Magazine xvi

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Il magazine online della Lega Basket Femminile Uscita quindicinale 85° Campionato di Serie A1 ESCLUSIVO Giorgia Sottana e il rap Giulia Gombac tra basket e fotografia

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I l m a g a z i n e o n l i n e d e l l a L e g a B a s k e t Fe m m i n i l e

U s c i t a q u i n d i c i n a l e

8 5 ° C a m p i o n a t o d i S e r i e A 1

ESCLUSIVOGiorgia Sottana

e il rap

Giulia Gombactra basket efotografia

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Per ogni punto, assist, rimbalzo, stoppata

il campionato femminile di serie A1

Almo Nature donerà un pasto per i cani

nessuno si senta più solo e abbandonato.

2015/2016

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16L B F M a g a z i n e

She Got GameIl making of del docufilm sul basket femminiledi Silvia Gottardi

She Got Game al cinemaIl cartellone delle proiezioni nelle sale di tutta Italia

Parola alle protagonisteI pareri di Zanotti e Nadalin su SGGdi Silvia Gottardi

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L’INTERVISTA. Giulia Gombac, ragazza poliedrica che si divide tra la pallacanestro come lavoro e la fotografia come passione sognando di unirle in un prossimo futuro agli studi di psicologia.

ESCLUSIVO. Giorgia Sottana, rapper per un giorno, rivaluta la vita del cantante. Dall’intimità di una passione personale alle fatiche della sala di registrazione.

Per ogni punto, assist, rimbalzo, stoppata

il campionato femminile di serie A1

Almo Nature donerà un pasto per i cani

nessuno si senta più solo e abbandonato.

2015/2016

I n c o p e r t i n a :l a l o c a n d i n a d iS h e G o t G a m e

Made in BergamoStoria del progetto Ororosadi Marco Blasizza

EurosuccessiTris di vittorie in Europa per le squadre italiane

Social LBFLa LBF su Twitter e Instagram

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SHE GOT GAME

È stata un’emozione grande vedere tante persone sedute al buio con la testa in su e le immagini del mio documentario che scorrono enormi sul maxi schermo. È

stata un’emozione inaspettata ricevere l’Oscar del cinema e della tv sportiva al FICTS International Festival, già essere in nomination era un onore (tra l’altro se l’avessi saputo mi sarei buttata giù da gara per ritirare il premio invece che andarci in jeans). È tutt’ora una sensazione stranissima sapere che mentre io vado avanti con la mia routine tra lavoro e allenamenti il documentario viene proiettato nei cinema in giro per l’Italia. È una soddisfazione immensa essere riuscita a portare a termine un progetto così ambizioso al primo tentativo, ma non è stato per nulla facile.

Senza il prezioso aiuto del mio team, la disponibilità di tutti i protagonisti e la collaborazione della Lega sarebbe stato impossibile.Il documentario è nato per caso, durante una telefonata con la mia amica Annalisa Zanierato, ovviamente ex cestista, anche lei follemente innamorata di questo sport. Era circa un anno fa, nel periodo in cui, a causa del mio articolo provocatorio “Mors tua, vita mea” se mi avesse incontrato una pallavolista per strada mi avrebbe tirato sotto con la macchina anche se fossi stata sulle strisce pedonali. Era anche un periodo bruttissimo per me, perché era da poco mancata mia mamma. Così, quando mi ha detto: “Facciamo un documentario sul basket femminile?” mi ci sono buttata anima e corpo, e non è un modo di dire.

[MAKING OF]

A CURA DI Silvia Gottardi | FOTO DI Valeria Simola

Presentato in anteprima a Milano il 29 ottobre, il 2 novembre è andata in scena la Prima nazionale a Vicenza.She Got Game verrà ora proiettato in 50 sale di tutta Italia.

