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( WEB ) R2 CULTURA 58 MARTEDÌ 7 DICEMBRE 2010 CULTURA Anticipiamo un estratto dall’intervista a Noam Chomsky pubblicata sul nuovo numero di “MicroMega” oggi in uscita G li Stati Uniti sono oggi attraversati da un’ondata di frustra- zione e di rabbia. Come si spiega questo sentimento? «(...) Per trent’anni, i redditi della maggioranza della popo- lazione, che non sono mai stati molto elevati, sono rimasti più o meno uguali o sono addirittura diminuiti, mentre le ore di lavoro sono aumentate; le famiglie se la sono cavata grazie al lavoro di entrambi i ge- nitori, ma gli Stati Uniti non dispongono di un sistema robusto di soste- gni sociali, e quindi non esistono per niente o quasi aiuti alla famiglia, e questo è un pesante fardello. (...)». ROBERTO ANTONINI E il presidente Obama in tutto questo? «Obama è arrivato alla Casa Bianca sull’onda di un grandissi- mo entusiasmo e nella speranza che sarebbe riuscito a cambiare questa situazione; invece non ha fatto altro che peggiorare le cose. Non completamente, certo. Il suo pacchetto di stimoli economici ha permesso di salvare qualche mi- lione di posti di lavoro. Ha consen- tito, è vero, di mettere una pezza sugli strappi di un sistema finan- ziario difettoso, ma in un modo ta- le che i colpevoli del disastro sono ora ancora più ricchi e potenti di prima. E gli americani vedono be- ne che i loro redditi stagnano e che le loro condizioni di vita peggiora- no, mentre una piccolissima fa- scia della popolazione controlla grandissime ricchezze (...)». Non trova però paradossale che in questo contesto di lotta po- litica, di battaglia scatenata con- tro Obama dalle grandi corpora- tions, la sinistra, e in particolare molti intellettuali di sinistra, non abbiano sostenuto il presidente? «(...) È stato Obama stesso a creare i presupposti di questa si- tuazione, che va analizzata nel dettaglio. Prendiamo ad esempio la riforma del sistema sanitario, il suo grande successo. Quando Obama fu eletto presidente, disse di essere favorevole a un program- ma nazionale di assicurazione sa- nitaria, qualcosa di simile a ciò che esiste in altri paesi del mondo. Una grande maggioranza della popolazione era favorevole. Ma lui vi ha rinunciato immediata- mente. (...)». (...) Lei, nel suo posizionamento fi- losofico fa spesso riferimento a von Humboldt, a Cartesio, ad al- cuni anarchici, anche ad Adam Smith. Che ne è del suo rapporto con Karl Marx? «I primi manoscritti di Karl Marx vengono direttamente da quella tradizione, dall’Illumini- smo romantico, di fatto quasi te- stualmente. È da lì che proviene il concetto di alienazione. Negli scritti successivi, Marx ha fatto un’analisi critica molto acuta de- gli elementi costitutivi fondamen- tali del sistema capitalista e dei cambiamenti storici. C’è molto da apprendere. Che si possa applica- re il marxismo alla società con- temporanea è discutibile, ma si- curamente quello di Marx costi- tuisce un apporto intellettuale di grande importanza. Non mi defi- nirei marxista, né cartesiano, né altro. Non dovremmo venerare gli individui, bensì interessarci alle idee». “Obama non è riuscito a cambiare le cose: ha deluso E ora prevale la rabbia” Un brano dell’intervista allo studioso sul nuovo “MicroMega” CHOMSKY: “LA FINE DELLA SPERANZA” LA RIVISTA Tra gli autori del nuovo “MicroMega” Cordero, De Cataldo, Gallino D opotutto non è un caso se la sede dei server di WikiLeaks sia un rifugio antiatomico dimesso nel centro di Stoccol- ma. La guerra fredda è finita, ed è stata sostituita da una guerra di documenti, perché, come scriveva negli anni trenta Ernst Jünger, «la guida della guerra non è là dove è visibile il soldato adorno dei contrassegni allusivi al ceto cavalleresco, ma là dove, in sembianza poco appariscente è chino sulle sue carte to- pografiche, fra il ronzio dei telefoni e il gracchiare delle radio da cam- po». La tempesta documentale scatenata da WikiLeaks sarebbe stata impossibile senza due fattori che hanno intrinsecamente a che fare con i poteri della scrittura: da una parte, il Web, ossia la rete in cui i do- cumenti vengono diffusi; dall’al- tra, il mondo della carta stampa- ta, che ne assicura la selezione e, per così dire, la canonizzazione. In questo senso, si tratta della punta emersa di un iceberg, quel- la che in questo momento è sotto i riflettori, ma la vera domanda ri- guarda la natura, i rischi e le risor- se di questa esplosione della scrittura (di documenti in senso largo, dalle immagini ai video) che non ha equivalenti nella sto- ria umana. Abbiamo provato a ragionar- ne con Urs Gasser, direttore del Berkman Center for Internet and Society all’Università di Harvard, Juan Carlos De Martin, condiret- tore del Centro NEXA su Internet e