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POLITENICO DI MILANO FACOLTA’ DI ARCHITETTURA A. A. 2007 Dott. Francesca Ippolita Agosto MASTER IN CONSERVAZIONE E PROGETTAZIONE DEL GIARDINO E DEL PAESAGGIO Corso in analisi e progettazione del paesaggio DOCENTI Prof. Arch. Darko Pandakovic Dott. Arch. Angelo Dal Sasso Ripidi pendii terrazzati: nuove coltivazioni nel paesaggio storico relazione sulla riqualificazione dei terrazzamenti del Lago di Como V © Francesca Agosto 2007 www.francesca-agosto.it eduta di terrazzamenti sopra il paese di Torno (Lago di Como) master in conservazione e progettazione del giardino e del paesaggio

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POLITENICO DI MILANOFACOLTA’ DI ARCHITETTURA

A. A. 2007Dott. Francesca Ippolita Agosto

MASTER IN CONSERVAZIONE E PROGETTAZIONE DEL GIARDINO E DEL PAESAGGIOCorso in analisi e progettazione del paesaggio

DOCENTIProf. Arch. Darko PandakovicDott. Arch. Angelo Dal Sasso

Ripidi pendii terrazzati: nuove coltivazioni nel paesaggio storicorelazione sulla riqualificazione dei terrazzamenti del Lago di Como

V

© Francesca Agosto 2007

www.francesca-agosto.it

eduta di terrazzamenti sopra il paese di Torno (Lago di Como)

master in conservazione e progettazione del giardino e del paesaggio

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Ripidi pendii terrazzati: nuove coltivazioni nel paesaggio storico Il progetto intende promuovere la valorizzazione di ambienti marginali rispetto al lago, proponendo una coltura alternativa rispetto alla tradizione, creando un prodotto locale di alta qualità ed una sinergia tra produzione agricola e attività turistica. Il campo coltivato, il pascolo ed il bosco sono un elemento unitario all’interno di un ecosistema che comprende anche l’uomo.Il nostro studio ha preso in esame la fascia appena al di fuori dell’area abitata, senza dimenticare la stretta connessione che questa area intrattiene con quelle circostanti: infatti, il presente lavoro implica una continua relazione con coloro che si occupano degli altri due elementi del sistema.Si tratta dei terrazzamenti, terreni un tempo coltivati dagli abitanti del villaggio immediatamente sottostante ed ora abbandonati perché non più redditizi.L’idea del progetto nasce dalla necessità di creare aree, seppur piccole, che rappresentino un’armonia tra sviluppo delle società umane, e quindi anche economicamente redditizie, e tutela della biodiversità e della stabilità ambientale.Dal II dopo guerra l’area del Lago di Como, come anche la maggior parte delle campagne italiane, ha subito un’evoluzione peggiorativa continua, tanto che attualmente si è acquisita la consapevolezza che questo problema deve essere affrontato con nuovi concetti: non sono sufficienti, infatti, le semplici azioni di vincolo ma è necessario creare un nuovo sistema di governo del territorio che ponga rimedio a questa situazione.Inoltre, la modalità di gestione del verde territoriale (formato dalle cenosi: boschi, pascoli di montagna, fasce fluviali, etc.)   finora applicata è quella sostanzialmente naturalistica.Il moderno approccio al concetto di paesaggio nasce, invece, dalla dialettica tra la componente geomorfologia, la componente vegetale e la componente animale, in cui l’uomo gioca sempre il ruolo predominante. 

Azienda Agricola “I Rospi” (Careno): esempio di recupero di terrazzamenti In questi ultimi decenni, inoltre, si è venuta a formare l’esigenza di un nuovo tipo di rapporto con la natura, volto al superamento del concetto di dominio dell’uomo sulla natura stessa, fino a giungere al principio

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dell’interdipendenza reciproca. Al contempo si è sviluppata una lettura più meditata dell’ambiente che ha portato anche ad un uso più occulato delle risorse.Questo interesse verso la realtà naturale in tutte le sue manifestazioni ha determinato fra l’altro una miglior conoscenza del mondo vegetale, favorendo l’adozione di forme di alimentazione e di cure estetiche e farmacologiche basato sulla vastissima gamma di prodotti che si possono ottenere dalla flora. Riscoperta grazie alla quale a livello nazionale e internazionale si è creato un nuovo sistema economico (letteratura riferita all’impiego dei vegetali, alimentazione macrobiotica, cosmesi, fitoterapia, centri benessere, agriturismo, etc.).

