Master mondadori

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Storytellers and Storytelling in the digital ages

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Storytellers and Storytelling in the digital ages

Storyteller

Chi è uno storyteller?E’ qualcuno che ascolta, osserva e memorizza il presente. Che ne cerca ragioni nel passato e scopi nel futuro. Qualcuno le sa organizzare a seconda del pubblico che pensa di avere davanti a sé. Qualcuno che le sa inventare, quando servono. Qualcuno che, quando racconta quella storia, è credibile. Qualcuno che racconta qualcosa che è importante per chi lo ascolta / legge. Qualcuno che trova uno scopo, nel raccontare.

Di chi ha bisogno uno storyteller?

Del pubblico

Di un committente

Chi è il committente?E’ qualcuno che - per i motivi più diversi - crede nell’importanza di ciò che si può ottenere con una buona storia, raccontata da uno specifico storyteller

Il re, il mecenateIl villaggio

L’editore / produttoreL’impresario

A cosa serve il committente?A far precedere la storia dalla presunzione di eccezionalità dello storyteller, ovvero di quel qualcuno che era stato scelto, a seconda della sensibilità del committente, per le sue specifiche competenze, ad esercitare il ruolo di “tramite”, tra il mondo di tutte le storie raccontabili e il mondo di quelle raccontate. In poche parole, era colui che aveva gli strumenti.

CapitaleReputazione

Macchinari tecnici Network

Sono ancora strumenti necessari?Secondo Erik Brynjolfsson - Andrew McAfee, in “The Second Machine Age: Work, Progress, and Prosperity in a Time of Brilliant Technologies”, non tutti. A parte uno.

Reputazione

La grande rivoluzione (?)Sarebbe quella per cui, oggi, il committente digitale può essere, semplicemente, lo storyteller stesso.

La sua reputazione si sostituisce a quella del committente

Il capitale è il tempo

Il macchinario è il computer

Il network è la sua dimensione social

Dove si trovano, oggi, le storie?

“The story of publishing is one of decreasing prices and the increasing variety of books. Public libraries were created when books cost several days’ wages. Now, they are cheaper than a sandwich, and Shakespeare is free.”

Nei libri? Forse, ma…

– Robert Muchamore (Bookseller 14.03.14, pag. 19)

There are 43,200 hours of new YouTube videos created each day, as well as 250 million new photos uploaded each day on Facebook. Users also contribute valuable but unmeasured content in the form of reviews on sites like Amazon, TripAdvisor, and Yelp. A team of just fifteen people at Instagram created a simple app that over 130 million customers use to share some sixteen billion photos (and counting).

Su internet? Forse, ma…

– Lawrence Lessig, Remix. Il futuro del copyright

Anche se un tale, Bejan, cercò di introdurre nel cinema il concetto di narrazione ramificata, Bran Ferren, consulente dell’industria dello spettacolo e successivamente direttore della Walt Disney Imagineering, sostenne, giustamente, che se qualcuno racconta una storia, non vuole che sia il pubblico a decidere lo sviluppo della trama: «È per questo che esistono registi e produttori»

Al cinema? Forse, ma…

Lost aveva una trama volutamente oscura perché l’obiettivo dei suoi produttori era che il pubblico non la guardasse passivamente, ma la vedesse come un enorme enigma collettivo da risolvere, cosa che puntualmente è successa. Il grosso rischio era che una storia non ci fosse affatto, cioè che la serie si perdesse nella sua stessa incoerenza, perché nemmeno i produttori sapevano come si sarebbe sviluppata la trama. C’era una traccia narrativa, ma niente di più. Questa deliberata regolamentazione delle informazioni è ciò che ha creato «l’illusione dell’interattività»: non si trattava affatto di dare al pubblico un ruolo nella narrazione. La natura partecipativa di Lost è stata piuttosto il risultato di un rigido controllo da parte dei suoi creatori. La delusione, una scarsa progettazione del finale.

Nelle serie TV? Forse, ma…

– Frank Rose, Immersi nelle storie

Prima che esistessero i blog, c’erano le opere a puntate. Charles Dickens, ad esempio, scriveva spesso la sue storie a puntate (il Circolo Pickwick era mensile) e attendeva di sentire le risposte del pubblico. Poiché i lettori ne volevano sempre di più, lui ne scriveva altre. E così Sir Arthur Conan Doyle, che sperava di passare alla storia per i suoi romanzoni storici, e invece ci passerà per un investigatore cocainomane.