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Ho studiato filmaking e documentario, ma per me era la prima vera esperienza: non avevo mai fatto un documentario e men che meno un lungometraggio. Siamo partite armate del nostro entusiasmo e abbiamo buttato giù gli argomenti che volevamo affrontare, i nomi delle persone che volevamo intervistare, abbiamo abbozzato una sceneggiatura, perché non è che puoi fare le cose a caso, devi saperlo prima cosa vuoi girare e cosa vuoi ottenere. Devi pianificare a tavolino parola per parola, sapendo già cosa risponderà l’intervistato e sapendo già le immagini che vuoi ottenere. Poi è partita la macchina organizzativa vera e propria: reperire numeri di telefono, chiamare le persone, trovare il giorno adatto per vedersi tra allenamenti, impegni lavorativi e personali, spostamenti ecc ecc. Abbiamo girato per mesi in lungo e in largo i palazzetti d’Italia ed è stato sia faticoso dal punto di vista fisico, sia stressante dal punto di vista mentale. È successo molte volte che arrivando in una location non ci fosse la luce giusta, il silenzio sperato, lo sfondo adatto o che finita l’intervista ci guardassimo negli occhi disperate e dicessimo “È venuta di merda!” Ma in qualche modo abbiamo portato a casa tutto il materiale, pur con mille errori tecnici e non sempre esattamente soddisfatte. Ora penserete che il più è stato fatto, ma vi sbagliate. La vera mazzata è cominciata proprio ora: giornate intere a trascrivere parola per parola le interviste, selezionare i pezzi migliori e combinarli tra loro, montare immagini che a forza di vederle ti escono

dagli occhi, tradurre tutto l’inglese in italiano e poi l’italiano in inglese, inserire i sottotitoli e le grafiche. Non contente ci è anche venuto in mente di creare due canzoni ad hoc per il documentario, e allora via in sala di registrazione con Giorgia Sottana che, passata l’euforia iniziale, mi deve aver odiato per averle fatto cantare mille volte ogni singola strofa. Poi è toccato ai titoli di testa e di coda: niente scritta sul monitor ma un simpatico stop motion. Abbiamo cioè stampato tutte le scritte, ritagliato le lettere, e poi fotografato lettera per lettera fino a comporre tutte le parole. Interminabile! Ah… Stavo dimenticando il reperimento dei filmati e delle foto d’epoca che è stato da comiche e soprattutto la realizzazione delle scene che mi vedono protagonista, perché nel documentario ci sono anche io, a mò di narratrice. Le abbiamo fatte in giro per Milano, con gli ovvi problemi di “girare” in luoghi pubblici: passanti curiosi, bancarelle piazzate in posti in cui non c’erano durante il sopralluogo, addetti comunali che tagliano l’erba del parco proprio mentre stiamo registrando ecc ecc. Se ci mettete anche che non so recitare e ho la ridarella facile… Bhe, è stato un lavoraccio di tanti mesi, ma credo che ne sia valsa la pena. Prima di tutto sono soddisfatta di com’è venuto e dei messaggi che veicola, gli stessi per cui mi batto da anni tutti i giorni. Poi mi sono di-vertita, perché quando fai qualcosa che ti piace la fatica e il lavoro non pesano. Spero vi piacerà!

Schio - Raffaella Masciadri

Ragusa - Spogliatoio

Sul set di She Got Game

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Cinema Nazionale

Cinema Eden

Multisala Andromeda

Cineplexx

Movie Planet

Le Giraffe

Movie Planet

Movie Planet

Teatro Puccini

Cinema Spadaro

Cinema Etrusco

Movie Planet

Movie Planet

Movie Planet

Film Studio 90

Cinema Rex

Cinema Colosseum

Cinema Plinius

Teatro Galleria Toledo

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She Got Game al cinema

Trieste

Puianello (RE)

Brindisi

Bolzano

Parona (PV)

Paderno Dugnano (MI)

S. Giuliano Milanese (MI)

Busnago Cornate d’Adda (MB)

Altopascio (LU)

Acireale (CT)

Tarquinia (VT)

Borgo Vercelli (VC)

Bellinzago Novarese (NO)

San Martino Siccomario (PV)

Varese

Padova

Palermo

Milano

Napoli

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* Oltre a queste date ce ne sono molte altre in programma, aggiornamenti e info sul sito www.shegotgame.it Per partecipare alle proiezioni è necessaria la prenotazione online.

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Cinzia tu hai assistito alla “prima” di SHE GOT GAME a Milano, cosa ne pensi?Mi è piaciuto molto, è davvero interessante. Io sono una che di pallacanestro femminile ha vissuto tutta la vita perciò ero anche coinvolta emotivamente e l’ora di proiezione è volata, letteralmente. Mi sono anche emozionata quando ho visto le nostre immagini di repertorio e quando ho visto Santino Coppa che si guarda in giro nel palazzetto vuoto. Mi è venuta la pelle d’oca.

