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    I Beni ComuniLibro dell'anno del Diritto 2013 - stampa

    di Maria Rosaria Marella

    I beni comuni

    I processi di privatizzazione imposti dal progressivo smantellamento del welfare e dalle

    politiche neoliberiste hanno accresciuto enormemente linteresse per i beni comuni. Ma la

    lotta per i commons non solo una reazione al mercatismo in favore della restaurazione

    della potest dello Stato sulle risorse comuni, al contrario indica una prospettiva di

    superamento della tradizionale opposizione pubblico/privato che dia voce

    allinsoddisfazione per quelle politiche pubbliche che hanno generato lattuale crisi di fiducia

    nelle istituzioni. Questo contributo mette a fuoco i profili giuridici propri dellemergere dei

    commons nei pi vari settori delleconomia e della societ, dimostrando come un diritto dei

    beni comuni sia possibile qui e ora.

    SOMMARIO

    1. La ricognizione 1.1 La giurisprudenza del comune

    2. La focalizzazione

    3. I profili problematici

    1. La ricognizione

    Costruire uno statuto giuridico dei beni comuni significa promuovere un cambiamento

    politico e culturale importante, individuando in concreto gli strumenti che il diritto offre a

    difesa dei beni comuni1 . Il problema principale nel teorizzare un diritto dei beni comuni sta

    nella difficolt di autonomizzarsi da un paradigma, quello della propriet privata

    individuale, tuttora presentato come unica forma giuridica possibile della relazione tra cose

    e persone2.

    In questa fase della globalizzazione, allora, appare strategico fare emergere la tensione fra

    individualismo e solidariet, fra esclusivo e comune, che pervade lintero sistema giuridico

    fin dentro alle strutture del mercato, poich a partire da essa possibile sin da ora pensare

    la costruzione di uno statuto giuridico del comune. Si considerino alcune attuali applicazioni

    del comune. In tutta Europa sono presenti esperienze importanti di propriet collettive, in

    cui immediato il legame fra il bene e la comunit di riferimento. N esse possono

    considerarsi semplicemente fenomeno premoderno, destinato allestinzione; anche volendo

    giustificare lo jus excludendi alios con la necessit di retribuire il lavoro (secondo la nota

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    teoria di Locke), ci scontreremmo con due evidenze: i terreni su cui insistono le propriet

    collettive conservano integro il loro valore naturalistico ed economico e smentiscono

    linevitabilit della tragedia dei beni comuni in assenza di forme di appartenenza

    esclusiva3; esistono propriet collettive come le partecipanze dellEmilia Romagna che

    rappresentano una realt agricola moderna, gestita in comune sulla base di una forma di

    appartenenza collettiva, a dimostrazione della non inevitabilit dellappartenenza esclusiva

    sui beni produttivi4. Sul terreno dellimmateriale, forme di resistenza allappropriazione

    esclusiva, dallaccesso alle risorse cognitive in rete5 alla tutela delle culture indigene, sono

    quotidianamente messe a punto con successo, spesso facendo ricorso in una prospettiva

    di commodification rovesciata6 allo stesso strumentario messo a disposizione dal diritto

    della propriet intellettuale, con lesito di far apparire obsoleto, almeno in alcuni casi, luso

    consueto del brevetto e la stessa retorica dellautore. Ci si riferisce qui a strategie anche

    differenti fra loro. Le pratiche riconducibili al cd. copyleft (General Public License,

    Creative Commons, ecc.) sono alquanto significative al riguardo: predispongono una sorta

    di via di fuga dalla logica del diritto dautore, senza formalmente contestare lesistenza

    della sua disciplina.

