M90S Antologia testi di Giacomo Matteotti

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1. Epistolario p. 2 2. Sul Riformismo p. 9 3. Scritti sul Fascismo p. 21 4. Sulla Scuola p. 52 5. Socialismo e Guerra p. 60 L’intero programma delle celebrazioni matteottiane promosse dalla Fondazione Giacomo Matteotti e dalla Fondazione di Studi Storici Filippo Turati, comprese le iniziative per le scuole, si avvale dell’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica e del patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri. CONTROLLARE LE NOTE GIACOMO MATTEOTTI ANTOLOGIA DI TESTI

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Page 1: M90S Antologia testi di Giacomo Matteotti

1. Epistolario p. 2

2. Sul Riformismo p. 9

3. Scritti sul Fascismo p. 21

4. Sulla Scuola p. 52

5. Socialismo e Guerra p. 60

L’intero programma delle celebrazioni matteottiane promosse dalla Fondazione Giacomo Matteotti e dalla Fondazione di Studi Storici Filippo Turati,

comprese le iniziative per le scuole, si avvale dell’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica

e del patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

CONTROLLARE LE NOTE

GIACOMO MATTEOTTIANTOLOGIA DI TESTI

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Giacomo Matteotti ai dirigenti del Partito Socialista Unitario

Roma 16 aprile 1923

Caro Compagno,

Ti mando uno schema di opuscoletto di propaganda coi principi e ledirettive del nostro Partito1.

Ti prego di esaminarlo con la massima pazienza e diligenza-proponendo per iscritto non le critiche generiche, ma le modifiche,aggiunte e varianti testuali, magari anche capitoletti intieri.

Ci occorrerebbe possibilmente per la domenica prossima.

In urgente attesa. Grazie. Matteotti

* Da Epistolario, a cura di S. Caretti, 2012, Pisa, Ed. Nistri-Lischi, pp. 160-161, 174-175, 194-195, 213-214, 240-242, 253.

1 Direttive del Partito Socialista Unitario Italiano, Biblioteca di Propaganda de “La Giustizia”.

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EPISTOLARIO*

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Giacomo Matteotti a Filippo Turati

Roma, 29 agosto 1923

Caro Turati,Per dare un indirizzo al Partito e per sospingerne l’azione,

organizzeremo per la fine di settembre e per la prima metà di ottobre iconvegni di Napoli, di Roma e infine quello riassuntivo più importantedi Milano. Ma, secondo me, per avere un’efficacia positiva sui ceti e sullepersone colle quali soltanto può essere concordata una azione per laconquista della libertà, e per toccare l'opinione pubblica, occorrequalcos’altro, che abbia una eco più forte nella stampa e nel Paese.Questo dovrebbe essere un tuo discorso, da tenersi per esempio aTorino, assistendo tutto lo stato maggiore del partito, e con larghi invitiagli organizzati e simpatizzanti e alla stampa. Il discorso dovrebbeesporre sinteticamente il programma del Partito. In una prima parteriaffermare tutto ciò che vi è di vivo della dottrina socialista; nellaseconda riconfermare la nostra avversione ai metodi che hannodiscreditato il Partito nel dopo-guerra e a tutti gli eccessi negli scioperi,negli appetiti di categoria, nei servizi pubblici ecc .Nelle ultime due partiesposizione del nostro programma immediato: negativo da una parteper la riconquista della libertà-positivo dall’altra per la ricostruzioneeconomica e morale del paese.

Il discorso non ti dovrebbe affaticare né apportare alcun danno allasalute tua che ci è più che mai preziosa. Tu dovresti limitarlo al massimodi un’ora, e preparartelo tranquillamente quasi tutto scritto.

Io credo che in questo modo soltanto sia possibile prepararci unapiattaforma nuova ed a larga base, che abbia ripercussione non soltantonegli strati popolari, ma anche nei più colti e moderni della borghesia.

Pensaci un po’ su, e sappimi dire. Io credo che questo potrà essere illavoro più utile di tutti, e che per esso potresti abbandonare anche tuttigli altri. Ciao

TuoMatteotti

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Giacomo Matteotti a Filippo Turati

Roma, 12 dic.1923

Caro Turati.1.Non ho ricevuto risposta alla mia. Frattanto, mentre noi

dubitavamo, il “Mondo” si è forse accaparrato Giannini1, e resteremosenza, come si conviene alla gente che sempre rinvia.

2.Abbiamo urgenza assoluta della tessera, e perciò, lasciandoprocedere le ricerche per il contrassegno, avremmo stabilito di prenderequella con Giustizia e baionette leggermente modificata. Telegrafacivostro consenso; perché altrimenti non possiamo uscire con le tessereche ci sono urgentemente richieste.

Lunedì dobbiamo ordinarle.3. Mandami un tuo ritratto abbastanza espressivo che cercherò

frattanto di farne ritrarre uno simbolico.4. Ti invio altri due cartoncini con campana e incudine (di Ortona),

ma sono troppo quieti.5.Aspetto urgentemente anche definitiva decisione per Torino.6. L’opuscolo è pronto; ma è diventato un libro di 200 pagine. Può-

mi pare-uscire ora per lo scioglimento Camera. Per unica prefazionemetterei le parole qui accluse. Ti accludo anche il sommario. Targetti2ne ha letta una gran parte e trova bene. Ciao

Matteotti

Il Governo fascista giustifica la conquista del potere politico, l’usodella violenza e il rischio di una guerra civile, con la necessità urgente diripristinare l’autorità della legge e dello Stato, e di restaurare l’economiae la finanza salvandole dal pericolo.

I numeri, i fatti e i documenti raccolti in queste pagine, dimostranoinvece che mai, come nell’anno fascista, l’arbitrio si è sostituito allalegge, lo Stato asservito alla fazione, e divisa la Nazione in due ordini,dominatori e sudditi. L’economia e la finanza italiana nel loro complessohanno continuato a migliorare e ricostruir lentamente le devastazionidella guerra, ma ad opera delle energie sane del paese, non per gli eccessio le stravaganze della dominazione fascista; alla quale una sola cosa ècertamente dovuta: che i profitti della speculazione e del capitalismosono aumentati di tanto, di quanto sono diminuiti i compensi e lepiccole risorse della classe avoratrice e dei ceti intermedi, che hannoperduto insieme ogni libertà ed ogni dignità di cittadini.

_____________________1 Alberto Giannini(1885-1952), giornalista. Sfumata l’ipotesi matteottiana di una sua condirezionedella “Giustizia”, Giannini diede vita nel gennaio 1924 al settimanale satirico “Il Becco giallo”.2 Ferdinando Targetti (1881-1968), avvocato e deputato socialista nella XXVI legislatura.

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Giacomo Matteotti a Palmiro Togliatti1

Roma, 25 gennaio 1924

Ho ricevuto oggi la vostra lettera del 24 corr(ente) con allegata copiadella deliberazione del vostro Comitato centrale già comunicata allastampa. Voi ci proponete in sostanza un blocco elettorale ma con trecondizioni o pregiudiziali

Colla prima e al disopra di tutte voi intendete che l’unione delle forzeoperaie adotti il programma di azione e l’indirizzo tattico comunista cheben sapete antitetico al nostro, come dimostrano le continue polemichespesso offensive contro di noi.

Colla seconda voi anzitutto approvaste di partecipare alla lottaelettorale in qualunque condizione e quindi veniste a rendere senz’altroimpossibile astensione del blocco che più immediatamente eefficacemente esprimerebbe la protesta di tutto il proletariato contro ilregime di dittatura fascista.

Colla terza voi escludete apriori, come è detto testualmente nel vostrocomunicato, “qualsiasi blocco di opposizione al fascismo e alla dittaturada esso instaurata che si proponga come scopo una restaurazione purae semplice delle libertà statutarie”, magari anche coll’appoggio dielementi non appartenenti ai tre partiti di classe.

Imporre tali condizioni pregiudiziali a una intesa-che secondo noiinvece dovrebbe mirare avanti tutto in ogni modo alla conquista dellelibertà politiche elementari e a trarre il proletariato dall’attuale tragicasituazione- significa non solo rendere assolutamente impossibilel’intesa, ma anche vana ogni discussione.

Se tale era il vostro scopo, lo avete indubbiamente raggiunto. Ma nonvi sarà permessa la solita comoda manovra per caricare su di noi laresponsabilità, che è vostra, di aver diviso e indebolito il proletariatoitaliano nel momento più grave di oppressione e pericolo. Quandoricordiate che la vostra precipitosa sconfessione di una nostra possibileastensione di protesta dalle elezioni è venuta a coincidere colle critichee ingiurie della stampa e organi fascisti, non vi meravigliate neppure deltono preciso di questa nostra risposta.

Il Segr.G. Matteotti

1 Palmiro Togliatti (1893-1964) era all’epoca membro della Direzione del Partito comunista.

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Giacomo Matteotti a Filippo Turati

(Roma, marzo-aprile 1924)

Caro Turati,

Vorrei fermare un pensiero, nella tua rivista affinché non abbianeppure il sospetto di ripercussioni elettorali, e prima delle elezioniaffinché non sembri più tardi conseguente ad un esisto qualsiasi dellemedesime. L’esito darà la misura della violenza e del terrore, non delconsenso dei singoli partiti.

E vorrei fermarlo personalmente, non come segretario del Partito,tanto più che io sono deciso e spero, subito dopo le elezioni, che mivorrete aiutare a liberarmi da un incarico che doveva essere provvisorioper due mesi e che si è prolungato invece per oltre un anno.

***“Anzitutto è necessario prendere, rispetto alla Dittatura fascista, un

atteggiamento diverso da quello tenuto fin qui; La nostra resistenza alregime dell’arbitrio deve essere più attiva; non cedere su nessun punto:non abbandonare nessuna posizione senza le più recise, le più alteproteste. Tutti i diritti cittadini devono essere rivendicati; lo stessoCodice riconosce la legittima difesa. Nessuno può lusingarsi che ilfascismo dominante deponga le armi e restituisca spontaneamenteall’Italia un regime di legalità e di libertà; tutto ciò che esso ottiene, losospinge a nuovi arbitrii a nuovi soprusi. E’ la sua essenza, la sua origine,la sua unica forza; ed è il temperamento stesso che lo dirige.

Perciò un Partito di classe e di netta opposizione non può raccogliereche quelli i quali siano decisi a una resistenza senza limite, con unadisciplina ferma, tutta diretta ad un fine, la libertà del popolo italiano.

D’altro canto bisogna tornare a considerare la posizione del P(artito)S(ocialista) I(taliano). Purgato dai terzinternazionalisti e nettamentediscorde da Mosca, ormai non è diviso da noi che da minori divergenzeteoriche, più o meno equivoche o avveniristiche. Nella pratica e nelmomento attuale non vi è poi alcuna differenza rilevante; e si potrebbeanzi dubitare se non sia minore la rigidezza e la combattività, in quelliche riparano sotto il pretesto formale che tutti i Governi borghesi sonoeguali

Ora, per tali divergenze tutte astratte o proiettate nel più lontanofuturo, non è permesso tenere divisa la classe lavoratrice italiana, etoglierle tutte quel lievito di speranze, di ardimenti, di consensi, che solipossono permettere un’azione efficace, entusiastica e concorde nelmomento attuale.

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Il nemico è attualmente uno solo: il fascismo: complice involontariodel fascismo è il comunismo. La violenza e la dittatura predicatadall’uno, diviene il pretesto e la giustificazione della violenza e delladittatura in atto dell’altro. I lavoratori italiani, ammaestrati dalle dureesperienze del dopoguerra, devono riunirsi concorsi contro il fascismoche opprime, e contro l’insidiosa discordia comunista; così nel campodell’azione politica, come nella economica.

I fatti del resto lo impongono, anche al di sopra delle nostre minoriantipatie, risentimenti, ecc.

Se non possono muoversi i Partiti ufficialmente, i socialisti dell’uno edell’altro campo devono porre la questione e risolverla. Senza ritardo.Le cose non vengono da sé; ma ad opera degli uomini: Il ritardo servesoltanto a diffondere un più largo scetticismo nelle masse, e a lasciarequindi penetrare negli spiriti indeboliti i veleni più opposti.

Le obiezioni sono facili e le sento; ma bisogna superale ad ogni costo,per agire rapidamente1.

G. Matteotti

________________________1 L’articolo proposto da Matteotti non vide mai la luce. Sulla “Critica Sociale “(1-15 aprile) venivainvece pubblicato un commento di Turati contrario ad ogni ipotesi di riunificazione dei due partitisocialisti.

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Giacomo Matteotti a Luigi Lucchini

(Roma), Maggio 10, 1924

Ill.mo Professore,

ritrovo qui la Sua lettera gentile e non so come ringraziarla delleespressioni a mio riguardo. Purtroppo non vedo prossimo il tempo nelquale ritornerò tranquillo agli studi abbandonati. Non solo laconvinzione, ma il dovere oggi mi comanda di restare al posto piùpericoloso, per rivendicare quelli che sono, secondo me, i presupposti diqualsiasi civiltà e nazione moderna. Ma quando io potrò dedicare ancoraqualche tempo agli studi prediletti, ricorderò sempre la profferta e l’attocortese che dal Maestro mi sono venuti nei momenti più difficili

Dev.moG. Matteotti

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COME INTENDIAMO IL RIFORMISMO�

Ecco una obiezione comune:- Come volete che la grande massa semplice primitiva, non solo oggi,

ma anche fra 3 anni, comprenda una tattica così difficile e in apparenzaalmeno contraddittoria? Come volete farle capire che si potrà avere unministro socialista con la monarchia essendo antimonarchici; che ilsocialismo andrà al governo borghese, per rovesciare il sistemaborghese? Come volete educar gli animi del popolo alla fede operosa nelsocialismo con tutte le sue mete ultime, mentre oggi transigete conl’ambiente attuale? Come volete insegnarli che c’è la lotta di classe qualelegge fondamentale della storia e nel tempo stesso fargli fare anche dellacollaborazione di classe?

Obiezioni gravi e rispettabili, senza dubbio. Eppure noi siamoprofondamente convinti (e gli intransigenti stessi sentono che la vita, larealtà, è proprio fatta di tali paradossi, di tali contraddizioni, e chi vogliatrasformarla, deve applicarsi ad essa in tutte le sue sinuosità, deverisalirla per tutti i suoi meandri) siam convinti che, se non si vogliarinchiudersi nel puritanismo infecondo nell’intransigenza negativa, otornar al sogno dell'arto miracoloso che scrolla il mondo borghese, èpur d’uopo accettar queste vie ardue e complesse, piene di svolte ed’insidie, ma le uniche che consentano quella ricostruzione evolutivadella società, che i socialisti si pongono come mezzo e fine, come via emeta della loro fede; a meno che nel fondo dell’anima loro nonsonnecchi il vecchio sogno religioso-anarchico, o a meno che poi nonsian dei demagoghi che non sanno resistere alla tentazione di carezzarele utopistiche e frettolose speranze delle folle.

Vero è invece che questo metodo penetrativo fatto di fermezza e diinteresse fondamentale e di pieghevolezze e duttilità esteriori; fatto ditransigenze formali e di intransigenza sostanziale; richiede nei capi, neisotto-capi e nelle truppe una maturità, un’accortezza, un machiavellismoed una onestà, una spregiudicatezza e una moralità, un’agilità ed unacoscienza, che sono rarissimi a trovarsi insieme. Richiede un lavoroenorme, molteplice, vario; propaganda e organizzazione, revisioneteorica e azione pratica, studio ed esperimento, preparazione tecnica per

* “La Lotta", Rovigo, a. XII, n. 34,26 agosto 1911, p. 1. non firmato.

SUL RIFORMISMO*

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le riforme legislative, preparazione per l’opera amministrativa neiComuni; facoltà di comprendere l’ideale e il reale, l’immediato e illontano: da discernere il lecito dall’illecito; di conoscere l’anima popolare, di non titillarla demagogicamente, ma di non prenderla difronte ed allontanarla da sé con atteggiamenti ad essa inaccessibili; diaccostarla e piegarla, e educarla ad essere astuta ma insieme diritta,pratica e idealistica, socialista insomma: e non dovrebbe esserci bisognodi aggiunger altro!

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VERSO IL CONGRESSO SOCIALISTA *

Nel prossimo settembre il partito socialista terrà il suo primoCongresso dopo la guerra1. L’aspettativa è grande; ancora una volta ilmaggior interesse sarà rivolto al cozzo tra le due tendenze: riformista erivoluzionaria, o massimalista come oggi si ama dire.

Eppure quel contrasto dovrebbe essere da lungo tempo superato, odovrebbe essere meglio rivolto ad attuare tutte quelle tendenze e tuttiquei metodi che meglio avvicinano al Socialismo. Poiché se il Partitorinunziasse all’uno o all’altro dei due mezzi di lotta, esso non farebbeche il gioco degli avversari, precludendosi una via. Mentre talora meglioconviene una riforma, tal’altra conviene uno sforzo violento, secondoch’è più utile e più opportuno.

Qual è infatti il rivoluzionario che, conquistato un Comune oinstituita una Cooperativa, oserebbe rinunziarvi o rimanervi inerte nellaaspettativa della più grande rivoluzione? Nessuno, spero, che abbiasenso pratico delle cose.

E allora perché, tante volte, invece di pensare ciascuno secondo ilproprio temperamento o secondo le opportunità, ad avvicinare quelleriforme o quella rivoluzione che desidera, perché si perde tanto tempoa dilaniarci a vicenda? Perché, per esempio, al Gruppo Parlamentare (ilquale non può certo in Parlamento esercitare altra azione che quellaprogressiva verso la migliore legge e il migliore Governo) si fanno tuttele accuse di tepidezza o di collaborazione con altre forze o altri partiti;salvo poi a coloro che più gridano, combinare nei propri paesetti, anchedove non ce n’e alcun bisogno, i più disgustosi pasticci? O se ciascunonel proprio campo si limitasse invece ad attuare o preparareonestamente quel massimo di riforme socialiste o di rivoluzione che gliè possibile! L’errore principale poi è quello di considerare il metodonostro d’azione non tanto in sé, quanto rispetto all’avversario dacombattere; e, come una volta si dicevano transigenti coloro cheavevano avvicinato qualche radicale rispettabile, e intransigenti coloroche non avevano trovato un cane col quale andare insieme, così oggi chela borghesia si e staccata più violentemente da noi perseguendo fininazionalistici, si afferma senz’altro la necessità rivoluzionaria. E non sipensa che il socialismo esige non soltanto la lotta e la vittoria sopra laclasse avversaria, ma anche e soprattutto la lotta e la vittoria sopra di noistessi, sopra i lavoratori medesimi, per togliere i sentimenti egoistici e

* “La Lotta”. Rovigo, a. XX, n. 20, 23 agosto 1919, p.l e n. 21, 30 agosto 1919, siglato "S.S.”.1 Convocato inizialmente a Bologna nei giorni 25-28 settembre, il Congresso nazionale socialista sitenne poi nel capoluogo emiliano dal 5 all'8 ottobre 1919.

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prepararli al socialismo. Ora io domando: quanti che oggi gridano, egiustamente, contro la borghesia, per le sue colpe e il suo egoismosfruttatore, quanti di essi sarebbero pronti a sacrificare se stessi o il loropiccolo bene, per la collettività? Quanti che gridano contro ilproprietario borghese, se possedessero appena un campicello, farebberoaltrettanto! E quanti che accusano la borghesia di non pagarsi la suaguerra, stentano a pagare le quote del proprio Partito, o non si sonoancora sforzati di istituire una Cooperativa, o non sanno intraprendereuna affitanza collettiva per mancanza di fiducia tra gli stessi compagnidi lavoro!

E allora? Si pensa forse che la rivoluzione, cioè l’immediatoabbattimento del Governo borghese, darà senz’altro alla massa, comeper forza magica, quelle virtù che non ha? Se su 1000 lavoratori inscrittiin una Lega perché ne aspettano l’aumento di salario, appena 20 hannola coscienza o il coraggio di inscriversi al Circolo Socialista, si pensaforse che domani con la rivoluzione diventeranno tutti dei buonisocialisti? O non si dovrebbe temere che essi allora si convertirebberoal Socialismo, in quanto questo sia predominante e ne aspettino altrivantaggi materiali, senza capacità di contributo e di sacrificio proprio?E gli incapaci di gestire oggi onestamente una piccola affittanza incooperativa, saranno domani senz’altro capaci di amministrare tutta laricchezza na-zionale divenuta collettiva? Io credo veramente checompiere una rivoluzione sia piccola e facile cosa. Abbattere laborghesia è il meno. Il più è costruire e preparare il socialismo dentro dinoi. Ora quando la massa sarà pronta ed educata al socialismo, larivoluzione avverrà da sé, per forza di cose. Ma appunto per ciò noidobbiamo compiere giorno per giorno quella più difficile ed aspra operadi preparazione, la quale non si riassume in un facile grido incompostoo in una momentanea ubriacatura, ma è la vera opera rivoluzionaria esocialista, fatta di coscienza e di sacrificio. Però oggi due fatti nuoviinducono a più celeri e decisive rivoluzioni. Sono essi la guerra el’esperimento di Russia.

