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1 [Maria Chiara Galizi*, Daniele Palumbo*, Francesco Giuffrida*, CBNA Bianchi*, Barbara Morsello**, Eugenia Fanelli**, Gianluca Palumbo**, Alessia Golfetti**, Giuseppe Maria Milanese*] Ricerca-intervento per pazienti isolati dal punto di vista “relazionale” seguiti in Assistenza Sanitaria Domiciliare dalla Cooperativa OSA: una risposta per l’umanizzazione e la personalizzazione dei servizi socio-sanitari. Primi risultati. Paper per la IX Conferenza ESPAnet Italia “Modelli di welfare e modelli di capitalismo. Le sfide per lo sviluppo socio-economico in Italia e in Europa” Macerata, 22-24 settembre 2016 *COOPERATIVA OPERATORI SANITARI ASSOCIATI ; ** SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA

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[Maria Chiara Galizi*, Daniele Palumbo*, Francesco Giuffrida*, CBNA Bianchi*, Barbara Morsello**, Eugenia Fanelli**, Gianluca Palumbo**, Alessia Golfetti**,

Giuseppe Maria Milanese*]

Ricerca-intervento per pazienti isolati dal punto di vista “relazionale” seguiti in Assistenza Sanitaria Domiciliare dalla Cooperativa OSA: una risposta per

l’umanizzazione e la personalizzazione dei servizi socio-sanitari.

Primi risultati.

Paper per la IX Conferenza ESPAnet Italia

“Modelli di welfare e modelli di capitalismo.

Le sfide per lo sviluppo socio-economico in Italia e in Europa”

Macerata, 22-24 settembre 2016

*COOPERATIVA OPERATORI SANITARI ASSOCIATI; ** SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA

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AREA D’INTERVENTO

La Salute nella sua accezione moderna, e secondo la definizione dell'OMS,

non significa soltanto assenza di malattia, ma è uno stato di completo

benessere psichico, fisico e sociale dell'uomo, dinamicamente integrato nel

suo ambiente naturale e sociale. È necessario quindi non soltanto prendere

atto del danno o disfunzione biologica che colpisce l’individuo, ma

comprendere come e quanto tale danno possa estendersi alle altre

dimensioni sociali ed ambientali del paziente. Attraverso questo approccio,

è possibile esplorare la condizione dell’anziano in modo più adeguato e

consono a restituire un quadro della complessa relazione che lega i concetti

della triade Disease/Illness/Sickness e di comprendere quali sono gli aspetti

che in particolar modo condizionano la qualità della vita dell’assistito in

maniera positiva o negativa e su questi intervenire.

Questo fenomeno, ha ed avrà sempre più effetti per tutte le società, ed è il

risultato dei progressi della medicina, delle nuove tecnologie, ma anche

delle migliorate condizioni di vita in senso globale.

L’invecchiamento della popolazione rappresenta una delle maggiori

evidenze non solo epidemiologiche ma anche socioculturali del nostro

tempo. Con l’estensione progressiva delle aspettative di vita individuali e

collettive che la nostra società consente, si pone oggi più di ieri la questione

di come affrontare l’età della senescenza ed accompagnare l’anziano entro

questo percorso, non scevro di complessità peculiari, affinché la qualità

della vita possa definirsi come criterio centrale per l’attuazione di politiche e

strategie d’intervento mirate.

Nell’ambito del programma “e-Care”, realizzato dalla Cooperativa OSA, è

stata avviata una ricerca-azione denominata “Telecompagnia” per pazienti

in “isolamento relazionale” seguiti dall’assistenza sanitaria domiciliare.

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TARGET E OBIETTIVO SPECIFICO

La ricerca-intervento si rivolge agli over 60 in particolari situazioni di

isolamento emotivo e relazionale. Il target di riferimento è quello di

pazienti che lamentano solitudine e smarrimento, che necessitano di

compagnia e conforto, per i quali possa essere utile la vicinanza di una ‘voce

amica’, disponibile all’ascolto, che permetta loro di comunicare e di

raccontare la propria vita, i propri ricordi, le proprie preoccupazioni

attraverso un dialogo amichevole, piacevole ed aperto. Un modo per

ricostruire una propria identità biografica a volte ingrigita e distante anche a

loro stessi.

