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1. GLI STATI UNITI SONO OBBLIGATI AD «avvalersi [delle basi] nello spirito e nel quadro della collaborazione atlantica, ad utilizzarle per adempiere agli impegni Nato e, in ogni caso, a non servirsi delle dette basi a scopi bellici se non a seguito di disposizioni Nato o accordi con il governo italiano» (articolo 2). «Le installazioni sono poste sotto comando italiano e i comandi statunitensi detengono il controllo militare su equipaggiamento e operazioni» (articolo 4). Questi due articoli – rivelati da Limes nel 1999 1 – del- l’accordo segreto del 1954 che regola lo status delle strutture militari concesse in uso agli americani in Italia, non lasciano dubbi. Le basi non solo sono concesse in uso agli Stati Uniti e non godono di alcuna extraterritorialità, ma devono esse- re usate nell’ambito dell’Alleanza atlantica, a meno di accordi particolari e speci- fici con il governo italiano. Se la distinzione durante la guerra fredda non era significativa perché la pre- senza americana in Europa coincideva con la missione della Nato, tanto che il co- mandante delle truppe americane in Europa era (ed è) lo stesso delle forze della Nato, dopo la fine della guerra fredda e soprattutto dopo l’11 settembre la situazio- ne è cambiata totalmente. La Nato ha perso la centralità nel rapporto atlantico, gli europei non si sentono in guerra contro il terrore come gli Stati Uniti e Washington ha scelto la strada unilaterale, o per dirla alla Rumsfeld delle «missioni che fanno le coalizioni». Può l’Italia impedire che le basi concesse in uso agli americani siano utilizzate per scopi che non condivide? In teoria sì, ma la questione dal punto di vista giuri- dico è molto complicata, perché è possibile che una base venga utilizzata solo in- 1. Cfr. A. DESIDERIO, «Paghiamo con le basi la nostra sicurezza», Limes, «A che ci serve la Nato», n. 4/1999, pp. 27-41. 59 MAI DIRE GUERRA Perché gli accordi sulle installazioni militari Usa nel nostro paese sono sempre stati segreti. La rendita di posizione italiana durante la guerra fredda e la situazione attuale. Che cosa gli americani vogliono da noi. VIAGGIO NELLE BASI AMERICANE IN ITALIA di Alfonso DESIDERIO

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1. GLI STATI UNITI SONO OBBLIGATI AD

«avvalersi [delle basi] nello spirito e nel quadro della collaborazione atlantica, adutilizzarle per adempiere agli impegni Nato e, in ogni caso, a non servirsi delledette basi a scopi bellici se non a seguito di disposizioni Nato o accordi con ilgoverno italiano» (articolo 2). «Le installazioni sono poste sotto comando italianoe i comandi statunitensi detengono il controllo militare su equipaggiamento eoperazioni» (articolo 4). Questi due articoli – rivelati da Limes nel 1999 1 – del-l’accordo segreto del 1954 che regola lo status delle strutture militari concesse inuso agli americani in Italia, non lasciano dubbi. Le basi non solo sono concessein uso agli Stati Uniti e non godono di alcuna extraterritorialità, ma devono esse-re usate nell’ambito dell’Alleanza atlantica, a meno di accordi particolari e speci-fici con il governo italiano.

Se la distinzione durante la guerra fredda non era significativa perché la pre-senza americana in Europa coincideva con la missione della Nato, tanto che il co-mandante delle truppe americane in Europa era (ed è) lo stesso delle forze dellaNato, dopo la fine della guerra fredda e soprattutto dopo l’11 settembre la situazio-ne è cambiata totalmente. La Nato ha perso la centralità nel rapporto atlantico, glieuropei non si sentono in guerra contro il terrore come gli Stati Uniti e Washingtonha scelto la strada unilaterale, o per dirla alla Rumsfeld delle «missioni che fanno lecoalizioni».

Può l’Italia impedire che le basi concesse in uso agli americani siano utilizzateper scopi che non condivide? In teoria sì, ma la questione dal punto di vista giuri-dico è molto complicata, perché è possibile che una base venga utilizzata solo in-

1. Cfr. A. DESIDERIO, «Paghiamo con le basi la nostra sicurezza», Limes, «A che ci serve la Nato», n. 4/1999,pp. 27-41. 59

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Perché gli accordi sulle installazioni militari Usa nel nostro paese sono sempre stati segreti. La rendita di posizioneitaliana durante la guerra fredda e la situazione attuale. Che cosa gli americani vogliono da noi.

