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COLLANA – I SAGGI Mario Iannarelli Chi è veramente Rudolf Steiner?

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COLLANA – I SAGGI

Mario Iannarelli

Chi è veramente Rudolf Steiner?

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Mario Iannarelli

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2ª edizione ampliata ed aggiornata

© Edizioni “Il Calamaio”

Via B. Orero, 35 00159 – Roma

Tel. e fax – 06–4384095/43568567 e–mail: [email protected]

Sito INTERNET: www.ilcalamaio.com

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Esprimo il mio più vivo ringraziamento alla Signora Marina Sagramora e a mia moglie Roberta Calierno

per la loro amorevole e preziosa collaborazione.

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PREMESSA Da quando le copie del mio libro Nessi esoterici del testamento

spirituale di Rudolf Steiner sono in circolazione, sono trascorsi più di cinque anni. A oggi, ne sono state stampate e distribuite più di quattro-cento, di cui alcune anche all’estero. La rivista online «L’Archetipo» lo sta pubblicando a puntate per più di quattromila lettori regolari, riscuotendo un sempre crescente interesse. Credo di poter dire, stando ai fatti, che la risposta dei lettori è stata più che buona: moltissimi mi hanno manifestato direttamente la loro soddisfazione, sia per il conte-nuto, sia per la forma espressiva, che ha reso comprensibile argomenti notevolmente difficili dell’antroposofia generale e della cristologia antroposofica.

Perché esprimo queste considerazioni? Le ragioni sono molte, ma due, per me, di particolare importanza. La prima nasce ispirata dal voler celebrare l’anniversario dei 150 anni dalla nascita di Rudolf Steiner. La seconda è che non ho conoscenza di critiche, giudizi, recensioni su quanto scritto nel mio libro sopra citato; in esso ho espresso, tra l’altro, pensieri e ipotesi di lavoro sui rapporti spirituali delle individualità di Lazzaro, Giovanni Battista, Christian Rosen-kreuz, il Bodhisattva Maitreya, Manes-Parsifal ecc. Indicare Giovanni Battista, Raffaello, Novalis come l’attuale Bodhisattva Maitreya, futuro Buddha Maitreya, è una mia originale lettura delle notizie dateci da Rudolf Steiner, che non solo non aveva precedenti, ma che tra l’altro non concordava con quelle già date sia da Sergej Prokofieff nel suo libro Eterna individualità sia da altri ricercatori. Già questo avrebbe dovuto suscitare un certo dibattito, ma forse è stato uno di quegli elementi che, al contrario, non l’hanno fatto sorgere, almeno a livello della “intellighenzia antroposofica”.

La seconda ragione è che, sempre nel mio libro, ho affrontato il problema di dare una risposta all’ultimo invito che Rudolf Steiner fece, con la sua viva voce, agli antroposofi presenti e futuri, alla fine

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del suo ultimo discorso: «…Ma quello che, oggi, attraverso le parole, volevo dire all’anima vostra, è questo: affidarvi il compito di indagare durante l’intero corso della vostra vita sul mistero di Lazzaro-Giovanni, onde poter conoscere, in futuro, chi realmente sia, in ciascuno di voi, Lazzaro-Giovanni. Accogliete questo pensiero micheliano…».

Alla fine del volume, dopo tante premesse, ho dato la seguente risposta «Noi lo abbiamo voluto accogliere e, nella sua conclusione, esso così risuona nella nostra anima: Lazzaro-Giovanni ci permea con il nucleo di luce trasfuso in lui dal Cristo, è la realtà, già attuata, del nostro futuro, un elemento di potenza che attende solo di dispie-garsi in noi, lo ierofante per la nostra Damasco individuale. Egli è il “messaggero” del Cristo in noi, è il “precursore” che, come por-tatore dello Spirito Santo, nella sfera interiore dell’anima umana permette l’attuarsi della Comunione con il Cristo, così come nella sfera esteriore della storia della Terra già l’attuò per l’uomo Gesù di Nazareth. …Se, liberamente, gli consentiremo di battezzare, purifi-care la nostra anima, vi accenderà il germe di Luce del Cristo, che ci permetterà di vederLo, perché Giovanni venne come testimone per renderGli testimonianza. Giovanni in noi è il testimone della Luce, il testimone del Cristo, egli continua e continuerà a esserlo finché, divenuto Buddha Maitreya, ci parlerà, anche dall’esterno, con la voce e la Parola di Cristo, “perché tutti credano per mezzo di lui…” (Giovanni, Prologo)».

Queste furono le mie parole, allora, per rispondere al compito di Steiner, ma, se si fa attenzione, io non ho realmente risposto! Non ho precisato chi è realmente, in ciascuno di noi, Lazzaro-Giovanni. Ho detto che è il Bodhisattva Maitreya, e ho solo descritto cosa fa in noi, non chi è in noi. In realtà tale risposta è presente in tutto il libro, mai, però, in forma esplicita: essa sarebbe dovuta sorgere, libera-mente, in anime deste, educatesi in piena dedizione e devozione a cogliere in molte parole di Steiner (non certo nelle mie) il non detto direttamente, apertamente, ciononostante avvertibile da menti e cuori non chiusi da preconcetti e pregiudizi. Siamo avvezzi a una lettura che, troppo spesso, è un mero scorrere le parole con gli occhi, con il pensiero intellettuale, non anche con il cuore.

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Quella mia indiretta risposta su chi sia davvero Giovanni in noi, non è stata colta. Allora, dopo aver atteso un lungo periodo, ho deciso di darla in forma più esplicita. A tal scopo, farò precedere delle note per indirizzare il lettore che voglia essere attento, sagace e pieno di dedizione alla ricerca della verità.

Marie Steiner, nelle sue “Osservazioni sull’ultimo discorso di Rudolf Steiner” (riportato più avanti) scrisse, tra l’altro: «Egli ter-minò con quello che corre come un filo rosso lungo le sue rivelazioni di saggezza: il mistero di Novalis, Raffaello, Giovanni …vi siamo sempre rimandati nei più diversi aspetti».

Perché vi siamo sempre rimandati? Perché Steiner fece quell’ac-corato appello, prima di tacere per sempre in pubblico, persistendo nell’intenzione di proseguire l’esposizione solo attraverso le sue vive parole sonore? Ebbene, la mia risposta è che dovremmo arrivare a dire a noi stessi, per sforzo autonomo e in completa dedizione a quel “filo rosso” presente nelle sue rivelazioni: «Sì, Giovanni, in ciascuno di noi, in me, sei Tu!». E perché non vi siano dubbi di sorta nel lettore, affermo – con una significativa sicurezza interiore, che non è sinonimo di certezza assoluta – che l’Io che ha agito (tra gli altri) in Enkidu, Elia, Cratilo, Aristotele, Giovanni Battista, nella duplice entità di Lazzaro/Giovanni Evangelista, Schionatulander, Tommaso D’Aquino, Raffaello, Novalis, è, forse, lo stesso che ha agito anche in Rudolf Steiner, realizzandone il mirabile destino. Va da sé che la mia “significativa sicurezza interiore”, come tale, non può e non deve valere per nessuno, ma essa mi spinge a presentare la mia affermazione, come tutte quelle precedenti, come plausibile e legittima ipotesi di lavoro per ogni ricercatore, anche se differente da altre già “accreditate”, affinché possa stimolare ogni antroposofo a verificare di persona, e in completa autonomia da ogni “autorità”, la sua eventuale verità. La domanda lasciataci da Steiner alla fine del suo ultimo discorso, presuppone che si possa trovare la risposta, con certezza interiore, frequentando e studiando con dedizione totale la sua opera. Se così non fosse, perché l’avrebbe formulata? Tenendo sempre presente le molteplici modalità di incorporazione, animazione, ispirazione, attraverso cui i Bodhisattva hanno agito e continuano ad

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agire nell’umanità, forse potremo arrivare a conclusioni che, in un primo momento, possono apparirci del tutto impossibili.

Ora, prima di entrare nelle descrizioni degli argomenti di questo lavoro, ritengo opportuno riportare ciò che ne scrisse Marie Steiner, e quanto già descrissi nel mio libro Nessi esoterici del testamento spirituale di Rudolf Steiner nel capitolo sulla sfera dei Bodhisattva. Lo ritengo necessario, affinché il lettore possa formulare i suoi giudizi partendo da elementi di conoscenza resi più presenti alla memoria.

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OSSERVAZIONI DI MARIE STEINER SULL’ULTIMO DISCORSO DI RUDOLF STEINER

(Conferenza del 28 settembre 1924, O.O. N° 238) Va tenuto presente che Rudolf Steiner non poté portare a termine

l’esposizione del 28 settembre 1924. In ricordo di quell’“Ultimo discorso”, nel Notiziario della Società Antroposofica del settembre 1925 Marie Steiner scrisse un articolo dal titolo: “Alla vigilia del giorno di Michele”.

«Egli non poté portare avanti la conferenza come in origine

avrebbe desiderato. Ci diede soltanto la prima parte del mistero di Lazzaro; allora egli non solo mi disse, ma in seguito scrisse anche sulla copertina della prima stesura della conferenza: «Da non dif-fondere fino a che non avrò dato anche la seconda parte». Fu poi costretto a farlo per le molte richieste come per tante altre cose. Ora egli non ci darà più la seconda parte. Alle nostre forze conoscitive rimane il compito di saper distinguere giustamente tra i misteri di incarnazione e incorporazione, nell’incrociarsi delle linee delle indivi-dualità. Egli terminò con quello che corre come un filo rosso lungo le sue rivelazioni di saggezza: il mistero di Novalis, Raffaello, Giovanni. …Vi siamo sempre rimandati nei più diversi aspetti. L’ultimo, il più difficile perché s’incrocia con un’altra linea di individualità, ci venne dato la vigilia del giorno di Michele, poi Rudolf Steiner cessò di parlare».

La spiegazione orale di Rudolf Steiner, accennata da Marie Steiner, fu poi confermata dal dott. Ludwig Noll, che curò Rudolf Steiner assieme alla dottoressa Ita Wegman: «Con il risveglio di Lazzaro l’Entità spirituale di Giovanni Battista, che dalla sua morte era stato lo Spirito che adombrava la schiera degli Apostoli, penetrò dall’alto fino all’anima cosciente di Lazzaro stesso, e dal basso penetrò l’entità di Lazzaro, fino al loro compenetrarsi. Dopo il risveglio, Lazzaro è Giovanni, il “discepolo che il Signore amava” (si veda in merito anche la sesta conferenza del ciclo Il Vangelo di Marco, O.O. N° 139, in cui Elia viene presentato come anima di gruppo degli Apostoli)».

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Secondo la dottoressa Margarete Kirchner-Bockholt, Rudolf Steiner diede inoltre alla dottoressa Ita Wegman questa ulteriore spiegazione: «Sulla base delle forze terrestri, Lazzaro poteva a quel tempo evolversi appieno solo fino all’anima razionale o affettiva; il mistero del Golgotha ebbe luogo nel Quarto Periodo Postatlantico, e in esso si sviluppò appunto l’anima razionale o affettiva. Di conseguenza da un’altra Entità cosmica dovettero essergli dati, a partire dall’anima cosciente, Manas, Budhi e Atma. Di fronte al Cristo vi era così un uomo che si estendeva dalle profondità della Terra fino alle altezze dei cieli, che aveva in sé il corpo fisico e tutte le rimanenti parti costitutive fino a quelle spirituali di Manas, Budhi e Atma che solo in un lontano avvenire potranno essere svi-luppate da tutti gli uomini» (dal «Notiziario della Società Antropo-sofica», anno 40, n. 48 del 1° dicembre 1963).

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LA SFERA DEI BODHISATTVA

Le note bibliografiche si possono trovare nel libro citato Nessi esoterici del testamento spirituale di Rudolf Steiner.

«Che cosa sia un Bodhisattva in fondo non lo possiamo com-

prendere se non ci immergiamo, in qualche misura, nel processo dell’evoluzione umana, e se non lasciamo che si presenti davanti a noi ciò che abbiamo ascoltato nel corso degli anni». Queste parole di Steiner sono molto adatte a giustificare il timore animico con cui ci apprestiamo a parlare di questo argomento; esso rimane miste-rioso, nonostante sia stato descritto così spesso nell’opera antropo-sofica. Nell’intento, quindi, di presentare un compendio significativo di «quanto abbiamo analizzato nel corso degli anni», e volendoci «immergere in qualche misura nel processo evolutivo umano», leggeremo una serie di altre citazioni relative alla sfera dei Bodhi-sattva: «[Con le] grandi individualità-guida [sono intesi i Bodhi-sattva], abbiamo a che fare, sotto certi riguardi, con uomini dallo sviluppo più elevato, con uomini che hanno attraversato almeno una volta tutti i destini dell’umanità».

Chi sono questi «uomini dallo sviluppo più elevato»? E da cosa riconoscerli come quelli che «hanno attraversato almeno una volta tutti i destini dell’umanità»? Vediamo cosa ci viene detto nella con-ferenza del 18 settembre 1909 (O.O. N° 114): «A capo dell’Ora-colo che aveva la direzione di tutti gli altri Oracoli, e che è chia-mato l’Oracolo Solare, c’era il Manu, la guida della popolazione Atlantica. …Questo Iniziato aveva sempre intorno a sé, fra i diversi uomini, dei discendenti possibilmente diretti della coppia capostipite …cioè intorno a sé i discendenti diretti di Adamo ed Eva. Questi discendenti venivano particolarmente educati e curati nell’ambiente dell’Oracolo solare».

Il giorno dopo, Steiner dirà ancora qualcosa di molto interessante, che abbiamo già considerato nel capitolo su Giovanni Battista, ma che ora acquista uno spessore maggiore grazie a tutti i nessi già

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presentati in questo lavoro: «Anche all’individualità di Giovanni Battista viene provveduto dalla Loggia madre, ossia dal centro spiri-tuale dell’umanità [l’Oracolo Solare]. In quel centro spirituale la guida o Manu dirige gli eventi secondo la necessità. Un Io com’è quello di Giovanni Battista s’incarna conforme alla direzione di quello che è il centro della vita spirituale della Terra. L’Io di Giovanni proviene dallo stesso centro da cui proviene anche l’anima del Bambino Gesù del Vangelo di Luca. …Infatti, l’Io che in sostanza non viene dato al Gesù del Vangelo di Luca, viene dato invece al corpo di Giovanni Battista, cosicché fin dal principio l’anima che vive nel Gesù del Vangelo di Luca e l’Io che vive in Giovanni Battista, hanno fra loro un intimo rapporto».

Riassumendo, questi uomini che hanno attraversato tutti i destini dell’umanità sono, ed è quasi ovvio, i discendenti diretti di Adamo ed Eva, cioè di quella coppia primigenia che, dopo l’uscita del Sole (avvenuta alla fine dell’Epoca Iperborea), continuò a incarnarsi in corpi sempre più esposti alle fortissime forze mummificatrici del-la Luna, con cui la Terra era rimasta unita sino alla fuoriuscita di quest’ultima (avvenuta verso la fine dell’Epoca Lemurica).

Proseguendo, leggiamo dal libro Scienza occulta di Steiner altre notizie da collegare alle precedenti: «Ma il corpo vitale delle anime che ritornavano dai pianeti [sulla Terra, dopo la fuoriuscita della Luna] non poteva essere altrettanto ben protetto quanto quello dei discendenti di coloro che erano rimasti sulla Terra [dopo la scis-sione del Sole e prima di quella della Luna]. La protezione di questi ultimi emanava da un’Entità elevata che guidava il cosmo allorché il Sole si distaccò dalla Terra; questa Entità appare, nella sfera che qui si considera, come il reggente del regno solare …la guida del-l’evoluzione solare divenne l’“Io superiore” che agiva sul corpo vitale dei discendenti di coloro che erano rimasti sulla Terra. …Gli uomini che sentivano nel loro corpo vitale l’influenza del sublime essere solare si possono chiamare “uomini solari”. Questa influenza determinava una minore connessione tra il corpo fisico e il corpo eterico, tale da rendere quest’ultimo più mobile e plasmabile rispetto a quelli degli uomini che non la ricevevano, subendo maggiormente

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l’influsso luciferico. Gli “uomini solari” erano esseri umani che ave-vano conservato, anche nell’Epoca Lemurica, certe caratteristiche che erano appartenute a tutta l’umanità, prima della diaspora sui vari pianeti avvenuta a causa della divisione del Sole dalla Terra. Queste caratteristiche, di natura più spirituale, non furono distrutte in questi esseri umani che godettero della protezione del Cristo nel loro Spirito vitale, dalle forze lunari, poi intervenute con tutta la loro potenza. Alla conoscenza di ciò che in passato si rivelò attraverso il Cristo potevano però giungere soltanto coloro che appartenevano all’umanità solare, nel senso più sopra accennato. Essi coltivavano il loro segreto sapere e le discipline che vi conducono, in una località speciale alla quale si può dare il nome di Oracolo del Cristo e del Sole».

Dobbiamo avvalerci ancora di altre notizie, per meglio compren-dere la natura di questi speciali esseri umani: «Entità che per conto loro potrebbero vivere nello spazio che sta intorno alla Terra, devono scendere per comunicare all’uomo quello che esse già sanno e pos-sono, quali membri più anziani e più perfetti della gerarchia. Essi devono incarnarsi in corpi umani, non per la propria evoluzione, perché non ne hanno bisogno …s’incarnano in corpi umani per divenire Maestri degli uomini. Sono Entità che appartengono a Gerar-chie spirituali superiori, a quelle di Mercurio e di Venere. I figli di Venere e Mercurio scendono sulla Terra e divengono i Maestri della giovane umanità. …Ora dobbiamo porci la domanda: come avviene che un figlio di Venere discenda? Come avviene che un Bodhi-sattva possa vivere sulla Terra? L’essere di un Bodhisattva, l’essere dei figli di Mercurio e di Venere, costituiscono un importante capi-tolo dell’evoluzione della nostra Terra nel suo rapporto con tutto il cosmo. Perciò considereremo domani la natura dei figli di Mercurio e di Venere, dei Bodhisattva e Dhyani-Buddha».

Esaminiamo quanto Steiner disse il giorno dopo, sul cui contenuto, di seguito, faremo le nostre osservazioni: «Certo, in generale, è vero il fatto che ai tempi lemurici, attraverso certi esseri umani, parla-vano Spiriti della Personalità [gli Spiriti della Personalità o Archai sono esseri collegati a Venere], che lo stesso facevano ai tempi atlan-tici Arcangeli [gli Arcangeli sono esseri collegati a Mercurio] e ai

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tempi postatlantici Angeli [gli Angeli sono esseri collegati alla Luna]. Ma anche dopo l’Atlantide si trovano uomini che sono pervasi nel loro corpo fisico da Spiriti della Personalità, nella stessa condizione in cui si trovavano una volta gli uomini lemurici attraverso i quali parlavano Spiriti della Personalità. Nei tempi postatlantici possono dunque esservi uomini che sono l’incarnazione esteriore di uno Spirito della Personalità, che presentano assolutamente le caratte-ristiche umane normali, ma che portano ancora in sé un tale Spi-rito, perché all’umanità occorrono questi grandi capi. Nei tempi postatlantici esistono anche uomini che hanno in sé un Arcangelo, uno Spirito di Mercurio, il quale anima il loro corpo fisico e spe-cialmente l’eterico. E finalmente vi è anche una terza categoria di uomini i quali sono animati e ispirati nel corpo fisico, eterico e astrale da un essere angelico, uomini attraverso i quali parla un Angelo. Secondo la dottrina orientale tali personalità umane ricevono nomi speciali. Una personalità umana che esteriormente è sì un uomo dell’Epoca Postatlantica, ma che in realtà porta in sé uno Spirito della Personalità e ne è animato dentro il corpo fisico, si chiama nella dottrina orientale Dhyani-Buddha. Questo è dunque un nome comune dato a individualità umane che sono animate, dentro il loro corpo fisico, da uno Spirito della Personalità. Le personalità umane che sono animate dentro il loro corpo eterico, che nell’Epoca Postatlantica portano in sé un Arcangelo, si chiamano Bodhisattva. E quelle che portano in sé un Angelo, che sono così animate nel loro corpo fisico, eterico e astrale, si chiamano Buddha-umani. Abbiamo dunque tre gradi: i Dhyani-Buddha, i Bodhisattva e i Buddha-umani. Questa è la vera dottrina dei Buddha, delle loro classi e categorie, che dob-biamo considerare in relazione con tutte le vie e i modi in cui operano le Gerarchie. …Se dunque sentiamo parlare dei Buddha (e nella dottrina orientale non si parla solo di un Buddha, ma di molti, fra i quali vi sono naturalmente gradi diversi di perfezione), teniamo presente che un Buddha viveva sulla Terra ma dietro al Buddha vi era ancora il Bodhisattva e persino il Dhyani-Buddha. Poteva però anche darsi che ad esempio il Dhyani-Buddha e il Bodhisattva non scendessero fino ad animare il corpo fisico, ma che il Bodhisattva

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scendesse solo fino ad animare il corpo eterico: ne risultava un essere che non giungeva fino ad animare e ispirare un corpo fisico umano, ma solo un corpo eterico. Così può accadere che un simile Bodhi-sattva, che dunque fisicamente non è per nulla visibile (poiché se appare solo in un corpo eterico non è fisicamente visibile, e vi furono certo di tali Bodhisattva fisicamente invisibili) possa a sua volta, come essere superiore, ispirare specialmente il Buddha-umano. Si ha allora il Buddha-umano, che è già ispirato da un Angelo, ma che nel suo corpo eterico viene ancora ispirato da un Arcangelo. …Più di una personalità di tempi passati, alla quale rivolgiamo il nostro sguardo, si può solo comprendere se la intendiamo come un punto dove s’incontrano e si radunano diversi esseri che si manifestano e si annunziano attraverso l’uomo. …Una sola persona può alle volte venire animata e ispirata da diverse individualità delle Gerarchie superiori. Talvolta, attraverso una personalità che ci sta davanti, ci parlano non soltanto gli abitanti di Mercurio, ma quelli di Mercurio e di Venere».

Si vede bene che ci viene svelato un vivente tessere e tramare di Entità superiori della terza Gerarchia con esseri umani veramente ‘speciali’, in quanto hanno una natura “solare” e godono della con-tinua protezione del Cristo, specie nel loro corpo eterico. Cogliamo l’occasione per ricordare che le Entità della terza Gerarchia – Angeli, Arcangeli e Archai – sono i “servitori” rispettivamente, della terza, della seconda e della prima Gerarchia; ma ricordiamo ancora che la terza Gerarchia, nella sua totalità, è al servizio dello Spirito Santo, come la seconda lo è del Figlio, o Logos, e la prima lo è del Padre. Pertanto, nella terza Gerarchia dobbiamo veder manifestarsi la Trinità, ma, in particolare, l’essere dello Spirito Santo.