***

I massimalisti al Congresso Nazionale del Partito

Si afferma dai sostenitori del massimalismo che i risultati della guerrasegnano per l’Italia l’imminente crollo del regime borghese, e l’inizio delperiodo rivoluzionario. Ma si esagera alquanto. La borghesia e gli altriregimi antichi hanno avuto tante guerre, tante distruzioni e con essetanta miseria tanta carestia tante epidemie, che allora l’apertura delperiodo rivoluzionario si sarebbe dovuta iniziare chi sa quante volte. Eanche questa volta, se non fosse una inquietudine generale delle classilavoratrici, che hanno acquistata una maggiore sensi-bilità, e se non si

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rassegnano più supinamente, come una volta, alla guerra, alla peste, allafame; se non fosse la reazione per il confronto tra la tortura della trinceae l’arricchimento sfacciato degli speculatori e degli imboscati; anchequesta volta la borghesia su-pererebbe forse la crisi, sia pure conconcessioni, con mutamenti, con riforme. Questo solo in sostanza vi èdi più e di nuovo oggi - questo risveglio potente del proletariato. Ma èesso formato tutto di coscienza socialista, perché ci dia affidamento peruna rivoluzione socialista?

Io dubito molto: c’è ancora troppo egoismo, troppo individualismo,troppa invidia, troppa cupidigia nel suo fondo, per po-tercene affidare;e da un proletariato che ancora pochi anni fa non rispondeva allosciopero contro l’impresa della Libia, o al quale bastava il tradimento diun volgare e venduto demagogo, per non sapersi più opporreall’intervento nella guerra europea - ancora troppo poco c’è da sperare.Ed è ancora demagogico, nel programma massimalista, “i sensiumanitari di profonda avversione alla guerra”, quando ci si propone disostenere una ben più lunga guerra contro le borghesie interalleate; edire che “i miliardi non saranno più dati a strumenti di morte ma allaeducazione, al lavoro, alla vita” 2, quando tant’altra ricchezza dovrebbeesser distrutta in violenze nazionali e internazionali. Bisogna avere ilcoraggio di dire al proletariato che noi lo chiamiamo ai più grandi sforzi,ai più grandi sacrifici.

*** Ma in Russia neppure - si dice - il proletariato era pronto ed educato.

Eppure la rivoluzione trionfa e il regime socialista si rinsalda giorno pergiorno. L’argomento è forse il migliore, perché è un argomento di fatto.Ma, anche a non dire dell’Ungheria, quanto conosciamo noi esattamentedella rivoluzione russa? E vero che le terre sono ancora dei contadiniindividui e non della collettività? È vero che gli intellettuali, tantospregiati dal demagogismo, prima maltrattati, furono poi richiamati? Evi si vive più delle ricchezze anteriori ac-cumulate e confiscate, che nondelle ricchezze nuove prodotte? E quanto vi è di forza d’inerzia, ditolstoismo, di non resistenza, che permette alla vera Russia di continuaresopportando la guida intraprendente di pochi individui? Noi nonsappiamo esattamente. Ed è invece soprattutto bene di intenderciintorno a un grande equivoco, quello che si può celare sotto la frase:dittatura del proletariato. S’intende con essa la prevalenza dei lavoratorisui capitalisti, e quindi l’azione del proletariato per privare la borghesiadel potere e della proprietà? E noi siamo per quella, per quella noisempre combattemmo. O non s’intende piuttosto una specie dipotereautocratico che si istituisce, formato da pochi che comandano, innome si del proletariato, ma senza la effettiva partecipazione cosciente

2 Le citazioni sono tratte dal Programma della frazione massimalista (“Avanti!", 19 agosto 1919, p. 2).

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di questo? E allora la “dittatura” non troppo differisce da quel Governodegli Czar illuminati che si posero contro la nobiltà feudale in favore deilavoratori; e non troppo ci allontaneremmo dai pericoli che pochi annifa scontammo col feticcio rivoluzionario mussoliniano. - Ma allora -domanderà il più semplice dei nostri compagni - per codesti dubbi, percodeste difficoltà, per codesti pericoli, dobbiamo noi lasciare ancora ilpotere alla borghesia incapace che sfrutta i lavoratori e rovina lanazione? - No - rispondo - ma, per ciò, noi non abbiamo bisogno dicambiar nome, e diventar comunisti, né di confonderci con gli anarchici;bensì restiamo socialisti e vogliamo attuare il socialismo.Come - diremo al prossimo numero.

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RELAZIONE SU L’AZIONE ECONOMICADEL PARTITO SOCIALISTA ITALIANO*1

Il rilievo enorme che negli ultimi anni hanno avuto la forza el’intervento politico dello Stato, ha diminuito la considerazionedell'elemento economico; e anche il P.S.I., come quello russo, quello tedescoe altri, si sono trovati costretti a sopravalutare l’elemento politico e laconquista del potere (nei diversi modi della penetrazione, dellapartecipazione, dell’assalto). Eppure anche oggi l’elemento economicosi può dire fondamentale; e come prima la grande guerra per es., fudeterminata specialmente dalla concorrenza di due gruppi capitalisti,così oggi il fascismo può essere meno superficialmente consideratocome un mezzo del capitalismo per risolvere in proprio favore la crisieconomica e per sconvolgere le organizzazioni che ormai intaccavano ilprofitto capitalistico.

La situazione economicaSarebbe interessante una descrizione in cifre esatte dell’economia del

nostro paese, in sé e nella sua situazione internazionale. Ma molti datimancano; altri sarebbero considerati forse ingombranti agli scopilimitati di questa relazione.

Riassumiamo. La guerra ha danneggiato la Nazione in modo analogo a ogni

belligerante (sospensione di attività e perdita di energie umane le piùadatte al lavoro produttivo; consumo di ricchezza trasformata inmateriale bellico o mantenimento dello stato di forza; devastazione dizone d’operazione e deperimenti). Valutata in oro la ricchezza nazionale èdiminuita, e gravata di debito estero. Se senza la guerra oggi potremmoessere, poniamo a 10, per la guerra siamo invece appena a 7.

La vittoria non ha avvantaggiato affatto la nostra situazione. I territoriannessi all’Italia non le hanno apportato quelle ricchezze naturali oquelle materie prime di cui specialmente mancava; sono terre di cui ilvalore e certamente calcolabile in miliardi, ma poiché su di esse sta unacorrispondente quantità di nuovi cittadini, di servizi da assolvere, dirovine da ricostruire, nulla si è aggiunto in proporzione. La prosperitàcommerciale del litorale sbocco marinaro austro-ungarico è anzicondannata a deperire, passando all'economia chiusa del nuovo Stato. La

* In Documenti pel Congresso (Milano 10-14 ottobre 1921). Relazioni e conclusioni, Milano, SocietàEditrice “Avanti!”, 1921, pp. 91-95. Il testo della relazione di Matteotti apparve anche sull"Avanti!"del 6 dicembre 1921.1 Matteotti fa riferimento alla relazione per il Congresso nazionale socialista di Milano in due letterealla moglie del 16 e 18 agosto: “sto compilando... la relazione economica per il Congresso”; "Ho finitala relazione] al Congr(esso) che mi pare riuscita bene" (G. Matteotti. Lettere a Velia, cit., pp. 359-360).

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vaga speranza delle indennità tedesche può realizzarsi solo a patto dieternare una oppressione francese sulla Germania, che è poiindirettamente la più perniciosa per noi.

Anche la produttività, il reddito effettivo della nostra ricchezza, sonoforse diminuiti. Dopo una o meno adatte al nostro paese; ora ritardatanella trasformazione, e nonabbonda di iniziative che valorizzino nuoveenergie o tentino di produrre l’utile nel modo più economico. Ilcommercio si è sviluppato parentesi di attività eccezionale succeduta allaguerra, per la necessità che ebbero molti, specialmente dei paesibloccati, di rifornirsi di tante cose, e per l’inclinazione di altri adilapidare ricchezze facilmente guadagnate (e quindi a qualsiasi prezzo!)è succeduta la crisi, l’arresto. L'agricoltura non ha ancora compensate leminori anticipazioni di fertilizzanti e di lavori durante la guerra.L'industria ha moltiplicati e ingranditi i suoi impianti, ma troppo spessonelle specie più parassitarle o meno adatte al nostro paese; ora ritardatanella trasformazione, e non abbonda di iniziative che valorizzino nuoveenergie o tentino di produrre l’utile nel modo più economico. Ilcommercio si è sviluppato non tanto per ravvivare bisogni e produzionemettendoli in facile comunicazione, quanto piuttosto nel senso dimoltiplicare gli anelli e gli ingombri, speculando sugli alti costi e sulleincertezze del mercato.

Le categorie parassitane e intermediarie sono aumentate. La resa dilavoro degli uomini è, in genere, diminuita. L’emigrazione ridotta apochissimo e spostati gli emigranti richiamati per la guerra.

ConseguenzeCosì, mentre la forza apparente politica e militare d’Italia è cresciuta,

costringendoci a mantenere tutto un apparato corrispondente, si èaggravata invece la sua deficienza e dipendenza economica, che annullaquella forza o la mette necessariamente al servizio di maggiori Potenze.

La disoccupazione ha già toccato mezzo milione di lavoratori e necostringe quasi altrettanti ai turni; la disoccupazione stagionale agricolaaumenterà anche per la rottura violenta di alcuni patti che imponevanolavori e turni.

Il reddito diminuito è consumato per la massima parte nei bisognigiornalieri transitori, e minimamente nella costituzione di nuovericchezze che soddisfino ed elevino il tenore di vita (case,comunicazioni, istituti, ecc.).

Gli Enti pubblici, lo Stato specialmente, per i loro bisogni ordinari dicassa assorbono una massa enorme di denaro che non s’investe più innuove imprese produttive.

Diminuisce l’importazione; ma l’esportazione è sempre più lontana dalcompensarla vantaggiosamente, così che l’equilibrio con l’estero estabilito mediante un consumo effettivo della ricchezza interna, unindebitamento, e quindi un immiserimento del paese.

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Il cambio riflette cotesta situazione: i costi della vita rimangono alti; ilpotere d’acquisto della nostra moneta minimo, nonostante sia diminuitala circolazione cartacea e cessate altre pretestate cause. Quando la crisidel riassetto economico in Inghilterra ed in America precipitò i prezziper risanare il mercato, parve per un momento che ne potessimobeneficiare anche noi; ma fu più forte la sfiducia all’Estero nella nostrasituazione, e la speculazione all’interno che rinviò, aggravandola, larisoluzione della crisi.

L'azione della classe capitalistaQual’è infatti l’atteggiamento del capitalismo nostrano nell’attuale

condizione di cose?Esso segue nel suo complesso e apparentemente, la linea del minimo

sforzo. Invece di ricercare con passione e con forza, le nuove formeeconomiche di produzione e di espansione, invece di affrettare lavalorizzazione e l'utilizzazione delle energie, di sperimentare le industriepiù adatte al nostro paese e di procurarsi i nuovi sbocchi all’Estero -esso persegue codeste vie:

a) il protezionismo doganale: che mantiene artificiosamente alti i prezzi,isola gli Stati, fa succedere alla guerra militare, una più disastrosa guerraeconomica, estingue i commerci, mantiene o sviluppa preferibilmenteindustrie inadatte, costose, parassitiche, ostacola il soddisfacimento deibisogni migliori che creano, a loro volta, un ambiente di migliorericchezza e civiltà. Esso corrisponde a quella stessa mentalità che hamoltiplicati gli staterelli di Europa, in eterna lite tra di loro e alle dipendenzedelle potenze più forti.

b) il parassitismo statale - per cui, quando non si investono addirittura icapitali negli inerti e abbondanti titoli di Stato, si chiedonocontinuamente allo Stato sussidi, privilegi, forniture, nella illusione,alimentata dalla guerra, di una facoltà di indebitamento senza fine, e acarico necessariamente di tutti gli altri cittadini.

c) la disgregazione delle organizzazioni operaie e la riduzione dei salari. Ladisoccupazione, oltre che una conseguenza della economia capitalista, èanche desiderata per procurarsi una maggiore e più arrendevole e menocostosa offerta di mano d’opera. Il fascismo, che si orpella dappertutto dimoventi politici e patriottici, non ha una base salda e durevole che làdove esso serve e può quindi essere alimentato a scopo di disgregazionedell’organizzazione; non l’osa troppo l’industria perché puòirreggimentarlo solo fuori di se stessa e teme che le si rivolti, mapersevera l’agraria che può direttamente parteciparvi identificandolo nelsuo interesse. II capitalismo italiano tenta di ritornare ancora al temponel quale, nonostante la sua minore capacità, sopportava la concorrenzastraniera anche con la meschinità dei salari, e a prezzo della miseriagenerale della nazione.

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L’azione della classe lavoratriceQuale può essere allora l’azione più utile della classe lavoratrice?Nel primo periodo postbellico per la urgenza del proselitismo, per la

necessità di inseguire i rincari dei consumi, e per la stessa psicologia delmomento, l’azione sindacale fu rivolta quasi esclusivamente allairreggimentazione e alla richiesta di maggiori salari; la cooperazioneparve facilmente profittevole nel crescere dei prezzi; e ciascuno vollefaticare di meno.

Oggi l’azione è assai più difficile e complessa. Conviene proporsi finie mezzi precisi. Ma nello stesso tempo, come in politica, anche quipensiamo che nessun mezzo deve essere, a priori scartato o indicato comel'unico. Quando la bussola direttiva resti fissa nell’interesse della classelavoratrice e il fine nella socializzazione dei mezzi di produzione e discambio, tutto può divenire utile nei diversi momenti, nelle diversecontingenze: perfino il sabotaggio, perfino la collaborazione. L’operaio puòcessare di contribuire alla produzione, che è base del capitalismo, mache è anche la sua vita, solo quando possa conseguirne immediatamenteo rapidamente una sua conquista definitiva sulla classe capitalista.

Quindi tutto bisogna prevedere e preparare, organicamente e tenacemente.Intanto conviene:1) Rifiutare recisamente ogni complicità della classe lavoratrice con le

richieste di dazi, protezioni, sussidi, privilegi statali del parassitismocapitalista. L’apparente momentaneo vantaggio di occupazione e disalario può rimandare all’indomani una precipitazione critica, ma nepeggiora di solito la gravità, e danneggia frattanto tutte le altre categoriedi lavoratori, consumatori e contribuenti. Necessita anzi piùparticolarmente sollecitare e favorire i rapporti economici coi paesi vinti e conl’oriente, superare tutti gli egoismi delle nuove patrie, rinnegare tutti i pretestipolitici territoriali e nazionalisti di discordia, anche per scuotere ildoppio giogo del capitalismo occidentale, e preparare l’unione deiproletariati più maturi alla conquista. È in questa azione, la condizioneassoluta per qualsiasi resurrezione eco-nomica, dopo il disastro dellaguerra.

2) Resistere alla diminuzione dei salari in tutti i modi, che possano dare unaprobabilità di vittoria. Gli alti salari, l’imposizione di occupazione, isussidi per la disoccupazione sono, quasi più che una garanzia di vita peril proletariato, gli stimoli a che il capitalismo compia ancora unafunzione utile di avanscoperta della migliore produzione. Ma appuntoper questo la resistenza (come in tempi migliori, la conquista di unmigliore salario) se può avere una generica utilità socialista per ladiminuzione del profitto capitalista, non può essere sempre aprioristicae assoluta; ma intelligente e accorta, fino a consentire un eventualesacrificio soltanto là dove possa controllare un reale e utile sforzo delcapitale e assicurare la più sana e vitale produzione.

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3) Anche a questo scopo, conviene curare nelle nostre organizzazioni,lo sviluppo e la capacità tecnica dei lavoratori, incitandone il miglioramento el’interesse alla produzione. Non affinché il singolo esca dalla classe edivenga, a sua volta, uno sfruttatore; ma perché tutte le maggioricapacità si impieghino a profitto della classe; e non solo per aumentarela ricchezza generale, quanto più per controllare prima e sostituire poi laproduzione privata con la collettiva. A tale scopo la cooperazione apertaè la palestra e lo strumento più adatto che va però utilmente eeconomicamente impiegato (non per salvare o mantenere industrieparassitiche, dove l’apparente minor prezzo è scontato poi da tutta lacollettività); e che è solido soltanto dove la capacità tecnica del lavoratoree degli elementi che sa associarsi, raggiunga (come avviene già piùfacilmente nell’agricoltura) o sorpassi potenzialmente quella delcapitalista.

4) Arrestare ogni ulteriore investimento di capitali privati in titoli e debiti delloStato e di Enti locali, in quanto si vogliano consumare nelle necessitàordinarie di bilancio. E questo uno dei modi per i quali la Nazioneimmiserisce senza accorgersene, si consuma senza produrre, sianemizza l’industria e si mantiene il profitto capitalistico più inerte egravoso. Conviene invece assicurare agli Enti locali un largo finanziamento(obbligando a contribuirvi anche le Casse o Banche locali e quei privatiche ne beneficiano) per opere analoghe a quelle del capo seguente, e peril soddisfacimento di quei bisogni civili e sociali che si traducono inaumento di ricchezza collettiva (case, opere igieniche, ecc.). Anche laquestione della circolazione cartacea va considerata, non più secondopregiudiziali che il capitalismo viola appena gli fa comodo, ma secondogli scopi da raggiungere e gli effetti reali nei diversi campi e categorie.

5) L’intervento dello Stato e delle sue eccezionali facoltà politiche e difinanziamento, può essere, con la massima prudenza, richiesto soltanto làdove la difesa della prima esistenza o di una transitoria deficienza diindustrie e di Cooperative, assicuri uno sviluppo di lavoro e diproduzione economicamente più utile. Deve essere invece sollecitatodove esso è quasi indispensabile per sospingere (con sanzioni diespropriazione) o sostituire l’iniziativa privata, nella messa in valore digrandi energie naturali e latenti. I lavori pubblici che oggi sono piùurgentemente richiesti per ovviare alla disoccupazione, devono esserequelli che preparano, dentro un piano organico, nuove fonti di lavoro edi energia e gli sviluppi agricoli e industriali economicamente più adattiai diversi paesi (bonifica idraulica e agraria; colonizzazioni e irrigazioni;rimboschimento e bacini idroelettrici; comunicazioni ed elettrificazioni)costringendo la proprietà inerte a contribuire a trasformarsi o a passarealle più attive associazioni aperte di lavoratori.

6) Per le eventuali eccedenze nel rapporto tra demografia e capacitàproduttiva del paese, conviene immediatamente preparare un

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inquadramento delle schiere emigranti con capacità tecnica e di capitale, chesostituiscano alla emigrazione disorganizzata più soggetta allosfruttamento del capitalismo straniero, la colonizzazione razionale ecollettiva, e che, rarefacendo di conseguenza l’emigrazione individuale,la faccia ricercata anziché vietata, favorita anziché taglieggiata.

7) Infine i modi di azione normale e a sviluppo progressivo nondevono far mai dimenticare quelli di necessità improvvisa o eventuale, odi maggiore conquista. L’organizzazione fin qui prevalentementeraccogliticcia, deve sapersi dare anche una disciplina d’azione di gruppi e dimasse, sulla quale contare per ogni evenienza. Agli impulsi chedisperdono energie inutili o che procurano danni e pericoli, bisognasostituire la più rigorosa disciplina. Occorre coordinare, subordinare,preparare. Senza dimenticare che oltre il proletariato che difende sestesso nelle officine e sui campi, tutti gli organi dello Stato e dellaSocietà sono occupati da lavoratori. I lavoratori sono negli uffici deiministeri come nelle fila dell’esercito: in tutti costoro occorre sostituireall’indifferenza o all’egoismo di categoria, la coscienza di classe e la capacitàdi cooperare come che sia o quando che sia alla conquista del potere politico e allarealizzazione del Socialismo.

* Da Sul Riformismo, a cura di S. Caretti, Ed. Nistri-Lischi, Pisa 1992, pp. 82-83, 155-159, 295-302.

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LA VIOLENZA FASCISTA

MATTEOTTI. Se il Gruppo parlamentare socialista ha indicato meper lo svolgimento della sua mozione1, non può essere a caso. Non sonoabituato ai grandi discorsi politici, bensì ai discorsi tecnici; quindi ilGruppo, indicandomi, volle che fosse esposto, con la precisione di unacifra, con la schematicità di un sillogismo, il nostro pensiero, per trameda una parte e dall’altra il chiarimento della situazione e la norma dellapropria condotta.

Nella nostra mozione nulla vi è di tutto ciò che è stato detto e che ciè stato attribuito dalla stampa. Noi non ci lagniamo della violenzafascista. Siamo un partito che non si restringe dentro una semplicecompetizione politica, che non aspira a successione di Ministeri, chevuole invece arrivare ad una grandiosa trasformazione sociale; e quindiprevede necessariamente le violenze, sa che, ledendo un’infinità diinteressi, ne avrà delle reazioni più o meno violente; e non se ne duole.