Nei blog? Forse, ma…

Storia lineare: Myst, il gioco per computer più venduto al mondo fino al 2002, quando è stato scavalcato da The Sims, un videogame completamente diverso dagli altri: il giocatore aveva a disposizione una serie di strumenti e alcune regole di base da rispettare, ma per il resto veniva lasciato da solo con i propri mezzi. Anziché recitare un copione scritto da altri, l’utente se lo scriveva da solo. !Storia senza copione: Uno degli esempi più autorevoli in questo senso è Grand Theft Auto, gioco che ha venduto qualcosa come novanta milioni di copie in tutto il mondo, e che sembra stato scritto da Martin Scorsese. !Mix narrativo: è la storia a capitoli, come quelle progettate da Hideo Kojima, il game designer di Metal Gear, una serie di giochi che ha venduto più di venti milioni di copie in tutto il mondo

Nei videogiochi? Forse, ma…

Gli alternate reality games (ARG, giochi di realtà alternativa), come vengono chiamate queste esperienze a cavallo tra il reale e il virtuale, sono un ibrido di storia e gioco: la storia viene raccontata a pezzi sparsi, e il gioco consiste nel rimetterli insieme. !Con esperienze come I Love Bees, una sorta di Guerra dei mondi raccontata attraverso i telefoni pubblici. Una storia che, secondo i suoi inventori, doveva : "insinuare nella vita delle persone, che inviasse loro delle e-mail, che facesse squillare il cellulare quando erano al lavoro o trasmettesse messaggi segreti attraverso le suonerie. Quello che volevano costruire non era un gioco, ma un’esperienza capace di «trasformare la vita di ciascuno in gioco».

Negli ARG? Forse, ma…

Formidabile, forse.

Ma la domanda più importante è: quanti di voi conoscevano gli esempi di prima?

La risposta corretta su dove si trovano le storie é:

Dovunque. E contemporaneamente.

E poiché il problema è:“The biggest challenge for publishers is not digital, but

discoverability; how do we capture consumers’ attention. Once you’ve caught it, I don’t mind where they buy the book. We are storytellers, but we might tell this story through books,

toys, app, clothes. You can’t just think of this as a book, because kids don’t”

– Tom Weldon, il capo UK del mega gruppo Penguin-Random House

Cosa serve per farsi trovare?

Del pubblico

Di un committente

Storytelling

Nel libro la linea di confine tra reale ed irreale è data da una sofisticata tecnica narrativa ed è a tempo “statico” - quello in cui il libro, finalmente, esiste ; !Nel digitale è un confine sfuocato tra spontaneità / marketing / progettualità disseminata nel “tempo” - quello in cui si integra e modifica l’opera scritta con il passare del tempo;

La finzione narrativa

Come si scrive?Scrittura tradizionale !- Progettazione precede la scrittura !- Meditata emotività !- Lavoro solitario !- Disseminazione autobiografica

Scrittura digitale !- Sincronismo e Causalità !- Spontaneità e urgenza emotiva !- Partecipazione e coinvolgimento

lettore-spettatore !- Autobiografia antropologica !

Ma sono storie di qualità?

Italo Calvino, nella sua prefazione all'Orlando Furioso, scrive: "tra gli intellettuali e le produzioni artistiche popolari c'è sempre stato un rapporto mutevole: dapprima di rifiuto, di sufficienza sdegnosa, poi d'interesse ironico, poi di scoperta di valori che invano si cercavano altrove.

I critici di fine ‘800 consideravano i romanzi a puntate di Dickens poco più che pattumiera, mentre oggi per noi sono l'opera di un maestro, allo stesso modo si tende a sminuire o a non considerare affatto l'impatto delle narrazioni digitali sul pubblico.

Perché la rete non è in realtà mai “immersiva”!L’aspetto saliente dell'immersione è la deprivazione sensoriale, quindi, per averla, occorrerebbe non avere i sensi costantemente distratti. !Mia figlia di sette anni è più concentrata (e non mi risponde) più quando legge un libro appassionate che quando gioca.