Società del Politecnico di Tori- no, Barry Smith, direttore del Na- tional Center For Ontologic Re- search della Università di Buffa- lo, Bernard Stiegler, direttore dell’Institut de recherche et d’in- novation del Centre Georges Pompidou, John Naughton, au- tore di A Brief History of the Futu- re: the Origins of the Internet, con- siderato il miglior libro su Inter- net, e Pierre Musso, che ha la cat- tedra di “Modellizzazione degli immaginari, innovazione e crea- zione” sostenuta da Télécom Pa- ris-Tech e dalla Università di Rennes. Ferraris. Kevin Kelly, co-fon- datore di Wired, in un libro usci- to da poche settimane What Te- chnology Wants, ha sostenuto che il Web va concepito non tan- to come uno strumento passivo, ma come un organismo che per- segue in autonomia i propri fini. Insomma, che è la tecnica che co- manda, non l’uomo. La prima domanda che uno si può porre è se le cose siano mai andate altri- menti. In fondo, anche la ruota e il fuoco (per non parlare della cla- va) hanno dominato l’evoluzio- ne dell’umanità molto più di quanto non ne siano stati domi- nati. De Martin. Anch’io credo che sia sempre stato così: la tecnica ha sempre determinato l’uma- nità. In proposito sottolineo, però, un aspetto importante che caratterizza sia i computer sia il Web: sono entrambe invenzioni piattaforma, cioè senza un uso fissato a priori. Un coltello, una lampadina, un’automobile per- mettono di fare una cosa soltan- to e in tal senso ci servono e ci condizionano allo stesso tempo. Un computer, invece, fa ciò che noi desideriamo che faccia. An- che usi mai pensati in preceden- za. In altre parole, sia i computer sia il Web sono intrinsecamente generativi. Stiegler. In questo senso, l’ir- ruzione del Web nella nostra vita è paragonabile all’irruzione della scrittura nella vita quotidiana dei Greci all’epoca di Socrate. E co- me la scrittura secondo Socrate il Web è un pharmakon, cioè, insieme, un vele- no e un rimedio. Musso. Questo spiega le reazioni di rigetto. Con ogni innovazione tec- nologica c’è uno scontro tra imma- ginari ambivalenti: da una parte, le pro- messe di libertà, di progresso e di comu- nicazione e, dall’altra, la minaccia di alienazio- ne, di controllo o di regres- sione. Queste visioni con- trapposte definiscono gli usi po- tenziali e contribuiscono a socia- lizzare l’innovazione. Non solo la scrittura, ogni tecnica è un phar- makon, Zeus e Prometeo, Faust e Frankenstein abitano la relazio- ne che l’Occidente ha con la tec- nologia. Il Web non fa eccezione a questa dialettica del tecno- messianismo e del tecno-cata- strofismo. De Martin. In proposito, trovo però fortemente irritante l’atteg- giamento di una parte consisten- te della classe dirigente italiana che è passata, senza soluzione di continuità, dal dire che il Web era APOCALITTICI E INTEGRATI DEL Internet migliora le nostre possibilità o ci aliena e ci controlla? Fa bene o fa male? Abbiamo chiesto a studiosi ed esperti di intervenire sul tema MAURIZIO FERRARIS LONDRA — «L’educazione è un diritto e non un privilegio. Io difendo l’Arte contro i tagli». Queste le parole di Susan Philipsz, neo vinci- trice del Turner Prize 2010 agli studenti che hanno occupato ieri parte della Tate Britain dove si svolgeva la cerimonia di premiazione, per protestare contro i tagli alla cultura. L’ar- tista scozzese, 45 anni, è la prima a vincere con una installazione sonora: Lowlands. L’o- pera in pratica è la registrazione della sua vo- ce mentre canta ballate cinquecentesche scozzesi trasmessa da tre altoparlanti siste- mati sotto altrettanti ponti di Glasgow. La Philipsz ha ricevuto un assegno da 25 mila sterline. A premiarla è stata la stilista italiana Miuccia Prada. Premiata l’installazione sonora dell’artista scozzese IL TURNER PRIZE A SUSAN PHILIPSZ DAI SENTIMENTI ALLE INFORMAZIONI ECCO LA NUOVA VITA SULLA RETE una moda passeggera a dire che il Web ci rende stupidi. A ben vede- re, non è diverso dal dire che la scrittura è una moda passeggera, o che rende stupidi. Ma, come la storia insegna, non è andata così, e molto probabilmente sarà lo stesso per il Web. Naughton. Certo. E non siamo che all’inizio. Il Web si è diffuso nel 1993, da allora sono passati solo 17 anni. Siamo nella stessa posizione dei cittadini di Magon- za nel 1472, 17 anni dopo che a Magonza era stata stampata la prima Bibbia di Gutenberg. Non avevano la minima idea di come quella tecnologia avrebbe cam- biato il mondo. Quello che al mo- mento appare evidente è che il fe- nomeno della pubblicazione, che un tempo stava al centro, og- gi ha luogo nella periferia. Il vero problema di questa nuova scrit- tura è semmai quanto possa so- “Le persone più giovani oramai fanno sempre più fatica a distinguere tra reale e virtuale” © RIPRODUZIONE RISERVATA