L’obiettivo specifico consiste nel seguire 100 pazienti per anno solare

effettuando 12 contatti per ciascuno. I pazienti saranno stratificati in gruppi

di 25 su differenti Asl romane e al termine dei 3 mesi, i pazienti contattati

saranno inseriti in una rete di sostegno e supporto frutto della

collaborazione tra OSA e il Centro della Pastorale sanitaria della Diocesi di

Roma che interverrà attivando le parrocchie sul territorio attraverso i suoi

volontari che prenderanno in carico di persona i nostri pazienti anziani più

bisognosi.

Configurandosi nei termini di una ricerca-intervento, il servizio di

Telecompagnia ha combinato al suo interno diversi obiettivi e finalità,

connessi da un lato ad esigenze conoscitive utili a livello di organizzazione e

spendibili per una valutazione della qualità del servizio, dall’altro ad un più

diretto intervento per migliorare le condizioni di vita dei pazienti ai quali

essa si riferisce.

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DESCRIZIONE DEL CONTESTO

Il servizio di Telecompagnia è stato realizzato nell’ambito di un più generale

programma “e-Care” sviluppato da OSA. Questo progetto, condiviso con la

Asl romana in cui si è svolto, ha visto la collaborazione della Centrale

Operativa territoriale OSA e il supporto informativo degli operatori sanitari

attivi sul territorio. Ha infine previsto l’attivazione di 4 tirocini formativi (3

post laurea e 1 curriculare) frutto di una convenzione tra Università

Sapienza e OSA.

METODI

La ricerca prevede, da una parte l’intervento attraverso il contatto

telefonico volto al supporto sociale, emotivo ed informativo al paziente che

si trova in condizioni di solitudine e già assistito per la componente sanitaria

da OSA e dall’altra consente la raccolta di dati utilizzando tecniche sia

qualitative che quantitative per potenziare al massimo le fonti disponibili

attraverso una logica di integrazione. L’équipe di lavoro è stata di natura

multidisciplinare: sociologi, psicologi e medici.

COSTRUZIONE DEL CAMPIONE

Per la definizione del campione è stato adottato un campionamento per

testimoni privilegiati (professionisti sanitari che lavorano presso i domicili),

che per la loro posizione professionale e in generale per le loro conoscenze

ed esperienza risultano essere più competenti ed informati delle reali

situazioni di bisogno dei pazienti che assistono. Attraverso la loro

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valutazione è stata individuata una lista di 74 casi di pazienti in assistenza

domiciliare con le caratteristiche del target verso cui la ricerca-intervento

era diretta. Il campione ha avuto una mortalità pari ad 1/3 dei pazienti

segnalati inizialmente e si è successivamente stabilizzato su 25 unità. Per

questi pazienti è stato pianificato un ciclo di 12 contatti telefonici nell’arco di

3 mesi attraverso cicli di 1 chiamata settimanale, in questo arco temporale

sono stati effettuati 201 contatti con una media di circa 8 contatti per

paziente, impiegando più di 37 ore di conversazione. A questi si aggiungono

ulteriori 10 utenti che, per diverse motivazioni, hanno interrotto il servizio in

corso d’opera ma a cui sono stati comunque garantiti mediamente 3

contatti. Ulteriori 39 utenti sono stati infine quelli contattati almeno 1

volta. La mortalità del campione ha riguardato: Aggravamento dello stato di

salute; Assenza di lucidità; Mancanza di interesse del paziente; Mancanza di

interesse del caregiver (figli, nipoti e badanti).

Emergono, attraverso l’analisi del campione perso, diverse barriere

d’accesso.

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Il rifiuto da parte del caregiver si costituisce come causa di non adesione

maggiore, in particolare nella fascia d’età tra i 77 e i 90 anni (54,2%).

Nella fascia d’età più giovane tra i 62 e 76 anni, è anche il paziente stesso a

non essere interessato al servizio (35,3%) la convivenza con il coniuge, con i

figli o con la badante gli permette di non percepire un isolamento

relazionale così forte.

Le motivazioni specifiche che inducono a non aderire o a lasciare il servizio

di Telecompagnia sono in molti casi legate al naturale decorso della

patologia o all’aggravarsi di quest’ultima, ma anche ad eventi accidentali

quali un improvviso ricovero, che rappresentano una causa importante di

mortalità del campione di riferimento.

Sono stati raccolti differenti indicatori relativi alla condizione clinica e

sociale: Stato cognitivo (Lucido/Parzialmente Lucido/Non lucido); Grado di

mobilità (Indipendente/Parzialmente dipendente/Allettato); Reti sociali

(Domanda aperta).