Sappiamo che la Loggia dei dodici Bodhisattva, con il Cristo al centro, irradia proprio le correnti e le forze dello stesso Spirito Santo, e sappiamo ancora che proprio la terza Gerarchia è impegnata nella Direzione spirituale dell’umanità, specialmente con la categoria delle Archai. Tutto ciò verrà ripreso più avanti, ma giova sin d’ora tener presente tutti questi nessi, anche per meglio comprendere quanto andremo ancora conoscendo e commentando.

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Analizzando meglio le ultime parole di Steiner, possiamo mettere dei punti fissi:

· fin dall’Epoca Lemurica, come poi nell’Atlantica e nell’attuale

Postatlantica, queste Entità superiori: Archai, Arcangeli e Angeli, attraverso questi uomini speciali, parlavano al resto dell’umanità;

· tutto ciò accadrà anche nei tempi futuri, «perché all’umanità occorrono questi grandi capi»;

· Dhyani-Buddha, Bodhisattva e Buddha-umani sono nomi dati a individualità umane particolarmente evolute, ma essi, nella lettera-tura antroposofica, molto spesso vengono usati per indicare anche le singole personalità in cui s’incorporano questi Io, o ancora per indicare le Entità divino-gerarchiche che, singolarmente o congiun-tamente, “animano” delle nature umane;

· per superare queste apparenti contraddizioni, tali solo per il nostro intelletto legato ai sensi, è bene, per ognuno di noi, esercitarsi a saper distinguere tra incarnazioni e incorporazioni, così come ci esortano a fare le “Osservazioni di Marie Steiner”;

· si devono accettare le difficoltà d’intendimento della sfera e del-l’agire dei Bodhisattva: sono uno scoglio contro cui ci si imbatte molte volte, prima di poter godere di una certa qual compren-sione. Questa, tuttavia, non può, molto più che in altre occasioni, avere un’inquadratura definitiva tipo “organigramma”. Le cose sono variabilissime, in funzione dei compiti temporali e degli uomini (bodhisattvici), appunto disponibili nei vari tempi. C’è da tener sempre in mente che, con i nomi Dhyani-Buddha, Bodhi-sattva, Buddha, in primo luogo si designano Archai, Arcangeli, Angeli, ovvero “Figli” di Venere, Mercurio, Luna. Il Bodhisattva (Arcangelo) s’incorpora per 5.000 anni in un’entità umana che, frattanto, è designata, anche lei, con il nome di Bodhisattva ed è guidata, sia dall’Angelo custode, che dall’Arcangelo-Bodhisattva, il quale l’aiuta a raggiungere il grado di sviluppo (angelico) di Buddha-umano. Quando, con l’illuminazione, diventerà Buddha-umano, “libererà” il suo Angelo custode, giacché avrà maturato pienamente il suo Sé spirituale, iniziando a maturare il suo Spirito

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vitale. Avviene comunque che, durante il suo tirocinio di 5.000 anni, quest’entità umana sia denominata con lo stesso appella-tivo di Bodhisattva (ovvero del suo Arcangelo-bodhisattvico), mentre in lui ancora agisce anche il suo Angelo-Buddha divino, per prendere poi definitivamente, con la raggiunta illumina-zione, il nome del rango spirituale raggiunto: Buddha-umano. Le cose sono veramente complicate, e si può comprendere che, per giungere ai livelli superiori di Dhyani-Buddha, diventino anche più complesse, anche se, volendo proseguire verso l’alto con gli stessi criteri, potremmo abbozzarne un quadro;

· le modalità con cui si sono avverate e si avverano le varie in-corporazioni e incarnazioni (in questo ultimo caso, dei Bodhi-sattva che s’incarnano per la prima e ultima volta per divenire Buddha-umani), sono di svariatissime forme, per cui solo un “chiaroveggente-pensatore”, cioè un vero Iniziato nella Scienza del Graal dei Tempi Nuovi, può penetrare, conoscitivamente, tutta la cangiante realtà di questi eventi spirituali così complessi. Per avere un’idea della variabilità e della complessità di queste collaborazioni viventi, citiamo due affermazioni di Steiner che possono darcene una misura: «Nei Bodhisattva possono operare Entità fino alle Virtù». E ancora: «Il Cristo operava come Bodhi-sattva in Buddha». Chi si interessa attivamente alla nuova Scienza dello Spirito, dovrebbe accostarsi a questi segreti nutrendo una profonda dedizione alla verità, mantenendo la fedeltà a quanto ci è stato dato in dono conoscitivo e la costanza di alimentare il sentimento del sacro nel meditarne assiduamente i contenuti;

· Teniamo sempre desta la coscienza che «talvolta, attraverso una personalità che ci sta davanti, ci parlano non soltanto gli abitanti di Mercurio, ma quelli di Mercurio e di Venere». L’avranno tenuta desta coloro cui “stava davanti la personalità” di Rudolf Steiner? E anche oggi – quando leggiamo l’ultimo discorso di Rudolf Stei-ner che, ormai privo di forze e con volontà sacrificale si era alzato per segnalare fondamentali verità, purtroppo non comprese dai suoi discepoli più diretti – anche oggi, si diceva, è desta la nostra co-scienza nell’afferrare che, come servizio sacro, egli volle farlo solo

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“attraverso le parole” e non per iscritto? È lecito pensare che attra-verso le parole pronunciate, oltre i pensieri e la volontà di Steiner, si esprimesse anche un “Maestro della Scuola sovrasensibile di Michele”, il “Precursore del Cristo”: il Bodhisattva Maitreya? È lecito supporre che tale essere, nell’ideale di sollecitare la co-scienza di chi poteva divenire suo collaboratore spirituale, lo abbia fatto attraverso le parole di Steiner, parlando alle anime dei suoi discepoli spirituali (molti dei quali già frequentavano la Scuola terrena di Michele, che Rudolf Steiner, come suo strenuo servitore, aveva da poco costituito). Dopo questi pensieri, facciamo una breve ricostruzione storica

dei rapporti tra gli esseri divini e gli uomini di natura solare. Ci è noto che, sino alla fine dell’Epoca Iperborea, tutti gli uomini erano di natura solare, giacenti nel grembo delle divinità da cui, con il loro essere e con la loro vita, dipendevano totalmente. Non si era verificato ancora l’influsso luciferico, che avrebbe dato inizio alla scissione dal divino e alla discesa dalle altezze eteriche nella materia terrestre. Sappiamo inoltre che, nell’Epoca Lemurica, con l’avvenuto distacco del Sole e l’azione inaridente delle forze lunari ancora unite alla Terra, quasi tutte le anime umane si erano trasferite sugli altri pianeti del sistema solare per potervi continuare la loro evoluzione. Pochissimi uomini, i più potenti in senso animico-spirituale, continua-rono a incarnarsi nei corpi fisici sempre più densificati, e a ripro-durli. Questi costituirono, poi, la schiera dei grandi capi umani, i quali indirizzarono e guidarono le anime umane quando, dopo la fuoriuscita della Luna, nell’ultimo terzo dell’Epoca Lemurica, queste cominciarono sia a poter tornare sulla Terra sia a incarnarsi nei corpi fisici che contribuirono a rendere sempre meno densi e duri.

Ora torniamo ad altre citazioni dall’opera di Rudolf Steiner, che ci serviranno per proseguire: «Così i grandi capi degli antichi tempi lemurici, nei quali era ancora necessario agire molto più universal-mente, erano animati da Spiriti di Venere. Coloro che nell’Epoca Atlantica dovevano dirigere masse di popolo più piccole erano ani-mati da Arcangeli. Quelli che si chiamano i re-sacerdoti dei tempi

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atlantici sono una maya. …Si può designare ciò che viene indagato e tramandato nelle antiche sedi occulte dell’Atlantide con il nome di “Oracoli”. …Il nome di “Oracoli” si addice assai bene a queste sedi di insegnamento e di governo degli uomini atlantici che porta-vano in sé un Arcangelo. …Dal supremo capo degli Oracoli atlantici furono conservati i sette più eminenti corpi eterici dei sette grandi capi di questi Oracoli. ...L’Iniziato atlantico dell’Oracolo solare non è altri che quello che spesso viene chiamato “Manu”».

Grazie alle ultime parole di Rudolf Steiner, possiamo formulare il giudizio: nel Manu agiva un’Entità del rango delle Archai, giacché: «Dal supremo capo degli Oracoli atlantici furono conservati i sette più eminenti corpi eterici dei sette grandi capi di questi Oracoli …che portavano in sé un Arcangelo». Tenendo conto di tutto ciò che abbiamo considerato, il Manu deve essere designato come un Dhyani-Buddha, ovvero un “uomo solare” nel quale agiva un Arché; i sette grandi capi dell’Atlantide devono essere riconosciuti come Bodhisattva, cioè uomini solari nei quali agivano gli Arcangeli; il Buddha-umano è un uomo solare guidato dall’Angelo fino al mo-mento in cui, nella sua incarnazione finale, raggiunge l’Illuminazione. Ripresentiamo, per questi esseri, nomi, gradi e qualità, una sorta di schema riepilogativo:

Ÿ I Bodhisattva umani sono al lavoro per spiritualizzare completa-

mente il loro corpo astrale in Sé spirituale. La loro esistenza si svolge nella sfera del Buddhi, o Provvidenza, da riconoscere come Mondo sovraspirituale, superiore a quello del Devachan. Qui, essi sono in continua contemplazione del Cristo come fonte della loro saggezza, mentre attraverso le loro azioni spirituali si manifesta lo Spirito Santo. In questo stadio sono ancora aiutati dal loro Angelo e ispirati dall’Arcangelo;

Ÿ I Buddha-umani hanno già spiritualizzato il loro sé con il dive-nire, da Bodhisattva, Buddha. Lavorano sul loro corpo eterico per spiritualizzarlo interamente in Spirito vitale. La loro esistenza si svolge nella sfera del Nirvana, quella propria del Logos-Figlio, ancora più elevata di quella del Buddhi.

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Ÿ I Dhyani-Buddha sono i più elevati, infatti essi già lavorano alla piena maturazione del loro uomo spirituale, o Atma. La sfera in cui si svolge la loro esistenza è quella che Steiner definisce Beatitudine in Dio, la più alta di tutte, quella da cui proviene e opera il principio del Padre.

Quando un uomo solare-bodhisattvico ha completato lo sviluppo

del suo Sé spirituale e diviene Buddha, libera il suo Angelo. Infatti, nella conferenza del 25 ottobre 1909 (O.O. N° 115) leggiamo: «Che cosa succede quando un Bodhisattva attraversa un’incarnazione, come nel caso del Gotama Buddha? Avendo raggiunto un determinato gra-dino, il Bodhisattva ascende al piano successivo, al piano del Nirvana». E ancora in quella del 20 maggio 1913 (O.O. N° 152): «La guida indi-viduale degli uomini sottostà agli Angeli, agli esseri Angelici. Quando un uomo passa da Bodhisattva a Buddha, il suo Angelo diventa, per così dire, libero».

Continueremo il quadro storico con altre notizie del divenire spi-rituale umano, desunte dalla conferenza del 28 agosto 1923 (O.O. N° 227): «Quando percorreva tempi molto remoti dell’evoluzione della Terra – tempi preistorici – l’uomo si trovava anche sulla Terra in compagnia di Entità spirituali, che non dipendevano direttamente dalla Terra stessa, ma dipendevano dal cosmo anche nella loro vita terrestre. Si può dire che i Maestri divini, non maestri terreni, erano a quel tempo a capo dei Misteri e istruivano gli uomini sulla Terra …agivano sugli individui nei loro corpi eterici. Così i Maestri più antichi degli uomini nei Misteri, i Maestri elevati, coloro di cui gli uomini fisicamente incarnati non erano che i servi, erano Maestri eterici divini. …Si mostravano solo nei Misteri, ma ivi si mostra-rono e grazie ai Misteri divennero abitanti della Terra insieme agli uomini. Quelle Entità si ritirarono poi dalla Terra, ritornarono alla Luna, e vivono ora come in una fortezza cosmica, non percepibili per l’esistenza terrestre, all’interno dell’esistenza lunare. Se dunque con-sideriamo l’interno dell’esistenza lunare, dobbiamo vederla come una riunione degli esseri che una volta, nel loro corpo eterico, furono i grandi Maestri degli uomini sulla Terra. …Dopo la morte l’uomo si

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trova realmente in un rapporto con le Entità divino-spirituali che un tempo lo avevano educato e istruito assieme all’intera umanità».

Il giorno dopo, quindi nella conferenza del 29 agosto 1923 (op.cit.), Steiner aggiungeva ancora: «Guardiamo indietro allora appunto a un tempo in cui l’attuale popolazione lunare dava dei Maestri agli uomini terrestri. Poi quella popolazione lunare, con gli ultimi grandi Maestri dell’umanità, si è ritirata nella fortezza lunare del cosmo. Ma, sempre di nuovo nascevano sulla Terra uomini che, nella loro vita karmica, avevano la possibilità di rimanere in interiore relazione con le esperienze della popolazione lunare. Questi esseri, che sempre di nuovo nascevano nel corso dell’evoluzione della Terra, apparivano quindi come messaggeri della grande assemblea della popolazione lunare, apparivano a coloro che nel primo, secondo e terzo periodo di Civiltà Postatlantica avevano popolato la Terra e sviluppato in Oriente una civiltà superiore. Questi Iniziati della Luna venivano chiamati Bodhisattva. Essi erano uomini sulla Terra, ma in loro continuava a vivere direttamente sulla Terra la spiritualità dei grandi Maestri lunari. Succede così che si presentano tempi nell’universo in cui la popola-zione lunare, poiché è più vicina alla popolazione solare di quanto non lo sia quella della Terra, sviluppa rapporti specialmente intimi con la popolazione solare; così per mezzo degli Iniziati lunari, che vengono chiamati Bodhisattva in Oriente, la saggezza solare può arrivare agli uomini della Terra nelle antiche civiltà orientali».

Giacché è necessario raccogliere ancora notizie su questo tema, tor-niamo alla conferenza del giorno precedente, cioè del 28 agosto (op.-cit.): «Sono però rimasti dei successori di quelle Entità, che nella remota Epoca Postiperborea dell’umanità [l’Epoca Lemurica] comparvero di tempo in tempo sulla Terra. In Oriente furono chiamati Bodhisattva. Essi apparivano incarnati in corpi umani, ma erano tuttavia successori delle Entità che si erano trincerate sulla Luna. Così la vita dei Bodhi-sattva si svolge in comune con le Entità che vivono nella fortezza lunare cosmica. Là risiedono le sorgenti della loro forza, le sorgenti dei loro pensieri. …All’Epoca in cui agivano i Bodhisattva, compiuto il tempo, dopo il primo terzo del Quarto Periodo Postatlantico, e cioè nell’anno 1 d.C., penetrò l’azione del Mistero del Golgotha, l’azione del

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Cristo circondata dalla dodecuplice azione dei Bodhisattva; vi viene accennato, ed è proprio vero, con i dodici Apostoli attorno al Cristo».

Ora è necessario continuare con gli estratti di due conferenze, la prima è del 22 marzo 1909 (O.O. N° 107): «E quei Maestri che hanno compreso che il progresso dell’umanità dipende dalla comprensione dell’evento del Golgotha, sono uniti insieme entro la direzione del-l’umanità come “Maestri della saggezza e dell’armonia dei senti-menti”. E come un tempo le lingue di fuoco discesero aleggiando sulla comunità, quasi in un vivo simbolo universale, così quello che il Cristo stesso denominò lo Spirito Santo domina come luce sulla Loggia dei dodici Maestri. Il tredicesimo è la guida della Loggia dei dodici. Lo Spirito Santo è il grande Maestro di quelli che noi chiamiamo i “Maestri della saggezza e dell’armonia dei sentimenti”. Sono essi dunque colo-ro attraverso la cui voce i contenuti di saggezza dello Spirito Santo fluiscono giù sulla Terra per l’umanità, in questa o quella corrente. I contenuti di saggezza, trasmessi dal movimento scientifico spirituale al fine di comprendere il mondo, e dentro il mondo gli Spiriti, flui-scono ad opera dello Spirito Santo entro la Loggia dei dodici; e in sostanza è questo che a poco a poco condurrà l’umanità alla libera autocosciente comprensione del Cristo e dell’evento del Golgotha».

La seconda conferenza è quella del 3 maggio 1909 (op.cit.), nella quale ci vengono date ulteriori notizie su questi Maestri non divini dell’umanità: «Essa [la Scienza dello Spirito] è in grado di asserire che proprio intorno al polo Nord le condizioni della Terra nell’Epoca Lemurica erano affini al massimo a quelle che regnavano sulla Terra quando Sole e Luna vi erano uniti [cioè nell’Epoca Iperborea prece-dente la Lemurica]. Oggi queste condizioni si sono modificate ulte-riormente. Ma, sotto un certo rapporto, vale ancora oggi il fatto che intorno al polo Nord esiste il più forte influsso del centro della Terra sulla sua superficie e che ivi gli influssi del Sole e della Luna sono i più esigui. Quel che a partire dall’Epoca Lemurica si è fatto valere, e cioè il fatto che l’irradiazione da fuori abbia acquistato un così grande influsso, si è verificato al minimo intorno al polo Nord: così che l’azione dell’interno della Terra sulla superficie e su tutto quello che ci vive sopra, è spinta al massimo intorno al polo Nord. Per contro,

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l’influsso del Sole e della Luna esplica la maggiore forza intorno all’Equatore. Era così già all’Epoca Lemurica. Dalla cronaca del-l’Akasha possiamo desumere che, con il distacco del Sole e della Luna, le condizioni sulla Terra si sono totalmente rinnovate. Ne risultò però anche un effetto ben determinato. Ne sorse qualcosa ch’è di importanza fondamentale per tutta l’evoluzione terrestre. Intorno al polo Nord, per il motivo su esposto, era data la minor possibilità all’uomo d’incarnarsi in una forma umana così da trovarci la sua migliore espressione. Perciò nell’antica Epoca Lemurica si raccoglie-vano intorno al polo Nord quegli esseri che, se così posso dire, non pretendevano di scendere del tutto sulla Terra, e a cui piaceva di più rimanere su nelle regioni dove l’aria era impregnata di vapore acqueo. Abbiamo dunque intorno al polo Nord nell’Epoca Lemurica un genere di Spiriti che non si preoccupava troppo dei corpi fisici che bruli-cavano quaggiù, sopra la Terra; un genere che, in sede spirituale, constava per un occhio d’oggi di forme trasparenti e perciò non propriamente visibili, le quali, come tali, erano altamente svilup-pate, ma in rapporto alle loro forme fisiche mostravano un’umanità inferiore. Vivevano in un corpo eterico, erano piuttosto esseri eterici, e stavano in un libero rapporto con i corpi primitivi che si svilup-pavano giù sulla Terra e non avevano ancora alcuna particolare consistenza. …Perciò gli uomini intorno al polo Nord erano allora in sommo grado esseri eterici dotati di corpi eterici altamente svilup-pati [quelli salvaguardati dal Cristo], ma di poco sviluppati corpi fisici; esseri che, per così dire, potevano rappresentare nei loro corpi eterici tutta la saggezza del mondo come per tramite di un’elevata potenza di chiaroveggenza, e che guardavano al firmamento, com-prendendo quali Entità abitassero gli spazi cosmici. …Diversamente stavano le cose nelle regioni equatoriali. Là l’influsso esterno del Sole e della Luna fu sempre più vivo. L’aria fu permeata, riscaldata dai raggi del Sole. Tutti quei fenomeni che si svolgevano nell’atmo-sfera caddero sotto la dipendenza del Sole e della Luna; e la conse-guenza ne fu che in quelle regioni, e precisamente nell’antica Lemu-ria, gli uomini discesero al massimo nei loro corpi fisici, e che ivi i corpi eterici compenetrarono nel modo più profondo i corpi fisici.

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…Di quelle Entità che non scendevano ancora e rimanevano allo stato eterico, un’entità eterica apparteneva sempre a molti quaggiù. Erano anime di gruppo lassù; le anime intorno all’equatore erano assai più individuali, ciascuna era assai più dentro il suo corpo. Gli abitatori dunque di quelle regioni che oggi vediamo intorno al polo Nord stavano essenzialmente, nell’Epoca Lemurica, sotto il segno dell’anima di gruppo. Tutta una schiera di uomini guardava su alla sua anima di gruppo. Se poi consideriamo queste anime di gruppo in quanto anime, esse erano assai più altamente sviluppate che non le anime che nell’Epoca Lemurica entravano nei corpi fisici intorno all’Equatore. Possiamo dunque dire: intorno al polo Nord viveva una popolazione che abbiamo da cercare, come in una specie di paradiso (Shamballa) nelle regioni dell’aria, e che non era ancora scesa sulla Terra. Confrontate ora tutto ciò che appare come una necessaria con-seguenza di quanto già prima abbiamo appreso, con la nozione che quelle elevate Entità che furono un tempo i Maestri dell’umanità sono discese da una fredda regione nordica! Abbiamo ora trovato le anime di gruppo intorno al polo Nord. Volendo diventare Maestri di coloro che erano anime più anguste ed entravano di più nei corpi fisici, dovettero scendere di più anch’esse e presentarsi nei loro corpi eterici alla facoltà chiaroveggente dell’Epoca Lemurica, oppure assumere, mediante un sacrificio, la figura umana fisica della popolazione della Lemuria antica. …In quell’Epoca possiamo distinguere una duplice popolazione: una specie ancora rimasta allo stato spirituale, a cui la corporeità terrestre appariva, in sostanza, solo come un’appendice della sua entità spirituale, e un’altra popolazione già scesa nella mate-rialità, nel fisico. Che cosa sarebbe accaduto se non fosse subentrato alcun cambiamento nell’evoluzione della Terra? Allora, in genere, le migliori anime dei paesi polari non avrebbero potuto discendere in una corporeità fisica. E d’altra parte la popolazione intorno all’equatore sarebbe, per così dire, andata più o meno in rovina. Essendo scesa prematuramente in una corporeità fisica, essa cadde in quei vizi e difetti che hanno condotto alla catastrofe della Lemuria. E la conse-guenza ne fu che la miglior parte della popolazione trasmigrò nelle regioni poste fra l’Equatore e i paesi nordici. Giacché, nell’Epoca

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Lemurica, abbiamo i membri di più sicuro avvenire dell’umanità. Nei paesi intermedi fra l’Equatore e il polo Nord, nel miglior modo si svilupparono i corpi umani che poterono poi diventare portatori delle migliori anime umane in quelle regioni dell’antica Atlantide che si stendevano nella zona oggi detta temperata. …Nei loro discendenti nell’Atlantide il germe dell’Io, dell’autocoscienza, già predisposto sin dall’antica Epoca Lemurica, venne sempre più fuori, si sviluppò sem-pre più sulla Terra. Se gli uomini non fossero in gran parte trasmigrati nell’Atlantide, esso non sarebbe potuto pervenire a una desta evolu-zione dell’Io. Giacché la popolazione dei Lémuri sarebbe a poco a poco caduta in sfacelo, sarebbe soggiaciuta a tutte le passioni, e le mi-gliori anime del Nord non sarebbero, in genere, discese sulla Terra, perché non avrebbero potuto trovare corpi adatti. …Per il fatto che la miglior parte della popolazione Lemurica emigrò verso l’Atlantide, il corpo umano si trasformò in modo da poter diventare nella giusta misura il portatore dell’autocoscienza. … Ci furono degli uomini del tutto normali rispetto alla loro interiorità, i quali non avevano esaltato troppo l’egoismo, né si erano limitati a elaborare il senso dell’Io in una maniera inferiore. In essi la dedizione al mondo esterno e il senti-mento dell’Io si bilanciavano. Tali uomini erano sparsi dappertutto. Erano però quelli con i quali gli Iniziati atlantici poterono far di più. …Gli uomini normali erano dunque i migliori per essere adoperati dagli Iniziati come materiale per l’evoluzione futura, ed erano anche quelli che il grande Iniziato solare, il Manu, raccolse intorno a sé come il popolo più atto per l’evoluzione».