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(WEB)

R2CULTURA■ 58

MARTEDÌ 7 DICEMBRE 2010

la RepubblicaCULTURA

Anticipiamo un estratto dall’intervista a Noam Chomskypubblicata sul nuovo numero di “MicroMega” oggi in uscita

Gli Stati Uniti sono oggi attraversati da un’ondata di frustra-zione e di rabbia. Come si spiega questo sentimento?

«(...) Per trent’anni, i redditi della maggioranza della popo-lazione, che non sono mai stati molto elevati, sono rimasti più

o meno uguali o sono addirittura diminuiti, mentre le ore di lavoro sonoaumentate; le famiglie se la sono cavata grazie al lavoro di entrambi i ge-nitori, ma gli Stati Uniti non dispongono di un sistema robusto di soste-gni sociali, e quindi non esistono per niente o quasi aiuti alla famiglia, equesto è un pesante fardello. (...)».

ROBERTO ANTONINI

E il presidente Obama in tuttoquesto?

«Obama è arrivato alla CasaBianca sull’onda di un grandissi-mo entusiasmo e nella speranzache sarebbe riuscito a cambiarequesta situazione; invece non hafatto altro che peggiorare le cose.Non completamente, certo. Il suopacchetto di stimoli economici hapermesso di salvare qualche mi-lione di posti di lavoro. Ha consen-tito, è vero, di mettere una pezzasugli strappi di un sistema finan-ziario difettoso, ma in un modo ta-le che i colpevoli del disastro sonoora ancora più ricchi e potenti diprima. E gli americani vedono be-ne che i loro redditi stagnano e che

le loro condizioni di vita peggiora-no, mentre una piccolissima fa-scia della popolazione controllagrandissime ricchezze (...)».

Non trova però paradossaleche in questo contesto di lotta po-litica, di battaglia scatenata con-tro Obama dalle grandi corpora-tions, la sinistra, e in particolaremolti intellettuali di sinistra, nonabbiano sostenuto il presidente?

«(...) È stato Obama stesso acreare i presupposti di questa si-tuazione, che va analizzata neldettaglio. Prendiamo ad esempiola riforma del sistema sanitario, ilsuo grande successo. QuandoObama fu eletto presidente, disse

di essere favorevole a un program-ma nazionale di assicurazione sa-nitaria, qualcosa di simile a ciò cheesiste in altri paesi del mondo.Una grande maggioranza dellapopolazione era favorevole. Malui vi ha rinunciato immediata-mente. (...)». (...)

Lei, nel suo posizionamento fi-losofico fa spesso riferimento avon Humboldt, a Cartesio, ad al-cuni anarchici, anche ad AdamSmith. Che ne è del suo rapportocon Karl Marx?

