M SSONICA - Grande Oriente · 2017. 6. 29. · 1902, con decreto del GOI n. 123 del 24 dicembre...

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mente M SSONICA Rassegna quadrimestrale ISSN 2384-9312 Laboratorio di storia del Grande Oriente d'Italia n.9 Mag.-Ago. 2017

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  • menteM SSONICA

    Rassegna quadrimestrale

    ISSN 2384-9312

    Laboratorio di storia del Grande Oriente d'Italian.9 Mag.-Ago. 2017

  • Iscrizione Tribunale Roman.177/2015 del 20/10/2015

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    Sommario n.9 Mag.-Ago. 2017

    Saggi

    La massoneria italiana in Libia (1880-1925)...............1

    di Manuela Locci

    Per una storia massonica della scuola italiana .............7

    di Mario Donato Cosco

    Francesco Palamara

    Massone e sindaco di Lipari ........................................14

    di Giuseppe La Greca

    La battaglia di Mentana..............................................21

    di Sergio Bellezza

    Tra gli scaffali

    Monica Campagnoli e Gianmichele Galassi

    Massoneria e Politica ...................................................27

    recensione di Massimo Nardini

    menteM SSONICALaboratorio di storia

    del Grande Oriente d'Italia

    n.9 Mag.-Ago. 2017

    ISSN 2384-9312

  • Introduzione

    La massoneria italiana ha spesso varcato i confinidella penisola per approdare in terre lontane estraniere. Sono, infatti, numerose le logge fondatesotto l’egida del Grande Oriente d’Italia, al difuori del territorio nazionale, dall’Africa, all’Asiae fino all’America. In questa particolare occasionevorrei sottoporvi i primi e parziali risultati dellericerche che ho portato avanti a proposito dellapresenza massonica italiana in una terra che conl’Italia ha da sempre avuto legami fortissimi,anche prima della colonizzazione del primo de-cennio del Novecento. Infatti, la presenza italianain quella che siamo abitati a chiamare Libia, mache in realtà è formata da diverse realtà geografi-che (quali Tripolitania, Cirenaica e Fezzan), siperde nei decenni, anche se la comunità italiananon era numerosa come quella presente nella con-finante Tunisia1. Vi erano in Libia numerose atti-

    vità che si collegavano alla comunità italiana mapiù in generale a tutti gli europei che a vario titolosi trovavano in quella che fino al 1911 era parteintegrante dell’Impero Ottomano. Ci si riferisce inparticolare alle scuole cattoliche italiane, che ac-coglievano alunni e alunne di tutte le religioni eclassi sociali già dal primo decennio dell’Otto-cento. Non erano queste le sole manifestazionidella presenza italiana, vi era molto attiva un’altraorganizzazione che era formata da italiani e chesvolgeva diverse attività in questa terra che puòessere considerata sia molto vicina (geografica-mente) all’Italia, sia molto lontana per altre ra-gioni (sociali, culturali, religiose): la Massoneria.Questa istituzione, rappresentata in primis dalGrande Oriente d’Italia, era presente in Libia,come del resto in Tunisia e in Egitto2, già pochianni dopo la sua costituzione ufficiale in Italia.

    La nascita della massoneria in Libia, le loggedel Grande Oriente d’Italia

    La massoneria italiana era presente in Libia benprima della corsa alla colonizzazione che l’Italiaintraprese in quelle regioni dopo il primo decen-nio del Novecento. L’Istituzione era una manife-stazione della presenza italiana nel territorio, unasorta di avamposto dell’italianità all’estero. Non acaso le logge furono sempre fondate nelle città onei centri più importanti, dove era più forte la pre-senza degli italiani. Al loro interno si raccoglie-vano gli esponenti della locale comunità italiana,non furono, infatti, mai registrate iniziazioni diautoctoni. La prima loggia dipendente dal Grande Oriented’Italia (GOI) chiamata “Stella Africana”, fu fon-data a Tripoli nel 1862, e seguiva il Rito Simbo-lico. Uno dei suoi fondatori era Aronne Morpurgo.La loggia nel 1863 è all’obbedienza del GOI consede a Torino; il Bollettino ufficiale dà notizia chela corrispondenza per questa loggia va inviata aLivorno: questo non deve apparire bizzarro, per-ché non è altro che una prova delle fortissime re-lazioni che intercorrevano tra gli ebrei livornesi ei loro correligionari sparsi per il nord Africa, com-

    LA MASSONERIA ITALIANA IN LIBIA (1880-1925)

    di Emanuela Locci

    SAGGI 1

    La Domenica del Corriere, 1911. Lo sbarco a Tripoli.

  • presi quelli che si trovavano in Libia. La vita diquesta loggia non è molto lunga, e non sonogiunti fino a noi molti documenti utili per rico-struirne le vicende. Nel 1867 non può partecipare,perché il suo rappresentante aveva assunto unaltro incarico, all’assemblea Legislativa e Costi-tuente di Napoli. Dopo pochi anni, nel 1872, risulta che le sue atti-vità cessarono e, infatti, l’anno dopo non è neglielenchi delle logge che costituivano la Comunione

    italiana. Si chiudeva così la prima esperienza mas-sonica italiana in terra libica. Fu un’esperienzabreve, ma non vana, perché seguendo il suo esem-pio già durante la seconda metà degli anni Ses-santa dell’Ottocento fu costituita, sempre aTripoli, un’altra loggia, (1866) la “Abramo Lin-coln” ma anche di quest’ultima non si hanno no-tizie documentarie, l’unica informazione certa èche non esisteva più nel 1891. Continuando con l’esplorazione della vita masso-

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    Alfons Mucha. Ilsée Princesse of Tripoli, 1901

  • nica libica incontriamo un’altra loggia, la “Cire-naica”, fondata a Tripoli il 13 febbraio 1887. Erauna loggia di Rito Simbolico, e Giuseppe Ayra,che dirigeva un osservatorio stellare, l’unico traTunisi e Alessandria d’Egitto e uno dei più mo-derni ed efficienti del Mediterraneo, fu tra i suoifondatori3. Nel 1893 era Venerabile proprio il prof.Giuseppe Ayra, che l’anno successivo inaugura ilnuovo tempio massonico. A causa di forti contrasti tra il Venerabile e ilPrimo Sorvegliante l’officina fu sospesa dai lavorimassonici nel 1895. In questo periodo di transi-zione, Eugenio Riccard svolse le funzioni di Vene-rabile. In tale veste elargì quaranta lire per iterremotati calabresi, a testimonianza della vitalitàdella loggia. Ad agosto dello stesso anno la loggia,superata la crisi, fu reintegrata nei suoi diritti mas-sonici. I registri rilevano la presenza di una sola loggiaoperativa “La Vigilanza”, fondata nel 1900, che se-guiva il Rito Scozzese Antico e Accettato. Questaloggia fu costituita da massoni che avevano giàoperato all’interno della loggia “Cirenaica”, il Ve-nerabile era Giuseppe Ayra, mentre nel 1902 glisuccede Giannetto Paggi che durante il suo man-dato devolve cinquanta lire ai danneggiati dellaMartinica. La loggia viene “demolita” alla fine del1902, infatti, non ve ne è traccia negli annuarimassonici successivi. Malgrado la morìa di loggel’ambiente massonico è sempre in fermento: nel1902, con decreto del GOI n. 123 del 24 dicembresotto l’egida della loggia “Propaganda Massonica”di Roma è costituito un Triangolo, che è attivo dal1903 al 1911. L’indirizzo di riferimento del Trian-golo è presso uno dei massoni più importantidella storia della massoneria italiana, AdrianoLemmi, a Firenze.

    Le logge del Grande Oriente d’Italia dopo laconquista della Libia

    Per assistere alla fase di vera fioritura delle loggeitaliane in Libia si dovrà comunque attendere ilperiodo che va dal 1914, dopo la conquista ita-liana della regione a danno dell’Impero Otto-mano, fino all’avvento del fascismo, chedeterminò la dissoluzione delle logge. A pochi mesi dall’occupazione italiana della Libiasorse la loggia “Cinque Ottobre”, all’Oriente diTripoli, (1912). Il nome riporta alla mente la datain cui gli italiani occuparono Tripoli, scatenandocosì la guerra Tripolitana. La loggia seguiva il Rito Scozzese e nello stesso

    anno della fondazione devolveva più di venti lirea favore delle famiglie dei caduti nella guerra Tri-politana. Nel 1913 è Venerabile il prof. GiannettoPaggi, fatto Maestro nel 1894 e che già aveva par-tecipato attivamente all’interno della loggia “LaVigilanza”. Probabilmente nel 1914 era VenerabileEusebio Eusebione, impiegato presso la direzioneartiglieria, che nel 1915 in pieno conflitto mon-diale, partecipò alla creazione di un Triangolonella località di Zuara. L’anno successivo insiemealla loggia “Progresso” festeggiarono il fratelloTito Marconcini, per la sua azione massonica inLibia4. Nel 1921 si unificò alla consorella “LeptisMagna” e prese il nuovo nome di loggia “CinqueOttobre-Leptis Magna”.La massoneria continuava a espandersi e infattinel 1912 furono formati due Triangoli, uno a To-bruk e uno a Derna: dal primo non germinò nes-suna loggia, invece a Derna dopo un certo periodofu fondata la loggia “Dante Alighieri”5.Una delle logge più importanti della comunioneitaliana in Libia fu la loggia “Cirene”, fondata aBengasi nel 1914. Della loggia sono stati conser-vati i registri matricolari, per cui si può fare un’in-dagine per cercare di capire la sua composizione,chi erano i suoi membri, quale la loro origine geo-grafica, professione, date di iniziazione e passag-gio di grado. Dallo studio delle liste matricolari sideduce che su un totale di 126 fratelli che frequen-tarono la loggia dalla fondazione fino al novembre1923, data dell’ultimo avanzamento di grado, tuttii membri erano italiani. Per ciò che riguarda laprofessione era prevalente la componente militare,con sessantasei uomini, che si divideva in appar-tenenti alla fanteria, genio, esercito, cavalleria,bersaglieri e medici militari. Il resto erano com-mercianti, impiegati, avvocati, ragionieri e stu-denti. I documenti di loggia, verbali, lettere e tele-grammi, offrono uno scorcio su quelle che eranole attività che vi si svolgevano e consentono di ri-costruire il quotidiano delle logge, e quindi di sa-pere, ad esempio, che durante il primo conflittomondiale uno dei suoi membri Giuseppe Bosco,nato a Lampircello nel 1891, ufficiale di artiglieria,iniziato nel 19156, cade eroicamente a Santa Luciadi Tolmino il 31 ottobre 1917. Dal 1922 la loggiaha indirizzo presso un circolo italiano, CircoloUmanitario e Cultura7. Sono del 1925 le ultimenotizie relative alla loggia e al fatto che fosserostate perpetrate persecuzioni fasciste contro espo-nenti della massoneria. In una lettera che CarloRagazzi invia al Venerabile della loggia “Cirene”,si descrive il momento di grave difficoltà che l’Isti-

