MAIOLICHE CINQUECENTESCHE DAL BORGO DI OSTIA ANTICA: … · tatti commerciali dell’urbe romana,...

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83 MAIOLICHE CINQUECENTESCHE DAL BORGO DI OSTIA ANTICA: PRIMI DATI ARCHEOMETRICI di SIMONA PANNUZI *, MARIA PIA RICCARDI ** * Soprintendenza per i Beni Archeologici di Ostia, Roma ** Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Pavia INTRODUZIONE Oggetto di questa comunicazione è un nucleo di mate- riali rinvenuto nel corso di scavi e restauri operati dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici di Ostia negli ulti- mi due decenni nel Borgo e nel Castello di Ostia Antica, costruito su di una struttura fortificata più antica, nella se- conda metà del XV secolo dal Cardinale Giuliano della Rovere, poi papa Giulio II. Questi reperti, malgrado siano carenti di riferimenti stratigrafici precisi, sono fonte d’in- formazioni preziose per uno studio generale sulle produ- zioni ceramiche in uso nel territorio romano in età rinasci- mentale e più in particolare come documentazione storica sulla suppellettile domestica utilizzata nell’abitato fortifi- cato. Tali ritrovamenti ceramici testimoniano inoltre i con- tatti commerciali dell’urbe romana, in special modo nel periodo quattro-cinquecentesco, quando il porto di Ostia rappresentava uno dei principali nodi di scambio delle mer- ci provenienti da varie aree del Mediterraneo. Poiché gran parte degli esemplari rinvenuti provengono dall’area del Castello, le ceramiche di maggior pregio possono rispec- chiare le relazioni culturali, economiche e politiche della curia vescovile ostiense e della corte papale che soggiorna- va episodicamente nella struttura fortificata. I materiali più comuni sono invece da riferire agli usi della guarnigione che prestava servizio fisso nel castello, sede della dogana pontificia fino al suo spostamento nel 1557, dopo la disa- strosa piena del Tevere, che portò il fiume ad un cambia- mento di corso, allontanandolo dall’abitato ostiense. Lo studio in corso è stato inserito all’interno di un con- testo più ampio relativo all’area romana, definito nelle li- nee generali grazie all’analisi dei dati documentari, archeo- logici e geologici riguardanti la città ed il suo rapporto con il territorio ostiense, cui strettamente si relazionava grazie soprattutto al veloce collegamento fluviale. Già in precedenti ricerche su maioliche cinquecentesche rinvenute in ambito romano è stato posto il dubbio se parte di queste ceramiche, decorate con motivi di origine extra-re- gionale, fossero state importate dagli originari centri di pro- duzione o, viceversa, fossero state realizzate a Roma da bot- teghe locali, gestite però da vasai provenienti da tali centri, che continuavano a dipingere sulle ceramiche decori tipici del loro luogo d’origine (per es. RICCI 1986, p. 222). Spesso nemmeno l’analisi delle forme, solo alcune volte caratteristi- che dell’ambito locale, ha potuto contribuire alla definizione del problema. È apparso pertanto indispensabile l’intervento di uno studio multidisciplinare che con l’ausilio di analisi archeometriche, mediante una classificazione dei materiali in funzione della tipologia degli impasti (tessitura, composi- zione mineralogica, composizione chimica), dei caratteri tes- siturali e composizionali dei rivestimenti, permettesse di in- dividuare i differenti raggruppamenti ceramici riferibili alle differenti produzioni in modo maggiormente oggettivo, al di là della comunque imprescindibile, analisi tipologica e stili- stica dell’apparato morfologico e decorativo. Tale ricerca multidisciplinare è pertanto volta all’individuazione, all’in- terno del nucleo di maioliche esaminate, di materiali che, per il tipo d’impasto e di rivestimento, composizionalmente e tecnologicamente omogenei, possano ipotizzarsi di probabi- le produzione locale, o al contrario possano attribuirsi a for- naci faentine, derutesi, liguri o montelupine, per le quali si è in possesso di dati archeometrici di riferimento. Questa cam- pionatura, i cui risultati non possono ovviamente essere ge- neralizzati a tutti i contesti di smaltate rinascimentali rinve- nuti in area romana, potrà comunque contribuire, a confron- to con le fonti storico-archivistiche, all’approfondimento di una problematica ancora poco analizzata da questo punto di vista, circa la reale incidenza quantitativa e qualitativa delle importazioni a Roma da altri centri produttivi (si cfr. per ana- lisi effettuate su maioliche rinvenute a Roma: Appendice I in MAZZUCATO 1986, pp. 148-150; BANDINI 1997, pp. 235-250). L’interpretazione delle microstratigrafie e delle microstrut- ture dei rivestimenti stanno fornendo anche preziose indica- zioni su alcune fasi del ciclo di produzione delle ceramiche smaltate rinascimentali e su alcuni accorgimenti tecnici adot- tati durante la loro fabbricazione (PANNUZI et al., c.s.). S.P. LE MAIOLICHE OSTIENSI I contesti di rinvenimento delle maioliche ostiensi Un numeroso gruppo di materiali ceramici rinascimentali conservati nei depositi ostiensi fa riferimento alle collezioni storiche del monumento, già in parte esposte nel primo Museo della Rocca, allestito nel 1964 dall’allora Soprintendente, prof.ssa Maria Floriani Squarciapino. Per questi esemplari, alcuni dei quali integri o quasi, si può soltanto indicare come provenienza generica l’area del castello (FLORIANI SQUARCIAPINO 1964, p. 9). Un secondo gruppo fu rinvenuto durante lo scavo di un collettore realizzato negli anni ’61-’62 all’esterno del Borgo sul lato occidentale: anche per questi materiali manca- no le indicazioni stratigrafiche. Un altro nucleo di ceramiche, ben conservate, fu rinvenuto nel corso di alcuni lavori di re- stauro realizzati negli anni ’80 all’interno dello stesso castello, nel cortile, nelle casematte, in alcuni ambienti al piano terra e nel fossato. Per questi esemplari sono state fornite alcune limi- tate indicazioni del rinvenimento (BROCCOLI 1984, pp. 312-317; BROCCOLI 1988, pp. 417-423). I frammenti maiolicati scelti come campioni per le analisi archeometriche provengono invece da un contesto di scavo effettuato sotto la direzione di U. Broccoli nel Borgo di Ostia per la posa in opera di un collettore Italgas negli anni ’81-’82, per il quale si realizzarono alcune trincee lungo la viabilità interna del Borgo (lungo le quali già nel 1969 si era intervenu- to per la posa in opera del collettore Acea), rinvenendo l’antica rete stradale di una vasta necropoli romana (BROCCOLI 1983, pp. 170-175). Questi campioni, frammenti di forme ricostrui- bili, sono apparsi rappresentativi di alcune tra le maggiori pro- duzioni locali e non, presenti sul mercato romano nel Cinque- cento, attestate con alte percentuali anche negli altri contesti ostiensi con esemplari del tutto o parzialmente integri, che non potevano essere utilizzati in analisi in qualche modo distrutti- ve. I pochi dati di scavo che si possono desumere dalla nota preliminare del Broccoli, indicano che la ceramica medievale e rinascimentale, insieme ad alcuni frammenti di ceramica a Vetrina Pesante, fu rinvenuta al di sotto della sede stradale odierna, in un unico strato compreso «fra la colmata di marmi (realizzata durante lo spoglio della necropoli romana) e le case quattrocentesche». Le produzioni individuate Dagli scavi effettuati nei decenni passati nell’area del Borgo di Ostia non è possibile purtroppo desumere dati per la definizione di cronologie certe. L’elemento però interes- sante è l’attestazione di una notevole quantità di differenti tipologie decorative tra il materiale smaltato cinquecente- sco, attestando una certa varietà ed eterogeneità nei gusti della curia vescovile, dei castellani, della guarnigione e degli