    Il progetto Creative Commons, in particolare, pur nascendo da una critica serrata al

    concetto di authorship e alla superprotezione garantita dal copyright, riconosce un diritto

    di esclusiva allautore, ma combina property rights a opzioni di natura contrattuale

    consentendo accessibilit e riproducibilit dellopera per scopi non commerciali (e non

    solo)7 . Anche nel settore della propriet industriale, la reazione agli abusi derivanti

    dallampliamento senza freni della brevettabilit assumono talora proprio le forme della

    tutela, sia pur sui generis, della propriet intellettuale a vantaggio delle comunit indigene

    (first nations), che imprese e enti di ricerca tendono a spossessare dei saperi e delle

    pratiche da loro tramandati di generazione in generazione8.

    1.1 La giurisprudenza del comune

    Negli ultimi mesi le pratiche di resistenza contro lo spossessamento del comune hanno

    trovato importanti riconoscimenti da parte delle corti di vari Paesi.

    Nel campo dellimmateriale fondamentale la decisione della Corte federale statunitense

    (Southern District of New York) del 29.3.2010 nel caso Myriad Genetics9, che giudica i

    geni umani non appropriabili in via esclusiva attraverso i dispositivi della propriet

    intellettuale, in questa ipotesi il brevetto.

    Parlano esplicitamente di beni comuni le Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza n.

    4.2.2011, n. 3665 e la Corte Suprema dellIndia in una decisione del 28.1.2011. Le S.U.

    hanno dato un primo riconoscimento formale alla categoria dei beni comuni in un caso

    riguardante lo statuto giuridico di una valle da pesca della laguna di Venezia: nel rigettare

    la pretesa di unimpresa ittica, che asseriva di aver acquistato la propriet della valle da

    pesca, la Cassazione non si accontentata di accertarne la natura di bene demaniale, ma ha

    altres affermato trattarsi di un bene comune funzionalizzato alla realizzazione dei diritti

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    fondamentali, facendo particolare riferimento al diritto allambiente e alla rilevanza

    costituzionale dellambiente stesso (art. 9 Cost.). Dal suo canto, invece, la Corte Suprema

    indiana, nellannullare lalienazione a scopo di lottizzazione di uno spazio pubblico (lo stagno

    di un villaggio) ad un imprenditore edile, denuncia le politiche di privatizzazione dello

    spazio urbano e delle zone rurali come il risultato di unalleanza nefasta fra developers

    privati e amministrazioni pubbliche incapaci o corrotte, a queste ultime chiedendo di

    mettere fine allo spossessamento dei beni comuni necessari alla sopravvivenza delle

    comunit10.

    Non altrettanto esplicita, ma assolutamente fondamentale la sentenza C. cost., 20.7.2012,

    n. 199, che ha ridato voce alla volont popolare espressa nel referendum del 12-13.6.2011,

    dichiarando incostituzionale lart. 4, d.l. 13.8.2011, n. 138, con il quale il governo, ignorando

    lesito referendario, e perci in violazione dellart. 75 Cost., rintroduceva la privatizzazione

    dei servizi pubblici locali11 . Non un caso che la lotta per lacqua bene comune resti

    centrale in questo panorama: lacqua simbolo forte di un legame stretto e imprescindibile

    fra risorse naturali e comunit umane, che non ammette linterferenza di terzi beneficiari,

    n di natura pubblica, n di natura privata.

    Significativa poi la vicenda giudiziaria delloccupazione romana dellex-cinema Palazzo,

    allesito della quale il tribunale di Roma tratteggia un rapporto privilegiato tra destinazione

    culturale del bene e moltitudine degli occupanti che mette in ombra la titolarit del diritto

    sullimmobile12.