La nostra proposta di introdurre la coltivazione delle piante aromatiche e medicinali lungo i pendii che si affacciano sul Lago di Como dipende proprio dalla considerazione che l’uomo utilizza queste specie dai tempi più remoti e che oggigiorno notiamo un notevole e diffuso interesse per tutto ciò che riguarda i prodotti naturali e, quindi, anche per i prodotti erboristici.I negozi di erboristeria stanno crescendo di numero come pure i corsi per conseguire il diploma di erborista che vengono frequentati da un sempre maggior numero di persone.In Italia, però, a questo forte incremento dell’uso delle piante officinali non si accompagna un altrettanto forte incremento delle loro coltivazioni.Per quanto riguarda l’aspetto economico è, quindi, da tenere in considerazione che il nostro paese importa una notevole quantità di droghe officinali a fronte di una produzione interna e di un’esportazione piuttosto contenuta.

Azienda agricola “I Rospi”: altro esempio di recupero di terrazzamenti

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La ricostruzione del paesaggio in epoche passate, servita per supportare la nosta tesi, è stata possibile grazie allo studio dei Catasti delle varie epoche, in particolare quello Teresiano redatto tra il 1718 e il 1760, ed anche grazie agli scritti di alcuni studiosi della zona.Tra questi ultimi ricordiamo Cesare Cantù, nato a Brivio (Como) nel 1804, che descrive i terrazzamenti prossimi ai villaggi, i prati da sfalcio ricchi di erbe officinali, i boschi di castagno e di larice.Altra preziosa fonte sono gli scritti di Domenico Vandelli, il quale non si accontentò di descrivere l’ambiente naturale, come scrive G. Marchetti, ma si sforzò di metterne in luce gli aspetti utili allo sviluppo della civiltà, richiamando al contempo l’attenzione sui pericoli derivanti da un dissennato sfruttamento delle sue risorse.

Sentiero che da Torno porta a Piazzaga

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Inquadramento geografico

Il Lago di Como, di origine glaciale, è il terzo lago italiano per estensione e si allunga dalle Alpi Retiche, attraverso la fascia prealpina, fino al margine settentrionale della collina brianzola.Dall’apice settentrionale (Gera) a quello meridionale (Como) misura in linea d’aria 46 km, la larghezza massima è invece di soli 4,3 km tra Menaggio e Fiumelatte, e la minima è 650 m tra Careno e Torriggia. E’ posto ad un’altitudine media di 199 m sul livello del mare, raggiunge tra Argegno e Nesso la profondità di 414 m, la massima registrata nei laghi italiani.Le coste sono alte tranne, che in prossimità della foce di alcuni corsi d’acqua dove i depositi alluvionali hanno formato brevi lembi pianeggianti.Il clima mite è assicurato dalla massa d’acqua che fa da regolatore termico e dalle spalliere montuose che proteggono dai venti freddi, soprattutto nella fascia rivierasca occidentale attorno a Tramezzo, dove maggiore è l’insolazione. Queste condizioni climatiche favorevoli e la bellezza del paesaggio fecero del Lago di Como, a partire dal settecento, uno dei luoghi di soggiorno preferiti dalle ricche famiglie lombarde. Nell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento le decantate bellezze del lago attirarono un turismo d’èlite (non esisteva proprio un turismo di massa) per le cui esigenze furono costruiti o adattati da ville patrizie suntuosi alberghi. Oggigiorno purtroppo il turismo non costituisce, a parte per alcune località rivierasche, un fattore dinamico dell’economia locale. Il turismo locale e quello di passaggio non sono tali da stimolare iniziative e investimenti.Le condizioni climatiche e l’abbondante piovosità (2000 mm l’anno) concentrata in primavera e in autunno consentono lo sviluppo di una flora meditterranea, ignota alla pianura padana: ulivo, alloro e cipresso sono comuni sui pendii che fiancheggiano il lago; nei parchi delle ville sono acclimatate anche piante tropicali e subtropicali: la vegetazione anfibia è scarsa perché scarse sono le fascie ad acqua bassa sotto riva. Più abbondante la flora planctonica, che favorisce lo sviluppo di una fauna ittica nella quale sono rappresentate quasi tutte le specie più diffuse nelle acque dolci: luccio, pesce persico, carpa, tinca, cavedano, alborella, scardola, agone e trota.

I monti che fanno da cornice al Lago di Como sono costituiti da una stretta fascia coltivata, da boschi e da prati che fino a pochi decenni fa venivano coltivati e curati dalla popolazione del luogo, in quanto principale mezzo di sostentamento.

