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NNoommee sscciieennttiiffiiccoo Lepus timidus Linnaeus, 1758(Lagomorpha Leporidae)

NNoommee ccoommuunnee Lepre variabile

LLiivveelllloo ddii pprrootteezziioonneeÈ inserita nell’allegato Vdella Direttiva “Habitat”(92/43/CEE) come speciesuscettibile di prelievo,per la quale sono auspica-bili misure gestionali. Èconsiderata dall’IUCN(1996) di scarso interesse(LR/LC o LC).

IIddeennttiiffiiccaazziioonneeSimile alla lepre comune,ma di dimensioni inferiori(lunghezza di testa e cor-po 45-60 cm), se ne di-stingue per le orecchie

nettamente più corte (6-8 cm) e la coda completamente bianca. La pelliccia apparemarrone-grigiastra in estate, mentre in inverno diventa più o meno completamentebianca ad eccezione della punta delle orecchie che resta nera.

DDiissttrriibbuuzziioonneeÈ distribuita attraverso la fascia settentrionale della regione Paleartica dall’Irlanda fi-no ad Hokkaido (Giappone). Secondo molti autori la lepre bianca nord-americana ap-parterrebbe alla stessa specie.In Italia è presente su tutto l’arco alpino (relitto boreo-alpino). In Liguria la lepre va-riabile (o lepre bianca) è diffusa limitatamente alle Alpi Liguri ad altitudini superioria 1.500 m, in ambienti aperti ai limiti della vegetazione arborea. Nella nostra regionesi trova al limite sud-occidentale del proprio areale, per cui la sua presenza riveste unnotevole interesse biogeografico.

NNoottiizziiee uuttiillii ppeerr llaa ccoonnsseerrvvaazziioonnee ddeellllaa ssppeecciieeVive in praterie montane con sfasciumi e rocce affioranti, brughiere, cespuglieti e zo-ne marginali dei boschi aperti tra i 1.500 ed i 3.000 m. In inverno si spinge ad alti-tudini inferiori.Si ciba sia delle gemme apicali e della corteccia degli arbusti (come erica o salici), siadi piante erbacee (graminacee, leguminose, composite, giuncacee e piperacee).Più sociale della lepre, occasionalmente la si può osservare in gruppetti di in-dividui.

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PPoossssiibbiillii mmiinnaaccccee ee ffaattttoorrii ddii rriisscchhiiooPer lo più di origineantropica, vanno indi-viduati nel bracconag-gio, nell’eccesso dipressione venatoria,nelle attività turistico-ricreative di montagna(con relative infrastrut-ture ed impianti). La le-pre variabile è poi pre-da di molti uccelli e

mammiferi carnivori alcuni dei quali attualmente in espansione (aquila reale, poiana,faina, volpe). Detti fattori sono ancor più rilevanti se si tiene conto della notevole se-lettività ambientale e del tasso di natalità relativamente basso di questa specie.

IInntteerrvveennttii ggeessttiioonnaallii uuttiillii ppeerr ccoonnsseerrvvaarree oo mmiigglliioorraarree lloo ssttaattuuss ddeellllee ppooppoollaazziioonnii llooccaalliiDivieto di caccia ove le popolazioni sono ridotte o in declino e pianificazione di pre-lievi conservativi (commisurati alla produttività naturale), laddove le popolazioni risul-tino stabili (o in incremento) in base all’analisi pluriennale del trend dei carnieri e de-gli indici d’abbondanza.Prevenzione e controllo dell’eventuale bracconaggio.La caccia ed il controllo (nelle aree interdette all’attività venatoria) del cinghiale – ese il caso di altri predatori opportunisti (es. volpe) - costituiscono un utile strumen-to gestionale in relazione all’impatto che dette specie possono avere sulle cucciolatedella lepre variabile.

MMeettooddii ddii mmoonniittoorraaggggiiooDifficilmente suscettibile di censimenti diretti di tipo quantitativo (es. battute comequelle effettuate per la lepre comune), sono ipotizzabili indici coprologici d’abbon-danza o comunque basati sull’individuazione di tracce e segni di presenza lungo per-corsi campione standardizzati.

IInnddiiccaattoorrii ddii pprreesseennzzaaNella neve profonda, la lepre variabile si crea un covo costituito da una depressioneed a fianco ad esso, frequentemente, scava una breve galleria da utilizzare come ripa-ro temporaneo in caso di pericolo.Le impronte e le “piste” (sulla neve o sul terreno morbido) appaiono simili a quelledella lepre comune: se ne distinguono in quanto, soprattutto sulla neve, le improntedelle zampe appaiono più larghe in relazione ad una maggiore divaricazione delle di-ta. L’impronta del piede anteriore è ovale, lunga circa 5 cm e larga 3, quella del pie-de posteriore è lunga oltre 6 cm e larga 3,5-4 cm. Le piste sono regolari, con grup-pi di quattro orme ben distinte in cui davanti ed esternamente figurano quelle dellezampe posteriori e dietro, quasi allineate, l’una leggermente avanti all’altra le impron-

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te di quelle anteriori. La distanza tra i singoli gruppi di orme varia in funzione del-l’andatura dell’animale.Gli escrementi, indistinguibili da quelli della lepre comune, appaiono come sferettecompatte e leggere, appiattite, con diametro di 15-20 mm. Si rinvengono in mucchiet-ti nei pressi delle zone di alimentazione.

BBiibblliiooggrraaffiiaa

ARTUSO I., 1994 – Progetto alpe. Distribuzione sulle Alpi italiane dei Tetraonidi, del-la Coturnice e della Lepre bianca. F.i.d.c. – UNCZA.

TOSCHI A. (Ed.), 1965 - Fauna d’Italia.Vol. VII. Mammalia: Lagomorpha, Rodentia, Car-nivora, Ungulata, Cetacea. Calderini, Bologna.

SPEGNESI M., 2002 – Lepre bianca Lepus timidus Linnaeus, 1758. In Spagnesi M. & DeMartis A.M. (cur.). Mammiferi d’Italia. Quad. Cons. Natura, Min. Ambiente INFS, 14:154-155.

SPANÒ S., 1989 – L’esame di caccia. I.E.E. Ed. Europea, Cengio (SV).

SULKAVA S., 1999 - Lepus timidus Linnaeus, 1758. In Reijnders P.J.H., Spitzenberger F.,Stubbe M., Thissen J.B.M.,Vohralik V. & Zima J. The Atlas of European Mammals -T & AD Poyser, London: 170-171.

