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[Maria Chiara Galizi*, Daniele Palumbo*, Francesco Giuffrida*, CBNA Bianchi*, Barbara Morsello**, Eugenia Fanelli**, Gianluca Palumbo**, Alessia Golfetti**,
Giuseppe Maria Milanese*]
Ricerca-intervento per pazienti isolati dal punto di vista “relazionale” seguiti in Assistenza Sanitaria Domiciliare dalla Cooperativa OSA: una risposta per
l’umanizzazione e la personalizzazione dei servizi socio-sanitari.
Primi risultati.
Paper per la IX Conferenza ESPAnet Italia
“Modelli di welfare e modelli di capitalismo.
Le sfide per lo sviluppo socio-economico in Italia e in Europa”
Macerata, 22-24 settembre 2016
*COOPERATIVA OPERATORI SANITARI ASSOCIATI; ** SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA
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AREA D’INTERVENTO
La Salute nella sua accezione moderna, e secondo la definizione dell'OMS,
non significa soltanto assenza di malattia, ma è uno stato di completo
benessere psichico, fisico e sociale dell'uomo, dinamicamente integrato nel
suo ambiente naturale e sociale. È necessario quindi non soltanto prendere
atto del danno o disfunzione biologica che colpisce l’individuo, ma
comprendere come e quanto tale danno possa estendersi alle altre
dimensioni sociali ed ambientali del paziente. Attraverso questo approccio,
è possibile esplorare la condizione dell’anziano in modo più adeguato e
consono a restituire un quadro della complessa relazione che lega i concetti
della triade Disease/Illness/Sickness e di comprendere quali sono gli aspetti
che in particolar modo condizionano la qualità della vita dell’assistito in
maniera positiva o negativa e su questi intervenire.
Questo fenomeno, ha ed avrà sempre più effetti per tutte le società, ed è il
risultato dei progressi della medicina, delle nuove tecnologie, ma anche
delle migliorate condizioni di vita in senso globale.
L’invecchiamento della popolazione rappresenta una delle maggiori
evidenze non solo epidemiologiche ma anche socioculturali del nostro
tempo. Con l’estensione progressiva delle aspettative di vita individuali e
collettive che la nostra società consente, si pone oggi più di ieri la questione
di come affrontare l’età della senescenza ed accompagnare l’anziano entro
questo percorso, non scevro di complessità peculiari, affinché la qualità
della vita possa definirsi come criterio centrale per l’attuazione di politiche e
strategie d’intervento mirate.
Nell’ambito del programma “e-Care”, realizzato dalla Cooperativa OSA, è
stata avviata una ricerca-azione denominata “Telecompagnia” per pazienti
in “isolamento relazionale” seguiti dall’assistenza sanitaria domiciliare.
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TARGET E OBIETTIVO SPECIFICO
La ricerca-intervento si rivolge agli over 60 in particolari situazioni di
isolamento emotivo e relazionale. Il target di riferimento è quello di
pazienti che lamentano solitudine e smarrimento, che necessitano di
compagnia e conforto, per i quali possa essere utile la vicinanza di una ‘voce
amica’, disponibile all’ascolto, che permetta loro di comunicare e di
raccontare la propria vita, i propri ricordi, le proprie preoccupazioni
attraverso un dialogo amichevole, piacevole ed aperto. Un modo per
ricostruire una propria identità biografica a volte ingrigita e distante anche a
loro stessi.
L’obiettivo specifico consiste nel seguire 100 pazienti per anno solare
effettuando 12 contatti per ciascuno. I pazienti saranno stratificati in gruppi
di 25 su differenti Asl romane e al termine dei 3 mesi, i pazienti contattati
saranno inseriti in una rete di sostegno e supporto frutto della
collaborazione tra OSA e il Centro della Pastorale sanitaria della Diocesi di
Roma che interverrà attivando le parrocchie sul territorio attraverso i suoi
volontari che prenderanno in carico di persona i nostri pazienti anziani più
bisognosi.
Configurandosi nei termini di una ricerca-intervento, il servizio di
Telecompagnia ha combinato al suo interno diversi obiettivi e finalità,
connessi da un lato ad esigenze conoscitive utili a livello di organizzazione e
spendibili per una valutazione della qualità del servizio, dall’altro ad un più
diretto intervento per migliorare le condizioni di vita dei pazienti ai quali
essa si riferisce.
