Maria SS della Sacra Lettera

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Sulle origini e sul culto della Madonna della Lettera. Di Filippo Curtosi e Giuseppe Candido, prefazione di Mons. SE emerito Vincenzo Rimedio, introduzione di Francesco Santopolo

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Filippo Curtosi Giuseppe Candido

S. Maria a Sacra LitteraSulle origini e sul culto della Madonna della Lettera

Tra storia, arte e letteratura popolare

Prefazione di S. E. Mons. Vincenzo Rimedio

EDIZIONI

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Questo volume è stato realizzato grazie al contributo delSig. Francesco Cascasi

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Si ringraziano inoltre: la Biblioteca calabrese di Soriano, la Provincia Regionale di Messina – Assessorato alla Pubblica

Istruzione, l’Archivio Storico del Comune di Messina, l’Archivio Diocesano di Mileto, l’Archivio di Stato di Vibo Valentia, la Collegiata di S. Giacomo di Corte,

il sig. Gaetano Cirianni (F.R.), già Priore della Confraternita della Madonna della Lettera di Pannaconi, la prof.ssa Maddalena Naccari Carlizzi, il prof. Vittorio Emanuele Esposito.

© Non Mollare Edizioni 2010Associazione di volontariato [email protected]

In copertina: Madonna della Lettera – Pannaconi;In quarta: Immagine di S. Maria della Lettera collocata sull’altare maggiore della chiesa

(sconsacrata nel 1950) di Michelizia (Michele Milizia) a Tropea (Vv).

Progetto editoriale: Giuseppe CandidoGrafica: Bruno Martino

IN CATANZARO – 2010DALLA STAMPERIA DI BRUMARViale dei Normanni, 93/q - 88100 Catanzaro

I EdizioneFinito di stampare nel mese di luglio 2010

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In nome di Maria si inaugura la vita.La donna con lei ha conquistato la sua dignità,

è diventata persona nel senso più nobile della parola.

Alla memoria delle nostre madri.

Filippo Curtosi e Giuseppe Candido

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Maria,Sei coperta di indumenti preziosi.Tutti hanno visto il tuo seno biancomentre allattavi il figlio. Nel tuo figlio privilegiatoc’era in agguato la morte,patimento triste della vergogna.Eri solo una sposa della parola.Eri la sposa di Dio,ma nessuno poteva credereche Dio avesse forma di uomo.E così questo eterno misterosi riversò su di noi, figli della paura,e diventò peccato mortale.Chi non crede a Maria,divina ascoltatrice dei nostri peccati,Madre ardente che tace il suo mistero?Chi non crede alle donne?Chi non crede a tutte le madriche allevano i propri figlinel silenzio dell’obbedienza?Adesso ti adornano d’oro e di canti,ma ci fu un tempo in cui,gelida come il ghiaccio,partoristi dentro una grotta.

Alda Merini (1931-2010)

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Prefazione

Il saggio socio - religioso di Filippo Curtosi e di Giuseppe Candido ha inizio con la descrizione delle origini del Cristianesimo in alcuni luoghi della nostra terra di Calabria, di cui è evidenziata la realtà della sua bellezza naturale ed insieme del patrimonio artistico.

Uno spaccato di religiosità popolare è proposto nella trattazione in chiave antropologica delle feste che si svolgono in Calabria, ma l’intendimento di fondo degli Autori è di focalizzare la tradizione della lettera della Madonna alla Città di Messina e della conseguente devozione alla Madonna della Lettera.

Con onestà intellettuale si può affermare che militano a favore della tradizione, da qualcuno messa in dubbio o contestata, la posizione della Città di Messina come punto di confluenza tra Oriente ed Occidente ed il suo porto “dischiuso” alle relazioni commerciali con l’area mediterranea.

La funzione di cerniera fu realizzata dai ricchi mercanti messinesi, portatori delle notizie interessanti che raccoglievano nel loro peregrinare. Specialmente furono colpiti da quanto era avvenuto a Gerusalemme, luogo dei misteri della salvezza compiuti da Gesù morto, risuscitato e asceso al Cielo; Maria, la sua madre, poteva essere contattata, e da qui ebbe luogo la partenza della delegazione messinese per incontrarla e riceverne con benevolenza materna la Lettera che si conclude con le note parole: “Vos et ipsam civitatem benedicimus”, assieme ad una ciocca dei suoi capelli.

