4− 13x2+ 36
• x2+ 10x+ 9
• a2− −2ab− 15b2
• a6+ 2a3− 15
• y10+ 2xy5− 80x2
• 9x2− 3x− 2
• 6x2+ 7x− 10
• 21x2−xy− 10y2
• 3x2− 8xy2+ 5y4
• 15x2+ 8xy2+y4
5.1 scomposizioni 52
6. Scomposizione non standard
Qualora il polinomio non sia scomponibile con alcuno dei metodi illustratipuò essere, in alcuni casi, possibile ricondurci ad essi, dopo aver opportuna-mente scomposto alcune parti del polinomio, come dimostrano i seguentiesempi.
Esempio 5.1.15.
• x2− 4xy+ 4y2︸ ︷︷ ︸quad. bin.
−25 = (x− 2y)2− 25︸ ︷︷ ︸diff. quad.
= (x− 2y+ 5)(x− 2y+ 5)
• x2− 9︸ ︷︷ ︸diff. quad.
+2xy− 6y︸ ︷︷ ︸racc. f.c.
= (x− 3)(x+ 3) + 2y(x− 3)︸ ︷︷ ︸racc.f.c.
= (x− 3)(x+ 3+ 2y)
• x2− 7x+ 6︸ ︷︷ ︸s. p.
−ax+a︸ ︷︷ ︸racc. f.c.
= (x− 6)(x− 1) −a(x− 1)︸ ︷︷ ︸racc.f.c.
= (x− 1)(x− 6−a)
• x4 + x3 + 2x− 4 = x4− 4︸ ︷︷ ︸diff. quad.
+ x3+ 2x︸ ︷︷ ︸racc. f.c.
= (x2− 2)(x2+ 2) +x(x2+ 2)︸ ︷︷ ︸racc.f.c.
=
(x2+ 2)(x2− 2+x) = (x2+ 2)(x2+x− 2︸ ︷︷ ︸s. p
) = (x2+ 2)(x+ 2)(x− 1)
Quest’ultimo polinomio poteva essere scomposto anche ricorrendo al Teorema di Ruffini, mail procedimento, seppur corretto, sarebbe risultato meno veloce ed elegante.
• 4a2− 4a+ 1︸ ︷︷ ︸quad. bin.
−y2+ 2xy−x2︸ ︷︷ ︸opposto quad. bin.
= (2a−1)2−(y2−2xy+x2) = (2a− 1)2− (y−x)2︸ ︷︷ ︸diff.quad.
=
(2a− 1+y−x)(2a− 1−y+x)
• 27+8a3+ 12a2b+ 6ab2+b3︸ ︷︷ ︸cubo bin.
= 27+ (2a+b)3︸ ︷︷ ︸somma cubi
= (3+2a+b)[9−3(2a+
b) + (2a+b)2] = (3+ 2a+b)(9− 6a− 3b+ 4a2+ 4ab+b2)
• 4x4+ 1︸ ︷︷ ︸somma quad.non 2° grado
= 4x4+ 1+ 4x2︸ ︷︷ ︸quad. bin.
−4x2 = (2x2+ 1)2− 4x2︸ ︷︷ ︸diff. quad.
= (2x2 + 1−
2x)(2x2+ 1+ 2x)
• ( x2−y2︸ ︷︷ ︸diff. quad.
)(x−y) −x2(x+y) = (x−y)(x+y)(x−y) −x2(x+y)︸ ︷︷ ︸racc. f.c.
= (x+
y)[(x−y)2−x2︸ ︷︷ ︸diff. quad.
] = (x+y)(x−y−x)(x−y+x) = −y(x+y)(2x−y)
• x4+x2y2+y4︸ ︷︷ ︸falso quad.non 2° grado
= x4+x2y2+y4+x2y2−x2y2 = x4+ 2x2y2+y4−x2y2︸ ︷︷ ︸quad. bin
=
(x2+y2)2−x2y2︸ ︷︷ ︸diff. quad.
= (x2+y2−xy)(x2+y2+xy)
Esercizio 5.1.10.
• x4−y6+ 6y3− 9
• x2+xy+y2+x3−y3
• y2− 3y+ 2+xy− 2x
• a2− 4a2x+ 4a2x2− (1− 2x)2
• y3+x3+ 6x2+ 12x+ 8
• 4x2− 9+ 4ax2+ 12ax+ 9a
5.2 sintesi 53
5.2 sintesi
Per facilitare la memorizzazione e l’applicazione delle tecniche di scomposizione,possiamo riassumerle e schematizzarle nel modo seguente:
• Raccoglimento a fattor comune
• Binomio:
1. differenza di quadrati
2. somma o differenza di cubi
3. somma o differenza di due potenze ennesime(n > 3)
• Trinomio:
1. sviluppo del quadrato di binomio
2. regola ‘somma-prodotto’
• Quadrinomio:
1. sviluppo del cubo di binomio
2. raccoglimento parziale
• Polinomio con sei termini:
1. sviluppo del quadrato di trinomio
2. raccoglimento parziale
• Scomposizioni non standard
• Scomposizioni con la Regola di Ruffini
5.3 massimo comun divisore e minimo comune multiplo di polinomi 54
5.3 massimo comun divisore e minimo comune multiplo di polino-mi
Definizione 5.3.1. Si dice massimo comun divisore (M.C.D.) di polinomi, il polinomiodi grado massimo che è fattore di tutti i polinomi dati.
Definizione 5.3.2. Si dice minimo comune multiplo (m.c.m.) di polinomi, il polinomiodi grado minimo che è multiplo di tutti i polinomi dati.
Dalle definizioni risulta evidente che per calcolare il M.C.D. e il m.c.m. dipolinomi è necessario determinare i fattori irriducibili di ognuno di essi. Scompostiquindi in fattori tutti i polinomi:
il M.C.D. sarà il prodotto dei soli fattori comuni con il minimo esponente;il m.c.m. sarà il prodotto di tutti i fattori comuni e non comuni con il massimo
esponente.
osservazione : Poichè un polinomio non cambia grado e rimane un fattore diun altro polinomio se lo si moltiplica per una costante non nulla, a rigore (comegià sottolineato per i monomi ) dovremmo parlare di un M.C.D. (m.c.m.) anzichèdel M.C.D. (m.c.m.).
Adottiamo anche in questo caso la stessa convenzione introdotta per il coeffi-ciente del M.C.D. e m.c.m. di monomi.
Esempio 5.3.1.
• P1(x) = 18x2− 54x , P2(x) = 2x2− 18 , P3(x) = 2x2− 12x+ 18
Dopo aver determinato le scomposizioni:P1(x) = 18x(x− 3) , P2(x) = 2(x+ 3)(x− 3) , P3(x) = 2(x− 3)2
sarà:M.C.D.(P1(x),P2(x),P3(x))=±2(x− 3)
m.c.m.(P1(x),P2(x),P3(x))=±18x(x− 3)2(x+ 3)
• P1(x) = x2−5x+6 = (x−2)(x−3) , P2(x) = 2x2+2x−12 = 2(x+3)(x−2) ,P3(x) = 5x2− 20 = 5(x− 2)(x+ 2)
M.C.D.(P1(x),P2(x),P3(x))=±(x− 2)
m.c.m.(P1(x),P2(x),P3(x))=±10(x− 2)(x+ 2)(x− 3)(x+ 3)
• P1(x,y) = 8x3 −y3 = (2x−y)(4x2 + 2xy+y2) , P2(x,y) = 4x2 + 4xy+y2 =
(2x+y)2 , M.C.D.(P1(x,y),P2(x,y))=±1m.c.m.(P1(x,y),P2(x,y))=±(2x−y)(2x+y)2(4x2+ 2xy+y2)
• P1(x,y) = 3x2 − 30x+ 75 = 3(x− 5)2 , P2(x,y) = 5y+ 10− xy− 2x = (5−
x)(y+ 2)
Così come sono scritti non si riconoscono fattori comuni.Possiamo però scrivere P2(x,y) = −(x− 5)(y+ 2) e quindiM.C.D.(P1(x,y),P2(x,y))=±(x− 5)
m.c.m.(P1(x,y),P2(x,y))=±3(x− 5)2(y+ 2)
Avremmo potuto anche cambiare segno a P1(x,y) anzichè a P2(x,y) ottenendoP1(x,y) = 3[−(−x+ 5)]2 = 3(5−x)2 e quindiM.C.D.(P1(x,y),P2(x,y))=±(5−x)
m.c.m.(P1(x,y),P2(x,y))=±3(5−x)2)(y+ 2)
ottenendo lo stesso risultato.
• P1(x) = 8x3 − 36x2 + 54x− 27 = (2x− 3)3 , P2(x) =9
5−12
5x+
4
5x2 =
1
5(3−
2x)2
Possiamo scegliere di cambiare P1(x) in −(3− 2x)3 oppure P2(x) in1
5(2x− 3)2 ottenendo
in entrambi i casi :M.C.D.(P1(x),P2(x))=±(2x− 3)2
m.c.m.(P1(x),P2(x))=±(2x− 3)3
Esercizio 5.3.1.
• a2− 6a+ 9 ; a2− 8a+ 15 ; a2− 4a+ 3
5.4 esercizi riepilogativi 55
• 25−x2 ; 2x− 10 ; 25− 10x+x2
• x3− 6x2y+ 12xy2− 8y3 ; 6x+ 12y ; x2− 4y2
• 4x3− 4 ; 2x2− 4x+ 2 ; 6x2− 6
• 10a− 10b− 6ax+ 6bx ; 4a2− 4b2 ; 18x2− 60x+ 50
5.4 esercizi riepilogativi
Esercizio 5.4.1.
1. a5−a− 2+ 2a2 [(a+ 2)(a2+ 1)(a+ 1)(a− 1)
]2. 6a2x+ 11ax+ 3x
[x(2a+ 3)(3a+ 1)]
3. 2x4− 16xy3 [2x(x− 2y)(x2+ 2xy+ 4y2
]4. x3− 2x2+ 4x− 3 [
(x− 1)(x2−x+ 3)]
5.1
4+y2+ z2−y+ z− 2yz [(
1
2−y+ z
)2]
6.1
2x3−
1
2x2+x [
1
2(x− 2)(x+ 1)
]7. x4−x3− 8x+ 8 [
(x− 1)(x− 2)(x2+ 2x+ 4)]
8. 5x3y3+625
8 [5
(xy+
5
2
)(x2y2−
5
2xy+
25
4
)]9. 3ax+ 3xy+ 2a+ 2y
[(a+y)(3x+ 2)]
10. a2b− 9ab2+ 20b3
[b(a− 5b)8a− 4b)]
11. a8− 2a4+ 1 [(a2+ 1)2(a+ 1)2(a− 1)2
]12. x3− 7x2+ 16x− 12 [
(x− 3)(x− 2)2]
13. ax+ 2bx+ 3ay+ 6by
[(a+ 2b)(x+ 3y)]
14. a4(x2+ 1) − 10a4 [a4(x+ 3)(x− 3)
]15. 16a2b−
1
9b [
b
(4a−
1
3
)(4a+
1
3
)]
5.4 esercizi riepilogativi 56
16. −12x4+ 32x2− 16 [−4(x2− 2)(3x2− 2)
]17. 8a3b3− 6a2b2+
3
2ab−
1
8 [(2ab−
1
2
)]18. 70a4+ 51a2b− 70b2 [
(10a2− 7b)(7a2+ 10b)]
19. y6− 7y3− 8 [(y− 2)(y2+ 2y+ 4)(y− 1)(y2+y+ 1)
]20. 8x4+ 4x3− 6x2− 5x− 1 [
(x− 1)(2x+ 1)3]
6F R A Z I O N I A L G E B R I C H E
6.1 frazioni algebriche
Definizione 6.1.1. Si dice frazione algebrica il rapporto tra due espressioni algebriche
Sono esempi di frazioni algebriche:3a− b
a+ 2,2x2 + 3x+ 1
x2 − 4,3ab2
c5, x2 − 2x (il denominatore è 1)
In questo tipo di espressioni in generale non è possibile attribuire alle lettere unqualsiasi valore perchè, essendo frazioni, non possono avere zero al denominatore.E’ necessario, pertanto, determinare l’insieme dei valori che possono assumerele lettere; tale insieme viene chiamato campo di esistenza (C.E.) Per la frazione3a− b
a+ 2dovendo imporre che il denominatore non sia zero, avremo la condizione
a+ 2 6= 0 cioè a 6= −2. Quindi il campo di esistenza è Q \ {−2}.
Relativamente alla frazione2x2 + 3x+ 1
x2 − 4, dovrà essere x2 − 4 6= 0 cioè, scompo-
nendo e applicando la legge di annullamento di un prodotto (x− 2) · (x+ 2) 6= 0
ovvero x− 2 6= 0 e x+ 2 6= 0 quindi x 6= +2 e x 6= −2. Il campo di esistenza èdunque Q \ {−2, +2}
E’ opportuno osservare che, diversamente dal denominatore, il numeratore puòannullarsi, rendendo nulla la frazione; i valori per i quali è zero il numeratore,non essendo da escludere, non vanno perciò determinati.
Una frazione algebrica può essere in alcuni casi semplificata trasformandola inun’altra equivalente applicando la proprietà invariantiva delle frazioni.
Data la frazionex2 − 4
x2 − 5x+ 6per semplificarla procederemo nel modo seguente:
x2 − 4
x2 − 5x+ 6=���
�(x− 2)(x+ 2)
����(x− 2)(x− 3)
=x+ 2
x− 3C.E.Q \ {+2, +3}
E’ importante far notare che la frazione ottenutax+ 2
x− 3deve conservare il campo
di esistenza della frazione iniziale anche se potrebbe essere calcolata per x = 2;le due frazioni sono perciò equivalenti solo per i valori delle lettere per i qualiesistono entrambe.
In generale l’equivalenza tra frazioni va sempre riferita al loro campo diesistenza.
Ad esempio le frazionix(x+ 1)
2xex+ 1
2non sono equivalenti per x = 0 mentre
lo sono per qualsiasi altro valore.
Esempio 6.1.1. Semplificare le seguenti frazioni:3x2− 9x
x2− 9,
a2−ab
a2− 2ab+b2,2x3− 6x2+ 6x− 2
2x2+ 2x− 43x2− 9x
x2− 9=
3x����(x− 3)
(x+ 3)����(x− 3)
=3x
x+ 3C.E. Q \ {±3}
(E’ consuetudine, anzichè scrivere il campo di esistenza, indicare le condizioni di esistenza (che con-tinueremo ad abbreviare con C.E.) della frazione, nel modo seguente: x 6= +3 , x 6= −3 (oppurex 6= ±3)
a2−ab
a2− 2ab+b2=a���
�(a−b)
(a−b)�2=
a
a−bC.E. a 6= b
2x3− 6x2+ 6x− 2
2x2+ 2x− 4=
2(x− 1)�32
2����(x− 1)(x+ 2)
=(x− 1)2
x+ 2C.E. x 6= +1 ; x 6= −2
Esercizio 6.1.1. Semplificare le seguenti frazioni:
•x3− 3x2+ 2x
x2−x
57
6.2 operazioni 58
•xy+ 3x+ 4y+ 12
y2− 9
•a3− 8
2a2− 3a− 2
•4b3− 4b2
2b3− 4b2+ 2b
•1−x2
x3− 3x2+ 3x− 1
•y2− 3y+ 2
y2−y− 2
•x2− 10xy+ 25y2
25x2y2− 10x3y+x4
6.2 operazioni
Per operare con le frazioni algebriche si può procedere in modo analogo a quantoappreso con le frazioni numeriche tenendo presente che ora i fattori saranno quelliottenuti attraverso la scomposizione dei polinomi. E’ quindi sufficiente illustrarele operazioni con degli esempi.
1. Addizione algebrica
Esempio 6.2.1.
•1− a
a+ 1−a2 − a
a+ 1= C.E. a 6= −1
(1− a) − (a2 − a)
a+ 1=
1− a− a2 + a
a+ 1=
1− a2
a+ 1=
(1− a)����(1+ a)
���a+ 1= 1− a
•18
x2 − 9−
x
x+ 3+
x
x− 3=
18
(x− 3)(x+ 3)−
x
x+ 3+
x
x− 3= C.E. x 6= ±3
18− x(x− 3) + x(x+ 3)
(x− 3)(x+ 3)=
18− x2 + 3x+ x2 + 3x
(x− 3)(x+ 3)=
6x+ 18
(x− 3)(x+ 3)=
6����(x+ 3)
(x− 3)����(x+ 3)
=
6
x− 3
•1− xy
x2 + xy+x+ y
x− 1 =
1− xy
x(x+ y)+x+ y
x− 1 = C.E. x 6= 0, x 6= −y
1− xy+ (x+ y)2 − x(x+ y)
x(x+ y)=
1− xy+ x2 + 2xy+ y2 − x2 − xy
x(x+ y)=
1+ y2
x(x+ y)
6.2 operazioni 59
• (Importante)3
10− 5y−
y
y2 − 4y+ 4=
3
5(2− y)−
y
(y− 2)2C.E. y 6= 2
poichè 2− y e y− 2 sono fattori opposti, per calcolare il minimo comundenominatore è opportuno renderli uguali raccogliendo un segno ‘-’ in unodei due.(Ciò serve per cambiarlo di segno).
Abbiamo quindi due possibilità:
a)3
−5(y− 2)−
y
(y− 2)2= −
3
5(y− 2)−
y
(y− 2)2=
−3(y− 2) − 5y
5(y− 2)2=
−3y+ 6− 5y
5(y− 2)2=
−8y+ 6
5(y− 2)2
b)3
5(2− y)−
y
[−(2− y)]2=
3
5(2− y)−
y
(2− y)2=3(2− y) − 5y
5(2− y)2=
6− 3y− 5y
5(2− y)2=
−8y+ 6
5(2− y)2
Nei due casi abbiamo ovviamente ottenuto lo stesso risultato essendo (2−
y)2 = (y− 2)2
Dall’ultimo esempio ricaviamo la seguente regola pratica: qualora un fattorevenga cambiato di segno dovrà essere cambiato il segno anche alla frazioneche lo contiene solo se tale fattore figura con esponente dispari.
Esercizio 6.2.1. Eseguire le seguenti addizioni algebriche:
•b− 3
b3−b2−4+b2
b4−b3+3b2+ 4
b5−b4
•x+ 1
x− 2+1−x
2x+ 4−
x
4− 2x−x2− 10
x2− 4
•8x2− 18y2
4x2− 12xy+ 9y2+
24xy
9y2− 4x2−
4x2− 9y2
4x2+ 12xy+ 9y2
•8x+ 16y
2x2− 4xy+ 8y2−
3x+ 3y
x2+ 3xy+ 2y2−
18xy
x3+ 8y3
2. Moltiplicazione
•16x4 − 1
x2 − 7x+ 6· x2 − 6x
4x3 + 4x2 + x=
(4x2 + 1)����(2x+ 1)(2x− 1)
(x− 1)����(x− 6)
· �x����(x− 6)
�x(2x+ 1)�2= C.E. x 6= 1; x 6= 6; x 6=
0; x 6= −1
2
(4x2 + 1)(2x− 1)
(x− 1)(2x+ 1)
•2x− 4
xy+ 3x· y3 + 9y2 + 27y+ 27
x2 − 4x+ 4· x2
6y+ 18=
�2����(x− 2)
�x����(y+ 3)· (y+ 3)�3
(x− 2)�2· x�2
3�6����(y+ 3)
= C.E.x 6= 0; x 6= 2;y 6= −3
x(y+ 3)
3(x− 2)
•x2 − 49
27x3 + 1· 1
7− x· (9x2 − 3x+ 1) =
(x− 7)(x+ 7)
(3x+ 1)((((((((9x2 − 3x+ 1)
· 1
7− x·(((((
(((9x2 − 3x+ 1) = C.E. x 6=
−1
3; x 6= 7
6.2 operazioni 60
per il fattore 9x2 − 3x+ 1 non sono state indicate condizioni perchè,come dimostreremo in seguito, i fattori irriducibili (somme di quadratie falsi quadrati) se in una lettera, non si annullano mai; se omogenei indue lettere si annullano solo quando esse sono contemporaneamentenulle.
����(x− 7)(x+ 7)
3x+ 1)·(
−1
���x− 7
)= −
x+ 7
3x+ 1
•
a2 − b2
a2 + b2·(
a
a+ b+
b
a− b
)=
=(a− b)(a+ b)
a2 + b2·[a(a− b) + b(a+ b)
(a+ b)(a− b)
]=
(a− b)(a+ b)
a2 + b2· a2 − ab+ ab+ b2
(a− b)(a+ b)
=���
�(a− b)����(a+ b)
����
a2 + b2· ��
��a2 + b2
����(a− b)���
�(a+ b)= 1
C.E. a,b non contemporaneamente nulli; a 6= −b;a 6= +b
Esercizio 6.2.2. Eseguire le seguenti moltiplicazioni:
•x2−x− 2
x2+ 2x− 8· x2+ 5x
x+ 1· x2−x− 20
x2− 25
• 3x · x+y
3x− 3y· 2xy−x2−y2
x3+xy2+ 2x2y
•a3+b3
4a2+ 4b2· 2a
4− 2b4
a2−ab+b2· 1
a2−b2
•8x3− 36x2y+ 54xy2− 27y3
2x2+xy−y2· 2x
2− 3xy+y2
2x2− 5xy+ 3y2
3. Potenza
•(2x2
x+ 4
)3= C.E.x 6= −4
8x6
(x+ 4)3
•(
5x2 − 9x− 2
36x5 − 12x4y+ x3y2
)4=[
(5x+ 1)(x− 2)
x3(6x− y)2
]4= C.E.x 6= 0;y 6= 6x
(5x+ 1)4(x− 2)4
x12(6x− y)8
•(
y2
y3 + 8−
y
y2 − 2y+ 4+
1
y+ 2
)2· xy2 + 4xy+ 4x
x(y3 − 6y2 + 12y− 8)=[
y2
(y+ 2)(y2 − 2y+ 4)−
y
y2 − 2y+ 4+
1
y+ 2
]2· �x(y+ 2)2
�x(y− 2)3=
C.E.y 6= −2 x 6= 0;y 6= 2[y2 − y2 − 2y+ y2 − 2y+ 4
(y+ 2)(y2 − 2y+ 4)
]2· (y+ 2)2
(y− 2)3=
6.2 operazioni 61
[y2 − 4y+ 4
(y+ 2)(y2 − 2y+ 4)
]2· (y+ 2)2
(y− 2)3=[
(y− 2)2
(y+ 2)(y2 − 2y+ 4)
]2· (y+ 2)2
(y− 2)3=
(y− 2)�4
����
(y+ 2)2(y2 − 2y+ 4)2·����(y+ 2)2
����
(y− 2)3=
y− 2
(y2 − 2y+ 4)2
Esercizio 6.2.3. Eseguire le seguenti potenze:
•(
2a+ 2b
a2+ 2ab+b2
)3•(
−a2b3
1− 2a+a2
)4•(x2− 2x
x2− 2x+ 1− 1
)5
•
[ab2 (a+b)3
−2x (x−y)
]32
4. Divisione
•a2 + 10a+ 25
a2 − 3a+ 2:a3 + 15a2 + 75a+ 125
3a2 − 6a=
(a+ 5)2
(a− 1)(a− 2):
(a+ 5)3
3a(a− 2)= C.E.a 6= 1;a 6= 2;a 6= 0
����
(a+ 5)2
(a− 1)����(a− 2)· 3a�
���(a− 2)
(a+ 5)�3=
Poichè invertendo la frazione c’è un nuovo fattore a denominatore, ènecessario aggiungere la condizione di esistenza a 6= −5.(avremmopotuto, già nel passaggio precedente, imporre a 6= −5 in quanto, inuna divisione, il divisore deve essere sempre diverso da zero)
3a
(a− 1)(a+ 5)
•3ax+ 6bx− ay− 2by
27x3 − y3 + 9xy2 − 27x2y:2by+ ay+ 3ax+ 6bx
−y2 + 6xy− 9x2=
����(3x− y)(a+ 2b)
(3x− y)�32:(y+ 3x)(2b+ a)
−(y− 3x)2= C.E.y 6= 3x;
(x 6= 1
3y
)���
�(a+ 2b)
(3x− y)2· −(y− 3x)2
(y+ 3x)����(2b+ a)
= C.E.y 6= −3x;a 6= −2b
1
�����
(3x− y)2· −�
����
(3x− y)2
(y+ 3x)=
−1
y+ 3x
•2x2 − x− 1
3:8x3 + 1
x+ 3· (x+ 3)(4x2 − 2x+ 1)
x− 1= C.E.x 6= −3; x 6=
1
(2x+ 1)(x− 1)
3:(2x+ 1)(4x2 − 2x+ 1)
x+ 3· (x+ 3)(4x2 − 2x+ 1)
x− 1=
����(2x+ 1)��
��(x− 1)
3· x+ 3
����(2x+ 1)((((
((((4x2 − 2x+ 1)· (x+ 3)(((
(((((4x2 − 2x+ 1)
���x− 1=
C.E.x 6=−1
2
6.2 operazioni 62
(x+ 3)2
3
•
a
x2+x
a2
1
a2−1
ax+1
x2
= C.E.a 6= 0; x 6= 0
a3 + x3
a2x2
x2 − ax+ a2
a2x2
=
(a+ x)((((((((a2 − ax+ x2)
��a2��x2
· ��a2��x2
((((((
x2 − ax+ a2=
a+ x
•(x+
2− x
1+ 2x
):
(1−
1+ 2x
2x− x2
)· 1+ 2x
2x=(
x+2− x
1+ 2x
):
(1−
1+ 2x
x(2− x)
)· 1+ 2x
2x= C.E. x 6= −
1
2; x 6=
0; x 6= 2
x+ 2x2 + 2− x
1+ 2x:2x− x2 − 1− 2x
x(2− x)· 1+ 2x
2x=
2x2 + 2
1+ 2x:−x2 − 1
x(2− x)· 1+ 2x
2x=
�2����(x2 + 1)
���1+ 2x· �x(2− x)
−����(x2 + 1)·���1+ 2x
�2�x=
( non ci sono condizioni aggiunte perchè x2+ 1 è sempre diverso da zero)
−(2− x) =
x− 2
•
(a
b−b
a
)2:
(1
b+1
a
)2(a2
b2−b2
a2
):
(1
b2+1
a2
) :
(1−
2b
a+ b
)2= C.E.b 6= 0;a 6=
0;a 6= −b(a2 − b2
ab
)2:
(a+ b
ab
)2a4 − b4
a2b2:a2 + b2
a2b2
:
(a+ b− 2b
a+ b
)2=
[(a− b)(a+ b)
ab
]2:(a+ b)2
a2b2
(a+ b)(a− b)�����
(a2 + b2)
��a2��b2· ��a2��b2
����
a2 + b2
:
(a− b
a+ b
)2=
(a− b)2����(a+ b)2
��a2��b2· ��a2��b2
����
(a+ b)2
(a+ b)(a− b):(a− b)2
(a+ b)2= C.E.a 6= b
����(a− b)2
����(a+ b)(a− b)
· (a+ b)�2
����(a− b)2
=
a+ b
a− b
Esercizio 6.2.4. Eseguire le seguenti divisioni:
•x3− 49x
x2+ 14x+ 49:x2− 14x+ 49
2x2− 98:(−4x2
)
6.3 esercizi riepilogativi 63
•a2+ab
x3+x2y+ 2x2+ 2xy:
a3−ab2
x3+ 4x+ 4x2
•a6−b6
ax2+bx2:
(a2+b2
)2−a2b2
x
•(a− 2
b− 1
)2:
(a2− 4
2b− 2
)3
6.3 esercizi riepilogativi
Esercizio 6.3.1.
1.(
a
5a2− 3a− 2+2a− 1
a2− 1
):
[2+ 9a
(1
a+ 1+
1
a2− 1
)][
1
5a+ 2
]
2.(
x− 1
2x2+ 5x+ 3−1− 3x
x2− 1
)· 4x
2− 9
7x− 2 [2x− 3
x− 1
]
3.(
x2− 1
x3+x2− 4x− 4· x− 2
x−1
x
)· 2x3+x2
2x2− 3x− 2 [3x
4−x2
]
4.(
x+ 5
x2+ 5x+ 6+
2
x+ 3−
2
x+ 2
)2:
(1
x+ 2
)3[x+ 2]
5.
[(x
y+ 1
)2:
(x
y− 1
)]·(x
y− 1
)2:
(x
y+ 1
)+ 2+
2x
y [(x+y
y
)2]
6.(1+
2y
x−y
)·[(1−
2xy
x2+xy+y2
):x3+y3
x3−y3
]2[x−y
x+y
]
7.[(3x2− 2
x− 1+6x− 2
x− 3
)· 1
x− 2−x+ 13
x− 3
]2·(1+
x− 2
x− 1
)−3
[x− 1
2x− 3
]
8.{[(
1
x− 3+
1
1−x
)(x2− 4x+ 3
)−
4
3x− 1
]· 16
}2:x2− 2x+ 1
3x2− 4x+ 1 [x− 1
3x− 1
]
6.3 esercizi riepilogativi 64
9.(a+
a
a+ 3+
4
a+ 3
)·
[(2
a+ 1− 1+a
)2:
(2+ 3a+a2
a2+ 2a− 3
)2]:
(2
a+ 1+a− 1
)2[
(a+ 3) (a− 1)2
(a+ 1)2
]
10.(3m−n
m+n+m+ 2n
m−n+m (5n+m)
n2−m2
)2 (1−
2n
m+n
)−3
[9 (m+n)
m−n
]
11.
[2
x2− 1+x
3
(1+
1
x− 1+
9
x3−x2
)]·(
1
x− 1+
1
x+ 1
)x2
3x− 3−
1
1−x
(2
x+ 1+3
x
)[2x
x2− 1
]
12.{
1
x+ 2y−
1
x2+ 4y2+ 4xy·[x−
12y2− 2x2− 2xy
x− 2y
]}:
(1
2y−x+6y−x
x2− 4y2
)[1]
13.(8a2
1+ 2a− 2a
)(2a+
1+ 4a− 8a3
4a2− 1
)(2
2a− 1+
4
2a+ 1− 2
)−1
:
(a−
2a
2a+ 1
)[
2a+ 1
2a (3− 2a)
]
14.[2x+y
x−y−x2+ 5xy
x2−y2
]3:
x6+y6− 2x3y3
x3+ 3x2y+ 3xy2+y3+
y−x(x2+xy+y2
)2[0]
15.
[(a
2−2a
b2
)−2
:
(a
2−2a
b2
)−1]
:
(b
a· 1
b2− 4
)[2b]
16.
[(1
x− 2−
1
3−x
):
5− 2x
x2+ 3− 4x+
(x− 2
1−x
)−2]
:
[(x− 1
x− 2
)2−
x− 1
x2− 4x+ 4
][1
x− 2
]Esercizio 6.3.2. Calcolare il valore dell’espressione seguente per x = 9:(
1
x3+ 4x2+x− 6−
1
x3+ 6x2+ 11x+ 6
):(x4− 5x2+ 4
)−1+
60
9−x2 [1
3
]
Esercizio 6.3.3. Calcolare il valore dell’espressione seguente per a = 1 e b = −1
6:(
a−b
4a2−b2+
2a
2a2+ab−b2−
b
2a2+ 3ab+b2
)·(b2− 3a2
a2− 1
)[−6]
7E Q U A Z I O N I
7.1 introduzione
Definizione 7.1.1. Si dice equazione una uguaglianza tra due espressioni algebriche.
Dette A e B le due espressioni algebriche, l’equazione si presenterà nella forma:
A = B
A e B si dicono rispettivamente primo e secondo membro dell’equazione.Sono esempi di equazioni:
1. 2x+ 1 = x− 3 (A = 2x+ 1,B = x− 3)
2. x2 − 3 = 1 (A = x2 − 3,B = 1)
3. 1− x = 0 (A = 1− x,B = 0)
4. x = y+ 1 (A = x,B = y+ 1)
5. x2 + 2y = 5− z (A = x2 + 2y,B = 5− z)
6.2x+ 3
x− 1= 1−
1
x(A =
2x+ 3
x− 1,B = 1−
1
x)
Se in una equazione sostituiamo alle lettere presenti dei numeri, i due membriassumono anch’essi valori numerici.
Con riferimento all’esempio 1, se x = 1 otteniamo A = 2 · 1+ 1 = 3 e B =
1− 3 = −2 dunque l’uguaglianza diventa 3 = −2 ovviamente falsa; se x = −4
otteniamo, invece −7 = −7 che è una vera uguaglianza.Con riferimento all’esempio 2 è facile constatare che l’uguaglianza risulta
verificata per x = 2 e x = −2 mentre non lo è, ad esempio, per x = 0, x = 1,x = −1.
Con riferimento all’esempio 4, per stabilire se l’uguaglianza è verificata, ènecessario attribuire dei valori numerici ad entrambe le lettere presenti, cioè unacoppia ordinata di numeri (l’ordine è generalmente quello alfabetico):
se x = 1 e y = 2⇒ 1 = 3⇒la coppia (1, 2) non verifica l’uguaglianzase x = −5 e y = 0⇒ −5 = 1⇒la coppia (−5, 0) non verifica l’uguaglianzase x = 2 e y = 1⇒ 2 = 2⇒la coppia (2, 1) verifica l’uguaglianzase x = 0 e y = −1⇒ 0 = 0⇒la coppia (0, −1) verifica l’uguaglianzaAnalogamente, nell’esempio 5, per stabilire se l’uguaglianza è verificata dovre-
mo scegliere delle terne di numeri.
Definizione 7.1.2. Un numero (coppia, terna ... di numeri) si dice soluzione di unaequazione se, sostituito nei due membri, rende vera l’uguaglianza.
Definizione 7.1.3. Risolvere un’equazione significa determinare l’insieme di tutte lesue soluzioni.
Poichè per risolvere le equazioni è necessario determinare dei particolari valoridelle lettere, che inizialmente non conosciamo, attribuiamo ad esse il nome diincognite (solitamente vengono indicate con le ultime lettere dell’alfabeto).
E’ opportuno osservare che:
65
7.1 introduzione 66
se in una equazione figura una incognita, ogni soluzione è un numero, se figuranodue incognite (tre incognite,..) ogni soluzione è una coppia (terna,...) ordinata.Per determinare le soluzioni di una equazione è importante tenere presentel’insieme numerico al quale appartengono i valori che possono assumere leincognite. Se consideriamo l’equazione 3x3 − x2 = 12x − 4 con x ∈ Q si puòverificare che sono soluzioni i valori 2, −2, 1/3; se diversamente si richiede chex ∈N, delle tre soluzioni verificate, è accettabile solo il 2. Quando non è specificatol’insieme numerico al quale riferirsi, conveniamo che esso sia: Q se figura unasola incognita, Q×Q (Q×Q×Q,...) se figurano due incognite (tre incognite,...).
Con riferimento all’insieme S delle soluzioni, è possibile classificare una equa-zione come segue:
determinata ⇔ l’insieme S non è vuoto ed ha cardinalità finita (|S| ∈N∗)
impossibile ⇔ l’insieme S è vuoto (|S| = 0)
indeterminata ⇔ l’insieme S ha cardinalità infinita
identità ⇔ tutti i valori attribuibili alle incognite sono soluzioni
Con riferimento alla forma algebrica nella quale si presenta, una equazione sidice:
intera quando i suoi membri sono espressioni polinomiali
fratta quando l’incognita figura al denominatore.
Sono esempi di equazioni intere:
x2 + 2x− 1 = (x− 1)(2x+ 3)
x+2
3y =
5x+ 1
6
Sono esempi di equazioni fratte:
x+ 1
x= 3+ x
1
x− 1=x+ 3
x+ 2xy+ 3
x− 2=
y
y+ 1
Talvolta in una equazione compaiono delle lettere che rappresentano dei numeriassegnati, anche se non esplicitamente precisati; esse non vengono considerateincognite e sono dette parametri (solitamente vengono indicate con le prime letteredell’alfabeto).
Con riferimento alle lettere presenti, un’equazione si dice:
letterale o parametrica se in essa compare almeno un parametro oltrealle incognite
numerica se non contiene altre lettere oltre alle incognite.
Sono esempi di equazioni letterali:
x+ 3a = (x− 1)2 + 2ax+ b
(una incognita: x, due parametri: a,b)
2x+ 5y
k− 3= (k− 2)y+ kx
(due incognite: x,y, un parametro: k)
7.2 risoluzione di equazioni in una incognita 67
Definizione 7.1.4. Due equazioni si dicono equivalenti se hanno lo stesso insieme disoluzioni.
Sono equivalenti le equazioni x− 3 = 0 e x− 1 = 2 in quanto è facile intuireche l’insieme delle soluzioni è S = {3} per entrambe. Non sono equivalenti leequazioni x2 − 9 = 0 e x− 3 = 0 pur avendo entrambe 3 come soluzione, infattinon hanno lo stesso insieme di soluzioni essendo −3 soluzione di x2 − 9 = 0, manon di x− 3 = 0.
Ci proponiamo ora di affrontare la risoluzione delle equazioni ed iniziamo conlo studio delle equazioni in una incognita.
7.2 risoluzione di equazioni in una incognita
Il metodo per risolvere una equazione consiste nell’individuare una equazione adessa equivalente della quale sia immediato determinare quante e quali siano lesoluzioni.Per arrivare a scrivere questa equazione equivalente ricorriamo ai principi diequivalenza.
Teorema 7.2.1 (Primo principio di equivalenza). Aggiungendo o sottraendo ad en-trambi i membri di una equazione una stessa espressione algebrica (purchè esista per glistessi valori per i quali esistono i due membri) si ottiene una equazione equivalente aquella iniziale.
In sintesi: A(x) = B(x) e A(x) + E(x) = B(x) + E(x) sono equivalenti
Dimostrazione. Detti S1 l’insieme delle soluzioni di A(x) = B(x) e S2 l’insiemedelle soluzioni di A(x) + E(x) = B(x) + E(x):
si ha che:
S1 ⊆ S2infatti se x0 ∈ S1 ⇒ A(x0) = B(x0) ⇒ A(x0) + E(x0) = B(x0) + E(x0) perchè
somma di numeri uguali a due a due. Dunque x0 ∈ S2ma anche:
S2 ⊆ S1infatti se x0 ∈ S2 ⇒ A(x0) + E(x0)︸ ︷︷ ︸
A1(x0)
= B(x0) + E(x0)︸ ︷︷ ︸B1(x0)
⇒ A1(x0) = B1(x0)
⇒ A1(x0) − E(x0) = B1(x0) − E(x0) per differenza di numeri uguali a due adue⇒ A(x0) + E(x0) − E(x0) = B(x0) + E(x0) − E(x0) cioè A(x0) = B(x0) dunque
x0 ∈ S1.Poichè S1 ⊆ S2 e S2 ⊆ S1 allora S1 = S2.
Esempio 7.2.1. L’equazione:
3x+ 2︸ ︷︷ ︸A(x)
= 2x− 1︸ ︷︷ ︸B(x)
applicando il primo principio è equivalente a:
3x+ 2︸ ︷︷ ︸A(x)
+(−2x− 2)︸ ︷︷ ︸E(x)
= 2x− 1︸ ︷︷ ︸B(x)
+(−2x− 2)︸ ︷︷ ︸E(x)
ossia:
3x+ 2− 2x− 2 = 2x− 1− 2x− 2
eseguendo i calcoli algebrici essa diventa:
x = −3
7.2 risoluzione di equazioni in una incognita 68
Poichè, in quest’ultima equazione, risulta evidente che l’insieme delle solu-zioni è S = {−3}, possiamo concludere che S è l’insieme delle soluzioni anchedell’equazione di partenza.
Esempio 7.2.2. L’equazione:
x+ 2 = 8
applicando il primo principio è equivalente a:
x+ 2+ (−2) = 8+ (−2)
eseguendo i calcoli algebrici essa diventa:
x = 8− 2
da cui:
x = 6 quindi S = {6}
Esempio 7.2.3. L’equazione:
x− x2 + 1 = 5− x2
applicando il primo principio è equivalente a:
x− x2 + 1+ x2 − 1 = 5− x2 + x2 − 1
eseguendo i calcoli algebrici essa diventa:
x = 5− 1
da cui:
x = 4 quindi S = {4}
Un’analisi attenta degli ultimi due esempi ci permette di osservare e generaliz-zare facilmente due conseguenze pratiche del primo principio di equivalenza.
principio del trasporto: Si ottiene una equazione equivalente se si tra-sporta un termine da un membro all’altro cambiandolo di segno.
principio di cancellazione Si ottiene una equazione equivalente se sielimina (cancella) uno stesso termine da entrambi i membri.
Teorema 7.2.2 (Secondo principio di equivalenza). Moltiplicando o dividendo en-trambi i membri di una equazione per una stessa espressione algebrica non nulla (purchèesista per gli stessi valori per i quali esistono i due membri) si ottiene una equazioneequivalente a quella iniziale.
In sintesi le uguaglianze:
A(x) = B(x)
A(x) · E(x) = B(x) · E(x)
A(x)
E(x)=B(x)
E(x)con E(x) 6= 0
sono equivalenti.E’ sufficiente dimostrare l’equivalenza tra le prime due scritture in quanto ladivisione è riconducibile alla moltiplicazione per il reciproco.
7.2 risoluzione di equazioni in una incognita 69
Dimostrazione. Detti S1 l’insieme delle soluzioni di A(x) = B(x) e S2 l’insiemedelle soluzioni di A(x) · E(x) = B(x) · E(x):
si ha che:
S1 ⊆ S2
infatti se x0 ∈ S1 allora
A(x0) = B(x0)
e moltiplicando numeri uguali a due a due
A(x0) · E(x0) = B(x0) · E(x0)
Dunque x0 ∈ S2ma anche:
S2 ⊆ S1
infatti se x0 ∈ S2 allora
A(x0) · E(x0) = B(x0) · E(x0)
applicando il principio del trasporto
A(x0) · E(x0) −B(x0) · E(x0) = 0 .
E(x0) · (A(x0) −B(x0)) = 0
e poichè E(x0) 6= 0 per la legge di annullamento del prodotto deve essere
A(x0) −B(x0) = 0
A(x0) = B(x0)
dunque x0 ∈ S1.Poichè S1 ⊆ S2 e S2 ⊆ S1 allora S1 = S2.
Esempio 7.2.4. L’equazione:
3x+ 2 = x− 1
per il principio del trasporto è equivalente a:
3x− x = −1− 2
eseguendo i calcoli algebrici diventa:
2x︸︷︷︸A(x)
= −3︸︷︷︸B(x)
per il secondo principio è equivalente a:
2x · 12︸︷︷︸E(x)
= −3 · 12︸︷︷︸E(x)
da cui si ottiene:
x = −3
2
quindi:
S =
{−3
2
}
7.2 risoluzione di equazioni in una incognita 70
Esempio 7.2.5. L’equazione:
1
2x−
3
4=1
3x+ 1
può essere risolta in due modi:(a) applicando il principio del trasporto è equivalente a:
1
2x−
1
3x =
3
4+ 1
eseguendo i calcoli algebrici diventa:
1
6x =
7
4
applicando il secondo principio è equivalente a:
1
�6x · �6 =
7
�42· �63
da cui si ottiene:
x =21
2quindi S =
{21
2
}(b) riducendo i due membri allo stesso denominatore diventa:
6x− 9
12=4x+ 12
12
applicando il secondo principio è equivalente a:
��12 ·6x− 9
��12=4x+ 12
��12·��12
ossia:
6x− 9 = 4x+ 12
applicando il principio del trasporto è equivalente a:
6x− 4x = 9+ 12
eseguendo i calcoli algebrici diventa:
2x = 21
applicando il secondo principio è equivalente a:
�2x
�2=21
2
da cui si ottiene:
x =21
2
(spesso si tralascia la scrittura insiemistica).
Definizione 7.2.1. Un’ equazione si dice ridotta a forma normale quando si presentanella forma: P(x) = 0 ove P(x) è un polinomio.
Definizione 7.2.2. Il grado di una equazione è il grado del polinomio ottenuto dopoaver ridotto l’equazione a forma normale.
7.3 equazioni di primo grado 71
Esempio 7.2.6.
• 20x− 1 = 5x+ 3 portando tutti i termini a primo membro otteniamo la sua formanormale:
15x− 4 = 0 dalla quale deduciamo che è di primo grado.
• 2x(x2 − 1) − 2 = x2(2x− 3) semplificando e portando a primo membro otteniamola forma normale:
3x2 − 2x− 2 = 0 dalla quale si deduce che il grado è due.Esercizio 7.2.1. Determinare il grado delle seguenti equazioni:
• 3x(x− 1)2− 5(6x+ 5) = (2x+ 1)(2x− 1) − (x+ 3)2
•x− 4
5−x · x+ 4
3= x+ 1
7.3 equazioni di primo grado
In questo paragrafo proponiamo la risoluzione, mediante alcuni esempi, diequazioni di primo grado: intere, fratte e letterali.
Equazioni intere
• L’equazione:
(x− 2)3 − 3x(2− x) = (x− 1)3 + 2
eseguendo i calcoli algebrici diventa:
x3 − 6x2 + 12x− 8− 6x+ 3x2 = x3 − 3x2 + 3x− 1+ 2
applicando il principio di cancellazione e sommando i monomi simili siottiene:
−3x2 + 6x− 8 = −3x2 + 3x+ 1
applicando il principio di cancellazione e del trasporto si ha:
6x− 3x = 8+ 1
da cui:
3x = 9
applicando il secondo principio di equivalenza si ottiene:
�3x
�3=�93
�3
ossia:
x = 3
L’equazione risolta ha una soluzione, è dunque determinata. Per controllarese la soluzione è corretta è sufficiente sostituire nel testo, all’incognita, ilvalore ottenuto constatando che l’equazione è verificata(questo controlloprende il nome di verifica):
(3− 2)2 − 3 · 3(2− 3) = (3− 1)3 + 2
13 − 9(−1) = 23 + 2
1+ 9 = 8+ 2
10 = 10
7.3 equazioni di primo grado 72
• 2(3x− 3) − (x+ 3)(4x− 2) − 2 = (2x+ 1)2 − (3x− 1)2 + (x− 1)(x+ 2)
6x− 6− 4x2+ 2x− 12x+ 6− 2 = 4x2+ 4x+ 1− 9x2+ 6x− 1+x2+ 2x−x− 2
−4x2 − 6x = −4x2 + 9x
−15x = 0
x = 0 equazione determinata
•x− 5
4−1
2
(x+ 2
3
)= x+
1
12(x+ 1)
x− 5
4−x+ 2
6= x+
x+ 1
12
3x− 15− 2x− 4
12=12x+ x+ 1
12
x− 19 = 13x+ 1
x− 13x = 19+ 1
−12x = 20
x = −��205
��123
x = −5
3equazione determinata
Osservazione 7.3.1.
– Poichè il m.c.d. viene semplificato per il secondo principio di equivalenza, èpossibile fare a meno di scriverlo.
– Negli esempi finora esaminati abbiamo sempre isolato l’incognita traspor-tandola al primo membro. E’ preferibile tuttavia fare in modo che l’incogni-ta isolata abbia coefficiente positivo e quindi trasportarla nel membro piùopportuno.
Riferendoci all’ultimo esempio: da x − 19 = 13x + 1 si ricava, portandol’incognita a secondo membro, −19− 1 = 13x− x cioè −20 = 12x da cui,applicando la proprietà simmetrica dell’uguaglianza, 12x = −20 e quindi
x = −5
3
• 2x(x+ 1) + (x− 2)
(2x−
1
2
)=
(2x−
1
3
)2−7
6x
2x2 + 2x+ 2x2 −1
2x− 4x+ 1 = 4x2 −
4
3x+
1
9−7
6x
4x2 − 2x−1
2x+ 1 = 4x2 −
4
3x−
7
6x+
1
9m.c.d.=18
−36x− 9x+ 18 = −24x− 21x+ 2
−45x+ 18 = −45x+ 2
0 = −16
Poichè l’uguaglianza ottenuta non è mai verificata (non esiste alcun valoredell’incognita che rende uguali i due membri) possiamo concludere chel’equazione è impossibile (�∃x ovvero S = ∅)
•2(x+ 1)(1− x)
3= (1− 2x)2 − 3(x− 1)2 − 3+
1
3(17− 5x2) − 2x m.c.d.=3
2(1− x2) = 3(1− 4x+ 4x2) − 9(x2 − 2x+ 1) − 9+ 17− 5x2 − 6x
2− 2x2 = 3− 12x+ 12x2 − 9x2 + 18x− 9− 9+ 17− 5x2 − 6x
−2x2 + 2 = −2x2 + 2
0 = 0
7.3 equazioni di primo grado 73
Poichè l’uguaglianza ottenuta è sempre verificata (qualsiasi valore dell’inco-gnita rende uguali i due membri) possiamo concludere che l’equazione èuna identità (∀x ovvero S = Q)
•2(x− 1)(x2 + x+ 1)
5= 3− 2x+
(x2 − x+ 1)(x+ 1)
3−11− x3
15m.c.d.=15
6(x3 − 1) = 45− 30x+ 5(x3 + 1) − 11+ x3
6x3 − 6 = 45− 30x+ 5x3 + 5− 11+ x3
6x3 − 6 = 6x3 − 30x+ 39
30x = 45
x =3
2equazione determinata
Esercizio 7.3.1.
• (x− 1)(x+ 1) + 3− 2x = 3x+ (x− 1)2
• (x− 1)3 + (2x− 1)(2x+ 1) − (x− 3)(x+ 2) = x(x+ 1)(x− 2) + (2x− 3)2 −
3x2+ 1
•3
5x+
6
15+4
15x+ 2 =
x− 5
5+2x
3
•2x+ 3
4+x+ 5
6+x
2−x =
1+ 2x
8−2x− 35
24
•2x+ 1
7−
(x− 1)(x− 2)
2=x− 2
2− 2
(1
2x− 1
)2Equazioni fratte
•1
x− 1=
2
x− 2m.c.d.=(x− 1)(x− 2) ; C.E.x 6= 1, x 6= 2
x− 2 = 2(x− 1)
x− 2 = 2x− 2
x = 0
Nelle equazioni fratte bisogna controllare che la soluzione non contrastile C.E. Nel nostro caso la soluzione è accettabile, dunque l’equazione èdeterminata.
•x2 − 2
x2 − 8x+ 7−5− x
7− x= 1+
3− x
x− 1
x2 − 2
(x− 7)(x− 1)+5− x
x− 7= 1 +
3− x
x− 1m.c.d.=(x − 7)(x − 1) ; C.E.x 6=
7, x 6= 1
x2 − 2+ (5− x)(x− 1) = (x− 7)(x− 1) + (3− x)(x− 7)
x2 − 2+ 5x− 5− x2 + x = x2 − x− 7x+ 7+ 3x− 21− x2 + 7x
6x− 7 = 2x− 14
4x = −7
x = −7
4accettabile⇒ equazione determinata
•2x+ 1
x2 − 3x−
x− 3
x2 + 3x=
x
x2 − 9+
6
9x− x3
2x+ 1
x(x− 3)−
x− 3
x(x+ 3)=
x
(x− 3)(x+ 3)−
6
x(x− 3)(x+ 3)m.c.d.=x(x− 3)(x+
3)
C.E.x 6=0, x 6= ±3(2x+ 1)(x+ 3) − (x− 3)2 = x2 − 6
7.3 equazioni di primo grado 74
2x2 + 6x+ x+ 3− x2 + 6x− 9 = x2 − 6
x2 + 13x− 6 = x2 − 6
13x = 0
x = 0 non accettabile⇒ equazione impossibile
•x
(x+ 2)(2x2 + 3x− 2)−
3
x2 + 4x+ 4=
1
x+ 2−
2
2x− 1
x
(x+ 2)2(2x− 1)−
3
(x+ 2)2=
1
x+ 2−
2
2x− 1m.c.d.=(x+ 2)2(2x− 1)
C.E.x 6= −2, x 6=1
2
x− 3(2x− 1) = (x+ 2)(2x− 1) − 2(x+ 2)2
x− 6x+ 3 = 2x2 − x+ 4x− 2− 2x2 − 8x− 8
−5x+ 3 = −5x− 10
0 = −13 equazione impossibile
•5x2 − 6x+ 1
6x3 − 18x2 + 18x− 6−
x+ 1
3x2 − 6x+ 3=
1
2x− 2
5x2 − 6x+ 1
6(x− 1)3−
x+ 1
3(x− 1)2=
1
2(x− 1)m.c.d.=6(x− 1)3 ; C.E.x 6= 1
5x2 − 6x+ 1− 2(x+ 1)(x− 1) = 3(x− 1)2
5x2 − 6x+ 1− 2x2 + 2 = 3x2 − 6x+ 3
3x2 + 3 = 3x2 + 3
0 = 0 l’equazione è una identità
E’ importante far notare che non tutti i razionali sono soluzioni, in quanto ilnumero 1 non è attribuibile all’incognita per le C.E.; per indicare le soluzionidobbiamo scrivere quindi: ∀x 6= 1 ovvero S = Q − {1}
Esercizio 7.3.2.
•1
x− 1= 1
•2x+ 1
x+ 3+2x− 5
6−x+
1
x2− 3x− 18= 0
•2
3−x− 3
x+x+ 2
3x− 1=
x− 18
18x2− 6x
•5
x2+ 2x− 15+x+ 2
3−x=5−x
x+ 5
•6x
x2+ 4x+ 4+
x3+ 8
x3+ 6x2+ 12x+ 8= 1
Equazioni letterali
• 6x− a+ (2a− x)2 = 4(x+ a) − (2a− x)(2a+ x) + 8a(a−1
2x)
6x− a+ 4a2 − 4ax+ x2 = 4x+ 4a− 4a2 + x2 + 8a2 − 4ax
6x− a+ 4a2 = 4x+ 4a+ 4a2
2x = 5a
x =5
2a
L’equazione ha una unica soluzione che dipende dal valore assunto dal
parametro; se, ad esempio, a = 2 la soluzione è x = 5, se a = −1
2la solu-
zione è x = −5
4,... In questo caso, attribuendo al parametro un qualunque
7.3 equazioni di primo grado 75
valore numerico, otteniamo sempre una equazione determinata; altre voltepuò accadere che, per alcuni valori del parametro, l’equazione non siadeterminata e quindi sia necessario classificarla mediante una opportunadiscussione.
• 3x− 2k(1+ x) = x(1+ 2k) − 2x(k− 1)
3x− 2k− 2kx = x+ 2kx− 2kx+ 2x
3x− 2k− 2kx = 3x
2kx = −2k
kx = −k per poter dividere per k applicando il secondo principio diequivalenza, k deve essere diverso da zero:
se k 6= 0⇒ x = −k
k⇒ x = −1 l’equazione è determinata.
Resta da esaminare il caso k = 0: sostituendo nell’equazione kx = −k
otteniamo 0 = 0⇒ l’equazione è una identità.
• 2+ 2x = 3ax+ a− a2x
a2x− 3ax+ 2x = a− 2
x(a2 − 3a+ 2) = a− 2
x(a− 2)(a− 1) = a− 2
se a 6= 2 e a 6= 1⇒ x =a− 2
(a− 2)(a− 1)⇒ x =
1
a− 1equazione determinata
se a = 2⇒ 0 = 0 identità
se a = 1⇒ 0 = −1 impossibile
• 3abx = ab(x+ 1) + a
3abx = abx+ ab+ a
2abx = ab+ a
2abx = a(b+ 1)
se a 6= 0 e b 6= 0⇒ x =a(b+ 1)
2ab⇒ x =
b+ 1
2bequazione determinata
se a = 0⇒ 0 = 0 identità
se b = 0⇒ 0 = a
se a = 0⇒ identità
se a 6= 0⇒ impossibile
• x− b = ax− 2
x− ax = b− 2
x(1− a) = b− 2
se a 6= 1⇒ x =b− 2
1− aequazione determinata
se a = 1⇒ 0 = b− 2
se b = 2⇒ identità
se b 6= 2⇒ impossibile
•a− 2x
a− 1−x+ 1
a+ 1+
x
a− 1=x− a
a2 − 1− 1
a− 2x
a− 1−x+ 1
a+ 1+
x
a− 1=
x− a
(a− 1)(a+ 1)− 1 m.c.d.(a− 1)(a+ 1)
a 6= ±1: questa non è una condizione di esistenza relativa all’incognita, dacontrollare per l’accettabilità della soluzione, essendo a un parametro. Pera = 1 o a = −1 l’equazione perde di significato.
7.4 particolari equazioni riconducibili a quelle di primo grado 76
(a− 2x)(a+ 1) − (x+ 1)(a− 1) + x(a+ 1) = x− a− (a+ 1)(a− 1)
a2 + a− 2ax− 2x− ax− a+ x+ 1+ ax+ x = x− a− a2 + 1
−x− 2ax+ a2 + a = −a2
x+ 2ax = 2a2 + a
x(1+ 2a) = a(2a+ 1)
se a 6= −1
2(e ovviamente a 6= ±1) ⇒ x =
a(2a+ 1)
1+ 2a⇒ x = a equazione
determinata
se a = −1
2⇒ 0 = 0 identità.
•1
x− 1−
1
2a− 1+
1
(x− 1)(2a− 1)= 0 m.c.d. (x− 1)(2a− 1) ;
C.E.x 6= 1, a 6= 1
2(per a =
1
2l’equazione perde di significato)
2a− 1− x+ 1+ 1 = 0
−x+ 2a+ 1 = 0
x = 2a+1 perchè la soluzione sia accettabile deve essere 2a+1 6= 1⇒ a 6= 0
Quindi se a 6= 0 (e ovviamente a 6= 1
2) l’equazione è determinata; se a = 0
l’equazione è impossibile.
Esercizio 7.3.3.
• (a− 3)x = a2− 9
• ab(1−x) + 2x = −3ax+ (3a+ 2)(3a− 2) −ab(x− 1)
•1
2(a+b)2x = (2a− 2b)
1
2+1
2x(a2+b2)
•x− 1
a− 3+x+ 1
a− 2=4(a2− 6) − 2
a2− 5a+ 6
•x−a
a−b+3x+ 2b
a+b−
5b
a+b=bx−a2
a2−b2
•a
x− 1+
3x
x+ 1= −
3x2
1−x2
•1−b
x+
2
1−b−1+b
x=
2
1+b
7.4 particolari equazioni riconducibili a quelle di primo grado
Nelle equazioni di primo grado l’obiettivo è stato quello di isolare l’incognita; nelcaso in cui ciò sia stato possibile, ovvero l’equazione sia risultata determinata,abbiamo sempre ottenuto un’unica soluzione.
Qualora l’equazione sia di grado superiore al primo una possibile strategiarisolutiva consiste nel:
- portare l’equazione a forma normale- scomporre in fattori il polinomio ottenuto- determinare i valori che annullano i singoli fattori (detti zeri del polinomio).Ciò permette di risolvere l’equazione in virtù della legge di annullamento di
un prodotto.
Esempio 7.4.1. x(x− 1) = 2
x2 − x = 2
x2 − x− 2 = 0
(x− 2)(x+ 1) = 0
x− 2 = 0⇒ x = 2
x+ 1 = 0⇒ x = −1
7.4 particolari equazioni riconducibili a quelle di primo grado 77
Osservazione 7.4.1. Questa strategia risolutiva non è applicabile ad ogni equazionein quanto permette di determinare tutte le soluzioni solo se il polinomio della formanormale è scomponibile in fattori tutti di primo grado. Dell’equazione x3 − 2x− 1 = 0
possiamo determinare solo la soluzione x = −1 in quanto, scomponendo il polinomio,in (x+ 1)(x2 − x− 1) non riusciamo, con le tecniche sinora a nostra disposizione, adeterminare gli zeri di x2 − x− 1
Teorema 7.4.1. Una equazione di grado n, ha al massimo n soluzioni.
Dimostrazione.Sia P(x) = 0 l’equazione ridotta a forma normale con P(x) di grado n per
ipotesi. Se α è una soluzione dell’equazione, x−α è un fattore di primo grado diP(x) per il Teorema di Ruffini.
Poichè P(x) ha al massimo n fattori di primo grado, l’equazione ha al massimon soluzioni.
Esempio 7.4.2.
• 3x(x2 + 10) = 21x2
3x3 + 30x = 21x2
3x3 + 30x− 21x2 = 0
3x(x2 − 7x+ 10) = 0
3x(x− 2)(x− 5) = 0
3x = 0⇒ x = 0
x− 2 = 0⇒ x = 2
x− 5 = 0⇒ x = 5
Quindi l’equazione ha tre soluzioni.
• x4 = 16
x4 − 16 = 0
(x− 2)(x+ 2)(x2 + 4) = 0
x− 2 = 0⇒ x = 2
x+ 2 = 0⇒ x = −2
x2 + 4 = 0 non ha soluzioni perchè somma di una quantità non negativa ed unapositiva.
Quindi l’equazione ha due soluzioni.
Osservazione 7.4.2. Nell’ultimo esempio abbiamo visto che il fattore x2 + 4, che sappia-mo essere irriducibile, non ha zeri. Questo risultato può essere esteso a tutti i polinomiirriducibili di grado superiore al primo (non abbiamo ancora gli strumenti per dimostrarlo).In particolare non hanno zeri i falsi quadrati e le somme di quadrati.
• x2(x+ 1) − 4 = (x+ 2)(x− 2) − 27
x3 + x2 − 4 = x2 − 4− 27
x3 + 27 = 0
(x+ 3)(x2 − 3x+ 9) = 0
x+ 3 = 0⇒ x = −3
x2 − 3x+ 9 = 0 non ha soluzioni (x2 − 3x+ 9 è un falso quadrato)
Quindi l’equazione ha una soluzione.
7.4 particolari equazioni riconducibili a quelle di primo grado 78
•2x− 1
x− 1+
4x− 2
x2 − 4x+ 3=3(x− 1)
3− x
2x− 1
x− 1+
4x− 2
(x− 1)(x− 3)= −
3(x− 1)
x− 3m.c.d.(x − 1)(x − 3) ; C.E.x 6=
1, x 6= 3
(2x− 1)(x− 3) + 4x− 2 = −3(x− 1)2
2x2 − 6x− x+ 3+ 4x− 2 = −3x2 + 6x− 3
2x2 − 3x+ 1 = −3x2 + 6x− 3
5x2 − 9x+ 4 = 0
(5x− 4)(x− 1) = 0
5x− 4 = 0⇒ x =4
5
x− 1 = 0⇒ x = 1 non accettabile
Quindi l’equazione ha una soluzione.
• 4x+ (4x− 1)(x+ 2) = 4x(x+ 3) + 1
4x+ 4x2 + 8x− x− 2 = 4x3 + 12x2 + 1
4x2 + 11x− 2 = 4x3 + 12x2 + 1
4x3 + 8x2 − 11x+ 3 = 0
(x+ 3)(2x− 1)2 = 0
x+ 3 = 0⇒ x = −3
(2x− 1)2 = 0⇒ (2x− 1)(2x− 1) = 0⇒2x− 1 = 0⇒ x =
1
2
2x− 1 = 0⇒ x =1
2
Quindi l’equazione ha tre soluzioni delle quali due coincidono con il valore1
2,
ovvero l’equazione ha due soluzioni distinte.
• (x− 2)3(x2 + 1) = 2x(x− 2)3
(x− 2)3(x2 + 1) − 2x(x− 2)3 = 0
(x− 2)3(x2 + 1− 2x) = 0
(x− 2)3(x− 1)2 = 0
(x− 2)3 = 0⇒ x = 2 tre soluzioni coincidono con 2 in quanto:
(x− 2)3 = (x− 2)(x− 2)(x− 2)
(x− 1)2 = 0⇒ x = 1 due soluzioni coincidono con 1 in quanto:
(x− 1)2 = (x− 1)(x− 1)
Quindi l’equazione ha due soluzioni distinte delle quali tre coincidono con il valore2 e due con il valore 1; in totale ha dunque cinque soluzioni.
Definizione 7.4.1.Si dice che α, soluzione di una equazione, ha molteplicità m se il polinomio della forma
normale dell’equazione ha come fattore (x−α)m.Se la molteplicità è uno , la soluzione si dice semplice.
Esempio 7.4.3.
• x2(x+ 7)(3x− 1)3 = 0
x2 = 0⇒ x = 0 con molteplicità due
x+ 7 = 0⇒ x = −7 soluzione semplice
(3x− 1)3 = 0⇒ x =1
3con molteplicità tre.
Quindi l’equazione ha sei soluzioni delle quali tre distinte.
7.5 problemi di primo grado 79
• x(x+ 1)3 +3
(x− 2)2=
3x− 3
x2 − 4x+ 4+
3
2− x
x(x+1)3+3
(x− 2)2=
3x− 3
(x− 2)2−
3
x− 2m.c.d. (x−2)2 ; C.E.x 6=
2
x(x+ 1)3(x− 2)2 + 3 = 3x− 3− 3x+ 6
x(x+ 1)3(x− 2)2 + 3 = 3
x(x+ 1)3(x− 2)2 = 0
x = 0⇒ x = 0 soluzione semplice
(x+ 1)3 = 0⇒ x = −1 con molteplicità tre
(x− 2)2 = 0⇒ x = 2 con molteplicità due, non accettabile.
Quindi l’equazione ha quattro soluzioni di cui due distinte.
Esercizio 7.4.1.
• x3 = 4x
• (x+ 1)(25x2+ 10x+ 1) = 0
• 3x2(8x3+ 12x2+ 6x+ 1) = (7x− 2)(2x+ 1)3
•3x
x− 2+
4
x+ 3− 2 =
16x− 2
x2− 6+x
•(x2− 6x+ 9)(x− 1)
x+ 1· 3x+ 3
x2− 2x− 3=4x+ 9
x+ 1
•3
x− 1+
2x
x+ 3=
10
x2+ 2x− 3
7.5 problemi di primo grado
Consideriamo l’equazione 2x =1
2x+ 12, essa può essere interpretata come la
descrizione algebrica dell’affermazione: il doppio di un numero è pari alla suametà aumentata di 12. Quest’ultima può essere la sintesi di un problema concretoquale ad esempio: determinare il peso di un sacco di farina sapendo che duesacchi pesano 12 chilogrammi in più di mezzo sacco.
Per rispondere a questo problema è sufficiente risolvere l’equazione iniziale;ottenuta la soluzione x = 8 possiamo concludere che un sacco di farina pesa 8chilogrammi.
Una equazione, quindi, può essere interpretata come la descrizione algebricadi un problema. Ci proponiamo, in questo paragrafo, di partire, viceversa, daun problema per arrivare alla sua soluzione, determinando e risolvendo unaequazione che ne sia la traduzione algebrica. Per fare questo è necessario, dopoaver letto con attenzione il testo del problema, individuare l’incognita (o leincognite) con le sue eventuali limitazioni (dette anche vincoli ) e utilizzare i datiper scrivere l’equazione ( o le equazioni ) risolvente.
Proponiamo alcuni esempi di problemi risolvibili con una equazione ad unaincognita di primo grado o di grado superiore, ma riconducibile al primo.
1. Determinare due numeri naturali consecutivi la cui somma sia 31.
Il problema chiede di determinare due incognite ( i due numeri naturalin1,n2) tuttavia essi sono esprimibili con una sola incognita; infatti, poston1 = x il minore, il suo consecutivo è n2 = x+ 1.
In questo caso come vincolo ricaviamo x ∈N. L’ equazione risolvente è:
x+ (x+ 1) = 31
che ha per soluzione x = 15 ed è accettabile perchè soddisfa il vincolo.
7.5 problemi di primo grado 80
Possiamo concludere che i numeri naturali richiesti sono n1 = 15,n2 = 16.
(Alla stessa conclusione saremmo arrivati ponendo n2 = x ed n1 = x− 1,con il vincolo x ∈N∗), ma in tal caso l’equazione risolvente avrebbe avutocome soluzione x = 16 )
2. Determinare due numeri naturali pari consecutivi il cui prodotto è 168.
n1 = x
n2 = x+ 2
x ∈N (vincolo)
x(x+ 2) = 168
x2 + 2x = 168
x2 + 2x− 168 = 0
(x+ 14)(x− 12) = 0
x+ 14 = 0⇒ x = −14 non accettabile (vedi vincolo)
x− 12 = 0⇒ x = 12⇒ n1 = 12,n2 = 14
3. Luca, Carlo e Anna sono tre fratelli. Carlo ha 10 anni più di Luca ed Annaha il doppio dell’età di Luca. Determinare le loro età sapendo che il prodottodelle età dei maschi supera di 21 il prodotto delle età di Luca ed Anna.
eL = x (x rappresenta l’età in anni)
eC = x+ 10
eA = 2x
x ∈N (vincolo)
x(x+ 10) = x · 2x+ 21
x2 + 10x = 2x2 + 21
x2 − 10x+ 21 = 0
(x− 3)(x− 7) = 0
x− 3 = 0⇒ x = 3⇒ eL = 3, eC = 13, eA = 6
x− 7 = 0⇒ x = 7⇒ eL = 7, eC = 17, eA = 14
Osserviamo che questo problema ha due soluzioni possibili.
4. Dividere il numero 13 in due parti in modo che la differenza dei loroquadrati, diminuita di 42 valga 23.
n1 = x
n2 = 13− x
0 6 x 6 13 (vincolo)
x2 − (13− x)2 − 42 = 23
x2 − 169+ 26x− x2 − 42 = 23
26x− 211 = 23
26x = 234
x = 9⇒ n1 = 9,n2 = 4
5. Determinare un numero di due cifre aventi per somma 11, sapendo cheil numero dato, diminuito di 5 è uguale al triplo del numero ottenutoinvertendo le cifre.
Indichiamo con Cd e Cu rispettivamente la cifra delle decine e la cifra delleunità del numero n da determinare; è dunque n = 10Cd +Cu.
Cd = x
7.5 problemi di primo grado 81
Cu = 11− x
x ∈N, 1 6 x 6 9 (vincolo)
10x+ (11− x) − 5 = 3[10(11− x) + x]
10x+ 11− x− 5 = 330− 30x+ 3x
9x+ 6 = 330− 27x
36x = 324
x = 9⇒ Cd = 9,Cu = 2
Il numero richiesto è 92
Esercizio 7.5.1.
• Determinare due numeri dispari consecutivi sapendo che la differenza dei loro quadrati è 56.
• In una banca lavorano 52 persone. I diplomati sono 7 in più dei laureati, mentre quelli senzadiploma sono la metà dei laureati. Calcola il numero di laureati, diplomati e non diplomati dellabanca.
• Un animatore di un centro turistico vuole dividere un gruppo di 23 bambini in due squadre formatel’una dal doppio dei bambini dell’altra. Quanti bambini formano ogni squadra?
• In un negozio si sono vendute 27 paia di calzini, alcuni di lana, altri di cotone. Un paio di calzini dilana costa 7,5 euro, di cotone 6 euro. Se l’incasso totale è stato di 180 euro quante paia di calzinidi ogni tipo si sono vendute?
• Lucia raccoglie in un prato un mazzolino di trifogli e quadrifogli; sapendo che i trifogli sono 32 piùdel quintuplo dei quadrifogli e che in tutto ci sono 172 foglie, quanti sono i trifogli e i quadrifogli?
7.6 esercizi riepilogativi 82
7.6 esercizi riepilogativi
1. (x+ 2) (x+ 5) − (x+ 3)2 = (x+ 2) (x− 1) −x (x+ 1) [−3]
2. (x+ 2)3+x3+ 8x2 = [x+ 2x(x+ 4)](x+ 3) − (x+ 2)2 [impossibile]
3. (2− 3x)2− 4x(2x− 5) − 4 = x(x+ 4) [0]
4. 2x+ (x+ 2)3− (x− 1)3 = 9(x+ 1)2− 7x [identità]
5.2x− 3
6+2−x
4+3x+ 4
5=2x− 1
12−3
20[−2]
6.(x+ 1)3
4−
(x+ 2)3
9=x3− 4+x2
12+
(x− 1)(x2+x+ 1)
18
[−3
7
]
7.(x− 2)(x+ 3)
9−
(x+ 1)(x− 4)
6= −
(x− 2)2
2−25x− 36− 8x2
18[identità]
8.x− 6
5−x− 24
6+5x− 144
12=x+ 4
8−
(3
4x− 19
)−
(5
6x− 24
)[36]
9.x2
x3− 8+
3
x2+ 2x+ 4=
1
x− 2[10]
10.3
x+ 3−
3x
x2+ 6x+ 9= 0 [impossibile]
11.2x
1− 2x+2x+ 1
2x− 1=
2
2x+ 1
[3
2
]
12.3x
x− 3+
x
x− 4=
(2x− 1)2− 12
x2− 7x+ 12[1]
13.2
x2− 1−
3
(1−x)2+
1
x2+ 2x+ 1= 4
(−
(1+ 2x
(x2− 1)2
)[identità conx 6= ±1]
14.x
x+ 2−2(x2− 3
x2+ 2x=3−x
x[impossibile]
15.12(x+ 5)
6x2− 11x− 10=
10
2x− 5−
8
3x+ 2[0]
16.3
8x2− 36x+ 36−2x+ 5
12− 4x=x+ 5
2x− 3[12]
17. (3x− 10)2+ 36x− 189 = (2x− 6)2 [±5]
18. x2(x2− 5) = −4 [±1 ± 2]
19. x(x− 3)(x+ 3) + 12x = 6x(x− 1) [0 ; 3 con molt. due]
20.5x− 2
(x− 1)2+3x+ 4
1−x=
x+ 2
x2− 2x+ 1[0]
21.3+x
1+x−34
15+1+x
3+x= 0 [2 ; −6]
22. (x2− 6x+ 8)(x2− 12x+ 35) = 0 [2 ; 4 ; 5 ; 7]
7.6 esercizi riepilogativi 83
23. x4−x3−x+ 1 [1 con molt. due]
24. 4x− 13 =13x− 4
x2
[−1 ;
1
4; 4]
Esercizio 7.6.1 (Equazioni letterali).
1. a(a− 5)x+a(a+ 1) = −6(x− 1)[a 6= 2,3 x =
a+ 3
3−a; a = 2 identità ; a = 3 impossibile
]2. (a+b)(x− 2) + 3a− 2b = 2b(x− 1)[
a 6= b x =2b−a
a−b; a = b = 0 identità ; a = b 6= 0 impossibile
]3. (x+a)2− (x−a)2+ (a− 4)(a+ 4) = a2 [
a 6= 0 x =4
a; a = 0 impossibile
]4. x(x+ 2) + 3ax = b+x2
[a 6= −
2
3x =
b
2+ 3a; a = −
2
3e b = 0 identità ; a = −
2
3e b 6= 0 impossibile
]5. (x−a)2+b(2b+ 1) = (x− 2a)2+b− 3a2[
a 6= 0 x = −b2
a; a = 0 e b = 0 identità ; a = 0 e b 6= 0 impossibile
]
6.a2− 9
a+ 2= a− 3
[a 6= ±3 e a 6= −2 x =
a+ 2
a+ 3; a = 3 identità ; a = −3 impossibile ; a = −2 perde di significato
]
7.x
a− 2+x− 2
a+ 2=
4
a2− 4
[a 6= ±2 e a 6= 0 x = 1 ; a = 0 identità ; a = ±2 perde di significato]
8.x
x−a+
1
x+a= 1[a 6= 0 e a 6= −1 x = −
a(a− 1)
a+ 1; a = 0 oppure a = −1 impossibile
]
9.4
3a− 2+ 1 =
19
2x(2a− 5)+3
2[a 6= ±2
3e a 6= 5
2x = −
3a− 2
2a− 5; a =
2
3oppure a =
5
2impossibile ; a = −
2
3identità
]
7.6 esercizi riepilogativi 84
Esercizio 7.6.2 (Problemi di primo grado).
1. Un cane cresce ogni mese di1
3della sua altezza. Se dopo 3 mesi dalla nascita è alto 64 cm, quanto
era alto appena nato?
[27 cm]
2. La massa di una botte colma di vino è di 192 kg mentre se la botte è riempita di vino per un terzola sua massa è di 74 kg. Trovare la massa della botte vuota.
[15 kg]
3. Carlo e Luigi percorrono in auto, a velocità costante un percorso di 400 chilometri ma in sensoopposto. Sapendo che partono alla stessa ora dagli estremi del percorso e che Carlo corre a 120 km/hmentre Luigi viaggia a 80 km/h, calcolare dopo quanto tempo si incontrano.
[2 ore]
4. Un fiorista ordina dei vasi di stelle di Natale che pensa di rivendere a 12 euro al vaso con unguadagno complessivo di 320 euro. Le piantine però sono più piccole del previsto, per questo ècostretto a rivendere ogni vaso a 7 euro rimettendoci complessivamente 80 euro. Quanti sono i vasicomprati dal fiorista?
[80]
5. Un contadino possiede 25 tra galline e conigli; determinare il loro numero sapendo che in tuttohanno 70 zampe.
[15 galline e 10 conigli]
6. Un commerciante di mele e pere carica nel suo autocarro 130 casse di frutta per un peso totaledi 23,5 quintali. Sapendo che ogni cassa di pere e mele pesa rispettivamente 20 kg e 15 kg,determinare il numero di casse per ogni tipo caricate.
[80 pere e 50 mele]
7. Determina due numeri uno triplo dell’altro sapendo che dividendo il primo aumentato di 60 per ilsecondo diminuito di 20 si ottiene 5.
[240 ; 80 ]
8. Un quinto di uno sciame di api si posa su una rosa, un terzo su una margherita. Tre volte ladifferenza dei due numeri vola sui fiori di pesco, e rimane una sola ape che si libra qua e là nell’aria.Quante sono le api dello sciame?
[15]
9. Per organizzare un viaggio di 540 persone un’agenzia si serve di 12 autobus, alcuni con 40 postia sedere e altri con 52; quanti sono gli autobus di ciascun tipo?
[7 autobus da 40 posti e 5 da 52]
10. Il papà di Paola ha venti volte l’età che lei avrà tra due anni e la mamma, cinque anni più giovanedel marito, ha la metà dell’età che avrà quest’ultimo fra venticinque anni; dove si trova Paola oggi?
Parte II
G E O M E T R I A
8L O G I C A E L E M E N TA R E
In questo paragrafo introduttivo esporremo alcuni concetti fondamentali chesaranno diffusamente utilizzati nel seguito di questo corso di geometria. Inparticolare, cercheremo di connotare il concetto di proposizione logica e dei principifondamentali della cosiddetta logica aristotelica, senza la pretesa di esaurire taleargomento in modo rigoroso.
Nel seguito supporremo di aver fissato una volta per tutte un linguaggio qual-siasi, come, ad esempio, l’italiano, o la teoria degli insiemi, oppure il linguaggiomatematico in generale. Di tali linguaggi converremo di utilizzare solo frasi sintat-ticamente corrette e di senso compiuto, che chiameremo frasi ben formate. Tutte lefrasi ben formate non saranno ulteriormente studiate da un punto di vista sintatti-co, bensì verranno interpretate in base alla loro verità o falsità. I valori vero e falsonon verranno esplicitamente definiti, ma saranno intesi come nozioni primitiveche supporremo di essere sempre in grado di esplicitare in modo oggettivo, cioènon condizionate dal giudizio soggettivo del singolo individuo.
In base a tali premesse possiamo dare la seguente
Definizione 8.0.1. Si definisce proposizione logica una frase ben formata per cui hasignificato chiedersi se è vera o falsa.
Le proposizioni logiche, o semplicemente proposizioni, devono soddisfare iprincipi della logica aristotelica, di seguito enunciati.