Per ultimo prendiamo una citazione ancora dalla conferenza del 3 maggio 1909 (op.cit.): «Questi uomini eterici erano in certo qual modo anime di gruppo per parecchie corporeità. Le migliori fra queste anime, i futuri Maestri dell’umanità, s’incarnarono nell’incontaminato mondo eterico del Nord. In tempi successivi tali Maestri dell’umanità proseguirono la loro azione sotto le forme di comunità sacerdotali che avevano il loro centro nel Nord della Scandinavia. I Greci vedevano in queste comunità i veri Misteri apollinei. Le popolazioni celtiche del-l’Europa centrale accolsero in un tempo successivo la loro saggezza solare dai Misteri dei Drotti e chiamarono i loro sacerdoti Druidi. I

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Misteri solari del Nord derivano dal periodo che precede il peccato originale; quelli irlandesi, atlantici, dal periodo successivo».

In quanto abbiamo raccolto dai brani di queste ultime conferenze sono comprese, veramente, moltissime notizie meritevoli di un serio approfondimento. In prima istanza ci preme far rilevare che, anche se in forma estremamente sintetica, si è potuto avere una descrizione del divenire dell’umanità nell’Epoca Lemurica che, sotto molteplici aspetti, è stata veramente cruciale per gli avvenimenti e gli effetti che ne sono derivati.

Si è potuto vedere come, sin d’allora, l’umanità si divise in due gruppi con qualità spirituali-animico-corporee polarmente differenzia-te. Il senso di queste scissioni, con quelle che seguirono nell’Epoca Atlantica e Postatlantica, è stato già descritto quando si trattò delle migrazioni dei popoli; vedemmo che l’umanità si divise in due cor-renti principali, all’interno delle quali si svilupparono due modalità iniziatiche: quella macrocosmica, o esteriore, nella corrente del Nord, e quella microcosmica, o interiore, nella corrente del Sud.

I corpi fisici dell’umanità lemurica localizzata nel Nord della Terra, erano guidati da esseri umani spiritualmente avanzati, essi erano sen-titi come anime di gruppo. Fra questi si formarono delle grandi guide che, quando fu necessario, poterono incorporarsi, sacrificalmente, nei corpi fisici degli uomini che vivevano intorno all’equatore.

Sappiamo ora che attraverso questi Maestri umani agirono, al tem-po della Lemuria, degli Spiriti della Personalità o Archai: «Così i grandi capi degli antichi tempi lemurici …erano animati da Spiriti di Venere». Ci viene in più detto che ciò avvenne, similmente, nell’Epoca Atlantica con gli Arcangeli e nell’Epoca Postatlantica con gli Angeli.

Anche perché Steiner l’ha spesso detto, desideriamo ricordare al lettore che, usando queste schematizzazioni, è necessario formarsi rappresentazioni elastiche, dinamiche e, per quanto possibile, non cri-stallizzate; infatti, le modalità incorporatorie e incarnatorie dei Bodhi-sattva sono molto differenziate, e ciò è accaduto perché, nei vari tempi, la qualità e quantità dei corpi fisici necessari, adatti a questo scopo, spesso è stata insufficiente, per cui a volte, in un solo essere umano si sono verificate più presenze divine.

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Oltre questo ci è stato rivelato che le Entità, le quali hanno diretto e ispirato i maestri umani, si sono in seguito ritirate nella “fortezza lunare”, da lì continuando l’azione educatrice dell’umanità per mezzo di uomini adatti a ciò: «Ma sempre di nuovo nascevano sulla Terra uomini che nella loro vita karmica avevano la possibilità di rima-nere in interiore relazione con le esperienze della popolazione lunare. Questi esseri …apparivano quindi come messaggeri …della popola-zione lunare». E affinché non vi siano dubbi sul come e perché questi uomini avessero questa possibilità, Steiner ce ne indica la natura: «Questi inviati della Luna venivano chiamati Bodhisattva», e ancora: «Così la vita dei Bodhisattva si svolge in comune con le Entità che vivono nella fortezza lunare cosmica. Là risiedono le sorgenti della loro forza, le sorgenti dei loro pensieri». Se aggiungiamo le già ci-tate parole di Steiner: «Dopo la morte l’uomo si trova così realmente in un rapporto con le Entità divino-spirituali che un tempo lo avevano educato e istruito assieme all’intera umanità», possiamo considerare un nesso particolare. Questi due ultimi citati richiamano, fra l’altro, il particolare rapporto che si instaurò, dopo la morte, tra l’anima di colui che servì come modello per il personaggio di Strader nei quattro Dram-mi mistero di Steiner (si sa che fu uno scienziato di nome Gideon Piker) e questi Maestri divini dell’umanità. Tale rapporto dovrebbe toccarci con particolare interesse, data l’attualità delle condizioni evo-lutive che lo determinarono, attualità e condizioni nelle quali siamo ora anche più coinvolti, e per le quali dovremmo intraprendere tutte le necessarie azioni di difesa. Tutto ciò è descritto nella conferenza del 18 settembre 1924 (O.O. N° 238) del ciclo sui Nessi karmici.

Come ulteriore nesso, esaminando brevemente la conferenza tenuta dieci giorni dopo, cioè quella dell’“Ultimo discorso”, troveremo quel passo che ora ci si illuminerà di nuova luce: «Consideriamo sotto questo aspetto Raffaello, come egli dopo aver varcato la porta della morte entri nel campo dei mondi stellari, dell’evoluzione spirituale, portando con sé la sua arte già in Terra luminosa di fulgore stellare, e notiamo come Raffaello, entrando nella sfera lunare, entri in rapporto con gli Spiriti che vi dimorano e che sono le individualità spirituali degli antichissimi grandi Maestri dell’umanità, la cui saggezza aveva

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profondamente ispirato Raffaello-Elia; vediamo come egli viva in co-munità con quegli esseri della Luna e con tutte le anime con le quali aveva sperimentato stadi precedenti della Terra; vediamo come egli si congiunga spiritualmente con tutte le origini spirituali della Terra, con tutta la realtà spirituale che sola rese possibile un’umanità e la penetrazione divina nell’elemento terreno; vediamo Raffaello in certo qual modo fra i suoi, congiunto con quelli che egli più amava nella sua esistenza come Elia, poiché erano quelli che all’inizio dell’esistenza terrestre avevano posto una mèta alla vita terrestre stessa».

Grazie a quanto esaminato, ora possiamo formarci delle rappre-sentazioni attendibili». Questi esseri erano, e sono, i suoi Maestri divini, con i quali la vita dei Bodhisattva si svolge in comune nella “fortezza lunare cosmica”, ed è là, in questa comunità, che «risiedono le sorgenti della loro forza, la sorgente dei loro pensieri».

Elia-Giovanni fa parte della Loggia dei dodici Maestri umani, i quali «hanno compreso che il progresso dell’umanità dipende dalla comprensione dell’evento del Golgotha» e per questo: «sono uniti in-sieme entro la Direzione dell’umanità», quella Direzione dell’umanità a cui partecipano tutte le Entità che hanno compreso e accettato il sacrificio del Cristo e il Suo trasferimento dal Sole alla Terra. Quella Direzione spirituale dell’umanità in cui agiscono tutti gli esseri che afferrano l’uomo nell’interiorità – ove sta il Cristo agente secondo il nuovo impulso “dionisiaco” – che vuole metamorfosare in vera libertà cristica quella luciferica, arbitraria ed egoistica. Quella Direzione spi-rituale alla quale appartengono e con cui collaborano i Bodhisattva, che Steiner definisce “Maestri della saggezza e dell’accordo armo-nioso dei sentimenti dell’umanità”; così infatti scrive nella lettera del 2 gennaio 1905 a un socio della Società Teosofica, sul perché Elia si sentisse, nella sfera lunare: «tra i suoi …con quelli che più amava». «Queste entità elevate hanno aperto la via che la rimanente umanità deve ancora percorrere. Esse agiscono ora come i grandi Maestri della saggezza e dell’armonia dei sentimenti umani». Essi sono esseri umani che si sono differenziati dalla “rimanente umanità” per aver convissuto, anche dopo l’Epoca Iperborea (nella quale la Terra ripercorreva, in forma nuova, l’evoluzione dell’antico Sole),

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nella zona “Iperborea” della Terra, cioè al polo Nord, ove l’irradia-zione delle forze fisiche del Sole e della Luna era, ed è, minima, men-tre quella spirituale era, ed è, massima. Essi hanno sempre condiviso l’esistenza, nel Mondo spirituale o sulla Terra, con i loro Maestri Lunari di saggezza. I Bodhisattva, riuniti nella loro Loggia in numero di dodici intorno al “Tredicesimo”, al Logos, sono la realtà superiore che, circa duemila anni fa, si proiettò su quella terrena dei dodici Apostoli intorno al Cristo, ma non mancò di adombrare altre logge dodecuplici nel corso dei secoli dopo il Mistero del Golgotha, e non mancherà di vivificare le attuali possibili comunità umane che, libera-mente, vorranno costituirsi in vista di questo archetipo. «Ogni lavoro superiore viene svolto soltanto riunendosi: la Tavola Rotonda di Artù comprendeva di norma dodici persone». Vengono in mente i dodici personaggi dei Drammi Misteri con al centro Benedetto, e ci risuona-no le parole dell’Ultimo discorso: «Se quattro volte dodici uomini…». Le comunità umane che si costituiscono veramente secondo questo archetipo, si pongono, in umiltà, in ricezione del Principio della Saggezza universale, perché si collegano ai dodici uomini solari. Rileggiamo: «Lo Spirito Santo, lo Spirito pentecostale, agisce come Maestro di quelli che noi chiamiamo i “Maestri della saggezza e dell’armonia dei sentimenti”. Sono essi, dunque, coloro attraverso cui la voce e i contenuti di saggezza dello Spirito Santo fluiscono giù sulla Terra per l’umanità, in questa o quella corrente. I contenuti di saggezza trasmessi dal movimento scientifico-spirituale …fluiscono ad opera dello Spirito Santo entro la Loggia dei dodici; e in sostanza è questo che a poco a poco condurrà l’umanità alla libera autocosciente comprensione del Cristo e dell’evento del Golgotha».

Gli Angeli, Arcangeli e Archai, come servitori dello Spirito Santo, condividono le Sue ispirazioni con la schiera dei Bodhisattva. Queste Entità gerarchiche, ritirate nella loro roccaforte lunare, agiscono nel-l’interiorità umana secondo la qualità dionisiaca-luciferica, e sono, insieme ai Bodhisattva, la fonte di queste ispirazioni. Ciò avviene perché, come ci ha spiegato Steiner, esse sono più vicine agli esseri solari di quanto lo siano gli uomini (anche se già Bodhisattva), e pos-sono, come esseri “lunari”, fare da mediatori per ciò che fluisce dal

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Sole. Se ne può dedurre, quindi, che esistono due correnti spirituali di diversa natura: la lunare-interiore e la solare-esteriore.

I Bodhisattva, fino alla venuta del Cristo sulla Terra, erano colle-gati con la corrente lunare, Jahvetica, nella quale agiva anche Michele. Ma appressandosi e venendo l’ora cosmica del Cristo, come per infi-niti altri processi e fatti, le cose metamorfosarono. Questo è quanto ci dice al proposito Rudolf Steiner nella già citata conferenza del 28 agosto 1923 (O.O. N° 227): «Quando fu trascorso il primo terzo del Quarto Periodo di Civiltà Postatlantica (cioè intorno all’anno 1 d.C.), i tempi furono maturi e al posto dell’azione lunare subentrò l’influsso del Cristo circondato dai dodici Bodhisattva, che si rispecchia nella realtà del Cristo Gesù circondato dai dodici Apostoli». E nella confe-renza del giorno dopo, entrando più in merito, aggiunse ancora del-l’altro: «Ma per il progresso dell’evoluzione terrestre fu poi neces-sario che la civiltà terrestre non venisse aiutata soltanto dagli esseri della Luna. L’intera evoluzione della Terra avrebbe dovuto seguire un corso diverso da quello che gli era destinato dalla saggezza cosmica, se avesse continuato a procedere sempre con l’aiuto dei messi lunari che si presentavano nell’evoluzione terrestre. Per questa ragione ab-biamo il grande importante evento che indichiamo come Mistero del Golgotha. Mentre erano messi lunari, i quali in certo modo portarono alla Terra in antichissimi tempi la saggezza solare, l’Entità che è a capo degli Spiriti solari discese col Mistero del Golgotha sulla Terra, e s’incarnò nell’uomo Gesù. Di conseguenza si presentarono condizioni del tutto diverse nell’evoluzione della Terra. La saggezza della popolazione solare venne portata nell’evoluzione terrestre per im-pulso del Cristo Gesù stesso. Perciò l’ultima evoluzione della Terra deve svolgersi sotto l’impulso del Cristo Gesù. Al tempo del Mistero del Golgotha vi era ancora ovunque sulla Terra tanta saggezza lunare che questa, come gnosi, come Pistis Sofia (poiché questa è l’antica saggezza lunare) poté comprendere il significato del Cristo. ...Era, dunque, ciò che dalla saggezza lunare, dal Logos lunare poteva essere detto al Logos solare, al Cristo che era arrivato sulla Terra. …Ma, a questo non si può rimanere, perché l’evoluzione terrestre deve pro-cedere. Dobbiamo realmente procedere dall’antica saggezza lunare a

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una nuova saggezza solare. Dobbiamo imparare a comprendere diret-tamente la nuova saggezza solare. …Il prossimo gradino, cui la civiltà in generale deve sforzarsi di arrivare, è quello di conseguire l’imma-ginazione, ma vi sono parecchi ostacoli. L’evoluzione potrà pro-gredire per la civiltà umana soltanto se l’umanità accoglierà di nuovo un impulso spirituale. Questo impulso è in relazione con l’ultimo de-stino dell’umanità. In tutti i tempi in cui comparvero i Bodhisattva, in generale essi mai trovarono gli uomini contrari; se anche gli antichi tempi ci appaiono esteriormente spesso terribili, spaventosi, vi fu sem-pre la possibilità per gli uomini di andare incontro con buona volontà agli impulsi del Mondo spirituale. Così i Bodhisattva trovarono una umanità, presso la quale sempre veniva accolto il Logos lunare, ri-flesso del Logos solare. Ma, in quell’antico modo non si potrà mai più parlare all’umanità. Ciò che una volta vi fu deve procedere oltre; non si tratta che l’antica saggezza, l’antico Logos lunare possa terminare, ma deve continuare e deve essere compreso attraverso la parola solare; essa deve essere ritrovata, dopo la perdita dell’antico retaggio della gnosi».

Sì! «In quell’antico modo non si potrà mai più parlare all’uma-nità»; se l’uomo vorrà avviare se stesso al completamento della pro-pria creazione, divenendo “l’essere della libertà e dell’amore”, dovrà imparare ad accogliere ciò che gli porta incontro l’impulso del Cristo: la Saggezza solare. Per questo il Cristo è venuto sulla Terra, per questo in quel tempo, i due più idonei rappresentanti umani delle correnti lunare e solare, i frutti più maturi dei due rami iniziati con Abele e Caino: Giovanni Battista e Lazzaro, sperimentarono questo impulso del Cristo, e ciò rese possibile la loro fusione, la “comunione” nel-l’unico essere Lazzaro-Giovanni. Ma, quello fu, contemporaneamente, una fine e un inizio. Altre imprese spirituali attendevano queste due individualità, e queste furono compiute, si compiono e si compiranno nella fedeltà alla libertà dell’essere umano.

Che in noi si integrino l’antico Logos lunare-jahvetico e il nuovo Logos solare-cristico, dipende dalla capacità che ogni uomo ha, e avrà, di voler comprendere, non più riflessamente, la nuova Saggezza sola-re, la Parola solare: «Non si tratta che l’antica saggezza lunare, l’anti-co Logos lunare possa terminare, ma deve continuare e deve essere

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compreso attraverso la parola solare». I due Logos dovranno inte-grarsi, fondersi in ogni uomo, come la saggezza passiva, celeste, di Abele si unì con la saggezza attiva, terrestre, di Caino; la prima pro-venendo dalle “altezze”, la seconda dalle “profondità”, esse poterono e possono unirsi, in virtù della grazia dispensata dal Cristo agente nelle “ampiezze”, all’“intorno”, “nella cerchia”. In questo “intorno” agirono: al tempo di Palestina e dal livello umano i dodici Apostoli; dal “tempo della durata eterna” e dal livello umano-divino la Loggia dei dodici Bodhisattva. Cerchiamo di immaginare quanti rapporti si sono intessuti tra queste due dodecuplici comunità, una terrestre e l’altra celeste, con il loro comune Centro vivente: il Cristo. Dovremo imparare a sperimentare questi avvenimenti, così complessi, in imma-ginazioni generate nella nostra interiorità, ma non potremo ottenerlo se, prima, non ci saremo educati ad un pensare impersonale, capace quindi di immergersi nel sentire e volere per renderli altrettanto im-personali. Solo così la Parola solare, quella di Michele e dell’Entità Antroposofia, potranno parlare all’uomo che, liberamente, vale a dire con il suo Io cosciente, vorrà accoglierle.

Il Bodhisattva Maitreya, come uomo che precede e affianca costan-temente l’umanità con la sua presenza sulla Terra, è il più diretto messaggero di questa saggezza solare, però noi dobbiamo cercarla, volerla pieni di dedizione e devozione, entusiasmandoci alla luce e al calore della Verità che egli fa fluire in noi, pena la perdita di questa occasione evolutiva, unica per le condizioni in cui ci si presenta in questa vita. A che ciò avvenga, Rudolf Steiner, come suo libero stru-mento, ci esorta e incita a rimanere desti e attivi: «Ma non si può parlare all’umanità con il vero linguaggio solare, se prima l’umanità non muove incontro alla Parola con buona volontà. L’umanità aspet-terà dunque invano l’arrivo di un successore dell’antico Bodhi-sattva; che un Bodhisattva vi sia o non vi sia, dipende dal fatto che l’umanità sappia muovergli incontro con comprensione. …L’uma-nità non troverà l’ascesa a questo elemento universalmente umano, a questo impulso cristico, e perciò non potrà comprendere ciò che un Bodhisattva avrebbe da dirle, se prima non avrà sviluppato di nuovo in sé una sufficiente aspirazione spirituale. … Il problema non [è]

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oggi che gli uomini abbiano da aspettare il Bodhisattva, ma che questi debba aspettare che l’umanità gli muova incontro con compren-sione, prima di poterle parlare con il suo linguaggio; l’umanità è infatti entrata nell’epoca della libertà».

Il Bodhisattva è tra noi, egli vive e opera in mezzo all’umanità, e ogni uomo può avere la ventura di entrare in rapporto con lui, ma dovremo imparare a riconoscerlo, a comprenderlo con forze umane scaturite da noi stessi: «…Se, sul terreno della Scienza dello Spirito, parliamo dei Maestri della saggezza e dell’armonia dei senti-menti, la gente si meraviglierebbe dell’umana semplicità con la quale si presentano appunto tali Maestri della saggezza e dell’armonia dei sentimenti: essi stanno sul piano fisico, ma gli insegnamenti più im-portanti non li comunicano sul piano fisico …bensì sul piano spiri-tuale. E chi vuole ascoltarli per riceverne gli insegnamenti, deve ottenere l’accesso a loro non solo come corpi fisici carnali, bensì come figure spirituali».

I Bodhisattva sono fra gli uomini, a volte parlano tramite particolari uomini (com’è avvenuto per mezzo di Rudolf Steiner); Christian Rosenkreutz e il Bodhisattva Maitreya sono presenti sulla Terra in tutti i secoli, anche nel nostro, e gli antroposofi, come scolari di Michele, dovrebbero avvertirne di più presenze e azioni, almeno nei loro sentimenti. Steiner, parlando direttamente agli uomini prepara-tisi a ciò, poté dire: «Oggi Christian Rosenkreutz è di nuovo incar-nato», e si era nel 1911. Oggi è passato quasi un secolo; quando Christian Rosenkreutz tornerà (e potrebbe già essere così), chi avrà la capacità di riconoscerlo nella sua “semplicità”? Se oggi in un qualsiasi modo venisse a parlarci il Bodhisattva Maitreya, non potrebbe più dirci “mutate mente”, se noi non volessimo ascoltarlo; la prospettiva cristica della libertà umana sta continuamente mutando i rapporti tra le Guide e gli uomini che, sempre più, si individualizzano.