È una tradizione documentata dagli Autori, motivata e avvalorata dalla protezione accordata dalla Madonna alla Città di Messina, che l’ha eletta sua Patrona.

Tra le date da ricordare va sottolineata quella del 1716, quando la Città di Messina ebbe modo di accogliere un dotto basiliano, Gregorio Arena, che recò con sé una traduzione della Lettera fatta da un codice arabo. Fu l’occasione per un rilancio della devozione verso la Beata Vergine.

Sono descritte con dovizia di particolari le Feste di Messina e di Palmi, cioè della “Vara” di Messina e della “Varia di Palmi”.

Questa descrizione della “Varia” del prof. Luigi Lacquaniti, esponente a suo tempo della cultura palmese.

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Tali festività diedero e danno tuttora un’identità alle due Città, che vivono con tale partecipazione popolare il mistero di Maria Assunta in anima e corpo in Cielo tra fede e folklore.

L’iconografia della Madonna della Lettera comprende le molteplici raffigurazioni della stessa: in Sicilia nelle figurazioni storiche appare con la Lettera, mentre in Calabria appare con la Lettera nella figurazioni iconiche.

A proposito delle raffigurazioni della Vergine va ricordato il Rev. Padre Placido Samperi, autore di un volume sulla iconologia della Madonna della Lettera.

Il Museo Nazionale di Reggio Calabria detiene un dipinto della Vergine “protesa a porgere la Lettera al senatore messinese”, probabile bozzetto di pala di altare, databile verso la metà del secolo XVII, testimonianza di un certo rilievo nell’ambito degli scambi culturali ed artistici tra le due sponde”.

Per Pannaconi, per la sua secolare devozione alla Madonna della Lettera, non esiste alcuna documentazione scritta e, quanto si conosce, è dovuto alle testimonianze delle persone anziane del paese. “La statua della Madonna della Lettera, per voce unanime, era stata portata in Pannaconi dal conte Gabrielli, proveniente con la famiglia da Tropea, ed è di “pregiatissima fattura”. Fu custodita prima nella casa del conte Gabrielli, successivamente, in quella dei signori Mantella, finché non trovò la sua collocazione definitiva nella Chiesa ricostruita dopo il terremoto del 1905.

Va integrata la Prefazione dal momento che si è venuti a conoscenza di un documento-testimonianza del 1842, il cui autore è Antonino Crisafulli Minutolo da Messina. La dedica è al Vescovo Mons. D. Giovanni Maria Bisignani.

Il documento è diviso in due parti: nella prima è trattata la storicità della Lettera della Madonna alla Città di Messina mentre nella seconda vi è la soluzione di varie obiezioni che si muovono alla veridicità della Lettera e ai riferimenti commessi.

Risulta nuovo il coinvolgimento di San Paolo, l’Apostolo delle genti, a monte della tradizione sulla Madonna della Lettera. Sarebbe stato, oltre che a Reggio Calabria, anche a Messina, per la predicazione del Vangelo.

Non vi mancò l’occasione di riferire nella predicazione il ruolo della Vergine Maria, che era ancora in vita, nel Mistero dell’Incarnazione del Verbo.

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Da qui nacque nei Messinesi convertitisi alla fede cristiana il desiderio di conoscere e di poter venerare” la Donna eccelsa del Cielo”.

L’autore descrive dettagliatamente la missione di una rappresentanza di Messinesi che si recò dalla Vergine Maria a Gerusalemme,dove ebbe luogo il lieto e indimenticabile incontro con Lei, gioiosa della propagazione della fede cristiana, e in cambio scrisse anche la Lettera con la Benedizione destinata alla Città di Messina.

Il documento di Antonino Crisafulli Minutolo, riportato nel volume, è importante perché riproduce i sentimenti vivi del passato verso la Madonna della Lettera e propone indizi rilevanti alla tesi della storicità.