    2. La focalizzazione

    Volendo tratteggiare una tassonomia, propongo di ordinare leterogeneit dei commons in

    quattro classi:

    a) le risorse materiali come lacqua e lambiente, il patrimonio culturale ed artistico del

    Paese, ecc.;

    b) le risorse immateriali la conoscenza e le sue applicazioni, le creazioni artistiche, i saperi

    tradizionali e le culture popolari, le informazioni genetiche, ecc. oggi interessate da un

    imponente fenomeno di recinzione (the second enclosure movement13) attraverso le

    varie forme di propriet intellettuale (diritto dautore, brevetto, ecc.) che ne consentono

    lappropriazione esclusiva, e di converso rivendicate (si pensi alle varie pratiche di

    resistenza contro lenclosure poste in essere in rete) come risultato della produzione

    collettiva;

    c) lo spazio urbano, bene comune per eccellenza in quanto cosa umana per eccellenza14,

    prodotto della cooperazione sociale, spazio nel quale landamento delle nostre vite si

    definisce15, oggetto di uno spossessamento che frutto della partnership fra pubblico e

    privati e fonte di disgregazione sociale, di costruzione di identit svantaggiate, di

    distruzione di spazi di democrazia16;

    d) infine le istituzioni erogatrici di servizi pubblici finalizzati alla realizzazione di diritti

    fondamentali come listruzione e la salute: dunque universit, scuola, sanit, ecc. Nella

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    ricostruzione giuridica corrente, ad esse fanno capo i diritti sociali riconosciuti dalla

    costituzione e tipici del welfare State: la sfida del definirle beni comuni sta nel reclamare

    per esse una gestione diversa, partecipata, soppiantando il modello tradizionale che vede

    lente pubblico erogatore del pubblico servizio e il cittadino/suddito portatore della pretesa

    alla prestazione.

    Questa approssimativa mappatura conferma leterogeneit delle accezioni e dei contesti in

    cui lespressione bene comune impiegata. Evidentemente impossibile ricondurre alle

    diverse categorie uno statuto giuridico generale del comune.

    Si possono per individuare alcuni caratteri che queste diverse facce del comune

    condividono.

    Un primo carattere si definisce, dunque, in negativo, nella mancanza di un regime giuridico

    comune ai beni che definiamo come comuni. Ci implica la diversit delle strategie da

    eleggere caso per caso nellaffermare e difendere la natura di commons di una risorsa.

    Un altro tratto sicuramente condiviso da tutte le accezioni del comune prima individuate

    invece il legame fra risorsa (o servizio) e comunit17 . Lindividuazione della comunit di

    riferimento, elemento chiaro ad es. nelle propriet collettive tuttora esistenti in molte

    regioni dItalia, un problema chiave nella definizione di uno statuto giuridico per i beni

    comuni. La comunit si definisce in ragione dei legami sociali di solidariet che esistono o

    dovrebbero instaurarsi in relazione alla fruizione del bene comune: il discorso

    volutamente circolare poich fra commons e comunit esiste una relazione per cui luno

    risulta costitutivo dellaltra e viceversa. Inoltre i legami di solidariet e lindividuazione

    della comunit che insistono sul bene comune hanno anche una necessaria dimensione

    diacronica: quasi per definizione, la gestione di un bene comune deve tener conto degli

    interessi delle generazioni future.

    Terzo decisivo elemento di un possibile statuto giuridico dei beni comuni la gestione, gi

    lumeggiata dallart. 43 Cost. Lidea di gestione partecipata non per pacifica. Alcuni

    elementi per pensare in positivo la gestione partecipata si desumono dalla

    regolamentazione delle propriet collettive presenti in Italia: innanzitutto il vincolo di

    destinazione sul bene, che incide sulla gestione in funzione di limite. Ove il carattere

    comune del bene si accompagni ad una situazione di appartenenza collettiva, com nel caso

    delle propriet collettive, forti limiti alla facolt di disposizione connoteranno ovviamente

    lattivit di gestione.

    3. I profili problematici

    Il lavoro teorico nel diritto deve aspirare ad un passaggio ulteriore, e cio a disarticolare il

    diritto di propriet per aprirlo al comune e, per altro verso, a inventare delle soluzioni che

    funzionalizzino il pubblico alla logica del comune.