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DESCRIZIONE DEL CONTESTO
Il servizio di Telecompagnia è stato realizzato nell’ambito di un più generale
programma “e-Care” sviluppato da OSA. Questo progetto, condiviso con la
Asl romana in cui si è svolto, ha visto la collaborazione della Centrale
Operativa territoriale OSA e il supporto informativo degli operatori sanitari
attivi sul territorio. Ha infine previsto l’attivazione di 4 tirocini formativi (3
post laurea e 1 curriculare) frutto di una convenzione tra Università
Sapienza e OSA.
METODI
La ricerca prevede, da una parte l’intervento attraverso il contatto
telefonico volto al supporto sociale, emotivo ed informativo al paziente che
si trova in condizioni di solitudine e già assistito per la componente sanitaria
da OSA e dall’altra consente la raccolta di dati utilizzando tecniche sia
qualitative che quantitative per potenziare al massimo le fonti disponibili
attraverso una logica di integrazione. L’équipe di lavoro è stata di natura
multidisciplinare: sociologi, psicologi e medici.
COSTRUZIONE DEL CAMPIONE
Per la definizione del campione è stato adottato un campionamento per
testimoni privilegiati (professionisti sanitari che lavorano presso i domicili),
che per la loro posizione professionale e in generale per le loro conoscenze
ed esperienza risultano essere più competenti ed informati delle reali
situazioni di bisogno dei pazienti che assistono. Attraverso la loro
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valutazione è stata individuata una lista di 74 casi di pazienti in assistenza
domiciliare con le caratteristiche del target verso cui la ricerca-intervento
era diretta. Il campione ha avuto una mortalità pari ad 1/3 dei pazienti
segnalati inizialmente e si è successivamente stabilizzato su 25 unità. Per
questi pazienti è stato pianificato un ciclo di 12 contatti telefonici nell’arco di
3 mesi attraverso cicli di 1 chiamata settimanale, in questo arco temporale
sono stati effettuati 201 contatti con una media di circa 8 contatti per
paziente, impiegando più di 37 ore di conversazione. A questi si aggiungono
ulteriori 10 utenti che, per diverse motivazioni, hanno interrotto il servizio in
corso d’opera ma a cui sono stati comunque garantiti mediamente 3
contatti. Ulteriori 39 utenti sono stati infine quelli contattati almeno 1
volta. La mortalità del campione ha riguardato: Aggravamento dello stato di
salute; Assenza di lucidità; Mancanza di interesse del paziente; Mancanza di
interesse del caregiver (figli, nipoti e badanti).
Emergono, attraverso l’analisi del campione perso, diverse barriere
d’accesso.
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Il rifiuto da parte del caregiver si costituisce come causa di non adesione
maggiore, in particolare nella fascia d’età tra i 77 e i 90 anni (54,2%).
Nella fascia d’età più giovane tra i 62 e 76 anni, è anche il paziente stesso a
non essere interessato al servizio (35,3%) la convivenza con il coniuge, con i
figli o con la badante gli permette di non percepire un isolamento
relazionale così forte.
Le motivazioni specifiche che inducono a non aderire o a lasciare il servizio
di Telecompagnia sono in molti casi legate al naturale decorso della
patologia o all’aggravarsi di quest’ultima, ma anche ad eventi accidentali
quali un improvviso ricovero, che rappresentano una causa importante di
mortalità del campione di riferimento.
Sono stati raccolti differenti indicatori relativi alla condizione clinica e
sociale: Stato cognitivo (Lucido/Parzialmente Lucido/Non lucido); Grado di
mobilità (Indipendente/Parzialmente dipendente/Allettato); Reti sociali
(Domanda aperta).
Sono stati inoltre rilevati indicatori di esito, relativamente alla modificazione
nella condizione dell’umore dell’assistito rilevato all’inizio e alla fine di ogni
contatto.
DESCRIZIONE DELLA POPOLAZIONE DI RIFERIMENTO
- Il Distretto di appartenenza
La prima classificazione operata sul campione riguarda il Distretto di
appartenenza degli utenti. Sono stati presi in considerazione i 4 Distretti che
compongono il territorio della Asl, su cui si è concentrata la ricerca (Cfr.