Clima nella Provincia di Como

Il clima nella Provincia di Como è di tipo temperato piovoso, privo di una stagione arida, dal momento che i mesi più secchi ricadono nella stagione fredda.Manca praticamente ovunque una stagione di gelo e le zone che possono considerarsi temperate fredde o fredde sono assai limitate.All’interno della zona temperata si trovano alcune zone miti, a estati molto calde, poste intorno al Lario e alla base del triangolo lariano. Il clima è influenzato dal bacino lacustre.I frequenti regimi di brezza evitano la formazione di nebbie invernali e rendono più sopportabile le calure estive. Al variare dell’altitudine mutano i valori di diversi parametri climatici, che assumono particolare rilevanza per la vegetazione. Man mano che si sale in quota, si incontrano fasce climatiche, le quali consentono l’insediarsi di vegetazioni differenti.La fascia basale (coste del Lario) è occupata dalle latifoglie eliofile.La fascia montana, che comprende le zone al di sopra dei 1000 m/slm ed è caratterizzata da un clima più freddo ed una umidità atmosferica elevata, è occupata dalle latifoglie sciafile (con o senza conifere). L’umidità dell’atmosfera è causata dalle precipitazioni orografiche e dal continuo afflusso di masse d’aria calda e umida che risalgono dal lago e dai fondovalle.La fascia boreale subalpina, oltre i 1800 m/slm, ricoperta da conifere ed arbusti contorti.

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Infine, l’ultima fascia a clima freddo, costituita dalle cime comasche più elevate è costituita da praterie alpine e zolle pioniere.

La coltura delle piante officinali

La coltura delle piante officinali si adatta a superfici modeste e, di conseguenza, può costituire una soluzione produttiva per le piccole aziende dove è più difficile praticare un’agricoltura di tipo intensivo. Le aree climatiche che risultano più idonee sono quelle collinari e della bassa montagna, alpine ed appenniniche, dove la parcellizzazione della proprietà potrebbe essere sfruttata in modo conveniente dal punto di vista economico, senza perdere di vista l’aspetto ecologico.L’impianto va creato dopo aver fatto un’indagine preliminare di mercato che individui l’effettiva possibilità di sviluppo del settore, gli sbocchi della produzione, le diverse specie da coltivare, la possibilità di meccanizzare e razionalizzare il ciclo produttivo.Uno dei principali obiettivi da raggiungere è la commercializzazione diretta in quanto consente di realizzare redditi altrimenti impensabili. Il divario tra il prezzo al produttore e quello al consumatore, infatti, è tanto maggiore quanto più alto è il numero di intermediari e quanto più frazionata è l’offerta rispetto all’oligopolio della domanda.

Il comparto delle piante officinali ed i relativi prodotti derivati hanno suscitato grande interesse in Lombardia.Le opportunità produttive sono state valutate soprattutto in base alle potenzialità del mercato e alle esigenze di assicurare l’indispensabile assetto organizzativo alle attività. E’ stata, inoltre, constatata la possibilità di valorizzare in maniera adeguata prodotti di alta qualificazione, controllati opportunamente nei diversi momenti critici dei processi produttivi.Non si può dimenticare, infatti, le forti importazioni sia di materie prime che di prodotti trasformati provenienti dai paesi caratterizzati da bassi livelli di costi di produzione, ma anche da blandi sistemi di controllo fito-sanitario.

Gli ultimi dati ufficiali disponibili sulla diffusione delle piante officinali in Italia sono riportati nell'interessante pubblicazione "Comunicazioni di ricerca" n° 3/2001, dell'Istituto Sperimentale per l'Assestamento Forestale e per l'Alpicoltura, dal titolo "Indagine sulla consistenza e le caratteristiche della produzione di piante officinali in Italia - Dati 1999". Tale studio riporta i valori di estensione nazionale, pari a oltre 3.000 ettari (3.342) con oltre 100 specie coltivate.Le aziende lombarde produttrici di piante aromatiche e officinali situate in collina sono l’83%, quelle di montagna il 10%, infine quelle di pianura solo il 7% e si possono ripartire sommariamente in quattro categorie:

• produzione di aromatiche per il consumo fresco e la vendita diretta • produzione di erbe essiccate di qualità elevata, spesso certificate biologiche o ottenute da raccolta

spontanea• produzione e trasformazione del prodotto e vendita diretta al pubblico• produzione di aromatiche per diversificare il mercato, ma senza uno studio preliminare sul mercato

Le specie coltivate in Lombardia sono risultate circa 50 su di una superficie complessiva di 45 ha, in particolare il Rosmarinus officinalis L. (16ha) Salvia officinalis L., Melissa officinalis L. e Menta spp.Per quanto riguarda la commercializzazione, coloro che producono aromatiche fresche, vendono a grossisti che, a loro volta, riforniscono o la grande distribuzione o i mercati ortofrutticoli di Milano e delle altre città lombarde. Queste aziende vendono le aromatiche più comuni (rosmarino e salvia) a prezzi in genere bassi, ma non hanno grossi problemi né per la collocazione del prodotto, che raccolgono a richiesta, né devono sopportare costi di essiccazione e stoccaggio.Quelli che hanno iniziato da poco a produrre erbe officinali senza conoscerne il mercato, hanno difficoltà nella commercializzazione, anche a causa della frammentazione dell’offerta.

