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Ipotiroidismo congenito A cura di M. Cappa e P. Vitti

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Ipotiroidismocongenito

A cura di M. Cappa e P. Vitti

Euro 24,00

Ipotiroidismo congenitoQuest’opera è frutto di un workshop che si proponeva di riunire specialità diverse della medicina, come la pediatria e l’endocrinologia, intorno a una problematica attuale quale il trattamento dell’ipotiroidismo nelle varie età. Il quadro che è emerso dalle esperienze qui riportate in età sia pediatrica sia adolescenziale è quello di una terapia di notevole complessità.

Il risultato del workshop è sintetizzato in questo pratico manuale, che offre al lettore indicazioni preziose sulle cause, sugli obiettivi della terapia nonché sull’importanza dell’aderenza al trattamento che vede impegnati sia il bambino sia i genitori. Inoltre, grande importanza viene data al ruolo del pediatra di famiglia.

• Indicazioni essenziali ma pratiche ed esaustive

• Utilizzo di tabelle riassuntive e di flow chart a colori

• Ogni capitolo riporta in chiusura l’esperienza clinica degli esperti

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Ipotiroidismo congenito

A cura di

Marco CappaUO di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica

Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù”, IRCCS, Roma

Paolo VittiProfessore Ordinario di Endocrinologia, Università di Pisa

Direttore Endocrinologia 1, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana

Coordinatori

Lucia MontanelliDipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale

Università di Pisa

Massimo TonaccheraProfessore Associato Dipartimento di Medicina Clinica

e Sperimentale, Sezione Endocrinologia, Università di Pisa

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© 2013 LSWR Srl – Tutti i diritti riservati

ISBN 978-88-214-3757-1

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LSWR SrlVia Paleocapa 7, 20121 MilanoTel. 02.88.184.1Printed in ItalyFinito di stampare nel mese di giugno 2013 presso Jona Srl, Paderno Dugnano (MI)

Copia omaggio per i Sigg. Medici.

Edizione riservata . Fuori commercio

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In memoria di Aldo Pinchera

Q uest’opera rappresenta una sintesi di almeno due delle cose in cui Aldo Pinchera credeva moltissimo: da una parte l’importanza di far interagire

specialità diverse della medicina, come la pediatria e l’endocrinologia, dall’altra concretizzare questo spirito di collaborazione in un’opera editoriale di rilievo.

Per descrivere la sua forte personalità basterebbe elencare i numerosi riconosci-menti ricevuti e tutte le cariche ricoperte, per non parlare del ruolo che ha avuto nella medicina universitaria a livello nazionale e del suo successo nel creare una scuola di endocrinologia. La scuola di endocrinologia che ha realizzato si è nel tempo affermata a livello internazionale e ha consentito la progressione di carriera fino ai massimi livelli di molti dei suoi allievi.

Sicuramente la sua personalità ha dato un fortissimo impulso all’endocrinologia e alla medicina tutta. Oltre al valore scientifico, dobbiamo ricordarne l’incredibile capacità di stabilire contatti umani, facilitata da una brillante conversazione basata su una cultura profonda e multiforme. La naturale tendenza di Aldo Pinchera a ricercare una cultura globale e a confrontarsi con il meglio esistente in uno specifico settore ha costituito l’essenza del suo insegnamento.

Aldo Pinchera non potrà vedere terminato questo libro che ha ideato e curato con tanta passione fino agli ultimi giorni della sua vita. Abbiamo cercato di ono-rare la sua idea e di portarla avanti con la stessa dedizione, così come crediamo che lui avrebbe voluto.

Paolo Vitti Professore Ordinario di Endocrinologia, Università di Pisa Direttore Endocrinologia 1, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana

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I l Professor Aldo Pinchera ha voluto riunire endocrinologi pediatri e dell’adulto intorno a una problematica attuale quale il trattamento dell’ipotiroidismo nelle

varie età.La terapia con tiroxina potrebbe a un primo impatto sembrare banale e di facile

esecuzione; in realtà le problematiche legate alle diverse modalità e alle diverse formulazioni terapeutiche sono molteplici e devono essere affrontate con spirito critico e con estrema attenzione. Alcune condizioni cliniche quali l’ipertropinemia isolata, definita anche ipotiroidismo subclinico, rappresentano ancora problemi clinici senza risposte chiare dal punto di vista sia eziopatogenetico sia terapeutico. La medicina basata sull’evidenza non ha ancora chiarito questo aspetto, pertanto un workshop come quello che ha dato origine a questo volume, dove sono ripor-tati i pareri di esperti del settore, ha certamente fornito un utile contributo per la pratica clinica.