Tabella 1). Da essa si evince facilmente come tutti i Distretti siano stati
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abbastanza equamente rappresentati all’interno del campione, sebbene vi
sia una leggera prevalenza dei distretti II e III rispetto al I e al IV.
- Le Classi di età
La classe più numerosa è rappresentata dagli over 80 anni, in cui è inclusa
oltre la metà del campione (14 casi), mentre la classe di età più giovane del
nostro campione ha un’età compresa tra i 64 e i 79 (11 casi).
I II III IV
16%
28%
36%
20%
Distretto di appartenenza
dai 64 ai 79 anni 44%
dagli 80 fino ai 95 anni
56%
Classi di età
Tab. 2. Classi di Età
Frequenza Percentuale
Percentuale
cumulata
da 64 fino a 79 anni 11 44% 44%
da 80 fino a 95 anni 14 56% 100%
Totale 25 100%
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- Il Genere
Rispetto al genere, emerge un’ampia maggioranza della componente
femminile, pari al 76% del pazienti assistiti a fronte del 24% relativo alla
componente maschile.
- La Patologia
In fase di analisi si è deciso di operare un’ulteriore classificazione del
campione attraverso l’individuazione di una variabile relativa alla patologia
degli assistiti. Questa classificazione è stata effettuata sulla scorta dei dati
76%
24%
Genere
donna uomo
Tab. 3 Genere
Frequenza Percentuale
Percentuale
cumulata
Donna 19 76% 76%
Uomo 6 24% 100%
Totale 25 100%
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reperiti nel database della cooperativa, compatibilmente con le informazioni
rese disponibili dalla ASL di pertinenza. Sono state individuate, all’interno
del campione, 9 patologie prevalenti riportate nella successiva tabella
rapportate alle classi di età. Da questa emerge come, in termini di
frequenza, le patologie più diffuse all’interno del campione siano: la sclerosi
multipla e la categoria indicata con il termine “pluripatologici” (con cui si fa
riferimento a quei pazienti che presentano problematicità complesse tali da
investire molteplici ambiti). La demenza senile, sebbene riscontrata in
associazione ad altre patologie più specifiche in diversi casi, è stata
individuata come principale patologia solo in due casi, mentre ad un livello
di frequenza ancora inferiore pari ad un singolo caso, si riscontrano: esiti di
frattura di femore, la SLA, la distrofia muscolare, la poliartrosi, il trauma da
parto e la protesi d’anca.
14% 57% 14% 14%
75%
25%
pluripatologici sclerosi multipla sla distrofiamuscolare
trauma da parto
da 64 a 79
Patologia per genere e classe di età (da 64 a 79 anni)
donna uomo
58%
8% 8% 8% 8%
50%
50%
pluripatologici demenza senile esiti fratturafamiliare
poliartrosi coxartrosi
da 80 a 95
Patologia per genere e classe d'età (da 80 a 95 anni)
donna uomo
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- I livelli di Cognitività e Mobilità
Un’ampia maggioranza del campione (72%) presenta un buon grado di
lucidità, mentre poco meno di 1/3 del campione (28%) presenta una lucidità
solo parziale, nessun caso di assenza di lucidità tale da compromettere la
relazione di aiuto.
72%
28%
Cognitività
Lucido Parzialmente Lucido
Tab. 5 Livello di Cognitività
Frequenza Percentuale
Percentuale
cumulata
Lucido 18 72% 72%
Parzialmente Lucido 7 28% 100%
Totale 25 100%
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Dal grado di mobilità degli assistiti emerge come quasi 2/3 del campione sia
parzialmente autonomo (67%), poco meno di 1/3 è completamente
autonomo (29%) e solo un caso presenta una condizione di immobilità
totale.
Autonomo 28%
Parzialmente autonomo
68%
Allettato 4%
Mobilità
Tab. 6 Livello di Mobilità
Frequenza Percentuale Percentuale
cumulata
Autonomo 7 28% 28%
Parzialmente autonomo 17 68% 96%
Allettato 1 4% 100%
Totale 25 100%
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- Il Caregiver principale e Rete sociale
Il terzo indicatore è relativo alla Rete Sociale degli utenti e si è scelto di
suddividerlo in 2 ulteriori variabili, la prima relativa al Caregiver Principale,
ovvero alla figura maggiormente deputata all’assistenza, ed un’ulteriore
variabile in cui sono state raccolte informazioni circa le altre figure presenti
nella Rete sociale dei pazienti oltre a quella del caregiver.