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Al contrario altre aziende che si sono specializzate nella produzione di piante officinali non comuni, spesso biologiche certificate, si sono conquistate una nicchia di mercato e vendono anche all’estero a prezzi elevati; tra queste alcune trasformano il prodotto e lo vendono direttamente al pubblico in punti vendita o per corrispondenza.In generale, comunque, è un settore poco coordinato in cui gli stessi produttori non sono a conoscenza di realtà limitrofe o poco distanti tra loro.Nasce l’esigenza, quindi, di far assumere un ruolo strategico alla commercializzazione e a tutte le forme di marketing che valorizzino e promuovano le produzioni creando marchi tipici.

Distesa di Rosmarinus officinalis L. nei pressi di Montevecchia

Parco di Montevecchia

Un’area lombarda vocata alla coltivazione di piante aromatiche e officinali è il territorio del Parco di Montevecchia (36 ha) che caratterizza pertanto in misura significativa la produzione regionale che avviene per lo più nei comuni di Montevecchia e Missaglia, sul versante meridionale della dorsale collinare, su terreni a "terrazzamento" che impongono tuttora scarsa meccanizzazione nelle operazioni di campagna.La tradizione delle erbe aromatiche è nata già alla fine degli anni Venti del Novecento, quando sulla collina terrazzata di Montevecchia rosmarino e salvia sostituirono poco per volta la vite (gravemente compromessa dalla filossera) e i gelsi (abbandonati per la crisi dell’allevamento dei bachi da seta). Le erbe crescevano bene per il clima favorevole e, in particolare, grazie all’assenza di gelate. Pur interessando investimenti di superficie limitati è significativo segnalare recenti impianti di erbe poco diffuse e "dimenticate" di cui ora si assiste ad un rinnovato interesse, quali: coriandolo, dragoncello, erba cipollina,

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iperico, melissa, menta, santoreggia, timo. L’uso di questi aromi è prevalentemente destinato per il settore alimentare.Molte delle operazioni del passato sono rimaste invariate e tra queste una delle più impegnative è sicuramente il trasporto nella "gerla" dei prodotti raccolti, oltre che la lavorazione del terreno ed il controllo delle erbe infestanti eseguiti manualmente con l'ausilio di piccoli mezzi meccanici.

Una delle abilità necessarie per coltivare le officinali sui terrazzamenti è sapersi muovere con sicurezza lungo le ripide scalinate di pietra "molera" che collegano tra loro i ronchi, realizzate quasi sempre sulle linee di massima pendenza. Le aziende espressamente dedite alla coltivazione delle officinali sono 13; a ciò si deve però aggiungere un dato (numericamente difficile da calcolare) relativo a persone fisiche che, a vario titolo (hobbisti, pensionati, turnisti.), coltivano e conferiscono alle aziende agricole vere e proprie le loro produzioni.

Veduta di un terrazzamento vicino al paese di Montevecchia

I vigneti

Chiunque si inoltra sui sentieri che costeggiano i terrazzi coltivati ad erbe officinali non può fare a meno di notare l'inconfondibile presenza del vigneto, disposto sul bordo dei ronchi in una perfetta armonia di spazi e colori. Ciò è ancor più evidente durante la vendemmia, in cui il rosso fogliame autunnale contrasta con il bianco delle pietre dei muri a secco ed il verde intenso delle officinali.La vite è una pianta in grado di adattarsi a condizioni climatiche molto diversificate, i cui limiti sono principalmente rappresentati dalla temperatura dell'aria, dalla disponibilità di acqua e dalla quantità di luce.

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Tradizionalmente la produzione vinicola di Montevecchia era improntata, soprattutto negli anni passati, in modo prevalente per l'autoconsumo, collocandosi perfettamente nella scansione dei lavori agricoli prima dei lavori forestali invernali e dopo le produzioni agricole estive (ortaggi, fienagione, seminativi e fruttiferi). Secondo i dati rilevati nel dicembre 99 i vigneti nel territorio del Parco di Montevecchia occupano una superficie di oltre 60 ettari, localizzati per lo più nei comuni di Missaglia, Montevecchia e Perego.

I vitigni del Parco.

L'attuale normativa prevede che per ogni area provinciale esistano degli elenchi di vitigni raccomandati ed autorizzati; altre varietà non indicate in tali elenchi possono essere impiantate solo a scopo sperimentale o per mezzo di apposite deroghe.I recenti e moderni impianti delle principali aziende vitivinicole si sono basati sull'utilizzo di vitigni quali Corbara, Pinot, Riesling e Sauvignon.Chi volesse invece "riscoprire" vitigni di antica diffusione sappia che, inframmezzati a cespi di salvia e rosmarino, potrà trovare varietà di Trebbiano, Chardonnay, Biancone, Riesling (Vitigni a bacca bianca) e Schiava, Cabernet, Bonarda (Vitigni a bacca nera).