Una parola di conclusione: se non erro, la IV egloga virgiliana, grazie ai rapporti tra Oriente ed Occidente, auspica un’epoca storica d’oro: si spiega a motivo delle profezie bibliche messianiche che descrivevano il nuovo corso della storia con la nascita del Messia. Mi congratulo con gli Autori del saggio scritto con passione, con la tensione della ricerca, con devozione mariana e corredato da significative note esplicative.

† S.E. Mons. Vincenzo Rimedio, Vescovo Emerito

della Diocesi di Lamezia Terme

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Introduzione

La Madonna della Lettera, tra antropologia e storia

Se è vero che “Fede, rituale, esperienza spirituale, sono le pietre angolari della religione, e l’esperienza spirituale è la più importante”1, è altrettanto vero che, su questa questione, la comunità ha avuto e continua ad avere due atteggiamenti contrapposti.

Da una parte la comunità religiosa che si riconosce nei valori di fede, rituale, esperienza spirituale e ne vive i valori. Dall’altra la comunità laica- scienziati sociali compresi- che tende a:

1- escludere dal proprio campo di indagine fenomeni che non si prestano a spiegazioni scientifiche;

2- relegarle in un ambito minoritario con analisi che ci “raccontano” le esperienze emozionali altre, senza un tentativo serio di interpretarne il rapporto di causazione e funzionalità con le società che le esprimono;

3- applicare all’indagine il filtro deformante dell’ideologia costituita dal proprio sistema di valori, dalle metodologie d’indagine e quant’altro finisce col privarla del necessario distacco.

Questo perché, con qualche eccezione, antropologi e sociologi, trovano oggettive difficoltà a dare un significato alla fenomenologia dello spirito e abbandonano “l’emozione religiosa agli psichiatri, o ai teologi”, limitandosi a “registrare, più minuziosamente e dettagliatamente possibile, le credenze e i riti di una moltitudine di popolazioni tribali sparse su tutta la faccia della terra”2. Ci ritroviamo con un enorme patrimonio di informazioni sulle religioni e sui loro rituali ma pochi tentativi seri di apertura ad una sociologia delle religioni che renda conto di un fenomeno la cui complessità va ben oltre le riserve della cultura occidentale.

Tra fine ‘800 e la prima metà del ‘900, furono Comte, Spencer3, Durkeim4, Weber5, padri nobili della disciplina, che tentarono di formulare una sociologia delle religioni rimasta, tuttavia, in superficie e lo scienziato 1 Lewis, J. M. (1972), Le religioni estatiche, Roma, Ubaldini Editore.2 Lewis, J. M. (1972), Op. cit..3 Spencer, H. (1967), Principi di sociologia, Torino, Utet.4 Durkeim, E. (1971), Le forme elementari della vita religiosa, Milano, Edizioni di Comunità.5 Weber, M. (1975), Sociologia della religione, Roma, Newton Compton.

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sociale sembra osservare il fenomeno religioso con apparente distacco ma applicando il filtro della cultura di riferimento che è, fondamentalmente, cultura euro-centrica.

La concezione evoluzionistica di Comte - comune, peraltro, a tutto il pensiero positivista - secondo cui la religione è un “fenomeno che si identifica con uno stadio relativamente primitivo dell’evoluzione sociale e culturale dell’umanità”6 dimostra come l’ideologia, quando si applica a fenomeni complessi come il comportamento umano, possa imbucarsi in qualche esercizio vuoto, come è capitato anche Frazer7 con il Golden Bough che “rappresenta per molti un monumentale esercizio di futilità”8.

Anche studiosi di altre discipline come Feuerbach9 e Marx hanno formulato ipotesi e letture, senza afferrare la complessità del fenomeno religioso. Per esempio, l’espressione “la religione è l’oppio dei popoli”10 è sicuramente di grande effetto ma non rende conto del dinamismo sociale del fenomeno religioso che può essere oppio al servizio della reazione e del potere ma anche motore della rivoluzione e del cambiamento11.