I dati riportati nella tabella successiva, dimostrano come i caregiver di gran
lunga più presenti, siano le badanti (40% dei casi), seguite dai figli e dal
coniuge (20%). Su un livello del tutto insufficiente si attestano invece i
Servizi sociali (4%), che sebbene siano presenti in più casi, solo in un unico
caso sono presenti in maniera esclusiva. Infine nella tabella è presente
anche il valore altro, in cui sono stati inclusi ulteriori casi rispetto alle
categorie inizialmente predisposte, che presentano tuttavia una frequenza
estremamente bassa. Il primo caso non ha nessuna figura riconducibile al
caregiver principale in quanto, nonostante le sue precarie condizioni di
salute, si ritrova a dover fornire essa stessa assistenza al marito e al figlio
anch’essi malati (Morbo di Alzheimer e Sclerosi Multipla), ed un secondo
caso relativo ad una persona che ha come caregiver principale il nipote.
Tab. 6 Caregiver Principale
Frequenza Percentuale
Percentuale
cumulata
Badante 10 40% 40%
Coniuge 5 20% 60%
Figli 7 28% 88%
Servizi sociali 1 4% 92%
Altro 2 8% 100%
Totale 25 100%
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Nella tabella successiva sono invece evidenziati i casi rispetto ai quali oltre
alla figura del caregiver principale, sono presenti anche altri riferimenti nella
Rete sociale degli utenti assistiti.
In generale in più della metà dei casi (60%) è presente più di un riferimento:
Tab. 7 Rete sociale
Frequenza Percentuale valida
Percentuale
cumulata
E’ presente più di un riferimento 10 40% 40%
Esiste un unico riferimento 15 60% 100%
Totale 25 100%
Tra coloro che hanno la badante come caregiver principale, si riscontrano
nelle rispettive reti sociali, anche ulteriori riferimenti: Servizi sociali; Figli;
Amici; Figli e amici.
Servizisociali
Altro Coniuge Figli Badante
4% 8%
20%
28%
40%
Caregiver principale
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Tra coloro che invece hanno il coniuge come caregiver principale, 2 hanno
anche i figli ad assisterli e 1 soltanto ha una rete più forte composta sia di
figli che di amici.
- Il Contesto domiciliare
Un dato interessante è quello relativo al contesto domiciliare degli assistiti.
Si è deciso di raccogliere un’ulteriore informazione utile a valutare l’effettivo
grado si solitudine degli utenti del servizio. Molte volte infatti pur potendo
contare su una specifica figura che li assiste o su più di una, molti si trovano
comunque a vivere da soli o a dormire da soli. In relazione a tale indicatore
si registra come 9 persone (36%) su 25 vivano e dormano da soli.
Tab. 9 Vive da solo
Frequenza Percentuale
Percentuale
cumulata
si 9 36% 36%
no 16 64% 100%
Totale 25 100%
Il 40% dei pazienti del nostro campione ha come caregiver principale la
badante, che in 9 casi su 10 vive insieme all’assistito, il 20% è invece
accompagnato dal coniuge che svolge il ruolo di caregiver principale e
supporto quotidiano continuativo in tutti i casi osservati. Una discrepanza
importante è quella relativa ai figli degli assistiti che nonostante
rappresentino il secondo caregiver principale del nostro campione (28%), in
6 casi su 7 non vivono insieme al genitore.
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Attraverso le storie di vita è stato infatti possibile riscontrare come i pazienti
seguiti dai figli lamentassero uno stato di solitudine e spesso di isolamento
relazionale nonostante avessero i propri figli come punto di riferimento. Il
dato non ambisce ad una generalizzazione, ma al tempo stesso sembra
seguire il trend nazionale circa i mutamenti demografici che coinvolgono le
famiglie rispetto al caregiving.