Viti in un’orto di Montevecchia

I vini del Parco.

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La produzione vinicola di Montevecchia era improntata, negli anni passati, in modo prevalente per l'autoconsumo, mentre recentemente si possono reperire i vini locali anche nei comuni canali commerciali. I vini bianchi sono essenzialmente dei vini d'annata, beverini, caratterizzati da una buona freschezza gustativa ed un discreto corpo. I profumi che si possono riscontrare sono di fiori di campo, frutta fresca e talvolta si possono percepire vaghi sentori di salvia. I vini rossi, discretamente corposi, sono anch'essi da bere giovani, caratterizzati da profumi vinosi intensi e sentori di frutta di sottobosco. Le condizioni climatiche particolari rendono Montevecchia una zona vocata per la produzione vinicola e le sperimentazioni in atto sono improntate verso il conseguimento di risultati enologici di buon livello.

Iniziative e progetti

Promuovere iniziative che possano concorrere ad uno sviluppo sostenibile con l'ambiente, evitando l'abbandono e quindi la perdita di presidi umani ed una differenziazione paesistica importante per la natura e la cultura del Parco, è tra i ruoli che l'Ente Parco deve attuare in virtù dell'art. 28 del Piano Territoriale di Coordinamento (l.r. 39/95). Compito senza dubbio non facile ma avviato da alcuni anni mediante il contatto diretto con le aziende, affiancando gli agricoltori che hanno scelto di coltivare ponendo attenzione alle tecniche impiegate, agli effetti sul paesaggio, alla tutela delle produzioni e del consumatore ed al miglioramento della qualità.Numerose sono le "convenzioni" stipulate in tal senso, per tutti quegli aspetti che rendono caratteristico e tipico il territorio del Parco.

Inoltre, nel corso dell'annata agraria 97/98 il Consorzio Parco ha avviato un "Progetto dimostrativo" di durata triennale sulle piante officinali, avvalendosi del sostegno dell'Unione europea attraverso il Reg. CEE 2078/92. Il progetto dimostrativo, realizzato in collaborazione con la Facoltà di Agraria di Milano, vuole dimostrare che è possibile limitare l'uso di fertilizzanti chimici (N,P,K) riducendo anche l'impatto ambientale salvaguardando comunque gli aspetti quali-quantitativi delle produzioni. Sono coinvolte direttamente tre aziende agricole che hanno messo a disposizione parte dei loro terreni.Il Parco e gli agricoltori dal 2000 collaborano inoltre alla gestione dei prati magri, habitat di interesse comunitario che si colloca principalmente sui terrazzi esposti a sud dei rilievi del Parco. In tali ambiti, i prati magri convivono con la viticoltura, attraverso intese volte a conservare la naturalità degli ambienti e le produzioni di qualità.

Nel dicembre '99 il Consorzio Parco ha dato avvio ad uno studio per la realizzazione di un Marchio di Qualità per i prodotti agricoli dei Parchi Regionali lombardi. Oggi il Parco è titolare di un Marchio collettivo, comprensivo di regolamenti d'uso, disciplinari di produzione e sistema di controllo e assistenza, da concedere alle aziende agricole che ne faranno richiesta e che si impegneranno a rispettare le relative prescrizioni.Il tutto nell'ottica di una stretta collaborazione tra Consorzio e agricoltori, che si impegnano direttamente nella gestione e nello sviluppo del territorio e delle attività produttive del Parco.

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Parco naturalistico di San Floriano

Un altro esempio di valorizzazione delle risorse naturali è il Parco di San Floriano (Comune di Polcenigo in Provincia di Pordenone) che si estende su una superficie complessiva di 65 ettari. Esso è il risultato dell’accorpamento di due poderi, “Colle San Floriano” e “Col dei Mori”, dichiarati nel 1975 aree di tutela ambientale.

Il Parco naturalistico di San Floriano, che sorge sull'omonima collina, è di proprietà della Fondazione Bazzi ed è gestito dall' Amministrazione Provinciale di Pordenone. E’ classificato come rurale ed è tuttora unico esempio di ambiente naturale e rurale esistente in Italia: dal 1998 fa parte di “Europarc Federation”, un’organizzazione internazionale che tutela e valorizza i parchi esistenti in Europa e dal 2006 la gestione è affidata all’Ersa tramite comodato ventennale (L. R. n. 8 del 2004).