    SAGGI 3

  • tuzione vive a causa della repressione fascista.L’intera comunità italiana era divisa tra la fedeltàal governo italiano, rappresentato dal fascismo, egli ideali di libertà di cui la massoneria era porta-trice. In particolare da una missiva inviata dai re-sponsabili della loggia “Cirene” al Grande Oriented’Italia si evince che molti documenti ufficialidella loggia che si trovavano a casa del Venerabileerano stati sequestrati dai fascisti8 e che in seguitoa questo fatto molti esponenti della massoneriaerano stati richiamati in patria. Uno dei destinataridel provvedimento di rimpatrio era GiuseppeDella Cà, importante esponente delle loggia “Cin-que Ottobre” e Vice cancelliere del governo tripo-lino, impiegato nell’ufficio fondiario. Il Della Càsi lamenta a lungo delle ragioni del suo rimpatrioforzato, accusando esplicitamente il Generale Er-nesto Mombelli (1867-1932) di essere un gover-natore piegatosi al volere del Fascio. Si deveproprio al Governatore la denuncia a Della Cà, ac-cusato di riportare le notizie, cui poteva accederenello svolgimento del proprio lavoro, diretta-mente alle più alte autorità dell’Ordine masso-nico, che era in aperto contrasto con il governo.Dopo la partenza di Della Cà non si hanno notiziedelle logge, che quasi sicuramente soccombetteroalla pressante presenza fascista, considerato chenon si hanno fonti che attestino attività di loggiadopo il 1925, anche a causa delle requisizionidegli archivi delle logge, sempre ad opera dai fa-scisti. A conferma di ciò in una lettera inviata daDella Cà alla loggia “Cirene” da parte del SovranoCapitolo Rosa Croce Le due Palme, Della Cà scriveche non furono più fatte iniziazioni né regolariz-zazioni, «anche per impedire che il Neofita, neces-sariamente lasciato a sé ed incapace di autoevolversi non si ingannasse sul fine e sullo scopodell’Istituzione»9. Il Grande Oriente d’Italia era ben conscio della si-tuazione della massoneria nella colonia libica, in-fatti, chiese a Giuseppe Della Cà, di recarsi nellasede di Roma per rendere testimonianza della si-tuazione esortandolo ancora a fare in modo che,anche dopo la sua partenza, il Capitolo Rosa Crocepossa continuare a funzionare. A causa di man-canza di fonti non possiamo stabilire se questo au-spicio abbia avuto seguito. Della Cà era in direttacorrispondenza con Giuseppe Leti, che lo rimpro-vera di non aver custodito adeguatamente i docu-menti delle logge; egli risponde di aver fattoquanto in suo potere per evitare il peggio, tantoche alcuni documenti sono sfuggiti alle perquisi-zioni fasciste.Ripercorrendo cronologicamente le vicende mas-soniche si deve segnalare che nel 1913 a Derna fu

    fondata la loggia “Dante Alighieri”, e nello stessoanno alcuni massoni di questa loggia, fondaronoun Triangolo a Marsa Susa. Questo Triangolo ri-mase attivo per dieci anni. L’officina massonica se-guiva il RSAA, e aveva come rappresentante ilsignor Alberico Esperti cancelliere del tribunaleregionale. Nel 1919 aveva come riferimento ilprof. Fulvio Contini, direttore delle Reali scuoleelementari. Nel periodo della Prima Guerra Mon-diale fu costituita a Tripoli la loggia “LeptisMagna”, il cui nome ricorda l’antica denomina-zione della città che si trovava a est di Tripoli e checorrisponde all’odierna Homs. La loggia era statafondata in precedenza alle dipendenze della Sere-nissima Gran Loggia Nazionale d’Italia, ma fu poiregolarizzata nel 1917 sotto la tutela del GrandeOriente d’Italia. Nel 1918 aveva indirizzo pressoMarino Naldi nato a Portici nel 1887, avvocatopresso il Tribunale di guerra. Le sue attività nonsi fermarono durante il conflitto. Nell’immediatodopo guerra fu Venerabile il dottor Renzo Testorie per l’anno successivo Edoardo Morvillo. Nel1921 si unificò alla consorella “Cinque Ottobre”. Durante il 1914 fu costituita sempre a Tripoli laloggia “Progresso”, di Rito Scozzese, che nel 1916tributa solenni onoranze al fratello Riccardo Nevaeroicamente caduto sul Carso. Nel 1919 era vene-rabile Giuseppe Riminini. Purtroppo di alcunelogge, fondate all’Obbedienza del GOI, sonogiunte pochissime informazioni ma per comple-tezza della ricerca si riportano comunque le brevinotizie che si sono reperite10.

    Il fascismo e la massoneria nella colonia

    Mentre nella colonia gli sforzi italiani erano tuttitesi alla stabilizzazione del potere dell’Italia sulterritorio, in patria il fascismo aveva assunto il po-tere, quindi anche nella colonia vi era una rappre-sentanza dei Fasci. Questa presenza aveva creatouna situazione di contrapposizione tra questi e i“figli della vedova”. Tale contrapposizione avevamietuto vittime illustri tra le fila dei massoni, al-cuni dei quali furono accusati dai confratelli diaver abbandonato l’Istituzione nel momento dimaggior bisogno, cioè quando sia in Italia sianella colonia era attaccata con azioni violente, per-petrate dalle squadre fasciste. Un caso importantefu quello del fratello Carlo Ragazzi, che aveva ri-coperto cariche importanti nella sua loggia di ap-partenenza, la “Cirene”, che poi aveva lasciato perentrare nelle fila del partito di Benito Mussolini.Successivamente il Ragazzi, deluso dalle posizionifasciste, chiese la riammissione in massoneria, ad-

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  • ducendo a sua discolpa il fatto di non aver com-preso appieno la portata della politica fascista el’aver voluto salvaguardare l’unità della colonia. Imembri della loggia “Cirene” non avevano inten-zione di reintegrarlo, considerandolo invece untraditore dell’Istituzione.

    Le logge della Serenissima Gran Loggia d’Ita-lia

    Per completare il quadro del sistema massonico inLibia non si possono ignorare le logge fondatedalla Serenissima Gran Loggia d’Italia. Infatti, in-torno alla fine del primo conflitto mondiale, ac-canto alle logge dipendenti dal GOI ve ne eranoaltre, a conferma della forte valenza massonicadella Libia, che invece erano dipendenti dalla Se-renissima Gran Loggia d’Italia. La prima loggia diquesta Obbedienza fu la loggia “Onore e Giusti-zia”, fondata nel 1918 a Tripoli, di questa loggiasi hanno scarne notizie, esisteva ancora nel 1922.Nel 1919 la loggia si era riunita in “tenuta straor-

    dinaria” per il battesimo del labaro della loggia.Nel 1921, esattamente il 4 agosto, fu celebrato conla partecipazione di numerose logge, un matrimo-nio massonico, tra Raffaele Pietro, segretario a vitadella loggia “Onore e Giustizia”, e la sorella Ber-tini Checchina, figlia del noto massone, LeopoldoBertini, primo sorvegliante della loggia Raoul Pa-lermi e segretario del Sovrano Capitolo “La PiùGrande Italia”. Attraverso le fonti reperite nell’Ar-chivio del Grande Oriente d’Italia è possibile fareun elenco di logge all’Obbedienza di Piazza delGesù che trasmette l’immagine di una massoneriamolto fiorente in terra libica. A Tripoli furono fon-date oltre la “Raoul Palermi”, la già citata “Nazio-nale” n. 211, “Il Risveglio” e la loggia “IlRisorgimento”. A Bengasi la loggia “Nazionale” n.55 nel 1918; la “Polema” nel 1921; a Derna la log-gia “Gabriele d’Annunzio”, costituita nel 1922 suun preesistente Triangolo; la loggia “Nazionale” n.137 fondata nel 1922; a Homs nel 1921 fu fondatala loggia “Lebda”, che risulta esistente anchel’anno successivo.

    SAGGI 5

    La Tripoli italiana al tempo del governatorato

  • Conclusioni

    Quella sopra descritta era la situazione delle loggeitaliane in Libia, dal 1862, anno in cui fu fondatala prima loggia all’Obbedienza del GrandeOriente d’Italia fino al 1925, anno in cui si hannole ultime notizie relative alle attività delle loggeitaliane. Malgrado le lacune nella documentazionereperita è però possibile trarre delle specificheconclusioni: la Libia può essere considerata terramassonica per eccellenza. L’unica massoneria pre-sente era quella di origine italiana, prima con lelogge del GOI, in secundis si affiancarono a queste,altre logge dipendenti dalla massoneria di Piazzadel Gesù, ciò a testimoniare le ferventi attivitàmassoniche nella regione. Dall’analisi delle listematricolari è possibile determinare la tipologiadei massoni affiliati e notare che spesso, soprat-tutto dopo la conquista dell’Italia del 1911, lamaggior parte di essi erano inquadrati nel mondoprofano nelle professioni che rappresentavanol’Italia stessa in quei territori: le forze armate, iquadri amministrativi e i gli insegnanti dellescuole italiane. Alla vivacità massonica si contrappose, a partiredai primi anni Venti, la repressione portata avantidai fascisti, come avveniva del resto anche in Ita-lia. Numerose furono le perquisizioni e le requi-sizioni di documenti e materiale massonico. Ilcontributo termina la sua disamina della storiadella massoneria in Libia al 1925, anno in cui pro-babilmente proprio a causa della repressione fa-scista le attività furono interrotte. Nel 1925 sichiudeva così l’esperienza massonica italiana inLibia, esperienza che aveva visto il fiorire di unnumero considerevole di logge e la compresenzadi due Obbedienze massoniche italiane. Più disessanta anni di storia della massoneria dellaquale rimane la consapevolezza sia dell’esistenzastessa dell’Istituzione sia del ruolo che essa hasvolto nella comunità italiana, fornendo un col-lante che si disgregò solo a causa delle violenzecommesse dalle leggi e dalle squadre fasciste, chedistrussero il sistema massonico libico.

    Si ringraziano per il prezioso aiuto i responsabili dei ser-vizi biblioteca e archivio del Grande oriente d’Italia diRoma e del Centro di Ricerche Storiche sulla Libera Mu-ratoria di Torino, che hanno fornito le fonti bibliografichee archivistiche necessarie per la redazione del presente sag-gio.

    Bibliografia

    MonografieEnrico De Leone, La colonizzazione dell’Africa delNord, Padova, Cedam 1960.Emanuela Locci, La massoneria nel Mediterraneo.Egitto, Tunisia e Malta, Roma, Bastogi 2014. Articoli in rivista Solenne voto di plauso, in “Rivista Massonica Ita-

    liana”, 1916, pp. 200-201.Archivio storico Grande Oriente d’ItaliaListe matricolari, loggia “Cirene”, oriente di Bengasi,ASGOI.Annuario massonico del Grande Oriente d’Italia 1913,ASGOI.Archivio Centro ricerche storiche sulla liberamuratoriaGrand Orient of Italy, Logge estere, Lettera 15gennaio 1925, ACRSL-M. Grand Orient of Italy, Logge estere, Telegramma8 agosto 1925, ACRSL-M.Grand Orient of Italy, Logge estere, Lettera 24 set-tembre 1925, ACRSL-M.

    1 Enrico De Leone La colonizzazione dell’Africa del Nord,Padova, Cedam 1960, p. 294.

    2 Emanuela Locci, La massoneria nel Mediterraneo.Egitto, Tunisia e Malta, Roma, BastogiLibri 2014, pp.17-107.

    3 Gli altri co-fondatori erano: Giovanni Gregorio Zuc-caro, Giuseppe Vadalà, Eugenio Riccard, Raffaele Ba-stianini, Giuseppe Lanzon, Pietro Savalli, ErnestoMilul, Nissim Labi, Giuseppe Cassar, GiuseppeEscano.