Nonostante la riforma dell’assistenza nel 2000 e la sperimentazione in
alcune regioni di misure innovative, persiste uno sbilanciamento a favore dei
più tradizionali strumenti monetari di indennizzazione passiva rispetto ai
servizi. In assenza di servizi adeguati, di istituti atti a riconoscere e
regolarizzare l’assistenza informale, il risultato è che accanto alla famiglia
oggi sorge un nuovo mercato irregolare, quello delle badanti che sempre più
spesso vivono presso l’anziano, incorporando i ruoli dei figli che,
coerentemente ai mutamenti sociali, sono spesso impegnati in attività
lavorative che li rendono assenti dal domicilio. (cfr. Esping-Andersen, 1990,
1999; Paci, 1992; Ferrera, 1996; Saraceno, 1998).
badante coniuge figli servizisociali
altro
Caregiver principale
1 0
6
1 1
9
5
1 0
1
Contesto domiciliare
Vive da solo Non vive da solo
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- Il Tempo libero
Un ulteriore indicatore è quello relativo alle attività di tempo libero svolte
dagli assistiti. Dal grafico successivo, che riporta i dati emersi in relazione a
tale indicatore, è possibile notare le attività di tempo libero principalmente
svolte da parte dai nostri assistiti.
Una percentuale molto alta è quella relativa al guardare la Tv che si
prefigura come l’attività principe del nostro campione (32%), seguita dal
ricevere visite (17%), e, ad un livello inferiore, cucinare (12%) e giocare a
carte (10%).
È stato inoltre possibile valutare le attività maggiormente svolte nel tempo
libero rispetto ai livelli di mobilità e cognitività dei pazienti. Le attività
prevalenti restano guardare la tv e ricevere le visite di parenti e amici, sia per
i pazienti che godono di un buon livello di autonomia personale, sia per i
pazienti allettati. Emerge che i pazienti con un buono stato cognitivo e di
autonomia personale sono soliti cucinare per sé o per gli altri, ma anche
andare in chiesa, al supermercato, dal parrucchiere o al bar, a differenza di
3 3 3 5 5 5 5
10 12
17
32
Impiego del tempo libero (V%)
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chi presenta una maggiore compromissione del sistema cognitivo e motorio
e che quindi è obbligato ad uno stile di vita maggiormente sedentario e quasi
scevro di attività ludiche, hobby.
Per quanto riguarda il genere sembra esserci una distinzione nelle attività
svolte nel tempo libero riconducibile alla più classica divisione dei ruoli e
mansioni nell’ambiente domestico. Le donne infatti spendono il proprio
tempo guardando la tv (programmi di intrattenimento e varietà) e
cucinando.
Grande rilievo nel determinare la qualità della vita dei nostri assistiti - così
come per ogni individuo - è il modo in cui si impiega il tempo libero.
Il ruolo svolto dalla televisione, che tra le attività quotidiane è sicuramente
prevalente nella nostra popolazione di riferimento, è determinante, in
quanto sembra rappresentare uno strumento in grado di sopperire al senso
di solitudine quotidiano.
RACCOLTA E ANALISI DEI DATI
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L’intervento è stato condotto preliminarmente tramite interviste non
direttive (storie di vita) secondo la logica Narrative Based Medicine, con lo
scopo di lasciare che i pazienti si esprimessero liberamente e narrassero la
loro condizione e la loro storia. Questa prima fase, di tipo qualitativo, ha
previsto che ogni contatto con l’assistito fosse trascritto seguendo dei criteri
stabiliti preliminarmente.
Per ogni paziente è stata costruita una scheda/diario suddivisa in:
- Appunti giornalieri, distinguendo tra elementi oggettivi e impressioni
soggettive: trascrizione accurata e giornaliera di ciò che emergeva dal
contatto con gli assistiti, distinguendo tra descrizione oggettiva dei temi
emersi ed interpretazione soggettiva degli stessi.
- Interpretazione del ricercatore rispetto al suo ruolo nell’interazione
con l’interlocutore (attivo/passivo).
Sono stati raccolti complessivamente 38 diari di pazienti contattati
settimanalmente.
Dopo aver raccolto materiale che indicasse un certo grado di saturazione
tematica, i dati sono stati organizzati tramite il software di analisi testuale
Atlas.ti 6.2.
Dall’analisi del materiale empirico sono state create 5 famiglie di concetti :
- Patologia
- Aspetti emotivi
- Relazionalità presente
- Relazionalità assente
- Tempo libero
La fase qualitativa è stata dunque di fondamentale importanza non soltanto
per avere un quadro approfondito e specifico degli elementi che
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determinano la qualità della vita positiva o negativa dei nostri assistiti, ma
anche per definire meglio la fase di raccolta dei dati quantitativa successiva.