Nell’insieme, il quadro che è emerso dalle esperienze qui riportate in età sia pediatrica sia adolescenziale è quello di una notevole complessità della terapia con tiroxina, la cui efficacia e la possibilità di evitare quadri di sovradosaggio ormonale, o di insufficiente trattamento farmacologico, derivano da un’oculata integrazione fra le caratteristiche del paziente e quelle del farmaco utilizzato.

Come sempre il Professor Aldo Pinchera ha chiarito l’obiettivo della prossima ricerca sul tema con un suo pensiero, che riporto qui: “Il nocciolo del problema consiste nel ridurre il più possibile quella regione di incertezza nella quale le de-cisioni terapeutiche non sono ancora suffragate da idonee evidenze scientifiche, mirando sì all’individualizzazione del trattamento, ma a un’individualizzazione scientificamente solida, non demandata alla sola esperienza del clinico”.

Marco Cappa UO di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù”, IRCCS, Roma

Presentazione

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Autori e moderatori

Gianni BonaClinica Pediatrica, Dipartimento di Scienze della SaluteUniversità degli Studi del Piemonte Orientale “A. Avogadro”, Novara

Francesca CalaciuraDipartimento di Medicina Interna e Medicina SpecialisticaUniversità di Catania

Marco CappaUO di Endocrinologia e Diabetologia PediatricaOspedale Pediatrico “Bambino Gesù”, IRCCS, Roma

Alessandra CassioDipartimento di PediatriaUniversità degli Studi di Bologna

Luciano CavalloClinica Pediatrica “B. Trambusti”, DAI Scienze e Chirurgia PediatricaUniversità di Bari “Aldo Moro”

Filippo De LucaDipartimento di Scienze Pediatriche Università di Messina

Roberto GastaldiIRCCS “G. Gaslini”, GenovaClinica Pediatrica, Università degli Studi di Genova

Alice MonzaniClinica Pediatrica, Dipartimento di Scienze della SaluteUniversità degli Studi del Piemonte Orientale “A. Avogadro”, Novara

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VIII

Giorgio RadettiReparto di Pediatria, Ospedale Regionale di Bolzano

Giuseppe saggeseCentro Regionale di Endocrinologia PediatricaClinica Pediatrica, Università di Pisa

Mariacarolina salernoSettore di Endocrinologia PediatricaDipartimento di PediatriaUniversità degli Studi di Napoli “Federico II”

Massimo tonaccheraProfessore Associato Dipartimento di Medicina Clinicae Sperimentale, Sezione Endocrinologia, Università di Pisa

Giovanna WeberCentro di Endocrinologia dell’Infanzia e dell’AdolescenzaUniversità Vita-Salute San Raffaele, Milano

Per la moderazione degli interventi si ringraziano:

Maria Rosaria CasiniServizio di Endocrinologia PediatricaOspedale Regionale per le Microcitemie, Cagliari

Graziano CesarettiDipartimento di Medicina della Procreazione e dell’Età EvolutivaAzienda Ospedaliero-Universitaria Pisana

Valentino CherubiniDirettore Struttura Complessa Diabetologia PediatricaAzienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti “Umberto I-G.M. Lancisi-G. Salesi”Presidio di Alta Specializzazione “G. Salesi”, Ancona

Franco ChiarelliDirettore, Clinica Pediatrica, Università di ChietiPresidente, Società Europea di Endocrinologia Pediatrica (ESPE)

sandro LocheSSD di Endocrinologia PediatricaOspedale Regionale per le Microcitemie, Cagliari

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Sommario

III In memoria di Aldo Pinchera

V Presentazione

VII Autori e moderatori

CAPITOLO 1

1 Cause di ipotiroidismo congenito:

una patologia eterogenea

G. Weber

CAPITOLO 2

11 Cause di ipertireotropinemia nel neonato

e in età evolutiva

F. De Luca

CAPITOLO 3

21 Il problema dei range di normalità:

dal neonato all’età evolutiva

L. Cavallo

CAPITOLO 431 Obiettivi della terapia

G. Bona, A. Monzani

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CAPITOLO 543 Terapia dell’ipotiroidismo congenito