Un buon storytelling digitale

!Fa avvenire più facilmente la tentazione di

confusione del reale

– David Shields, Fame di realtà: un manifesto, Fazi, Roma 2010

Cosa devo fare?

Impara a usare bene i media tecnologici

E prova a “partecipare” ad altre esperienze di scrittura: commenta, recensisci, tweeta. Ogni aspetto va bene. Nel suo libro sui Fuoriclasse, Malcom Gladwell sostiene che un talento si può dire allenato solo dopo aver esperito 10.000 ore di lavoro nel settore in cui si manifesta. Hai scritto già 10.000 ore su piattaforme digitali?

Cosa devo fare?

Specializzati

Così come la tecnologia distrugge la geografia - e le barriere che proteggevano gli autori da una competizione mondiale - apre però anche la possibilità di specializzarsi come forma di differenziazione. Invece di essere il centosessantaseiesimo miglior autore per ragazzi del mondo, potrebbe essere più economicamente vantaggioso essere il numero uno nei “Suggerimenti Scientifici per il Management di Squadre di calcetto”.

Cosa devo fare?

Inventa qualcosa di nuovo

“It is your mind that matters economically, as much or more than your mouth or hands. In the long run, the most important economic effect of population size and growth is the contribution of additional people to our stock of useful knowledge.!!The main fuel to speed the world’s progress is our stock of knowledge, and the brake is our lack of imagination.”

– Julian Simon, The Ultimate Resource, 1981!

Quando un’idea è una buona idea?a) The Law of the Few : Il successo di ogni tipo di idea virale è strettamente legato al coinvolgimento di persone con particolari e rare dotazioni di attributi sociali. 1) Connectors (conoscono un gran numero di persone); 2) Mavens (sanno mettere in contatto nel modo giusto le persone giuste, sono “patologicamente utili”); 3) Salesman (venditori carismatici, con grandi abilità di negoziazione) b) The stickiness factor : il contenuto ha un impatto memorabile. E’ qualcosa di conosciuto, ma nuovo. c) The power of context : molto del successo è basato sulla scelta delle condizioni e delle circostanze nelle quali si manifesta.

– Malcom Gladwell, Tipping Point!

Come mi preparo quando ho una buona idea?

Devi scrivere una “Bibbia transmediale”

Trans-cosa?Fare transmedia significa fare oggi quello che negli anni ’70 facevano solo i giapponesi, ovvero il media mix. !E’ l’idea che una storia può essere raccontata contemporaneamente attraverso mezzi diversi. !Si vuole far leva sull’attitudine di chi legge una storia di volerne poi fare parte.

E cosa c’è dentro?

a) una parte di Content (cosa vogliamo raccontare) !b) una parte di Roll-out (come e su quali media vogliamo raccontare cosa e a chi) !c) una parte di Marketing ideas (in che modo vogliamo far conoscere a chi cosa vogliamo raccontare)

Content?1) Vision(la visione della storia) 2) Logline (tutta la storia in pochissime righe) 2) Message (il messaggio) 3) Characters (i personaggi) 3a)(Heroes) 3b) (Cast) 4) Locations (i luoghi in cui si svolge) 5) Special Items (gli oggetti speciali) 6) Narrative Lines (le possibilità di storie) 7) Universe Overview (il mondo, visto da lontano) 8) Rules of Magic (le regole magiche) 9) Chrolonogy (la cronologia)

Roll-out?Dopo aver scritto nei dettagli la prima parte della BT, occorre: !- Individuare le Informazioni Importanti (personaggi, mondo,

colpi di scena, curiosità, misteri); - Organizzare gerarchicamente i misteri (il mistero più grande lo

si tiene alla fine e lo si affida al media di maggior successo); - Decidere il Momento giusto per fornire le informazioni (tempo); - Bilanciare i colpi di scena, seminare sempre nuove curiosità,

risolvere misteri proponendone altri; - Scegliere con cura i media digitali e non su cui far uscire la

storia; - Affidarsi agli esperti dei vari settori di cui voi non siete esperti;

Marketing?

Grazie

Pierdomenico Baccalario [email protected]