    4 Solenne voto di plauso, in “Rivista Massonica Italiana”,1916, pp. 200-201.

    5 ASGOI, Annuario massonico del Grande Oriented’Italia 1913, p. 132.

    6 ASGOI, Liste matricolari loggia Cirene, Oriente di Ben-gasi.

    7 ASCRSLM, Fondo GOI, Logge estere, Lettera 15gennaio 1925.

    8 ASCRSLM, Fondo GOI, Logge estere, Telegramma8 agosto 1925.

    9 ASCRSLM, Fondo GOI, Logge estere, Lettera 24settembre 1925.

    10 A Tripoli furono fondate le logge: “Cesare Battisti”(1918); “Italia” (1921); “Lebda” (1922).

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  • Premessa

    Condividere un ragionamento mirato ad indagareil ruolo ed i compiti della Massoneria lungo ilprocedere storico dell’Italia dall’unità ad oggi èl’obiettivo di questo intervento; che non vuoleavere altra pretesa se non quella di recuperare allamemoria alcuni profili dell’azione massonica infieri dall’unità ad oggi, sub specie educationis, nell’ac-cezione ciceroniana1.Pertanto, ci limiteremo a rivisitare un percorso cheforse il tempo e il clima culturale che progressiva-mente si è affermato e divenuto dominante hannorelegato ad una dimensione quasi invisibile (dabackground).Potremmo tentare, allora, di capire attraversoquali concezioni della vita, iniziative, interventi siè sedimentato dall’unità ad oggi il processo che haconsentito la costruzione dell’identità nazionale.Se la Massoneria vi abbia avuto un ruolo; e se loha avuto, come lo ha declinato.

    Compiuta l’unità d’Italia bisognava procedere allacostruzione dell’identità nazionale, cioè a codifi-care un patrimonio condiviso di memorie, simbolie celebrazioni in cui popolazioni appartenute, finoad allora, a diverse entità statali si potessero rico-noscere.Si trattava di un compito enorme al quale la Mas-soneria contribuì, sia con suoi singoli esponentisia come Ordine in quanto tale. C’è addirittura chipensa che la Massoneria sia una delle forze spiri-tuali più importanti tra quelle che hanno contri-buito alla formazione delle idee su cui si fonda la“società moderna”. La formazione delle giovani generazioni è l’obiet-tivo principe a cui ogni nazione che voglia imple-mentare il proprio livello di civiltà deve tendere.La scuola ha costituito e costituisce ancora lo stru-mento privilegiato e formalmente deputato per laformazione delle giovani generazioni: uno degliindicatori per giudicare una società è proprio ri-conosciuto dall’attenzione che essa riserva allascuola.A questa “regola” non è sfuggita l’Italia post-uni-taria.Ora, assumendo l’universo scolastico come filoconduttore dell’evoluzione socio-politica della na-zione, si può andare incontro a scoperte interes-santi che confermano il contributo dellaMassoneria allo sviluppo del Paese: la Massoneriasta all’Italia come la trama e l’ordito stanno al tes-suto. Per confermare quest’ultima affermazione ci limi-tiamo ad alcuni veloci richiami.

    Ministri della Pubblica Istruzione del Regnod’Italia nel periodo della destra storica (1861-1876):

    Si esordisce con il massone Francesco De Sanctis(Governo Cavour 1861 e Ricasoli I 1862).Dopo la parentesi del Rattazzi I (1862), nei suc-cessivi Governi i titolari della P.I. sono massoni(tra questi, Michele Coppino) o, in un solo caso(Cesare Correnti), vicini alla Massoneria; mentrei posteriori governi Menabrea I, II, III non con-templano Min. P. I. massoni. Lanza (1869 - 73) richiama alla P.I., per i primi tre

    PER UNA STORIA MASSONICADELLA SCUOLA ITALIANA

    di Mario Donato Cosco

    SAGGI

    Garibaldi con le insegne massoniche

    7

  • anni (69-72) Cesare Correnti, vicino all’Ordinemassonico, per affidarsi, poi, a Quintino Sella(1872) ed a Nicola Scialoja (ago ’72 – lugl. ’73).L’esperienza della destra si conclude col GovernoMinghetti II (1873 – 1876): anch’esso con titolaridella P. I. non appartenenti alla Massoneria.

    Ministri della Pubblica Istruzione del Regnod’Italia nel periodo della sinistra storica(1876-1887):

    La stagione della sinistra storica viene inauguratadal Primo Governo Depretis, massone (1876 – 77),che richiama alla P. I. il massone Michele Cop-pino, confermato nel successivi Governi DepretisII (1877-79), III (dic.78- lugl. 79), VI � IX (1881-1887); mentre per il IV ed il V affida la P.I. al mas-sone Guido Baccelli.Dei Governi del massone Cairoli che si interca-lano con quelli presieduti da Depretis, il primo(1878) ed il terzo (1879-1881) ri-affidano la tito-larità della P.I al massone Francesco De Sanctis esolo il II, che oggi si direbbe “balneare”, (14 lugl-25 nov. 1879) ebbe Francesco Paolo Perez, non ap-partenente all’Ordine massonico, come ministrodella P.I.A questo punto ritorna utile una riflessione espli-cativa. Nell’ambito del programma di riforme della Sini-stra al potere, il Depretis fa dell’istruzione ele-mentare gratuita, obbligatoria e laica, uno deipunti fondamentali del nuovo governo, che ponein primo piano le esigenze della scuola, in parti-colare di quella primaria, “chiamata ad assolvereil compito d’integrazione delle masse popolarinelle strutture dello Stato borghese”.Michele Coppino (Alba 1822 - Torino 1901), adun anno dall’avvento al potere della Sinistra, nellefunzioni di Ministro della Pubblica Istruzione,presentò alla Camera il 16 dicembre 1876 il suoprogetto di legge sull’istruzione elementare obbli-gatoria e gratuita e, bisogna aggiungere, aconfes-sionale, che divenne la Legge n. 3.968 del 15luglio 1877, e rappresentò la grande impresa dellasua vita e alla quale legò per sempre il suo nome. Coppino, però, non dimenticò di riconoscere i me-riti dei suoi predecessori: fra tutti, Gabrio Casati,che, nel 1859, aveva varato la prima legge scola-stica. (Scuola primaria di competenza comunale.All’epoca era analfabeta il 93% della popola-zione).La legge Coppino, vieppiù, è legata al nome delpedagogista Aristide Gabelli, che collaborò allaelaborazione della legge e poi alla sua attuazione.

    Il Coppino dava alla legge un carattere laicista, fa-cendo scaturire dal criterio dell’obbligo quellodella necessità di sopprimere l’educazione cate-chista, sostituendola con l’educazione civile, rin-forzando così l’autorità dello Stato sulla scuola. Ilche portò a nuovi contrasti tra laici e cattolici conseguito di polemiche e discussioni che si trascina-rono per decenni.Nonostante i suoi limiti (essa previde l'obbligodella frequenza di due sole classi), la legge Cop-pino rappresenta una grossa conquista civile, per-ché introdusse il principio che i fanciullidovessero apprendere, oltre che a leggere e a scri-vere, anche le prime nozioni dei doveri dell'uomo e delcittadino.

    Ministri della Pubblica Istruzione del Regnod’Italia nel periodo crispino (1887 - 1899):

    Durante il periodo crispino, nonostante l’avvicen-darsi dei governi, i Ministri della P. I. sono statisempre massoni.L’attenzione e la cura verso la scuola non si affie-voliscono: è questo il periodo, infatti, dei Pro-grammi Gabelli del 1888 (Positivismo) e deiprogrammi Baccelli 1894 e del 1899 (nazionali-smo), emanati rispettivamente durante il primo edil terzo Governo Crispi, anche questi massone.

    MassonicaMente n.2 - Mag./Ago. 20178

    Michele Coppino

  • Con i primi, sostenitore del metodo positivistico,il Gabelli introdusse nella scuola una nuova me-todologia: non più un insegnamento fondato suldogmatismo e sul verbalismo, ma sulla concre-tezza e sulla lezione dei fatti.Gabelli è profondamente convinto che ogni azioneeducativa debba muovere dall’esperienza del-l'alunno. Compito della scuola, di ogni ordine egrado, è quello di "formare uomini di testachiara", capaci cioè di giudizio critico indipen-dente. ("Formare lo strumento testa").I secondi, vale a dire i Programmi varati dal mini-stro dell'Istruzione Pubblica Guido Baccelli nel1894 introducono nella scuola elementare espe-rienze di lavoro educativo: si può dire che la valo-rizzazione del lavoro educativo li pervada nel loroinsieme. Una curiosità, nella Premessa ai programmi del 1894così scriveva: “L'educatore con amore e dolcezzaincoraggi ognuno a manifestare sinceramente af-fetti, desideri e speranze, a far uso franco e apertodelle libertà di pensiero e di azione".

    Ministri della Pubblica Istruzione del Regnod’Italia nel periodo 1900-1946:

    Per i Governi del Regno successivi, e segnata-mente nel periodo compreso tra l’età giolittiana el’avvento del fascismo, affidare la responsabilitàdel Ministero della Pubblica Istruzione ad unmassone costituisce quasi una costante: dall’iniziodel secolo (Governo Saracco 1900-1901: NiccolòGallo) al 1920 (Governo Nitti I, 1919-20: RobertoDe Vito, Pietro Chimenti e Giulio Alessio, mas-sone).Questa presenza ha qualificato sempre l’azione diGoverno, impegnato tenacemente nello sforzo diadeguamento della politica scolastica al progressoculturale e scientifico.Sotto questo profilo basta ricordare che nel PrimoNovecento si iniziano a registrare gli effetti posi-tivi, se pur limitati, del sistema scolastico: scendel'analfabetismo e compare per la prima volta il fe-nomeno della disoccupazione intellettuale.Il dibattito di quegli anni, anche se destinato anon avere immediate conseguenze pratiche, è par-ticolarmente vivace, specie sui temi riguardanti laproposta della istituzione di una scuola mediaunica e sulla questione della laicità della scuola.I problemi della scuola restano al centro di un vi-vace dibattito culturale a tal punto da coinvolgereriviste come "La Voce" (1908-1916) di GiovanniPapini e Giuseppe Prezzolini; principali oggetti didisputa sono le proposte di riforma della scuola

    media inferiore e la questione dell'insegnamentodella religione cattolica nelle scuole elementari.La legge Orlando (1904) prolungò l'obbligo sco-lastico fino al dodicesimo anno di età, prevedendol'istituzione di un "corso popolare" formato dalleclassi quinta e sesta. Impone ai Comuni di isti-tuire scuole almeno fino alla quarta classe, nonchédi assistere gli alunni più poveri ed elargisce fondiai Comuni con modesti bilanci.La legge Daneo-Credaro (1911) che ha tolto l'am-ministrazione della scuola elementare ai comuniper affidarla direttamente allo Stato (stipendi deimaestri elementari a carico dello Stato).La sua applicazione fu problematica, anche per ilsopraggiungere della prima guerra mondiale.