È stato detto che saremmo venuti qui a protestare, a lanciare invettivecontro il fascismo che ci percuote, e così via.

Neppur questo. Siamo i primi a riconoscere le origini storiche, e lanecessità del fascismo, siamo i primi a interpretarne la giustificazioneeconomica, a riconoscerne l’esistenza, quasi direi come necessità socialedi questo momento.

Non ci dorremo dei delitti, né li racconteremo, né andremo adinvestigare come si formano le schiere fasciste... Tutto questo non hache una importanza assai accessoria. E se anche, qualche volta, dovremoaccennarvi, sarà solamente per arrivare con maggior precisione allenostre conclusioni.

È stato detto, in fine, dall’onorevole Giolitti2, che noi qui parleremoin contrapposizione alla mozione presentata dalla destra parlamentare,perché ciascun Partito vuole il Governo al proprio servizio. L’onorevoleGiolitti s’inganna completamente.

Noi non abbiamo da invocare Governo alcuno a servizio nostro, nonabbiamo nulla da chiedere, né al Governo né a nessuno. Qui non si

* Da Scritti sul Fascismo, a cura di S. Caretti, 1983, Pisa, Ed. Nistri-Lischi pp. 44-60, 93-97, 300-301,318-321, 375Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, Legislatura XXV, 1A sessione, Discussioni, tornata del 31gennaio 1921, pp. 7164-7175.1 Questa la mozione presentata dai deputati socialisti: «La Camera constatando che gli ultimi episodidi violenza organizzati in varie regioni d’Italia conducono inevitabilmente il Paese alla guerra civile,rilevando che il Governo e le autorità locali assistono impassibili alle minacce, alle violenze, agliincendi da parte di bande armate e pubblicamente organizzate a tal scopo, e le proteggono anche conl’impedire la difesa legittima delle persone, delle Amministrazioni e delle organizzazioni colpite,condanna la politica del Governo.2 Giolitti aveva costituito il suo quinto ministero il 16 giugno 1920. Rimase in carica fino al 4 luglio 1921.

SCRITTI SUL FASCISMO*

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tratta di quella abilità, di quelle schermaglie parlamentari, nelle qualil’onorevole Giolitti è certamente maestro. Si tratta semplicemente dichiarire la reciproca posizione in cui, da una parte egli, comerappresentante del Governo, e dall’altra i rappresentanti delle classidirigenti si trovano, e in cui noi, in seguito alle vostre dichiarazioni,civerremo a trovare, quando andremo a portare ai nostri compagni, alPaese, l’impressione del risultato di questa discussione.

Ma vediamo anzitutto e rapidamente la situazione di fatto. Sarebbeimpossibile riassumerla in una sintesi, perché essa si sfalda in unaquantità di episodi secondari, accessori e diversi; ed ogni episodio a suavolta è snaturato, deformato nel racconto. Si può dire che in questomomento di subbuglio, di violenza, nulla subisca maggiore violenzaquanto la verità, quanto l’esposizione veritiera dei fatti. Sembra quasiche la stampa italiana si diletti a questo terribile giuoco di bambini, chel’uno all'altro rimproverano di essere stato il primo, di aver provocatoper primo; e. le violenze frattanto continuano.

Quando, una ventina di giorni fa. un fascista, di notte, a Rovigo,ferisce tre socialisti perfettamente inermi, come risulta dai rapporti delleautorità, e ferisce gravemente anche uno dei suoi stessi compagni, igiornali come raccontano l’episodio? Così: «Conflitto tra fascisti esocialisti a Rovigo». «Furono sparate (da chi? non si sa?) dellerevolverate; rimasero feriti tre socialisti ed un fascista». E il lettore serbacosi impressioni perfettamente false della situazione di fatto.

Quando domenica scorsa a Ferrara, le incursioni in camions deifascisti armati nella campagna, danno questo bilancio preciso dellagiornata: quattro leghisti feriti di cui due gravemente, due locali di leghedistrutti ed incendiati, venti socialisti arrestati. nessun fascista ferito,nessun fascista arrestato, i giornali intitolano la faccenda così: «Nuoviagguati e nuove violenze dei socialisti ferraresi nelle campagne». È cosiche si racconta la verità!

Quando nella notte a Ferrara (come risulta, anche questo, dairesoconti delle autorità e non dalla versione socialista) un gruppo difornai, che abbandonato il lavoro percorreva cantarellando una strada,è improvvisamente colpito da una scarica di revolverate, una delle qualiferisce un fornaio, il "Giornale d’Italia” del 20 gennaio racconta il fattocosì: «Un gruppo di fascisti è stato aggredito nella piazzetta comunalenella notte; furono (sempre indeterminato chi è stato? Non si sa!)furono sparati dei colpi di rivoltella, uno dei quali ferì un passante». Echi ha avuto, ha avuto.

Ma quando per contro avviene, e dolorosamente avviene, che unfascista o più fascisti rimangono feriti e uccisi, allora la stampa, codestaparte per lo meno della stampa, muta completamente il tono. Allorasono i grandi caratteri; allora, mentre ancora l’autorità non sa nulla e stainvestigando, a due ore di distanza si sa già che sono stati i socialisti a

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compiere l’eccidio! Si sa che è stato un complotto socialista, organizzatodalla Camera del lavoro! Si sa già che responsabili sono quindi i capisocialisti, e in conseguenza, immediatamente dopo poche ore, si dàl’assalto alla Camera del lavoro, si aggrediscono le rappresentanze delPartito socialista, assessori. deputati, ecc.; allora la campagnagiornalistica trascina per un mese un cadavere sulle sue colonne,facendone una speculazione illecita e immonda.

Ma non mi voglio attardare sui fatti e sugli episodi, ognuno dei qualipuò essere a nostra posta, dalle nostre passioni di parte, contorto odeformato, diversamente da quella che è la verità. Io voglio essere piùconservatore di quel che non siano oggi i rappresentanti delle altre parti,voglio aspettare i risultati delle inchieste delle autorità. Più ancora:ammetto senz’altro che in ogni partito, che in ogni massa, da ogni partevi possano essere dei delinquenti, dei male intenzionati, dei violenti. Mala questione sta più in là di questi episodi, sta più in là di questaammissione.

Il fatto nella sua precisione è questo: oggi in Italia esiste unaorganizzazione pubblicamente riconosciuta e nota nei suoi aderenti, neisuoi capi, nella sua composizione, nelle sue sedi, di bande armate, lequali dichiarano (hanno questo coraggio che io volentieri riconosco)dichiarano apertamente che si prefiggono atti di violenza, atti dirappresaglia, minacce, violenze, incendi, e li eseguono, non appenaavvenga o si pretesti che avvenga alcun fatto commesso dai lavoratori adanno dei padroni o della classe borghese. È una perfettaorganizzazione della giustizia privata; ciò è incontrovertibile.

Se sui singoli fatti, quelli che ho esposto e quelli che non ho esposti,quelli che la Camera conosce e quelli che non conosce, si può dubitare,questa esistenza di una organizzazione di bande armate, con similiprecisi scopi dentro lo Stato italiano, è un fatto, sul quale nessuno puòopporre contestazioni. Documenti ne sono i loro stessi giornali che siintitolano come una volta si intitolavano i giornaletti anarchici: "Lafiamma”, “L’assalto”, ”Il pugnale” e così via; che portano articoliintitolati: «La parola è alle rivoltelle»; che dicono: «Noi arriveremo anchealla guerra civile».

Tutto ciò è detto pubblicamente e pubblicamente risulta da atti, per iquali noi riconosciamo al fascismo il coraggio di esporsi, mentreperdura nella gran maggioranza della società capitalistica del Paese laipocrisia di non apertamente sostenerlo, la ipocrisia di attribuire leviolenze di questi giorni alle più stupide provocazioni socialiste!

Per le strade ci sono manifesti che dicono: «Occhio per occhio denteper dente». Nettamente, in manifesti, ih avvisi, in colloqui coi questori ecoi prefetti si dichiara di volere abbattere «a tutti i costi» leamministrazioni che hanno testé raggiunto migliaia di voti dimaggioranza contro la minoranza dei blocchi. Si afferma che si vogliono

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abbattere le organizzazioni, si minacciano scomuniche o rappresagliecontro determinate persone: si intima a determinate persone di nonfrequentare determinate strade, determinati punti.

Vorrei sentirmi obiettare dalla parte avversaria della Camera, 'che ciònon è vero; perché anche i vostri giornali dicono che non è vero, chesiamo noi che provochiamo! Non è forse vero, per esempio, che nellecittà di Modena, Ferrara, Bologna le vie sono percorse da gruppi armati,militarmente indrappellati, militarmente comandali, che hanno spesso learmi in pugno, i quali pretendono o affermano di volere ristabilire unordine proprio, indipendentemente da quello che è l’ordine governativo,l’ordine dell’autorità?

È vero che si va ai funerali oggi non più con la sola pietà, ma colpugnale tra i denti e le rivoltelle in mano; è vero o non è vero questo?

È vero che nell’ora del passeggio, dalle città maggiori, per esempioFerrara, davanti alla cattedrale, partono camions pieni di fascisti armati,qualcuno con due rivoltelle nelle mani, e sfilano allegramente per lestrade, con canti di vendetta, senza che alcuna autorità si muova?

E per chi ancora non credesse, per chi ritenesse che queste nostreparole siano esagerate, rileggerò quello che con magnifica e rarasincerità hanno affermato il “Giornale d’Italia”, organo dellasopravvissuta reazione, e l’“Avvenire d’Italia”, organo dei cristiani diBologna. (Interruzioni dei deputati Siciliani3 e Cappa4 - Scambio di apostrofivivaci tra questi e il deputato Ferrari5 - Vivi richiami del Presidente).

«Tutti i giorni partono delle spedizioni. Un camion carico digiovanotti (non c’è il ministro delle Finanze, per chiedergli se i camionsnon possono portare persone non addette allo scarico!) va al tale paese,si presenta al tale capolega. Si tratta prima; o il capolega cede, o laviolenza terrà luogo della persuasione. Accade, quasi sempre, che letrattative raggiungono lo scopo, se no la parola è alle rivoltelle... Iracconti, gli episodi e gli aneddoti delle spedizioni fioriscono durante lagiornata. Le rivoltelle sono le compagne, le amiche legittime, oppure no.inseparabili dei racconti; occhieggiano e luccicano da ogni tasca. Ci sidomanda con la maggiore naturalezza di questo mondo: quanti colpihai? E si vuole sapere quante rivoltelle e di quali tipi... ».

Tali sono in semplici linee gli aspetti della jacquerie borghese che nelferrarese combatte una battaglia di portata nazionale.

Tale è la descrizione sintetica e magnifica, che noi non potremmo farecon parole più precise, di quello che avviene e determina realmente in

3 Luigi Siciliani (1881-1925), eletto deputato nel 1919 per la lista dei combattenti, fu confermato nellaXXVI e XXVII legislatura aderendo al gruppo parlamentare nazionalista e poi a quello fascista.4 Paolo Cappa (1888-1956), deputato del Partito popolare nella XXV, XXVI e XXVII legislatura.Dopo il delitto Matteotti partecipò alla secessione aventiniana.5 Enrico Ferrari (1887-1969), eletto deputato nel 1919 per il Partito socialista, aveva aderito nelgennaio 1921 al Partito comunista.

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quella regione la situazione attuale. Almeno i fascisti e codesti giornalireazionari e clericali hanno il coraggio di dirlo, mentre i manutengoli diquello stesso fascismo, tutti i giornali e partiti democratici che oggi sisono nascosti, per ripararsi dietro il fascismo, tacciono vigliaccamente evigliaccamente adducono come scusanti le provocazioni socialiste!

Ma allora che vale raccontare i singoli episodi di chi sia stato il primoa provocare, se il tale che non si levò il cappello o il tal altro che lanciòun’invettiva, quando c’è un’organizzazione premeditata di questeviolenze, di questa giustizia privata, di questa rappresaglia? I funerali diModena6 si svolgono tragicamente; ma già parecchie ore prima cheavessero luogo gli incidenti, il prefetto di Modena era stato avvertito, euna staffetta partita da Bologna per Modena aveva annunziato che nellaserata sarebbe avvenuto l’incendio della Camera del lavoro di Modena edella casa del collega Donati7!

Certo è dunque che nelle violenze fasciste non è da vedersi una purae semplice ritorsione o risposta a singole e occasionali violenzeproletarie.

Contro le violenze proletarie la classe borghese possiede una quantitàdi strumenti che sono stati spesso usati, e che sono ancora in uso;possiede leggi, carabinieri, carceri, manette, e, quando è stato il caso, liha adoperati!

Sono stati distribuiti anni di galera ai nostri, ai proletari, in molti casi,per violenze usate, e quando sulle piazze d'Italia la forza armata ha stesoper terra dei proletari, nessuno di quella pane ha protestato.

La sensibilità capitalista si è svegliata solamente quando, nell'ultimotempo, anche sangue borghese è stato sparso.

La verità è che la violenza e l’illegalità in cui si pone quellaorganizzazione armata, corrisponde, in questo momento, ad unsupposto interesse della classe capitalistica. Il problema è tutto qui,onorevoli colleghi!

Noi non protestiamo, ve l’ho detto fin da principio, non ci lagnamo,non lanciamo né invettive né offese a coloro che coraggiosamenteadempiono la missione fascista. Ma domandiamo: quale partito, qualefrazione assume qui dentro la responsabilità di questa organizzazionearmata extra-legale, nel territorio dello Stato italiano? (Interruzioni).

Sento che un interruttore ricorre a giustificazioni storiche; senza peròosare di assumerne la responsabilità, e perciò le sue dichiarazioni sonomeno coraggiose e meno simpatiche degli atti del fascismo.

Neppure la mozione dell’onorevole Sarrocchi8 (che pur ha avutospesso un simpatico coraggio reazionario alla Camera), arriva adassumersi la paternità e la responsabilità della organizzazione fascista.

6 Il 22 gennaio era stato ucciso lo studente Mario Ruini, uno dei fondatori del Fascio di Modena.7 Pio Donati (1881-1927), deputato socialista nella XXV e XXVI legislatura. Nel 1926. dopo aversubito ripetute violenze da parte dei fascisti, si rifugiò in Belgio.

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Questa mozione si limita a filosofare in materia, e dice... «Dall’altrolato questa situazione determinò l’istintivo bisogno di difesa e direazione, ecc.».

Si parla cioè di istinto, di bisogni istintivi, ma non si ha il coraggio diassumerne la responsabilità politica, proprio nello stesso momento incui nei vostri giornali, nelle riunioni private, nelle vostre conventicole,fate l'apologia del fascismo, e deliberate di sussidiarlo, di garantirlo, dicontinuarne la vita. Non è coraggio civile codesto vostro, o col leghi.

Ora questo è appunto il centro della discussione.Vi rivolgete al Partito socialista, e dite: «Voi socialisti dovete assumere

la responsabilità di tutte le violenze che i proletari, socialisti o nonsocialisti, proletari comunque, lavoratori, hanno esercitato o esercitanoin qualsiasi momento sulle piazze e sulle vie d’Italia».

Voi domandate a noi, partito, di assumere la responsabilità anche diatti che non sono nostri, per il semplice fatto che sono provenienti dalavoratori, e che sono addebitati a socialisti.

E noi, che siamo un partito di massa, e di organizzazione, neppurerinneghiamo alcuno degli errori della massa. Siamo anzi pronti ariconoscere che qualche volta possa essere avvenuto che lateorizzazione della violenza rivoluzionaria, che mira a sopprimere loStato borghese, e a sostituire lo Stato socialista, possa avere indottoalcuni nell’errore di azioni episodiche di violenza; ma altrettantoprontamente rivendichiamo al nostro partito il diritto di esseredirettamente responsabile solo per ciò che esso vuole, e ordina alle sueorganizzazioni.

Nessun ordine da parte nostra è partito di esercitare atti episodici diviolenza, perché noi tutti sappiamo che questi (e ciò è stato ripetutoinfinite volte nelle nostre assise di partito, e nei nostri manifesti) nonservono alla causa del socialismo, ma la danneggiano, come pure lacausa del socialismo rivoluzionario, che vuole instaurare la immediataconquista del potere da parte del proletariato. Non solo, ma anche tuttii nostri giornali, e i manifesti delle nostre sezioni, Giunte,amministrazioni comunali, e Camere del lavoro, pubblicati ovunque sisono verificati questi casi, suonano quasi tutti allo stesso modo:«bisogna ritornare alla vita civile; la lotta di classe deve riprendersi sulterreno civile; gli episodi di violenza sono condannevoli perché nonservono alla causa del socialismo».

SARROCCHI. Vorrei conoscere la data di queste pubblicazioni.MATTEOTTI. Di tutte le date; e questi manifesti sono a sua

disposizione. (Interruzione del deputato Storchi9).

8 Gino Sarrocchi (1870-1950). deputato nella XXIV, XXV, XXVI e XXVII legislatura. Aderì algruppo parlamentare liberale e successivamente a quello fascista in rappresentanza della componenteagraria.9 Amilcare Storchi (1877-1944), deputato socialista nella XXV legislatura.

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L’amico onorevole Storchi mi chiarisce un’arguzia dell’onorevoleSarrocchi, che io non avevo udita.

Egli argomenterebbe, pare, che noi siamo diventati agnelli da quandole prendiamo. (Si ride). Vuol dir questo? Ebbene non ci vuol molto arisponderle, e il collega Storchi, che mi ha suggerito il pensierodell’onorevole Sarrocchi, mi suggerisce anche la risposta.

II fascismo è andato a esercitarsi anche in quelle regioni, come ReggioEmilia, dove mai, mai una sola parola di violenza fu lanciata, neppure intono generico, neppure riguardo alla rivoluzione sociale; mai!

Ed anche nella mia provincia di Rovigo, che posso citare a titolo dionore, non si sono quasi mai manifestati, o in minima misura fatti diviolenze, e quei pochi furono sempre repressi dalla nostra predicazionee dalla nostra azione.

CORAZZIN10. Mio fratello però lo hanno bastonato!MATTEOTTI. Codesti non sono falli della mia provincia; non

confonda. Gli onorevoli colleghi sanno che io in ogni comizio, in ogniriunione... (Interruzioni).

Voci al centro. Lei sì, ma gli altri no!MATTEI GENTILI11. Infatti, senza il suo intervento, l’onorevole

Merlin12 correva rischio d'essere ammazzato!MATTEOTTI. Ah! quando vi accomoda, io sono il rappresentante

del socialismo rodigino; quando non vi accomoda, allora sono gli altri,quelli che razzolano male, i rappresentanti del socialismo rodigino!

E notate ancora questo: i vostri giornali, il vostro "Corriere dellaSera” or ora. a proposito del Congresso di Livorno, scriveva questeparole: «Il socialismo (lascio la responsabilità dell'interpretazione al“Corriere della Sera”) che ha trionfato a Livorno. si caratterizza nelripudio della violenza come atto quotidiano di lotta, e come forzaoperante delle organizzazioni».

Ora. proprio nel momento, onorevoli colleghi, in cui voi dite che ilnostro partito non si mette sul terreno della violenza, voi esercitate laviolenza! E ciò non è. per lo meno, coraggioso.

La verità è. onorevoli colleghi, che codesta violenza è esercitata da voiper interesse di classe, per interessi economici lesi, e non contro fattipolitici, o in risposta a provocazioni o a violenze singole di lavoratori. E allora se non assumete la responsabilità del fascismo, dimostrate ancora

10 Luigi Corazzin (1888-1946), esponente della cooperazione cristiana, deputato del Partito popolarenella XXV e XXVI legislatura. Perseguitato dai fascisti, fu in seguito costretto ad abbandonare ogniattività politica e sindacale.11 Paolo Mattei Gentili (1874-1935). direttore del "Corriere d'Italia" e deputato del Partito popolarenella XXV e XXVI legislatura. Nel luglio 1923 fu espulso dal partito e successivamente rientrò allaCamera nella lista fascista.12 Umberto Merlin ( 18X5-1964). esponente cattolico polesano. Deputato del Partito popolare nellaXXV, XXVI e XXVII legislatura. Dopo il delitto Matteotti aderì all’Aventino.

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una volta il vostro poco coraggio, e soprattutto la vostra poca sincerità.(Interruzioni - Commenti al centro).

Voi pretendete far assumere al socialismo la responsabilità degli attiche alcuni perversi, non socialisti, hanno potuto compiere aCasteldebole13, contro tutte le nostre direttive, e non volete poiassumere la responsabilità degli atti fascisti.