AAuuttoorree Loris Galli, Silvio Spanò

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NNoommee sscciieennttiiffiiccoo Muscardinus avellanarius (Linnaeus, 1758)(Rodentia Myoxidae)

NNoommee ccoommuunnee Moscardino

LLiivveelllloo ddii pprrootteezziioonneeÈ inserito nell’allegato IVdella Direttiva “Habitat”(92/43/CEE) come speciedi interesse comunitarioche richiede una protezio-ne rigorosa ed è conside-rata dall’IUCN (1996) apiù basso rischio, maprossima alla minaccia(LR/NT o NT).

IIddeennttiiffiiccaazziioonneeÈ un piccolo roditore (te-sta e corpo 60-90 mm,coda 55-75 mm) di colore

bruno-arancio brillante sul dorso, più chiaro ventralmente, i giovani hanno tinte piùsmorte con sfumature di grigio. Le orecchie sono corte e la coda lunga e pelosa.

DDiissttrriibbuuzziioonneePaleartica occidentale. È diffuso principalmente in Europa, ma anche nell’Anatolia set-tentrionale, dal Mediterraneo fino ai 50° di latitudine nord della Svezia meridionale,e ad est fino alla Russia, esclusa la Penisola Iberica. Manca in molte isole salvo GranBretagna, Corfù e Sicilia.

NNoottiizziiee uuttiillii ppeerr llaa ccoonnsseerrvvaazziioonnee ddeellllaa ssppeecciieePopola i boschi decidui misti con denso sottobosco arbustivo. Anche negli habitatfavorevoli la densità di popolazione solitamente non eccede i 10 adulti per ettaro,mentre in ambienti sub-ottimali si possono registrare valori dimezzati. Pertanto pic-coli appezzamenti isolati di habitat idoneo possono supportare soltanto popolazioniminimali stocasticamente suscettibili d’estinzione.Si tratta di un animale notturno, elusivo, arboricolo. Si ciba di gemme, germogli, no-ci, nocciole ed altri frutti. Durante l’inverno (da ottobre/novembre a marzo/aprile)cade in letargo.

PPoossssiibbiillii mmiinnaaccccee ee ffaattttoorrii ddii rriisscchhiiooIl moscardino è comunemente preda soprattutto di mustelidi (donnola, faina, martora) erapaci notturni (allocco e gufo reale). Inoltre è estremamente sensibile al clima sia diretta-mente (le avversità climatiche riducono l’attività trofica e portano ad una forma di torpo-

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re facoltativo, con con-seguente compromissio-ne del potenziale ripro-duttivo), sia indiretta-mente (in relazione al-l’effetto della radiazionesolare sulla disponibilitàdelle risorse alimentari).

IInntteerrvveennttii ggeessttiioonnaalliiuuttiillii ppeerr ccoonnsseerrvvaarree oommiigglliioorraarree lloo ssttaattuuss ddeell--llee ppooppoollaazziioonnii llooccaalliiGestione forestale con mantenimento di un’elevata diversità di essenze arboree ed ar-bustive utili come risorse trofiche per la specie. In annate sfavorevoli si potrebbe pen-sare all’allestimento di mangiatoie al fine di integrare la naturale disponibilità di cibo.Va per altro ricordato come il moscardino sia solito utilizzare le cassette nido per gliuccelli quale riparo per la costruzione del nido.

MMeettooddii ddii mmoonniittoorraaggggiiooRaccolta ed analisi dei pezzi scheletrici reperibili nelle borre dei rapaci notturni di di-mensioni medio-grandi (allocco e gufo reale). Per un monitoraggio ad hoc sono ne-cessari trappolaggi mirati.

IInnddiiccaattoorrii ddii pprreesseennzzaaIl nido del moscardino, di forma sferica o ovoidale di 10-15 cm di diametro con unforo d’entrata su un lato è posto nel folto di alberelli ed arbusti a 1-4 m dal suoloed è costituito da un intreccio di strisce di corteccia, fili d’erba, foglie e muschi, conun’imbottitura interna di fibre vegetali morbide ed altro materiale soffice.Noci e nocciole aperte dal moscardino hanno un foro molto netto con margine in-terno liscio senza segni dei denti.

BBiibblliiooggrraaffiiaa

TOSCHI A. (Ed.), 1965 - Fauna d’Italia.Vol.VII. Mammalia: Lagomorpha, Rodentia, Car-nivora, Ungulata, Cetacea. Calderini, Bologna.

MORRIS P.A., 1999 - Muscardinus avellanarius (Linnaeus, 1758). In Reijnders P.J.H., Spit-zenberger F., Stubbe M., Thissen J.B.M.,Vohralik V. & Zima J. The Atlas of EuropeanMammals - T & AD Poyser, London: 296-297.

AAuuttoorree Loris Galli, Silvio Spanò

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NNoommee sscciieennttiiffiiccoo Canis lupus Linnaeus, 1758(Carnivora Canidae)

NNoommee ccoommuunnee Lupo

LLiivveelllloo ddii pprrootteezziioonneeÈ inserito nell’allegato IIdella Direttiva “Habitat”(92/43/CEE) come speciedi importanza prioritariaed è considerata dal-l’IUCN (1996) vulnerabile(relativamente alla popola-zione italiana).

IIddeennttiiffiiccaazziioonneeÈ un canide di grandi di-mensioni (dai 25-35 finoai 40-45 Kg) con un’altez-za al garrese di 60-70 cm;il maschio è un po’ piùgrande della femmina.

Le orecchie sono triangolari, a base larga ed erette, la coda è folta ma non molto lun-ga (circa un quarto della lunghezza del corpo). Corpo e avantreno sono particolar-mente robusti.Il colore e la lunghezza del mantello variano con le stagioni e con l’età: folto e ful-vo-brizzolato in inverno, più corto e rossiccio in estate con tonalità simili al sotto-bosco del faggio e bande scure tendenti al nero sul dorso e lungo gli arti anteriori;le parti inferiori sono più chiare color crema così come quelle laterali ed inferiori delmuso che formano una tipica mascherina.I rarissimi soggetti melanici rilevati recentemente in Italia fanno pensare a casi di ibri-dazione con cani domestici.I lupi appenninici posseggono un gene nel DNA mitocondriale (w14) che costrui-sce un buon marcatore genetico ed una bassa eterozigosità legata al lungo isola-mento.

DDiissttrriibbuuzziioonneeSpecie oloartica, è presente in Eurasia con popolazioni isolate in Penisola Iberica, Al-pi Marittime francesi, Italia (dall’Appennino meridionale alle Alpi occidentali), Fenno-scandia, Repubbliche Baltiche, Polonia, Slovacchia, Romania, regioni montuose dellaPenisola Balcanica, Bielorussia, Ucraina settentrionale, Russia ed Asia centrale (a sudin Arabia settentrionale ed India) fino alle coste dell’Oceano Pacifico. In Nord Ame-rica è diffuso dagli Stati Uniti settentrionali al Canada, con una popolazione isolatain Messico.