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MAIOLICHE CINQUECENTESCHEDAL BORGO DI OSTIA ANTICA:PRIMI DATI ARCHEOMETRICI

diSIMONA PANNUZI*, MARIA PIA RICCARDI**

* Soprintendenza per i Beni Archeologici di Ostia, Roma** Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di

Pavia

INTRODUZIONE

Oggetto di questa comunicazione è un nucleo di mate-riali rinvenuto nel corso di scavi e restauri operati dallaSoprintendenza per i Beni Archeologici di Ostia negli ulti-mi due decenni nel Borgo e nel Castello di Ostia Antica,costruito su di una struttura fortificata più antica, nella se-conda metà del XV secolo dal Cardinale Giuliano dellaRovere, poi papa Giulio II. Questi reperti, malgrado sianocarenti di riferimenti stratigrafici precisi, sono fonte d’in-formazioni preziose per uno studio generale sulle produ-zioni ceramiche in uso nel territorio romano in età rinasci-mentale e più in particolare come documentazione storicasulla suppellettile domestica utilizzata nell’abitato fortifi-cato. Tali ritrovamenti ceramici testimoniano inoltre i con-tatti commerciali dell’urbe romana, in special modo nelperiodo quattro-cinquecentesco, quando il porto di Ostiarappresentava uno dei principali nodi di scambio delle mer-ci provenienti da varie aree del Mediterraneo. Poiché granparte degli esemplari rinvenuti provengono dall’area delCastello, le ceramiche di maggior pregio possono rispec-chiare le relazioni culturali, economiche e politiche dellacuria vescovile ostiense e della corte papale che soggiorna-va episodicamente nella struttura fortificata. I materiali piùcomuni sono invece da riferire agli usi della guarnigioneche prestava servizio fisso nel castello, sede della doganapontificia fino al suo spostamento nel 1557, dopo la disa-strosa piena del Tevere, che portò il fiume ad un cambia-mento di corso, allontanandolo dall’abitato ostiense.