Qui nella Camera, colleghi di tutte le parti, senza eccezione,protestano contro gli atti di violenza cui sia stato fatto segno un collegadeputato. Miserabile commedia! Poiché immediatamente dopo, fuori,lanciate il dileggio sui colleghi che sono colpiti, e la vostra stampamiserabilmente li offende, e li chiama vigliacchi, se non oppongonoresistenza, o li chiama provocatori se resistono.

Perché è sempre così poi: se i socialisti resistono sono deiprovocatori, se non resistono, se lasciano passare il nembo dellaviolenza, sono dei vigliacchi che fuggono. Vedi “Giornale d’Italia” chescrive: «E per smentire le vanterie e le minacce che i socialisti fanno alprefetto, appunto perché non avvengano violenze, basti dire che quandoi camion dei fascisti si recano in qualche paese, i socialisti sparisconocome d’incanto e scappano».

Ma a me preme dimostrare, soprattutto, che la violenza esercitata dalfascismo è una reazione, un mezzo, di cui la vostra classe vuol farsi armaper provvedere al proprio interesse. Il fascismo, onorevole Sarrocchi,per lei che corre dietro alle date, è antecedente ai fatti dei municipi diMilano e di Ferrara. Esso è una reazione non tanto contro gli atti diviolenza deplorati, quanto contro le conquiste economiche delproletariato. Non sono io che lo dico. È il solito "Giornale d’Italia” chesi associa all’’“Avvenire d’Italia” per rilevare che «dal vecchio troncoagrario, cioè da un interesse economico, spunta un nuovo virgulto, ilfascismo».

Le ragioni del fascismo, dicono i vostri giornali, sono da ricercarsinella dittatura che il proletariato dei campi specialmente, esercitava inquelle regioni. Ora intendiamo bene in che cosa consisteva quellafamosa dittatura.

Una voce. Legga la relazione d’inchiesta!MATTEOTTI. Non ancora ho potuto leggerla, ma leggo soprattutto

i vostri giornali che mi valgono più di tutte le relazioni, e poiché vivo inquei paesi, e ho le vostre testimonianze, non posso sbagliare.(Interruzioni - Commenti al centro).

La dittatura del proletariato nelle campagne consiste essenzialmentein questo fatto. I contadini col patto del 1911. e anche più coll’ultimopatto del 1920. avevano raggiunto queste due conquiste fondamentali:

13 Il 22 gennaio a Casteldebole (Bologna) era stata uccisa la guardia regia Radames Pasquali.

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1) riconoscimento delle loro organizzazioni, e riconoscimento delleleghe di mestiere, con obbligo dei padroni di rivolgersi, non ai singoliindividui, ma alle leghe dei mestieri per avere dei lavoratori;

2) imponibilità di mano d’opera. Cioè: poiché i proprietari nellastagione invernale lasciavano volentieri a casa tutti i contadini, e ladisoccupazione batteva alle porte, e le agitazioni diventavano pericolose,cosi si stabilì un contingente fisso di mano d’opera che ciascuna unitàcolturale doveva impiegare; e i contadini si adattarono a che il pocolavoro invernale non fosse dato a vantaggio di una sola famiglia, mentrele altre dovevano morire di fame o emigrare, ma scambiato a turno frale diverse famiglie dei lavoratori.

Così si era arrivati a una maggiore giustizia, a una maggiore civiltà,distribuendo il poco lavoro fra la mano d’opera agricola. Ma questol’Agraria più non volle; e. dopo aver firmato i patti, vuole infrangerli,perché non vuol sostenere il peso della mano d’opera agricolaobbligatoria.

Possono benissimo essere avvenuti degli abusi, ma ciò non dovrebbeavere importanza per negare l’essenza di quelle due conquiste civili. Gliabusi sono avvenuti per un fatto molto semplice: che si tratta distrumenti di civiltà perfezionata ai quali non è ancora perfettamenteadatta una categoria di lavoratori, ancora purtroppo incolta, e da pocovenuta al socialismo, attraverso gli orrori della guerra.

Si è anche detto che con quegli istituti diminuiva la produzione.Affatto; la produzione non è diminuita per quegli istituti, sibbene perquei fatti generali economici e psicologici che non sono specifici dellenostre campagne, ma anche di tutte le industrie e di tutti i paesi dove siè avuta una diminuzione di produzione.

Ammetto dunque tutti gli abusi e tutti gli inconvenienti; ma. in unasocietà civile. si cerca di eliminarli con i migliori mezzi, e conl’educazione proletaria.

L’Agraria, no! L’Agraria organizza la violenza, provoca la violenza, lapiù sfacciata violenza perché essa è costituita dalla più arretrata partedella borghesia, quella che. per salvare la sua borsa, sarebbe anchecontenta di lasciar perire lo Stato, perché nulla le importa ali’infuori diquello che è il suo profitto, e il suo guadagno immediato. (Commenti -Rumori al centro e a destra).

Gli stessi boicottaggi, le stesse multe (delle quali specialmente si èfatto in questi giorni un can can, riproducendo delle lettere sui giornaliche credono di troncare la questione), non vogliono dir nulla.

Per i nostri patti agricoli un padrone ha l’obbligo di impiegare tanticontadini. Spesso contravviene e li respinge; allora la Lega giustamentedomanda che sia pagato ugualmente, sotto forma di multa, ciò che ilpadrone non ha pagato ai contadini per il loro lavoro. È logico; èl’esecuzione di un contralto. (Interruzioni - Rumori).

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La multa è la conseguenza della mancata esecuzione di un contrattoprivato stabilito tra le due parti con l'assistenza dei prefetti. E voi.organizzatori dell’ordine, voi costituzionali, vi rifiutate di pagare e pernon pagare organizzate la violenza privata dentro lo Stato!

E i boicottaggi? Anche questi possono essere stati qualche volta maleusati, ma non sempre; non si fraintenda. Un padrone non osserva i patti,non impiega il numero dovuto di contadini. Che cosa delibera allora laLega? Non vi darò più mano d’opera! Quest’i, di solito, il boicottaggio,giusto ed entro l’orbita della legge. (Interruzioni - Rumori - Commenti).

Onorevoli colleghi, vent’anni fa il boicottaggio colpiva una famiglia dilavoratori, e quella famiglia era costretta a morire perché non potevalavorare e vivere; venti anni fa i nostri lavoratori emigravano a torme dalPolesine, e andavano all’estero, perché le vostre Agrarie, arretrate inciviltà, in educazione e in produzione agricola, non li volevanoimpiegare; allora il boicottaggio era un’arma lecita, poiché la libertàeconomica dello Stato consentiva al padrone di negare salario e lavoroal contadino, ma non vuol oggi consentire al contadino di negare le suebraccia al padrone! (Applausi all’estrema sinistra).

Le Agrarie di Rovigo e di Ferrara si sono riunite nei passati giorni(sempre per dimostrare il fondamento economico, e di classe, non laritorsione e la violenza che è in queste agitazioni) per progettare comeera possibile rompere il patto, e proclamare la serrata nel rodigino e nelferrarese: e a questo scopo dovrebbe servire anzitutto l’intimidazionefascista, e l’organizzazione degli episodi violenti!

Oggi si rinnova, onorevoli colleghi, sotto altro aspetto, più tangibile eimmediato. la stessa lotta che ha fatto tremare le nostre campagne ventianni fa.

Allora quello che noi domandavamo, e che ottenemmo, era il dirittopotenziale di organizzazione. Anche allora, da parte capitalista si negavala facoltà del proletariato di organizzarsi, e in una battaglia appoggiatadall’onorevole Giolitti forse per manovra politica (perché non ho maisupposto in lui direttive in materia sociale) fu battezzato il diritto dilibertà.

Oggi è la stessa battaglia: allora per il diritto potenziale, oggi perl’esercizio reale del diritto di organizzazione. E siccome l’esercizio realedell’organizzazione offende. intacca i profitti capitalistici, ecco più forteche mai l'insurrezione dell’Agraria ecco il movimento dei fasci.

Lo Stato democratico ha proclamato che dentro le sue leggi, dentrola sua struttura costituzionale, ogni progresso delle classi lavoratrici èpossibile. Questo si ripete ma sembra non essere più vero. Poiché c’èqualcuno che lo nega, c’è l’Agraria che lo nega; e mi giova citare qui leprecise parole del “Giornale d’Italia": «nelle sfere ufficiali si è ancora allaconcezione arcaica, ed insieme fra ideologica ed umanitaria. che dà ailavoratori il diritto di organizzazione e di sciopero».

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Questo è il punto, onorevoli colleghi. Non si combatte contro singoliepisodi di violenza, non si reagisce contro l’atto di un mal pensante, diun delinquente, ma si vuole agire sullo Stato perché sia negato il dirittodi organizzazione e di sciopero ai lavoratori!

Quando la libertà economica giovava alla classe borghese perché ilproletariato non era organizzato, allora si esaltava la libertà, e si dicevache era la panacea di tutti i mali: oggi che il proletariato, per mezzo dellalibertà e delle proprie forme di organizzazione. intacca i profitticapitalistici. la libertà viene negata e viene proclamata la violenza controdi essa. (Approvazioni a sinistra).

Ed ecco come l’Agraria, assai più che l’industria (perché gli industrialisi manifestano alquanto più furbi ed intelligenti degli agrari) ecco perchél’Agraria protegge il fascismo, ecco perché il fascismo nasce e sisviluppa nella zona dove il capitalismo viene intaccato. Il capitalismoaggredito nella borsa, diventa una bestia feroce!

Ma non solo le conquiste della libertà di organizzazione; anche leconquiste amministrative e politiche del proletariato si vorrebberoannientare.

«A Ferrara, a Rovigo e a Bologna il proletariato rivolge le proprieforze non solo alla conquista economica, ma anche alla conquista delleamministrazioni, dei mandati politici, delle opere pie» dice il “Giornaled’Italia”.

Ecco un altro pericolo, ed un altro fondamento della jacquerieborghese di laggiù. Non si vuole che le amministrazioni socialistefunzionino. Basta che accada in una città il minimo fatto di violenza,anche ad opera di persone che non appartengono ad organizzazionipolitiche, perchè l’Agraria e gli industriali insorgano a chiedere che leamministrazioni comunali si dimettano!

Quelle amministrazioni che due mesi fa hanno avuto sette o ottomilavoti di maggioranza sopra il blocco avversario, si dovrebberoimmediatamente dimettere in nome della democrazia, del diritto dimaggioranza, e dei vostri principi costituzionali.

Ma perché si odiano tanto le amministrazioni comunali socialiste?Perché esse hanno anzitutto organizzati i consumatori contro gliesercenti e gli intermediari borghesi che speculavano.

Perché le amministrazioni socialiste non somigliano per nulla alleamministrazioni borghesi della fine della guerra e ai vostri commissariregi, onorevole Corradini14, i quali saldavano indecentemente i bilancicomunali con debiti a carico dello Stato, con la vostra autorizzazione.

Alla fine della guerra, quando tutta l’economia nazionale erasconvolta, e quando le entrate non coprivano più le spese, alle vostre

14 Camillo Corradini (1867-1928). deputato liberale nella XXV e XXVI legislatura. Erasottosegretario agli Interni.

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amministrazioni moribonde deste la facoltà di far debiti, cosicché tuttoil peso ricadde sulle nuove elette. Or devono le amministrazionisocialiste provvedere a codesto sbilancio? E provvedono con tasse suisignori. Ma costoro preferiscono di armare il falsino, poiché pagare nonvogliono! (Applausi all'estrema sinistra - Interruzioni – Rumori al centro).

Avete ragione di protestare, voi popolari, che vi opponete perfino alvostro Governo quando emana gli ordini di disarmo; voi, cristiani, chedovreste presentare l’altra guancia, voi stessi sottoscrivete le mozionicontro il disarmo. Voi vedete che in quelle regioni la rivoltella èdiventata il pane quotidiano, perfino dei bambini; ma voi insorgetecontro il disarmo...

Potremmo se mai, lagnarci noi del disarmo, perché sappiamoclassisticamente che tutte le leggi sono applicate dalla borghesia a suofavore; perché voi avete l’organo applicatore delle leggi nelle vostremani; perché sappiamo che resteranno armati gli ufficiali e gli ex-ufficiali, i quali pur formano il grosso delle bande fasciste; perché alcontadino, tolta l’arma che possiede, non gliene rimane altra, mentreciascun fascista o agrario ha dietro di sé il rifornimento della forzapubblica e del regio esercito!

Ma anziché noi, partito di rivoluzione, vi lagnate voi, partito diconservazione, e voi cristianissimi del centro. (Interruzioni - Commenti -Rumori al centro).

Ora. le responsabilità non le assumete; ma consigliate o provocate ifatti che accadono; badate a quello che fate! (Commenti).

La sorpresa, la non abitudine delle nostre masse a codesta lottamalvagia e barbarica della violenza episodica (Rumori a destra), hadisorientato le nostre organizzazioni. Lo scompiglio di esse è propriodeterminato dal fatto che ad esse manca l’abitudine della barbarie.(Approvazioni all’estrema sinistra - Rumori).

Ma se voi continuerete, non voi avrete la conservazione, non noi larivoluzione, ma si sarà, purtroppo, creata la guerra civile, e ladissoluzione del Paese. (Rumori - Interruzioni).

E vengo alla seconda premessa del nostro sillogismo: l’azione delGoverno.

Il Governo presume di essere qualche cosa al di fuori e al disopradelle classi, tutelatore dell’ordine pubblico ecc. Noi invece affermiamo,in precise parole, che il Governo dell’onorevole Giolitti e dell’onorevoleCorradini è complice di tutu codesti fatti di violenza. (Segni di diniegodell'onorevole presidente del Consiglio).

LOLLINI15. Non è reo confesso, ma è reo convinto! GIOLITTI, presidente del Consiglio dei ministri, ministro dell’Interno. Non

lo crede neanche lei! (Si ride). 15 Vittorio Lollini (1860-1924), deputato socialista nella XXI, XXV e XXVI legislatura. Nel gennaio1922 rimase gravemente ferito a Capua in seguito ad un’aggressione fascista.

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LOLLINI. Non lo avrei detto se non lo credessi! MATTEOTTI. L'onorevole Giolitti l’altro giorno, alla presentazione

della nostra mozione si è schermito, dicendo: qui non si tratta affatto dicomplicità del Governo. Si tratta che l’una e l’altra parte vuole asservirsiil Governo.

No, onorevole Giolitti, in questo momento, l’abilità parlamentare èperfettamente inutile. Codesto vostro giuoco, in cui siete abilissimo esperimentatissimo campione, non vale in questo momento.

La questione è molto più semplice. Noi non vi domandiamo nulla!Anzitutto non ci fideremmo di un servitore come voi che sarebbesempre infedele. Non chiediamo nulla. È la falsità giornalistica che vadicendo che noi chiediamo ali’onorevole Giolitti la protezione.(Interruzioni - Commenti a destra).

Noi desideriamo soltanto di sapere con precisione da voi che dite diessere il rappresentante della legge uguale per tutti, il repressore di ogniviolenza, se veramente lo siete e se potete esserlo. Noi vi dimostriamo afatti che tale non siete e non potete essere. Ecco i fatti.

Quando un atto di violenza è commesso dai lavoratori rossi, larepressione è immancabile. Per i fatti di Bologna e di Ferrara sonocentinaia e centinaia di leghisti e socialisti arrestati.

Voci a sinistra. E gli altri no? (Rumori all'estrema sinistra). MATTEOTTI. Sempre la solita storia. Ma voi assumete la

responsabilità del fascismo? CODA16. Viva i fasci di combattimento! (Vivaci apostrofi, rumori alla

estrema sinistra - Commenti). PRESIDENTE. Onorevole Coda, non interrompa. Facciano

silenzio, onorevoli colleghi. MATTEOTTI. Finalmente abbiamo trovato uno che si dichiara

responsabile delle bande armate, degli incendi, delle violenze.(Interruzioni a sinistra).

CODA. Contro gli assassini ed i teppisti sì! (Rumori vivissimi alla estremasinistra - Apostrofi del deputato Pagella17).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, non interrompano!MATTEOTTI. Siamo lietissimi che finalmente si sia trovato

qualcuno, che abbia il coraggio di rivendicare la responsabilità delfascismo, e speriamo altresì che i Gruppi, ai quali questi deputatiappartengono, rivendicheranno anche la loro responsabilità collettivacon gli atti del fascismo. (Vivi rumori - Commenti al centro e a destra).

CAPPA. Contro gli assassini, sempre! (Vivi rumori all'estrema sinistra).PRESIDENTE. Onorevole Cappa, la prego di non interrompere.

16 Valentino Coda (1881-1921), deputato nella XXV e XXVI legislatura. Si iscrisse al gruppoparlamentare di Rinnovamento e poi a quello fascista.17 Vincenzo Pagella (1879-1944), deputato socialista nella XXV e XXVI legislatura.

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MATTEOTTI. Ritorno al Governo. Vi sono a Bologna ed a Ferraracentinaia di arrestati, mandati di cattura, perquisizioni contro i nostricompagni. Si tenta perfino dalla vostra magistratura e polizia di risalire,attraverso le vie più sottili e lontane di complicità, fino a responsabilitàindirette inafferrabili, quando si tratta di violenze compiute dalavoratori.

Ma quando si tratta dei propositi pubblicamente manifestati da quellaorganizzazione che vuole le bande armate, che predica la giustiziaprivata, che affigge manifestini annunzianti la morte del tale e deltal’altro, che minaccia le rappresaglie contro la tale e la tale altraorganizzazione; quando si tratta di tutto questo, la vostra autorità nonesiste. Non si vede un solo atto in Bologna, dopo parecchi mesi da chequeste violenze si esercitano, contro codesta organizzazione. E noi nonve lo domandiamo, onorevole Giolitti; sappiamo che voi dovete esserneil complice inevitabile.

Si arriva a fatti di questa specie: una ragazza porta un garofano rosso;è privata violentemente del garofano; essa risponde con un doverososchiaffo sulla guancia del fascista; la questura si precipita ad arrestare laragazza. (Rumori - Commenti).

Ma se è minacciato o assalito quel miserabile essere che è un deputatosocialista, allora nessuno si muove. Grande scorta d’onore: l’onorevoleCorradini in queste cose è irreprensibile: trecento carabinieri! Trecentocarabinieri, quando di là non ci sono che duecento giovincelli fascisti,contro i quali basterebbero poche guardie di buona volontà perdisperderli e metterli a posto. Eppure in mezzo alla sua scorta d’onoreil deputato socialista è percosso, bastonato; ma nessuno dei fascisti èarrestato, neanche momentaneamente; nessuno mai, onorevoleCorradini!

GIOLITTI, presidente del Consiglio dei ministri, ministro dell'Interno. Ma vene sono molti in carcere!

MATTEOTTI. Ma non per questo, mai! Quelli che entrano allaCamera del lavoro di Ferrara sono perquisiti; quelli che entrano alla sededel fascio, mai! (Interruzioni).

L’incendio della casa Donati e della Camera del lavoro di Modena erastato preannunziato al vostro prefetto di Modena parecchie ore primache si compisse; e fu compiuto, assistendo la forza pubblica!

All’incendio della Camera del lavoro di Bologna assistevano duetenenti colonnelli, carabinieri e guardie, in numero eccedente di granlunga quello degli assalitori, onorevole Giolitti! Ma non si muovono.L’ordine è di non muoversi.

Il portone della Camera del lavoro di Bologna impiega mezz’ora quasia cedere, a cadere, prima che gli incendiari entrino; la forza pubblicaassiste; assistono i tenenti colonnelli, assistono le guardie di pubblicasicurezza, ma nessun fascista, nessuno di coloro che vanno ad appiccare

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l’incendio, è arrestato; onorevole Giolitti, smentite se potete! Poi vengono i pompieri; arrivano per spegnere l’incendio, opera

d’umanità per le famiglie che stanno attorno; si inveisce; la forzapubblica, che pure è affollata nella piazza a cinque minuti di distanza,ancora non interviene. Onorevole Giolitti, smentite!

Il “Messaggero” racconta che a Firenze «la valanga dei fascisti non silascia intimorire dal maresciallo dei carabinieri che si trovava fin dalpomeriggio nella tipografia». È naturale. Può un maresciallo deicarabinieri intimorire i fascisti?

E quando al questore di Bologna vanno gli addetti alla Camera dellavoro per denunziare i mobili mancanti, il questore risponde: «Sonoragazzate!».

Nelle stanze della questura sta una macchina da scrivere, sorpresanelle mani di coloro che hanno incendiata la Camera del lavoro: ilquestore restituisce la macchina ai proprietari, ma non sa, poverino, dachi sia stata consegnata! (Commenti).

Quando da Ferrara partono dei camions di fascisti armati, nessuno liferma per vedere se sono in regola col fisco, che vuole che i camionsnon portino persone. I camions scorrazzano, dicono tutti i giornali, nonsono fermati. Li segue soltanto un compiacente seguito di camions dicarabinieri: scorta d’onore! Regolarmente; lo dicono i vostri giornali. Iotutto questo lo posso documentare con i vostri giornali.