I concetti emersi durante la fase qualitativa sono stati utili a comporre il
complesso mosaico della “qualità della vita” dei nostri assistiti. Sono stati
identificati e classificati gli elementi che abbiamo ritenuto positivi per una
buona qualità della vita e li abbiamo distinti da quelli che invece influivano
in modo negativo. Tale operazione di concettualizzazione ci ha consentito di
focalizzare la successiva fase di raccolta dei dati quantitativa costruendo
diversi indicatori in relazione alla qualità della vita positiva influenzata da:
rete sociale, impiego del tempo libero.
Si è inoltre definito di rilevare il grado di umore (prima e dopo l’intervento),
per rilevare come l’intervento influisse in particolar modo sulla relazionalità
negativa emersa in via di concettualizzazione, identificata spesso con
sentimenti quali la solitudine, la nostalgia per il passato, il dolore per la
perdita di un familiare. L’analisi dei dati quantitativa è stata condotta
attraverso l’utilizzo del software SPSS-Statistical Package for Social Science
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RISULTATI
Una prima operazione di analisi sul materiale testuale raccolto durante la
fase qualitativa, è stata realizzata tramite l’utilizzo della funzionalità word
cruncher del software Atlas.ti 6.2. che prevede il conteggio delle frequenze
delle parole contenute nei documenti; successivamente attraverso
l’applicazione online Wordle.net è stata creata una nuvola di parole (o
nuvola di frequenze) che classifica le parole in base alla frequenza del loro
utilizzo, attraverso una rappresentazione grafica con grandezze e colori
differenti: maggiore è la grandezza di una parola, maggiore sarà il suo peso
all’interno dello specifico contesto preso in esame. Il risultato è di facile
lettura e di forte impatto comunicativo, utile a restituire una visione
complessiva degli aspetti rilevanti.
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I risultati della prima fase di ricerca sono dunque legati alla conoscenza
approfondita degli elementi limitanti nella qualità della vita degli intervistati.
Questa immagine relativa sia ai fattori positivi che a quelli negativi che
incidono sulla qualità di vita degli assistiti, ci permette dunque di effettuare
una prima quantificazione dei diversi aspetti emersi. In tal senso l’immagine
mette in primo piano l’impatto dirompente che assume al di sopra di ogni
altro fattore la percezione di un forte sentimento di solitudine da parte degli
assistiti, che sembra rispecchiare le condizioni di isolamento in cui spesso
questi si trovano. Questa condizione appare inoltre, fortemente connessa
ad un’ulteriore componente di grande rilievo, ovvero quella legata alla
dimensione relazionale che si identifica di volta in volta nelle figure del
marito, della madre, della badante, degli infermieri, delle sorelle, dei figli,
dei fratelli o dei nipoti.
La correlazione tra densità delle reti sociali e qualità della vita positiva è
comprovata da numerosi studi ed incamerata nei piani più avanzati di
politiche socio-sanitarie (Cfr. Palazzi 2002; Stefanini e Zanichelli 2002). Il
coinvolgimento nelle relazioni serve a proteggere la salute e il benessere
degli individui: a parità di numerosi parametri bio-medici le persone che
posseggono un’elevata percezione di supporto sociale, hanno maggiori
probabilità di sopravvivenza rispetto, ad esempio, alle patologie cardiache
(Cfr. Berkman 1992). Salvaguardare e mantenere alto l’indice di social
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networking assume i tratti di una sfida a cui le organizzazioni sanitarie non
possono sottrarsi nella definizione delle proprie strategie d’intervento.
Anche dal seguente lavoro emerge che l’aspetto relazionale è di
fondamentale importanza per la qualità della vita: avere una rete sociale
forte condiziona in modo positivo la fase di invecchiamento, rendendolo
attivo. Abbiamo perciò individuato e suddiviso gli aspetti che producono
relazionalità positiva, da quelli che invece producono effetti negativi.