Lo studio in corso è stato inserito all’interno di un con-testo più ampio relativo all’area romana, definito nelle li-nee generali grazie all’analisi dei dati documentari, archeo-logici e geologici riguardanti la città ed il suo rapporto conil territorio ostiense, cui strettamente si relazionava graziesoprattutto al veloce collegamento fluviale.

Già in precedenti ricerche su maioliche cinquecentescherinvenute in ambito romano è stato posto il dubbio se parte diqueste ceramiche, decorate con motivi di origine extra-re-gionale, fossero state importate dagli originari centri di pro-duzione o, viceversa, fossero state realizzate a Roma da bot-teghe locali, gestite però da vasai provenienti da tali centri,che continuavano a dipingere sulle ceramiche decori tipicidel loro luogo d’origine (per es. RICCI 1986, p. 222). Spessonemmeno l’analisi delle forme, solo alcune volte caratteristi-che dell’ambito locale, ha potuto contribuire alla definizionedel problema. È apparso pertanto indispensabile l’interventodi uno studio multidisciplinare che con l’ausilio di analisiarcheometriche, mediante una classificazione dei materialiin funzione della tipologia degli impasti (tessitura, composi-zione mineralogica, composizione chimica), dei caratteri tes-siturali e composizionali dei rivestimenti, permettesse di in-dividuare i differenti raggruppamenti ceramici riferibili alledifferenti produzioni in modo maggiormente oggettivo, al dilà della comunque imprescindibile, analisi tipologica e stili-stica dell’apparato morfologico e decorativo. Tale ricercamultidisciplinare è pertanto volta all’individuazione, all’in-terno del nucleo di maioliche esaminate, di materiali che, peril tipo d’impasto e di rivestimento, composizionalmente e

tecnologicamente omogenei, possano ipotizzarsi di probabi-le produzione locale, o al contrario possano attribuirsi a for-naci faentine, derutesi, liguri o montelupine, per le quali si èin possesso di dati archeometrici di riferimento. Questa cam-pionatura, i cui risultati non possono ovviamente essere ge-neralizzati a tutti i contesti di smaltate rinascimentali rinve-nuti in area romana, potrà comunque contribuire, a confron-to con le fonti storico-archivistiche, all’approfondimento diuna problematica ancora poco analizzata da questo punto divista, circa la reale incidenza quantitativa e qualitativa delleimportazioni a Roma da altri centri produttivi (si cfr. per ana-lisi effettuate su maioliche rinvenute a Roma: Appendice I inMAZZUCATO 1986, pp. 148-150; BANDINI 1997, pp. 235-250).L’interpretazione delle microstratigrafie e delle microstrut-ture dei rivestimenti stanno fornendo anche preziose indica-zioni su alcune fasi del ciclo di produzione delle ceramichesmaltate rinascimentali e su alcuni accorgimenti tecnici adot-tati durante la loro fabbricazione (PANNUZI et al., c.s.).

S.P.

LE MAIOLICHE OSTIENSI

I contesti di rinvenimento delle maioliche ostiensi

Un numeroso gruppo di materiali ceramici rinascimentaliconservati nei depositi ostiensi fa riferimento alle collezionistoriche del monumento, già in parte esposte nel primo Museodella Rocca, allestito nel 1964 dall’allora Soprintendente,prof.ssa Maria Floriani Squarciapino. Per questi esemplari,alcuni dei quali integri o quasi, si può soltanto indicare comeprovenienza generica l’area del castello (FLORIANI SQUARCIAPINO1964, p. 9). Un secondo gruppo fu rinvenuto durante lo scavodi un collettore realizzato negli anni ’61-’62 all’esterno delBorgo sul lato occidentale: anche per questi materiali manca-no le indicazioni stratigrafiche. Un altro nucleo di ceramiche,ben conservate, fu rinvenuto nel corso di alcuni lavori di re-stauro realizzati negli anni ’80 all’interno dello stesso castello,nel cortile, nelle casematte, in alcuni ambienti al piano terra enel fossato. Per questi esemplari sono state fornite alcune limi-tate indicazioni del rinvenimento (BROCCOLI 1984, pp. 312-317;BROCCOLI 1988, pp. 417-423).

I frammenti maiolicati scelti come campioni per le analisiarcheometriche provengono invece da un contesto di scavoeffettuato sotto la direzione di U. Broccoli nel Borgo di Ostiaper la posa in opera di un collettore Italgas negli anni ’81-’82,per il quale si realizzarono alcune trincee lungo la viabilitàinterna del Borgo (lungo le quali già nel 1969 si era intervenu-to per la posa in opera del collettore Acea), rinvenendo l’anticarete stradale di una vasta necropoli romana (BROCCOLI 1983,pp. 170-175). Questi campioni, frammenti di forme ricostrui-bili, sono apparsi rappresentativi di alcune tra le maggiori pro-duzioni locali e non, presenti sul mercato romano nel Cinque-cento, attestate con alte percentuali anche negli altri contestiostiensi con esemplari del tutto o parzialmente integri, che nonpotevano essere utilizzati in analisi in qualche modo distrutti-ve. I pochi dati di scavo che si possono desumere dalla notapreliminare del Broccoli, indicano che la ceramica medievalee rinascimentale, insieme ad alcuni frammenti di ceramica aVetrina Pesante, fu rinvenuta al di sotto della sede stradaleodierna, in un unico strato compreso «fra la colmata di marmi(realizzata durante lo spoglio della necropoli romana) e le casequattrocentesche».