    Ma la trama massonica sull’ordito italiano anno-vera anche altri noti personaggi: In letteratura, ad esempio, Giosuè Carducci, cele-brato campione di poesia civile (Valdicastello 27luglio 1835 - Bologna 16 febbraio del 1907); e

    SAGGI 9

    Giosuè Carducci

  • Carlo Collodi (Firenze, 24 novembre 1826 – 26 ot-tobre 1890), autore del più diffuso racconto perl’infanzia. C’è chi ritiene che l'iniziale creazionecollodiana fosse attendibilmente rivolta ad unpubblico adulto. Molti commentatori convengonoche Pinocchio, piuttosto che una favola per ra-gazzi, sia in effetti un'allegoria della società mo-derna. Ma non manca chi nel passaggio diPinocchio da burattino a bambino intravede il per-corso iniziatico del massone (migliorare se stessoper contribuire al bene ed al progresso dell’uma-nità).Edmondo De Amicis (Oneglia, 21 ottobre 1846 –Bordighera, 11 marzo 1908) scrittore e pedagogoitaliano, è conosciuto per essere l'autore del ro-manzo Cuore, uno dei testi più popolari della let-teratura italiana per ragazzi, assieme a Pinocchiodi Carlo Collodi.C’è stato anche chi (Vittorio Messori) ha definito,forse a ragione, Cuore un piccolo trattato di mas-soneria per il popolo. Nell’Italia post-unitaria incui, per dirla con D’Azeglio, c’era da “fare gli ita-liani”, era assolutamente necessario creare unanuova mitologia basata sul culto della patria edella nazione. Si dovevano gettare le basi per unareligione civile che sostituisse quella ormai radi-cata da secoli nel cuore del popolo, quel cattolice-simo che da sempre ha costituito l’unico verocollante di una gente altrimenti rigidamente di-visa per tradizioni e stile di vita. Le élites masso-niche – in cui De Amicis era perfettamente inserito– si dedicarono così a un’imponente opera di con-quista dei “cuori e delle menti”, in cui l’opera diDe Amicis ricoprì un ruolo essenziale. Ma anche Ernesto Nathan (Londra, 5 ottobre 1845– Roma, 9 aprile 1921), cosmopolita, repubbli-cano-mazziniano, massone dal 1887, laico, fu sin-daco di Roma (dal novembre 1907 al dicembre1913) e ricoprì la carica di Gran Maestro delGrande Oriente d'Italia (dal 1896 al 1904 e dal1917 al 1919), è stato un propugnatore dell’eticamassonica e un esempio di come si possa eserci-tare la tolleranza. Fu fra i fondatori della Società “Dante Alighieri”,che, come tante altre associazioni di pretta deriva-zione massonica, è stato un formidabile strumentodi diffusione della lingua e della cultura italiana.Tutti i suoi scritti mettono in luce le finalità di altoprofilo etico-sociale della Libera Muratoria, inin-terrottamente al servizio dell’umanità, perse-guendo gli obiettivi della pace universale, dellafratellanza delle genti, dell’emancipazione moralee materiale dei popoli, sicché tutti gli uomini pos-sano autenticamente dirsi «liberi e coscienti».Nel cinema e teatro, Totò (Napoli, 15 febbraio

    1898 – Roma, 15 aprile 1967). La sua affiliazionealla Massoneria viene fatta risalire al 1944, nellaLoggia Palingenesi.Ha manifestato i sentimenti della sua apparte-nenza all’Ordine massonico proprio attraverso lasua poesia più famosa 'A livella, nella quale sonomirabilmente descritti i valori della Massoneria,che lotta contro l' ingiustizia e la disuguaglianzatra gli uomini. ‘A livella è il simbolo della certezza che “nessunodeve sovrapporsi agli altri per dominarli”.E chi non ricorda il dialogo tra i trapassati Espo-sito Gennaro, netturbino, e il nobile marchese si-gnore di Rovigo e di Belluno.Al nobile, che mal sopporta la vicinanza alla suatomba di quella dell’oscuro netturbino, costui cosìlo redarguisce:Perciò, stamme a ssenti...nun fa''o restivo,suppuorteme vicino - che te 'mporta?Sti ppagliacciate 'e ffanno sulo 'e vive:nuje simmo serie...appartenimmo à morte!

    MassonicaMente n.2 - Mag./Ago. 201710

    Edmondo De Amicis

  • Con l’avvento di Mussolini al potere la Massone-ria fu messa al bando.Comunque, si può asserire che la visione masso-nica del mondo ha costituito la dimensione per-vasiva della vita politico-sociale dell’Italia delRegno. Durante questo periodo viene strutturata la piat-taforma per la costruzione dell’Italia repubblicana.

    La Massoneria del periodo repubblicano

    Agli inizi spesso ha privilegiato una dimensione“carsica” e si è trincerata dietro atteggiamenti se-

    veri di diffidenza e di sospetto. Ma ormai da piùlustri si è aperta all’accoglienza ed al dialogo conil mondo della cultura, della politica e della so-cietà civile. Ha inaugurato, vissuto e continua a vi-vere, magnis itineribus, un percorso per esserecorpo vivente della e nella società.Riprendendo l’argomentare sulla scuola si puòsottolineare che l’odierno diffuso quanto esizialepermissivismo educativo ha tralasciato di pro-muovere la disciplina interiore, il rigore, il ri-spetto dei valori.La scuola sembra ormai senza carisma: incapacedi trovare un varco che conduca alla testa ed alcuore dei giovani, sembra essersi arresa.

    SAGGI 11

    Ernesto Nathan in visita allo Zoo di Roma nel 1908

  • Oggi si rischia veramente di tirar su giovani ge-nerazioni sicuramente senza complessi e senza za-vorre, ma altrettanto senza àncore. La sfida è davvero alta, soprattutto in una societàche ha sostituito al criterio della verità quello delgradimento, in cui i più ritengono che si possa farequello che si vuole, anche se ciò è solamentesegno di inciviltà, di oscurantismo.Allora deve essere insegnato l’amore per la vita;anzi, bisogna impegnarsi a promuovere con pas-

    sione la vita con un servizio responsabile; a difen-dere con speranza la dignità e la qualità di ognivita. Per non offuscare l’originale vocazione del-l’uomo: essere immagine e somiglianza del Di-vino.I nostri comportamenti, i nostri più intimi propo-siti devono essere un “magnificat”, un inno di lodeall’Uomo, perchè per entrare nel mistero della vitabisogna mettersi al servizio dell’uomo.E’ necessario immaginare un Nuovo Umanesimo,

    MassonicaMente n.2 - Mag./Ago. 201712

    Auguries of Innocence,poema dello scrittore inglese William Blake, parte di uno dei quaderni conosciuti come “The Pickering Manuscript”.

  • inteso come consapevole conquista di un nuovosenso dell’uomo e dei suoi problemi, fondato suuna rinnovata mappa etica in grado di consentirea tutti ed a ciascuno di apprendere a vedere l’uni-verso che si stende al di là del diametro della mo-neta; di vivere, quindi, meno alienati dalla propriaumanità.Allora, quale il compito educativo per futuro? For-mare profeti della vita armati contro la civiltàdell’egoismo, capaci di “Vedere il mondo in ungranello di sabbia e un cielo in un fiore selvatico.Tenere l’infinito sul palmo della mano e coglierel’eternità di un’ora” (William Blake).Ciò potrebbe condurre a costruire un’idea-nucleoper una futura progettualità che contempli l’alfa-betizzazione emotiva almeno delle nuove genera-zioni, affinché dirigano le loro utopie possibiliverso la scoperta di un nuovo orizzonte di sensoche consenta la formazione di un uomo meno alie-nato dalla propria umanità.Ed a questo punto, allora, chiediamoci: quali in-dicazioni e prospettive la Massoneria può offrirealla società per rendere possibile la realizzazionedi una civiltà nuova ?Poiché etica e tolleranza dovrebbero essere impor-tanti inquiline dei tempi che verranno; se si vuolecoltivare la speranza di costruire una società piùgiusta, più equa, più libera, la Massoneria dovràessere necessariamente chiamata ad offrire il suocontributo di idee e di prospettive, come è acca-duto in passato.Allora, si potrebbe immaginare uno spartito etico-politico-sociale su cui scrivere le note della suasinfonia.Come accennato, viviamo in un’epoca i cui valorisono “liquidi” ed il disorientamento valoriale èormai più di un’afflizione, poiché impedisce di di-rigere la rotta verso porti sicuri a cui ancorare i no-stri comportamenti, individuali e collettivi, ormaisempre più riconducibili all’homo homini lupuspiuttosto che all’homo homini deus. Nella societàdell’apparire l’ordinato sviluppo sociale, l’indivi-duale elevazione dello spirito e delle condizionidi vita vengono compromessi dall’adesione acri-tica alle costanti metamorfosi del luna park del-l’effimero. La Massoneria, come abbiamo fin qui visto, inpassato ha contribuito alla costruzione dell’iden-tità nazionale attraverso interventi dei singolimassoni, delle associazioni e dell’Ordine stesso.Oggi l’obiettivo resta sempre lo stesso: lavorareper il bene e il progresso dell’umana famiglia, ov-viamente tenendo presente il cambiamento deitempi, delle sensibilità e delle diverse visionidella vita.

    Sotto quest’ultimo profilo, è bene ricordare che laMassoneria, tradizionalmente portatrice di un pa-trimonio di grande valore etico-culturale, oltre cheiniziatico, è un’Istituzione in permanente evolu-zione. Essa si rinnova periodicamente, stimolandoe seguendo il dinamismo storico dei popoli; peressere, così, sempre al passo con i tempi, adeguataai bisogni epocali che via via emergono nel corsodei secoli.Perciò il massone come cittadino che ha raffinatonelle Logge la propria coscienza etica ed ha ele-vato il proprio capitale culturale con metodo laico,non ideologico, deve porsi nella società, per dirlacon E. Nathan, come un «apostolo educatore»dell’Italia civile, come un «ministro di civile sa-cerdozio». L’etica, fattore di forte umanizzazione, dovrà for-nire l’orientamento e il senso di tutte le attivitàumane, comprese quelle politiche ed economiche.Anche queste ultime, infatti, seppur configuratecome discipline epistemologicamente distinte, re-stano non “separate” dall’etica e dalla legge concui interagiscono; in quanto, essendo ambitidell’umano agire, sottostanno al medesimo vin-colo etico che regola l’attività complessiva del-l’uomo.La tolleranza, soprattutto nell’attuale congiunturastorica, si configura come elemento imprescindi-bile da cui muovere per attivare forme autentichedi reciprocità interpersonali e per promuovere losviluppo di rapporti veri tra le culture e tra i po-poli; grazie ai quali interpretare la complessità deipercorsi umani e sociali e pervenire ad una di-mensione di universalità che non si origina dallamortificazione delle differenze ma dalla loro esal-tazione. Etica e tolleranza, in quanto, fondamenti della li-bertà, come già inizialmente sottolineato, potreb-bero costituire per le generazioni future il giustoviatico verso l’autenticità esistenziale. E’ questo ilcompito che può assumersi la Massoneria per ilprossimo futuro: favorire la formazione dell’uomoautentico, cioè di un uomo finalmente libero «checostruisce la sua vita su un fondamento interioretutto suo, sulla sua consapevole e autonoma per-sonalità»2.

    1 Educatio: istruzione, formazione (dello spirito)

    2 Vito Mancuso, La vita autentica, Cortina, Milano,2009, pag. 76.

    13

  • Francesco Palamara nasce a Li-pari il 16 gennaio 1885 daFrancesco e Giovanna Florio.Laureato in giurisprudenza,esercita la professione di avvo-

    cato. Nel 1911 entra a far parte della Mas-soneria e nel 1913 insieme ad un gruppo difratelli rivitalizza la Loggia “Eolia” che daqualche anno si trovava in uno stato dicrisi. Tiene il maglietto dell’Officina dal1919 al 1925. Viene eletto, per la primavolta, consigliere comunale nel corso del1920.Avversario del fascismo, unitamente adaltri massoni (Guglielmo Turchio e France-sco De Mauro) è avversato, se non perse-guitato, con rimozione da impieghi eincarichi e con proposte di confino da parte dei fa-scisti.Il 27 novembre 1946 è il primo sindaco eletto dalneonato consiglio comunale, con 28 voti su 29presenti. Rimarrà nella carica di primo cittadinosino al novembre del 1948.