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NNoottiizziiee uuttiillii ppeerr llaaccoonnsseerrvvaazziioonnee ddeellllaassppeecciieeL’habitat del lupo è co-stituito principalmenteda zone forestali estesein ambienti collinari emontani ove vi sia unabuona disponibilità diprede (è un predatoreche si può adattare an-che ad una dieta a ba-se di frutti, rifiuti uma-ni e roditori, ma ovviamente predilige prede di medio-grandi dimensioni, ungulati sel-vatici e domestici in particolare) ed una non capillare presenza umana in modo da li-mitare il disturbo antropico e lasciare al lupo rifugi relativamente indisturbati ove ri-posare ed eventualmente riprodursi.Specie territoriale (con territori di svariate centinaia di kmq d’estensione), vive in ge-nere in branchi gerarchizzati e cooperativi sia nella caccia che nell’allevamento dellaprole (generata solo dalla coppia dominante): questi (in Europa) sono normalmentecostituiti da meno di 15 individui (in media sette), anche se in condizioni sub-ottima-li si possono osservare singoli soggetti o coppie isolate. Le diverse parti del territo-rio difeso dal branco vengono utilizzate differenzialmente in funzione della relativa di-sponibilità stagionale di risorse trofiche e delle condizioni climatiche.La maturità sessuale viene raggiunta non prima del secondo anno di vita. L’estro (chedurata media 5-7 giorni) ed il corteggiamento si verificano in gennaio-febbraio e, do-po una gestazione di 63 giorni, vengono partoriti in media sei cuccioli (da 1 ad 11).Questi rimangono all’interno del branco natale fino al secondo anno di vita, dopo diche si disperdono, spostandosi ai margini di territori già occupati, percorrendo an-che alcune centinaia di chilometri in poche settimane alla ricerca di partner con cuiaccoppiarsi ed insediarsi stabilmente in nuove aree.La popolazione italiana è stimabile nell’ordine delle centinaia di individui (intorno ai 500).

PPoossssiibbiillii mmiinnaaccccee ee ffaattttoorrii ddii rriisscchhiiooLa principale causa di mortalità accertata in Italia è il bracconaggio sia con mezzi ditipo illegale (veleno, lacci) che di uso legale (armi da fuoco, soprattutto durante lebattute di caccia al cinghiale).Da non sottovalutare le potenziali patologie (rogna, rabbia silvestre) ed il rischio co-stituito dal randagismo canino, sia per la competizione che per un eventuale inqui-namento genetico.

IInntteerrvveennttii ggeessttiioonnaallii uuttiillii ppeerr ccoonnsseerrvvaarree oo mmiigglliioorraarree lloo ssttaattuuss ddeellllee ppooppoollaazziioonnii llooccaalliiÈ importante mantenere l’idoneità degli habitat: copertura vegetale sufficiente comeriparo, elevata disponibilità alimentare (con reintroduzione e/o incremento della po-polazione degli ungulati selvatici ove necessario – in Liguria normalmente il fattore

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trofico in tal senso non appare limitante – e limitazione del prelievo venatorio deglistessi) in zone con densità antropica inferiore a 30-40 abitanti/kmq.Va ovviamenteevitata la frammentazione dell’areale (con mantenimento di corridoi ecologici), causadi perdita della variabilità genetica in piccole popolazioni isolate.Promozione culturale, sia al fine di una più diffusa conoscenza della biologia ed eco-eto-logia della specie (e dei suoi rapporti con le prede) che delle problematiche legate allaprevenzione dei danni al patrimonio zootecnico (con una idonea gestione dello stesso).

MMeettooddii ddii mmoonniittoorraaggggiiooCensimento diretto mediante la tecnica del wolf howling o indiretto mediante stu-dio di tracce ed orme sulla neve, ricerca ed analisi delle feci.

IInnddiiccaattoorrii ddii pprreesseennzzaaReperimento di impronte (mediamente 8 x 6,5 cm l’orma del piede anteriore e 7,5 x5,5-6 quella posteriore), feci, resti di predazione (soprattutto carcasse): segni di pre-senza che, però, vanno considerati con prudenza perché confondibili con quelli di ca-ni domestici di grossa taglia.

BBiibblliiooggrraaffiiaa

BOITANI L., LOVARI S. & VIGNA TAGLIANTI A. (Ed.), 2003 - Fauna d’Italia.Vol. XXXVIII.Mammalia III: Carnivora, Artiodactyla. Calderini, Bologna.

CIUCCI P. & BOITANI L., 1998 – Il Lupo. Elementi di biologia, gestione, ricerca. Istitu-to Nazionale per la Fauna Selvatica “Alessandro Ghigi”, Documenti Tecnici, 23.

MECH L.D. & BOITANI L. (Eds.), 2003 – Wolves. Behaviour, Ecology and Conserva-tion. Chicago Univ. Press, Chicago & London.

MERIGGI A. (Ed.)., 1995 – Aspetti dell’ecologia del Lupo in provincia di Genova e ter-ritori limitrofi. Prov. Genova & Dip. Biol. Animale Univ. Pavia.

MERIGGI A. & SCHENONE L., 2000 – Aggiornamento delle conoscenze sulla distribu-zione e consistenza numerica del Lupo (Canis lupus) in provincia di Genova. Provin-cia di Genova, Genova.

MERIGGI A. & SCHENONE L., 2001 – Distribuzione, consistenza della popolazione e ali-mentazione del Lupo (Canis lupus) nel levante della provincia di Genova. Provincia diGenova, Genova.

SULKAVA S. & PULLIAINEN E., 1999 - Canis lupus Linnaeus, 1758. In Reijnders P.J.H., Spit-zenberger F., Stubbe M., Thissen J.B.M.,Vohralik V. & Zima J. The Atlas of Europe-an Mammals - T & AD Poyser, London: 314-315.

AAuuttoorree Irene Cuomo, Loris Galli, Laura Schenone e Silvio Spanò

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NNoommee sscciieennttiiffiiccoo Mustela putorius Linnaeus, 1758(Carnivora Mustelidae)

NNoommee ccoommuunnee Puzzola

LLiivveelllloo ddii pprrootteezziioonneeÈ inserita nell’allegato Vdella Direttiva “Habitat”(92/43/CEE) come speciesuscettibile di prelievo,per il quale sono auspica-bili misure gestionali.

IIddeennttiiffiiccaazziioonneeLa puzzola (testa e corpo32-44 cm, coda 13-18 cm)è marrone scuro unifor-me, con del bianco solo alivello della “mascherina”(muso tra occhi, orecchiee punta del naso) e talvol-ta sulla gola.

DDiissttrriibbuuzziioonneeEndemita europeo, la puzzola è diffusa con continuità in tutta Europa fino agli Ura-li, fatta eccezione per Islanda ed Irlanda, buona parte delle Penisole Scandinava e Bal-canica e isole del Mediterraneo.