Le produzioni individuate

Dagli scavi effettuati nei decenni passati nell’area delBorgo di Ostia non è possibile purtroppo desumere dati perla definizione di cronologie certe. L’elemento però interes-sante è l’attestazione di una notevole quantità di differentitipologie decorative tra il materiale smaltato cinquecente-sco, attestando una certa varietà ed eterogeneità nei gustidella curia vescovile, dei castellani, della guarnigione e degli

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abitanti del Borgo. Il rinvenimento di scarti di fornace, co-munque commercializzabili, e di esemplari con piccoli di-fetti di cottura, di basso costo e quindi destinati ad un cetobasso, scelti anche tra i campioni da analizzare, documen-tano la provenienza da un ambito produttivo di area locale.

È plausibile perciò che le stoviglie utilizzate per scopidomestici dagli abitanti del Borgo e dalla guarnigione delCastello fosse acquistata, per la maggior parte, in bottegheromane che producevano manufatti di differente livello e poitrasportate ad Ostia via fiume. Parte delle ceramiche di im-portazione che arrivavano a Roma via mare potrebbero inve-ce aver fatto parte dei donativi che comunemente i castellaniricevevano dai patroni delle imbarcazioni, quando queste nelXV-XVI secolo sostavano alla dogana ostiense per redigere«la bolletta», in base alla quale veniva calcolata la tariffadoganale da pagare sull’importazione delle merci alla Doga-na di Ripa, per evitare che il patrono non scaricasse clande-stinamente le merci prima di arrivare a Roma (ASR, Came-rale III, Ostia, b 1585, doc. a.1455-56 e a.1463-64; ESCH 1981,p. 19; PALERMO 1979, pp. 216-219). Nel XVII secolo, maforse già dopo lo spostamento della sede della dogana ostiensenel secolo precedente, gli abitanti di Ostia, a causa delle ter-ribili condizioni di vita nelle saline, risultano esentati dalpagamento delle gabelle sulle varie merci, di cui hanno «fa-coltà di provvedersi (…) col passaggio che fanno le barcheper il fiume» (ASR, Camerale III, Ostia b 1586, doc. a.1660).Con tutta probabilità comunque per gli esemplari ceramici dimaggior pregio e di produzione non laziale (Deruta, Monte-lupo, Faenza, Liguria) si può ipotizzare il loro arrivo ad Ostiacome doni o come corredo personale della curia vescovile,della corte papale e del castellano che risiedeva nel Castello.

Vista l’estensione limitata dell’abitato ostiense, in cui èdocumentata unicamente la presenza di un’osteria nella metàdel XV secolo ed anche oltre (TOMASSETTI 1897, p. 65; I Com-mentari di papa Pio II, vol. II, p. 2200-2203; ASR, CameraleIII, Ostia b 1587, doc a.1629; b 1586, doc. a.1660), apparepoco probabile, ma non impossibile, che in quel periodo vifosse una bottega di produzione ceramica in loco, anche se ilBroccoli accenna al rinvenimento, in uno dei sondaggi prati-cati davanti ad una delle case a schiera prospicienti il Castel-lo e la chiesa di S. Aurea, proprio di una fornace, di epocanon meglio precisata (BROCCOLI 1983, p. 174). Per ulterioriindicazioni in merito l’autore rimandava ad una successivapubblicazione mai avvenuta, ma dai pochi dati pubblicatiquesta struttura sembrerebbe meglio interpretabile come unacalcara, piuttosto che come un forno per ceramica.

Tra le produzioni campionate ve ne sono alcune ormaichiaramente riconosciute come di ambito romano (scodelledecorate “a monticelli”, le ciotole con cerchi concentrici eboccali con “medaglione a scaletta”), ed altre attribuibilicomunemente al repertorio di località produttive extra-la-ziali come Montelupo (scodelle con motivo a girandola inblu e arancio, piatti con “palmetta persiana”, con motivo“alla porcellana” e con il motivo “a paesini”, etc.), Deruta(piatti con decoro a lustro, con tesa divisa “a quartieri “,etc.) e l’area faentino-romagnola (boccali con decoro a lo-sanghe e con motivo geometrico-floreale all’interno delmedaglione). In generale dai contesti ostiensi emerge undato simile a quello già riscontrato in ambito romano (peres. cfr. i contesti di Crypta Balbi: RICCI 1986, p. 224 e delPalazzo della Cancelleria: PEREGO 1994, pp. 40-42) circa lepercentuali delle presenze delle differenti produzioni cin-quecentesche: risultano infatti sempre preponderanti nume-ricamente le maioliche con forme e decori tipicamente lo-cali e quelle riferibili all’ambito toscano, seguite da quellerelative alle produzioni umbre, faentine e liguri.