Arrivano i fascisti nel paese, sparano per aria, lanciando grida einvettive. Qualche contadino stupido, perché questa è la parola chedobbiamo dire, risponde con un vecchio fucile alla follia di questa gente;e i carabinieri sono pronti allora a precipitarsi. e arrestano tutti i capolega, i lavoratori del paese; poi entrano insieme, lo dice la "GazzettaFerrarese”, fascisti e carabinieri, insieme asportano registri, timbri, tavolie oggetti, ci si trattengono insieme fino a tarda notte, e tutta la farsa ola tragedia si svolge nell’idilliaco consenso fra la forza pubblica e laviolenza fascista. Così a Porta Zamboni, a Bologna, dove i carabinieriservirono per perquisire le case di coloro che si erano difesi.

Lo stesso carabiniere che a Porta San Paolo di Ferrara, una sera sparòun colpo di rivoltella verso un gruppo di sei persone, che cantavanol’«Internazionale». lascia passare contemporaneamente un carro difascisti, che, a lumi spenti, entra in città cantando l’inno della vendetta,della rappresaglia.

Più ancora: ex-ufficiali ed ufficiali in divisa (non c’è, mi pare, ilministro della Guerra18), partecipano alle spedizioni fascisteregolarmente, continuamente.

Vi sono dei vice-questori, che conosco di nome e di vista, e deicommissari che sono conosciuti come amabilissimi frequentatori dei

18 Ivanoe Bonomi.

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locali dove bande armate si organizzano. Il colonnello comandante deldistretto militare di Ferrara è un ispiratore dei fascisti riconosciuto, e sipresenta come tale.

Dopo ogni atto di violenza, così come dopo l’incendio della Cameradel lavoro di Bologna, si svolgono colloqui amichevoli tra i capi delfascismo, che si vantano di aver compiuti quegli atti, e le autorità, iquestori e i prefetti. Io non accuso, racconto.

Ho potuto vedere, e con me ha potuto vedere lo stesso segretariodella Camera del lavoro di Bologna, agenti dell'ordine, ufficiali cheandavano ad avvisare le organizzazioni fasciste di quello che da partenostra si faceva, affinché si regolassero c iniziassero le rappresaglie, oandassero ad asportare quegli oggetti, che dovevano essere asportati.

A Bologna, dopo l’incendio della Camera del lavoro, i dirigenti ed isegretari delle leghe si avviano alla vecchia Camera del lavoro perriprendere le file della loro organizzazione, e la trovano occupatamilitarmente, mentre coloro che hanno eseguito l’incendio si riunisconoc celebrano la festa dell’incendio pubblicamente.

Alle vittime dell'incendio, ai padroni della casa, è proibito di rientrarenei loro locali. Ma di notte, assistendo la forza pubblica, possonoentrare liberamente gli altri ad asportare quegli oggetti, che nella notteprecedente non avevano potuto asportare!

Mentre parte il vaporino Bazzano-Imola. i fascisti (raccontanosempre i giornali borghesi ). sparano contro quel vapore che contienedegli operai. Dodici carabinieri ed un maresciallo sono sul vapore;smontano, fingono di inseguire i fascisti i quali hanno ferito gravementedue operai, ma nessun fascista è arrestato e nessun procedimento èiniziato.

Si diffondono foglietti, di cui ho qui qualche esemplare, senzaindicazione di stamperia, ove si minaccia rappresaglia, morte e vendettacontro gli amministratori, contro il deputato tale, contro i leghisti, ecc.Sono distribuiti pubblicamente, nessun carabiniere, nessuna guardia neimpedisce la distribuzione, nessun agente dell’ordine cerca diriconoscere da dove vengano, nessuno s’interessa, e sui muri, sullecantonate si predica la vendetta con manifesti, anche firmati, senza chele autorità intervengano in alcun modo.

E cosi potrei continuare, egregi colleghi, per lungo tempo. Vi ho detto questi fatti, non per sollecitare alcuna protezione, alcun

castigo, alcun rinforzo... Dio me ne guardi: sarebbe ridicolo e vano. Noi esponiamo lo stato di cose tale e quale le nostre popolazioni han

potuto fin troppo rilevare. Può anche darsi (voglio momentaneamente ammetterlo) che voi siete

impotenti a dare ordini alle vostre autorità. I vostri prefetti si mostranoa noi con la taccia del fantoccio impotente; ma i vostri agenti mostranola faccia dei manutengoli più spudorati. (Approvazioni all'estrema sinistra).

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Ora. badate! Il sillogismo si conclude. La classe che detiene il privilegio politico, la classe che detiene il

privilegio economico, la classe che ha con sé la magistratura, la polizia,il Governo, l’esercito, ritiene sia giunto il momento in cui essa, perdifendere il suo privilegio, esce dalla legalità e si amia contro ilproletariato.

Il Governo (come ò dimostrato dai fatti accennati) e soprattutto lesue autorità, assistono impassibili e complici allo scempio della legge.

La giustizia privala funziona regolarmente, sostituendosi alla giustiziapubblica, ed è giustizia sommaria. Dopo mezz'ora d'un racconto magariinventato, si esercita la rappresaglia anche contro chi non è responsabile.

È dunque una burla - pensano i lavoratori - Io Stato democratico chedovrebbe assidersi sulla definizione della legge per tutti. Non è dunquevero quello che i democratici hanno detto, che cioè dentro lacostituzione è possibile qualunque sviluppo delle classi lavoratrici,qualunque sviluppo del proletariato! E i semi della violenza frutteranno;frutteranno largamente.

Il lavoratore che ha vista incendiata la Camera del lavoro, cioè la casache egli possiede in parte, che ha costruito in parte, pensate voi chepossa, nella sua ignoranza e nella sua primitività, non coltivare unpensiero di vendetta verso la casa dei signori che hanno ordinatofreddamente la distruzione della sua?

Credete voi, onorevoli colleghi, e non vorrei che rispondeste coi solitischemi, colle solite risa, ma consideraste seriamente lo stato delle cose,credete veramente che codesto seme diffuso largamente, non dovràfruttare rappresaglie contro le bande armate e lanciate sulle vie d'Italia?Non pensate che questi lavoratori che si sono visti assaliti per le stradeperché hanno un distintivo, perché appartengono alle leghe,coltiveranno un pensiero di vendetta contro il padrone che passa per lastrada, che va alla sua casa, che circola per il paese? Pensateci, onorevolirappresentanti della borghesia capitalista!

Se l’Agraria imperversa oggi perché è inverno, perché avrebbe piaceredella serrata, perché avrebbe piacere di non pagare più i contadini; se gliindustriali medesimi pagherebbero volentieri qualche cosa per liberarsidi una parte degli operai in questo momento critico; pensate voi. che ilavoratori più umili e più ignoranti e per questo più rozzi, che sentonola conseguenza del sentimento represso, violato, pensate voi che nonpossano coltivare sentimenti di vendetta; per il momento in cui le messibiondeggeranno nei campi e il raccolto tornerà alle campagne? (Applausiall'estrema sinistra).

Non pensate voi. onorevoli colleghi, non pensate voi classi dirigenti,parte più intelligente della classe borghese, che in questo momento lamina è posta, non alle organizzazioni dei lavoratori, ma alla produzionee alla stessa vita nazionale?

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Potete pensare che l’organizzazione dei lavoratori che è un fattoimmanente, fuori dei nostri sforzi, si possa distruggere cosi? Non avetepensato che tutta questa semente lanciata a piene mani dal fascismo,anche nelle province dove meno c’è stato esempio di violenza, avràinevitabilmente i suoi frutti?

Noi abbiamo lasciato pochi giorni fa quei paesi dopo aver riunite lenostre organizzazioni, dopo essere andati anche di notte, per sottrarcialla vigilanza delle vostre spie, onorevole Corradini, in mezzo alleorganizzazioni. Noi abbiamo detto loro: state calmi; non rispondete alleviolenze. Lo abbiamo ripetuto in tutti i toni. Ci siamo fatti offendere asangue dai nostri laboratori. Abbiamo avuto accuse di viltà. Accuse checi hanno offeso più che non quella della vostra stupida stampa. Cihanno detto vigliacchi il giorno stesso in cui noi più di tutti avevamosentito ribollire il nostro animo contro la violenza avversaria. Manonostante tutto, abbiamo detto: non bisogna reagire. E ci siamoimposti, anche con la violenza, ai nostri compagni.

Abbiamo preso per le spalle qualcuno dei più violenti e dei più prontialla rappresaglia e abbiamo detto: se qualcuno di voi si abbandona allarappresaglia, sarà allontanato dalle organizzazioni. Noi andremo aRoma. Aspettate. Colà dovremo discutere civilmente di questo nostrostato di cose. Noi domanderemo in Parlamento conto di questi fatti,domanderemo se il capitalismo assuma la responsabilità del fascismo,domanderemo al Governo se assume la responsabilità completa dellesue autorità e dei suoi agenti.

Ma se non ci si risponderà, se la risposta delle classi dirigenti saràequivoca o insufficiente, o se, nonostante le parole di affidamento,continueranno i fatti, perché questa è la cosa più probabile e ciò staavvenendo da troppo tempo, allora, se continueranno i fatti, e secontinuerà codesta vostra piccola controrivoluzione, che prepara laguerra civile, io vi dico: badate che l’esasperazione è al colmo, badateche anche la nostra autorità sulle masse ha dei limiti, al di là dei qualinon può andare.

Non domandiamo nulla. Vi abbiamo descritta la situazione quale èlaggiù, quale abbiamo visto, quale sentiamo profondamente. Credetemi,onorevoli colleghi, voi dite che amate la patria. Ebbene pensate se. perla irraggiungibile chimera degli agrari di distruggere le organizzazioniproletarie, voi non abbiate a lanciare il Paese nella guerra civile e nellamiseria.

Per conto nostro, mai come in questo momento abbiamo sentito chedifendiamo insieme la causa del socialismo, la causa del nostro Paese equella della civiltà. (Vivi. applausi all'estrema sinistra).

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NEL POLESINE

Riprendere la storia documentata delle violenze agrario-fasciste nellaProvincia di Rovigo, al punto in cui si fermarono i miei accenni del 10marzo alla Camera1, non è cosa semplice.

Poiché quello che fin allora sembrava ancora episodio staccato esingolare, per quanto ripetuto, doveva poi diventare la cronaca di ognigiorno e di ogni piccolo Comune, moltiplicandosi all'infinito nelleforme più fantastiche che il crudele medioevo o il più inumano regimecoloniale abbiano potuto inventare.

Nello stesso giorno in cui io mi avviavo tranquillamente con uncavallino a un convegno in Castelguglielmo. e trovavo invece allineatisulla piazza duecento armati che sparavano come pazzi e mi catturavanoperché non consentivo a rinnegare né cose dette né pensieri, a Adriaandavano invece a sfondare, alle tre di notte, la porta dell’abitazione delcav. Canilli. colpevole di aver adempiuto con zelo i suoi doveri diSegretario comunale anche con la nuova Amministrazione socialista. Aforza, c mentre le rivoltelle incutevano il dovuto terrore alla moglie inistato delicato c alle piccole figlie, era caricato egli pure su di un camion,portato alla sede del Fascio di Padova, sequestrato colà per due giorni epoi abbandonato in piena campagna.

Quasi nello stesso tempo anche a Contarina si comincia a forzare einvadere le case di notte, a perquisirle coll'intimidazione delle rivoltelle,caricando sul camion le persone (per esempio un certo Franzoso) c poiabbandonandole legate a qualche albero nella campagna.

E da allora, borgata per borgata, passa la distruzione, la minaccia, ilterrore per tutti i 60 piccoli Comuni del Polesine. A uno a uno. nel brevevolgere di due o tre settimane, essi sono invasi di giorno da turbe dicentinaia di forsennati, che bastonano chiunque è loro indicato comesocialista dagli agrari locali, penetrano nei locali, distruggono il mobilioe asportano oggetti; di notte, a gruppi, con la maschera e i moschetti,sparano a mitraglia per le strade o lanciano bombe, entrano nelle case dichiunque faccia parte dell'Amministrazione comunale, di una Lega diresistenza, di una Cooperativa o simili e. tra il terrore indicibile delledonne e dei figli, minacciano, violentano, estorcono dichiarazioni,impongono cose vergognose, o costringono a fuggire disperatamenteper la campagna.

In tal modo le organizzazioni non possono più riunirsi, le Case delPopolo, gli Uffici di collocamento divengono inabitabili per il pericoloimmediato di incendio e di morte. Le stesse riunioni imposte dalla legge

Fascismo. Inchiesta socialista sulle gesta dei fascisti in Italia, Milano. Libreria Editrice Avanti!, 1922, pp. 16-22 (seconda edizione aggiornata).1 Cfr. Violenze nel Polesine.

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divengono oggetto di violenza: una Giunta comunale riunita è comodopretesto per un gruppo di delinquenti per entrare nel Municipio aimporre dichiarazioni ignominiose, pena la violenza immediata sulposto o quando i radunati rincaseranno. Il Consiglio comunale diRamodipalo, tranquillamente radunai») per deliberazioni ordinarie, vedeinvasa improvvisamente l'aula da forsennati sopravvenuti in camions. èforzato a sciogliersi, e i consiglieri devono passare ad uno ad uno tra ladoppia fila degli energumeni bastonatoli. Gli Assessori di un Comunepresso la Marina sono catturati in camions e portati, tra gli insulti c leminacce di morte, tino a duecento chilometri di distanza, sugli altipianialpini! Degno ricambio alle violenze dei bolscevichi di Rovigo, cheavevano inaugurato il loro Consiglio comunale regalando un mazzo digarofani bianchi alla minoranza assessoria.

In un’ultima riunione quasi clandestina degli amministratori degli entilocali e dei dirigenti le organizzazioni dei contadini, io predico ancorauna volta di non insorgere. di non resistere, di lasciarsi battere, per laciviltà. Ma invano, poiché un funerale, una bandiera, un nastrino, unacravatta, un gesto, una minima cosa è sufficiente pretesto per lecosiddette spedizioni punitive o per le esplosioni selvagge di violenza.

Le autorità tutte, dal Prefetto alla P.S.. dai Comandanti dei Carabinieriai Pro-curatori del re. assistono impassibili. Il Prefetto si dichiaraimpotente. Tutto passa impunito, e la legge vale esclusivamente control'ultimo contadino che. torturato, osi ribellarsi.

***Distrutta così ogni tessitura di vita civile, isolato ogni Comune

dall’altro, e ogni lavoratore dal suo vicino; la lotta agraria è ancheperduta, i contadini chiedono a uno a uno il lavoro ai padroni, e laCamera del Lavoro di Rovigo, già invasa e distrutta nelle sue cosemateriali, si scioglie nei primi giorni di aprile.

Cessava quindi la ragione prima della violenza. Ma non bastava.Rimanevano ancora dei piccoli centri, nei quali, se la lotta economica

era stata perduta, lo spirito era però rimasto fieramente allo; e anchetutti gli altri luoghi, se la massa era terrorizzata, rimaneva tuttaviaprofondamente fedele nell'anima al Partito che da più di trent'anni inquella terra aveva insegnata la conquista civile.

Quindi contro i primi si organizza e si scaglia ancora la spedizione piùferoce, accuratamente preparata c combinala eventualmente con isignori Comandanti i Reali Carabinieri. Nei secondi invece si costituiscee si arma, dopo la prima terrorizzazione generale, il gruppetto locale diagrari e di studentelli, che assolda un paio di delinquenti o disertori,indigeni o importati, e con questi alla testa mantiene lo stato di terroree di schiavitù della popolazione, ripetendo quotidianamente labastonatura, l’invasione domiciliare, la mascherata notturna, le sevizie.

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Del primo tipo è per esempio l'assalto a Granzette, minuscolafrazione a due chilometri da Rovigo. Prima, per alcuni giorni, ripetutiassaggi dei carabinieri, con perquisizioni ai lavoratori e alle loro case,invasioni di sorpresa alla Casa del Popolo, ecc. Poi i briganti:appuntamento notturno di tutte le squadre armate della Provincia,assalto combinato alla Lega c alle case private. Nessuno si sogna diresistere: ma il terrore c la violenza penetrano in ogni famiglia, pressoogni letto: c si bastona e si distraggono mobili, alimenti, bevande, lunele piccole ricchezze della comunità, e si appiccano incendi. Mancasoltanto la vittima designata a coronare l’impresa: il capolega. Ah! queivigliacchi di capilega non si lasciano più seviziare e uccidere in un letto,dormono randagi sotto un albero o in fondo a un arginello! Va bene, lisostituiranno i vicini di casa; spari contro la vecchia madre, che apre lafinestra ma trema di aprire la porta; invasione, distruzione, bastonate alpovero Masin che stava calzandosi e va a raggomitolarsi ferito sul letto.A rivoltellate lo finiscono. Vittoria!

La moglie è inebetita, ammalata. Una bambina tenerissima è mortaper lo spavento. Che importa? Sulle grida terrificanti con le quali imasnadieri chiamano le vittime e incitano se stessi a essere più barbari,e sui singhiozzi dei martoriati, sale ormai il grido della vittoria. Per laciviltà, eia, eia.

A Bottrighe è invece un attacco combinato con la forza pubblica. APorto Tolle, sull'estremo della riva del Po, una azione strategica: unapuntata, finta ritirata, imboscata, assalto generale di carabinieri c fascistiriuniti, con emozionante caccia all’uomo e tiro al volo. A Bergantinoconquista improvvisa della piazza, tra bombe e moschetti; il piccoloproprietario contadino vede la sua casa invasa, bruciata la rimessa, uccisiil bove e l'asino nella stalla, distrutto il mobilio, sfregiati i ritratti deiparenti morti. Qualcuno preavvisato, riesce a fuggire per le finestre;Stefanoni si rifugia nelle Valli veronesi, perviene nel Vicentino: trova unmaresciallo, gli racconta di essere inseguito dai fascisti: quanto bastaperché il maresciallo lo arresti, lo tenga in carcere otto giorni, e poi lorimandi con foglio di via a Bergantino... a farsi massacrare dagli amicifascisti. Il disgraziato si rifugia a Padova; la figlia corre i raggiungerlo;ma dietro di casa il camion delle belve apprende il suo rifugio, supera icento chilometri di distanza e, nella città medesima, all'angolo di una via.lo sorprendono. lo portano via.

Ma peggio ancora dell'episodio straordinario è la vita vissutaquotidiana, divenuta ormai normale in ogni piccolo comune rurale. Iltipo più criminale del luogo è tenuto il despota. I socialisti, cioè icontadini e gli artigiani, cioè gli otto decimi .iella popolazione, sono glischiavi. Contro di essi tutto è possibile, tutto l'immaginabile.specialmente in cene zone rivierasche del Po. Il gruppetto dei despotipuò intimare di rientrare in casa alla tal'ora. di non farsi vedere in piazza,

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di uscire da un negozio. di presentarsi anche dieci volle al giorno alFascio, di girare con una corda al collo, di dipingervi la faccia, di firmaredichiarazioni obbrobriose, di non parlare con la data persona o di nonsalutarla. La consegna delle bandiere rosse (cosi come prima ledimissioni delle Amministrazioni comunali) è stata estorta con le seviziee le torture più fantastiche, materiali e morali.

Il salvacondotto della settimana rossa, o i lasciapassare di Bucco2,sono qui la norma, per esempio su tutta la via da Occhiobello a Ficarolo.

E le sanzioni contro lo schiavo sono infinite: dalla privazione dellavoro e dalla fame, alla bastonatura a morte davanti alle donne e ai figli:dalla denudazione alla legatura al palo o al lancio nelle acque del Po.

La vita cosi è divenuta nelle campagne un obbrobrio o un martirio.Sono centinaia i fuggiaschi costretti ad abbandonare le famiglie e acercare requie e lavoro a Milano, a Venezia, sul Piave: alcuni tentano diimbarcarsi per l'America, maledicendo...

Ad Ariano è rimasto invece Ermenegildo Fonsatti. operoso, buono,vero amico. Chiuso in se stesso, mutilato del polmone e mutilatodell'anima, dopo la distruzione dell'organizzazione edeH'amministrazione. Le belve andarono di notte, divise in gruppi, allediverse case. Con le solite minacce d'incendio, fecero scendere lui sullastrada, conscio del martirio, perché non vedessero i figli. Lobastonarono fin che tu morto. Dopo morto ancora gli spararonoaddosso.

Così voleva accertare il medico dottor Sevesi. e allora anche il medicofu bastonato a sangue; mentre un altro gruppo sorprendeva, bastonavae lanciava nel Po un altro amico suo. il Celeghini.

Quanti morti: e dei migliori! Quanti feriti o malmenati; forse quattro o cinquemila! Quante case devastate, incendiate: più di trecento! Quante altre perquisite o invase nel terrore delle famiglie; forse più di

mille! Le donne stesse bastonate a sangue nelle loro case, come la signora

Eletti, che all’onda prepotente degli invasori ripeteva intrepida: Viva ilSocialismo!