La corrente spirituale che fluisce dalla Loggia dei dodici Bodhisattva è portata agli uomini, in particolare da chi, al centro di loro, fu già “il tredicesimo” e avviò la nuova auto-Iniziazione fondata sulla libertà, ma anche dall’altro essere che, nel sesto secolo a.C., raccolse lo scettro dal Buddha per accompagnare l’umanità, nei successivi 5.000 anni, come

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Bodhisattva Maitreya. Egli, per divenire il Buddha Maitreya, avrà bisogno di incarnarsi in un proprio corpo fisico, e lo dovrà rendere capace di pronunciare, con una laringe umana metamorfosata, la Parola solare. Se riuscirà in ciò, sarà in grado di agire moralmente, in forma diretta, negli uomini che avranno voluto educarsi a questo. Egli sta preparando se stesso, ma ha bisogno di uomini desti che, dopo aver attraversato l’esperienza di Damasco, gli si affianchino e lo aiutino a poter raggiungere questo risultato. Ma, tutto ciò è possibile perché una volta, grazie al Cristo, egli si è unito con la natura cor-porea-animica di Lazzaro; questa fecondazione tra la corrente lunare e la corrente solare, tra ciò che è scorso fra Abele e Caino, è da vedersi come un archetipo che dovrà moltiplicarsi.

Abbiamo cercato, così, di dare un quadro del divenire dei Maestri di saggezza umani e dei Maestri di saggezza divini. In merito a questi ultimi, allo scopo di determinarne l’azione al servizio del-l’impulso cristico, aggiungiamo un’ultima descrizione di Steiner, tratta dalla conferenza del 28 luglio 1923 (O.O. N° 350): «E la grande saggezza antica di cui si parla è in fondo un’eredità degli esseri lunari che oggi vivono nel segreto all’interno della Luna dove si sono ritirati. …Ci si può domandare come mai gli esseri lunari si siano ritirati, come mai agiscano in segreto. Quando erano ancora sulla Terra certamente offrirono agli uomini un’immensa sapienza. Se fos-sero rimasti, avrebbero continuato a farlo, ma per l’umanità non sareb-be mai giunto il tempo della libertà. Presero così la mirabile decisione di ritirarsi dalla Terra, in un luogo chiuso dell’universo dove adem-piere al loro incarico nel cosmo lontani dall’esistenza degli uomini, in modo che questi, senza la loro influenza, potessero ricevere tutti gli im-pulsi dall’universo. Quegli esseri si scelsero una nuova dimora nel-l’universo per rendere gradualmente possibile agli uomini la libertà».

Prima di finire questo capitolo sulla sfera dei Bodhisattva, in me-rito dovremo considerare altre notizie desunte dall’opera di Steiner, cercarne i nessi e sviluppare le considerazioni finali atte a meglio comprendere il meraviglioso tessere della saggia Direzione spirituale dell’umanità. Come introduzione, scegliamo un brano dalla confe-renza del 31 agosto 1909 (O.O. N° 113): «Tutto quanto si svolge

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sulla Terra, o sulle sue precedenti incarnazioni, nasce e perisce; invece quel che viene determinato dallo Zodiaco sopra i limiti di durata di tutta l’esistenza planetaria, supera tutti gli stadi dell’evoluzione della nostra Terra». E ancora: «Quel che viene simbolizzato dai punti fissi dello Zodiaco sta al di sopra del contrasto fra il bene e il male che si svolge sulla nostra Terra. …Le Divinità che vengono simbolizzate dai dodici punti fissi zodiacali, si trovano al di sopra del bene e del male: nella cerchia dei dodici punti fissi viene dunque concepito qualcosa di più alto, di più sublime della sfera in cui esistono il bene e il male. Troviamo lassù il simbolo delle Entità divino-spirituali che, considerate in loro stesse, prescindendo dai loro interventi nella sfera umana, sono estranee alla differenza esistente fra il bene e il male. A un certo punto dell’evoluzione però comincia a muoversi nel tempo ciò che è destinato a diventare la nostra Terra: questo può avvenire solo mediante una specie di divisione in due gruppi delle Divinità extra-temporali di cui abbiamo ora parlato: esse si rag-gruppano in due sfere, una del bene e una del male, e tutto quanto si andrà svolgendo avverrà in un duplice, differente rapporto con quelle Divinità. …Si tratta di questo. Non appena quella parte del Mondo divino che è caratterizzata dalla durata, cioè è estranea al tempo, non appena essa interviene nell’ambito del tempo, essa si scompone in due elementi, uno buono e uno cattivo. Dei dodici punti fissi rimangono allora a disposizione del bene i cinque che si trovano interamente nella sfera del bene e i due che si trovano ai due estremi di quella sfera, cioè sette in tutto. Parliamo perciò dei sette che rimangono superstiti dei dodici originari. Quando vogliamo parlare di ciò che nel tempo è buono, eccellente, degno di guidare, dobbiamo parlare dei sette savi, dei sette Rishi: la realtà conferma allora questa regola. Da questa è nata la concezione che sette segni dello Zodiaco corrispondono al mondo luminoso, al mondo superiore, mentre appartengono al mondo inferiore gli altri cinque, a cominciare dallo Scorpione [seguitando: Sagittario, Capricorno, Acquario, Pesci, mentre i sette ‘buoni‘ vanno dalla Bilancia all’Ariete attraverso Vergine, Leone, Cancro, Gemelli, Toro]. …Il Cristo è venuto per risanare il mondo, in modo che il “sette” possa trasformarsi nel “dodici”, che quello che abbiamo compreso

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come il significato del “sette” possa d’ora innanzi venir compreso nel simbolo del “dodici”. Il numero dodici ci si presenta prima di tutto nei dodici fratelli di Cristo, nei dodici Apostoli. …Ci dobbiamo chiedere: dove possiamo scoprire, di quello che attraversa l’intera evoluzione umana, un aspetto più vero, più essenziale di quel che ci viene offerto dalla conoscenza materiale e dall’intelletto umano? Possiamo chiedere alla Scienza dello Spirito: come si chiama ciò che si scorge nel Mondo spirituale e che si muove per così dire come una corrente spirituale continua, attraverso quelle sette Civiltà? [le sette Civiltà Postatlantiche ad iniziare dalla Paleoindiana]. Proprio la saggezza orientale ha creato un termine per ciò che si estende spiritualmente per tutte le Civiltà; se lo si considera nella sua realtà non si tratta di qualcosa di astratto, ma di qualcosa di concreto, di un essere. …Si può attribuirgli un nome che l’Oriente ha giustamente creato per lui. …L’essere sublime che fu il Maestro dei santi Rishi, il Maestro di Zarathustra e di Ermete, colui che può essere chiamato il grande Maestro …lo si può denominare …la totalità dei Bodhisattva, l’insieme dei Bodhisattva. La concezione cristiana lo designerebbe come lo Spirito Santo».

Siamo ritornati sul tema di questo capitolo dedicato alla sfera dei Bodhisattva, ma da un punto di vista nuovo, che li mette in relazione con i dodici punti fissi dello Zodiaco, divisi in due elementi divino-spirituali che si esprimono nel sette e nel cinque. Vedremo come tutto ciò ci tornerà utile per comprendere i nessi di cui si parlava prima, che andremo a considerare partendo dalla conferenza del 19 dicembre 1910 (O.O. N° 124): «Ora, ci sono due modi essenziali, fondamentali per poter giungere in rapporto con i mondi spirituali sovrasensibili. L’uno è quello che possiamo studiare in maniera particolarmente chia-ra se accenniamo con un paio di tratti …alla figura della grande guida Zarathustra; l’altro modo in cui tali guide possono entrare in rap-porto con i mondi spirituali ci si presenta se evochiamo la singo-larità del grande Buddha. Per la verità queste due guide, Buddha e Zarathustra, in tutto il loro agire si differenziano molto l’uno dal-l’altro. Ci deve essere chiaro che in quel che il Buddha e il buddismo chiamano l’inabissarsi, che sopraggiunse sotto l’albero del Bodhi (e che dunque è un’espressione simbolica di un certo approfondimento

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mistico del Buddha), si offre una via che l’Io umano intraprende nella propria essenza, nella propria natura più profonda. La via che Buddha imboccò in modo tanto straordinario è una discesa dell’Io nelle profondità, negli abissi della propria essenza. ...L’uomo normale conosce il contenuto del proprio Io, e come uomo d’oggi non cono-sce la propria natura e la propria essenza, nella quale entra ogni mattina al risveglio, non conosce corpo astrale, corpo eterico e corpo fisico, poiché nell’istante in cui si sveglia non vede il suo corpo astrale. …Pertanto, quando nella Scienza dello Spirito, parliamo di questo processo, a ragione diciamo: nell’istante in cui la mattina ci svegliamo, entriamo davvero nella parte della nostra essenza. Tutta-via a questa porta sta un guardiano, il Piccolo Guardiano della Soglia. …Pertanto la via mistica è l’ingresso nella propria essenza umana attraverso la porta aperta appena indicata, passando davanti al Piccolo Guardiano della Soglia. Quel che in relazione al grande Buddha viene denominato simbolicamente come lo stare seduto sotto l’albero del Bodhi, non è altro che la discesa nella propria essenza interiore, attraverso la porta che di solito ci è preclusa. …Questa è una via, la via mistica, l’attraversamento della propria essenza fino al punto in cui viene superato il confine oltre il quale è possibile raggiungere il Mondo spirituale. Su questa via una parte delle guide dell’umanità consegue quel che simili individualità devono avere per poter offrire impulsi alla evoluzione umana. Le personalità come per esempio l’originario Zarathustra conseguono la possibilità di diventare guide dell’umanità con un cammino del tutto diverso. Se ancora una volta richiamiamo alla mente quel che dissi del Buddha, ci sarà chiaro che egli doveva essersi elevato di gradino in gradino, già nelle incarna-zioni precedenti, nelle quali era giunto fino al livello di Bodhi-sattva. Attraverso l’Illuminazione (sedendo sotto l’albero del Bodhi), che deve essere pensata così come l’ho presentata, una personalità che si è elevata a poco a poco, grazie ai progressi della sua individualità, giunge a vedere nei mondi spirituali. Se l’umanità fosse stata dipen-dente sempre solo da tali guide, non sarebbe stato possibile farla pro-gredire così come è progredita. Ci furono anche guide diverse e di quest’altro genere fu Zarathustra. Non sto parlando dell’individualità

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di Zarathustra, ma della personalità dell’originario Zarathustra, l’an-nunciatore dell’Ahura Mazdao. Se studiamo una tale personalità nel luogo in cui viene incontro nel mondo, anzitutto non troviamo in essa alcuna individualità innalzatasi in modo speciale grazie ai propri progressi; abbiamo invece una personalità che viene prescelta per es-sere il portatore, l’involucro di un’Entità, di un’individualità spirituale che non può incarnarsi nel mondo, che può solo mandare la sua luce in un involucro umano e agire al suo interno. La personalità dell’origi-nario Zarathustra non fu di quelle elevatesi da sé a un livello tanto alto come il Buddha, ma fu piuttosto prescelta affinché un’individualità superiore vi prendesse per così dire posto, la compenetrasse del proprio essere, di Spirito. …In tutti i grandi ideatori di concezioni del mondo nell’intera area del mar Caspio attraverso le nostre contrade e fino alle regioni dell’Europa occidentale, troviamo espresso che simili persona-lità vengono compenetrate da una Entità spirituale per diventare guide dell’umanità, senza che si siano elevate mediante un’evoluzione perso-nale. Questa è l’altra via con la quale si formano guide dell’umanità.

Con ciò abbiamo caratterizzato in un senso più profondo quel che spesso abbiamo considerato: le due grandi correnti di Civiltà dell’Epoca Postatlantica. …La corrente settentrionale aveva guide quali ho de-scritto ora in Zarathustra, quella meridionale invece ne aveva quali appaiono nella più alta rappresentazione nel grande Buddha. …Il Cristo, una Entità divino-spirituale, discende sulla Terra in un’entità umana, come Entità divino-spirituali sono discese in tutte le guide e ideatori settentrionali di concezioni del mondo, soprattutto in Zarathu-stra. È lo stesso processo, ma portato al suo massimo grado: il Cristo discende in una entità umana, ma non nella sua infanzia, bensì nel trentesimo anno di vita, e la personalità di Gesù di Nazareth viene pre-parata a ciò in modo speciale. Entrambi i misteri delle guide devono esserci rappresentati in sintesi, in unione, in armonia l’uno con l’altro. …Il Cristo fa entrambe le esperienze, mentre le precedenti guide del-l’umanità ne avevano sempre fatta solo una. Egli fonde le due vie nel Mondo spirituale. Con ciò ho voluto presentare ancora una volta …come si debba comprendere il processo evolutivo dell’umanità e l’intervento di individualità che si elevano al di sopra dell’evoluzione

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del Bodhisattva, fino a quello di Buddha; e come si debba compren-dere l’evoluzione di coloro nei quali non si considera quel che sono come esseri umani, bensì quel che scende dall’alto».

Ecco che ci è stato spiegato qualcosa che non avevamo ancora voluto introdurre finora: anche le più elevate guide dell’umanità, i Bodhisattva, sono da considerare come “divisi” in due gruppi di appartenenza secondo le due correnti migratorie postatlantiche cui appartengono e in cui operano. Ciò che più conta, in questa diffe-renziazione, sono le due vie di accesso al Mondo divino-spirituale. Nella via mistica «una parte delle guide dell’umanità consegue quel che simili individualità devono avere per poter offrire impulsi all’evo-luzione umana», ossia è l’individualità umana che, attraverso varie in-corporazioni, si conquista alla fine, incarnandosi, ciò che offrirà come frutto maturo a tutti gli uomini, perché nel tempo se ne approprino. Nell’altra via, quella che fa penetrare l’anima di una personalità nei misteri del macrocosmo, ci viene spiegato che «…se studiamo una tale personalità …non troviamo in essa alcuna individualità innalzatasi in modo speciale grazie ai propri progressi; abbiamo invece una persona-lità che viene prescelta per essere il portatore, l’involucro di un’Entità, di un’individualità spirituale che non può incarnarsi nel mondo».

Prima di tutto volgiamo l’attenzione all’uso attentissimo dei con-cetti di “personalità” e di “individualità”, a come con essi Steiner dif-ferenzi le due figure del Buddha e di Zarathustra. Nel primo, ciò che conta è proprio quello che l’individualità si è voluta conquistare ela-borando i suoi corpi inferiori in ripetute incorporazioni; nel secondo, acquista significato la personalità, ed è questa che viene “prescelta” per fare da involucro ad un’Entità divino-spirituale. Importante è la personalità ritenuta adatta per quella singola incorporazione divina, non è necessario che questa personalità «si sia elevata mediante una evoluzione personale». Viene spontaneo pensare, ricordando tanti nessi, che la prima via esemplarizzata dal Buddha ha una qualità prometeica-dionisiaca-luciferica, collegata all’incontro con il Piccolo Guardiano della Soglia, mentre la seconda, caratterizzata da Zarathustra, ha un carattere apollineo-cristico che, viceversa, è collegata all’esperienza con il Grande Guardiano della Soglia, in altre parole al Cristo stesso.

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Ma ciò che più desta interesse, in queste due modalità di azione, nel caso del Buddha è il carattere di “attività” necessario a modificare in se stesso quanto viene dalle Volontà creatrici, nel caso di Zarathustra è il carattere di “passività ricettiva” per quello che viene dato dalle Divinità. Sono due atteggiamenti di fronte alla volontà divina, che richiamano quelli archetipici di Caino nel Buddha e di Abele in Zara-thustra. Leggiamo alcune descrizioni, relative a questo tema, prese dalla conferenza del 29 maggio 1905 (O.O. N° 93): «Del tutto nel senso della leggenda [la leggenda del Tempio] dobbiamo pensare che fino all’apparizione del Cristo Gesù sulla Terra vi erano due correnti. Una costruì il Tempio, diede forma alle azioni umane, affinché più tardi potesse venir accolta la parola di Dio che sarebbe discesa sulla Terra attraverso il Cristo Gesù. …Accanto a questa doveva svilupparsi nel corso del tempo la sfera divina stessa come una specie di seconda corrente parallela. Per questo si distinguono i figli degli uomini, la stirpe di Caino, che dovevano preparare la sfera mondana, dai figli di Dio, i figli di Abele-Set, che curavano la sfera divina, fino a quando le due correnti si sarebbero unite. Il Cristo Gesù riunì le due correnti.

Leggiamo ancora dalla conferenza del 2 dicembre 1904 (op.cit.): «Questa è l’inimicizia primigenia fra coloro il cui essere è una sorta di dono divino e coloro che si sono conquistati tutto da soli. Abele offriva a Jehova animali, Caino invece i frutti della Terra. …Abele prende ciò che già vive, in cui vi è già la vita. La stirpe di Caino crea, per così dire, il vivente dal non vivente. …Vediamo così come in Caino e in Abele vengano caratterizzate due specie umane: l’una accetta quel che Dio le ha preparato, l’altra – l’umanità libera – coltiva la Terra e si affatica per ottenere il vivente dal non vivente».

Si potrebbe dire: i Bodhisattva, che operano come il Buddha, parte-cipano alla corrente dei “figli degli uomini”, di quelli che vogliono liberarsi, mentre quelli che agiscono come Zarathustra partecipano alla corrente dei figli di Dio, cioè di quelli il cui essere è un dono divino. Con loro, anche la Direzione divina dell’umanità è in qualche modo “coinvolta” in questa differenziazione, e se il Cristo è intervenuto per avviare il risanamento di questa differenza, allora l’origine di essa è da ricercarsi non solo nel microcosmo, ma anche nel macrocosmo.

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Partiamo dalle notizie già considerate: i Bodhisattva, con il Cristo al centro, sono “dodici e non più di dodici”; questa realtà spirituale si rispecchiò nell’agire del Cristo Gesù circondato dai dodici Apostoli; in queste “comunità” si può riconoscere un riflesso del Sole e delle dodici forze zodiacali. Sappiamo che queste dodici direzioni spiri-tuali sono da dividere, per una giusta comprensione, in due gruppi: uno di sette e uno di cinque, e che nei sette segni cosiddetti “diurni” è da vedere l’azione del passato, mentre nei cinque cosiddetti “nottur-ni” è da considerare il presente e il futuro. Anche nei dodici Apostoli questa suddivisione è evidenziata dal fatto che essi furono la reincar-nazione di due gruppi umani, e Steiner ci aiuta a riconoscerli, alla fine del Vecchio Testamento (Macc. 1-2), come i sette fratelli Maccabei e i cinque discendenti di Mattatia. Si possono ricordare, fra le notizie già considerate, la comunità dei sette più cinque intorno all’iniziando giovinetto Christian Rosenkreutz, e la suddivisione dei segni zodiacali in “sette pani e cinque pesci” nei Vangeli, particolarmente legata alla figura di Giovanni Battista. Ma Giovanni Battista è da riconoscersi come il Bodhisattva Maitreya! Quindi, a questo punto sorgono i que-siti: a quale dei due gruppi, rappresentati da Buddha e da Zarathustra, deve essere assimilato? Da quale direzione zodiacale riceve le sue forze? Vediamo come Steiner risponde nella conferenza del 6 dicem-bre 1910 (O.O. N° 124): «Da precedenti argomentazioni sappiamo che l’uomo può accedere all’Iniziazione o discendendo nell’interiorità della propria anima, o venendo ridestato per uscirne, per liberarsi dal corpo ed effondersi con le forze animiche nel macrocosmo. …Se si voleva riversare la propria anima nel macrocosmo, i dodici livelli che vi si dovevano attraversare mentre la propria forza animica af-fluiva verso determinati punti e determinate direzioni di quello, era contrassegnato dai dodici segni dello Zodiaco. …A questo scopo lo sguardo doveva però diventare indipendente dalla materia, ossia nei rituali misterici che negli Iniziati per grazia dall’alto, come Giovanni Battista, ci si preoccupava di volgere lo sguardo in questione a una costellazione, ma così che si avesse la Terra tra sé e la costellazione relativa. Ciò significa che di notte si doveva volgere lo sguardo alla costellazione attraverso la Terra. Se si guarda una costellazione con

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gli occhi fisici si vede la costellazione fisica. Se però si riesce a guardare attraverso la materia terrestre, dove la costellazione fisica è coperta da essa, allora non si vede l’elemento fisico, bensì lo spirituale, ossia i misteri che la costellazione esprime. Lo sguardo di Giovanni Battista era stato esercitato a guardare, nella notte, la costellazione dell’Acquario attraverso la materia terrestre. Pertanto quando l’Angelo prese possesso della sua anima, egli ebbe la cosiddetta Iniziazione dell’Acquario. Così poteva mettere a disposizione dell’Angelo, con ciò che sapeva e che sentiva, tutte le facoltà. …Se di giorno seguiamo l’avanzare della direzione del Sole dalla costellazione dell’Ariete attra-verso il Toro, i Gemelli e così via fino alla Vergine, di notte dovremo seguire il suo progredire dalla Bilancia, attraverso l’Acquario fino alla costellazione dei Pesci, questo è il percorso fino al Sole spiri-tuale. Giovanni aveva accolto l’Iniziazione dell’Acquario. …Di con-seguenza Giovanni Battista diceva ai suoi discepoli intimi: mediante l’Iniziazione dell’Acquario posso mettere a disposizione del mio An-gelo (con ciò indicando una situazione del tutto paragonabile a quelle descritte da Steiner per i Bodhisattva) solo le forze che gli permet-tano di annunciare che verrà il Signore, il Kyrios; tuttavia verrà Uno che possiede le forze simbolizzate dall’Iniziazione della costellazione dei Pesci. Quello accoglierà il Cristo. Con ciò Giovanni Battista allu-deva a Gesù di Nazareth. Per questo motivo le antiche tradizioni attribuivano al Cristo Gesù il simbolo dei Pesci».