Sono stati inoltre rilevati indicatori di esito, relativamente alla modificazione

nella condizione dell’umore dell’assistito rilevato all’inizio e alla fine di ogni

contatto.

DESCRIZIONE DELLA POPOLAZIONE DI RIFERIMENTO

- Il Distretto di appartenenza

La prima classificazione operata sul campione riguarda il Distretto di

appartenenza degli utenti. Sono stati presi in considerazione i 4 Distretti che

compongono il territorio della Asl, su cui si è concentrata la ricerca (Cfr.

Tabella 1). Da essa si evince facilmente come tutti i Distretti siano stati

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abbastanza equamente rappresentati all’interno del campione, sebbene vi

sia una leggera prevalenza dei distretti II e III rispetto al I e al IV.

- Le Classi di età

La classe più numerosa è rappresentata dagli over 80 anni, in cui è inclusa

oltre la metà del campione (14 casi), mentre la classe di età più giovane del

nostro campione ha un’età compresa tra i 64 e i 79 (11 casi).

I II III IV

16%

28%

36%

20%

Distretto di appartenenza

dai 64 ai 79 anni 44%

dagli 80 fino ai 95 anni

56%

Classi di età

Tab. 2. Classi di Età

Frequenza Percentuale

Percentuale

cumulata

da 64 fino a 79 anni 11 44% 44%

da 80 fino a 95 anni 14 56% 100%

Totale 25 100%

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- Il Genere

Rispetto al genere, emerge un’ampia maggioranza della componente

femminile, pari al 76% del pazienti assistiti a fronte del 24% relativo alla

componente maschile.

- La Patologia

In fase di analisi si è deciso di operare un’ulteriore classificazione del

campione attraverso l’individuazione di una variabile relativa alla patologia

degli assistiti. Questa classificazione è stata effettuata sulla scorta dei dati

76%

24%

Genere

donna uomo

Tab. 3 Genere

Frequenza Percentuale

Percentuale

cumulata

Donna 19 76% 76%

Uomo 6 24% 100%

Totale 25 100%

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reperiti nel database della cooperativa, compatibilmente con le informazioni

rese disponibili dalla ASL di pertinenza. Sono state individuate, all’interno

del campione, 9 patologie prevalenti riportate nella successiva tabella

rapportate alle classi di età. Da questa emerge come, in termini di

frequenza, le patologie più diffuse all’interno del campione siano: la sclerosi

multipla e la categoria indicata con il termine “pluripatologici” (con cui si fa

riferimento a quei pazienti che presentano problematicità complesse tali da

investire molteplici ambiti). La demenza senile, sebbene riscontrata in

associazione ad altre patologie più specifiche in diversi casi, è stata

individuata come principale patologia solo in due casi, mentre ad un livello

di frequenza ancora inferiore pari ad un singolo caso, si riscontrano: esiti di

frattura di femore, la SLA, la distrofia muscolare, la poliartrosi, il trauma da

parto e la protesi d’anca.

14% 57% 14% 14%

75%

25%

pluripatologici sclerosi multipla sla distrofiamuscolare

trauma da parto

da 64 a 79

Patologia per genere e classe di età (da 64 a 79 anni)

donna uomo

58%

8% 8% 8% 8%

50%

50%

pluripatologici demenza senile esiti fratturafamiliare

poliartrosi coxartrosi

da 80 a 95

Patologia per genere e classe d'età (da 80 a 95 anni)

donna uomo

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- I livelli di Cognitività e Mobilità

Un’ampia maggioranza del campione (72%) presenta un buon grado di

lucidità, mentre poco meno di 1/3 del campione (28%) presenta una lucidità

solo parziale, nessun caso di assenza di lucidità tale da compromettere la

relazione di aiuto.

72%

28%

Cognitività

Lucido Parzialmente Lucido

Tab. 5 Livello di Cognitività

Frequenza Percentuale

Percentuale

cumulata

Lucido 18 72% 72%

Parzialmente Lucido 7 28% 100%

Totale 25 100%

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Dal grado di mobilità degli assistiti emerge come quasi 2/3 del campione sia

parzialmente autonomo (67%), poco meno di 1/3 è completamente

autonomo (29%) e solo un caso presenta una condizione di immobilità

totale.