    L’Officina

    Il primo pensiero di Francesco Palamara all’indo-mani della caduta del fascismo fu quello della ri-costruzione del Tempio. Come lui stesso afferma:Ci troviamo a dover rifare tutto ex novo, poiché dopo tantianni non ci è stato possibile riavere qualche cosa del mo-bilio, degli arredi e di tutto quanto avevamo e che ci venneallora sequestrato. Confermando che anche a Liparila loggia massonica era stata chiusa e sciolta dallaviolenza squadrista che aveva proceduto al seque-stro, per non dire furto, di quanto di proprietàdella loggia.Nel giro di qualche anno, tra il 1945 ed il 1946,viene individuato un locale, all’interno di un fab-bricato collocato sulla via Umberto I, noto comeex Asilo Principe Umberto, all’interno del qualedare inizio “ai lavori di ricostruzione del Tempio,per come sarebbe stato nostro vivo desiderio”.Era, molto probabilmente, lo stato di tantissimelogge in tutto il Paese. Viene chiesta all’ammini-

    strazione comunale del tempo la concessione inaffitto dei locali e la relativa autorizzazione daparte della Prefettura di Messina. Il desiderio diFrancesco Palamara si concretizzerà e la loggiapotrà ritornare a operare nel corso del 1947.

    I Feriani

    L’altro problema che focalizza l’ attenzione delM.V. è il rapporto con gli iscritti alla loggia dei Fe-riani presente a Lipari. Con la caduta del fascismoe la ripresa delle attività massoniche in tutta la pe-nisola è difficile seguire un percorso lineare, sonoanni confusi, caratterizzati da continue scissioni,riunificazioni e liti. Tutto questo si riflette nelleparole di Francesco Palamara: La notizia della sotto-missione di parte dei Feriani è stata motivo di gioia pernoi. Ho informato subito i Fratelli ed ho fatto giungere lanotizia nel campo avversario. Temo che qui non ne fa-ranno nulla, perché sono alle dipendenze di GiordanoAmari di Palermo. È facile però che alcuni di essi si di-stacchino per passare a noi.La relazione di Palamara prosegue affermandoche: Parecchi di questi feriani sono del tutto indesidera-bili. Vi sono, però, alcuni buoni elementi tratti in buonafede, per i quali ho sentore che faranno domanda per es-sere ammessi alla nostra Officina. Se ciò effettivamente av-verrà, è indubbio che la Loggia deve pronunziarsisingolarmente per l’ammissione o meno di ciascuno di essi,

    FRANCESCO PALAMARAMASSONE E SINDACO DI LIPARI

    di Giuseppe La Greca

    Il corso Vittorio Emanuele di Lipari

    14

  • ma non ho chiaro come debbono essere considerati, se, cioè,profani, come affiliandi o come regolarizzandi. Nella relazione relativa all’anno massonico 1945 -46, il M.V. afferma che 4 degli iscritti alla loggiaferiana erano stati accolti nella “Eolia”, mentre,per il resto afferma che: Delle altre domande di inizia-zione sono in corso, ma la loggia crede, in generale, di do-vere essere molto cauta e di apportare un esame serio erigoroso sui profani che bussano alle porte per evitare pos-sibili deviazioni o, quanto meno, l’ingresso a dubbiosi oda profittatori. Molti sarebbero stati i postulanti, ma permolti non abbiamo avuto orecchie, perché si trattava dielementi non sicuri nella loro serietà, o nella loro corret-tezza morale e politica.

    La Repubblica

    L’impegno più gravoso sostenuto da Francesco Pa-lamara coincide con la lunga campagna elettoraleper le elezioni del 2 giugno 1946; se nelle regionidel Mezzogiorno il voto a favore della Monarchiaraggiunge una media del 64% circa dei voti, nellaProvincia di Messina raggiunge il 77%.Ecco come Francesco Palamara racconta le vicendedi quei mesi a Lipari: La loggia vive e lavora in un pic-

    colo ambiente del mezzogiorno ove, dolorosamente, si haagio di constatare sempre più, giorno per giorno, quantogrande e funesta sia stata anche nel campo morale e poli-tico la devastazione apportata dal fascismo, specie nei gio-vani, i quali continuano a vivere tutt’ora una vita apaticaed insulsa e sono ciechi strumenti nelle mani della rea-zione, la quale da noi non ha disarmato, né accenna afarlo. Principale focolaio di reazione è in questo Oriente laex Loggia feriana, la quale, pur essendo ufficialmente di-sciolta, continua a tenere intimi legami tra tutti i suoiiscritti, che furono fino ad ieri araldi del conservatorismopseudo liberale ed oggi, dopo le elezioni, del qualunqui-smo. Se, quindi, qualche discriminazione questa loggia sa-rebbe stata in altro momento disposta a fare per qualchealtro singolo elemento, oggi, innanzi al contegno pubblicoed inequivocabile tenuto da costoro, nessuna discrimina-zione sarebbe più possibile e pertanto, forse, nemmeno unodi essi potrebbe essere ricevuto da noi, qualora per avven-tura questo qualcuno bussasse alle porte del nostro Tem-pio, ma questo timore, credo, che non vi sia. Nel mondoprofano la Loggia ha continuato a perseguire i suoi idealidi repubblicani e democratici progressisti. Salvo qualcheraro Fratello che si mostrò proclive per la Monarchia, laquasi totalità dei fratelli ha propugnato e si è battuta perla Repubblica. Non è presuntuoso affermare che i 1050

    SAGGI 15

    Lipari, 1952

  • voti (quasi il 25% dei votanti) ottenuti in questo Comunedalla Repubblica sono opera quasi esclusivamente nostra.E molti voti sono andati perduti perché dichiarati nulli, emoltissimi voti ancora non si sono avuti perché all’ultimomomento le forze del conservatorismo reazionario hannosconvolto l’opinione pubblica con il famoso pericolo del«salto nel buio» o della «repubblica rossa». Bisogna viverenel mezzogiorno, e specie poi in queste isole, per rendersiconto dello stato di regresso politico che regna nella nostramassa, facile preda a tutte le impressioni ed a tutte le sug-gestioni. Ed eravamo quasi soli nella lotta, con pochi so-cialisti, con qualche repubblicano e con un manipolocomunista, il quale ultimo, per ragioni ambientali, sa-rebbe stato meglio che nel nostro piccolo ambiente si fossedichiarato agnostico. E contro di noi, compatti, tutti glialtri partiti. Dal Vescovo al Clero, dal Pretore all’ultimoappuntato dei CC., dalla questura alle guardie di finanza,dai «cappedda» all’operaio, al contadino, al pensionato,dalle suore e dalle beghine alle borghesi ed alle donne delpopolo. Ma siamo lieti del dovere compiuto ed anche delrischio al quale ci siamo esposti, perché, in caso di sconfitta,

    la reazione da noi sarebbe stata implacabile. Tutt’ora nonvuol disarmare e provvedimenti saremo costretti a chiedereper l’allontanamento di questo Pretore, dei graduati deiCC., del commissario e degli agenti di P.S., artefici e diri-genti del qualunquismo e tuttavia perturbatori dell’opi-nione pubblica locale.Fin dalla ripresa dei lavori di questa Officina, pur la-sciando liberi i Fratelli di professare le ideologie politicheche meglio si addicevano alle loro singole mentalità, nel-l’ambito sempre dei principi della nostra istituzione, nonho tralasciato di spiegar loro le idealità e le aspirazioni po-litiche e sociali dei nostri Maestri, e specialmente contin-genti nell’immane disastro della Patria e dell’Umanità.Ciò ho in special modo fatto nel periodo pre-elettorale nelquale non ho trascurato anche di raccomandare che lalotta politica doveva essere condotta da tutti i Fratelli inmodo sereno e dignitoso, come si addice a massoni, cer-cando principalmente di educare le masse, non solo con laparola ma specialmente con l’esempio. Ma le mie parole,le mie esortazioni non sempre e da tutti vennero ricordatenei momenti cruciali della lotta. Da qualcuno si è ecceduto,

    MassonicaMente n.2 - Mag./Ago. 201716

    Uno dei quadri di Edwin Hunziker, il pittore che dimorò a lungo a lipari

  • avendo la passione di parte preso il sopravvento. E perquanto nessun incidente, anche minimo, si ebbe a deplo-rare tra fratelli, o fra fratelli e profani, la mancanza diquella obiettività e serenità che avrei voluto mi fecero vi-vere giorni di ansia e di amarezze, nonché mi costrinseroa qualche serio richiamo.La sera poi del 12 giugno era indetta, dopo la trasmissionedel giornale radio delle ore 20, la prima riunione di loggiadopo le elezioni. Con l’animo ancora più amareggiato, perle notizie che in quei giorni ci venivano trasmesse, vidipochi Fratelli intervenire ai lavori, quando, nell’ora graveche volgeva, avrei desiderato che ogni Fratello sentisse ilbisogno di serrare le file, di raccogliersi nei templi, diunirsi attorno ai propri capi per concretare la linea di con-dotta da seguire, per purificarsi delle manchevolezze avutenel precedente periodo elettorale, per scambiarsi tra tuttil’abbraccio fraterno.Credetti doveroso ricordare ai fratelli che se nel periodoelettorale in obbedienza alla libertà che deve regnare so-vrana nei nostri templi, venne lasciata libertà di scelta adogni massone nel campo politico, adesso, nell’ora grave cheattraversammo, nel pericolo incombente sulla Nazione,nessuna libertà poteva e doveva loro essere più lasciata,perché non si tratta più di scegliere tra una ideologia e l’al-tra, ma dell’adempimento del proprio dovere di cittadini;

    nella difesa delle legge e della libertà contro la reazione,che tutto voleva sommergere e che poco si curava se la Pa-tria potesse precipitare in una guerra civile. Che pertantointendevo e volevo che ogni fratello, senza reticenze, senzaincertezze, senza perplessità, compisse preciso ed intero ilproprio dovere e che pertanto sarei stato inflessibile controi perplessi ed i timidi, i quali non potevano trovare postotra le nostre file. Siccome, però, intendevo parlare a tutti ifratelli indistintamente, quella sera stessa indissi una riu-nione straordinaria per il successivo giorno 14, nella qualeebbi l’intervento di tutti i fratelli presenti all’Oriente. Intale riunione straordinaria ribadii i concetti già espressinella precedente seduta; deplorai le asprezze che in certimomenti aveva assunta la lotta e che dette asprezze non siaddicono al massone; feci presente che nell’attuale mo-mento, del tutto eccezionale della nostra vita nazionale, edun po’ anche di quella nostra locale non si trattava più diideologie, ma della difesa della Patria e della libertà; chequindi se prima le differenti ideologie avevano potuto te-nerci divisi, oggi il perdurare della divisione, il permaneredelle animosità, sarebbe stato delitto verso noi stessi, versola nostra istituzione, verso la Patria. In conseguenza dissiche non rivolgevo più un appello, ma emanavo un ordineche doveva essere rigorosamente eseguito: ciascun fratellodoveva compiere il proprio dovere di massone; ciascuno do-

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    Lipari, 1952

  • veva essere difensore dei risultati della volontà popolare,assertore della pacificazione tra tutti gli italiani, fustiga-tore verso quei male intenzionati che cercavano il fomen-tare le discordie, le ire, la guerra fratricida, o che, peggio,cercavano di staccare la Sicilia dall’unità nazionale; cia-scuno doveva rendersi apportatore di serenità, di pace, dichiarificazione anche nel nostro piccolo mondo profano nelquale, per meschino giuoco elettorale, si era avvelenatal’opinione pubblica e si continuava ancora ad avvele-narla, ricordati che la Repubblica è principalmente operanostra; che essa corona il sogno, l’aspirazione, il sacrificiodei nostri Maestri e dei nostri martiri; che solo oggi dallatomba di Staglieno si ergeva placata e serena la figura delMaestro e ci mandava un duplice ammonimento; difen-dere la conquistata libertà con tutte le nostre forze, con tutti

    noi stessi; formare con la parola e con l’esempio il nuovocittadino, la nuova Patria. Ammonii che per l’Italia, perl’Umanità cosi doveva essere e che era precipuo dovere deimassoni che così fosse; che solo così operando avremmo po-tuto sperare che ci venissero allentate le catene con le qualigli imperialismi mai sazi, le plutocrazie sempre avide cer-cano di cingere la sventurata nostra Patria.Sono stato forse duro e forse anche ho acceduto nell’ordine.Ma era necessità, occorreva mostrare un pugno di ferro,parlando prima da fratello a fratello, con cuore aperto acuori che certamente avrebbero saputo sentire e compren-dere. Ed infatti i fratelli tutti hanno ben comprese le mieparole; hanno sentito, comprese e fatte proprie le preoccu-pazioni ed i tormenti dell’animo mio, e le mie parole fu-rono lungamente coperte ed alcuni fratelli vollero

    MassonicaMente n.2 - Mag./Ago. 201718

    L’archeologo greco Christos Doumas individua Lipari nella pittura murale rinvenuta a Santorini, Grecia.