1. Principio di non-contraddizione: una proposizione non può essere contempo-raneamente vera e falsa.
2. Principio del terzo escluso: una proposizione deve essere o vera o falsa, nonesiste una terza possibilità.
Indicheremo le proposizioni con le lettere maiuscole dell’alfabeto: P,Q,R, e cosìvia.
Le proposizioni possono essere:
• proposizioni elementari o atomiche: esse sono le proposizioni più sem-plici, le quali non possono essere scomposte in proposizioni di livello piùsemplice;
• proposizioni composte o molecolari: esse si ricavano dalla composizionedi proposizioni atomiche.
Per legare le proposizioni atomiche in modo da ottenere le proposizioni mo-lecolari si utilizzano i connettivi logici. Definiremo ora i connettivi logici cheutilizzeremo diffusamente nel testo.
Definizione 8.0.2. Data la proposizione P, si definisce negazione di P la proposizioneche assume valore di verità opposto rispetto a P. Notazione: P, e si legge P negato.
Definizione 8.0.3. Date le proposizioni P e Q, si definisce disgiunzione inclusiva diP e Q la proposizione che risulta falsa solo nel caso in cui P e Q sono entrambe false, veranegli altri casi. Notazione: P∨Q, e si legge P vel Q.
Definizione 8.0.4. Date le proposizioni P e Q, si definisce disgiunzione esclusiva diP e Q la proposizione che risulta vera nel caso in cui P e Q hanno valore di verità opposto,falsa negli altri casi. Notazione: P∨Q, e si legge P aut Q.
86
8.1 concetti primitivi e definizioni 87
Definizione 8.0.5. Date le proposizioni P e Q, si definisce congiunzione di P e Q laproposizione che risulta vera solo nel caso in cui P e Q sono entrambe vere, falsa neglialtri casi. Notazione: P∧Q, e si legge P et Q.
Definizione 8.0.6. Date le proposizioni P e Q, si definisce implicazione materialeda P a Q la proposizione che risulta falsa solo nel caso in cui P è vera e Q è falsa, veranegli altri casi. Notazione: P =⇒ Q, e si legge se P, allora Q. La proposizione P si dicepremessa, mentre la proposizione Q si dice conclusione.
Nel seguito, riguardo l’implicazione materiale, saremo interessati solo al caso incui sia P che Q sono entrambe proposizioni vere, e parleremo di deduzione logicache indicheremo ancora col simbolo =⇒. La premessa verrà detta ipotesi, mentrela conclusione verrà detta tesi. Diremo altresì che P è condizione sufficiente perP =⇒ Q, mentre Q è condizione necessaria per P =⇒ Q.
Definizione 8.0.7. Date le proposizioni P e Q, si definisce equivalenza logica di P eQ la proposizione che risulta vera nel caso in cui sia P che Q hanno lo stesso valore diverità, falsa negli altri casi. Notazione: P ⇐⇒ Q, e si legge P se, e solo se, Q.
L’equivalenza logica è, pertanto, una doppia implicazione e si può intenderecome la proposizione P =⇒ Q ∧ Q =⇒ P. Si possono ripetere le stesseconsiderazioni della deduzione logica, in quanto nel seguito studieremo solo ilcaso in cui sia P che Q sono vere. Entrambe le proposizioni sono sia condizionenecessaria che sufficiente.
8.1 concetti primitivi e definizioni
Gli oggetti di studio della geometria piana sono ovviamente le figure geometri-che piane, quali le rette, i triangoli, i quadrati, e così via. Le figure geometri-che, prima ancora di essere studiate, vanno descritte precisamente. Però nonè possibile definire esplicitamente ogni oggetto allorché si voglia costruire unlinguaggio rigoroso come quello matematico. Alcune figure geometriche, pertanto,non saranno definite esplicitamente, costituendo i cosiddetti enti primitivi, o figureprimitive, della geometria.
Assumeremo che gli enti primitivi della geometria piana siano
• piano
• retta
• punto.
Come si può osservare, la scelta delle figure che sono enti primitivi è caduta suoggetti particolarmente semplici e ben fissati nella nostra mente dall’intuizione.Attraverso essi sarà possibile definire esplicitamente le altre figure geometriche,dalle più semplici a quelle via via più complesse.
Quando definiremo esplicitamente una nuova figura geometrica seguiremo iseguenti criteri:
1. descriveremo rigorosamente e nel modo più semplice la nuova figurageometrica a partire dagli enti primitivi o da altre figure già definite;
2. assegneremo ad essa un nome.
Vediamo alcuni esempi.
Definizione 8.1.1. Due rette aventi un punto in comune si dicono incidenti.
La precedente è un esempio di definizione in cui vengono direttamente coinvoltigli enti primitivi retta e punto.
8.2 postulati e teoremi 88
Definizione 8.1.2. Si definisce parallelogramma un quadrilatero avente i lati oppostia due a due paralleli.
In questa seconda definizione vengono coinvolti oggetti più complessi, i quadri-lateri. Inoltre, si fa uso della relazione di parallelismo tra rette. Entrambi i concettidevono essere stati definiti in precedenza.
8.2 postulati e teoremi
Una volta definita una figura geometrica si procede allo studio delle sue proprietàattraverso enunciati, che naturalmente speriamo essere veri. Per gli enti primitivi,non definiti esplicitamente, si enunceranno delle proposizioni particolari cheverranno considerate come autoevidenti senza richiedere una verifica esplicita.Tali proposizioni sono i postulati o assiomi della geometria piana.
Un postulato è un enunciato della geometria che si assume identicamente vero senzache venga richiesta una verifica diretta.
Attraverso i postulati
1. elenchiamo le proprietà degli enti primitivi (non definiti esplicitamente), percui alcuni postulati costituiscono delle definizioni implicite degli enti primitivistessi; oppure
2. esprimiamo regole precise che ci aiuteranno a sviluppare la nostra teoria inmodo rigoroso;
3. deduciamo le proprietà delle altre figure geometriche, ponendo altresì delleintrinseche limitazioni alle costruzioni geometriche possibili.
Il numero e la scelta dei postulati devono soddisfare le seguenti proprietà:
1. coerenza: non si possono enunciare postulati in contraddizione tra loro;inoltre, se da essi si deduce la proposizione P, non si può dedurre anche laproposizione P, cioè la negazione di P;
2. indipendenza: un postulato non si deve dedurre da altri postulati;
3. completezza: il numero dei postulati deve essere adeguato affinché sipossano dedurre le proprietà delle figure geometriche oggetto di studio.
Le proprietà delle figure geometriche definite esplicitamente andranno dedottee verificate rigorosamente, dando vita ai teoremi.
Un teorema è un enunciato la cui validità è sancita da una sequenza di deduzioni dettadimostrazione.
Dall’enunciato si distinguono
1. le ipotesi, proposizioni vere che costituiscono le premesse da cui partire;
2. le tesi, le proposizioni che vogliamo dedurre a partire dalle ipotesi.
La dimostrazione di un teorema è una sequenza ordinata di proposizioni, l’ultima dellequali è proprio la tesi. Ciascuna proposizione della dimostrazione si deduce logicamente odai postulati, o dalle definizioni, o da teoremi precedentemente dimostrati.
In questo corso le dimostrazioni verranno condotte come segue. Intanto verran-no esplicitate ipotesi e tesi in modo preciso e completo, in relazione ad una figuracostruita con estrema cura. Il blocco relativo alla vera e propria dimostrazione èsuddiviso nelle seguenti tre colonne:
• la prima colonna riporterà un numero progressivo per ogni passo;
• la seconda colonna conterrà una certa proposizione;
8.2 postulati e teoremi 89
• la terza colonna la giustificazione rigorosa della validità della proposizione,con eventuali riferimenti a righe precedenti, definizioni, assiomi, teoremiprecedentemente dimostrati, regole pratiche.
Alle volte, però, le dimostrazioni verranno condotte in modo discorsivo perchénon si prestano al tipo di esposizione descritto in precedenza.
Vediamo un esempio esplicativo, senza avere la pretesa di una immediatacomprensione
Teorema 8.2.1. In ogni triangolo, la somma degli angoli esterni è congruente a dueangoli piatti.
C
A B D
Hp: DBC angolo esterno triangolo ABCTh: DBC ∼= ACB+BAC
Dimostrazione. Prolunghiamo il lato AB dalla parte di B.
1. DBC+ABC ∼= π angoli adiacenti
2. ABC+ACB+BAC ∼= π teorema degli angoli interni
3. DBC ∼= ACB+BAC 1., 2., supplementari di uno stessoangolo
Come si può notare la fine di una dimostrazione è indicata da un quadratinovuoto sulla destra.
La struttura della dimostrazione illustrata in precedenza è quella di una dimo-strazione detta diretta: a partire dalle ipotesi, in modo diretto, attraverso tutti ipassaggi descritti, si giunge alla verifica delle tesi.
Esiste, però, anche una dimostrazione indiretta, detta dimostrazione per assur-do, la quale si può descrivere nel modo seguente. Indichiamo con Hp le ipotesi econ Th la tesi del nostro teorema. Supponiamo ora di negare la validità della tesie procediamo ad analizzare le conseguenze logiche di tale assunzione. In generaleesse porteranno ad uno dei seguenti casi:
• un postulato risulta falso;
• le Hp risultano false;
• un teorema precedentemente dimostrato risulta falso.
Evidentemente ciò non è possibile per il principio di non contraddizione, inquanto una proposizione non può essere contemporaneamente vera e falsa. Pertan-to le conseguente dell’assunzione che Th è falsa ci portanto ad una contraddizione,o come altrimenti si dice, ad un assurdo. L’assurdo è nato dall’aver suppostola tesi falsa, quindi, per il principio del terzo escluso, essa dovrà essere vera,concludendo in questo modo la dimostrazione del teorema.
9P O S T U L AT I D I A P PA RT E N E N Z A
In questa sezione iniziamo ad enunciare i postulati della Geometria euclidea. Lostudio dei postulati è di fondamentale importanza per la comprensione dellosviluppo che daremo all’intero corso. Essi, come già sottolineato nella precedentesezione, stabiliscono in modo preciso le proprietà degli enti primitivi, e, conle regole logiche elementari, permettono di dare un fondamento rigoroso alleproprietà delle figure geometriche che studieremo e dimostreremo rigorosamente.Tutte le figure geometriche saranno sempre intese come insiemi di punti.
Postulato 1. Per due punti distinti passa una ed una sola retta.
A
B
r
Il postulato asserisce che una retta è univocamente determinata da due punti.Essa è, intuitivamente, come l’avete sempre immaginata, vale a dire come unoggetto geometrico rappresentabile attraverso l’uso di un righello.
Postulato 2. Ogni retta contiene almeno due punti.
A
B
r
P
In effetti dedurremo che la retta contiene infiniti punti.I punti che appartengono ad una retta si dicono allineati. Dal primo postulato si
deduce che due punti sono sempre allineati.
Postulato 3. Esistono almeno tre punti non allineati.
Pettanto, considerata una retta r, esiste sicuramente un punto P /∈ r.
Teorema 9.0.2. Due rette distinte r ed s hanno al massimo un punto in comune.
Hp: r 6= s
Th: r∩ s = {P} ∨ r∩ s = �
P
r
s
Dimostrazione. Se le due rette non hanno punti in comune, allora segue immedia-tamente la tesi. Supponiamo che r∩ s 6= �.
90
91
1. Per assurdo r∩ s = {P,Q}
2. P ∈ r ∧ P ∈ s 1., definizione intersezione
3. Q ∈ r ∧ Q ∈ s 1., definizione intersezione
4. r = s 2., 3., postulato di appartenenza dellaretta
5. r 6= s Hp
6. Contraddizione 4., 5.
7. r∩ s = {P} 6.
Definizione 9.0.1. Due rette aventi un punto in comune si dicono incidenti.
Postulato 4. Per tre punti distinti e non allineati passa uno ed un solo piano.
Il piano è, pertanto, univocamente determinato da tre punti distinti, purché nonappartengano alla stessa retta.
Postulato 5. Se una retta ha due punti in comune col piano, allora è interamentecontenuta nel piano.
Dai postulati di appartenenza si deducono i seguenti risultati.
Teorema 9.0.3. Una retta r ed un punto A /∈ r individuano univocamente un piano α.
αA
B
C
r
Hp: r,A tali che A /∈ rTh: esiste α unico
Dimostrazione. .
1. r,A tali che A /∈ r Hp
2. esistono B,C ∈ rdistinti postulato di appartenenza della retta
3. A,B,C tre punti didtinti e nonallineati
1., 2.
4. esiste α unico 3., postulato di appartenenza del piano
Teorema 9.0.4. Due rette distinte r ed s individuano univocamente un piano α.
αC
BA
r
s
92
Hp: r 6= s
Th: esiste α unico
Dimostrazione. Dimostremo il teorema solo nel caso r∩ s = {A}.
1. r∩ s = {A} Hp
2. esistono B,A ∈ r distinti postulato di appartenenza della retta
3. esistono C,A ∈ s distinti postulato di appartenenza della retta
4. A,B,C tre punti distinti e nonallineati
2., 3.
5. esiste α unico 3., postulato di appartenenza del piano
10P O S T U L AT I D E L L’ O R D I N E
10.1 postulato della relazione di precedenza
Intuitivamente possiamo pensare di stabilire un verso di percorrenza sulla retta,in modo tale che resti definita una relazione di precedenza tra punti. Questaoperazione ricorda quella di ordinamento dei numeri. Il seguente postulatochiarisce la situazione ed enuncia le proprietà della relazione così costruita.
Postulato 6. Su una retta è possibile prefissare due orientamenti opposti. Una voltafissato uno dei due versi, resta definita una relazione di precedenza tra punti, denotatacol simbolo ≺ o col simbolo �, di modo che A ≺ B significa A precede B, mentre B � Asignifica B segue A. La scelta del verso è arbitraria. La relazione di precedenza gode delleseguenti proprietà, qualunque siano i punti A, B e C della retta:
A
B
C
r
1. Proprietà di tricotomia: una sola tra le seguenti è vera
A ≡ B A ≺ B B ≺ A
2. Proprietà transitiva
A ≺ B ∧ B ≺ C =⇒ A ≺ C
10.2 postulato di densità della retta
In questo paragrafo cominceremo a definire i sottoinsiemi della retta.
Definizione 10.2.1. Siano r una retta orientata, A ≺ B due suoi punti. Si definiscesegmento di estremi A e B la parte di retta costituita da tutti i punti P ∈ r tali cheA ≺ P ≺ B, oppure P ≡ A, oppure P ≡ B. Se A ≡ B, il segmento si dice nullo, ed ècostituito da un unico punto.
AB
r
Il segmento di estremi A e B si denota col simbolo AB o BA indifferentemente.La retta che contiene il segmento si chiama sostegno.
Definizione 10.2.2. Due segmenti si dicono consecutivi se hanno un estremo in comu-ne. Due segmenti si dicono adiacenti se sono consecutivi e se hanno lo stesso sostegno,cioé giacciono sulla stessa retta.
Definizione 10.2.3. Siano dati n punti P1,P2, ...,Pi,Pi+1, ...,Pn−1,Pn. Si definiscelinea spezzata o poligonale l’unione di due o più segmenti P1P2, P2P3,...,Pn−1Pntali che P1P2 e P2P3 sono consecutivi, P2P3 e P3P4 sono consecutivi, e così via. I puntiP1,P2, ...,Pi,Pi+1, ...,Pn−1,Pn si dicono vertici, i segmenti P1P2, P2P3,...,Pn−1Pnsi dicono lati della poligonale. Se i punti P1 (iniziale) e Pn (finale) sono distinti lapoligonale si dice aperta, se P1 ≡ Pn la poligonale si dice chiusa o poligono.
93
10.2 postulato di densità della retta 94
A1
A2
A3
A4
A5
B1
B2
B3
B4
B5
Nel seguito, intenderemo (con abuso di linguaggio) poligono di n lati la parte dipiano limitata i cui confini sono stabiliti dagli n lati del poligono, lati compresi. Laparte che non include i punti dei lati sarà la sua parte interna.
Postulato 7. Sia r una retta orientata e siano A e B due suoi punti distinti, con A ≺ B.Allora esiste un punto P ∈ r, distinto da A e B, tale che A ≺ P ≺ B .
A BP r
Corollario 10.2.1. Sia AB un segmento non nullo. Allora esso contiene infiniti punti.
BPA
r
· · ·
Dimostrazione. Siano A e B gli estremi distinti del segmento con A ≺ B. Dall’as-sioma di densità, esiste un punto C diverso dagli estremi tale che A ≺ C ≺ B;applicando ancora l’assioma di densità, tra A e C esiste il punto D, distinto daessi, tale che A ≺ D ≺ C; e così via, applicando ripetutamente il postulato didensità.
Pertanto, un segmento o contiene un unico punto (segmento nullo) o contieneinfiniti punti. Inoltre, il fatto che ogni segmento ha sempre una retta come sostegnoconduce al seguente
Corollario 10.2.2. La retta è un insieme infinito di punti.
Dimostrazione. Ogni segmento non nullo è un sottoinsieme di una retta (sostegno).Poiché esso è un insieme infinito di punti, segue la tesi.
Teorema 10.2.1. Per un punto A del piano passano infinite rette.
αA
B
C r
Dimostrazione. Il piano è univocamente determinato da un punto A e da una rettar tale che A /∈ r. La retta r contiene infiniti punti tutti distinti da A, per cui èpossibile costruire infinite rette passanti per A e per ciascun punto di r, in base alpostulato di appartenenza della retta.
10.3 postulato di illimitatezza della retta 95
Definizione 10.2.4. Sia C un punto del piano, l’insieme delle infinite rette passanti perC si dice fascio proprio di rette di centro C.
Teorema 10.2.2. Il piano contiene infiniti punti e infinite rette.
α
C
P1
P2B
A
Dimostrazione. Basterà dimostrare che il piano contiene infinite rette. Il piano èunivocamente determinato da tre punti distinti e non allineati A, B e C, in baseal postulato di appartenenza del piano. I punti A e B individuano univocamentela retta AB, la quale giace completamente sul piano perché ha i punti A e B incomune con esso. Ciascuna retta (sono infinite) individuata da un qualunquepunto P ∈ AB e dal punto C giace completamente nel piano perché ha in comunecon esso i punti P e C. Contenendo il piano infinite rette, esso contiene ancheinfiniti punti in quanto ogni retta contiene infiniti punti.
Introduciamo ora un altro sottoinsieme della retta.
Definizione 10.2.5. Sia r una retta orientata e sia P un suo punto. Si definisce semiret-ta di origine P ciascuna parte in cui il punto P suddivide la retta. L’origine P appartienead entrambe le semirette, le quali si dicono semirette opposte.
P
r
Le semirette verranno denotate con le lettere minuscole dell’alfabeto; altre voltesi indicheranno come AB dove la prima lettera A indica l’origine della semiretta,mentre la seconda indica un qualunque punto della semiretta diverso dall’origine.
Corollario 10.2.3. La semiretta è un insieme infinito di punti.
Dimostrazione. Lasciata per esercizio.
10.3 postulato di illimitatezza della retta
Postulato 8. Sia r una retta orientata e sia P un suo qualsiasi punto. Allora esiste unpunto A ∈ r tale che A ≺ P, ed esiste un punto B ∈ r tale che P ≺ B.
AB
P
r
10.4 postulato di partizione del piano 96
Il postulato di illimitatezza esprime la seguente idea intuitiva: la retta non ha néun inizio né una fine. Diremo che essa è un insieme illimitato di punti. Osserviamoche la proprietà di essere un insieme illimitato è più forte di quella di essere uninsieme infinito. Infatti, il segmento è un insieme infinito di punti ma non è uninsieme illimitato di punti. Schematicamente
illimitato =⇒ infinito
infinito ��=⇒ illimitato
10.4 postulato di partizione del piano
Postulato 9. Siano dati il piano α e la retta r contenuta in esso. Allora la retta rsuddivide il piano α in due parti α1 e α2 aventi le seguenti proprietà:
• per ogni coppia di puntiA,B ∈ α1 tali cheA,B /∈ r, il segmentoAB è interamentecontenuto in α1 e AB∩ r = �;
• per ogni coppia di punti A ∈ α1 e B ∈ α2 tali che A,B /∈ r, il segmento AB haintersezione non vuota con la retta r.
Definizione 10.4.1. Le parti α1 e α2 dell’assioma precedente si dicono semipiani. Laretta r, parte comune dei due semipiani, si dice origine dei semipiani.
Si deduce facilmente che anche i semipiani sono insiemi infiniti di punti. Inoltre,essi sono da una parte limitati dalla propria origine, mentre dall’altra sonoillimitati.
11P O S T U L AT I D I C O N G R U E N Z A
11.1 il movimento rigido e la congruenza tra figure
In matematica è opportuno utilizzare il simbolo di uguaglianza ‘=’ con moltaattenzione. Abbiamo in precedenza convenuto di pensare le figure geometrichecome insiemi di punti, ragion per cui bisogna essere coerenti col linguaggio dellateoria degli insiemi. In particolare, richiamiamo la seguente definizione.
Definizione 11.1.1. Due insiemi A e B si dicono uguali se hanno gli stessi elementi.
Nella geometria intuitiva si è soliti considerare uguali due figure che hanno lestesse dimensioni, anche se sono costituite da punti diversi del piano. Tutto ciònon è in accordo con la definizione data in precedenza, se vogliamo procederecon rigore.
Definizione 11.1.2. Un movimento rigido è una procedura ideale che porta una figurageometrica da una posizione del piano ad un’altra senza che ne vengano modificate ledimensioni. Due figure = e = ′ che si corrispondono mediante un movimento rigido sonodette congruenti o isometriche e si scrive = ∼= = ′.
C
AB
A ′
B ′
C ′
Si deduce che due figure geometriche uguali sono congruenti, ma due figurecongruenti non sono necessariamente uguali. Tutto ciò è riassunto dallo schema
= = = ′ =⇒ = ∼= = ′
= ∼= = ′ ��=⇒ = = = ′
11.2 postulati di congruenza
I postulati di congruenza sanciscono le proprietà della relazione di congruenza,nonché stabiliscono regole sulla composizione di figure geometriche di base, qualisegmenti e angoli.
Postulato 10. Siano dati un segmento AB ed una semiretta orientata a di origine C.Allora esiste un unico punto D ∈ a tale che AB ∼= CD.
AB
CD
AB ∼= CD
Il postulato stabilisce una regola per il confronto tra segmenti. Da esso si deduceche
97
11.2 postulati di congruenza 98
1. se il punto E è tale che C ≺ E ≺ D, allora CE è minore di AB, notazioneCE < AB;
AB
CDE
2. se il punto E è tale che C ≺ D ≺ E, allora CE è maggiore di AB, notazioneCA > AB.
AB
CDE
Postulato 11. Ogni segmento è congruente a sé stesso. Se AB ∼= CD e CD ∼= EF, alloraAB ∼= EF.
Il postulato asserisce semplicemente che la relazione di congruenza tra segmentigode delle proprietà riflessiva e transitiva. Inoltre, evidentemente, le due scrittureAB ∼= CD e CD ∼= AB sono equivalenti, per cui la relazione di congruenza trasegmenti gode dell’ulteriore proprietà simmetrica.
Definizione 11.2.1. Si definisce punto medio di un segmento non nullo il punto in-terno M tale AM ∼= MB. Ogni retta del fascio proprio di centro M diversa dal sostegnoAB si dice mediana del segmento AB.
A BM
AM ∼=MB
Possiamo ora esporre come costruire in modo effettivo l’unione o somma didue segmenti, in sintonia con i postulati di congruenza enunciati in precedenza.
Siano AB e CD due segmenti. Con un movimento rigido trasportiamo il se-condo segmento in modo tale che C ≡ B e si ottengano due segmenti adiacenti.Il segmento AD così ottenuto si dice il segmento somma di AB e CD. Restacosì definita l’operazione di addizione tra segmenti, la quale gode delle usualiproprietà, vale a dire associativa, commutativa, dell’elemento neutro (il segmentonullo).
A B ≡ C D
C
D
AD ∼=AB+CD
11.2 postulati di congruenza 99
Possiamo ora esporre come costruire in modo effettivo l’unione o somma didue segmenti, in sintonia con i postulati di congruenza enunciati in precedenza.
Siano AB e CD due segmenti. Con un movimento rigido trasportiamo il se-condo segmento in modo tale che C ≡ B e si ottengano due segmenti adiacenti.Il segmento AD così ottenuto si dice il segmento somma di AB e CD. Restacosì definita l’operazione di addizione tra segmenti, la quale gode delle usualiproprietà, vale a dire associativa, commutativa, dell’elemento neutro (il segmentonullo).
La differenza AB−CD di segmenti verrà definita a patto che non si verifichi lacondizione AB < CD. Consideriamo, pertanto, tali segmenti con la condizioneposta:
• se AB ∼= CD, allora si conviene di assumere che la differenza AB−CD siail semento nullo;
• se AB > CD, allora con un movimento rigido trasportiamo il secondosegmento in modo tale che C ≡ A e i due segmenti abbiano lo stessosostegno; per l’ipotesi fatta risultaA ≺ D ≺ B. Il segmentoDB è il segmentodifferenza di AB e CD.
Resta così definita un’operazione di sottrazione tra segmenti, con la ipotizzatalimitazione.
Postulato 12. Siano A, B, e C tre punti della retta orientata r tali che A ≺ B ≺ C,e siano D, E, e F tre punti della retta orientata s tali che D ≺ E ≺ F. Se AB ∼= DE eBC ∼= EF, allora AC ∼= DF. Inoltre, se AC ∼= DF e AB ∼= DE, allora BC ∼= EF.
Il postulato asserisce che segmenti che sono somma o differenza di segmenticongruenti sono a loro volta congruenti.
Definizione 11.2.2. Siano a e b due semirette orientate aventi la stessa origine V . Sidefinisce angolo ciascuna parte in cui le semirette dividono il piano. Il punto V si chiamavertice e le semirette lati dell’ angolo, i cui punti sono comuni alle due parti.
V
Con riferimento alla definizione precedente, siano dati i punti A ∈ a e B ∈ b. Siconverrà di orientare i due angoli individuati in senso antiorario.
A
B
V
b
a
αβ
In base alla figura, l’angolo α avrà come primo lato a e come secondo lato b, dicontro l’angolo β avrà come primo lato b e come secondo lato a. Essi verrannodenotati entrambi con AVB, purché non sorgano dubbi, dal contesto, a qualeangolo ci si riferisca.
Per parte interna di un angolo intenderemo i punti dell’angolo che non appar-tengono ai suoi lati. Per parte esterna dell’angolo intenderemo i punti che nonappartengono all’angolo.
11.2 postulati di congruenza 100
Definizione 11.2.3. Si definisce angolo convesso l’angolo la cui parte interna noncontiene i prolungamenti dei lati. L’angolo la cui parte interna contiene i prolungamentidei lati si dice angolo concavo.
Vconvesso
concavo
Definizione 11.2.4. Un poligono si dice convesso se i prolungamenti di tutti i suoi latinon passano al suo interno, altrimenti si dice concavo.
Postulato 13. Siano dati un angolo AVB ed una semiretta orientata UD di origine U.Allora esiste un’unica semiretta orientata UC di origine U tale che AVB ∼= CUD.
V
A
B
U
D
C
AVB ∼= CUD
Il postulato stabilisce una regola per il confronto tra angoli. Da esso si deduceche
1. se la semiretta UD è interna all’angolo AVB, allora l’angolo CUD è minoredell’angolo AVB, notazione CUD < AVB;
B
DU ≡ V U
D
C
A ≡ C
CUD < AVB
2. se la semiretta UD è esterna all’angolo AVB, allora l’angolo CUD è mag-giore dell’angolo AVB, notazione CUD > AVB
11.2 postulati di congruenza 101
D
BU ≡ V U
D
C
A ≡ C
CUD > AVB
Postulato 14. Ogni angolo è congruente a sé stesso. Dati tre angoli α, β e γ: se α ∼= β
e β ∼= γ, allora α ∼= γ.
Definizione 11.2.5. Due angoli si dicono consecutivi se hanno il vertice ed un lato incomune.
Cominciamo ora a definire alcuni angoli particolari.
Definizione 11.2.6. Si definisce angolo giro l’angolo avente come lati due semirettecoincidenti.
V a ≡ b
I punti delle due semirette sovrapposte individuano il cosiddetto angolo nullo,il quale è l’unico angolo che ha parte interna vuota. In base alla definizionel’angolo giro è costituito da tutti i punti del piano.
Possiamo ora esporre come costruire in modo effettivo l’unione o somma didue angoli, in sintonia con i postulati di congruenza enunciati in precedenza.
Siano α un angolo di primo lato a e secondo lato b con vertice V (indicatocon aVb), β un angolo di primo lato c e secondo lato d con vertice W(indicatocon cWd). Con un movimento rigido trasportiamo il secondo angolo in modotale che V ≡ W e c ≡ b; si ottiene così un angolo γ di vertice V , primo lato a esecondo lato b (indicato con aVd), detto angolo somma di α e β, a patto che nonsia maggiore di un angolo giro. Resta così definita un’operazione di addizionetra angoli per cui valgono le usuali proprietà, vale a dire associativa, commutativa,proprietà dell’elemento neutro (angolo nullo). Si scriverà γ = α+β.
La differenza α − β di angoli verrà definita a patto che non si verifichi lacondizione α < β. Facendo riferimento alle notazioni precedenti
• se α ∼= β, allora α−β è congruente all’angolo nullo;
• se α > β, allora con un un movimento rigido trasportiamo il secondoangolo in modo tale che V ≡W e c ≡ a, per cui sicuramente la semiretta dè interna all’angolo α; si considera così l’angolo δ di vertice V , primo lato ce secondo lato b (indicato con cVb), detto angolo differenza di α e β.
Resta così definita un’operazione di sottrazione tra angoli, con la ipotizzatalimitazione.
11.2 postulati di congruenza 102
Postulato 15. Dati gli angoli α, β, α ′ e β ′, se α ∼= α ′ e β ∼= β ′, allora α+β ∼= α ′+β ′.Se α�<β e α ′�<β ′ e se α ∼= α ′ e β ∼= β ′, allora α−β ∼= α ′ −β ′.
Il postulato asserisce che angoli che sono somma o differenza di angoli con-gruenti sono a loro volta congruenti.
Definizione 11.2.7. Si definisce angolo piatto l’angolo avente come lati due semiretteopposte, cioé l’una il prolungamento dell’altra.
V ab
In base alla definizione ciascun angolo piatto è un semipiano, per cui si ottieneimmediatamente il seguente
Corollario 11.2.1. Ciascun angolo piatto è congruente alla metà di un angolo giro.Pertanto tutti gli angoli piatti sono congruenti.
Dimostrazione. Infatti, con un movimento rigido si ottiene che i due semipianisono perfettamente sovrapponibili.
Definizione 11.2.8. Sia dato un angolo di vertice V . Si definisce bisettrice dell’angolola semiretta di origine V che divide l’angolo in due parti congruenti.
V
a
c
b
β
α
α ∼= β
Definizione 11.2.9. Dato un angolo piatto e condotta la sua bisettrice, ciascun angoloche si viene a determinare si dice angolo retto.
V ab
c
αβ
α ∼= β
11.2 postulati di congruenza 103
Pertanto, ciascun angolo retto è congruente alla metà di un angolo piatto.Per estensione, due rette incidenti che formano quattro angoli retti si diconoperpendicolari. Studieremo in maggior dettaglio la relazione di perpendicolaritàtra rette in un prossimo capitolo.
Conveniamo di utilizzare le seguenti notazioni. Un qualunque angolo piattoverra indicato con la lettera greca π; di conseguenza l’angolo giro verrà denotatocon 2π, mentre ogni angolo retto verrà denotato con π
2 .
Definizione 11.2.10. Si definisce asse del segmento AB la retta a che è perpendicolareal segmento nel suo punto medio.
A M B
a
Vediamo ora di definire particolari relazioni su coppie di angoli.
Definizione 11.2.11. Due angoli si dicono complementari se la loro somma è con-gruente ad un angolo retto; due angoli si dicono supplementari se la loro somma ècongruente ad un angolo piatto.
Definizione 11.2.12. Due angoli si dicono opposti al vertice se i lati dell’uno sono iprolungamenti dei lati dell’altro.
V
a ′
b ′
a
b
É evidente che due rette incidenti individuano due coppie di angoli opposti alvertice.
Stabiliamo le seguenti importanti proprietà.
Teorema 11.2.1. Angoli complementari di uno stesso angolo sono congruenti.
Hp: α+β ∼= π2 ∧ α+ γ ∼= π
2
Th: β ∼= γ
11.2 postulati di congruenza 104
Dimostrazione. .
1. α+β ∼= π2 Hp
2. α+ γ ∼= π2 Hp
3. α+β ∼= α+ γ 1., 2., proprietà transitiva
4. β ∼= γ 3., differenza di angoli congruenti
Allo stesso modo si dimostra
Teorema 11.2.2. Angoli supplementari di uno stesso angolo sono congruenti.
Definizione 11.2.13. Due angoli consecutivi si dicono adiacenti se sono anche supple-mentati.
Vc a
b
La relazione di consecutività tra due angoli è più generale della relazione diadiacenza, come illustrato dal seguente schema
α e β adiacenti =⇒ α e β consecutivi
α e β consecutivi ��=⇒ α e β adiacenti
Allo stesso modo
α e β adiacenti =⇒ α e β supplementari
α e β supplementari ��=⇒ α e β adiacenti
in quanto due angoli supplementari possono occupare parti di piano arbitrarie.
Teorema 11.2.3. Angoli opposti al vertice sono congruenti.
Vα
β
γ
α ∼= β
Hp: α e β angoli opposti al vertice
Th: α ∼= β
11.2 postulati di congruenza 105
Dimostrazione. Indichiamo con γ l’angolo adiacente sia ad α che a β.
1. α+ γ ∼= π angoli adiacenti
2. β+ γ ∼= π angoli adiacenti
3. α+ γ ∼= β+ γ 1., 2., proprietà transitiva
4. α ∼= β 3., supplementari di uno stesso angolo
12I C R I T E R I D I C O N G R U E N Z A P E R I T R I A N G O L I
In questa sezione studieremo una delle figure geometriche più importanti: iltriangolo. La conoscenza delle definizioni e delle proprietà che riguardano itriangoli sono fondamentali per lo studio delle figure geometriche più complesse.In particolare, i criteri di congruenza dei triangoli costituiranno una tecnicamolto potente nella conduzione delle dimostrazioni nel seguito di questo corso.Dedurremo diversi teoremi fondamentali per i triangoli, studieremo le due piùsemplici isometrie: le simmetrie centrale e assiale.
12.1 definizione e classificazione dei triangoli
É ben nota la seguente
Definizione 12.1.1. Si definisce triangolo un poligono avente tre lati.
Ogni triangolo ha tre vertici e tre angoli interni. Sulla base di caratteristicheparticolari di lati e angoli è possibile classificare i triangoli.
Definizione 12.1.2. Si definisce triangolo scaleno un triangolo in cui non ci sono laticongruenti.
C
A B
Il triangolo scaleno è evidentemente il triangolo più generale e ogni proprietàvalida per esso sarà ereditata da ogni altro triangolo particolare, con gli opportuniaggiustamenti. Si vedrà più avanti che in un triangolo scaleno non ci sono angolicongruenti.
Definizione 12.1.3. Si dice triangolo isoscele un triangolo avente almeno due laticongruenti. Un triangolo isoscele in cui tutti e tre i lati sono congruenti è detto triangoloequilatero.
C
A B
C ′
A ′ B ′
osservazione : Risulta evidente che la deduzione
ABC equilatero =⇒ ABC isoscele
risulta corretta, mentre quella inversa no. La situazione può essere illustrataattraverso il seguente diagramma di Eulero, nel quale E rappresenta l’insieme deitriangoli equilateri, I quello dei triangoli isosceli.
106
12.1 definizione e classificazione dei triangoli 107
EI
In un triangolo isoscele, l’angolo formato dai due lati congruenti è detto angoloal vertice, il lato che si oppone all’angolo al vertice base canonica, gli angoli adiacentialla base canonica angoli alla base.
In un triangolo equilatero, ciascun angolo può essere riguardato sia come angoloalla base, sia come angolo al vertice.
Classifichiamo, ora, i triangoli sulla base degli angoli.
Definizione 12.1.4. Si definisce triangolo acutangolo un triangolo in cui tutti gliangoli sono acuti, cioé minori di un angolo retto.
A B
C
Definizione 12.1.5. Si definisce triangolo ottusangolo un triangolo avente un angoloottuso, cioé maggiore di un angolo retto e minore di un angolo piatto.
C
A B
Definizione 12.1.6. Un triangolo con un angolo retto si dice triangolo rettangolo. Ilati dell’angolo retto sono denominati cateti, il terzo lato ipotenusa.
C
A B
Definizione 12.1.7. In un triangolo, si definisce mediana di un lato, il segmentocondotto dal punto medio del lato stesso al vertice opposto ad esso.
Le mediane di un triangolo sono tre; proveremo che si incontrano in un puntodetto baricentro, che per ogni triangolo è un punto interno.
12.2 i criteri di congruenza dei triangoli 108
C
AB
M
NP
G
Definizione 12.1.8. In un triangolo, si definisce bisettrice di un angolo interno, ilsegmento di bisettrice dell’angolo stesso, condotto dal suo vertice e avente come secondoestremo un punto del lato opposto.
Le bisettrici di un triangolo sono tre; proveremo che si incontrano in un puntodetto incentro, che per ogni triangolo è un punto interno.
C
A B
I
A ciascun angolo interno di un triangolo si associa una coppia di angoli, comesegue.
Definizione 12.1.9. In un triangolo, si definisce angolo esterno associato ad un angolointerno, ciascuno dei due angoli adiacenti ad esso, formati da uno dei suoi lati e dalprolungamento dell’altro.
C
A
BD
E
Il fatto che gli angoli esterni associati ad un angolo interno siano due puòsembrare una complicazione, ma essa viene immediatamente fugata dalla figuraprecedente che ispira il seguente
Teorema 12.1.1. Gli angoli esterni associati ad un angolo interno sono congruenti.
Dimostrazione. Sono opposti al vertice.
12.2 i criteri di congruenza dei triangoli
La congruenza conserva sia le dimensioni che la forma delle figure geometriche. Inparticolare, due triangoli sono congruenti se ciascun lato del primo è congruenteal lato corrispondente del secondo, e così anche per gli angoli. Occorre pertantoconfrontare tra loro sei informazioni per ciascun triangolo. I criteri di congruenzadei triangoli ci assicurano, invece, che sono sufficienti tre informazioni per ciascuntriangolo, a patto che siano opportune.
12.2 i criteri di congruenza dei triangoli 109
Teorema 12.2.1 (Primo criterio di congruenza). Se due triangoli hanno ordinatamentecongruenti due lati e l’angolo da essi formato, allora essi sono congruenti.
C
A B
C ′
A ′ B ′
Hp: AB ∼= A ′B ′ ∧BC ∼= B ′C ′ ∧ B ∼= B ′
Th: ABC ∼= A ′B ′C ′
Dimostrazione. Con un movimento rigido trasportiamo il triangolo A ′B ′C ′ comesegue. Poiché B ∼= B ′, trasportiamo l’angolo B ′ sopra l’angolo B, in modo cheB’ vada su B. Siccome AB ∼= A ′B ′ e BC ∼= B ′C ′, anche A’ cade su A e C’ su C.Avendo i tre vertici coincidenti, i due triangoli risultano congruenti.
Teorema 12.2.2 (Secondo criterio di congruenza). Se due triangoli hanno ordinata-mente congruenti due angoli e il lato tra essi compreso, allora essi sono congruenti.
C
A B
C ′
A ′ B ′
Hp:AB ∼= A ′B ′ ∧ A ∼= A ′ ∧ B ∼= B ′
Th: ABC ∼= A ′B ′C ′
Dimostrazione. Con un movimento rigido trasportiamo il triangolo A ′B ′C ′ comesegue. Poiché AB ∼= A ′B ′, A’B’ si sovrappone a AB; siccome A ∼= A ′ ∧ B ∼= B ′,la retta A’C’ si sovrappone ad AC, il lato B’C’ si sovrappone a BC; sapendo chedue rette incidenti s’incontrano in un solo punto, si deduce che anche il verticeC’ si sovrappone a C. Avendo i tre vertici coincidenti, i due triangoli risultanocongruenti.
Teorema 12.2.3 (Secondo criterio di congruenza generalizzato). Se due trian-goli hanno ordinatamente congruenti due angoli e un lato qualunque, allora essi sonocongruenti.
La dimostrazione del secondo criterio generalizzato verrà esposta nel capito sulparallelismo.
Teorema 12.2.4 (Terzo criterio di congruenza). Se due triangoli hanno ordinatamentecongruenti i tre lati, allora essi sono congruenti.
La dimostrazione del terzo criterio di congruenza è omessa.Come già accennato, i criteri di congruenza dei triangoli saranno uno strumento
potente per condurre gran parte delle dimostrazioni di questo corso. In parti-colare, diamo le seguenti regole pratiche, delle quali alcune sono un’immediataconseguenza dei postulati di congruenza.
12.3 esercizi 110
Regola pratica 1. Se si desidera dimostrare che due segmenti sono congruenti, allorasi considerano due triangoli che hanno quei segmenti come lati, si dimostra che i duetriangoli sono congruenti, quindi si applica la seguente
Regola pratica 2. In triangoli congruenti, ad angoli congruenti si oppongono laticongruenti.
Regola pratica 3. Se si desidera dimostrare che due angoli sono congruenti, allora siconsiderano due triangoli che hanno quegli angoli come angoli interni, si dimostra che idue triangoli sono congruenti, quindi si applica la seguente
Regola pratica 4. In triangoli congruenti, a lati congruenti si oppongono angoli con-gruenti.
Regola pratica 5. SeAB ∼= CD e EF ∼= GH, alloraAB+EF ∼= CD+GH eAB−EF ∼=
CD−GH, allorquando la differenza tra segmenti ha significato in base alle regole inmerito già definite.
Regola pratica 6. Se A ∼= B e C ∼= D, allora A + C ∼= B+ D e A − C ∼= B− D,allorquando la somma e la differenza tra angoli hanno significato, in base alle regole inmerito già stabilite.
Nelle dimostrazioni dei teoremi, l’applicazione dei criteri di congruenza saràevidenziata con le diciture abbreviate 1° c.c., 2° c.c., 3° c.c., 2° c.c.g..
12.3 esercizi
1. Sia C un punto dell’angolo convesso XOY e A e B due punti dei lati OXe OY dell’angolo taòi che OA ∼= OB. Dimostra che i triangoli BCO e ACOsono congruenti.
2. Sia ABC un triangolo. Sulla bisettrice dell’angolo BAC considera due puntiD ed E tali che AD ∼= AB e AE ∼= AC. Dimostra che BE ∼= DC.
3. Disegna due triangoli congruenti ABC e A ′B ′C ′. Sui lati congruenti AB eA ′B ′, considera i punti D e D ′ in modo che AD ∼= A ′D ′. Dimostra che gliangoli CDB e C ′D ′B ′ sono congruenti.
4. Disegna un angoloAVB e la sua bisettrice VC. Da un punto E della bisettricetraccia una retta che forma con la bisettrice due angoli retti. Questa rettainterseca i lati dell’angolo nei punti A e B. Dimostra che AO ∼= BO.
5. Disegna il triangolo ABC, con AB > AC. Traccia la bisettrice AD dell’angoloA. Dal punto D traccia una semiretta che formi con la bisettrice stessa unangolo congruente all’angolo ADC. Tale semiretta incontra AB nel punto E.Dimostra che CD e DE sono congruenti.
6. Disegna i triangoli congruenti ABC e A ′B ′C ′. Dimostra che le bisettrici didue angoli congruenti sono congruenti.
7. Dimostra che due triangoli, che hanno congruenti due lati e la medianarelativa ad uno dei due, sono congruenti.
8. Disegna due segmenti congruenti AB e DE. Costruisci su essi due triangoliequilateri ABC e DEF. Dimostra che i triangoli sono congruenti. Puoidimostrare ancora la congruenza se costruisci sui due segmenti due triangoliisosceli?
13T E O R E M I D I C A R AT T E R I Z Z A Z I O N E D E I T R I A N G O L II S O S C E L I
In questo paragrafo enunceremo e dimostreremo importanti proprietà che caratte-rizzano i triangoli isosceli. Cominciamo col notissimo
Teorema 13.0.1 (Teorema diretto per i triangoli isosceli). In ogni triangolo isoscele,gli angoli alla base sono congruenti.
C
A B
D E
Hp: ABC isoscele ∧ AC ∼= BC
Th: ABC ∼= BAC
Dimostrazione. Costruzione: prolunghiamo i lati AC e BC, dalla parte di A e diB, e scegliamo rispettivamente su tali prolungamenti due punti D ed E tali cheAD ∼= BE; congiungiamo, quindi, B con D, A con E.
1. Consideriamo i triangoli BCD eACE
2. AC ∼= BC Hp
3. AD ∼= BE costruzione
4. CD ∼= CE 2., 3., somma di segmenti congruenti
5. C in comune figura
6. BCD ∼= ACE 2., 4., 5., 1° c.c.
7. AE ∼= BD 6., 5., si oppongono ad angoli congruen-ti
8. CAE ∼= CBD 6., si oppongono a lati congruenti
9. Consideriamo i triangoli ABD eABE
10. AB in comune figura
11. ABD ∼= ABE 3., 7., 10., 3° c.c.
12. BAE ∼= ABD 11., si oppongono a lati congruenti
13. ABC ∼= BAC 8., 12., differenza di angoli congruenti
Corollario 13.0.1. I triangoli equilateri sono equiangoli, cioè hanno tutti e tre gli angolicongruenti.
Dimostrazione. Semplice esercizio.
111
112
Vale anche il viceversa del teorema diretto.
Teorema 13.0.2. (Teorema inverso per i triangoli isosceli) Ogni triangolo con dueangoli congruenti è isoscele.
C
A B
D E
Hp: ABC ∼= BAC
Th: ABC isoscele
Dimostrazione. Si utilizza la stessa costruzione del teorema diretto.
1. Consideriamo ABD e ABE
2. CAD ∼= CBE ∼= π figura
3. ABC ∼= BAC Hp
4. BAD ∼= ABE 2., 3., differenza di angoli congruenti
5. AD ∼= BE costruzione
6. AB in comune figura
7. ABD ∼= ABE 4., 5., 6., 1° c.c.
8. AE ∼= BD 7., si oppongono ad angoli congruenti
9. AEB ∼= ADB 7., si oppongono a lati congruenti
10. ABD ∼= BAE 7., si oppongono a lati congruenti
11. CAE ∼= CBD 3., 10., somma di angoli congruenti
12. Consideriamo CDB e CAE
13. CDB ∼= CAE 8., 9., 11., 2° c.c.
14. AC ∼= BC 13., si oppongono ad angoli congruenti
15. ABC isoscele 14., definizione triangolo isoscele
Corollario 13.0.2. Un triangolo equiangolo è anche equilatero.
Dimostrazione. Chiaro.
osservazione: I teoremi diretto e inverso per i triangoli isosceli si possonoriassumere dicendo che: un triangolo è isoscele se, e solo se, gli angoli alla base sonocongruenti (simbolo ⇐⇒). Pertanto, fermo restando che la definizione di trian-golo isoscele è quella già data, possiamo esprimerla in maniera alternativa come:triangolo isoscele è quel triangolo che ha almeno due angoli congruenti. L’estensione aitriangoli equilateri è evidente.
13.1 il primo teorema dell’angolo esterno 113
13.1 il primo teorema dell’angolo esterno
Nel paragrafo 6.1 abbiamo introdotto il concetto di angolo esterno di un triangolo.Conosciamo già la relazione che sussiste tra un angolo interno e la coppia diangoli esterni ad esso associati: l’angolo interno e ognuno degli angoli esterni sonoadiacenti. Ci chiediamo ora se sussistono relazioni tra ciascun angolo esterno e gliangoli interni ad esso non adiacenti. La risposta è affermativa ed è stabilita daidue teoremi dell’angolo esterno, e, in questo paragrafo, enunciamo e dimostriamosolo il primo.
Teorema 13.1.1 (Primo teorema dell’angolo esterno). In ogni triangolo, un angoloesterno è maggiore di ciascun angolo interno ad esso non adiacente.
A B
C
D
M
F
Hp: ABC+CBD ∼= ABC+ABD ∼= π
Th: ABE > CAB, CBD > ACB
Dimostrazione. Dimostriamo dapprima che CBD > ACB. Costruzione: Conside-riamo il punto medio M del lato BC, conduciamo la semiretta AM, di origineA, e su di essa individuiamo il punto F tale che AM ∼= MF, per cui F è internoall’angolo esterno CBD. Congiungiamo F con B.
1. CBD > CBF F interno a CBD
2. Consideriamo i triangoli ACM eBFM
3. CM ∼= MB per costruzione
4. AM ∼= MF per costruzione
5. AMC ∼= BMF angoli opposti al vertice
6. ACM ∼= BFM 3., 4., 5., 1° c. c.
7. MBF ∼= ACB 6., si oppongono a lati congruenti
8. CBD > ACB 1., 7.
A B
C
M
E
F
Dimostriamo, infine, che ABE > CAB. Costruzione: Consideriamo il puntomedio M del lato AB, conduciamo la semiretta CM, di origine C, e su di essa
13.2 teoremi sulla disuguaglianza triangolare 114
individuiamo il punto F tale che CM ∼= MF, per cui F è interno all’angolo esternoABE. Congiungiamo F con B.
1. ABE > ABF F interno a ABE
2. Consideriamo i triangoli ACM eBFM
3. AM ∼= MB per costruzione
4. CM ∼= MF per costruzione
5. AMC ∼= BMF angoli opposti al vertice
6. ACM ∼= BFM 3., 4., 5., 1° c. c.
7. MBF ∼= CAB 6., si oppongono a lati congruenti
8. ABE > CAB 1., 7.
13.2 teoremi sulla disuguaglianza triangolare
Nel precedente paragrafo abbiamo dedotto che in un triangolo isoscele a laticongruenti si oppongono angoli congruenti, e viceversa. Ci chiediamo ora se èpossibile determinare una relazione tra un lato e l’angolo opposto in un triangoloscaleno. La risposta è affermativa ed è stabilita dai seguenti teoremi.
Teorema 13.2.1. Consideriamo un triangolo che abbia due lati non congruenti. Allora alato maggiore si oppone angolo maggiore.
A B
C
D
Hp: AC < ABTh: ABC < ACB
Dimostrazione. Poiché AC < AB, si considera un punto D interno al segmentoAB tale che AC ∼= AD.
1. ACD < ACB CD interno all’angolo ACB, percostruzione
2. Consideriamo il triangolo ACD
3. AC ∼= AD costruzione
4. ACD isoscele 3., def. triangolo isoscele
5. ACD ∼= ADC 4., teorema diretto triangoli isosceli
6. ADC < ACB 1., 5.
7. Consideriamo il triangolo BCD
8. ADC > ABC 1° teorema dell’angolo esterno
9. ABC < ACB 6., 8., proprietà transitiva del <
Le proprietà che seguono sono i noti teoremi della disuguaglianza triangolare,già studiati in maniera intuitiva durante la scuola media.
13.2 teoremi sulla disuguaglianza triangolare 115
Teorema 13.2.2 (Primo Teorema della disuguaglianza triangolare). In ogni trian-golo, un lato qualunque è minore della somma degli altri due.
C
A B
D
Hp: ABC triangolo, AB lato qualunqueTh: AB < AC+BC
Dimostrazione. Costruzione: prolunghiamo il lato BC, dalla parte di C, di unsegmento CD ∼= AC; congiungiamo D con A.
1. Per assurdo AB > AC+BC
2. AC ∼= CD costruzione
3. ACD isoscele 2., definizione triangolo isoscele
4. ADC ∼= DAC 3., teorema diretto triangoli isosceli
5. AB > CD+BC 1., 2.
6. AB > BD 5., somma segmenti adiacenti
7. Consideriamo ABD
8. ADB > DAB 6., a lato maggiore si oppone angolomaggiore
9. DAB ∼= DAC+CAB unione di angoli consecutivi
10. ADB < DAB 9.
11. Contraddizione 8., 10.
12. AB < AC+BC 11.
Teorema 13.2.3 (Secondo Teorema della disuguaglianza triangolare). In ognitriangolo, un lato è maggiore della differenza degli altri due, qualora quest’ultima abbiasignificato.
Hp: ABC triangolo, AB lato qualunque, BC > AC
Th: AB > BC−AC
Dimostrazione. Con riferimento alla dimostrazione e alla figura del primo teoremadella disuguaglianza triangolare
1. BC < AB+AC primo teorema disuguaglianza triango-lare
2. AC ∼= AC proprietà riflessiva
3. BC−AC < AB+AC−AC compatibilità di < con −
4. BC−AC < AB 3.
Vale anche il viceversa del teorema 13.2.1
13.3 le simmetrie centrale e assiale 116
Teorema 13.2.4. Consideriamo un triangolo che abbia due angoli non congruenti. Alloraad angolo maggiore si oppone lato maggiore.
C
A BD
Hp: ABC < ACBTh: AC < AB
Dimostrazione. Costruzione: Poiché ABC < ACB, conduciamo la semiretta di ori-gine C, che incontra AB in D, tale che DCB ∼= ABC.
1. Consideriamo BCD
2. DCB ∼= ABC costruzione
3. BCD isoscele 2., teorema inverso triangoli isosceli
4. CD ∼= BD 3., definizione triangolo isoscele
5. Consideriamo ADC
6. AC < AD+CD primo teorema disuguaglianza triango-lare
7. AB ∼= AD+DB somma segmenti adiacenti
8. AB ∼= AD+CD 4., 7.,
9. AC < AB 6., 8.
13.3 le simmetrie centrale e assiale
Lo studio delle simmetrie è molto importante in Geometria. In questo paragrafostudieremo le rappresentazioni delle simmetrie centrale e assiale e le definizioniche daremo saranno operative, vale a dire stabiliranno una procedura precisa percui, a partire da una data figura, sarà possibile costruire, con riga e compasso, lafigura simmetrica. Proveremo che le simmetrie centrale e assiale sono isometrie,cioé conservano le dimensioni.
Diamo intanto la seguente
Definizione 13.3.1. Sia O un punto del piano; si definisce circonferenza di centro Ol’insieme dei punti del piano P equidistanti da O. Ciascuno dei segmenti OP, al variaredi P sulla cironferenza, si chiama raggio della circonferenza.
Studieremo in modo approfondito la circonferenza nel secondo anno di corso.
Definizione 13.3.2. Siano dati un punto O, detto centro di simmetria, ed un puntoqualsiasi P del piano. Si definisce simmetrico di P rispetto a O il punto Q ottenutocome segue:
1° si traccia la retta OP
2° si descrive la circonferenza di centro O e raggio OP
3° si individua l’intersezione Q della circonferenza con la retta OP, dalla parte oppo-sta a P rispetto a O.
In una simmetria centrale, il centro di simmetria è l’unico punto del piano cheha come simmetrico sé stesso.
13.3 le simmetrie centrale e assiale 117
osservazione : Per costruire il simmetrico di un segmento AB si determinanoi simmetrici dei due estremi A e B ottenendo, rispettivamente, A ′ e B ′, quindiA ′B ′ è il simmetrico del segmento dato. Per un qualunque poligono di n latisi procede in modo analogo determinando il simmetrico di ogni singolo verticeottenendo così il poligono simmetrico.
Stabiliamo la seguente notazione. In generale, per denotare che la figura geo-metrica G è simmetrica della figura F rispetto al centro di simmetria O, si scriveσO(F) = G. É evidente che, in base alla definizione operativa, risulta σO(G) = F,cioè la figura simmetrica di G rispetto ad O è la figura F.
É fondamentale la seguente proprietà.
Teorema 13.3.1. La simmetria centrale è un’isometria, cioé il simmetrico di un segmentoè un segmento congruente al primo.
O
B ′
B
A
A ′
Hp: AO ∼= OA ′ ∧BO ∼= OB ′
Th: AB ∼= A ′B ′
Dimostrazione. La figura precedente illustra la costruzione del simmetrico di ABrispetto ad O.
1. Consideriamo i triangoli AOB eA ′OB ′
2. AO ∼= OA ′ Hp
3. BO ∼= OB ′ Hp
4. AOB ∼= A ′OB ′ angoli opposti al vertice
5. AOB ∼= A ′OB ′ 2., 3., 4., 1° c. c.
6. AB ∼= A ′B ′ 5., si oppongono ad angoli congruenti
Nella sezione sul parallelismo dimostreremo che i due segmenti sono ancheparalleli. In generale, in una simmetria centrale ad ogni retta corrisponde una rettaparallela alla prima.Vediamo ora la definizione operativa di simmetria assiale.
Definizione 13.3.3. Siano dati una retta a, detta asse di simmetria, ed un puntoqualsiasi P del piano. Si definisce simmetrico di P rispetto ad a il punto Q ottenutocome segue:
1° si traccia la retta r perpendicolare ad a e passante per P
2° si individua l’intersezione a∩ r = {C}
3° si determina il simmetrico Q di P rispetto a C.
In una simmetria assiale, ogni punto dell’asse di simmetria ha come simmetricosé stesso.
Le argomentazioni dell’osservazione precedente valgono anche per la simmetriaassiale.
13.3 le simmetrie centrale e assiale 118
Stabiliamo la seguente notazione. In generale, per denotare che la figura geo-metrica G è simmetrica della figura F rispetto all’asse di simmetria a, si scriveΣa(F) = G. É evidente che, in base alla definizione operativa, risulta Σa(G) = F,cioè la figura simmetrica di G rispetto ad a è la figura F.
Teorema 13.3.2. La simmetria assiale è un’isometria, cioé il simmetrico di un segmentoè un segmento congruente al primo.
A B
A ′
B ′C
Da
Hp: AD ∼= DA ′ ∧BC ∼= CB ′
Th: AB ∼= A ′B ′
Dimostrazione. Costruiamo il simmetrico A ′B ′ di AB rispetto all’asse a. Siano C eD i punti d’intersezione rispettivamente con le perpendicolari per B e A all’asse.Tracciamo i segmenti AC e A ′C.
1. Consideriamo i triangoli ACD eA ′CD
2. CD in comune
3. AD ∼= DA ′ Hp
4. ADC ∼= A ′DC ∼= π2 Hp
5. ACD ∼= A ′CD 2., 3., 4., 1° c. c.
6. AC ∼= A ′C 5., si oppongono ad angoli congruenti
7. ACD ∼= A ′CD 5., si oppongono a lati congruenti
8. Consideriamo i triangoli ACB eA ′CB ′
9. BC ∼= CB ′ Hp
10. BCD ∼= B ′CD ∼= π2 Hp
11. ACB ∼= A ′CB ′ 10., 7., differenza di angoli congruenti
12. ACB ∼= A ′CB ′ 6., 9., 11., 1° c. c.
13. AB ∼= A ′B ′ 12., si oppongono ad angoli congruenti
Definizione 13.3.4. Una figura geometrica F è dotata di centro di simmetriaO se risultaσO(F) = F, cioè la figura simmetrica rispetto ad O di F è F stessa.
Definizione 13.3.5. Una figura geometrica F è dotata di asse di simmetria a se risultaΣa(F) = F, cioè la figura simmetrica rispetto ad a di F è F stessa.
13.4 esercizi 119
13.4 esercizi
1. Nel triangolo isoscele ABC, di base AB, prolunga i lati CA e CB dalla partedella base. La bisettrice dell’angolo supplementare di A incontra il prolun-gamento del lato BC nel punto E. La bisettrice dell’angolo supplementaredi B incontra il prolungamento del lato AC nel punto F. Dimostra cheABF ∼= ABE.
2. Disegna un triangolo isoscele ABC in modo che la base AB sia minore dellato obliquo. Prolunga il lato CA, dalla parte di A, di un segmento AEcongruente alla differenza fra il lato obliquo e la base. Prolunga poi la baseAB, dalla parte di B, di un segmento BF ∼= AE. Congiungi F con C ed E.Dimostra che CF ∼= EF.
3. Sui lati congruenti del triangolo isoscele ABC, di vertice C, disegna duesegmenti congruenti CE e CF. Congiungi E con B, poi A con F; indica con Dil loro punto d’intersezione. Dimostra che anche il triangolo ABD è isoscele.
4. Sui due lati obliqui del triangolo isoscele ABC, di base AB, disegna, ester-namente al triangolo, i triangoli equilateri BCD e ACE. Congiungi A conD e B con E, poi indica con F il punto intersezione dei segmenti ottenuti.Dimostra che
a) AD ∼= BE
b) CF è bisettrice di ACB.
5. Disegna un triangolo isoscele ABC, di base BC e l’angolo A acuto. Tracciale altezze BH e CK relative, rispettivamente, ai lati AC e AB e prolunga talialtezze, dalla parte di H e K, dei segmenti HB ′ ∼= BH e KC ′ ∼= CK. Sia A ′ ilpunto d’intersezione della retta BC ′ con la retta B ′C. Dimostra che
a) ABC ∼= AC ′B ∼= AB ′C
b) il triangolo A ′B ′C ′ è isoscele.
14P E R P E N D I C O L A R I TÀ
14.1 definizioni e prime applicazioni
In questa sezione definiremo la relazione di perpendicolarità tra rette. Essa èfondamentale per le procedure di costruzione con riga e compasso, quindi per lacostruzione di una vasta categoria di figure geometriche.
Definizione 14.1.1. Due rette incidenti r ed s si dicono perpendicolari se dividono ilpiano in quattro angoli congruenti. Notazione: r⊥s. Il punto d’intersezione si chiammapiede.
r
s
Si deduce immediatamente che i quattro angoli congruenti sono retti.La relazione di perpendicolarità tra rette gode solo della seguente proprietà:
r⊥s⇐⇒ s⊥r
detta proprietà simmetrica, essendo r ed s rette del piano.Estendiamo ora il concetto di perpendicolarità a semirette e segmenti.
Definizione 14.1.2. Due semiretterette si dicono perpendicolari se le le loro rette so-stegno sono perpendicolari. Allo stesso modo, due segmenti si dicono perpendicolari sele le loro rette sostegno sono perpendicolari.
Teorema 14.1.1. Sia data una retta r e sia P un punto, su di essa o esterno; allora èunica la retta s passante per P e perpendicolare a r.
P
B
s
rAC
Hp: P /∈ r∧ P ∈ s∧ r⊥sTh: s unica
120
14.2 ulteriori proprietà dei triangoli isosceli 121
Dimostrazione. Dimostreremo il teorema solo nel caso specificato nelle ipotesi,cioé P /∈ r. Costruzione: sia A il punto d’incontro della retta s con la retta r.Tracciamo per P una retta t che incontra r in B.
1. Per assurdo t 6= s con t⊥r2. PAB ∼= π/2 Hp
3. PBC ∼= π/2 1.
4. PAB ∼= PBC 2., 3., proprietà transitiva
5. Consideriamo il triangolo BAP
6. PBC > PAB 1° teorema dell’angolo esterno
7. Contraddizione 3., 6.
8. s unica
Ciascun lato di un triangolo può essere riguardato come base del triangolostesso. Ha senso, pertanto, la seguente
Definizione 14.1.3. In un triangolo, si definisce altezza relativa ad un lato (base),il segmento perpendicolare alla base condotto ad essa dal vertice opposto, il cui secondoestremo è il piede della perpendicolare stessa.
Ogni triangolo ha tre altezze, ciascuna relativa ad un lato. Solo nel caso deitriangoli ottusangoli le altezze relative ai due lati dell’angolo ottuso si costruisconoesternamente ad esso, utilizzando i prolungamenti dei lati stessi. Inoltre, provere-mo che le tre altezze si incontrano in un punto, esterno al triangolo solo per itriangoli ottusangoli, interno per tutti gli altri.
C
A BD
C ′
A ′ B ′D ′
In un triangolo rettangolo, i cateti sono perpendicolari e ciascuno di essi è altez-za relativa dell’altro. La terza altezza è denominata altezza relativa all’ipotenusa.
Per i triangoli rettangoli è possibile enunciare i criteri di congruenza in modosemplificato, poiché essi hanno la caratteristica di avere un angolo retto.
Teorema 14.1.2. (Criteri di congruenza dei triangoli rettangoli) Se due triangolirettangoli hanno ordinatamente congruenti due lati qualunque, oppure un lato qualunquee un angolo diverso da quello retto, allora essi sono congruenti.
Dimostrazione. Esplicitarla come esercizio nei seguenti semplici casi: due catetiordinatamente congruenti, un lato qualunque ed un angolo acuto ordinatamentecongruenti.
14.2 ulteriori proprietà dei triangoli isosceli
Ritorniamo ad occuparci dei triangoli isosceli, enunciando importanti proprietàche giustificano un gran numero di costruzioni geometriche.
Teorema 14.2.1. In ogni triangolo isoscele, l’altezza relativa alla base, la mediana dellabase e la bisettrice dell’angolo al vertice coincidono.
14.2 ulteriori proprietà dei triangoli isosceli 122
C
A BH
Hp: AC ∼= BC∧CH⊥ABTh: AH ∼= HB∧ACH ∼= BCH
Dimostrazione. .
1. Consideriamo i triangoli AHC eBHC
2. AHC ∼= BHC ∼= π/2 Hp
3. CH in comune figura
4. AC ∼= BC Hp
5. AHC ∼= BHC 2., 3., 4., criterio di congruenza deitriangoli rettangoli
6. AH ∼= HB 5., terzi lati
7. ACH ∼= BCH 5., 6., si oppongono a lati congruenti
Hp: AC ∼= BC∧AH ∼= HB
Th: CH⊥AB∧ACH ∼= BCH
Dimostrazione. .
1. Consideriamo i triangoli AHC eBHC
2. AH ∼= HB Hp
3. CH in comune figura
4. AC ∼= BC Hp
5. AHC ∼= BHC 2., 3., 4., 3° c.c.
6. ACH ∼= BCH 5., si oppongono a lati congruenti
7. AHC ∼= BHC 5., si oppongono a lati congruenti
8. AHC+BHC ∼= π angoli adiacenti
9. AHC ∼= BHC ∼= π/2 7., 8.
10. CH⊥AB 9.
Hp: AC ∼= BC∧ACH ∼= BCH
Th: CH⊥AB∧AH ∼= HB
Dimostrazione. .
1. Consideriamo i triangoli AHC eBHC
14.2 ulteriori proprietà dei triangoli isosceli 123
2. CH in comune figura
3. AC ∼= BC Hp
4. ACH ∼= BCH Hp
5. AHC ∼= BHC 2., 3., 4., 1° c.c.
6. AH ∼= HB 5., si oppongono ad angoli congruenti
7. AHC ∼= BHC 5., si oppongono a lati congruenti
8. AHC+BHC ∼= π angoli adiacenti
9. AHC ∼= BHC ∼= π/2 7., 8.
10. CH⊥AB 9.
Vale anche il viceversa.
Teorema 14.2.2. Se in un triangolo ABC
1. l’altezza relativa ad AB e la mediana di AB coincidono, oppure
2. l’altezza relativa ad AB e la bisettrice dell’angolo C coincidono, oppure
3. la bisettrice dell’angolo C e la mediana di AB coincidono
allora il triangolo è isoscele di base AB.
A B
C
H
D
Hp: AH ∼= HB∧ACH ∼= BCH
Th: ABC triangolo isoscele
Dimostrazione. Le dimostrazioni dei primi due asserti sono semplici esercizi, ra-gion per cui dimostreremo solo il terzo. Costruzione: con riferimento alla figuraprecedente, prolunghiamo la bisettrice CH, dalla parte di H, di un segmentoHD ∼= CH, quindi congiungiamo A con D.
14.3 costruzioni con riga e compasso 124
1. Consideriamo i triangoli AHD eBHC
2. AH ∼= HB Hp
3. CH ∼= HD costruzione
4. AHD ∼= BHC angoli opposti al vertice
5. AHD ∼= BHC 2., 3., 4., 1° c.c.
6. ADH ∼= BCH 5., si oppongono a lati congruenti
7. BC ∼= AD 5., si oppongono ad angoli congruenti
8. ACH ∼= BCH Hp
9. ADH ∼= ACH 6., 8., proprietà transitiva
10. ADC triangolo isoscele 9., teorema inverso triangoli isosceli
11. AC ∼= AD 10., def. triangolo isoscele
12. AC ∼= BC 7., 11., proprietà transitiva
13. ABC triangolo isocele 12., def. triangololo isoscele
Da queste caratterizzazioni dei triangoli isosceli discende immediatamente chegli unici triangoli dotati di asse di simmetria sono proprio i triangoli isosceli. Inparticolare, i triangoli equilateri sono dotati di tre assi di simmetria.
14.3 costruzioni con riga e compasso
In questo paragrafo esporremo le procedure operative per effettuare alcune co-struzioni con riga e compasso. Con la riga sarà consentito solo tracciare linee, manon effettuare misure.
Evisentemente una circonferenza è univocamente determinata dal suo centro edal suo raggio. Circonferenze con raggi congruenti sono congruenti.
Problema 14.3.1. Data la retta r e dato il punto P, costruire la retta s perpendicolare adr e passante per P.
• 1° caso: P ∈ r
1. Si punta il compasso in P e con apertura arbitraria si descrive unacirconferenza;
2. si individuano i punti d’intersezione A e B della retta r con la circon-ferenza;
3. si punta il compasso in A e con apertura AB si descrive una circonfe-renza;
4. si punta il compasso in B e con apertura BA si descrive una circonfe-renza;
5. si individuano i punti d’intersezione C e D delle due circonferenze;
6. si conduce la retta CD: essa è la retta s perpendicolare ad r e passanteper P.
14.3 costruzioni con riga e compasso 125
PA B
C
D
r
s
• 2° caso: P /∈ r
1. Si punta il compasso in P e si descrive una circonferenza che incontrala retta r nei punti didtinti A e B;
si ripetono i passi 3., 4., 5., 6., del caso precedente.
Problema 14.3.2. Data la retta r e dato il punto P, costruire la retta s parallela ad r epassante per P.
• 1° caso: P ∈ r. Non si descrive alcuna costruzione in quanto s = r.
• 2° caso: P /∈ r
1. Si costruisce la retta t perpendicolare ad r utilizzando la costruzionedel problema precedente (2° caso);
2. si costruisce la retta s perpendicolare ad r utilizzando la costruzionedel problema precedente (1° caso);
la retta s così costruita è parallela alla retta r di partenza.
Dimostreremo nel capitolo sul parallelismo la proprietà: due rette perpendicolariad una stessa retta sono tra loro parallele.
Problema 14.3.3. Dato il segmento non nullo AB, costruire il suo punto medio M.
1. Si punta il compasso in A con apertura AB e si descrive una circonferenza;
2. si punta il compasso in B con apertura BA e si descrive una circonferenza;
3. siano C e D i punti d’intersezione delle due circonferenze;
4. si conduce ls retta CD;
5. si determina il punto d’intersezione M tra il segmento AB e la retta CD:esso è il punto medio del segmento.
A BM
C
D
14.3 costruzioni con riga e compasso 126
Nella costruzione precedente, la retta CD è anche asse del segmento AB.Pertanto è gia risolto il seguente
Problema 14.3.4. Dato il segmento non nullo AB, costruire il suo asse.
Infine, analizziamo una costruzione che riguarda gli angoli.
Problema 14.3.5. Dato l’angolo aVb, costruire la sua bisettrice.
1. Si punta il compasso nel vertice V e si descrive una circonferenza di raggioarbitrario;
2. si individuano i punti d’intersezione A e B della circonferenza rispettiva-mente con i lati dell’angolo a e b;
3. si conduce il segmento AB;
4. si costruisce il punto medio M del segmento AB;
5. si conduce la semiretta VM di origine V : essa è la bisettrice dell’angoloaVb.
Siamo ora in grado di definire il concetto di proiezione ortogonale.
Definizione 14.3.1. Siano assegnati un punto P ed una retta r. Si definisce proiezioneortogonale di P su r il piede della retta perpendicolare ad r condotta da P.
P
rP ′
La proiezione ortogonale di un punto è sempre un punto. Se P ∈ r, allora laproiezione ortogonale di P è il punto stesso.
Definizione 14.3.2. Siano assegnati un segmento AB ed una retta r. Si definisce proie-zione ortogonale di AB su r il segmento contenuto in r i cui estremi sono i piedi dellerette perpendicolari ad r condotte da A e B.
A
B
A ′ B ′ r
14.4 luoghi geometrici 127
Se il segmento è tale che il suo sostegno non è incidente la retta, allora lasua proiezione ortogonale è un segmento ad esso congruente. Se il segmento èperpendicolare alla retta, allora la sua proiezione ortogonale è un punto dellaretta. Se il segmento è contenuto nella, allora esso e la sua proiezione coincidono.
A B
A ′ B ′ r
C
D
C ′ s
14.4 luoghi geometrici
Esistono figure geometriche che si possono descrivere attraverso una proprietàcomune a tutti i loro punti.
Definizione 14.4.1. Si definisce luogo geometrico l’insieme di tutti e soli i punti delpiano che soddisfano una data proprietà.
I luoghi geometrici che caratterizzeremo in questo paragrafo sono l’asse di unsegmento e la bisettrice di un angolo.
Teorema 14.4.1. Siano AB un segmento e a il suo asse. Allora un punto P è sull’asse ase, e solo se, è eqidistante dagli estremi A e B del segmento.
In altre parole: l’asse di un segmento è il luogo geometrico dei punti equidistanti dagliestremi del segmento.
A BM
P
a
Hp: a asse di AB ∧ P ∈ a
Th: PA ∼= PB
Dimostrazione. Sia M il punto medio di AB.
14.4 luoghi geometrici 128
1. Consideriamo il triangolo ABP
2. PM mediana di AB Hp, a asse di AB
3. PM⊥AB Hp, a asse di AB
4. PM altezza relativa ad AB 3.
5. ABP triangolo isoscele di base AB 2., 4., teorema di caratterizzazionetriangoli isosceli
6. PA ∼= PB 5., def. triangolo isoscele
A BM
P
a
Hp: P ∈ a ∧ PA ∼= PB
Th: a asse di AB
Dimostrazione. Sia M il punto medio di AB.
1. Consideriamo il triangolo ABP
2. PA ∼= PB Hp
3. ABP triangolo isoscele di base AB 2., def. triangolo isoscele
4. PM mediana di AB M punto medio di AB
5. PM altezza relativa ad AB 3., 4., teorema caratterizzazione trian-goli isosceli
6. PM⊥AB Hp, 5.
7. a asse di AB 4., 6., def. di asse di un segmento
Teorema 14.4.2. Siano aVb un angolo e c la sua bisettrice. Allora un punto P è sullabisettrice c se, e solo se esso è eqidistante dai lati a e b dell’angolo.
In altre parole: la bisettrice di un angolo è il luogo geometrico dei punti equidistantidai lati dell’angolo.
14.4 luoghi geometrici 129
V
a
b
cP
A
B
Hp: c bisettrice di aVb ∧ P ∈ cTh: P equidistante da a e b
Dimostrazione. Costruzione: Da P ∈ c conduciamo le perpendicoari ai lati a e bdell’angolo rispettivamente in A e in B.
1. Consideriamo i triangoli AVP eBVP
2. VBP ∼= VAP ∼= π2 costruzione
3. AVP e BVP triangoli rettangoli 2., def. triangolo rettangolo
4. VP in comune figura
5. AVP ∼= BVP Hp, c bisettrice di AVB
6. AVP ∼= BVP 3., 4., 5., criterio di congruenza triangolirettangoli
7. AP ∼= BP 6., si oppongono ad angoli congruenti
8. P equidistante da a e b 7.
V
a
b
cP
A
B
Hp: P ∈ c equidistante da a e bTh: c bisettrice di aVb
Dimostrazione. Costruzione: identica alla prima parte della dimostrazione.
14.4 luoghi geometrici 130
1. Consideriamo i triangoli AVP eBVP
2. VBP ∼= VAP ∼= π2 costruzione
3. AVP e BVP triangoli rettangoli 2., def. triangolo rettangolo
4. AP ∼= BP Hp
5. VP in comune figura
6. AVP ∼= BVP 3., 4., 5., criterio di congruenza triangolirettangoli
7. AVP ∼= BVP 6., si oppongono a lati congruenti
8. c bisettrice di AVP 7., def. bisettrice di un angolo
15PA R A L L E L I S M O
In questa sezione studieremo uno dei concetti più affascinanti e controversi dellageometria: il parallelismo. Esso ci introduce allo studio di figure geometriche digrande interesse, alla deduzione di proprietà generali utili allo studio di figure diulteriore complessità, in particolare i quadrilateri notevoli.
15.1 definizioni e v postulato di euclide
Definizione 15.1.1. Due rette r e s si dicono parallele se si verifica una delle seguenticondizioni
r ≡ s
r∩ s = �
Se r e s sono parallele, allora si scrive r‖s.
Osservazione 15.1.1. Dalla definizione si intuisce che due rette parallele o sono coinci-denti, oppure non hanno alcun punto in comune.
Euclide, riguardo al parallelismo, introdusse nei suoi Elementi un postulatoalquanto misterioso e tutt’altro che ovvio, che con linguaggio moderno è possibileenunciare nel modo seguente.
Postulato 16 (V postulato di Euclide). Siano r una retta e P un punto esterno ad essa;allora esiste ed è unica la retta s parallela a r e passante per il punto P.
P
r
s
Il V postulato di Euclide (denominato anche, significativamente, postulato delleparallele), esprime non solo l’esistenza della retta s, ma anche la sua unicità: ognialtra retta passante per P sarà incidente la retta r. Per circa duemila anni si èpensato che tale proprietà si potesse dedurre dagli altri postulati, ma a cavallodei secoli XVIII e XIX si è finalmente provato che il postulato delle paralleleè indipendente dagli altri assiomi. Si possono, però, costruire geometrie in cuiquesto postulato non vale, o per quanto attiene l’esistenza della retta parallelas o per la sua unicità. Queste geometrie vengono denominate geometrie non-euclidee. Di contro, la geometria che studiate in questo corso, per cui vale il Vpostulato di Euclide, è denominata geometria euclidea.
Il seguente teorema esprime le proprietà della relazione di parallelismo trarette.
Teorema 15.1.1 (Proprietà del parallelismo). La relazione di parallelismo tra rettegode delle seguenti proprietà:
R) r‖r proprietà riflessiva
S) r‖s⇐⇒ s‖r proprietà simmetrica
T) (r‖s∧ s‖t) =⇒ r‖t proprietà transitiva
131
15.2 rette tagliate da una trasversale 132
Dimostrazione. R) La proprietà riflessiva discende direttamente dalla definizio-ne di rette parallele, vale a dire: una retta è parallela a sé stessa.
S) Supponiamo che le due rette siano distinte. Allora
r‖s⇐⇒ r∩ s = � ⇐⇒ s∩ r = � ⇐⇒ s‖r
in quanto l’intersezione tra insiemi gode della proprietà commutativa.
T) Supponiamo che le tre rette siano distinte. Per assurdo, sia r ∩ t = {P};allora risulta sia P ∈ r che P ∈ t. Pertanto per il punto P esterno alla retta spassano due rette distinte r e t parallele ad essa, in contraddizione con ilquinto postulato di Euclide. Si conclude che r∩ t = �, e quindi r‖s.
Definizione 15.1.2. Si definisce fascio improprio di rette un insieme di rette tutteparallele tra loro.
É possibile estendere la nozione di parallelismo a semirette e segmenti, con ladovuta attenzione.
Definizione 15.1.3. Due semirette si dicono parallele se le rette sostegno sono parallele.Due segmenti si dicono paralleli se le rette sostegno sono parallele.