Grande importanza assume l’elevato deficit di relazionalità dei pazienti,
connesso all’assenza di familiari o amici, alla perdita di familiari, al non avere
figli o all’avere una situazione familiare di grave disagio socio-economico. La
perdita di un familiare costituisce un fattore predominate e emotivamente
significativo nei racconti degli anziani, perché queste figure rappresentano
un punto di riferimento non solo in termini affettivi, ma anche nell’ambito
della vita quotidiana. La buona relazione con l’operatore OSA che eroga la
prestazione sanitaria presso il domicilio del paziente, il poter essere utile per
gli altri ,così come il ricevere visite, sono al contrario elementi che incidono
positivamente sulla qualità della vita dell’anziano. La gran parte degli anziani
ha sottolineato come il ricevere visite di familiari e amici, rappresenti un
momento di gioia, un modo per spezzare la monotonia della vita quotidiana
e sentirsi vivi. La dimensione domestica, quindi la casa, scandisce il tempo e i
ritmi di vita dell’anziano, divenendo uno dei temi principali di cui discorrere.
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È da considerarsi, infatti, un elemento che da sicurezza, protezione e calore;
è l’ambiente privilegiato entro il quale l’anziano trascorre la maggior parte
del proprio tempo.
Elementi importanti emersi durante la raccolta delle storie di vita sono gli
aspetti legati all’emotività dei pazienti. Fattori come la paura della
solitudine, la nostalgia per il passato, per la professione che si svolgeva, per i
familiari persi o un più generale senso di solitudine e ansia, appaiono
prevalenti in tutti gli anziani finendo per incidere negativamente sul loro
stato emotivo. La narrazione delle esperienze, delle storie di vita personali è
di fondamentale importanza nella vita dell’anziano, raccontare e raccontarsi
rappresenta infatti un’attività determinante per chi, arrivato quasi al
termine del ciclo di vita, vive nel ricordo.
In particolare la nostalgia professionale: il lavoro svolto in passato è da
considerarsi come fonte d’identità e al tempo stesso strumento per la
propria collocazione entro il sistema sociale, dal quale molti di loro si
sentono ora tagliati fuori. Guardare la televisione è l’attività prevalente
durante il tempo libero, ma anche uscire per piccole commissioni, quando
possibile, sembra avere un peso notevole. Lo stesso vale per le condizioni
più strettamente connesse alla patologia o alla perdita di autosufficienza
concomitante all’incedere dell’età, espresse in relazione a elementi come
dolore, malattia, difficoltà, bisogno, terapie, fino ad un’ emblematica
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“morte” che sembra configurarsi come punto di sintesi degli elementi a
forte connotazione negativa emersi all’interno di questa parte del mosaico.
Con la stessa immediatezza, il mosaico è in grado di restituirci anche la
coesistenza di aspetti del tutto opposti e fortemente postivi come quelli
connessi alla vita o alla compagnia o infine alla conversazione stessa, che ci
spinge a confermare gli elementi di forte apprezzamento del servizio, da
parte degli assistiti. È stato quindi deciso di monitorare, nella fase più
strutturata della raccolta dei dati, l’andamento dell’umore, attraverso una
domanda diretta. La somministrazione dello stimolo per la raccolta
dell’informazione relativa all’umore è stato sottoposto al singolo assistito
dal ricercatore con il quale ha instaurato una relazione empatica
continuativa per tutta la durata della ricerca-intervento. L’attribuzione del
valore si è basata su una scala a tre livelli (basso, medio, alto) all’inizio e al
termine del contatto, nel quale il ricercatore ha attribuito il valore seguendo
pedissequamente le risposte degli assistiti circa il proprio livello di umore. Il
ricercatore, essendo parte attiva della ricerca-azione, ha preso parte a tutte
le fasi ed ha adoperato le opportune strategie di probing nella raccolta dei
dati attraverso l’intervista.
Rispetto ai risultati attesi, siamo riusciti a raccogliere il 67% delle
informazioni relative alla variazione dell’umore all’inizio e alla fine di ogni
contatto, in quanto come già specificato, il campione ha presentato diverse
problematiche specifiche in particolare legate al naturale decorso della
patologia (improvvisi ricoveri, istituzionalizzazioni, degenerazione della
patologia, deterioramento progressivo della cognitività o della mobilità).
I dati raccolti evidenziano un miglioramento dell’umore nei pazienti al
termine del contatto: complessivamente in quasi il 70% dei casi i pazienti
godono di un miglioramento nel tono dell’umore contro il 30% per i quali
non si è registrata nessuna variazione dell’umore in seguito al contatto.