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E' aperto al pubblico dal novembre del 1980 e costituisce una riserva guidata e didattica sia per la flora che per la fauna locale. Il Parco vuole essere inoltre un esempio di ripristino ambientale delle zone collinari della nostra Provincia attraverso coltivazioni sperimentali che non alterino l'equilibrio ambientale, che risultino interessanti dal punto di vista economico e che pertanto possano essere proposte in alternativa alle attività agricole più diffuse che, com'è noto, richiedono l'impiego di prodotti chimici. All'interno del Parco sono presenti numerosi e suggestivi percorsi, tra i quali anche un percorso ginnico lungo circa 1 Km.

Il bosco è particolarmente ricco di specie arbustive ed arboree e viene gestito secondo i principi della selvicoltura naturalistica. Le siepi campestri, costituite da alberi, arbusti o da entrambi, servono a delimitare le superfici coltivate. I prati permanenti sono utilizzati sia per il pascolo turnato di ovini di razza Finnica e Carsolina, equini di razza Bardigiana e bovini di razza Pezzata Rossa Friulana, che per lo sfalcio. Nella parte più bassa del Colle si trovano pure le marcite, prati stabili gestiti come prati irrigui grazie ad un’antichissima tecnica di regimazione delle acque del fiume Gorgazzo.Altri allevamenti del parco sono le specie da corte quali polli di razza Robusta, Limonata e Robusta Maculata e Siciliana, e tacchini come l’Ermellino di Rovigo e il Comune Bronzato. L’allevamento di suini di razza Cinta senese e Mora romagnola. Le api sono l’ibrido naturale tra Apis mellifera carnica e Apis mellifera ligustica.

Le coltivazioni frutticole sono rappresentate da tre campi catalogo che raccolgono un patrimonio frutticolo di 122 varietà di melo, 37 di pero e 14 di susino e da coltivazioni sperimentali e dimostrative di ulivo, noce, ciliegio, castagno e piccoli frutti.

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Le coltivazioni orticole sono state realizzate con il fine di ricercare, salvaguardare e conservare le risorse geneticherticole della regione come i fagioli della Valcellina, lo zucchino triestino, la zucca di Pradis ed anche alcune specie spontanee da foglia come il Farinaccio Buon Enrico o l’Atreplice da orto.

Inoltre e’ stata creata una collezione di piante officinali, quali lavanda, rosmarino, timo, borragine,melissa, etc.

I progetti di ricerca

Le diverse attività del Parco di San Floriano sono condotte nell’ambito di progetti di ricerca finanziati in parte o totalmente con fondi nazionali ed europei e svolti in collaborazione con enti ed istituti di ricerca e sperimentazione italiani ed esteri.

Obiettivi:la sostenibilità e l’ecocompatibilità delle attività agricole condotte nell’area del Parcola salvaguardia della biodiversità degli ambienti ruraliil recupero di coltivazioni e di modelli di conduzione agraria legati alla tradizione ed alla cultura del territorio localela ricerca ed eventuale reintroduzione sperimentale e dimostrativa di specie e varietà con il tempo cadute in abbandono.

Finalità didattico-dimostrative ed obiettivi delle attività rurali del Parco:recupero dell’agricoltura collinare e pedemontanaconservazione della biodiversità e dell’ambiente con l’applicazione di tecniche di coltivazione con l’applicazione di tecniche a basso impatto ambientalesalvaguardia del paesaggio naturale

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divulgazione delle conoscenze acquisite con la ricerca e la sperimentazione anche attraverso seminari e training formativi rivolti ad agricoltori e tecnici sulle opportunità offerte dalle attività agricole condotte in area pedemontana e collinare e visite guidate.