15.2 rette tagliate da una trasversale
In questo paragrafo vogliamo studiare le figure che vengono a determinarsiquando consideriamo una coppia di rette qualsiasi r ed s che incontrano entrambeuna terza retta t. Si parla di coppie di rette tagliate da una trasversale. Come è facileimmaginare, tali rette individuano una serie di angoli i cui vertici sono i duepunti d’intersezione della trasversale con ciascuna delle altre due rette. Tali angoli,a coppie, assumono una precisa denominazione. Osserviamo attentamente laseguente figura.
r
s
t
1
5
2
6
3
7
4
8
Definizione 15.2.1. Siano date le rette r ed s tagliate dalla trasversale t come in figura.Esse individuano otto angoli che, a coppie, vengono denominati come segue:
1. le coppie di angoli (3, 6) e (4, 5) si dicono angoli alterni interni;
2. le coppie di angoli (1, 8) e (2, 7) si dicono angoli alterni esterni;
3. le coppie di angoli (3, 5) e (4, 6) si dicono angoli coniugati interni;
4. le coppie di angoli (1, 7) e (2, 8) si dicono angoli coniugati esterni;
5. le coppie di angoli (1, 5), (3, 7), (2, 6) e (4, 8) si dicono angoli corrispondenti.
15.3 criteri di parallelismo 133
15.3 criteri di parallelismo
Il nostro studio ora si concentra sull’analisi del seguente problema. Consideratedue rette parallele r ed s tagliate dalla trasversale t ci chiediamo quali sono lecondizioni che regolano le coppie di angoli della definizione 1.4. La risposta a talequesito risiede nei seguenti teoremi.
Teorema 15.3.1 (Teorema fondamentale). Siano date due rette r ed s tagliate dallatrasversale t. Se coppie di angoli alterni interni sono congruenti, allora le rette r ed ssono parallele.
P
A
B
C
D
r
s
t
Hp: BAC ∼= ABD
Th: r‖s
Dimostrazione. Dimostriamo il teorema per assurdo.
1. Per assurdo r∩ s = {P}
2. Consideriamo il triangolo ABP
3. BAC ∼= ABD Hp
4. BAC > ABD 1° teorema angolo esterno
5. Contraddizione 3., 4.
6. r‖s 5.
Dal teorema fondamentale seguono immediatamente i seguenti teoremi.
Teorema 15.3.2. Siano date due rette r ed s tagliate dalla trasversale t. Se coppie diangoli alterni esterni sono congruenti, allora le rette r ed s sono parallele.
A
B
C
D E
H
F
G
r
s
t
15.3 criteri di parallelismo 134
Hp: FAC ∼= DBG
Th: r‖s
Dimostrazione. .
1. FAC ∼= DBG Hp
2. FAC ∼= HAB angoli opposti al vertice
3. DBG ∼= EBA angoli opposti al vertice
4. HAB ∼= EBA 2., 3., transitività congruenza
5. r‖s 4., teorema fondamentale
Teorema 15.3.3. Siano date due rette r ed s tagliate dalla trasversale t. Se coppie diangoli coniugati interni (rispettivamente esterni) sono supplementari, allora le rette r eds sono parallele.
Hp: CAB+ABE ∼= π
Th: r‖s
Dimostrazione. Dimostriamo il teorema utilizzando come ipotesi solo una coppiadi angoli coniugati interni, riferendoci alla figura precedente.
1. CAB+ABE ∼= π Hp
2. HAB+CAB ∼= π angoli adiacenti
4. HAB ∼= EBA 1., 2., differenza di angoli congruenti
5. r‖s 4., teorema fondamentale
Corollario 15.3.1. Se le rette r ed s sono entrambe perpendicolari ad una retta t, alloraesse sono parallele.
r
s
t
r‖s
Dimostrazione. Gli angoli coniugati interni formati dalle rette r ed s tagliate dallatrasversale t sono entrambi retti, quindi supplementari.
Teorema 15.3.4. Siano date due rette r ed s tagliate dalla trasversale t. Se coppie diangoli corrispondenti sono congruenti, allora le rette r ed s sono parallele.
La dimostrazione è un semplice esercizio.Il fatto notevole è che vale il viceversa delle proposizioni precedentemente
dimostrate.
Teorema 15.3.5 (Teorema inverso del fondamentale). Siano date due rette parallele red s tagliate dalla trasversale t; allora coppie di angoli alterni interni sono congruenti.
15.3 criteri di parallelismo 135
A
B
C
D
E r
s
t
u
Hp: r‖sTh: BAC ∼= ABD
Dimostrazione. Supponiamo per assurdo di negare la tesi, per cui possiamo pen-sare BAC < ABD. Si conduca per B la semiretta u in modo che BAC ∼= EBA. Invirtù del V postulato di Euclide la semiretta u non può essere parallela a r, percui sia E il punto d’intersezione tra r e u. Considerato il triangolo ABE, risultache BAC è un suo angolo esterno. La condizione BAC ∼= EBA contraddice il 1°teorema dell’angolo esterno. Conclusione: BAC ∼= ABD.
Corollario 15.3.2. Siano date due rette parallele r ed s tagliate dalla trasversale t; alloracoppie di angoli alterni esterni sono congruenti.
Corollario 15.3.3. Siano date due rette parallele r ed s tagliate dalla trasversale t; alloracoppie di angoli coniugati interni ed esterni sono supplementari.
Corollario 15.3.4. Siano date due rette parallele r ed s tagliate dalla trasversale t; alloracoppie di angoli corrispondenti sono congruenti.
Le dimostrazioni dei corollari sono semplici esercizi.Possiamo riassumere le proprietà viste nel modo seguente.
Teorema 15.3.6 (Criteri di parallelismo). Siano date due rette r ed s tagliate dallatrasversale t; allora r‖s se, e solo se, si verifica una delle seguenti condizioni
1. coppie di angoli alterni interni sono congruenti;
2. coppie di angoli alterni esterni sono congruenti;
3. coppie di angoli coniugati interni ed esterni sono supplementari;
4. coppie di angoli corrispondenti sono congruenti.
Teorema 15.3.7. Siano date due rette parallele r ed s. Allora tutti i segmenti aventiestremi sulle rette e ad esse perpendicolari sono congruenti.
In altre parole, due rette parallele hanno tra loro distanza costante.
r
s
A C
BD
15.4 teorema degli angoli interni di un triangolo 136
Hp: r‖s, AD⊥r, s BC⊥r, sTh: AD ∼= BC
Dimostrazione. Con riferimento alla figura precedente
1. Conduciamo il segmento AB
2. Consideriamo i triangoli ABC eABD
3. r‖s Hp
4. AD⊥r, s BC⊥r, s Hp
5. ABC e ABD triangoli rettangoli 4.
6. AB in comune
7. CAB ∼= DBA a.a.i. formati da r‖s e AB
8. ABC ∼= ABD 5., 6., 7., 2° c.c.g.
9. AD ∼= BC 8., si oppongono ad angoli congruenti
15.4 teorema degli angoli interni di un triangolo
Vedremo in questo paragrafo diverse applicazioni importanti dei criteri di paralle-lismo. Cominciamo subito con uno dei più noti teoremi sui triangoli.
Teorema 15.4.1. In ogni triangolo, la somma degli angoli interni è congruente ad unangolo piatto.
A B
CD E
r
Hp: ABC triangolo qualunqueTh: ABC+ACB+BAC ∼= π
Dimostrazione. Conduciamo per C la retta r parallela al lato AB, che per il Vpostulato di Euclide è unica.
1. AB‖r costruzione
2. BAC ∼= DCA a.a.i. formati da AB‖r e AC
3. ABC ∼= ECB a.a.i. formati da AB‖r e BC
4. DCA+ ECB+ACB ∼= π figura
5. ABC+ACB+BAC ∼= π 2., 3., 4.
Pertanto, la conoscenza di due angoli di un triangolo individua univocamenteil terzo angolo.
Conseguenze immediate sono i seguenti corollari.
Corollario 15.4.1 (Secondo criterio di congruenza generalizzato). Se due trian-goli hanno ordinatamente congruenti due angoli e un lato qualunque, allora essi sonocongruenti.
Dimostrazione. In base al teorema degli angoli interni si può applicare il secondocriterio di congruenza.
15.4 teorema degli angoli interni di un triangolo 137
Corollario 15.4.2 (Secondo teorema dell’angolo esterno). In ogni triangolo, ciascunangolo esterno è congruente alla somma degli angoli interni ad esso non adiacenti.
A B D
C
DBC ∼=ACB+BAC
Hp: DBC angolo esterno triangolo ABCTh: DBC ∼= ACB+BAC
Dimostrazione. Prolunghiamo il lato AB dalla parte di B.
1. DBC+ABC ∼= π angoli adiacenti
2. ABC+ACB+BAC ∼= π teorema degli angoli interni
3. DBC ∼= ACB+BAC 1., 2., differenza di angoli congruenti
Corollario 15.4.3. In ogni triangolo, la somma degli angoli esterni è congruente a dueangoli piatti.
A B
C
F
E
D
Hp: DBC, ACE, BAF angoli esterni triangolo ABCTh: DBC+ACE+BAF ∼= 2π
Dimostrazione. Prolunghiamo i lati AB, dalla parte di B, BC, dalla parte di C, CA,dalla parte di A.
1. DBC+ABC ∼= π angoli adiacenti
2. ACE+ACB ∼= π angoli adiacenti
3. BAF+CAB ∼= π angoli adiacenti
4. DBC + ABC + ACE + ACB +
+BAF+CAB ∼= 3π
1., 2., 3., somma membro a membro
5. ABC+ACB+CAB ∼= π teorema degli angoli interni
6. DBC+ACE+BAF ∼= 2π 4., 5., differenza membro a membro
Teorema 15.4.2. La somma degli angoli interni di un poligono convesso di n lati ècongruente a n− 2 angoli piatti.
15.5 esercizi 138
A
B
C
D
E
P
Hp: ABCDE... poligono convesso di n latiTh: A+ B+ C+ D+ E+ ... ∼= (n− 2)π
Dimostrazione. La figura precedente rappresenta un pentagono per fissare le idee,noi ragioniamo pensando che esso abbia n lati, con n > 3. Congiungiamo ilpunto interno P con i vertici del poligono, si vengono a determinare n trian-goli. La somma degli angoli interni di tutti i triangoli è congruente a nπ; perottenere la somma degli angoli interni del poligono dobbiamo sottrarre allasomma precedente l’angolo giro di vertice P. Si ottiene, pertanto, nπ− 2π, da cuila tesi.
Applicando il teorema precedente, si ottiene che la somma degli angoli internidi un qualunque quadrilatero è congruente a (4− 2)π ∼= 2π, mentre per unottagono convesso (8− 2)π ∼= 6π.
Corollario 15.4.4. La somma degli angoli esterni di un qualunque poligono convesso ècongruente a due angoli piatti.
La dimostrazione è lasciata per esercizio.
15.5 esercizi
1. Sia ABC un triangolo e sia CH la bisettrice dell’angolo C. Da un puntoD 6= H del lato AB si conduca la retta r parallela alla bisettrice CH. Sidimostri che la retta r interseca le rette AC e BC in due punti che hanno lastessa distanza dal vertice C.
2. Dato il triangolo ABC, sia D il punto d’intersezione delle bisettrici degliangoli A e B. Condurre per P la retta parallela al lato AB, che incontra i latiAC e BC nei punti E ed F rispettivamente. Dimostrare che EF ∼= AE+BF.
3. Due segmenti AB e CD hanno il punto medio M in comune. Dimostrareche le rette AC e BD sono parallele.
4. Dagli estremi di un segmento AB, nello stesso semipiano individuato dallaretta AB,
16Q U A D R I L AT E R I N O T E V O L I
In questa sezione affronteremo lo studio dei trapezi e dei parallelogrammi. Leproprietà di tali figure, note come quadrilateri notevoli, si deducono facilmenteapplicando i criteri di parallelismo studiati nel capitolo precedente.
In particolare studieremo i parallelogrammi speciali, vale a dire rombo, ret-tangolo e quadrato. Classificheremo i parallelogrammi in base alla cosiddettagerarchia dei parallelogrammi, procedendo dal generale al particolare nello spiritodel sistema ipotetico-deduttivo.
16.1 il trapezio
Definizione 16.1.1. Si definisce trapezio ogni quadrilatero avente due lati opposti pa-ralleli. I due lati paralleli si dicono rispettivamente base minore e base maggiore, gli altridue si dicono lati obliqui.
A B
CD
Teorema 16.1.1. In ogni trapezio, gli angoli adiacenti a ciascun lato obliquo sono sup-plementari.
Esercizio 16.1.1. Dimostrare il teorema precedente.
Come per i triangoli, esistono trapezi speciali, i quali hanno proprietà piùinteressanti dei trapezi generali.
Definizione 16.1.2. Un trapezio si dice isoscele se ha i lati obliqui congruenti.
A B
CD
Le proprietà sugli angoli interni che enunceremo ricordano quelle relative adun triangolo isoscele, con le ovvie differenze determinate dalla diversa formageometrica.
Teorema 16.1.2. In ogni trapezio isoscele, gli angoli adiacenti a ciascuna base sonocongruenti.
Hp: AB‖CD AD ∼= BC
Th: DAB ∼= ABC ADC ∼= BCD
139
16.1 il trapezio 140
A B
D C
H K
Dimostrazione. Costruzione: si conduca da D il segmento DH⊥AB e da C il seg-mento CK⊥AB.
1. Consideriamo AHD e CKB
2. AD ∼= BC Hp
3. DH ∼= CK costruzione, distanza tra rette parallelecostante
4. AHD ∼= BKC ∼= π2 costruzione
5. AHD ∼= CKB 2., 3., 4., c.c. triangoli rettangoli
6. DAB ∼= ABC 5., si oppongono a lati congruenti
7. DAB+ADC ∼= π Hp, adiacenti ad AD
8. ABC+BCD ∼= π Hp, adiacenti a BC
9. ADC ∼= BCD 6., 7., 8., supplementari di angolicongruenti
Dal precedente teorema si deduce il seguente
Corollario 16.1.1. In ogni trapezio isoscele, le diagonali sono congruenti.
Hp: AB‖CD AD ∼= BC
Th: AC ∼= BD
A B
D C
Dimostrazione. Tracciamo le diagonali AC e BD.
1. Consideriamo ABD e ABC
2. AB in comune figura
3. AD ∼= BC Hp
4. DAB ∼= ABC Hp, angoli alla base maggiore
5. ABD ∼= ABC 2., 3., 4., 1° c.c.
6. AC ∼= BD 5., si oppongono ad angoli congruenti
16.2 il parallelogramma 141
Le diagonali incontrandosi, supponiamo nel punto O, dividono il trapezio inquattro triangoli, a due a due opposti rispetto ad O, che soddisfano le seguentiproprietà.
Teorema 16.1.3. Le diagonali di un trapezio isoscele, incontrandosi nel punto O, lodividono in quattro triangoli, dei quali due triangoli sono isosceli e aventi gli angoliordinatamente congruenti, mentre gli altri due triangoli sono congruenti.
A B
CD
O
Più precisamente, osservando la figura, i triangoli AOB e COD sono isosceli ehanno gli angoli ordinatamente congruenti, mentre i triangoli AOD e BOC sonocongruenti.
Esercizio 16.1.2. Dimostrare il teorema 16.1.3.
Con riferimento all’ultima figura, s’intuisce che un trapezio isoscele non èdotato di centro di simmetria, perché, in caso contrario, il punto O sarebbe puntomedio di entrambe le diagonali. Però ci chiediamo se esso non sia dotato di assedi simmetria.
Teorema 16.1.4. In ogni trapezio isoscele, l’asse comune delle due basi è asse di simme-tria del trapezio. Tale asse passa per il punto d’intersezione delle diagonali.
16.2 il parallelogramma
Lo studio dei parallelogrammi è importante perché costituisce una solida pre-messa allo studio dei rombi, dei rettangoli e dei quadrati, figure geometrichedotate di forti proprietà che trovano applicazione in numerosi problemi di grandeinteresse. I rombi, i rettangoli e i quadrati sono dei particolari parallelogram-mi, come sintetizzato dal seguente diagramma, che riproduce la gerarchia deiparallelogrammi.
Parallelogrammi
Rombi Quadrati Rettangoli
Definizione 16.2.1. Si definisce parallelogramma un quadrilatero avente i lati opposti adue a due paralleli.
16.2 il parallelogramma 142
A B
CD
Le proprietà dei parallelogrammi si deducono facilmente utilizzando i criteri diparallelismo.
Teorema 16.2.1. In ogni parallelogramma, gli angoli adiacenti ad un lato sono supple-mentari.
A B
CD
Hp: AB‖CD BC‖ADTh: A+ D ∼= π
Dimostrazione. Sono coppie di angoli coniugati interni.
Esercizio 16.2.1. Sia ABCD un parallelogramma; si conducano le bisettrici degli angoliA e B, adiacenti al lato AB, che s’incontrano nel punto E. Dimostrare che il triangoloABE è rettangolo.
Teorema 16.2.2. In ogni parallelogramma, gli angoli opposti sono congruenti.
Esercizio 16.2.2. Dimostrare il teorema precedente.
Teorema 16.2.3. In ogni parallelogramma, ciascuna diagonale lo divide in due triangolicongruenti.
A B
CD
Hp: AB‖CD BC‖ADTh: ABC ∼= ACD
Dimostrazione. .
1. Consideriamo ABC e ACD
2. AC in comune figura
3. ABC ∼= ADC angoli opposti parallelogramma
4. BAC ∼= ACD a.a.i. formati da AB‖CD e AC
5. ABC ∼= ACD 2., 3., 4., 2° c.c.g.
16.2 il parallelogramma 143
Teorema 16.2.4. I lati opposti di un parallelogramma sono congruenti.
Esercizio 16.2.3. Dimostrare il corollario.
Il teorema che segue è di fondamentale importanza nella deduzione di unaforte proprietà dei parallelogrammi.
Teorema 16.2.5 (Teorema delle diagonali). In ogni parallelogramma, le diagonalihanno lo stesso punto medio.
A B
CD
O
Hp: AB‖CD BC‖ADTh: AO ∼= OC ∧ BO ∼= OD
Dimostrazione. .
1. Consideriamo ABO e CDO
2. AB ∼= CD lati opposti parallelogramma
3. ABO ∼= CDO a.a.i. formati da AB‖CD e BD
4. BAO ∼= DCO a.a.i. formati da AB‖CD e AC
5. ABC ∼= ACD 2., 3., 4., 2° c.c.
6. AO ∼= OC ∧ BO ∼= OD 5., R2
Corollario 16.2.1. Ogni parallelogramma è dotato di centro di simmetria, esso è il puntod’incontro delle diagonali.
A B
CD
O
Hp: AB‖CD BC‖AD AC∩BD = {O}
Th: O centro di simmetria ABCD
Dimostrazione. Nella dimostrazione che segue si farà riferimento alla figura rela-tiva al Teorema delle diagonali.
16.2 il parallelogramma 144
1. Consideriamo ABCD
2. AC∩BD = {O} Hp
3. O ∈ AC 2.
4. AO ∼= OC Teorema delle diagonali
5. σO (A) = C def. operativa simmetria centrale
6. O ∈ BD 2.
7. BO ∼= OD Teorema delle diagonali
8. σO (B) = D def. operativa simmetria centrale
9. σO (ABCD) = ABCD 4., 7., i parallelogrammi hanno gli stessivertici
10. O centro di simmetria ABCD 9.
Ci chiediamo, ora, quali sono le condizioni affinché un quadrilatero sia unparallelogramma. Vedremo che le condizioni necessarie enunciate in precedenzasono anche condizioni sufficienti. Prima di enunciarle, consideriamo la seguenteproprietà.
Teorema 16.2.6. Un quadrilatero avente gli angoli adiacenti ad uno stesso lato supple-mentari è un parallelogramma.
Esercizio 16.2.4. Dimostrare il teorema precedente.
Teorema 16.2.7. Un quadrilatero avente coppie di angoli opposti congruenti è un paral-lelogramma.
Esercizio 16.2.5. Dimostrare il teorema precedente.
Teorema 16.2.8. Un quadrilatero avente coppie di lati opposti congruenti è un paralle-logramma.
A B
CD
Hp: AB ∼= CD AD ∼= BC
Th: ABCD parallelogramma
Dimostrazione. Conduciamo la diagonale AC.
1. Consideriamo ABC e ACD
2. AB ∼= CD Hp
3. AC in comune figura
4. AD ∼= BC Hp
5. ABC ∼= ACD 2., 3., 4., 3° c.c.
6. ACB ∼= ADC 5., si oppongono a lati congruenti
7. AD‖BC 6., criterio di parallelismo
8. CAB ∼= ACD 5., si oppongono a lati congruenti
9. AB‖CD 8., criterio di parallelismo
10. ABCD parallelogramma 7., 9., def. parallelogramma
16.2 il parallelogramma 145
Teorema 16.2.9. Sia ABCD un quadrilatero con le diagonali aventi lo stesso puntomedio. Allora esso è un parallelogramma.
A B
CD
O
Hp: AO ∼= OC ∧ BO ∼= OD
Th: ABCD parallelogramma
Dimostrazione. Tracciamo le diagonali AC e BD che si incontrano in O.
1. Consideriamo ABO e OCD
2. AO ∼= CO Hp
3. DO ∼= BO Hp
4. AOB ∼= COD angoli opposti al vertice
5. ABO ∼= OCD 2., 3., 4., 1° c.c.
6. ODC ∼= OBA 5., si oppongono a lati congruenti
7. AB‖CD 6., criterio di parallelismo
8. AB ∼= CD 5., si oppongono ad angoli congruenti
9. ABCD parallelogramma 6., 7., due lati opposti paralleli econgruenti
Teorema 16.2.10. Un quadrilatero avente due lati opposti sia paralleli che congruenti èun parallelogramma.
A B
CD
Hp: AB‖CD AB ∼= CD
Th: ABCD parallelogramma
Dimostrazione. Conduciamo la diagonale AC.
1. Consideriamo ABC e ACD
2. AB ∼= CD Hp
3. AC in comune figura
4. CAB ∼= ACD ang. alt. int. formati da AB‖CD e AC
5. ABC ∼= ACD 2., 3., 4., 1° c.c.
6. ACB ∼= ADC 5., si oppongono a lati congruenti
7. AD‖BC 6., criterio di parallelismo
8. ABCD parallelogramma Hp, 7., def. parallelogramma
16.3 il rombo 146
16.3 il rombo
Definizione 16.3.1. Si definisce rombo ogni quadrilatero equilatero.
Pertanto, il rombo è un quadrilatero con tutti i lati congruenti.
A
B
C
D
Si deduce immediatamente il seguente
Corollario 16.3.1. Il rombo è un parallelogramma.
Esercizio 16.3.1. Dimostrare il corollario precedente.
Il rombo ha, pertanto, tutte le proprietà dei parallelogrammi.
Corollario 16.3.2. In ogni rombo, ciascuna diagonale lo divide in due triangoli isoscelicongruenti.
A
B
C
D
Esercizio 16.3.2. Dimostrare il corollario precedente.
Segue la seguente importante proprietà.
Teorema 16.3.1. Le diagonali di un rombo sono perpendicolari e bisettrici degli angoliopposti.
A
B
C
D
Hp: AB ∼= BC ∼= CD ∼= DA
Th: AC⊥BD, AC bisettrice A e C, BD bisettrice B e D
16.3 il rombo 147
Dimostrazione. Tracciamo le diagonali AC e BD che si incontrano in O.
1. Consideriamo ACD
2. AD ∼= CD Hp
3. ACD triangolo isoscele 2.
4. AO ∼= CO Teorema delle diagonali
5. DO mediana AC 4.
6. DO altezza relativa AC proprietà triangoli isosceli
7. AC⊥BD 6.
8. DO bisettrice D proprietà triangoli isosceliIl completamento della dimostrazione è un semplice esercizio.
Analizziamo la dimostrazione precedente. I triangoli isosceli congruenti ACD eABC hanno la base AC in comune; tenuto conto che le rispettive altezze AO e BOsono contenute nella retta BD, i due triangoli hanno lo stesso asse di simmetria.Un ragionamento analogo può essere ripetuto per i triangoli isosceli congruentiABD e BCD. Pertanto, segue il seguente
Corollario 16.3.3. Le diagonali di un rombo sono suoi assi di simmetria.
Vediamo quali sono le condizioni sufficienti affinché un quadrilatero sia unrombo.
Teorema 16.3.2. Un parallelogramma con due lati consecutivi congruenti è un rombo.
A B
CD
Hp: ABCD parallelogramma, AB ∼= BC
Th: ABCD rombo
Dimostrazione. .
1. AB ∼= CD ∧ BC ∼= AD Hp, lati opposti parallelogramma
2. AB ∼= BC Hp
3. AB ∼= BC ∼= CD ∼= DA 1., 2., proprietà transitiva
4. ABCD rombo 3., definizione rombo
Esercizio 16.3.3. Dimostrare che un quadrilatero con le diagonali perpendicolari non ènecessariamente un rombo.
Teorema 16.3.3. Un parallelogramma con le diagonali perpendicolari è un rombo.
A B
CD
16.4 il rettangolo 148
Hp: ABCD parallelogramma, AC⊥BDTh: ABCD rombo
Dimostrazione. Tracciamo le diagonali AC e BD che si incontrano in O.
1. Consideriamo AOB e AOD
2. AOB ∼= AOD ∼= π2 Hp
3. AO in comune figura
4. BO ∼= DO Hp, Teorema delle diagonali
5. AOB ∼= AOD 2., 3., 4., 1° c.c.
6. AB ∼= AD 5., si oppongono ad angoli congruenti
7. ABCD rombo 5., Hp, lati consecutivi congruenti
Teorema 16.3.4. Un parallelogramma avente una diagonale bisettrice di un angolo è unrombo.
A B
CD
Hp: ABCD parallelogramma, DAC ∼= CAB
Th: ABCD rombo
Dimostrazione. Tracciamo la diagonale AC.
1. Consideriamo ACD
2. DAC ∼= CAB Hp
3. DAB ∼= DCB Hp, angoli opposti parallelogramma
4. BAC ∼= DCA Hp, a.a.i. formati da AB‖CD e AC
5. DAC ∼= DCA 2.,4., proprietà transitiva
6. ACD isoscele 5., teorema inverso triangoli isosceli
7. AD ∼= DC 6., definizione triangolo isoscele
8. ABCD rombo 7., Hp, lati consecutivi congruenti
16.4 il rettangolo
Definizione 16.4.1. Si definisce rettangolo ogni quadrilatero equiangolo.
Poiché la somma degli angoli interni di un quadrilatero è congruente ad unangolo piatto, gli angoli di un rettangolo sono tutti retti.
A B
CD
16.4 il rettangolo 149
Si deduce immediatamente il seguente
Corollario 16.4.1. Il rettangolo è un parallelogramma.
Esercizio 16.4.1. Dimostrare il corollario precedente.
Il rettangolo ha, pertanto, tutte le proprietà dei parallelogrammi.
Teorema 16.4.1. Le diagonali di un rettangolo sono congruenti.
A B
CD
Hp: ABCD rettangoloTh: AC ∼= BD
Dimostrazione. Tracciamo le diagonali AC e BD.
1. Consideriamo DAB e ABC
2. DAB ∼= ABC Hp, definizione rettangolo
3. AD ∼= BC lati opposti rettangolo
4. AB in comune figura
5. DAB ∼= ABC 2., 3., 4., 1° c.c.
6. AC ∼= BD 5., si oppongono ad angoli congruenti
Consideriamo un rettangolo ABCD, le sue diagonali AC e BD s’incontrano nelpunto O, centro di simmetria. L’asse del lato AB coincide ovviamente con l’assedel lato CD. Poiché un rettangolo è un parallelogramma, le diagonali si taglianoscambievolmente a metà, pertanto, per il teorema precedente, si ha che AO ∼= BO.Si deduce che i due triangoli isosceli congruenti ABO e DOC hanno lo stesso assedi simmetria, che è l’asse di simmetria comune ai lati opposti del rettangolo AB eCD. Ripetendo argomentazione analoga per i lati opposti AD e BC, e i triangoliisosceli congruenti DAO e COB, si deducono le seguenti proprietà.
Teorema 16.4.2. Siano ABCD un rettangolo, AC e BD le diagonali che s’incontranonel punto O; siano, inoltre, M, N, P e Q rispettivamente i punti medi dei lati AB, BC,CD e DA; allora
1. i triangoli ABO e DOC sono triangoli isosceli congruenti;
2. i triangoli DAO e COB sono triangoli isosceli congruenti;
3. MP ∩NQ = {O};
4. le rette MP e NQ sono assi di simmetria del rettangolo.
Un quadrilatero avente le diagonali congruenti non è necessariamente unrettangolo. L’alunno diligente non mancherà di verificarlo.
16.5 il quadrato 150
Teorema 16.4.3. Se un parallelogramma ha almeno un angolo retto, allora è un rettan-golo.
Dimostrazione. Semplice esercizio.
Teorema 16.4.4. Se un parallelogramma ha le diagonali congruenti, allora è un rettan-golo.
A B
CD
Hp: ABCD parallelogramma, AC ∼= BD
Th: ABCD rettangolo
Dimostrazione. Tracciamo le diagonali AC e BD.
1. Consideriamo DAB e ABC
2. AD ∼= BC lati opposti parallelogramma
3. AB in comune figura
4. AC ∼= BD Hp
5. DAB ∼= ABC 2., 3., 4., 3° c.c.
6. DAB ∼= ABC 5. Si oppongono a lati congruenti
7. DAB+ABC ∼= π Hp, a.c.i. formati da AD‖BC e AB
8. DAB ∼= ABC ∼= π2 6., 7.
9. ABCD rettangolo 8., parallelogramma con almeno unangolo retto
16.5 il quadrato
Definizione 16.5.1. Si definisce quadrato ogni quadrilatero sia equilatero che equiango-lo.
Il quadrato è, pertanto, l’unico poligono regolare di quattro lati. Le sue proprietàsono il compendio di tutte le proprietà dei parallelogrammi studiati finora, conl’aggiunta di caratteristiche ancora più esclusive.
A B
CD
Teorema 16.5.1. Il quadrato è sia parallelogramma, sia rombo, sia rettangolo.
Esercizio 16.5.1. Dimostrare il corollario precedente.
Facendo tesoro di quanto studiato nei precedenti tre paragrafi, i teoremi cheenunceremo sono immediata conseguenza di proprietà già dimostrate. Pertanto, lostudente diligente non mancherà di esplicitarne completamente le dimostrazioni,lasciate per esercizio.
16.6 i teoremi dei punti medi 151
Corollario 16.5.1. Siano ABCD un quadrato, AC e BD le diagonali che s’incontranonel punto O; siano, inoltre, M, N, P e Q rispettivamente i punti medi dei lati AB, BC,CD e DA; allora
1. le diagonali dividono il quadrato in quattro triangoli rettangoli isosceli congruenti;
2. il quadrato ha quattro assi di simmetria; essi sono le diagonali e le retteMP eNQ.
Corollario 16.5.2. Un parallelogramma è un quadrato se ha
1. le diagonali congruenti e una di esse è bisettrice di un angolo;
2. le diagonali perpendicolari e congruenti.
16.6 i teoremi dei punti medi
In questo paragrafo dimostreremo importanti proprietà che riguardano i triangolie i quadrilateri. Esse si deducono utilizzando le proprietà dei parallelogrammi.
Teorema 16.6.1 (Dei punti medi per i triangoli). In ogni triangolo, la retta passanteper i punti medi di due lati è parallela al terzo lato. Inoltre, il segmento staccato su diessa da tali punti medi è congruente alla metà del terzo lato.
A B
C
NM
D
Hp: ABC triangolo ∧AM ∼= CM∧CN ∼= BN
Th: MN ‖ AB∧MN ∼= 12AB
Dimostrazione. Costruzione: condotta la retta MN, si individua su di essa unpunto D tale che MN ∼= ND; si congiunge, quindi, D con B.
1. Consideriamo i triangoli MNC eBND
2. CN ∼= BN Hp
3. MN ∼= ND costruzione
4. MNC ∼= BND angoli opposti al vertice
5. MNC ∼= BND 2., 3., 4., 1◦ c.c.
6. CMN ∼= BDN 5., si oppongono a lati congruenti
7. AM ‖ BD 6., criteri parallelismo
8. CM ∼= BD 5.,si oppongono ad angoli congruenti
9. AM ∼= CM Hp
10. AM ∼= BD 8., 9.,proprietà transitiva
11. ABDM parallelogramma 7.,10., lati opposti paralleli e congruenti
12. MN ‖ AB 11., definizione di parallelogramma
13. MD ∼= AB 11., lati opposti parallelogramma
14. MN ∼= 12MD costruzione
15. MN ∼= 12AB 13.,14., proprietà transitiva
16.6 i teoremi dei punti medi 152
Vale anche il viceversa.
Teorema 16.6.2. In ogni triangolo ABC, se la retta parallela al lato AB che incontra ilati AC in M e BC in N stacca il segmento MN ∼= 1
2AB, allora M è punto medio di ACe N è punto medio di BC.
A B
C
NM
D
Hp: MN ‖ AB∧MN ∼= 12AB
Th: AM ∼= MC∧BN ∼= NC
Dimostrazione. Costruzione: si individui sulla retta MN il punto D tale che MN ∼=
ND; quindi si congiunga D con B.
1. Consideriamo ABDM
2. MN ∼= ND costruzione
3. MN ∼= 12AB Hp
4. AB ∼= MD 2., 3.
5. MN ‖ AB Hp
6. ABDM parallelogramma 4., 5., lati opposti paralleli e congruenti
7. AM ‖ BD∧AM ∼= BD 6., lati opposti parallelogramma
8. Consideriamo MNC e BDN
9. MNC ∼= DNB angoli opposti al vertice
10. CMN ∼= NDB a.a.i. formati da AM ‖ BD e MD
11. MNC ∼= BDN 2.,9.,10., 2◦ c.c.
12. BN ∼= NC 11., si oppongono ad angoli congruenti
13. MC ∼= BD 11., si oppongono ad angoli congruenti
14. AM ∼= MC 7.,13., proprietà transitiva
In modo analogo si dimostra la seguente proprietà:
Teorema 16.6.3. In un triangolo , se la parallela ad un lato è condotta per il punto mediodi un secondo lato, allora essa incontra il terzo lato nel suo punto medio.
Esercizio 16.6.1. Dimostrare il teorema precedente.
Teorema 16.6.4. In ogni trapezio, la retta passante per i punti medi dei lati obliqui èparallela alle basi.
A B E
CD
M N
16.6 i teoremi dei punti medi 153
Hp: ABCD trapezio ∧AM ∼= MB∧BN ∼= NC
Th: MN‖AB
Dimostrazione. Costruzione: conduciamo la semiretta DN che incontra la retta ABin E.
1. Consideriamo i triangoli CDN eBEN
2. BN ∼= NC Hp
3. CND ∼= BNE angoli opposti al vertice
4. AB‖CD Hp, basi del trapezio
5. DCN ∼= NBE angoli alterni interni formati daAB‖CD e BC
6. CDN ∼= BEN 2., 3., 5., 2° c.c.
7. DN ∼= NE 6., si oppongono ad angoli congruenti
8. Consideriamo il triangolo AED
9. AM ∼= MD Hp
10. MN‖AB 2., 9., teorema dei punti medi per itriangoli
Allo stesso modo è possibile provare il seguente
Teorema 16.6.5. In ogni parallelogramma, la retta passante per i punti medi di due latiopposti è parallela agli altri due lati.
Passiamo ora a dimostrare una proprietà dei quadrilateri alquanto sorprendente.
Teorema 16.6.6 (Dei punti medi per i quadrilateri). Il quadrilatero che si ottienecongiungendo i punti medi dei lati di un quadrilatero qualunque è un parallelogramma.
A B
C
D
M
N
P
Q
Hp: ABCD quadrilatero ∧AM ∼= MB∧BN ∼= NC∧CP ∼= PD∧DQ ∼= QA
Th: MNPQ parallelogramma
Dimostrazione. Costruzione: si conduca la diagonale AC del quadrilatero ABCD.
16.7 esercizi 154
1. Consideriamo il triangolo ABC
2. AM ∼= MB Hp
3. BN ∼= NC Hp
4. MN ‖ AC∧MN ∼= 12AC 1.,2., 3., teorema dei punti medi
5. Consideriamo il triangolo ACD
6. AQ ∼= QD Hp
7. CP ∼= PD Hp
8. QP ‖ AC∧QP ∼= 12AC 5.,6.,7., teorema dei punti medi per i
triangoli
9. MN ‖ QP∧MN ∼= QP 4.,8., proprietà transitiva di paralleli-smo e congruenza
10. MNPQ parallelogramma 9., lati opposti paralleli e congruenti
Esercizio 16.6.2. Dimostrare che il parallelogramma che si ottiene congiungendo i puntimedi dei lati di un rombo (rispettivamente un rettangolo) è un rettangolo (rispettivamenteun rombo). Estendere il risultato ai quadrati.
16.7 esercizi
1. Dato un parallelogramma ABCD, dimostrare i vertici opposti B e D sonoequidistanti dalla diagonale AC.
2. Sia ABCD un parallelogramma ed E il punto medio del lato AB. Le retteDE e BC si incontrano in T . Dimostrare che DBTA è un parallelogramma.
3. Dato un parallelogramma ABCD, si prendano sui lati opposti AB e CD duesegmenti congruenti AE e CF. Dimostrare che DEBF è un parallelogramma.
4. Sia ABCD un parallelogramma; le bisettrici degli angoli A e B s’incontranonel punto F ∈ CD. Dimostrare che AB ∼= 2BC.
5. Nel trapezio ABCD le bisettrici degli angoli alla base maggiore si incontranonel punto E della base minore. Dimostrare che la base minore è congruentealla somma dei lati obliqui. Supposto, infine, che il trapezio sia isoscele,dimostrare che E è punto medio della base minore.
6. Dimostrare che, se un parallelogramma ha le altezze relative a due laticonsecutivi congruenti, allora esso è un rombo.
7. Dimostrare che, se in un trapezio le bisettrici degli angoli adiacenti allabase minore s’intersecano in un punto della base maggiore, allora la basemaggiore è congruente alla somma dei lati obliqui.
8. Sia dato un rombo ABCD e sia O il punto d’intersezione delle diagonali.Prendiamo un punto E appartenente al segmento AO ed un punto F ap-partenente al segmento CO tali che i segmenti AE e CF siano congruenti.Dimostrare che il quadrilatero EBFD è un rombo.
9. Dato un trapezio isoscele ABCD con le diagonali perpendicolari, dimostrareche il quadrilatero che ha per vertici i punti medi dei lati del trapezio è unquadrato.
10. Sia dato un triangolo ABC e sia AL la bisettrice dell’angolo A. Sia P il puntod’intersezione con il lato AC della retta per L parallela al lato AB e sia Qil punto d’intersezione con il lato AB della retta per L parallela al lato AC.dimostrare che il quadrilatero LPAQ è un rombo.
16.7 esercizi 155
11. Sia ABCD un parallelogramma ed E il punto medio del lato AB. Le retteDE e BC si incontrano in T . Dimostra che DBTA è un parallelogramma.
12. Sia ABC un trapezio isoscele di base maggiore AB e base minore CD; lediagonali AC e BD si intersecano in O. Dimostra che i triangoli AOB eDOC sono isosceli e che i triangoli ADO e COB sono congruenti.
13. Nel trapezio ABCD le bisettrici degli angoli alla base maggiore si incontranonel punto E della base minore. Dimostra che la base minore è congruentealla somma dei lati obliqui.
14. Disegna un triangolo isoscele FAD di base FA. Prolunga il lato FD di unsegmento DC congruente a FD, congiungi C con A.
• Dimostra che il triangolo FAC è rettangolo.
• Indica con M il punto medio di AC e congiungi M con D. Dimostrache DM è contenuto nell’asse del segmento AC.
• Con centro in A e raggio AD traccia un arco che incontra il prolunga-mento di DM nel punto B. Dimostra che il quadrilatero ABCD è unrombo.
Parte III
C O N T R I B U T I
colophon
Questo lavoro è stato realizzato conLATEX 2ε usando una rielaborazione dello stileClassicThesis, di André Miede, ispirato al lavoro di Robert Bringhurst Gli Elementidello Stile Tipografico [1992]. Lo stile è disponibile su CTAN.
Il lavoro è composto con la famiglia di font Palatino, di Hermann Zapf. Leformule matematiche sono state composte con i font AMS Euler, di HermannZapf e Donald Knuth. Il font a larghezza fissa è il Bera Mono, originariamentesviluppato da Bitstream Inc. come Bitstream Vera. I font senza grazie sono gliIwona, di Janusz M. Nowacki.
Versione [09/2008.1][S-All]
C O N T R I B U T I
Erica Boatto Algebra - Insiemi
Beniamino Bortelli Grafici
Roberto Carrer Numeri - Funzioni - Coordinatore progetto
Morena De Poli Laboratorio matematica
Piero Fantuzzi Algebra - Insiemi
Carmen Granzotto Funzioni
Franca Gressini Funzioni
Beatrice Hittahler Funzioni trascendenti - Geometria analitica
Lucia Perissinotto Funzioni trascendenti - Geometria analitica
Pietro Sinico Geometria I
Settembre 2008
Dipartimento di MatematicaITIS V.Volterra
San Donà di Piave
M AT E M AT I C A 3
dipartimento di matematica
ITIS V.VolterraSan Donà di Piave
Versione [09/2008.0][S-All]
I N D I C E
i numeri e funzioni 1
1 numeri 3
1.1 Premessa 3
1.2 Tipi di numeri 3
1.3 Proprietà fondamentali 4
1.4 Uguaglianze e disuguaglianze 5
1.5 Equazioni e disequazioni 9
1.5.1 Equazioni algebriche 9
1.5.2 Una disgressione sui grafici 9
1.5.3 Disequazioni e sistemi di disequazioni algebriche 10
1.5.4 Equazioni e disequazioni con modulo 13
1.5.5 Equazioni e disequazioni irrazionali 20
1.5.6 Esercizi riassuntivi 25
2 appendici 26
2.1 Cosa e dove 26
2.2 Naturali e Interi 26
2.3 Reali 27
2.4 Numeri interi e calcolatori 27
2.5 Numeri reali e calcolatori 27
3 funzioni 28
3.1 Introduzione 28
3.2 Definizioni 30
3.3 Grafici 34
3.4 Tipi di funzioni 36
3.5 Operazioni 40
3.6 Proprietà notevoli 47
ii funzioni trascendenti 50
4 funzioni trascendenti 51
4.1 Introduzione 51
4.2 Funzioni esponenziali e logaritmiche 51
4.2.1 Potenze ad esponente naturale, intero e razionale 51
4.2.2 Potenze ad esponente reale 52
4.2.3 Funzione esponenziale elementare 53
4.2.4 Funzione logaritmica 53
4.2.5 Equazioni e disequazioni esponenziali e logaritmiche ele-mentari 56
4.3 Funzioni goniometriche 59
4.3.1 Introduzione alla goniometria 59
4.3.2 Richiami geometrici 62
4.3.3 Archi associati (per seno e coseno) 63
4.3.4 Archi associati (per tangente e cotangente) 66
4.3.5 Funzioni inverse 66
4.3.6 Equazioni e disequazioni goniometriche elementari 67
4.3.7 Formule goniometriche 71
4.3.8 Formule di addizione e sottrazione 71
4.3.9 Formule di duplicazione 73
4.3.10 Formule di bisezione 74
4.3.11 Formule di prostaferesi 75
4.3.12 Formule di Werner 76
4.3.13 Formule razionali in tangente 76
4.3.14 Esercizi riassuntivi proposti 79
ii
indice iii
iii geometria analitica 81
5 introduzione 82
5.1 Introduzione 82
6 il piano cartesiano 83
6.1 Punti e segmenti 83
7 le rette 88
7.1 Equazioni lineari 88
7.2 Relazioni e formule 92
8 le trasformazioni 101
8.1 Simmetrie 101
8.2 Traslazioni 106
8.3 Cambio di scala 109
8.4 Rotazioni 117
9 le coniche 122
9.1 Introduzione 122
9.2 La parabola 122
9.3 La circonferenza 130
9.4 L’ellisse 137
9.5 L’iperbole 141
10 i vettori del piano 149
10.1 Segmenti orientati 149
10.2 R2 149
11 i numeri complessi 150
11.1 Forma algebrica 150
11.2 Forma trigonometrica ed esponenziale 150
iv contributi 151
E L E N C O D E L L E F I G U R E
E L E N C O D E L L E TA B E L L E
iv
Parte I
N U M E R I E F U N Z I O N I
Elenco delle tabelle 2
Un elenco completo dei numeri reali:
1) 0,14159265358979323846264338327950288419716939937510582097494459230781640628620899 . . .
2) 0,86280348253421170679821480865132823066470938446095505822317253594081284811174502 . . .
3) 0,84102701938521105559644622948954930381964428810975665933446128475648233786783165 . . .
4) 0,27120190914564856692346034861045432664821339360726024914127372458700660631558817 . . .
5) 0,48815209209628292540917153643678925903600113305305488204665213841469519415116094. . .
6) 0,33057270365759591953092186117381932611793105118548074462379962749567351885752724. . .
7) 0,89122793818301194912983367336244065664308602139494639522473719070217986094370277. . .
8) 0,05392171762931767523846748184676694051320005681271452635608277857713427577896091. . .
9) 0,73637178721468440901224953430146549585371050792279689258923542019956112129021960. . .
10) 0,86403441815981362977477130996051870721134999999837297804995105973173281609631859 . . .
11) 0,50244594553469083026425223082533446850352619311881710100031378387528865875332083 . . .
12) 0,81420617177669147303598253490428755468731159562863882353787593751957781857780532 . . .
13) 0,17122680661300192787661119590921642019893809525720106548586327886593615338182796 . . .
14) 0,82303019520353018529689957736225994138912497217752834791315155748572424541506959 . . .
15) 0,50829533116861727855889075098381754637464939319255060400927701671139009848824012 . . .
16) 0,85836160356370766010471018194295559619894676783744944825537977472684710404753464 . . .
17) 0,62080466842590694912933136770289891521047521620569660240580381501935112533824300 . . .
18) 0,35587640247496473263914199272604269922796782354781636009341721641219924586315030. . .
19) 0,28618297455570674983850549458858692699569092721079750930295532116534498720275596 . . .
20) 0,02364806654991198818347977535663698074265425278625518184175746728909777727938000 . . .
21) 0,81647060016145249192173217214772350141441973568548161361157352552133475741849468 . . .
22) 0,43852332390739414333454776241686251898356948556209921922218427255025425688767179. . .
23) 0,04946016534668049886272327917860857843838279679766814541009538837863609506800642 . . .
24) 0,25125205117392984896084128488626945604241965285022210661186306744278622039194945 . . .
25) 0,04712371378696095636437191728746776465757396241389086583264599581339047802759009 . . .
26) 0,94657640789512694683983525957098258226205224894077267194782684826014769909026401 . . .
27) 0,36394437455305068203496252451749399651431429809190659250937221696461515709858387 . . .
28) 0,61515709858387410597885959772975498930161753928468138268683868942774155991855925 . . .
29)0,99725246808459872736446958486538367362226260991246080512438843904512441365497627 . . .
30) 0,80797715691435997700129616089441694868555848406353422072225828488648158456028506 . . .
31) 0,01684273945226746767889525213852254995466672782398645659611635488623057745649803 . . .
32) 0,5593634568174324112507606947945109659609402522887971089314566913686722874894051 . . .
33) 0,60101503308617928680920874760917824938589009714909675985261365549781893129784821 . . .
34) 0,68299894872265880485756401427047755513237964145152374623436454285844479526586782 . . .
35) 0,10511413547357395231134271661021359695362314429524849371871101457654035902799344 . . .
36) 0,03742007310578539062198387447808478489683321445713868751943506430218453191048481 . . .
37) 0,00537061468067491927819119793995206141966342875444064374512371819217999839101591 . . .
38) 0,95618146751426912397489409071864942319615679452080951465502252316038819301420937 . . .
39) 0,62137855956638937787083039069792077346722182562599661501421503068038447734549202 . . .
40) 0,60541466592520149744285073251866600213243408819071048633173464965145390579626856 . . .
41) 0,10055081066587969981635747363840525714591028970641401109712062804390397595156771. . .
42) 0,57700420337869936007230558763176359421873125147120532928191826186125867321579198 . . .
43) 0,41484882916447060957527069572209175671167229109816909152801735067127485832228718 . . .
44) 0,35209353965725121083579151369882091444210067510334671103141267111369908658516398. . .
45) 0,31501970165151168517143765761835155650884909989859982387345528331635507647918535 . . .
46) 0,89322618548963213293308985706420467525907091548141654985946163718027098199430992 . . .
47) 0,44889575712828905923233260972997120844335732654893823911932597463667305836041428 . . .
48) 0,13883032038249037589852437441702913276561809377344403070746921120191302033038019 . . .
49) 0,76211011004492932151608424448596376698389522868478312355265821314495768572624334 . . .
50) 0,37634668206531098965269186205647693125705863566201855810072936065987648611791045 . . .
51) 0,33488503461136576867532494416680396265797877185560845529654126654085306143444318. . .
52) 0,58676975145661406800700237877659134401712749470420562230538994561314071127000407 . . .
53) 0,85473326993908145466464588079727082668306343285878569830523580893306575740679545 . . .
54) 0,71637752542021149557615814002501262285941302164715509792592309907965473761255176. . .
55) 0,56751357517829666454779174501129961489030463994713296210734043751895735961458901. . .
56) 0,93897131117904297828564750320319869151402870808599048010941214722131794764777262. . .
57) 0,24142548545403321571853061422881375850430633217518297986622371721591607716692547 . . .
58) 0,48738986654949450114654062843366393790039769265672146385306736096571209180763832 . . .
59) 0,71664162748888007869256029022847210403172118608204190004229661711963779213375751 . . .
...
1N U M E R I
1.1 premessa
Scopo di questo capitolo è di presentare le proprietà fondamentali dei numerireali. Per capire bene la loro importanza e in cosa differiscono dagli altri numeri ènecessario confrontarli tutti assieme e verificarne le proprietà. I numeri reali sonoil fondamento su cui costruiremo la quasi totalità delle conoscenze matematichedel triennio. In questo e nel prossimo capitolo ci occuperemo delle proprietàfondamentali dei reali e della loro esistenza. Allo studente potrà sembrare stranoche ci si debba preoccupare dell’esistenza di numeri che si usano in continuazione;in effetti l’argomento è delicato e riguarda un pò tutta la matematica; in fondo inquesta disciplina si parla continuamente di oggetti che non hanno alcuna esistenzareale: sono pure costruzioni del pensiero; allora che senso può avere parlare diesistenza? ci occuperemo più estesamente di questo nel prossimo capitolo.
1.2 tipi di numeri
Sono noti dal biennio i numeri naturali indicati con N
N = {0, 1, 2 . . . }
i numeri interi indicati con Z (dal tedesco “Zahl”, numero)
Z = {· · ·− 2, −1, 0, 1, 2, . . . }
i numeri razionali indicati con Q
Q = {m
n| m,n ∈ Z,n 6= 0}
si noti che non li abbiamo elencati ordinatamente come nel caso di N e Z anchese questo è possibile1.I numeri reali indicati con R dei quali non possiamo dare una elencazione ouna definizione precisa ora; ci accontentiamo - almeno per ora - di pensare checontengano tutti i numeri di cui abbiamo avuto la necessità di parlare come leradici2 o π.Possiamo pensare che questi insiemi numerici siano l’uno contenuto nell’altro -come dire, inscatolati -
N ⊂ Z ⊂ Q ⊂ R
poichè i positivi di Z coincidono con N e le frazioni del tipo m1 coincidono con Z
mentre R si può pensare come unione di Q e degli irrazionali. Matematicamentesarebbe più corretto dire che l’uno contiene una immagine dell’altro ma pensarlidirettamente come sottoinsiemi non ha conseguenze decisive.
Naturalmente questi insiemi sarebbero poco interessanti se non vi fosserodefinite anche le operazioni di somma e prodotto. Non parliamo delle operazionidi sottrazione e divisione poichè - come sappiamo - si possono pensare inglobaterispettivamente nella somma e nel prodotto. La sottrazione a−b la pensiamo comeuna abbreviazione3 della somma a+ (−b) e la divisione
a
bcome abbreviazione4
del prodotto a1
b.
1 Appendice A.2 Alcuni studenti avranno già una nozione più precisa di numero reale.3 Avendo definito i numeri negativi.4 Avendo definito il reciproco.
3
1.3 proprietà fondamentali 4
1.3 proprietà fondamentali
Le proprietà più importanti delle operazioni sono le seguenti5:
a+ (b+ c) = (a+ b) + c Associativa della somma (P.1)
a+ 0 = 0+ a = a Elemento neutro della somma (P.2)
a+ (−a) = (−a) + a = 0 Esistenza opposto (P.3)
a+ b = b+ a Commutativa della somma (P.4)
a(bc) = (ab)c Associativa del prodotto (P.5)
a1 = 1a Elemento neutro del prodotto (P.6)
aa−1 = a−1a = 1 Esistenza inverso (P.7)
ab = ba Commutativa del prodotto (P.8)
a(b+ c) = ab+ ac Distributiva (P.9)
Dove a,b, c sono numeri qualsiasi e a 6= 0 nel caso P.7; inoltre i numeri 0 e 1 sonounici6.Queste prime 9 proprietà sono quelle che ci permettono di risolvere i problemidi natura algebrica cioè quelli legati alle equazioni o ai sistemi di equazioni.Per affrontare i problemi di natura analitica - di cui ci occuperemo nel seguito -diventano altrettanto centrali le proprietà legate alle disuguaglianze (<,>, 6, >).Indichiamo con P l’insieme dei numeri positivi, intendendo con ciò che possanoessere naturali, interi, razionali o reali.Le proprietà che risultano centrali sono:
Legge di tricotomia (P10)
Per ogni numero a, vale una sola delle seguenti:
a = 0 (i)
a ∈ P (ii)
−a ∈ P (iii)
Se a ∈ P e b ∈ P, allora a+ b ∈ P Chiusura per la somma (P11)
Se a ∈ P e b ∈ P, allora ab ∈ P Chiusura per il prodotto (P12)
Le proprietà sopraelencate non valgono tutte negli insiemi N, Z7. Valgono perònegli insiemi Q, R e questo ci dice che l’insieme di queste proprietà non è suffi-ciente per distinguere l’insieme Q dall’insieme R; in altre parole, per distinguerei razionali dai reali bisogna introdurre una ulteriore proprietà8.
Definiamo ora le relazioni di disuguaglianza:
Definizione 1.3.1.
a > b se a− b ∈ P
a < b se b > a
a > b se a > b o a = b
a 6 b se a < b o a = b
Come si può notare, tutte le usuali relazioni di disuguaglianza sono definibili apartire dalla definizione dell’insieme P. In particolare sottolineiamo che a > bè solo un’altro modo di dire che b < a e che possiamo usare a 6 b quandosappiamo che uno dei due a < b o a = b è vero ma non entrambi ecc.
5 Notiamo che - come d’abitudine - non si usa il puntino per indicare il prodotto.6 Per chi ama le perversioni: il fatto che 0 6= 1 andrebbe esplicitamente asserito; non vi è modo di
dimostrarlo usando le altre proprietà.7 Per esercizio si scoprano quelle che non sono valide trovando dei controesempi.8 L’ulteriore assioma sarà introdotto in un capitolo successivo.
1.4 uguaglianze e disuguaglianze 5
1.4 uguaglianze e disuguaglianze
Altre relazioni di uguaglianza importanti che non dobbiamo assumere comepostulati ma che possiamo dimostrare:
∀x ∈ R 0x = x0 = 0 (1.1)
Legge annullamento del prodotto
∀a,b ∈ R ab = 0 ⇔ a o b = 0 (1.2)
Il significato di0
0(1.3)
∀a,b ∈ R (−a)b = −(ab) a(−b) = −(ab) (1.4)
∀a ∈ R a 6= 0 1/(1/a) = a (1.5)
∀a,b ∈ R a,b 6= 0 1/(ab) = (1/a)(1/b) (1.6)
∀a ∈ R a 6= 0 1/(−a) = −(1/a) (1.7)
Relazioni di disuguaglianza:
La relazione 6 (e anche la >) è un ordinamento totale (1.8)
Riflessiva ∀x ∈ R x 6 x
Antisimmetrica siano x,y ∈ R se x 6 y e y 6 x allora x = y
Transitiva siano x,y, z ∈ R se x 6 y 6 z allora x 6 z
Totalità dell’ordine x 6 y oppure y 6 x
il termine totale che compare nella proprietà indica che tutti i numeri sonoconfrontabili e questo si deduce dalla P10 (Tricotomia). La relazione < (e natu-ralmente anche la >) è pure un ordinamento totale; in questo caso però bisognasostituire la proprietà Riflessiva con la Irriflessiva: ∀x ∈ R x < x è falsa. Lerelazioni 6, > si dicono disuguaglianze in senso debole mentre le <,> si dico-no disugaglianze in senso forte. Nel seguito useremo indifferentemente tutte lerelazioni (<,>, 6, >) secondo la convenienza del momento.
Ulteriori proprietà e regole di calcolo con disuguaglianze:
Proposizione 1.4.1. Siano x1, x2,y1,y2 ∈ R. Se x1 6 y1 e x2 6 y2 allora x1 + x2 6y1 + y2. L’ultima disuguaglianza è forte se e solo se almeno una delle altre due lo è.
La proposizione resta vera se sostituiamo la relazione 6 con una qualsiasi dellealtre (naturalmente sempre la stessa).
Dimostrazione. Per la definizione 1.3.1 da x1 6 y1 si ha y1 − x1 ∈ P oppure y1 − x1 =
0 e da x2 6 y2 si ha y2 − x2 ∈ P oppure y2 − x2 = 0. Per la proprietà P11 si hay1 − x1 +y2 − x2 ∈ P cioè y1 +y2 − (x1 + x2) ∈ P oppure y1 +y2 − (x1 + x2) = 0
che per definizione significa x1 + x2 < y1 + y2 oppure x1 + x2 = y1 + y2 e quindix1+x2 6 y1+y2. Analogamente per le altre disuguaglianze.
Questa proposizione dice che le disuguaglianze dello stesso verso possono esseresommate membro a membro. La stessa cosa non si può dire per le moltiplicazioni:ad esempio da −2 6 −1 e −3 6 −1 si ottiene 6 6 1 evidentemente falsa. Ilcomportamento delle disuguaglianze rispetto alla moltiplicazione è riassuntonelle seguenti proposizioni:
Proposizione 1.4.2. Siano x,y, z ∈ R. Se x 6 y e z > 0 allora xz 6 yz; se z < 0 alloraxz > yz. Analogamente per i casi < e >.
1.4 uguaglianze e disuguaglianze 6
Dimostrazione. Se x 6 y e z > 0 allora z ∈ P e per la definizione 1.3.1 si ha y− x ∈ Poppure y−x = 0. Quindi per la proprietà P12 si ha (y−x)z = yz−xz ∈ P o yz−xz =
0 e quindi xz < yz o xz = yz da cui xz 6 yz.Se x 6 y e z < 0 allora −z ∈ P e si ha y− x ∈ P oppure y− x = 0. Quindi (y−
x)(−z) = −(yz− xz) = xz− yz ∈ P o xz− yz = 0 (anche per 1.4). Perciò yz <xz o yz = xz e in definitiva yz 6 xz. Analogamente per le altre disuguaglianze.
In particolare dalla 1.4.2 con z = −1 si ottiene la regola: se si cambiano i segni adambo i membri di una disuguaglianza questa si inverte.
Proposizione 1.4.3. Siano x1,y1, x2,y2 ∈ R. Se 0 6 x1 6 y1 e 0 6 x2 6 y2 allorax1x2 6 y1y2. Analogamente per i casi < e >.
Dimostrazione. Primo caso: supponiamo x2 > 0. Allora per x1 6 y1 e la proposizioneprecedente si ha: x1x2 6 y1x2; e se y1 > 0 da x2 6 y2 si ottiene y1x2 6 y1y2; quindix1x2 6 y1x2 = y1x2 6 y1y2 e per transitività (1.8) x1x2 6 y1x2 6 y1y2. Se invecey1 = 0 allora anche x1 = 0 (dimostrarlo) e quindi x1x2 = 0 e y1y2 = 0 da cui la tesi.Secondo caso: sia x2 = 0 allora anche x1 = 0 (dimostrarlo) e quindi x1x2 = 0. Il prodottoy1y2 è = 0 se uno dei due è = 0 (1.2), altrimenti è > 0: in ogni caso 0 = x1x2 6 y1y2.Analogamente per le altre disuguaglianze.
Proposizione 1.4.4. Siano x,y ∈ R. Se 0 6 x e 0 6 y allora 0 6 xy. Se 0 < x e 0 < yallora 0 < xy. Se x < 0 e y < 0 allora 0 < xy. Se x < 0 e 0 < y allora xy < 0.
osservazione : La proposizione 1.4.4 esprime la nota regola dei segni: ++ =
+, −− = +, +− = −, −+ = −.
Proposizione 1.4.5. ∀x ∈ R x2 > 0. Se x 6= 0 allora x2 > 0. I quadrati sono positivi.
Proposizione 1.4.6. ∀x ∈ R se x > 0 allora 1/x > 0. Se x < 0 allora 1/x < 0.
Definizione 1.4.1. Si dice valore assoluto di x ∈ R il |x| =x x ≥ 0
−x x ≤ 0
Questa definizione sottolinea che −x > 0 se x < 0. Osserviamo anche che ilvalore assoluto ha significato solo se sono presenti numeri negativi e quindi gliopposti dei numeri (non in N) e che non ha il significato di numero senza segno,ma semplicemente il numero o il suo opposto. Utile sottolineare che |x| è semprepositivo salvo il caso x = 0.Il fatto più importante che riguarda il valore assoluto è:
Teorema 1.4.1 (Disuguaglianza triangolare). ∀x,y ∈ R
|x+ y| 6 |x| + |y|
Dimostrazione. Procediamo per casi:Caso x > 0,y > 0: allora abbiamo x+y > 0 e quindi, per definizione, |x+y| = x+y =
|x| + |y| e vale proprio l’uguaglianza.Caso x 6 0,y 6 0: allora x+y 6 0 e quindi |x+y| = −(x+y) = (−x) + (−y) =
|x| + |y| e di nuovo vale l’uguaglianza.Caso x > 0,y 6 0: in questo caso dobbiamo dimostrare che |x+y| 6 x−y. Si presentanodue casi: se x+y > 0 allora dobbiamo far vedere che x+y 6 x−y cioè y 6 −y che saràcertamente vero perchè y 6 0 e quindi −y > 0. Nel secondo caso se x+y 6 0 dobbiamodimostrare che −x−y 6 x−y cioè −x 6 x che è certamente vero dato che x > 0 equindi −x 6 0.Caso x 6 0,y > 0: la dimostrazione è identica alla precedente scambiando i ruoli di x e y.
osservazione: Il teorema ci dice che il modulo della somma non è ugualealla somma dei moduli; dalla dimostrazione si vede che lo è solo nel caso che inumeri abbiano lo stesso segno: entrambi positivi o entrambi negativi. Negli altricasi vale la disuguaglianza stretta come si vede negli esempi seguenti.
1.4 uguaglianze e disuguaglianze 7
esempi .
1. |π+ (−3)| = π− 3 < |π| + | − 3| = π+ 3
2. |√2+ (−1)| =
√2− 1 < |
√2| + | − 1| =
√2+ 1
3. |1+√3| = 1+
√3 = |1| + |
√3|
4. | − 5−√5| = 5+
√5 = | − 5| + | −
√5|
Il prodotto e il quoziente si comportano molto meglio:
Proposizione 1.4.7. ∀x,y ∈ R si ha |xy| = |x||y| (il modulo del prodotto è uguale al
prodotto dei moduli). Se y 6= 0 allora anche |x
y| =
|x|
|y|(il modulo del quoziente è uguale al
quoziente dei moduli).
Terminiamo il capitolo con una considerazione generale: è sensato chiedersiperchè si dimostrano tutte queste proprietà dei numeri che sembrano (e sono)ovvie e perchè si è scelto di assumere come proprietà indimostrate (assiomi)le P.1 - P12 che sono altrettanto ovvie. La risposta non è semplice e coinvolgequestioni molto complesse e profonde che non sono affrontabili in un corso distudi secondario; non in tutta generalità perlomeno. Lo studente impara a conoscerei numeri e a lavorarci sin dalle scuole elementari ma il problema di stabilire cosai numeri veramente sono resta una questione incerta 9. Anche in questo corsoimpareremo ad usare i numeri e a conoscerne ulteriori proprietà ma con unaconsapevolezza maggiore: ci renderemo conto che, anche non sapendo bene cosasono i numeri, certamente dovranno avere le proprietà P.1 - P12. Vedremo ancheche quelle proprietà non sono sufficienti per risolvere tutti i problemi che siamoin grado di porci e che dovremo estenderle in modo decisamente innovativo.
9 Come dice V.A.Zorich in Mathematical Analisys I: ‘I numeri in matematica sono come il tempo infisica: tutti sanno cosa sono ma solo gli esperti li trovano difficili da capire.’
1.4 uguaglianze e disuguaglianze 8
esercizi
Esercizio 1.4.1. Dimostrare le proprietà delle uguaglianze (1.4).
Esercizio 1.4.2. Dimostrare le proprietà delle disuguaglianze (1.8).
Esercizio 1.4.3. Dimostrare la proposizione 1.4.5.
Esercizio 1.4.4. Dimostrare la proposizione 1.4.6.
Esercizio 1.4.5. Dimostrare la proposizione 1.4.7.
1.5 equazioni e disequazioni 9
1.5 equazioni e disequazioni
In questo paragrafo useremo le proprietà e gli assiomi dei numeri razionali e realiper risolvere alcune equazioni e disequazioni algebriche, razionali, irrazionali econ moduli. Naturalmente, in alcuni casi, si tratterà di un ripasso di nozioni giàviste nel biennio.
1.5.1 Equazioni algebriche
Esempio 1.5.1. esempio
1.5.2 Una disgressione sui grafici
Lo studente ha già usato i grafici per rappresentare le soluzioni delle disequazionie dei sistemi di disequazioni algebriche incontrate nel biennio. Illustriamo leconvenzioni che assumiamo nel tracciare i grafici.
grafico di intersezione. Viene usato quando si risolve un sistema didisequazioni o quando la disequazione porta ad un sistema equivalente come nelcaso delle frazionarie10.
O 1 74−√3 4+
√3
Assumiamo di tracciare una linea che rappresenta l’asse delle x sulla qualefissiamo gli estremi degli intervalli calcolati. Tracciamo una linea continua (unaper ogni disequazione) che rappresenta gli intervalli dove la singola disequazioneè soddisfatta. Infine tratteggiamo l’area che rappresenta l’intersezione di tutte lesoluzioni delle disequazioni.
grafico dei segni. Viene usato quando si risolve una disequazione in cuicompaiono prodotti o quozienti in cui il segno complessivo della disequazionedipende dai segni dei singoli fattori.
O−7 1−5
− + − +
Assumiamo di tracciare una linea che rappresenta l’asse delle x sulla qualefissiamo gli estremi degli intervalli calcolati. Tracciamo una linea continua (unaper ogni fattore) che rappresenta gli intervalli dove il fattore è positivo e unalinea tratteggiata dove il fattore è negativo. Infine indichiamo, applicando laregola dei segni, con segni + e − le zone corrispondenti. Per maggiore chiarezzacerchiamo con un circoletto i segni nelle zone che rappresentano soluzioni delladisequazione.
In entrambi i tipi di grafico assumiamo di congiungere con linee verticali gliestremi degli intervalli ai corrispondenti valori sull’asse delle x: con linea continuase l’estremo è compreso, altrimenti con linea tratteggiata.
Ricordiamo che, in molti casi, può essere necessario tracciare più grafici per lastessa disequazione o sistema e non è escluso che si debba tracciare, per lo stessoproblema, grafici di entrambi i tipi.
10 O delle modulari e irrazionali come si vedrà presto.
1.5 equazioni e disequazioni 10
1.5.3 Disequazioni e sistemi di disequazioni algebriche
Ricordiamo che il polinomio di secondo grado ax2 + bx+ c assume valori positivio negativi in funzione del valore del discriminante ∆ = b2− 4ac; per la precisionese a > 0, cosa a cui possiamo sempre ricondurci eventualmente cambiando tuttii segni, e ∆ > 0 allora il polinomio è positivo esternamente all’intervallo dellesoluzioni e negativo internamente; se ∆ = 0 allora il polinomio è sempre positivotranne nell’unica radice; se ∆ < 0 allora il polinomio è sempre positivo.
Esempio 1.5.2. Risolvere la disequazione
(3x− 2)2+ 3 < 5x− (2x− 1)2
9x2− 12x+ 4+ 3− 5x+ 4x2− 4x+ 1 < 0
13x2− 21x+ 8 < 0
∆ = 441− 416 = 25 > 0
x =21±
√25
26x1 = 1 x2 =
8
13
per quanto detto, le soluzioni sono: 813 < x < 1, in intervalli: ] 813 ,1[.
Esempio 1.5.3. Risolvere il sistema di disequazioni2x(x+ 5) > 3(x+ 1)2
x2+ 4x+ 3 > 3(x− 1)2
2x2+x+ 1 > 0
tutte le disequazioni sono di secondo grado, quindi semplifichiamo e calcoliamo i discriminanti
2x2+ 10x > 3x2+ 6x+ 3
x2+ 4x+ 3 > 3(x− 1)2
∆3 = 1− 8 = −7 < 0
x2− 4x+ 3 < 0
x2− 5x < 0
∆3 = 1− 8 = −7 < 0
∆1 = 16− 12 = 4 > 0
∆2 = 25 > 0
∆3 = 1− 8 = −7 < 0
per quanto detto si hax = 2±
√4− 3 = 2± 1 formula ridotta
x(x− 5) < 0 disequazione spuria
∀x ∈ R
x1 = 1 x2 = 3
x1 = 0 x2 = 5
∀x ∈ R
1 < x < 3
0 < x < 5
∀x ∈ R
riportiamo su un grafico di intersezione
O 51 3
quindi le soluzioni sono: 1 < x < 3, in intervalli: ]1,3[.
Ricordiamo che le disequazioni di grado superiore al secondo si risolvono cer-cando di scomporre in fattori il polinomio della disequazione normalizzata11.Poi si studierà il segno dei vari fattori e si riporterà in un grafico dei segni.Analogamente per le disequazioni frazionarie.
11 Ridotta in forma normale con lo 0 a destra.
1.5 equazioni e disequazioni 11
Esempio 1.5.4. Risolvere la disequazione di terzo grado
x3− 4x2+x+ 6 < 0
osserviamo che il polinomio x3−4x2+x+6 si annulla per x = −1 e quindi12 è divisibile per il binomiox+ 1. La divisione ci consente di scrivere
x3−4x2+x+6 = (x2−5x+6)(x+1) = (x−3)(x−2)(x+1) trinomio di secondo grado
riportiamo su un grafico dei segni i tre fattori ottenuti
O 32−1
− + − +
quindi le soluzioni sono: x < −1 ∪ 2 < x < 3, in intervalli: ] −∞, −1[ ∪ ]2,3[.
Esempio 1.5.5. Risolvere la disequazione frazionaria
(x+ 1)3− 1
(x− 1)3+ 1> 1
osserviamo che numeratore e denominatore sono rispettivamente differenza e somma di cubi e quindi siscompongono nel modo seguente
(x+ 1)3− 1
(x− 1)3+ 1> 1
(x+ 1− 1)((x+ 1)2+ (x+ 1) + 1)
(x− 1+ 1)((x− 1)2− (x− 1) + 1)> 1
�x(x2+ 3x+ 3)
�x(x2− 3x+ 3)> 1 x 6= 0 ��x2+ 3x+ �3−��x2+ 3x− �3
x2− 3x+ 3> 0
6x
x2− 3x+ 3> 0
studiamo i segni di numeratore e denominatore. N > 0 per x > 0. D > 0: osserviamo che ∆ =
9− 12 = −3 < 0 e quindiD> 0 ∀x ∈ R. Riportando in grafico dei segni
O
− +
quindi le soluzioni sono: x > 0, in intervalli: ]0, +∞[.
12 T. del resto.
1.5 equazioni e disequazioni 12
esercizi Alcuni esercizi su disequazioni e sistemi di disequazioni algebriche.
1.
2x2 > 3(9− x)
xx− 5
5< 5x+
64
5
(x+ 4)(2x+ 5) > 0
(3 < x < 32)
2.
x2
2+x+ 1
5> −2
x− 2
7−x2 − 1
2< 3
(1− x)(x− 3)(x+ 2) < 0
(−2 < x < 1 ∪ x > 3)
3.x− 2
x− 1<
x2
x2 − 3x+ 2−x− 1
2− x(x < −3 ∪ ∪x > 2
4. x3 − 3x+ 2 6 0 (x < −2)
5. x4 + x3 − 7x2 − x+ 6 > 0 (x 6 −3 ∪ −1 6 x 6 1 ∪ x > 2)
6.2x+ 1
2x− 1+x2 + 1
x> 5x
7.x2
x− 1+
x
2x− 36 3x (0 6 x < 1 ∪ 5
4 6 x < 32 ∪ x > 2)
8. 9x4 − 46x2 + 5 6 0 (−√5 6 x 6 −13 ∪ 1
3 6 x 6√5)
1.5 equazioni e disequazioni 13
1.5.4 Equazioni e disequazioni con modulo
Ricordiamo la definizione di modulo o valore assoluto di un numero reale:
|x| =x x ≥ 0
−x x ≤ 0
equazioni. Ci proponiamo di risolvere l’equazione
|f(x)| = k
con f(x) espressione nella variabile x e k ∈ R.
Si presentano tre casi:
• Se k < 0, allora l’equazione è impossibile, poiché, come già detto, |x| >0,∀x ∈ R.
• Se k = 0, allora l’equazione con modulo è equivalente alle equazioni
±f(x) = 0
cioè allaf(x) = 0
• Se k > 0, allora l’equazione con modulo è equivalente alla coppia diequazioni
±f (x) = k
che si risolvono separatamente.
Esempio 1.5.6. Risolvere l’equazione|4x| = 5
Per quanto detto si ha
4x = 5 cioè x =5
4
−4x = 5 cioè x = −5
4
Osserviamo che l’equazione in esame è solo apparentemente di primo grado; se così fosse avrebbe unasola soluzione come ben noto. Se pensiamo ai possibili valori della espressione |4x|, cioè alla funzione13
f(x) = |4x| ci rendiamo conto che potrà assumere due volte il valore 5.
x
y
f(x) = |4x|5
54− 5
4
13 Come si vedrà nel capitolo sulle funzioni.
1.5 equazioni e disequazioni 14
Consideriamo l’equazione con modulo più generale
|f (x)| = g (x)
con f (x) e g (x) espressioni nella variabile x. Essa è equivalente all’unione deisistemi misti
f(x) 6 0
−f(x) = g(x)∪
f(x) > 0
f(x) = g(x)
Esempio 1.5.7. Risolvere l’equazione|x2− 1| = x+ 1
Per quanto detto si hax2− 1 6 0
−(x2− 1) = x+ 1∪
x2− 1 > 0
x2− 1 = x+ 1
vale a dire−1 6 x 6 1
x2+x = 0∪
x 6 −1 ∪ x > 1
x2+x− 2 = 0−1 6 x 6 1
x1 = 0 x2 = −1∪
x 6 −1 ∪ x > 1
x1 = 2 x2 = −1
Le soluzioni quindi sono x = −1 e x = 0.
osservazione: Il fatto che la soluzione x = −1 compaia in entrambi i sistemi (manell’unione viene contata una sola volta) dipende dalla definizione di modulo che abbiamo dato:lo zero compare due volte, sia come numero positivo che come negativo; come sappiamo −0 = 0,l’opposto di 0 è 0 stesso e questo è l’unico numero che ha questa proprietà.
disequazioni. Consideriamo la disequazione con modulo
|f (x)| < k
con k ∈ R. Risulta
• se k 6 0, la disequazione risulta impossibile;
• se k > 0, allora la disequazione risulta equivalente al sistema di disequazionif (x) > −k
f (x) < k
Per la disequazione con modulo
|f (x)| 6 k
con k ∈ R, risulta
• se k < 0, allora la disequazione è impossibile:
• se k = 0, allora la disequazione è equivalente all’equazione
f (x) = 0
1.5 equazioni e disequazioni 15
• se k > 0, allora la disequazione è equivalente a
−k 6 f(x) 6 k
che è equivalente al sistema di disequazionif (x) > −k
f (x) 6 k
Nel grafico abbiamo disegnato la f(x) completa e la parte negativa ridisegnata po-sitiva in corrispondenza a −f(x). Si può constatare che i valori di x che soddisfanola |f(x)| 6 k sono quelli compresi fra l’asse x e la retta ad altezza k cioè quelli che,dopo aver esplicitato il modulo, sono compresi fra le rette ad altezza −k e k.
x
y
f(x)−f(x)
k
−k
Esempio 1.5.8. Risolvere la disequazione
|x2− 8x+ 10| 6 3
Si ha
−3 6 x2− 8x+ 10 6 3
vale a direx2− 8x+ 10 6 3
x2− 8x+ 10 > −3
x2− 8x+ 7 6 0
x2− 8x+ 13 > 0
x = 4±√9 = 4± 3
x = 4±√3 = 4±
√3
x1 = 7 x2 = 1
x1 = 4+√3 x2 = 4−
√3
7 6 x 6 1
4−√3 6 x 6 4+
√3
Riportando in grafico di intersezione:
O 1 74−√3 4+
√3
1.5 equazioni e disequazioni 16
Le soluzioni sono: 1 6 x 6 4−√3 ∪ 4+
√3 6 x 6 7. In intervalli: [1,4−
√3] ∪ [4+√
3,7].
Più in generale, le disequazioni con modulo
|f (x)| < g (x) e |f (x)| 6 g (x)
sono equivalenti rispettivamente ai sistemi di disequazionif (x) > −g (x)
f (x) < g (x)e
f (x) > −g (x)
f (x) 6 g (x)
Esempio 1.5.9. Risolvere la disequazione ∣∣∣∣x− 7
x+ 5
∣∣∣∣ < xSi ha
−x <x− 7
x+ 5< x
vale a direx−7x+5 > −x
x−7x+5 < x
Risolviamo la prima disequazione frazionaria:
x− 7
x+ 5> −x
x− 7+x2+ 5x
x+ 5> 0
x2+ 6x− 7
x+ 5> 0
Numeratore: x = −3±√16 = −3± 4 x1 = −7,x2 = 1. QuindiN> 0 per x < −7∪x > 1.
Denominatore: x+ 5. QuindiD> 0 per x > −5.Riportando in grafico dei segni:
O−7 1−5
− + − +
Soluzioni: −7 < x < −5 ∪ x > 1.
Risolviamo la seconda disequazione frazionaria:
x− 7
x+ 5< x
x− 7−x2− 5x
x+ 5< 0
−x2− 4x− 7
x+ 5< 0
x2+ 4x+ 7
x+ 5> 0
Numeratore: x = −2±√
−3 ∆ < 0. QuindiN> 0 ∀x ∈ R.Denominatore: x+ 5. QuindiD> 0 per x > −5.Riportando in grafico dei segni:
O−5
− +
Soluzioni: x > −5.