Così, la ricerca di Filippo Curtosi e Giuseppe Candido, il cui fascino è tutto nella ricostruzione puntuale di un culto - uno dei tanti culti mariani che hanno contrassegnato la storia del cattolicesimo - finisce, suo malgrado, con l’occupare uno spazio molto più ampio e coinvolge questioni che vanno ben oltre il puro interesse storiografico.

Affrontare questa introduzione è, per quanto ci riguarda, una resa dei conti con noi stessi e con la diffusa convinzione che relega le credenze religiose, e i culti ad esse sottesi, in una specie di limbo afferente al sentimento popolare e, per questo, da considerare minoritario, rispetto al più vasto e indagato mondo della scienza e della razionalità.

In altri termini, due sono gli elementi da cui siamo partiti: primo, l’analisi socio-antropologica non può prescindere dal riferimento ad uno spazio che investa le relazioni umane e il modo specifico e peculiare con cui gli uomini le vivono; secondo, a livello individuale il sentimento religioso può essere definito come un momento della vita interiore pertinente al mondo degli affetti e delle emozioni ma quando diventa popolare acquista dignità storica che gli conferisce valore di verità.

6 Gallino, L. (2006), Dizionario di Sociologia, Novara, De Agostini.7 Frazer, J. G. (1965), Il ramo d’oro. Studio della magia e della religione,Torino, Bollati Boringhieri8 Lewis, J. M. (1972), Op. cit. .9 Feuerbach, L. (1960), L’essenza del cristiaesimo, Milano, Feltrinelli.10 Marx, K. (1963), Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico, Roma, Editori Riuniti, vol. I.11 Feuerbach, L. (1972), L’essenza della religione, Torino, Einaudi.

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Quadro di riferimento

L’analisi socio-antropologica di un culto, nello specifico di un culto che fa riferimento a Maria, deve necessariamente fare il punto su due aspetti che riguardano l’oggetto del culto e il modo con cui le popolazioni lo vivono: la mariologia e la possessione, quest’ultima in un’accezione che sarà chiarita più avanti.

Così, all’analisi del culto di Maria nelle sue specificazioni teologiche, deve accompagnarsi quella relativa ad espressioni che da quello derivano come mariano e marianesimo.

Il termine mariano, pertinente all’opera e alla figura di Maria, in epoca elisabettiana si trasformò da aggettivo a sostantivo diventando l’epiteto riservato ai preti ordinati sotto Maria la sanguinaria che salì al trono d’Inghilterra tra il 19 luglio 1553 e il 17 novembre 1558, anno della morte.

Figlia di Caterina d’Aragona e del grande riformatore di Enrico VIII, Maria I fu la quarta e penultima regina della dinastia Tudor ed è ricordata per il tentativo di restaurare il cattolicesimo in Inghilterra, rendendosi responsabile di aver fatto giustiziare almeno trecento riformatori religiosi, compreso Thomas Cramner. Presumibilmente perché le ragioni marciano più speditamente sulla punta di una lancia.

Con l’espressione marianesimo, invece, deve intendersi la concettualità teologico- filosofica che sottende al culto

Da mariano deriva anche il termine marianisti che era l’altra denominazione riservata ai “Fratelli della Società di Maria”, congregazione fondata nel 1817 da G. J. Chaminade

Resta da chiedersi il come e il perché della nascita di un culto su una figura, Maria appunto, che nelle Sacre Scritture occupa una posizione marginale.

Maria nel Vangelo

Tre evangelisti riportano alcuni episodi che fanno luce sulla figura di Maria e sul rapporto col figlio, da cui emerge la posizione assolutamente marginle e defilata della sua figura.

Un giorno, mentre Gesù insegnava “giunsero sua madre e i suoi fratelli; e fermatisi fuori lo mandarono a chiamare” non potendo superare la folla che lo circondava. Gesù rispose: “Chi è mia madre? E chi sono i miei

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fratelli? E guardati in giro coloro che sedevano d’intorno disse: Ecco mia madre e i miei fratelli! Chiunque avrà fatta la volontà di Dio, mi è fratello, sorella e madre “ (Marco 3, 31-35). Parole molto dure che ricordano quelle riportate da Luca (14, 25-26): “Se uno viene a me e non odia suo padre, e sua madre, e la moglie, e i fratelli, e financo la propria vita, non può essere mio discepolo”.