Alla prima delle due domande precedenti, in pratica già ha risposto Steiner dicendo: «…Negli Iniziati per grazia dall’alto, come Giovanni Battista». Infatti qui è già espresso il carattere di “dono” che carat-terizzava l’Iniziazione di tipo zarathustrico, in più ne indica anche la qualità abelita con le parole: «Così poteva mettere a disposizione del-l’Angelo, con ciò che sapeva e che sentiva, tutte le facoltà»; più avanti ci fa risentire ciò che il Battista rivolgeva ai suoi discepoli più intimi: «Posso mettere a disposizione del mio Angelo solo le forze che gli permettano di annunciare che verrà il Signore, il Kyrios…». In queste parole appare proprio il gesto dell’offerta sacrificale di ciò che si è ricevuto in dono, dono sul quale, per servire lo Spirito divino, si è rinunciato a intervenire umanamente. Che poi Zarathustra appartenga

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allo stesso “gruppo” di Giovanni Battista, è anche indicato nella frase successiva di Steiner: «Tuttavia verrà Uno che possiede le forze simbolizzate dall’Iniziazione della costellazione dei Pesci. Quello accoglierà il Cristo. Con ciò Giovanni Battista alludeva a Gesù di Nazareth», vale a dire all’Io di Zarathustra. Questi come Gesù Salo-monico (il Gesù di stirpe regale, discendente del re Salomone), deve essere considerato un vero Iniziato abelita, in cui la saggezza sussiste come dono divino, non conquistata con forze umane di tipo cainita. Gesù-Zarathustra fu iniziato direttamente dal Manu divino nel Tempio del Sole, e come portatore delle forze della costellazione dei Pesci deve essere considerato, dopo Giovanni, il più grande fra i “Pescatori” aiutatori del Cristo. Vista la sua missione come “Fratel Gesù”, quale primo Maestro del Cristianesimo, forse lo si può considerare come “l’occulto” custode umano del Graal, quel “Re pescatore” puro e in-vitto dal male che, adombrato nella saga con il nome di Titurel, può finalmente affidare il Graal nelle mani di Parsifal, il quale, come futuro Manu umano, ne diviene suo nuovo, degno custode.

Nel brano di conferenza prima letto, c’erano indicazioni per com-prendere il carattere “notturno” o “diurno” delle costellazioni zodiaca-li; con la prossima citazione potremo meglio conoscerne i particolari: «Vi sono dodici modi diversi di essere Iniziati ai sacri Misteri solari. …Per capirne qualcosa, pensiamo che dal lato illuminato dello Zodia-co stanno: Ariete, Toro, Gemelli, Cancro, Leone, Vergine e Bilancia. Vengono poi le costellazioni che stanno dal lato invernale o notturno dello Zodiaco: Scorpione, Sagittario, Capricorno, Acquario e Pesci. Acquario e Pesci sono nel lato invernale o notturno dello Zodiaco. …Dobbiamo tracciare l’arco diurno o estivo del Sole, nel quale esso si sposta dal Toro all’Ariete e così via, e l’arco notturno o invernale, tra-mite il quale possiamo denominare i Misteri dell’Iniziazione dell’Ac-quario e dei Pesci. Fisicamente si va da Vergine a Leone, Cancro, Gemelli, Toro, Ariete; spiritualmente da Vergine a Bilancia, Scor-pione, Sagittario, Capricorno, Acquario e Pesci. La controimmagine spirituale del percorso solare fisico [dal Toro all’Ariete] si sposta dall’Acquario ai Pesci. Per questo Giovanni poteva dire: “Egli deve crescere e io devo diminuire. Potete avere un’immagine della mia

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missione dal Sole che passa dalla costellazione dell’Acquario a quella dei Pesci”. …Il profeta Isaia sapeva che quando il Sole passa nei Pesci accade qualcos’altro. Lo spostamento del Sole nei Pesci annuncia uomini ed Entità in relazione con l’Iniziazione dei Pesci».

I nostri tempi sono quelli della missione di Giovanni, che continua a esplicarsi in forza della sua qualità più saliente: indica sempre, al-l’umanità più avanzata, in quale direzione l’imprevedibile “vento dello Spirito” sta spirando e chiede di essere seguito. Ciò spinge le anime umane a periodiche metamorfosi, senza le quali sprofonderebbero sempre più nelle abitudini esistenziali, soprattutto quelle del rapporto con lo Spirito, Spirito che per sua natura, e per consentire la libertà all’essere umano, è in continuo, creativo cambiamento. L’anima uma-na è formidabilmente soggetta alle proprie abitudini, e la “nostalgia” del passato, come suggestione luciferica, si fa tanto più forte quanto più, invece, il tempo dello Spirito (o lo Spirito del tempo) chiede mu-tazione, “conversione”. Anche le cose umane più sacre con il tempo devono mutare, per adeguarsi sempre meglio all’Idea creante, pena il loro svuotamento e conseguente stravolgimento da parte degli Osta-colatori. Il male, insegna Rudolf Steiner, è un bene perseguito al di fuori del suo giusto tempo, in un tempo dislocato e perciò sbagliato, perché in quest’ultimo del bene iniziale è rimasto, ormai, solo il gu-scio esterno, svuotato delle sue forze divine, che vengono sostituite da altre non giuste, capaci di pervertire il sorpassato compito. Se l’uomo, per mancanza di coraggio, di libertà, di amore della conoscenza, si at-tarda nelle sorpassate abitudini di pensieri, sentimenti e azioni, o ancor peggio decide di rimanervi pervicacemente incatenato, allora vien meno al suo ideale evolutivo, che ha la sua chiave nella continua liberazione, in cui non è previsto un livello finale. Livello che, come tale, diver-rebbe la fine di ogni libertà. L’ideale dell’uomo è completare la sua creazione, perciò far ‘morire’ e ‘rinascere’ continuamente il suo essere in senso superiore. Se si sottrae a quest’ideale cristico, si perde!

Anche oggi dunque la parola di Giovanni, del Bodhisattva Maitreya, attraverso l’uomo che lui stesso sceglie, ci deve risuonare con un con-tenuto familiare: «In verità, siamo in una condizione tale che il monito di Giovanni Battista “Cambiate la disposizione dell’anima!” rimane

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valido anche per la nostra Epoca. Ciò va bene sottolineato. Se da un lato ci è data la possibilità di finire nella palude materialistica, dal-l’altro ci è data la possibilità di ottenere, grazie al Sole che in prima-vera raggiunge un determinato punto della costellazione dei Pesci, ciò che in un certo qual modo è una chiaroveggenza eterica. Anche per un’ascesa spirituale ci sono segni nel cosmo, che ci indicano come le forze provengano dal cosmo stesso. Bisogna che l’uomo comprenda la scelta di fronte alla quale si trova penetrando nella Scienza dello Spi-rito. Infatti solo chi comprenderà questa scelta potrà ben comprendere la Scienza dello Spirito».

Avevamo già incontrato questa citazione di Steiner nel primo capi-tolo, ma qui acquista un ben altro rilievo. Giovanni è divenuto un por-tatore di “doni spirituali” agli uomini che si raccolgono in comunità cercando lo Spirito, lo fece già per gli Apostoli, dopo la sua morte, alla distribuzione dei “pani e dei pesci” ai 5.000, e da allora continuò a dispensarne. Altrettanto è chiamato a farlo oggi con il Sole che irradia di nuovo dalla direzione cosmica dei Pesci, elargendo ciò che «…in certo qual modo è una chiaroveggenza eterica». Ma la sua missione non finisce qui; se davvero egli è il Bodhisattva Maitreya, allora deve continuare a evolversi come Maestro per divenire Buddha Maitreya, deve riempire, con le sue incorporazioni, 5.000 anni di presenza sulla Terra, per giungere alla sua prima e ultima incarnazione nel Sesto Periodo di Civiltà. Prendiamone la conferma dalla conferenza del 22 maggio 1905 (O.O. N° 93): «Abbiamo parlato dei Periodi di Civiltà dal Primo al Quarto. Il Sole si sposta di nuovo nel cielo, e ora, trovan-doci noi in un punto critico, entriamo nel segno dei Pesci. Verrà poi un tempo, il Sesto Periodo, in cui gli uomini saranno interiormente tanto purificati da essere loro stessi un Tempio per il divino, e allora il Sole entrerà nel segno dell’Acquario. Il Sole, che in effetti è soltanto la mani-festazione esteriore della nostra vita spirituale, percorre in questo mo-do la volta celeste. Soltanto quando all’inizio della primavera sorgerà in Acquario, il Sole verrà compreso nella sua piena chiarezza. Così si svolgeva la Messa Grande dalla quale erano tenuti lontano i non Ini-ziati [nella Messa dei Templari, che si possono definire anche Cristiani giovanniti]. A quelli che erano rimasti, si diceva che il Cristianesimo,

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cominciato come un seme, avrebbe portato in avvenire frutti del tutto diversi, e che con l’Acquario era inteso Giovanni che, come un granello di senape, diffondeva il seme del Cristianesimo. Acquario significa anche Giovanni che battezzava con l’acqua per preparare gli uomini affinché potessero ricevere il battesimo di fuoco del Cristo. Che sareb-be venuto un “Giovanni-Acquario” che avrebbe reso vero l’antico Giovanni e annunziato un Cristo che avrebbe rinnovato il Tempio, quando fosse giunto il grande momento in cui il Cristo avrebbe parlato di nuovo agli uomini, veniva insegnato nel profondo dei Misteri del Tempio, affinché in avvenire si comprendesse quel grande momento».

Abbiamo acquisito il necessario per rispondere al secondo quesito che ci eravamo posti, ossia qual è la costellazione da cui Giovanni Bat-tista prende le sue forze, e abbiamo visto che è quella dell’Acquario. Ci è stato anche profeticamente prospettato che, quando il Sole comincerà a nascere in primavera con alle spalle tale costellazione, “Giovanni-Ac-quario” completerà la sua missione. Ciò è in perfetto accordo con l’altra conoscenza profetica: nello stesso Periodo, ossia nel Sesto Periodo Postatlantico, il Bodhisattva Maitreya diverrà il Buddha Maitreya.

Per rispondere ancora in merito al primo quesito, con il quale ci si chiedeva in quale delle due correnti (manifestate esemplarmente da Zarathustra e dal Buddha) si possa riconoscere l’opera del Bodhisattva Maitreya-Giovanni, la nostra fonte questa volta è la conferenza del 4 settembre 1910 (O.O. N° 123): «Quel massimo evento dell’evoluzio-ne umana [la discesa del Cristo sulla Terra] fu preparato dalla corrente zarathustriana. …Vi fu però anche un’altra preparazione, affidata a una corrente collaterale, ma connessa con la grande corrente princi-pale proveniente da Zarathustra. Questa corrente secondaria andò pre-parandosi in sedi indicateci dalla storiografia esteriore come quelle di certe sètte che seguivano una particolare disciplina spirituale: così quella dei Terapeuti di cui scrive Filone. …Oltre che fra i Terapeuti, la corrente preparatoria collaterale di cui stiamo parlando operava anche in una ramificazione di quella setta, cioè fra gli Esseni, dimo-ranti in Asia. I membri di tali sètte (delle quali si può trovare un cenno nel mio libro Il Cristianesimo come fatto mistico) erano sottoposti a una Direzione spirituale unitaria. Per conoscere sul piano exoterico

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tale direzione, è utile ricordare quanto ebbi occasione di spiegare nelle conferenze sul Vangelo di Luca. Si tratta del mistero del Buddha, qua-le è trattato anche exotericamente negli scritti orientali, e precisamente del fatto che chi ha da diventare un Buddha, deve prima essere un Bodhisattva. …Nella elevazione del figlio del re Suddodana da Bodhi-sattva a Buddha dobbiamo scorgere la conclusione di una antica linea evolutiva: di quella stessa che si era manifestata anche nei santi Rishi indiani e che arrivò al suo termine appunto quando quel Bodhisattva divenne Buddha. …Da quel momento esisteva dunque un successore del Bodhisattva che allora divenne Buddha. Il nuovo Bodhisattva aveva una missione particolare, nell’ambito della missione dell’uma-nità: quella di guidare spiritualmente il movimento che si espresse nelle istituzioni dei Terapeuti e degli Esseni. Dobbiamo quindi ri-conoscere nel Bodhisattva che succedette al Buddha la guida spiri-tuale di quelle comunità: in esse si esercitava il suo influsso. Durante il regno di Alessandro Janneo (circa fra il 125 e il 77 prima di Cristo) questo Bodhisattva inviò, per così dire, come guida agli Esseni un’in-dividualità particolare. Essa fu a capo della comunità essena circa un secolo prima dell’inizio della nostra èra. …Tale personalità è ben nota all’occultismo come una specie di precursore del Cristianesimo fra gli Esseni; d’altra parte, nella letteratura talmudica essa figura col nome di Gesù figlio di Pandira: Jeshu ben Pandira. ...I fatti sono perfettamen-te chiari. La corrente spirituale che dipende dal successore del Gotama Buddha, [cioè l’attuale Bodhisattva, che diventerà il Maitreya Buddha, e che aveva inviato il suo messaggero presso gli Esseni] va conside-rata come una corrente preparatoria collaterale del Cristianesimo».

Quindi, è inequivocabile che il Bodhisattva Maitreya operò nella corrente del Buddha con una missione particolare; questa consi-steva nell’ammaestrare comunità ricercanti vie allo Spirito secondo discipline interiori, mistiche. Egli aveva il compito di annunciare la conoscenza della prossima incarnazione del Cristo in Gesù, per questo era portatore di un profondo sapere riguardante l’azione della Dire-zione spirituale dell’umanità che, per mezzo di Zarathustra e della sua corrente centrale, doveva preparare l’involucro terrestre per il Logos. Fu il Bodhisattva Maitreya che, infatti, ispirò tali misteri a Jeshu ben

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Pandira, quest’ultimo poi li fece fluire nel libro che divenne il Van-gelo di Matteo. Si è accennato alla Direzione spirituale dell’umanità poiché in essa agisce anche il Manu divino; abbiamo già conosciuto che, nel Periodo Paleopersiano, egli fu l’iniziatore di Zarathustra e, nell’antico Periodo Paleoindiano, dei santi Rishi. Alla morte di Zara-thustra, il suo corpo astrale e quello eterico furono conservati nella Loggia solare; più tardi questi due corpi furono assunti rispettiva-mente: da Ermete, che fu il fondatore della Civiltà Egizia; da Mosè che fu, dopo Abramo, il più grande aiutatore della missione del popolo ebraico. Abramo stesso aveva ricevuto un’Iniziazione molto speciale da Melchisedec, re dell’antica Salem, e sappiamo da Steiner che in questo altissimo sacerdote dobbiamo riconoscere il Manu divino. La sua azione continua quando, durante la deportazione a Babilonia, il popolo ebraico si collega all’insegnamento di Zoroastro, cioè all’an-tico Zarathustra, affinché si rifaccia nuova sintesi di ciò che si era diviso in Ermete e Mosè. Ora giungiamo alla nascita dei due bambini Gesù, quando le correnti di Zarathustra e del Buddha agiscono, così mirabilmente, nel Gesù salomonico e nel Gesù natanico, e quando, con-temporaneamente, nasce anche Giovanni Battista per compiere la sua missione. Chi sarà in grado, dopo circa trent’anni, di riconoscere colui che dovrà divenire il vero Cristoforo? Chi riconoscerà “l’Agnello del Signore”? Chi riconoscerà la natura umana in cui si erano fusi l’anima natanica e l’Io di Zarathustra? La riconoscerà colui che dirige “la cor-rente spirituale che dipende dal successore del Gotama Buddha”, cioè il Bodhisattva Maitreya, Giovanni Battista, perché è lui il Maestro che ha seminato queste conoscenze. Egli, che appartiene a quella genìa di uomini solari diretta dal Manu divino, con i quali, compresa l’anima natanica, ha partecipato al più grande degli eventi, il mistero dei fatti di Palestina. Se consideriamo l’altra corrente, quella del Buddha, Steiner ha detto che in questa «dobbiamo scorgere la conclusione di un’antica linea evolutiva: di quella stessa che si era manifestata anche nei santi Rishi indiani e che arrivò al suo termine appunto quando quel Bodhi-sattva divenne Buddha». Ma la “linea evolutiva” dei Rishi era sotto la totale direzione del Manu divino, ed è assolutamente pensabile che “la missione particolare” del nuovo Bodhisattva sia stata ispirata ugual-

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mente dal Manu, il quale, lo ricordiamo, ha la Direzione spirituale del-l’umanità per tutta la Quinta Epoca di evoluzione della Terra. Ecco come ritornarono a confluire le due correnti, di Zarathustra e del Buddha (e del Bodhisattva Maitreya), in vista dell’avvento del Cristo. Nell’anima, quando si apre a scenari così grandiosi, sorge un profondo sentimento di venerazione, anche se si avverte una sorta d’inadegua-tezza a comprenderli, e ancor più a esprimerli.

La difficoltà di comprensione della sfera e dell’agire dei Bodhisattva è uno scoglio contro cui ci si infrange molte volte, prima di poter go-dere di una certa qual comprensione. Questa, tuttavia, non può, molto più che in altre occasioni, avere un’inquadratura definitiva, tipo “organi-gramma”. Le cose sono variabilissime, in funzione dei compiti tempo-rali e degli uomini (bodhisattvici) disponibili. C’è sempre da considera-re che con i nomi Dhyani-Buddha, Bodhisattva e Buddha in primo luo-go si designano Archai, Arcangeli, Angeli, ovvero figli di Venere, Mer-curio, Luna. Il Bodhisattva (Arcangelo) s’incorpora per 5.000 anni in un’entità umana (che frattanto è designato, anche lui, Bodhisattva, aven-dolo in sé per portarlo al grado di sviluppo angelico di Buddha-umano. Quando diventerà Buddha-umano, “libererà” il suo Angelo custode, giac-ché avrà maturato pienamente il suo Sé spirituale, iniziando quella del suo Spirito vitale. Ciò non toglie che, durante il suo tirocinio di 5.000 anni, quest’uomo sia appellato col nome del suo Arcangelo (Bodhisattva), mentre in lui ancora agisce il suo Angelo. Le cose si complicano a tal punto,da farci “piegare le sinapsi”, se mi si passa il gioco di parole.

Terminiamo con le seguenti considerazioni: le correnti di Zarathu-stra e Buddha-Giovanni trovarono la loro prima riunione fondendosi, dal dodicesimo al trentesimo anno, nel Gesù natanico, poi, nei succes-sivi tre anni e tre mesi, raggiunsero una sintesi superiore per mezzo dell’azione diretta del Cristo incarnatosi. Ma, un’altra sintesi, in quei tempi, fu resa possibile, quella fra Lazzaro e Giovanni Battista. In entrambe s’ha da vedere l’avvenuta riunione di ciò che, archetipica-mente rappresentato dalla lotta fra Caino e Abele, si era scisso nell’es-sere umano. La prima riunione si realizzò in forma perfetta, come frutto finale dell’azione divina, la seconda si effettuò come germe iniziale dell’azione libera di un essere umano, teso a farsi Tempio del Verbo.

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TENTATIVO DI SPIEGAZIONE DI AFFERMAZIONI E RISPOSTE DIRETTE DI RUDOLF STEINER

Tralasciamo di considerare i vari studi presentati che, per chi li ha

elaborati, esprimendo ipotesi o personali certezze, sono degni del mas-simo rispetto, e meriterebbero tutti uno studio pieno di dedizione. Qui esamino solo alcune delle affermazioni e risposte dirette che, nei vari anni della sua missione, sono state date da Rudolf Steiner, e che poi ci sono state riferite da vari autori in loro scritti.

Affermazione di Steiner – Steiner, in merito all'incorporazione del Bodhisattva del XX secolo, avrebbe detto a Rittelmeyer (sacerdote della Comunità dei cristiani) nell’estate del 1921: «Se vivremo ancora 15 anni potremo avere una certa esperienza di ciò. ...Jeshu ben Pandira è nato all’inizio del secolo».

Tentativo di spiegazione – Se quanto riferito da Rittelmeyer è esatto, si deve fare la seguente considerazione: le parole «Jeshu ben Pandira è nato all’inizio del secolo» devono essere interpretate così: «Jeshu ben Pandira si è incorporato all’inizio del secolo». Precisiamo subito che Jeshu ben Pandira, come personalità incarnata circa un secolo prima di Cristo, non è il Bodhisattva Maitreya, ma solo un involucro umano in cui questi s’incorporò (egli ebbe lo scettro dal Buddha Gota-ma nel sesto secolo a.C., e solo dopo 5.000 anni, in cui ha da incor-porarsi ogni secolo, il Bodhisattva s’incarnerà per la prima e l’ultima volta, assurgendo poi al livello di Buddha). Seguendo questo filo di pensieri, allora, il tempo indicato per l’incorporazione del Bodhisattva Maitreya è perfettamente congruo con l’affermazione di Steiner, secondo cui un Maestro-Bodhisattva (ricordo che Steiner appella i Bodhisattva anche come Maestri della saggezza e dell’armonia dei sentimenti) non può presentarsi al mondo ufficialmente, se non in-torno al quarantesimo anno (evidentemente della personalità in cui s’incorpora). Steiner, nel 1901 compì i suoi quaranta anni! Per quanto riguarda il “cambiamento intorno al trentesimo-trentatreesimo anno”,

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questo riguarda sempre la personalità che dovrà accogliere l’incorpo-razione del Bodhisattva. Tale cambiamento avviene, però, solo gra-zie alle forze dell’Io del ricevente che, esaurito l’impulso evolutivo naturale intorno al ventinovesimo anno (come avviene, attualmente, per tutta l’umanità), testimonia a se stesso, e pubblicamente al mondo, la propria forza spirituale. Ciò si è manifestamente rivelato nel trenta-treesimo anno di Rudolf Steiner, quando pubblicò il suo fondamen-tale lavoro La filosofia della libertà, un’opera che, partendo dal fonda-mento del pensare intellettuale umano, ormai degenerato al livello di Arimane, conquista, pensiero dopo pensiero, le vette della libertà del pensare puro e della fantasia morale.

Risposta di Steiner – Thomas Meyer cita un’altra testimonianza: uno degli stenografi delle conferenze di Steiner, Walther Vegelahn, disse nel 1958, poco prima di morire, quanto segue «Ero a Berna (nel 1910), dove R. Steiner parlò del Bodhisattva. I soci s’incuriosirono chie-dendosi chi R. Steiner pensasse di essere. Confabularono e mandarono avanti il più adatto, Günther Wagner, con la preghiera che ponesse la domanda a R. Steiner. E ottenne la risposta: «Io non lo sono». La prima sera successiva a Berlino R. Steiner riferì su quanto era avvenuto nei mesi precedenti, ricordando anche le conferenze di Berna. S’inter-ruppe nella descrizione e disse, con un sottotono della voce: «Vorrei aggiungere fra parentesi per coloro che sono sempre pronti a inventare incarnazioni dalla loro fantasia, che io con la mia individualità non ho nulla a che fare con Jeshu ben Pandira»...