Riportiamo le soluzioni delle due disequazioni in un grafico di intersezione:
1.5 equazioni e disequazioni 17
O−7 −5 1
Le soluzioni finali sono: x > 1. In intervalli: ]1, +∞[.
Sia data la disequazione con modulo
|f (x)| > k
con k ∈ R, risulta
• se k < 0, allora è verificata per tutti i valori di x nel dominio di f (x);
• se k = 0, allora è verificata per tutti i valori di x nel dominio di f (x), esclusiquelli per cui f (x) = 0;
• se k > 0, allora la disequazione è equivalente a
f (x) < −k ∪ f (x) > k
Quest’ultimo caso si capisce bene se si tiene presente il grafico 1.5.4.
Per la disequazione|f (x)| > k
con k ∈ R, risulta
• se k 6 0, allora è verificata per tutti i valori di x nel dominio di f (x);
• se k > 0, allora la disequazione è equivalente a
f (x) 6 −k ∪ f (x) > k
Più in generale, le disequazioni
|f (x)| > g (x) e |f (x)| > g (x)
sono equivalenti rispettivamente a
f (x) < −g (x) ∪ f (x) > g (x)
f (x) 6 −g (x) ∪ f (x) > g (x)
Esempio 1.5.10. Risolvere la disequazione
x2− 2
|x− 4|< 1
Osserviamo che il C.E. è x 6= 4 e che il denominatore è sempre positivo per i valori consentiti. Possiamoquindi moltiplicare per |x− 4|.
x2− 2 < |x− 4| |x− 4| > x2− 2
Per quanto detto risulta
x− 4 > x2− 2 ∪ x− 4 < 2−x2
x2−x+ 2 < 0 ∪ x2+x− 6 < 0
∆ = 1− 8 < 0 ∪ x =−1±
√25
2=
−1± 52
�∃x ∪ x1 = −3
2,x2 = 2
�∃x ∪ −3
2< x < 2
Le soluzioni sono − 32 < x < 2. In intervalli: ] − 3
2 ,2[.
1.5 equazioni e disequazioni 18
Può capitare di dover risolvere equazioni o disequazioni con più di un modulo.In questi casi basterebbe applicare più volte le soluzioni discusse in precedenza;questo procedimento conduce, nella maggioranza dei casi, ad una situazionemolto complicata in cui è facile commettere errori di calcolo; per questo decidia-mo di scomporre l’equazione-disequazione in più sistemi equivalenti usando ladefinizione di modulo. Vediamo due esempi.
Esempio 1.5.11. Risolvere l’equazione
|x− 1| = 1+ |x|
Riportiamo in grafico di segni i due moduli che compaiono nell’equazione:
O 1
|x|
|x− 1|
Come si vede le zone sono tre: x 6 0,0 6 x 6 1,x > 1; scriviamo i corrispondenti sistemi misti per letre zone:
x 6 0
−x+ 1 = 1−x∪
0 6 x 6 1
−x+ 1 = 1+x∪
x > 1
x− 1 = 1+x
x 6 0
1 = 1 indeterminata∪
0 6 x 6 1
2x = 0 x = 0∪
x > 1
−1 = 1 impossibile
x > 0 ∪ x = 0 ∪ �∃
Soluzioni finali: x > 0, in intervalli: [0, +∞[
Esempio 1.5.12. Risolvere la disequazione
|x− 1| < 1+ |x+ 1|
Riportiamo in grafico di segni i due moduli che compaiono nell’equazione:
O−1 1
|x+ 1|
|x− 1|
Come si vede le zone sono tre: x 6 −1, −1 6 x 6 1,x > 1; scriviamo i corrispondenti sistemi per le trezone:
x 6 −1
−x+ 1 < 1−x− 1∪
−1 6 x 6 1
−x+ 1 < 1+x+ 1∪
x > 1
x− 1 < 1+x+ 1
x 6 −1
1 < 0 �∃∪
−1 6 x 6 1
2x > −1∪
x > 1
0 < 3 ∀x ∈ R
�∃ ∪ −1
2< x 6 1 ∪ x > 1
Soluzioni finali: x > −1
2, in intervalli: ] − 1
2 , +∞[
1.5 equazioni e disequazioni 19
esercizi Alcuni esercizi sui moduli.
1. |5x− 4| = −3
2. |x− 7| = x
3. |2− 5x| < 3 ] − 15 , 1[
4. |3x+ 2| > 5 (x < −73 ∪ x > 1 in intervalli: ] −∞, −73 [∪]1,∞[)
5.∣∣3x+
2
x
∣∣ > 5 (x 6= 0, ] −∞, −1[∪] − 23 , 23 [∪]1, +∞[)
6.∣∣3x− 4
x
∣∣ 6 x (x 6= 0, ]0, 1]∪ [4, +∞[)
7.2
x+ |x+ 1| < 1
8.|x2 + 1|
x+ 1> x− 1
9. x− 2 < |x| R
1.5 equazioni e disequazioni 20
1.5.5 Equazioni e disequazioni irrazionali
Una equazione o disequazione si dice irrazionale se al suo interno l’incognitacompare almeno una volta sotto il segno di radice n-esima. Particolare attenzione14
bisogna prestare, come vedremo, al caso in cui n è un intero pari.
equazioni. Consideriamo l’equazione irrazionale
n√f (x) = g (x)
con n > 1 naturale, f (x) e g (x) funzioni algebriche nella variabile x.
• Supponiamo n dispari, allora l’equazione irrazionale è equivalente all’equa-zione razionale
f (x) = (g (x))n
Non poniamo alcuna condizione su f(x) poichè la radice di indice disparidi un numero reale esiste sempre.
• Supponiamo n pari, allora l’equazione irrazionale è equivalente al sistemamisto razionale
f (x) > 0
g (x) > 0
f (x) = (g (x))n
In caso di indice pari sappiamo che la radice esiste solo se il radicandoè positivo, da cui la condizione su f(x); la condizione su g(x) si rendenecessaria perchè la radice di un numero reale è sempre positiva o nulla.
Esempio 1.5.13. Risolvere l’equazione
3√2x3−x2+ 2x− 1 = 2x− 1
2x3−x2+2x−1 = 8x3−12x2+6x−1 6x3−11x2+4x = 0 x(6x2−11x+4) = 0
applicando la legge di annullamento del prodotto
x1 = 0 ∪ 6x2− 11x+ 4 = 0
x1 = 0 ∪ x =11± 512
Soluzioni finali: x1 = 0 x2 =1
2x3 =
4
3
Esempio 1.5.14. Risolvere l’equazione√2x2+x+ 5 = x+
√5
per quanto detto l’equazione risulta equivalente al sistema misto
2x2+x+ 5 > 0
x+√5 > 0
2x2+x+ �5 = x2+ 2√5x+ �5
∆ < 0
x > −√5
x2+ (1− 2√5)x = 0
∀x ∈ R
x > −√5
x(x+ 1−√5) = 0
∀x ∈ R
x > −√5
x1 = 0 x2 = 2√5− 1
considerando che 2√5− 1 > −
√5, entrambe le soluzioni sono accettabili. Soluzioni finali: x1 =
0 x2 = 2√5− 1.
14 Lo studente ne è cosciente se ha studiato i radicali nel biennio.
1.5 equazioni e disequazioni 21
disequazioni . Sia data la disequazione irrazionale
n√f (x) < g (x)
con n > 1 naturale, f (x) e g (x) funzioni algebriche nella variabile x.
• Supponiamo n dispari, allora la disequazione irrazionale è equivalente alladisequazione razionale
f (x) < (g (x))n
• Supponiamo n pari, allora la disequazione irrazionale è equivalente alsistema di disequazioni razionali
f (x) > 0
g (x) > 0
f (x) < (g (x))n
In caso di indice pari la condizione che f(x) > 0 è la condizione di esistenzadella radice. La condizione su g(x) si impone perchè deve essere maggionedi un numero positivo o nullo.
Esempio 1.5.15. Risolvere la disequazione
3√3x2− 3x− 1 < 1−x
3x2− 3x− 1 < 1− 3x+ 3x2−x3
x3 < 2
estraendo la radice cubica, le soluzioni sono: x < 3√2
Esempio 1.5.16. Risolvere la disequazione√x−
1
x< x− 1
per quanto detto la disequazione risulta equivalente al sistema
x− 1
x > 0
x− 1 > 0
x− 1x < x
2− 2x+ 1
x2−1x > 0
x > 1
x2−1−x3+2x2−xx < 0
x2−1x > 0
x > 1
x3−3x2+x+1x > 0
Non abbiamo evidenziato la condizione x 6= 0 perchè già contenuta nella condizione di esistenza dellaradice.Risolviamo la prima disequazione:
x2− 1
x> 0
Segno del numeratore:N > 0 per x 6 −1 ∪ x > 1. Segno del denominatore:D > 0 per x > 0.Passando al grafico dei segni:
O−1 1
− + − +
1.5 equazioni e disequazioni 22
Le soluzioni sono [−1,0[ ∪ [1, +∞[.Risolviamo la terza disequazione:
x3− 3x2+x+ 1
x> 0
Il numeratore è di terzo grado per cui sarà necessario scomporre il polinomio. Osservando che il esso siannulla per x = 1 sappiamo15 che è divisibile per x− 1, da cui si deduce che x3 − 3x2 + x+ 1 =
(x2 − 2x− 1)(x− 1). Non volendo usare la divisione si può osservare che x3 − 3x2 + x+ 1 =
x3−x2−2x2−x+2x+1 = x2(x−1) −2x(x−1) − (x−1) = (x2−2x−1)(x−1) conlo stesso risultato. Siamo ricondotti alla
(x2− 2x− 1)(x− 1)
x> 0
Passando al grafico dei segni:
O1−√2 1+
√21
+ − + − +
Riassumendo−1 6 x < 0 ∪ x > 1
x > 1
x < 1−√2 ∪ 0 < x < 1 ∪ x > 1+
√2
che riportiamo in grafico d’intersezione
O−1 11−√2
1+√2
Soluzioni finali: x > 1+√2, in intervalli: ]1+
√2, +∞[.
Sia data la disequazione irrazionale
n√f (x) > g (x)
con n > 1 naturale, f (x) e g (x) funzioni algebriche nella variabile x.
• Supponiamo n dispari, allora la disequazione irrazionale è equivalente alladisequazione razionale
f (x) > (g (x))n
• Supponiamo n pari, allora la disequazione irrazionale è equivalente all’u-nione dei sistemi di disequazioni razionali
f (x) > 0
g (x) < 0∪
f (x) > 0
g (x) > 0
f (x) > (g (x))n
i due sistemi si spiegano osservando che possiamo avere soluzioni validesia nel caso g(x) < 0 che nel caso g(x) > 0; nel primo caso basterà che la
15 Per il teorema di Ruffini.
1.5 equazioni e disequazioni 23
radice esista (f(x) > 0) e sarà ovviamente maggiore di un numero negativo;nel secondo caso, con entrambi i membri positivi o nulli bisognerà ancheelevare alla n.
Osserviamo che nel secondo sistema la condizione di esistenza f(x) > 0
è superflua dato che poi f(x) deve essere maggiore di una potenza pari.Quindi si avràf (x) > 0
g (x) < 0∪
g (x) > 0
f (x) > (g (x))n
Esempio 1.5.17. Risolvere la disequazione√2x2− 1 > −2x− 1
per quanto detto la disequazione risulta equivalente ai sistemi
2x2− 1 > 0
−2x− 1 < 0∪
−2x− 1 > 0
2x2− 1 > 4x2+ 4x+ 1x2 > 12
2x > −1∪
x 6 − 12
2x2+ 4x+ 2 < 0x 6 −√22 ∪ x >
√22
x > − 12
∪
x 6 − 12
(x+ 1)2 < 0 �∃x 6 −√22 ∪ x >
√22
x > − 12
Il secondo sistema non da soluzioni mentre per il primo usiamo un grafico d’intersezione
O−√22
√22− 1
2
Soluzioni finali: x >
√2
2, in intervalli: [
√2
2, +∞[.
1.5 equazioni e disequazioni 24
esercizi Alcuni esercizi su equazioni e disequazioni irrazionali.
1.√2x2 − 7x+ 4 = 1 (12 , 2)
2. 3√x3 − x2 + x− 8 = x− 2 (0, 115 )
3.√x2 + 3x+ 9 = x− 3
4.√3x+ 1−
√5x− 1 = 0 (1)
5.√x2 + 3 > 3x− 1 (x < 1)
6. x−√25− x2 > 7
7.√4− 9x2 > x+ 2 (−25 < x < 0)
8.√3(x2 − 1) < 5− x (−7 < x 6 −1; 1 6 x < 2)
9. 3√x3 + 2 > x− 1
10.√
−x2 + 3x+ 10 > x+ 2 (−2 < x < 32 )
11.√
−x2 + x+ 2 > x− 4 (−1 6 x 6 2)
12.√x+ 2+
√x− 5 >
√5− x (5)
13.√x+ 1 > 1√
x−1(x >
√2)
14. x−√x−1
x2+2> 0 (x > 1)
15. x−√x2−2x−3x2−x
6 0 (x 6 −1)
1.5 equazioni e disequazioni 25
1.5.6 Esercizi riassuntivi
1.√x+ 2+
√x− 2 >
2√x+ 2
(x > 2)
2. 3√x3 − 2x2 − 2x+ 5 > x− 1 (x < 2 ∪ x > 3)
3.∣∣1x
−1
x2 + x− 1∣∣ > 2 (−2 < x < 2
3 ; x 6= −1)
4. |x2 − 1| + |x| > 5 (x < −2 ∪ x > 2)
5.
√(x− 1
x+ 1
)2> 1
6.x|x− 1|
x+ 1> 0 (x < −1 ∪ 0 < x < 1 ∪ x > 1)
2A P P E N D I C I
2.1 cosa e dove
Nell’insieme N possiamo risolvere equazioni ma solo entro certi limiti; ad esempiol’equazione 2x− 4 = 0 ha soluzione x = 2 ma l’equazione 2x+ 4 = 0 ha soluzionex = −2 che non appartiene a N; un discorso analogo vale per Z considerando
le equazioni 2x+ 4 = 0 e 2x+ 3 = 0; quest’ultima ha soluzione −3
2, un numero
razionale; in generale possiamo dire che l’equazione ax + b = 0 ha sempresoluzione solo se x può assumere valori in Q. E’ ragionevole chiedersi quali altriproblemi possano richiedere l’introduzione di nuovi numeri.
Dalla geometria è noto che un quadrato con lati dimisura 1 ha diagonale di misura x che deve soddi-sfare il teorema di Pitagora, cioè x2 = 12 + 12, valea dire x2 = 2. Questa equazione di secondo gradoha come soluzioni i numeri
√2 e −
√2 che non sono
razionali.1
1x=√ 2
Riportiamo per comodità la dimostrazione di questo fatto:
Proposizione 2.1.1. Il numero√2 /∈ Q
Dim. Per assurdo. Supponiamo che esistano numeri interi m e n relativamente primi, tali che√2 =
m
n. Elevando al
quadrato si ottiene 2 =m2
n2dovem2 e n2 non hanno fattori comuni e - in particolare - non sono entrambi pari. Anche
m e n, di conseguenza, non sono entrambi pari perchè il quadrato di un numero dispari1 è dispari2. Semplificandootteniamo 2n2 = m2 da cui si deduce che m2 è pari e così anche m, cioè 2n2 = (2k)2 = 4k2 da cui n2 = 2k2 .Allora anche n2 e n sono pari; questa è una contraddizione perchè avevamo stabilito che m e n non potevano essereentrambi pari.
esercizi
2.2 naturali e interi
I numeri appartenenti ad N, chiamati comunemente numeri naturali, non sod-disfano tutte le proprietà elencate nel paragrafo 1.2. La proprietà P.1 certamentevale ma la P.2 vale solo se consideriamo 0 ∈N ed è quello che faremo3. Quindiper noi
N = {0, 1, 2, . . . }
Le proprietà P.3 e P.7 certamente non valgono quindi considerando quanto dettonel paragrafo 2.1 e riflettendo sulle dimostrazioni delle regole elencate nel para-grafo 1.4, concludiamo che l’insieme N è molto povero algebricamente. Tuttaviaquesti numeri sono importanti per molti motivi non ultimo il fatto che gran partedella matematica si fonda su di essi4 e che li usiamo per contare, procedimentosenza dubbio fra i più primitivi. Non è secondario il fatto che abbiano un ruolocentrale in molte questioni informatiche e algoritmiche5. Lo strumento più impor-tante che abbiamo a disposizione per fare dimostrazioni con i numeri naturali è ilseguente:
1 Cosa c’entrano i dispari?2 Dimostrare per esercizio3 Non tutti gli autori fanno questa scelta.4 Un famoso matematico, Kronecker, soleva dire che i numeri naturali sono creati da Dio, il resto è
opera dell’uomo.5 Si veda il paragrafo 2.4 e il documento “Laboratorio Matematica”.
26
2.3 reali 27
Principio 1 (Induzione matematica). Sia x ∈N e P una certa proprietà dei naturali;indichiamo con P(x) il fatto che la proprietà P valga per il numero x. Allora il principioafferma che P(x) è vera per tutti gli x naturali se sono verificate le seguenti:
P(0) è vera (1)
se P(k) è vera, allora P(k+ 1) è vera (2)
Osservazione 2.2.1. L’enunciato sembra certamente strano e ancor più strano che lo sidebba considerare un Principio. La sua utilità (anzi, indispensabilità) si potrà comprenderesolo con molti esempi. Il principio è equivalente alla proprietà seguente:
Principio 2 (Buon ordinamento). Sia A ⊆ N un insieme di numeri naturali nonvuoto. Allora A ha un elemento minimo.
L’equivalenza dei due principi si può facilmente dimostrare (vedere eserciziriassuntivi) e il Buon ordinamento sembra molto più evidente e facile da accettare.Si ricordi comunque che nessuno dei due è dimostrabile usando le proprietà P.1. . . P12.
Esercizio 2.2.1. Ogni numero naturale è pari o dispari6.
Ricordiamo che un numero si dice pari se è della forma 2k per un qualche intero(naturale) k e si dice dispari se è della forma 2k+ 1.
Buon ordinamento. Sia A l’insieme dei numeri naturali che non sono ne pari ne dispari. Dimostre-remo che A è vuoto. Per assurdo: sia A non vuoto; allora per il Buon ordinamento sia m ∈ Aminimo che non sia ne pari ne dispari; consideriamo m− 1, non può essere pari perchè sem− 1 = 2k allora m = 2k+ 1 e sarebbe dispari e quindi m /∈ A; analogamente m− 1 nonpuò essere dispari perchè sem− 1 = 2k+ 1 alloram = 2k+ 2 = 2(k+ 1) = 2k1 e sarebbepari quindi m /∈ A; concludiamo che m− 1 ∈ A non essendo ne pari ne dispari. Questo èassurdo perchè m− 1 <m ma m era il minimo di A.
Induzione matematica. Sia P(x) la proprietà “essere pari o dispari”. Per il principio di induzionedobbiamo dimostrare che P(0) è vera: infatti 0 = 2 · 0 e quindi è pari. Dimostriamo ora laproprietà 2). Supponiamo che P(k) sia vera per un qualche valore k, dobbiamo far vedere cheallora è vera anche P(k+ 1).
Siccome P(k) è vera, k sarà pari o dispari. Se k è pari allora k = 2h e k+1 = 2h+1 è dispari,quindi P(k+1) è vera. Se Se k è dispari allora k = 2h+1 e k+1 = 2h+2 = 2(h+1) = 2h1è pari, quindi P(k+ 1) è vera. In ogni caso P(k+ 1) è vera.
esercizi
2.3 reali
esercizi
2.4 numeri interi e calcolatori
esercizi
2.5 numeri reali e calcolatori
esercizi
6 Ma non è ovvio?, dirà lo studente.
3F U N Z I O N I
3.1 introduzione
La nozione che vogliamo studiare è quella di funzione. Lo studente ha giàincontrato questa nozione in precedenza ma la sua importanza è tale che si rendenecessario riprenderla e approfondirla. In futuro le funzioni saranno ripresemolte volte e ancora molte volte sarà necessario approfondire questo concetto;anzi, non crediamo di esagerare se diciamo che nei prossimi tre anni ci occuperosostanzialmente di funzioni.
A scopo puramente illustrativo esaminiamo alcuni esempi di funzioni.
Definizione 3.1.1 (Provvisoria). Una funzione è una regola che associa ad un certonumero un altro numero.
Esempio 3.1.1. la regola che associa ad ogni numero il suo quadrato.
Esempio 3.1.2. la regola che associa ad un numero positivo la sua radice quadrata.
Esempio 3.1.3. la regola che associa ad ogni numero x 6= 1 il numerox3+ 3
x− 1.
Esempio 3.1.4. la regola che associa ad ogni numero s che soddisfa −3 6 s 6 5 il numeros
s2+ 1.
Esempio 3.1.5. la regola che associa al numero 1 il numero 5, al numero 15 il numero 12π , a tutti i
numeri diversi dai precedenti il numero 16.
Esempio 3.1.6. la regola che associa a tutti i numeri irrazionali il numero 0, a tutti i numeri razionali ilnumero 1.
Esempio 3.1.7. la regola che associa ad un numero reale il numero 0 se nelle cifre decimali del numerocompaiono un numero finito di cifre pari altrimenti 1.
Dagli esempi emergono le seguenti osservazioni:
• Una funzione è una regola qualsiasi che associa numeri a numeri e non unaregola per la quale esiste una espressione algebrica che la rappresenta.
• Non è necessario che la regola si applichi a tutti i numeri noti. In qualchecaso può essere anche poco chiaro a quali numeri la regola si applichi (peres. 3.1.7).
• Sembra necessario dare un nome all’insieme dei numeri per i quali ef-fettivamente si può calcolare il valore della funzione. Tale insieme si diràdominio1.
• Le funzioni elencate sottolineano la necessità di usare una qualche notazionespecifica per indicarle. In generale useremo le lettere f, g, ecc. per le funzionie le lettere x, y ecc. per indicare i numeri. Il valore che la funzione associaal numero x si indicherà con f(x) che si legge ‘f di x’ e che si dice anche ilvalore di f in x o anche l’immagine di x.
1 Nel prossimo paragrafo tutte le definizioni saranno raccolte in modo ordinato.
28
3.1 introduzione 29
Un modo più ordinato per definire le funzioni precedenti è il seguente:
f(x) = x2 per ogni x (3.1)
g(x) =√x per ogni x > 0 (3.2)
h(x) =x3 + 3
x− 1per ogni x 6= 1 (3.3)
r(s) =s
s2 + 1per ogni numero s tale che − 3 6 s 6 5 (3.4)
s(x) =
1 se x = 5
15 se x =12
π
16 ad ogni altro x
(3.5)
t(x) =
0 per ogni x irrazionale
1 per ogni x razionale(3.6)
u(x) =
0 se nelle cifre decimali del numero x compaiono infinite cifre pari
1 per ogni altro x(3.7)
osservazione: spesso, nell’indicare funzioni, si potranno usare delle abbre-viazioni come, ad esempio, la funzione
v(t) =t
t− 1t 6= 1
potrà essere indicata come
v(t) =t
t− 1
senza specificare il dominio; in questo caso è ovvio che si intende come dominiol’insieme dei numeri per i quali ha senso calcolare la funzione.
osservazione : molta attenzione va prestata al seguente fatto: le due funzioni
r(x) = x+x+ 1
x− 1
t(y) = y+y+ 1
y− 1
sono la stessa funzione. Anche se i nomi delle funzioni e delle lettere che indicanoi numeri sono diverse.
Invece nel caso noi scrivessimo:
r(x) = x+x+ 1
x− 1− 3 6 x 6 0
t(y) = y+y+ 1
y− 1
dovremmo considerare diverse le due funzioni dato che il dominio non coincide.
osservazione : ricordiamo anche che, nonostante sia decisamente una perver-sione, l’uso delle lettere che abbiamo indicato rappresenta la consuetudine ma nonun obbligo; quindi è perfettamente lecito definire una funzione in questo modo (eci sono contesti in cui si fa):
x(f) = f+f+ 1
f− 1
3.2 definizioni 30
in questo caso il nome della funzione è x mentre i numeri si sostituiscono allalettera f.
Prima di procedere ad una più precisa definizione di funzione è necessariocapire bene cosa esattamente caratterizza la nozione di funzione. Nella definizione3.1.1 provvisoria abbiamo parlato di regola qualsiasi che associa ad un numeroun altro numero. Come precisiamo la nozione di regola? In effetti sarebbe trop-po complicato restringere il significato della parola regola per ottenere l’esattointendimento dei matematici quando pensano al concetto di funzione. Alla fine,come spesso succede in matematica, quello che conta è il risultato finale: che cos’èuna funzione? per ogni elemento x del dominio dobbiamo conoscere l’elementoa cui viene associato cioè f(x) e quindi sostanzialmente una coppia ordinata2
(x, f(x)); una funzione diventa un’insieme di coppie che possiamo rappresentare,per esempio per f(x) = x3, con una tabella:
x f(x) = x3
1 1
−1 −1√2
√23
3√2 2
−3√2 −2
π π3
oppure come elenco:
f = {(1, 1), (−1, −1), (√2,√23), ( 3
√2, 2), (− 3
√2, −2), (π,π3), . . . }
Per trovare il numero associato al numero 1 basta scorrere l’elenco e trovarela coppia (1, 1) e così via. Supponiamo ora di avere una funzione definita dal-l’insieme: g = {(1, 3), (2, 5), (1, 6), (3, 5), . . . } chi sarà l’immagine del numero 1?Troviamo la coppia (1, 3) ma anche la coppia (1, 6) quindi non sarà possibile direche g(1) = 3 e neanche che g(1) = 6); la funzione g non è ben definita: non èunivoca. La condizione di univocità è la caratteristica più importante della nozionedi funzione.
Pensare alle funzioni come regole è più semplice che pensarle come insiemidi coppie ma quest’ultimo modo è più rigoroso e permette di condurre piùfacilmente le dimostrazioni: si tratta di una definizione più astratta. Naturalmentenessuno può vietarci di pensare alle funzioni come a delle regole.
esercizi
3.2 definizioni
Definiamo il concetto di coppia.
Definizione 3.2.1. Per coppia (a,b) si intende l’insieme ordinato dei due elementi a eb, non necessariamente distinti, in cui ha rilevanza l’ordine.
osservazione: è evidente che la coppia (a,b) si distingue dall’insieme {a,b}perchè mentre {a,b} = {b,a} per le coppie si ha (a,b) 6= (b,a) cioè nelle cop-pie è rilevante l’ordine degli elementi. Inoltre, mentre la coppia (a,a) contieneeffettivamente due elementi, l’insieme {a,a} si riduce ad {a}.
Definizione 3.2.2. Si definisce Prodotto cartesiano di due insiemi A e B l’insieme ditutte le possibili coppie (a,b) con a ∈ A e b ∈ B e si scrive:
A×B ={(a,b) | a ∈ A,b ∈ B
}2 La definizione al prossimo paragrafo.
3.2 definizioni 31
Esempio 3.2.1.
A = {1,2,3}
B = {1,2}
A×B ={(1,1), (1,2), (2,1), (2,2), (3,1), (3,2)
}B×A =
{(1,1), (1,2), (1,3), (2,1), (2,2), (2,3)
}B×B = B2 =
{(1,1), (1,2), (2,1), (2,2)
}
Naturalmente A e B non necessariamente sono insiemi numerici:
Esempio 3.2.2.
A = {1,2,3}
B = {r, t}
A×B ={(1, r), (1, t), (2, r), (2, t), (3, r), (3, t)
}B×A = · · ·
B×B = B2 ={(r, r), (r, t), (t, r), (t, t)
}
E naturalmente A e B non necessariamente sono insiemi finiti:
Esempio 3.2.3.
A = {1,2}
B = N
A×B ={(1,0), (2,0), (1,1), (2,1), (1,3), (2,3), . . .
}B×A = · · ·
B×B = B2 ={(0,0), (0,1), (1,0), (2,0), (1,1), (0,2), (0,3), (1,2), . . .
}
Definizione 3.2.3. Si chiama funzione un insieme di coppie di numeri tali che se duecoppie hanno lo stesso primo elemento allora sono la stessa coppia (univocità). In simboli:se (a,b) e (a, c) appartengono alla funzione allora b = c.
Definizione 3.2.4. Si chiama dominio di una funzione f l’insieme dei numeri a per iquali esiste un b tale che la coppia (a,b) appartiene a f. Per la definizione precedenteè ovvio che tale b è unico e si indicherà con f(a) e si chiama immagine di a. In questocaso a si dice anche controimmagine o anche immagine inversa di b; è evidente che lacontroimmagine di un numero non è sempre unica e quindi si dirà spesso l’insieme dellecontroimmagini. Si chiama codominio qualsiasi insieme che contenga tutti i numeri b taliche (a,b) appartenga a f.
osservazione : nella definizione 3.2.4 vi è una chiara asimmetria fra dominioe codominio. Il motivo risiede nella centralità della nozione di univocità chedipende solo dal dominio.
osservazione: nella definizione 3.2.3 abbiamo parlato genericamente di nu-meri senza specificare di che tipo sono. Sottointendiamo che si tratta di numerireali (R). Naturalmente nessuno vieta che per particolari funzioni il dominio sialimitato a sottoinsiemi di numeri quali i naturali (N) o gli interi (Z) o i razionali(Q) o qualche sottoinsieme degli stessi.
osservazione: dalla definizione risulta chiaro che le nostre funzioni sononumeriche, vale a dire mandano numeri in numeri. Come lo studente già saprà, èpossibile definire funzioni più astratte che associano tra loro oggetti che non sononumeri: per esempio possiamo pensare ad un procedimento che associa ad ognistudente di una classe il suo nome oppure il suo numero di telefono ecc. Questeassociazioni si chiamano applicazioni o mappe e sono definibili fra insiemi dioggetti qualsiasi. Non studieremo questo argomento in questo contesto.
3.2 definizioni 32
Spesso useremo la seguente forma grafica per indicare una funzione:
f : A −→ B
x 7−→ f(x)
• f indica la legge che definisce la funzione
• l’insieme A è il dominio della funzione
• l’insieme B è il codominio della funzione
Spesso useremo anche il simbolo f(A) = {insieme delle immagini f(x) con x ∈ A}
Come esempi di funzioni valgono quelli già esposti in 3.1; aggiungiamo qualchealtro caso.
Esempio 3.2.4. SiaA = {0,1,2,3} e B = N. Consideriamo
f : A −→ Bx 7−→ 3x+ 1
Abbiamo quindi f = {(0,1), (1,4), (2,7), (3,10)}. In questo caso f(A) = {1,4,7,10} e naturalmen-te f(A) ⊆ B.
Esempio 3.2.5. Sia f la funzione che esprime il volume V di un cubo in funzione della lunghezza l delsuo lato.
f : R+ −→ R+
l 7−→ V = f(l) = l3
Ricordiamo che R+ (ma anche R>) indica l’insieme dei numeri reali positivi. Il domino di questa funzionepotrebbe comprendere anche il numero 0 supponendo che anche il cubo di lato 0 abbia significato. Anche inquesto caso abbiamo ovviamente f(R+) ⊆ R+. Problema: ha senso porre f(R+) = R+ ?
Esempio 3.2.6. Sia g la funzione che associa ad ogni numero pari la sua metà e ad ogni numero dispari lametà del numero precedente:
g : N −→N
n 7−→ g(n) =
{n2 se n è parin−12 se n è dispari
Esempio 3.2.7. Sia h la funzione che esprime la frequenza percentuale di un certo gruppo di studentisuddivisi secondo classi di statura.
Statura (cm) Percentuale
150 6 x < 160 15.1
160 6 x < 170 20.3
170 6 x < 175 28.1
175 6 x 6 180 18.2
180 < x < 190 13.4
x > 190 5.9
In questo caso la funzione è definita mediante una tabella.
Problema: la funzione h è effettivamente una funzione? Come la descrivereste in termini dicoppie?
3.2 definizioni 33
esercizi
Esercizio 3.2.1. Stabilire se le seguenti relazioni di R in R sono funzioni:
f(x) =
x+ 1 se x > 0
−x2 − 3 se x 6 0
g(x) =
x2 se x > 2
2x+ 1 se x 6 2
Esercizio 3.2.2. Determinare il dominio delle funzioni:
f(x) = x2 + 3x g(x) =2
x2 + 3xh(x) =
√x− 1
x
k(x) =3
√x+ 1
x− 1t(x) =
√|x| − 1
x2 − 1
Esercizio 3.2.3. Data la funzione f(x) = −23x, calcolare:
1. le immagini tramite f di x1 = 3 e di x2 = −72
2. le controimmagini di y1 = 8 e di y2 = 43
Esercizio 3.2.4. Date le funzioni f(x) = 2x + 1 e g(x) = 12x − 4, determinare, se
esistono, i valori di x per cui le due funzioni hanno la stessa immagine.
Esercizio 3.2.5. Analogamente per le funzioni f(x) =x2 − 1
2e g(x) =
2x2 + 1
4
3.3 grafici 34
3.3 grafici
La nozione di piano cartesiano si assume come già nota dal biennio. Ricordiamoche una coppia di numeri reali (a,b) rappresenta un punto del piano e cheviceversa un punto del piano è rappresentato da una coppia di numeri reali.Riassumiamo in un disegno la struttura del piano cartesiano con le coordinate deipunti nei vari quadranti:
x
y
(0,0)
(1,1)(−1,1)
(1, −1)(−1, −1)
(a,b)
(a,0)
(0,b)
E’ evidente che se una coppia di numeri rappresenta un punto, una funzione, cheè un insieme di coppie, sarà rappresentabile mediante un insieme di punti. Infattisi può dare la seguente:
Definizione 3.3.1. Sia f una funzione
f : A −→ B
x 7−→ f(x)
si chiama grafico della funzione f l’insieme dei punti del piano cartesiano:
G(f) = {(x, f(x)) | x ∈ A}
Ecco alcuni esempi di grafici di funzioni di cui abbiamo parlato:
0 1 2 3−1−2
1
2
3
−1
x
y
f(x) = x2
g(x) =√x
0 1 2−1−2−3
1
2
3
−1
−2
−3
x
y
h(x) = 1x−1
3.3 grafici 35
0 1 2 3 4 5 6−1−2−3−4
1
2
3
−1
x
y
f(s) =s
s2+ 1
−3 < s < 5
Per costruire il grafico di una funzione sarà necessario procurarsi un certonumero di coppie che poi saranno disegnate sul piano cartesiano. Ovviamentesarà possibile calcolare e disegnare tutte le coppie appartenenti alla funzione solose queste sono in numero finito. Nel caso di infinite coppie se ne disegnerannoalcune3 e poi si congiungeranno i punti ottenuti mediante archi di curva cheragionevolmente rappresenteranno i punti mancanti.
Esempio 3.3.1. Sia f la funzione f = {(1,3), (−1,5), (3,4), ( 12 , −1)}
0 2 4−2
1
2
3
−1
−2
x
y
(1,3)
(−1,5)
(3,4)
( 12 , −1)
Esempio 3.3.2. Sia g la funzione
g : R −→ R
x 7−→ 2x
In questo caso sappiamo che la funzione è rappresentata da una retta e quindi basterà calcolare le coordinatedi due soli punti: x = 1 da cui g(1) = 2 e x = 2 da cui g(2) = 4
0 2 4 6−2−4
2
4
−2
−4
x
y
(1,2)
(2,4)
Esempio 3.3.3. Sia g la funzione
h : R> −→ R
x 7−→ 1
x3 Nel corso di studi si vedranno molte altre tecniche per tracciare grafici di funzioni.
3.4 tipi di funzioni 36
0 2 4 6−2−4
3
−3
x
y
AB C
A(1,1)
B(2, 12 )
C(4, 14 )
In questo esempio si vede come sia necessario congiungere i punti calcolati con archi di curva peravere un grafico realistico; naturalmente se si calcola un numero maggiore di punti si ha maggioreaderenza al grafico corretto.
esercizi
Esercizio 3.3.1. Tracciare i grafici delle seguenti funzioni reali:
f(x) = 2x
g(x) =1
3x− 2
h(x) = x2 − 1
r(s) = |x− 1| + 1
s(x) =
x+ 1 se x < 212x+ 3 se x > 2
3.4 tipi di funzioni
Tra tutte le funzioni numeriche ne distinguiamo alcune classi4 particolarmenteimportanti.Una delle funzioni più importanti è certamente la funzione identica
I : A −→ A
x 7−→ x
La funzione associa ad ogni numero x se stesso. E’ composta quindi dalle coppie(x, x). Notiamo che il dominio è identico al codominio.
Funzioni polinomiali
f : A −→ B
x 7−→ anxn + an−1x
n−1 + . . . a1x+ a0
Sono i classici polinomi e il valore della funzione si calcola sostituendo alla x ilnumero a. Il grado n del polinomio è il grado della funzione.Un caso particolare di funzione polinomiale è la funzione costante
4 Il problema della classificazione delle funzioni non è particolarmente semplice ma questo, perfortuna, riguarda solo i matematici.
3.4 tipi di funzioni 37
f : A −→ B
x 7−→ c
che associa ad ogni elemento del dominio il numero c; si ottiene come polinomiodi grado 0.
Esempi:
• f(x) = x2
• g(x) = x4 −√2x2 + 1
• h(x) = πx5 − 1
Funzioni razionali
f : A −→ B
x 7−→ anxn + an−1x
n−1 + . . . a1x+ a0bkx
k + bk−1xk−1 + . . . b1x+ b0
Sono quozienti di due polinomi e si richiede, naturalmente, che il polinomiobkx
k + bk−1xk−1 + . . . b1x+ b0 al denominatore non sia sempre nullo. Notare
bene: non sia sempre nullo: questo significa che può valere 0 per qualche valoredi x ma non per tutti.Esempi:
• r1(x) =x
x− 1
• r2(x) =x4 − 1
x2 + 2
• r3(x) =x2 − 3
1
• s(x) =
3x−1 se x > 1
1 se x 6 1
La stranezza della funzione r3(x) testimonia soltanto che le funzioni polinomialipossono essere considerate casi particolari delle funzioni razionali.
Funzioni irrazionali
• u(x) =x√x− 1
• v(x) =
√x2 − 1
x2 + 2
• z(x) = 5x− 12 =
5√x
osservazione : spesso l’insieme delle funzioni razionali e irrazionali vengonoindicate come funzioni algebriche cioè funzioni per le quali l’immagine si calcolacon un numero finito di operazioni di somma, differenza, prodotto, quozienteed estrazione di radice su un elemento del dominio; questa definizione non èstrettamente rigorosa ma la useremo anche noi.
3.4 tipi di funzioni 38
osservazione : in tutti gli esempi precedenti non abbiamo specificato il domi-nio delle varie funzioni. Questa mancanza non deve essere considerata un errorema semplicemente una scorciatoia. Significa che il dominio delle varie funzioni,dipendendo dalle operazioni algebriche che vi compaiono, deve essere consideratoil più grande possibile. In altre parole: se in una funzione algebrica non compareesplicitamente il dominio, questo si intende composto da tutti i numeri per iquali le operazioni di calcolo della funzione hanno senso. Spesso questo insiemeviene distinto dal dominio e chiamato campo di esistenza. Potremmo dire che ilcampo di esistenza di una funzione è il più grande dominio possibile. Per esempiola funzione r ha campo di esistenza R − {1} mentre la s e la t hanno campo diesistenza R. La funzione u ha campo di esistenza A = {x ∈ R | x > 1} poichè laradice quadrata esiste solo se il numero è > 0 e il denominatore della frazione nonpuò essere nullo. La funzione v ha campo di esistenza A = {x ∈ R | x 6 −1 o x > 1
} per motivi analoghi.
Funzioni goniometriche
sin : R −→ [−1, 1]
x 7−→ sin x
cos : R −→ [−1, 1]
x 7−→ cos x
tan : A −→ R A = R − {π
2+ kπ}
x 7−→ tan x
Queste funzioni sono forse note ad alcuni studenti dal corso di fisica del biennio.In ogni caso saranno studiate a breve data la loro straordinaria importanza nelleapplicazioni. Si tratta di funzioni periodiche, cioè i loro valori si ripetono infinitevolte.
x
y
O−π π
1
−1
sinx
x
y
O−π π
1
−1
cosx
x
y
O
−π2
π2
tanx
3.4 tipi di funzioni 39
esercizi
Esercizio 3.4.1. Per ciascuna delle seguenti funzioni indicare se è razionale (intera ofratta) o irrazionale e determinarne il campo di esistenza:
f(x) =x3 − x
2x+ 1
g(x) =
√7x+ 1
2
h(x) = 3√x+ 1
r(s) = 2πx
s(x) =2√
(x+ 1)2
3.5 operazioni 40
3.5 operazioni
Sulle funzioni possiamo agire con operazioni che ci consentono di ottenere altrefunzioni.
Definizione 3.5.1. Siano f e g due funzioni.Per ogni valore di x per cui ha senso definiamo f+ g e la chiamiamo somma, la funzionetale che
(f+ g)(x) = f(x) + g(x)
e definiamo f · g e la chiamiamo prodotto, la funzione tale che
(f · g)(x) = f(x) · g(x)
osservazione: il dominio della funzione somma o prodotto è l’intersezionedei domini delle funzioni componenti (vedi esempi).Esempio 3.5.1.
f(x) = x2 g(x) =√1−x
La funzione somma sarà:
(f+g)(x) = x2+√1−x
Il dominio (campo di esistenza) di f è R mentre quello di g è x 6 1; perciò il dominio di f+ g saràl’intersezione dei due, vale a dire x 6 1.
Esempio 3.5.2.
f(x) = x2 g(x) =1√1−x
La funzione prodotto sarà:
(f ·g)(x) =x2√1−x
Il dominio (campo di esistenza) di f è R mentre quello di g è x < 1; perciò il dominio di f · g saràl’intersezione dei due, vale a dire x < 1.
L’operazione di gran lunga più importante è la composizione o prodotto dicomposizione di funzioni:
Definizione 3.5.2. Siano f e g due funzioni
f : A −→ B
x 7−→ f(x)
g : B −→ C
x 7−→ g(x)
la funzione composta di g e f, detta anche g tondino f, è la funzione che manda ogni xdi un opportuno dominio in (g ◦ f)(x) = g(f(x)), cioè
g ◦ f : A −→ C
x 7−→ g(f(x))
osservazione: il dominio di g ◦ f è composto da tutte le x del dominio dif tali che f(x) è contenuto nel dominio di g. Questo perché, per poter calcolarel’elemento g(f(x)), il numero f(x) deve appartenere al dominio di g. Il codominiodi g ◦ f sarà C perché l’ultima funzione applicata è g.Un grafico può chiarire meglio la situazione:
Af - B
C
g
?
g ◦f
-
3.5 operazioni 41
osservazione : osserviamo anche che la funzione composta pone f alla destradi g quando apparentemente f dovrebbe comparire a sinistra. Il motivo risiedenel fatto che la f è la prima funzione che viene applicata e quindi nella notazionefunzionale g(f(x)) deve essere posta vicino alla x, cioè a destra. Questo giustificail fatto che è meglio dire g tondino f piuttosto che la funzione composta di f e g. Unaltro motivo importante è che g ◦ f è diversa da f ◦ g come si vedrà dagli esempi.
Esempio 3.5.3.
f(x) = x2 g(x) =√1−x
In questo caso
(g ◦ f)(x) = g(f(x)) = g(x2) =√1−x2
come si può notare il calcolo di (g ◦ f)(x) è semplice: si applica a x la funzione f ottenendo il numerof(x) che poi andrà sostituito nella funzione g al posto di x.Il campo di esistenza di f è R mentre quello di g è x 6 1. Il campo di esistenza della funzione g ◦ f siottiene osservando che il codominio di f è R> ma solo i numeri x tali che x 6 1 appartengono al campo diesistenza di g; quindi solo i numeri x2 6 1, cioè −1 6 x 6 1, sono ammissibili nel campo di esitenzadi g ◦ f. Lo stesso risultato si ottiene semplicemente osservando l’espressione algebrica di g ◦ f e cioè√1−x2; la radice è calcolabile solamente per i valori del radicando > 0, cioè 1−x2 > 0, x2 6 1, da
cui il risultato già trovato.
Osserviamo che la funzione composta f ◦g è
(f ◦g)(x) = f(g(x)) = f(√1−x) = (
√1−x)2
conludiamo che la funzione (f ◦g) è molto diversa dalla (g ◦ f). Il campo di esistenza della (f ◦g) èx 6 1.
Esempio 3.5.4.
g(x) =√1−x
Possiamo comporre la funzione g con se stessa
(g ◦g)(x) = g(g(x)) = g(√1−x) =
√1−√1−x
Il campo di esistenza di g è x 6 1 mentre quello di (g ◦ g) è: 1−√1−x > 0, 1 >
√1−x,
1 > 1− x, x > 0; quindi finalmente 0 6 x 6 1. Notiamo che il campo di esistenza è ben diverso daquello di g.
Esempio 3.5.5. La funzione
f(x) =
√3x√1+x2
può essere pensata come la composizione delle funzioni
g(x) =√x h(x) = 3x
√1+x2
mentre la funzione h può essere pensata come il prodotto delle funzioni
m(x) = 3x n(x) =√1+x2
e finalmente la funzione n è la composizione delle funzioni
p(x) =√1+x q(x) = x2
perciò abbiamo
f(x) = (g ◦ (m · (p ◦q)))(x)
La nozione più importante legata a quella di composizione di funzioni è quella difunzione inversa.
3.5 operazioni 42
Definizione 3.5.3. Sia f una funzione
f : A −→ B
x 7−→ f(x)
diciamo funzione inversa della f la funzione g (se esiste) tale che
(g ◦ f)(x) = x ∀x ∈ A
e
(f ◦ g)(x) = x ∀x ∈ B
nel caso la funzione g esista la si indica con f−1 e quindi
(f−1 ◦ f)(x) = x ∀x ∈ A (f ◦ f−1)(x) = x ∀x ∈ B
Esempio 3.5.6. Sia f la funzione tale che f(x) = 2x, cioè
f : R −→ R
x 7−→ 2x
allora f−1 =x
2; infatti
(f ◦ f−1)(x) = f(x
2) = 2
x
2= x ∀x ∈ R
e
(f−1 ◦ f)(x) = f−1(2x) =2x
2= x ∀x ∈ R
x
y
2
4
f(x) = 2x
x
y
2
4
f(x) = 2x
4
2
f−1(x) = x2
Osserviamo che la funzione inversa consente di tornare indietro, cioè partendoda x la f porta in f(x) e la f−1 riporta in x. Però vale anche il viceversa: separtiamo da x e applichiamo la f−1 questo ci porta in f−1(x) e poi applicando laf ritorniamo in x.
Nella seconda figura abbiamo disegnato entrambe le funzioni f e f−1 e possiamoosservare come il loro grafico sia simmetrico rispetto alla retta bisettrice del primoquadrante. Tale retta è il grafico della funzione f(x) = x come ci si dovrebbeaspettare.
Questo fatto vale sempre: il grafico della funzione inversa è simmetrico diquello della funzione diretta, rispetto alla bisettrice del primo quadrante5.
5 Lo studente virtuoso può cercare di dimostrarlo.
3.5 operazioni 43
Esempio 3.5.7. Sia f la funzione tale che f(x) = x2, cioè
f : R −→ R
x 7−→ x2
in questo caso la funzione inversa non esiste; infatti per tornare indietro dopo aver quadratoun numero devo estrarre la radice quadrata, quindi la funzione inversa non può che essere√x; ma allora si avrebbe:
(f−1 ◦ f)(x) = f−1(x2) =√x2
ma√x2 > 0 mentre se noi partiamo con x < 0 non ritorniamo più nella stessa x; in
pratica se x = −2
(f−1 ◦ f)(−2) = f−1(4) =√4 = 2
che non va bene. Peggio ancora se tentiamo di comporre nel senso opposto: (f ◦ f−1)(x) =
f(√x) ma non possiamo inserire alcun numero negativo nella composizione.
x
y
2−2
4
f(x) = x2
??
L’ultimo esempio suggerisce che ci devono essere delle condizioni affinchè lafunzione inversa possa esistere. Il primo problema è che nella funzione 3.5.7 com-paiono coppie diverse - per l’esattezza due - con la stessa immagine: {(1, 1), (−1, 1), (2, 4), (−2, 4) . . . }e questo significa che quando torniamo indietro, cioè applichiamo la funzioneinversa, abbiamo due numeri da associare a ciascuna immagine; dovremmo for-mare così le coppie: {(1, 1), (1, −1), (4, 2), (4, −2), . . . } e questo non è possibile perla definizione di funzione.
1
−1
2
−2
1
4
1
−1
2
−2
1
4
f(x) f−1(x)
?
?
Diamo perciò la seguente:
Definizione 3.5.4. Sia f una funzione
3.5 operazioni 44
f : A −→ B
x 7−→ f(x)
diciamo che la funzione è iniettiva se
x1 6= x2 =⇒ f(x1) 6= f(x2) ∀x1, x2 ∈ A
La funzione dell’esercizio 3.5.7 non è iniettiva perché ad esempio x1 = 2 ex2 = −2, si ha x1 6= x2 ma f(x1) = f(2) = 4 = f(x2) = f(−2). La non iniettivitànon permette di tornare indietro univocamente mediante la funzione inversae quindi quet’ultima non esiste. L’iniettività non è sufficiente per l’ivertibilitàdelle funzioni; infatti sempre nell’esempio 3.5.7 in cui il codominio è R, questodovrebbe diventare dominio della funzione inversa; ma, come abbiamo osservato,l’inversa è la radice quadrata e questa non esiste per x < 0. Il problema è chel’insieme di tutte le immagini f(x), che indichiamo con f(A) (f(R) nel nostroesempio), non ricopre tutto il codominio e quindi, per alcuni valori di f(x) nonpossiamo tornare indietro.Diamo perciò la seguente:
Definizione 3.5.5. Sia f una funzione
f : A −→ B
x 7−→ f(x)
diciamo che la funzione è suriettiva se
f(A) = B
in altri termini, se
∀y ∈ B (codominio di f) ∃x ∈ A (dominio di f) tale che y = f(x)
Evidentemente la funzione 3.5.7 non è suriettiva mentre la funzione dell’esempio3.5.6 è iniettiva e suriettiva e questo basta perchè sia invertibile. Mettendo assiemele due cose abbiamo:
Definizione 3.5.6. Una una funzione f si dice biiettiva o biunivoca se è iniettiva esuriettiva.
Per quanto detto, una funzione biiettiva è invertibile6
Esempio 3.5.8. Sia f la funzione tale che f(x) =√x2+ 1, cioè
f : R −→ R
x 7−→√x2+ 1
Il campo di esistenza della funzione è R poichè x2+1 è sempre positivo. Per calcolare l’immagine scriviamol’equazione f(x) =
√x2+ 1, anzi sostituiamo f(x) con y per comodità di scrittura,
y =√x2+ 1
Questa equazione ci dice che y non sarà mai negativo, anzi non sarà mai minore di 1 e quindi l’immaginef(R) 6= R e perciò la funzione non è suriettiva. Alla stessa conclusione si arriva osservando che seprendiamo un y ∈ R tale che y < 1 non ci sarà alcun x ∈ R tale che f(x) = y.
La funzione non risulta invertibile perchè non biiettiva; però possiamo restringere il codominio in modoche lo sia; ridefiniamo la funzione in questo modo:
6 Questa affermazione andrebbe rigorosamente dimostrata ma ci accontentiamo della evidenzaillustrata negli esempi.
3.5 operazioni 45
f : R −→ B
x 7−→√x2+ 1
con B = {x ∈ R | x > 1} Cerchiamo ora di risolvere l’equazione y =√x2+ 1 rispetto a x; in altre
parole cerchiamo i numeri x che hanno come immagine un particolare y. Se ne trovassimo uno solo allora lafunzione sarebbe iniettiva; in caso fossero più d’uno non lo sarebbe.
y =√x2+ 1 y2 = x2+ 1 x2 = y2− 1
e quindi
x = ±√y2− 1 vale a dire x =
√y2− 1 e x = −
√y2− 1
concludiamo che ogni y, cioè f(x), è immagine di due x distinti e quindi la funzione non è iniettiva eperciò non invertibile. Anche in questo caso possiamo modificare la definizione di f per renderla iniettiva,intervenendo, in questo caso, sul dominio:
f : R> −→ B
x 7−→√x2+ 1
con B = {x ∈ R | x > 1}.Ricordiamo che con R> intendiamo i numeri reali positivi o nulli (si dice anche non negativi).La funzione diventa iniettiva poichè solo la soluzione x =
√y2− 1 è ora accettabile. Quindi la funzione
inversa sarà f−1(y) =√y2− 1. Dato che quest’ultima è una funzione a tutti gli effetti, possiamo
cambiare le lettere per indicarla: f−1(x) =√x2− 1, come già evidenziato nella definizione7.
Osserviamo che con semplici restrizioni sul dominio e codominio di una funzio-ne è possibile renderla biiettiva e quindi invertibile. Si tenga presente che ciò nonè sempre possibile e neanche sempre facile. I motivi per cui le funzioni inversesono importanti sarà chiarito più avanti quando si risolveranno alcuni particolaritipi di equazioni.
7 Questo punto risulta molto delicato per la comprensione dello studente: sembra infatti che ilcambiamento di lettere sia del tutto arbitrario; in effetti lo è.
3.5 operazioni 46
esercizi
Esercizio 3.5.1. Verificare che la funzione
f :{x ∈ R | x > −
1
2
}−→{x ∈ R | x >
1
4
}x 7−→ x2 + x
è biunivoca.Determinarne la funzione inversa, verificando che f−1 ◦ f = I e che f ◦ f−1 = I, dove I èla funzione identica.
Esercizio 3.5.2. Date le funzioni reali:
f(x) = |2x− 1|
g(x) = x2 + 2x
h(x) =2
3x− 1
discuterne la invertibilità, eventualmente restringendo il dominio e/o il codominio perrenderle invertibili. Determinarne le funzioni inverse, verificandone la correttezza etracciarne il grafico.
Esercizio 3.5.3. Date le funzioni :
f(x) = x− 2
g(x) = x2
h(x) = 3x+ 2
restringerne il dominio all’insieme degli interi Z e quindi verificare che (f ◦ g) ◦ h =
f ◦ (g ◦ h).
Esercizio 3.5.4. Date le funzioni reali:
f(x) = x3
g(x) = x− 4
determinare e confrontare f ◦ g e g ◦ f.
Esercizio 3.5.5. Date le funzioni reali:
f(x) =√x
g(x) =1
x
determinare e confrontare f ◦ g e g ◦ f.
Esercizio 3.5.6. Date le funzioni reali:
f(x) =2x− 1
5
g(x) = x2
della funzione f determinarne l’invertibilità ed eventualmente l’inversa. Determinare econfrontare le funzioni f ◦ g e g ◦ f.
3.6 proprietà notevoli 47
3.6 proprietà notevoli
Definizione 3.6.1. Una funzione f si dice PARI se
f(−x) = f(x) ∀x ∈ dominio di f
Esempio 3.6.1.
| • | : R −→ R
x 7−→ |x|
La funzione valore assoluto è una funzione pari, infatti | −x| = |x| ∀x ∈ R
x
y
x−x
f(x)f(x)
Osserviamo che il grafico di una funzione pari è simmetrico rispetto all’asse y.
Definizione 3.6.2. Una funzione f si dice DISPARI se
f(−x) = −f(x) ∀x ∈ dominio di f
Esempio 3.6.2.
f : R −→ R
x 7−→ x3
La funzione eleva al cubo è una funzione dispari, infatti (−x)3 = −x3 ∀x ∈ R
x
y
x−x
f(−x) = −f(x)
f(x)
Osserviamo che il grafico di una funzione dispari è simmetrico rispetto all’originedegli assi.
Definizione 3.6.3. Una funzione f si dice crescente nell’insieme I se
x1 6 x2 =⇒ f(x1) 6 f(x2) ∀x1, x2 ∈ I
Definizione 3.6.4. Una funzione f si dice strettamente crescente nell’insieme I se
x1 < x2 =⇒ f(x1) < f(x2) ∀x1, x2 ∈ I
3.6 proprietà notevoli 48
Definizione 3.6.5. Una funzione f si dice decrescente nell’insieme I se
x1 6 x2 =⇒ f(x1) > f(x2) ∀x1, x2 ∈ IDefinizione 3.6.6. Una funzione f si dice strettamente decrescente nell’insieme I se
x1 < x2 =⇒ f(x1) > f(x2) ∀x1, x2 ∈ ITutto ciò si vede bene dai grafici:
x
y
x1 x2
f(x1)
f(x2)
Strettamente cres.
x
y
x1 x2
f(x1)
f(x2)
Strettamente decr.
x
y
x1 x2
f(x1)f(x2)
Crescente
x
y
x1 x2
f(x1)
f(x2)
Decrescente
Definizione 3.6.7. Una funzione f si dice periodica di periodo T se
f(x+ T) = f(x) ∀x ∈ dominio di f
Gli esempi più importanti di funzioni periodiche sono le funzioni goniometricheche si studieranno fra poco e i cui grafici potete osservare qui 3.4Esempio 3.6.3. Onda quadra di periodo T = 4:
f : R −→ R
x 7−→ f(x) =
{2 per 4n 6 x < 2+ 4n
−2 per 2+ 4n 6 x < 4(n+ 1) n ∈ Z
0 3 6−3−6
3
−3
x
y
T = 4
3.6 proprietà notevoli 49
esercizi
Esercizio 3.6.1. Date le funzioni:
f(x) =∣∣|x− 2| − 2
∣∣g(x) =
√1− x2 se − 1 < x < 1
x2 − 1 se x 6 −1 o x > 1
h(x) = x− 2n per n < x 6 2n+ 1 ∀n ∈ Z
1. indicarne il dominio e tracciarne il grafico
2. dal grafico dedurre gli intervalli di crescenza e decrescenza e l’eventuale periodicità
3. analizzare l’eventuale parità/diparità
Parte II
F U N Z I O N I T R A S C E N D E N T I
4F U N Z I O N I T R A S C E N D E N T I
4.1 introduzione
Le funzioni finora incontrate erano di tipo algebrico, cioè esprimibili attraverso unnumero finito di operazioni algebriche su R (addizione, moltiplicazione, divisione,elevamento a potenza ed estrazione di radice). Sono algebriche, per esempio, leseguenti funzioni:
f1(x) = 2x3 − 4x2 + 5 (polinomiale)
f2(x) =2x+ 1
2x− 3(razionale fratta)
f3(x) =√x− 2 (irrazionale)
Vogliamo ora introdurre un nuovo tipo di funzioni, non esprimibile come leprecedenti, che diremo funzioni trascendenti. Si tratta di funzioni dette esponenziali/-logaritmiche e goniometriche. Con la teoria degli sviluppi in serie (somme infinite)vedremo, molto più in là, che anche le funzioni trascendenti si possono esprimereattraverso un numero, però infinito, di operazioni algebriche. Per questo, in ge-nerale, il calcolo del valore di tali funzioni in un punto assegnato può avveniresolo per approssimazioni. Vedremo che, per esempio, la funzione che chiameremoesponenziale in base e (numero di Nepero, con il quale prenderemo confidenzafra breve) f(x) = ex è esprimibile attraverso la seguente somma infinita
ex = 1+ x+x2
2!+x3
3!+ . . .+
xn
n!+ . . . x ∈ R
Quindi
e ≈ 1+ 1 = 2
oppure
e ≈ 1+ 1+1
2=5
2
ma anchee ≈ 1+ 1+
1
2+1
6≈ 83
e così via, a seconda del grado di precisione voluto.
4.2 funzioni esponenziali e logaritmiche
4.2.1 Potenze ad esponente naturale, intero e razionale
Definizione 4.2.1. Sia a ∈ R ed n ∈ N∗; diremo potenza n-esima di base a, escriveremo an, il prodotto di n fattori uguali ad a:
an = a · a . . . a︸ ︷︷ ︸n volte
e assumeremo che a1 = a.
Proprietà:
51
4.2 funzioni esponenziali e logaritmiche 52
P1) an · am = an+m ∀a ∈ R, ∀n,m ∈N∗
P2) an : am = an−m ∀a ∈ R∗, ∀n,m ∈N∗,n > m
P3) (an)m = anm ∀a ∈ R, ∀n,m ∈N∗
P4) (an)(bn) = (ab)n ∀a,b ∈ R, ∀n ∈N∗
P5) (an) : (bn) = (a : b)n ∀a,b ∈ R,b 6= 0 ∀n ∈N∗
Per convenzione si assume che
a0 = 1 ∀a ∈ R∗
così facendo la convenzione è compatibile con la seconda proprietà nel caso n = m
! Per convenzione si assume che
a−n =1
an∀a ∈ R∗,∀n ∈N
così facendo si è dato significato alle potenze ad esponente intero e la nuovadefinizione risulta compatibile con le proprietà su esposte. Per convenzione siassume che
amn =
n√am ∀a ∈ R>,∀n ∈N∗,∀m ∈ Z
così facendo si è dato significato alle potenze con esponente razionale e la nuovadefinizione risulta compatibile con le proprietà su esposte. Nella pratica la sceltadella base potrebbe anche essere meno restrittiva in relazione ai diversi esponenti.
Esempio 4.2.1. 02/3 =3√02 =
3√0 = 0 mentre 0−1/3 non esiste in R perchè non esiste il reciproco
di 0 !
Esempio 4.2.2. (−2)1/3 = 3√
−2 = −3√2 mentre (−2)1/2 non esiste in R essendo negativo il
radicando e pari l’indice di radice !
Esempio 4.2.3. La funzione y = x1/2 è definita ∀x ∈ R> mentre y = x1/3 è definita ∀x ∈ R, invecey = x−1/2 è definita ∀x ∈ R>, infine y = x−1/3 è definita ∀x ∈ R∗.
4.2.2 Potenze ad esponente reale
Teorema 4.2.1 (Teorema di monotonia delle potenze). Le potenze di un numero realemaggiore di 1 crescono al crescere dell’esponente razionale e quelle di un numero realecompreso fra 0 e 1 decrescono al crescere dell’esponente razionale.
ar > as ⇔ r > s ∀a ∈ R>,a > 1,∀r, s ∈ Q
ar < as ⇔ r > s ∀a ∈ R>, 0 < a < 1,∀r, s ∈ Q
Definizione 4.2.2. Sia a ∈ R> e β ∈ R; si definisce potenza ad esponente reale aβ
l’elemento di separazione delle 2 classi contigue di numeri
A = {ar|r ∈ Q, r 6 β}
eB = {as|s ∈ Q, s > β} .
A e B sono separate e godono della proprietà dell’avvicinamento indefinito( perciò ammettono un unico elemento di separazione, aβ, appunto). Valgonoanche per le potenze ad esponente reale le consuete proprietà delle potenze edanche il teorema di monotonia sopra citato.
4.2 funzioni esponenziali e logaritmiche 53
4.2.3 Funzione esponenziale elementare
Definizione 4.2.3. Sia a ∈ R>; diremo funzione esponenziale la funzione definitaponendo
expa : R −→ R
x 7−→ y = ax
il cui grafico in un sistema di riferimento cartesiano ortogonale risulta:
x
y
0x
y
0 x
y
0
Osserviamo che la funzione è:
monotona decrescente costante monotona crescente
assume valori positivi assume valore 1 assume valori positivi
passa per (0, 1) passa per (0, 1)
asintotica al semiasse asintotica al semiasse
positivo delle x negativo delle x
è iniettiva non è iniettiva è iniettiva
diventa anche suriettiva nè suriettiva diventa anche suriettiva
restringendo il codominio restringendo il codominio
a R>, quindi invertibile a R>, quindi invertibile
osservazione: particolarmente frequente risulta l’uso della funzione espo-nenziale in base e (detto numero di Nepero ); essendo e ≈ 2.7, la funzioneesponenziale che ne risulta è crescente. Analogamente per la base 10, anchequesta molto usata.
4.2.4 Funzione logaritmica
Definizione 4.2.4. Sia a ∈ R>,a 6= 1; diremo funzione inversa della funzione esponen-ziale o funzione logaritmica, la funzione definita ponendo
exp−1a = loga : R> −→ R
x 7−→ y = exp−1a (x) = loga x
il cui grafico in un sistema di riferimento cartesiano ortogonale risulta ilsimmetrico rispetto alla bisettrice del I e III quadrante dei grafici precedenti:
x
y
0
x
y
0
4.2 funzioni esponenziali e logaritmiche 54
osservazione : particolarmente frequente risulta l’uso della funzione logarit-mica in base e (detto numero di Nepero ); essendo e ≈ 2.7, la funzione logaritmicache ne risulta è crescente. Analogamente per la base 10, anche questa molto usata.Si conviene di indicare il logaritmo in base e di x con ln x e il logaritmo in base 10di x con log x.
Esempio 4.2.4. log2 8 = 3 poichè, essendo stata definita la funzione logaritmica come inversa di quellaesponenziale, log2 8 è l’esponente da assegnare alla base 2 per ottenere l’argomento 8. Quindi deve risultare23 = 8.
Esempio 4.2.5. log3127 = −3 infatti: 3−3 = 1
27 .
Esempio 4.2.6. loga 1 = 0 infatti: a0 = 1,∀a ∈ R>,a 6= 1.
Esempio 4.2.7. loga a = 1 infatti: a1 = a,∀a ∈ R>,a 6= 1.
Esempio 4.2.8. log23√2 = 1
3 infatti: 213 =
3√2.
Dimostriamo ora alcune proprietà dei logaritmi richiamando alcune proprietàdegli esponenziali:
L1) logamn = logam+ loga n ∀a ∈ R>,a 6= 1,∀n,m ∈ R>
L2) logam
n= logam− loga n ∀a ∈ R>,a 6= 1,∀n,m ∈ R>
L3) logamy = y · logam ∀a ∈ R>,a 6= 1,∀m ∈ R>,y ∈ R
L4) logaαmα = logam ∀a ∈ R>,a 6= 1,∀m ∈ R>,α ∈ R∗
L5) (loga b) · (logb c) = loga c ∀a,b, c ∈ R>,a,b 6= 1
Dim. L1)
posto logam = x si ha ax = m
posto loga n = y si ha ay = n
per la proprietà P1) risulta che m ·n = ax · ay = ax+y
quindi x+ y = logamn
da cui logam+ loga n = logamn.
Dim. L2)
posto logam = x si ha ax = m
posto loga n = y si ha ay = n
per la proprietà P2) risulta chem
n=ax
ay= ax−y
quindi x− y = logam
n
da cui logam− loga n = logam
n.
4.2 funzioni esponenziali e logaritmiche 55
Dim. L3)
posto logam = x si ha ax = m
elevando ambo i membri alla y si ha (ax)y = my
per la proprietà P3) risulta che axy = my
quindi xy = logamy
da cui y · logam = logamy.
Dim. L4)
posto logam = x si ha ax = m
elevando ambo i membri alla α si ha (ax)α = mα
per la proprietà P3) risulta che axα = (aα)x = mα
quindi x = logaαmα
da cui logam = logaαmα.
Dim. L5) (Formula del cambiamento di base)
posto loga b = x si ha ax = b
posto logb c = y si ha by = c
per la proprietà P3) risulta che c = by = (ax)y = axy
quindi xy = loga c
da cui (loga b) · (logb c) = loga c.
4.2 funzioni esponenziali e logaritmiche 56
4.2.5 Equazioni e disequazioni esponenziali e logaritmiche elementari
Si tratta di risolvere equazioni e disequazioni del tipo
ax 6> b loga x 6> b ove a ∈ R>,a 6= 1
Vediamo come si risolvono attraverso alcuni esempi.
Esercizio 4.2.1.
2x = 4 esprimiamo 4 come potenza in base 2
2x = 22 essendo la funzione esponenziale iniettiva
x = 2
Esercizio 4.2.2.
2x > 4 esprimiamo 4 come potenza in base 2
2x > 22 essendo la funzione esponenziale monotona crescente
x > 2
Esercizio 4.2.3.
2x < 4 esprimiamo 4 come potenza in base 2
2x < 22 essendo la funzione esponenziale monotona crescente
x < 2
Dal punto di vista grafico è interessante osservare qual è l’interpreta-zione geometrica degli esempi fatti. Si osserva che l’ascissa del puntoP d’intersezione fra le curve di equazione y = 2x e y = 4 è propriola soluzione dell’equazione.
x
y
0
(2, 4)
Esercizio 4.2.4.
(1
3)x = 27 esprimiamo 27 come potenza in base
1
3
(1
3)x = (
1
3)−3 essendo la funzione esponenziale iniettiva
x = −3
Esercizio 4.2.5.
(1
3)x > 27 esprimiamo 27 come potenza in base
1
3
(1
3)x > (
1
3)−3 essendo la funzione esponenziale monotona decrescente
x < −3
Esercizio 4.2.6.
(1
3)x < 27 esprimiamo 27 come potenza in base
1
3
(1
3)x < (
1
3)−3 essendo la funzione esponenziale monotona decrescente
x > −3
4.2 funzioni esponenziali e logaritmiche 57
Dal punto di vista grafico è interessante osservare qual è l’interpre-tazione geometrica degli esempi fatti (le unità di misura per i dueassi sono diverse). Si osserva che l’ascissa del punto P d’intersezionefra le curve di equazione y = ( 13 )x e y = 27 è proprio la soluzionedell’equazione.
x
y
0
(−3, 27)
Esercizio 4.2.7.
2x = 0 non possiamo esprimere 0 come potenza in base 2 ma
2x > 0 ∀x quindi l’equazione è impossibile
Esercizio 4.2.8.
2x = −8 non possiamo esprimere − 8 come potenza in base 2 ma
2x > 0 ∀x quindi l’equazione è impossibile
Esercizio 4.2.9.
2x < 0 non possiamo esprimere 0 come potenza in base 2 ma
2x > 0 ∀x quindi la disequazione è impossibile
Esercizio 4.2.10.
2x 6 0 non possiamo esprimere 0 come potenza in base 2 ma
2x > 0 ∀x quindi la disequazione è impossibile
Esercizio 4.2.11.
2x > 0 non possiamo esprimere 0 come potenza in base 2 ma
2x > 0 ∀x quindi la disequazione è sempre verificata
Esercizio 4.2.12.
2x > 0 non possiamo esprimere 0 come potenza in base 2 ma
2x > 0 ∀x quindi la disequazione è sempre verificata
Esercizio 4.2.13.
2x < −8 non possiamo esprimere − 8 come potenza in base 2 ma
2x > 0 ∀x quindi la disequazione è impossibile
Esercizio 4.2.14.
2x 6 −8 non possiamo esprimere − 8 come potenza in base 2 ma
2x > 0 ∀x quindi la disequazione è impossibile
Esercizio 4.2.15.
2x > −8 non possiamo esprimere − 8 come potenza in base 2 ma
2x > 0 ∀x quindi la disequazione è sempre verificata
Esercizio 4.2.16.
2x > −8 non possiamo esprimere − 8 come potenza in base 2 ma
2x > 0 ∀x quindi la disequazione è sempre verificata
4.2 funzioni esponenziali e logaritmiche 58
Esercizio 4.2.17.
2x = 7 esprimiamo 7 come potenza in base 2
2x = 2log2 7 essendo la funzione esponenziale iniettiva
x = log2 7
Esercizio 4.2.18.
2x < 3 esprimiamo 3 come potenza in base 2
2x < 2log2 3 essendo la funzione esponenziale monotona crescente
x < log2 3
Esercizio 4.2.19.
(1
3)x > 5 esprimiamo 5 come potenza in base
1
3
(1
3)x > (
1
3)
log 135
essendo la funzione esponenziale monotona decrescente
x < log 135
Esercizio 4.2.20.
e2x− 3ex− 4 6 0
poniamo ex = t ed otteniamo:
t2− 3t− 4 6 0
− 1 6 t 6 4
da cui, ritornando alla variabile x, si ha:
− 1 6 ex 6 4
ed infine, tenendo conto che ex > 0 per ogni x reale:
x 6 ln4.
Esercizio 4.2.21.
log2 x = 3 C.E.: x > 0
log2 x = log2 23 avendo espresso 3 come logaritmo in base 2
x = 8 soluzione accettabile
Esercizio 4.2.22.
log3 x > −1 C.E.: x > 0
log3 x > log3 3−1 avendo espresso − 1 come logaritmo in base 3
x >1
3confrontando con le condizioni
x >1
3
Esercizio 4.2.23.
log 12x > 0 C.E.: x > 0
log 12x > log 1
2(1
2)0 avendo espresso 0 come logaritmo in base
1
2
x < 1 ma confrontando con le condizioni
x0 1
risulta 0 < x < 1
4.3 funzioni goniometriche 59
Esercizio 4.2.24.
ln2 x− lnx− 2 > 0 C.E.: x > 0
poniamo lnx = t ed otteniamo:
t2− t− 2 > 0
t 6 −1, t > 2
da cui, ritornando alla variabile x, si ha:
lnx 6 −1, lnx > 2
ed infine, intersecando con le condizioni di esistenza:
0 < x 6 e−1,x > e2.
4.3 funzioni goniometriche
012− 1
2π
π3
2π3
− 2π3
−π3
√3
2
−√
32
π6
π2
5π6
− 5π6
−π2
−π6
√3
2−√
32
12
− 12
π4
π2
3π4
π
− 3π4
−π2
−π4
√2
2−√
22
√2
2
−√
22
1
4.3.1 Introduzione alla goniometria
Consideriamo le circonferenze concen-triche in O di raggio ri > 0 ; l’angoloal centro α individua su ciascuna gliarchi li.
O r1 r2 r3
αl1
l2l3
Dalla geometria elementare sappiamo che gli insiemi
1 Figura trovata all’indirizzo: http://melusine.eu.org/syracuse/metapost/cours/gosse/trigo.html
4.3 funzioni goniometriche 60
R = {r1, r2, r3, ...}
e
L = {l1, l2, l3, ...}
sono 2 classi di grandezze direttamente proporzionali. Pertanto si ha che:
l1 : r1 = l2 : r2 = l3 : r3 = ...
tale rapporto è costante ed origina la seguente
Definizione 4.3.1. diremo misura in radianti di un angolo al centro di una circonfe-renza il rapporto (costante) fra l’arco da esso individuato e il raggio.
α =l
r
osservazione: la misura in radianti, essendo rapporto di grandezze omoge-nee, risulta un numero puro.
Determiniamo ora la misura in radianti di alcuni angoli notevoli. Dalla geo-metria elementare sappiamo che la lunghezza della circonferenza di raggio rè
C = 2πr
L’angolo giro, angolo al centro corrispondente a tale arco, misura in radianti
l
r=2πr
r= 2π
Si ricavano quindi facilmente le misure in radianti dell’angolo piatto
l
r=πr
r= π
dell’angolo retto
l
r=π2 r
r=π
2
e, in generale, mediante la proporzione
α÷ π = α◦ ÷ 180◦
si può ricavare la misura in radianti di un angolo, nota quella in gradi, oviceversa.
osservazione : dalla teoria della misura è noto che il rapporto fra 2 grandezzeomogenee è uguale al rapporto fra le relative misure rispetto a qualunque unitàdi misura
A
B=mis(A)
mis(B)
4.3 funzioni goniometriche 61
α◦ α
0◦ 0
30◦ π/6
45◦ π/4
60◦ π/3
90◦ π/2
120◦ 2π/3
135◦ 3π/4
150◦ 5π/6
180◦ π
... ...
Dalle osservazioni fatte fin qui, non è restrittivo limitarsi a lavorare con lacirconferenza di raggio r = 1.
Definizione 4.3.2. Diremo circonferen-za goniometrica la circonferenza di rag-gio unitario con centro nell’origine O diun sistema di riferimento cartesiano Oxy.
x
y
O
A(1, 0)
B(0, 1)
A′(−1, 0)
B′(0,−1)
Osservazione 4.3.1. Poichè α = lr , lavorando con la circonferenza goniometrica, angolo
e arco hanno la stessa misura.
Per posizionare un angolo α, misurato in radianti, al centro della circonferenzagoniometrica, abbiamo bisogno di alcune convenzioni:
1. il primo lato dell’angolo coincide con il semiasse positivo delle x;
2. assumiamo come verso di percorrenza positivo degli archi quello antiorario.
A è origine degli archi
α =π
6
β =π
4
x
y
OA
B
A′
B′
+
−
α
β
Detto P il punto di intersezione fra il secondo lato dell’angolo α e la circonfe-renza goniometrica, diamo le seguenti definizioni.
Definizione 4.3.3. Diremo seno di un angolo α (alcentro della circonferenza goniometrica), misurato inradianti, l’ordinata del punto P.
Definizione 4.3.4. Diremo coseno di un angolo α(al centro della circonferenza goniometrica), misurato inradianti, l’ascissa del punto P.
x
y
OA
B
A′
B′
Hα
P (cosα, sinα)
4.3 funzioni goniometriche 62
Teorema 4.3.1. Prima relazione fondamentale della goniometria
sin2 α+ cos2 α = 1, ∀α
Dimostrazione. Applichiamo il Teorema di Pitagora al triangolo rettangolo OPH:
OH2 + PH2 = OP2
da cui la tesi.
4.3.2 Richiami geometrici
Ricordiamo alcune classiche applicazioni del Teorema di Pitagora. Consideriamoil triangolo rettangolo isoscele:
O H
PO ∼= P ∼= π/4
H ∼= π/2
OP = 1
OP = OH√2
Consideriamo il triangolo rettangolo semi-equilatero:
O H
PO ∼= π/3
P ∼= π/6
H ∼= π/2
OP = 1
PH = OH√3
Consideriamo il triangolo rettangolo semi-equilatero:
O H
P
O ∼= π/6
P ∼= π/3
H ∼= π/2
OP = 1
OH = PH√3
Se i triangoli sopra considerati vengono ora riferiti alla circonferenza goniome-trica in modo che OH si sovrapponga al semiasse positivo delle x e OP coincidacon un suo raggio, si ottiene facilmente la seguente tabella di valori delle funzionigoniometriche seno e coseno di angoli notevoli:
α sinα cosα
0 0 1
π/6 1/2√3/2
π/4√2/2
√2/2
π/3√3/2 1/2
π/2 1 0
4.3 funzioni goniometriche 63
osservazione :sin(α+ 2kπ) = sinα, k ∈ Z
poichè il punto P di riferimento è lo stesso. Analogamente sarà:
cos(α+ 2kπ) = cosα, k ∈ Z
Questa relazione ci consente di osservare che seno e coseno sono funzionidell’angolo α, definite come segue:
sin : R −→ R cos : R −→ R
x 7−→ y = sin x x 7−→ y = cos x
ove si è inteso essere x la misura in radianti dell’angolo x; diremo pertanto chetali funzioni godono della proprietà di periodicità con periodo T = 2π, esssendoquesto il minimo dell’insieme {2kπ,k ∈N∗}.
4.3.3 Archi associati (per seno e coseno)
In questa sezione, mostreremo come il calcolo delle funzioni goniometriche seno ecoseno di particolari archi sia riconducibile a conoscenze geometriche elementari.