Non è solo l’asserzione della priorità del discepolato, ma le parole di “un uomo a cui la vita familiare aveva riservato alcune di quelle amare esperienze di ripulsa e di solitudine interiore, che sono frequenti nei grandi geni e negli uomini di Dio”12.

La versione di Marco va messa in relazione con il versetto precedente “or i suoi parenti, udito ciò, vennero per impadronirsi di lui, perché dicevano E’ fuori di sé” (Marco, 3,21) e con il versetto di del prologo di Giovanni “Egli è venuto in casa sua, e i suoi non l’hanno ricevuto” (Giovanni, 1,11). A Gesù era dato di conoscere fino in fondo l’amarezza del rifiuto. Non solo i farisei e i dottori della chiesa ma “Neppure i suoi fratelli credevano in lui” (Giovanni, 3,7).

L’immagine che ne scaturisce è di un Gesù solo con sé stesso e con la convinzione di essere per compiere la sua opera gigantesca. I suoi parenti (sua madre e i suoi fratelli) lo avevano ritenuto «fuori di sé», al pari degli scribi che dicevano “Egli ha Beelzebù”, cioè è invasato dal diavolo.

Altri due episodi illuminano meglio i rapporti non idilliaci tra Gesù e la madre.

Alle nozze di Cana in Galilea, Maria disse al figliolo “Non hanno più vino” che sottintende un generico invito ad «intervenire». Gesù risponde: “Che v’è fra me e te, o donna? L’ora mia non è ancora venuta” (Giovanni, 2,1-12).

L’altro episodio è quello di Maria ai piedi del figlio crocifisso: “Gesù vedendo sua madre e presso di lui il discepolo ch’egli amava, disse a sua madre: Donna, ecco tuo figlio. Poi disse al discepolo: Ecco tua madre. E da quel momento il discepolo la prese in casa sua” (Giovanni, 19, 25-27).

I rapporti tra Gesù e la madre non sono particolarmente intimi, tanto che in due occasioni il figlio non la chiama madre ma donna, senza voler in questo individuare una mancanza di rispetto ma solo una presa di distanza tra i legami terreni del Cristo e il valore della sua missione.

Che i rapporti tra madre e figlio non fossero particolarmente intensi è dimostrato dal fatto che Maria è presente nella vita di Gesù soltanto negli episodi riportati e che “non compare neppure, secondo i Sinottici, nel 12 Miegge, G. (1982), La vergine Maria, Torino, Claudiana Editrice.

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gruppo di donne che, più fedeli dei discepoli, accompagnarono Gesù fino ai piedi della croce”13.

Ritroveremo Maria ai piedi della croce a piangere tutto il so dolore di madre davanti al figlio crocifisso, la ritroveremo “soltanto al principio degli Atti degli Apostoli, insieme ai fratelli di Gesù, nella comunità di Gerusalemme (…). Poi, Maria sparisce nuovamente, e per sempre”14.

Allora la domanda è come e perché, una figura come quella di Maria, assolutamente marginale nelle Sacre Scritture, diventa, a partire dal IV secolo d. C., una figura centrale nel culto della cristianità, fino a sostituirsi completamente a Cristo?

Formulando meglio la domanda come e perché la carica eversiva della cristologia è stata sostituita dalla più tranquillizzante mariologia?

A nostro avviso, sono due le ragioni principali.Il messaggio di Cristo, comunque lo si voglia inquadrare, è un

messaggio eversivo e rivoluzionario. La sua missione è cambiare il mondo, sovvertire l’ordine costituito, innalzare i poveri e gli umili a nuova dignità.

La figura di Maria è tranquillizzante, pietosa, disposta al perdono. In altri termini una figura che conferisce autorevolezza al potere, anche quando questo si rende responsabile della crocifissione senza colpa del suo figlio primogenito.