*** In tale regime di vita, mettete anche la lotta elettorale. Per i Partiti

dell'ordine dovrà essere un trionfo. Sequestrata tutta la nostra stampa. Proibito alla tipografia di stampare

il nostro settimanale. Intercettato l’’“Avanti!”, con minacce ai rivenditori

2 Ercole Bucco, deputato socialista nella XXV legislatura. Nel 1920, come segretario della Cameradel lavoro di Bologna, si era distinto durante la vertenza agraria per la forte radicalizzazione impressaalle lotte bracciantili.

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o addirittura con imposizioni agli Uffici postali. Di comizi o manifestinon si parla. Pacchi di schede, spediti per ferrovia, per posta, percarretto, a mano, o in bicicletta sono tutti sequestrati.

E sequestrati i portatori, come quei due giovani padovani. Menato eZanovello. che tentano portare nel Polesine una valigetta di schede;perquisiti e sottoposti a interrogatori estenuanti, poscia caricati su uncamion, trasportali di qua e di là nella notte, e chiusi per ultimo in unastanzetta di 2 x 3 metri, con gli occhi bendati notte e giorno, sulla paglia,mentre gli aguzzini si divertono ogni qual tratto a sparare loro accantoo a discutere di qual genere di tortura farli perire. Il Prefetto dopoquattro giorni rassicurava le famiglie che i giovanotti stavano bene.

Perquisite tutte le case dei più noti socialisti per ritrovarvi le schede.Ridotti a letto a furia di bastonate Bellini, Ruzzante, Fintello, il mutilatoBonafin di Lendinara. e infiniti altri, affinché non si potessero muovere.Le notti del venerdì e sabato, bombe e spari a migliaia per terrorizzare.E decine e decine di nostri buoni compagni, banditi addirittura dallaProvincia per decreto dei Fasci, almeno fin dopo le elezioni.

Impedite perfino le pratiche legali, sequestrato e minacciato il nostrocoraggioso delegato della lista Belluco. Quasi tutti i nostri rappresentantidi seggio, intimati a non presentarsi o violentati, come il Lenoni e ilFranchi. Un giovane ardimentoso, decorato al valore e mutilato.Germani3, che tentò per tre volte da Padova di entrare nel Polesine percompiervi le funzioni elettorali prescritte dalla legge, fu replicatamentefermato, impedito e bastonato, fra l’altro da un condannato perdiserzione, che egli riconobbe e che pretendeva di insegnarli l’amorpatrio!

Ad Arella nella notte, tre compagni vanno a trovare i fratelli Ferlin.nascostamente. per avere la scheda socialista. Gli agrari se n’accorgono,circondano la casa; vogliono entrare a forza; uccidono con una rivoltellail Ferlin. Il fratello come un leone si difende con un coltello e ferisce duedegli assalitori; il giorno dopo arrivano sul posto i camions dellarappresaglia: case, bestiame, mobili dei contadini, tutto distrutto, ucciso,incendiato, in nome della produzione nazionale. Così almeno mi è statoriferito perché la stampa tace.

Dopo le elezioni, lacera la violenza? Ah! no. La minaccia era questa: se nel paese si troveranno più di tanti

voti socialisti, tutte le case dei colpevoli saranno messe a-ferro e a fuoco.E a Polesella, a Borsea ed altrove, sono a centinaia i bastonati, imartorizzati. i banditi dalle loro case, perché colà furono troppi i votisocialisti.

Passano i giorni. Ma la schiavitù dei lavoratori nel Polesine devecontinuare intera, perfetta. C’è qualche bandito che passa di paese in3 Giuseppe Germani (1896-1978). medico. Nel 1932 venne condannato dal Tribunale Speciale per iltentato espatrio clandestino della vedova Matteotti e dei suoi tre tigli.

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paese a dare lezioni di delinquenza. E ancora ieri sera il piccolo Pozzatidi Cà Vernier veniva legato mani e piedi ad un albero e bastonato.

Le Autorità, il Governo, la Giustizia, assistono complici spudorati. Etutta la stampa vigliaccamente tace; non parla mai del Polesine, perchénon vi può trovare neppur l’ombra della provocazione socialista odell’agguato comunista.

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L’ORA DEI GIOVANI

E solo un consiglio va dato ai giovani. Quello di essere giovani - dinon essere abili - di non diventare precocemente vecchi e prudenti!

C'è già tanta gente prudentissima intorno, quando la prepotenzatrionfa, che non v'è proprio bisogno di predicare la prudenza. Ci sonosempre tante schiene ricurve sotto il dominatore, che non v'è propriobisogno di insegnare la pieghevolezza.

Ah sì, è vero: quando i lavoratori tornarono dalla trincea, memori deitormenti e delle promesse, e per le strade invidiarono i nuovi arricchiti,urlarono troppo, minacciarono troppo, esagerarono; fu necessaria lapredica della misura, della moderazione. della calma. Ma la predica checontinuava e persuadeva, mentre la reazione avversaria si scatenavaaccusando di viltà chi repugnava dalla guerra civile: la predica checontinua dopo che la lezione dei fatti e l'espiazione troppo a lungo eduramente si sono infitte nella povera carne tormentala; quella predicanon ha più ragione di insistere. Assomiglia troppo a quella forma diviltà, ch’è in uso oggi presso i rivoluzionarissimi, secondo la quale ilGoverno attuale è uguale a tutti gli altri governi borghesi...

SI, noi dobbiamo riconoscere e ripetere: alle maggioranzeliberamente esprèsse, il diritto di governare, di dettare leggi c didifendersi dalle minoranze faziose che tentassero sopraffarle. Stolta è lalusinga di redimere il proletariato con la conquista violenta e con ladittatura dei pochi che presumono averne la investitura.

Ma. appunto in correlazione a tale riconoscimento, che per noi òfondamento di vita civile, un'altra cosa oggi importa: il diritto delleminoranze all’esistenza e alla propaganda civile.

La disconoscono i prepotenti armati di moschetto e digiuni diconoscenza e di civiltà, che oggi comandano. Non osano più dirivendicarlo gli oppressi, che temono per sé, per le loro famiglie, per illoro salario, per la loro tranquillità.

Tocca ai giovani rivendicarlo, con energia, con dignità, con fierezza,con sacrificio, con pericolo!

Sacrificio inutile - diranno i prudenti - perché i dominatori hanno glistrumenti della forza, e gli oppressi sono inermi. Sacrificio utile -diciamo noi - perche tutte le grandi cause della civiltà hanno dovutoavere prima le loro vittime, i loro martiri, gli inutili eroi, che hannoaperto gli occhi c la strada agli altri.

Conviene girare «abilmente» la posizione - dicono ancora i prudenti -non prendere di fronte l'avversario formidabilmente armato, ma cercaredi avvicinarlo, di rabbonirlo, magari di conquistarselo.

“La Libertà”, Milano, a. 1. n.3, 1° febbraio 1924. p.1.

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No, no. i giovani no. non saranno mai «abili»! Essi sentono tutto loschifo e l'obbrobrio di una situazione come quella italiana, nella qualetra i capi del pentolone fascista la lotta è scatenata... per conquistarsil'anima di Mussolini; nella quale tra i capi delle democrazie, delliberalismo e del clericalismo, la lotta divampa... per esserebenevolmente considerati come amici del fascismo.

No, no, i giovani una cosa solo sentono oggi: che il respiro è strettoalla gola, perché non v’è più libertà - che non la scienza e la competenzadomina, ma la brutalità del bastone.

E i giovani odiano la prepotenza. Essi non tollerano che l'Italia debbaessere sempre governata dal bastone: sia esso quello di Radetzky, siaesso quello di Mussolini. Essi sono convinti che anche il loro paese è unpaese civile, e può essere governato come gli altri paesi civili.

Essi non sopportano codesta stigmate di inferiorità nazionale. Etanto meno sopportano che in una Nazione moderna vi siano ancoradue classi diverse di cittadini: i dominatori fascisti, con tutti i diritti,compreso quello dell'impunità per assassinio - e gli iloti che nonpossono né muoversi, né pensare.

Anche se materialmente essi subiscono tale stato di cose la loromente, il loro sentimento vi si ribellano. Anche se la violenza cessadall'essere atto, essi sentono che è in continuo stato di potenza, edomina con la paura e col terrore.

E per i primi, in prima linea, appena possono, come possono,vogliono rivendicare il diritto di vita, di pensiero, di parola, dicittadinanza.

Vogliono essi, che sotto ogni altro riguardo sono disposti adapprendere dagli altri, vogliono essi in questa materia dare a tuttil'esempio della dignità umana, che invincibilmente risorge e chiamaintorno a sé tutti gli oppressi dal privilegio politico c dal privilegioeconomico.

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LA SITUAZIONI ELETTORALE

Il Partito socialista unitario ha presentato le sue liste, forse voterà,avrà magari dieci o dodici deputati nel futuro parlamento; ma non perquesto accredita la finzione elettorale, cui guarda con sdegnatamortificazione.

L'elezione vorrebbe essere il mezzo per conoscere ed attuare lasovranità del popolo, quindi il momento più alto della libertà e delladignità di una nazione. Invece il fascismo la dichiara come il più«trascurabile» e «sgradevole episodio». Esso rivendica continuamenteanche nei discorsi del Capo del governo, di essersi costituito «al di fuoridi tutti i partiti e del parlamento» e di non rinunciare mai a tale suaposizione. Esso dichiara - nei discorsi di Mussolini - di porre a vigilarei seggi elettorali la Milizia annata fascista, anche se essa è esclusa dallalegge, e promette «piombo» a chi volesse abolito quel corpo costituitosenza una legge.

Se qualunque altro partito o coalizione potesse per avventuraraggiungere una maggioranza contro il fascismo, non avrebbe altro dafare che dimettersi immediatamente, come è avvenuto ad alcune pocheamministrazioni comunali che sono state elette in contrasto colfascismo.

Niuno ha assicurato con chiarezza agli elettori italiani la piena libertàdel voto, ed il rispetto di quello, qualunque fosse per esserne, il risultato.Nessuno. Nessuno la garantisce, sebbene, a delta del fascismo, maicome ora lo Stato sia forte e temuto.

Certo vi sono nel fascismo coloro che vorrebbero ritornare allalegalità. Ma sono in maggioranza coloro che la negano risolutamente,per principio e per netta affermazione antidemocratica. E tra i duerimane arbitro il presidente del Consiglio, il quale desidera che all’esteroappaia una sembianza di legalità, ma che all'interno permanga se non laviolenza in alto, una violenza potenziale, una minaccia «contro coloroche furono generosamente risparmiati dal fascismo nella marcia suRoma», perché solamente così il fascismo ha una maggioranza e puòmantenere il potere, contro tutti i malcontenti. (Vedi "Gerarchia"fascista).

Il ritornello ò questo: «La rivoluzione fascista è in alto - essa continuanei suoi sviluppi - guai a chi la tocca».

Per ciò stesso il Partito socialista unitario non considera questeelezioni che come una fase della violenza fascista alla quale non èpossibile resistere con l'arma legale del voto, che è a priori spezzata edavvilita.

***È superfluo, al punto in cui siamo, documentare questa situazione. In

“La Giustizia”, a. XXXIX. n.78, 30 marzo 1924. p.1.

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molti luoghi i candidati (uno dei quali fu ucciso) non possono circolarenel collegio nonchè stabilmente dimorarvi. Da altri luoghi, chi vi abitavafu bandito. Parliamo degli unitari, e si può dire altrettanto degli altripartiti di opposizione.

I comizi? Fa eccezione, tosto confermata... dalla regola, il discorsoTurati a Torino; in espiazione. 8 giorni dopo Gonzales1 era impedito diparlare e percosso a Genova. Per il discorso Amendola, tenuto in brevecerchio d’amici, vi fu la mobilitazione delle camicie nere di Campania;Bonomi parlò in un banchetto privatissimo, e vigilato con cospicuoapparato di forze.

Giornali? Manifesti? Taluni si stampano; non c’ò (e questo è il peggio)una legge proibitiva. Ogni gruppo locale può vietare, o bruciare, o«misurare» la stampa d'opposizione. D’altronde le tipografie rifiutanoesse, per legittimo timore di danni, di stampare le nostre pubblicazioni,come gli attacchini professionali rifiutano affiggerle; come i proprietaridi locali non li concedono ai comizi.

Non parliamo della condizione dei singoli elettori, nelle campagne enei piccoli centri; gran parte delle limitazioni ch’essi patiscono alle lorolibertà, restano ignote perché essi hanno anche il dovere di tacerle dopoaverle subite!

Sarebbe ridicolo obiettare che anche in altri tempi vi furono violenzeelettorali, e che anche oggi vi sono casi di violenze contro i fascisti. Ipochi casi di vendetta personale, inutile e disperata, sono doppiamentepuniti, dai tribunali dopo e dai fascisti prima, con rappresaglie, incendie violenze al cento per uno: mentre i fascisti sono tutti impuniti, anziesaltati.

Violenze elettorali nel 1919? Il fatto è che nessun ricorso elettoraleper violenze fu presentato nel 1919 contro i socialisti che pure erano inminoranza. Si ebbero solamente episodi tumultuari nei pubblici comizi,di indole affatto occasionale, non preorganizzati. L’unico che in quellaoccasione assoldò un corpo armato di legionari. fu Mussolini. E nel1921. i soli che ebbero le elezioni invalidate e annullale per violenze,furono ancora alcuni deputati fascisti, che oggi il presidente delConsiglio rielegge.

Ma oggi la violenza è «sistema» della fazione dominante, senzaneppure la possibilità della denuncia e del ricorso, perché l'Autorità è alservizio del Partito che è anche Governo, e a la Giunta delle elezionisarà in grande maggioranza fascista.

E codesto «sistema» non è valso nemmeno a togliere di mezzo gli altripiù miti e fraudolenti di Governi precedenti. F. per il meridione, menoaccessibile alla violenza abbiamo visto in pochi giorni pubblicati tantiDecreti-Legge di Lavori Pubblici fino alla somma di un miliardo in dieci

1 Enrico Gonzales (1882-1965), deputato socialista unitario nella XXVI e XXVII legislatura.

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anni (vedi "Gazzetta Ufficiale", marzo 1924); per Roma vediamo ilconvegno dei Sindaci fascisti, a spese dei Comuni e delle Ferrovie delloStato; per le Società Industriali commerciali c bancarie vediamospontaneamente imposta là tassa del 2 per cento di capitale azionario afavore del fondo elettorale fascista; per i preti c i vescovi vediamo, intempo elettorale, raddoppiate o quasi le rendite a carico dello Stato, daquello stesso Partilo fascista che ieri proclamava, in linea di principio.I'««abolizione delle mense vescovili come spesa parassitarla».

*** Quando noi concentriamo le nostre critiche su questa pregiudiziale

della libertà, ci si risponde chiedendoci un programma. Il Partito socialista unitario non abbisogna di nuovi programmi. Per

primo, tre anni fa. alla Camera l'on. Turati presentava un programma diricostruzione economica dell'Italia2, che allora un giornale fascistachiamava mirabile: due anni fa il sottoscritto stendeva la Relazione albilancio dell’entrata, con un dettagliato programma tributario; mentreTreves e Modigliani in numerose occasioni delineavano la nostra politicaestera, ribadita nei convegni internazionali a difesa della pace e delnostro Paese; e mentre la Confederazione del lavoro elaborava ilprogramma sindacale.

Anche oggi noi riaffermiamo come pregiudiziale la necessità di unregime rappresentativo. espresso dalle libere maggioranze. Quindi ancheoggi, ci proporremmo l'assoluto pareggio del bilancio fuor delle spesestraordinarie di guerra, anche di contro ai pessimismi giolittiani; evorremmo l'istruzione elementare e popolare assicurata a tutti gli italianiche oggi ne sono privi; un'istruzione media e superiore rigorosamenteselezionatrici dei migliori, non dei più ricchi: una grande politica di lavoripubblici coordinala a lini nazionali di produzione agricola c industriale:una leva militare brevissima con istruzione post- e premilitare generale,e la difesi» del Paese fondata sulla preparazione economico- industriale;lo sviluppo dei liberi sin-dacati operai, fino ad avere capacità diassumere e condurre le aziende nell'interesse di tutta la Nazione, colcontrollo dei consumatori: il rafforzamento c completamento dellaSocietà delle Nazioni contro tutti gli imperialismi...

Ma mette conto di esporre alcun programma di fronte a un Governoche professa di averne uno solo: tenere il potere; di fronte a un Partitoche non ha altro pensiero che quello che sorge via via dalla mutevolemente del suo Capo? Che valgono i programmi, di fronte a un Partitoal governo, che ieri diceva tassazione onerosa dell'eredità, e oggil’abolisce: che ieri domandava la revisione dei contratti di guerra. e

2 Si riferisce al discorso pronunciato da Turali alla Camera il 26 giugno 1920. Pubblicato sulla "CriticaSociale”, il testo dell'intervento fu poi raccolto in un opuscolo col titolo Rifare l'Italia (Milano. LegaNazionale delle Cooperative. 1920).

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subito poi l'ha soppressa? Di fronte a una parte che ti risponde: «Noisiamo la Nazione, tutti gli altri sono antinazionali, quindi noi soliabbiamo il diritto di comandare»? Che elezioni sono queste, dove i 390candidati eletti da Mussolini, neppure vi sanno dire sicuramente se essivorranno o no riformare la Costituzione, e mantenere o no leprerogative del Parlamento, ecc.?

Codeste non sono le elezioni.Il Partito socialista unitario vi ha partecipato esclusivamente, perchè i

suoi dirigenti non possono confondersi nella marea dei fuggiaschi edelle schiene ricurve davanti al dominatore.

Ma non può parlare di una sua attività elettorale, non può parlareseriamente di elezioni.

Unico logico atteggiamento, abbiamo già detto, sarebbe stataun’astensione generale.

Ma fu primo il Partito comunista a rompere la possibilità di unaccordo, e gli oscillanti massimalisti (osto lo seguirono.

Il fascismo trova nel suo avversario, che gli somiglia, un naturalealleato.

Se il Comunismo non ci fosse, il Fascismo lo inventerebbe, perchéesso è il pretesto alla sua Violenza e alla sua Dittatura: esso è lo spettro,di fronte al quale le classi medie e produttrici subiscono la violenza c ladittatura attuali.

I due sistemi oligarchici si giustificano e si «tengono» a vicenda finoa quando il popolo italiano lavoratore, come ogni altro popolo civile,non acquisterà dignità e forza sufficiente, per negare ad essi l’arbitrio didominare e di opprimere, e per rivendicare a sé il proprio diritto didecisione, secondo la volontà delle maggioranze liberamente espresse.

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IL VIBRANTE SALUTO DEL SEGRETARIO DEL PARTITO SOCIALISTA UNITARIO*1

Salutiamo con viva solidarietà la gioventù italiana che leva la bandieradella libertà.

Essa sola, nella purezza dell'ideale e nell'ingenuità dell’azione, può.deve resistere alla violenza organizzata a sistema.

Essa non può tollerare che l’Italia, sola di tutte le grandi nazioni civili,sia ritenuta ancora incapace d'altro governo che quello della dittatura.

Dalle Università che rivendicano la loro autonomia scientifica; daiComuni di dove la tradizione italica ha cacciato il Commissario deldominatore, dai campi e dalle officine dove si tenta di ribadire l'anticaschiavitù, raccoglietevi tutti, o giovani, in un solo pensiero.

Non basta la casa e il pane. Il primo pane è la libertà. Ad ogni costo, o giovani, dobbiamo riconquistarla all'Italia.

* “Libertà". Milano, a. 1, n. 1. 1° gennaio 1924. p.2.1 Messaggio di Matteotti al Comitato nazionale della federazione giovanile socialista unitaria.

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SPUNTI UNIVERSITARI!�

Lo squilibrio della cultura italianaPoiché è stata sollevata su queste colonne la questione universitaria, 1

vorrei metterne in rilievo qualche aspetto diverso. Anzitutto vi è in Italia uno squilibrio troppo profondo tra l’alta e la

minore cultura. A scendere specialmente nell’Italia meridionale, e alevarne via il gruppo intermedio dei sensali d’ogni commercio e deiparassiti che a biglietti di raccomandazione si disputano i piccoliimpieghi pubblici, gli uomini sono o dottori o analfabeti.

Le statistiche degli anni immediatamente precedenti alla guerra cidicono che i professori d’Università (ordinari, straordinari e liberi) eranopiù di 3000, mentre le maestre d’Asilo infantile non arrivavano a 12.500.E, mentre i bambini italiani inscritti agli Asili infantili toccavano appenai 250.000, i giovani italiani inscritti alle Università o Istituti equivalentisalivano a 27 o 28 mila.

Cioè una proporzione enorme e incredibile, più che da 100 a 1000;quale in nessuna nazione d’Europa, tranne forse la Spagna, puòrinvenirsi.