M. Salerno

CAPITOLO 6

57 Terapia dell’ipotiroidismo in età evolutiva

e in fase di transizione

G. Radetti, M. Cappa

CAPITOLO 767 Terapia con L-tiroxina:

nuove modalità di somministrazione

A. Cassio

CAPITOLO 8

75 Aderenza al trattamento:

i problemi dei genitori e dei pazienti

R. Gastaldi

CAPITOLO 9

85 Ipertireotropinemia neonatale

e funzione cognitiva nell’adolescente

F. Calaciura

CAPITOLO 1095 Aspetti sanitari pediatrici

G. Saggese

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C A P I T O L O 1

Recenti mutamenti epidemiologici ed eziologici dell’ipotiroidismo congenito

Lo screening neonatale per l’ipotiroidismo ha cambiato profondamente la prognosi di questa malattia, aprendo nel contempo nuovi scenari sulla sua incidenza e la sua eziologia. Rispetto agli anni precedenti all’applicazione dello screening, infatti, l’incidenza dell’ipotiroidismo congenito (IC) è pressoché raddoppiata, passando da circa 1:7000-10.000 a circa 1:3000-4000. Inoltre, numerose segnalazioni provenienti da diversi Paesi indicano che negli ultimi 10 anni tale incidenza è ulteriormente aumentata, attestandosi su valori compresi tra 1:1000 e 1:1800. Ciò porta con sé due interrogativi fondamentali. In primo luogo: l’aumento di incidenza è legato solo all’implementazione delle strategie di screening – che permettono di individuare casi che un tempo sarebbero rimasti misconosciuti – o l’epidemiologia della malattia sta realmente cambiando? E in secondo luogo: quale beneficio effettivo possono trarre questi bambini dalla diagnosi e dal trattamento precoci dell’ipotiroidismo, particolarmente nelle forme lievi identificate dopo la riduzione del cut-off per il TSH? Queste problematiche si intrecciano anche con i mutamenti verificatisi durante gli ultimi decenni nella composizione delle popolazioni sottoposte a screening, in termini di multietnicità, età delle partorienti, prematurità neonatale e diverse altre caratteristiche, come si vedrà più avanti.

Oltre all’incidenza, nell’era post-screening si è modificata anche la distribuzio-ne eziologica dell’IC. Come è noto, dal punto di vista anatomico gli ipotiroidismi congeniti si possono suddividere in due grandi categorie: le forme da disgenesia (comprendenti l’agenesia completa, l’emiagenesia e l’ectopia) e le forme con tiroide in sede, che a loro volta possono essere permanenti o transitorie (Fig. 1). Ebbene le forme disgenetiche, che un tempo rappresentavano oltre l’80% dei casi totali, oggi sono responsabili di meno del 25% delle diagnosi, mentre la prevalenza degli ipotiroidismi permanenti o transitori con ghiandola in sede è passata da meno del 20% a oltre il 70% dei casi (Fig. 2).

Cause di ipotiroidismo congenito: una patologia eterogenea

Giovanna Weber

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Forme da disgenesiaGli studi di genetica hanno mostrato che, nelle forme da disgenesia, le alterazioni monogeniche sono poco frequenti, come indicato dalla sporadicità dell’IC, dalla presenza di anomalie dello sviluppo tiroideo nell’8% dei familiari di I grado e dal riscontro solo nel 2% dei casi di mutazioni dei fattori trascrizionali (PAX8, TTF-2,

Agenesia Emiagenesia Ectopia Tiroide normale

Forme PERMANENTIo TRANSITORIE

Disgenesia Ghiandola in sede

FIGURA 1. Eziologia dell’ipotiroidismo congenito.

FIGURA 2. Incidenza ed eziologia dell’ipotiroidismo congenito in Lombardia nell’anno 2005. (Modificata da Corbetta et al., Clin Endocrinol 2009;71:739-45)

Ghiandola in sedeEctopia

AgenesiaNon nota

Cut-off di TSH allo screening

Incidenza: 1/3000-4000 Incidenza: 1/1024

1977

≥30 mU/l ≥12 mU/l ≥10 mU/l

1999

1% 9%

12%

72%

20%

6%

30%

50%

2002

Emiagenesia

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capitolo 1 • CAUSE DI IPOTIROIDISMO COnGEnITO: UnA PATOLOGIA ETEROGEnEA

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NKX2.1, NKX2.5). Più verosimile sembra essere il coinvolgimento di mutazioni in regioni regolatorie non codificanti, di mutazioni a carico di geni situati a valle o di mutazioni somatiche a livello delle prime tappe dell’organogenesi. Inoltre, recenti studi sperimentali sono a favore di un’eziologia multigenica e di alterazioni epigenetiche che interagiscono in un quadro complessivo, certamente oggetto di ulteriori approfondimenti nel prossimo futuro.

Forme con tiroide in sedeIl ruolo delle anomalie genetiche è stato esaminato estesamente anche nelle forme di IC con tiroide in sede (tab. 1).