S.P.

LE INDAGINI ARCHEOMETRICHE

La strategia analitica adottata in questo lavoro associa lostudio della tessitura del corpo ceramico e del rivestimento

vetroso ad indagini composizionali (tecniche di “bulk”, qualila diffrattometria raggi X delle polveri e la fluorescenza raggiX, e tecniche microanalitiche, quali la microsonda elettroni-ca). Al microscopio ottico, in sezione sottile, sono stati valutatialcuni parametri tessiturali degli impasti ceramici: il rapportoscheletro/matrice, la granulometria e la composizione minera-logica della frazione non argillosa, l’orientazione della tessitu-ra. L’esame al microscopio elettronico a scansione, associatoad un sistema di microanalisi (EDS), è stato utilizzato per in-dagare, con maggiore dettaglio, il rivestimento vetroso (fasirelitte, fasi di neoformazione e matrice vetrosa).

La preparazione dei campioni (25 frammenti) ha previ-sto l’esecuzione di sezioni sottili “petrografiche” aventi unospessore di 30 mm, lucidate con paste abrasive sempre piùfini (fino a 0,25 mm) e la realizzazione di poveri, ottenuteper macinazione in mortaio di agata. Le sezioni sottili, op-portunamente localizzate sul frammento di manufatto, han-no permesso di seguire dettagli dello stesso a differenti sca-la di osservazione. Tale approccio metodologico si è rivela-to utile per interpretare alcune microstrutture significativeper la comprensione di alcune tappe del ciclo produttivo.

I campioni analizzati si datano tutti all’interno del XVIsecolo. I manufatti indagati appartengono sia forme chiuse(boccali), sia forme aperte (piatti e scodelle) e sono riferi-bili alle principali produzioni attestate in generale nei con-testi romani: boccali con decoro a losanghe, con motivo apelte, con girali floreali stilizzate sui lati, con medaglione ascaletta, con motivi diversi all’interno e con decoro ad “oc-chio di pavone” all’esterno, con decoro a fasce alternate in“blu graffito” e a reticolo, piatti e ciotole con decoro “amonticelli”, a “girandole” blu e arancio, “alla porcellana”,“a paesini” ed “ad ovali e rombi”. Nella campionatura sonostati inseriti anche scarti di fornace, di sicura origine locale.

Il corpo ceramico

La petrografia – L’analisi petrografica ha mostrato una note-vole omogeneità tessiturale dei corpi ceramici. L’impasto pre-senta una tessitura seriale a grana da medio-fine a finissima(Fig. 1A). Lo scheletro, di forma variabile da spigolosa a sub-arrotondata, è costituito in prevalenza da quarzo (il mineralepiù abbondante) e da feldspati. Le fasi accessorie sono biotite,pirosseni, epidoti, olivina ed idrossidi di ferro. La calcite è pre-sente sia nella matrice fine, sia nella porosità, in questo caso diorigine secondaria, legata alla fase di seppellimento del manu-fatto. Il quarzo ed i feldspati (K-feldspati e plagioclasi) nonmostrano alcuna modificazione legata alla cottura. Il processodi cottura produce profonde trasformazioni sugli epidoti cheassumono una colorazione rosso vivo al solo polarizzatore.L’olivina è stata identificata solo in alcuni campioni ma piùabbondanti sono i clinopirosseni, ad habitus prismatico. I rariframmenti litici (Fig. 1B) hanno dimensioni sempre inferiori a1 mm e sono arenarie e quarzo microcristallino, tipologie nonparticolarmente significative per risalire alla provenienza del-le materie prime. Sono assenti i frammenti litici riferibili a roccevulcaniche. Tracce di microfossili quali globigerine (?) e guscidi lamellibranchi sono presenti in tutti i campioni studiati (Fig.1C; 1D). Nei resti fossili, le strutture primarie sono sostituiteda calcite secondaria o da pirite e la traccia che rimane neimanufatti non permette di identificare con precisione il generee la specie degli individui.

Il valore del rapporto scheletro/matrice supporta ladistinzione in 3 “sottogruppi d’impasto”, ma tali variazionisono coerenti con le disomogeneità tessiturali dei depositigeologici:

SOTTOGRUPPO A: scheletro/matrice > 0,4;SOTTOGRUPPO B: 0,2 < scheletro/matrice > 0,4;SOTTOGRUPPO C: scheletro/matrice < 0,2).

La composizione mineralogica – L’analisi in diffrattome-tria raggi X di polveri è stata eseguita sul corpo ceramico,previa asportazione del rivestimento.