«I primi manoscritti di KarlMarx vengono direttamente daquella tradizione, dall’Illumini-smo romantico, di fatto quasi te-stualmente. È da lì che proviene ilconcetto di alienazione. Negliscritti successivi, Marx ha fattoun’analisi critica molto acuta de-gli elementi costitutivi fondamen-tali del sistema capitalista e deicambiamenti storici. C’è molto daapprendere. Che si possa applica-re il marxismo alla società con-temporanea è discutibile, ma si-curamente quello di Marx costi-tuisce un apporto intellettuale digrande importanza. Non mi defi-nirei marxista, né cartesiano, néaltro. Non dovremmo venerare gliindividui, bensì interessarci alleidee».

“Obama non èriuscito a cambiarele cose: ha delusoE ora prevalela rabbia”

Un brano dell’intervista allo studioso sul nuovo “MicroMega”

CHOMSKY: “LA FINEDELLA SPERANZA”

LA RIVISTA

Tra gli autoridel nuovo“MicroMega”Cordero,De Cataldo,Gallino

Dopotutto non è un caso se la sede dei server di WikiLeakssia un rifugio antiatomico dimesso nel centro di Stoccol-ma. La guerra fredda è finita, ed è stata sostituita da unaguerra di documenti, perché, come scriveva negli annitrenta Ernst Jünger, «la guida della guerra non è là dove è

visibile il soldato adorno dei contrassegni allusivi al ceto cavalleresco,ma là dove, in sembianza poco appariscente è chino sulle sue carte to-pografiche, fra il ronzio dei telefoni e il gracchiare delle radio da cam-po». La tempesta documentale scatenata da WikiLeaks sarebbe stataimpossibile senza due fattori che hanno intrinsecamente a che farecon i poteri della scrittura: da una parte, il Web, ossia la rete in cui i do-cumenti vengono diffusi; dall’al-tra, il mondo della carta stampa-ta, che ne assicura la selezione e,per così dire, la canonizzazione.In questo senso, si tratta dellapunta emersa di un iceberg, quel-la che in questo momento è sottoi riflettori, ma la vera domanda ri-guarda la natura, i rischi e le risor-se di questa esplosione dellascrittura (di documenti in sensolargo, dalle immagini ai video)che non ha equivalenti nella sto-ria umana.

Abbiamo provato a ragionar-ne con Urs Gasser, direttore delBerkman Center for Internet andSociety all’Università di Harvard,Juan Carlos De Martin, condiret-tore del Centro NEXA su Internet

e Società del Politecnico di Tori-no, Barry Smith, direttore del Na-tional Center For Ontologic Re-search della Università di Buffa-lo, Bernard Stiegler, direttoredell’Institut de recherche et d’in-novation del Centre GeorgesPompidou, John Naughton, au-tore di A Brief History of the Futu-re: the Origins of the Internet, con-siderato il miglior libro su Inter-net, e Pierre Musso, che ha la cat-tedra di “Modellizzazione degliimmaginari, innovazione e crea-zione” sostenuta da Télécom Pa-ris-Tech e dalla Università diRennes.

Ferraris. Kevin Kelly, co-fon-datore di Wired, in un libro usci-to da poche settimane What Te-chnology Wants, ha sostenutoche il Web va concepito non tan-to come uno strumento passivo,ma come un organismo che per-segue in autonomia i propri fini.Insomma, che è la tecnica che co-manda, non l’uomo. La primadomanda che uno si può porre èse le cose siano mai andate altri-menti. In fondo, anche la ruota eil fuoco (per non parlare della cla-va) hanno dominato l’evoluzio-ne dell’umanità molto più diquanto non ne siano stati domi-nati.

De Martin. Anch’io credo chesia sempre stato così: la tecnicaha sempre determinato l’uma-nità. In proposito sottolineo,però, un aspetto importante checaratterizza sia i computer sia ilWeb: sono entrambe invenzionipiattaforma, cioè senza un usofissato a priori. Un coltello, unalampadina, un’automobile per-mettono di fare una cosa soltan-to e in tal senso ci servono e cicondizionano allo stesso tempo.Un computer, invece, fa ciò chenoi desideriamo che faccia. An-che usi mai pensati in preceden-za. In altre parole, sia i computersia il Web sono intrinsecamentegenerativi.

Stiegler. In questo senso, l’ir-ruzione del Web nella nostra vitaè paragonabile all’irruzione dellascrittura nella vita quotidiana deiGreci all’epoca di Socrate. E co-me la scrittura secondo Socrate il

Web è un pharmakon,cioè, insieme, un vele-no e un rimedio.