    Solo cos lelaborazione giuridica pu porsi allaltezza del presente, cio allaltezza dei

    conflitti e delle lotte contro lo spossessamento di ci che comune. Nelle recenti esperienze

    italiane di occupazione di teatri, cinema, e non solo, si registra una crescente domanda di

    diritto ispirata dalla consapevolezza di lavorare sulla frontiera di un nuovo modello di

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    societ. Il giurista dunque chiamato a svolgere un ruolo importante, che richiede tuttavia

    di ragionare a partire dal superamento della dicotomia pubblico/privato.

    Occorre ammettere che le strutture concettuali del diritto vigente, che di solide basi

    liberali, non sono familiari a questo ordine del discorso. Pure, la prospettiva del comune che

    prende corpo nelle lotte di questi ultimi anni e in movimenti come Occupy, non lauspicio

    di un ritorno al pubblico ai danni del privato, piuttosto la tensione verso unalternativa in

    termini sociali, economici ed istituzionali, che si ponga appunto oltre la contrapposizione

    pubblico/privato. Sul piano giuridico e istituzionale ci vuol dire superare legoismo

    proprietario quale paradigma fondante del diritto privato, ma anche la sovranit dello

    Stato come filtro necessario nella gestione e nel godimento delle risorse da parte della

    collettivit18.

    Per un verso allora strategico dissociare luso dalla titolarit del diritto di propriet, ci

    che possibile rimanendo nellalveo della nostra tradizione: come insegna Hohfeld, la

    propriet non un monolite, ma un fascio di situazioni soggettive positive che tendono a

    disaggregarsi, ed proprio lavorando sulla tendenza alla disaggregazione delle utilit

    prodotte dai beni e degli entitlements ad essi inerenti che possiamo ragionare in termini

    giuridici di beni comuni, a partire da una decostruzione del diritto di propriet nella sua

    centralit, compattezza ed intangibilit19. Intende questo Rodot quando sostiene che lart.

    42 Cost. deve essere riletto dissociando laccesso ai beni dalla titolarit della propriet e

    dunque ripensando la funzione sociale come possibilit di uso garantita a chi non

    proprietario20.

    Per laltro, occorre assumere in pieno la tensione fra pubblico e comune. Nella modernit,

    lesclusione definitiva delle comunit dalla gestione delle risorse comuni, dopo che il cd.

    primo movimento delle enclosures aveva portato alla privatizzazione di gran parte di esse,

    dovuta proprio allazione dello Stato, che si eretto a unico interprete dellinteresse

    generale e di ogni politica redistributiva trasformando in pubblico ci che restava del

    comune; in cambio provvedendo alle esigenze primarie dei cittadini attraverso la

    predisposizione dei servizi pubblici necessari alla realizzazione dei diritti fondamentali. La

    prospettiva del comune rovescia questo scenario, rivendicando la restituzione ai cittadini

    dellaccesso diretto alle risorse e di specifici poteri di programmazione, gestione, controllo,

    e reclamando un esercizio dei pubblici poteri funzionale al coronamento di questi obiettivi.

    Note

    1 Amplius cfr. i contributi raccolti in Marella, M.R., a cura di, Oltre il pubblico e il privato.

    Per un diritto dei beni comuni, Verona, 2012.

    2 Come dimostrano le costituzioni neoliberali, vedi lart. 17 della Carta di Nizza, che

    considerano la propriet privata fra le libert e le fanno ri-assumere i connotati del diritto

    fondamentale.

    3 Smentendo la nota teoria di Hardin, G., The Tragedy of the Commons, in Science, 1968.

    4 Doveroso il rinvio alle ricerche di Paolo Grossi, fra le quali ricordo in particolare Un

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    altro modo di possedere: lemersione di forme alternative di propriet alla coscienza

    giuridica postunitaria, Milano, 1977. In materia di domini collettivi si segnala il d.d.l. n.