Autonomo 28%

Parzialmente autonomo

68%

Allettato 4%

Mobilità

Tab. 6 Livello di Mobilità

Frequenza Percentuale Percentuale

cumulata

Autonomo 7 28% 28%

Parzialmente autonomo 17 68% 96%

Allettato 1 4% 100%

Totale 25 100%

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- Il Caregiver principale e Rete sociale

Il terzo indicatore è relativo alla Rete Sociale degli utenti e si è scelto di

suddividerlo in 2 ulteriori variabili, la prima relativa al Caregiver Principale,

ovvero alla figura maggiormente deputata all’assistenza, ed un’ulteriore

variabile in cui sono state raccolte informazioni circa le altre figure presenti

nella Rete sociale dei pazienti oltre a quella del caregiver.

I dati riportati nella tabella successiva, dimostrano come i caregiver di gran

lunga più presenti, siano le badanti (40% dei casi), seguite dai figli e dal

coniuge (20%). Su un livello del tutto insufficiente si attestano invece i

Servizi sociali (4%), che sebbene siano presenti in più casi, solo in un unico

caso sono presenti in maniera esclusiva. Infine nella tabella è presente

anche il valore altro, in cui sono stati inclusi ulteriori casi rispetto alle

categorie inizialmente predisposte, che presentano tuttavia una frequenza

estremamente bassa. Il primo caso non ha nessuna figura riconducibile al

caregiver principale in quanto, nonostante le sue precarie condizioni di

salute, si ritrova a dover fornire essa stessa assistenza al marito e al figlio

anch’essi malati (Morbo di Alzheimer e Sclerosi Multipla), ed un secondo

caso relativo ad una persona che ha come caregiver principale il nipote.

Tab. 6 Caregiver Principale

Frequenza Percentuale

Percentuale

cumulata

Badante 10 40% 40%

Coniuge 5 20% 60%

Figli 7 28% 88%

Servizi sociali 1 4% 92%

Altro 2 8% 100%

Totale 25 100%

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Nella tabella successiva sono invece evidenziati i casi rispetto ai quali oltre

alla figura del caregiver principale, sono presenti anche altri riferimenti nella

Rete sociale degli utenti assistiti.

In generale in più della metà dei casi (60%) è presente più di un riferimento:

Tab. 7 Rete sociale

Frequenza Percentuale valida

Percentuale

cumulata

E’ presente più di un riferimento 10 40% 40%

Esiste un unico riferimento 15 60% 100%

Totale 25 100%

Tra coloro che hanno la badante come caregiver principale, si riscontrano

nelle rispettive reti sociali, anche ulteriori riferimenti: Servizi sociali; Figli;

Amici; Figli e amici.

Servizisociali

Altro Coniuge Figli Badante

4% 8%

20%

28%

40%

Caregiver principale

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Tra coloro che invece hanno il coniuge come caregiver principale, 2 hanno

anche i figli ad assisterli e 1 soltanto ha una rete più forte composta sia di

figli che di amici.

- Il Contesto domiciliare

Un dato interessante è quello relativo al contesto domiciliare degli assistiti.

Si è deciso di raccogliere un’ulteriore informazione utile a valutare l’effettivo

grado si solitudine degli utenti del servizio. Molte volte infatti pur potendo

contare su una specifica figura che li assiste o su più di una, molti si trovano

comunque a vivere da soli o a dormire da soli. In relazione a tale indicatore

si registra come 9 persone (36%) su 25 vivano e dormano da soli.

Tab. 9 Vive da solo

Frequenza Percentuale

Percentuale

cumulata

si 9 36% 36%

no 16 64% 100%

Totale 25 100%

Il 40% dei pazienti del nostro campione ha come caregiver principale la

badante, che in 9 casi su 10 vive insieme all’assistito, il 20% è invece

accompagnato dal coniuge che svolge il ruolo di caregiver principale e

supporto quotidiano continuativo in tutti i casi osservati. Una discrepanza

importante è quella relativa ai figli degli assistiti che nonostante

rappresentino il secondo caregiver principale del nostro campione (28%), in

6 casi su 7 non vivono insieme al genitore.

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Attraverso le storie di vita è stato infatti possibile riscontrare come i pazienti

seguiti dai figli lamentassero uno stato di solitudine e spesso di isolamento

relazionale nonostante avessero i propri figli come punto di riferimento. Il

dato non ambisce ad una generalizzazione, ma al tempo stesso sembra

seguire il trend nazionale circa i mutamenti demografici che coinvolgono le

famiglie rispetto al caregiving.