Musso. Questospiega le reazioni dirigetto. Con ogniinnovazione tec-nologica c’è unoscontro tra imma-ginari ambivalenti:da una parte, le pro-messe di libertà, diprogresso e di comu-nicazione e, dall’altra,la minaccia di alienazio-ne, di controllo o di regres-sione. Queste visioni con-trapposte definiscono gli usi po-tenziali e contribuiscono a socia-lizzare l’innovazione. Non solo lascrittura, ogni tecnica è un phar-makon, Zeus e Prometeo, Faust e

Frankenstein abitano la relazio-ne che l’Occidente ha con la tec-nologia. Il Web non fa eccezionea questa dialettica del tecno-messianismo e del tecno-cata-strofismo.

De Martin. In proposito, trovoperò fortemente irritante l’atteg-giamento di una parte consisten-te della classe dirigente italianache è passata, senza soluzione dicontinuità, dal dire che il Web era

APOCALITTICIE INTEGRATI

DEL

Internet migliora le nostre possibilità o ci alienae ci controlla? Fa bene o fa male? Abbiamochiesto a studiosi ed esperti di intervenire sul tema

MAURIZIO FERRARIS

LONDRA — «L’educazione è un diritto e nonun privilegio. Io difendo l’Arte contro i tagli».Queste le parole di Susan Philipsz, neo vinci-trice del Turner Prize 2010 agli studenti chehanno occupato ieri parte della Tate Britaindove si svolgeva la cerimonia di premiazione,per protestare contro i tagli alla cultura. L’ar-tista scozzese, 45 anni, è la prima a vincerecon una installazione sonora: Lowlands. L’o-pera in pratica è la registrazione della sua vo-ce mentre canta ballate cinquecenteschescozzesi trasmessa da tre altoparlanti siste-mati sotto altrettanti ponti di Glasgow. LaPhilipsz ha ricevuto un assegno da 25 milasterline. A premiarla è stata la stilista italianaMiuccia Prada.

Premiata l’installazione sonora dell’artista scozzese

IL TURNER PRIZEA SUSAN PHILIPSZ

DAI SENTIMENTI ALLE INFORMAZIONIECCO LA NUOVA VITA SULLA RETE

una moda passeggera a dire che ilWeb ci rende stupidi.A ben vede-re, non è diverso dal dire che lascrittura è una moda passeggera,o che rende stupidi. Ma, come lastoria insegna, non è andata così,e molto probabilmente sarà lostesso per il Web.

Naughton. Certo. E non siamoche all’inizio. Il Web si è diffusonel 1993, da allora sono passatisolo 17 anni. Siamo nella stessaposizione dei cittadini di Magon-za nel 1472, 17 anni dopo che aMagonza era stata stampata laprima Bibbia di Gutenberg. Nonavevano la minima idea di comequella tecnologia avrebbe cam-biato il mondo. Quello che al mo-mento appare evidente è che il fe-nomeno della pubblicazione,che un tempo stava al centro, og-gi ha luogo nella periferia. Il veroproblema di questa nuova scrit-tura è semmai quanto possa so-

“Le persone piùgiovani oramaifanno sempre piùfatica a distingueretra reale e virtuale”

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@MARTEDÌ 7 DICEMBRE 2010

la Repubblica PER SAPERNE DI PIÙwww.pierpaolopasolini.comtemi.repubblica.it/micromega-online

net non sono ancora stati contro-bilanciati dalle nuove misure chesaranno create in futuro per di-minuire i loro effetti negativi.

Ferraris. Temo però che ci siaun aspetto negativo difficile dacontrobilanciare. Chi si mette intasca un telefonino non solo ac-cede a un sistema di connessionetotale, ma anche si mette volon-tariamente in una rete di mobili-tazione totale, in cui il lavoro (edunque anche lo sfruttamento)invade ogni sfera della vita: ab-biamo il Web sottomano, ma sia-

mo anche in mano al Web. E que-sto è un problema rispetto al qua-le non vedo rimedi semplici, cer-to non un qualche luddismo oastensionismo rispetto al Web.