Hai anticipato addirittura allenamento per essere presente alla proiezione con le tue giocatrici, come mai?Ero molto curiosa, non solo perché sono una delle protagoniste, ma perché penso che sia una buona occasione per dare visibilità al nostro movimento. SHE GOT GAME tocca tantissimi argomenti validi, alcuni anche molto delicati: la crisi dei club, il rapporto sport e femminilità, la maternità, l’omosessualità ecc. In molte situazioni mi sono trovata d’accordo, ad esempio quando si dice che la pallavolo ha lavorato meglio in termini di marketing e comunicazione, o quando si parla dell’interscambio con il maschile. Ai miei tempi, quando giocavo a Cinisello, D’Antoni, McAdoo, Tranquillo e Buffa erano spessissimo a vedere le nostre partite, c’era un rapporto più stretto col maschile, ora c’è invece molto snobismo da parte loro. L’unico argomento su cui non sono d’accordo è il professionismo, non perché non sia giusto pretenderlo, ma perché penso che ora nel femminile non sia attuabile.Credo comunque sia importante che le cestiste lo vedano, anzi sarebbe importante farlo girare anche al di fuori del nostro mondo basket, perché parla più in generale di tutto lo sport femminile.

Con te ovviamente si parla di pari opportunità, visto che sei l’unica allenatrice donna della A1.Non mi pesa essere l’unica allenatrice donna del campionato, vorrei però vincere di più e salvarmi, per non diventare “l’unica allenatrice donna che perde sempre” – ride. Scherzi a parte, non c’è differenza tra uomini e donne, l’importante è essere un buon allenatore ed avere le stesse opportunità. Forse c’è anche un po’ di diffidenza da parte delle giocatrici, ma oggi ci sono più allenatrici donne soprattutto sul giovanile. Spero in futuro ci siano più donne anche sulle panchine delle prime squadre. In WNBA è l’esatto contrario, per loro è quasi uno slogan: il basket femminile è allenato da donne.

Com’è stato per te partecipare al documentario She Got Game?Quando Silvia mi ha chiamata dicendomi che mi voleva intervistare per il documentario mi ha fatto molto piacere, non sono mai stata protagonista in un documentario, esserlo proprio nel primo dedicato al basket femminile Italiano perciò è stato un onore. È stato piacevole fare una chiacchierata con lei, ma anche divertente fare le riprese in spogliatoio e in giro per Ragusa. Ho preferito parlare in inglese per essere sicura di esprimermi bene e far arrivare i concetti che volevo trasmettere.

Tu però non l’hai ancora visto.Purtroppo no, aspetto che arrivi a Ragusa. Dopo la proiezione di Vicenza, però, mi hanno chiamata in molti dicendomi che è bello e molto interessante, non vedo l’ora di vederlo. Ho sentito che purtroppo a Vicenza erano presenti in sala pochissime giocatrici, nonostante la proiezione sia stata fatta apposta lì per coinvolgere le molte Società della zona, e di lunedì, il nostro giorno di riposo. Mi dispiace tantissimo perché io invece avrei voluto esserci, ma era davvero troppo lontano. Penso sia davvero un peccato che una volta che pos-siamo far vedere che “ci siamo” proprio noi giocatrici non diciamo “presente”.

Nel documentario tu parli di un tabù, l’omosessua-lità.Nonostante l’omosessualità ci sia, sia nel nostro piccolo mondo che più in generale nella società, nessuno vuole mai parlarne ed affrontare questa tematica, invece io credo sia molto utile farlo e sono felice che SHE GOT GAME affronti questo argomento. Proprio per questo ho accettato di aprirmi, perché credo il documentario non sia solo interessante per il nostro mondo, ma possa esserlo anche per le persone normali, possa aiutarci a conoscerci meglio e a farci accettare per quello che siamo. Io ho 32 anni, ma qui in Italia ho sempre avuto paura di essere giudicata per la mia sessualità. Avevo paura anche a parlarne nel documentario, ma mi ha fatto piacere, mi è venuto naturale. Penso sia importante che se ne parli, è molto importante soprattutto per i giovani avere dei modelli positivi.