Nonostante la riforma dell’assistenza nel 2000 e la sperimentazione in

alcune regioni di misure innovative, persiste uno sbilanciamento a favore dei

più tradizionali strumenti monetari di indennizzazione passiva rispetto ai

servizi. In assenza di servizi adeguati, di istituti atti a riconoscere e

regolarizzare l’assistenza informale, il risultato è che accanto alla famiglia

oggi sorge un nuovo mercato irregolare, quello delle badanti che sempre più

spesso vivono presso l’anziano, incorporando i ruoli dei figli che,

coerentemente ai mutamenti sociali, sono spesso impegnati in attività

lavorative che li rendono assenti dal domicilio. (cfr. Esping-Andersen, 1990,

1999; Paci, 1992; Ferrera, 1996; Saraceno, 1998).

badante coniuge figli servizisociali

altro

Caregiver principale

1 0

6

1 1

9

5

1 0

1

Contesto domiciliare

Vive da solo Non vive da solo

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- Il Tempo libero

Un ulteriore indicatore è quello relativo alle attività di tempo libero svolte

dagli assistiti. Dal grafico successivo, che riporta i dati emersi in relazione a

tale indicatore, è possibile notare le attività di tempo libero principalmente

svolte da parte dai nostri assistiti.

Una percentuale molto alta è quella relativa al guardare la Tv che si

prefigura come l’attività principe del nostro campione (32%), seguita dal

ricevere visite (17%), e, ad un livello inferiore, cucinare (12%) e giocare a

carte (10%).

È stato inoltre possibile valutare le attività maggiormente svolte nel tempo

libero rispetto ai livelli di mobilità e cognitività dei pazienti. Le attività

prevalenti restano guardare la tv e ricevere le visite di parenti e amici, sia per

i pazienti che godono di un buon livello di autonomia personale, sia per i

pazienti allettati. Emerge che i pazienti con un buono stato cognitivo e di

autonomia personale sono soliti cucinare per sé o per gli altri, ma anche

andare in chiesa, al supermercato, dal parrucchiere o al bar, a differenza di

3 3 3 5 5 5 5

10 12

17

32

Impiego del tempo libero (V%)

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chi presenta una maggiore compromissione del sistema cognitivo e motorio

e che quindi è obbligato ad uno stile di vita maggiormente sedentario e quasi

scevro di attività ludiche, hobby.

Per quanto riguarda il genere sembra esserci una distinzione nelle attività

svolte nel tempo libero riconducibile alla più classica divisione dei ruoli e

mansioni nell’ambiente domestico. Le donne infatti spendono il proprio

tempo guardando la tv (programmi di intrattenimento e varietà) e

cucinando.

Grande rilievo nel determinare la qualità della vita dei nostri assistiti - così

come per ogni individuo - è il modo in cui si impiega il tempo libero.

Il ruolo svolto dalla televisione, che tra le attività quotidiane è sicuramente

prevalente nella nostra popolazione di riferimento, è determinante, in

quanto sembra rappresentare uno strumento in grado di sopperire al senso

di solitudine quotidiano.

RACCOLTA E ANALISI DEI DATI

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L’intervento è stato condotto preliminarmente tramite interviste non

direttive (storie di vita) secondo la logica Narrative Based Medicine, con lo

scopo di lasciare che i pazienti si esprimessero liberamente e narrassero la

loro condizione e la loro storia. Questa prima fase, di tipo qualitativo, ha

previsto che ogni contatto con l’assistito fosse trascritto seguendo dei criteri

stabiliti preliminarmente.

Per ogni paziente è stata costruita una scheda/diario suddivisa in:

- Appunti giornalieri, distinguendo tra elementi oggettivi e impressioni

soggettive: trascrizione accurata e giornaliera di ciò che emergeva dal

contatto con gli assistiti, distinguendo tra descrizione oggettiva dei temi

emersi ed interpretazione soggettiva degli stessi.

- Interpretazione del ricercatore rispetto al suo ruolo nell’interazione

con l’interlocutore (attivo/passivo).

Sono stati raccolti complessivamente 38 diari di pazienti contattati

settimanalmente.

Dopo aver raccolto materiale che indicasse un certo grado di saturazione

tematica, i dati sono stati organizzati tramite il software di analisi testuale

Atlas.ti 6.2.