  • scambiare con me il loro triplice amplesso. Vivevamo allorain un ambiente profano così avvelenato ad arroventato, alpunto che giorni prima questo commissario di P.S. avevainteso la necessità di chiamare nel suo ufficio tutti i rap-presentanti dei partiti e che si cercasse da tutti di fare operadi chiarificazione e di distensione, a che si sventassero e,occorrendo, si individuassero i seminatori di allarmi e dipreoccupazioni che si andavano propagandando in paesee nelle campagne e che minacciavano di creare gravi di-sordini. Occorreva quindi che noi di loggia promuovessimoun blocco di resistenza e di chiarificazione e dei quali noidovevamo essere i dirigenti, anche perché, ove dolorose eve-nienze fossero avvenute, avremmo potuto fare poco asse-gnamento sui CC e gli agenti di P.S., essendo essi, nella lorogran maggioranza, creatori e suscitatori del movimento

    qualunquista e separatista in questo Oriente. Il nostro con-tegno deciso, energico, al quale si sono uniti molti profani,è valso ad apportare la tranquillità tra questa buonagente, alla quale si era fatto intendere che la Repubblicaavrebbe espropriata la piccola proprietà privata edavrebbe violato le chiese e le famiglie.

    Sindaco

    Con l’avvio dell’esperienza del sindaco Palamara,la situazione finanziaria del Comune di Lipari è alcollasso, l’esportazione della pomice, principalecespite delle entrate comunali, langue, le diverserichieste di aumento della tassa non vengono ap-provate dal Governo centrale. Nella seduta del 1aprile 1947, in sede di relazione al bilancio di pre-visione, l’assessore alle Finanze, avv. GiovanniRaffaele, fa rilevare in aula che: (…) principalmentele gravi condizioni finanziarie del Comune, che, a causadella mancata esportazione della pomice si è trovato inserie difficoltà, e, per quanto abbia ridotto al minimo tuttele opere pur tuttavia con le entrate ordinarie non si è ingrado di pareggiare il bilancio, per cui sarebbe opportunoche il Governo Centrale intervenisse con provvedimentistraordinari per sopperire ai bisogni del Comune, che datala particolare ubicazione del suo territorio frazionato in 6isole e 12 frazioni comporta spese per pubblici servizi digran lunga superiori a quelle degli altri comuni di egualeimportanza demografica.Nel corso del 1947 nascono problemi interni allagiunta ed alla maggioranza che conducono il sin-daco a rassegnare le dimissioni. Il tutto viene ri-composto nella seduta del consiglio comunale del1 settembre 1947, con la riconferma del sindaco ela nomina di una nuova Giunta municipale. Defe-rente ai voleri dei colleghi, il sindaco Palamara, purritenendo assai gravosa la carica, l’accetta, fidandonel valido aiuto della nuova Giunta e nell’appog-gio del consiglio e delle autorità. Tra le azioni di maggior rilievo dell’amministra-zione Palamara va evidenziata l’attenzione versola soppressione della colonia di confino. Il 18 gen-naio 1947 il consiglio vota ad unanimità la propo-sta del consigliere-assessore Leonida Bongiorno.In considerazione della triste reputazione dell’isola nostracome luogo di segregazione e di pena, particolarmente oggi,con le varie centinaia di stranieri rinchiusi al Castello, chedomani, liberi, in tutto il mondo pronunceranno il nomedella nostra terra con disprezzo del ricordo di una galeramagari senza sbarre, tenuto conto ancora che nelle prin-cipali linee ferroviarie e nelle rispettive stazioni, la curio-sità dei viaggiatori trova invariabilmente la sola riposta“Li portano a Lipari” in quanto questa povera gentevenne e viene tuttavia trasportata con catene ai polsi e conmitra e fucili mitragliatori fieramente puntati addosso,

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  • tener poi conto delle garitte aeree sorte in queste ultime set-timane lungo il perimetro del castello e che presentanosenza equivoco questo ultimo come un luogo di pena, ilconsigliere propone ai colleghi un invito preciso al governodi Roma per l’immediata soppressione e relativo trasferi-mento di questa “colonia” che ormai diventata una pe-renne vergogna per tutti i cittadini eoliani. Il 1° aprile 1947 il consiglio ritorna a trattare l’ar-gomento: il consigliere Bongiorno, chiesta e ottenuta laparola, propone che il consiglio emetta un voto al compe-tente Ministero perché venga soppressa a Lipari la Coloniadi confine e d’internamento, in quanto mentre si cercad’incrementare e valorizzare l’arcipelago Eoliano, comemeta di turismo, purtroppo, Lipari è conosciuta principal-mente come luogo di espiazione di pena e d’internamento.Propone che sia inviato un memoriale al suddetto Mini-stero dello Interno. Il sindaco mise ai voti la propostadel consigliere Bongiorno ed il consiglio approvòad unanimità la proposta, incaricando nel con-tempo il consigliere Bongiorno a redigere ed ap-prontare il memoriale deliberato.

    Nel ricordo di Domizio Torrigiani

    L’attenzione alla problematica del confino, daparte del Francesco Palamara, non era dettata solodagli avvenimenti contemporanei ma veniva dalontano, dal ricordo di Domizio Torrigiani. Eccocome lo racconta il M.V. avendolo conosciuto per-sonalmente. Il pensiero del Grande Maestro Domizio Torrigiani, che inquest’isola iniziò il suo martirio, ha rievocato in me e neiFratelli anziani di questa Officina ricordi dolorosi ma cari.Incontravamo sempre, parecchie volte al giorno, il nostroGrande Maestro, accompagnato costantemente da unagente di P.S., senza poterlo avvicinare, anche perché que-

    sto era stato l’ordine che egli ci aveva fatto pervenire primache giungesse a Lipari. Ci dovevamo limitare a salutarlofugacemente, e molte volte di nascosto per non fargli ina-sprire i rigori del confino e perché parecchi di noi eravamoanche nella condizione di quasi confinati. Ma egli ci cono-sceva tutti: sapeva, vedeva che i nostri cuori erano legati aLui, che di Lui ci occupavamo senza apparire ma per in-terposte persone. Ed infatti tenevamo continui contatti conlui, ed egli con noi, a mezzo dell’On.le Bergamini e di altriconfinati tra i quali Capena e Magri. Quando egli poi,molto sofferente negli occhi, lasciò quest’isola per esseremandato in un luogo di cura, rompemmo la consegna e,pur in mezzo al nugolo di poliziotti che lo circondavano,gli porgemmo il nostro viatico di amore, di fede, di augu-rio. L’ho sempre presente dinnanzi agli occhi nella suamesta serenità, con un poliziotto che costantemente glistava alle calcagna e che lo seguiva ad un passo di distanzaper le vie del paese. Giorni tristi e di dolore quelli per luie per noi; ma egli sapeva e sentiva che noi e tutta la popo-lazione dell’isola eravamo attorno a lui, vigili, attenti,come eravamo attorno a tutti gli altri confinati politici, checostituivano allora una vera élite, tanto che la P.S. e la mi-lizia non nascondevano che questa popolazione parteg-giava apertamente per i confinati. E posso assicurare chequesto palese sentimento di simpatia della intera popola-zione liparese verso tutti i confinati politici di allora, s’im-poste e tenne sempre a bada gli aguzzini.

    Francesco Palamara è morto a Messina il 28 agosto1951: a tanti anni dalla scomparsa il suo messag-gio di amore per la sua terra, per la sua gente, perl’ istituzione massonica, ci arriva forte e chiaro emi auguro sia di stimolo e d’esempio per tutti co-loro che amano riscoprire pagine del nostro pas-sato.

    MassonicaMente n.2 - Mag./Ago. 201720

    sopra: Domizio Torrigiani

    a lato: 1941- Ospedale di Lipari

  • “3 Novembre 1867. La nebbia incombeva: comeun sudario copriva i corpi dei caduti; sui campi,umidi di pioggia, si lasciavano i compagni, colpitimortalmente dagli chassepots. Gli scampati affret-tavano la fuga; i più generosi fraternamente aiu-tavano i feriti […]. L’angoscia della sconfitta eraaccresciuta dal disordine delle schiere e dall’umi-liazione del ritorno”1.Brevi frasi che fotografano lo sconcerto, la delu-sione e il dramma dei garibaldini sconfitti a Men-tana da papalini e francesi, quest’ultimi spediti aRoma da Napoleone III a difesa del Papa-Re.Più di mille tra morti e feriti, 1400 circa i prigio-nieri: cifre che da sole testimoniano la disfatta,l’olocausto dei volontari, che con il loro coraggio,lo spirito di abnegazione e il sacrificio della pro-pria vita scrivevano una nuova pagina di eroismonel panorama del Risorgimento Italiano.I patrioti laceri e contusi, tornavano per lo più aTerni, terra di confine dopo il 1860 collo Statopontificio e Centro insurrezionale per eccellenzaper la conquista di Roma.I volontari erano giunti in città da ogni parte d’Ita-lia, attratti, ancora una volta, dall’amor di Patria,dal sogno di Roma e dal richiamo di Giuseppe Ga-

    ribaldi. Con i cuori gonfi di speranza e l’animopieno di certezze erano accorsi numerosi, giovanie vecchi, per raccoglier il grido di “Roma oMorte”.L’episodio di Pescecotto2, messo in atto dai pa-trioti ternani nel mese di giugno, un’azione sot-tovalutata e spesso trascurata dalla storiografiaufficiale, aveva riacceso gli animi e risollevatosperanze, dimostrando come, a distanza dell’in-fausta giornata d’Aspromonte, il movimento de-mocratico fosse ancora vivo e pronto alla lotta. Lasituazione politica internazionale inoltre venivagiudicata favorevole ad un colpo di mano, sicuroappariva l’assenso del Re e del Governo. Negliambienti diplomatici s’era poi convinti che laFrancia avrebbe accettato il “fatto compiuto”. Logarantivano da Parigi Costantino Nigra e Gioac-chino Pepoli. Il buon Rattazzi sembrava ripercorrere, con la so-lita ambiguità, la politica di Cavour, con VittorioEmanuele che assicurava tra le righe l’interventodell’Esercito italiano per fermare i francesi, se

    fossero intervenuti.Il Centro Nazionale di Firenze s’era messo a pro-grammare l’azione, raccogliendo volontari che ve-nivano spediti a Terni con un biglietto di terzaclasse, mentre il Governo forniva i mezzi neces-sari. In proposito il corrispondente del “Journalde Genève” il 23 di ottobre scriveva: “[...] Ho ve-duto io stesso preparare pacchi di monete d’orodestinate a preparare l’insurrezione romana, spe-dire per ferrovia casse d’armi e munizioni, colli dicoperte e provviste al Comitato di Terni […]”.La città, al confine col Patrimonio di S. Pietro, erastata eletta a base logistica della spedizione e cen-tro di raccolta dei volontari, come recitava il poetaCesare Pascarella nel suo sonetto rievocativo ATerni fu l’appuntamento3. La sua partecipazione emotiva all’avvenimentospinse Pietro Del Vecchio ad affermare “[…] tratante città, insieme a Varese, mi parve la più pa-triottica […]” e a definire Pietro Faustini come “IlGaribaldi di Terni”. Questi era il capo del Comitato insurrezionale.Educato ai principi di libertà dal padre, che avevasaggiato le attenzioni della polizia e dall’esempiodello zio, Francesco Guardabassi, denominato il