Lavanda di Venzone

Il progetto intende promuovere la valorizzazione di questi ambienti marginali rispetto al lago, proponendo una coltura alternativa rispetto alla tradizione, creando un prodotto locale di alta qualità ed una sinergia tra produzione agricola e attività turistica.La sfida del cambiamento alla quale è chiamata la nostra società impone scelte importanti a volte in discontinuità col passato, ma che permettono nuove opportunità per poter competere col mercato. E’ sottinteso che ogni cambiamento va accolto con la necessaria prudenza, in quanto per noi la terra è il bene più prezioso da salvaguardare nell’interesse di tutti: la nostra proposta che promuove la coltivazione della Lavandula angustifolia L., ora conosciuta come ‘Lavanda di Venzone’, è sicuramente innovativa, ma non in dissonanza con questa zona.Il Lago di Como è senza dubbio un  territorio vocato alla coltivazione di questa pianta aromatica, anche grazie alle sue caratteristiche pedoclimatiche, e pertanto la coltivazione della lavanda potrebbe diventare una buona opportunità per la fascia basale, rappresentata dalle coste del Lario.Questa specie è stata oggetto di accurati studi da parte della facoltà di Agraria dell’Università di Udine, che ne ha curato la selezione tra le diverse specie, e da parte della facoltà di Farmacia dell’Università di Trieste che ne ha rilevato tutte le sue proprietà medicamentose. E’ stata creata, inoltre, un’associazione, grazie alla volontà della signora Paola Toso, che ne promuove la diffusione e ne garantisce la commercializzazione.Il regolamento dell’associazione ed il contratto di fornitura ed acquisto sono allegati in appendice.Al momento ci limiteremo a riferire alcuni dati generali.Questa pianta vive ad un’altitudine compresa tra gli 0 ed i 1500 metri sul livello del mare, ama le posizioni assolate, richiede poca acqua e pochissimo concime dal secondo anno (Fosforo e Potassio bilanciato).Si adatta molto bene anche nelle regioni con casi di precipitazioni massime tra aprile e ottobre (vedi Friuli!).Fiorisce da fine maggio ad ottobre ed in certe zone anche a novembre.Raggiunge un’altezza variabile tra i 70 centimetri e il metro.L’impianto si effettua preferibilmente da marzo ad aprile e devono essere utilizzate esclusivamente di ‘Lavanda vera angustifolia autoctona di qualità extra’, così come selezionate dai protocolli dell’Università di Udine – Dipartimento di Scienze Agrarie.Il primo raccolto avviene nel mese di luglio dello stesso anno di piantagione, poi a seconda del microclima e della fertilità del terreno si può arrivare a tre raccolti l’anno.Il raccolto va a regime il quarto anno ed ogni pianta può produrre circa 1 kilogrammo di fiori.La durata dell’impianto è stimata 15-20 anni.La lavanda, oltre ad essere fonte di ricchezza per i settori farmaceutico, cosmetico, alimentare ed ornamentale, può essere una importante attrattiva per il settore turistico grazie alla bellezza della pianta e del suo fiore.

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Di seguito viene riportata la relazione del dott. Marco Barbaro dell’Università di Udine, in cui vengono descritte le caratteristiche principali della Lavanda angustifolia, della Lavanda latifoglia e di un ibrido di queste due specie, noto comunemente come lavandino.

Lavandula angustifolia Miller (= L. spica L., L. officinalis Chaix, L. vera DC.) (lavanda vera): la lavanda

comunemente conosciuta. Ha odore forte ma gradevole, legnosa e densamente cespugliosa quando la sua

taglia raggiunge il metro di altezza. Ha foglie lineari e strettamente lanceolate, rivoltate al margine. Le spighe

sono lungamente peduncolate. Il calice è tubuloso, bluastro. La corolla è pelosa e violacea. Rustica, è

spontanea in molte zone dell'area mediterranea. Tra cui la zona montuosa del sud della Francia. Predilige

terreni sciolti posti tra i 500 e i 1500m. In Provenza la varietà più diffusa è la “Mayette”, in minima parte la

“Abrialis” oggi sempre meno utilizzata.

Fioritura Giugno-luglio

Colore bleu/violetto

Altezza 60cm

Profumo delicato e soave, poco canforato

Utilizzo olio essenziale viene utilizzato in alta profumeria

Resa (% olio sul tal

quale)

tra 0,5 e 1,5%

Lavandula latifolia Medicus (spica, spigo): è pianta più piccola della Lavanda angustifolia e la sua essenza è

meno pregiata. Le foglie alla base sono oblunghe, mentre le altre hanno forma più stretta; tutte sono argentee.

Questa specie, ad eccezione dei fiori più piccoli e persistenti, assomiglia in ogni altro suo aspetto alla specie

precedente. Viene coltivata tra i 200 e i 500 m nei contrafforti calcarei montagnosi (Spagna, Francia,

Yugoslavia). Le componenti principali dell’olio essenziale la Canfora e il Cineolo.

Fioritura Settembre

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Colore blu-grigio

Altezza 80-90 cm

Profumo canforato, erbaceo, acre

Utilizzo saponeria, lisciva, profumeria di bassa qualità

Resa (% di olio sul tal

quale)

0,5-1%

Lavandula hybrida Reverchon (Lavandino): questo ibrido, incrocio tra L. latifolia  e L. angustifolia, venne

trovato in Francia all’inizio del XX secolo, nella regione delle lavande, ad una altitudine intermedia tra quella

della lavanda e quella dello spigo. Lo straordinario vigore ed il rapido sviluppo della specie spinsero a

sperimentare l'ibridazione che venne realizzata fecondando lo spigo con polline di lavanda. Dopo una

selezione dei tipi che mostravano una concentrazione di essenza simile a quella della lavanda ebbero inizio le

piantagioni. In Italia ha sostituito la lavanda dopo la seconda guerra mondiale, in quanto è più resistente e dà

una resa unitaria più elevata, per quanto meno pregiata. L'essenza di Lavandino contiene infatti tutti i

costituenti della lavanda, sebbene in rapporto diverso, ma contiene anche canfora e maggiori quote di alcoli

che ne diminuiscono la finezza. Peraltro, alcune semplici operazioni tecnologiche (distillazione frazionata,

refrigerazione) sono in grado di migliorare nettamente le qualità aromatiche degli oli. La quantità di esteri

rispetto alla Lavanda angustifolia è nettamente inferiore. Preferisce terreni sciolti ad altitudiniinferiori ai 500 m.