Forme permanentiPrimarie. Vi sono mutazioni associate ai diversi passaggi dell’ormonogenesi – che interessano a seconda dei casi la tireoperossidasi, la produzione di perossido di idrogeno (con particolare interesse verso le alterazioni di DUOX), la pendrina, la tireoglobulina, il trasporto congiunto del sodio e dello iodio o la deiodinazione delle iodotirosine – ed anomalie più rare che determinano resistenza al TSH sotto forma di alterazioni recettoriali o di modificazioni della trasduzione del segnale.

Tabella 1. Cause di ipotiroidismo congenito con ghiandola tiroide in sede.

PERMANENTE Primario Disormonogenesi (difetti della sintesi ormonale)

Mutazioni associate:• Tireoperossidasi• Deficit di produzione di perossido di idrogeno (DUOX2,

DUOXA1)• Pendrina• Tireoglobulina• Simporto sodio-iodio• Deficit di deiodinazione delle iodotirosine (DEHAL1)

Resistenza al legame o al segnale del TSH

Mutazioni associate:• Recettore del TSH• Proteina G (pseudo-ipoparatiroidismo di tipo 1a)

Periferico • Resistenza agli ormoni tiroidei (mutazione del recettore b)• Alterato trasporto degli ormoni tiroidei (monocarboxylate transporter 8, MCT8)

Sindromico • Mutazione di FOXE1 (TTF-2): IC + palatoschisi + spiky hair (capelli fini e aguzzi)• Mutazione di NKX2.1 (TTF-1): IC + coreoatetosi + distress respiratorio• Sindrome di Pendred: IC + sordità + gozzo

Centrale • Pan-ipopituitarismo: mutazione di fattori trascrizionali coinvolti nello sviluppo e funzione dell’ipofisi (p. es. HESX1, LHX3, PIT1, PROP1)

• Deficit di TRH (isolato, da lesioni ipotalamiche [p. es. amartoma], da interruzione del peduncolo ipofisario)

• Resistenza al TRH• Deficit isolato di TSH (mutazioni della subunità b)

TRANSITORIO • Madre in terapia con farmaci antitiroidei per ipertiroidismo• Passaggio transplacentare di anticorpi materni anti-recettore del TSH• Deficit o eccesso di iodio materno o neonatale• Alcune forme di disormonogenesi (p. es. DUOX2)• Emangiomi epatici o in altre sedi

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Periferiche. Altre forme di resistenza si incontrano a livello periferico, in cui la sensibilità dei tessuti agli ormoni tiroidei può essere ridotta a causa di mutazioni che alterano la struttura del recettore b o delle proteine di trasporto degli ormoni stessi (come MCT8).

Sindromiche. Un aspetto che sta assumendo crescente importanza, e che rappre-senta un campo di sicuro interesse per la ricerca futura, è quello dell’ipotiroidismo associato alle sindromi genetiche. Già da tempo si conoscono i deficit tiroidei che rientrano nel quadro di cromosomopatie come le sindromi di Down, di Klinefelter, di Turner, di Williams, ma in epoca più recente è stata identificata una famiglia di geni che codifica per alcuni fattori di trascrizione tiroidei (TTF), le cui mutazioni si associano a IC con palatoschisi (TTF-2) o con coreoatetosi e difficoltà respiratoria (TTF-1). In termini clinici, è opportuno ricordare che l’espressione fenotipica di questi difetti genetici può essere estremamente variabile, potendo andare da quadri che si manifestano fin dall’inizio con TSH molto elevato e un corredo sintomato-logico che diviene via via più florido con il passare dei mesi, a quadri più sfumati che talvolta si presentano con screening neonatale negativo e una sintomatologia non sempre immediatamente attribuibile a una sindrome con interessamento ti-roideo. Lo studio più approfondito di tali ipotiroidismi sindromici fornirà ulteriori informazioni non solo dal punto di vista eziologico, ma anche sulle modalità più opportune per condurre lo screening in questo tipo di pazienti.

Centrali. Le forme di IC di origine centrale possono riconoscere cause differen-ti: panipopituitarismo da mutazione dei fattori di trascrizione responsabili del corretto sviluppo e funzionamento della ghiandola ipofisaria, deficit di TRH (che può essere isolato o conseguente a lesioni ipotalamiche di varia natura), resistenza al TRH da parte dell’ipofisi, deficit isolato di TSH (p. es. da mutazioni a carico della subunità b dell’ormone) (tab. 1). Il sospetto per una di queste forme centrali è essenzialmente di ordine clinico, poiché lo screening basato sul TSH non è in genere in grado di rilevarle.