ZANOTTI«MI SONO

EMOZIONATA»NADALIN

«UN MESSAGGIOIMPORTANTE»

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dal 23/11

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Sono una giocatrice di basket. E tale rimarrò ancora per un po’. Non ho intenzione d’intraprendere una carriera musicale, preferisco continuare a farlo come l’ho fatto fino ad ora, chiusa in camera mia. Ma l’opportunità che mi è stata data di registrare un pezzo per il documentario She Got Game, è stata immensa sotto ogni aspetto. Spesso mi sono trovata a pensare a quanto possa essere facile e divertente la vita di un cantante, probabilmente tante volte quante molti di voi pensano sia solo semplice e bella la vita di uno sportivo. Ritrovandomi a faccia a fac-cia con quello che invece essere artisti comporta, mi sono resa conto di quanto banalmente anche io fossi caduta in errore. Quel giorno, in cui registrai, la mia giornata iniziò di mattina presto. Cominciai a pro-vare,e riprovare. Ogni volta che finivo, il pezzo era diverso da come l’avevo cantato precedentemente, e spesso lontano da come me lo ero immaginato. Cercavo la fluidità, esattamente come ogni volta che entro in palestra e provo un movimento. Quando andai in sala registrazioni avevo già provato il pezzo non so quante volte. Entrare li mi fece tremare le gambe. Mi domandai cosa stessi facendo in quel posto. Mi sentii a disagio davanti ad attrezzi con i quali non avevo dimestichezza. Ma ho colto l’attimo e mi sono buttata. Dopo poco mi sono sentita che ero nel mio posto, e non tanto perché io sappia o meno come arrangiare una chitarra o seguire un beat, ma perché ero felice di quello che stavo facendo. E’ stata una giornata faticosa, stremante quasi. Ricordo di aver

promesso a me stessa di guardare i cantanti sotto un’altra ottica, perché il lavoro che fanno, oltre ad allietare le nostre giornate, è un lavoro davvero faticoso e che comporta una dedizione che un normale lavoratore forse non potrà mai omprendere. Non lo dico per sminuire coloro che fanno dei lavori “normali”, piuttosto per sensibilizzarvi sulla difficoltà che si incontra nel fare dei lavori non convenzionali. Come essere uno sportivo, o un cantante. Cito Fedez (rapper del momento), che mai poteva trovare parole più vere per iniziare un suo testo:“ll problema di aver fatto della mia passione un lavoro è che questo fa di me un privilegiato, e ne sono consapevole. Il problema di essere un privilegiato è che ti senti inadeguato verso tutte le altre persone e non riesci a dire quello che veramente pensi”. A volte, capita anche a me di sentirmi così. Sono grata più che mai per aver fatto quest’esperienza, perché mi ha arricchito e ha dato una forma alle mie opinioni. Ci fermiamo troppo spesso alle apparenze senza andare nella sostanza delle cose. Dimenticandoci troppe volte che alla fine siamo tutti esseri umani, con pregi, difetti, gioie e dolori. Il fatto che io corra dietro a una palla, o che qualcuno parli a un microfono, non toglie il fatto che alla fine della giornata si debba fare tutti i conti solo con se stessi.

Dal parquet alla sala di registrazione

Giorgia Sottana

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IL PALLONE IN UNA MANOLA REFLEX NELL’ALTRA

Si definisce una ragazza multi tasking.Dal suo ruolo in campo - guardia, ala, pivot - alla sua vita divisa tra due grandi passioni: la pallacanestro e la fotografia.Giulia Gombac studia Psicologia all’Università e sogna un lavoro che coniughi tutte le sue passioni.

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Agguantato il diploma, sempre più ragazzi e ragazze decidono di proseguire gli studi all’Università, scelta che li porta spesso a trasferirsi e a fare la loro prima esperienza lontano da casa. Giulia, invece, la sua Trieste l’ha salutata molto prima andando a giocare al College Italia a Roma quando ancora frequentava le scuole superiori. Poi la partecipazione al vasto e ambizioso progetto Reyer, la prima esperienza in serie A1 a Chieti, il ritorno per un anno e mezzo a Trieste e ora il trasferimento in Sardegna, al CUS Cagliari.