    LA BATTAGLIA DI MENTANA“A TERNI FU L’APPUNTAMENTO”

    di Sergio Bellezza

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  • “Babbo dei perugini”, aveva giovanissimo aderitoalla Carboneria, divenendo presto Venerabiledella vendita ternana. Notoria la sua appartenenzaall’Istituzione, confermata dal Leti che lo definì“fervente massone”4.Per meglio sfuggire agli sgherri pontifici, dimo-rava in una stamberga sul Nera, da cui raggiun-geva, via fiume, il proprio quartier generale, ilcasino di Pescecotto, una costruzione arcigna epiena di nascondigli, in mezzo ad una folta zonaboschiva, da cui si spaziava su l’intera conca ter-nana. Mazziniano, dal ‘48 fu sempre a fianco di Giu-seppe Garibaldi, Sarnico e Aspromonte com-presi. Durante la Repubblica Romana ebbel’incarico di curare le fortificazioni della città e diraccogliere volontari nella Provincia dell’Umbria.In occasione della Campagna dell’Agro romanofu incaricato di dirigere il Comitato Insurrezio-nale di Terni, come attesta la dichiarazione auto-

    grafa del Nizzardo: “[…] sebbene non fosse effet-tivamente nominato ufficiale, giacché mai ne mo-strò desiderio, per la di lui ammirevoleabnegazione e disinteressato patriottismo, lo siteneva in molto conto […] Per non aver mai man-cato agli affidatigli incarichi, lo si volle onorarenel 1867 del grado di Presidente del Comitato In-surrezionale […]”. Altro componente il Comitato Federico Fratini, dapoco uscito di galera. Aderente alla Giovine Italia,lo troviamo nel ’49 a difesa della Repubblica Ro-mana; nel ’53 era nominato da Saffi Commissarioper l’insurrezione dell’Umbria. Scoperto, sfuggivaall’arresto e raggiungeva Genova, da cui tornavaqualche tempo dopo sotto mentite spoglie. Arre-stato nel ’55 per una delazione, era condannato a15 anni di reclusione, scontati nelle segrete pon-tificie, compagno di cella di Giuseppe Petroni,l’ultimo prigioniero del Papa-Re, futuro GranMaestro della Massoneria italiana.

    MassonicaMente n.2 - Mag./Ago. 201722

  • Completavano il Comitato noti patrioti come Ri-naldo Benigni, Attilio Cerafogli, Lorenzo Cara-ciotti, con Augusto Fratini nelle vesti disegretario.Il Comitato da tempo alimentava lo spirito di li-bertà dei giovani, accoglieva e sosteneva fraterna-mente gli esuli romani, custodiva le armi, nascostein città fin dai tempi di Aspromonte. I volontari arrivavano con tutti i mezzi da ogniparte d’Italia. Accanto ai veterani di tante batta-glie, giovani ansiosi di partecipare all’ultimo attodel Risorgimento Italiano: la liberazione di Roma.Una presenza che divenne moltitudine e mise adura prova le capacità ricettive di una città piccolacome Terni e quelle organizzative del Comitato in-surrezionale locale, malgrado il sostegno di quelloNazionale. A dispetto delle difficoltà, era necessario spegnerei facili entusiasmi ed organizzare i volontari, comeimponevano le regole militari; ma non era facilevincere l’inesperienza delle nuove leve e le fidu-ciose certezze degli anziani. Malgrado l’apporto difigure come Crispi e il gen. Fabrizi, scesi a Terniper coordinare l’azione, regnavano approssima-zione, disordine e confusione. Si sfiorava l’inco-scienza: in parecchi s’avviarono al “grandecimento”, come ebbe a scrivere Anton Giulio Bar-rilli5, senza alcuna arma da fuoco, semplicementecon un coltellaccio nella cintola o una roncola inmano. La prima colonna partì la mattina del 5 ottobreagli ordini del Maggiore Fazari e raggiunse Ne-rola, dove ad attenderla era Menotti Garibaldi, ve-stito da boscaiolo. Lo stesso giorno si scontrò con una compagnia dizuavi. Racconta il Pizzetti: “[…] stesi alla caccia-tora, marciammo verso il nemico, mentre quellidisarmati ci seguivano a distanza, impressionan-dolo per numero e coraggio […]”. Astuzia e geniomilitare avevano nascosto per il momento limiti edeficienze. Occupata Montelibretti, la colonna dovette respin-gere, il giorno 13, un attacco della gendarmeriapontificia. Nello scontro rimase ferito il Fazari, su-bito trasportato in carrozza a Terni, dove funzio-nava un ospedale da campo. Vi perse invece la vitail capitano Raffaele Rossini. Ufficiale dell’EsercitoItaliano, aveva combattuto nella III guerra d’indi-pendenza e s’era distinto nella lotta contro il bri-gantaggio.Comandante della III Compagnia dei Volontari,trovò la morte, mentre rintuzzava con i suoi uo-mini un attacco degli zuavi, come riferisce un te-stimone oculare “[…] nella mischia, con larivoltella in mano, si difendeva eroicamente ed in-

    coraggiava i propri soldati, finché non venne col-pito mortalmente […]”.Mancava ancora Garibaldi, atteso di giorno ingiorno, da un momento all’altro. Improvvisa giun-geva la notizia del suo arresto. Un naturale scon-certo s’insinuò nelle file dei volontari, che s’eranoandate ingrossando sempre di più. Cominciaronole prime defezioni, che purtroppo continuaronoanche nei giorni successivi. Gli animi si riaccesero con l’arrivo del Generale,fuggito in modo avventuroso da Caprera. Il Nizzardo, dopo l’arresto a Sinalunga, era statorinchiuso nelle carceri di Alessandria, da cuivenne liberato a seguito della violenta protestapopolare, orchestrata dal Gran Maestro della Mas-soneria Luigi Frapolli6. Relegato nell’isola, guardato a vista dalla marinaregia, all’imbrunire del 14 ottobre il Nizzardo, sci-volando tra i rovi e gli scogli, scendeva a mare,dove una pianta di lentisco nascondeva alla vistadei guardiani “il beccaccino”. Edoardo Barberini e un giovane sardo l’aiutaronoa mettere in acqua la piccola imbarcazione, mentreFroscianti, colla barba folta e indosso i panni delGenerale, circolava per l’isola, traendo in ingannoi carcerieri. Superato il Passo della Moneta, il Generale appro-dava a La Maddalena, ospite della signora Col-lins. Raggiungeva poi Livorno e successivamenteFirenze, mentre dalle navi si continuava a telegra-fare al governo “Nulla di nuovo a Caprera”. Con un treno speciale organizzato da Crispi, il Ge-nerale arrivava il 20 a Terni, da cui nella notte sa-rebbe partita la spedizione dei fratelli Cairoli, perrifornire d’armi Roma, che avrebbe dovuto solle-varsi. La ribellione interna, secondo lo schemaclassico di ogni insurrezione, avrebbe giustificatol’intervento esterno di Garibaldi e dei suoi legio-nari.L’invio di armi e munizioni, secondo i piani, sa-rebbe dovuto avvenire, opportunamente camuf-fate, con treni merci in partenza da Terni, ma ilcap. Ghirelli, comandante del corpo dei volontariromani, contro ogni disposizione, aveva fatto sal-tare il ponte sul Tevere nei pressi di Orte, inter-rompendo i collegamenti ferroviari con Roma. S’avviarono così da casa Fratini 60 giovani arditi,cui se ne aggiunsero per strada altri 15, legati daun giuramento di sangue e pronti all’estremo sa-crificio, seguiti, in funzione d’ambulanza, daquello che Pascarella definì

    “n’onnibussetto tutto sgangheratodov’ognuno ce montava un po’ per vorda”

    SAGGI 23

  • Con perizia, tanto coraggio e un pizzico di fortuna,arrivarono alle porte di Roma. Anziché una cittàin rivolta trovarono ad attenderli a Villa Glorizuavi e antiboini, superiori nel numero e nell’ar-mamento. Il loro sacrificio, paragonato da Garibaldi a quellodi Leonida alle Termopili, come un cattivo presa-gio, anticipava l’olocausto di Mentana e il falli-mento della campagna dell’Agro Romano.Il 25 di ottobre il Generale, accompagnato dalFaustini e da Jesse White, raggiungeva il confine,accolto a Scandriglia dai suoi al grido di “W Gari-baldi, W Roma Capitale d’Italia “, mentre i soldatidell’esercito facevano ala al passaggio dell’Eroe,salutandolo militarmente. Ritrovato l’entusiasmo e rinserrate le fila, i gari-baldini mossero su Monterotondo, dove i papalinievitarono lo scontro aperto, barricandosi entro lemura. Durante la notte un gruppo di volontari si avvi-cinò alla città, trovandosi casualmente a ridossodi una delle porte, che non era presidiata dal ne-mico.Trovate nelle vicinanze legna e fascine, dopoaverle cosparse di zolfo e petrolio prelevati allastazione, le addossarono alla porta e appiccaronoil fuoco alla catasta.Le fiamme si sprigionarono altissime, illumi-nando a giorno tutta la zona, con i garibaldini, unasessantina circa, che ballavano dalla contentezza egridavano a squarciagola. Il chiasso infernale e ilforte chiarore ne richiamarono altri, che si porta-rono dietro i due cannoncini, dono della contessaManni di Terni, con cui finirono di demolire laporta. Accorsero però anche i papalini, che dal-l’alto delle mura presero a sparare sui volontari,ferendone parecchi ed uccidendone più di qual-cuno. Accorse pure il Generale, che, arrabbiatis-simo, ordinò ai suoi l’immediata ritirata.Alle 4 di mattina, spronati dagli squilli di trombadel sergente Molinari, i garibaldini occuparonoMonterotondo, vincendo la labile resistenza deglizuavi, che esposero bandiera bianca in segno diresa sulla torre del castello. La conquista di Monterotondo fu funestata dallamorte del Maggiore Testori, che portatosi nel ma-niero a trattare la resa, venne freddato dallo sparodi un antiboino. A operazioni concluse, circa 350 i papalini fattiprigionieri e consegnati a Passo Corese nelle manidelle truppe regie.Mentana fu presa senza combattere: le forze pon-tificie si erano ritirate a Roma e attendevano tra lemura della città l’arrivo dei Francesi. Napoleone III, condizionato dai cattolici, che ne