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direttamente: una volta usciti dai confini italiani truppe e mezzi americani nonhanno alcun vincolo.

La questione è però politica e chiama in causa l’alleanza tra Italia e Stati Uniti,un’alleanza fondata su accordi che risalgono all’inizio della guerra fredda e sonoormai superati. La stessa questione del raddoppio della base di Camp Ederle a Vi-cenza – alla quale sarà dedicata la seconda puntata di questa serie di articoli – edelle proteste che la decisione ha sollevato, ha richiamato l’attenzione sui rapportitra Italia e Stati Uniti e sulle basi concesse in uso agli americani. Da più parti ormaisi levano voci autorevoli sulla necessità di rivedere gli accordi e rinnovare l’allean-za per adeguarla ai tempi 2.

2. «La consueta irritazione provocata dalla presenza delle forze americane inpaesi stranieri è stata ampiamente assente in Italia», scrive Frank Nash, consiglieree assistente del ministro della Difesa Usa alla fine di un’ispezione alle installazionimilitari americane in Europa. «Rispetto alla maggior parte dei paesi», continua Na-sh, «la reazione in Italia è paradossale. Invece di desiderare una riduzione, gli ita-liani chiedono unità aggiuntive. Ufficialmente la ragione fornita è la crescita del-l’instabilità in Medio Oriente, e il pericolo che ciò comporta per la Nato, e la favo-revole posizione strategica dell’Italia. Però altri fattori ugualmente importanti dietroquesta decisione sono la consapevolezza del rilevante contributo economico ap-portato dalle forze americane e la sensazione che quanti più soldati americani so-no dislocati in Italia, tanto più l’Italia potrà contare sull’assistenza e la protezionedegli Stati Uniti. La logica di questo atteggiamento “paradossale” può essere com-presa solo considerando la quasi ossessiva insicurezza dei politici italiani filocci-dentali. Essi percepiscono come principale minaccia allo schieramento dell’Italianel campo occidentale un complicato mix di pericoli esterni ed interni» 3. Siamonel novembre 1957, ma l’analisi di Nash ci mostra alcuni aspetti peculiari del rap-porto tra Italia e Stati Uniti durante tutto il periodo della guerra fredda e oltre.

Le truppe americane non servivano solo a fronteggiare un eventuale attaccodel blocco sovietico e a limitare la spesa militare nazionale a vantaggio delle cre-scita economica, ma anche e soprattutto a fornire l’assicurazione psicologica e mi-litare che l’Italia era fermamente legata all’Occidente, nonostante i delicati equilibripolitici interni e la presenza nel nostro paese del più forte Partito comunista occi-dentale. Durante la guerra fredda il fronte tra Ovest ed Est passava anche all’inter-no dell’Italia e non solo lungo i suoi confini.

Le basi militari in Italia hanno sempre rappresentato non solo uno strumentomilitare ma anche geopolitico. E hanno finito per diventare un elemento fonda-mentale nei rapporti tra i due paesi, una sorta di cartina di tornasole dell’alleanzatra Usa e Italia. I problemi interni e la delicata collocazione internazionale hanno

2. Cfr. S. ROMANO, «Per la base di Vicenza esisteva un’alternativa», Corriere della Sera, 3/3/2007, e F.MINI, «Con gli Usa basta far rispettare i patti», L’Espresso, 1/2/2007.3. L. NUTI, «US Forces in Italy, 1955-1963», in W. KRIEGER (a cura di), US Forces in Europe: The EarlyYears, Boulder (Colorado) 1994, Westview, pp. 251-272.

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comportato una seconda conseguenza di rilievo. Al paradosso si è aggiunta l’ambi-guità. La spaccatura interna italiana ai tempi della guerra fredda ha fatto sì che Ro-ma potesse da un lato mantenere l’atteggiamento evidenziato da Nash, ma poi infase di trattative cercare di massimizzare i vantaggi, soprattutto economici, facendopesare la presenza di una forte ostilità interna. Infine, una volta realizzate le basi siè cercato di rimuoverle dal dibattito interno. Riepilogando: piena disponibilità eanzi richiesta di truppe a livello generale; trattativa serrata per spuntare le condi-

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zioni migliori e per tener conto delle opposizioni interne; esclusione della ratificaparlamentare e mantenimento del segreto anche quando non ce n’era bisogno.