Né si dubiti che quella proporzione segni soltanto lo scarso sviluppodegli Asili. La sproporzionata quota degli studenti universitari ci èconfermata anche da altri rapporti statistici:

per ogni 100 iscritti alle Università non si hanno neppure 1000bambini iscritti nelle tre classi elementari superiori dalle qualidovrebbero uscire i futuri uomini probabilmente non analfabeti; e nonsi hanno neppure 850 iscritti a tutte le scuole medie sommate insieme,Tecniche e Istituti Tecnici, Ginnasi e Licei, Complementari e Normali,Scuole Industriali e Artistiche, comunque comprendano anche otto annidi studio.2

Ciò significa che - di fronte alla massa prevalentemente analfabeta delpopolo - la borghesia italiana, piccola e grande, ha finora pensato assaipoco a fornirsi di quella media cultura che è necessaria per l’eserciziointelligente delle industrie, dei commerci, dell’agricoltura, cioè per losviluppo della ricchezza nazionale; preferendo spingere subito i suoifigli, bene o male, volenti o nolenti, alla laurea universitaria.

“Critica Sociale”, a. XXIX, n. 11, 1-15 giugno 1919, pp. 138-139.1 Il riferimento è a un articolo del prof. Vincenzo Manzini apparso, col titolo La riformauniversitaria, sulla “Critica Sociale” del 16-31 ottobre 1918 (pp. 235-237).2 I dati sono per i soli maschi, e sono dedotti dall’Annuario statistico 1915 e 1916, in riferimento al1914 e 1915.1 confronti non sono rigorosi, per dati omogenei; converrebbe prendere un anno perogni studio, ed in rapporto alla popolazione dell’età corrispondente. Ma il fenomeno è cosìimponente che bastano i dati grossolani [N.d.A.].

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SULLA SCUOLA*

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Troppi Avvocati Ora la laurea universitaria è veramente quel segno d’alta cultura, dal

quale possiamo aspettarci, nonostante lo squilibrio accennato, benefizimorali e utilità materiali per il Paese? Questo è il secondo puntoimportante.

Per non assomigliare al calzolaio ateniese, limito le mie osservazionialla Facoltà di scienze giuridiche, senza per questo soverchiamenterestringere il campo d’indagine, se, su 4000 laureati annui, quasi il 40%è di laureati in giurisprudenza.

E affermo che, da codesta esuberante sfornata annua di giurisperiti,l’Italia attende il minimo di utilità sociale; e vi ravvisa anche il minimodi sostanzialmente alta cultura.

Minima utilità sociale; poiché la maggior parte di costoro o ha miratoal titolo più facile solo per mostra o per postulare cariche pubbliche oper concorrere a impieghi che hanno minima relazione con leconoscenze acquistate, o infine per andare a ingrossare le fileparassitiche di quell’avvocateria italiana che vive sulla litigiosità dipopolazioni arretrate e sulla teatralità retorica dei processi penali,quando non d’intrighi e mediazioni per ogni genere d’affari.

Minima cultura; poiché il laureato in legge in Italia, se non ha avutoper suo conto una singolare volontà di apprendere, assomiglia a queglispecialisti di Multatuli,3 i quali, col pretesto delle poche conoscenzeraggiunte in una materia speciale, si permettono di dimenticare oignorare tutto il rimanente. Quindici giorni di esercitazioni mnemonichesulle famigerate dispense del professore, ormai ripetutefonograficamente, e tre settimane di forbici e di colla per la tesi dilaurea, sono sufficienti a fabbricare un avvocato, il quale andrà a portareper il mondo tutti i peccati dell’ignoranza pretensiosa e sofistica.

Costì allora bisogna inferire il primo taglio. Lo studio delle leggi devediventare uno studio serio, per lo meno quanto gli altri. Serio, profondoe difficile: per allontanare da sè tutti gli elementi inutili, per diminuire iparassiti sociali, per dare una vera cultura a chi per vocazione o perintelligenza vuole entrare nelle amministrazioni pubbliche, o difenderenei tribunali.

In capo al primo triennio o biennio comune per tutti, un esamegenerale e accurato deve attestare nell’allievo la conoscenza sicura deiprincipi fondamentali delle scienze giuridiche e amministrative. Nelsecondo biennio o triennio l’allievo frequenterebbe i corsi piùconvenienti alla sua futura carriera e, col sussidio di una sufficientepreparazione pratica nel quinto anno, dovrebbe affrontare la provafinale, una specie di esame di Stato, che garantisse la scienza, la capacitàe la attitudine alla professione da esercitare.

3 Multatuli è lo pseudonimo dello scrittore olandese Eduard Douwes Dekker (1820-1887), autoretra l’altro di Mille e rotti capitoli sulle specialità.

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Del resto, a tutti in genere a tutti gli studi superiori non dovrebbe piùessere ammesso alcuno che si trascini a stento per il curricolo delleclassi. Chi sa e ha le attitudini necessarie, proceda; chi non sa dev’essererimandato.

La borghesia, che tiene ai titoli accademici e alle sinecure go-vernativecome agli ordini cavallereschi o ai benefizi ecclesiastici del Medio-evo,piatisce ad ogni momento dal Ministero nuove sessioni di esami, nuovefacilitazioni, in nome della guerra, 4 in nome del terremoto, in nomedell’epidemia e d’ogni altro santo. Così chiunque ha un pacco di cartelledel Prestito nazionale vuol essere sicuro che il figlio diventerà undottore, e avrà un posto onorevole nella classe dirigente.

Ma il proletariato deve esigere senz’altro che gli studi siano aperti soloa chi abbia intelligenza, attitudine e volontà, all’infuori di ogniconsiderazione economica. I ricchi devono pagare tasse sempremaggiori per tutto il corso degli studi, cessando lo scandalo deicertificati falsi per ottenere le esenzioni, e respingendosi al lavoromanuale quelli che non sanno o sanno poco e male.

Per il popolo deve essere resa obbligatoria almeno la scuolaelementare superiore; e gli deve esser facilitato, non solo senza aggravioma anche senza danno all’economia famigliare, con agevolazioni divitto, di orari, di trasporti e con premi, l’accesso a tutte le scuoleintegratrici, di preparazione all’esercizio intelligente delle arti e deimestieri. Non basta più l’elargizione di qualche borsa di studio o ilconvitto per determinate categorie di persone: occorrono infineprovvidenze sicure per ogni figliolo del popolo che dia eccezionalisperanze di buona riuscita anche per gli studi di alta coltura.

Troppe Università Ultimo punto. Il numero delle Università è eccessivo. Le ventuno città

d’Italia, che hanno, per lo meno, la Facoltà di giurisprudenza, sonoanch’esse un incentivo al male; specialmente quando la clientela èassicurata con indulgenze plenarie e dispense da ogni... servizio.

In ogni caso il numero va a danno della qualità; poiché non è possibilemoltiplicare per venti i Gabinetti, gli impianti, i Musei, le macchine, ipalazzi e le cattedre specializzate, che ormai tutti gli studi esigono.

4 Su questo punto si vedano anche gli interventi parlamentari del 22 novembre 1920 e del 10maggio 1922: “Gli analfabeti sono anche all'Università... perché sotto gli auspici della Minerva, sisono fabbricati i dottori, gli avvocati più ignoranti che mai si possa immaginare; si sono concessedelle lauree soltanto in virtù della divisa militare e dell'onorato segno di aver combattuto in qualchefureria durante la guerra!”; “E già troppo abbondante la fabbrica di asini-professionisti che si è avutain Italia in questo periodo: asini professori, asini dottori, asini avvocati, asini di tutte le Università edi tutte le scuole, promossi per merito di guerra e per ignoranza di pace. E una vergogna: noisubiremo per dieci, per venti, per trenta anni le conseguenze di questo periodo”.

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Vogliamo allora chiedere alle minori Università di scomparire perlasciare solo i più grandi alveari, ad uso Napoli? No, non vi è bisogno;le piccole città tranquille di provincia hanno particolari suggestioni perla quiete di alcuni studi; e a nessuna vorremmo domandare il sacrificiodi una gloriosa tradizione o la rinunzia all’industria degli affittacamere,delle pensioni o dei bigliardi.

Ma quando due o tre città di una stessa zona o regione hannoUniversità, perché rinunzierebbero ciascuna una o più Facoltà avantaggio dell’altra, con mutuo compenso? Invece di avere numeroseFacoltà della stessa specie e mediocri, ogni città potrebbe raggiungeresingolare fama e splendore per alcuno studio particolare.

A giovani di vent’anni poco importa se dovranno stare duecentoinvece di venti km. lontani da casa. E dei professori sarà leso forsel’interesse alla nicchia che alcuno si fosse creata; ma non l’interesse realee morale se, avvicinati in un più grande Istituto e con maggiorericchezza di strumenti, saranno incitati a gara sulle stesse materie, o sene distribuiranno i diversi capitoli secondo la maggior competenza.

L’Università di TriesteMa che andiamo parlando di riduzione delle Università, se Trieste già

ne reclama una di più. E dovrà averla, a rivendicazione di quella culturacui rendevano omaggio concorde tutti i socialisti dell’Austria contro lacoalizione dei borghesi nazionalisti di razza diversa, che vi vedevanosolo uno strumento di concorrenza e di dominio.

Ma nella creazione della nuova Università è anzi la prima occasioneper attuare le nostre idee. Si facciano innanzi le città d’Italia, e offranociascuna alla città sorella una Facoltà di studii; avanti Catania, Genova,Sassari, Ferrara, e invece di cortei e telegrammi offrano ciascuna untangibile segno dell’affetto fraterno. E Trieste stessa sappia smentire ladiceria che l’irredentismo coprisse gli interessi materiali della borghesiaesclusa dagli uffici dello Stato straniero; non eriga una delle soliteUniversità-omnibus, ne crei una tutta propria, che abbia gli studii e lecattedre corrispondenti alle peculiari sue condizioni etniche,geografiche, marittime, commerciali, alla quale possano accorrere tutti ifigli d’Italia bramosi di eccellere in quelle singolari discipline, mentre dalLitorale scenderanno in ricambio per le diverse città d’Italia i giovani chein altri studii sappiano distinguersi.

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VARIAZIONI AL TESTO UNICO DELLE LEGGISULL’ISTRUZIONE SUPERIORE�

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole Matteotti, il qualeha presentato il seguente ordine del giorno, sottoscritto anchedall’onorevole Panebianco: 1

«La Camera invita il Governo a predisporre un riordinamento dellenumerose Università italiane, per il quale, ridotte al minimoindispensabile le Università complete, si convertano le altre minori inscuole specializzate e quindi più seriamente organizzate e largamentedotate».

MATTEOTTI. Il mio ordine del giorno non entra nel merito dellalegge, ma avrebbe dovuto forse procedere alla legge medesima, se nonvi fossero esigenze inderogabili per cui la legge deve passare aqualunque costo.

Senza perciò toccare la legge, io desidererei che la Camera coll’ordinedel giorno che ho proposto, invitasse il Governo a preparare proposteper l’ordinamento e la sistemazione delle Università.

Vi sono in Italia troppe Università. Esse non corrispondono ad unanecessità, ma sono semplicemente il retaggio di una antica situazionestorica che divideva il Paese in tanti piccoli Stati. Esse nonrappresentano una utilità perché se le famiglie hanno facilità di coltivarepiù a buon mercato il futuro avvocato, il futuro impiegato dello Stato, ilfuturo spostato; d’altro canto esse sono l’una e l’altra di ostacoloeconomico, per uno sviluppo di laboratori, per una specializzazione distudi e per il miglioramento negli stipendi e per la selezione deiprofessori stessi.

Io non intendo però di proporre l’abolizione di alcuna sede diUniversità; non desidero di offendere la tradizione di nessuna dellepiccole città italiane, delle piccole meravigliose città del silenzio, chesono forse più adatte delle grandi città ad essere sedi di studio: eneppure desidero di accentrare tutto in alcune delle grandi città, comein immensi alveari di studio, uso Napoli, che non potrebbero certoessere citati come il migliore modello.

A me sembra che tutte le esigenze, sia locali come quelle delmiglioramento degli studi, si potrebbero contemperare con un nuovoordinamento in cui, stabilite poche grandi Università generali completein proporzione non maggiore almeno di quella di altri Stati assai piùricchi di noi, le altre Università minori venissero convertite in scuolespecializzate, in Istituti di studi singoli, ciascuno possibilmente nella

Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, Legislatura XXVI, 1a sessione, Discussioni, 1a tornata del14 giugno 1922, pp. 6124-6131.

1 Gino Panebianco (1880-1942), esponente socialista e deputato nella XXV e XXVI Legislatura.

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sede più adatta sotto l’aspetto geografico, economico, ecc.In tal modo sparirebbe l’attuale concorrenza per cui in ogni

Università si vogliono moltiplicare e ripetere le stesse sezioni, gli stessicorsi riducendole a organismi polimorfi ma meschini, del tuttoinadeguati ai veri bisogni dell’alta cultura.

CIRINCIONE. È il regolamento che vuole così. MATTEOTTI. Purtroppo; ed è appunto un mutamento del

regolamento che io domando. A me sembra che in questo modo si eviterebbe quella concorrenza

della minore Università, che non si può più oltre tollerare, per cui alcunecercano di dare lauree col minor sforzo possibile ai più incapaci, perottenere a questo prezzo maggior concorso di allievi a beneficio deibottegai della città. In questo modo si eliminerebbe anche quellaenorme fabbrica di spostati, che è attualmente la Facoltà di legge che,-moltiplicata per tutta Italia in modo uniforme, fabbrica così i magistrati,come gli avvocati, come tutti gli impiegati statali, con una cultura che ètutta posticcia, formalistica, proceduristica, anziché cultura diamministrazione, di economia, di geografia, di tutto quello che occorreoggi nelle grandi amministrazioni pubbliche.

Oggi siamo ridotti a questo che, per la pletora dei malamante laureati,agli impieghi in cui basterebbe un qualsiasi licenziato di scuola tecnicaconcorrono tanti laureati per modo che anche poi gli stipendi si devonoadeguare al titolo, piuttosto che al servizio reso alla collettività, e sistabilisce una repugnanza tra l’impiegato e il lavoro che ogni giorno eglideve compiere.

In questo modo anche i posti di professore potrebbero essere meglioordinati e distribuiti in perfetta concordanza con le necessità generalidegli studi e non sotto la spinta di immediati interessi di categoria e diinteressi locali.

A questo tende il mio ordine del giorno che io raccomando allaapprovazione della Camera. [...]

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole ministro dellapubblica istruzione.

ANILE, ministro dell’istruzione pubblica. Come comprenderanno glionorevoli Matteotti e i firmatari di questo ordine del giorno, non èpossibile che io, in questo momento, affronti simile questione.

L’ordine del giorno dell’onorevole Matteotti, investe tutto un nuovoriordinamento della coltura superiore, e non è possibile che io, su duepiedi, risponda all’invito dell’onorevole Matteotti.

Posso però assicurare che la questione della cultura superiore, ancheper la discussione che è avvenuta oggi, è diventata una questione sullaquale noi dovremo presto ritornare.

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Non solo, ma devo anche dire all’onorevole Matteotti che io nonsono affatto contrario alla proposta che fa l’amico onorevole Cirincione,ossia di nominare una Commissione, la quale studi il modo comeapplicare questa legge e possa anche proporre dei provvedimentiriformatori.

Quindi io, nella mia intenzione, sono completamente d’accordo conl’onorevole Matteotti, ma sono cose che si debbono fare a grado a gradoe con una certa disposizione di tempo.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l’onorevole relatore permanifestare il parere della Commissione sull’ordine del giornopresentato dall’onorevole Matteotti.

CAPORALI, relatore. Mi associo a quanto ha detto l’onorevoleministro.

PRESIDENTE. Il quale non l'accetta... ANILE, ministro dell’istruzione pubblica. Sono disposto ad

accettarlo come raccomandazione di studio. MATTEOTTI. Infatti, l'ho formulato come una raccomandazione. PRESIDENTE. Vuol dire che ella onorevole Matteotti emenda

l'ordine del giorno nel senso di sostituire alle parole: «invita il Governo»le altre: «raccomanda al Governo»...

MATTEOTTI. Perfettamente. PRESIDENTE. L’onorevole ministro l'accetta cosi emendato? ANILE, ministro dell’istruzione pubblica. L’accetto. PRESIDENTE. Metto a partito l’ordine del giorno dell'onorevole

Matteotti, accettato dal Governo e dalla Commissione. (Dopo prova econtroprova è approvato).

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QUADERNI BALILLA E PROVVEDITORI... PIAZZISTI�

Cara “Giustizia” A proposito del quaderno Balilla e della speculazione politico-

commerciale sovr’esso inscenata, noi siamo in possesso della circolareemanata dal Provveditore di Perugia agli Ispettori e Direttori dellescuole di tutta la provincia, colla quale si raccomanda e anzi s’invitavasenz’altro tutti costoro a far fornire i loro allievi di quei quaderni, e piùprecisamente “a intervenire con la loro autorità presso le scuoledipendenti a fine di fare adottare il Quaderno Balilla”.

Ora si chiede: sono autorizzati i Provveditori agli studi a imporre unaspecie di quaderno, non secondo il suo tipo oggettivo, ma per il fattoche sono editi da una Casa, e con un particolare cartoncino?

Sono autorizzati i Provveditori ad autorizzare e a sollecitare lapropaganda per un partito, fatta sui quaderni scolastici?

E in particolare il signor Provveditore agli studi di Perugia, e dellealtre provincie che l’hanno imitato, da chi e come è stato indotto a quellapropaganda ufficiale per i quaderni di una certa ditta e di una certamarca più o meno pulitamente politica?

Sarà bene richiedere la risposta. Cordialmente.1

“La Giustizia”, Milano, a. XXXVIII, n. 249, 19 ottobre 1923, p. 2, siglato “G.M.”. 1Sull’argomento Matteotti presentò il 29 novembre 1923 anche un’interrogazione parlamentare.

* Da Sulla scuola, a cura di S. Caretti, 1990, Pisa, Ed. Nistri-Lischi pp. 125-130, 214-217, 222

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NAZIONALISMO ITALIANO E NAZIONALISMO FRANCESE

1. Il dissidio non è tra Italia e Francia; ma tra nazionalismo italiano enazionalismo francese. Il nazionalismo italiano è più recente e menodiffuso forse perché noi non abbiamo una tradizione militarista, forseper una naturale tendenza del popolo italiano a vedere le cose da unpunto di vista astratto e di giustizia che da un punto di vista concreto.Ciò spiega in parte le simpatie italiane per il Belgio e la Francia all’iniziodella guerra; mentre le delusioni della guerra spiegano il raffreddamentopostbellico e l’acutizzarsi del nazionalismo italiano.

Il nazionalismo francese è invece più radicato e tradizionale. Manonostante esso, la Francia era ancora avanti la guerra considerata damolta parte del popolo nostro con speranza e con simpatia, una nazionedemocratica sofferente della minaccia del militarismo tedesco eaustriaco alleati alla nostra monarchia.

Ora invece sta accadendo il contrario. L’Italia sta accodandosi allaFrancia in una politica di armamenti; contro la Germania disarmata.Opprimendo la nuova Germania democratica, esse resusciteranno efaranno rimpiangere al popolo tedesco l’antico regime militarista eprussiano come quello che almeno incuteva rispetto ai nemici.

La politica del nazionalismo francese in Polonia e in Jugoslaviaanziché mirare alla pace e alla ripresa dei rapporti con la Russia e conl’Italia, attizza gli odi e provoca armamenti e sospetti di qua e di là deiconfini. Il nazionalismo italiano profitta della tattica del nazionalismofrancese, per ripeterne gli errori e i danni contro l’Europa lavoratriceche anela il ritorno della pace.

In economia le pretese francesi a danno della Germania, sollecitanoil movimento delle correnti italiane più retrive e protezioniste che sonospecialmente dannose al popolo italiano privo di materie e ansioso dioccupare la sua manodopera sia in casa sia all’Estero.

Perciò, appunto perché amiamo la Francia, noi siamo contro ilnazionalismo francese che ne domina e ne rovina la politica, così comesiamo contro il nazionalismo italiano. E tutti i nostri auguri vanno allanuova democrazia tedesca e alla resurrezione di una vera democraziafrancese. Se questa non sorgerà in Francia, come è risorta in Germania,solo dopo le delusioni e le rovine del militarismo, sarà male per tutti.

Di una cosa mi preme anche assicurarvi. Mentre i due nazionalismitrovano negli atteggiamenti opposti il pretesto per creare sempre nuovi

* Archivio Storico della Società Umanitaria, Carte Turati. Minuta con numerose correzioni. Inmargine di mano di Matteotti: «Risposta all’inviato del “Matin”. Roma, dicembre 1921».