Stiegler. Bisogna trovare deimodi di organizzazione e delleregole pratiche (delle terapeuti-che e delle tecniche del sé, comediceva Foucault) che, in partico-lare, permettano di rendere effi-caci gli scambi e di lavorare inmodo cooperativo. Per me il Webè lo spazio di quelle che chiamo“cooperative del sapere”, è cosìche me ne servo in continuazio-ne, e ne posso solo essere felice.Certo talvolta ci sono degli effettinocivi, ma questo vale per tuttociò rispetto a cui non si è riusciti aorganizzare una terapia – e ognipharmakon necessita di una te-rapia. In questo senso, il futurodel Web dipende essenzialmenteda noi. Dipende dalla nostra ca-pacità di rimettere in causa le no-stre idee, sorte quando il phar-makon era diverso (era la scrittu-ra su carta), e dunque era diversala terapia, senza dimenticarle,ma trasformandole in vista delpharmakon, il Web, e grazie adesso, senza restarne ingabbiati.

pravvivere: non ne abbiamoidea, e anzi abbiamo moltissimeprove di quanto facilmente pos-sa svanire.

Stiegler. La cosa più importan-te, nel Web, è che combina il “realtime”, che sembrava la caratteri-stica e il destino delle tecnologiederivate dall’informatica, e che ècosì vicino alla pulsione, e il tem-po differito della scrittura, che èanche il tempo dell’azione ritar-data, della critica, della sublima-zione. Ragione e passione, peresprimersi un po’ sommaria-mente, si intrecciano nel Web.

Ferraris. A questo proposito,non si può dimenticare quanto lavita affettiva delle persone siamediata dal Web. Anche qui, gli

le persone, ne sono certo, hannoancora pace. Quelli che non han-no pace - come noi - sono vittimedi un accidente storico: siamonati in un frangente in cui i bene-fici delle forme potenziate di col-laborazione permesse da Inter-

apocalittici, o semplicemente inostalgici, sostengono che que-ste relazioni sono tendenzial-mente inautentiche, ma non sivede perché: dopotutto, la pas-sione di Werther era essenzial-mente epistolare, eppure difficil-mente la si potrebbe definire“inautentica”.

Gasser. Le nostre ricerche sul-l’uso di Internet da parte deibambini o di persone talmentegiovani da non potersi immagi-nare una vita senza Google oWikipedia mostrano che fra offli-ne e online c’è un confine semprepiù incerto. I nativi dell’epoca di-gitale non distinguono fra il mon-do reale e il cyberspazio - Internetè semplicemente una parte inte-grata della loro vita. Inoltre, delleindagini rivelano che gente cheha molte relazioni in rete, ancheoffline tende a comunicare più digente che non ha contatti online.Entrambe le osservazioni sugge-riscono che non ci sia una divi-sione netta fra le relazioni in retee quelle nella realtà, né dunqueun “gap di autenticità”. Rimanecomunque una questione inte-ressante - e aperta - come le nor-me della comunicazione evolva-no nello spazio digitale e comeinfluiscano sulla qualità delle re-lazioni, siano queste online o of-fline.

Ferraris. Più che dell’autenti-cità, quella di cui si sente la man-canza è la solitudine, o megliouna certa irresponsabilità, per-ché in effetti la nostra esperienzaè di essere perennemente asse-diati dalla scrittura, da richiestedi risposta che generano altret-tante responsabilità.

Smith. Quanto all’assedio del-la scrittura, la maggior parte del-

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“Aumenta la nostrapossibilità dicooperare con glialtri, rendendoefficaci gli scambi”

certo, ma che un anno fa era ine-sistente e che quindi non potràfar altro che crescere. Negli StatiUniti, il mercato più sviluppato,stando alla Association of Ameri-can Publishers, ogni dieci librivenduti uno ormai è digitale.

Da noi sono 660 mila gli italia-ni che hanno già sul proprio let-tore digitale un e-book, e per lopiù si tratta di uomini laureati.Eppure, secondo un’altra ricercadell’Aie, sarebbero più di un mi-lione le persone interessate allaletteratura su display. I generi piùin voga? Vince la narrativa italia-na, oltre il 70%, seguita a distanzadai classici (11%), dai gialli

(8,4%), dalla fantascienza e dalfantasy (4,1%) e infine dai ro-manzi rosa (3,7%). Il tutto propo-sto a un prezzo medio di 9,99 eu-ro con punte massime che rag-giungono i 29,99 euro e minimedi 2,99 euro. Ma sono dati che val-gono poco, considerando chesiamo ancora in una fase pionie-ristica. Tanto per citare un caso,su Edigita (una delle sei principa-li piattaforme di e-book nostranemessa in piedi da Feltrinelli, Mes-saggerie Italiane, Gems e Rcs), ilvolume più venduto è stato Il ci-mitero di Praga di Umberto Eco,proposto a un prezzo addiritturapiù alto della versione cartacea.