Tentativo di spiegazione – Precisiamo subito che Jeshu ben Pandira, come personalità incarnata circa un secolo prima di Cristo, non è il Bodhisattva Maitreya, ma solo un involucro umano in cui s’incorporò (infatti, solo dopo 5.000 anni, in cui s’incorpora ogni secolo, il Bodhi-sattva s’incarna per la prima e l’ultima volta, assurgendo così al li-vello di Buddha, per cui è perfettamente logico che, se Steiner fosse stato un’incorporazione del Bodhisattva Maitreya (e, per quanto detto prima, nell’eventualità, non avrebbe potuto essere altro che un’incor-porazione), non avrebbe, con il suo Io, nessuna relazione con l’Io di

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Jeshu ben Pandira, trattandosi di due individualità ben distinte che, in tempi diversi, hanno assunto personalità totalmente differenti. Sulla scia di tali pensieri, è altrettanto congrua e coerente l’altra risposta di Steiner dove afferma: «Io non lo sono», ovvero: «Il mio Io non è quello del Bodhisattva Maitreya».

Risposta di Steiner – Un’altra testimonianza, tratta dallo studio di W. A. Simonis Sotto la protezione dei Maestri. Alfred Meebold raccontò a Wilhelm Pelikan di un suo colloquio con R. Steiner, a Budapest, nel 1909: «Aveva cercato di farsi una rappresentazione di chi fosse R. Steiner. Le sue supposizioni andavano nella direzione dell’Entità di cui abbiamo parlato (Bodhisattva). Durante il congresso internazio-nale della federazione europea delle sezioni della Società Teosofica, nel 1909, egli aveva poi posto a R. Steiner concretamente la domanda: “Lei è il…?”. Al che R. Steiner rispose: “Sì, ma non lo prenda in ter-mini personali!”. Alfred Meebold non aveva pronunciato il nome di fronte a Wilhelm Pelikan, ma la risposta dovrebbe essere significativa».

Tentativo di spiegazione – Qui Steiner risponde, alla precisa domanda, in senso affermativo, in apparente contraddizione con altre risposte, ma in fondo fa sempre la stessa puntualizzazione: io, con la mia attua-le personalità, mi distinguo dall’Io del Bodhisattva Maitreya (incor-porato nella mia attuale natura umana). Con le sue risposte, lascia sem-pre la facoltà di giungere, con forze di conoscenza proprie, alla verità.

Ora, andando oltre le dichiarazioni e le risposte, date sì da Steiner, ma solo riferite da altri autori, desidero riportare qui un’affermazione da lui stesso proposta all’interno di una sua conferenza (Dornach, 29 novembre 1916 – O.O. 172): «Come ho già una volta accennato, io stesso avrei dovuto essere sottomesso. Al tempo in cui nella Società Teosofica “Alcyone” ricevetti un certo indirizzo, anche per me sarebbe potuta avvenire la medesima cosa. Tutto quanto pulsa attraverso il nostro movimento sarebbe potuto essere graziosamente eliminato dal mondo se io fossi caduto in quello che mi fu portato assai vicino: divenire Giovanni reincarnato! Da una determinata parte si sarebbero

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assunti il còmpito di annunciare: “Alcyone è questo, e quest’altro è Giovanni reincarnato”. In tal modo l’intero movimento non avrebbe dovuto sperimentare ciò che più tardi invece avvenne. Fra le svariate cose che istupidiscono gli uomini va annoverata la vanità; colpendo nel segno la vanità degli uomini si potrà ottenere molto, special-mente quando siano noti anche i metodi di dar forma a determinati concetti».

Queste parole di Steiner ci devono molto interessare, ma non nel senso di una meccanica rinuncia all’ipotesi formulata in questo lavoro. Le ho voluto presentare al lettore io per primo, affinché chi le abbia già lette, o chi le incontrerà dopo la lettura di questo libro, sappia affrontarle con la dovuta autonomia di giudizio, e considerando ap-pieno il contesto nel quale il Dottore le pronunciò. La sua Filosofia della Libertà ci insegna che abbiamo un’autocoscienza e una libertà di pensiero da sviluppare, da far funzionare con la stringente logica, ma anche con l’aiuto del sano senso della verità, sviluppato attra-verso gli esercizi e lo studio, pieno di dedizione e devozione, della Scienza dello Spirito.

Nel periodo in cui Steiner era una personalità dirigente della società Teosofica, ci fu l’incresciosa storia di Krishnamurti. Si pre-tendeva che fosse la reincarnazione addirittura del Cristo, e fu cre-sciuto fin dall’infanzia istruendolo in modo da rendere manifesta in lui, una volta divenuto adulto, una saggezza fuori del normale. Fortu-natamente, lo stesso Krishnamurti, a un certo punto, si ribellò alla ‘recita’ e dichiarò di voler essere se stesso, lasciando i teosofi alle loro farneticazioni (e facendo in seguito una carriera ‘spiritualistica’ di tutto rispetto, date le nozioni accumulate, che gli valsero nomea, rendite, limousine, grandi alberghi e vita lussuosa…).

Nello stesso periodo, era diventato una specie di sport teosofico (poi ereditato dagli antroposofi) credersi la reincarnazione di questo o di quel personaggio importante. Steiner rifuggiva da quest’atteggia-mento, che considerava assolutamente deleterio, soprattutto quando questo accadeva nei suoi confronti. A un certo punto qualcuno, che

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forse aveva compreso la sua grandezza e aveva ben collocato il suo insegnamento al posto che giustamente gli spettava, comprese chi era lui veramente, e ne parlò. In breve a molti apparve chiaro che la cosa era esatta, e cominciarono a tributare al Dottore una speciale venerazione, il quale, invece, prese subito le distanze e negò l’attri-buzione. Diceva Massimo Scaligero che nessuno può dire di sé: «Io lo sono». Nemmeno il Cristo poté dirlo, e a Pilato rispose: «Tu lo dici!». Dunque, la voce fu subito soffocata, e se qualcuno osava in seguito riferirsi a Steiner come a Giovanni, era subito tacitato, con-trapponendogli le affermazioni del Dottore stesso.

Dopo questa breve, ma illuminante disamina dei problemi

collegati all’esame della individualità/personalità di Rudolf Steiner, presenterò, di seguito, alcune mie digressioni in proposito.

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DIGRESSIONI DELL’AUTORE SULL’IPOTESI STEINER-GIOVANNI

Ernst Lehrs, stretto discepolo di Steiner e maestro nella prima

scuola Waldorf a Stoccarda, una volta raccontò questo episodio, relativo alla vita di Rudolf Steiner: «Una volta un amico chiese a Rudolf Steiner, come si potesse sapere di aver iniziato ad attivarsi nell’indagine spirituale. Egli rispose chiedendo all’amico se, occu-pandosi di Antroposofia, avesse incontrato una verità che aveva fatto su di lui una particolare impressione e gli era rimasta viva nel ri-cordo, e se dopo un certo tempo ne avesse incontrata un’altra che aveva fatto su di lui la stessa impressione, e dall’incontrarsi delle due verità gli si era dischiusa una conoscenza che andava oltre i contenuti di esse. Ciò appartiene, così ammise l’amico, agli avvenimenti più soddisfacenti e che concedono sicurezza nel suo studio dell’Antropo-sofia. Rudolf Steiner gli spiegò che, in un tale momento, egli era ini-zialmente attivo nell’indagine spirituale.» Chi ha avuto simili espe-rienze, nel senso inteso da Steiner, potrà partecipare a quanto seguirà con maggiori possibilità di non respingerlo pregiudizialmente.

Sergej Prokofieff, nel suo libro Misteri alla svolta dei tempi, propone le seguenti considerazioni: «Nella conferenza del 12 dicembre 1910 (O.O. N° 124), Rudolf Steiner descrive in modo dettagliato che Gio-vanni Battista aveva ricevuto un’Iniziazione dell’Acquario. Egli dice che questa è un’Iniziazione che ha come conseguenza la compenetra-zione dell’anima dell’uomo con l’essere dell’Angelo. Nei Vangeli tale connessione è indicata con una citazione dal libro del profeta Mala-chia: “Ecco, io mando il mio Angelo davanti a te; il quale preparerà la tua via” (Mc 1,2). Questo fatto è illustrato con ali d’Angelo. Nella conferenza del 20 febbraio 1917 (O.O. N° 175), Rudolf Steiner ri-vela anche che il grado dell’Angelo, a dire il vero, è identico al grado del Sé spirituale. È perciò possibile comprendere la raffigurazione di Giovanni con le ali nella tradizione russa delle icone, anche come ri-velazione di Giovanni, quale portatore del Sé spirituale. Così durante la volta dei tempi egli anticipò un futuro grado evolutivo dell’umanità.

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Ciò viene anche confermato dal fatto che il sesto periodo di civiltà, che accoglierà l’impulso del Sé spirituale come manifestazione dal-l’alto, nella letteratura generale occulta è nominato l’epoca dell’Ac-quario. Giovanni Battista può quindi essere considerato il rappresen-tante profetico della futura epoca del Sé spirituale».

Fin qui Prokofieff, ma io mi permetto aggiungere che, proprio nel sesto periodo di civiltà, questo impulso del Sé spirituale, eminente-mente fondante la creatività morale, sarà un risultato della vittoria spirituale del Bodhisattva Maitreya che, appunto, diverrà il Buddha Maitreya. Allora inizio da questa mia considerazione: se il Bodhi-sattva Maitreya ha iniziato il suo periodo di tirocinio, della durata di 5.000 anni, nel VI secolo a.C., durante il quale si è sempre di nuovo incorporato in ogni secolo per seguire tutta l’evoluzione dell’umanità e, infine, divenire Buddha; se, ancora, sappiamo da Steiner che una di queste incorporazioni è avvenuta un secolo circa prima di Cristo, per mezzo di Jeshu ben Pandira, allora possiamo e dobbiamo chie-derci: durante i trentatré anni e tre mesi dei fatti di Palestina, chi, tra coloro che sono nominati nei Vangeli, è da riconoscersi come colui nel quale inabitava proprio il Bodhisattva? È del tutto logico arguire che, mentre il Cristo-Gesù si aggirava sulla Terra, il Bodhisattva fosse altrettanto presente, incorporato, per svolgere la propria missione in quel nodale e irripetibile momento della nostra storia terrena. Non si può fare a meno, secondo ogni logica, di pensarlo presente e agente in sussidio del Cristo e per fare la massima somma di esperienze, giacché egli è l’unico che ha avuto la possibilità di far coincidere i suoi 5.000 anni con la venuta del Cristo sulla Terra in forma fisica. Ma, se ciò è vero, chi, fra tutti i personaggi che si conoscono come direttamente appartenenti ai fatti di Palestina, può essere riconosciuto come l’in-corporazione del Bodhisattva? Io, per quanto posso prospettarmi, in base alle rivelazioni dateci da Steiner e alle mie meditazioni in propo-sito, rispondo: Giovanni Battista, poi Giovanni Evangelista in Lazzaro. Infatti, il punto nodale, che dobbiamo sempre riconsiderare, è “la com-plessa natura di Giovanni Evangelista”. Questa natura umana è deno-minata, da Steiner, con il doppio nome di Lazzaro/Giovanni. In pro-posito si ricorda quanto scritto da Marie Steiner nel documento in

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precedenza riportato: «Steiner, quindi, rivelò che, durante la resuscita-zione di Lazzaro, avvenne un’unione fra la natura “inferiore” di Laz-zaro e la parte “superiore” di Giovanni Battista, morto da poco». È no-tevole che, secondo le spiegazioni ricevute da R. Steiner, Ita Wegman qualificò tale parte superiore di Giovanni Battista, “Entità cosmica”, cioè vivente e agente cosmicamente come, per esempio, i Bodhisattva e il Buddha stesso (che, attualmente, agisce nella sfera di Marte). Desidero che si noti anche la differenza tra quanto qui evidenziato e la lettura che ne dà Prokofieff in Misteri alla svolta dei tempi, secondo la quale fu il disincarnato Aristotele a donare il principio del proprio uomo-Spirito a Lazzaro/Giovanni, durante la resuscitazione/Iniziazione di Lazzaro impartitagli dal Cristo (secondo Prokofieff, Zarathustra fece altrettanto con il suo Budhi e il Battista con la sua anima cosciente e il suo Manas. In Misteri alla svolta dei tempi – I due Giovanni). Prego di non attribuire alcun significato critico a questa precisazione, volen-do essa servire solo lo spirito di conoscenza cui lo scrivente, continua-mente, si appella, che ci richiede di cercare nessi nell’opera antropo-sofica e proporli liberamente e con responsabilità, lasciando agli altri, sempre, il compito di meditarvi sopra, in attesa di vere rivelazioni personali, o collettive, da parte della Saggia Direzione dell’umanità.

Il nuovo essere divenne da quel momento Lazzaro/Giovanni, qual-cosa di totalmente nuovo e unico in cui si riunirono, momentanea-mente, la corrente cainita di Lazzaro e quella abelita di Giovanni Bat-tista. Poi, i due protagonisti di questa fusione, dopo l’Ascensione del Cristo e fino alla morte del corpo di Lazzaro, seguitarono ad agire l’uno incorporato nell’altro. Dopo questo fatto, essi seguiteranno ad agire, separatamente in corpi fisici differenti, nelle due linee incarnato-rie: quella di Lazzaro-Christian Rosenkreutz-Conte di Saint Germain ecc., e quella di Giovanni Evangelista (ex Battista)-Raffaello-Novalis (tralascio altre incarnazioni per semplicità). Ripeto, il punto nodale – da ricordare sempre per ricostruire queste incarnazioni/incorpora-zioni – è quello della duplice natura di Lazzaro/Giovanni. La do-manda che ci dovremmo sempre porre è: Christian Rosenkreutz è sì la reincarnazione di Lazzaro-Giovanni, ma di quale dei due esseri che componevano tale complessa natura umana? La mia risposta, nel

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libro e ancora oggi, seguendo la linea cainita, è: Christian Rosenkreutz (con i suoi successori) è la reincarnazione di Lazzaro, non potendosi ravvisare in quelle di Raffaello e Novalis che, invece, per bocca di Steiner, sono reincarnazioni (reincorporazioni?) di Elia e Giovanni Battista. Solo così la mia ipotesi – che considera Rudolf Steiner come possibile reincorporazione di Elia, Giovanni Battista, Raffaello, Novalis – trova una sua “sistemazione”; essa si fonda sulla continuazione di ciò che, dettagliatamente, ho descritto nel mio libro, nel quale ho anche cercato di “dimostrare” che l’Io di Elia-Giovanni Battista (del “primo fra gli uomini nati da donna”), è quello del Bodhisattva Maitreya.

Proseguendo in questi pensieri, nel Vangelo di Giovanni com-mentato da Steiner, egli avrebbe fatto fluire l’esperienza diretta di Giovanni-Lazzaro: «Ai piedi della Croce vi era la Madre, vi era il discepolo “che il Signore amava”, Lazzaro-Giovanni; quello che Egli stesso aveva iniziato e per mezzo del quale la saggezza del cristiane-simo doveva giungere ai posteri; quello che doveva influenzare il corpo astrale degli uomini, in modo che il principio del Cristo potesse vivere in loro. Nel corpo astrale umano doveva vivere il principio del Cristo, e Giovanni doveva farvi fluire quel principio» (conferenza del 4 luglio 1909, O.O. N° 112). Faccio notare che quest’azione occulta, capace di influenzare il corpo astrale degli uomini, è qualcosa che richiama strettamente l’analoga azione dei Bodhisattva in coloro che adombrano (vedi anche S. Prokofieff in Rudolf Steiner e la Fondazione dei nuovi Misteri).

Tale ipotesi potrebbe essere negata (e le ipotesi non dovrebbero mai esserlo prima della loro confutazione secondo verità) solo se conte-nesse evidenti e incontrovertibili errori di logica, o rispetto all’opera di Steiner, oppure, e ciò deve essere ben chiaro, solo da veri Iniziati del rango adatto, che ne riconoscessero oggettivamente l’infondatezza, e ne dessero, quindi, l’eventuale lettura vera! Essa è nata, in me, dall’aver raccolto, per molti anni, numerosi nessi nell’oceanica opera di Steiner.

Inizio dalle seguenti parole che Steiner pronunciò durante la confe-renza tenuta a Karlsruhe il 25 gennaio 1910 (O.O. N° 118), una delle più importanti della sua vita, sul tema della comparsa del Cristo nel mondo eterico, che rappresentava il compito spirituale fondamentale

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affidatogli dal Mondo spirituale, e ci sarebbe da chiedersi perché pro-prio lui dovette dare, come precursore, questa testimonianza: «Questa epoca potrebbe, per così dire, passare, senza lasciare traccia negli uo-mini, sebbene anche oggi noi lanciamo un appello, come lo lanciarono allora Giovanni Battista, precursore del Cristo e il Cristo stesso…». Rudolf Steiner, come già fece il Battista, nel nostro tempo ha fatto il massimo per renderci desti di fronte al massimo evento che lo attra-versa: la presenza del Cristo in eterico, riconoscibile da chi si accosta al suo nuovo annuncio, datoci nell’Antroposofia.

Proseguendo nell’ipotesi, conclusosi il Mistero del Golgotha, dopo altre vite vissute sulla Terra, e dopo essersi preparato come Tommaso d’Aquino, Raffaello, Novalis, allora Giovanni-Steiner ha operato affin-ché si avverasse che: nel corpo astrale umano doveva vivere il prin-cipio del Cristo, e Giovanni doveva farvi fluire quel principio. Esso ci si è rivelato come novella Sophia, come Antropos-Sophia, quando questa Entità solare fu pronta: nell’epoca di Michele e del susseguente ritorno del Cristo in eterico, portato dalla figura dell’Angelo/Arcangelo Widar. Di quest’ultimo essere cristico, portatore dei Misteri del Cri-stianesimo esoterico, Steiner nella conferenza del 17 giugno 1910 ebbe a dire (O.O. N°. 121): «Chi conosce l’importanza di Widar, e lo sente nella propria anima, si renderà conto che nel secolo ventesimo potrà venir data di nuovo agli uomini la facoltà di vedere il Cristo. Widar ci starà nuovamente davanti, quel Widar che è comune a tutti noi dell’Europa centrale e settentrionale. …Sentendoci affini appunto alla figura di Widar, di cui vogliamo ora afferrare l’essenza più pro-fonda, noi speriamo che il nerbo fondamentale e la viva essenza di tutta la Scienza dello Spirito risulteranno dalle forze che l’Arcangelo del mondo germanico-nordico potrà aggiungere all’evoluzione del-l’epoca moderna».

A queste parole di Steiner aggiungo le mie considerazioni, le stes-se che già espressi nel mio precedente libro: «È il caso di richiamare almeno due punti da queste parole. Il primo è che Steiner fa un’af-fermazione che potrebbe apparire come non riferita a se stesso, e che invece, se ben considerata, dovrebbe farci riflettere: «Sentendoci affini appunto alla figura di Widar…»; in che senso Rudolf Steiner si

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sentiva affine a Widar? Il secondo richiamo è: «Widar ci starà nuo-vamente davanti»; anche qui, in che senso dobbiamo comprendere questa caratterizzazione, se non in quello che, realmente gli (ci) è già “stato davanti”? E se così è, quando si è verificato ciò? A questa ultima domanda cerchiamo di rispondere con la seguente breve cita-zione, nella quale Rudolf Steiner spiega il vero significato delle parole di Isaia, riferite all’Angelo di Giovanni Battista: «“Guarda, mando in te il mio Angelo davanti all’Io” (Isaia 40,3 ecc.). …Se vogliamo tradurre in modo adeguato, così da sentire ciò che davvero viene espresso con queste parole, dobbiamo farlo così: …l’Io che farà la sua apparizione nell’entità umana, manda davanti all’Io l’Angelo preparatore». S’intende l’Angelo che viveva nella personalità di Gio-vanni Battista il quale, in quel tempo, aveva già assunto questa posizione “davanti agli Io umani”. Non va esclusa neanche la pos-sibilità che, con quel “ci starà nuovamente davanti”, Steiner inten-desse che, mentre parlava, l’Angelo guida del Bodhisattva Maitreya stesse “davanti” al suo stesso Io. Rispetto al testo di allora ho scam-biato solo ‘ci’ con ‘gli’: allora non volevo ancora affermare tale realtà in forma esplicita, ma dal contesto la si sarebbe potuta già dedurre.

Una considerazione analoga, relativa a un altro contesto, la fa an-che Sergej Prokofieff nel suo libro Rudolf Steiner e la Fondazione dei nuovi Misteri, dove così si esprime: «…È doveroso accennare anche alla decima conferenza del ciclo sul Vangelo di Matteo, nella quale Rudolf Steiner parla, in una forma che non ammette altra spie-gazione, del fatto che il nuovo Bodhisattva, nell’ispirare lui, Rudolf Steiner, agisce per mezzo suo; si deve solo sostituire la parola ‘noi’ con la parola ‘io’: “Se la dottrina essena ha da essere rinnovata in mo-do adeguato al nostro tempo, se non si vuole perpetuare la tradizione di un Bodhisattva antico, ma si vuol vivere secondo lo Spirito vivo del nuovo Bodhisattva, bisogna lasciarsi ispirare da questo Bodhi-sattva che un giorno diventerà il Maitreya Buddha, il Bodhisattva del nostro tempo ci (mi) ispira questi pensieri: sta per giungere il tempo in cui il Cristo, in forma nuova, cioè in un corpo eterico, dispenserà grazia a coloro che, mediante una nuova sapienza essena, svilupperanno forze nuove nel tempo del suo ritorno, quando il Cristo

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in veste eterica verrà a vivificare gli uomini. Dobbiamo cercare di parlare secondo l’ispirazione del Bodhisattva che deve diventare il Maitreya Buddha. …Parliamo della futura comparsa del Cristo, espri-mendoci nelle formule ispirate dal Bodhisattva».

Seguendo queste considerazioni di Prokofieff, invito i volonterosi a fare tutti i possibili nessi con quanto presento nel mio libro citato, ove ipotizzo che Giovanni Battista sia una incorporazione del Bodhi-sattva Maitreya. Ricordo brevemente che il termine Bodhisattva espri-me sia la funzione spirituale, sia l’Entità gerarchica che, incorporan-dosi, adombra la natura umana operante sulla Terra, ma anche l’Io umano che, incorporandosi momentaneamente anch’esso (come per esempio Elia in Naboth), e incarnandosi per la prima e l’ultima volta come Bodhisattva dopo un tirocinio di 5.000 anni, assurge alla dignità di Buddha umano. Mi permetto di ricordare, anche, quante volte Steiner ha definito Giovanni Battista una “vera maya” per chi lo per-cepisse solo nell’aspetto fisico, rivelandoci come portasse in sé, se-condo le indicazioni contenute nella sua cristologia, l’Angelo (che possiamo riconoscere come Widar), l’Io di Elia ritornato, l’Io parti-colarissimo dell’Anima natanica. Da queste considerazioni si evince che la ricchezza delle differenti manifestazioni di incorporazioni e incarnazioni richiede, come doverosa necessità, almeno una sospen-sione di giudizio, seguita da un serio e approfondito studio, prima di escludere, come impossibili, certe ipotesi di ricerca.