Quando nel maggio del 1954 il segretario di Stato John Foster Dulles chiese alpresidente del Consiglio Scelba se si poteva procedere alla firma del trattato sullebasi, negoziato da 15 mesi, questi rispose che la ragione del ritardo era la necessitàdi essere sicuri di poter evitare la ratifica parlamentare all’accordo. Una questioneprocedurale e politica importante, che si accompagnava alle trattative sulla questio-ne di Trieste. Non fu certo un caso che l’accordo sulle basi (Bia) fu firmato il 20 ot-tobre 1954, poche settimane dopo la firma del memorandum d’intesa su Trieste 4.

Questo atteggiamento italiano ha impedito però un dibattito interno sulle basi,su vantaggi e svantaggi, sul loro utilizzo ai fini degli interessi nazionali, riducendole posizioni alle due estreme: favorevoli o contrari, spesso in maniera pregiudizia-le. Sempre in netta minoranza le posizioni intermedie e soprattutto quelle che vo-levano discutere gli aspetti particolari dell’alleanza con gli Usa senza metterne indiscussione gli assetti generali. Uno schema che si ripresenta o che viene ripresen-tato anche oggi, come nella questione di Vicenza, nonostante la guerra fredda siasolo un ricordo.

Un’altra ambiguità è rappresentata dalla politica americana in Europa, sempresviluppata sia sul piano bilaterale che su quello multilaterale della Nato. Comandoamericano in Europa e comando della Nato, pur avendo lo stesso comandante, so-

4. Cfr. L. NUTI, op. cit.

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Fonte: Tim Kane, Global U.S. Troop Deployement, The Heritage Foundation (su dati del dipartimentodella Difesa).

no due strutture separate, anche se spesso le stesse basi ospitano entrambi i co-mandi, come nel caso di Napoli. Per le ragioni evidenziate in precedenza tutto il si-stema delle basi americane in Italia fu strutturato sotto l’ombrello dell’Alleanzaatlantica, ma oggi il rapporto è soprattutto bilaterale (tabella 1).

Nel corso del tempo è cambiato il numero delle basi utilizzate dalle Forzearmate americane e la loro tipologia. È cambiata anche la rilevanza del territorioitaliano nel contesto regionale e generale. Possiamo distinguere a grandi lineetre fasi.

Nella prima l’Italia è importante come fronte della guerra fredda, in particola-re per la frontiera nord-orientale che dopo il Trattato di neutralità dell’Austria e ilritiro da quel paese delle truppe di occupazione diventa un facile obiettivo dell’e-ventuale attacco dell’Urss e del Patto di Varsavia, che possono arrivare incontrasta-ti fino alle Alpi. La Forza tattica dell’Esercito degli Stati Uniti nel Sud Europa (Usa

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Tabella 1. L’evoluzione degli accordi tra Italia e Usa riguardanti le basi

4 aprile 1949 Trattato dell’Atlantico del Nord• ratificato con la legge n. 465 del 1° agosto 1949

27 gennaio 1950 Accordo di WashingtonAccordo bilaterale sull’assistenza difensiva reciproca

19 giugno 1951 Trattato di Londra, più noto come Sofa (Status of Force Agreement)• regola lo status delle forze militari dei paesi Nato e prevede la giurisdizione del pae-se di appartenenza del militare impiegato in un paese alleato

7 gennaio 1952 Accordo di RomaAccordo bilaterale sulla sicurezza reciprocaa

28 agosto 1952 Protocollo riguardante lo status dei quartier generali militari internazionali istituiti inbase al Trattato dell’Atlantico del Nord nei vari paesi della Nato

20 ottobre 1954 Accordo bilaterale sulle infrastrutture (Bia)Segreto e mai ratificato perché considerato documento tecnico attuativo del Trattatodell’Atlantico del Nord, con allegati tecnici per ogni infrastruttura:• Udine, Montichiari, Aviano, Amendola, Ciampino, S. Vito dei Normanni e Amendola