Consideriamo un angolo α e il pun-to P1 ad esso associato, il suo supple-mentare π−α associato a P2, l’angoloπ+ α associato a P3 e l’esplementaredi α associato a P4.
x
y
OA
B
A′
B′
P1P2
P3 P4
Dal grafico si deduce facilmente che:
sinα = sin(π−α) = − sin(π+α) = − sin(−α) = − sin(2π−α)
cosα = − cos(π−α) = − cos(π+α) = cos(−α) = cos(2π−α)
Consideriamo ora un angolo α e ilpunto P ad esso associato, il suocomplementare π/2−α associato a Q. x
y
OA
B
A′
B′
P
Q
HKα
Osserviamo che i triangoli OPH e OQK sono congruenti:
1. OP ∼= OQ (raggi stessa circonferenza)
2. OHP ∼= OKQ ∼= π/2
3. HOP ∼= OQK ∼= α
4.3 funzioni goniometriche 64
Si deduce quindi che:sin(π/2−α) = cosα
cos(π/2−α) = sinα
Ciò giustifica il nome dato alla funzione goniometrica coseno che dal latinosignifica complementi sinus ( cioè seno del complementare).
osservazione :sin(−α) = − sinα
cos(−α) = cosα
Queste proprietà ci consentono di concludere che le funzioni seno e cosenosono rispettivamente dispari e pari.
Esamiamo ora i grafici delle funzioni seno e coseno detti rispettivamente si-nusoide e cosinusoide. La periodicità delle funzioni ci permette di rappresentarlein un qualunque intervallo di ampiezza 2π e la loro simmetria ci suggerisce discegliere [−π,π].
Grafici sinusoide e cosinusoide
x
y
O−π π
1
−1
x
y
O−π π
1
−1
Detti P il punto di intersezione fra il secondo lato dell’angolo α e la circonferenzagoniometrica, Q il punto di intersezione fra il secondo lato dell’angolo α o il suoprolungamento e la retta tangente alla circonferenza goniometrica nel punto A dicoordinate (1, 0), R il punto di intersezione fra il secondo lato dell’angolo α o ilsuo prolungamento e la retta tangente alla circonferenza goniometrica nel puntoB di coordinate (0, 1), diamo le seguenti definizioni.
Definizione 4.3.5. Diremo tangente di un an-golo α (al centro della circonferenza goniometri-ca), misurato in radianti, l’ordinata del puntoQ.
Definizione 4.3.6. Diremo cotangente di unangolo α (al centro della circonferenza goniome-trica), misurato in radianti, l’ascissa del puntoR.
x
y
OA
B
A′
B′
P Q
Hα
Rs
P(cosα, sinα)
Q(1, tanα)
R(cotα, 1)
Teorema 4.3.2 (Seconda relazione fondamentale della goniometria).
tanα =sinαcosα
, ∀α 6= π
2+ kπ,k ∈ Z
4.3 funzioni goniometriche 65
Dimostrazione. Consideriamo i triangoli rettangoli OHP e OAQ; essi sono simili:
1. OHP ∼= OAQ ∼= π2
2. POH ∼= QOA ∼= α
3. OPH ∼= OQA ∼= π2 −α
pertanto i lati corrispondenti sono in proporzione:
PH : OH = QA : OA
da cui facilmente si ricava la tesi.
Teorema 4.3.3 (Terza relazione fondamentale della goniometria).
cotα =cosαsinα
, ∀α 6= kπ,k ∈ Z
Dimostrazione. La dimostrazione è del tutto analoga alla precedente.
osservazione : dalle suddette relazioni si deduce che:
tanα · cotα = 1, ∀α 6= kπ
2,k ∈ Z
α sinα cosα tanα cotα
0 0 1 0 non esiste
π/6 1/2√3/2
√3/3
√3
π/4√2/2
√2/2 1 1
π/3√3/2 1/2
√3
√3/3
π/2 1 0 non esiste 0
osservazione :tan(α+ kπ) = tanα, k ∈ Z
poichè il punto P di riferimento è lo stesso. Analogamente sarà:
cot(α+ kπ) = cotα, k ∈ Z
Questa relazione ci consente di osservare che tangente e cotangente sonofunzioni dell’angolo α, definite come segue:
tan : R r {kπ
2,k ∈ Z} −→ R
x 7−→ y = tan x
cot : R r {kπ,k ∈ Z} −→ R
x 7−→ y = cot x
ove si è inteso essere x la misura in radianti dell’angolo x; diremo pertanto chetali funzioni godono della proprietà di periodicità con periodo T = π, esssendoquesto il minimo dell’insieme {kπ,k ∈N∗}.
4.3 funzioni goniometriche 66
4.3.4 Archi associati (per tangente e cotangente)
In questa sezione, mostreremo come il calcolo delle funzioni goniometriche tan-gente e cotangente di particolari archi sia riconducibile a conoscenze geometrichee goniometriche elementari. Dalle relazioni fondamentali e dalle considerazionisugli archi associati fatte su seno e coseno, si deduce facilmente che:
tanα = − tan(π−α) = tan(π+α) = − tan(−α) = − tan(2π−α)
cotα = − cot(π−α) = cot(π+α) = − cot(−α) = − cot(2π−α)
Allo stesso modo, dalle relazioni fondamentali e dalle considerazioni sugli archicomplementari fatte su seno e coseno, si deduce facilmente che:
tan(π/2−α) = cotα
cot(π/2−α) = tanα
Ciò giustifica il nome dato alla funzione goniometrica cotangente che dal latinosignifica complementi tangens ( cioè tangente del complementare).
osservazione :tan(−α) = − tanα
cot(−α) = − cotα
Queste proprietà ci consentono di concludere che le funzioni tangente e cotan-gente sono dispari.
Esamiamo ora i grafici delle funzioni tangente e cotangente detti rispettiva-mente tangentoide e cotangentoide. La periodicità delle funzioni ci permette dirappresentarle in un qualunque intervallo di ampiezza π e la loro simmetria cisuggerisce di scegliere [−π2 , π2 ].
4.3.5 Funzioni inverse
In questa sezione, renderemo biiettive le funzioni goniometriche e definiremo leloro inverse. Consideriamo quindi la seguente restrizione della funzione y = sin x.
sin : [−π/2,π/2] −→ [−1, 1]
x 7−→ y = sin x
La funzione goniometrica y = sin x con le restrizioni operate sul dominio esul codominio risulta biiettiva e quindi invertibile. Notiamo che essa è anchemonotona crescente.
Definizione 4.3.7. Diremo funzione in-versa della funzione goniometrica y =
sin x o funzione arcoseno, la funzione cosìdefinita
arcsin : [−1, 1] −→ [−π/2,π/2]
x 7−→ y = arcsin x
x
y
O
y = x
Consideriamo quindi la seguente restrizione della funzione y = cos x.
cos : [0,π] −→ [−1, 1]
x 7−→ y = cos x
4.3 funzioni goniometriche 67
La funzione goniometrica y = cos x con le restrizioni operate sul dominio esul codominio risulta biiettiva e quindi invertibile. Notiamo che essa è anchemonotona decrescente.
Definizione 4.3.8. Diremo funzione in-versa della funzione goniometrica y =
cos x o funzione arcocoseno, la funzionecosì definita
arccos : [−1, 1] −→ [0,π]
x 7−→ y = arc cos x
x
y
O
y = x
Consideriamo quindi la seguente restrizione della funzione y = tan x.
tan : ] − π/2,π/2[−→ R
x 7−→ y = tan x
La funzione goniometrica y = tan x con le restrizioni operate sul dominio esul codominio risulta biiettiva e quindi invertibile. Notiamo che essa è anchemonotona crescente.
Definizione 4.3.9. Diremo funzione in-versa della funzione goniometrica y =
tan x o funzione arcotangente, la funzio-ne così definita
arctan : R −→] − π/2,π/2[
x 7−→ y = arctan x
x
y
O
−π2
π2
y = x
Consideriamo quindi la seguente restrizione della funzione y = cot x.
cot : ]0,π[−→ R
x 7−→ y = cot x
La funzione goniometrica y = cot x con le restrizioni operate sul dominio esul codominio risulta biiettiva e quindi invertibile. Notiamo che essa è anchemonotona decrescente.
Definizione 4.3.10. Diremo funzione in-versa della funzione goniometrica y =
cot x o funzione arcocotangente, lafunzione così definita
arccot : R −→]0,π[
x 7−→ y = arccot x
y
π2
0 x
π
4.3.6 Equazioni e disequazioni goniometriche elementari
Sono del tipo sin x 6> b e cos x 6> b. Per la loro risoluzione si proceda comenegli esempi seguenti.
Esercizio 4.3.1. sinx =1
2Riferiamoci alla circonferenza goniometrica come in figura
4.3 funzioni goniometriche 68
x =π
6+ 2kπ
x =5π
6+ 2kπ x
y
OA
B
A′
B′
12
π6
5π6
Esercizio 4.3.2. sinx >1
2Riferiamoci alla circonferenza goniometrica come in figura
π
6+ 2kπ < x <
5π
6+ 2kπ
x
y
OA
B
A′
B′
12
π6
5π6
Esercizio 4.3.3. sinx <1
2Riferiamoci alla circonferenza goniometrica come in figura
5π
6+ 2kπ < x <
13π
6+ 2kπ
oppure:
−7π
6+ 2kπ < x <
π
6+ 2kπ
x
y
OA
B
A′
B′
12
π6
5π6
osservazione: la soluzione di una disequazione goniometrica è generalmente un’unionedi intervalli limitati; la periodicità della funzione consente una scrittura sintetica mediante la sceltadi uno qualunque di questi intervalli.
Esercizio 4.3.4. sin2x =
√2
2Riferiamoci alla circonferenza goniometrica come in figura
2x =π
4+ 2kπ,
2x =3π
4+ 2kπ,
cioè
x =π
8+kπ,
x =3π
8+kπ
x
y
OA
B
A′
B′
√2
2
π4
3π4
4.3 funzioni goniometriche 69
ove si intende che k ∈ Z (di seguito intenderemo senz’altro sottintesa tale posizione).
Esercizio 4.3.5. sin(2x+π
3) =
√3
2Riferiamoci alla circonferenza goniometrica come in figura
2x+π
3=π
3+ 2kπ,
2x+π
3=2π
3+ 2kπ,
cioè
x = kπ,
x =π
6+kπ
x
y
OA
B
A′
B′
√3
2
π3
2π3
Esercizio 4.3.6. 2 sin2 x− sinx− 1 > 0
poniamosinx = t 2t2− t− 1 > 0
le soluzioni dell’equazione associata sono:
t1 = −1
2e t2 = 1
quindi la disequazione è verificata per:
t 6 −1
2; t > 1
per la posizione fatta
sinx 6 −1
2; sinx > 1
ovvero, vista la definizione di seno di un angolo
sinx 6 −1
2; sinx = 1
Riferiamoci alla circonferenza goniometrica come in figura
7π
6+ 2kπ 6 x 6
11π
6+ 2kπ
x =π
2+ 2kπ x
y
OA
B
A′
B′
− 12 11π
67π6
Esercizio 4.3.7. 2 cos2 x− cosx− 1 < 0
poniamocosx = t 2t2− t− 1 < 0
le soluzioni dell’equazione associata sono:
t1 = −1
2e t2 = 1
quindi la disequazione è verificata per:
−1
2< t < 1
4.3 funzioni goniometriche 70
per la posizione fatta
−1
2< cosx < 1
Riferiamoci alla circonferenza goniometrica come in figura
−2π
3+ 2kπ < x <
2π
3+ 2kπ
x 6= 2kπ x
y
OA
B
A′
B′
− 12
2π3
4π3
Esercizio 4.3.8.2 sinx+ 1
cosx> 0
Riferiamoci alla circonferenza goniometrica come in figura e studiamo il segno dei fattori riportandolo inun grafico di segno
2 sinx+ 1 > 0
sinx > −1
2
cosx > 0x
y
OA
B
A′
B′
− 127π
611π6
le soluzioni sono:
−π
6+ 2kπ 6 x <
π
2+ 2kπ.
7π
6+ 2kπ 6 x <
3π
2+ 2kπ.
Esercizio 4.3.9.
{2 sinx+ 1 > 0
cosx > 0
Riferiamoci alla circonferenza goniometrica come in figura e risolviamo separatamente le 2 disequazioniriportandone le soluzioni in un grafico di sistema
2 sinx+ 1 > 0
sinx > −1
2
cosx > 0x
y
OA
B
A′
B′
− 127π
611π6
le soluzioni sono:
−π
6+ 2kπ 6 x <
π
2+ 2kπ.
4.3 funzioni goniometriche 71
4.3.7 Formule goniometriche
Dimostreremo di seguito alcune formule di particolare rilevanza per le moltepliciapplicazioni all’interno di equazioni e disequazioni goniometriche.
4.3.8 Formule di addizione e sottrazione
1. cos(α−β) = cosα cosβ+ sinα sinβ ∀α,β ∈ R
2. cos(α+β) = cosα cosβ− sinα sinβ ∀α,β ∈ R
3. sin(α−β) = sinα cosβ− sinβ cosα ∀α,β ∈ R
4. sin(α+β) = sinα cosβ+ sinβ cosα ∀α,β ∈ R
Dim. (1.)Riferiamoci alla circonferenza goniometrica come in figura
x
y
OA
B
A′
B′
P
RQ
α− ββα
A(1, 0)
P(cos(α−β), sin(α−β))
Q(cosα, sinα)
R(cosβ, sinβ)
da considerazioni di geometria elementare si deduce che
d(A,P) = d(Q,R)
e ricordando la formula della distanza fra 2 punti del piano si ottiene:√(cos(α−β) − 1)2 + sin2(α−β) =
√(cosα− cosβ)2 + (sinα− sinβ)2
da cui
cos2(α−β) − 2 cos(α−β) + 1+ sin2(α−β) =
= cos2 α− 2 cosα cosβ+ cos2 β+ sin2 α− 2 sinα sinβ+ sin2 β
cos2(α−β) + sin2(α−β)︸ ︷︷ ︸1
+1− 2 cos(α−β) =
= cos2 α+ sin2 α︸ ︷︷ ︸1
+ cos2 β+ sin2 β︸ ︷︷ ︸1
−2 cosα cosβ− 2 sinα sinβ
avendo usato la 1a relazione fondamentale e semplificando
−2 cos(α−β) = −2 cosα cosβ− 2 sinα sinβ
infine dividendo per −2 ambo i membri si ottiene la tesi, ovvero
cos(α−β) = cosα cosβ+ sinα sinβ
4.3 funzioni goniometriche 72
Dim. (2.)
cos(α+β) = cos(α− (−β)) =
= cosα cos(−β) + sinα sin(−β) =
= cosα cosβ− sinα sinβ
avendo usato la formula precedente, la parità della funzione coseno e ladisparità della funzione seno.
Dim. (3.)
sin(α−β) = cos(π/2− (α−β)) = cos((π/2−α) +β) =
= cos(π/2−α) cosβ− sin(π/2−α) sinβ =
= sinα cosβ− cosα sinβ
avendo usato le formule precedenti e le proprietà delle funzioni coseno eseno.
Dim. (4.)
sin(α+β) = cos(π/2− (α+β)) = cos((π/2−α) −β) =
= cos(π/2−α) cosβ+ sin(π/2−α) sinβ =
= sinα cosβ+ cosα sinβ
avendo usato le formule precedenti e le proprietà delle funzioni coseno eseno.
osservazione: le formule relative alle funzioni tangente e cotangente siricavano usando le relazioni fondamentali:
tan(α−β) =sin(α−β)
cos(α−β)=
sinα cosβ− sinβ cosαcosα cosβ+ sinα sinβ
=
=tanα− tanβ1+ tanα tanβ
, α,β,α−β 6= π/2+ kπ
avendo opportunamente diviso numeratore e denominatore per cosα cosβ eposto le necessarie condizioni di esistenza. Analogamente si ricavano tutte le altre.
Esercizio 4.3.10.√3 sinx− cosx > 1
osserviamo che√3 = tan
π
3e sostituiamo quindi nella disequazione:
tanπ
3sinx− cosx > 1
sinπ
3
cosπ
3
sinx− cosx > 1
moltiplichiamo ambo i membri per cosπ
3=1
2e otteniamo:
sinx sinπ
3− cosx cos
π
3>1
2
moltiplichiamo ambo i membri per −1 e utilizziamo la formula di addizione per il coseno:
cos(x+π
3) < −
1
2
la disequazione così ottenuta è del tipo sopra svolto ed ha come soluzione:
2π
3+ 2kπ < x+
π
3<4π
3+ 2kπ
da cui:π
3+ 2kπ < x < π+ 2kπ
4.3 funzioni goniometriche 73
4.3.9 Formule di duplicazione
1. cos 2α = cos2 α− sin2 α = 2 cos2 α− 1 = 1− 2 sin2 α ∀α ∈ R
2. sin 2α = 2 sinα cosα ∀α ∈ R
Dim. (1.)
cos 2α = cos(α+α) = cosα cosα− sinα sinα = cos2 α− sin2 α
avendo utilizzato le formule di addizione. Inoltre, usando la 1a relazione fonda-mentale, si ottengono le altre forme equivalenti:
cos 2α = cos2 α− sin2 α = cos2 α− (1− cos2 α) = 2 cos2 α− 1
cos 2α = cos2 α− sin2 α = (1− sin2 α) − sin2 α = 1− 2 sin2 α
Dim. (2.)
sin 2α = sin(α+α) = sinα cosα+ sinα cosα = 2 sinα cosα
avendo utilizzato le formule di addizione.
osservazione: le formule relative alle funzioni tangente e cotangente siricavano usando le relazioni fondamentali:
tan 2α =sin 2αcos 2α
=2 sinα cosα
cos2 α− sin2 α=
=2 tanα1− tan2 α
α 6= π/4+ kπ/2
avendo opportunamente diviso numeratore e denominatore per cos2 α e posto lenecessarie condizioni di esistenza. Analogamente si ricavano tutte le altre.
Esercizio 4.3.11. sin2x = sinx utilizziamo la formula di duplicazione per il seno:
2 sinx cosx− sinx = 0
raccogliamo sinx a fattor comune:sinx(2 cosx− 1) = 0
per la legge di annullamento del prodotto otteniamo:
sinx = 0, cosx =1
2
da cui:x = kπ, x = ±π
3+ 2kπ
Proponiamo ora per lo stesso esercizio una diversa strategia risolutiva:
sin2x = sinx
osserviamo che 2 angoli hanno lo stesso seno quando sono uguali oppure quando sono supplementari (ameno di multipli interi di 2π) e quindi:
2x = x+ 2kπ, 2x = (π−x) + 2kπ
da cui:x = 2kπ, x =
π
3+k
2π
3
notiamo che le soluzioni ottenute sono del tutto equivalenti alle precedenti.
4.3 funzioni goniometriche 74
4.3.10 Formule di bisezione
1. cosα
2= ±
√1+ cosα
2∀α ∈ R
2. sinα
2= ±
√1− cosα
2∀α ∈ R
Dim. (1.)
cos 2α = 2 cos2 α− 1 2 cos2 α = 1+ cos 2α
cos2 α =1+ cos 2α
2cosα = ±
√1+ cos 2α
2
cosα
2= ±
√1+ cosα
2
avendo utilizzato le formule di duplicazione.
Dim. (2.)
cos 2α = 1− 2 sin2 α 2 sin2 α = 1− cos 2α
sin2 α =1− cos 2α
2sinα = ±
√1− cos 2α
2
sinα
2= ±
√1− cosα
2
avendo utilizzato le formule di duplicazione.
osservazione: le formule relative alle funzioni tangente e cotangente siricavano usando le relazioni fondamentali:
tanα
2=
sinα
2
cosα
2
=
±√1− cosα
2
±√1+ cosα
2
=
√1− cosα1+ cosα
= ∀α 6= π+ 2kπ
=sinα
1+ cosα= ∀α 6= π+ 2kπ
=1− cosα
sinα∀α 6= kπ
avendo usato le formule di bisezione per ottenere la prima delle tre formeequivalenti e avendo moltiplicato numeratore e denominatore opportunamenteper 1+ cosα (rispettivamente per 1− cosα) per ottenenere la 2a e la 3a e postole necessarie condizioni di esistenza. Analogamente si ricavano tutte le altre.
Esercizio 4.3.12. cos2x
2= cosx
utilizziamo la formula di bisezione relativa al coseno:1+ cosx2
= cosx usando opportunamente iprincipi di equivalenza, otteniamo: cosx = 1 da cui: x = 2kπ.
4.3 funzioni goniometriche 75
4.3.11 Formule di prostaferesi
1. sinp+ sinq = 2 sinp+ q
2cos
p− q
2∀p,q ∈ R
2. sinp− sinq = 2 cosp+ q
2sin
p− q
2∀p,q ∈ R
3. cosp+ cosq = 2 cosp+ q
2cos
p− q
2∀p,q ∈ R
4. cosp− cosq = −2 sinp+ q
2sin
p− q
2∀p,q ∈ R
Dim. (1.)
Riprendiamo le formule di addizione e sottrazione relative alla funzione seno:
sin(α+β) = sinα cosβ+ sinβ cosα
sin(α−β) = sinα cosβ− sinβ cosα
sommando membro a membro otteniamo:
sin(α+β) + sin(α−β) = 2 sinα cosβ (1)
ponendo {α+β = p
α−β = q
risulta che α =p+ q
2
β =p− q
2
da cui sostituendo nella (1) si ottiene la tesi.
osservazione: le altre 3 formule si ricavano in modo del tutto analogo, con-siderando a coppie le formule di addizione o sottrazione relative alla sola fun-zione seno o coseno e sommando oppure sottraendo opportunamente membro amembro.
osservazione: le formule di prostaferesi relative alle funzioni tangente ecotangente si ricavano usando le relazioni fondamentali e le formule dimostrate.
tanp+ tanq =sinpcosp
+sinqcosq
=sinp cosq+ sinq cosp
cosp cosq=
=sin(p+ q)
cosp cosq∀p,q 6= π/2+ kπ
Analogamente si ricavano tutte le altre.
Esercizio 4.3.13. sin3x− sinx > 0
utilizziamo la 2a formula di prostaferesi e otteniamo:
2 cos2x sinx > 0
come visto precedentemente, ci riferiamo alla circonferenza goniometrica come in figura e studiamo il segnodei fattori riportandolo in un grafico di segno:
4.3 funzioni goniometriche 76
cos2x > 0
−π
2+ 2kπ 6 2x 6
π
2+ 2kπ
−π
4+kπ 6 x 6
π
4+kπ
sinx > 0
x
y
OA
B
A′
B′
le soluzioni sono:
2kπ < x <π
4+ 2kπ;
3π
4+ 2kπ < x < π+ 2kπ;
5π
4+ 2kπ < x <
7π
4+ 2kπ.
4.3.12 Formule di Werner
Sono le formule inverse delle precedenti.
1. sinα cosβ = 1/2(sin(α+β) + sin(α−β)) ∀α,β ∈ R
2. cosα cosβ = 1/2(cos(α+β) + cos(α−β)) ∀α,β ∈ R
3. sinα sinβ = −1/2(cos(α+β) − cos(α−β)) ∀α,β ∈ R
Dim. (1.2.3.)
Si applicano le formule di prostaferesi al secondo membro.Si farà uso di tali formule prevalentemente nel calcolo integrale.
4.3.13 Formule razionali in tangente
1. sinα =2 tan
α
2
1+ tan2α
2
∀α 6= π+ 2kπ
2. cosα =1− tan2
α
2
1+ tan2α
2
∀α 6= π+ 2kπ
Dim. (1.)
sinα = sin 2α
2=2 sin
α
2cos
α
21
=2 sin
α
2cos
α
2
sin2α
2+ cos2
α
2
=
2 sinα
2cos
α
2
cos2α
2
sin2α
2+ cos2
α
2
cos2α
2
=
4.3 funzioni goniometriche 77
2 sinα
2cos
α
2
cos2α
2
sin2α
2
cos2α
2
+cos2
α
2
cos2α
2
=2 tan
α
2
tan2α
2+ 1
che è la tesi, con le dovute condizioni di esistenza.
Dim. (2.)
cosα = cos 2α
2=
cos2α
2− sin2
α
21
=cos2
α
2− sin2
α
2
sin2α
2+ cos2
α
2
=
cos2α
2− sin2
α
2
cos2α
2
sin2α
2+ cos2
α
2
cos2α
2
=
cos2α
2
cos2α
2
−cos2
α
2
sin2α
2
sin2α
2
cos2α
2
+cos2
α
2
cos2α
2
=1− tan2
α
2
tan2α
2+ 1
che è la tesi, con le dovute condizioni di esistenza.
Esercizio 4.3.14.√3 sinx− cosx > 1
utilizziamo le formule razionali in tanx
2e, sotto la condizione x 6= π+ 2kπ cui è vincolato l’uso delle
stesse, otteniamo:
√32 tan
x
2
1+ tan2x
2
−1− tan2
x
2
1+ tan2x
2
> 1
moltiplicando ambo i membri per 1+ tan2x
2si ha:
2√3 tan
x
2− 1+ tan2
x
2> 1+ tan2
x
2
semplificando e razionalizzando otteniamo:
tanx
2>1√3
Riferiamoci ora alla circonferenza goniometrica come in figura
π
6+kπ <
x
2<π
2+kπ
da cui
π
3+ 2kπ < x < π+ 2kπ
x
y
OA
B
A′
B′
π6
π2
7π6
3π2
t
4.3 funzioni goniometriche 78
non rimane ora che controllare se le condizioni aggiuntive poste per poter utilizzare le formule razionalicostituiscono delle soluzioni. Sostituendo x = π+ 2kπ nella disequazione data, si ottiene: 0+ 1 > 1 cheè evidentemente assurda. Pertanto le soluzioni sono:
π
3+ 2kπ < x < π+ 2kπ
che coincidono con quelle trovate utilizzando le formule di addizione. Proponiamo ora, per lo stesso esercizio,una ulteriore strategia risolutiva che richiede conoscenze elementari di geometria analitica.
√3 sinx− cosx > 1
la disequazione risulta equivalente al sistema:{ √3 sinx− cosx > 1
sin2 x+ cos2 x = 1
ponendo sinx = Y e cosx = X e sostituendo nel sistema si ha:{ √3Y−X > 1
Y2+X2 = 1
Riferiamoci ora alla circonferenza goniometrica come in figura
I punti della circonferenza di equa-zione Y2 +X2 = 1 comuni alsemipiano di equazione
√3Y −
X > 1 sono tutti e soli quel-li dell’arco PQ non passante perA; essendo infine i punti P eQ associati agli angoli
π
3e π
rispettivamente, le soluzioni sono:
π
3+ 2kπ < x < π+ 2kπ.
x
y
O
A(1, 0)
P ( 12 ,√
32 )
Q(−1, 0)
√3Y −X = 1
√3Y −X > 1
4.3 funzioni goniometriche 79
4.3.14 Esercizi riassuntivi proposti
1) 2−1
51−2x=
1
251−2x[x = 1
2 ]
2) log2 log 12(x− 3) > 0 [3 < x < 7
2 ]
3)16− 8x+ x2
3x −√3
6 0 [x < 12 , x = 4]
4) 2x+2 − 2x+1 − 2x − 2x−1 − 2x−2 = 1 [x = 2]
5) log21+ x
1− x+ 1 < 0 [−1 < x < −13 ]
6)9x − 4 · 3x + 3
log 13
|x|> 0 [−1 < x < 0]
7)(1
2
)√9−x2< 32 [−3 6 x 6 3]
8)(1
2
)√9−x2< 32 [−3 6 x 6 3]
9)
{3x2
− 81 < 0
1− log2(2x− 1) > 0[12 < x <
32 ]
10) log3(x− 2) − log3 x+ 1 < log3(4− x) [2 < x < 3]
11) 2 log 12(x+ 2) 6 log 1
2(4x+ 7) [−74 < x 6 −
√3, x >
√3]
12) log4 |x| · log|x|(x2 + 1) =
1
2[{}]
13) 1+ 2 log9 x2 6 log3(x+ 1) − log 1
3(x+ 2) [−12 6 x 6 2 ma x 6= 0]
14) ln x− 2 logx e = 1 [x = e2, x = 1e ]
15)log2(5x− x2) − 2
3x
x2−4
> 0 [1 6 x 6 4 ma x 6= 2]
16) logx(2x− 1) > 1 [x > 12 ma x 6= 1]
17) sin 5x− 1 = 0 [x = π10 + 2kπ
5 ]
18) cos(π6
− x)<
√3
2[−5π3 + 2kπ < x < 2kπ]
19) 3 tan2 x− 2√3 tan x− 3 = 0 [x = −π6 + kπ, x = π
3 + kπ]
20) sin 2x = 2 cos x [x = π2 + kπ]
4.3 funzioni goniometriche 80
21)1− 2 sin xtan x− 1
6 0 [π4 + 2kπ < x < π2 + 2kπ, 5π6 + 2kπ 6
x < 5π4 + 2kπ, −π2 + 2kπ < x 6 π
6 +
2kπ]
22) log√22
sin x > 1 [2kπ < x < π4 , 3π4 + 2kπ < x < π +
2kπ]
23)sin 3x+ sin x2 sin2 x cos x
> 0 [kπ < x < π2 + kπ]
20) 2 sin x = sin 2x [x = kπ]
21)1− 2 cos x
tan x6 0 [2kπ < x 66 π
3 + 2kπ, π2 + 2kπ < x <
π+ 2kπ, 3π2 + 2kπ < x 6 5π3 + 2kπ]
22) log√32
cos x > 1 [π6 + 2kπ < x < π2 + 2kπ, 3π2 + 2kπ <
x < 11π6 + 2kπ]
23)cos2 x− sin2 xcos x+ cos 3x
< 0 [π2 + 2kπ < x < 3π2 + 2kπ, x 6= 3π
4 +
2kπ, 5π4 + 2kπ]
24) (cos x+ sin x)2 = 1+ 2 sin x cos x [∀x ∈ R]
25) ln(cos2 x− 3) = 2 [{}]
Parte III
G E O M E T R I A A N A L I T I C A
5I N T R O D U Z I O N E
5.1 introduzione
82
6I L P I A N O C A RT E S I A N O
6.1 punti e segmenti
Definizione 6.1.1. Si dice sistema di riferimento di ascisse o asse di ascisse, unaretta orientata sulla quale è fissato un punto O detto origine e una unità di musura.
Nasce in tal modo una corrispondenza biunivoca (o funzione biiettiva) fra ipunti della retta e i numeri reali, che associa ad ogni punto P della retta unnumero reale.
O 1 P
Definizione 6.1.2. Preso un punto P su un asse di ascisse, si dice coordinata ascissadi P, o semplicemente ascissa, e si scrive xP, la misura del segmento OP rispetto allaunità di misura, se P segue O; l’opposto di tale misura se P precede O.
Definizione 6.1.3. Si dice sistema di riferimento cartesiano ortogonale monome-trico l’insieme di 2 rette orientate e perpendicolari, sulle quali è fissata la stessa unità dimisura. Il punto O d’intersezione delle rette, chiamate assi rispettivamente delle ascisse(o delle x) e delle ordinate (o delle y), viene detto origine del sistema.
Gli assi dividono il piano in 4 angoli retti detti, rispettivamente, I, II, III e IVquadrante.
x
y
O 1
1
III
III IV
Nasce in tal modo una corrispondenza biunivoca (o funzione biiettiva) fra ipunti del piano α e le coppie ordinate di numeri reali, che associa ad ogni puntoP del piano la coppia ordinata (x,y) di numeri reali le cui componenti sonorispettivamente le ascisse dei punti P1 e P2 (nel senso della definizione 2.1.2),proiezioni ortogonali del punto P rispettivamente sugli assi x e y.
Convenzionalmente, per evitare ogni ambiguità, x ed y vengono dette ascissaed ordinata di P.
α→ R2
P 7−→ (x,y)
83
6.1 punti e segmenti 84
x
y
O 1
1
P
P1
P2
Teorema 6.1.1. Dati 2 punti P(xP,yP) e Q(xQ,yQ) risulta che la loro distanza è
d(P,Q) = PQ =√
(xQ − xP)2 + (yQ − yP)2
Dimostrazione. Consideriamo 2 punti P e Q come in figura e sia H il punto diintersezione delle parallele agli assi rispettivamente x ed y condotte da P e da Q.
x
y
O
P
Q
P1
P2
Q1
Q2
H
Il triangolo PHQ risulta evidentemente rettangolo ed è applicabile ad esso ilteorema di Pitagora:
PQ2
= PH2
+HQ2
Osserviamo che:
PH = P1Q1 = |OQ1 −OP1| = |xQ − xP |
HQ = P2Q2 = |OQ2 −OP2| = |yQ − yP |
dove notiamo che la presenza del modulo è motivata dalla assoluta generalitàdelle posizioni dei punti P e Q nel piano.
Sostituendo nella relazione precedente, si ha:
PQ2
= |xQ − xP |2 + |yQ − yP |2
Estraendo infine la radice quadrata di entrambi i membri ed eliminando i moduli,essendo essi elevati alla seconda, otteniamo:
d(P,Q) = PQ =√
(xQ − xP)2 + (yQ − yP)2
6.1 punti e segmenti 85
Osservazione 6.1.1. Nel caso in cui xQ = xP, cioè il segmento PQ risulta paralleloall’asse y, la formula precedente si riduce a
d(P,Q) = PQ = |yQ − yP |
Nel caso in cui yQ = yP, cioè il segmento PQ risulta parallelo all’asse x, la formulaprecedente si riduce a
d(P,Q) = PQ = |xQ − xP |
Esercizio 6.1.1. Dati i punti A(−1, 0), B(2, 4) e C(2, −1), calcolare il perimetro deltriangolo ABC.
Calcoliamo le misure dei tre lati:AB =
√(xA − xB)2 + (yA − yB)2 =
√(−1− 2)2 + (0− 4)2 =
√9+ 16 =
√25 =
5
BC =√
(xB − xC)2 + (yB − yC)2 =√
(2− 2)2 + (4− (−1))2 =√0+ 25 =√
25 = 5
AC =√
(xA − xC)2 + (yA − yC)2 =√
(−1− 2)2 + (0− (−1))2 =√9+ 1 =√
10
Pertanto risulta:2p = AB+BC+AC = 5+ 5+
√10 = 10+
√10
Naturalmente il calcolo di BC poteva essere fatto più semplicemente con la formularidottaBC = |yB − yC| = |4− (−1)| = 5.
x
y
O 1
1
A
B
C
Definizione 6.1.4. Si dice punto medio di un segmento di estremi A, B il punto Mdi AB tale che AM ∼= MB.
Teorema 6.1.2. Dato il segmento AB di punto medio M e un punto O apparetente alla
retta per AB, risulta che OM ∼=OA+OB
2.
Dimostrazione. Riferiamoci alla figura ove, per semplificare la dimostrazione, laretta è considerata orientata:
O A M B
OM ∼=OM+OM
2∼=OA+AM+OB−MB
2∼=OA+OB
2
Osservazione 6.1.2. Se la retta orientata è un asse di ascisse di origine O e xA e xBsono le ascisse di A e B, risulta evidentemente che l’ascissa di M è
xA + xB2
.
Con riferimento ad un sistema di assi cartesiani ortogonali, determiniamo orale coordinate del punto medio M del segmento AB.
Teorema 6.1.3. Dati i puntiA(xA,yA), B(xB,yB) il loro punto medio èM(xA + xB
2,yA + yB
2
).
Dimostrazione. Riferiamoci alla figura
6.1 punti e segmenti 86
x
y
O
A
M
B
A1
A2
M1
M2
B1
B2
Poichè M è il punto medio di AB, per il teorema di Talete, si ha che M1 lo
è di A1B1 e M2 lo è di A2B2. Per l’osservazione precedente xM =xA + xB
2e
yM =yA + yB
2.
Esercizio 6.1.2. Dati i punti A(−1, 0), B(2, 4) e C(2, −1), calcolare i punti medi dei latidel triangolo ABC. Chiamiamo rispettivamente M,N,P i punti medi dei lati AB, BC e
AC.
M
(xA + xB
2,yA + yB
2
)= M
(−1+ 2
2,0+ 4
2
)= M
(1
2,4
2
)= M
(1
2, 2)
N
(xB + xC
2,yB + yC
2
)= N
(2+ 2
2,4− 1
2
)= N
(4
2,3
2
)= N
(2,3
2
)P
(xA + xC
2,yA + yC
2
)= P
(−1+ 2
2,0− 1
2
)= P
(1
2,−1
2
)= P
(1
2, −1
2
).
x
y
O 1
1
A
B
C
M
N
P
Con riferimento ad un sistema di assi cartesiani ortogonali, determiniamo orale coordinate del baricentro G del triangolo di vertici A,B,C.
Teorema 6.1.4. Dati i punti A(xA,yA), B(xB,yB) e C(xC,yC) il loro baricentro è
G
(xA + xB + xC
3,yA + yB + yC
3
).
Omettiamo la dimostrazione.
6.1 punti e segmenti 87
x
y
O
A
B
C
M
N
L
G
Esercizio 6.1.3. Dati i punti A(−1, 0), B(2, 4) e C(2, −1), calcolare il baricentro deltriangolo ABC.
Chiamiamo rispettivamenteM,N,P i punti medi dei latiAB, BC eAC eG il barcentrodel triangolo.
Utilizzando la formula precedente, si ha:
G
(xA + xB + xC
3,yA + yB + yC
3
)= G
(−1+ 2+ 2
3,0+ 4− 1
3
)= G
(3
3,3
3
)=
G(1, 1)
x
y
O 1
1
A
B
C
G
M
N
P
7L E R E T T E
In questo capitolo tratteremo le più semplici curve del piano, ossia le rette, chel’allievo ha già incontrato nello studio della Geometria Euclidea come concettiprimitivi.
7.1 equazioni lineari
Teorema 7.1.1. Ad ogni equazione di primo grado in x,y del tipo ax + by + c = 0
con a,b, c ∈ R e a,b non contemporaneamente nulli, corrisponde una retta del pianocartesiano e viceversa.
Dimostrazione. Dimostriamo dapprima che ad ogni equazione di primo grado inx,y del tipo ax+ by+ c = 0 con a,b, c ∈ R e a,b non contemporaneamente nulli,corrisponde una retta del piano cartesiano.
A tale scopo distinguiamo i seguenti casi:
1. se a = 0 allora l’equazione diventa
by+ c = 0 cioè y = −c
b
tale equazione rappresenta il luogo geometrico dei punti del piano la cuiordinata è costantemente uguale a −
c
b; si tratta perciò di una retta parallela
all’asse delle x.
Nel caso particolare in cui anche c = 0, l’equazione diventa y = 0 cherappresenta l’asse delle x.
2. se b = 0 allora l’equazione diventa
ax+ c = 0 cioè x = −c
a
tale equazione rappresenta il luogo geometrico dei punti del piano la cuiascissa è costantemente uguale a −
c
a; si tratta perciò di una retta parallela
all’asse delle y.
Nel caso particolare in cui anche c = 0, l’equazione diventa x = 0 cherappresenta l’asse delle y.
x
y
O
x = − ca
y = − cb
3. se c = 0 allora l’equazione diventa
ax+ by = 0
cioè, supponendo non nulli a,b (altrimenti ci si riconduce ad uno dei casiprecedenti)
88
7.1 equazioni lineari 89
y = −a
bx
e ponendo −a
b= m si ottiene
y
x= m
tale equazione rappresenta il luogo geometrico dei punti del piano per iquali è costante il rapporto fra ordinata e ascissa; dimostriamo che si trattadi una retta passante per l’origine del sistema di riferimento.
Infatti, presi 2 punti P,Q per i quali risulti costante il rapporto fra ordi-nata e ascissa, consideriamo i triangoli OP1P e OQ1Q essendo P1 e Q1 leproiezioni di P e Q rispettivamente sull’asse x.
Essi sono simili per avere una coppia di lati in proporzione e l’angolo fraessi compreso congruente perchè retto. Pertanto P1OP ∼= Q1OQ e quindi ipunti P, O e Q risultano allineati.
x
y
O
P
Q
P1
Q1
P2
Q2
4. se a,b, c 6= 0 allora l’equazione è esplicitabile rispetto a ciascuna delle 2variabili, in particolare rispetto alla y:
y = −a
bx−
c
b
e ponendo −a
b= m e −
c
b= q si ottiene
y = mx+ q
tale equazione rappresenta il luogo geometrico dei punti del piano del casoprecedente traslati verticalmente della quantità q; pertanto si tratta di unaretta non passante per l’origine e non parallela agli assi.
x
y
O
Q(0, q)
y = mx
y = mx+ q
Dimostriamo ora che ad ogni retta del piano cartesiano corrisponde una equazionedi primo grado in x,y del tipo ax + by + c = 0 con a,b, c ∈ R e a,b noncontemporaneamente nulli.
A tale scopo distinguiamo i seguenti casi:
7.1 equazioni lineari 90
1. Consideriamo una retta parallela all’asse delle x; i suoi punti sono caratte-rizzati dall’avere ordinata costante. Pertanto sono descritti dall’equazioney = k.
2. Consideriamo una retta parallela all’asse delle y; i suoi punti sono carat-terizzati dall’avere ascissa costante. Pertanto sono descritti dall’equazionex = h.
x
y
O
x = h
y = k
3. Consideriamo una retta passante per l’origine. Presi su di essa 2 punti P eQ di proiezioni rispettivamente P1 e Q1 sull’asse delle ascisse, osserviamoche i triangoli OP1P e OQ1Q sono simili per avere congruenti, oltre all’angolo retto, gli angoli di vertice O. Pertanto i lati corrispondenti sonoin proporzione; in particolare PP1 : OP1 = QQ1 : OQ1. Da ciò si deduceche rimane costante il rapporto fra l’ordinata e l’ascissa di un qualunquepunto della retta considerata, che è pertanto descritta dall’equazione
y
x= m
ovvero y = mx.
x
y
O
P
Q
P1
Q1
P2
Q2
4. Consideriamo una retta non passante per l’origine e non parallela agli assiche intersechi l’asse y nel punto Q(0,q). La retta passante per l’originee ad essa parallela ha equazione y = mx come appena dimostrato nelprecedente caso. D’altra parte la retta presa in esame è ottenuta traslandoverticalmente la retta per l’origine della quantità q. Essa è pertanto descrittadall’equazione y = mx+ q.
7.1 equazioni lineari 91
x
y
O
Q(0, q)
y = mx
y = mx+ q
Osservazione 7.1.1. Il coefficientem della x nell’equazione y = mx+q viene chiamatocoefficiente angolare della retta. Vedremo in seguito il suo significato geometrico, mapossiamo fin d’ora osservare che esso è legato alla inclinazione della retta rispetto alsemiasse positivo delle x. Risulta evidente pertanto dall’ultimo punto della precedentedimostrazione, che rette parallele hanno lo stesso coefficiente angolare.
Osservazione 7.1.2. Il termine noto q nell’equazione y = mx + q viene chiamatointercetta e rappresenta l’ordinata del punto di intersezione della retta con l’asse delle y.
Osservazione 7.1.3. L’equazione della retta nella forma ax+ by+ c = 0 viene dettaimplicita; nella forma y = mx+ q è detta esplicita.
Tutte le rette del piano possono essere rappresentate da una equazione in forma siaimplicita che esplicita, tranne le parallele all’asse delle y che non sono esplicitabili.
Esercizio 7.1.1. Tracciare i grafici delle seguenti rette:r : x+ 2 = 0
s : 2y− 1 = 0
t : x− y+ 3 = 0
v : 2x+ y = 0
w : x+ 3y− 3 = 0.
La retta r è parallela all’asse y; la sua equazione, esplicitata rispetto ad x, risultax = −2.
La retta s è parallela all’asse x; la sua equazione, esplicitata rispetto ad y, risulta
y =1
2.
x
y
O 1
1
r
s
E’ appena il caso di ricordare che per due punti distinti del piano passa una ed unasola retta.
L’equazione della retta t, esplicitata rispetto alla y, risulta y = x+ 3; determiniamodue punti di t, sostituendo alla variabile indipendente x due valori qualunque e ricavandoi corrispondenti valori della variabile dipendente y:
x y
−3 0
0 3
7.2 relazioni e formule 92
x
y
O 1
1
t
A
B
L’equazione della retta v, esplicitata rispetto alla y, risulta y = −2x; determiniamo duepunti di v, sostituendo alla variabile indipendente x due valori qualunque e ricavando icorrispondenti valori della variabile dipendente y:
x y
0 0
1 −2
x
y
O 1
1
v
B
L’equazione della retta w, esplicitata rispetto alla y, risulta y =3− x
3; determinia-
mo due punti di w, sostituendo alla variabile indipendente x due valori qualunque ericavando i corrispondenti valori della variabile dipendente y:
x y
0 1
3 0
x
y
O 1
1
w
A
B
7.2 relazioni e formule
Definizione 7.2.1. Diremo che il punto P(x0,y0) appartiene alla retta di equazioneax+ by+ c = 0 se le sue coordinate verificano l’equazione.
7.2 relazioni e formule 93
Esercizio 7.2.1. Data la retta di equazione 2x− 3y+ 6 = 0 verificare se i seguenti punti
le appartengono: P(0, 2), Q(1, 1), R(
−3
2, 1)
, S(√3,√3).
Sostituiamo le coordinate di P(0, 2) nell’equazione della retta: 0 − 6 + 6 = 0 ⇒ P
appartiene alla retta data.Sostituiamo le coordinate di Q(1, 1) nell’equazione della retta: 2− 3+ 6 6= 0 ⇒ Q
non appartiene alla retta data.
Sostituiamo le coordinate di R(
−3
2, 1)
nell’equazione della retta: −3− 3+ 6 = 0⇒
R appartiene alla retta data.Sostituiamo le coordinate di S(
√3,√3) nell’equazione della retta: 2
√3− 3
√3+ 6 6=
0⇒ S non appartiene alla retta data.
x
y
O 1
1R
P
QS
Definizione 7.2.2. Si dice fascio improprio di rette l’insieme di tutte le rette del pianoparallele ad una retta data.
Teorema 7.2.1. L’equazione di un fascio improprio di rette parallele alla retta base diequazione y = m0x con m0 fissato in R è:
y = m0x+ k al variare di k in R.
L’equazione del fascio improprio di rette parallele all’asse y è:
x = h al variare di h in R.
Dimostrazione. Consegue direttamente dal Teorema 7.1.1.
Esercizio 7.2.2. Scrivere l’equazione della retta parallela alla retta di equazione y =2
3x
passante per il punto P(3
2, 0)
.
La retta cercata appartiene al fascio improprio di rette parallele alla retta data:
F : y =2
3x+ k
imponiamo ora il passaggio per P: 0 = 1+ k
da cui k = −1 e quindi l’equazione cercata è y =2
3x− 1
7.2 relazioni e formule 94
x
y
O 1
1
P
k = −1
y = 23x− 1
Esercizio 7.2.3. Dato il fascio improprio di equazione F : 2x− y− k+ 1 = 0, determi-nare le rette:
1. passante per l’origine;
2. passante per P(1, 1);
3. che individuano con gli assi cartesiani un triangolo di area 1.
1. Scriviamo l’equazione del fascio in forma esplicita: y = 2x− k+ 1
imponiamo il passaggio per O(0, 0): 0 = −k+ 1
da cui k = 1 e quindi l’equazione cercata è y = 2x;
2. Imponiamo il passaggio per P(1, 1): 1 = 2− k+ 1
da cui k = 2 e quindi l’equazione cercata è y = 2x− 1;
x
y
O 1
1 P
k = 2k = 1
y = 2x− 1y = 2x
3. Ricordiamo che le coordinate degli eventuali punti di intersezione fra due rette sonole soluzioni del sistema lineare formato dalle loro equazioni. Pertanto le coordinatedei punti di intersezione della generica retta del fascio con gli assi cartesiani sonola soluzione del sistema {
y = 2x− k+ 1
y = 0
ossia il punto A(k− 1
2, 0)
7.2 relazioni e formule 95
e la soluzione del sistema {y = 2x− k+ 1
x = 0
ossia il punto B(0, 1− k).
L’area del triangolo cercato è pertanto:
1
2|1− k| ·
∣∣∣∣k− 1
2
∣∣∣∣ed imponendo che essa valga 1, si ha:
|1− k| · |k− 1|
4= 1
|k− 1| · |k− 1| = 4
(k− 1)2 = 4
da cui k = −1 oppure k = 3.
x
y
O 1
1
2
−1
−2
k = 3k = −1
y = 2x− 2y = 2x+ 2
Definizione 7.2.3. Si dice fascio proprio di rette l’insieme di tutte le rette del pianopassanti per un punto dato, chiamato centro o sostegno del fascio.
Teorema 7.2.2. L’equazione di un fascio proprio di rette di centro C(x0,y0) è:
y− y0 = m(x− x0) oppure x = x0 al variare di m in R.
Dimostrazione. Consideriamo la generica retta passante per C(x0,y0); essa puòessere verticale e avere equazione x = x0; altrimenti è del tipo y = mx+ q (∗).In quest’ultimo caso, dovendo C appartenere alla retta, si ha che
y0 = mx0 + q
da cui q = y0 −mx0 che sostituito nella equazione (∗) dà
y = mx+ y0 −mx0
e, infine, raccogliendo a fattor comune
y− y0 = m(x− x0).
Esercizio 7.2.4. Scrivere l’equazione della retta parallela alla retta di equazione y =2
3x
passante per il punto P(3
2, 0)
.
7.2 relazioni e formule 96
La retta cercata appartiene al fascio proprio di rette di centro il punto P (evidentementenon può essere parallela all’asse y):
F : y− 0 = m
(x−
3
2
)
imponiamo ora la condizione di parallelismo con la retta data: m =2
3e, sostituendo:
y =2
3
(x−
3
2
)quindi l’equazione cercata è y =
2
3x− 1.
x
y
O 1
1
P
m = 23
y = 23x− 1
Osservazione 7.2.1. L’equazione della retta passante per i punti P1(x1,y1) e P2(x2,y2)con x1 6= x2 è
y− y1 =y2 − y1x2 − x1
(x− x1)
ovveroy− y1y2 − y1
=x− x1x2 − x1
Infatti basterà sostituire le coordinate di P2 nell’equazione del fascio di rette di centro P1e ricavare, quindi, il coefficiente angolare m.
Se x1 = x2 allora la retta passante per i punti P1(x1,y1) e P2(x2,y2) è verticale e lasua equazione risulta, ovviamente, x = x1.
Se y1 = y2 allora la retta passante per i punti P1(x1,y1) e P2(x2,y2) è orizzontalee la sua equazione risulta, ovviamente, y = y1.
Teorema 7.2.3. Siano r ed s 2 rette del piano non parallele agli assi di equazione rispet-tivamente y = mx+ q e y = m ′x+ q ′. Esse risultano perpendicolari fra loro se e solo
se m ·m ′ = −1 ossia m = −1
m ′.
Dimostrazione. Dimostriamo il teorema nel caso in cui r ed s passino per l’origine.Ciò non costituisce una restrizione poichè abbiamo già osservato che rette parallelehanno lo stesso coefficiente angolare.
Proviamo dapprima che se le rette sono perpendicolari allora m ·m ′ = −1
(ovviamente, dall’ipotesi segue che m ed m ′ sono entrambi non nulli).
7.2 relazioni e formule 97
x
y
O
P
P ′
Q
r
s
Con riferimento alla figura osserviamo che P,Q,P ′ hanno la stessa ascissa x,il triangolo OP ′P è rettangolo in O e OQ è la sua altezza relativa all’ipotenusa.Applichiamo, quindi, il 2◦ teorema di Euclide al triangolo OP ′P :
OQ2
= PQ ·QP ′
Le ordinate di P e P ′ sono necessariamente discordi, nel nostro caso risulta esserenegativa l’ordinata di P ′, pertanto risulta:
x2 = mx · (−m ′x)
semplificando e moltiplicando per −1 otteniamo:
m ·m ′ = −1
Viceversa, se vale la relazione m ·m ′ = −1 allora è vera anche la x2 = mx ·(−m ′x), da cui discende che il triangolo OP ′P è rettangolo essendo ad essoapplicabile il 2◦ teorema di Euclide.
Osservazione 7.2.2. Se m = 0 allora r è parallela all’asse x ed s è parallela all’asse yed m ′ non esiste.
Il caso risulta del tutto simmetrico qualora sia m ′ = 0.
Teorema 7.2.4. Sia r una retta del piano, non parallela all’asse delle y, di equazioney = m1x+ q1 e sia P(xP,yP) un generico punto del piano.
La distanza di P dalla retta r è
PH =|m1xP − yP + q1|√
m21 + 1
ove H è il piede della perpendicolare condotta da P ad r.
Dimostrazione. Il fascio di rette di centro P(xP,yP) ha equazione
F : y− yP = m(x− xP)
(manca, ovviamente, l’equazione della retta del fascio parallela all’asse delle y,caso che verrà trattato a parte).
Nel caso in cui la retta r sia parallela all’asse delle x, ossia del tipo y = k, risultabanalmente PH = |yP − k| come del resto deducibile dalla formula con m = 0.
Se r non è parallela all’asse delle x, fra tutte le rette per P scegliamo la perpendi-
colare ad r, sostituendom con −1
m1nell’equazione del fascio; infine intersechiamo
tale perpendicolare con la retta r ottenendo il punto H.
7.2 relazioni e formule 98
x
y
O
P
H
y = m1x+ q1
Mettiamo a sistema l’equazione della retta r con l’equazione del fascio di rettedi centro P:{
y = m1x+ q1
y = m(x− xP) + yP
y = m1x+ q1
y = −1
m1(x− xP) + yP
y = m1x+ q1
m1x+ q1 = −1
m1x+
xP
m1+ yP
Risolviamo la seconda equazione fuori dal sistema:(m1 +
1
m1
)x =
xP
m1+ yP − q1
da cui
x =
xP +m1yP −m1q1m1
m21 + 1
m1
=xP +m1yP −m1q1
m21 + 1
ritornando al sistema otteniamo le coordinate del punto H:xH =
xP +m1yP −m1q1
m21 + 1
yH =m1xP +m21yP + q1
m21 + 1Infine, utilizzando la formula della distanza fra 2 punti, determiniamo la
distanza cercata:
PH =
√√√√(m21xP −m1yP +m1q1
m21+ 1
)2+
(yP −m1xP −q1
m21+ 1
)2=
=
√√√√m41x
2P +m2
1y2P +m2
1q21 − 2m3
1xPyP + 2m31q1xP − 2m2
1q1yP +y2P +m2
1x2P +q2
1 − 2m1xPyP − 2q1yP + 2m1q1xP(m2
1 + 1)2 =
=
√√√√m21
(m2
1 + 1)x2
P +(m2
1 + 1)y2
P +(m2
1 + 1)q2
1 − 2m1
(m2
1 + 1)xPyP + 2m1
(m2
1 + 1)q1xP − 2
(m2
1 + 1)q1yP(
m21 + 1
)2 =
=
√m21x
2P +y2P +q21− 2m1xPyP + 2m1q1xP − 2q1yP(
m21+ 1) =
=
√(m1xP −yP +q1)
2(m21+ 1
) =
=|m1xP −yP +q1|√
m2+ 1come volevasi dimostrare.
Nel caso in cui la retta r sia parallela all’asse delle y, ossia del tipo x = h, risultabanalmente PH = |xP − h|.
Osservazione 7.2.3. Nel caso in cui il punto P appartenga alla retta r risulta banal-mente PH = 0 come del resto deducibile dalla formula del teorema essendo nullo ilnumeratore.
Esempio 7.2.1. Dati la retta r di equazione y =3
2x+ 3 e il punto P(2, 1) determinare
la distanza di P da r.
Applichiamo la formula del teorema:
7.2 relazioni e formule 99
PH =|m1xP − yP + q1|√
m2 + 1=
∣∣∣∣32 · 2− 1+ 3
∣∣∣∣√9
4+ 1
=5√13
4
=10√13
=10√13
13.
Esercizio 7.2.5. Dopo aver scritto l’equazione della retta s passante per P(1, 2) e perpen-dicolare alla retta r di equazione y = x−1, determinare perimetro ed area del quadrilateroPQRS oveQ è il punto di intersezione della retta r con l’asse delle y, R è il punto di inter-sezione della retta s con l’asse delle x ed S è il punto di intersezione fra la perpendicolareall’asse delle x passante per R e la parallela all’asse delle x passante per P.
La retta s appartiene al fascio proprio di rette di centro P
F : y = m(x− 1) + 2
poichè s è perpendicolare ad r, il suo coefficiente angolare è l’antireciproco di 1 ossia −1.Quindi
s : y = −x+ 3
Per determinare il punto Q, intersechiamo la retta r e l’asse delle y:{y = x− 1
x = 0
ossia Q(0, −1).Per determinare il punto R, intersechiamo la retta s e l’asse delle x:{
y = −x+ 3
y = 0
ossia R(3, 0).Per determinare il punto S, intersechiamo la retta perpendicolare all’asse x passante
per R e la retta perpendicolare all’asse y passante per P:{x = 3
y = 2
ossia S(3, 2).Per calcolare il perimetro abbiamo bisogno delle misure dei lati:
PQ =√
(xP − xQ)2 + (yP − yQ)2 =√
(1− 0)2 + (2+ 1)2 =√1+ 9 =
√10
QR =√
(xQ − xR)2 + (yQ − yR)2 =√
(3− 0)2 + (0+ 1)2 =√9+ 1 =
√10
RS = |yR − yS| = 2
SP = |xS − xP | = 2
da cui 2p = 2√10+ 4.
Osserviamo che i lati del quadrilatero sono coppie di lati consecutivi congruenti; lediagonali del quadrilatero sono perpendicolari; si tratta di un romboide, la cui area ècalcolabile mediante la formula:d1 · d22
=QS · PR2
calcoliamo le misure delle diagonali:
QS =√
(xQ − xS)2 + (yQ − yS)2 =√
(3− 0)2 + (2+ 1)2 =√9+ 9 = 3
√2
PR =√
(xP − xR)2 + (yP − yR)2 =√
(1− 3)2 + (2− 0)2 =√4+ 4 = 2
√2 l’area
richiesta è:
A =3√2 · 2√2
2= 6.
7.2 relazioni e formule 100
x
y
O 1
1
r
s
P
Q
R
S
y = x− 1
y = −x+ 3
8L E T R A S F O R M A Z I O N I
In questo capitolo esamineremo alcune trasformazioni del piano allo scopo disemplificare lo studio di particolari curve riconducendolo a casi notevoli.
8.1 simmetrie
Sia P(x,y) un generico punto del piano; il suo simmetrico rispetto all’asse delle xè P1(x, −y), rispetto all’asse delle y è P2(−x,y), rispetto all’origine è P3(−x, −y),rispetto alla bisettrice del I e del III quadrante (o I bisettrice) è P4(y, x).
x
y
O
P
P1
P2
P3
P4
HK
L
M
N
y = x
Dalla figura si deducono facilmente le congruenze dei triangoli POL e P1ON,POL e P2OL, POL e P3ON, POL e P4OH. Per la dimostrazione dell’ultimacongruenza si osservi che il triangolo POP4 è isoscele sulla base PP4.
Esempio 8.1.1. Data la retta r di equazione y = 2x + 2 scrivere le equazioni dellesue simmetriche rispetto all’asse delle x, all’asse delle y, all’origine, alla I bisettrice erappresentarle graficamente.
1. Dapprima rappresentiamo graficamente la retta data e la sua simmetrica rispettoall’asse delle x.
Determiniamo due punti di r, sostituendo alla variabile indipendente x due valoriqualunque e ricavando i corrispondenti valori della variabile dipendente y:
x y
0 2
−1 0
Detti, rispettivamente, A e B tali punti di r, determiniamo i loro simmetricirispetto all’asse delle x:
x y
0 −2
−1 0
Chiamiamo A1 il simmetrico di A e osserviamo che il simmetrico di B è B stesso.
101
8.1 simmetrie 102
x
y
O 1
1
A
A1
B
y = 2x+ 2
La retta passante per A1 e B ha equazioney− yA1yB − yA1
=x− xA1xB − xA1
ovvero
y− (−2)
0− (−2)=
x− 0
−1− 0
quindi l’equazione richiesta è y = −2x− 2.
Osservazione 8.1.1. Dall’esempio proposto deduciamo che sarebbe bastato sosti-tuire y con −y nell’equazione della retta r per ottenere l’equazione della simme-trica cercata.
2. Dapprima rappresentiamo graficamente la retta data e la sua simmetrica rispettoall’asse delle y.
Determiniamo i simmetrici di A e B rispetto all’asse delle y:
x y
0 2
1 0
Chiamiamo B1 il simmetrico di B e osserviamo che il simmetrico di A è A stesso.
x
y
O 1
1
A
B1B
y = 2x+ 2
La retta passante per A e B1 ha equazioney− yAyB1 − yA
=x− xAxB1 − xA
ovvero
y− 2
0− 2=x− 0
1− 0
quindi l’equazione richiesta è y = −2x+ 2.
Osservazione 8.1.2. Dall’esempio proposto deduciamo che sarebbe bastato sosti-tuire x con −x nell’equazione della retta r per ottenere l’equazione della simmetricacercata.
8.1 simmetrie 103
3. Dapprima rappresentiamo graficamente la retta data e la sua simmetrica rispettoall’origine.
Determiniamo i simmetrici di A e B rispetto all’origine:
x y
0 −2
1 0
Chiamiamo A1 il simmetrico di A e B1 il simmetrico di B .
x
y
O 1
1
A
A1
B1B
y = 2x+ 2
La retta passante per A1 e B1 ha equazioney− yA1yB1 − yA1
=x− xA1xB1 − xA1
ovvero
y− (−2)
0− (−2)=x− 0
1− 0
quindi l’equazione richiesta è y = 2x− 2.
Osservazione 8.1.3. Dall’esempio proposto deduciamo che sarebbe bastato sosti-tuire x con −x e y con −y nell’equazione della retta r per ottenere l’equazionedella simmetrica cercata.
4. Dapprima rappresentiamo graficamente la retta data e la sua simmetrica rispettoalla I bisettrice.
Determiniamo i simmetrici di A e B rispetto alla I bisettrice:
x y
2 0
0 −1
Chiamiamo A1 il simmetrico di A e B1 il simmetrico di B .
8.1 simmetrie 104
x
y
O 1
1
A
A1
B1
B
y = 2x+ 2 y = x
La retta passante per A1 e B1 ha equazioney− yA1yB1 − yA1
=x− xA1xB1 − xA1
ovvero
y− 0
−1− 0=x− 2
0− 2
quindi l’equazione richiesta è y =x
2− 1.
Osservazione 8.1.4. Dall’esempio proposto deduciamo che sarebbe bastato sosti-tuire x con y e y con x nell’equazione della retta r per ottenere l’equazione dellasimmetrica cercata. Infatti dall’equazione y = 2x + 2, scambiando x con y, siottiene x = 2y+ 2, da cui 2y = x− 2 ed infine y =
x
2− 1.
Esempio 8.1.2. Data la retta r di equazione y = 2x+ 2, rappresentare graficamente lefunzioni di equazione y = |2x+ 2| e y = 2|x| + 2.
1. Definiamo la prima delle funzioni date
y = |2x+ 2| =
{2x+ 2 se 2x+ 2 > 0
−2x− 2 se 2x+ 2 < 0
ossia
y = |2x+ 2| =
{2x+ 2 se x > −1
−2x− 2 se x < −1
Si tratta, quindi, di 2 semirette che possiamo disegnare utilizzando i grafici delprecedente esercizio.
x
y
O 1
1
x = −1
y = 2x+ 2y = −2x− 2
B
8.1 simmetrie 105
Il grafico della funzione assegnata è costituito dalle 2 semirette a tratto continuo.
Osservazione 8.1.5. Dall’esempio proposto deduciamo che sarebbe bastato dise-gnare il grafico della funzione senza modulo, ossia y = 2x+ 2, eliminare la partedi grafico collocata sotto l’asse delle x e sostituirla con la sua simmetrica rispettoallo stesso asse.
x
y
O 1
1
y = |2x+ 2|
B
2. Passiamo alla seconda parte dell’esercizio.
y = 2|x| + 2 =
{2x+ 2 se x > 0
−2x+ 2 se x < 0
Si tratta, quindi, di 2 semirette che possiamo disegnare utilizzando i grafici delprecedente esercizio.
x
y
O 1
1
A
y = 2x+ 2y = −2x+ 2
Il grafico della funzione assegnata è costituito dalle 2 semirette a tratto continuo.
Osservazione 8.1.6. Dall’esempio proposto deduciamo che sarebbe bastato dise-gnare il grafico della funzione senza modulo, ossia y = 2x+ 2, eliminare la partedi grafico collocata a sinistra dell’asse delle y e simmetrizzare la parte restanterispetto all’asse delle y.
8.2 traslazioni 106
x
y
O 1
1
A
y = 2|x|+ 2
8.2 traslazioni
Sia P(x,y) un generico punto del piano; se operiamo una traslazione orizzontaleotteniamo P1(x+ a,y); se operiamo una traslazione verticale otteniamo P2(x,y+
b); se operiamo una traslazione sia orizzontale che verticale otteniamo P3(x+
a,y+ b).
x
y
O
P P1
P2 P3
Osserviamo che se a > 0 la traslazione orizzontale è verso destra, se a < 0 latraslazione orizzontale è verso sinistra; se b > 0 la traslazione verticale è versol’alto, se b < 0 la traslazione verticale è verso il basso.
Esempio 8.2.1. Data la retta r di equazione y = 2x+ 2 scrivere le equazioni della rettatraslata verso destra di 2, di quella traslata verso il basso di 1 e di quella traslata sia versodestra di 2 che verso il basso di 1.
1. Dapprima rappresentiamo graficamente la retta data e quella traslata verso destradi 2.
Determiniamo due punti di r, sostituendo alla variabile indipendente x due valoriqualunque e ricavando i corrispondenti valori della variabile dipendente y:
x y
0 2
−1 0
Detti, rispettivamente, A e B tali punti di r, determiniamo i punti traslati versodestra di 2:
x y
2 2
1 0
Chiamiamo A1 e B1 tali punti.
8.2 traslazioni 107
x
y
O 1
1
A A1
B B1
y = 2x+ 2
La retta passante per A1 e B1 ha equazioney− yA1yB1 − yA1
=x− xA1xB1 − xA1
ovvero
y− 2
0− 2=x− 2
1− 2
quindi l’equazione richiesta è y = 2x− 2.
Osservazione 8.2.1. Dall’esempio proposto deduciamo che sarebbe bastato sosti-tuire x con x− 2 nell’equazione della retta r per ottenere l’equazione della rettacercata. Infatti dall’equazione y = 2x + 2, sostituendo x con x − 2, si ottieney = 2(x− 2) + 2, da cui y = 2x− 4+ 2 ed infine y = 2x− 2.
2. Dapprima rappresentiamo graficamente la retta data e quella traslata verso il bassodi 1.
Determiniamo due punti di r, sostituendo alla variabile indipendente x due valoriqualunque e ricavando i corrispondenti valori della variabile dipendente y:
x y
0 2
−1 0
Detti, rispettivamente, A e B tali punti di r, determiniamo i punti traslati verso ilbasso di 1:
x y
0 1
−1 −1
Chiamiamo A1 e B1 tali punti.
8.2 traslazioni 108
x
y
O 1
1
A
A1
B
B1
y = 2x+ 2
La retta passante per A1 e B1 ha equazioney− yA1yB1 − yA1
=x− xA1xB1 − xA1
ovvero
y− 1
−1− 1=
x− 0
−1− 0
quindi l’equazione richiesta è y = 2x+ 1.
Osservazione 8.2.2. Dall’esempio proposto deduciamo che sarebbe bastato sosti-tuire y con y+ 1 nell’equazione della retta r per ottenere l’equazione della rettacercata. Infatti dall’equazione y = 2x + 2, sostituendo y con y + 1, si ottieney+ 1 = 2x+ 2, da cui y = 2x+ 2− 1 ed infine y = 2x+ 1.
3. Dapprima rappresentiamo graficamente la retta data e quella traslata verso destradi 2 e verso il basso di 1.
Determiniamo due punti di r, sostituendo alla variabile indipendente x due valoriqualunque e ricavando i corrispondenti valori della variabile dipendente y:
x y
0 2
−1 0
Detti, rispettivamente, A e B tali punti di r, determiniamo i punti traslati versodestra di 2 e verso il basso di 1:
x y
2 1
1 −1
Chiamiamo A1 e B1 tali punti.
8.3 cambio di scala 109
x
y
O 1
1
A
A1
B
B1
y = 2x+ 2
La retta passante per A1 e B1 ha equazioney− yA1yB1 − yA1
=x− xA1xB1 − xA1
ovvero
y− 1
−1− 1=x− 2
1− 2
quindi l’equazione richiesta è y = 2x− 3.
Osservazione 8.2.3. Dall’esempio proposto deduciamo che sarebbe bastato sosti-tuire x con x− 2 e y con y+ 1 nell’equazione della retta r per ottenere l’equazionedella retta cercata. Infatti dall’equazione y = 2x+ 2, sostituendo x con x− 2 e ycon y+ 1, si ottiene y+ 1 = 2(x− 2) + 2, da cui y = 2x− 4+ 2− 1 ed infiney = 2x− 3.
Osservazione 8.2.4. In generale vale la seguente regola pratica:dati i numeri reali a e b,
1. per ottenere una traslazione orizzontale di a basta sostituire x con x− a nell’e-quazione della curva data (se a > 0 allora la traslazione è verso destra, se a < 0allora la traslazione è verso sinistra);
2. per ottenere una traslazione verticale di b basta sostituire y con y− b nell’equa-zione della curva data (se b > 0 allora la traslazione è verso l’alto, se b < 0 allorala traslazione è verso il basso).
Evidentemente i casi a = 0 e b = 0 corrispondono alle traslazioni nulle.
8.3 cambio di scala
Sia P(x,y) un generico punto del piano; se operiamo un cambio di scala rispettoalle ascisse otteniamo P1(hx,y); se operiamo un cambio di scala rispetto alleordinate otteniamo P2(x,ky); se operiamo un cambio di scala sia rispetto alleascisse che rispetto alle ordinate otteniamo P3(hx,ky). Supponiamo h,k ∈ R∗.
8.3 cambio di scala 110
x
y
O
PP1
P2P3
x
hx
y
ky
Osserviamo che se h > 0 il trasformato P1 appartiene allo stesso quadrante;se h < 0 il trasformato del punto P appartiene al quadrante simmetrico rispettoall’asse delle y; in particolare, se h = 1 il punto P non varia, se h = −1 il punto Pviene trasformato nel suo simmetrico rispetto all’asse delle y; se |h| < 1 la distanzadall’origine del trasformato è minore della distanza dall’origine di P (parleremodi contrazione); se |h| > 1 la distanza dall’origine del trasformato è maggiore delladistanza dall’origine di P (parleremo di dilatazione).
Osserviamo che se k > 0 il trasformato P2 appartiene allo stesso quadrante;se k < 0 il trasformato del punto P appartiene al quadrante simmetrico rispettoall’asse delle x; in particolare, se k = 1 il punto P non varia, se k = −1 il punto Pviene trasformato nel suo simmetrico rispetto all’asse delle x; se |k| < 1 la distanzadall’origine del trasformato è minore della distanza dall’origine di P (parleremodi contrazione); se |k| > 1 la distanza dall’origine del trasformato è maggiore delladistanza dall’origine di P (parleremo di dilatazione).
Rappresentiamo in figura i trasformati di P rispetto alle ascisse con diversivalori di h.
x
y
O
PP1 P2P3 P4P5
h = 1h =12
h = 2h = −1 h = −12
h = −2
21 4−2 −1−4
Osservazione 8.3.1. Se h = k il cambio di scala rispetto ai due assi utilizza la stessacostante di proporzionalità e quindi O,P e il trasformato di P sono allineati. In tal casoparleremo di omotetia di rapporto h.
8.3 cambio di scala 111
x
y
O
P
P1
P2
P3
P4
P5
21 4
−2 −1−4
112
2
−1− 1
2
−2
Esempio 8.3.1. Data la retta r di equazione y = 2x+ 2 scrivere le equazioni della rettatrasformata mediante dilatazione di rapporto 2 rispetto alle ascisse, di quella trasformata
mediante contrazione di rapporto1
2rispetto alle ordinate, di quella trasformata contem-
poraneamente mediante dilatazione di 2 rispetto alle ascisse e contrazione di1
2rispetto
alle ordinate e di quella trasformata mediante omotetia di rapporto −2.
1. Dapprima rappresentiamo graficamente la retta data e quella trasformata mediantedilatazione di rapporto 2 rispetto alle ascisse.
Determiniamo due punti di r, sostituendo alla variabile indipendente x due valoriqualunque e ricavando i corrispondenti valori della variabile dipendente y:
x y
0 2
−1 0
Detti, rispettivamente, A e B tali punti di r, determiniamo i punti trasformati:
x y
0 2
−2 0
Chiamiamo B1 il trasformato di B e osserviamo che il trasformato di A è A stesso.
x
y
O 1
1
A
B1 B
y = 2x+ 2
La retta passante per A e B1 ha equazioney− yAyB1 − yA
=x− xAxB1 − xA
ovvero
y− 2
0− 2=
x− 0
−2− 0
8.3 cambio di scala 112
quindi l’equazione richiesta è y = x+ 2.
Osservazione 8.3.2. Dall’esempio proposto deduciamo che sarebbe bastato so-stituire x con
x
2nell’equazione della retta r per ottenere l’equazione della ret-
ta cercata. Infatti dall’equazione y = 2x + 2, sostituendo x conx
2, si ottiene
y = 2(x2
)+ 2 ed infine y = x+ 2.
Osservazione 8.3.3. Dall’esempio proposto deduciamo che il segmento AB vie-ne trasformato nel segmento AB1 che risulta chiaramente dilatato rispetto alprecedente.
2. Dapprima rappresentiamo graficamente la retta data e quella trasformata mediante
contrazione di rapporto1
2rispetto alle ordinate.
Determiniamo due punti di r, sostituendo alla variabile indipendente x due valoriqualunque e ricavando i corrispondenti valori della variabile dipendente y:
x y
0 2
−1 0
Detti, rispettivamente, A e B tali punti di r, determiniamo i punti trasformati:
x y
0 1
−1 0
Chiamiamo A1 il trasformato di A e osserviamo che il trasformato di B è B stesso.
x
y
O 1
1
A
A1
B
y = 2x+ 2
La retta passante per A1 e B ha equazioney− yA1yB − yA1
=x− xA1xB − xA1
ovvero
y− 1
0− 1=
x− 0
−1− 0
quindi l’equazione richiesta è y = x+ 1.
Osservazione 8.3.4. Dall’esempio proposto deduciamo che sarebbe bastato sosti-tuire y con 2y nell’equazione della retta r per ottenere l’equazione della retta cerca-ta. Infatti dall’equazione y = 2x+ 2, sostituendo y con 2y, si ottiene 2y = 2x+ 2
ed infine y = x+ 1.
Osservazione 8.3.5. Dall’esempio proposto deduciamo che il segmento AB vie-ne trasformato nel segmento A1B che risulta chiaramente contratto rispetto alprecedente.
8.3 cambio di scala 113
3. Dapprima rappresentiamo graficamente la retta data e quella trasformata contem-
poraneamente mediante dilatazione di 2 rispetto alle ascisse e contrazione di1
2rispetto alle ordinate.
Determiniamo due punti di r, sostituendo alla variabile indipendente x due valoriqualunque e ricavando i corrispondenti valori della variabile dipendente y:
x y
0 2
−1 0
Detti, rispettivamente, A e B tali punti di r, determiniamo i punti trasformati:
x y
0 1
−2 0
Chiamiamo A1 e B1 tali punti.
x
y
O 1
1
A
A1
BB1
y = 2x+ 2
La retta passante per A1 e B1 ha equazioney− yA1yB1 − yA1
=x− xA1xB1 − xA1
ovvero
y− 1
0− 1=
x− 0
−2− 0
quindi l’equazione richiesta è y =x
2+ 1.
Osservazione 8.3.6. Dall’esempio proposto deduciamo che sarebbe bastato sosti-tuire x con
x
2e y con 2y nell’equazione della retta r per ottenere l’equazione della
retta cercata. Infatti dall’equazione y = 2x+ 2, sostituendo x conx
2e y con 2y,
si ottiene 2y = 2(x2
)+ 2, da cui 2y = x+ 2 ed infine y =
x
2+ 1.
Osservazione 8.3.7. Dall’esempio proposto deduciamo che il segmento AB vienetrasformato nel segmento A1B1 che risulta contemporaneamente dilatato di 2 e
contratto di1
2quindi congruente al precedente.
4. Dapprima rappresentiamo graficamente la retta data e quella trasformata medianteomotetia di rapporto −2.
Determiniamo due punti di r, sostituendo alla variabile indipendente x due valoriqualunque e ricavando i corrispondenti valori della variabile dipendente y:
x y
0 2
−1 0
Detti, rispettivamente, A e B tali punti di r, determiniamo i punti trasformati:
8.3 cambio di scala 114
x y
0 −4
2 0
Chiamiamo A1 e B1 tali punti.
x
y
O 1
1
A
A1
B B1
y = 2x+ 2
La retta passante per A1 e B1 ha equazioney− yA1yB1 − yA1
=x− xA1xB1 − xA1
ovvero
y− (−4)
0− (−4)=x− 0
2− 0
quindi l’equazione richiesta è y = 2x− 4.
Osservazione 8.3.8. Dall’esempio proposto deduciamo che sarebbe bastato sosti-tuire x con −
x
2e y con −
y
2nell’equazione della retta r per ottenere l’equazione
della retta cercata. Infatti dall’equazione y = 2x+ 2, sostituendo x con −x
2e y con
−y
2, si ottiene −
y
2= 2
(−x
2
)+ 2, da cui −y = −2x+ 4 ed infine y = 2x− 4.
Osservazione 8.3.9. Dall’esempio proposto deduciamo che il segmento AB vienetrasformato nel segmento A1B1 che risulta chiaramente dilatato rispetto al prece-dente. Inoltre la retta r e la sua trasformata sono parallele e, come già noto dallostudio della geometria, i triangoli OAB e OA1B1 sono simili.
Osservazione 8.3.10. In generale vale la seguente regola pratica:dati i numeri reali non nulli h e k,
1. per ottenere un cambio di scala rispetto alle x di rapporto h basta sostituire xcon
x
hnell’equazione della curva data (se |h| > 1 allora si ha una dilatazione, se
|h| < 1 si ha una contrazione);
2. per ottenere un cambio di scala rispetto alle y di rapporto k basta sostituire y cony
knell’equazione della curva data (se |k| > 1 allora si ha una dilatazione, se |k| < 1
si ha una contrazione).
Evidentemente i casi h = 1 e k = 1 si riducono alle identità;i casi h = −1 e k = −1, come precedentemente analizzato, si riducono alle simmetrie
rispetto all’asse y e rispetto all’asse x.
8.3 cambio di scala 115
Esercizio 8.3.1. Rappresentare graficamente la curva di equazione y =
∣∣∣∣∣∣∣∣x− 2
2
∣∣∣∣− 1∣∣∣∣ .La curva richiesta si ottiene con l’applicazione successiva delle seguenti trasformazioni
alla retta di equazione y = x:
1. una dilatazione di rapporto 2 rispetto alle ascisse (oppure, indifferentemente, una
contrazione di rapporto1
2rispetto alle ordinate);
2. una traslazione verso destra di 2;
3. una simmetria della parte di grafico con ordinata negativa rispetto all’asse delle xlasciando invariata la rimanente;
4. una traslazione verso il basso di 1;
5. una simmetria della parte di grafico con ordinata negativa rispetto all’asse delle xlasciando invariata la rimanente.