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Fig. 1 – Immagini al microscopio ottico dell’impasto ceramico. A: tessitura; B: frammento litico (arenaria); C: traccia di un gusciofossilizzato di lamellibranco; D: traccia di un microfossile.

Fig. 2 – La composizione chimica e geochimica degli impasti ceramici. A: la correlazione negativa tra SiO2 e CaO; B: i contenuti inNa2O e K2O; C: la correlazione positiva tra CaO e Sr; D: il pattern ddelle REE. I manufatti del Borgo di Oastia sono messa a confrontocon dati tratti dalla letterature, riguardanti le composizioni di maioliche di altre produzioni (vedi testo).

L’associazione delle fasi mineralogiche che, insieme allefasi amorfe, compone il corpo ceramico (Tab. 1), è ridotta apoche specie mineralogiche: il quarzo e, in misura minore, ilK-feldspato, quali minerali appartenenti allo scheletro dell’im-pasto ed i Ca-silicati (diopside e gehlenite), fasi di neoforma-zione legate alla cottura del manufatto. Altre fasi di neoforma-zione, presenti in quasi tutti i manufatti, sono l’ematite e l’anor-tite. Abbondante è pure la Calcite di origine secondaria.

Le stime semiquantitative, riportate in Tab. 1, mostranoche nel sottogruppo A, con maggior contenuto di scheletro,sono abbondanti sia il quarzo sia i feldspati, mentre negli

altri sottogruppi, i feldspati sono presenti in percentualidecisamente minori. Le fasi di neoformazione indicanocome, durante la cottura, sia avvenuta un’importante tra-sformazione dei minerali argillosi (il picco caratteristico èsempre assente dai tracciati dei diffrattogrammi) collegataad un alto grado di sinterizzazione dei manufatti ceramici.

La composizione chimica – Gli impasti ceramici delle ma-ioliche ostiensi sono classificabili come “Ca-rich clay”, infunzione del loro contenuto di CaO (Tab. 2). I contenuti diSiO2 e Al2O3 (Tab. 2), indicativi dei rapporti quarzo/mine-

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Tab. 1 – Composizione mineralogica del corpo ceramico ottenutain diffrattometria raggi X di polveri.

Fig. 3 – I rivestimenti vetrosi. A: tessitura di un rivestimento (im-magine in elettroni retrodiffusi); B: il diagramma ternario mostrai contenuti di vetrificante (SiO2), fondente (PbO) ed alcuni ele-menti minori (Na2O, MgO, Al2O3, K2O, CaO, FeO) nella matricevetrosa; C: i valori di Na2O, K2O, CaO.

Fig. 4 – Alcune traverse composizionali riferibili a manufatti aventedifferenti tipologie di decoro.

rali argillosi, definiscono un gruppo ben circoscritto. SiO2 edi CaO (Fig. 2A) mostrano una buona correlazione, mentrei valori di Na2O e K2O, pur presentando variazioni pocosignificative, non manifestano alcuna correlazione (Fig. 2B).Indicativi sono pure i valori di Sr, correlati positivamentecon CaO (Fig. 2C), da mettere in relazione all’abbondantecontenuto fossilifero della materia prima.

I contenuti in REE (Tab. 4) sono stati normalizzati ri-spetto ai valori condritici utilizzando i coefficienti propostida ANDERS, EBIHARA 1982. Gli impasti ceramici delle maio-liche mostrano un marcato frazionamento delle terre rareleggere (LREE) e un pattern piatto per le terre rare pesanti(HREE) per tutti i manufatti analizzati (Fig. 2D).

Il rivestimento vetroso

I rivestimenti vetrosi delle maioliche sono smaltiopacizzati con l’aggiunta di cassiterite (SnO2), e mostranouna variazione di spessore compresa tra 200 e 300µm.

La petrografia – Le tessiture sono molto simili per tutti icampioni studiati. Le disomogeneità presenti entro la ma-trice vetrosa dei rivestimenti sono sia minerali retti, sia fasidi neoformazione. Frammenti sub-arrotondati di colore scuroin elettroni secondari (Fig. 3A), di dimensioni comprese tra10 µm e 50 µm sono granuli di quarzo e di K-feldspato,questi ultimi spesso circondati da una sottile e continua zo-natura della matrice vetrosa. Aggregati a grana fine (frazio-ni di micron) di cassiterite (SnO2), di colore grigio chiaro inFig. 3A, sono correlati alla fase di cottura del rivestimento(MOLERA et al., 1999) e possono derivare da una ricristalliz-zazione dell’opacizzante, aggiunto alla ricetta di prepara-zione dello smalto. Questi microgranuli possono anche tro-varsi dispersi entro la matrice vetrosa. Altre fasi di neofor-mazione sono i Ca-silicati (diopside e wollastonite), fasiopache attribuibili al pigmento utilizzato per la decorazio-ne (PANNUZI et al., c.s.) e leuciti, nella zona di interazionecon il corpo ceramico. Lo spessore di tale zona non superamai i 20-30 mm e spesso, accanto ai cristalli di leucite, sonopresenti minerali relitti del corpo ceramico (quarzo e mi-che), vistosamente trasformati dal processo di cottura.