Dall’analisi del materiale empirico sono state create 5 famiglie di concetti :

- Patologia

- Aspetti emotivi

- Relazionalità presente

- Relazionalità assente

- Tempo libero

La fase qualitativa è stata dunque di fondamentale importanza non soltanto

per avere un quadro approfondito e specifico degli elementi che

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determinano la qualità della vita positiva o negativa dei nostri assistiti, ma

anche per definire meglio la fase di raccolta dei dati quantitativa successiva.

I concetti emersi durante la fase qualitativa sono stati utili a comporre il

complesso mosaico della “qualità della vita” dei nostri assistiti. Sono stati

identificati e classificati gli elementi che abbiamo ritenuto positivi per una

buona qualità della vita e li abbiamo distinti da quelli che invece influivano

in modo negativo. Tale operazione di concettualizzazione ci ha consentito di

focalizzare la successiva fase di raccolta dei dati quantitativa costruendo

diversi indicatori in relazione alla qualità della vita positiva influenzata da:

rete sociale, impiego del tempo libero.

Si è inoltre definito di rilevare il grado di umore (prima e dopo l’intervento),

per rilevare come l’intervento influisse in particolar modo sulla relazionalità

negativa emersa in via di concettualizzazione, identificata spesso con

sentimenti quali la solitudine, la nostalgia per il passato, il dolore per la

perdita di un familiare. L’analisi dei dati quantitativa è stata condotta

attraverso l’utilizzo del software SPSS-Statistical Package for Social Science

18.

RISULTATI

Una prima operazione di analisi sul materiale testuale raccolto durante la

fase qualitativa, è stata realizzata tramite l’utilizzo della funzionalità word

cruncher del software Atlas.ti 6.2. che prevede il conteggio delle frequenze

delle parole contenute nei documenti; successivamente attraverso

l’applicazione online Wordle.net è stata creata una nuvola di parole (o

nuvola di frequenze) che classifica le parole in base alla frequenza del loro

utilizzo, attraverso una rappresentazione grafica con grandezze e colori

differenti: maggiore è la grandezza di una parola, maggiore sarà il suo peso

all’interno dello specifico contesto preso in esame. Il risultato è di facile

lettura e di forte impatto comunicativo, utile a restituire una visione

complessiva degli aspetti rilevanti.

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I risultati della prima fase di ricerca sono dunque legati alla conoscenza

approfondita degli elementi limitanti nella qualità della vita degli intervistati.

Questa immagine relativa sia ai fattori positivi che a quelli negativi che

incidono sulla qualità di vita degli assistiti, ci permette dunque di effettuare

una prima quantificazione dei diversi aspetti emersi. In tal senso l’immagine

mette in primo piano l’impatto dirompente che assume al di sopra di ogni

altro fattore la percezione di un forte sentimento di solitudine da parte degli

assistiti, che sembra rispecchiare le condizioni di isolamento in cui spesso

questi si trovano. Questa condizione appare inoltre, fortemente connessa

ad un’ulteriore componente di grande rilievo, ovvero quella legata alla

dimensione relazionale che si identifica di volta in volta nelle figure del

marito, della madre, della badante, degli infermieri, delle sorelle, dei figli,

dei fratelli o dei nipoti.

La correlazione tra densità delle reti sociali e qualità della vita positiva è

comprovata da numerosi studi ed incamerata nei piani più avanzati di

politiche socio-sanitarie (Cfr. Palazzi 2002; Stefanini e Zanichelli 2002). Il

coinvolgimento nelle relazioni serve a proteggere la salute e il benessere

degli individui: a parità di numerosi parametri bio-medici le persone che

posseggono un’elevata percezione di supporto sociale, hanno maggiori

probabilità di sopravvivenza rispetto, ad esempio, alle patologie cardiache

(Cfr. Berkman 1992). Salvaguardare e mantenere alto l’indice di social

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networking assume i tratti di una sfida a cui le organizzazioni sanitarie non

possono sottrarsi nella definizione delle proprie strategie d’intervento.

Anche dal seguente lavoro emerge che l’aspetto relazionale è di

fondamentale importanza per la qualità della vita: avere una rete sociale

forte condiziona in modo positivo la fase di invecchiamento, rendendolo

attivo. Abbiamo perciò individuato e suddiviso gli aspetti che producono

relazionalità positiva, da quelli che invece producono effetti negativi.