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SOCIALISMO E GUERRA*

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malintesi, sospetti e malumori, il nostro dovere diviene ormai quello didiffondere nelle classi lavoratrici una maggiore simpatia verso il popolofrancese e auguriamo che i lavoratori francesi intendano la necessitàreciproca in una comune volontà assoluta di pace. Perciò mentre sicercava di gonfiare gli episodi di Venezia e di Washington a opera digruppi più o meno responsabili, noi li abbiamo derisi e smontati comequelli che servono soltanto gli avversi militarismi.

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LA QUESTIONE DELLE RIPARAZIONI TEDESCHE*

Il problema delle riparazioni tedesche sarà una delle questioniessenziali che verranno discusse nel Congresso internazionale pacifistache si inaugurerà domani all’Aja; e formerà pure la base delle trattativepreliminari del Convegno di Londra, nel quale le Potenze dell’Intesadovranno definitivamente fissare la loro linea di condotta nei confrontidella Germania insolvente.

In cotesta questione delle riparazioni - che ora sta al centro di tutta lapolitica internazionale - abbiamo avuto più volte occasione dimanifestare il nostro pensiero, sia nei riguardi del catastrofismorivoluzionario - ancora ieri ribadito dall’“Avanti!” in una brevecorrispondenza dall’Aja1 - come rispetto alle soluzioni intesiste, tuttepiù o meno ispirate alla politica della forza, anziché a quella dellaconciliazione da noi propugnata. Senza entrare nei dettagli tecnici delproblema - esposti più volte negli scritti del Keynes, dello Hobson2, delCassel3, del Vanderlip4, ecc. - ricorderemo qui che un deputatosocialista, il Blum5, ha potuto dire recentemente alla Camera franceseche la politica di violenza non aveva dato nulla, e che forse era troppotardi perché la politica di conciliazione potesse dare ancora qualcosa.Parole terribili pei bilanci della Francia e del Belgio! E l’opinione delBlum è divisa da autorevoli uomini politici francesi, poiché il Loucheur,rispondendogli lungamente, ha dichiarato che, se la Francia non era piùcerta di essere pagata, doveva almeno prendere delle garanzie contro unritorno offensivo della Germania annettendosi la Renania e il bacinodella Ruhr. E il signor Poincaré6, come ieri abbiamo scritto7, non haaffatto respinto cotesta suggestione, conforme del resto all’idea politicaaccarezzata da lungo tempo negli ambienti reazionari francesi.

La situazione attuale è veramente tragica; i socialisti l’hanno previstada lungo tempo, si può dire fin dalla primitiva formulazione dellefamigerate tavole di Versailles, che imposero all Europa la cosidetta pace * “La Giustizia”, a. XXVII, n. 281, 9 dicembre 1922, p. 3, non firmato.1 II Congresso mondiale per la pace, “Avanti! ”, 8 dicembre 1922.2 John Atkinson Hobson (1858-1940), economista inglese. Considerato un precursore di Keynes, neldopoguerra, oltre ad occuparsi della questione delle riparazioni tedesche, fu tra gli estensori delle tesidell’Indipendent Labour Party sul «salario minimo».3 Gustav Cassel (1866-1945), economista svedese. Nel 1920 fu incaricato dalla Lega delle Nazioni diredigere un Memorandum on thè World's Monetary Problems per la conferenza finanziariainternazionale di Bruxelles.4 Frank Arthur Vanderlip (1864-1937), banchiere americano, autore nel 1919 di What Happened toEurope.5 Léon Blum (1872-1950), autorevole esponente del socialismo francese. Nel corso del 1923 entròin stretto rapporto con Matteotti per definire un programma comune di tutti i partiti socialisti sullaquestione delle riparazioni tedesche e dei debiti interalleati. 6 Raymond Poincaré (1860-1934), presidente della Repubblica francese dal gennaio 1913 al febbraio1920. Negli anni 1922-1924 fu presidente del Consiglio.7 Cfr. Da Londra all’Aja, “La Giustizia”, 8 dicembre 1922.

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cartaginese e alla Germania - privata delle sue colonie, della sua flottamercantile, dell’Alsazia-Lorena, della Sarre, della Slesia - indennità eriparazioni assolutamente sproporzioniate alla sua capacità economica.Coloro i quali con incosciente leggerezza affermano che la Germaniapuò e deve pagare più di cento miliardi-oro in conto riparazioni,dimenticano che la guerra ha infuriato per essa come per gli Alleatidurante 54 mesi; che essa è stata amputata, il suo bacino minerario dellaSarre è sfruttato dai francesi, la sua bilancia commerciale è sempre indeficit; essa deve acquistare il suo nutrimento all’estero, la sua monetacorre verso l’abisso, il suo credito s’annulla, la sua prosperità industrialeè fittizia, i salari degli operai bassissimi, il suo bilancio una vera bottedelle Danaidi. E quello che è stato pagato é stato assorbito in gran partedall’esercito di occupazione dei Paesi Renani e dalle Commissioniinteralleate. Nelle sole spese della pazzesca e inutile occupazionemilitare della Renania, la Germania ha già pagato il doppio dellaindennità francese dopo la guerra del 1870!

Poco a poco, il Reich scivola verso la situazione dell’Austria; la fameminaccia la popolazione; sommosse sono già scoppiate qua e là; ilprossimo inverno si annuncia terribile. Venga la disoccu-pazione, e saràla catastrofe; e la disoccupazione verrà se non si trova il mezzo diprocurare del credito alla Germania per pagare all’estero il proprionutrimento e acquistare le materie prime.

Una rapida soluzione s’impone, adunque; ed essa, dopo l’esperienzafatta, non può essere che una soluzione conforme ai deliberatidell’Internazionale sindacale e socialista di Amsterdam. La Germaniadeve sapere, una volta per sempre, ciò che deve pagare; in modo fisso einequivocabile; un grande popolo non può lavorare e uscire dalla miseriase vive nell’incertezza del domani. E la indennità deve essere ridotta allecapacità reali del Reich, in maniera che i pagamenti non durino al di làdella presente generazione, poiché le generazioni future tenteranno, conqualsiasi mezzo, anche colla guerra, di disimpegnarsi da obblighi iniquie totalmente estranei alle loro mentalità. Per ridurre il debito tedesco èindispensabile regolare i debiti esistenti tra gli Alleati. Questi nonvogliono in Europa annullare i loro debiti reciproci poiché attendono ilconcorso degli Stati Uniti, ai quali devono circa 16 miliardi di dollari. Ese nessuno si decide a compiere il gesto inevitabile? Non sarebbe piùsemplice cominciare, anzitutto, a regolare la faccenda tra gli Alleatid’Europa? Chi, del resto, crede che l’Europa sarà in grado di rimborsarel’America8?

Fissato con giustizia e moderazione il debito complessivo dellaGermania - che non deve essere superiore, secondo economisticompetenti, ai 40 miliardi franchi oro - bisogna accordare il tempo dipagare, poiché al presente non c’è alcunché da sperare, a meno che nonsi possa concludere un prestito internazionale, che la Francia fece fallire

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l’estate scorsa, nella paura che esso avrebbe a suo danno mobilitatotutto il credito europeo. Secondo l’importanza di cotesto prestito, sivedrebbe ciò che potrebbe restare per la Francia, per l’Italia, per ilBelgio, dopo aver preso ciò che è necessario per la stabilizzazione delmarco, punto di partenza dell’intera operazione.

Poi, occorrerà vedere sotto quale forma dovranno eseguirsi leriparazioni per le terre francesi devastate durante la guerra.Momentaneamente si è ricorsi alla consegna in natura; esse possonocontinuare nella misura nella quale non paralizzino l’industria dei paesiche ne beneficiano; non si è ricorsi alle riparazioni a mezzo dellafornitura di mano d’opera; ci si potrà venire quind’innanzi, dato chetanto in Francia come nel Belgio, con una leggera ripresa degli affari, simancherà di mano d’opera, mentre che il rialzo del marco provocheràsenza dubbio una disoccupazione intensa, ma passeggera, in Germania.

Ma tutto ciò non sarà sufficiente a creare un mutamento radicale dellasituazione se si persisterà a divorare una grossa parte dei versamenti inspese di occupazione, se si continuerà a dare incremento al militarismoconquistatore. Sfortunatamente, due grossi ostacoli si oppongono allarealizzazione di cotesti progetti approvati da tutti quelli che li hannostudiati spassionatamente. In Germania c’è una lotta sorda, implacabiletra le forze della democrazia e la reazione monarchica che cerca diriacciuffare il potere. Importa che i lavoratori del mondo intero diano illoro appoggio ai socialisti tedeschi, che sono i soli che abbianoriconosciuto le responsabilità del loro Paese nel cataclisma europeo, eperciò sono i più propensi a trattare equamente intorno alle riparazioni.

In Francia, c’è il partito del reazionario Blocco nazionale che facontinuamente sentire il rumore delle sciabole e minaccia altreoccupazioni militari apportatrici di nuove sventure. Tutti gli elementi disinistra della vita politica francese, e specialmente i socialisti, hanno ilpreciso dovere di opporsi con tutte le forze a cotesta politica diavventure, di rovina e di odio, che non dà nulla per le riparazioni, e cheprepara sicuramente la guerra per l’avvenire. I socialisti e gliorganizzatori francesi che interverranno all’Aja avviseranno, insiemeagli altri congressisti, ai mezzi migliori per combattere la politicapoincarista e per realizzare la restaurazione economica dell’Europa; mai loro sforzi devono essere assistiti dall’intera classe operaia che ora tentadi rifare la sua unità internazionale, per mostrare al mondo che solo nelsocialismo si può trovare la grande formula della giustizia e della Pace.

8 In effetti dopo la crisi del ’29 i debiti interalleati furono prima congelati e poi definitivamentecancellati nel 1934 nonostante il parere contrario degli Stati Uniti.

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L’ANTINAZIONE?*

La Francia e il Belgio hanno preso pretesto dal non completopagamento delle rate tedesche di riparazioni, per allargare la zonaoccupata di là dal Reno, e invadere con pochi ingegneri ma con moltisoldati, auto-mitragliatrici e tanks il bacino della Ruhr; cioè il territorioche dava alla Germania quasi tutto il carbone necessario alle sueindustrie ed ai suoi trasporti.

Il nostro Partito ha già esposto, su la “Giustizia”, tutte le ragioni checi fanno contrari alla nuova violenza perpetrata dal vincitore sul vinto.Per mezzo di essa nulla si otterrà di quelle indennità che dovrebberoservire alla ricostruzione delle terre devastate; ma si sperpereranno altrimiliardi in occupazioni militari oltre i 6 che la Germania ha già dovutopagare, si diminuirà la stessa efficienza produttiva ed esportativa dicarbone, si indisporranno sempre di più i nostri creditori inglesi eamericani. Per mezzo di essa sopratutto si accenderanno nuovi odi traNazione e Nazione, nuovi ostacoli all’equilibrio ed alla ricostruzione enuovi pericoli di guerra.

Concordi, anche tutti i Partiti socialisti di tutte le altre Nazioni diEuropa hanno espresso la loro avversione all’avventura e alla violenzafrancese. Non diciamo solo dei tedeschi e degli inglesi; ma anche deifrancesi, per bocca del deputato Léon Blum, così come i belgi per boccadell’ex ministro socialista Vandervelde1, hanno protestatovivacissimamente contro l’infatuazione nazionalista dei loro stessigoverni.

Di codeste manifestazioni dell’Internazionale socialista noi ci siamovivamente compiaciuti, come dei segni di una migliore coscienza anchese i fatti hanno così smentito la falsa malignità dell’“Avanti!” che sullafede di un’Agenzia Regia si era affrettato ad accusare ilsocialdemocratico Vandervelde di complicità col suo Governo.

Ce ne compiaciamo, perché esse dimostrano sempre più come i veriinteressi di ciascuna Nazione coincidono coll’interesse internazionale.

L’ubriacatura nazionalista francese e belga conduce le rispettiveNazioni a tentare l’avventura, che costerà molti sacrifici, nuovi dolori,nuovi disinganni e sempre maggiori ritardi nella ricostruzione e nellapacificazione europea. In Francia e in Belgio i gruppi affaristici,nazionalisti e clericali, sono tutti concordi nella nuova violenza; eaccusano già i socialisti di essere l’Antinazione cioè di avversarel’interesse nazionale per fare l’interesse dello straniero; cosi come in

* “La Brianza Lavoratrice”, Monza, a. XXVI, n. 3,19 gennaio 1923, p. 1.1 Émile Vandervelde (1866-1938), ministro della Giustizia negli anni 1918-1921, aveva fatto partedella delegazione belga alla Conferenza della pace di Parigi.

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Italia ogni volta che i socialisti si sono manifestati contrari alle avventurecoloniali o internazionali che hanno tanto danneggiato il nostro paese.

In realtà invece se ci si ponga da un punto di vista oggettivo e sereno,si deve riconoscere che i socialisti francesi e belgi hanno meglio intuito,che non i loro Governi, il vero interesse della Nazione, il quale è controla conquista violenta, per la effettiva ricostruzione economica delleregioni devastate dalla guerra. Quelli che oggi in Francia ed in Belgiosono accusati di essere l’Antinazione, non sono in realtà che coloro iquali hanno la più alta visione del più vero interesse nazionale e deilavoratori, necessariamente coincidente coll’interesse dell’Internazionaledi coloro che lavorano.

Cosi in Italia, così dappertutto. Coloro che pretendono di avere ilmonopolio della Nazione sono più di solito gli esponenti di ristrettigruppi affaristici o militaristici, disposti a compromettere il verointeresse di tutti i lavoratori e i produttori del loro paese, pur di tentarein una avventura, a spese dello Stato, le loro fortune. E accusano tuttigli altri, tutti coloro che la pensino diversamente, che non sono asservitia nessun capitalismo parassitario, di essere l’Antinazione, per negareloro magari anche i diritti di libertà, di discussione, di riunione, diesistenza che l’ultimo secolo aveva conquistato per tutti.

Il Partito socialista sdegna la stolida accusa ed il pretesto malvagio; eraccoglie dalla esperienza di ogni giorno la conferma della propriadottrina che affratella i lavoratori di tutti i paesi.

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LA NAZIONE*

Ci accusano di essere contro la Patria. Da un lato la aspirazioneinternazionale del proletariato per la propria emancipazione di classe,dall’altro la avversione che spesso concepisce il lavoratore, l’emigranteverso la «Patria» che gli appare avara ed ingrata, perché egli la confondecol regime sociale che vi domina, hanno diffusa l’opinione di unaindifferenza o di una avversione socialista alla Nazione. Codestaopinione si è accentuata per l’atteggiamento da noi tenuto verso laguerra: perché eravamo stati avversi alla guerra, si diede ad intendere chenoi fossimo nemici della Patria e volessimo la sconfitta dell’Italia.

La verità è che la Nazione è una realtà geografica e storica, economicae politica, entro cui tutti viviamo e cresciamo. Fingere di ignorarla o diessere indifferenti alle sue sorti, sarebbe come dire che ci è indifferenteche il proletariato italiano viva in un paese a sviluppo capitalistico o nelcentro dell’Africa; abbia cioè o non abbia le condizioni prime del suodomani socialista.

Il socialismo, anche rispetto alla Nazione, vive in una situazioneanaloga in certo modo a quella in cui si trova rispetto al capitale. Devenello stesso tempo operare a trasformare il regime, per trasferire semprepiù il potere da una oligarchia di classe alla collettività lavoratrice; e deveoperare e cooperare a mantenere e aumentare il patrimonio diprosperità, di sviluppo, di progresso della Nazione, perché ciò rispondenon solo all’istinto di cittadini, ma anche all’interesse di socialisti.

Anche in una guerra, in una crisi conseguente a una politica di cui nonè nostra la responsabilità, noi siamo legati alla sorte della Nazione. Névale il dire che poiché d’altri è la colpa, altri pensi a risolvere la crisi: lacolpa è di altri, ma le conseguenze sono di tutti, sono anche nostre, ericadono più spesso sulle spalle del proletariato.

Quindi noi intendiamo operare per una pacifica convivenza tra leNazioni, anzi per ottenere che la solidarietà e la forza dei lavoratoriorganizzati di tutto il mondo facciano cessare o impediscanodefinitivamente conflitti e guerre. Ma se, frattanto un esercito dirapinatori volesse valersi delle armi per togliere ai cittadini di unaNazione il frutto sudato del loro lavoro, o per sottoporli a un regime dischiavitù politica e economica, è indubitabile la necessità della resistenzadi tutti i lavoratori, per non cadere nella doppia schiavitù del capitalismonazionale e del capitalismo dello Stato invasore. Il caso della Germaniae della invasione della Ruhr è ancora davanti ai nostri occhi.

*** * Da Socialismo e guerra, a cura di S. Caretti, 2013, Pisa, Ed. Nistri-Lischi pp. 169-170, 193-197, 207-209, 243-246In Direttive del Partito socialista Unitario Italiano, Milano, Biblioteca di Propaganda de “LaGiustizia”, 1923, pp. 14-19.

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Ma ciò non importa, anzi esclude ogni complicità con gli oppostinazionalismi, e ogni adesione alle lotte tra i diversi capitalismi.

Il nazionalismo infatti non si limita a promuovere lo sviluppo di unaNazione nella propria capacità di produzione o di coltura; ma assai piùsi fonda sulla forza materiale e sulla capacità di dominare altri popoli edi sfruttarli. Esso vuole arrecare ad altri un male da cui pur vuoledifendere se stesso; e dal conseguente contrasto dei nazionalismi nemicisorge una continua cagione di armamenti offensivi e di guerre, le qualinon hanno mai altro risultato che di creare una Nazione di oppressori euna di oppressi, e di distruggere periodicamente enormi ricchezze e viteumane.

Il socialismo, al contrario, vuole la libertà di tutti i popoli e non puòammettere che la libertà e il benessere di una Nazione si fondino su laschiavitù e lo sfruttamento di un’altra. Se esso lotta contro losfruttamento tra cittadini di uno stesso Stato, tanto meno potrebbeconsentire a quello esercitato da uno Stato contro i lavoratori di un’altro.Anzi, dal rilievo sperimentale e costante, che le cause vere dei conflittitra le Nazioni sono quasi sempre le esagerazioni del nazionalismo, ladegenerazione dello spirito di difesa in quello dell’aggressione, e ilcontrasto oscuro dei capitalismi, e le conseguenze sono un aumento disofferenza e di impoverimento dei lavoratori vincitori e vinti, la perdutalibertà dei vinti, la dittatura o la reazione nei vincitori, e la seminagionedi nuove cause di conflitto - il Partito socialista trae motivo per unaassidua azione internazionale avversa ai conflitti e alle guerre.

L’azione internazionale è in perfetta relazione con l’amore deisocialisti italiani per il loro paese, in quanto l’Italia ha tutto daguadagnare dalla pace e dal ristabilimento dei rapporti economici;mentre assai pericolose e dannose alla Nazione sono certe unioni oalleanze più o meno manifeste tra Governi borghesi contro altriGoverni, per costituire monopoli economici, preparare guerre, otogliere comunque la libertà ad altri popoli. Il capitalismo, che più sivanta di essere paladino della Patria, in realtà è stato il più sollecito atessere rapporti con capitalismi esteri, quando gli parve utile, e talvoltaraggiunse il risultato di promuovere il lavoro con i capitali delle Nazionipiù ricche, tal’altra invece, assecondando scopi politici di asservimentoe di odio nazionale, ebbe a sacrificare il lavoro anche alla speculazionestraniera. L’Internazionale socialista mira invece a difendere e sosteneresempre la comune causa del lavoro, contro il parassitismo e laspeculazione sfruttatrice dei diversi capitalismi. Dovrà quindi tentare ofavorire ogni iniziativa che dirima i conflitti tra i popoli, li associ convincoli pacifici, eviti o faccia cessare le opposte violenze e minacce.Dovrà favorire il formarsi di una vera Lega delle Nazioni, e piùimmediatamente degli Stati Uniti d'Europa, che si sostituiscano allaframmentazione nazionalista in infiniti piccoli Stati turbolenti e rivali.

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Dovrà rafforzare i sentimenti di solidarietà tra i lavoratori di tutto ilmondo, per modo che si aiutino scambievolmente nella comune operadi redenzione sociale; dovrà soprattutto sospingere in ogni nazione laclasse lavoratrice al potere politico, per assicurare il suo massimo in-teresse alla pace universale e alla prosperità di tutti coloro che lavorano,e per preparare in un più lontano avvenire il regno universale dellavoro1.

1 Tutti i partiti socialisti del mondo si sono riuniti ad Amburgo nel maggio 1923 per la ricostituzionedella Internazionale dei lavoratori socialisti, che era stata purtroppo spezzata dalla guerra europea.Ad Amsterdam continua ad avere sede la Internazionale dei Sindacati operai. L’internazionale diMosca, che assunse arbitrariamente il nome di III Internazionale, è in realtà una Internazionaleesclusivamente comunista, e ha subito dimostrato di rappresentare, più che una unione dei lavoratoridelle varie Nazioni, uno strumento dell’attuale Dittatura russa [N.d.A.].

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