(basi aeree)• Livorno, Maserada (telecomunicazioni e supporto)• Napoli e Capodichino (aerea, supporto e telecomunicazioni)• Pozzuoli, Venezia, Cagliari, La Maddalena (deposito carburanti e porto)• Decimomannu (aerea e supporto)• Augusta (porto a sostegno flotta)• Sigonella (aeromarittima)• Verona (supporto)

30 giugno 1954 Accordo tecnico aereo Usa-Italia• prevede tra l’altro l’esenzione di visita doganale per aerei militari Usa e l’obbligo di

usare gli aeroporti assegnati in uso salvo casi di forza maggiore

20 ottobre 1954 Accordo tecnico navale Usa-Italia

8 aprile 1957 Memorandum per la base aeromarittima di Sigonella• a livello di Stati maggiori, stabilisce le procedure per l’acquisizione dei terreni e pre-

cisa che tutte le azioni del comandante Usa che possano interferire con le operazio-ni delle Forze armate italiane saranno concordate con il comandante italiano

Protocolli aggiuntivi all’Accordo del 1954

3 luglio 1957 Boscomantico (aerea e supporto)

31 ottobre 1957 Livorno (depositi)

10 luglio 1958 Simeri Crichi, Catanzaro

29 settembre 1959 Grosseto

16 novembre 1959 Taranto, Palermo

15 ottobre 1962 Accordo militare relativo all’esercizio e alla manutenzione dell’aeroporto marittimo diSigonella

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15 febbraio 1972 Protocollo per Lampedusa

1 dicembre 1979 L’addendum n. 1 al memorandum di Sigonella stabilisce l’uso dei poligoni di Pachino,Le Grotticelle, Punta Castellazzo, Isola dei Porri, Punta delle Formiche per l’addestra-mento al bombardamento in picchiata

novembre 1983 Memorandum per Comiso

agosto 1993 Memorandum d’intesa tra lo Stato maggiore dell’Aeronautica e il Comando Usa in Eu-ropa relativo all’impiego della base di Sigonella in attuazione della decisione Nato dischieramento di velivoli F-16 in Italia

30 novembre 1993 Memorandum d’intesa relativo all’uso della base aerea di Aviano in applicazione delladecisione atlantica sullo spiegamento di F-16 in Italia tra Stato maggiore della Difesa eComando delle forze Usa in Europa• cita la proposta di ospitare lo stormo a S. Anna di Crotone, la relativa sospensione

del progetto e la decisione di trovare un’alternativa; stabilisce che l’impiego del 401°Tfw deve avvenire nel quadro dell’Alleanza atlantica e per fini Nato.

aprile 1994 Accordo tecnico relativo al Memorandum d’intesa riguardante l’uso della base aerea diAviano

2 febbraio 1995 Memorandum d’intesa tra il ministero della Difesa italiano e il dipartimentodella Difesa Usa relativo alle installazioni/infrastrutture concesse in uso alleforze Usa in Italia• reso pubblico dal governo D’Alema dopo la tragegia del Cermis• uniforma e aggiorna le modalità di stesura degli accordi tecnici• stabilisce che la collaborazione per la difesa comune si svolgerà a livello bilaterale e

nei limiti del Trattato del Nord Atlantico• rinvia all’accordo del 1954

N.B. L’accordo Bia del 1954 e tutti i memorandum e i protocolli ad esso collegati sono segreti.a L’accordo impegna l’Italia a «dare,compatibilmente con la sua stabilità politica ed economica, il pieno contri-buto consentito dalla sua manodopera, dalle sue risorse, dai suoi mezzi e condizioni generali economiche, al-lo sviluppo ed al mantenimento della propria forza difensiva ed alla forza difensiva del mondo libero». La ver-sione originale in inglese utilizza però il termine «facilities» (infrastrutture) e non il più generico «mezzi» del te-sto italiano.

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Setaf) schierata a Vicenza, con quartier generale prima a Camp Darby a Livorno epoi a Verona, e la base aerea di Aviano erano il baricentro difensivo.

Nella seconda fase, dagli anni Settanta in poi, gli schieramenti sul fronte di-ventano meno importanti, l’equilibrio con l’Urss viene assicurato dalle armi nu-cleari e dai missili, i cui schieramenti diventano cruciali. L’Italia se perde rilevanzaper la frontiera orientale, ne acquista per la posizione nel Mediterraneo, semprepiù importante. Il baricentro si sposta a sud, verso Napoli e Sigonella. Le difficoltànei rapporti tra Stati Uniti e Spagna da un lato e la Grecia dall’alto, rendono ancorapiù importanti le installazioni in Italia.