Grande importanza assume l’elevato deficit di relazionalità dei pazienti,

connesso all’assenza di familiari o amici, alla perdita di familiari, al non avere

figli o all’avere una situazione familiare di grave disagio socio-economico. La

perdita di un familiare costituisce un fattore predominate e emotivamente

significativo nei racconti degli anziani, perché queste figure rappresentano

un punto di riferimento non solo in termini affettivi, ma anche nell’ambito

della vita quotidiana. La buona relazione con l’operatore OSA che eroga la

prestazione sanitaria presso il domicilio del paziente, il poter essere utile per

gli altri ,così come il ricevere visite, sono al contrario elementi che incidono

positivamente sulla qualità della vita dell’anziano. La gran parte degli anziani

ha sottolineato come il ricevere visite di familiari e amici, rappresenti un

momento di gioia, un modo per spezzare la monotonia della vita quotidiana

e sentirsi vivi. La dimensione domestica, quindi la casa, scandisce il tempo e i

ritmi di vita dell’anziano, divenendo uno dei temi principali di cui discorrere.

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È da considerarsi, infatti, un elemento che da sicurezza, protezione e calore;

è l’ambiente privilegiato entro il quale l’anziano trascorre la maggior parte

del proprio tempo.

Elementi importanti emersi durante la raccolta delle storie di vita sono gli

aspetti legati all’emotività dei pazienti. Fattori come la paura della

solitudine, la nostalgia per il passato, per la professione che si svolgeva, per i

familiari persi o un più generale senso di solitudine e ansia, appaiono

prevalenti in tutti gli anziani finendo per incidere negativamente sul loro

stato emotivo. La narrazione delle esperienze, delle storie di vita personali è

di fondamentale importanza nella vita dell’anziano, raccontare e raccontarsi

rappresenta infatti un’attività determinante per chi, arrivato quasi al

termine del ciclo di vita, vive nel ricordo.

In particolare la nostalgia professionale: il lavoro svolto in passato è da

considerarsi come fonte d’identità e al tempo stesso strumento per la

propria collocazione entro il sistema sociale, dal quale molti di loro si

sentono ora tagliati fuori. Guardare la televisione è l’attività prevalente

durante il tempo libero, ma anche uscire per piccole commissioni, quando

possibile, sembra avere un peso notevole. Lo stesso vale per le condizioni

più strettamente connesse alla patologia o alla perdita di autosufficienza

concomitante all’incedere dell’età, espresse in relazione a elementi come

dolore, malattia, difficoltà, bisogno, terapie, fino ad un’ emblematica

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“morte” che sembra configurarsi come punto di sintesi degli elementi a

forte connotazione negativa emersi all’interno di questa parte del mosaico.

Con la stessa immediatezza, il mosaico è in grado di restituirci anche la

coesistenza di aspetti del tutto opposti e fortemente postivi come quelli

connessi alla vita o alla compagnia o infine alla conversazione stessa, che ci

spinge a confermare gli elementi di forte apprezzamento del servizio, da

parte degli assistiti. È stato quindi deciso di monitorare, nella fase più

strutturata della raccolta dei dati, l’andamento dell’umore, attraverso una

domanda diretta. La somministrazione dello stimolo per la raccolta

dell’informazione relativa all’umore è stato sottoposto al singolo assistito

dal ricercatore con il quale ha instaurato una relazione empatica

continuativa per tutta la durata della ricerca-intervento. L’attribuzione del

valore si è basata su una scala a tre livelli (basso, medio, alto) all’inizio e al

termine del contatto, nel quale il ricercatore ha attribuito il valore seguendo

pedissequamente le risposte degli assistiti circa il proprio livello di umore. Il

ricercatore, essendo parte attiva della ricerca-azione, ha preso parte a tutte

le fasi ed ha adoperato le opportune strategie di probing nella raccolta dei

dati attraverso l’intervista.

Rispetto ai risultati attesi, siamo riusciti a raccogliere il 67% delle

informazioni relative alla variazione dell’umore all’inizio e alla fine di ogni

contatto, in quanto come già specificato, il campione ha presentato diverse

problematiche specifiche in particolare legate al naturale decorso della

patologia (improvvisi ricoveri, istituzionalizzazioni, degenerazione della

patologia, deterioramento progressivo della cognitività o della mobilità).