Infatti, si ha che:
1. per operare la dilatazione richiesta è sufficiente sostituire x conx
2nell’equazione
y = x, ottenendo y =x
2;
x
y
O 1
1
AA1
BB1
y = x
y =x
2
2. per operare la traslazione richiesta è sufficiente sostituire x con x−2 nell’equazione
y =x
2, ottenendo y =
x− 2
2;
x
y
O 1
1
A2
A1
B2B1
y =x− 2
2
y =x
2
8.3 cambio di scala 116
3. per operare la simmetria richiesta è sufficiente applicare il valore assoluto al secon-
do membro dell’equazione y =x− 2
2, ottenendo y =
∣∣∣∣x− 2
2
∣∣∣∣ ;
x
y
O 1
1
A2
A3B2 = B3
y =x− 2
2y =|x− 2|
2
4. per operare la traslazione richiesta è sufficiente sostituire y con y+ 1 nell’equazio-
ne y =
∣∣∣∣x− 2
2
∣∣∣∣, ottenendo y+ 1 =
∣∣∣∣x− 2
2
∣∣∣∣ cioè y =
∣∣∣∣x− 2
2
∣∣∣∣− 1;
x
y
O 1
1A4 B4
A3 B3
y =|x− 2|
2− 1
y =|x− 2|
2
5. per operare la simmetria richiesta è sufficiente applicare il valore assoluto al secon-
do membro dell’equazione y =
∣∣∣∣x− 2
2
∣∣∣∣− 1, ottenendo y =
∣∣∣∣∣∣∣∣x− 2
2
∣∣∣∣− 1∣∣∣∣.
8.4 rotazioni 117
x
y
O 1
1A4 = A5 B4 = B5
C4
C5
y =|x− 2|
2− 1
y =∣∣∣∣ |x− 2|
2− 1∣∣∣∣
8.4 rotazioni
Sia P(x,y) un generico punto del piano; se operiamo una rotazione del segmentoOP rispetto all’origine O di angolo β otteniamo P1(x1,y1); ci proponiamo didimostrare che {
x1 = xcosβ− ysenβ
y1 = xsenβ+ ycosβ
x
y
O
P
P1
HH1
α
β
Anteponiamo alla dimostrazione una definizione.Il punto P del piano è individuato univocamente dalle sue coordinate cartesiane
(x,y) come visto all’inizio del capitolo. Alternativamente, è possibile individuarlomediante coordinate polari (r,α), legate alle precedenti coordinate dalle relazioni{
x = rcosα
y = rsenα
ove r ∈ R> e 0 6 α < 2π.
8.4 rotazioni 118
x
y
O
P
H
α
x
yr
Rinviamo per una trattazione più completa al capitolo Numeri complessi.Riprendiamo la dimostrazione, facendo riferimento alle figure e alla definizione
precedenti ed alle formule di addizione e di sottrazione per il coseno e per il seno:{x1 = rcos(α+β) = r(cosαcosβ− senαsenβ) = xcosβ− ysenβ
y1 = rsen(α+β) = r(senαcosβ+ cosαsenβ) = xsenβ+ ycosβ
Esempio 8.4.1. Data la retta r di equazione y =x
4− 1 scrivere l’equazione della
trasformata mediante rotazione rispetto all’origine diπ
2.
Dapprima rappresentiamo graficamente la retta data e quella trasformata medianterotazione.
Determiniamo due punti di r, sostituendo alla variabile indipendente x due valoriqualunque e ricavando i corrispondenti valori della variabile dipendente y:
x y
4 0
−4 −2Detti, rispettivamente, A e B tali punti di r, determiniamo i punti trasformati:
x y
0 4
2 −4Chiamiamo A1 e B1 i trasformati di A e di B.
8.4 rotazioni 119
x
y
O 1
1
A
B
A1
B1
y =x
4− 1
La retta passante perA1 e B1 ha equazioney− yA1yB1 − yA1
=x− xA1xB1 − xA1
ovveroy− 4
−4− 4=
x− 0
2− 0quindi l’equazione richiesta è y = −4x+ 4.
Osservazione 8.4.1. Dalle formule di trasformazione, con β =π
2, si ha
{x1 = −y
y1 = x
da cui {x = y1
y = −x1
infine, sostituendo nell’equazione della retta r, otteniamo −x1 =y1
4− 1 da cui y1 =
−4x1 + 4 che è effettivamente l’equazione della retta richiesta, naturalmente eliminandogli indici.
Osservazione 8.4.2. La retta r e la sua trasformata sono effettivamente perpendicola-ri,infatti i loro coefficienti angolari sono antireciproci.
Esercizio 8.4.1. Data la retta r di equazione y =√3x scrivere l’equazione delle trasfor-
mate mediante rotazione rispetto all’origine di2π
3e di −
2π
3.
1. Dapprima rappresentiamo graficamente la retta data e quella trasformata mediante
rotazione di2π
3.
Determiniamo due punti di r, sostituendo alla variabile indipendente x due valoriqualunque e ricavando i corrispondenti valori della variabile dipendente y:
x y
0 0
1√3
Detti, rispettivamente, O e A tali punti di r, determiniamo i punti trasformati:
8.4 rotazioni 120
x y
0 0
−2 0
Chiamiamo A1 il trasformato di A e osserviamo che il trasformato di O è O stesso.
x
y
O 1
1
A
A1
y =√
3x
La retta passante per O e A1 ha equazione y = 0 essendo, evidentemente, coinci-dente con l’asse delle ascisse.
Osservazione 8.4.3. In questo caso non è conveniente utilizzare le formule ditrasformazionex1 = −
1
2x−
√3
2y
y1 =
√3
2x−
1
2y
direttamente nell’equazione della retta r in quanto risulta laborioso ottenere lerelazioni inverse.
Osservazione 8.4.4. Una retta passante per l’origine viene trasformata in unaretta anch’essa passante per l’origine.
2. Dapprima rappresentiamo graficamente la retta data e quella trasformata mediante
rotazione di −2π
3.
Determiniamo due punti di r, sostituendo alla variabile indipendente x due valoriqualunque e ricavando i corrispondenti valori della variabile dipendente y:
x y
0 0
1√3
Detti, rispettivamente, O e A tali punti di r, determiniamo i punti trasformati:
x y
0 0
1 −√3
Chiamiamo A1 il trasformato di A e osserviamo che il trasformato di O è O stesso.
8.4 rotazioni 121
x
y
O 1
1
A
A1
y =√
3x
La retta passante per O e A1 ha equazione y = −√3x essendo, evidentemente,
simmetrica della retta r rispetto all’asse x.
Osservazione 8.4.5. Anche in questo caso non è conveniente utilizzare le formuledi trasformazionex1 = −
1
2x+
√3
2y
y1 = −
√3
2x−
1
2y
direttamente nell’equazione della retta r in quanto risulta laborioso ottenere lerelazioni inverse.
9L E C O N I C H E
9.1 introduzione
In questo capitolo esamineremo alcune curve piane notevoli, chiamate sezioniconiche o più semplicemente coniche. Il nome deriva dal fatto che esse sonooriginate dall’intersezione fra una superficie conica indefinita a 2 falde e un pianonon passante per il vertice del cono.
Ciascuna delle precedenti curve può essere anche definita come luogo geome-trico di punti del piano come vedremo nel seguito.
9.2 la parabola
Definizione 9.2.1. Diremo parabola il luogo geometrico dei punti del piano equidi-stanti da un punto fisso F detto fuoco e da una retta fissa d detta direttrice.
F
P
d
Osservazione 9.2.1. La parabola è una curva aperta, simmetrica rispetto alla retta pas-sante per il fuoco e perpendicolare alla direttrice. Chiameremo vertice l’intersezione ditale asse di simmetria con la parabola stessa.
Teorema 9.2.1. In un opportuno sistema di riferimento cartesiano ortogonale, sianoF(0,p) il fuoco e d : y = −p la direttrice della parabola P.
Dimostriamo che l’equazione della parabola è y = ax2 ove a =1
4p.
Dimostrazione. Sia P(x,y) il generico punto del piano; P ∈ P se e solo se PF = PH
essendo H la proiezione ortogonale di P su d.
122
9.2 la parabola 123
x
y
O
F
P
Hy = −p
PF =
√x2 + (y− p)2
PH = |y+ p|
uguagliando i secondi membri ed elevando al quadrato:
(
√x2 + (y− p)2)2 = (|y+ p|)2
sviluppando i prodotti notevoli:
x2 + y2 − 2py+ p2 = y2 + 2py+ p2
semplificando ed esplicitando rispetto ad y si ha:
y =1
4px2
infine, ponendo a =1
4psi conclude.
Osservazione 9.2.2. Il vertice della parabola considerata nella dimostrazione del teore-ma coincide con l’origine del sistema di riferimento e il suo asse di simmetria coincidecon l’asse delle y.
Osservazione 9.2.3. Quando risulta a > 0 cioè, equivalentemente, p > 0, il fuocosta sopra la direttrice e diremo che la parabola volge la concavità verso l’alto. Quandorisulta a < 0 cioè, equivalentemente, p < 0, il fuoco sta sotto la direttrice e diremo chela parabola volge la concavità verso il basso. Ovviamente, dalla posizione fatta, non potràmai essere a = 0.
Operiamo ora una traslazione della parabola in modo che il nuovo vertice siaV(xV ,yV ). Come già visto nel capitolo delle trasformazioni del piano, è sufficientesostituire x con x− xV e y con y− yV nell’equazione di P:
y− yV = a(x− xV )2
sviluppando i calcoli ed esplicitando rispetto alla y risulta
y = ax2 − 2axxV + ax2V + yV
poniamo ora b = −2axV e c = ax2V + yV , ottenendo quindi la forma canonica onormale dell’equazione generica di una parabola con asse parallelo all’asse delley:
P : y = ax2 + bx+ c
di vertice V(xV ,yV ) essendo xV = −b
2ae yV = −
∆
4a.
Infatti, dalle posizioni precedenti b = −2axV e c = ax2V + yV , ricaviamo
xV = −b
2a, sostituiamo nella seconda relazione c = a(−
b
2a)2 + yV , ottenendo
così anche yV = −ab2
4a2+ c = −
b2 − 4ac
4ada cui si conclude utilizzando la ben
nota posizione ∆ = b2 − 4ac.
9.2 la parabola 124
x
y
O
V
Osservazione 9.2.4. Il vertice è un punto della parabola ed è quindi preferibile, calcola-tane l’ascissa, ottenerne l’ordinata per sostituzione.
Esempio 9.2.1. Disegnare il grafico della parabola P di equazione y = x2 − x− 2.
Dapprima calcoliamo le coordinate del vertice: V(1
2, −9
4
).
Ovviamente l’asse di simmetria della parabola ha equazione x =1
2.
Osserviamo che, essendo a = 1 > 0, la concavità è rivolta verso l’alto e poichè l’ordi-nata del vertice è negativa, la parabola interseca sicuramente l’asse delle x in due puntidistinti A e B, di cui calcoliamo le coordinate.{
y = x2 − x− 2
y = 0
{x2 − x− 2 = 0
y = 0
{x1,2 = 〈−1
2
y = 0
I punti cercati sono, quindi, A(−1, 0) e B(2, 0).Osserviamo che, in generale, la parabola può intersecare l’asse delle x in 2 punti distinti
o in 2 punti coincidenti o in nessun punto, come risulta evidente risolvendo l’equazionedi 2◦ grado associata
ax2 + bx+ c = 0
.Determiniamo ora il punto C di intersezione con l’asse delle y, osservando che esso
esiste sempre.{y = x2 − x− 2
x = 0
{y = −2
x = 0
Il punto cercato è, quindi, C(0, −2).Osserviamo che, in generale, il punto di intersezione della parabola con l’asse delle y è
C(0, c)
.Calcoliamo anche le coordinate del punto D simmetrico di C rispetto all’asse della
parabola: D(1, −2).
9.2 la parabola 125
x
y
O 1
1
V
A B
C D
Esercizio 9.2.1. Determinare e rappresentare graficamente la parabola P con asse paral-
lelo all’asse delle y passante per A(−1, 0), C(0, 3) e D(5
2,7
4
).
La parabola cercata ha equazione
y = ax2 + bx+ c
; imponiamo il passaggo per i punti dati:passaggio per A(−1, 0): 0 = a− b+ c
passaggio per C(0, 3): 3 = c
passaggio per D(5
2,7
4
):7
4=25
4a+
5
2b+ c
mettendo a sistema le 3 condizioni:a− b+ c = 0
c = 37
4=25
4a+
5
2b+ c
a− b = −3
25a+ 10b = −5
c = 3
a− b = −3
5a+ 2b = −1
c = 3
a = −1
b = 2
c = 3
la parabola ha equazioney = −x2 + 2x+ 3
il suo vertice è V(1, 4) e l’asse ha equazione x = 1. Per rappresentare con maggiorprecisione la parabola richiesta, determiniamo anche le coordinate dei simmetrici rispetto
all’asse dei punti dati: B(3, 0) è il simmetrico di A, E(2, 3) lo è di C e F(
−1
2,7
4
)di D.
x
y
O 1
1
V
A B
C
DF
E
9.2 la parabola 126
Esercizio 9.2.2. Determinare e rappresentare graficamente la parabola P con asse paral-lelo all’asse delle y di vertice V(0, −1) e passante per P(4, 3).
La parabola cercata ha equazione
y = ax2 + bx+ c
imponiamo il passaggo per i punti dati:passaggio per V(0, −1): −1 = c
passaggio per P(4, 3): 3 = 16a+ 4b+ c
ricordiamo inoltre che l’ascissa del vertice è data dalla formula xV = −b
2a, da cui
0 = −b
2a;
mettendo a sistema le 3 condizioni:c = −1
16a+ 4b+ c = 3
b = 0
a =
1
4
b = 0
c = −1la parabola ha equazione
y =1
4x2 − 1
il suo asse coincide con l’asse delle y, i suoi punti di intersezione con l’asse delle x sideterminano, come visto precedentemente, risolvendo l’equazione associata x2 − 4 = 0:A(−2, 0) e B(2, 0); il simmetrico di P è Q(−4, 3).
x
y
O 1
1
V
A B
PQ
Esercizio 9.2.3. Data la parabola di base di equazione y = x2, calcolare l’area deltriangolo individuato dalle tangenti alla parabola P, ottenuta traslando quella data verso
il basso di 1, condotte dal punto P(1
2, −1
)e la secante nei punti di tangenza.
L’equazione della parabola P si ottiene sostituendo y + 1 ad y nell’equazione dellaparabola di base:
y+ 1 = x2
e quindiy = x2 − 1
.
Il fascio di rette di centro P(1
2, −1
)ha equazione
F : y− (−1) = m
(x−
1
2
)(manca, ovviamente, l’equazione della retta del fascio parallela all’asse delle y, che scrivia-
mo a parte: x =1
2e che, comunque, essendo una retta verticale, non può essere tangente
alla parabola P).
9.2 la parabola 127
Mettiamo a sistema l’equazione della parabola P con l’equazione del fascio di rette dicentro P: y = m
(x−
1
2
)− 1
y = x2 − 1
y = m
(x−
1
2
)− 1
m
(x−
1
2
)− 1 = x2 − 1
y = m
(x−
1
2
)− 1
x2 −mx+1
2m = 0
Le ascisse dei punti di intersezione fra P e la generica retta del fascio F si ottengonorisolvendo la seconda equazione del sistema e sono reali e coincidenti (vale a dire la retta inquestione è tangente) se il ∆ di tale equazione è nullo. Riacaviamo quindi ∆ ed imponiamoche sia 0:m2 − 2m = 0 da cui m1 = 0 ed m2 = 2; abbiamo così ricavato i coefficienti angolari
delle due rette del fascio F che risultano essere tangenti a P; scriviamo ora le equazionidi tali rette tangenti:
t1 : y = −1
t2 : y = 2x− 2
Determiniamo ora le coordinate dei punti di tangenza fra P e t1:{y = −1
y = x2 − 1
{y = −1
−1 = x2 − 1
{y = −1
x1 = x2 = 0
il punto di tangenza coincide con V(0, −1);determiniamo ora le coordinate dei punti di tangenza fra P e t2:{y = 2x− 2
y = x2 − 1
{y = 2x− 2
2x− 2 = x2 − 1
{y = 2x− 2
x1 = x2 = 1
{y = 0
x1 = x2 = 1
il punto di tangenza è B(1, 0).L’area richiesta è quella del triangolo VPB, per calcolare la quale è conveniente prendere
come base VP e come altezza la distanza di B dalla retta di equazione y = −1: VP =1
2,
BH = 1 quindi
A =
1
2· 1
2=1
4.
x
y
O 1
1
V
A B
P Ht1
t2
Esercizio 9.2.4. Data la parabola P di equazione y = x2 − 2x, determinare le equazionidelle parabole P1 e P2 rispettivamente ruotate di
π
2e di −
π
2.
9.2 la parabola 128
1. Dalle formule di trasformazione, con β =π
2, si ha{
x1 = −y
y1 = x
da cui {x = y1
y = −x1
infine, sostituendo nell’equazione della parabola P, otteniamo: −x1 = (y1)2−2y1
da cui x1 = −y21 + 2y1 che è l’equazione della parabola richiesta, naturalmenteeliminando gli indici.
P1 : x = −y2 + 2y
Per rappresentare graficamente P e P1, determiniamo alcuni punti notevoli dellaprima e i corrispondenti trasformati della seconda:
x y
1 −1
0 0
2 0
3 3
−1 3
chiamiamo tali punti rispettivamente V(1, −1) (il vertice), O(0, 0) e B(2, 0) (leintersezioni con l’asse x), C(3, 3) e D(−1, 3).
x y
1 1
0 0
0 2
−3 3
−3 −1
chiamiamo tali punti rispettivamente V1(1, 1) (il vertice), O(0, 0) e B1(0, 2) (leintersezioni con l’asse y), C1(−3, 3) e D1(−3, −1).
Osservazione 9.2.5. La parabola P1 ha asse di simmetria parallelo all’asse dellex, la sua equazione è del tipo
x = ay2 + by+ c
e si ottiene dalla generica equazione di una parabola con asse parallelo all’as-se delle y semplicemente scambiando x con y. Tutte le formule precedenti sonoriutilizzabili previo scambio dei ruoli delle due variabili.
x
y
O 1
1
V
B
CD
V1
B1
C1
D1
9.2 la parabola 129
2. Dalle formule di trasformazione, con β = −π
2, si ha{
x1 = y
y1 = −x
da cui {x = −y1
y = x1
infine, sostituendo nell’equazione della parabola P, otteniamo: x1 = (−y1)2 −
2(−y1) da cui x1 = y21 + 2y1 che è l’equazione della parabola richiesta, natural-mente eliminando gli indici.
P2 : x = y2 + 2y
Per rappresentare graficamente P e P2, riutilizziamo i punti notevoli della primae i corrispondenti trasformati della seconda:
x y
1 −1
0 0
2 0
3 3
−1 3
chiamiamo tali punti rispettivamente V(1, −1) (il vertice), O(0, 0) e B(2, 0) (leintersezioni con l’asse x), C(3, 3) e D(−1, 3).
x y
−1 −1
0 0
0 −2
3 −3
3 1
chiamiamo tali punti rispettivamente V2(−1, −1) (il vertice), O(0, 0) e B2(0, −2)(le intersezioni con l’asse y), C2(3, −3) e D2(3, 1).
x
y
O 1
1
V
B
CD
V2
B2
C2
D2
9.3 la circonferenza 130
Esercizio 9.2.5. Disegnare il grafico della funzione di equazione y = x2 − 3|x| + 2.
y = x2 − 3|x| + 2 =
{x2 − 3x+ 2 se x > 0
x2 + 3x+ 2 se x < 0
Determiniamo alcuni punti delle 2 parabole, disegnandone quindi i grafici facendo atten-zione ad eliminare le parti non richieste.
x y3
2−1
4
1 0
2 0
0 2
3 2
chiamiamo tali punti rispettivamente V1
(3
2, −1
4
)(il vertice), A1(1, 0) e B1(2, 0) (le
intersezioni con l’asse x), C(0, 2) e D1(3, 2).x y
−3
2−1
4
−1 0
−2 0
0 2
−3 2
chiamiamo tali punti rispettivamente V2
(−3
2, −1
4
)(il vertice),A2(−1, 0) e B2(−2, 0)
(le intersezioni con l’asse x), C(0, 2) e D2(−3, 2).
x
y
O 1
1
V1
A1
B1
D1
V2
A2
B2
D2 C
Osservazione 9.2.6. Sarebbe bastato osservare che la funzione data è pari e, quindi,disegnare il grafico della parabola di equazione y = x2 − 3x+ 2 in corrispondenza allesole ascisse positive o nulle ed infine simmetrizzarlo rispetto all’asse delle ordinate.
9.3 la circonferenza
Definizione 9.3.1. Diremo circonferenza il luogo geometrico dei punti del piano equi-distanti da un punto fisso C detto centro. Tale distanza comune viene detta raggio.
9.3 la circonferenza 131
Cr P
Osservazione 9.3.1. La circonferenza è una curva chiusa, simmetrica rispetto al centroe rispetto ad ogni retta passante per il centro.
Teorema 9.3.1. In un opportuno sistema di riferimento cartesiano ortogonale, sianoC(α,β) il centro ed r il raggio della circoferenza C.
Dimostriamo che l’equazione della circoferenza è x2 + y2 + ax + by + c = 0 ovea = −2α, b = −2β e c = α2 +β2 − r2.
Dimostrazione. Sia P(x,y) il generico punto del piano; P ∈ C se e solo se PC = r.
x
y
O
Cr P
PC =
√(x−α)2 + (y−β)2
uguagliando ad r ed elevando al quadrato:
(x−α)2 + (y−β)2 = r2
sviluppando i prodotti notevoli:
x2 − 2αx+α2 + y2 − 2βy+β2 = r2
disponendo in modo diverso i termini:
x2 + y2 − 2αx− 2βy+α2 +β2 − r2 = 0
infine, ponendo a = −2α, b = −2β e c = α2 +β2 − r2 si conclude.
Osservazione 9.3.2. Dalle posizioni a = −2α, b = −2β e c = α2 + β2 − r2 si
ottengono le relazioni inverse α = −a
2, β = −
b
2e r =
√α2 +β2 − c.
Le equazioni della circonferenza nelle forme
C : (x−α)2 + (y−β)2 = r2 (1)
oppureC : x2 + y2 + ax+ by+ c = 0 (2)
si dicono canoniche o normali.
Osservazione 9.3.3. Al variare dei valori dei coefficienti delle equazioni (1) o (2) si pos-sono ottenere alcuni casi notevoli che esamineremo ora; è bene, tuttavia, tenere presenteche essi sono sempre riconducibili al caso generale.
9.3 la circonferenza 132
1. se α = β = 0 o, equivalentemente, a = b = 0 allora il centro della circonferenzacoincide con l’origine; l’equazione (1) diventa x2 + y2 = r2 e la (2) si riduce ax2 + y2 + c = 0;
2. se α = 0 o, equivalentemente, a = 0 allora il centro della circonferenza appartieneall’asse delle y;
3. se β = 0 o, equivalentemente, b = 0 allora il centro della circonferenza appartieneall’asse delle x;
4. se c = 0 allora la circonferenza passa per l’origine del sistema di riferimento(come si deduce facilmente anche dal fatto che le coordinate (0, 0) verificano la suaequazione);
5. se α = 0 o, equivalentemente, a = 0 e c = 0 allora il centro della circonferenzaappartiene all’asse delle y, la circonferenza passa per l’origine e il raggio è ugualeal modulo dell’ordinata del centro; l’equazione (1) diventa x2 + (y− β)2 = r2 ela (2) si riduce a x2 + y2 + by = 0;
6. se β = 0 o, equivalentemente, b = 0 e c = 0 allora il centro della circonferenzaappartiene all’asse delle x, la circonferenza passa per l’origine e il raggio è ugualeal modulo dell’ascissa del centro; l’equazione (1) diventa (x−α)2 + y2 = r2 e la(2) si riduce a x2 + y2 + ax = 0;
7. se r = 0 allora la circonferenza degenera in un solo punto coincidente con il suocentro.
Osservazione 9.3.4. L’equazione nella forma (2) potrebbe rappresentare l’insieme vuotoqualora nel ricavare il raggio si ottenga la radice quadrata di un numero negativo.
Esempio 9.3.1. Disegnare il grafico della circonferenza di equazione C : x2+y2+ 4y+
3 = 0.Ci riconduciamo alla forma (1):
(x−α)2 + (y−β)2 = r2
e utilizziamo il metodo cosiddetto del completamento dei quadrati:
x2 + (y2 + 4y+ 4) − 4+ 3 = 0
(x− 0)2 + (y+ 2)2 = 1
e ricaviamo α = 0, β = −2 e r = 1; calcoliamo ora qualche altro punto della circonferenzaper rappresentarla graficamente.
x y
0 −1
0 −3
−1 −2
1 −2
chiamiamo tali punti rispettivamente A(0, −1), B(0, −3), E(−1, −2) ed F(1, −2).
x
y
O 1
1
r
A
B
E FC
9.3 la circonferenza 133
Alternativamente, si potevano utilizzare le relazioni inverse ottenute sopra per ricavarele coordinate del centro e la misura del raggio dall’equazione di partenza nella forma (2):
α = −a
2= 0,β = −
b
2= −2, r =
√α2 +β2 − c =
√4− 3 = 1
Esercizio 9.3.1. Determinare e rappresentare graficamente la circonferenza C di centroC(−2, 0) e raggio r = 2. Determinare e rappresentare, inoltre, le equazioni delle rettetangenti alla C passanti per il punto P(3, 2).
Utilizziamo l’equazione di una circonferenza nella forma (1):
(x+ 2)2 + y2 = 4
e, svolgendo i calcoli, si ottiene
x2 + y2 + 4x = 0
che è la forma (2) semplificata di uno dei casi notevoli.Per rappresentare con maggior precisione la circonferenza richiesta, determiniamo gra-
ficamente per simmetria le coordinate di qualche altro punto.
x
y
O 1
1
r
A
B
D
C
P
Il fascio di rette di centro P(3, 2) ha equazione
F : y− 2 = m(x− 3)
(manca, ovviamente, l’equazione della retta del fascio parallela all’asse delle y, che scri-viamo a parte: x = 3 e che evidentemente non può essere tangente alla circonferenzaC).
Mettiamo a sistema l’equazione della circonferenza C con l’equazione del fascio di rettedi centro P:{
y = m(x− 3) + 2
x2 + y2 + 4x = 0
{y = mx− 3m+ 2
x2 +m2x2 + 9m2 + 4− 6m2x+ 4mx− 12m+ 4x = 0{y = mx− 3m+ 2
(1+m2)x2 + 2(2+ 2m− 3m2)x+ 9m2 − 12m+ 4 = 0
Le ascisse dei punti di intersezione fra C e la generica retta del fascio F si ottengonorisolvendo la seconda equazione del sistema e sono reali e coincidenti (vale a dire la retta
in questione è tangente) se il ∆ (in questo caso il∆
4) di tale equazione è nullo. Ricaviamo
quindi∆
4ed imponiamo che sia 0:
(2+ 2m− 3m2)2 − (1+m2)(9m2 − 12m+ 4) = 0
(4+4m2+9m4+8m−12m2−12m3)−(9m2−12m+4+9m4−12m3+4m2) = 0
−21m2 + 20m = 0
9.3 la circonferenza 134
da cui m1 = 0 ed m2 =20
21abbiamo così ricavato i coefficienti angolari delle due rette del fascio F che risultano
essere tangenti a C; scriviamo ora le equazioni di tali rette tangenti:
t1 : y = 2
t2 : y =20
21x−
6
7
x
y
O 1
1
r
A
B
D
C
P
t1
t2
Esercizio 9.3.2. Determinare e rappresentare graficamente la circonferenza C passanteper A(6, 1), B(5, 4) e D(4, 5).
La circonferenza cercata ha equazione
x2 + y2 + ax+ by+ c = 0
imponiamo il passaggo per i punti dati:passaggio per A(6, 1): 36+ 1+ 6a+ b+ c = 0
passaggio per B(5, 4): 25+ 16+ 5a+ 4b+ c = 0
passaggio per D(4, 5): 16+ 25+ 4a+ 5b+ c = 0
mettendo a sistema le 3 condizioni si ha:6a+ b+ c = −37
5a+ 4b+ c = −41
4a+ 5b+ c = −41
e sottraendo membro a membro le equazioni a due a due (prima e seconda, seconda eterza):
a− 3b = 4
a− b = 0
6a+ b+ c = −37
b = −2
a = b
6a+ b+ c = −37
a = −2
b = −2
c = −23
la circonferenza cercata ha equazione
x2 + y2 − 2x− 2y− 23 = 0
il suo centro è C(1, 1) e il raggio è r = 5. Per rappresentare con maggior precisione lacirconferenza richiesta, determiniamo graficamente per simmetria le coordinate di qualchealtro punto.
9.3 la circonferenza 135
x
y
O 1
1 r A
B
D
E
F
G
C
Osservazione 9.3.5. Qualora risulti a = b nella forma (2), il centro appartiene allaprima bisettrice.
Esercizio 9.3.3. Determinare le equazioni delle circonferenze C1 e C2 (r1 < r2) tangentiai semiassi positivi di un sistema di riferimento cartesiano ortogonale e passanti per ilpunto A(1, 2). Calcolare, inoltre, le coordinate dell’ulteriore punto B di intersezione fraC1 e C2 e quelle dei punti di intersezione fra la circonferenza C1 e la parabola P diequazione y = −x2 + 2x+ 1.
Le circonferenze cercate, tangenti ai semiassi positivi, devono avere il centro apparte-nente alla prima bisettrice e nel primo quadrante, quindi del tipo C(α,α) con α > 0 e ilraggio r = α; pertanto le equazioni sono del tipo:
(x−α)2 + (y−α)2 = α2
e, sviluppando i calcoli, si ha:
x2 + y2 − 2αx− 2αy+α2 = 0
imponendo, ora, il passaggio per A(1, 2) si ottiene:
1+ 4− 2α− 4α+α2 = 0
da cui α2 − 6α+ 5 = 0 ed infine α1,2 = 〈15
otteniamo, quindi, le equazioni delle due circonferenze cercate:
C1 : x2 + y2 − 2x− 2y+ 1 = 0
C2 : x2 + y2 − 10x− 10y+ 25 = 0
Per determinare l’ulteriore punto di intersezione fra C1 e C2, mettiamo a sistema le 2equazioni: {
x2 + y2 − 2x− 2y+ 1 = 0
x2 + y2 − 10x− 10y+ 25 = 0
e sottraendo membro a membro si ha:{8x+ 8y− 24 = 0
x2 + y2 − 2x− 2y+ 1 = 0
{x+ y− 3 = 0
x2 + y2 − 2x− 2y+ 1 = 0
{y = 3− x
x2 + (3− x)2 − 2x− 2(3− x) + 1 = 0{y = 3− x
2x2 − 6x+ 4 = 0
{y = 3− x
x2 − 3x+ 2 = 0
{y = 3− x
x1,2 = 〈12
Ritroviamo, naturalmente, le coordinate del punto A:
{x1 = 1
y1 = 2
ed inoltre le coordinate dell’ulteriore punto di intersezione B:
{x2 = 2
y2 = 1
9.3 la circonferenza 136
x
y
O 1
1
A
BD
E
F
G
H
K
C1
C2
Per determinare i punti di intersezione fra C1 e P, mettiamo a sistema le 2 equazioni:{x2 + y2 − 2x− 2y+ 1 = 0
y = −x2 + 2x+ 1
{x2 + y2 − 2x− 2y+ 1 = 0
x2 − 2x+ y− 1 = 0
e sottraendo membro a membro si ha:{y2 − 3y+ 2 = 0
y = −x2 + 2x+ 1
{y1,2 = 〈12y = −x2 + 2x+ 1
da cui, sostituendo prima y1 = 1, si ha:{y1 = 1
−x2 + 2x = 0
{y1 = 1
x1,2 = 〈02
abbiamo così ottenuto le coordinate del punto D:
{x1 = 0
y1 = 1
e le coordinate del punto B già noto:
{x2 = 2
y1 = 1
Sostituendo quindi y2 = 2 si ha:{y2 = 2
−x2 + 2x− 1 = 0
{y2 = 2
x3 = x4 = 1
abbiamo ottenuto le coordinate del puntoA già noto con doppia molteplicità:
{x3 = x4 = 1
y2 = 2
x
y
O 1
1
A
BD
E
C1
9.4 l’ellisse 137
9.4 l’ellisse
Definizione 9.4.1. Diremo ellisse il luogo geometrico dei punti del piano per i qualiè costante la somma delle distanze da due punti fissi F1 ed F2 detti fuochi. Tale sommacostante sia k.
P
F1F2
Osservazione 9.4.1. L’ellisse è una curva chiusa, simmetrica rispetto alla retta passanteper i fuochi e all’asse del segmento avente i fuochi per estremi. Chiameremo vertici leintersezioni di tali assi di simmetria con l’ellisse stessa.
Teorema 9.4.1. In un opportuno sistema di riferimento cartesiano ortogonale, sianoF1(c, 0) ed F2(−c, 0) (con c > 0) i fuochi dell’ellisse E.
Dimostriamo che l’equazione dell’ellisse èx2
a2+y2
b2= 1 con 2a = k e b2 = a2 − c2.
Dimostrazione. Sia P(x,y) il generico punto del piano; P ∈ E se e solo se PF1 +
PF2 = k.
P
F1F2x
y
O
PF1 =
√(x− c)2 + y2
PF2 =
√(x+ c)2 + y2
quindi, ponendo k = 2a:√(x− c)2 + y2 +
√(x+ c)2 + y2 = 2a
isolando la prima radice ed elevando al quadrato:
x2 − 2cx+ c2 + y2 = 4a2 − 4a
√(x+ c)2 + y2 + x2 + 2cx+ c2 + y2
9.4 l’ellisse 138
semplificando ed isolando la radice:
a
√(x+ c)2 + y2 = a2 + cx
elevando al quadrato (la condizione di realtà è garantita dalla osservazione finale)e semplificando:
(a2 − c2)x2 + a2y2 = a2(a2 − c2)
dividendo ambo i membri per a2(a2 − c2) e ponendo a2 − c2 = b2 si conclude(si conviene di assumere anche b > 0).
Osservazione 9.4.2. I vertici dell’ellisse considerata nella dimostrazione del teoremacoincidono con le sue intersezioni con gli assi del sistema di riferimento e tali assi sonoproprio anche gli assi di simmetria della curva.
Osservazione 9.4.3. Quando i fuochi sono posizionati come nella dimostrazione delteorema si dice che l’asse focale coincide con l’asse delle x e l’ellisse è centrata nell’origine;risulta a > c ed anche a > b; l’ellisse si presenta schiacciata in orizzontale ed è collocatanel rettangolo delimitato dalle rette di equazioni x = ±a e y = ±b.
F1F2 A1A2
B1
B2
c
b a
︸ ︷︷ ︸a
x
y
O
Analogamente, si prova che, quando l’asse focale coincide con l’asse delle y e l’ellisse ècentrata nell’origine, risulta invece b > c ed anche b > a; l’ellisse si presenta schiacciatain verticale ed è collocata nel rettangolo delimitato dalle rette di equazioni x = ±a ey = ±b.
F1
F2
A1A2
B1
B2
c
a
b︷︸︸
︷
b
x
y
O
L’equazione dell’ellisse nella forma
x2
a2+y2
b2= 1
9.4 l’ellisse 139
è detta canonica o normale.I vertici sull’asse x sono A1(a, 0) e A2(−a, 0); i vertici sull’asse y sono B1(0,b)
e B2(0, −b).Se l’asse focale coincide con l’asse x, i fuochi sono F1(c, 0) e F2(−c, 0) e c2 =
a2 − b2;se l’asse focale coincide con l’asse y, i fuochi sono F1(0, c) e F2(0, −c) e c2 =
b2 − a2.
Esempio 9.4.1. Disegnare il grafico dell’ellisse E di equazione x2 + 4y2 = 1.
Ci riconduciamo alla forma normale:
x2 +y2
1
4
= 1
i vertici sull’asse x sono A1(1, 0) e A2(−1, 0); i vertici sull’asse y sono B1
(0,1
2
)e
B2
(0, −
1
2
)
B1
B2
A1A2
x
y
O 1
1
Esercizio 9.4.1. Disegnare il grafico dell’ellisse E di equazione 4x2 + y2 = 4. Determi-nare, inoltre, le equazioni delle rette tangenti passanti per il punto P(0, 3).
Ci riconduciamo alla forma normale
x2 +y2
4= 1
i vertici sull’asse x sono A1(1, 0) e A2(−1, 0); i vertici sull’asse y sono B1(0, 2) eB2(0, −2)
Il fascio di rette di centro P(0, 3) ha equazione
F : y− 3 = mx
(manca, ovviamente, l’equazione della retta del fascio parallela all’asse delle y, in questocaso proprio l’asse y ma che evidentemente non può essere tangente all’ellisse E).
Mettiamo a sistema l’equazione dell’ellisse E con l’equazione del fascio di rette di centroP: y = mx+ 3
x2 +y2
4= 1
y = mx+ 3
x2 +m2x2 + 6mx+ 9
4= 1
{y = mx+ 3
(4+m2)x2 + 6mx+ 5 = 0
Le ascisse dei punti di intersezione fra E e la generica retta del fascio F si ottengonorisolvendo la seconda equazione del sistema e sono reali e coincidenti (vale a dire la retta
in questione è tangente) se il ∆ (in questo caso il∆
4) di tale equazione è nullo. Riacaviamo
quindi∆
4ed imponiamo che sia 0:
9m2 − 20− 5m2 = 0
9.4 l’ellisse 140
4m2 − 20 = 0
m2 = 5
da cui m1 = −√5 ed m2 =
√5
abbiamo così ricavato i coefficienti angolari delle due rette del fascio F che risultanoessere tangenti a E; scriviamo ora le equazioni di tali rette tangenti:
t1 : y = −√5x+ 3
t2 : y =√5x+ 3
A1A2
B1
B2
P
t1t2
x
y
O 1
1
Esercizio 9.4.2. Determinare l’equazione dell’ellisse E di vertice A1
(3
2, 0)
e passante
per P(1, 1) e le sue intersezioni con la circonferenza C di centro l’origine e raggio r =√2.
L’ellisse cercata ha equazionex2
a2+y2
b2= 1
imponiamo il passaggo per i punti dati:
essendo A1
(3
2, 0)
un vertice: a =3
2
passaggio per P(1, 1): b2 + a2 = a2b2
mettendo a sistema le 2 condizioni: a =3
2
b2 + a2 = a2b2
a =
3
25
4b2 =
9
4
a =
3
2
b =3√5
L’ellisse cercata ha equazionex2
94
+y2
95
= 1
ossiaE : 4x2 + 5y2 = 9
La circonferenza cercata ha equazione
(x− 0)2 + (y− 0)2 = 2
ossiaC : x2 + y2 = 2
Mettiamo ora a sistema le equazioni delle 2 curve:{4x2 + 5y2 = 9
x2 + y2 = 2
{4x2 + 5y2 = 9
4x2 + 4y2 = 8
{4x2 + 5y2 = 9
y2 = 1
da cui y1,2 = 〈−1+1
e quindi, sostituendo nel sistema, si ottengono i punti richiesti:P(1, 1), Q(−1, 1), R(−1, −1) e S(1, −1).
9.5 l’iperbole 141
A1A2
B1
B2
PQ
R S
x
y
O 1
1
HJ
K
L
9.5 l’iperbole
Definizione 9.5.1. Diremo iperbole il luogo geometrico dei punti del piano per i quali ècostante il modulo della differenza delle distanze da due punti fissi F1 ed F2 detti fuochi.Tale differenza costante sia k.
F1F2
P
Osservazione 9.5.1. L’iperbole è una curva costituita da due rami aperti, simmetricarispetto alla retta passante per i fuochi e all’asse del segmento avente i fuochi per estremi.Chiameremo vertici le intersezioni della retta dei fuochi con l’iperbole stessa.
Teorema 9.5.1. In un opportuno sistema di riferimento cartesiano ortogonale, sianoF1(c, 0) ed F2(−c, 0) (con c > 0) i fuochi dell’iperbole I.
Dimostriamo che l’equazione dell’iperbole èx2
a2−y2
b2= 1 con 2a = k e b2 = c2−a2.
Dimostrazione. Sia P(x,y) il generico punto del piano; P ∈ I se e solo se |PF1 −
PF2| = k.
9.5 l’iperbole 142
x
y
O F1F2
P
PF1 =
√(x− c)2 + y2
PF2 =
√(x+ c)2 + y2
quindi, ponendo k = 2a:
|
√(x− c)2 − y2 −
√(x+ c)2 + y2| = 2a
solo per una convenienza di calcolo, anzichè elevare direttamente al quadrato, èpreferibile distinguere i casi PF2 > PF1 o PF1 > PF2;
supponiamo dapprima che sia PF2 > PF1:√(x+ c)2 − y2 −
√(x− c)2 + y2 = 2a
isolando la prima radice ed elevando al quadrato:
x2 + 2cx+ c2 + y2 = 4a2 + 4a
√(x− c)2 + y2 + x2 − 2cx+ c2 + y2
semplificando ed isolando la radice:
a
√(x− c)2 + y2 = cx− a2
elevando al quadrato (la condizione di realtà è garantita dalla condizione finale) esemplificando:
(c2 − a2)x2 − a2y2 = a2(c2 − a2)
dividendo ambo i membri per a2(c2 − a2) e ponendo c2 − a2 = b2 si conclude(si conviene di assumere anche b > 0).
In maniera del tutto analoga, se PF1 > PF2 si giunge allo stesso risultato.
Osservazione 9.5.2. I vertici dell’iperbole considerata nella dimostrazione del teore-ma coincidono con le sue intersezioni con l’asse x del sistema di riferimento e gli assicoordinati sono proprio anche gli assi di simmetria della curva.
Osservazione 9.5.3. Quando i fuochi sono posizionati come nella dimostrazione del teo-rema si dice che l’asse focale coincide con l’asse delle x e l’iperbole è centrata nell’origine;risulta c > a ed anche c > b e l’iperbole è collocata esternamente alla striscia delimitatadalle rette x = ±a.
9.5 l’iperbole 143
x
y
O
F1F2 A1A2 a
bc
︸ ︷︷ ︸c
Analogamente, si prova che, quando l’asse focale coincide con l’asse delle y e l’iperboleè centrata nell’origine, risulta ancora c > b ed anche c > a e l’iperbole è collocataesternamente alla striscia delimitata dalle rette y = ±b e la sua equazione è del tipox2
a2−y2
b2= −1 con 2b = k e a2 = c2 − b2.
x
y
O
F1
F2
B1
B2
b
a
c︷︸︸
︷
c
L’equazione dell’iperbole nelle forme
x2
a2−y2
b2= 1 (1)
x2
a2−y2
b2= −1 (2)
è detta canonica o normale.Nella forma (1) i vertici sono A1(a, 0) e A2(−a, 0); nella forma (2) i vertici sono
B1(0,b) e B2(0, −b).Se l’asse focale coincide con l’asse x, i fuochi sono F1(c, 0) e F2(−c, 0) e c2 =
a2 + b2;se l’asse focale coincide con l’asse y, i fuochi sono F1(0, c) e F2(0, −c) e c2 =
b2 + a2.
Osservazione 9.5.4. L’iperbole è l’unica conica per la quale esistono 2 rette passanti peril centro di simmetria la cui distanza dal generico punto della curva tende a zero. Talirette sono dette asintoti. Le equazioni degli asintoti sono:
y = ±bax
9.5 l’iperbole 144
in entrambe le forme.La dimostrazione relativa trascende le attuali conoscenze necessitando della Teoria dei
limiti.Risulta interessante notare che le equazioni degli asintoti sono ottenibili semplicemente
annullando il complesso dei termini di secondo grado nelle equazioni canoniche (1) e (2).
Osservazione 9.5.5. Qualora a = b nell’equazione canonica dell’iperbole, si dice chel’iperbole è equilatera. In tal caso gli asintoti coincidono con le bisettrici dei quadranti.
Esempio 9.5.1. Determinare vertici, fuochi, asintoti dell’iperbole di equazione 16x2 −
9y2 = 144 e rappresentarla graficamente. Ripetere l’esercizio con l’equazione 16x2 −
9y2 = −144.
Per la prima parte dell’esercizio ci riconduciamo alla forma (1) dividendo per 144 amboi membri:
x2
9−y2
16= 1
gli asintoti dell’iperbole sono quindi le rette di equazione y = ±43x; i vertici sonoA1(3, 0)
e A2(−3, 0) e i fuochi F1(5, 0) e F2(−5, 0).
x
y
O 1
1F1F2 A1A2
y = 43xy = − 4
3x
Per la seconda parte dell’esercizio ci riconduciamo alla forma (2) dividendo per 144ambo i membri:
x2
9−y2
16= −1
gli asintoti dell’iperbole sono quindi le rette di equazione y = ±43x; i vertici sono B1(0, 4)
e B2(0, −4) e i fuochi F1(0, 5) e F2(0, −5).
x
y
O 1
1
F1
F2
B1
B2
y = 43xy = − 4
3x
9.5 l’iperbole 145
Esercizio 9.5.1 (NOTEVOLE). Data l’iperbole I di equazione x2 − y2 = 4, rap-presentarla graficamente; determinare, quindi, l’equazione e la rappresentazione graficadell’iperbole I1 ruotata di
π
4.
Ci riconduciamo alla forma (1) dividendo per 4 ambo i membri:
x2
4−y2
4= 1
l’iperbole è, evidentemente, equilatera e i suoi asintoti sono quindi le bisettrici dei quadr-tanti; i vertici sono A1(2, 0) e A2(−2, 0).
x
y
O 1
1A1A2
y = xy = −x
Applichiamo le formule relative alla rotazione con β =π
4:{
x1 = xcosβ− ysenβ
y1 = xsenβ+ ycosβ
x1 =
√2
2x−
√2
2y
y1 =
√2
2x+
√2
2y
Sommando dapprima e, poi, sottraendo membro a membro si ha:{x1 + y1 =
√2x
x1 − y1 = −√2y
x =
x1 + y1√2
y =y1 − x1√
2sostituendo nell’equazione di I otteniamo:(
x1 + y1√2
)2−
(y1 − x1√
2
)2= 4
sviluppando i calcoli, semplificando ed eliminando gli indici, si ottiene infine
I1 : xy = 2
9.5 l’iperbole 146
x
y
O 1
1A1A2
P1
P2
Osservazione 9.5.6. L’iperbole equilatera di equazione generalex2
a2−y2
a2= 1 ovvero
x2 − y2 = a2 è sempre riconducibile, mediante una rotazione diπ
4, ad una iperbole
avente per asintoti gli assi cartesiani la cui equazione è
xy =a2
2
Naturalmente, se la rotazione è invece di −π
4, l’iperbole equilatera ottenuta ha le stesse
caratteristiche della precedente e la sua equazione è
xy = −a2
2
Generalmente si assume ±a2
2= k e quindi l’equazione di un’iperbole equilatera riferita
ai propri asintoti si presenta nella forma
xy = k (3)
Osserviamo che se k > 0 i 2 rami di iperbole giacciono nel I e nel III quadrante; se k < 0giacciono invece nel II e nel IV.
x
y
O
k > 0
k > 0
k < 0
k < 0
9.5 l’iperbole 147
Esercizio 9.5.2 (NOTEVOLE). Data la funzione di equazione y =3x− 1
2x+ 1dimostrare
che si tratta di un’iperbole equilatera riferita ai propri asintoti traslata e disegnarne ilgrafico.
y =3x− 1
2x+ 1=32x− 1
2
x+ 12
=32x− 1
2 + 34 − 3
4
x+ 12
=
(32x+ 3
4
)−(34 + 1
2
)x+ 1
2
=3
2+
−54x+ 1
2
y−3
2=
−54x+ 1
2(y−
3
2
)(x+
1
2
)= −
5
4
si deduce che la curva data è un’iperbole, ottenibile mediante semplici traslazioni da quelladi base del tipo (3):
xy = k
con k = −5
4, come volevasi dimostrare.
Per rappresentarla graficamente trasliamo quindi l’iperbole di base verso sinistra di1
2
e verso l’alto di3
2, trovandone anche alcuni punti per un disegno più accurato.
configure/coniche.409
Osservazione 9.5.7. La funzione di equazione y =ax+ b
cx+ dcon a,b, c,d ∈ R, c 6= 0 e
ad 6= bc, viene detta funzione omografica ed è una iperbole equilatera riferita ai propriasintoti traslata.
Infatti:
y =ax+ b
cx+ d=ac x+ b
c
x+ dc
=
ac x+ b
c + adc2
− adc2
x+ dc
=
(ac x+ ad
c2
)−(adc2
− bc
)x+ d
c
=a
c+
−ad−bcc2
x+ dc
y−a
c=
−ad−bcc2
x+ dc(
y−a
c
)(x+
d
c
)= −
ad− bc
c2(∗)
si deduce che la curva data è un’iperbole, ottenibile mediante semplici traslazioni da quelladi base del tipo (3):
xy = k
con k = −ad− bc
c2, come volevasi dimostrare.
Per rappresentarla graficamente trasliamo quindi l’iperbole di base orizzontalmente di
−d
ce verticalmente di
a
c, trovandone eventualmente alcuni punti per un disegno più
accurato.Nella pratica è sufficiente disegnare gli asintoti
asintoto verticale: x = −d
c
asintoto orizzontale: y =a
cdeterminare alcuni punti per sostituzione e, quindi, essendo noto l’andamento della
curva, disegnarne il grafico.
Infine analizziamo cosa accade nell’equazione y =ax+ b
cx+ dnei seguenti casi:
1. se c = 0 e ad 6= bc allora l’equazione diventa y =ax+ b
dche rappresenta
graficamente una retta non parallela agli assi;
9.5 l’iperbole 148
2. se c 6= 0 e ad = bc allora l’equazione diventa y =a
cche rappresenta graficamente
una retta parallela all’asse delle x;
3. se c = 0 e ad = bc allora
• se d 6= 0 allora l’equazione diventa y =b
dche rappresenta graficamente una
retta parallela all’asse delle x;
• se d = 0 allora la frazione algebricaax+ b
cx+ dperde di significato.
Osservazione 9.5.8. Risulta interessante notare che le equazioni degli asintoti sono otte-nibili semplicemente annullando il complesso dei termini di secondo grado nell’equazione(∗), come del resto accade anche per le equazioni canoniche (1) e (2).
10I V E T T O R I D E L P I A N O
10.1 segmenti orientati
10.2 2
149
11I N U M E R I C O M P L E S S I
11.1 forma algebrica
11.2 forma trigonometrica ed esponenziale
150
Parte IV
C O N T R I B U T I
colophon
Questo lavoro è stato realizzato conLATEX 2ε usando una rielaborazione dello stileClassicThesis, di André Miede, ispirato al lavoro di Robert Bringhurst Gli Elementidello Stile Tipografico [1992]. Lo stile è disponibile su CTAN.
Il lavoro è composto con la famiglia di font Palatino, di Hermann Zapf. Leformule matematiche sono state composte con i font AMS Euler, di HermannZapf e Donald Knuth. Il font a larghezza fissa è il Bera Mono, originariamentesviluppato da Bitstream Inc. come Bitstream Vera. I font senza grazie sono gliIwona, di Janusz M. Nowacki.
Versione [09/2008.0][S-All]
C O N T R I B U T I
Erica Boatto Algebra - Insiemi
Roberto Carrer Numeri - Funzioni - Coordinatore progetto
Morena De Poli Laboratorio matematica
Piero Fantuzzi Algebra - Insiemi
Carmen Granzotto Funzioni
Franca Gressini Funzioni
Beatrice Hittahler Funzioni trascendenti - Geometria analitica
Lucia Perissinotto Funzioni trascendenti - Geometria analitica
Pietro Sinico Geometria I
Settembre 2008
Dipartimento di MatematicaITIS V.Volterra
San Donà di Piave
Esercizi Matematica 3Dipartimento di Matematica
ITIS V.VolterraSan Dona di Piave
Versione [09/10][S-All]
Introduzione
Gli esercizi presentati in questo volume, seguono la stessa struttura — capitolo, sezione, sottosezione —del corrispondente testo di teoria.
Gli esercizi non sono distribuiti in ordine rigoroso di difficolta; si possono trovare prima esercizi piudifficili e dopo esercizi piu facili; in ogni caso la difficolta e compatibile con lo sviluppo della teoria neltesto corrispondente. Valgono due sole eccezioni : ci sono esercizi contrassegnati con un asterisco (*) o condue asterischi (**): i primi sono da considerare esercizi difficili e i secondi molto difficili ; in ogni caso,come tutti ben sanno, la difficolta e una pura opinione.
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Indice
I Numeri e Funzioni 1
1 Numeri 21.1 Tipi di numeri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.2 Proprieta fondamentali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.3 Uguaglianze e disugaglianze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2
2 Appendici 52.1 Naturali e interi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
3 Funzioni 73.1 Definizioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73.2 Grafici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73.3 Tipi di funzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83.4 Operazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83.5 Proprieta notevoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
II Funzioni Trascendenti 10
4 Funzioni trascendenti 114.1 Funzioni esponenziali e logaritmiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 114.2 Funzioni goniometriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 154.3 Esercizi riassuntivi sulle funzioni trascendenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
III Contributi 18
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Parte I
Numeri e Funzioni
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Capitolo 1
Numeri
1.1 Tipi di numeri
1.2 Proprieta fondamentali
1.3 Uguaglianze e disugaglianze
Esercizio 1.3.1. Risolvere le disequazioni.
1.
∣∣∣∣1− 2x
3 + 2x
∣∣∣∣ ≥ 3
[−5
2≤ x ≤ −1, x 6= −3
2
]2. |2x+ 1| > |3x− 2|
[1
5< x < 3
]3. |x− |2x− 3|| < 4
[−1
3< x < 7
]3. |x− |2x− 3|| < 4
[−1
3< x < 7
]4.
x2 − 2x− 3
9− x2≥ 0 [?]
5.9x2 + 6x+ 1
x4 + 16≤ 0 [?]
6.x5 + 3
1− x8≤ 0 [?]
7.−x2 − 10
9x2 + 6x+ 3< 0 [?]
8. x4 − 2x2 − 15 ≤ 0 [?]
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1.3 Uguaglianze e disugaglianze 3
Esercizio 1.3.2. Risolvere le disequazioni.
1.
{x3 + 2x2 − 9x− 18 ≥ 0
x4 − 10x2 + 9 ≤ 0(−3 ≤ x ≤ −2 ; x = 3)
2.
x− 2
x− 1≤ x2
x2 − 3x+ 2− x− 1
2− xx− 3
x2 − x− x+ 3
x2 + x≥ 2− 3x
x2 − 1
(x > 2)
3.x2 − 6x+ 5
2x2 − 7x+ 6≤ 0 (1 ≤ x < 3
2 ; 2 < x ≤ 5)
4.(x2 + 3)(x2 − 4x+ 3)
x2 − 4x+ 4≤ 0 (1 ≤ x ≤ 3 ma x 6= 2)
5. x3 − x2 − 5x− 3 < 0 (x < 3 ma x 6= −1)
6.(x4 − 1)(x5 + 32)
(x6 + 1)(x3 − 27)≥ 0 (x ≤ −2 ; −1 ≤ x ≤ 1 ; x > 3)
7. 3 ≤ x2 − 1 < 8 (2 ≤ |x| < 3)
8.2x4 + 3
x6 − 64≤ 0 (−2 < x < 2)
9. |x2 − x| < 1 ( 1−√5
2 < x < 1+√5
2 )
10.|2x+ 1| − 1
5− |x− 2|≥ 0 (−3 < x ≤ −1 , 0 ≤ x < 7)
11.√x2 − 4x > 1− x (x ≥ 4 , x < − 1
2 )
12. 1−|4x−3||2x−3|−3 ≥ 0 (?)
Esercizio 1.3.3. Risolvere le disequazioni.
1.3√
8x3 + 1 > 2x+ 1 (?)
2.√x− 1 < 3 (?)
3.√
2x2 − x > x (?)
4.√
2x2 − x ≥ x (?)
5.
√2x2 − x− xx2 − 4x+ 3
≤ 0 (?)
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1.3 Uguaglianze e disugaglianze 4
Esercizio 1.3.4. Risolvere le disequazioni.
1*.
√x2 − 4x− 1 + x
|x| − 2≤ 0 (−2 < x ≤ − 1
2 )
2.|x− 1| − |x|√x2 + 3− 2
≤ 0 (−1 < x ≤ 12 ; x > 1)
3.|x− 1| − |x|√x2 + 3− 2
≤ 0 (−1 < x ≤ 12 ; x > 1)
4. x > 3√
3x2 − 2x (0 < x < 1 ; x > 2)
5.√||x+ 3| − 2| − 1 > 0 (x < −6 ; −4 < x < −2 ; x > 0)
6.
√
2x2 + x− 3− x+ 1 > 0∣∣∣∣2x+ 1
x− 3
∣∣∣∣ < 2(x ≤ − 3
2 ; 1 < x < 54 )
7.2x− 1−
√x2 − 3x+ 2√
x4 + 3 + 4> 0 ( 1+
√13
6 < x ≤ 1 ; x ≥ 2)
8.|x− 1| − |x− 2||x2 − 9|
≥ 0 (x ≥ 32 ma x 6= 3)
9.
√x+ 1−
√x2 + 3x
|x|≥ 0 (0 < x ≤ −1 +
√2)
10.
√x+ 1
x− 1< 2 (x ≤ −1 ; x > 5
3 )
11.√
25− x2 + x− 7 ≥ 0 (3 ≤ x ≤ 4)
12. 13− x−√x+ 7 < 0 (x > 9)
13.2x−
√x2 − 3x
x2 − 16≥ 0 (−4 < x ≤ 0 ; x > 4)
14. x2 − 4|x|+ 3 < 0 (1 < |x| < 3)
15.|x|3 − 27
|x|2 − 1< 0 (1 < |x| < 3)
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Capitolo 2
Appendici
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2.1 Naturali e interi 6
2.1 Naturali e interi
Esercizio 2.1.1. Per ogni intero n ≥ 1 dimostrare che
1 + 2 + 3 + · · ·+ n =n(n+ 1)
2
Esercizio 2.1.2. Per ogni intero n ≥ 1 dimostrare che
1 + 3 + 5 + · · ·+ (2n− 1) = n2
Esercizio 2.1.3. Per ogni intero n ≥ 1 dimostrare che
12 + 22 + 32 · · ·+ n2 =1
6n(n+ 1)(2n+ 1)
Esercizio 2.1.4. Per ogni intero n ≥ 1 dimostrare che
13 + 23 + 33 · · ·+ n3 =n(n+ 1)
2
2
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Capitolo 3
Funzioni
3.1 Definizioni
Esercizio 3.1.1. Siaf(x) =
x
|x|definita per x 6= 0; calcolare f(1), f(−1), f(2), f(123). Cosa si deduce?
3.2 Grafici
Esercizio 3.2.1. Determinare il campo di esistenza delle seguenti funzioni.
1. f1(x) =x
2+ 3 2. f2(x) = 2x2 − 1
3. f3(x) = −3x2 + 1 4. f4(x) = x3
5. f5(x) =√x 6. f6(x) = x−
12
7. f7(x) = |x|+ x 8. f8(x) = −|x|+ x
9. f9(x) =1
x+ 210. f10(x) =
1
x− 2
11. f11(x) =3
x12. f12(x) =
x
|x|
13. f13(x) =
{0 se x ≤ 0
1 se x > 014. f14(x) =
{0 se x < 0
1 se x > 0
15. f15(x) =
{x2 se x < 0
x se x ≥ 016. f16(x) =
x3 se x ≤ 0
1 se 0 < x < 2
x2 se x ≥ 2
Esercizio 3.2.2. Disegnare un grafico approssimato delle funzioni dell’esercizio precedente, calcolandoneanche alcune immagini per valori arbitrari del campo di esistenza.
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3.3 Tipi di funzioni 8
Esercizio 3.2.3. Data la funzione f : R → R, x 7→ −x2 − 4x la si rappresenti graficamente e sidica se e biiettiva; in caso contrario , renderla tale per x ≥ −2 ed indicare con f1 la restrizione di fcosı trovata. Determinare l’inversa di f1 e rappresentarla graficamente. Infine, risolvere la disequazione−2 +
√4− x ≤ x.
(f−11 : {x ∈ R : x ≤ 4} → {y ∈ R : y ≥ −2} , x 7→ −2 +√
4− x;S : 0 ≤ x ≤ 4)
Esercizio 3.2.4. Con riferimento all’esercizio precedente, rappresentare graficamente la funzione y =g(x) = −f(−x) e risolvere la disequazione g(|x|) > −3 anche per via grafica.
(x < −3 ; −1 < x < 1 ; x > 3)
Esercizio 3.2.5. Rappresentare graficamente la curva di equazione y = f(x) = (x − 2)3 + 1 partendodalla curva base y = x3; determinare, quindi, la funzione inversa f−1 e verificare che f ◦f−1 e la funzioneidentica.
(f−1(x) = 2 + 3√x− 1)
3.3 Tipi di funzioni
3.4 Operazioni
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3.5 Proprieta notevoli 9
3.5 Proprieta notevoli
Esercizio 3.5.1. Stabilire quali delle funzioni seguenti sono pari, dispari o nessuna delle due. E’ oppor-tuno considerare prima il campo di esistenza.
1. f1(x) = x 2. f2(x) = 2x2
3. f3(x) = x2 − 1 4. f4(x) = x3
5. f5(x) =√x 6. f6(x) =
1
x
7. f7(x) = |x| 8. f8(x) = |x|+ x
Esercizio 3.5.2 (*). Dimostrare che una funzione definita per tutti i numeri puo essere scritta comesomma di una funzione pari e una funzione dispari. Suggerimento: considerare la funzione
gp(x) =f(x) + f(−x)
2
Esercizio 3.5.3. Dimostrare che la somma di funzioni dispari e dispari e che la somma di funzioni parie pari.
Esercizio 3.5.4. Stabilire nei casi elencati quale sia il tipo della funzione prodotto dimostrando ilrisultato:
• prodotto di funzioni pari
• prodotto di funzioni dispari
• prodotto di una funzione pari per una funzione dispari
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Parte II
Funzioni Trascendenti
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Capitolo 4
Funzioni trascendenti
4.1 Funzioni esponenziali e logaritmiche
Esercizio 4.1.1. Tracciare un grafico approssimato delle funzioni.
1. y = 2|x|+1 2. y = 2|x| + 1 3. y = 2|x+1|
Esercizio 4.1.2. Risolvere le equazioni esponenziali.
1. 2(2x−1)(3x−2)25−8x4x(3x−1) = 162x(87+x)7−x
2.2
35x−1 + 5 · 5x − 5x+2 +
298
3= 0
3.√
8x + 4 · 2− x2 = 5 · 2 x
2 4. 9x+2 + 9x−2 = 82
5. 2 · 3x−√x2−1 − 9x+1−
√x2−1 + 75 = 0 6. 2|x| − 8 · 4|x|−1 + 1 = 0
Esercizio 4.1.3. Risolvere le equazioni logaritmiche.
1. 3log3 x = 2 · log 13
(1
3
)x2. log2(1 + x)− log2(1− x) = −1
3. log212
3x+ log 12
3x− 2 = 0 4. log3(x− 1)− log9 x2 + log√3
x
2= 0
Esercizio 4.1.4. Risolvere le disequazioni logaritmiche-esponenziali.
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4.1 Funzioni esponenziali e logaritmiche 12
1. log6(x− 1) + log6(x− 2) < 1 (?)
2. log 12(x2 + 2) + log2(x− 2) ≤ log 1
2(x+ 1) (?)
3. (log 12x)2 + log 1
2x− 2 ≥ 0 (?)
4. | ln(3x − 2)| < 1 (?)
Esercizio 4.1.5. Risolvere le disequazioni logaritmiche-esponenziali.
1. 3x ≥ 81 (x ≥ 4)
2.
(2
5
)x< 0 (∅)
3. (0, 1)x ≤ 100 (x ≥ −2)
4. 32x ≤ 16 (x ≤ 4
5)
5. 3√x+1 < 9 (−1 ≤ x < 3)
6.
{1− 61+x ≥ 0
3x + 5 > 0(x ≤ −1)
7.2x − 1
2x − 8≤ 0 (0 ≤ x < 3)
8. 32x − 10 · 3x + 9 < 0 (0 < x < 2)
9. 4x > 7 (x > log4 7)
10. 3x+1 + 3x−1 = 4x + 22x−1 (x = log 34
920 )
11.5
2
(2
5
) 1x
−(
5
2
)x+2
> 0 (x < 0)
12. 3x2 − 81 < 0 (−2 < x < 2)
13. 125x ≥ 25x
5(x ≥ −1)
14.
(1
2
)√9−x2
< 32 (−3 ≤ x ≤ 3)
15. 2− 1
51−2x=
1
251−2x(x = 1
2 )
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4.1 Funzioni esponenziali e logaritmiche 13
16.e2x − 1
ex≥ 0 (x ≥ 0)
17. 2x+2 − 2x+1 − 2x − 2x−1 − 2x−2 = 1 (x = 2)
18.32x − 4 · 3x + 3
|x| − 1≥ 0 (x < −1 ; x ≥ 0 ma x 6= 1)
19.3x − 2(15
)x − 3≥ 0 (log 1
53 < x ≤ log3 2)
20. log2 x ≥ x− 1 risolvi graficamente...
21. log2 x+ logx 2 = 174 (x = 4
√2 ; 24)
22. log2 log 12(x− 3) = 1 (x = 13
4 )
23. log3 x · logx 9 =√x+ 3 (∅)
24. log 12(x2 − 4x+ 3)− log 1
2(x− 2) ≥ log 1
2(x+ 1) (x > 3)
25. log log(x2 − 15) < 0 (4 < |x| < 5)
26. logx(2x− 1) > 1 (x > 12 ma x 6= 1)
Esercizio 4.1.6. Risolvere le disequazioni logaritmiche-esponenziali.
1. logx2
(x2 + 1
)≥ 0 (x < −1 ; x > 1)
2. log2 x2(
2x2
+√|x|)≤ 1 (∅)
3.x3 + 1−
√x+ 1
22x − 5 · 2x + 4(−1 ≤ x < 2 ma x 6= 0 ; x ≥ 3)
4. (ex − 1)(e2x − 5ex + 3) ≤ 0 (x < ln 32 )
5. log2x+1x−1 − log 1
2x2−3x+2x2+1 < 0 (−3 < x < 1 e x > 2
6. ex−e−x
2 > 1 (−1 ≤ x < 2 ma x 6= 0 ; x > ln(1 +√
2)
7. ln x+ln 2ln(15−4x) ≤ 2 (?)
8. log2(x2 − 3x+ 3) > 0 (?)
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4.1 Funzioni esponenziali e logaritmiche 14
9. log2x+1x−1 − log 1
2
(x+4)2
x2−1 < 0 (?)
10. |53x − 9| < 4 (?)
11. | ln x|(ln x−1)2 ≤
12 (?)
12. 25x − 2log2 6−1 < 5x−1 (?)
13.
√|1−ex|−1ex−4 ≥ 1 (?)
14. 20 ln2 x+ 31 lnx− 9 > 0 (?)
15. logx2(2 + x) < 1 (?)
16. (logx 2)(log2x 2)(log2 4x) > 1 (?)
17. log3|x2−4x|+3x2+|x−5| ≥ 0 (?)
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4.2 Funzioni goniometriche 15
4.2 Funzioni goniometriche
Esercizio 4.2.1. Calcolare il valore delle espressioni.
1. [cos( 32π − α) sin(2π − α)− sin(π2 + α) cos(π + α)]2 tanα cot(π + α)
2.sin π
6 + 1− cos π6sin π
3
−cos π3 +
√3−22
sin2 π4
Esercizio 4.2.2. Tracciare un grafico approsimato delle funzioni.
1. y = sin |2x|+ 3 2. y = 2 cos(π
4− x) 3. y = || tanx| − 1
Esercizio 4.2.3. Verificare le seguenti identita.
1. cos4 α− sin4 α = 2 cos2 α− 1 2.sin3 α− cos3 α
sinα− cosα= 1 + sinα cosα
3. sinα tanα+1
tanα= secα 4. cos2 α(tanα+ cotα) = cotα
5.
sinα+ 1
sinαcotα
=cotα
1− sinα
sinα
6.tan2 α− 1
tanα= (sinα− cosα)(
1
cosα+
1
sinα)
7. sin2 4α− sin2 2α = sin 6α sin 2α 8. cos2α− β
2− sin2 α+ β
2= cosα cosβ
9. tan 4α =4 tanα(1− tan2 α)
tan4 α− 6 tan2 α+ 110.
1− cotα tan(α− β)
cotα+ tan(α− β)= tanβ
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4.2 Funzioni goniometriche 16
Esercizio 4.2.4. Risolvere le equazioni.
1. sin 2x− cosx = 2 sinx− 1 2. sin2 x− 2 sinx cosx− (√
3 + 3) cos2 x = 0
3. 3 sinx−√
3 cosx+ 3 = 0 4. sin3 x+ cos3 x = 0
5. 3 + 3 cos 2x− sin2 x
2= 0 6. sin2(
π
4− 3x)− sin2 2x = 0
7. |sin x2| = 1− cosx 8. sin2 3x+ 2 cos2 3x+ cosx = −6
Esercizio 4.2.5. Risolvere le disequazioni.
1.4 sin2 x+ 2(1−
√3) sinx−
√3
| sinx|< 0 (?)
2.tan4 x− 9
| cosx| −√22
< 0 (−π4 +kπ < x < π4 +kπ ; π3 +kπ < x < 2
3π+kπma x 6= π
2 + kπ)
3.sinx+ cosx− 1
| tanx− 1|≥ 0 (2kπ ≤ x < dπ2 + 2kπ ma x 6= π
4+ 2kπ)
4.arcsin(x2 − 1)√18x2 − 9x+ 1
< 0 (−1 < x <1
6;
1
3< x < 1)
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4.3 Esercizi riassuntivi sulle funzioni trascendenti 17
4.3 Esercizi riassuntivi sulle funzioni trascendenti
Esercizio 4.3.1. Determinare il C.E. delle seguenti funzioni reali di variabile reale
1. f(x) = log|x−1|−2(2x2 − x− 3) (x < −1 ma x 6= −2 ; x > 3 ma x 6= 4)
2. f(x) = log2 log 14x (0 < x < 1)
3. f(x) = logx2 − 4|x|+ 3√
x(0 < x < 1 ; x > 3)
5. f(x) =
√x5 + 32
x4 + 3x2(x ≥ −2 ma x 6= 0)
6. f(x) =√x4 − 5x2 + 4 (x ≤ −2 ; −1 ≤ x ≤ 1 ; x ≤ 2)
7. f(x) =√
(1− 2 log2 x) log 12
5 (x ≥√
2)
8. f(x) =
√2x + 4
2x − 4
|5x − 1| log |x+ 1|(x ∈ R− {0,−1,−2})
9. f(x) =√
log2(x+ 1)− 3 (x ≥ 7)
10. f(x) =lnx√
1 + cosx(x > 0 ma x 6= π + 2kπ, k ∈ Z+)
11. f(x) =ln(1− sin2 x)
|xesin x|(x ∈ R∗ −
{π2 + kπ, k ∈ Z
})
12. f(x) =ln(| sinx+ cosx|)
32 sin x − 4 · 3sin x + 3(x ∈ R ma x 6= −π4 + kπ, kπ, π2 + 2kπ con k ∈ Z)
13. f(x) =
3
√1
x2 + 9
√x2 − 6x+ 12√∣∣∣∣2x+ 1
3− x
∣∣∣∣(x ∈ R−
{− 1
2 , 3}
)
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Parte III
Contributi
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Contributi e licenza
Erica Boatto Algebra I - Algebra II - InsiemiBeniamino Bortelli GraficiRoberto Carrer Numeri - Funzioni - Coordinatore progettoMorena De Poli Laboratorio matematicaPiero Fantuzzi Algebra I - Algebra II - InsiemiCaterina Fregonese Analisi (Integrazione) - EserciziCarmen Granzotto Funzioni - Analisi (Integrazione)Franca Gressini FunzioniBeatrice Hittahler Funzioni trascendenti - Geometria analitica -
Numeri complessi - AnalisiLucia Perissinotto Funzioni trascendenti - Geometria analitica -
Numeri complessi - AnalisiPietro Sinico Geometria I - Geometria II
La presente opera e distribuita secondo le attribuzioni della Creative Commons.
La versione corrente e la .In particolare chi vuole redistribuire in qualsiasi modo l’opera, deve garantire la presenza della prima dicopertina e della intera Parte Contributi composta dai paragrafi: Contributi e licenza.
Settembre 2009
Dipartimento di MatematicaITIS V.Volterra
San Dona di Piave
Matematica 4
Dipartimento di Matematica
ITIS V.VolterraSan Dona di Piave
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Indice
I Calcolo differenziale 1
1 Numeri reali 21.1 Insiemi di numeri reali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.2 Intorni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51.3 Completezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
2 Successioni numeriche reali 102.1 Successioni numeriche reali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
3 Limiti e funzioni continue 143.1 Generalita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 143.2 Teoremi sui limiti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 163.3 Operazioni sui limiti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 183.4 Continuita delle funzioni reali di variabile reale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193.5 Continuita delle funzioni elementari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 193.6 Limiti fondamentali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 263.7 Punti di discontinuita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31
3.7.1 Esercizi riassuntivi proposti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33
4 Derivate e funzioni derivabili 374.1 Definizione e significato geometrico di derivata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 374.2 Calcolo e regole di derivazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 384.3 Regola di De L’Hospital . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 444.4 Continuita e derivabilita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 464.5 Teoremi del calcolo differenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50
4.5.1 Esercizi riassuntivi proposti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53
5 Studio del grafico di una funzione reale 575.1 Campo di esistenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 575.2 Simmetrie e periodicita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 595.3 Segno della funzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 605.4 Limiti e asintoti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 635.5 Derivata prima e segno relativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 665.6 Derivata seconda e segno relativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71
5.6.1 Esercizi riassuntivi proposti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80
6 Integrazione 82
II Contributi 83
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Parte I
Calcolo differenziale
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Capitolo 1
Numeri reali
1.1 Insiemi di numeri reali
I concetti fondamentali dell’Analisi Matematica che ci apprestiamo a studiare – limiti, funzioni continue,derivate – si fondano sulle proprieta dei numeri reali e, in particolare, sulle proprieta degli insiemi dinumeri reali ; per questo iniziamo con un paragrafo che ne definisce la sostanza e le proprieta.
Definizione 1.1.1. Siamo a, b numeri reali con a < b, allora chiamiamo intervalli limitati i seguenti:
[a, b] = {x ∈ R | a ≤ x ≤ b} intervallo chiuso
]a, b[ = {x ∈ R | a < x < b} intervallo aperto
[a, b[ = {x ∈ R | a ≤ x < b}]a, b] = {x ∈ R | a < x ≤ b}
Definizione 1.1.2. Siano a un numero reale, allora chiamiamo intervalli illimitati i seguenti:
[a,+∞[ = {x ∈ R | x ≥ a}]a,+∞[ = {x ∈ R | x > a}
]−∞, a] = {x ∈ R | x ≤ a}]−∞, a[ = {x ∈ R | x < a}
Naturalmente possiamo definire ] − ∞,+∞[= R osservando che l’intero insieme dei reali puo essereconsiderato un intervallo.Useremo, anzi, abbiamo gia usato, tutti questi intervalli ma di particolare importanza risultano i primidue ai quali abbiamo dato un nome specifico.
Esempio 1.1.1. Studiare il campo di esistenza della funzione f(x) = ln(1− x2).Si tratta di risolvere la disequazione 1 − x2 > 0, che, dopo rapidi calcoli, fornisce la soluzione : ] − 1, 1[ cioe un intervalloaperto.
Esempio 1.1.2. Studiare il campo di esistenza della funzione g(x) =√
1− x2.Si tratta di risolvere la disequazione 1 − x2 ≥ 0, che, dopo rapidi calcoli, fornisce la soluzione : [−1, 1] cioe un intervallochiuso.
Esempio 1.1.3. Studiare il campo di esistenza della funzione h(x) =
√x+ 2
x− 1.
Si tratta di risolvere la disequazionex+ 2
x− 1≥ 0, che, dopo rapidi calcoli, fornisce la soluzione : ] −∞,−2]∪ ]1,+∞[ cioe
l’unione di intervalli illimitati.
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1.1 Insiemi di numeri reali 3
Gli insiemi di numeri reali possono essere molto piu complicati di un semplice intervallo o anche diunioni di intervalli. Per esempio si considerino gli insiemi A = {x ∈ R | x = 1
n ; n ∈ N∗} oppureB = {x ∈ R | x irrazionale}: non sono certamente un intervallo. In ogni caso possiamo dare alcunedefinizioni che ci aiuteranno perlomeno a catalogarli.
Definizione 1.1.3. Sia A ⊆ R un insieme di numeri reali; diciamo che A e superiormente limitato se∃ c ∈ R | ∀x ∈ A : x ≤ c. In questo caso c si dice maggiorante di A. Diciamo che A e inferiormentelimitato se ∃ c ∈ R | ∀x ∈ A : x ≥ c. In questo caso c si dice minorante di A. Diciamo che A e limitatose lo e superiormente e inferiormente. Un insieme che non sia limitato (superiormente, inferiormente) sidice illimitato (superiormente, inferiormente).
E’ evidente che se esiste un maggiorante (minorante) di A allora ne esistono infiniti.
Esempio 1.1.4. Sia A = [−1, 1[; A e certamente limitato; infatti −1 e un minorante e 1 e un maggiorante.
Dall’esempio notiamo che i maggioranti (minoranti) non necessariamente appartengono all’insieme.
Esempio 1.1.5. B = {x ∈ R | x ∈ N} = {0, 1, 2, · · · }; e limitato inferiormente con 0 minorante; non e limitatosuperiormente1.
Esempio 1.1.6. A = {x ∈ R | x =1
n: n ∈ N∗} = {1,
1
2,
1
3, · · · ,
1
n, · · · }; e limitato superiormente con 1 maggiorante; e
limitato inferiormente perche l’insieme contiene solo numeri positivi e quindi un qualsiasi numero negativo e minorante; maanche 0 e minorante perche certamente 0 < 1
n∀n ∈ N∗. Possiamo osservare che 0 e il piu grande fra i minoranti.
L’esercizio precedente ci suggerisce che se un maggiorante appartiene all’insieme allora altri non vi possonoappartenere perche non sarebbero piu maggioranti; analogamente per i minoranti. Abbiamo percio ladefinizione:
Definizione 1.1.4. Sia A ⊆ R un insieme di numeri reali; se A e superiormente limitato e c ∈ A eun maggiorante allora c e unico e si dice il massimo di A. Se A e inferiormente limitato e c ∈ A e unminorante allora c e unico e si dice il minimo di A.
L’esempio 1.1.6 mostra che l’insieme A ha massimo 1 ma non ha minimo: questo perche il piu grandefra i minoranti, 0, non appartiene all’insieme. Come dire: l’insieme A non ha un primo elemento ma haun ultimo elemento (1).
Esempio 1.1.7.
A = [−1, 2] minimo = −1 massimo = 2
C =]− 1, 2] minimo 6 ∃ massimo = 2
C =]− 1, 2[ minimo 6 ∃ massimo 6 ∃D =]− 1,+∞[ minimo = −1 massimo 6 ∃
L’esempio 1.1.7 mostra che l’intervallo aperto non ha ne massimo ne minimo pero i numeri −1 e 2 chesono rispettivamente il piu grande minorante e il piu piccolo maggiorante, sono una specie di surrogatodi minimo e massimo. Diamo percio la definizione:
Definizione 1.1.5. Sia A ⊆ R un insieme di numeri reali; se esiste c ∈ R che sia il massimo fra iminoranti questo si dice l’estremo inferiore di A e si indica con inf A. Se esiste c ∈ R che sia il minimofra i maggioranti questo si dice l’estremo superiore di A e si indica con supA.