NNoottiizziiee uuttiillii ppeerr llaa ccoonnsseerrvvaazziioonnee ddeellllaa ssppeecciieeVive in tutti gli ambienti pianeggianti e collinari, soprattutto in foreste e loro margi-ni, aree dunali, zone umide e vallate fluviali. Spesso associata ad insediamenti umaniquali fattorie e margini dei villaggi (soprattutto nel corso dell’inverno). Le densità dipopolazione sono normalmente basse (1/1.000 ha) e raramente, negli habitat miglio-ri, eccedono i 5-10 individui/1.000 ha.La puzzola è un animale solitario, notturno, con ghiandole odorifere perianali la cuisecrezione particolarmente acre è emessa in situazioni di allarme o per la marcaturadel territorio. Preda soprattutto roditori, conigli, uccelli, rane, lombrichi ed insetti.Per la biologia riproduttiva v. martora.

PPoossssiibbiillii mmiinnaaccccee ee ffaattttoorrii ddii rriisscchhiiooAttualmente suscettibile di atti di bracconaggio (ad esempio mediante trappole), dimortalità incidentale nel corso di interventi di controllo su altri carnivori più comu-ni (volpe e faina) e di eventi occasionali di avvelenamento (es. intossicazione secon-daria da rodenticidi), in passato era oggetto di persecuzione diretta in quanto anima-

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le “nocivo” (per il pol-lame e la piccola sel-vaggina) e da pelliccia.Il traffico veicolare co-stituisce un fattore dimortalità spesso rile-vante.L’attuale moda dell’al-levamento di furetti(Mustela furo) qualepet species costituisceun futuribile fattore dirischio da non sotto-

valutare in relazione all’eventualità di immissione accidentale o volontaria di individuiin natura. In zone europee dove si sono stabilite popolazioni naturalizzate di furettosi stanno registrando sempre più frequenti incroci con conseguente inquinamentogenetico delle popolazioni di puzzola. Non meno importante risulta poi il rischio le-gato all’introduzione di nuovi patogeni da parte della specie alloctona e la competi-zione che questa instaura con la congenere indigena.

IInntteerrvveennttii ggeessttiioonnaallii uuttiillii ppeerr ccoonnsseerrvvaarree oo mmiigglliioorraarree lloo ssttaattuuss ddeellllee ppooppoollaazziioonnii llooccaalliiUn accurato controllo delle forme illecite o accidentali di mortalità (v. sopra) costi-tuisce la misura di gestione auspicabile per la conservazione e, ove possibile e neces-sario, l’incremento delle popolazioni.Non meno importante può essere la sensibilizzazione degli agricoltori sull’importan-za che questa specie riveste quale utile predatore di roditori impattanti sulle colture.

MMeettooddii ddii mmoonniittoorraaggggiioo && iinnddiiccaattoorrii ddii pprreesseennzzaaV. martora. Le feci (lunghe normalmente 6-8 cm e spesse 9 mm) hanno un odoremolto acre e spiacevole.

BBiibblliiooggrraaffiiaa

BOITANI L., LOVARI S. & VIGNA TAGLIANTI A. (Ed.), 2003 - Fauna d’Italia.Vol. XXXVIII.Mammalia III: Carnivora, Artiodactyla. Calderini, Bologna.

BIRKS J., 1999 - Mustela putorius Linnaeus, 1758. In Reijnders P.J.H., Spitzenberger F.,Stubbe M., Thissen J.B.M.,Vohralik V. & Zima J. The Atlas of European Mammals -T & AD Poyser, London: 336-337.

AAuuttoorree Loris Galli, Andrea Marsan, Silvio Spanò

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NNoommee sscciieennttiiffiiccoo Martes martes (Linnaeus, 1758)(Carnivora Mustelidae)

NNoommee ccoommuunnee Martora

LLiivveelllloo ddii pprrootteezziioonneeÈ inserita nell’allegato Vdella Direttiva “Habitat”(92/43/CEE) come speciesuscettibile di prelievo,per la quale sono auspica-bili misure gestionali.

IIddeennttiiffiiccaazziioonneeÈ un mustelide di mediedimensioni (testa e corpo40-55 cm, coda 22-27cm) di colore bruno, conun’estesa macchia normal-mente giallastra su gola epetto. Martora e faina so-no estremamente simili

per cui in un recente passato, così come comunemente riportato sulle guide, la lorodistinzione si basava sulle maggiori dimensioni delle orecchie della martora e sulla co-lorazione della macchia della gola: dal giallo all’arancio pallido nella prima, bianca diforma e dimensioni variabili nella seconda. In realtà, data la notevole variabilità feno-tipica, pare che detti caratteri siano da considerarsi non univoci (ad es. ci sono fainecon la macchia della gola giallastra) per cui gli esperti tenderebbero a basarsi più chealtro su caratteri distinguibili solo con l’animale in mano, come la pelosità della pian-ta del piede. Per altro, la manualistica riporta spesso l’utilità di una valutazione del-l’odore emesso degli escrementi delle due specie (praticamente indistinguibili alla vi-sta, ma con un gradevole odore muschiato quelli della martora, maleodoranti quellidella faina), criterio oggi ritenuto scarsamente affidabile da molti autori.

DDiissttrriibbuuzziioonneeSpecie paleartica è distribuita con una buona continuità d’areale in Europa (dovemanca in buona parte delle Penisole Iberica e Balcanica), Siberia occidentale, Cau-caso, Asia Minore, Iraq settentrionale ed Iran. In Liguria è potenzialmente presen-te (seppure manchino records recenti) in aree boscate del versante padano e del-le Alpi Liguri.

NNoottiizziiee uuttiillii ppeerr llaa ccoonnsseerrvvaazziioonnee ddeellllaa ssppeecciieeLa martora è legata alle foreste di conifere o miste ed ai boschi decidui, ma talvoltala si trova in terreni rocciosi aperti ed in zone dirupate fino a circa 2.000 m di alti-

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tudine. Predilige i bo-schi aperti con radureed abbondante sotto-bosco.È un animale solitariocon abitudini spiccata-mente crepuscolari-notturne, predatore diroditori ed uccelli, sia aterra che sugli alberi.La tana è solitamentein un albero cavo o inuna fenditura rocciosa.

L’accoppiamento avviene in tarda estate e le nascite (normalmente due-tre piccoli) siverificano nella primavera successiva. I giovani restano legati alla madre fino all’autun-no. Gli accoppiamenti avvengono pertanto quando la femmina sta ancora allattandoi cuccioli. Gli ovuli fecondati non si impiantano immediatamente nella parete uteri-na, ma ai primissimi stadi dello sviluppo entrano in dormienza (la cosiddetta sospen-sione della gravidanza) e vi rimangono per alcuni mesi finché, a metà inverno, ripren-dono a svilupparsi ed inizia la gravidanza vera e propria. Ciò fa sì che le nascite av-vengano nella primavera successiva in periodo di massima disponibilità trofica.