A partire dagli anni Novanta scompare il fronte della guerra fredda, ma le basiitaliane diventano importanti per lo scacchiere balcanico e come retroguardia pergli schieramenti americani in Medio Oriente, oltre che per l’ancora marginale masempre più decisivo interesse di Washington per l’Africa.

3. Le basi in Italia non sono state solo un elemento essenziale del rapportocon gli Usa. Per lunghi anni sono state il nostro contributo alla sicurezza collettiva,ora affiancate dalla partecipazione alle missioni militari all’estero.

Oggi in Italia le truppe americane sono presenti nelle basi di:• Camp Darby (Livorno) e Camp Ederle (Vicenza); Esercito.• Aviano e Ghedi; Aeronautica.• Napoli, Gaeta, Sigonella (aeronavale), S. Stefano (La Maddalena); Marina.Sono presenti strutture e depositi, ma non truppe a Roveredo, S. Vito dei Nor-

manni, Vigonovo e Fontanafredda. Le basi principali (Ederle, Darby, Aviano, Na-poli, Sigonella) contano su altre strutture situate nelle vicinanze o in località nonlontane. Si arriva così a una trentina di installazioni. A queste sono da aggiungere26 siti minori, che a differenza delle altre infrastrutture, non sono elencate nei do-cumenti del Pentagono. La base di Comiso è stata chiusa, mentre la base per som-mergibili di S. Stefano nell’arcipelago di La Maddalena in Sardegna chiuderà entroil febbraio 2008. Stime non ufficiali, che conteggiano anche installazioni radar e dicomunicazione americane e della Nato, arrivano a calcolare fino a un centinaio diinfrastrutture.

Secondo i dati del dipartimento della Difesa le basi in Italia hanno un valoreeconomico di 4.950 milioni di dollari, un’estensione totale di 22,6 kmq, contro iquasi 40 mila milioni e i 671 kmq delle basi in Germania 5.

Per quello che riguarda i costi, secondo il rapporto 2004 del dipartimento del-la Difesa sul contributo dei paesi alleati alla sicurezza, l’Italia ha coperto il 41% del-le spese. In realtà si tratta perlopiù di contributi indiretti: vengono calcolati i man-cati introiti di affitti, concessioni fiscali e doganali (che non è detto lo Stato ospitan-te incasserebbe senza la presenza della base). In termini assoluti il contributo diret-to per il 2003 è stato pari a 3 milioni di dollari, contro i 363 milioni di contributo in-diretto. Si tratta probabilmente di uno dei vantaggi acquisiti in fase negoziale, vistoche altri paesi alleati sono molto più svantaggiati (tabella 2).

4. Come si collocano le basi americane in Italia nel contesto generale dellospiegamento americano?

Gli Stati Uniti hanno truppe in 147 paesi e oltre 700 installazioni militari all’e-stero. Sono più di centomila gli edifici e le strutture di proprietà o in affitto, suuna superficie totale di 2.740 kmq e per un valore totale di oltre 124 miliardi didollari, calcolato dal Pentagono sulla base del costo attuale necessario a sostitui-re la struttura 6. Messi così sono dati impressionanti. Ma se andiamo a contare lapresenza di truppe in basi militari 7, il numero scende a circa 40 paesi. Se poiconsideriamo solo le basi con più di mille soldati arriviamo a una quindicina. Inrealtà lo schieramento militare americano nel mondo – pur non avendo eguali –

5. Office of the Deputy under Secretary of Defense, Base Structure Report, Fiscal Year 2005, Depart-ment of Defense. 6. Ibidem.7. Una base militare spesso si compone di più installazioni.

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si concentrava, prima della guerra in Iraq, in tre paesi: Germania, Giappone eCorea del Sud. Qui venivano dislocate circa la metà delle truppe americane sta-bilmente all’estero. Se limitiamo il calcolo ai soldati dell’Esercito i tre paesi rap-presentavano il 90% delle truppe di terra.

Lo schieramento americano nel mondo oggi è rappresentato quindi in granparte da postazioni aeronavali, con quattro concentrazioni di truppe sul terreno:Germania, Giappone, Corea del Sud e Iraq. L’assenza di una concezione imperialecoloniale territoriale 8 fa sì che le basi americane non siano utilizzate per controllareil territorio circostante, bensì come teste di ponte per l’eventuale proiezione delleforze, come una ragnatela di isole con standard di vita americani, separate dal resto.