    sostenevano il governo, aveva intanto inviato uncontingente di 23.000 uomini, che partiti dal portodi Antibes stavano sbarcando a Civitavecchia peraccorrere alla difesa di Roma.Garibaldi, che in un primo momento aveva pen-sato di impedirne lo sbarco, decise infine di muo-vere verso Tivoli, per ricongiungersi con le forzedi Nicotera. La natura del terreno gli avrebbe evi-tato lo scontro frontale ed esaltato le caratteristichecombattive dei suoi legionari, il cui numero s’eraancor più assottigliato dopo il proclama di VittorioEmanuele: “[…]Italiani! Schiere di volontari ecci-tati e sedotti dall’opera di un partito, senza auto -rizzazione mia né del governo, hanno violato lefrontiere dello Stato pontificio [...]”.La mattina del 3 Novembre fu però costretto adimpegnar battaglia contro i pontifici, che, usciti daRoma, gli sbarravano il passo. Lo scontro fu cruento e si protrasse per l’interamattinata. Proprio quando la vittoria sembravaormai arridere ai garibaldini, verso mezzogiornoarrivarono i francesi. La lotta si fece subito impari. I volontari ormaistanchi non avevano la forza di contrastare l’urtodei nuovi arrivati; il coraggio e l’eroismo dei ga-ribaldini si rivelava poi insufficiente contro i colpid’artiglieria pesante dei transalpini.Il Generale s’era battuto come un leone, semprein mezzo alla mischia, incurante del pericolo, madovette alla fine rassegnarsi alla sconfitta di frontealle soverchianti forze nemiche e coll’esercito de-cimato da diserzioni, morti e feriti.Tornato a Passo Corese, consegnava le armi nellemani dell’Esercito regio e in treno faceva ritornoa Terni.La sconfitta quando ormai Roma era a due passi,il tradimento del governo italiano, il senso di ri-nuncia e le tante defezioni, di cui darà la colpa aMazzini, accendevano di delusione il suo animodi combattente e di italiano. Ritiratosi nell’eremo di Caprera, il Generale noncombatterà più in Italia e per l’Italia. Ritornerà suicampi di battaglia nel ’70 in Francia a difesa dellaRepubblica, minacciata dall’arroganza dei Prus-siani.A Mentana gli antiboini erano armati con gli chas-sepots, in dotazione per la prima volta alle truppedi Napoleone III. Sui nuovissimi fucili a ripetizione, tra l’altro co-struiti in Italia, si è tanto favoleggiato, a comin-ciare dal gen. De Failley, che nel dispaccio algoverno francese riferiva: “Les Chassepots ont faitmerveille” sui petti degli italiani . Una battuta di cattivo gusto e una falsità, che ser-viva ai vincitori e giustificava gli sconfitti. La ve-

    MassonicaMente n.2 - Mag./Ago. 201724

  • SAGGI 25

  • rità, come riferiva il garibaldino Augusto Mon-bello nei suoi ricordi, è che si inceppavano conti-nuamente; i francesi poi dimostravano unapessima mira, tanto che i loro tiri s’alzavano didue terzi almeno sopra il bersaglio, finendo per lopiù sulla parte alta del castello.Ben altre furono le cause della sconfitta dei volon-tari:- costretti ad ingaggiare battaglia con le truppepontificie fin dal primo mattino, si trovarono adaffrontare esausti i nuovi arrivati;- a nulla valse il coraggio di un esercito logoro estanco, sprovvisto di artiglieria, ridotto ormai daperdite e diserzioni a meno di 5.000 uomini;- lo stato maggiore di Garibaldi non era più quelloefficiente e sperimentato della Repubblica Ro-mana o della Spedizione dei Mille.Anche i garibaldini stanchi e laceri tornarono in-dietro, feriti nel corpo e nell’anima. “A Terni fudi nuovo l’ appuntamento”, questa volta triste edoloroso. Delusione e rabbia avevano sostituito entusiasmoe speranze. Non si cantava più: “a Roma anderem,a Roma anderem” ma: “il sangue versato a Romae Mentana / di sangue francese, impreca fiumana”La città commossa e stordita piangeva con dignitài propri morti, curava con rassegnazione i feriti,accoglieva con affetto quei giovani sconfitti edumiliati. S’adoperava infine per il loro rimpatrio.Ma prima che lasciassero Terni, volle onorarli conuna grande festa a Piazza dell’Olmo con balli,canti patriottici e fiumi di vino. Cantando a squar-ciagola “Su Roma, su Roma dobbiamo tornar”s’esorcizzavano delusione e rabbia, si alimenta-vano di nuovo illusioni e speranze, si riaffacciavanei cuori più forte che mai il sogno di Roma Ca-pitale. Il XX settembre non era poi così lontano.

    Bibliografia

    Anton Giulio Barrilli, Con Garibaldi alle porte diRoma, Fratelli Treves, Milano 1888.Sergio Bellezza - Telesforo Nanni, 1867: l’Ospedaledei Volontari, in AA.VV. Farmacia Falchi un bene perla comunità, Arti Grafiche Celori, Terni 1994.Italo Ciaurro, L’Umbria e il Risorgimento, CappelliEditore, Rocca San Casciano 1963.Giuseppe Leti, Carboneria e Massoneria nel Risorgi-mento italiano, Arnaldo Forni Editore, Bologna1966, ristampa anastatica dell’edizione di Genova1925.Cesare Pascarella, Villa Gloria, Fratelli Treves, 1888.Carlo Patrucco, Documenti su Garibaldi e la Massone-ria, Gherardo Cacini Editore, Sant’Arcangelo diRomagna 2012. Vincenzo Pirro, Terni nell’età del Risorgimento (1814-1870), Edizioni Thyrus, Terni 2005.

    1 Sergio Bellezza - Telesforo Nanni, 1867: l’Ospedale deiVolontari, in AA.VV. , Farmacia Falchi un bene per la co-munità, Arti Grafiche Celori, Terni 1994, pag. 33.2 La sera del 18 Giugno, un centinaio di giovani ter-nani, radunati nel casino Faustini, partirono da Piandi Maratta alla conquista di Roma. Giunti sui Montidella Fara, furono intercettati dai Granatieri dell’Eser-cito Italiano, appostati sul confine Pontificio. I più fu-rono presi e rinchiusi nelle carceri di Narni e di Rieti,quelli entrati in territorio nemico, disarmati dalla gen-darmeria papalina; altri arrestati, nella quiete delleloro case, appena tornati in città. Tra costoro anche Pie-tro Faustini,, tradotto nelle carceri di Bologna e reclusopoi alle Murate di Firenze. Processato, venne assoltoper intercessione di Francesco Guardabassi, senatoredel Regno.3 Cesare Pascarella, Villa Gloria, Fratelli Treves, Mi-lano 1888.4 Giuseppe Leti, Carboneria e Massoneria nel Risorgimentoitaliano, Arnaldo Forni Editore Bologna, ristampaanastatica dell’edizione di Genova del 1925.5 Anton Giulio Barrilli, Con Garibaldi alle porte di Roma,Fratelli Treves, Milano 1895.6 Firenze 25 settembre 1867. Appello a tutti i Mas-soni d’Italia: “[…] Il nostro Gran Maestro OnorarioGiuseppe Garibaldi, primo Massone d’Italia, è chiusoin una fortezza. Fratelli riunitevi, firmate e fate fir-mare a migliaia petizioni al Parlamento per l’imme-diata liberazione di Garibaldi […]”.

    MassonicaMente n.2 - Mag./Ago. 201726

  • Lo studio condotto da Monica Campa-gnoli e Gianmichele Galassi si muovesu di un terreno di ricerca fino ad oggisostanzialmente inesplorato: l’inda-gine sulla posizione dei deputati to-

    scani appartenenti alla Libera muratorianell’ambito delle votazioni nominali in parla-mento durante l’età liberale. I due autori hannosuddiviso cronologicamente l’analisi in due ma-croperiodi politici - gli anni della destra e della si-nistra storica - e, all’interno di essi, nelle varielegislature.Gli obiettivi iniziali dell’indagine erano sostan-zialmente due: verificare l’esistenza di un “partitodella Massoneria” e, in caso di risposta afferma-tiva, valutare la possibilità di configurarlo come

    un partito della borghesia.L’analisi è stata condotta con l’ausilio dei modernistrumenti informatici, che hanno permesso di rac-cogliere in un archivio digitale, oltre al comporta-mento di voto, tutti i dati biografici più rilevantied in particolare l’attività lavorativa dei vari sog-getti e la posizione all’interno della società. Questo ha consentito di fotografare nel dettagliola posizione assunta da ogni deputato della depu-tazione toscana appartenente alla Massoneria neiconfronti del governo all’interno delle varie legi-slature e di poter evidenziare l’eventuale esistenzadi una possibile linea comune.Lo studio dei deputati massoni eletti nei collegitoscani offre un quadro composito sia socialmenteche politicamente: sotto i simboli del GrandeOriente entrarono in contatto personaggi eteroge-nei che, con ruoli diversi, contribuirono alla co-struzione delle istituzioni nazionali.A causa del legame tra Massoneria e Risorgimentoall’indomani dell’Unità d’Italia L’istituzione rive-stì un ruolo chiave nel processo di omologazioneculturale, costituendo per i suoi affiliati una piat-taforma comune improntata sul laicismo, la demo-crazia e l’impegno politico, insieme a quellosociale.Un numero consistente di Liberi Muratori di altoprofilo si trovò ad occupare a livello nazionale glispazi istituzionali offerti dal nuovo stato, di solitodopo aver esercitato per lungo tempo l’attività digoverno in ambito locale ed aver ricoperto ruoliapicali in associazioni della società civile neglianni antecedenti all’Unità, concorrendo a determi-nare l’identità dell’Italia liberale. Quest’ultimoelemento riveste un’importanza fondamentale percomprendere il ruolo dell’Istituzione all’internodel Paese nel periodo liberale: buona parte delpeso della Massoneria derivava proprio dalla ca-pacità di incidere nella società civile e la possibi-lità di far eleggere deputati amici o addiritturaappartenenti al Grande Oriente poneva le propriebasi sul fatto che i massoni si trovavano spesso alvertice di società operaie e di mutuo soccorso, diamministrazioni pubbliche, di enti economici, dibanche e di circoli culturali.

    MASSONERIA E POLITICADI MONICA CAMPAGNOLI E GIANMICHELE GALASSI

    Mimesis Ed, Coll. Il Flauto Magico, 2017

    a cura di Massimo Nardini

    FRA GLI SCAFFALI 27

  • Per quanto riguardava il loro comportamento inAula, essi subivano, al pari di qualsiasi altro de-putato, condizionamenti legati al gruppo politicodi appartenenza, alla provenienza geografica, allemeccaniche del trasformismo e all’Istituzionemassonica.La ricerca, ricostruendo il quadro economico incui essi si trovavano ad agire, contribuisce a trac-ciare un quadro dettagliato della classe dirigentetoscana e, nello stesso tempo, del Grande Orientee del Parlamento.La composizione della Massoneria appare forte-mente caratterizzata dalla presenza della borghe-sia: quella agiata e quella della grande proprietà,sommata a quella delle professioni minori, delceto medio impiegatizio e di quello dedito al com-mercio, rappresentava oltre il 40% del totale degliaffiliati (senza includere nel computo militari, stu-denti, artisti e pubblicisti). Il possesso di un titolodi studio corrispondente alla laurea costituiva ildato caratterizzante: si tratta di un élite colta, conuna formazione umanista o scientifica,indirizzata verso una professione pre-cisa, in cui quella di avvocato e me-dico sono tra le più rilevanti, anche senon mancano architetti e ingegneri. Di fatto il Grande Oriente negli annioggetto dell’analisi presenta unaspetto prevalentemente borghese ecittadino, perché è nella città che l’ap-partenente all’Istituzione ha la possi-bilità di dispiegare appieno le propriecapacità e di tessere i contatti utili perla gestione del bene comune.A quali conclusioni ha permesso digiungere lo studio? Gli autori preci-sano che non è possibile offrire una ri-sposta definitiva ai due quesitiiniziali, ma che è necessario conti-nuare a tracciare un percorso di ricercain grado di fare ulteriore luce sullaquestione relativa al rapporto tra Mas-soneria e politica, per quanto sullabase dei dati raccolti ed elaborati siapossibile scartare l’ipotesi di un par-tito massonico: l’adesione all’Istitu-zione da parte di rappresentanti ditutte le correnti politiche della depu-tazione toscana (che si rifle