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Tab. 2 – Composizione chimica del corpo ceramico ottenuta in fluorescenza raggi X.

Tab. 3 – Elementi minori e tracce nel corpo ceramico determinati mediante la fluorescenza raggi X.

Tab. 4 – Tenori delle REE nel corpo ceramico.

La composizione chimica – Il rivestimento vetroso è classifi-cabile come un “tin-opacified lead glazes” (TITE et al., 1998):PbO e SiO2 sono i componenti più abbondanti (Fig. 3B). Gliossidi minori, quali Na2O, MgO, Al2O3, K2O, CaO, FeO, in-dicati come “altro” in Figura 3B, rappresentano meno del 15wt% della composizione totale. I valori di K2O sono sempremaggiori rispetto a quelli di Na2O; CaO mostra contenutimolto variabili (Fig. 3C). I valori del rapporto PbO/SiO2 va-riano da 0.4 a 1 (Tab. 5) e tali disomogeneità sono osservabilianche in uno stesso campione. Le traverse composizionali,realizzate nella matrice vetrosa, mostrano tali variazioni e laloro correlazione con microstrutture presenti entro la tessitu-ra del rivestimento, può spiegare alcuni accorgimenti tecno-logici utilizzati nel ciclo di produzione.

In Fig. 4 sono riportate come esempio, alcune traversecomposizionali. Il piatto con “decoro alla porcellana” (Fig.

4A) mostra una buona omogeneità composizionale, dalla zonadi interazione con il corpo ceramico (0 mm) fino alla super-ficie esterna del rivestimento (158 mm). Il contenuto di K2Oè compreso tra 4 e 5 wt %, sempre maggiore di Na2O; FeOdiminuisce drasticamente verso la superficie esterna del ri-vestimento. Diversamente, sia il piatto con “decoro a giran-dola”, sia il boccale con “medaglione a scaletta”, mostranopiù vistose disomogeneità. Le variazioni nei contenuti di Al2O3sono correlate a quelle di K2O e Na2O, e coincidono con lapresenza di minerali relitti (feldspati) entro il rivestimento;inoltre i valori di Al2O3 sono molto abbondanti, al contattocon il corpo ceramico (Fig. 4B e 4C), in entrambi i manufat-ti. I valori di SnO2, nella matrice vetrosa, supera raramente il3 wt % e la variazione di tale paramentro composizionale èlegato alla presenza degli aggregati di cassiterite.

M.P.R.

DISCUSSIONE DEI DATI E CONCLUSIONI

Il corpo ceramico delle maioliche restituite dallo scavoeffettuato nel Borgo di Ostia Antica, per la posa in opera diun collettore Italgas negli anni 1981-1982, sono state pro-dotte con impasti a grana medio-fine e fine, ricchi in CaO. Imateriali naturali utilizzati per la produzione sono marnecon abbondante componente fossilifera. I resti di microfos-sili e gli elevati contenuti di Sr confermano tale caratteristi-ca. Minerali accessori sono olivine e clinopirosseni; i fram-menti litici (arenarie e quarzo microcristallino), poco rap-presentati, non forniscono indicazioni sulle zone di approv-vigionamento della materia prima

La buona omogeneità mineralogica e composizionale (ele-menti maggiori, minori, tracce e REE) dei manufatti e l’eleva-ta rappresentatività di tale impasto ceramico sembrano soste-nere l’ipotesi che i reperti esaminati siano di produzione loca-

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Tab. 5 – Traverse composizionali nella matrice vetrosa del rivestimento ceramico, realizzate in microsonda elettronica.

le, anche se i decori sono attribuibili a centri di produzioneanche importati (Montelupo, Deruta, Faenza), non del com-prensorio romano. Inoltre, in tale gruppo tessiturale ricadonoanche alcuni scarti di fornace di sicura produzione locale.

A sostegno dell’ipotesi di una produzione locale, per lemaioliche del Borgo di Ostia, sono stati confrontati dati di let-teratura di maioliche provenienti appunto da Faenza (FABBRIet al. 1988; CASADIO et al. 1997; BOJANI et al. 1997); Deruta(CASADIO et al. 1989), Castelli (FABBRI et al. 1990) e Montelu-po (BERTI 2003), centri di produzione ai quali far risalire nu-merose tipologie di decoro presenti sui manufatti. Da tale con-fronto risulta netta la differenza composizionale tra gli impasticeramici di queste produzioni e quelli delle maioliche ostiensi,sia in termini di elementi maggiori quali SiO2 e CaO (Fig. 2A),sia per alcuni elementi minori, in particolare Sr. Il pattern delleREE ed il loro contenuto totale, dimostrano un’estrema uni-formità composizionale dei manufatti studiati.