Ancora nel summenzionato libro, Prokofieff dichiara quanto segue: «Intorno all’anno 1910 l’occupazione del corpo astrale di Rudolf Steiner da parte del Bodhisattva volge al suo compimento, Adolph Arenson dice in proposito nella sua conferenza (EAM, 1986): “Quan-do il Bodhisattva ha compenetrato l’uomo sin nel suo corpo eterico, allora egli si manifesta apertamente all’umanità con la sua missione”». Arenson si riferisce qui al fatto che l’Arcangelo ispiratore [l’Entità gerarchica in funzione bodhisattvica – commento dell’Autore] del Bodhisattva [ovvero dell’essere umano Bodhisattva, in tirocinio per il grado di Buddha – commento dell’Autore] d’ora in poi influisce non solamente, come prima, sul corpo astrale dell’uomo ma anche sul suo corpo eterico. Arenson prosegue: “Allora egli (il Bodhisattva) è

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qui …e lo può riconoscere chi sa qualcosa della missione del Bodhi-sattva”. Ma qual è il compito principale di questo Bodhisattva nel nostro tempo? “Lui che circa ogni cento anni si è, dopo d’allora, incorporato (vale a dire dall’inizio della sua missione nell’uomo, come Bodhisattva), è incorporato anche oggi e sarà il vero annunciatore del Cristo in veste eterica”. L’antroposofia è al mondo per preparare questo massimo evento del XX secolo. “Così ora noi guardiamo alla Scienza dello Spirito in tutt’altro senso. Noi apprendiamo che essa è qualcosa che ci pone una responsabilità immensa, in quanto è una prepara-zione all’evento assolutamente concreto della ricomparsa del Cristo (conferenza del 25 gennaio 1910, O.O. N° 118)”. Nel febbraio del 1910 Rudolf Steiner compie 49 anni (sette volte sette), di conse-guenza egli entra nella nuova epoca dello Spirito vitale, cioè del corpo eterico trasformato, e nel gennaio dello stesso anno egli annuncia per la prima volta il Cristo eterico, il più importante evento spirituale del XX secolo. Da quell’attimo in poi questo tema risuona per l’umanità europea, lungo tutto l’anno, come una potente campana che richiama all’essere desti e conoscenti, rinnovando le antiche parole di Giovanni Battista: “Mutate mente perché il Regno dei Cieli è vicino”».

Così si esprime Prokofieff, e io, da parte mia, voglio proprio riba-dire questa constatazione: in fondo, tutta la vita e l’opera di Steiner possono essere viste come la rinnovata antica azione del Battista (e dell’Evangelista). Dall’annunciare, 2.000 anni fa, la prossima venuta del Cristo al suo popolo, sino all’attuale e più essenziale testimonianza del ritorno del Cristo in eterico, egli ripete un gesto archetipico. E lo ripete anche come custode della Luce dei pensieri divini della Sophia, e di quella del pensare umano puro, libero e vivente, da lui realizzato per la prima volta con le sole forze umane, generato dalla più pura fonte creatrice della morale e della libertà. Egli ci ha additato, testimonian-done la realtà, cosa e come ogni uomo dovrebbe fare, mutando mente, cioè metamorfosando la qualità del pensare, per giungere a percepirne la realtà di Luce. Ancora una volta si potrebbe dire di lui: «Egli non era la Luce, ma venne per testimoniare la Luce, affinché ogni uomo credesse per mezzo di lui». Ma non mancò, anche a lui e in forma simile, l’amara esperienza di essere una “Voce che parla nel deserto”.

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Sempre su questi temi richiamo le frasi, estremamente significa-tive, che Rudolf Steiner disse nella conferenza del 21 settembre 1911 (O.O. N° 130): «…Se, allora, esistesse per lui [il Buddha Maitreya] un Evangelista Giovanni, dovrebbe parlare diversamente dall’Evan-gelista Giovanni che parlò del Cristo. Questi dice: “E il Verbo è di-venuto carne”. L’Evangelista del Maitreya Buddha dovrebbe dire: “E anche la carne è divenuta Verbo”. Sì, Rudolf Steiner è stato un grandissimo Iniziato e Maestro, ma che egli si permetta di “suggerire” all’eventuale futuro Evangelista del Maitreya Buddha le giuste parole da dire, presuppone un rapporto, con questi esseri, di natura molto par-ticolare, su cui varrebbe la pena di meditare. E, ancor di più, ciò risalta nella conferenza del 22 novembre 1919 (O.O.194 – La Missione di Michele): «Si è indicato un antico grado di conoscenza umana quando si è detto: in antico la Parola visse in maniera spirituale, ma la Parola si fece carne e abitò tra di noi: così si esprime l’Evangelista. La Parola si è unita alla carne e la rivelazione di Michele l’ha preceduta. Sono tutti eventi della coscienza umana cui ivi si accenna. Deve iniziare il processo inverso che consiste in un’aggiunta alle parole dell’Evange-lista: nella nostra coscienza deve formarsi la forza di vedere come l’uomo accolga quel che dai mondi spirituali si è unito alla Terra mediante l’impulso del Cristo e che deve legarsi all’umanità, affinché questa non perisca assieme alla Terra. Si deve vedere come l’uomo accolga lo Spirito, non solo dentro il suo capo, ma in tutto se stesso, come egli si compenetri tutto di Spirito. Per questo l’unico aiuto è l’im-pulso del Cristo. Ma un aiuto è pure l’interpretazione dell’impulso del Cristo mediante l’impulso di Michele. Allora alle parole dell’Evange-lista può venir aggiunto: e deve venire il tempo in cui la carne diventi di nuovo Parola e insegni ad abitare nel regno della Parola. …L’in-carnazione della Parola è la prima rivelazione di Michele, la spiri-tualizzazione della carne deve essere la sua seconda rivelazione».

Ora, in completa concordanza con tutto il contesto appena citato, in particolare coi verbi, si può dire: «L’interpretazione dell’impulso del Cristo mediante l’impulso di Michele» è un compito attuale, che possiamo attuare solo grazie a Rudolf Steiner, massimo servitore di Michele.

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«La spiritualizzazione della carne deve essere la sua seconda rive-lazione (di Michele)», ma essa ci è stata già data con queste parole, non c’è bisogno di aspettarla nel futuro, e ci è già giunta per mezzo di Rudolf Steiner.

Infine, Rudolf Steiner ci dice che le parole della seconda rivela-zione di Michele sono da pronunciarsi da parte dell’Evangelista Gio-vanni. Ma quando? Le parole prese da questo contesto, parlano chia-ramente di un inizio dell’attuazione della seconda rivelazione dal presente in cui Steiner parlava: «Deve iniziare il processo inverso che consiste in un’aggiunta alle parole dell’Evangelista: nella nostra coscienza deve formarsi la forza di vedere come l’uomo accolga quel che dai mondi spirituali si è unito alla Terra mediante l’impulso del Cristo e che deve legarsi all’umanità, affinché questa non perisca as-sieme alla Terra. Si deve vedere come l’uomo accolga lo Spirito, non solo dentro il suo capo, ma in tutto se stesso, come egli si compenetri tutto di Spirito».

Il circolo si chiude tra Michele, Giovanni (Battista/Evangelista) e Rudolf Steiner: la seconda rivelazione è data già da Giovanni/Steiner? Ognuno può fare le sue deduzioni.

In perfetto collegamento con questi pensieri, mi permetto far ri-

flettere su quanto segue: nel primo Goetheanum (che all’inizio Steiner voleva denominare Johannesbau, cioè casa di Giovanni), egli parlò molte volte da dietro un pulpito di legno, scolpito nella forma di una laringe umana. Se questi aspetti sono collegati a quanto sono andato esprimendo finora, allora molti concetti, immagini, nessi, con i due Giovanni e l’opera futura del Maitreya Buddha, legata allo sviluppo del-la sua laringe, appariranno meno astrusi o solo frutto di autosuggestioni.

Per ultimo, voglio far fare al lettore una riflessione che, ritengo, se portata sino alle ultime conseguenze, non permetterà di sorvolare, con scarsa dedizione, su tutto quanto precede. Consideriamo la se-guente immaginazione (Vedi Bernard C. Lievegoed Le correnti dei misteri in Europa e i Nuovi Misteri) data da Steiner dopo il Convegno di Natale, in risposta alla domanda su quale fosse il rapporto tra la corrente della Rosacroce e quella dell’Antroposofia, ed essa diverrà

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illuminante per le considerazioni che seguiranno: «Nel Mondo spiri-tuale c’è un altare, a sinistra di questo sta Christian Rosenkreutz con una stola blu, a destra Rudolf Steiner con una stola rossa; in questa immaginazione essi stanno uno accanto all’altro». Credo sia sostenibile affermare che il rapporto tra la corrente della Rosacroce e quella del-l’Antroposofia sia agito, sostenuto e rappresentato, vista la loro azione spirituale, da quello esistente tra le individualità di Christian Rosen-kreutz e Rudolf Steiner. Sappiamo che questo rapporto è reso ancor più evidente dal fatto che C. Rosenkreutz è stato il Maestro spirituale di R. Steiner, che l’ha seguito in tutta la sua vita e in tutte le sue opere, massimamente durante la posa della Pietra di Fondazione a Natale del 1923, dove, secondo le parole dello stesso Steiner, lo vide entrare (in forma spirituale), con le sue schiere, nella falegnameria attigua al Goetheanum bruciato. Ora, se questi due esseri sono, come sappiamo, indissolubilmente collegati con il ritorno del Cristo in eterico (C. Rosenkreutz perché ne permette la manifestazione con il suo corpo eterico reso perfetto, R. Steiner per aver svolto il suo massimo compito terreno nell’annunciare al mondo questa nuova venuta, come novello Precursore del Cristo, come novello Profeta del Verbo), allora c’è da meditare, seriamente, se questa collaborazione per il Cristo sia una ripetizione, adeguata ai tempi e alle circostanze, dell’antica colla-borazione e simbiosi di Lazzaro/Giovanni, avvenuta al tempo dei fatti di Palestina e del mistero del Golgotha. C’è da ricordare che, nel-l’immaginazione descritta, essi sacrificano se stessi ai lati dell’Altare celeste, dell’altare del Tempio sovraterreno del Sole-Cristo operante nell’eterico. Alla luce di ciò, la domanda, inevitabile, risuona: poi-ché Christian Rosenkreutz è, indubbiamente, la reincarnazione di Lazzaro, Rudolf Steiner non potrebbe essere, anche, la reincarna-zione/reincorporazione di Giovanni Battista? Nella conferenza tenuta al Congresso di Monaco di Baviera il 20 maggio 1907 (O.O. N° 284), Steiner fece delle riflessioni che si collegano in forma strettissima alla immaginazione sopra descritta di C. Rosenkreutz e R. Steiner che, come due “colonne”, una rossa e una blu, stanno ai lati dell’altare su cui sacrificano se stessi. Ne riporto una parte estremamente signifi-cativa su cui si possono fare molti nessi, specialmente riguardo ai

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rapporti fra i due Maestri spirituali e fra le correnti esoteriche Rosi-cruciana e Antroposofica: «La nostra interiorità deve farsi puramente eterica, così come l’etere cosmico lassù, che ci viene incontro nel blu del cielo. L’educazione orientata in tale senso si esprime nel colore rosso del nostro ambiente [la sala del Congresso di Monaco – nota dell’Autore]. Se, esteriormente, siamo circondati dal rosso, vive nella nostra interiorità il colore complementare; si spiega così il perché del rosso in tutti i luoghi di culto dell’esoterismo, mentre i luoghi exo-terici, in cui si parla in forma esteriore simbolica dell’insegnamento occulto, portano il colore blu. La visione cosmica rosicruciana esprime l’esoterico nel colore rosso. Volendo inoltre allestire integralmente questo spazio secondo la conoscenza della visione cosmica rosicru-ciana, dovettero essere innalzate delle arcate blu. Ebbene, cosa signi-ficano le due colonne dei Rosacroce? …Nel corso dell’evoluzione dell’uomo, durante la formazione del corpo fisico, vi sono stati tempi in cui non c’erano ancora i polmoni, così che l’ossigeno non poteva ancora essere inspirato. Vi sono stati tempi in cui l’essere umano nuotava in un certo senso negli elementi fluidi ed era dotato di un organo, una specie di vescica natatoria, da cui in seguito si sviluppa-rono i polmoni. Durante quel periodo questa vescica natatoria si è mutata in polmone, e noi possiamo seguirne il processo di trasforma-zione. Se lo facciamo, esso ci si presenta come quel processo che nella Bibbia viene espresso con l’immagine: «e Dio alitò nell’uomo l’Odem vivente, e l’uomo divenne un’anima vivente». Grazie a questa insuffla-zione del respiro è divenuta possibile la produzione del sangue rosso. La caduta dell’essere umano è perciò unita con la generazione nel suo interno dell’albero sanguineo rosso. Se immaginate l’uomo in posi-zione eretta davanti a voi [pensate all’immaginazione con Steiner e Rosenkreutz e le stole rossa e blu – nota dell’Autore] potrete seguirne lo scorrere del sangue rosso: potrete avere davanti a voi un albero rosso vivente di cui l’esoterismo cristiano dice: esso è l’albero della conoscenza. L’uomo se n’è impadronito, ha goduto dell’albero san-guineo rosso. L’erigersi dell’albero sanguineo rosso, il vero albero della conoscenza: questa è la colpa. E Dio allontanò l’uomo dal paradiso af-finché questi non godesse anche dell’albero della vita. In noi abbiamo,

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infatti, anche un altro albero, che potete rappresentarvi così come quello della conoscenza. Ma esso ha un sangue blu-rosso. Questo sangue è sostanza mortifera. L’albero blu-rosso venne piantato nell’uomo du-rante lo stesso periodo dell’altro. Mentre l’uomo riposava nel grembo della Divinità, questa fu capace di intrecciare in lui ciò che signi-ficano la sua Vita e Conoscenza: e risiede nel futuro il momento in cui l’essere umano, grazie alla propria coscienza ampliata, diverrà ca-pace di trasformare il sangue blu in sangue rosso. Allora in lui stesso si troverà la sorgente, affinché l’albero sanguineo blu divenga un al-bero della vita. Oggi esso è un albero della morte. Vivono così in questa immagine sia uno sguardo a ritroso che uno sguardo in avanti! Vedete come, nell’uomo, s’intreccino un albero sanguineo rosso e uno blu. Il sangue rosso è espressione dell’io, è la conoscenza dell’io inferiore, il sangue blu è espressione della morte. Come punizione, fu aggiunto all’albero rosso della conoscenza l’albero sanguineo blu quale albero della morte. In un lontano futuro questo albero della morte verrà trasformato in albero della vita, così come originaria-mente era un albero della vita. Se vi rappresentate l’essere umano, così come vi sta di fronte, vedrete che la sua intera esistenza presente è fondata sull’azione reciproca di questi due alberi. Che Set abbia potuto avere nuovamente accesso al Paradiso significa che egli è un Iniziato in grado di guardare a ritroso nella condizione divino-spiri-tuale in cui entrambi gli alberi stavano avviticchiati l’uno con l’altro. Egli poté porre nella bocca di Adamo tre granelli di seme presi dagli alberi intrecciati, e dalla bocca di Adamo nacque un albero tripartito. Ciò significa: l’albero cresciuto nell’uomo è Manas, Budhi, Atma, le tre parti superiori della creatura umana che si trovano in essa come predisposizione. Nella Leggenda quindi si accenna a come nell’orga-nizzazione umana, già sin da Adamo, vi sia la triade della Divinità, come essa si sviluppi e come inizialmente possa essere vista solo dal-l’Iniziato. L’uomo deve seguire il proprio percorso evolutivo. Nella nostra Leggenda sono espressi tutti i fatti che si sono compiuti nel-l’evoluzione dell’umanità e che conducono all’Iniziazione. Dalla co-noscenza del fatto che in noi si trova l’albero triplice, l’albero del-l’eternità, il quale si manifesta nelle parole: «Io sono colui che era, Io

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sono colui che è, Io sono colui che sarà!», noi acquisiamo la forza che ci fa progredire e ci pone in mano la bacchetta magica. Ecco il perché della bacchetta magica di Mosè. Ecco perché per il tempio della sag-gezza viene preso il legno dall’albero cresciuto dai semi. Ecco perché viene costruita con esso la Croce, quel segno dell’Iniziazione che si-gnifica il superamento nell’uomo delle parti inferiori per mezzo delle tre superiori. Questa Leggenda ci mostra dunque come l’Iniziato penetri con lo sguardo nella condizione futura, quando saranno intrecciati l’albero della conoscenza sanguineo rosso e l’albero della vita rosso-blu, quando essi si intrecceranno nell’uomo stesso. Chi vuole evol-versi si inscriva adesso nel cuore ciò che entrambe le colonne, quella rossa da un lato significante la colonna sanguinea rossa, e quella rosso-blu dall’altro significante la colonna sanguinea blu, vogliono dirci. Oggi esse sono separate. Per questo motivo abbiamo nella sala la colonna rossa a sinistra e la colonna rosso-blu a destra. Esse vogliono indicarci di superare l’attuale condizione dell’umanità, guidarci lungo la via fino al punto in cui, grazie alla nostra coscienza ampliata, si intrecceranno in una saggezza denominata: J – B [sarà un caso che la colonna rossa, che nell’immaginazione corrisponde a Rudolf Steiner, sia contraddi-stinta con la J? Sappiamo tutti che è la lettera del nome Jakim: così si chiamava una delle due colonne del portale del Tempio di Salomone, ma stranamente, è anche la lettera iniziale del nome Johannes… – nota dell’Autore]. La colonna rossa si caratterizza con la J, quella rosso-blu con la B. I motti sulle colonne vi rammenteranno ciò che è connesso con queste particolari colonne. Sulla colonna rossa stanno le parole:

Nel puro pensare tu trovi il sé che si può sostenere.

Muta il pensare in immagine, sperimenti la Saggezza creante.

Chi medita su ciò, inocula nella propria colonna sanguinea rossa, mediante la forza del proprio pensiero, quella forza che conduce alla mèta: alla colonna della Saggezza. Nella colonna della Vita inocula la forza che le necessita, ed egli si dedica al pensiero posto sull’altra colonna, la colonna blu:

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Condensa il sentire a Luce, manifesti la forza plasmatrice.

Reifica il volere a essere e crei nell’essere cosmico.

Le prime parole mirano alla Conoscenza, le seconde alla Vita; la forza formatrice dapprima si “manifesta“ nel significato del primo motto, “magica” diventa solo nel senso del secondo motto. L’ascesa dalla semplice forza conoscitiva all’agire magico si trova nel pas-saggio dalla forza del motto inscritto sulla prima colonna a quella del motto sulla seconda. Vedete così come sia strettamente in relazione con gli ideali e le mète della scuola rosicruciana ciò che questi simboli, le due colonne, vogliono significare. Esse sono innalzate anche in al-cune altre società esoteriche. L’esoterista si unirà sempre con il signifi-cato che è in loro accluso».

Abbiamo avuto modo di leggere rivelazioni importantissime che, con uno sguardo rivolto al futuro, possono far presagire come le due correnti: Rosicruciana e Antroposofica, agiscono e agiranno nel futuro, per confluire, poi, nella terza, quella Manichea:

Ÿ la corrente di Lazzaro-Rosenkreutz che, con il suo corpo eterico

reso perfetto Budhi, sortirà effetti nei corpi eterici e nel sangue degli uomini che lo seguono, rendendo possibile a questi il “mutate cuore”; con ciò essi diverranno creatori secondo magia bianca. Questa corrente permette il manifestarsi del Cristo nell’eterico, in forma sempre più percepibile alla nuova chiaroveggenza cristica, insorgente in tutti gli uomini nei prossimi 2.500 anni, e renderà realizzabile, in sé, l’“In Christo morimur”;

Ÿ la corrente di Giovanni-Steiner che, con il suo corpo astrale reso perfetto Manas, permette già da un secolo, e anch’essa per i prossi-mi 2.500 anni, il “mutate mente” perseguito con le conoscenze libe-ramente acquisite per volontà autonoma, capace di metamorfosare il pensare in immaginazioni che sperimentano la Saggezza creante, e renderà realizzabile il “Per Spiritum Sanctum Reviviscimus”. Per mezzo di questa corrente nella sesta Civiltà dell’Acquario il Bodhi-sattva Maitreya-Giovanni diverrà Buddha e creerà essere morale

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pronunciando la Parola con una laringe del tutta nuova; contem-poraneamente, verranno a piena rivelazione i Misteri della Sag-gezza-Sophia-Maria con cui, sin da sotto la Croce e per incarico del Cristo, è indissolubilmente legato;

Ÿ La corrente di Manes-Parsifal che, momentaneamente affidata a quella rosicruciana, attende che tutto ciò maturi nei prossimi 2.500 anni, affinché sia reso possibile il “mutate grembo”. In quel tempo, per mezzo di Christian Rosenkreutz giungeranno alla piena matura-zione i Misteri simbolizzati dalla colonna blu: dell’essere cosmico, del Cristo, dell’Io-sono, del sangue-blu. Nello stesso periodo stori-co, per mezzo del Bodhisattva Maitreya-Giovanni-Steiner si mani-festeranno i Misteri simbolizzati dalla colonna rossa: dello Spirito Santo, della Saggezza Cosmica Sophia, del Sé spirituale, del san-gue-rosso. Allora Parsifal, il Re del Graal, il futuro Manu umano della sesta epoca, con il suo corpo fisico reso atmico, perché por-tatore di una copia dell’Io del Cristo-Gesù, trovando i due “alberi umani” nuovamente intrecciati, in coloro che apparterranno alla “Comunità di Filadelfia”, come vero Cristoforo renderà possibile l’attuarsi del germe della Speranza di una Giustizia umana operante “Come in cielo, così in terra”, realizzando il vero ritorno all’Inizio, all’“Ex Deo Nascimur”. «Nessuno torna al Padre senza di me», dice il Cristo, e gli uomini dovranno aiutare il Signore del Karma a rea-lizzare, in libertà e per Amore, la volontà del Padre, la vera Giustizia fondata sull’amore, e a far nascere la Decima Gerarchia. Dall’ultimo discorso di Steiner, citerò ancora poche parole, che

dovevano essere preparatorie alla rivelazione di chi veramente egli fosse; in esse evidenzia qualità e capacità di Raffaello e Novalis: «Così vediamo, appunto in Novalis, un luminoso, smagliante precursore della corrente di Michele, che dovrà guidare anche voi, miei cari amici, ora mentre siete nella vita e più tardi, quando avrete superato le porte della morte». Novalis, quindi, “dovrà” guidare i contempora-nei cari amici di Steiner «ora mentre sono nella vita»: mi chiedo quale possa essere il “senso” di questa frase. Quale significato ha voluto dare Steiner a quelle parole, se non quello: «Io dovrò guidare anche voi,

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miei cari amici, ora mentre siete nella vita»? Quando, come e perché, altrimenti, Novalis avrebbe dovuto guidarli, se c’era ancora, vivente e operante sul piano terreno, lo stesso Steiner, ben “più potente e luminoso attuatore” della corrente di Michele? Ma non basta: Novalis avrebbe dovuto guidarli anche dopo la morte… non bastava Rudolf Steiner! Tutto diviene chiaro con il pensiero: sono lo stesso Io.