Le varietà di Lavandino principalmente coltivate in Provenza sono il Lavandino “Grosso” e in misura minore il

“Sumiens”.

Fioritura luglio-agosto.

Colore tutte la nouances, dal bleu al rosa passando per il violetto

Altezza 40-100 cm

Profumo leggermente canforato, duro e secco

Utilizzo essenzialmente profumiero

Resa (% di olio) 1,5-2,5%

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Campi di lavandino presso l’altipiano di Valensol

Il circuito di collegamento nella commercializzazione

La superficie media di un azienda familiare che coltiva lavanda si aggira intorno ai 50-80 ha e la dimensione

media delle cooperative di produttori attorno ai 500 ha.

I prezzi: si stima che da un ha di lavandino coltivato si ottengano 150 kg di essenza che ha un valore di

mercato di 15 Euro al Kg.

Per quanto concerne la lavanda, le produzioni di olio essenziale sono nettamente inferiori ma il prezzo di

mercato si aggira dai 30-40 Euro al Kg.

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Studio della Lavanda angustifolia negli ambienti pedoclimatici della Regione FVG per la Valutazione delle Interazioni tra Ambiente, Produttività e Qualità della Lavanda angustifolia L.

(F.Danuso, R. Giovanardi, Conte, M. Barbaro e S. Dell’Oste, Università di Udine)

Campo di lavanda in Provenza

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Gli obiettivi sono stati i seguenti:

Valutazione di una coltura alternativa;

Valorizzazione di ambienti marginali;

Creazione di un prodotto locale di alta qualità;

Sinergia tra produzione agricola e attività turistica.

Sono stati presi in considerazione 18 ambienti nelle diverse aree del territorio regionale ed è stato studiato il comportamento di un solo genotipo.

Dati colturali

Sesto d’impianto:

1.50 X 0.50 cm

Caratteri pedoclimatici delle località

Caratteristiche fisico chimiche del terreno: pH, capacità di scambio cationico, carbonio organico,sostanza organica, granulometria.

Caratteristiche climatiche: temperatura, vento, UR, precipitazioni, radiazione, insolazione (mese luglio)

Campionamento

Periodo campionamento luglio 2006;

10 piante scelte in modo casuale in ciascun ambiente considerato (raccolta dell’intero stelo fiorale);

5 piante utilizzate per la valutazione della produttività e qualità degli olii essenziali;

5 piante utilizzate per la valutazione della produttività e qualità dello sgranato

Estrazione di olio essenziale

Distillazione in corrente di vapore di 5 campioni per ciascun ambiente

La distillazione è stata effettuata sul prodotto tal quale

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Produzione di sgranato

Separazione della parte fiorale dagli steli di 5 piante per ciascun ambiente

Operazione effettuata dopo essicazione all’aria dei campioni

Risultati qualitativi

Analisi GC:

Le analisi sono state effettuate su 17 campioni di olio estratto in corrente di vapore

Panel test

18 Campioni distillati in corrente di vapore

1 standard ( lavanda Barreme)

10 componenti: 7 maschi e 2 femmine

Effetto ambiente sulla qualità: rapporto temperatura/precipitazioni

Relazione tra analisi chimica e qualità dell’olio

Utilizzo della regressione lineare per individuare i composti che hanno peso nel giudizio qualitativo

Sono stati trovati 10 componenti che hanno peso sia in termini positivi che negativi nel giudizio sensoriale

Sviluppo di una applicazione per la valutazione sensoriale automatica con rete neurale

Conclusioni

Primi risultati produttivi e qualitativi in FVG

Relazione tra ambiente e qualità

Identificazione composti importanti per la qualità

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Addestramento di rete neurale

Sviluppo software per la previsione della qualità

Prospettive

Studio di diversi genotipi anche di altre specie di lavanda

Studio microzonazione

Possibilità di creare mappe di vocazione

Terrazzamento sopra Torno

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Ipotetica veduta dello stesso terrazzamento con lavanda

Veduta di un altro terrazzamento sopra Torno

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Ipotetica veduta dello stesso terrazzamento con lavanda