Giulia, com’è aver girato già mezza Italia per il basket a soli 21 anni?Sarò sincera, è uno stile di vita molto particolare che è possibile fare solo se sei aperto mentalmente a queste esperienze perché devi imparare ad adattarti sempre a nuovi ambienti e situazioni. Ho avuto la fortuna di conoscere ogni volta persone nuove che, a loro modo, hanno lasciato il segno dentro di me. Giocare a basket a questi livelli mi ha permesso di anticipare i tempi del mio percorso di crescita e di fare più esperienze, positive o negative che siano, delle mie coetanee.La palla a spicchi è la mia passione più grande e un giorno spero di portarla ai massimi livelli arrivando a giocare l’Eurolega. È

un sogno che mi auguro con tutto il cuore di realizzare.

Oltre al basket, però, coltivi un’altra grande passione.La fotografia, l’adoro. Mi ricordo che a 8 anni me ne andavo al campetto da basket con il pallone sotto il braccio e la macchina fotografica nell’altra mano. Da quel momento le due passioni convivono inscindibili dentro di me. Sono stata inoltre molto fortunata perché la pallacanestro mi ha permesso di vivere in città d’arte: da Roma a Venezia a Cagliari. Dal momento che la natura e i paesaggi sono i miei soggetti preferiti, giro sempre con la reflex a portata di mano e, non appena colgo l’ispirazione, scatto. Ultimamente ho iniziato anche ad affacciarmi alla fotografia sportiva, grazie a Basketinside ho avuto la fortuna di seguire la nazionale maschile a Trieste da “addetta ai lavori”, e alla ritrattistica. Inoltre ho deciso di superare i confini dell’intimità dei miei lavori e di condividerli con le persone attraverso la mia pagina di Facebook Giulia Gombac Ph.

Se dovessi scegliere tra la fotografia e il basket, cosa terresti nella tua vita?È una decisione difficile da prendere e anche un po’ sofferta ma non ho dubbi. Scelgo la pallacanestro perché sono innamorata di questo sport che mi regala emozioni uniche anche solo per una vittoria o per un mio personale miglioramento. Per praticarlo serve una grande passione e tanta dedizione, soprattutto se vuoi far sì che diventi per te un vero e proprio lavoro.

Sappiamo bene, infatti, come il basket in rosa non sia tutelato a sufficienza. Qual è il tuo pensiero a riguardo?Se ci fossero più garanzie per il futuro per noi ragazze sarebbe più semplice scegliere se continuare o meno a praticarlo e se farne addirittura un lavoro. Non è semplice ogni estate aspettare la chiamata del tuo procuratore per scoprire dove andrai a giocare la stagione seguente. Io sono giovane e vivo il mio presente con grande felicità. Sono al terzo anno degli studi in psicologia e punto alla laurea. Nel mio futuro spero di poter collegare i miei studi a una delle due mie passioni. Questo sarebbe davvero il massimo per me.

Corea del Sud

Giulia Gombac con la maglia del CUS Cagliari

Cagliari

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Corea del Sud

Daniel Hackett nel torneo preEuropeo di Trieste

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Nel DNA del Gruppo Sportivo Edelweiss Albino c’è sempre stato lungo tutto il proprio percorso, dalla fondazione avvenuta nel 1963 sino al presente, un “giovane” filo conduttore che ha caratterizzato i mo-menti più emozionanti ed i ricordi più avvincenti del-la storia biancorossa.Siamo nel 1974, le “Stelle Alpine” dovrebbero inizia-re la nuova stagione del campionato di Serie B ma oltre al danno, i latenti problemi economici, si pro-fila una vera e propria beffa. Quasi tutte le giocatrici della squadra si ritirano, il baratro è dietro l’angolo! L’allenatore principe del vivaio, toccato nel cuore dal-le parole del Presidente, assume l’incarico inserendo nel roster ragazze che non avevano più di 16 anni. Come nelle favole più belle ed incredibili l’Edelweiss

fa scomodare pure la Gazzetta dello Sport che, con la squadra ad un soffio dalla promozione in Serie A, dedicherà un indimenticato titolo a “le sedicenni del miracolo”!Anche nel passato recente il settore giovanile ha fat-to la fortuna della società albinese, ancora una vol-ta raggiunto uno dei momenti più neri della propria avventura. A seguito del ripescaggio ottenuto dopo la retrocessione in Serie C, il compianto Presidente Andrea Mismetti e il General Manager Fulvio Birolini decidono di affidare a un giovane e promettente alle-natore, Nazareno Lombardi, la panchina del vetusto Palasport di viale Moro: il coach, altro bergamasco DOC, inizia così un lungo processo di rifondazione che culminerà nella storica salvezza in Serie A2 del-