Nel ciclo produttivo, il processo di cottura di un impastocosì ricco in CaO è un passaggio alquanto delicato. IL CaO,infatti, se rimane come relitto entro il corpo ceramico dopo la

cottura, può causare la rottura del pezzo ceramico per forma-zione di Ca(OH)2, accompagnata da un aumento di volume.L’elevato grado di sinterizzazione e la presenza di abbondantiCa-silicati di neoformazione (talvolta superano il 50 % vol delcorpo ceramico; Tab. 1) indicano un’abile conduzione dellacottura ed un controllo sulla temperatura e sull’atmosfera del-la fornace (LETSCH, NOLL 1983; MAGGETTI 1994).

La zona di reazione tra corpo ceramico e rivestimento èsolitamente poco sviluppata. La presenza di fasi di neofor-mazione, quali K-feldspati e leucite, è molto discontinua. Ilconfronto di tali microstrutture con prove sperimentali ri-prodotte in laboratorio (MOLERA et al. 2001), lasciano dubbisulla loro interpretazione. Lo sviluppo della zona di intera-zione dipende, infatti, da numerosi fattori: la temperaturamassima raggiunta durante la cottura, il contenuto di PbOnel rivestimento vetroso, la velocità di raffreddamento delmanufatto dopo la cottura ed il contrasto composizionale trail corpo ceramico ed il rivestimento ((MOLERA et al. 2001). Atutt’oggi non ci sono dati sperimentali sufficienti per decifra-re gli indizi presenti in questa zona del manufatto.

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I rivestimenti vetrosi sono smalti a composizione PbO-SiO2 con PbO/SiO2 variabile tra 0,4 e 1 e K > Na. Le varia-zioni composizionali rilevate entro la matrice vetrosa dei ri-vestimenti sono attribuibili alla presenza di relitti della mate-ria prima (quarzo e feldspati) ed a variazioni nel rapportovetrificante-fondente, nella realizzazione della ricetta di pro-duzione. I contenuti di CaO, Na2O e K2O possono rispec-chiare la ricetta per la produzione della base vetrosa del rive-stimento, ma possono altresì essere legati alla interazione conil corpo ceramico, durante la cottura ((MOLERA et al. 2001).

Le traverse composizionali hanno mostrato che, in unostesso manufatto, numerose sono le disomogeneità presentientro il rivestimento vetroso. Oltre alle variazioni compo-sizionali nella matrice vetrosa, le fasi relitte (quarzo efeldspati) e le fasi di neoformazione (Ca-silicati) possonofornire indicazioni sui materiali utilizzati per le ricette diproduzione e sui pigmenti.

I nuovi dati archeometrici desunti dalle analisi dei cam-pioni ostiensi, sebbene ancora preliminari, in particolare per lanecessità di poter effettuare campionature di argille locali dicava (CAMPONESCHI, NOLASCO 1982; VENTRIGLIA 1971), da con-frontare con le analisi degli impasti delle maioliche e con cam-pioni sperimentali, confermano comunque l’ipotesi di una fab-bricazione per lo più locale della maiolica che nel Cinquecen-to si utilizzava in ambito romano per un mercato medio-basso.

M.P.R.

L’omogeneità dei corpi ceramici, tutti realizzati con ar-gille carbonatiche, e l’uniformità tessiturale e composizio-nale dei rivestimenti smaltati, che viene ad indicare anche untipo di tecnologia produttiva del manufatto abbastanza simi-le, sostiene questa ipotesi. I dati che emergono trovano ancheriscontro nelle ampie fonti storico-documentarie che ci testi-moniano, tra la fine del XV e per tutto il XVI secolo, la pre-senza a Roma di vasai di differenti origini (molti faentini,montelupini, fiorentini, marchigiani ma anche umbri, dell’altoLazio e abbruzzesi), oltre all’arrivo da vari centri laziali enon, di ceramica di pregio e di tipi per usi specifici (per es.AIT 1981, p. 125; RAGONA 1982, pp. 90-92; ROSSETTI 1992,pp. 158-160; GULL 1997, p. 566). La contemporanea presen-za di artigiani, accomunati dalla stessa arte, ma in possessodi differente perizia e di bagaglio stilistico nel trattamentodell’apparato decorativo, ha senz’altro consentito all’arte deivasai romani di svilupparsi in questo periodo con una vitalitànuova, che ha portato alla nascita di una produzione variega-ta e tipologicamente diversificata, grazie alle differenti tradi-zioni produttive che vi sono confluite. Questo portò le fab-briche locali ad essere debitrici della maggior parte delle ela-borazioni tipologiche, morfologiche e decorative elaborateda centri extra-regionali, sulle quali già alla fine del XV se-colo si impose, per le forme chiuse, la produzione di boccalicon medaglione a scaletta con all’interno stemmi famigliari,pseudo-stemmi o motivi geometrico-floreali, e per le formeaperte quella di scodelle con decoro “a monticelli” e di cioto-le a cerchi concentrici, tutti tipi che verranno riproporti conlimitate varianti per tutto il XVI secolo.

S.P.

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