PPoossssiibbiillii mmiinnaaccccee ee ffaattttoorrii ddii rriisscchhiiooIl principale fattore limitante è rappresentato dalla deforestazione, anche incidentalecome conseguenza di incendi boschivi, e dalla frammentazione degli habitat.Attualmente suscettibile di atti di bracconaggio (ad esempio mediante trappole), dimortalità incidentale nel corso di interventi di controllo su altri carnivori più comu-ni (volpe e faina) e di eventi occasionali di avvelenamento, in passato era oggetto dipersecuzione diretta in quanto animale “nocivo” e da pelliccia.

IInntteerrvveennttii ggeessttiioonnaallii uuttiillii ppeerr ccoonnsseerrvvaarree oo mmiigglliioorraarree lloo ssttaattuuss ddeellllee ppooppoollaazziioonnii llooccaalliiUna gestione forestale mirata al mantenimento e/o implementazione di habitat ido-nei, la prevenzione degli incendi boschivi ed un accurato controllo delle forme illeci-te o accidentali di mortalità (v. sopra) costituiscono le misure di gestione auspicabiliper la conservazione e, ove possibile e necessario, l’incremento delle popolazioni.

MMeettooddii ddii mmoonniittoorraaggggiiooSpecie elusiva e tendenzialmente rara, non è normalmente suscettibile di forme dicensimento quantitativo. Trappolaggi (incluse per estensione le trappole fotografi-che), avvistamenti di individui, nonché di tracce e segni di presenza consentonocomunque un monitoraggio semiquantitativo delle popolazioni e della relativa di-stribuzione.

IInnddiiccaattoorrii ddii pprreesseennzzaaLe fatte, di dimensioni variabili a seconda del regime alimentare (mediamente lunghe

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8-10 cm e spesse 1,2 cm), sono tipicamente cilindriche ed allungate, avvolte a spiralee con un’estremità appuntita. Il contenuto può essere rappresentato da penne e pe-li, resti ossei e frammenti di chitina di insetti o bucce e semi di bacche e di vari frut-ti di stagione. Sulla neve e sul fango ne sono spesso visibili le orme con cinque ditaunghiute sia nelle zampe anteriori (tondeggianti) che in quelle posteriori (ellittiche)disposte in tracce che tradiscono un’andatura a balzi: le singole orme di un grupposono molto ravvicinate ed uno o entrambe i piedi posteriori si sovrappongono alleimpronte di quelli anteriori dando gruppi di due tracce appaiate o tre. Senza conta-re che l’attività predatoria nei confronti soprattutto di uccelli e mammiferi di picco-le e medie dimensioni è spesso testimoniata dai resti dei pasti: spiumano gli uccellistaccandone le penne a morsi in modo che il calamo ne risulti tranciato e le predevengono uccise con un morso sul collo, dietro la nuca o, quelle più piccole, diretta-mente sul capo.

BBiibblliiooggrraaffiiaa

BOITANI L., LOVARI S. & VIGNA TAGLIANTI A. (Ed.), 2003 - Fauna d’Italia.Vol. XXXVIII.Mammalia III: Carnivora, Artiodactyla. Calderini, Bologna.

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AAuuttoorree Loris Galli, Andrea Marsan, Silvio Spanò

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NNoommee sscciieennttiiffiiccoo Lutra lutra (Linnaeus, 1758)(Carnivora Mustelidae)

NNoommee ccoommuunnee Lontra

LLiivveelllloo ddii pprrootteezziioonneeLa specie è inserita negliallegati II e IV della Diret-tiva “Habitat”(92/43/CEE).

IIddeennttiiffiiccaazziioonneeLa lontra è un mustelidedi dimensioni medio-grandi (testa e corpo 60-80 cm, coda 35-45 cm)con pelliccia dorsalmentebruno-scuro uniforme,bianca sulla superficie

ventrale e sulla gola, fino al mento. Ben riconoscibile per la lunga coda, l’andatura sal-tellante sul terreno, nonché per l’agilità nel nuoto, presenta i quattro piedi palmati.

DDiissttrriibbuuzziioonneePaleartica, ma con estensione a parte della Regione Orientale, è distribuita, spessocon piccole popolazioni isolate, dal Portogallo all’Indonesia (da ovest ad est) e dal-la Scandinavia al Nord-Africa (da nord a sud). In Italia è attualmente presente inalcuni siti degli Appennini centrali e meridionali ed in misura minore settentrio-nali. In particolare per la Liguria è da ritenersi virtualmente estinta, anche se sononote numerose segnalazioni relativamente recenti (seconda metà del secolo scor-so) per svariate aree dell’entroterra savonese e genovese (Valli Bormida, Erro, Or-ba e Stura in particolare).

NNoottiizziiee uuttiillii ppeerr llaa ccoonnsseerrvvaazziioonnee ddeellllaa ssppeecciieePredilige fiumi e torrenti ad acque poco profonde, con alveo naturale, piuttosto me-andrizzati e con alternanza di tratti lotici e lentici, acque relativamente pulite, ricchidi pesci o gamberi di fiume e con abbondante vegetazione ripariale.Le lontre sono animali elusivi, normalmente solitari e con abitudini prettamente not-turne. Trascorrono il giorno in una tana spesso situata tra le radici di alberi o in ca-vità della roccia sulle rive dei fiumi. Predano pesci di piccole e medie dimensioni (al-borelle, cavedani, barbi, rovelle, lasche, anguille e trote) e stagionalmente, ad integra-zione della dieta, decapodi (gamberi e granchi di fiume) nonché, più occasionalmen-te, rane. Esplorano ripetutamente le rive ed il fondo ove l’acqua è bassa alla ricercadi possibili prede e sembra possano percorrere anche svariate decine di chilometri al-la ricerca di nuovi habitat in cui insediarsi.

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Possono partorire inqualunque periododell’anno (le femmine,a partire dai due-treanni d’età, vanno inestro ogni 40 giornicirca e lo mantengonoper un paio di settima-ne), ma le nascite av-vengono soprattuttoin primavera con ilparto di due-tre picco-li dopo una gestazionedi 61-74 giorni. I cuccioli rimangono nella tana per 2-3 mesi e restano con la madreper un anno.