    2086/2010, presentato al Senato e che intende riconoscere, tra laltro, il diritto duso del

    dominio collettivo, in quanto diritto avente ad oggetto le utilit del fondo consistenti in

    uno sfruttamento del dominio riservato ai cittadini del comune determinando per i

    partecipanti una situazione giuridica complessa: di un interesse individuale avente ad

    oggetto un uso dei beni conforme alla loro destinazione ed un interesse collettivo alla

    conservazione della destinazione dei beni (art. 1, co. 1).

    5 Per una prima informazione cfr. Lessig, L., The Future of Ideas. The Fate of the

    Commons in a Connected World, Vintage Book 2002.

    6 Sul complesso rapporto fra culture minoritarie e mercato cfr. Austin, R., Kwanzaa and

    the Commodification of Black Culture, in Ertman, M.M.-Williams, J.C., (eds.), Rethinking

    Commodification. Cases and Readings in Law and Culture, New York and London, 2005,

    178.

    7 Per una critica ai limiti del progetto cfr. Elkin-Koren, N., What Contracts Cannot Do:

    The Limits of Private Ordering in Facilitating a Creative Commons, in Fordham Law

    Review, 74, 2005-2006, 375 ss.

    8 Cfr. Vezzani, S., Sciamani e cacciatori di geni. Propriet intellettuale e diritti dei

    popoli indigeni, in Papanicopulu, I., a cura di, Incontro di studio dei giovani cultori delle

    materie internazionalistiche, Milano, 2008, 85.

    9 possibile leggerne una sintesi in Oltre il pubblico e il privato, op. cit., 175 ss.

    10 Per una sintesi tradotta v. Oltre il pubblico e il privato, op. cit., 173 ss.

    11 In www.giurcost.org, ove possibile leggere anche il commento di Lucarelli, A., La

    sentenza della Corte costituzionale n. 199/2012 e la questione dellinapplicabilit del

    patto di stabilit interno alle S.P.A. in house e alle aziende speciali.

    12 Trib. Roma, 8.2.2012. Per unanalisi cfr. Agabitini, C., Tutela possessoria e beni comuni.

    Il caso del cinema Palazzo, in Nuova giur. civ. comm., 2012.

    13 Cfr. Boyle, J., The Second Enclosure Movement and the Construction of the Public

    Domain, in Law and Contemporary Problems, Winter-Spring 2003, 33-74.

    14 Cos Strauss, C.L., Tristi tropici, Milano, Il Saggiatore, 1965, citato da Petrillo, A.,

    Ombre del comune: lurbano fra produzione collettiva e spossessamento, in Oltre il

    pubblico e il privato, cit., 203.

    15 Cfr. Hardt, M.-Negri, A., Commonwealth, Cambridge, 2009, 249 ss.

    16 Cfr. Harvey, D., Il capitalismo contro il diritto alla citt, Verona, 2012.

    17 Cfr. Lucarelli, A., Note minime per una teoria giuridica dei beni comuni, in Quale stato,

    2007, 87 ss.

    18 Un primo elemento a sostegno di questo oltre si trae dai lavori della ormai celebre

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    commissione Rodot, insediatasi presso il Ministero della giustizia nel 2007 per riscrivere

    quella parte del codice civile dedicata ai beni pubblici (artt. 822 ss. c.c.), la quale ha chiarito

    che i beni comuni sono quei beni che, a prescindere dallappartenenza pubblica o privata, si

    caratterizzano per un vincolo di destinazione, essendo funzionali alla realizzazione dei diritti

    fondamentali di tutte e tutti.

    19 Hohfeld, W.N., Some Fundamental Legal Conceptions as Applied in Judicial

    Reasoning, Yale L.J., 1913, 16.

    20 Cfr. Rodot, S., Postfazione. Beni comuni: una strategia globale contro lo human

    divide, in Oltre il pubblico e il privato, op. cit., 311 ss.