MADE INBERGAMO

Un progetto ambizioso e complesso che sta già producendo i primi risultati. Messi da parte i campanilismi

nella provincia di Bergamo è nato Ororosa un progetto che ha permesso alla Edelweiss Fassi Albino di disputare la

serie A2 con ben 11 atlete dalla città orobica.A CURA DI Ufficio Stampa Edelweiss Fassi Albino

FOTO DI Ufficio Stampa Edelweiss Fassi Albino

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la stagione 2014/2015. Nel mezzo i primi campionati non troppo esaltanti ma fondamentali per dare tempo e fiducia alle nuove “leve” di casa Fassi, un’esperien-za maturata partita dopo partita dando sempre più spazio a giovani e talentuose ragazze che colgono i primissimi frutti dell’accordo epocale tra le maggio-ri realtà bergamasche di pallacanestro femminile: il progetto Ororosa.Un progetto che parte da lontano, con persone profes-sionalmente serie e tecnicamente capaci che amano il basket al femminile. Un gruppo di ex antagonisti che si sono ritrovati nel 2008 intorno ad un tavolo per verificare la fattibilità di un progetto che ognu-no aveva ben in testa. Società storiche e non che vo-levano fare un percorso insieme dopo tanti anni di onorata carriera “campanilistica” e di successi, ma consapevoli di una nuova visione strategica per fare “rete”. Cosi nasce Ororosa (ORO come Orobie, le nostre montagne bergamasche, ROSA come le nostre fanciulle), un nuovo progetto cestistico bergamasco al femminile.Ororosa uno slogan da subito “un gioco per tutti e per tutti un gioco” con un primo obiettivo: arrivare al 50° anniversario di fondazione del GSD Edelweiss Albino, società capofila dell’ambizioso progetto, da protagonisti. Oltre a questo pure un sogno (o maga-ri miraggio?!): si riuscirà un giorno a far rientrare a Bergamo le nostre atlete che oggi giocano in Serie A?Nel frattempo ci godiamo con grande orgoglio le chia-mate nelle varie rappresentative lombarde e soprat-tutto nelle Nazionali giovanili di alcune “promesse” che, siamo davvero fieri di poter dire, stanno matu-rando al nostro interno un’esperienza fondamentale sia per loro stesse che per i traguardi raggiunti con le varie divise indossate in queste ultime stagioni. I campionati da vere protagoniste di Alice Carrara (crescita esponenziale fino al quintetto base della fi-nalissima di A3) e Chiara Lussana (una seconda parte al primo anno di A2 di spessore tecnico incredibile) sono a testimoniare la bontà del lavoro svolto tutti i giorni, insieme all’entusiasmo e soddisfazione per le sorprendenti prestazioni offerte da Giulia Vincenzi

alla seconda apparizione in Serie A2 dopo la chia-mata estiva al raduno classe 97-98 in preparazione all’Europeo Under 18.Punti di forza, riconosciuti dopo i primi importanti obbiettivi raggiunti dal progetto, sono senza ombra di dubbio:- aver sottoscritto e condiviso da subito un accordo quadriennale a rotazione con un Consiglio Direttivo rappresentato da tutti i Presidenti delle Società affi-liate;- aver deciso che doveva essere identificato per il quadriennio un Direttore Tecnico unico. Chi meglio del bergamasco DOC e massimo esponente del movi-mento femminile orobico Guido Cantamesse?- aver deciso che l’immagine, il Brand, era l’immedia-ta carta da giocare. Chi poteva vestirci meglio dentro e fuori dal campo di un’azienda leader mondiale con sede proprio in Valle Seriana come Scorpion Bay?- aver deciso che diverse figure professionali diventa-vano responsabili unici di vari settori, dalla comuni-cazione/marketing al finanziario per finire ai rapporti con le Società nuove che si affacciavano al progetto.Una grande locomotiva è la stata la Prima Squadra identificata come il primo vero contenitore condiviso in questo percorso, con uno sponsor trainante come Fassi Gru che indirettamente guardava ed ammirava la crescita giorno dopo giorno di questo gruppo.