E, soprattutto, laddove Cristo è inquietante, Maria si presta a riti di possessione in senso antropologico.

Veniamo al concetto di possessione così diffusa nel sentimento religioso da sfociare in quelle che sono state definite religioni estatiche15 e che affondano le proprie radici in alcune confessioni cristiane come i Pentecostali o nel vodu haitiano che rappresenta l’incontro o la sovrapposizione tra pratiche di religione tribale e pratiche di cattolicesimo, liberamente accolte o imposte16.

Nel culto mariano, a nostro avviso, si verificano le due forme di possessione individuate da Lewis17: la possessione periferica e la possessione centrale.

13 Miegge, G. (1982), Op. cit. .14 Miegge, G. (1982), Op. cit. .15 Lewis, J. M. (1972), Op. cit..16 Métraux, A. (1971), Il vodu haitiano, Torino, Einaudi.17 Lewis, J. M. (1972), Op. cit..

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La possessione periferica è quella in cui un singolo o un gruppo si sentono posseduti da una divinità e ne praticano il culto. È il caso di tutte le visioni (Madonna di Lourdes, Madonna di Fatima, ecc.).

Ma è anche il caso di possessioni del nostro tempo come Natuzza Evolo o Padre Pio.

La possessione centrale si verifica nel momento in cui il culto è accettato dalla chiesa che codifica tempi e forme del culto esteriore.

E poiché non c’è una specifica successione cronologica tra la nascita di un tipo di possessione e l’altro, nel culto mariano la possessione centrale (culto ammesso dal potere ecclesiale) può precedere o seguire quella periferica e tra le due forme si verifica un reciproco scambio e/o arricchimento.

Il culto mariano

Il forte impulso ricevuto dal cristianesimo nel IV secolo d. C., vide un'adesione diffusa di tutte le classi sociali. Con la promessa della salvezza ultraterrena, i deboli avevano un segno di speranza, i potenti un sostegno alle loro ragioni, tanto da utilizzare in senso conservatore la risposta di Gesù “Date a Cesare quel che è di Cesare, date a Dio quel che è di Dio” (Matteo, 22,15-22; Luca 20, 20-26; Marco 12, 13-17).

Come è noto, la domanda se fosse giusto pagare le tasse ai Romani, era stata posta a Gesù in termini provocatori per farlo cadere in trappola. L’occasione era il censimento a carattere fiscale per la formazione e l’aggiornamento dei ruoli del tributus capitis o tassa sulle persone fisiche, che ebbe luogo nel VI d. C., quando Gesù aveva probabilmente 10 anni.

La risposta di Gesù va interpretata in termini eversivi piuttosto che conservatori.

Non a caso, egli osserva la moneta, chiede all’interlocutore di sapere chi è il personaggio raffigurato, nel caso specifico Tiberio, quindi: se la moneta è di Cesare, datela a Cesare.

Ma c’è anche un’altra ragione che giustifica la risposta. All’emanazione del censimento era seguita la reazione del Giudei che, guidati da Giuda il Galileo, avevano dato vita al partito degli Zeloti.

La ribellione sarà soffocata nel sangue (Atti degli Apostoli, 5, 37) e Gesù voleva evitare che ulteriori atti di ribellione potessero giustificare altre azioni repressive.

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Questo passo molto controverso è riportato per primo da Paolo (Epistola ai Romani 13, 1-7).

L’Epistola, scritta probabilmente nell’inverno tra il 55 e il 56, precede di 10 anni il Vangelo di Marco e di 25 anni quelli di Luca e Matteo.

Il culto mariano comincia a farsi luce in un momento particolare della storia del cristianesimo che iniziava a perdere il carattere eversivo della religione di Cristo, man mano che la Chiesa aveva acquistato potere nella società. Ciò non vuol dire che l’adesione al cristianesimo non fosse convinta o non rispondesse a forti esigenze religiose, anche se, in molti casi, le conversioni furono favorite dal fatto che, in caso di matrimoni misti tra cristiani e non cristiani, questi erano autorizzati solo se la coppia si impegnava a garantire un'educazione cristiana ai figli. In altri casi la religiosità popolare pagana trasformò, in culto cristiano, i riti e le immagini di culti di origine antichissima.