Esempio 1.1.8. A = [−2, 5[; e limitato inferiormente con minorante −2 che appartiene all’insieme e quindi ne e il minimo.E’ limitato superiormente perche 5 e un maggiorante. Non e il massimo perche non appartiene all’insieme. Dimostriamoche 5 e l’estremo superiore: [5,+∞[ e l’insieme di tutti i possibili maggioranti; osserviamo che ha minimo 5 che quindi e ilminimo fra i maggioranti.
1Lo studente e in grado di fornirne una dimostrazione?
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1.1 Insiemi di numeri reali 4
Purtroppo non e sempre cosı semplice dimostrare che un certo numero e l’estremo superiore (o inferiore)di un insieme. Riprendiamo in considerazione una semplice variante l’esempio 1.1.6:
Esempio 1.1.9. A = {x ∈ R | x = 1 +1
n: n ∈ N∗} = {1 + 1, 1 +
1
2, 1 +
1
3, · · · , 1 +
1
n, · · · } Banalmente 2 e il massimo.
Invece il minimo non esiste pero 1 e un buon candidato per essere estremo inferiore. E’ un minorante perche tutti i numeridel tipo 1+ 1
nsono maggiori2 di 1 pero non e immediato percepire che sia anche il massimo fra i minoranti e questo perche il
nostro insieme, stavolta, non e un intervallo. In effetti non tutti i numeri maggiori di 1 appartengono all’insieme e quindi sipotrebbe dubitare del fatto che 1 sia proprio il piu grande fra i minoranti. In ogni caso se dimostriamo che i numeri maggioridi 1 non sono minoranti siamo a posto. Per assurdo supponiamo che esista un numero 1 + ε > 1 che sia maggiorante di A;questo implica che 1 + ε > x, ∀x ∈ A, cioe 1 + ε > 1 + 1
n, da cui ε > 1
n∀n ∈ N∗ e quindi n > 1
ε∀n ∈ N∗; ma quest’ultima
disuguaglianza ha molte soluzioni e quindi il nostro 1 + ε non puo essere maggiorante e abbiamo un assurdo.
Come si vede la dimostrazione che un numero e estremo inferiore (o superiore) non e immediata e comel’esempio illustra, la tecnica usata per la dimostrazione non e il richiamo alla definizione di estremoinferiore (o superiore) ma una applicazione del teorema seguente (la cui dimostrazione lasciamo peresercizio):
Teorema 1.1.1. L’estremo superiore di un insieme di numeri reali A e l’unico numero c, se esiste, cheha le seguenti proprieta:
1. c e un maggiorante
2. qualunque sia ε > 0, c− ε non e maggiorante di A
Analogamente si ha
Teorema 1.1.2. L’estremo inferiore di un insieme di numeri reali A e l’unico numero c, se esiste, cheha le seguenti proprieta:
1. c e un minorante
2. qualunque sia ε > 0, c+ ε non e minorante di A
A questo punto e lecito porsi la domanda: ma quali sono le condizioni perche inf A e supA esistano?A questa domanda risponderemo in dettaglio nel paragrafo 1.3 ma riassumiamo quı le proprieta sinoraesposte.
Riassumendo: Sia A un insieme di numeri reali; se A e limitato superiormente allora ammette supAche e unico; se supA ∈ A allora e anche massimo. Se A e limitato inferiormente allora ammette inf A chee unico; se inf A ∈ A allora e anche minimo.
Esercizi
Esercizio 1.1.1. Determinare (se esistono) l’estremo superiore, l’estremo inferiore, il minimo, e ilmassimo dei seguenti insiemi:
1. A1 = {x ∈ R | x =2n+ 5
5n, n ∈ N∗}
2. A− 2 = {x ∈ R | x =n− 1
n+ 1, n ∈ N∗}
3. A3 = {x ∈ R | x = (−1)nn− 1
n, n ∈ N∗}
4. A4 = {x ∈ R | x = 1− 3n, n ∈ N∗}
5. A− 5 = {z ∈ R | z =x
yx, y ∈]1, 2]}
2Facile dimostrazione.
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1.2 Intorni 5
1.2 Intorni
Quando possiamo dire che due numeri (punti) reali sono vicini o lontani? Questo e certamente un concettorelativo: per esempio i numeri 3, 14 e 3, 15 sono vicini se sono misure in metri (la differenza e 0, 01 cioe 1cm) di qualche grandezza ma sono lontani se sono misure in anni-luce (quanto sara la differenza in m?).Risulta che la nozione importante e quella di piu vicino o meno vicino piuttosto che la reale consistenzanumerica della vicinanza. A questo proposito e fondamentale la definizione seguente:
Definizione 1.2.1. Si dice intorno di un numero (punto) x ∈ R un qualsiasi sottoinsieme U ⊆ R checontenga un intervallo aperto contenente x.
In sostanza vogliamo che sia : x ∈]a, b[⊆ U ⊆ R. La richiesta di questa doppia inclusione sembrainutilmente complicata; in realta la definizione consente di avere come intorni di un punto anche insiemimolto complicati: la cosa non e importante, basta che contenga un intervallo aperto con dentro il punto.
Esempio 1.2.1. Sia x = 1 allora i seguenti sono tutti intorni di x:
1. U1 =]0, 2[
2. U2 =]0.2, 1.3[
3. U3 = [0, 3]
4. U4 = [−1,+∞[
mentre i seguenti non sono intorni di x:
1. U5 =]1, 2[
2. U6 =]0.2, 1[
3. U7 = [0, 1]
4. U8 = [−1, 0]∪]2,+∞[
5. U9 =]− 1, 0] ∪ {1}L’insieme U9 non e intorno di 1 nonostante 1 ∈ U9 perche, in qualche modo, quest’ultimo e isolato.
La nozione di intorno ci permette di avvicinarci ad un numero sempre piu: basta considerare unasuccessione di intorni del numero via via piu piccoli: per il numero 1, per esempio, possiamo consideraregli intorni del tipo ]a, b[ con 0 < a < 1 e 1 < b < 2.
A volte torna utile definire anche intorni parziali di un numero:
Definizione 1.2.2. Si dice intorno destro di un numero (punto) x ∈ R un qualsiasi sottoinsieme U ⊆ Rche contenga un intervallo aperto a destra che abbia x come estremo inferiore. Si dice intorno sinistro diun numero (punto) x ∈ R un qualsiasi sottoinsieme U ⊆ R che contenga un intervallo aperto a sinistrache abbia x come estremo superiore.
Esempio 1.2.2. Sia x = 1 allora [−2, 1] e intorno sinistro e ]1, 5[ e intorno destro di 1.
Risultera utile il seguente:
Teorema 1.2.1. L’unione e l’intersezione di due intorni (o di un numero finito d’intorni) di un numeroe anch’essa intorno del numero.
Lasciamo la dimostrazione allo studente pignolo.Saranno molto usate anche le seguenti:
Definizione 1.2.3. Si dice intorno di piu infinito un qualsiasi sottoinsieme U ⊆ R che contenga unintervallo illimitato a destra (]a,+∞[). Si indica usualmente con U+∞. Si dice intorno di meno infinitoun qualsiasi sottoinsieme U ⊆ R che contenga un intervallo illimitato a sinistra (] − ∞, b[).Si indicausualmente con U−∞. Si dice intorno di infinito un qualsiasi sottoinsieme U ⊆ R che contenga unintervallo illimitato a sinistra (]−∞, b[) e un intervallo illimitato a destra (]a,+∞[). Si indica usualmentecon U∞.
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1.2 Intorni 6
Consideriamo il seguente problema: l’intervallo U =]0, 1[, come sottoinsieme di numeri reali, e intornodi tutti i propri punti? La risposta e certamente sı; infatti se c ∈]0, 1[ abbiamo la catena di inclusionic ∈]0, 1[⊆]0, 1[ e quindi, per definizione, U e intorno di c. Invece, se consideriamo l’insieme U1 =]0, 1] ⊆ Rnon possiamo dire altrettanto: il problema e che l’insieme U1 e solamente intorno sinistro del numero1 e quindi non possiamo affermare che e intorno di tutti i propri punti. Questa osservazione porta allaseguente, importante, definizione:
Definizione 1.2.4. L’insieme A ⊆ R di numeri reali si dira aperto se e intorno di tutti i suoi punti.L’insieme B ⊆ R di numeri reali si dira chiuso se il suo complementare in R 3 e aperto.
La nozione di insieme aperto/chiuso risulta essere molto importante nello studio dell’analisi ma questofatto non puo essere reso esplicito ora; lo sara piu avanti quando si saranno studiate ulteriori proprietadelle funzioni.
Valgono i seguenti teoremi (che lasciamo da dimostrare al solito studente volenteroso):
Teorema 1.2.2. L’intersezione di un numero finito e l’unione di un numero qualsiasi di insiemi apertie un insieme aperto.
Teorema 1.2.3. L’intersezione di un numero qualsiasi e l’unione di un numero finito di insiemi chiusie un insieme chiuso.
L’ultima nozione importante per lo studio dell’analisi riguarda i numeri che risultano infinitamentevicini ad un certo insieme. Questo ci consente di avvicinarci quanto vogliamo al numero in questionesempre rimanendo dentro l’insieme. Vediamo la definizione:
Definizione 1.2.5. Sia A ⊆ R e c ∈ R. Si dice che c e un punto di accumulazione per A se in ogniintorno di c cadono infiniti punti di A. Non e necessario che c ∈ A.
Esempio 1.2.3. Sia A =]1, 2[, allora 1 e punto di accumulazione per A. Infatti, se U e intorno qualsiasi di 1, conterra unintervallo ]a, b[ tale che a < 1 < b e quindi in questo intervallo cadono tutti i numeri compresi fra 1 e b se b < 2 altrimentitutti i numeri compresi fra 1 e 2: in ogni caso infiniti numeri di A. Per la stessa ragione anche 2 e punto di accumulazione perA. Osserviamo che 1 e 2 non appartengono ad A. Osserviamo anche che ogni altro punto di A e banalmente di accumulazioneper A.
Non sempre le cose sono cosı semplici.
Esempio 1.2.4. Sia A = {x ∈ R | x =1
n, n ∈ N∗} = {1,
1
2, · · · ,
1
n, · · · }. Facciamo vedere che 0 e di accumulazione per
A. Se U e un qualsiasi intorno di 0 allora contiene un intervallo aperto che contiene 0 e quindi sara del tipo ]a, b[ cona < 0 e b > 0. E’ evidente che nell’intervallo ]0, b[ cadono infiniti numeri di A: infatti bastera vedere per quali valori di n
e soddisfatta la1
n< b; risolvendo si ha: n >
1
be quindi sono infiniti. Intutivamente la cosa e del tutto chiara: i numeri 1
n
positivi diventando sempre piu piccoli si avvicinano a 0 sempre di piu.Osserviamo che l’insieme A, contrariamente al caso dell’esercizio precedente, non ha altri punti di accumulazione.
Dimostriamo, ad esempio, che1
3non e di accumulazione: ricordiamo che la definizione di punto di accumulazione prescrive
che in ogni intorno del numero cadano infiniti punti di A; se noi troviamo anche un solo intorno che non soddisfa la proprieta
allora il punto non e di accumulazione. Sia U intorno di1
3, e supponiamo che U contenga l’intervallo aperto ]0.3, 0.4[ e
subito evidente che in questo intervallo cade un solo il numero di1
3: quindi il numero non e di accumulazione. Con analoga
dimostrazione si procede per gli altri.
Osservazione importante Spesso si deve considerare quello che accade per numeri infinitamente grandi(positivi, negativi o entrambi) e quindi diventa comodo supporre che questi infiniti siano punti e sianodi accumulazione per un insieme A. Si tratta di una pura convenzione di linguaggio poiche gli infinti
3Come noto dal biennio, il complementare di un insieme A contenuto in un insieme B e l’insieme dei punti di B tolti ipunti di A.
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1.2 Intorni 7
non sono numeri. In effetti se un insieme e, ad esempio, superiormente illimitato contiene numeri chesono arbitrariamente grandi, senza alcun limite: e quindi possibile avvicinarsi all’infinito quanto si vuolesempre rimanendo all’interno dell’insieme; in questo caso e comodo dire che l’infinito e di accumulazioneper l’insieme. In generale, quando diciamo che c e un’accumulazione intendiamo che puo essere un numeroqualsiasi o un infinito.
Esercizi
Esercizio 1.2.1. Studiare i seguenti insiemi (limitati superiormente, inferiormente, estremo superiore-inferiore, massimo-minimo, punti di accumulazione):
1. A = {x ∈ R | x =2n+ 5
5n, n ∈ N∗}
2. B = {x ∈ R | x =n2 − 1
n2, n ∈ N∗}
3. C = {x ∈ R | x = 1− 3n, n ∈ N∗}
4. D = {z ∈ R | z =x
yx, y ∈]1, 2]}
5. E =]− 1, 0[∪]0, 1]
6. F =]1,+∞[
7. G = [1, 3[∪{4}
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1.3 Completezza 8
1.3 Completezza
In questo paragrafo riprendiamo brevemente la discussione sui numeri reali iniziata nel volume Matema-tica 3. Nel capitolo Numeri abbiamo discusso le 12 proprieta fondamentali dei numeri che consentono losviluppo dell’algebra. Per affrontare i temi dell’Analisi Matematica, compito di questo volume, abbiamobisogno, come gia anticipato, di una ulteriore proprieta (assioma) che permette di distinguere decisamentefra numeri razionali (frazioni) e numeri reali. Riportiamo per comodita le prime 12 proprieta enunciatedei numeri:Siano a, b, c numeri qualsiasi e P l’insieme dei numeri positivi.
a+ (b+ c) = (a+ b) + c Associativa della somma (P.1)
a+ 0 = 0 + a = a Elemento neutro della somma (P.2)
a+ (−a) = (−a) + a = 0 Esistenza opposto (P.3)
a+ b = b+ a Commutativa della somma (P.4)
a(bc) = (ab)c Associativa del prodotto (P.5)
a1 = 1a Elemento neutro del prodotto (P.6)
aa−1 = a−1a = 1 Esistenza inverso (P.7)
ab = ba Commutativa del prodotto (P.8)
a(b+ c) = ab+ ac Distributiva (P.9)
Dove e a 6= 0 nel caso P.7.
Legge di tricotomia (P10)
Per ogni numero a, vale una sola delle seguenti:
a = 0 (i)
a ∈ P (ii)
−a ∈ P (iii)
Se a ∈ P e b ∈ P, allora a+ b ∈ P Chiusura per la somma (P11)
Se a ∈ P e b ∈ P, allora ab ∈ P Chiusura per il prodotto (P12)
Come gia osservato, queste proprieta non permettono di distinguere fra razionali e reali. Per esem-pio, la
√2 e tutte le radici di numeri che non sono quadrati non e razionale e questo sarebbe gia un
motivo sufficiente per la loro introduzione; ma lo studio dell’analisi matematica ci pone un problemaaltrettanto spinoso: se un insieme di numeri e limitato superiormente allora esiste l’estremo superiore? eanalogamente, se un insieme di numeri e limitato inferiormente allora esiste l’estremo inferiore?
Esistenza dell’estremo superiore
Se A ⊆ R, A 6= ∅, e A e limitato superiormente, allora A ha un estremo superiore. (P.13)
L’esistenza dell’estremo superiore va postulata, non e dimostrabile. Con questo assioma distinguiamodefinitivamente i numeri razionali dai reali nel senso che per i razionali questo assioma non vale. Peresempio l’insieme dei razionali che soddisfano la disequazione x2 < 2 e certamente superiomente limitatoperche, per esempio, 3 e un maggiorante, ma non esiste il minimo fra i maggioranti perche dovrebbeessere proprio la radice di 2 che non e razionale.
L’esistenza dell’estremo inferiore per gli insiemi inferiormente limitati non occorre sia postulata, sipuo dimostrare a partire da P.13.
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1.3 Completezza 9
Teorema 1.3.1. Sia A ⊆ R, A 6= ∅ limitato inferiormente. Sia B l’insieme di tutti i minoranti di A.Allora B 6= ∅, B e limitato superiormente e l’estremo superiore di B e l’estremo inferiore di A.
Dimostrazione. Lasciata per esercizio.
Vale, ovviamente, anche il seguente
Teorema 1.3.2. Se un insieme ha un estremo superiore (inferiore), questi e unico.
Dimostrazione. Per assurdo, se A ammette due estremi superiori, diciamo x e y allora si avrebbe x ≤ yperche y e un maggiorante e x e il piu piccolo maggiorante; ma si avrebbe anche y ≤ x perche x e unmaggiorante e y e il piu piccolo maggiorante; percio x = y. Analogamente per l’estremo inferiore.
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Capitolo 2
Successioni numeriche reali
2.1 Successioni numeriche reali
Definizione 2.1.1. Diremo successione una funzione definita in N.
Definizione 2.1.2. Diremo successione numerica reale una funzione definita da N in R.
Con le consuete notazioni relative alle funzioni scriveremo:
s : N→ Rn 7−→ an
Si conviene di definire termine generale della successione l’immagine an in cui n viene chiamato indice;inoltre spesso si indentifica la successione con l’insieme delle sue immagini, cioe
a0, a1, a2, ..., an, ...
o, sinteticamente,{an}n∈N
Definizione 2.1.3. Diremo che la successione numerica reale {an}n∈N converge (oppure e convergente)a l∈ R se
∀ ε > 0,∃n ∈ N|∀n > n⇒ |an − l| < ε
In pratica, tutti i termini della successione da un certo punto in poi ( proprio da n in avanti) risultanocompresi fra l − ε e l + ε perche la loro distanza da l e inferiore ad ε.
Per ogni scelta di ε positivo e sempre possibile trovare un n opportuno e la definizione risulta tantopiu interessante quanto piu ε e piccolo poiche in quel caso si rende ancor piu evidente la ‘vicinanza’ deglian (da n in poi) ad l.
In tal caso scriveremolim
n→+∞an = l
Definizione 2.1.4. Diremo che la successione numerica reale {an}n∈N diverge (oppure e divergente) se
∀M > 0,∃n ∈ N|∀n > n⇒ |an| > M ;
diremo che diverge (oppure e divergente) positivamente se
∀M > 0,∃n ∈ N|∀n > n⇒ an > M ;
diremo che diverge (oppure e divergente) negativamente se
∀M > 0,∃n ∈ N|∀n > n⇒ an < −M
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2.1 Successioni numeriche reali 11
In pratica, tutti i termini della successione da un certo punto in poi ( proprio da n in avanti) risultanomaggiori di M oppure minori di −M perche diventano in valore assoluto grandi a piacere.
Per ogni scelta di M positivo e sempre possibile trovare un n opportuno e la definizione risulta tantopiu interessante quanto piu M e grande poiche in quel caso si rende ancor piu evidente l’ ‘aumentare’degli an (da n in poi).
In tali casi scriveremo, rispettivamente,
limn→+∞
an =∞
limn→+∞
an = +∞
limn→+∞
an = −∞
Altrimenti, diremo che la successione numerica reale {an}n∈N e indeterminata .
Esempio 2.1.1. Discutere il carattere (cioe dire se e convergente, divergente o indeterminata) della successione ditermine generale
an =1
n.
Calcoliamo il valore dei primi termini della successione (osserviamo che il minimo valore di n e 1):
a1 = 1, a2 =1
2, a3 =
1
3, a4 =
1
4, a5 =
1
5, ...
la successione converge a 0 poiche
∀ ε > 0,∃n ∈ N|∀n > n⇒ |1
n− 0| < ε
infatti la disequazione
n >1
ε
e evidentemente verificata, per ogni scelta di ε, da tutti i naturali maggiori di n che per primo supera 1ε.
0 1 2 3 4 5
1
2
3
4
x
y
Esempio 2.1.2. Discutere il carattere della successione di termine generale
an =n+ 1
n+ 2.
Calcoliamo il valore dei primi termini della successione (osserviamo che il minimo valore di n e 0):
a0 =1
2, a1 =
2
3, a2 =
3
4, a3 =
4
5, a4 =
5
6, ...
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2.1 Successioni numeriche reali 12
osserviamo che possiamo riscrivere il termine generale
an =n+ 1
n+ 2=
(n+ 2)− 1
n+ 2= 1−
1
n+ 2
ed i primi termini
a0 = 1−1
2, a1 = 1−
1
3, a2 = 1−
1
4, a3 = 1−
1
5, a4 = 1−
1
6, ...
la successione converge a 1 poiche
∀ ε > 0, ∃n ∈ N|∀n > n⇒ |1−1
n+ 2− 1| < ε
infatti la disequazione
n+ 2 >1
ε
e evidentemente verificata, per ogni scelta di ε, da tutti i naturali maggiori di n che per primo supera 1ε− 2.
Esempio 2.1.3. Discutere il carattere della successione di termine generale
an = e1n .
Calcoliamo il valore dei primi termini della successione (osserviamo che il minimo valore di n e 1):
a1 = e, a2 = e12 =√e, a3 = e
13 = 3
√e, a4 = e
14 = 4
√e, a5 = e
15 = 5
√e, ...
la successione converge a 1 poiche
∀ ε > 0,∃n ∈ N|∀n > n⇒ |e1n − 1| < ε
infatti la disequazione
1− ε < e1n < 1 + ε
e equivalente a
ln(1− ε) <1
n< ln(1 + ε)
ove non e restrittivo porre 1 − ε > 0 (essendo ε piccolo a piacere) e si osserva che essendo ln(1 − ε) < 0 la prima partedella disequazione e sempre soddisfatta; per risolvere la seconda parte della stessa passiamo ai reciproci cambiando verso eotteniamo
n >1
ln(1 + ε)
la quale e evidentemente verificata, per ogni scelta di ε, da tutti i naturali maggiori di n che per primo supera 1ln(1+ε)
.
Esempio 2.1.4. Discutere il carattere della successione di termine generale
an =n2 − 4
n+ 2.
Calcoliamo il valore dei primi termini della successione (osserviamo che il minimo valore di n e 0) e riscriviamo iltermine generale
an =n2 − 4
n+ 2=
(n+ 2)(n− 2)
n+ 2= n− 2
ed i primi terminia0 = −2, a1 = −1, a2 = 0, a3 = 1, a4 = 2, ...
la successione diverge a +∞ poiche
∀M > 0,∃n ∈ N|∀n > n⇒ n− 2 > M
infatti la disequazionen− 2 > M
e evidentemente verificata, per ogni scelta di M , da tutti i naturali maggiori di n che per primo supera M + 2.
Esempio 2.1.5. Discutere il carattere della successione di termine generale
an = lnn.
Calcoliamo il valore dei primi termini della successione (osserviamo che il minimo valore di n e 1):
a1 = 0, a2 = ln 2, a3 = ln 3, a4 = ln 4, a5 = ln 5, ...
la successione diverge a +∞ poiche
∀M > 0, ∃n ∈ N|∀n > n⇒ lnn > M
infatti la disequazionelnn > M
e evidentemente verificata, per ogni scelta di M , da tutti i naturali maggiori di n che per primo supera eM .
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2.1 Successioni numeriche reali 13
Esempio 2.1.6. Discutere il carattere (cioe dire se e convergente, divergente o indeterminata) della successione di terminegenerale
an = cosnπ.
Calcoliamo il valore dei primi termini della successione (osserviamo che il minimo valore di n e 0):
a0 = 1, a1 = −1, a2 = 1, a3 = −1, a4 = 1, ...
la successione e indeterminata poiche risultaan = (−1)n
che per n pari vale 1 e per n dispari vale -1.
Esempio 2.1.7. Discutere il carattere della successione di termine generale
an = 2(−1)nn.
Calcoliamo il valore dei primi termini della successione (osserviamo che il minimo valore di n e 0):
a0 = 1, a1 =1
2, a2 = 4, a3 =
1
8, a4 = 16, ...
la successione e indeterminata poiche risultaan = 2n
per n pari e
an =1
2n
per n dispari.
Studiare il carattere delle seguenti successioni numeriche reali di cui e dato il termine generale:
1. an =3n− 2
2n− 3
[convergente a 32 ]
2. an = e−n2
[convergente a 0]
3. an = ln(5n+ 7)
[divergente positivamente]
4. an = sin(nπ2 )
[indeterminata]
5. an = (−1)n tan 1n
[convergente a 0]
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Capitolo 3
Limiti e funzioni continue
3.1 Generalita
Introduciamo il capitolo con l’esempio storicamente significativo del calcolo della lunghezza della circon-ferenza. Affrontiamo il problema costruendo i poligoni regolari inscritti e circoscritti alla circonferenzaosservando che:
• il perimetro di qualunque poligono inscritto e minore del perimetro di qualunque poligono circo-scritto;
• aumentando il numero dei lati dei poligoni, diminuisce la differenza fra i perimetri dei poligoni conlo stesso numero di lati, rispettivamente inscritto e circoscritto;
Dalle osservazioni fatte ne consegue che i 2 insiemi dei perimetri dei poligoni, rispettivamente inscrittie circoscritti, costituiscono 2 classi di grandezze contigue che ammettono quindi un unico elemento diseparazione: proprio la lunghezza della circonferenza.Dal punto di vista dell’Analisi il problema potrebbe essere affrontato mediante la costruzione di 2successioni, rispettivamente i perimetri dei poligoni regolari inscritti e circoscritti:
s3, s4, s5, ...
S3, S4, S5, ...
si puo dimostarare, con l’uso della trigonometria, che tali successioni sono convergenti verso lo stessovalore L che quindi si assume come lunghezza della circonferenza. Cio significa che
∀ ε > 0,∃n ∈ N|∀n > n⇒ |sn − L| < ε
e, analogamente, che∀ ε > 0,∃n ∈ N|∀n > n⇒ |Sn − L| < ε
cioe, come abbiamo gia visto, si scrive anche
limn→+∞
sn = L
e, analogamente,lim
n→+∞Sn = L.
Cercheremo nel seguito di generalizzare il procedimento suesposto ad una qualunque funzione realedi variabile reale.
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3.1 Generalita 15
Definizione 3.1.1. Sia y = f(x) una funzione reale di variabile reale di dominio D e sia c un’accumu-lazione per D; diremo che
limx→c
f(x) = l
se∀Vl,∃Uc|∀x ∈ Uc ∩D− {c} ⇒ f(x) ∈ Vl
cioe, fissato comunque un intorno del limite, deve esistere un intorno dell’accumulazione tale che, presoun qualunque punto x appartenente a tale intorno e al dominio, esclusa al piu l’accumulazione stessa,accade che la sua immagine appartiene all’intorno del limite inizialmente considerato
La definizione generale appena data si traduce nei casi particolari come segue:
• limite finito per una funzione in un punto cioe l, c ∈ R:
limx→c
f(x) = l
se∀ ε > 0,∃Uc|∀x ∈ Uc ∩D− {c} ⇒ |f(x)− l| < ε
• limite finito per una funzione all’infinito cioe l ∈ R, c =∞:
limx→∞
f(x) = l
se∀ ε > 0,∃U∞|∀x ∈ U∞ ∩D⇒ |f(x)− l| < ε
• limite infinito per una funzione in un punto cioe c ∈ R, l =∞:
limx→c
f(x) =∞
se∀M > 0,∃Uc|∀x ∈ Uc ∩D− {c} ⇒ |f(x)| > M
• limite infinito per una funzione all’infinito cioe l, c =∞:
limx→∞
f(x) =∞
se∀M > 0,∃U∞|∀x ∈ U∞ ∩D⇒ |f(x)| > M
Osservazione. Di particolare utilita risultano, in taluni casi, le definizioni di limite destro e sinistro in unpunto c: diremo che
limx→c+
f(x) = l
se∀Vl,∃Uc|∀x ∈ Uc ∩D ∩ {x ∈ R|x > c} ⇒ f(x) ∈ Vl
e lo chiameremo limite destro della funzione in c. Analogamente si definisce il limite sinistro di f(x) in c.
Esempio 3.1.1. Usando la definizione di limite, verificare che
limx→2
x2 − 5x+ 6
x− 2= −1
∀ ε > 0, ∃U2|∀x ∈ U2 ∩ R∗ − {2} ⇒∣∣∣x2−5x+6
x−2+ 1∣∣∣ < ε
Risolviamo la disequazione∣∣∣x2−5x+6
x−2+ 1∣∣∣ < ε ottenendo
∣∣∣ (x−2)(x−3)x−2
+ 1∣∣∣ < ε da cui |(x− 3) + 1| < ε ed infine
|x− 2| < ε
che rappresenta l’intorno di 2 cercato.
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3.2 Teoremi sui limiti 16
Esempio 3.1.2. Usando la definizione di limite, verificare che
limx→∞
1
x2 + 2= 0
∀ ε > 0, ∃U∞|∀x ∈ U∞ ∩ R⇒∣∣∣ 1x2+2
∣∣∣ < ε
Risolviamo la disequazione∣∣∣ 1x2+2
∣∣∣ < ε ottenendo x2 + 2 > 1ε
da cui x2 > 1ε− 2 ed infine
x < −√
1
ε− 2, x >
√1
ε− 2
che rappresenta l’intorno di ∞ cercato.
Esempio 3.1.3. Usando la definizione di limite, verificare che
limx→−5
ln(x+ 5)2 = −∞
∀M > 0, ∃U−5|∀x ∈ U−5 ∩ R− {−5} ⇒ ln(x+ 5)2 < −MRisolviamo la disequazione ln(x+ 5)2 < −M ottenendo (x+ 5)2 < e−M da cui −
√e−M < x+ 5 <
√e−M ed infine
−5−√e−M < x < −5 +
√e−M
che rappresenta l’intorno di −5 cercato.
Esempio 3.1.4. Usando la definizione di limite, verificare che
limx→−∞
√1− x = +∞
∀M > 0, ∃U−∞|∀x ∈ U−∞∩]−∞, 1]⇒√
1− x > MRisolviamo la disequazione
√1− x > M ottenendo 1− x > M2 da cui −x > M2 − 1 ed infine
x < 1−M2
che rappresenta l’intorno di −∞ cercato.
3.2 Teoremi sui limiti
Teorema 3.2.1 (Teorema di unicita del limite). Il limite di una funzione f(x), reale di variabile reale,per x che tende ad una accumulazione c per il suo dominio D, se esiste, e unico.
Dimostrazione. Supponiamo, per assurdo, che il limite non sia unico. Nel caso finito, si avrebbe l1 6= l2ossia, per esempio, l1 < l2; per definizione di limite si ha
∀ ε > 0,∃U1c |∀x ∈ U1
c ∩D− {c} ⇒ |f(x)− l1| < ε
∀ ε > 0,∃U2c |∀x ∈ U2
c ∩D− {c} ⇒ |f(x)− l2| < ε
cioe∀ ε > 0,∃U1
c |∀x ∈ U1c ∩D− {c} ⇒ l1 − ε < f(x) < l1 + ε
∀ ε > 0,∃U2c |∀x ∈ U2
c ∩D− {c} ⇒ l2 − ε < f(x) < l2 + ε
in particolare in U1c ∩ U2
c ∩D risulta che
l2 − ε < f(x) < l1 + ε
cioe anchel2 − ε < l1 + ε
ovverol2 − l1 < 2ε
che contraddice l’ipotesi che ε sia positivo piccolo a piacere.In maniera del tutto analoga si lavora nel caso infinito.
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3.2 Teoremi sui limiti 17
Teorema 3.2.2 (Teorema della permanenza del segno). Se una funzione f(x), reale di variabile reale,per x che tende ad una accumulazione c per il suo dominio, ha limite non nullo allora esiste un intornodi c in cui la funzione assume lo stesso segno del suo limite.
Dimostrazione. Supponiamo che il limite esista finito e positivo. Per definizione di limite si ha
∀ ε > 0,∃Uc|∀x ∈ Uc ∩D− {c} ⇒ |f(x)− l| < ε
cioe∀ ε > 0,∃Uc|∀x ∈ Uc ∩D− {c} ⇒ l − ε < f(x) < l + ε
in particolare per ε = l2 risulta che
l − l
2< f(x)
ovvero
f(x) >l
2> 0
Analogamente si lavora nel caso finito e negativo e nei casi infiniti.
Teorema 3.2.3 (Teorema del confronto o dei 2 carabinieri). Siano f(x), g(x), h(x) tre funzioni reali divariabile reale definite in un intorno di una comune acculmulazione c ove risulti f(x) ≤ g(x) ≤ h(x) esia inoltre
limx→c
f(x) = l = limx→c
h(x)
allora anchelimx→c
g(x) = l
Dimostrazione. Per definizione di limite si ha
∀ ε > 0,∃Uc|∀x ∈ Uc ∩D− {c} ⇒ |f(x)− l| < ε
∀ ε > 0,∃Uc|∀x ∈ Uc ∩D− {c} ⇒ |h(x)− l| < ε
cioe∀ ε > 0,∃Uc|∀x ∈ Uc ∩D− {c} ⇒ l − ε < f(x) < l + ε
∀ ε > 0,∃Uc|∀x ∈ Uc ∩D− {c} ⇒ l − ε < h(x) < l + ε
in particolare risulta chel − ε < f(x) ≤ g(x) ≤ h(x) < l + ε
cioel − ε < g(x) < l + ε
che equivale ad affermare chelimx→c
g(x) = l
Analogamente si procede nei casi infiniti.
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3.3 Operazioni sui limiti 18
3.3 Operazioni sui limiti
1. Casi finiti: siano limx→c
f1(x) = l1 e limx→c
f2(x) = l2 con l1, l2 ∈ R allora
limx→c
[f1(x) + f2(x)] = l1 + l2
limx→c
[f1(x)− f2(x)] = l1 − l2
limx→c
f1(x) · f2(x) = l1 · l2
limx→c
f1(x)
f2(x)=l1l2
l2 6= 0
limx→c|f1(x)| = |l1|
limx→c
f1(x)f2(x) = ll21 l1 > 0
2. Addizioni con i limiti (almeno un caso infinito):
siano limx→c
f1(x) = l e limx→c
f2(x) =∞ con l ∈ R allora limx→c
[f1(x) + f2(x)] =∞
siano limx→c
f1(x) = +∞ e limx→c
f2(x) = +∞ allora limx→c
[f1(x) + f2(x)] = +∞
siano limx→c
f1(x) = −∞ e limx→c
f2(x) = −∞ allora limx→c
[f1(x) + f2(x)] = −∞
Osservazione. Se invece limx→c
f1(x) = +∞ e limx→c
f2(x) = −∞ allora nulla si puo dire! In tal caso
parleremo di forma indeterminata del tipo +∞−∞.
3. Moltiplicazioni con i limiti (almeno un caso infinito):
siano limx→c
f1(x) = l e limx→c
f2(x) =∞ con l ∈ R∗ allora limx→c
f1(x) · f2(x) =∞
siano limx→c
f1(x) =∞ e limx→c
f2(x) =∞ allora limx→c
f1(x) · f2(x) =∞
Osservazione. Se invece limx→c
f1(x) = 0 e limx→c
f2(x) =∞ allora nulla si puo dire! In tal caso parleremo
di forma indeterminata del tipo 0 · ∞.
Osservazione. Per la determinazione del segno di ∞ valgono le solite regole dei segni.
4. Divisioni con i limiti (almeno un caso infinito o nullo):
siano limx→c
f1(x) = l e limx→c
f2(x) = 0 con l ∈ R∗ allora limx→c
f1(x)f2(x)
=∞
siano limx→c
f1(x) = l e limx→c
f2(x) =∞ con l ∈ R allora limx→c
f1(x)f2(x)
= 0
siano limx→c
f1(x) =∞ e limx→c
f2(x) = l con l ∈ R allora limx→c
f1(x)f2(x)
=∞
Osservazione. Se invece limx→c
f1(x) = 0 e limx→c
f2(x) = 0 allora nulla si puo dire! In tal caso parleremo
di forma indeterminata del tipo0
0.
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3.4 Continuita delle funzioni reali di variabile reale 19
Osservazione. Se invece limx→c
f1(x) = ∞ e limx→c
f2(x) = ∞ allora nulla si puo dire! In tal caso
parleremo di forma indeterminata del tipo∞∞
.
Osservazione. Per la determinazione del segno di ∞ valgono le solite regole dei segni.
5. Potenze con i limiti (almeno un caso infinito o nullo):
In tal caso e opportuno osservare che f1(x)f2(x) = ef2(x) ln f1(x) e quindi il calcolo del limite dellapotenza e ricondotto al calcolo del limite di un prodotto. Poiche l’unica forma indeterminata peril prodotto e 0 · ∞ ne consegue che se f2(x) → 0 e ln f1(x) → ∞ allora f1(x) → +∞ oppuref1(x) → 0+; se invece f2(x) → ∞ e ln f1(x) → 0 allora f1(x) → 1. Da cio si deduce che risultanoforme indeterminate anche quelle del tipo +∞0, 00 e 1∞.
3.4 Continuita delle funzioni reali di variabile reale
Diamo di seguito una delle fondamentali definizioni di tutta l’Analisi matematica.
Definizione 3.4.1. Sia y = f(x) una funzione reale di variabile reale e sia c un punto di accumulazioneper il suo dominio; diremo che la funzione e continua in c se
limx→c
f(x) = f(c)
Se invece c e un punto isolato per il dominio allora diremo che la funzione e continua in c.
Osservazione. I teoremi e le operazioni visti sopra sono banalmente estendibili al caso di funzioni continuein c con l’ovvia sostituzione di l1 e l2 con f1(c) e f2(c).
3.5 Continuita delle funzioni elementari
Teorema 3.5.1. La funzione costante f(x) = k e continua su tutto l’asse reale.
Dimostrazione. Preso c ∈ R esso risulta di accumulazione per il dominio della funzione; si ha
limx→c
k = k
cioe la funzione e continua su tutto l’asse reale, essendo
∀ ε > 0,∃Uc|∀x ∈ Uc ⇒ |f(x)− l| < ε
nel nostro caso|k − k| = 0 < ε
verificata per ogni valore reale di x.
Teorema 3.5.2. La funzione identita f(x) = x e continua su tutto l’asse reale.
Dimostrazione. Preso c ∈ R esso risulta di accumulazione per il dominio della funzione; si ha
limx→c
x = c
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3.5 Continuita delle funzioni elementari 20
cioe la funzione e continua su tutto l’asse reale, essendo
∀ ε > 0,∃Uc|∀x ∈ Uc ⇒ |f(x)− l| < ε
nel nostro caso|x− c| < ε
che rappresenta l’intorno Uc cercato.
Osservazione. Conseguenza immediata dei primi due teoremi sulla continuita e dei precedenti sui limiti,e la continuita delle funzioni polinomiali e razionali fratte (naturalmente nei loro domini).
Teorema 3.5.3. La funzione esponenziale elementare f(x) = ax e continua su tutto l’asse reale.
Dimostrazione. Preso c ∈ R esso risulta di accumulazione per il dominio della funzione; si ha
limx→c
ax = ac
cioe la funzione e continua su tutto l’asse reale, essendo
∀ ε > 0,∃Uc|∀x ∈ Uc ⇒ |f(x)− l| < ε
nel nostro caso|ax − ac| < ε
cioeac − ε < ax < ac + ε
a > 1⇒ loga(ac − ε) < x < loga(ac + ε)
0 < a < 1⇒ loga(ac + ε) < x < loga(ac − ε)
che rappresentano nei rispettivi casi l’intorno di c cercato.
Teorema 3.5.4. La funzione logaritmica elementare f(x) = loga x e continua nel suo dominio (perx > 0).
Dimostrazione. Preso c > 0 esso risulta di accumulazione per il dominio della funzione; si ha
limx→c
loga x = loga c
cioe la funzione e continua nel suo dominio, essendo
∀ ε > 0,∃Uc|∀x ∈ Uc ⇒ |f(x)− l| < ε
nel nostro caso|loga x− loga c| < ε
cioeloga c− ε < loga x < loga c+ ε
a > 1⇒ aloga c−ε < x < aloga c+ε
0 < a < 1⇒ aloga c+ε < x < aloga c−ε
che rappresentano nei rispettivi casi l’intorno di c cercato.
Teorema 3.5.5. La funzione sinusoidale elementare f(x) = sinx e continua su tutto l’asse reale.
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3.5 Continuita delle funzioni elementari 21
Dimostrazione. Preso c ∈ R esso risulta di accumulazione per il dominio della funzione; si ha
limx→c
sinx = sin c
cioe la funzione e continua su tutto l’asse reale, essendo
∀ ε > 0,∃Uc|∀x ∈ Uc ⇒ |f(x)− l| < ε
nel nostro caso|sinx− sin c| < ε
cioesin c− ε < sinx < sin c+ ε
arcsin(sin c− ε) + 2kπ < x < arcsin(sin c+ ε) + 2kπ
intervalli tra i quali si trova l’intorno di c cercato.
Teorema 3.5.6. La funzione cosinusoidale elementare f(x) = cosx e continua su tutto l’asse reale.
Dimostrazione. Preso c ∈ R esso risulta di accumulazione per il dominio della funzione; si ha
limx→c
cosx = cos c
cioe la funzione e continua su tutto l’asse reale, essendo
∀ ε > 0,∃Uc|∀x ∈ Uc ⇒ |f(x)− l| < ε
nel nostro caso|cosx− cos c| < ε
cioecos c− ε < cosx < cos c+ ε
arccos(cos c− ε) + 2kπ < x < arccos(cos c+ ε) + 2kπ
intervalli tra i quali si trova l’intorno di c cercato.
Osservazione. Conseguenza immediata dei teoremi sulla continuita e dei precedenti sui limiti, e la conti-nuita delle funzioni tangente, cotangente e ottenute mediante operazioni elementari su funzioni continue(naturalmente nei loro domini).
Osservazione. In maniera analoga si puo dimostrare che composte di fuzioni continue sono continue(naturalmente nei loro domini) e che inverse di funzioni continue sono continue (naturalmente nei lorodomini).
Osservazione. Si puo dimostrare che per una fuzione f(x) continua e monotona crescente su un intervalloreale I di estremi a, b con a < b(anche infiniti) si ha
limx→a+
f(x) = inf {f(x)}x∈I
limx→a−
f(x) = sup {f(x)}x∈I
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3.5 Continuita delle funzioni elementari 22
Analogamente se si fosse trattato di una funzione monotona decrescente. In particolare osserviamo che
limx→−∞
ex = 0
limx→+∞
ex = +∞
limx→0+
lnx = −∞
limx→+∞
lnx = +∞
Diamo di seguito gli enunciati di tre teoremi riguardanti le funzioni continue definite su un intervallochiuso e limitato, anteponendo alcune definizioni di cui ci serviremo.
Definizione 3.5.1. Diremo massimo assoluto per una funzione reale definita in un dominio reale ilmassimo, se esiste, dell’insieme delle immagini.
Definizione 3.5.2. Diremo minimo assoluto per una funzione reale definita in un dominio reale ilminimo, se esiste, dell’insieme delle immagini.
Teorema 3.5.7 (Teorema di Weierstrass). Una funzione continua definita su un intervallo chiuso elimitato ammette minimo e massimo assoluti.
Teorema 3.5.8 (Teorema dei valori intermedi). Una funzione continua definita su un intervallo chiusoe limitato assume tutti i valori compresi fra il minimo e il massimo assoluti.
Teorema 3.5.9 (Teorema degli zeri). Una funzione continua definita su un intervallo chiuso e limitatoche assume valori discordi agli estremi, si annulla almeno una volta all’interno dell’intervallo.
Facendo uso della continuita delle funzioni elementari e dei teoremi sui limiti, calcolare i seguentilimiti.
Esempio 3.5.1. limx→1
(x2 − 3x+ 2) trattandosi di una fuzione continua, e sufficiente sostituire ad x il valore 1; si ottiene
cosılimx→1
(x2 − 3x+ 2) = 0
Esempio 3.5.2. limx→2
1
x− 2la fuzione non e continua in 2 ma e sufficiente usare le operazioni sui limiti nei casi infiniti;
si ottiene cosı
limx→2
1
x− 2=∞
Osservazione. La notazione usata riassume i 2 casi
limx→2+
1
x− 2= +∞
limx→2−
1
x− 2= −∞
e in tal caso ammetteremo che il limite dato esiste.
Esempio 3.5.3. limx→3
e1
x−3 la fuzione non e continua in 3 ma e sufficiente usare le operazioni sui limiti nei casi infiniti
disinguendo pero il caso destro dal sinistro; si ottiene cosı
limx→3+
e1
x−3 = +∞
limx→3−
e1
x−3 = 0
Osservazione. Per il teorema dell’unicita del limite, diremo che il limite dato non esiste.
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3.5 Continuita delle funzioni elementari 23
Esempio 3.5.4. limx→0
sin 1x
non esiste poiche, per x che tende a 0, 1x
tende all’infinito e, dato che la funzione sinusoidale
e periodica, essa assume tutti i valori compresi fra -1 e 1 infinite volte in ogni intorno di infinito; viene, quindi, a mancarel’unicita del limite.
Esempio 3.5.5. limx→∞
ln(1 + 1
x
)la fuzione non e continua in 2 ma e sufficiente usare le operazioni sui limiti nei casi
infiniti; si ottiene cosı
limx→∞
ln
(1 +
1
x
)= 0
Osservazione. La notazione usata riassume i 2 casi
limx→+∞
ln
(1 +
1
x
)= 0
limx→−∞
ln
(1 +
1
x
)= 0
Esempio 3.5.6. limx→2
2x2 − 5x+ 2
x2 − 4numeratore e denominatore sono funzioni continue e i loro limiti si calcolano per
sostituzione; si ottiene pero la forma indeterminata 00
che suggerisce la scomposizione in fattori dei polinomi:
limx→2
(2x− 1)(x− 2)
(x+ 2)(x− 2)= limx→2
2x− 1
x+ 2la funzione razionale fratta ottenuta e ora continua in 2, percio e sufficiente sostituire e
si ottiene cosı
limx→2
2x2 − 5x+ 2
x2 − 4=
3
4
Esempio 3.5.7. limx→−1
√x+ 5 + 2x
x+ 1numeratore e denominatore sono funzioni continue e i loro limiti si calcolano per
sostituzione; si ottiene pero la forma indeterminata 00
che elimineremo moltiplicando sia il numeratore che il denominatoreper una stessa quantita:
limx→−1
(√x+ 5 + 2x)(
√x+ 5− 2x)
(x+ 1)((√x+ 5− 2x))
= limx→−1
x+ 5− 4x2
(x+ 1)((√x+ 5− 2x))
= limx→−1
−4x2 − x− 5
(x+ 1)((√x+ 5− 2x))
=
= limx→−1
−(x+ 1)(4x− 5)
(x+ 1)((√x+ 5− 2x))
= limx→−1
−4x− 5
√x+ 5− 2x
la funzione ottenuta e ora continua in -1, percio e sufficiente
sostituire e si ottiene cosı
limx→−1
√x+ 5 + 2x
x+ 1=
9
4
Esempio 3.5.8. limx→∞
2x3 − 4x+ 1
5x3 + 2x2numeratore e denominatore sono funzioni continue e i loro limiti risultano infiniti;
si ottiene percio la forma indeterminata ∞∞ che elimineremo raccogliendo sia a numeratore che a denominatore la potenzadi grado massimo:
limx→∞
x3(2− 4x2
+ 1x3
)
x3(5 + 2x
)= limx→∞
2− 4x2
+ 1x3
5 + 2x
=2
5poiche ciascuna delle frazioni tende a 0.
Esempio 3.5.9. limx→∞
2x3 + 5x2 − 2
−x2 + 2x+ 3numeratore e denominatore sono funzioni continue e i loro limiti risultano infiniti;
si ottiene percio la forma indeterminata ∞∞ che elimineremo raccogliendo sia a numeratore che a denominatore la potenzadi grado massimo:
limx→∞
x3(2 + 5x− 2x3
)
x2(−1 + 2x
+ 3x2
)= lim
x→∞x ·
2 + 5x− 2x3
−1 + 2x
+ 3x2
= ∞ poiche, come nell’esercizio precedente, la frazione tende a −2 e
tendendo x all’infinito, in base ai teoremi visti, il limite del prodotto risulta infinito.
Esempio 3.5.10. limx→∞
x4 − x2 + 3x− 4
6x5 − 2x4 + x− 1numeratore e denominatore sono funzioni continue e i loro limiti risultano
infiniti; si ottiene percio la forma indeterminata ∞∞ che elimineremo raccogliendo sia a numeratore che a denominatore lapotenza di grado massimo:
limx→∞
x4(1− 1x2
+ 3x3− 4x4
)
x5(6− 2x
+ 1x4− 1x5
)= limx→∞
1
x·
1− 1x2
+ 3x3− 4x4
6− 2x
+ 1x4− 1x5
= 0 poiche, come nell’esercizio precedente, la frazione tende a
16
e tendendo x all’infinito, in base ai teoremi visti, il limite del prodotto risulta zero.
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3.5 Continuita delle funzioni elementari 24
Osservazione. Dagli ultimi tre esempi si deduce facilmente la regola generale per il calcolo del limite diun rapporto di polinomi quando x tende all’infinito:
limx→∞
a0xn + a1x
n−1 + ...+ anb0xm + b1xm−1 + ...+ bm
=
a0b0
se n = m
∞ se n > m
0 se n < m
Procediamo ora fornendo due definizioni che permettono il confronto fra funzioni tendenti all’infinito.
Definizione 3.5.3. Diremo che una funzione f(x) e un infinito per x che tende a c se
limx→c
f(x) =∞
Definizione 3.5.4. Date due funzioni f(x) e g(x) infinite per x che tende a c, se
limx→c
f(x)
g(x)=
k ∈ R∗ allora diremo che f(x) e g(x) sono infiniti dello stesso ordine
∞ allora diremo che f(x) e un infinito di ordine superiore rispetto a g(x)
0 allora diremo che f(x) e un infinito di ordine inferiore rispetto a g(x)
non esiste allora diremo che f(x) e g(x) sono infiniti non confrontabili
Osservazione. Nel caso in cui addirittura
limx→c
f(x)
g(x)= 1
diremo che f(x) e g(x) sono infiniti equivalenti e si usa la notazione
f(x) ∼ g(x)
Osservazione. Dagli esercizi visti sopra si deduce facilmente che, per x che tende all’infinito, un polinomioe equivalente al suo termine di grado massimo; inoltre, lo studio delle funzioni trascendenti aveva gia messoin luce che, per x che tende a +∞ la funzione logaritmica crescente e un infinito di ordine inferiore aqualsiasi potenza positiva di x, che a sua volta e un infinito di ordine inferiore rispetto alla funzioneesponenziale crescente. Per esprimere quest’ultima relazione, che potra essere provata solo in seguito, siusa la notazione: per x→ +∞
loga x << xα << ax
con a reale maggiore di 1 e per ogni α reale positivo.
Enunciamo, ora, due teoremi di particolare utilita nel calcolo dei limiti che coinvolgono funzioniinfinite.
Teorema 3.5.10 (Principio di sostituzione degli infiniti equivalenti ). Se f1(x), f2(x), g1(x), g2(x) sonoinfiniti per x che tende a c e f1(x) ∼ f2(x), g1(x) ∼ g2(x) allora
limx→c
f1(x)
g1(x)= limx→c
f2(x)
g2(x)
se i limiti esistono.
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Dona di Piave
3.5 Continuita delle funzioni elementari 25
Teorema 3.5.11 (Principio di eliminazione degli infiniti ). Se f(x), g(x), a(x), b(x) sono infiniti per xche tende a c, a(x) e b(x) sono infiniti di ordine inferiore rispettivamente a f(x) e g(x) allora
limx→c
f(x) + a(x)
g(x) + b(x)= limx→c
f(x)
g(x)
se i limiti esistono.
Esempio 3.5.11. limx→+∞
x+ lnx
2x−√x
= limx→+∞
x
2x=
1
2avendo utilizzato i principi enunciati sopra.
Esempio 3.5.12. limx→+∞
2x + 5x3
3x − 6 3√x− 1
= limx→+∞
2x
3x= lim
x→+∞
(2
3
)x= 0 essendo, per x che tende a +∞, (x − 1)
equivalente a x e avendo utilizzato i principi enunciati sopra, le proprieta delle potenze e delle funzioni esponenziali.
Esempio 3.5.13. limx→+∞
log2(x+ 3 5√x+ 2)
log3 2x+√x
= limx→+∞
log2(x)
log3 2x= limx→+∞
lnx
ln 2ln 2x
ln 3
= limx→+∞
lnx
ln 2x·ln 3
ln 2= = lim
x→+∞
lnx
lnx+ ln 2·
ln 3
ln 2=
ln 3
ln 2essendo, per x che tende a +∞, (x+ 3 5
√x+ 2) equivalente a x, (2x+
√x) equivalente a 2x, avendo utilizzato
i principi enunciati sopra e le proprieta dei logaritmi.
Esempio 3.5.14. limx→+∞
(√x2 + 1 − x) i due addendi tendono rispettivamente a +∞ e −∞ percio si ottiene la forma
indeterminata +∞−∞ che elimineremo moltiplicando sia numeratore che denominatore per√x2 + 1 + x:
limx→+∞
(x2 + 1)− x2√x2 + 1 + x
= limx→+∞
1√x2(
1 +1
x2
)+ x
= limx→+∞
1
|x|√
1 +1
x2+ x
poiche x tende a +∞ si ha |x| = x pertanto
si ottiene:
limx→+∞
1
x
(√1 +
1
x2+ 1
) = 0 poiche la quantita dentro parentesi tende a 2 e x tende a +∞.
Esempio 3.5.15. limx→−∞
(√x2 + 1−x) i due addendi tendono entrambi a +∞ percio non si ha una forma indeterminata
e il limite e facilmente calcolabile:lim
x→−∞(√x2 + 1− x) = +∞
Osservazione. Se l’esercizio fosse stato proposto nella forma
limx→∞
(√x2 + 1− x)
sarebbe stato necessario distinguere i due casi come fatto sopra.
Esempio 3.5.16. limx→∞
(√x2 + 3x− x) in base all’osservazione precedente, dovremo distinguere i due casi:
limx→+∞
(√x2 + 3x − x) i due addendi tendono rispettivamente a +∞ e −∞ percio si ottiene la forma indeterminata
+∞−∞ che elimineremo moltiplicando sia numeratore che denominatore per√x2 + 3x+ x:
limx→+∞
(x2 + 3x)− x2√x2 + 3x+ x
= limx→+∞
3x√x2(
1 +3
x
)+ x
= limx→+∞
3x
|x|√
1 +3
x+ x
poiche x tende a +∞ si ha |x| = x pertanto
si ottiene:
limx→+∞
3x
x
(√1 +
3
x+ 1
) = limx→+∞
3√1 +
3
x+ 1
=3
2poiche il denominatore tende a 2.
limx→−∞
(√x2 + 3x − x) i due addendi tendono entrambi a +∞ percio non si ha una forma indeterminata e il limite e
facilmente calcolabile:lim
x→−∞(√x2 + 3x− x) = +∞
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3.6 Limiti fondamentali 26
Esempio 3.5.17. limx→1
√x+ 3− 2x
x− 1numeratore e denominatore sono funzioni continue nei loro domini e i loro limiti
risultano zero; si ottiene percio la forma indeterminata 00
che elimineremo moltiplicando sia numeratore che denominatore
per√x+ 3 + 2x:
limx→1
(√x+ 3)2 − (2x)2
(x− 1)(√x+ 3 + 2x)
= limx→1
−4x2 + x+ 3
(x− 1)(√x+ 3 + 2x)
= limx→1
(x− 1)(−4x− 3)
(x− 1)(√x+ 3 + 2x)
= limx→1
−4x− 3√x+ 3 + 2x
la funzione
ottenuta e ora continua in 1, percio e sufficiente sostituire e si ottiene cosı
limx→1
−4x− 3√x+ 3 + 2x
= −7
4
Esempio 3.5.18. limx→8
3√x− 2
√x+ 1− 3
numeratore e denominatore sono funzioni continue nei loro domini e i loro limiti
risultano zero; si ottiene percio la forma indeterminata 00
che elimineremo moltiplicando sia numeratore che denominatore
per (3√x2 + 2 3
√x+ 4)(
√x+ 1 + 3):
limx→8
(( 3√x)3 − 23)(
√x+ 1 + 3)
((√x+ 1)2 − 32)(
3√x2 + 2 3
√x+ 4)
= limx→8
((x− 8)(√x+ 1 + 3)
(x− 8)(3√x2 + 2 3
√x+ 4)
= limx→8
√x+ 1 + 3
3√x2 + 2 3
√x+ 4
la funzione ottenuta e
ora continua in 8, percio e sufficiente sostituire e si ottiene cosı
limx→8
√x+ 1 + 3
3√x2 + 2 3
√x+ 4
=1
2
3.6 Limiti fondamentali
Esaminiamo ora due limiti notevoli, uno dei quali sara anche dimostrato, detti primo e secondo limi-te fondamentale, di particolare interesse per le molteplici conseguenze che da essi discendono. Essi sipresentano come forme indeterminate del tipo, rispettivamente, 0
0 e 1∞.
limx→0
sinx
x= 1 (I)
limx→∞
(1 +
1
x
)x= e (II)
Teorema 3.6.1 (I limite fondamentale). Se x e la misura in radianti di un angolo allora risulta
limx→0
sinx
x= 1
.
Dimostrazione. Dimostriamo dapprima che
limx→0+
sinx
x= 1
non e restrittivo supporre che l’angolo (la cui misura in radianti coincide con la misura dell’arco associato)sia compreso fra 0 e π
2 ; dalla goniometria e dalla geometria sintetica sappiamo che:
sinx ≤ x ≤ tanx
dividiamo tutti e tre i membri per sinx (che e positivo e non modifica, quindi, il verso) ed otteniamo:
1 ≤ x
sinx≤ 1
cosx
applichiamo il teorema del confronto per x che tende a zero da destra; le funzioni estremanti tendonoentrambe banalmente a 1 e quindi risulta:
limx→0+
x
sinx= 1
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3.6 Limiti fondamentali 27
da cui, per il teorema sul limite del reciproco di una funzione, si conclude la prima parte della dimostra-zione.
Essendo, infine, la funzione y =sinx
xpari, risulta che anche il
limx→0−
x
sinx= 1
da cui la tesi.
Esempio 3.6.1. limx→0
sin 3x
2xci riconduciamo al I limite fondamentale:
limx→0
sin 3x
3x·
3x
2x= limx→0
sin 3x
3x·
3
2poniamo 3x = z e osservando che se x tende a 0 anche z tende a 0, otteniamo:
limz→0sin z
z·
3
2=
3
2
Osservazione. In generale, dati i numeri reali non nulli α e β, si prova facilmente che:
limx→0
sinαx
βx=α
β
Esempio 3.6.2. limx→0
tanx
xci riconduciamo al I limite fondamentale:
limx→0
sinx
cosxx
= limx→0
sinx
x·
1
cosx= 1
Esempio 3.6.3. limx→0
arcsinx
xci riconduciamo al I limite fondamentale con la posizione arcsinx = z da cui x = sin z
con z tendente a 0:limz→0
z
sin z= 1
Esempio 3.6.4. limx→0
arctanx
xci riconduciamo al I limite fondamentale con la posizione arctanx = z da cui x = tan z
con z tendente a 0:limz→0
z
tan z= 1
Osservazione. In generale, dati i numeri reali non nulli α e β, si prova facilmente che:
limx→0
tanαx
βx=α
β
limx→0
arcsinαx
βx=α
β
limx→0
arctanαx
βx=α
β
Esempio 3.6.5. limx→0
1− cosx
x2ci riconduciamo al I limite fondamentale moltiplicando numeratore e denominatore per
1 + cosx:
limx→0
1− (cosx)2
x2(1 + cosx)= limx→0
(sinx)2
x2·
1
1 + cosx= limx→0
(sinx
x
)2
·1
1 + cosx=
1
2
Esempio 3.6.6. limx→0
1− cos 5x
x2ci riconduciamo al I limite fondamentale moltiplicando numeratore e denominatore per
1 + cos 5x:
limx→0
1− (cos 5x)2
x2(1 + cos 5x)= limx→0
(sin 5x)2
x2·
1
1 + cos 5x= limx→0
(sin 5x
x
)2
·1
1 + cos 5x=
25
2
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3.6 Limiti fondamentali 28
Osservazione. In generale, dato il numero reale non nullo α, si prova facilmente che:
limx→0
1− cosαx
x2=α2
2
Procediamo ora fornendo due definizioni che permettono il confronto fra funzioni tendenti a zero erendono molto piu agevole il calcolo di un limite qualora questo si riconduca al I limite fondamentale.
Definizione 3.6.1. Diremo che una funzione f(x) e un infinitesimo per x che tende a c se
limx→c
f(x) = 0
Definizione 3.6.2. Date due funzioni f(x) e g(x) infinitesime per x che tende a c, se
limx→c
f(x)
g(x)=
k ∈ R∗ allora diremo che f(x) e g(x) sono infinitesimi dello stesso ordine
∞ allora diremo che f(x) e un infinitesimo di ordine inferiore rispetto a g(x)
0 allora diremo che f(x) e un infinitesimo di ordine superiore rispetto a g(x)
non esiste allora diremo che f(x) e g(x) sono infinitesimi non confrontabili
Osservazione. Nel caso in cui addirittura
limx→c
f(x)
g(x)= 1
diremo che f(x) e g(x) sono infinitesimi equivalenti e si usa la notazione
f(x) ∼ g(x)
Dagli esempi svolti sopra e dalle definizioni date, segue immediatamente che, per x che tende a 0,sono infinitesimi equivalenti le seguenti funzioni:
x ∼ sinx
x ∼ tanx
x ∼ arcsinx
x ∼ arctanx
1
2x2 ∼ 1− cosx
Osservazione. Dalla definizione di infinitesimi equivalenti, discende che funzioni identicamente nulle inun intorno di c non possono essere equivalenti (infatti , in nessun caso, il limite del loro rapporto potrebbedare 1).
Enunciamo, ora, due teoremi di particolare utilita nel calcolo dei limiti che coinvolgono funzioniinfinitesime.
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3.6 Limiti fondamentali 29
Teorema 3.6.2 (Principio di sostituzione degli infinitesimi equivalenti ). Se f1(x), f2(x), g1(x), g2(x)sono infinitesimi per x che tende a c e f1(x) ∼ f2(x), g1(x) ∼ g2(x) allora
limx→c
f1(x)
g1(x)= limx→c
f2(x)
g2(x)
se i limiti esistono.
Teorema 3.6.3 (Principio di eliminazione degli infinitesimi ). Se f(x), g(x), a(x), b(x) sono infinitesimiper x che tende a c, a(x) e b(x) sono infinitesimi di ordine superiore rispettivamente a f(x) e g(x) allora
limx→c
f(x) + a(x)
g(x) + b(x)= limx→c
f(x)
g(x)
se i limiti esistono.
Esempio 3.6.7. limx→0
sin 2x+ arcsinx2 − 2 arctan 3x
tan 5x+ arcsin2 x= lim
x→0
2x+ x2 − 2 · 3x5x+ x2
= limx→0
2x− 6x
5x= −
4
5essendo, per x che
tende a 0, sin 2x equivalente a 2x, arcsinx2 equivalente a x2, arctan 3x equvalente a 3x, tan 5x equivalente a 5x e (arcsinx)2
equivalente a x2 ed avendo utilizzato i principi enunciati sopra.
Esempio 3.6.8. limx→π
6
sin(π6− x)√
1− cos(x− π6
)= limz→0
−z√12z2
avendo posto z = x − π6
ed essendo, per z che tende a 0, sin(−z)
equivalente a −z e 1 − cos z equivalente a 12z2. Dobbiamo a questo punto distinguere due casi: limz→0+
−zz√2
= −√
2 e
limz→0−−z− z√
2
=√
2
Esempio 3.6.9. limx→∞
sin2 1x
1− cos(3x
) = limz→0
z2
1
2· (3z)2
=2
9avendo posto z =
1
xed essendo, per z che tende a 0, sin2 z
equivalente a z2 e (1− cos 3z) equivalente a1
2· (3z)2
Esempio 3.6.10. limx→0
sinx− xx3
in questo caso non e possibile sostituire (sinx − x) con (x − x) = 0 poiche, come e
stato precedentemente osservato, la funzione identicamente nulla non e equivalente ad alcun infintesimo; l’esercizio non erisolvibile con le attuali conoscenze.
Proponiamo, a questo punto, una serie di esercizi in cui si utilizza anche il II limite fondamentale.
Esempio 3.6.11. limx→∞
(1 + 3
x
)2x= lim
x→∞
(1 + 3
x
) x3·6
= limx→∞
[(1 + 3
x
) x3
]6= limz→∞
[(1 + 1
z
)z]6= e6 avendo posto
z = x3
e utilizzato il II limite fondamentale oltre alla proprieta della potenza di potenza.
Osservazione. In generale, dati i numeri reali non nulli α e β, si prova facilmente che
limx→∞
(1 +
α
x
)βx= eαβ
Esempio 3.6.12. limx→∞
(1 + 1
x
)x2= limx→∞
(1 + 1
x
)x·x= limx→∞
[(1 + 1
x
)x]xdobbiamo distinguere i due casi: lim
x→+∞
[(1 + 1
x
)x]x=
+∞ mentre limx→−∞
[(1 + 1
x
)x]x= 0 avendo utilizzato il II limite fondamentale e i limiti relativi alla funzione esponenziale.
Esempio 3.6.13. limx→∞
(1 + 1
x2
)x= lim
x→∞
(1 + 1
x2
)x2· 1x
= limx→∞
[(1 + 1
x2
)x2] 1x
= 1 avendo utilizzato il II limite
fondamentale e i limiti relativi alla funzione esponenziale.
Esempio 3.6.14. limx→∞
(1+x2+x
)xil rapporto tra polinomi entro parentesi tende a 1, si ottiene percio la forma indeterminata
1∞ che elimineremo riconducendoci al II limite fondamentale: limx→∞
(1 + 1
x
1 + 2x
)x= lim
x→∞
(1 + 1
x
)x(1 + 2
x
)x =e
e2=
1
eavendo
utilizzato il II limite fondamentale e gli esercizi precedenti.
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Dona di Piave
3.6 Limiti fondamentali 30
Osservazione. In generale, dati i numeri reali non nulli α e β, si prova facilmente che
limx→∞
(α+ x
β + x
)x= eα−β
Osservazione. Usando la posizione z = 1x , si prova facilmente che il II limite fondamentale e equivalente
al seguente limite
limx→0
(1 + x)1x = e
Esempio 3.6.15. limx→0
ln(1 + x)
x= limx→0
1
x· ln(1 + x) = lim
x→0ln(1 + x)
1x = 1 avendo usato una proprieta dei logaritmi e
l’osservazione precedente.
Esempio 3.6.16. limx→0
loga(1 + x)
x= limx→0
1
x· loga(1 + x) = lim
x→0loga(1 + x)
1x = loga e (a > 0, a 6= 1) avendo usato una
proprieta dei logaritmi e l’osservazione precedente.
Esempio 3.6.17. limx→0
ex − 1
xci riconduciamo al II limite fondamentale con la posizione z = ex−1 da cui x = ln(1+z)
con z tendente a 0:limz→0
z
ln(1 + z)= 1 avendo usato l’esercizio precedente.
Esempio 3.6.18. limx→0
ax − 1
x(a > 0, a 6= 1) ci riconduciamo al II limite fondamentale con la posizione z = ax − 1
da cui x = loga(1 + z) con z tendente a 0:
limz→0z
loga(1 + z)=
1
loga e= ln a avendo usato l’esercizio precedente.
Osservazione. Dagli esempi svolti sopra e dalle definizioni date, segue immediatamente che, per x chetende a 0, sono infinitesimi equivalenti le seguenti funzioni:
x ∼ ln(1 + x)
x ∼ ex − 1
Esempio 3.6.19. Dato il numero reale non nullo α, calcoliamo limx→0
(1 + x)α − 1
xriscriviamo in modo opportuno
l’espressione a numeratore limx→0
eln(1+x)α − 1
x= lim
x→0
eα·ln(1+x) − 1
x= lim
x→0
eαx − 1
x= lim
x→0
αx
x= α essendo, per x che
tende a 0, ln(1 + x) equivalente a x, eαx − 1 equivalente a αx.
Osservazione. Dall’esempio svolto sopra e dalle definizioni date, segue immediatamente che, per x chetende a 0, sono infinitesimi equivalenti le seguenti funzioni:
αx ∼ (1 + x)α − 1
con α numero reale non nullo.
Esempio 3.6.20. limx→0
(1 + arcsinx)1
sin x = e essendo, per x che tende a 0, arcsinx equivalente a x, sinx equivalente a x.
Esempio 3.6.21. limx→0
(cosx)1x2 = lim
x→0(cosx− 1 + 1)
1x2 = lim
x→0(−
x2
2+ 1)
1x2 = e−
12 =
1√e
essendo, per x che tende a 0,
(cosx− 1) equivalente a −x2
2.
Esempio 3.6.22. limx→0
e2x − ex
x= limx→0
e2x − 1 + 1− ex
x= limx→0
2x− xx
= limx→0
x
x= 1 essendo, per x che tende a 0, (e2x−1)
equivalente a 2x e (1− ex) equivalente a −x.
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Dona di Piave
3.7 Punti di discontinuita 31
Esempio 3.6.23. limx→0
x · cos 1x
x= lim
x→0cos
1
xnon esiste poiche, per x che tende a 0, 1
xtende all’infinito; pertanto gli
infinitesimi x · cos 1x
e x non sono confrontabili.
Procediamo ora fornendo due definizioni che permettono il confronto fra funzioni tendenti all’infinito.
Definizione 3.6.3. Diremo che una funzione f(x) e un infinito per x che tende a c se
limx→c
f(x) =∞
Definizione 3.6.4. Date due funzioni f(x) e g(x) infinite per x che tende a c, se
limx→c
f(x)
g(x)=
k ∈ R∗ allora diremo che f(x) e g(x) sono infiniti dello stesso ordine
∞ allora diremo che f(x) e un infinito di ordine superiore rispetto a g(x)
0 allora diremo che f(x) e un infinito di ordine inferiore rispetto a g(x)
non esiste allora diremo che f(x) e g(x) sono infiniti non confrontabili
Osservazione. Nel caso in cui addirittura
limx→c
f(x)
g(x)= 1
diremo che f(x) e g(x) sono infiniti equivalenti e si usa la notazione
f(x) ∼ g(x)
Osservazione. Dagli esercizi visti sopra si deduce facilmente che, per x che tende all’infinito, un polinomioe equivalente al suo termine di grado massimo; inoltre, lo studio delle funzioni trascendenti aveva gia messoin luce che, per x che tende a +∞ la funzione logaritmica e un infinito di ordine inferiore a qualsiasipotenza positiva di x, che a sua volta e un infinito di ordine inferiore rispetto alla funzione esponenziale.Per esprimere quest’ultima relazione, che potra essere provata solo in seguito, si usa la notazione:
x→ +∞
lnx << xα << ex
per ogni α reale positivo.
3.7 Punti di discontinuita
Definizione 3.7.1. Data una funzione reale di variabile reale f(x), sia x0 ∈ R un punto di accumulazionedel suo dominio; diremo che x0 e un punto di discontinuita di I specie se esistono finiti ma diversi i seguentilimiti
limx→x+
0
f(x)
elimx→x−
0
f(x)
In tal caso chiameremo salto della funzione f in x0 la quantita S =
∣∣∣∣∣ limx→x+
0
f(x)− limx→x−
0
f(x)
∣∣∣∣∣.[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Dona di Piave
3.7 Punti di discontinuita 32
Esempio 3.7.1. Discutere gli eventuali punti di discontinuita della seguente funzione:
f(x) =|x|x
L’unico eventuale punto di discontinuita della funzione data e, ovviamente, x0 = 0 e poiche
limx→x+0
f(x) = limx→0+
|x|x
= limx→0+
x
x= 1
limx→x−0
f(x) = limx→0−
|x|x
= limx→0−
−xx
= −1
si tratta di una discontinuita di I specie con salto S = 2.
Definizione 3.7.2. Data una funzione reale di variabile reale f(x), sia x0 ∈ R un punto di accumulazionedel suo dominio; diremo che x0 e un punto di discontinuita di II specie se non esiste o e infinito almenouno dei seguenti limiti
limx→x+
0
f(x)
elimx→x−
0
f(x)
Esempio 3.7.2. Discutere gli eventuali punti di discontinuita della seguente funzione:
f(x) =2x+ 1
x+ 3
L’unico eventuale punto di discontinuita della funzione data e, ovviamente, x0 = −3 e poiche
limx→x0
f(x) = limx→−3
2x+ 1
x+ 3=∞
si tratta di una discontinuita di II specie. Osserviamo che la retta di equazione x = −3 costituisce un asintoto verticale peril grafico della funzione data.
Definizione 3.7.3. Data una funzione reale di variabile reale f(x), sia x0 ∈ R un punto di accumulazionedel suo dominio; diremo che x0 e un punto di discontinuita di III specie se esiste finito il limite
limx→x0
f(x)
ma il valore della funzione in x0 non esiste oppure e diverso da tale limite.In tal caso diremo che la discontinuita e eliminabile ponendo che
limx→x0
f(x) = f(x0)
Esempio 3.7.3. Discutere gli eventuali punti di discontinuita della seguente funzione:
f(x) =x2 − 3x+ 2
x− 1
L’unico eventuale punto di discontinuita della funzione data e, ovviamente, x0 = 1 e poiche
limx→x0
f(x) = limx→1
x2 − 3x+ 2
x− 1= limx→1
(x− 1)(x− 2)
x− 1= limx→1
(x− 2) = −1
ma la funzione non e definita in x0 = 1, si tratta di una discontinuita di III specie. Eliminiamo la discontinuita ponendo
f(x) =
f(x) se x 6= 1
−1 se x = 1
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Dona di Piave
3.7 Punti di discontinuita 33
Esempio 3.7.4. Discutere gli eventuali punti di discontinuita della seguente funzione:
f(x) =
x+ 2 se x ≤ 0
sin 3x
xse 0 < x ≤ π
1
x− πse x > π
Gli eventuali punti di discontinuita della funzione data sono, ovviamente, 0 e π; poiche
limx→0−
f(x) = limx→0−
(x+ 2) = 2
limx→0+
f(x) = limx→0+
sin 3x
x= 3
il punto x = 0 e una discontinuita di I specie con salto S = 1. Analogamente si procede per il punto x = π e poiche
limx→π−
f(x) = limx→π−
sin 3x
x= 0
limx→π+
f(x) = limx→π+
1
x− π= +∞
il punto x = π e una discontinuita di II specie e la retta di equazione x = π e un asintoto verticale da destra per il graficodella funzione.
Esempio 3.7.5. Determinare gli eventuali valori reali di k affinche la funzione
f(x) =
ex − 1
xse x 6= 0
k se x = 0
sia continua su tutto l’asse reale.L’unico eventuale punto di discontinuita della funzione data e, ovviamente, x = 0 e poiche
limx→0
f(x) = limx→0
ex − 1
x= 1
mentre il valore della funzione in 0 e k, affinche essa sia continua su tutto l’asse reale deve essere k = 1.
3.7.1 Esercizi riassuntivi proposti
Usando i teoremi sui limiti e la continuita delle funzioni elementari, provare che:
1. limx→2
x2+1x2−1 = 5
3
2. limx→π
3
√3 sin x−2 cos x
3x = 12π
3. limx→0+
sin(
1ln x
)= 0
4. limx→+∞
e3−x = 0
5. limx→0+
2 ln x3+ex = −∞
6. limx→2
√2x−4x = 0
7. limx→1+
3x−2√x2−1 = +∞
8. limx→0+
7x2−2x+1x2+x = +∞
[09/10.1] - ITIS V.Volterra San Dona di Piave
3.7 Punti di discontinuita 34
9. limx→−∞
arctan(1 + ex) = π4
10. limx→+∞
tan( 1x )√
x2+x= 0
Usando anche le tecniche per eliminare la forma indeterminata 00 , provare che:
1. limx→2
x2−3x+2x2+x−6 = 1
5
2. limx→1
x3−x2+2x−2x2−1 = 3
2
3. limx→1
x3−1x4−1 = 3
4
4. limx→5
x2−3x−10x2−10x+25 =∞
5. limx→−1
x3+4x2+5x+2x2−x−2 = 0
6. limx→1
√x+1−
√2√
x2+3−2 =√22
7. limx→−1
√x2+2x+2−1
x+1 = 0
8. limx→0
1+x−√1+x√
1+x−1 = 1
9. limx→1
4√x−1√x−1 = 1
2
10. limx→3+
√x−3√
x+1−√
2(x−1)= −∞
Usando anche le tecniche per eliminare la forma indeterminata ∞∞ o +∞−∞, provare che:
1. limx→∞
3x2+2x+1x2+x−6 = 3
2. limx→∞
x+1x2−1 = 0
3. limx→∞
x3−1x2−1 =∞
4. limx→∞
x6−3x−10x2−10x+25 = +∞
5. limx→+∞
√1+x2
4x−3 = 14
6. limx→−∞
√1+x2
4x−3 = − 14
7. limx→±∞
√x2+3x+1 = ±1
8. limx→+∞
(√x2 + 4x+ 3− x) = 2
9. limx→−∞
(√x2 + 4x+ 3− x) = +∞
10. limx→∞
(√x2 − 3x+ 1−
√x2 − 1) = − 3
2
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3.7 Punti di discontinuita 35
Usando anche il I limite fondamentale, provare che:
1. limx→0
sin 3x6x = 1
2
2. limx→0
sin 3xsin 2x = 3
2
3. limx→0
tan 5xtan 7x = 5
7
4. limx→0
2x+3 sin 5x+tan2 xx+sin2 x−3 tan x
= − 172
5. limx→0
1−cos x2x sin x = 1
4
6. limx→0
1−cos xtan2 x = 1
2
7. limx→π
3
sin(x−π3 )
x2−π2
9
= 6π
8. limx→0
sinαxβx = α
β , β 6= 0
9. limx→0
sin3 2x2x3 = 4
10. limx→0
arcsin x+2xarctan x+3x = 3
4
Usando anche il II limite fondamentale, provare che:
1. limx→0
(1 + x)5x = e5
2. limx→∞
(1 + 2x )x = e2
3. limx→∞
(1 + 13x )x = 3
√e
4. limx→∞
(1 + αxβx )γx = e
αγβ
5. limx→0
(1 + sinx)1
tan x = e
6. limx→∞
(x+1x+2
)x= 1
e
7. limx→0
e3x−15x = 3
5
8. limx→0
ex−e−xx = 2
9. limx→0
ln(1+x2)sin2 x
= 1
10. limx→0
ex2−cos xx2 = 3
2
11. limx→0±
√2(1−cos x)
x = ±1
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3.7 Punti di discontinuita 36
Determinare gli eventuali punti di discontinuita delle seguenti funzioni reali di variabile reale, indi-candone la specie:
1) f(x) =x− 1
|x− 1|[x = 1, I specie]
2) f(x) =2x− 5
3− 2x[x = 3
2 , II specie]
3) f(x) =x+ 1
32x − 9
[x = 0, I specie; x = 1, II specie]
4) f(x) =x2 − 7x+ 10
3x− x2 − 2[x = 1, II specie; x = 2, III specie]
5) f(x) =
sinx
x, x < 0
x2 + 1, x > 0
[x = 2, III specie]
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Capitolo 4
Derivate e funzioni derivabili
In questo capitolo affronteremo il concetto di derivata che e uno dei piu importanti dell’Analisi Matema-tica e delle sue applicazioni.