Sì, Rudolf Steiner è stato anche Novalis, e leggiamo cosa ne dice egli stesso nella conferenza del 16 maggio 1912 (O.O. N° 143): «Scor-riamo le opere di Novalis, e dovunque troviamo punti di partenza per il più puro insegnamento antroposofico, fino nei particolari, basta per così dire scovarli, così si può vedere come Novalis sia com-penetrato da un cristianesimo antroposofico».

Davvero, i particolari del mistero Giovanni-Steiner «basta, per così dire, scovarli»! Ma, ci vuole dedizione, senso artistico, devozione alla sua opera. Quell’opera nella quale, sempre secondo la mia ipotesi, non avrebbe mai smesso di reindirizzarci alla summa del suo pensare: al prologo del suo Vangelo. In quei versi, il massimo portato della filo-sofia greca di Aristotile-Steiner, si fonde con la sacra fiamma dell’Ini-ziazione ricevuta dal Cristo come Lazzaro-Giovanni, descrivendoci il Logos nei primi 14 versetti. Nei seguenti, poi, parlerà di sé e della sua missione di testimone della Luce agli uomini. Intere generazioni di ri-cercatori del Cristo si sono illuminate con la Sophia sgorgante da quel Vangelo, e nessuno ha potuto mai descrivere e spiegare i misteri del-l’Apocalisse come Steiner-Giovanni, in particolare nel ciclo Sulla rivela-zione di Giovanni tenuto per i sacerdoti della “Comunità dei cristiani”: incommensurabile e profetico patrimonio di conoscenze attuali e future per l’umanità. Dovrebbe sorgere la domanda: come mai Rudolf Steiner si adoperò, con il massimo impegno, per spiegare e far sperimentare ai sacerdoti della “Comunità dei cristiani” non solo i contenuti dell’Apo-calisse, quanto la più profonda essenza esoterica dei motivi e delle azio-ni dell’“Apocalista”, come lui lo nomina? La sua potente Iniziazione poteva consentirgli di penetrare nei dettagli delle decisioni morali d’un Io così particolare, quale quello del Discepolo amato dal Cristo? Non si tratta, forse, di una conoscenza che riguarda, direttamente, lo stesso Io, o due Io che, momentaneamente, convivono in uno stesso corpo?

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L’ultima citazione che desidero presentare è presa da un altro caposaldo dell’opera steineriana: la conferenza tenuta a Basilea il 1° ottobre 1911 (O.O. N° 130) sull’eterizzazione del sangue e il Cristo eterico: «Lo stato futuro della Terra porterà un numero sufficiente di uomini a insegnare sempre più ciò che è morale e, al tempo stesso, a conferire a tale moralità un vero e proprio fondamento. …Fin dal tem-po degli antichi Rishi, il misticismo orientale parlò di quella grande speranza del futuro terrestre. …Davanti agli sguardi di quei mistici era già presente il fatto che questo impulso morale, quest’atmosfera mo-rale della Terra, sarebbe emanata da quell’Entità che noi chiamiamo il Cristo, e in lei essi riponevano le loro speranze. Coi mezzi della mi-stica orientale non si arrivava a farsene una rappresentazione; si po-tevano però rappresentare le conseguenze che ne sarebbero derivate, e cioè che le pure figure della Akasha, immerse nel fuoco, nella luce del Sole, sarebbero comparse entro i 5.000 anni successivi alla Illu-minazione del grande Buddha, come il seguito di ciò che non era ri-conoscibile soltanto attraverso il misticismo orientale. Rappresenta-zione invero meravigliosa! Qualcosa verrà a rendere possibile che, attraverso un’atmosfera morale purificata, il Figlio del Fuoco e della Luce terrestre peregrinerà nell’atmosfera morale della Terra, non più incarnato in una figura fisica, ma come una pura figura dell’Akasha. Però allora, 5.000 anni dopo l’Illuminazione di Gautama Buddha, vi sarà anche il Maestro che insegnerà agli uomini quali meravigliose figure siano quelle pure forme di Fuoco e di Luce. Quel Maestro sarà il Buddha Maitreya, che comparirà 3.000 anni dopo l’epoca nostra e sarà in grado d’istruire gli uomini sull’impulso del Cristo. …Quell’esse-re comparirà, sempre di nuovo, incarnato [incorporato – nota dell’Au-tore] sulla Terra quale Bodhisattva, successore di Gautama Buddha. Una delle sue incarnazioni [incorporazioni – nota dell’Autore] fu quella di Jeshu ben Pandira, vissuto cento anni prima del principio della nostra era. Anche al tempo nostro, da questo essere che di secolo in secolo ricompare in un corpo di carne quale Bodhisattva, e che, non ora ma in avvenire, diverrà il Buddha Maitreya, emanano gli in-segnamenti più importanti sull’Entità del Cristo e sui Figli del Fuoco degli Indiani. Il segno da cui si potrà riconoscere colui che una volta

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diverrà il Buddha Maitreya, è a sua volta l’accordo d’ogni vero misti-cismo orientale con la sapienza cristiana. In contrapposto ai Figli del Fuoco, egli comparirà come Bodhisattva in un corpo fisico, e nes-suno potrà supporre, dal modo come si svolgerà la sua giovinezza, quale individualità si celi in lui. Avverrà sempre che coloro che sono addentro in tali cose, riconosceranno che in quell’essere umano vive il Bodhisattva, sol quando egli sarà fra i trenta e i trentatré anni d’età. …Come il Cristo cominciò con l’opera sua nel trentesimo anno della sua vita, così i Bodhisattva che ne continueranno l’annuncio, si da-ranno a conoscere al loro trentatreesimo anno di vita. Il Buddha Maitreya stesso, come Bodhisattva trasformato, annunzierà con gran-diose possenti parole, di cui oggi è ancora impossibile dare un’idea, i grandi misteri dell’esistenza. …L’Antroposofia è la preparazione per tutto ciò che si avvererà in avvenire. Coloro che prendono sul serio l’evoluzione dell’umanità vogliono che lo sviluppo dell’anima non si arresti e non sprofondi, ma che continui a procedere in modo che la Terra possa realmente liberarsi nella sua parte spirituale, mentre la sua parte più grossolana se ne distaccherà a guisa di un cadavere. Potrebbe anche darsi che, per colpa degli uomini, tutta questa grande opera venisse rovinata; ma coloro che vogliono evitare questo disastro e far sì che l’opera riesca, devono acquistarsi una comprensione della vita spirituale per mezzo di ciò che oggi chiamiamo Antroposofia. Così l’Antroposofia diventa un dovere, e la conoscenza desta in noi dei sen-timenti di responsabilità di fronte ai misteri del mondo».

Dopo tali parole, pieni di richiamo alla nostra responsabilità, fac-ciamoci delle domande: chi è il «Figlio del Fuoco e della luce ter-restre, che peregrinerà nell’atmosfera morale della Terra, non più in-carnato in una figura fisica, ma come una pura figura dell’Akasha»? Chi sono le «pure figure dell’Akasha, immerse nel fuoco», anch’esse denominate Figli del Fuoco? Secondo le mie conoscenze, nell’opera di Steiner c’è solo un riferimento di tal genere, ove egli ci addita la Leggenda del tempio massonica. In questa, con l’espressione “Figlio del Fuoco” viene chiamato Caino e altrettanto la sua progenie. In-fatti, nella conferenza di Berlino del 15 maggio 1905 (O.O. N° 93), dando i contenuti di tale Leggenda, dice testualmente: «Un tempo

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uno degli Elohim si unì con Eva e ne nacque Caino. In seguito un altro Elohim, Adonai, o Jehova-Jahvè, creò Adamo. Quest’ultimo si unì con Eva e da quella unione nacque Abele. …Abbiamo così due stirpi umane: una dei discendenti originari dell’Elohim, i figli di Caino, chiamati anche Figli del Fuoco. Sono quelli che coltivarono la Terra, che lavorarono la Terra senza vita e la trasformarono con l’arte degli uomini. …Da questa stirpe discende anche l’architetto Hiram-Abiff. …Sono i Figli del Fuoco che, dal complessivo pensiero cosmico, devono portare saggezza, bellezza e bontà nel mondo per trasformarlo in Tempio». Da queste parole si evince, senza ombra di dubbio, che per “Figlio del Fuoco”si ha da intendere Caino, ovvero Hiram-Abiff, ovvero Lazzaro, ovvero Christian Rosenkreutz; per “Figli del Fuoco” i veri Maestri rosicruciani. Ma nella conferenza precedente abbiamo letto anche che: «Però allora, 5.000 anni dopo l’Illuminazione di Gautama Buddha, vi sarà anche il Maestro che in-segnerà agli uomini quali meravigliose figure siano quelle pure forme di Fuoco e di Luce. Quel Maestro sarà il Buddha Maitreya, che com-parirà 3.000 anni dopo l’epoca nostra e sarà in grado d’istruire gli uomini sull’impulso del Cristo». E abbiamo letto ancora: «Anche al tempo nostro, da questo essere che, di secolo in secolo, ricompare in un corpo di carne quale Bodhisattva, e che, non ora ma in avvenire, diverrà il Buddha Maitreya, emanano gli insegnamenti più importanti sull’entità del Cristo e sui Figli del Fuoco degli Indiani».

Non possiamo esimerci dal chiederci: chi è questo Bodhisattva da cui, «al tempo nostro (cioè, nel 1911 con Steiner vivente – nota del-l’Autore) emanano gli insegnamenti più importanti sull’Entità del Cristo e sui Figli del Fuoco»? Chi mai, oltre Rudolf Steiner, in e da quel tempo, ci ha dato gli insegnamenti più importanti sul Cristo?

Ma proseguiamo nell’esame delle parole che seguono nella confe-renza del 1° ottobre 1911 (op.cit.): «Il segno da cui si potrà riconoscere colui che una volta diverrà il Buddha Maitreya, è a sua volta l’acorcdo di ogni vero misticismo orientale con la sapienza cristiana». Non co-nosco nessun vero esoterista che, dai tempi di Steiner, abbia dato una conoscenza che contempli un’armonia, tra misticismo orientale e sapien-za cristiana, più vasta e assoluta di quella contenuta nell’Antroposofia.

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Non basta, proseguiamo ancora: «In contrapposto ai Figli del Fuoco, egli comparirà come Bodhisattva in un corpo fisico, e nessuno potrà supporre, dal modo come si svolgerà la sua giovinezza, quale individualità si celi in lui. Avverrà sempre che coloro che sono addentro in tali cose, riconosceranno che in quell’essere umano vive il Bodhisattva, sol quando egli sarà fra i trenta e i trentatré anni d’età. …Come il Cristo cominciò con l’opera sua nel trentesimo anno della sua vita, così i Bodhisattva che ne continueranno l’annuncio, si da-ranno a conoscere al loro trentatreesimo anno di vita. Il Buddha Maitreya stesso, come Bodhisattva trasformato, annunzierà con gran-diose possenti parole, di cui oggi è ancora impossibile dare un’idea, i grandi misteri dell’esistenza. …L’Antroposofia è la preparazione per tutto ciò che si avvererà in avvenire».

Le parole «In contrapposto ai Figli del Fuoco egli comparirà in un corpo fisico», significano: il Bodhisattva apparirà visibile e final-mente incarnato nel pieno senso della parola, rispetto ai Figli del Fuoco che agiranno con figure disincarnate. Ma da essi egli avrà la massima collaborazione spirituale, da questi seguaci di Christian Rosen-kreutz che, avendo reso perfetto il loro corpo eterico in numero sempre maggiore nei prossimi 2.500-3.000 anni, si saranno uniti nell’anello eterico che circonda la Terra, permettendo l’azione sempre più po-tente del Cristo in tale sfera. Ciò avverrà nella sfera akashica eterica, dove essi opereranno con potenza, grazie all’elemento del calore-fuoco con cui, da sempre, i Maestri rosicruciani sono in particola-rissimo rapporto (conferenza del 31 dicembre 1923 sera – O. O. N° 260).

E, infine, le ultime parole da me riportate: «I Bodhisattva che ne continueranno l’annuncio (del Cristo), si daranno a conoscere al loro trentatreesimo anno di vita. Il Buddha Maitreya stesso, come Bodhi-sattva trasformato, annunzierà con grandiose possenti parole, di cui oggi è ancora impossibile dare un’idea, i grandi misteri dell’esistenza. …L’Antroposofia è la preparazione per tutto ciò che si avvererà in avvenire». Rudolf Steiner si è dato a conoscere, pubblicamente, con la pubblicazione del libro La filosofia della libertà nel 1894, quando aveva trentatré anni. Egli è stato l’unico vero annunciatore della

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manifestazione del Cristo in eterico. Egli ci ha dato, dal suo qua-rantesimo anno in poi, cioè dal 1901-1902, l’Antroposofia, ovvero: «la preparazione per tutto ciò che si avvererà in avvenire»: ciò che il Buddha Maitreya «annunzierà con grandiose possenti parole …i grandi misteri dell’esistenza». Sì, l’Antroposofia è la preparazione per quei tempi, e proprio Steiner ha detto della sua opera: «Fra 2.500 anni, cioè allo scadere dei 5.000 anni di tirocinio bodhisattvico, l’An-troposofia, nella sua attuale forma, non esisterà più, essa sarà del tutto differente a causa della rinnovata capacità di conoscenza degli uomini». Egli ce la ridarà, come Buddha Maitreya, secondo il Logos del Cristo. Leggiamo, nelle seguenti parole di Steiner, la rivelazione velata di questo fatto (conferenza del 25 ottobre 1909, O.O. N° 116): «Ho già più volte rilevato che chi comprende veramente la Scienza dello Spirito, senza assumere posizioni dogmatiche, non può credere che la forma in cui questa è oggi espressa sia eterna e rimanga inalterata per tutta l’umanità futura. Non è così! Fra 2.500 anni le stesse verità non potranno più essere annunciate in queste forme, saranno bensì coniate in altre forme a seconda dello strumento a disposizione. Considerando ciò, vi renderete conto che in ogni età si deve parlare agli uomini in maniera diversa, che anche i grandi Maestri dell’umanità devono passare attraverso fasi di sviluppo: da un ciclo all’altro, da un’età della vita all’altra. Così troviamo i cicli percorsi dall’ umanità e contemporaneamente, a un livello superiore, un progressivo sviluppo di grandi Maestri dell’umanità. E come l’uomo, passando attraverso determinati gradi giunge, per così dire, a punti di svolta, così anche questi grandi Maestri vi pervengono attraverso determinati gradi di sviluppo».

Rileggiamoci, infine, le parole che dovrebbero sempre accompa-gnarci affinché, scrivendo o parlando di Antroposofia, da soli o insie-me ad altri, non si cada nell’egoismo del parlare o scrivere per sé: «Potrebbe anche darsi che, per colpa degli uomini, tutta questa grande opera venisse rovinata; ma coloro che vogliono evitare questo disastro e far sì che l’opera riesca, devono acquistarsi una comprensione della vita spirituale per mezzo di ciò che oggi chiamiamo Antroposofia. Così l’Antroposofia diventa un dovere, e la conoscenza desta in noi

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dei sentimenti di responsabilità di fronte ai misteri del mondo». Ascoltiamo l’accorato appello, che tuttavia lascia gli uomini liberi, datoci da Steiner per riconoscerlo (conferenza del 29 agosto 1923, O.O. N° 227): «In tutti i tempi in cui comparvero i Bodhisattva, in generale essi mai trovarono gli uomini contrari; se anche gli antichi tempi ci appaiono esteriormente spesso terribili, spaventosi, vi fu sempre la possibilità per gli uomini di andare incontro con buona volontà agli impulsi del Mondo spirituale. Così i Bodhisattva tro-varono un’umanità, presso la quale sempre veniva accolto il Logos lunare, riflesso del Logos solare. Ma in quell’antico modo non si po-trà mai più parlare all’umanità. Ciò che una volta vi fu deve pro-cedere oltre; non si tratta che l’antica saggezza, l’antico Logos lunare possa terminare, ma deve continuare e deve essere compreso attra-verso la parola solare; essa deve essere ritrovata, dopo la perdita del-l’antico retaggio della gnosi. …Ma, non si può parlare all’umanità col vero linguaggio solare, se prima l’umanità non muove incontro alla Parola con buona volontà. L’umanità aspetterà dunque invano l’arri-vo di un successore dell’antico Bodhisattva; che un Bodhisattva vi sia o non vi sia, dipende dal fatto che l’umanità sappia muovergli in-contro con comprensione. …L’umanità non troverà l’ascesa a questo elemento universalmente umano, a questo impulso cristico, e perciò non potrà comprendere ciò che un Bodhisattva avrebbe da dirle, se prima non avrà sviluppato di nuovo in sé una sufficiente aspirazione spirituale. …Il problema non è oggi che gli uomini abbiano da aspetta-re il Bodhisattva, ma che questi debba aspettare che l’umanità gli muova incontro con comprensione, prima di poterle parlare col suo linguaggio; l’umanità è infatti entrata nell’epoca della libertà».

Il Bodhisattva è tra noi, egli vive e opera in mezzo all’umanità, e ogni uomo può avere la ventura di entrare in rapporto con lui, ma dovremo imparare a riconoscerlo, a comprenderlo con forze umane scaturite da noi stessi (conferenza del 24 agosto 1911, O.O. N° 129): «…se, sul terreno della Scienza dello Spirito, parliamo dei Maestri della saggezza e dell’armonia dei sentimenti, la gente si meraviglie-rebbe dell’umana semplicità con la quale si presentano appunto tali Maestri della saggezza e dell’armonia dei sentimenti: essi stanno sul

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piano fisico, ma gli insegnamenti più importanti non li comunicano sul piano fisico …bensì sul piano spirituale. E chi vuole ascoltarli per riceverne gli insegnamenti, deve ottenere l’accesso a loro non solo come corpi fisici carnali, bensì come figure spirituali».

Ho voluto esprimere, come meglio non so fare, tutti i pensieri e

giudizi che, intessendo nessi sulle notizie che l’Antroposofia ci ha donato sull’operare di Giovanni Battista, il Bodhisattva Maitreya e Rudolf Steiner, mi hanno portato a pensare che, tra di loro, c’è un legame che fonde, senza confonderli, i loro Io in un’operante co-munione intuitiva che, pur potendo essere presagita, sfugge ancora alle nostre normali forze conoscitive.

Il fatto è che nessun vero Maestro, per una precisa legge spiri-tuale, può rivelare la propria alta Entità. Neppure il Cristo lo fece, e si limitò a rispondere: «Tu l’hai da dire!». Ma attraverso l’operato, il pensiero, l’insegnamento, si rende chiaro alla persona avvertita, e desi-derosa di approfondire, l’altissima personalità di Rudolf Steiner e la sua missione sulla Terra. Egli è il “Precursore”, colui che annuncia i grandi cambiamenti dell’evoluzione e aiuta l’uomo ad affrontarli. Nella veste di Giovanni Battista egli è stato l’annunciatore del Cristo, preparando gli animi dei suoi discepoli ad accogliere degnamente Colui che sarebbe venuto dopo di lui, e soprattutto a comprendere ciò che doveva aver luogo per nostra redenzione e per la completa trasformazione della Terra: il Mistero del Golgotha. Steiner stesso, con molta precisione e dettagli – senza però rivelare che parlava di sé – ci ha narrato del “risveglio” di Lazzaro e del segreto occulto dell’entrata dell’entità di Giovanni in Lazzaro, tanto che il suo nome fu cambiato, e da quel momento in poi fu chiamato Giovanni. Egli in ogni secolo torna fra noi, e aiuta l’uomo ad avanzare. Così è avve-nuto anche nella sua esistenza sulla Terra che si è conclusa nel 1925, la cui missione principale era di preparare prima i suoi discepoli, poi l’intera umanità, all’incontro con il Cristo eterico. Tutto ciò che Steiner-Giovanni ci ha dato in più, lo dobbiamo alla sua generosità e al suo desiderio di aiutare l’uomo nella sua lenta e faticosa evoluzione.

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Ciò che caratterizza fortemente il “Maestro dei Nuovi tempi”, secondo quanto diceva Massimo Scaligero, è che egli sia in grado di dare indicazioni in ogni campo dello scibile umano, dalla medicina all’arte, all’agricoltura, all’economia, alla pedagogia ecc.

Per terminare, in ciascuno di noi antroposofi dovrebbe essere data

risposta al quesito che, come testamento, Rudolf Steiner ci ha lasciato, e forse, durante la nostra vita, cercando con amore nella sua opera, si giungerà, forse, al punto di potersi dire: «Sì, tu sei Giovanni in me!».

Ebbene, la mia affermazione su Steiner-Giovanni può divenire verità, rimanere ipotesi, o essere giudicata come vaniloquio. Lascio la responsabilità, e naturalmente la libertà di giudicare, a ogni lettore, a ogni antroposofo. Da ora, cosa avverrà di essa non è più solo un episodio della mia biografia. Che essa acquisti risonanza o no, che sia negata, ignorata o altro, diventa un fatto che, mentre si distacca da me come singolo io, investe ogni discepolo dell’Antroposofia che ne abbia notizia.

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INDICE Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 7 Osservazioni di Marie Steiner sull’Ultimo Discorso di Rudolf Steiner . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 11 La sfera dei Bodhisattva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 13 Tentativo di spiegazione di affermazioni e risposte dirette di Rudolf Steiner. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 53 Digressioni dell’Autore sull’ipotesi Steiner-Giovanni . . . pag. 59

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FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI MARZO 2012 PER CONTO DELLE EDIZIONI “IL CALAMAIO”

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