Le radici pagane del culto di Maria si colgono nel confronto tra le immagini della dea Iside che allatta il piccolo Oro (risalenti al II sec.) e quelle della Vergine con il piccolo Gesù, di un paio di secoli posteriori. Pur nella profonda differenza di valori religiosi, si coglie appieno quanto il culto di Maria si inserisse in una tradizione ancestrale di venerazione per la divinità femminile, simbolo di fecondità e maternità.

Anche in termini formali ci sono dei collegamenti.

Iside viene a volte rappresentata con un velo blu o azzurro, come quello che porta la Madonna, per esempio. Nel cristianesimo la Madonna partorisce da vergine, nei miti egizi, Iside rimane incinta del dio Osiride senza avere con lui rapporto di alcun tipo (quindi rimane incinta senza perdere la propria verginità) e partorisce Horus, il figlio del dio che vendicherà il padre e sconfiggerà il “demonio”.

Molto probabilmente è dall’associazione con questo mito che è scaturito il dogma dell’Immacolata concezione e che aveva antecedenti in miti anteriori come la concezione di Buddha e Krishna.

Il culto della Madonna ricevette un forte impulso dal Concilio di Efeso del 431 durante il quale Maria venne proclamata Theotòkos, ovvero “colei che aveva fatto nascere Dio” e da allora la Madonna venne elevata ad un grado superiore a quello degli Apostoli e dei Santi.

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In definitiva, questa introduzione non ha inteso esaurire un argomento la cui portata meriterebbe più spazio e, soprattutto, ben altre competenze.

È solo un tentativo di approccio per individuare il legame profondo tra fede, rituale, esperienza spirituale che, da sole, danno al culto mariano valore di verità, fuori da ogni convincimento del nostro scetticismo laico occidentale.

Quando si penetra nel mondo delle emozioni e della spiritualità, un mondo unico per ognuno di noi, tutto il quadro di riferimento si ribalta, a meno di ammettere che solo la nostra scienza conta e che le suggestioni e la spiritualità popolare non hanno alcun diritto nel mondo della conoscenza.

È per questo che, al di là dell’accertamento se la Lettera sia veramente esistita o se è possibile credere a chi afferma di averne preso visione: la lettera c’è per il popolo che vuole credere che ci sia stata.

In altri termini, un fenomeno non è vero se noi ci crediamo o se è dimostrabile.

È vero nella coscienza del popolo che pratica il culto e che continua a fornircene documentazione iconografica.

In fondo, possiamo sempre rifugiarci nell’Endimione di Benjamin Disraeli che immagina questo dialogo: “Gli uomini ragionevoli sono tutti della stessa religione”, “Quale?” domandò il principe. “Gli uomini ragionevoli non lo dicono mai” e scivolare nel mondo dei teoremi indecidibili come quando affermo: “Io sono bugiardo”.

Se l’affermazione è vera non è vero che sono bugiardo, se l’affermazione non è vera ho detto la verità, quindi, non sono un bugiardo.

Francesco Santopolo

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Nota degli autori

Ai nostri buoni amici e ai nostri 15 lettori.

È da diversi anni che ci siamo dati a raccogliere con ogni cura notizie e documenti riguardanti la storia della Madonna della Lettera.

Paolo di Tarso nella Lettera ai Filippesi parlando dell’evange-lizzazione, scrive: “Tutti, infatti, pensano al proprio interesse, non a quelli di Cristo Gesù. Sono parole che si riferiscono ai cristiani oltre che ai pagani”.

Questo libro riporta testi scritti o meglio pronunziati in occasioni diverse. Si tratta di testi parlati, raccontati, di interventi in una diversità di generi e di linguaggio. Il nostro sforzo è stato quello di unirli e dare loro una certa omogeneità, penetrare con un metodo che non è propriamente quello scientifico, benché si presuppongono gli studi esegetici in materia.