4.1 Definizione e significato geometrico di derivata
x
y
P
Q
x0 x0 + h
Data una funzione reale f(x) continua in un intorno I di x0 ∈ R, siano P (x0, f(x0)) e Q(x0+h, f(x0+h)) due punti appartenti al suo grafico (ove si intende x0 +h ∈ I); detti rispettivamente incremento dellavariabile dipendente e indipendente le quantita
∆y = ∆f(x) = f(x0 + h)− f(x0)
e∆x = (x0 + h)− x0 = h
diremo rapporto incrementale di f relativo ad x0 la quantita
∆f(x)
∆x=f(x0 + h)− f(x0)
h
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4.2 Calcolo e regole di derivazione 38
Dalla teoria della Trigonometria e della Geometria Analitica, sappiamo che il rapporto incrementale eil coefficiente angolare mPQ della retta passante per i punti P e Q che risulta secante il grafico dellafunzione data:
mPQ =f(x0 + h)− f(x0)
h
Osserviamo che, al tendere, lungo la curva, del punto Q verso il punto P , cioe al tendere di h a 0, lasecante PQ tende alla tangente in P alla curva stessa. Diamo, dunque, la definizione seguente:
Definizione 4.1.1. Diremo derivata prima della funzione f(x) nel punto x0 il limite, se esiste finito, delrapporto incrementale di f relativo ad x0 per h che tende a 0 e scriveremo
limh→0
f(x0 + h)− f(x0)
h= f ′(x0)
In tal caso diremo che la funzione f e derivabile in x0.
Osservazione. Per indicare la derivata prima di una funzione f possiamo utilizzare anche i seguenti
simboli: (Df)(x0),
(df(x)
dx
)x=x0
.
Osservazione. Essendo la derivata un limite, anche per essa ha senso definire la derivata destra:
limh→0+
f(x0 + h)− f(x0)
h= f ′+(x0)
e la derivata sinistra:
limh→0−
f(x0 + h)− f(x0)
h= f ′−(x0)
Definizione 4.1.2. Diremo che una funzione f(x) e derivabile in un intervallo I se lo e in ogni puntodi I. Qualora f(x) fosse definita agli estremi di I, sara sufficiente che f(x) ammetta derivata destranell’estremo sinistro e derivata sinistra in quello destro.
4.2 Calcolo e regole di derivazione
Esaminiamo ora alcuni esempi di calcolo di derivata, tutti di importanza fondamentale.
Esempio 4.2.1. f(x) = k limh→0f(x0 + h)− f(x0)
h= limh→0
k − kh
= limh→0
0
h= 0 si puo osservare che la derivata cosı
calcolata rappresenta il coefficiente angolare della retta tangente alla funzione data in ogni suo punto; poiche la tangentealla funzione data e, in questo caso, la funzione stessa (retta parallela all’asse delle ascisse), il suo coefficiente angolare e,ovviamente, nullo.
Esempio 4.2.2. f(x) = x limh→0f(x0 + h)− f(x0)
h= lim
h→0
(x0 + h)− x0h
= limh→0
h
h= 1 si puo osservare che la
derivata cosı calcolata rappresenta il coefficiente angolare della retta tangente alla funzione data in ogni suo punto; poichela tangente alla funzione data e, in questo caso, la funzione stessa (bisettrice del primo e terzo quadrante), il suo coefficienteangolare e, ovviamente, unitario.
Esempio 4.2.3. f(x) = x2 limh→0f(x0 + h)− f(x0)
h= limh→0
(x0 + h)2 − x20h
= limh→0
2hx0 + h2
h= limh→0
h(2x0 + h)
h=
2x0 si puo osservare che la derivata cosı calcolata rappresenta il coefficiente angolare della retta tangente alla funzionedata in ogni suo punto; rispetto agli esempi precedenti, si nota che esso varia al variare dell’ascissa del punto considerato.
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4.2 Calcolo e regole di derivazione 39
Osservazione. Dall’esempio sopra svolto e dall’Algebra segue che con f(x) = xn per n ∈ N risulta
limh→0
(x0 + h)n − xn0h
= n · xn−10
Osservazione. Si puo dimostrare addirittura che con f(x) = xα per α ∈ R risulta
limh→0
(x0 + h)α − xα0h
= α · xα−10
Esempio 4.2.4. f(x) = ex limh→0f(x0 + h)− f(x0)
h= limh→0
ex0+h − ex0h
= limh→0
ex0eh − ex0h
= limh→0
ex0 (eh − 1)
h=
ex0 si puo osservare che la derivata cosı calcolata rappresenta il coefficiente angolare della retta tangente alla funzionedata in ogni suo punto; rispetto agli esempi precedenti, si nota che esso varia al variare dell’ascissa del punto considerato.
Osservazione. Dall’esempio precedente e da un limite gia calcolato, segue che con f(x) = ax (a > 0, a 6= 1)risulta
limh→0
ax0+h − ax0
h= ax0 · ln a
Esempio 4.2.5. f(x) = lnx limh→0f(x0 + h)− f(x0)
h= limh→0
ln(x0 + h)− lnx0
h= limh→0
ln
(x0 + h
x0
)h
= limh→0
ln
(1 +
h
x0
)h
=
limh→0
ln
(1 +
h
x0
)h
x0
·1
x0=
1
x0si puo osservare che la derivata cosı calcolata rappresenta il coefficiente angolare della retta
tangente alla funzione data in ogni suo punto; rispetto agli esempi precedenti, si nota che esso varia al variare dell’ascissadel punto considerato.
Osservazione. Dal precedente esempio e da un limite calcolato, segue che con f(x) = loga x (a > 0, a 6= 1)risulta
limh→0
loga(x0 + h)− loga x0h
=1
x0· loga e
Esempio 4.2.6. f(x) = sinx limh→0f(x0 + h)− f(x0)
h= limh→0
sin(x0 + h)− sinx0
h=
= limh→0sinx0 · cosh+ cosx0 · sinh− sinx0
h= limh→0
sinx0(cosh− 1) + cosx0 · sinhh
=
= limh→0
(sinx0
cosh− 1
h+ cosx0
sinh
h
)= cosx0 si puo osservare che la derivata cosı calcolata rappresenta il coefficiente
angolare della retta tangente alla funzione data in ogni suo punto; rispetto agli esempi precedenti, si nota che esso varia alvariare dell’ascissa del punto considerato.
Esempio 4.2.7. f(x) = cosx limh→0f(x0 + h)− f(x0)
h= lim
h→0
cos(x0 + h)− cosx0
h= − sinx0 (la dimostrazione e
del tutto analoga al caso precedente); si puo osservare che la derivata cosı calcolata rappresenta il coefficiente angolaredella retta tangente alla funzione data in ogni suo punto; rispetto agli esempi precedenti, si nota che esso varia al variaredell’ascissa del punto considerato.
Teorema 4.2.1 (Linearita dell’operatore di derivazione). Date le funzioni reali di variabile reale f1(x)e f2(x) derivabili in un punto x0 e le costanti reali α1 e α2 si ha
(α1 · f1 + α2 · f2)′(x0) = α1 · f ′1(x0) + α2 · f ′2(x0)
Dimostrazione. La dimostrazione discende immediatamente dalla definizione di derivata e dalla linearitadell’operatore di limite.
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4.2 Calcolo e regole di derivazione 40
Esempio 4.2.8. Calcolare la derivata della funzione di equazione y = 3 sinx+ 5x4; si ha
y′ = 3 · cosx+ 5 · 4x3 = 3 cosx+ 20x3
Esempio 4.2.9. Calcolare la derivata della funzione di equazione y = 2 3√x−
4
x= 2 · x
13 − 4 · x−1; si ha
y′ = 2 ·1
3x
13−1 − 4 · (−1)x−1−1 = 2 ·
1
3x−
23 + 4 · x−2 =
2
33√x2
+4
x2
Teorema 4.2.2 (Derivata di un prodotto). Date le funzioni reali di variabile reale f1(x) e f2(x) derivabiliin un punto x0 si ha
(f1 · f2)′(x0) = f ′1(x0) · f2(x0) + f1(x0) · f ′2(x0)
Dimostrazione. Applicando la definizione di derivata alla funzione prodotto otteniamo
(f1 · f2)′(x0) = limh→0
f1(x0 + h) · f2(x0 + h)− f1(x0) · f2(x0)
h
aggiungendo e togliendo a numeratore la quantita f1(x0) · f2(x0 + h), si ha
limh→0
f1(x0 + h) · f2(x0 + h)− f1(x0) · f2(x0 + h) + f1(x0) · f2(x0 + h)− f1(x0) · f2(x0)
h=
= limh→0
f2(x0 + h) · (f1(x0 + h)− f1(x0)) + f1(x0) · (f2(x0 + h)− f2(x0))
h=
= limh→0
[f2(x0 + h) · f1(x0 + h)− f1(x0)
h+ f1(x0) · f2(x0 + h)− f2(x0)
h
]=
= f ′1(x0) · f2(x0) + f1(x0) · f ′2(x0)
Esempio 4.2.10. Calcolare la derivata della funzione di equazione y = (2x− 5) · ex; si ha
y′ = 2 · ex + (2x− 5) · ex = (2x− 3)ex
Teorema 4.2.3 (Derivata di un quoziente). Date le funzioni reali di variabile reale f1(x) e f2(x) derivabiliin un punto x0 si ha (
f1f2
)′(x0) =
f ′1(x0) · f2(x0)− f1(x0) · f ′2(x0)
(f2(x0))2
Dimostrazione. Applicando la definizione di derivata alla funzione quoziente otteniamo
(f1f2
)′(x0) = lim
h→0
f1(x0 + h)
f2(x0 + h)− f1(x0)
f2(x0)
h=
aggiungendo e togliendo a numeratore la quantita f1(x0) · f2(x0), si ha
limh→0
f1(x0 + h) · f2(x0)− f1(x0) · f2(x0 + h)
h (f2(x0 + h) · f2(x0))=
= limh→0
f1(x0 + h) · f2(x0)− f1(x0) · f2(x0) + f1(x0) · f2(x0)− f1(x0) · f2(x0 + h)
h (f2(x0 + h) · f2(x0))=
= limh→0
f2(x0) · (f1(x0 + h)− f1(x0))− f1(x0)(f2(x0 + h)− f2(x0))
h (f2(x0 + h) · f2(x0))=
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4.2 Calcolo e regole di derivazione 41
= limh→0
[f2(x0 + h) · f1(x0 + h)− f1(x0)
h− f1(x0) · f2(x0 + h)− f2(x0)
h
]f2(x0 + h) · f2(x0
=
=f ′1(x0) · f2(x0)− f1(x0) · f ′2(x0)
(f2(x0))2
Esempio 4.2.11. Calcolare la derivata della funzione di equazione y =3x− 1
5− x; si ha
y′ =3 · (5− x)− (3x− 1) · (−1)
(5− x)2=
15− 3x+ 3x− 1
(5− x)2=
14
(5− x)2
Esempio 4.2.12. Calcolare la derivata della funzione di equazione y = tanx =sinx
cosx; si ha
y′ =cosx · cosx− sinx · (− sinx)
(cosx)2=
cos2 x+ sin2 x
(cosx)2=
1
cos2 x= 1 + tan2 x
Teorema 4.2.4 (Derivata di una funzione di funzione). Date le funzioni reali di variabile reale f(x) eg(x) derivabili rispettivamente in x0 e f(x0) e nell’ipotesi che esista g ◦ f si ha
(g ◦ f)′(x0) = g′(f(x0)) · f ′(x0)
Omettiamo la dimostrazione; chiariamo, invece, con una serie di esempi l’applicazione della regolaenunciata.
Esempio 4.2.13. Calcolare la derivata della funzione di equazione y =(x2 + 1
)3; si ha
y′ = 3 ·(x2 + 1
)2 · 2x = 6x(x2 + 1
)2Esempio 4.2.14. Calcolare la derivata della funzione di equazione y = ln(3x− 5); si ha
y′ =1
3x− 5· 3 =
3
3x− 5
Esempio 4.2.15. Calcolare la derivata della funzione di equazione y = ex2; si ha
y′ = ex2· (2x) = 2xex
2
Esempio 4.2.16. Calcolare la derivata della funzione di equazione y = sin3 x = (sinx)3; si ha
y′ = 3 · (sinx)2 · cosx = 3 sin2 x cosx
Esempio 4.2.17. Calcolare la derivata della funzione di equazione y =√
1 + ln2 x; si ha
y′ =1
2√
1 + ln2 x·(
2 lnx ·1
x
)=
2 lnx
2x√
1 + ln2 x=
lnx
x√
1 + ln2 x
Esempio 4.2.18. Calcolare la derivata della funzione di equazione y = ln |x|; si ha
y =
lnx se x > 0
ln(−x) se x < 0
e, quindi
y′ =
1
xse x > 0
1
−x· (−1) =
1
xse x < 0
da cui
y′ =1
x, ∀x 6= 0
il che equivale ad affermare che la derivata del logaritmo del modulo di x puo essere calcolata come se il modulo non cifosse!
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4.2 Calcolo e regole di derivazione 42
Osservazione. Data la funzione reale di variabile reale f(x) con f(x) 6= 0 risulta che
y = ln |f(x)| =ln f(x) se f(x) > 0
ln(−f(x)) se f(x) < 0
e, quindi
y′ =
1
f(x)· f ′(x) se f(x) > 0
1
−f(x)· (−f ′(x)) =
1
f(x)se f(x) < 0
da cui
y′ =f ′(x)
f(x), ∀ f(x) 6= 0
il che equivale ad affermare che la derivata del logaritmo del modulo di f(x) puo essere calcolata comese il modulo non ci fosse!
Esempio 4.2.19. Calcolare la derivata della funzione di equazione y = ln∣∣x2 − 3x+ 2
∣∣; si ha
y′ =2x− 3
x2 − 3x+ 2
Osservazione. Date le funzioni reali di variabile reale f(x) e g(x) con f(x) > 0 risulta che
y = [f(x)]g(x)
= eln[f(x)]g(x)
= eg(x)·ln[f(x)]
quindi e
y′ = eg(x)·ln[f(x)] ·(g′(x) · ln[f(x)] + g(x) · f
′(x)
f(x)
)cioe, in definitiva:
y′ = [f(x)]g(x)
(g′(x) ln[f(x)] + g(x)
f ′(x)
f(x)
)Esempio 4.2.20. Calcolare la derivata della funzione di equazione y = xx = ex·ln x; si ha
y′ = ex·ln x · (1 · lnx+ x ·1
x) = xx(lnx+ 1)
Teorema 4.2.5 (Derivata della funzione inversa). Data la funzione reale di variabile reale f−1 inversadella funzione reale di variabile reale f si ha(
f−1)′
(x0) =1
f ′(y0)
essendo y0 = f(x0) e f ′(y0) 6= 0.
Omettiamo la dimostrazione; chiariamo, invece, con alcuni esempi l’applicazione della regola enun-ciata.
Esempio 4.2.21. Calcolare la derivata della funzione di equazione y = arcsinx; e, evidentemente, x = sin y; si ha
y′ =1
cos y=
1√1− sin2 y
=1
√1− x2
avendo tenuto conto che, nell’intervallo di invertibilita della funzione sinusoidale, cos y =√
1− sin2 y con segno positivo.
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4.2 Calcolo e regole di derivazione 43
Esempio 4.2.22. Calcolare la derivata della funzione di equazione y = arctanx; e, evidentemente, x = tan y; si ha
y′ =1
1 + tan2 y=
1
1 + x2
avendo utilizzato la seconda forma della derivata della funzione tangente.
Esempio 4.2.23. Calcolare la derivata della funzione di equazione y = lnx; e, evidentemente, x = ey ; si ha
y′ =1
ey=
1
x
avendo ritrovata la derivata della funzione logaritmica gia calcolata per via diretta.
A conclusione di questa sezione, forniamo la seguente tabella riassuntiva.
funzione derivatak 0
xα αxα−1
sinx cosx
cosx − sinx
tanx1
cos2 x= 1 + tan2 x
cotx − 1
sin2 x= −(1 + cot2 x)
ex ex
ax ax ln a
lnx1
x
loga x1
xloga e
arcsinx1√
1− x2
arccosx − 1√1− x2
arctanx1
1 + x2
arccotx − 1
1 + x2
αf(x) + βg(x) αf ′(x) + βg′(x)
f(x)g(x) f ′(x)g(x) + f(x)g′(x)
f(x)
g(x)
f ′(x)g(x)− f(x)g′(x)
g2(x)
[f(x)]g(x)
[f(x)]g(x)
(g′(x) ln[f(x)] + g(x)
f ′(x)
f(x)
)
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4.3 Regola di De L’Hospital 44
Completiamo con la definizione di derivata n-esima.
Definizione 4.2.1. Diremo derivata n-esima o derivata di ordine n di una funzione reale di variabilereale in x0 la derivata della derivata (n-1)-esima e scriveremo
f (n)(x0) =(f (n−1)
)′(x0), n ∈ N∗
Osservazione. Per indicare la derivata n-esima di una funzione f possiamo utilizzare anche i seguenti
simboli: (Dnf)(x0),
(dnf(x)
dxn
)x=x0
. Inoltre osserviamo che la prima scrittura necessita della parentesi
tonda se l’ordine della derivata e espresso in cifre arabe mentre puo essere omessa se e espresso in numeroromano.
Esempio 4.2.24. Calcolare la derivata seconda della funzione di equazione y = e3x; si ha
y′ = 3e3x
e quindiy′′ = y(2) = 9e3x
Esempio 4.2.25. Calcolare la derivata n-esima della funzione di equazione y = ln(1 + x); si ha
y′ =1
1 + x
y′′ = y(2) = −1
(1 + x)2
y′′′ = y(3) =2
(1 + x)3
yIV = y(4) = −2 · 3
(1 + x)4
yV = y(5) =2 · 3 · 4
(1 + x)5
e quindi
y(n) = (−1)n+1 (n− 1)!
(1 + x)n
Esempio 4.2.26. Calcolare la derivata n-esima della funzione di equazione y = sinx; si ha
y′ = cosx
y′′ = y(2) = − sinx
y′′′ = y(3) = − cosx
yIV = y(4) = sinx
e quindi
y(n) =
(−1)k sinx se n = 2k
(−1)k cosx se n = 2k + 1
4.3 Regola di De L’Hospital
Enunciamo ora, senza dimostrarlo, un importante teorema da cui discende una regola pratica che permettedi risolvere alcune forme indeterminate del tipo
0
0
oppure∞∞
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4.3 Regola di De L’Hospital 45
Teorema 4.3.1. Date le funzioni f(x) e g(x) entrambe infinitesime (o entrambe infinite) per x→ c, seesiste il
limx→c
f ′(x)
g′(x)
allora risulta
limx→c
f(x)
g(x)= limx→c
f ′(x)
g′(x)
Esempio 4.3.1. Calcolare limx→+∞
x
ex
Osserviamo che si tratta della forma indeterminata+∞+∞
e applichiamo la regola appena enunciata
limx→+∞
x
exH= limx→+∞
1
ex= 0
avendo segnalato l’uso della regola di De L’Hospital in modo opportuno.
Esempio 4.3.2. Calcolare limx→+∞
lnx
x
Osserviamo che si tratta della forma indeterminata+∞+∞
e applichiamo la regola appena enunciata
limx→+∞
lnx
x
H= limx→+∞
1x
1= 0
avendo segnalato l’uso della regola di De L’Hospital in modo opportuno.
Esempio 4.3.3. Calcolare limx→+∞
ex
x2 − 5x
Osserviamo che si tratta della forma indeterminata+∞+∞
e applichiamo la regola appena enunciata
limx→+∞
ex
x2 − 5x
H= limx→+∞
ex
2x− 5
H= limx→+∞
ex
2= +∞
avendo segnalato l’uso della regola di De L’Hospital in modo opportuno.
Osservazione. L’ultimo esempio, generalizzato a rapporti fra polinomi di grado qualunque e funzioniesponenziali o funzioni logaritmiche, iterando l’applicazione della regola tante volte quante necessarie pereliminare l’indeterminazione, dimostra cio che gia era stato anticipato sull’ordine di infinito delle funzionipolinomiali, esponenziali e logaritmiche.Ricordiamo la notazione usata: per x→ +∞
loga x << xα << ax
con a reale maggiore di 1 e per ogni α reale positivo.
Esempio 4.3.4. Calcolare limx→0
sinx− xx3
Osserviamo che si tratta della forma indeterminata0
0e applichiamo la regola appena enunciata
limx→0
sinx− xx3
H= limx→0
cosx− 1
3x2H= limx→0
− sinx
6x= −1
6
avendo segnalato l’uso della regola di De L’Hospital in modo opportuno.
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4.4 Continuita e derivabilita 46
Esempio 4.3.5. Calcolare limx→0+
x lnx
Osserviamo che si tratta della forma indeterminata 0 · (−∞) che riconduciamo alla forma indeterminata−∞+∞
prima di applicare la regola appena enunciata
limx→0+
x lnx = limx→0+
lnx1
x
H= limx→0+
1
x
− 1
x2
= limx→0+
(−x) = 0
avendo segnalato l’uso della regola di De L’Hospital in modo opportuno.
Osservazione. Calcolare limx→∞
x+ sinx
xOsserviamo che si tratta della forma indeterminata
∞∞
ma non e possibile applicare la regola appena
enunciata in quanto
limx→∞
1 + cosx
1non esiste,
mentre il limite iniziale e calcolabile banalmente e vale 1.
4.4 Continuita e derivabilita
Ci proponiamo ora di esaminare nel dettaglio il legame tra i concetti di continuita e derivabilita di unafunzione reale di variabile reale.
Teorema 4.4.1. Una funzione derivabile in x0 e ivi continua.
Dimostrazione. Dobbiamo dimostrare che, in x0, il limite coincide con il valore della funzione, cioe che
limx→x0
f(x) = f(x0)
ovvero chelimh→0
f(x0 + h) = f(x0)
Infatti:
limh→0
f(x0 + h) = limh→0
[f(x0 + h)− f(x0)
h· h+ f(x0)
]= f(x0)
poiche limh→0f(x0 + h)− f(x0)
hesiste finito essendo la funzione derivabile per ipotesi e quindi
limh→0f(x0 + h)− f(x0)
h· h = 0
Osservazione. Il teorema non e invertibile! Una funzione puo essere continua in x0 senza essere ividerivabile. Ne e un classico controesempio la funzione f(x) = |x| che risulta banalmente continua sututto l’asse reale e quindi anche in 0; invece la sua derivata in 0 non esiste, essendo
f(x) =
−x se x < 0
x se x ≥ 0
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4.4 Continuita e derivabilita 47
e, quindi
f ′(x) =
−1 se x < 0
1 se x > 0
da cuilimx→0−
f ′(x) = −1
limx→0+
f ′(x) = 1
Non puo infatti esistere finito il limite del rapporto incrementale, cioe la derivata, se limite destro e sinistrosono diversi! In questo caso parleremo di punto angoloso, cioe di un punto del grafico della funzione nelquale le tangenti da destra e da sinistra sono diverse (e, quindi, non esiste un’unica tangente).
Dal teorema appena dimostrato (la derivabilita implica la continuita), discende che se una fun-zione non e continua in un punto allora non e neppure ivi derivabile. Dall’osservazione si deduce ancheche una funzione puo essere continua in un punto senza essere ivi derivabile. Analizziamo ora in dettagliole situazioni di continuita senza derivabilita che si possono presentare nello studio del grafico di unafunzione.
Definizione 4.4.1. Data una funzione reale di variabile reale f(x) continua in un punto x0 di accumu-lazione per il suo dominio, diremo che essa ammette in x0 un punto angoloso se esistono finite ma diversele derivate destra e sinistra in x0, ossia
limh→0+
f(x0 + h)− f(x0)
h= f ′+(x0) ∈ R
limh→0−
f(x0 + h)− f(x0)
h= f ′−(x0) ∈ R
conf ′+(x0) 6= f ′−(x0)
cioe, dal punto di vista geometrico, il grafico della funzione ha in x0 due diverse tangenti oblique.
Esempio 4.4.1. Discutere gli eventuali punti di non derivabilita della funzione f(x) = | lnx|.La funzione f(x) = | lnx| risulta banalmente continua su tutto il suo dominio e quindi anche in 1; invece la sua derivata in1 non esiste, essendo
f(x) =
− lnx se 0 < x < 1
lnx se x ≥ 1
e, quindi
f ′(x) =
−1
xse 0 < x < 1
1
xse x > 1
da cuilimx→1−
f ′(x) = −1
limx→1+
f ′(x) = 1
pertanto si tratta di un punto angoloso con tangenti, rispettivamente al ramo sinistro e destro del grafico, aventi equazioni
t1 : y = −x+ 1
et2 : y = x− 1
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4.4 Continuita e derivabilita 48
x
y
y = | lnx|
y = x− 1y = −x+ 1
Definizione 4.4.2. Data una funzione reale di variabile reale f(x) continua in un punto x0 di accumu-lazione per il suo dominio, diremo che essa ammette in x0 una cuspide se
limh→0+
f(x0 + h)− f(x0)
h= +∞
limh→0−
f(x0 + h)− f(x0)
h= −∞
oppure
limh→0+
f(x0 + h)− f(x0)
h= −∞
limh→0−
f(x0 + h)− f(x0)
h= +∞
cioe, dal punto di vista geometrico, il grafico della funzione ha in x0 una doppia tangente verticale.
Esempio 4.4.2. Discutere gli eventuali punti di non derivabilita della funzione f(x) =√|x|.
La funzione f(x) =√|x| risulta banalmente continua su tutto l’asse reale e quindi anche in 0; invece la sua derivata in 0
non esiste, essendo
f(x) =
√−x se x < 0
√x se x ≥ 0
e, quindi
f ′(x) =
−1
2√−x
se x < 0
1
2√x
se x > 0
da cuilimx→0−
f ′(x) = −∞
limx→0+
f ′(x) = +∞
pertanto si tratta di una cuspide con doppia tangente verticale di equazione
t : x = 0
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4.4 Continuita e derivabilita 49
x
y
y =√|x|
Definizione 4.4.3. Data una funzione reale di variabile reale f(x) continua in un punto x0 di accumu-lazione per il suo dominio, diremo che essa ammette in x0 un flesso a tangente verticale se
limh→0+
f(x0 + h)− f(x0)
h= +∞
limh→0−
f(x0 + h)− f(x0)
h= +∞
oppure
limh→0+
f(x0 + h)− f(x0)
h= −∞
limh→0−
f(x0 + h)− f(x0)
h= −∞
cioe, dal punto di vista geometrico, il grafico della funzione ha in x0 un’unica tangente verticale.
Esempio 4.4.3. Discutere gli eventuali punti di non derivabilita della funzione f(x) = 3√x.
La funzione f(x) = 3√x risulta banalmente continua su tutto l’asse reale e quindi anche in 0; invece la sua derivata in 0 non
esiste, essendo
f ′(x) =1
33√x2
∀x 6= 0
da cuilimx→0−
f ′(x) = +∞
limx→0+
f ′(x) = +∞
pertanto si tratta di un punto di flesso (che, in questo caso, viene anche detto flesso ascendente) a tangente verticale diequazione
t : x = 0
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4.5 Teoremi del calcolo differenziale 50
x
y
y = 3√x
4.5 Teoremi del calcolo differenziale
Enunciamo ora e dimostriamo alcuni teoremi sulle funzioni derivabili.
Teorema 4.5.1 (di Rolle). Data una funzione reale di variabile reale f(x) continua in [a, b], derivabilein ]a, b[ con f(a) = f(b) allora esiste almeno un punto c ∈]a, b[ tale che f ′(c) = 0.
Dimostrazione. Se la funzione e costante allora la sua derivata e sempre nulla, come precedentementedimostrato, ed il teorema risulta banalmente verificato.Supponiamo, quindi, che la funzione non sia costante; per il Teorema di Weierstrass essa ammette minimoe massimo assoluti in [a, b]: almeno uno dei due deve essere assunto in ]a, b[ (altrimenti la funzione sarebbecostante!), supponiamo, per esempio, che sia il massimo, cioe M = f(x0) essendo M il valor massimodella funzione e x0 in ]a, b[. Pertanto si ha:
f(x0 + h) ≤ f(x0) (1)
f(x0 − h) ≤ f(x0) (2)
essendo h un incremento positivo della variabile indipendente tale che risulti x0± h ∈ [a, b]; dividiamo ledisuguaglianze (1) e (2) rispettivamente per h e −h:
f(x0 + h)− f(x0)
h≤ 0 (1)
f(x0 − h)− f(x0)
h≥ 0 (2)
passiamo ora al limite per h che tende a 0:
limh→ 0+f(x0 + h)− f(x0)
h= f ′+(x0) ≤ 0 (1)
limh→ 0−f(x0 − h)− f(x0)
h= f ′−(x0) ≥ 0 (2)
poiche, per ipotesi, la funzione e derivabile in ]a, b[, quindi anche in x0, deve essere
f ′+(x0) = f ′−(x0) = 0
ed x0 e il punto c che cercavamo.
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4.5 Teoremi del calcolo differenziale 51
Dal punto di vista geometrico, osserviamo che il grafico della funzione ha, nel punto di ascissa c,tangente orizzontale, ossia parallela alla retta passante per gli estremi.
DISEGNO
Teorema 4.5.2 (di Cauchy). Date due funzioni reali di variabile reale f(x) e g(x), continue in [a, b],
derivabili in ]a, b[ con g′(x) 6= 0 allora esiste almeno un punto c ∈]a, b[ tale chef ′(c)
g′(c)=f(b)− f(a)
g(b)− g(a).
Dimostrazione. Osserviamo che l’ipotesi g′(x) 6= 0 garantisce che il denominatore g(b)−g(a) sia anch’essodiverso da zero (se, infatti, fosse g(b) = g(a), per il Teorema di Rolle si avrebbe g′(c) = 0 per un qualchec ∈]a, b[. Consideriamo la funzione
h(x) = [f(b)− f(a)] · g(x)− [g(b)− g(a)] · f(x)
e verifichiamo per essa le ipotesi del Teorema di Rolle: h(x) e, banalmente, continua in [a, b] e derivabilein ]a, b[; inoltre
h(b) = −f(a) · g(b) + g(a) · f(b) = h(a)
pertanto esiste almeno un punto c in ]a, b[ tale che h′(c) = 0 cioe
h′(c) = [f(b)− f(a)] · g′(c)− [g(b)− g(a)] · f ′(c) = 0
da cui[g(b)− g(a)] · f ′(c) = [f(b)− f(a)] · g′(c)
e quindif ′(c)
g′(c)=f(b)− f(a)
g(b)− g(a)
Teorema 4.5.3 (di Lagrange o del valor medio). Data una funzione reale di variabile reale f(x) continua
in [a, b], derivabile in ]a, b[ allora esiste almeno un punto c ∈]a, b[ tale che f ′(c) =f(b)− f(a)
b− a.
Dimostrazione. Si tratta del Teorema di Cauchy con g(x) = x.
Dal punto di vista geometrico, osserviamo che il grafico della funzione ha, nel punto di ascissa c,tangente parallela alla retta passante per gli estremi. Osserviamo anche che il Teorema di Rolle e un casoparticolare del Teorema di Lagrange.
DISEGNOVediamo ora due importanti conseguenze del Teorema di Lagrange che saranno particolarmente utili
nello studio di funzione.
Teorema 4.5.4 (prima conseguenza). Data una funzione reale di variabile reale f(x) continua in [a, b],derivabile in ]a, b[ con f ′(x) = 0, ∀x ∈]a, b[ allora f(x) = k, ∀x ∈ [a, b] con k costante reale.
Dimostrazione. Presi x1, x2 tali che a ≤ x1 < x2 ≤ b, applichiamo il Teorema di Lagrange all’intervallo[x1, x2]:
f ′(c) =f(x2)− f(x1)
x2 − x1= 0
essendo c opportuno in ]x1, x2[; da cuif(x2) = f(x1)
e la funzione risulta quindi costante in [x1, x2]. Data l’arbitrarieta di x1, x2 si ha la tesi.
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4.5 Teoremi del calcolo differenziale 52
Teorema 4.5.5 (seconda conseguenza). Data una funzione reale di variabile reale f(x) continua in [a, b],derivabile in ]a, b[ con f ′(x) > 0, ∀x ∈]a, b[ allora f(x) e crescente ∀x ∈ [x1, x2]. Data l’arbitrarieta dix1, x2 si ha la tesi.
Dimostrazione. Presi x1, x2 tali che a ≤ x1 < x2 ≤ b, applichiamo il Teorema di Lagrange all’intervallo[x1, x2]:
f ′(c) =f(x2)− f(x1)
x2 − x1> 0
essendo c opportuno in ]x1, x2[; da cuif(x2) > f(x1)
e la funzione risulta quindi crescente in [a, b].
Del tutto analogo e il caso in cui la derivata e negativa e la funzione decrescente.
Esempio 4.5.1. Data la funzione di equazione y =√|x| siano, rispettivamente, O, A, B, C i punti del suo grafico di
ascisse 0, 1, -1, 4. Trovare l’equazione delle tangenti al grafico nei punti dati, dire se e applicabile il Teorema di Rolle in[−1, 1], Lagrange in [0, 4] e in caso affermativo determinare gli eventuali punti c relativi.
Calcoliamo le coordinate dei punti dati: O(0, 0), A(1, 1), B(−1, 1), C(4, 2); inoltre calcoliamo anche la derivata primadella funzione in quanto essa rappresenta il coefficiente angolare della retta tangente alla curva nel punto considerato.
f ′(x) =
−1
2√−x
se x < 0
1
2√x
se x > 0
considerando dapprima il punto O, si ha:limx→0−
f ′(x) = −∞
limx→0+
f ′(x) = +∞
pertanto O(0, 0) e una cuspide con doppia tangente verticale di equazione
tO : x = 0
Considerando il punto A, si ha:
f ′(1) =1
2
l’equazione della retta tangente alla curva in A e y − 1 =1
2(x− 1) cioe
tA : y =1
2x+
1
2
oppure e del tipo y =1
2x+ q ed imponendo il passaggio per A si ottiene q =
1
2da cui, nuovamente
tA : y =1
2x+
1
2
Considerando il punto B, si ha:
f ′(−1) = −1
2
l’equazione della retta tangente alla curva in B e y − 1 = −1
2(x+ 1) cioe
tB : y = −1
2x+
1
2
oppure e del tipo y = −1
2x+ q ed imponendo il passaggio per B si ottiene q =
1
2da cui, nuovamente
tB : y = −1
2x+
1
2
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4.5 Teoremi del calcolo differenziale 53
Considerando il punto C, si ha:
f ′(4) =1
4
l’equazione della retta tangente alla curva in C e y − 2 =1
4(x− 4) cioe
tC : y =1
4x+ 1
oppure e del tipo y =1
4x+ q ed imponendo il passaggio per C si ottiene q = 1 da cui, nuovamente
tC : y =1
4x+ 1
Non e applicabile il Teorema di Rolle in [−1, 1] perche la funzione non e derivabile in O; e applicabile, invece, il teorema
di Lagrange in [0, 4] e il punto del grafico in cui la tangente e parallela alla retta passante per gli estremi O e C (y =1
2x)
e proprio il punto A, come evidente dai calcoli precedenti; d’altra parte e ricavabile ponendo
f ′(c) =f(4)− f(0)
4− 0
1
2√c
=1
2
da cui c = 1.
4.5.1 Esercizi riassuntivi proposti
Calcolare la derivata prima delle seguenti funzioni reali di variabile reale:
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4.5 Teoremi del calcolo differenziale 54
1) f(x) = (2x+ 1)2 [f ′(x) = 4(2x+ 1)]
2) f(x) = x3 + 2x2 − 3 [f ′(x) = 3x2 + 4x]
3) f(x) = (x− 3)(x2 + 3x+ 2) [f ′(x) = 3x2 − 7 ]
4) f(x) =2x2
x2 + 1[f ′(x) =
4x
(x2 + 1)2]
5) f(x) =x3 − 1
x3 + 1[f ′(x) =
6x2
(x3 + 1)2]
6) f(x) =x2 + 2x+ 4
2x[f ′(x) =
x2 − 4
2x2]
7) f(x) =3√x2 [f ′(x) =
2
3 3√x
]
8) f(x) = 4√x− 1
4√x
[f ′(x) =1 +√x
4x 4√x
]
9) f(x) =x−√x
x+√x
[f ′(x) =
√x
(x+√x)2
]
10) f(x) = 3 + x+ sinx [f ′(x) = 1 + cosx]
11) f(x) = 5 sinx cosx [f ′(x) = 5 cos 2x]
12) f(x) = sin2 x [f ′(x) = sin 2x ]
13) f(x) =1 + cosx
cosx[f ′(x) =
sinx
cos2 x]
14) f(x) =sinx
1 + tan2 x[f ′(x) = cosx(3 cos2 x− 2)]
15) f(x) = tan2 x− 1
cosx[f ′(x) =
sinx(2− cosx)
cos3 x]
16) f(x) = x3 lnx [f ′(x) = x2(lnx3 + 1)]
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4.5 Teoremi del calcolo differenziale 55
17) f(x) =√x lnx [f ′(x) =
√x
x(ln√x+ 1)]
18) f(x) =1
x lnx[f ′(x) = −1 + lnx
x2 ln2 x]
19) f(x) = (x2 + 1)ex [f ′(x) = (x+ 1)2ex]
20) f(x) = (sinx+ cosx)ex [f ′(x) = 2ex cosx]
21) f(x) =ex − e−x
ex + e−x[f ′(x) =
4
(ex + e−x)2]
22) f(x) = (x2 + 1) arctanx [f ′(x) = 2x arctanx+ 1]
23) f(x) = (1− x2) arcsinx [f ′(x) =√
1− x2 − 2x arcsinx]
24) f(x) = arctan x2 [f ′(x) =
2
4 + x2]
25) f(x) = arcsin 1x [f ′(x) = − 1
x√x−1
]
26) f(x) = arcsin e−x [f ′(x) = − e−x√1− e−2x
]
27) f(x) = arctanx+ arctan 1x [f ′(x) = 0]
28) f(x) = x√x [f ′(x) = x
√x− 1
2
(1 +
1
2lnx
)]
29) f(x) = (cosx)sin x [f ′(x) = (cosx)sin x(cosx ln sinx− sinx tanx)]
30) f(x) = x1
ln x [f ′(x) = 0]
31) f(x) = ln(√
1 + ex − 1)− ln(√
1 + ex + 1) [f ′(x) =1√
1 + ex]
32) f(x) = ln cos arctanex − e−x
2[f ′(x) =
ex − e−x
ex + e−x]
33) f(x) =√a2 − x2 + a arcsin x
a [f ′(x) =
√a− xa+ x
]
Problemi:
1. Trovare le equazioni delle rette tangenti alla parabola di equazione y = x2 − 2x+ 3 nei suoi puntidi ordinata 6.
[y = −4x+ 2; y = 4x− 6]
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4.5 Teoremi del calcolo differenziale 56
2. Trovare le equazioni delle rette tangenti alla curva di equazione y =x2 − 3
x3nei punti in cui essa
interseca l’asse x ele equazioni delle rette tangenti parallele all’asse x.
[2x− 3y − 2√
3 = 0; 2x− 3y + 2√
3 = 0; y = ± 29 ]
3. Trovare le equazioni delle rette tangenti alla funzione omografica di equazione y =2x+ 4
x− 3parallele
alle rette di equazione 5x+ 8y = 0; 5x+ 2y = 0
[5x+ 8y + 9 = 0; 5x+ 8y − 71 = 0; 5x+ 2y + 1 = 0; , 5x+ 2y − 39 = 0]
Discutere continuita e derivabilita delle seguenti funzioni reali di variabile reale:
1) f(x) = |x2 − 9| [continua ∀x ∈ R; (−3, 0) punto angoloso con tangenti y = 6x+18e y = −6x− 18, (3, 0) punto angoloso con tangenti y = −6x+ 18e y = 6x− 18 ]
2) f(x) =√|x+ 2| [continua ∀x ∈ R; (−2, 0) cuspide con tangente verticale x = −2]
3) f(x) = 5√
1− x [continua ∀x ∈ R; (1, 0) flesso a tangente verticale x = 1 ]
4) f(x) =1− x2
x2 − 5x+ 4[continua ∀x ∈ R− {1, 4};derivabile in ∀x ∈ R− {1, 4}]
5) f(x) =
sinx, x < 0
√x, x ≥ 0
[continua ∀x ∈ R; (0, 0) punto angoloso con tangenti y = x e x = 0]
Facendo uso della regola di De L’Hospital, provare che:
1. limx→0
(1 + x)1x = 1
2. limx→0+
xe1x = +∞
3. limx→0
sinx− xx3
= −1
6
4. limx→+∞
ex
xn= +∞, n ∈ N
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Capitolo 5
Studio del grafico di una funzionereale
Tutti gli strumenti fin qui forniti vengono utilizzati per lo studio di una funzione reale di variabile reale,nel quale essi trovano la loro piu completa applicazione. Diamo di seguito uno schema generale chepermette di ottenere le informazioni necessarie per la costruzione del grafico.
5.1 Campo di esistenza
Le abilita acquisite nei primi tre anni di Scuola Secondaria di II grado riguardo le proprieta delle funzionialgebriche e trascendenti, ci consentono ora di esplicitare le condizioni necessarie affinche una funzionereale di variabile reale possa esistere. Si tratta, in generale, di risolvere un sistema di disequazioni deltipo:
C.E. :
ogni denominatore deve essere diverso da zeroogni radicando con indice di radice pari deve essere maggiore o uguale a zeroogni argomento di logaritmo deve essere maggiore di zeroogni argomento di arcoseno o arcocoseno deve essere compreso fra -1 e 1, estremi inclusi
Esempio 5.1.1. Studiare il campo di esistenza della funzione
y = f(x) = x3 − 3x+ 2
Trattandosi di una funzione razionale intera si ha
C.E. : ∀x ∈ R
Esempio 5.1.2. Studiare il campo di esistenza della funzione
y = f(x) =x2
x− 1
Trattandosi di una funzione razionale fratta si ha
C.E. : ∀x 6= 1
Esempio 5.1.3. Studiare il campo di esistenza della funzione
y = f(x) =3√x3 − x2
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5.1 Campo di esistenza 58
Trattandosi di una funzione irrazionale con radicando intero e indice di radice dispari si ha
C.E. : ∀x ∈ R
Esempio 5.1.4. Studiare il campo di esistenza della funzione
y = f(x) = (x2 − 4)e−x
Trattandosi del prodotto tra una funzione razionale intera e una esponenziale si ha
C.E. : ∀x ∈ R
Esempio 5.1.5. Studiare il campo di esistenza della funzione
y = f(x) = ln∣∣1− x2∣∣
Trattandosi di una funzione logaritmica si ha
C.E. : ∀x 6= ±1
Esempio 5.1.6. Studiare il campo di esistenza della funzione
y = f(x) = 2 sinx+ cos 2x
Trattandosi di una funzione goniometrica intera si ha
C.E. : ∀x ∈ R
Esempio 5.1.7. Studiare il campo di esistenza della funzione
y = f(x) = arcsin1− x2
1 + x2
Trattandosi di una funzione inversa di una goniometrica si ha∣∣∣∣1− x21 + x2
∣∣∣∣ ≤ 1
ossia
−1 ≤ 1− x2
1 + x2≤ 1
−1− x2 ≤ 1− x2 ≤ 1 + x2{1− x2 ≥ −1− x21− x2 ≤ 1 + x2{
2 ≥ 0x2 + 2 ≤ 0
da cuiC.E. : ∀x ∈ R
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5.2 Simmetrie e periodicita 59
5.2 Simmetrie e periodicita
A questo punto va controllato se la funzione data gode di simmetrie elemetari e/o di periodicita mediantel’utilizzo delle relative definizioni.Ricordiamo la definizione di funzione pari, ossia con grafico simmetrico rispetto all’asse delle ordinate:
f(−x) = f(x), ∀x ∈ C.E.
e di funzione dispari, ossia con grafico simmetrico rispetto all’origine:
f(−x) = −f(x), ∀x ∈ C.E.
Naturalmente, qualora il C.E. della funzione non sia un insieme simmetrico rispetto allo 0, non ha alcunsenso controllare se la funzione e pari o dispari. In questa sede non consideriamo simmetrie diverse daquelle elemenatri viste sopra perche di trattazione meno immediata.Ricordiamo la definizione di funzione periodica di periodo T:
f(x+ kT ) = f(x), ∀x ∈ C.E., ∀ k ∈ Z
Qualora la funzione risulti periodica e sufficiente studiarla e disegnarne il grafico all’interno di un periodoopportunamente scelto.
Esempio 5.2.1. Studiare le eventuali simmetrie e/o periodicita della funzione
y = f(x) = x3 − 3x+ 2
Essendo f(−x) = −x3 + 3x + 2 diverso sia da f(x) che da −f(x), la funzione non e ne pari ne dispari;non puo, evidentemente, essere periodica.
Esempio 5.2.2. Studiare le eventuali simmetrie e/o periodicita della funzione
y = f(x) =x2
x− 1
Essendo f(−x) =x2
−x− 1diverso sia da f(x) che da −f(x), la funzione non e ne pari ne dispari; non
puo, evidentemente, essere periodica.
Esempio 5.2.3. Studiare le eventuali simmetrie e/o periodicita della funzione
y = f(x) =3√x3 − x2
Essendo f(−x) = 3√−x3 − x2 diverso sia da f(x) che da −f(x), la funzione non e ne pari ne dispari; non
puo, evidentemente, essere periodica.
Esempio 5.2.4. Studiare le eventuali simmetrie e/o periodicita della funzione
y = f(x) = (x2 − 4)e−x
Essendo f(−x) = (x2 − 4)ex diverso sia da f(x) che da −f(x), la funzione non e ne pari ne dispari; nonpuo, evidentemente, essere periodica.
Esempio 5.2.5. Studiare le eventuali simmetrie e/o periodicita della funzione
y = f(x) = ln∣∣1− x2∣∣
Essendo f(−x) = ln∣∣1− x2∣∣ = f(x), la funzione e pari; non puo, evidentemente, essere periodica.
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5.3 Segno della funzione 60
Esempio 5.2.6. Studiare le eventuali simmetrie e/o periodicita della funzione
y = f(x) = 2 sinx+ cos 2x
Essendo f(−x) = −2 sinx+ cos 2x diverso sia da f(x) che da −f(x), la funzione non e ne pari ne dispari;essendo f(x+ 2π) = 2 sin(x+ 2π) + cos 2(x+ 2π) = f(x), evidentemente, e periodica di periodo T = 2π.Percio e sufficiente studiare la funzione e rappresentarne il grafico nel solo intervallo [0, 2π].
Esempio 5.2.7. Studiare le eventuali simmetrie e/o periodicita della funzione
y = f(x) = arcsin1− x2
1 + x2
Essendo f(−x) = arcsin1− x2
1 + x2= f(x), la funzione e pari; non puo, evidentemente, essere periodica.
5.3 Segno della funzione
Studiare il segno della funzione data significa ricavare dove risulta
f(x) > 0
f(x) = 0
f(x) < 0
e a tale scopo e sufficiente, per il principio di esclusione, risolvere, per esempio, la sola disequazione
f(x) ≥ 0
Vengono cosı determinati gli eventuali punti di intersezione del grafico della funzione data con l’asse delleascisse e le regioni del piano nelle quali esso deve trovarsi.A questo livello e interessante cercare anche l’eventuale punto di intersezione del grafico della funzionedata con l’asse delle ordinate.
Esempio 5.3.1. Studiare il segno della funzione
y = f(x) = x3 − 3x+ 2
Essendo f(x) = (x− 1)2(x+ 2) (scomposizione effettuata tramite la regola di Ruffini) si deve risolvere ladisequazione
(x− 1)2(x+ 2) ≥ 0
cioe, graficamente
x-2 1
da cui risultax ≥ −2 (si annulla per x = −2, 1)
Indichiamo con A(−2, 0) e B(1, 0) le intersezioni del grafico con l’asse delle ascisse e con C(0, 2)l’intersezione con l’asse delle ordinate.
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5.3 Segno della funzione 61
Esempio 5.3.2. Studiare il segno della funzione
y = f(x) =x2
x− 1
Si deve risolvere la disequazionex2
x− 1≥ 0
cioe, graficamente
x0 1
da cui risultax > 1, x = 0 (si annulla per x = 0 e non esiste per x = 1)
Indichiamo con O(0, 0) l’intersezione del grafico con entrambi gli assi coordinati.
Esempio 5.3.3. Studiare il segno della funzione
y = f(x) =3√x3 − x2
Si deve risolvere la disequazione3√x3 − x2 ≥ 0
cioe, graficamente
x0 1
da cui risultax ≥ 1, x = 0 (si annulla per x = 0, 1)
Indichiamo con O(0, 0) l’intersezione del grafico con entrambi gli assi coordinati e con A(1, 0) l’ulterioreintersezione del grafico con l’asse delle ascisse.
Esempio 5.3.4. Studiare il segno della funzione
y = f(x) = (x2 − 4)e−x
Si deve risolvere la disequazione(x2 − 4)e−x ≥ 0
cioe, graficamente
x-2 2
da cui risultax ≤ −2, x ≥ 2 (si annulla per x = ±2)
Indichiamo con A(−2, 0) e B(2, 0) le intersezioni del grafico con l’asse delle ascisse e con C(0,−4)l’intersezione con l’asse delle ordinate.
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5.3 Segno della funzione 62
Esempio 5.3.5. Studiare il segno della funzione
y = f(x) = ln∣∣1− x2∣∣
Si deve risolvere la disequazioneln∣∣1− x2∣∣ ≥ 0
ossia ∣∣1− x2∣∣ ≥ 1
1− x2 ≤ −1 ; 1− x2 ≥ 1
x2 ≥ 2 ; x2 ≤ 0
cioe, graficamente
x−√
2 -1 0 1√
2
da cui risulta
x ≤ −√
2, x ≥√
2, x = 0 (si annulla per x = ±√
2, 0 e non esiste per x = ±1)
Indichiamo con A(−√
2, 0) e B(√
2, 0) le intersezioni del grafico con l’asse delle ascisse e con O(0, 0)l’intersezione con entrambi gli assi.
Esempio 5.3.6. Studiare il segno della funzione
y = f(x) = 2 sinx+ cos 2x
Si deve risolvere la disequazione2 sinx+ cos 2x ≥ 0
ossia2 sinx+ 1− 2 sin2 x ≥ 0
da cui2 sin2 x− 2 sinx− 1 ≤ 0
ovvero1−√
3
2≤ sinx ≤ 1 +
√3
2
cioe, graficamente
x
y
OA
B
A′
B′
1−√3
2
π + α −α
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5.4 Limiti e asintoti 63
da cui risulta
0 ≤ x ≤ π + α; 2π − α ≤ x ≤ 2π (si annulla per x = 2π − α, π + α)
( essendo α = arcsin
√3− 1
2)
Indichiamo con A(π + α, 0) e B(2π − α, 0) le intersezioni del grafico con l’asse delle ascisse, conC(0, 1) l’intersezione con l’asse delle ordinate e con D(2π, 1) l’ulteriore punto calcolato nell’estremodestro dell’intervallo di studio.
Esempio 5.3.7. Studiare il segno della funzione
y = f(x) = arcsin1− x2
1 + x2
Si deve risolvere la disequazione
arcsin1− x2
1 + x2≥ 0
ossia1− x2
1 + x2≥ 0
cioe, graficamente
x−1 1
da cui risulta−1 ≤ x ≤ 1 (si annulla per x = ±1)
Indichiamo con A(−1, 0) e B(1, 0) le intersezioni del grafico con l’asse delle ascisse e con C(
0,π
2
)l’intersezione con l’asse delle ordinate.
5.4 Limiti e asintoti
Vanno calcolati i limiti negli eventuali punti di discontinuita e, se necessario, sulla frontiera del C.E.. Sipossono presentare alcuni casi notevoli:
1. se risultalimx→c
f(x) =∞, c ∈ R
allora la funzione ha un asintoto verticale di equazione
A.V. : x = c
2. se risultalimx→∞
f(x) = k, k ∈ R
allora la funzione ha un asintoto orizzontale di equazione
A.Or. : y = k
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5.4 Limiti e asintoti 64
3. se risultalimx→∞
f(x) =∞
allora la funzione potrebbe avere un asintoto obliquo di equazione
A.Ob. : y = mx+ q
se
m = limx→∞
f(x)
x, m ∈ R∗
eq = lim
x→∞[f(x)−mx], q ∈ R
A questo livello puo essere interessante cercare le eventuali intersezioni del grafico con gli asintotiorizzontali e obliqui.
Esempio 5.4.1. Calcolare i limiti della funzione
y = f(x) = x3 − 3x+ 2
Basta calcolare limx→∞
f(x) cioe
limx→±∞
(x3 − 3x+ 2
)= ±∞
percio la funzione potrebbe avere asintoti obliqui; pertanto va calcolato il seguente
limx→±∞
x3 − 3x+ 2
x= +∞
da cui deduciamo che non vi e alcun asintoto obliquo (ne di altro tipo!)
Esempio 5.4.2. Calcolare i limiti della funzione
y = f(x) =x2
x− 1
Bisogna calcolare sia limx→c
f(x) cioe
limx→1±
x2
x− 1= ±∞
da cui deduciamo che la funzione ha un asintoto verticale di equazione
A.V. : x = 1
ed anche limx→∞
f(x) cioe
limx→±∞
x2
x− 1= ±∞
percio la funzione potrebbe avere asintoti obliqui di equazione y = mx + q; pertanto vanno calcolati iseguenti
limx→±∞
x2
x− 1x
= 1 = m
e
limx→±∞
(x2
x− 1− x)
= 1 = q
da cui deduciamo che la funzione ha un asintoto obliquo di equazione
A.Ob. : y = x+ 1
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5.4 Limiti e asintoti 65
Esempio 5.4.3. Calcolare i limiti della funzione
y = f(x) =3√x3 − x2
Basta calcolare limx→∞
f(x) cioe
limx→±∞
3√x3 − x2 = ±∞
percio la funzione potrebbe avere asintoti obliqui di equazione y = mx + q; pertanto vanno calcolati iseguenti
limx→±∞
3√x3 − x2x
= 1 = m
essendo 3√x3 − x2 ∼ x; inoltre
limx→±∞
(3√x3 − x2 − x
)= −1
3= q
essendo 3√x3 − x2−x =
( 3√x3 − x2 − x)( 3
√(x3 − x2)2 + x 3
√x3 − x2 + x2)
3√
(x3 − x2)2 + x 3√x3 − x2 + x2
=−x2
3√
(x3 − x2)2 + x 3√x3 − x2 + x2
∼
−x2
3x2da cui deduciamo che la funzione ha un asintoto obliquo di equazione
A.Ob. : y = x− 1
3
Esempio 5.4.4. Calcolare i limiti della funzione
y = f(x) = (x2 − 4)e−x
Basta calcolare limx→∞
f(x) cioe, distinguendo
limx→−∞
(x2 − 4)e−x = +∞
percio la funzione potrebbe avere un asintoto obliquo di equazione y = mx + q; pertanto va calcolato ilseguente
limx→−∞
(x2 − 4)e−x
x= −∞
da cui si deduce che non c’e asintoto obliquo a −∞; ed inoltre
limx→+∞
(x2 − 4)e−x = limx→+∞
x2 − 4
ex= 0
da cui si deduce che la funzione ha un asintoto orizzontale a +∞ di equazione
A.Or. : y = 0
Esempio 5.4.5. Calcolare i limiti della funzione
y = f(x) = ln∣∣1− x2∣∣
Bisogna calcolare sia limx→c
f(x) cioe
limx→1±
ln∣∣1− x2∣∣ = −∞
da cui deduciamo che la funzione ha un asintoto verticale di equazione
A.V. : x = 1
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5.5 Derivata prima e segno relativo 66
(e, vista la simmetria, anche un ansintoto verticale di equazione A.V. : x = −1 )
ed anche limx→+∞
f(x) cioe
limx→+∞
ln∣∣1− x2∣∣ = +∞
percio la funzione potrebbe avere un asintoto obliquo di equazione y = mx + q; pertanto va calcolato ilseguente
limx→+∞
ln∣∣1− x2∣∣x
= 0
da cui si deduce che non c’e asintoto obliquo a +∞ (e, vista la simmetria, neppure a −∞).
Esempio 5.4.6. Calcolare i limiti della funzione
y = f(x) = 2 sinx+ cos 2x
non risulta necessario in quanto la funzione e continua su tutto l’asse reale e periodica.
Esempio 5.4.7. Calcolare i limiti della funzione
y = f(x) = arcsin1− x2
1 + x2
Basta calcolare limx→+∞
f(x) cioe
limx→+∞
arcsin1− x2
1 + x2= −π
2
da cui si deduce che la funzione ha un asintoto orizzontale di equazione
A.Or. : y = −π2
(vista la simmetria, sia a +∞ che a −∞).
5.5 Derivata prima e segno relativo
Va calcolata la derivata prima f ′(x) della funzione data e di questa va studiato il segno; studiare il segnodella derivata prima significa ricavare dove risulta
f ′(x) > 0
f ′(x) = 0
f ′(x) < 0
e a tale scopo e sufficiente, per il principio di esclusione, risolvere, per esempio, la sola disequazione
f ′(x) ≥ 0
Vengono cosı determinati, come dimostrato nella seconda conseguenza del Teorema di Lagrange, gliintervalli in cui la funzione e crescente (f ′(x) > 0), decrescente (f ′(x) < 0) e i punti a tangente orizzontale(f ′(x) = 0). Detta c l’ascissa di uno di tali punti, quindi f ′(c) = 0, e supposto che la funzione data siacontinua in un intorno di c, con riferimento a tale intorno si possono presentare le seguenti situazioni:
1. se f cresce in un intorno sinistro di c e decresce in un intorno destro di c allora f ammette in c unpunto di massimo relativo M(c, f(c));
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5.5 Derivata prima e segno relativo 67
2. se f decresce in un intorno sinistro di c e cresce in un intorno destro di c allora f ammette in c unpunto di minimo relativo N(c, f(c));
3. se f cresce in un intorno sinistro di c e cresce in un intorno destro di c allora f ammette in c unpunto di flesso ascendente F (c, f(c)) a tangente orizzontale;
4. se f decresce in un intorno sinistro di c e decresce in un intorno destro di c allora f ammette in cun punto di flesso discendente F (c, f(c)) a tangente orizzontale.
Piu in generale, diremo che la funzione f ammette in c un punto di massimo relativo (o locale) seesiste un intorno di c in cui risulta f(x) ≤ f(c); cio implica che vi possono essere punti di massimorelativo a tangente non orizzontale, addirittura di non derivabilita. Analogamente per il minimo relativo.
Nell’ipotesi in cui la funzione abbia in c un punto di continuita ma dubbia derivabilita, e necessariocalcolare il
limx→c
f ′(x)
per ottenere informazioni sul comportamento della funzione in prossimita di c attraverso la pendenzadelle tangenti.
Esempio 5.5.1. Calcolare la derivata prima e studiarne il segno, relativamente alla funzione
y = f(x) = x3 − 3x+ 2
Si hay′ = 3x2 − 3 = 3(x+ 1)(x− 1)
si deve risolvere la disequazione3(x+ 1)(x− 1) ≥ 0
cioe, graficamente
x-1 1
↗ ↘ ↗
(avendo segnalato gli intervalli di crescenza e decrescenza con le frecce); da cui risulta
x ≤ −1, x ≥ 1 (si annulla per x = ±1)
Indichiamo con M(−1, 4) il massimo relativo e con N ≡ B(1, 0) il minimo relativo.
Esempio 5.5.2. Calcolare la derivata prima e studiarne il segno, relativamente alla funzione
y = f(x) =x2
x− 1
Si ha
y′ =2x(x− 1)− x2
(x− 1)2=x(x− 2)
(x− 1)2
si deve risolvere la disequazionex(x− 2)
(x− 1)2≥ 0
cioe, graficamente
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5.5 Derivata prima e segno relativo 68
x0 21
↗ ↘ ↘ ↗
(avendo segnalato gli intervalli di crescenza e decrescenza con le frecce); da cui risulta
x ≤ 0, x ≥ 2 (si annulla per x = 0, 2 e non esiste per x = 1)
Indichiamo con M ≡ O(0, 0) il massimo relativo e con N(2, 4) il minimo relativo.
Esempio 5.5.3. Calcolare la derivata prima e studiarne il segno, relativamente alla funzione
y = f(x) =3√x3 − x2
Si ha
y′ =3x2 − 2x
3(x3 − x2)23
=x(3x− 2)
3 3√
(x3 − x2)2
si deve risolvere la disequazionex(3x− 2)
3 3√
(x3 − x2)2≥ 0
cioe, graficamente
x0 12/3
↗ ↘ ↗ ↗
(avendo segnalato gli intervalli di crescenza e decrescenza con le frecce); da cui risulta
x < 0, x ≥ 2
3, x 6= 1 (si annulla per x =
2
3e non esiste per x = 0, 1)
Indichiamo con N
(2
3,−
3√
4
3
)il minimo relativo.
In 0 c’e un punto di continuita ma non derivabilita, poiche dal calcolo del limx→c
f ′(x) risulta
limx→0
x(3x− 2)
3 3√
(x3 − x2)2= limx→0±
3x− 2
3 3√x(x− 1)2
= ∓∞
O(0, 0) e pertanto una cuspide ed anche un massimo relativo (ma non a tangente orizzontale!) per lafunzione.In 1 c’e un punto di continuita ma non derivabilita, poiche dal calcolo del lim
x→cf ′(x) risulta
limx→1
x(3x− 2)
3 3√
(x3 − x2)2= +∞
A(1, 0) e pertanto un flesso ascendente a tangente verticale per la funzione.
Esempio 5.5.4. Calcolare la derivata prima e studiarne il segno, relativamente alla funzione
y = f(x) = (x2 − 4)e−x
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5.5 Derivata prima e segno relativo 69
Si hay′ = (2x− x2 + 4)e−x
si deve risolvere la disequazione(−x2 + 2x+ 4)e−x ≥ 0
cioe, graficamente
x1−√
5 1 +√
5
↘ ↗ ↘
(avendo segnalato gli intervalli di crescenza e decrescenza con le frecce); da cui risulta
1−√
5 ≤ x ≤ 1 +√
5 (si annulla per x = 1±√
5)
Indichiamo con N(1−√
5, f(1−√
5)) il minimo relativo e con M(1 +√
5, f(1 +√
5)) il massimo relativo.
Esempio 5.5.5. Calcolare la derivata prima e studiarne il segno, relativamente alla funzione
y = f(x) = ln∣∣1− x2∣∣
Si ha
y′ =1
1− x2(−2x) =
2x
x2 − 1
si deve risolvere la disequazione2x
x2 − 1≥ 0
cioe, graficamente
x0-1 1
↘ ↗ ↘ ↗
(avendo segnalato gli intervalli di crescenza e decrescenza con le frecce); da cui risulta
−1 < x ≤ 0, x > 1 (si annulla per x = 0, e non esiste per x = ±1)
Indichiamo con O(0, 0) il massimo relativo.
Osservazione. La derivata di una funzione pari (dispari) e dispari (pari).
Esempio 5.5.6. Calcolare la derivata prima e studiarne il segno, relativamente alla funzione
y = f(x) = 2 sinx+ cos 2x
Si hay′ = 2 cosx+ 2(− sin 2x) = 2 cosx− 4 sinx cosx = 2 cosx(1− 2 sinx)
si deve risolvere la disequazione2 cosx(1− 2 sinx) ≥ 0
cioe, graficamente
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5.5 Derivata prima e segno relativo 70
x
y
OA
B
A′
B′
125π
6π6
decrescecresce
crescedecresce
crescedecresce
(avendo segnalato gli intervalli di crescenza e decrescenza); da cui risulta
0 ≤ x ≤ π
6,π
2≤ x ≤ 5π
6,
3π
2≤ x ≤ 2π (si annulla per x =
π
6,π
2,
5π
6,
3π
2)
Indichiamo con M1
(π
6,
3
2
)e M2
(5π
6,
3
2
)i massimi relativi, con N1
(π2, 1)
e N2
(3π
2,−3
)i minimi
relativi.
Esempio 5.5.7. Calcolare la derivata prima e studiarne il segno, relativamente alla funzione
y = f(x) = arcsin1− x2
1 + x2
Si ha
y′ =1√
1−(
1− x2
1 + x2
)2· −2x(1 + x2)− (1− x2)2x
(1 + x2)2=
−2x√x2(1 + x2)
si deve risolvere la disequazione−2x√
x2(1 + x2)≥ 0
cioe, graficamente
x0
↗ ↘
(avendo segnalato gli intervalli di crescenza e decrescenza con le frecce); da cui risulta
x < 0 ( non si annulla mai , e non esiste per x = 0)
In 0 c’e un punto di continuita ma non derivabilita, poiche dal calcolo del limx→c
f ′(x) risulta, distinguendo
limx→0±
−2x√x2(1 + x2)
= limx→0±
−2x
|x|(1 + x2)= ∓2
M ≡ C(
0,π
2
)e pertanto un punto angoloso ed anche un massimo relativo (ma non a tangente orizzon-
tale!) nonche massimo assoluto, cioe il valore massimo assunto dalla funzione nel suo dominio.
Osservazione. La derivata di una funzione pari (dispari) e dispari (pari).
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5.6 Derivata seconda e segno relativo 71
5.6 Derivata seconda e segno relativo
Va calcolata la derivata seconda f ′′(x) della funzione data e di questa va studiato il segno; studiare ilsegno della derivata seconda significa ricavare dove risulta
f ′′(x) > 0
f ′′(x) = 0
f ′′(x) < 0
e a tale scopo e sufficiente, per il principio di esclusione, risolvere, per esempio, la sola disequazione
f ′′(x) ≥ 0
Vengono cosı determinati, come e senz’altro possibile dimostrare ma esula dagli obiettivi di questo testo,gli intervalli in cui la funzione volge la concavita verso l’alto (corrispondenti alle zone in cui risultaf ′′(x) > 0), volge la concavita verso il basso (corrispondenti alle zone in cui risulta f ′′(x) < 0) e i puntiin cui la derivata seconda si annulla. Detta c l’ascissa di uno di tali punti, quindi f ′′(c) = 0, e suppostoche la funzione data sia continua in un intorno di c, con riferimento a tale intorno si possono verificare leseguenti situazioni:
1. se f volge la concavita verso l’alto in un intorno sinistro di c e volge la concavita verso il basso inun intorno destro di c allora f ammette in c un punto di flesso F (c, f(c)) o di cambio di concavita.
2. se f volge la concavita verso il basso in un intorno sinistro di c e volge la concavita verso l’alto inun intorno destro di c allora f ammette in c un punto di flesso F (c, f(c)) o di cambio di concavita.
Se invece nell’intorno di c, ove risulti sempre f ′′(c) = 0, non c’e cambio di concavita, allora significache in c la funzione ha un punto di massimo o di minimo relativo; in questo caso esso deve essere statogia scoperto con lo studio della derivata prima.Ricordiamo che la funzione puo avere un punto di flesso anche se non ammette in esso derivate prima eseconda (come gia visto nel caso di flessi a tangente verticale).Infine, puo essere richiesto di calcolare l’equazione della retta tangente al grafico della funzione in unpunto di flesso; essa, come gia visto in precedenza, e data da
tF : y − f(c) = f ′(c)(x− c)
Esempio 5.6.1. Calcolare la derivata seconda e studiarne il segno, relativamente alla funzione
y = f(x) = x3 − 3x+ 2
Si hay′′ = 6x
si deve risolvere la disequazione6x ≥ 0
cioe, graficamente
x0
_ ^
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5.6 Derivata seconda e segno relativo 72
(avendo segnalato opportunamente gli intervalli di concavita verso l’alto o verso il basso); da cui risulta
x ≥ 0 (si annulla per x = 0)
Indichiamo con F ≡ C(0, 2) il flesso.
Esempio 5.6.2. Calcolare la derivata seconda e studiarne il segno, relativamente alla funzione
y = f(x) =x2
x− 1
Si ha
y′′ =(2x− 2)(x− 1)2 − (x2 − 2x)2(x− 1)
(x− 1)4=
2
(x− 1)3
si deve risolvere la disequazione2
(x− 1)3≥ 0
cioe, graficamente
x1
_ ^
(avendo segnalato opportunamente gli intervalli di concavita verso l’alto o verso il basso); da cuirisulta
x > 1 ( non si annulla mai, non esiste per x = 1)
Non ci sono flessi perche il cambio di concavita avviene in corrispondenza di un punto di non continuita.
Esempio 5.6.3. Calcolare la derivata seconda e studiarne il segno, relativamente alla funzione
y = f(x) =3√x3 − x2
Da y′ = 13 (x3 − x2)−
23 (3x2 − 2x) si ha
y′′ =1
3[−2
3(x3 − x2)−
53 (3x2 − 2x)2 + (x3 − x2)−
23 (6x− 2)] = −2
9
1
(x− 1) 3√
(x3 − x2)2
si deve risolvere la disequazione
−2
9
1
(x− 1) 3√
(x3 − x2)2≥ 0
cioe, graficamente
x10
^ ^ _
(avendo segnalato opportunamente gli intervalli di concavita verso l’alto o verso il basso); da cuirisulta
x < 1, x 6= 0 (non si annulla mai, non esiste per x = 0, 1)
Indichiamo con F ≡ A(1, 0) il flesso a tangente verticale.
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5.6 Derivata seconda e segno relativo 73
Esempio 5.6.4. Calcolare la derivata seconda e studiarne il segno, relativamente alla funzione
y = f(x) = (x2 − 4)e−x
Si hay′′ = (x2 − 4x− 2)e−x
si deve risolvere la disequazione(x2 − 4x− 2)e−x ≥ 0
cioe, graficamente
x2−√
6 2 +√
6
^^ _
(avendo segnalato opportunamente gli intervalli di concavita verso l’alto o verso il basso); da cuirisulta
x ≤ 2−√
6, x ≥ 2 +√
6 ( si annulla per x = 2±√
6)
Indichiamo con F1(2−√
6, f(2−√
6)) e F2(2 +√
6, f(2 +√
6)) i flessi.
Esempio 5.6.5. Calcolare la derivata seconda e studiarne il segno, relativamente alla funzione
y = f(x) = ln∣∣1− x2∣∣
Si ha
y′′ =2x2 − 2− 4x2
(x2 − 1)2= −2
x2 + 1
(x2 − 1)2
si deve risolvere la disequazione
−2x2 + 1
(x2 − 1)2≥ 0
cioe, graficamente
x-1 1
_ _ _
(avendo segnalato opportunamente gli intervalli di concavita verso l’alto o verso il basso); da cuirisulta
@x ∈ R (non si annulla mai, non esiste per x = ±1)
Non ci sono flessi.
Esempio 5.6.6. Calcolare la derivata seconda e studiarne il segno, relativamente alla funzione
y = f(x) = 2 sinx+ cos 2x
Si hay′′ = −2 sinx+ 2(−2 cos 2x) = −2(sinx+ 2− 4 sin2 x) = 2(4 sin2 x− sinx− 2)
si deve risolvere la disequazione2(4 sin2 x− sinx− 2) ≥ 0
ossia
sinx ≤ 1−√
33
8, sinx ≥ 1 +
√33
8cioe, graficamente
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5.6 Derivata seconda e segno relativo 74
x
y
OA
B
A′
B′
1−√33
2
π + γ −γ
1+√33
2
βπ − βaltoalto
altoalto
bassobasso
bassobasso
(avendo segnalato gli intervalli di concavita verso l’alto e il basso); da cui risulta
β ≤ x ≤ π − β, π + γ ≤ x ≤ 2π − γ (si annulla per x = β, π − β, π + γ, 2π − γ)
( essendo β = arcsin1 +√
33
8), γ = arcsin
√33− 1
8)
Indichiamo con F1(β, f(β)), F2(π − β, f(π − β)), F3(π + γ, f(π + γ)) e F4(2π − γ, f(2π − γ)) i flessi.
Esempio 5.6.7. Calcolare la derivata seconda e studiarne il segno, relativamente alla funzione
y = f(x) = arcsin1− x2
1 + x2
Si ha, lavorando per x > 0, y′ = − 2
1 + x2da cui
y′′ =4x
(1 + x2)2
si deve risolvere la disequazione4x
(1 + x2)2≥ 0
e, ricordando che la derivata di una funzione dispari e pari, si ha, graficamente
x0
^ ^
(avendo segnalato opportunamente gli intervalli di concavita verso l’alto o verso il basso); da cui risulta
∀x 6= 0 ( non si annulla mai , non esiste per x = 0)
GRAFICI FUNZIONI
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5.6 Derivata seconda e segno relativo 75
0 1 2 3 4−1−2−3−4
2
4
−2
x
y
y = x3 − 3x+ 2
0 2 4 6−2−4−6
2
4
−2
−4
x
y
y =x2
x− 1
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5.6 Derivata seconda e segno relativo 76
0 2 4−2−4
2
4
−2
x
y
y = 3√x3 − x2
0 2 4 6−2−4−6
4
8
12
−4
−8
x
y
y =x2 − 4
ex
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5.6 Derivata seconda e segno relativo 77
0 2 4−2−4
2
4
−2
x
y
y = ln |1− x2|
0 2 4 6 8−2
2
4
−2
x
y
y = 2 sinx+ cos 2x
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5.6 Derivata seconda e segno relativo 78
0 2 4−2−4
2
4
−2
x
y
y = arcsin1− x2
1 + x2
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5.6 Derivata seconda e segno relativo 79
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5.6 Derivata seconda e segno relativo 80
5.6.1 Esercizi riassuntivi proposti
1) f(x) = (x− 1)2(x+ 3) [C.E.:R; max x = − 53 , min x = 1; flesso x = − 1
3 ]
2) f(x) = x3 + 2x2 − 3 [C.E.:R; max x = − 43 , min x = 0; flesso x = − 2
3 ]
3) f(x) = 6x− x3 [ C.E.:R; max x =√
3, min x = −√
3; flesso x = 0]
4) f(x) = (x− 3)(x2 + 3x+ 2) [C.E.:R; max x = −√
73 , min x =
√73 ; flesso x = 0 ]
5) f(x) = 2x(x+ 4)3 [ C.E.:R; no max, min x = −1; flesso x = −4 ]
6) f(x) =x− 2
x2 − 1[C.E.:∀x ∈ R−{±1}; asintoti: y = 0, x = ±1 ; max x = 2+
√3, min
x = 2−√
3; no flessi]
7) f(x) =x2 − 1
x2 + 2x[C.E.:∀x ∈ R−{−2, 0}; asintoti: y = 1, x = −2, x = 0 ; no max, nomin; flesso x = − 1
2 ]
8) f(x) =x3
x2 − 1[C.E.:∀x ∈ R− {±1}; asintoti: y = x, x = ±1 ; max x = −
√3, min
x =√
3; flesso x = 0 ]
9) f(x) =1
2x− |x2 − 3|[C.E.:∀x ∈ R − {1, 3}; asintoti:y = 0, x = 1, x = 3 ; max x = −1,min (cuspidi) x = ±
√3 ; no flessi ]
10) f(x) =x2
(x− 2)2[C.E.:∀x ∈ R − {2}; asintoti: y = 1, x = 2 ; no max, min x =0; flesso x = −1 ]
11) f(x) = x√
1− x [C.E.:x ≤ 1; max x = 23 , no min; flesso x = 0]
12) f(x) = x+√x2 − 2x [C.E.:x ≤ 0, x ≥ 2; asintoti: y = 1, y = 2x− 1; no max, no min; no
flesso]
13) f(x) = (x− 1)3√x2 [C.E.:R; max (cuspide) x = 0, min x = 2
5 ; flesso x = − 15 ]
14) f(x) =x√x+ 1
[C.E.:x > −1; asintoto: x = −1; no max, no min; no flesso]
15) f(x) = 3√x2(x+ 3) [C.E.:R; asintoti: y = x + 1; max x = −2, min (cuspide) x =
0; flesso x = −3 ]
16) f(x) = x ln2 x [C.E.:x > 0; max x = e−2, min x = 1; flesso x = e−1]
17) f(x) =x
lnx[C.E.:x > 0, x 6= 1; asintoto: x = 1; no max, min x = e; flessox = e2 ]
18) f(x) = ln(2− x2) [C.E.:|x| <√
2; asintoti: x = ±√
2; max x = 0, no min; no flessi]
19) f(x) = lnx
2x+ 1[C.E.:x < − 1
2 , x > 0; asintoti:y = − ln 2, x = − 12 , x = 0; no
max, no min; no flessi]
20) f(x) = ln2 x− lnx2 [C.E.:x > 0; asintoto: x = 0; no max, min x = e; flesso x = e2 ][09/10.1] - ITIS V.Volterra San Dona di Piave
5.6 Derivata seconda e segno relativo 81
21) f(x) = (x+ 1)e−x [C.E.:R; asintoto: y = 0; max x = 0, no min; flesso x = 1]
22) f(x) = xe|x−2| [C.E.:R; max x = 1, min (punto angoloso) x = 2; no flesso]
23) f(x) = |x− 1|e−x [C.E.:R; max x = 2, min (punto angoloso) x = 1; flesso x = 3 ]
24) f(x) = e1x [C.E.:∀x ∈ R − {0}; asintoto: y = 1, x = 0; no max, no min; flesso
x = − 12 ]
25) f(x) =ex
2ex − 1[C.E.:∀x ∈ R − {ln 2}; asintoti: y = 0, y = 1
2 , x = − ln 2; no maxno min; no flessi]
26) f(x) = 2 sinx− 2 sin2 x [C.E.:R studio in [0, 2π]; max x = π6 ,
5π6 , min x = π
2 ,3π2 ; 4 flessi]
27) f(x) = sinx+√
3 cosx [C.E.:R studio in [0, 2π]; max x = π6 , min x = 7π
6 ; flessi x = 2π3 ,
5π3 ]
28) f(x) = sin |x|+ sinx [C.E.:R studio in [−π, π]; max x = π2 , no min; no flessi ]
29) f(x) = sin2 x(1− cosx) [C.E.:R studio in [−π, π]; 2 max, min x = −π, 0, π; 4 flessi ]
30) f(x) =cosx√
1− sinx[C.E.:∀x ∈ R−
{π2 + 2kπ
}studio in [0, 2π]; discontinuita di I specie
in x = π2 ; no max, no min; flesso x = 3π
2 ]
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Capitolo 6
Integrazione
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Parte II
Contributi
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Contributi e licenza
Erica Boatto Algebra I - Algebra II - InsiemiBeniamino Bortelli GraficiRoberto Carrer Numeri - Funzioni - Coordinatore progetto -
Matematica 5Morena De Poli Laboratorio matematicaPiero Fantuzzi Algebra I - Algebra II - InsiemiCaterina Fregonese Analisi (Integrazione) - EserciziCarmen Granzotto Funzioni - Analisi (Integrazione)Franca Gressini FunzioniBeatrice Hitthaler Funzioni trascendenti - Geometria analitica -
Numeri complessi - Analisi - Matematica 5Lucia Perissinotto Funzioni trascendenti - Geometria analitica -
Numeri complessi - Analisi - Matematica 5Pietro Sinico Geometria I - Geometria II
La presente opera e distribuita secondo le attribuzioni della Creative Commons.
La versione corrente e la .In particolare chi vuole redistribuire in qualsiasi modo l’opera, deve garantire la presenza della prima dicopertina e della intera Parte Contributi composta dai paragrafi: Contributi e licenza.
Settembre 2009
Dipartimento di MatematicaITIS V.Volterra
San Dona di Piave