Ogni Società è autonoma nella gestione territoriale, tecnica ed organizzativa dal minibasket all’Under 14, eventualmen-te con un supporto/appoggio mai sottratto se ce ne fosse bisogno! Tutte le ragazze Ororosa Junior dalla categoria Under 16 all’Under 20 sono coordinate dal Direttore Tec-nico che identifica i vari contenitori giovanili adatti per cia-scuna atleta e squadra coinvolta. Tutte le ragazze Ororosa Senior, quindi oltre i 20 anni d’età, sono inserite a fronte di un colloquio individuale col Direttore Tecnico e Sportivo in una delle prime squadre che sono ai nastri di partenza del-la stagione agonistica in vir tù di capacità tecniche, umane e di futuribilità.Un gruppo di 250 atlete alla corte del Direttore Tecnico e dei suoi allenatori ed assistenti!Il miraggio nel 2015 è diventato realtà. Infatti nel roster della Serie A2 2015/2016, formato da 15 giocatrici, compaiono:- 3 ragazze cresciute nel vivaio delle Società Ororosa e resi-denti in Bergamo;- 8 giocatrici Ororosa residenti in Bergamo;- 2 atlete residenti da sempre in Bergamo;- 1 giocatrice ormai “adottata” in quanto residente da anni in Bergamo;- 1 professionista straniera dal grande impatto tecnico, pun-to di riferimento anche per le giovani.Ed il progetto non si ferma di certo qui. Lasciamoci stupire come sempre!!

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IL PROGETTONELLA SUA GLOBALITÀ

Edelweiss Fassi Albino in visita ad Expo Milano 2015

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EUROSUCCESSIIl Beretta Famila Schio supera il Perfumerias Avenida 88-70 mantenendo la testa del gruppo A di Eurolega.Anderson 25 punti, Macchi 16 punti, Yacoubou e Sottana 11 punti.

L’Umana Reyer Venezia centra il primo successo in Eurocup.Domato al Taliercio il Pinkk Pecsi 62-49.Christmas 17 punti, Carangelo 9 punti, Ruzickova 8 punti.

Seconda vittoria consecutiva in Eurocup per la Dike Napoli che al Palavesuvio regola il Valosun Brno 68-60 e mantiene la vetta del gruppo G.Petronyte 17 punti, Ivezic 16 punti, Burdick 10 punti.

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#AlmoNatureCup

#LBFlive#AlmoNatureCup

#LBFliveSOCIAL LBF

Luca Zucconi @zucconiluca@familaschio @REYER1872 che bello lo sport e le “rivalità” vissute con questo spirito!#LBFlive

Reyer Venezia @REYER1872Happy B’Day @Lit3Brite_33! Today Umana #Reyer #Venice Shooting Guard turns 26!#LBFlive #AlmoNatureCup #ReyerUp

Dike Basket Napoli @DikeBasketLa prossima partita in casa #AlmoNatureCup si avvicina! Ecco come partecipare sempre di più

Basket Battipaglia @PB_1963Quaranta minuti e poi sarà palla a due allo Zauli.#convergenzegivovabattipaglia vs Geas#LBFlive #AlmoNatureCup

giomorello_99

ziaciarcia _gdv92

pallvigarano

silviagottardi

intrepidabasket

vikingbroni

Luca Parente @lucailsindaco@Mascia80 @Gio_Skirt @Ceci_Zanda È per vitto-rie così che Schio è Schio. Complimenti a voi ma anche ad una splendida @REYER1872#LBFlive

L’Umana Reyer Venezia centra il primo successo in Eurocup.Domato al Taliercio il Pinkk Pecsi 62-49.Christmas 17 punti, Carangelo 9 punti, Ruzickova 8 punti.

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CREDITS

LBF MAGAZINE È UNA REALIZZAZIONEUfficio Stampa Lega Basket Femminile

HA COLLABORATOMarco Blasizza

SI RINGRAZIA PER LA DISPONIBILITÀGiulia Gombac

FOTOGRAFIEValeria Simola

Edelweiss Fassi AlbinoGiulia Gombac