PPoossssiibbiillii mmiinnaaccccee ee ffaattttoorrii ddii rriisscchhiiooIn passato oggetto di caccia in qualità di animale da pelliccia, attualmente i princi-pali fattori di rischio per la lontra sono rappresentati dall’inquinamento (in parti-colare da metalli pesanti) dei corsi d’acqua, dalla captazione di acqua per usi uma-ni e dalla cementificazione/canalizzazione degli alvei e degli argini. A questi si ag-giungono il disturbo antropico legato alle attività di pesca sportiva, nonché il brac-conaggio.

IInntteerrvveennttii ggeessttiioonnaallii uuttiillii ppeerr ccoonnsseerrvvaarree oo mmiigglliioorraarree lloo ssttaattuuss ddeellllee ppooppoollaazziioonnii llooccaalliiInterventi di reintroduzione in aree idonee e conservazione e/o miglioramento deglihabitat a maggior vocazionalità in esse presenti. Dette aree andrebbero opportuna-mente sorvegliate onde limitare il disturbo antropico arrecato alla specie. Lo stessodicasi per aree ove si dovesse scoprire la presenza di piccoli nuclei residui o, con mag-giore probabilità, di recente insediamento.

MMeettooddii ddii mmoonniittoorraaggggiiooL’eventuale segnalazione di avvistamenti o di tracce e segni di presenza della speciein Liguria dovrebbe essere oggetto di particolare attenzione.

IInnddiiccaattoorrii ddii pprreesseennzzaaLe feci fresche risultano nere, di aspetto “catramoso” e ricoperte di muco. Hanno uncaratteristico odore d’olio molto persistente. Col tempo ingrigiscono e diventanofriabili. Per lo più vengono deposte in punti sopraelevati lungo le sponde dei fiumi(su un monticello di sabbia, un masso o un ceppo vicino alla riva). Nei punti di ali-mentazione quasi sempre si rinvengono resti di pesci (in generale la lontra consumaper prima la parte anteriore del pesce, scartando quella caudale).Le orme sono inconfondibili per la presenza delle impronte di un ampio cuscinettoplantare e cinque dita unghiute, unite da un’evidente membrana natatoria. L’orma delpiede anteriore è quasi circolare, lunga 6,5-7 cm e larga 6 cm; quella del piede po-

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steriore varia in lunghezza dai 6 ai 9 cm. Spesso, nella neve o nel terreno morbido èvisibile la scia centrale lasciata dalla coda.Sovente la lontra utilizza le tane abbandonate di volpi e tassi e sul terriccio morbidoantistante ne sono rilevabili le impronte.

BBiibblliiooggrraaffiiaa

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NNoommee sscciieennttiiffiiccoo Felis silvestris Schreber, 1777(Carnivora Felidae)

NNoommee ccoommuunnee Gatto selvatico

LLiivveelllloo ddii pprrootteezziioonneeÈ inserito nell’allegato IVdella Direttiva “Habitat”(92/43/CEE) come spe-cie di interesse comunita-rio che richiede una pro-tezione vigorosa ed èconsiderata dall’IUCN(1996) di scarso interesse(LR/LC o LC).

IIddeennttiiffiiccaazziioonneeDelle dimensioni di ungrosso gatto domestico(lunghezza di testa e cor-po 50-65 cm), si ricono-sce per la coda corta e

folta, con caratteristici anelli scuri, per il disegno della pelliccia bruno-fulva a striscescure senza macchie e per le zampe chiare.

DDiissttrriibbuuzziioonneeIn Europa è presente in modo discontinuo a sud del 52° parallelo ed in Scozia; è dif-fuso in Africa ed in Asia centrale e meridionale fino alla Mongolia ed alla Cina oc-cidentale.In Italia appare distribuito con una certa continuità nota lungo gli Appenninicentrali e meridionali, in Sicilia ed in Sardegna. Records isolati sull’arco alpino,in particolare sulle Alpi orientali in continuità con la porzione balcanica del-l’areale.La presenza del Gatto selvatico in Liguria, in relazione alla sua notevole elusivitàed alla sua propensione a frequentare le zone meno antropizzate, appare difficil-mente individuabile e monitorabile sul territorio e non si possono considerare af-fidabili le notizie non circostanziate di osservazioni recenti a causa della difficol-tà di distinguerlo da gatti “inselvatichiti” di origine domestica con manto spessosimile. Non si può, pertanto, escluderne a priori la presenza, seppur con ogni pro-babilità rara e localizzata, in alcune aree particolarmente “selvagge” dell’entroterraligure (savonese ed imperiese in particolare). Si cita, a titolo di documentazionecerta relativamente recente, l’esposizione nella “Sala ligure” del Museo Civico diStoria Naturale “G. Doria” di Genova di un esemplare catturato nel 1972 a Tavo-le (IM).

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NNoottiizziiee uuttiillii ppeerr llaaccoonnsseerrvvaazziioonnee ddeellllaassppeecciieeÈ tipicamente legato azone boschive deciduea dominanza di querceo faggi, boschi misticon radure ed abbon-dante sottobosco ce-spugliato e/o arbusti-vo nonché anfrattirocciosi ove rifugiarsi.Il gatto selvatico è un

animale prevalentemente solitario e notturno; si arrampica con facilità, ma caccia prin-cipalmente al suolo predando roditori, lagomorfi, uccelli, rane e più raramente pesci.Si accoppia in primavera ed in maggio vengono partoriti tre-cinque piccoli in una so-la cucciolata (una seconda può essere indice d’ibridazione col gatto domestico). I gio-vani si disperdono in autunno.

PPoossssiibbiillii mmiinnaaccccee ee ffaattttoorrii ddii rriisscchhiiooLa diffusa presenza nelle aree rurali e nei boschi circostanti di gatti domestici vagan-ti o inselvatichiti costituisce un triplice fattore di rischio per il gatto selvatico: in pri-mo luogo per la possibilità di uccisione incidentale nel corso degli eventuali inter-venti di controllo sui gatti domestici, in seconda istanza per l’elevata probabilitàd’ibridazione e conseguente inquinamento genetico, infine per la parziale competizio-ne alimentare.La progressiva riduzione e frammentazione degli habitat, unitamente alla persecuzio-ne diretta hanno portato ad un declino di questa specie con un picco di minima ametà del ‘900.La copertura nevosa costituisce un noto fattore limitante naturale per la specie: unacoltre di neve di spessore superiore ai 20 cm ne impedisce gli spostamenti.

IInntteerrvveennttii ggeessttiioonnaallii uuttiillii ppeerr ccoonnsseerrvvaarree oo mmiigglliioorraarree lloo ssttaattuuss ddeellllee ppooppoollaazziioonnii llooccaalliiUna gestione forestale mirata al mantenimento e/o implementazione di habitatidonei, la prevenzione degli incendi boschivi ed un accurato controllo delle formeillecite o accidentali di mortalità (v. sopra) costituiscono le misure di gestione au-spicabili per la conservazione e, ove possibile e necessario, l’incremento delle po-polazioni.