C’è da sottolineare come nel 21% dei casi il livello di miglioramento abbia
registrato anche 2 scatti di variazione positiva passando da basso a alto.
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È possibile affermare che la relazione empatica stabilita con i pazienti abbia
avuto un riscontro terapeutico positivo in particolare per quelli più soli e
bisognosi di raccontare le proprie esperienze di vita passata e presente e
abbia contribuito a lenire quei sentimenti di solitudine, nostalgia per il
passato e tristezza diffusa che caratterizzano la condizione dell’anziano
senza un forte social networking.
I dati raccolti sono infine stati sintetizzati per singolo caso attraverso la
costruzione di schede che racchiudono alcune caratteristiche: Dati
anagrafici; Dati clinici (patologia prevalente, tipo di assistenza con OSA,
livello di cognitività e mobilità); Rete sociale; Caregiver principale; Necessità
rilevate.
Questo materiale è stato reso disponibile al centro della Pastorale
Sanitaria per organizzare l’intervento di solidarietà attraverso le parrocchie.
CONCLUSIONI
31%
48%
21%
Livello di variazione dell'umore dopo l'intervento
Nessun cambiamento
1 livello di miglioramento
2 livelli di miglioramento
25
La fase di sperimentazione di questa ricerca azione è stata fondamentale al
fine di comprendere come raggiungere ed intercettare i bisogni e le
difficoltà di una fascia di popolazione sempre più in crescita. Il mondo degli
anziani è infatti denso di complessità legate al gap generazionale che spesso
li separa dal resto della popolazione e che alle volte li isola dalle politiche di
welfare. Siamo sempre più immersi, infatti, in un clima sociale che emargina
chi non è completamente autosufficiente, chi perde il ritmo, soprattutto se
l’età e le patologie annesse non permettono di svolgere alcun ruolo
all’interno del sistema sociale. La popolazione anziana è sempre più a rischio
di esclusione, l’isolamento che spesso caratterizza la loro condizione incide
profondamente sulla qualità della vita e sul naturale decorso delle patologie.
La nostra ricerca ha avuto come scopo quello di condurre un’analisi
approfondita e capillare del campione di riferimento per giungere ad una
conoscenza del fenomeno nel tempo e fornire un sostegno, una relazione
umana, che potesse generare un riscontro positivo in termini di qualità della
vita ed infine attivare reti sociali di supporto al servizio sanitario già fornito
all’assistito. Una solida rete relazionale è utile ad arginare il senso di
solitudine e di allontanamento della vita. Spesso i pazienti ritengono che le
relazioni affettive, sociali, siano più importanti e terapeutiche dell’assenza di
problematiche puramente biologiche. Il valore e l’importanza delle relazioni
sociali nel processo di assistenza alle persone anziane, si inserisce in un
discorso più ampio nella sanità, ovvero il processo di umanizzazione. Il fine
di tale processo è quello di porre il malato al centro del percorso di cura, sia
nelle sue componenti cliniche sia nei suoi aspetti valoriali ed emotivi, che
contribuiscono in egual misura alla formazione di una condizione ottimale
dello stato di salute. In questo modo porre il malato al centro delle cure
equivale a porre al centro la sua esperienza e i suoi vissuti. Gli anziani sono
stati i protagonisti di una ricerca-intervento che punta a costruire una solida
rete socio-assistenziale che sopperisca alla mancanza di welfare pubblico a
sostegno della persona. I risultati serviranno ad individuare in maniera
personalizzata i bisogni e le necessità più urgenti per ogni paziente al fine di
inserirli in una rete di assistenza e sostegno frutto di una azione di
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coordinamento tra la Cooperativa Osa e il Centro della
Pastorale sanitaria della Diocesi di Roma. Le future analisi dei riscontri e
degli impatti di questo intervento saranno utili ad estendere tali pratiche
anche in altri ambiti territoriali romani al fine di considerare davvero la
salute non soltanto come assenza di malattia, ma come stabilizzazione delle
sfere sociali, ambientali e psicologiche del paziente e puntare ad un
miglioramento effettivo della qualità della vita attraverso l’integrazione di
differenti approcci ed attori sociali.