Il dipartimento della Difesa americano distingue la dimensione delle installa-zioni sulla base di un calcolo del loro valore. All’estero quelle grandi, cioè con va-lore superiore a 1.518 milioni di dollari, sono 16 (1 dell’Esercito, 6 della Marina, 7dell’Aeronautica e 2 dei marines) contro le 103 sul territorio americano. Le medie –tra 845 e 1.518 milioni di dollari – sono 22, mentre le piccole sono 699 9. Tra le basiitaliane solo Aviano e Sigonella raggiungono lo status di basi medie, le altre sonotutte piccole.

Il Comando europeo americano è stato, tra la seconda guerra mondiale e la fi-ne della guerra fredda, il più importante insieme a quello del Pacifico, prima del-l’escalation del Comando centrale impegnato in Medio Oriente. L’area di responsa-bilità del Comando è enorme: si estende dal Mar di Barents a nord all’Antartico asud, dalla Groenlandia a ovest alla costa russa del Pacifico a est. Comprende 92paesi europei, africani e asiatici; il 60% delle coste del pianeta, il 35% delle terreemerse e il 23% della popolazione mondiale. Le truppe però sono quasi tutteschierate in Europa occidentale, il fronte della guerra fredda 10.

8. Cfr. «L’impero senza impero», Limes, n. 2/2004.9. Office of the Deputy Under Secretary of Defense, op. cit.10. Cfr. la testimonianza alla Camera dei rappresentanti del generale Bantz J. Craddock, comandantedell’United States European Command (Useucom), 15/3/2007.

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Tabella 2. Comparazione tra le basi americane in alcuni paesi alleati

Estensione Valore Contributo costi Contributo diretto Contributo ind. (kmq) (milioni $) (%) (milioni $) (milioni $)

Italia 22,60 4.950,2 41,0 3,02 363,52Germania 671,00 39.884,7 32,6 28,70 1.535,22Spagna 35,90 2.150,6 57,9 0 127,26Belgio 4,52 632,5 24,0 2,21 15,56Regno Unito 32,2 5.442,1 27,1 27,50 210,96Turchia 14,20 1.394,9 54,2 0 116,86Giappone 517,00 44.248,9 74,5 3.228,43 1.182,92Corea del Sud 243,00 12.597,6 40,0 486,31 356,50

Fonti: Office of the Deputy under Secretary of Defense, Base Structure Report, Fiscal Year 2005, Departmentof Defense; 2004 Statistical Compendium on Allied Contributions to the Common Defense, Department ofDefense.

Dopo la seconda guerra mondiale in Europa la Germania è il paese che digran lunga ha ospitato più truppe americane. Oggi sono in teoria oltre 60 mila, ma20 mila di quei soldati sono impegnati in Iraq. Dopo la Germania, Italia e GranBretagna si contendono la seconda posizione, con 10-15 mila soldati ciascuna. Trai mille e i duemila soldati sono schierati poi in Belgio, Kosovo, Spagna e Turchia.

Dopo la fine della guerra fredda gli Stati Uniti hanno messo a punto un pro-gramma di forte riduzione dello schieramento in Europa. Le esigenze sono poi ul-

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teriormente cambiate dopo l’11 settembre e l’inizio della guerra globale (america-na) al terrore, che hanno portato a un’ulteriore ristrutturazione tuttora in corso.

Una delle novità più importanti è la gestazione di un nuovo comando Usa,l’Africom, dedicato al continente africano, sempre più importante per gli Usa dalpunto di vista dell’approvvigionamento energetico e di materie prime e sul pianodel confronto con l’espansione politico-commerciale della Cina. L’area di respon-sabilità comprenderà tutti i paesi africani finora di competenza del Comando euro-peo e in futuro si allargherà anche ai paesi del Corno d’Africa e al Sudan che orarientrano nel Comando centrale, coprendo quindi tutti i paesi africani ad eccezio-ne dell’Egitto 11.