MMeettooddii ddii mmoonniittoorraaggggiiooSpecie elusiva e rara, non è normalmente suscettibile di forme di censimento quan-titativo. Trappolaggi (incluse per estensione le trappole fotografiche), avvistamenti diindividui e di tracce e segni di presenza consentono comunque un monitoraggio se-miquantitativo delle popolazioni e della relativa distribuzione.

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IInnddiiccaattoorrii ddii pprreesseennzzaaLe feci del gatto selvatico sono di forma cilindrica, lunghe in genere 6-8 cm e spes-se 1-1,5 cm, ma possono essere anche semiliquide.Vengono depositate in una piccolabuca che l’animale scava nel suolo o nella neve con le zampe anteriori, e poi ricoper-te accuratamente; la stessa procedura si verifica con l’urina che, come gli escremen-ti, ha un odore molto forte. Ciò si verifica principalmente all’interno del territorio di-feso, mentre ai margini dello stesso le feci vengono depositate in punti ben evidenti(su un ceppo o su un masso) in modo da costituire un segnale, sia visivo che olfat-tivo, di marcatura territoriale.Le orme sono simili a quelle dei gatti domestici (tondeggianti, con quattro cuscinet-ti digitali ben sviluppati e disposti a semicerchio, nettamente separati dal grande cu-scinetto plantare trilobato), anche se mediamente appaiono più grandi: lunghe 4 cme larghe 3,5 cm.Sovente il gatto selvatico utilizza le tane abbandonate di volpi e tassi e sul terricciomorbido antistante ne sono rilevabili le impronte.

BBiibblliiooggrraaffiiaa

BOITANI L., LOVARI S. & VIGNA TAGLIANTI A. (Ed.), 2003 - Fauna d’Italia.Vol. XXXVIII.Mammalia III: Carnivora, Artiodactyla. Calderini, Bologna.

CAPOCACCIA ORSINI L. & DORIA G., 1992 – Museo Civico di Storia Naturale “Giaco-mo Doria” Genova. Sagep, Genova.

HEMMER H., 1999 - Felis silvestris Schreber, 1775. In Reijnders P.J.H., Spitzenberger F.,Stubbe M., Thissen J.B.M.,Vohralik V. & Zima J. The Atlas of European Mammals -T & AD Poyser, London: 358-359.

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NNoommee sscciieennttiiffiiccoo Rupicapra rupicapra (Linnaeus, 1758)(Artiodactyla Bovidae)

NNoommee ccoommuunnee Camoscio

LLiivveelllloo ddii pprrootteezziioonneeÈ inserito nell’allegato Vdella Direttiva “Habitat”(92/43/CEE) come speciesuscettibile di prelievo,per la quale sono auspica-bili misure gestionali.

IIddeennttiiffiiccaazziioonneeÈ un bovide simile ad unacapra (altezza al garrese70-90 cm, peso pieno fi-no a 50 kg nel maschio,40kg nella femmina), asessi simili, con pellicciamarrone chiaro d’estate ebruno-nerastra in inver-

no. Il muso si caratterizza per un’evidente mascherina facciale bianca e nera. Le cor-na sono piccole, erette ed incurvate ad uncino all’indietro.

DDiissttrriibbuuzziioonneeÈ presente nelle regioni montuose (Chartreuse, Alpi, Alti Tatra, Carpazi e Balcani) del-l’Europa centrale e meridionale e dell’Asia Minore tra i 35° ed i 50° di latitudinenord. Popolazioni introdotte in Boemia e Moravia settentrionali, Bassi Tatra, Vosgi,Massiccio Centrale, Jura Svizzero, Foresta Nera, Nuova Zelanda ed Argentina.Diffuso su tutto l’arco alpino (nel 2000 sono stati valutati in Italia 123.000 capi), inLiguria è presente nell’estremo ponente (Alpi Liguri). Qualche individuo viene rego-larmente osservato anche sul Monte Galero (Savona) all’estremo biogeografico delleAlpi stesse. Per completezza d’informazione, si ricorda il caso di un Camoscio stabi-litosi nei pressi di Alassio (SV) a poche decine di metri dal mare, su uno scoscendi-mento prospiciente la linea ferroviaria, nell’inverno 1980/81.

NNoottiizziiee uuttiillii ppeerr llaa ccoonnsseerrvvaazziioonnee ddeellllaa ssppeecciieeL’habitat del camoscio è rappresentato da aree forestali ricche di sottobosco ed in-tervallate da pareti rocciose, radure e canaloni dell’orizzonte montano, subalpino edalpino, spingendosi in estate (soprattutto le femmine ed i giovani) oltre il limite su-periore della vegetazione arborea (in genere tra i 1.000 ed i 2.500 m), in inverno nelbosco o sui ripidi versanti e costoni esposti a sud ove la neve è meno persistente inrelazione allo slavinamento.

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Si ciba di erbe sponta-nee (graminacee e le-guminose) e, d’inver-no, anche di muschi, li-cheni ed aghi di coni-fere.La struttura delle po-polazioni può esseremeglio valutata andan-do a stimarne la ripar-tizione per sesso e peretà secondo le cinqueclassi dei piccoli (nelprimo anno di vita), giovani (1-2 anni per i maschi, 1 anno per le femmine), subadulti(3-4 anni per i maschi, 2-3 anni per le femmine), adulti (5-9 anni per i maschi, 4-11anni per le femmine) ed anziani (10 anni e più per i maschi, 12 anni e più per le fem-mine).Gli accoppiamenti avvengono in novembre e comportano confronti e scontri tra imaschi. Prima delle nascite le femmine si isolano, abbandonando i giovani dell’annoprecedente che, in maggio-giugno, si riuniscono con altri coetanei o subadulti. I par-ti avvengono in zone scoscese e riparate con la nascita di un solo piccolo mediamen-te tra il 10 maggio ed il 10 giugno (estremi 1 aprile – 31 luglio).Sulle Alpi Liguri la popolazione di camosci si attesta nell’ordine di alcune centinaia dicapi (550 censiti nel 1999 in un’area di 41.600 ha dell’imperiese e circa 850 nella me-desima zona nel 2003). Questi dal 1999 sono sottoposti ad un piano di prelievo con-servativo minimale (11 i camosci abbattuti nel 1999, con un incremento del piano fi-no ai 32 capi prelevati nel 2003) da parte di cacciatori di selezione abilitati.