I dati raccolti evidenziano un miglioramento dell’umore nei pazienti al

termine del contatto: complessivamente in quasi il 70% dei casi i pazienti

godono di un miglioramento nel tono dell’umore contro il 30% per i quali

non si è registrata nessuna variazione dell’umore in seguito al contatto.

C’è da sottolineare come nel 21% dei casi il livello di miglioramento abbia

registrato anche 2 scatti di variazione positiva passando da basso a alto.

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È possibile affermare che la relazione empatica stabilita con i pazienti abbia

avuto un riscontro terapeutico positivo in particolare per quelli più soli e

bisognosi di raccontare le proprie esperienze di vita passata e presente e

abbia contribuito a lenire quei sentimenti di solitudine, nostalgia per il

passato e tristezza diffusa che caratterizzano la condizione dell’anziano

senza un forte social networking.

I dati raccolti sono infine stati sintetizzati per singolo caso attraverso la

costruzione di schede che racchiudono alcune caratteristiche: Dati

anagrafici; Dati clinici (patologia prevalente, tipo di assistenza con OSA,

livello di cognitività e mobilità); Rete sociale; Caregiver principale; Necessità

rilevate.

Questo materiale è stato reso disponibile al centro della Pastorale

Sanitaria per organizzare l’intervento di solidarietà attraverso le parrocchie.

CONCLUSIONI

31%

48%

21%

Livello di variazione dell'umore dopo l'intervento

Nessun cambiamento

1 livello di miglioramento

2 livelli di miglioramento

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La fase di sperimentazione di questa ricerca azione è stata fondamentale al

fine di comprendere come raggiungere ed intercettare i bisogni e le

difficoltà di una fascia di popolazione sempre più in crescita. Il mondo degli

anziani è infatti denso di complessità legate al gap generazionale che spesso

li separa dal resto della popolazione e che alle volte li isola dalle politiche di

welfare. Siamo sempre più immersi, infatti, in un clima sociale che emargina

chi non è completamente autosufficiente, chi perde il ritmo, soprattutto se

l’età e le patologie annesse non permettono di svolgere alcun ruolo

all’interno del sistema sociale. La popolazione anziana è sempre più a rischio

di esclusione, l’isolamento che spesso caratterizza la loro condizione incide

profondamente sulla qualità della vita e sul naturale decorso delle patologie.

La nostra ricerca ha avuto come scopo quello di condurre un’analisi

approfondita e capillare del campione di riferimento per giungere ad una

conoscenza del fenomeno nel tempo e fornire un sostegno, una relazione

umana, che potesse generare un riscontro positivo in termini di qualità della

vita ed infine attivare reti sociali di supporto al servizio sanitario già fornito

all’assistito. Una solida rete relazionale è utile ad arginare il senso di

solitudine e di allontanamento della vita. Spesso i pazienti ritengono che le

relazioni affettive, sociali, siano più importanti e terapeutiche dell’assenza di

problematiche puramente biologiche. Il valore e l’importanza delle relazioni

sociali nel processo di assistenza alle persone anziane, si inserisce in un

discorso più ampio nella sanità, ovvero il processo di umanizzazione. Il fine

di tale processo è quello di porre il malato al centro del percorso di cura, sia

nelle sue componenti cliniche sia nei suoi aspetti valoriali ed emotivi, che

contribuiscono in egual misura alla formazione di una condizione ottimale

dello stato di salute. In questo modo porre il malato al centro delle cure

equivale a porre al centro la sua esperienza e i suoi vissuti. Gli anziani sono

stati i protagonisti di una ricerca-intervento che punta a costruire una solida

rete socio-assistenziale che sopperisca alla mancanza di welfare pubblico a

sostegno della persona. I risultati serviranno ad individuare in maniera

personalizzata i bisogni e le necessità più urgenti per ogni paziente al fine di

inserirli in una rete di assistenza e sostegno frutto di una azione di

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coordinamento tra la Cooperativa Osa e il Centro della

Pastorale sanitaria della Diocesi di Roma. Le future analisi dei riscontri e

degli impatti di questo intervento saranno utili ad estendere tali pratiche

anche in altri ambiti territoriali romani al fine di considerare davvero la

salute non soltanto come assenza di malattia, ma come stabilizzazione delle

sfere sociali, ambientali e psicologiche del paziente e puntare ad un

miglioramento effettivo della qualità della vita attraverso l’integrazione di

differenti approcci ed attori sociali.