In Africa gli Usa hanno una limitata presenza militare: meno di 2 mila soldatinel 2006 e quasi tutti concentrati nella base di Gibuti, unica in Africa e tra l’altro di-pendente dal Comando centrale. Per queste ragioni la sede del Comando africano,che inizierà a essere operativo nell’autunno del 2007, sarà a Stoccarda 12. Per il mo-mento il rafforzamento dello schieramento americano in Africa si è realizzato so-prattutto attraverso la Marina. Lo scorso anno la presenza navale americana in Afri-ca è stata pressocché continua, contro gli appena 20 giorni del 2004. Nel 2006 so-no state svolte esercitazioni con 8 paesi nel Golfo di Guinea.

Le coste africane sono generalmente sguarnite. I paesi africani che si affaccia-no sull’Oceano Indiano hanno solo 25 navi per provvedere alla sicurezza maritti-ma per più di 7 mila chilometri di coste. Non hanno quindi la possibilità di com-

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11. Ivi.12. Per un certo periodo si era parlato di Sigonella come possibile sede di Africom.13. Cfr. la testimonianza del generale Craddock, cit. 69

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NUMERO DI PAESI CHE OSPITANO TRUPPE USA

Fonte: Tim Kane, Global U.S. Troop Deployement, The Heritage Foundation (su dati del dipartimentodella Difesa).

battere la pirateria e i traffici illeciti. Situazione molto simile a quella nel Golfo diGuinea, regione ricca di petrolio e strategica per gli Usa 13.

Al momento non è in vista la realizzazione di basi americane in Africa e i co-mandi Usa stanno cercando di realizzare un nuovo tipo di struttura, che integri atti-vità militari e civili, con il contributo di diversi ministeri e agenzie governative, ol-tre che di paesi alleati.

In Europa da un lato è confermato il programma di riduzione, soprattutto del-le truppe schierate in Germania. Sono state già chiuse 43 basi e installazioni in Eu-ropa e fatti rientrare 10 mila soldati con i rispettivi 13.800 familiari. Entro il 2012 èprevista la chiusura di altre centinaia di strutture e il ritorno di 44 mila militari e 57mila familiari (tabella 3).

Nello stesso tempo le forze rimanenti verranno ridislocate verso l’Europa me-ridionale e orientale. Il quartier generale sarà unificato nel 7th Army, che avrà a di-sposizione due brigate permanenti e una a rotazione. Le permanenti faranno basein Germania, a Vilseck, e in Italia, a Vicenza, dove dovrebbe essere riunita la 173a

brigata, ora divisa tra la stessa Vicenza e due località tedesche. Infine una brigata arotazione sarà dislocata in Romania, nella base Mihail Kogalniceanu, e in Bulgaria,a Novo Solo. Gli spostamenti dell’Esercito saranno preceduti e accompagnati daquelli dell’Aeronautica, che manterrà comunque sei squadroni da combattimentonel Regno Unito, in Germania e in Italia. Nel 2012 i due terzi delle forze di mano-vra americane in Europa, più flessibili e veloci negli spostamenti rispetto al passa-to, saranno dislocate in Europa meridionale e orientale, più vicine alle aree instabi-li del Caucaso, dei Balcani e dell’Africa.

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SPIEGAMENTO DELLE TRUPPE USA PER AREE

Fonte: Tim Kane, Global U.S. Troop Deployement, The Heritage Foundation (su dati del dipartimentodella Difesa).

Se quindi il Comando europeo ha ceduto il passo al prioritario Comando cen-trale, maggiormente impegnato nella guerra al terrore, esso manterrà ancora fun-zioni di rilievo: assicurare che i paesi europei restino dei partner affidabili per gliStati Uniti e offrire una retroguardia sicura alle truppe da impegnare nel vicino ar-co di instabilità. In particolare le basi in Germania e in Italia saranno le sole in gra-do di fornire alle Forze armate Usa gli elevati standard di qualità richiesti oggi daimilitari americani, e le sole strutture in grado di ospitare le famiglie dei soldati.Quest’ultima funzione non sarà assolta infatti dalle nuove basi in Romania e inBulgaria.

(continua)

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Tabella 3. Il programma di riduzione delle truppe dell’Esercito Usa in Europa

Soldati Familiari Civili Strutture

Guerra fredda 213 mila 320 mila 65 mila 865

Oggi 55 mila 75 mila 28 mila 234

Futuro +/-28 mila 42 mila >20 mila 88

Altra opzione +/-40 mila 60 mila >23 mila 125