PPoossssiibbiillii mmiinnaaccccee ee ffaattttoorrii ddii rriisscchhiiooPreda del lupo e, i capretti, dell’aquila reale, il camoscio alpino subisce i pesanti effet-ti limitanti legati al severo clima invernale del suo habitat (valanghe, slavine, cadutamassi ecc.), di minor rilievo sul versante alpino tirrenico. Inoltre le popolazioni mol-to numerose (ad alta densità) mostrano ciclicamente patologie ad alta morbilità emortalità quali la cheratocongiuntivite e la rogna sarcoptica.Il prelievo venatorio costituisce un fattore aggiuntivo di mortalità per il quale è ne-cessaria una corretta gestione; d’altra parte l’espansione numerica della specie testi-monia come la caccia, opportunamente regolamentata, non costituisca un fattored’impatto significativo. Resta tuttavia destrutturante se mal gestita e non adeguata-mente controllata anche al fine di prevenire atti di bracconaggio.Non va poi sottovalutata la competizione con altri ungulati d’introduzione: in parti-colare il muflone, le cui immissioni in aree naturalmente popolate dal camoscio han-no rischiato di causarne localmente l’estinzione.Come tutte le specie di montagna, infine, è suscettibile al disturbo antropico legatoalle attività escursionistiche e ricreative, soprattutto nel corso del periodo primaveri-le-estivo di massima presenza turistica.

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IInntteerrvveennttii ggeessttiioonnaallii uuttiillii ppeerr ccoonnsseerrvvaarree oo mmiigglliioorraarree lloo ssttaattuuss ddeellllee ppooppoollaazziioonnii llooccaalliiGestione dell’attività venatoria con pianificazione dell’entità degli eventuali prelievisulla base dei risultati dei censimenti, nonché corretta ripartizione dei capi incarnie-rabili per classi di sesso e d’età, al fine di evitare un decremento ed una destruttura-zione delle popolazioni. Controllo dell’attività venatoria e del bracconaggio, nonchédefinizione di norme di comportamento adeguate alla minimizzazione del disturboarrecato alla fauna selvatica ad opera di turisti ed escursionisti (riportate su tabello-ni all’inizio dei sentieri) e vigilanza del rispetto delle stesse.

MMeettooddii ddii mmoonniittoorraaggggiiooCensimento annuale delle popolazioni con conteggi esaustivi da punti predefinitid’osservazione simultanea.

IInnddiiccaattoorrii ddii pprreesseennzzaaLe singole feci del camoscio sono quasi sferiche, del diametro di circa 1,5 cm, spessocompresse.Le impronte sono tipiche in quanto le due metà di ciascuno zoccolo sono angolatecon un ampio spazio in mezzo. Gli speroni, rialzati, lasciano un’impronta solo nellaneve profonda o quando l’animale è in corsa. L’orma di un individuo adulto è lungacirca 6 cm e larga 3,5 cm.

BBiibblliiooggrraaffiiaa

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Indice

FLORAAquilegia alpinaAquilegia bertolonii SchottAsplenium adulterinum MildeCampanula sabatia De Not.Gentiana ligustica R. de Vilm. & ChopinetGladiolus palustris Gaud.Himantoglossum adriaticumLeucojum nicaeense Ard.Spirantes aestivalisVandenboschia speciosa

FAUNAAegolius funereusAlcedo atthisAlectoris graeca saxatilisAlosa fallaxAnthus campestrisApus pallidus Aquila chrysaetosArdea purpureaArdeola ralloidesAustropotamobius pallipesBarbastella barbastellusBarbus meridionalisBarbus plebejusBombina pachypusBombina variegata pachypus: vedi Bombina pachypusBotaurus stellarisBubo buboBufo viridisBurhinus oedicnemusCalandrella brachydactylaCalonectris diomedeaCanis lupusCaprimulgus europaeusCerambyx cerdoCharadrius morinellusChlidonias nigerChondrostoma geneiChondrostoma soettaCinclus cinclusCircaetus gallicusCircus aeruginosusCircus cyaneusCircus pygargus

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Cobitis taenia bilineataColuber viridiflavus: vedi Hieropus viridiflavusCoronella austriacaCottus gobioCursorius cursorDryocopus martiusEgretta garzettaElaphe longissimaEmberiza hortulanaEmys orbicularisEptesicus serotinusEriogaster cataxEudarcia brachypteraEudarcia nerviellaEuleptes europaeaEuphydryas provincialisFalco pecchiaiolo Pernis apivorus (Linnaeus, 1758)Falco peregrinusFelis silvestrisGallinago mediaGavia arcticaGavia stellataGelochelidon niloticaGlareola pratincolaHelix pomatiaHieropus viridiflavusHimantopus himantopusHydromantes (Speleomantes) ambrosii: vedi Speleomantes ambrosiiHydromantes (Speleomantes) strinatii: vidi Speleomantes strinatiiHyla arborea: vedi Hyla intermediaHyla intermediaHyla meridionalisHypsugo saviiIxobrychus minutusLacerta bilineataLacerta viridis: vedi Lacerta bilineataLampetra fluviatilisLampetra planeriLanius collurioLanius minorLanius senatorLarus melanocephaluSLarus minutusLepus timidusLeuciscus souffia muticellatusLullula arboreaLutra lutraMaculinea arionMaculinea rebeliMarmota marmotaMartes martesMilvus migransMilvus milvus

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Miniopterus schreibersiMonticola saxatilisMuscardinus avellinariusMustela putoriusMyotis bechsteiniMyotis blythiiMyotis capacciniiMyotis daubentoniiMyotis emarginatusMyotis myotisMyotis mystacinusMyotis nattereriNatrix tessellataNyctalus leisleriNyctalus noctulaNycticorax nycticoraxOxygastra curtisiiPandion haliaetusPapilio alexanorPapilio hospitonParnassius apolloParnassius mnemosynePetromyzon marinus Phalacrocorax aristotelis desmarestiiPhilomachus pugnax Phoenicopterus ruber Phyllodactylus europaeus: vedi Euleptes europaeaPicoides minor Pipistrellus kuhliiPipistrellus nathusiiPipistrellus pipistrellusPlecotus auritus/macrobullarisPlecotus austriacusPluvialis apricaria Podarcis muralisPodarcis siculaPorzana parva Porzana porzana Proserpinus proserpinusPyrrhocorax pyrrhocorax Rana dalmatinaRana italicaRecurvirostra avosettaRhinolophus euryaleRhinolophus ferrumequinumRhinolophus hipposiderosRosalia alpinaRupicapra rupicapraRutilus pigus Rutilus rubilioSaga pedoSalamandrina terdigitataSalmo macrostigma

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Salmo marmoratus Speleomante ambrosiiSpeleomantes strinatiiSterna albifrons Sterna hirundo Sterna sandvicensis Sylvia undata Tadarida teniotisTetrao tetrix tetrix Thymallus thymallusTringa glareola Triturus carnifex Unio mancusVertigo angustior Zerynthia polyxena

Finito di stamparenel mese di gennaio 2007

presso la Microart’s S.p.A. - Recco (GE)

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