Collocare il Sacro Foglio nel suo contesto storico e letterario, e con l’aiuto dell’arte, visualizzandone il messaggio permanente e il suo significato per i problemi dell’oggi.

L’associazione di Volontariato Culturale Non Mollare, con la pubblicazione di questo volume continua quel processo di ricostruzione identitario per valorizzare il patrimonio immateriale che è la tradizione calabrese. I proventi di questa pubblicazione saranno utilizzati per proseguire le ricerche ed i lavori secondo i fini statutari dell’associazione.

Gli Autori

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Madonna della Lettera nella Cappella del Palazzo del Senato, Opera di Antonino Barbalonga

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Bibliografia

• Biasutti R., Razze e Popoli della terra, UTET Torino,1941.

• Capelli B., Madonne in Calabria, in “Almanacco Calabrese”, XII, 1962.

• Campagna Cicala F., Mattia Preti – “Ambasceria della Vergine”, in Imago Mariae. Tesori d’arte della civiltà cristiana, catalogo della mostra, a cura di P. Amato, Roma, 1988.

• Chiarello P. Benedetto, Memorie Sacre, 1705.

• Corso R., I carri sacri in Italia, Il Folklore Italiano, pp.120-147, anno X, 1935.

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_______________________________S. Maria a Sacra Littera_______________________________

INDICE GENERALE

*****Prefazione Pag. 5Introduzione Pag. 9Nota degli autori Pag. 17

*****LE ORIGINI Paolo di Tarso Pag. 21Le origini del culto Pag. 31Verità storica: Il ritrovamento della Lettera Pag. 43

LE OPERE DEDICATE ALLA LETTERAViaggio nell’icona Pag. 51

LE FESTELa Madonna della Lettera in Pannaconi Pag. 67La chiesa di S. Maria Pag. 69La Varia di Palmi: in grazia di un ritmo Pag. 77La festa della Madonna a Polsi Pag. 85La Madonna della Lettera emigrata in Argentina Pag. 91La festa a Messina Pag. 95

PANNACONILa Madonna della Lettera Pag. 101Pannaconi, Casale della Città di Briatico Pag. 103Nasce la Congregazione della sacra Lettera Pag. 107Il Culto della Madonna della Lettera nel racconto degli anziani del paese Pag. 113La Famiglia Gabrielli Pag. 117Le laicali Congregazioni del S.S. Sacramento e della Beata Vergine Pag. 119La sacra visita alla Chiesa Pag. 131

SULLA LETTERAUna mostra e un convegno Pag. 135Rinvenimento del Simulacro di Nostra Signora della Lettera Pag. 139La Statua della Madonna della Lettera Pag. 143La Casa di Maria Pag. 147La sacralità di quella “Lettera” Pag. 151

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APPENDICE

Documenti e manoscritti Pag. 157

Sulla Lettera scritta da Maria ai Messinesi e sulle particolarità che si contengono nel magnifico metropolitano tempio di Messina dedicato alla Vergine Pag. 159

Feste centenarie celebrate, in Messina, in onore della Madonna della Lettera Pag. 183

Lettera del Priore della Confraternita al Vescovo della diocesi di Mileto Pag. 197

Petizione al Vescovo per la nomina di un “Curato capace” Pag. 199

Atto Notarile di cessione del simulacro di N.S. Della Lettera da parte del pescatore Giuseppe Giribaldi Pag. 201

Famiglia Gabrielli: corrispondenza col Vescovo per la costruzione di un oratorio privato Pag. 203

Lettera del Conte Gaetano Gabrielli a Sua Maestà per concedergli la“grazia di poter erigere un privato oratorio” Pag. 196

Risposta del Re, attraverso il Vicario Capitolare, alla famiglia Gabrielli Pag. 207

Atto pubblico del 1785 di testimonianza e giuramento di alcuni cittadini di Pannaconi Pag. 209

O’ Vergine S.S. della sacra Lettera – Novena del sig. Nicola Mazzeo Pag. 215

O’ Vergine S.S. della sacra Lettera – Preghiera del sig. Nicola Mazzeo Pag. 221

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