Insomma, bisognerà capirecosa succederà dopo questa pri-ma fase un po’ confusa, segnatadalla convivenza di tre diversi

formati di e-book e dai tanti letto-ri non sempre compatibili contutti. E bisognerà capire anche sela scesa in campo delle case edi-trici italiane riuscirà ad arginarecolossi come Amazon, Apple eGoogle. Quest’ultimo ha annun-ciato proprio ieri la nascita inAmerica di eBooks, noto in pre-cedenza come Editions, piat-taforma di vendita di libri digitaliper portatili, tablet, smartphone.Finora Google ha digitalizzato 15milioni di libri di oltre 35 mila edi-tori, patrimonio che dal 2011 saràalla portata di molti anche al di làdei confini statunitensi. Il suoservizio funziona in maniera si-mile a Gmail, solo che al posto deimessaggi di posta ci sono gli e-book acquistati, consultabilisempre attraverso il web. Fortu-na, per le nostre case editrici, chea differenza della musica la lette-ratura si vende in italiano. Il ri-schio quindi di fare la fine delleetichette discografiche, oggi as-servite alle vendite di iPod, iPad eiPhone, dovrebbe essere scon-giurato. Almeno in teoria.

Il mercato dei libri digitali prende il via in Italia rispettando le pre-visioni: con una partenza fulminante e prospettive di crescita inapparenza rosee. Secondo i dati dell’Associazione Italiana Edito-ri (Aie), esposti ieri durante la fiera “Più libri più liberi” di Roma, i

titoli disponibili sono triplicati, passando dai 1619 di gennaio ai 5900di oggi. In poche parole l’uno e mezzo per cento del catalogo offertonelle librerie tradizionali, per un giro d’affari valutato attorno allo 0,1%di quello complessivo pari a 3 miliardi e mezzo di euro: gli e-book siportano a casa poco meno di 3 milioni e 500 mila euro. Cifra piccola,

Prima dati del mercato: triplicati i titoli, il best-seller è Eco

L’ITALIA DEGLI E-BOOKHA 700 MILA LETTORIJAIME D’ALESSANDRO

Intanto ancheGoogle haannunciato lavendita dei libridigitali

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In una biblioteca

UN MANOSCRITTODI LEONARDO

SCOPERTO A NANTESPARIGI - Il frammentodi un manoscritto attri-buito a Leonardo da Vin-ci è stato scoperto in unarchivio della bibliotecamunicipale di Nantes. Ildocumento fa parte del-la collezione Labouche-re, ricca di 5.000 pezzi,lasciata in eredità nel1872. Il manoscritto erastato anche autenticatoalla fine del XIX secolo,ma poi fu semplicemen-te dimenticato. La sco-perta del documento sideve ora a un giornalistadi un quotidiano locale:si tratta di alcune lineesu un pezzetto di carta di10 cm su 20 scritte se-condo l'ortografia ca-ratteristica di Leonardo.Solo una perizia diesperti potrà stabilire seil documento è davverooriginale, come sostienecon certezza la bibliote-ca di Nantes, avanzandola serietà del collezioni-sta Labouchere.

JOHN NAUGHTON

Ha scritto “A brief historyof the future: the originsof the Internet”

LE VOCI

PIERRE MUSSO

Ha la cattedradi “Modellizzazionedegli immaginari”

BERNARD STIEGLER

Direttore dell’Istituto diricerche e di innovazionedel Centre Pompidou

BARRY SMITH

Direttore del dipartimentodi Ontologiaall’Università di Buffalo

URS GASSER

Direttore del Berkmancenter di Harvardha scritto “Born Digital”

JUAN CARLOS DE MARTIN

Condirettore del centroNEXA su Internet alPolitecnico di Torino

Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione

Sovraintendenza ai Beni Culturali

in collaborazione con:

L'ARTE DEI BIK VAN DER POL PER ENEL CONTEMPORANEA 2010.

enelcontemporanea.com

L’ENERGIA DI UN BATTITO PUÒ SMUOVERE IL MONDO.

ENEL CONTEMPORANEA INAUGURA IL NUOVO MACRO.

L’OPERA

“Lowlands” di Susan Philipsz(courtesy Glasgow Int.Festival)