Forme transitoriePer quanto riguarda gli IC transitori, i motivi che più frequentemente li determi-nano sono l’assunzione di farmaci antitiroidei da parte della madre, il passaggio transplacentare di anticorpi materni contro il recettore per il TSH, la carenza o l’eccesso di iodio nell’organismo materno o neonatale, alcune forme di disormo-nogenesi e alcuni emangiomi a varia localizzazione, particolarmente epatici. Ciò che occorre tenere presente riguardo a questi IC è che vi sono casi in cui essi, nonostante mostrino inizialmente tutti i caratteri di una forma transitoria, talora possono sfociare in una disfunzione tiroidea persistente, testimoniando ancora una volta l’importanza di un attento e corretto follow-up. Inoltre, è possibile che vi siano alterazioni da disgenesia anche nei neonati di madri ipertiroidee in trattamento con farmaci contro la tiroide, circostanza che può indurre erroneamente a interpretare come transitorio un ipotiroidismo che ha invece una causa organica sottostante.

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capitolo 1 • CAUSE DI IPOTIROIDISMO COnGEnITO: UnA PATOLOGIA ETEROGEnEA

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Nuove realtà emergenti

Come si è accennato in precedenza, esistono alcune realtà emergenti che stanno contribuendo sia a modificare l’eziologia dell’IC sia a spostarne maggiormente il baricentro verso forme più lievi, più sfumate, che pongono problemi più complessi anche dal punto di vista delle scelte terapeutiche. Tali realtà comprendono non soltanto l’aumento dei neonati di origine etnica non caucasica, che è ormai un fenomeno di comune riscontro in tutti i Paesi occidentali, ma anche l’incremento dei parti gemellari, il ricorso sempre più frequente alle tecniche di fecondazione assistita, l’aumento delle nascite di bambini prematuri e/o piccoli per l’età ge-stazionale e la crescente esposizione a fattori ambientali la cui identificazione e misurazione è spesso molto difficile.

Etnie non caucasicheL’incidenza dell’IC può essere assai differente tra un gruppo etnico e l’altro, varian-do da 1 caso su 1200 nelle popolazioni asiatiche a 1 su 11.000 nei neri africani; anche l’etnia ispanica presenta mediamente un’incidenza elevata, pari a circa 1 caso su 1600.

GemellaritàTra i neonati con ipotiroidismo, la prevalenza dei gemelli è approssimativamente triplicata rispetto a quella della popolazione generale; inoltre, nei gemelli vi è un’alta incidenza di IC con ghiandola tiroide in sede.

Tecniche di fecondazione assistitaUno studio compiuto su oltre 100 bambini nati con metodica FIVET ha evidenziato che, alla rivalutazione eseguita all’età di 4-14 anni, il 6,6% aveva un IC persistente.

Prematurità e basso peso neonataleAnche la prematurità merita un’attenzione particolare, specie se si considera che – in virtù dei notevoli progressi compiuti dalla terapia intensiva neonatale – negli ultimi anni la sopravvivenza dei prematuri gravi è sensibilmente aumentata. I neonati prematuri sono caratterizzati da immaturità dell’asse ipotalamo-ipofisario, limitata riserva tiroidea e persistenza di un metabolismo di tipo fetale, tutti fattori che espongono questi bambini a un maggior rischio di alterazioni della funzionalità tiroidea, non solo in epoca perinatale ma anche negli anni successivi. Di fatto, l’IC è circa 3 volte più frequente nei neonati con peso alla nascita estremamente basso, rispetto ai bambini con peso superiore a 1500 grammi. In aggiunta, la prematurità si associa maggiormente alle alterazioni permanenti, rispetto a quelle transitorie: secondo due studi piuttosto recenti, circa il 22% dei bambini rivalutati a distanza che avevano un IC permanente era nato prematuro, e l’83% dei bambini prematuri con ipotiroidismo è risultato affetto da forme permanenti.

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Conclusioni

In termini complessivi, dunque, stiamo assistendo a un cambiamento dell’IC le cui caratteristiche, oltre a modificare le nostre conoscenze riguardo all’incidenza e all’eziologia di questa condizione, rendono opportuna l’adozione di approcci terapeutici più articolati rispetto al passato. Sta infatti perdendo significato, sia dal punto di vista clinico, sia da quello organizzativo, sia da quello della spesa sanitaria, trattare incondizionatamente tutti i bambini ipotiroidei come si faceva un tempo, mentre appare molto più sensato applicare un trattamento e un follow-up individualizzati in base alle esigenze dei singoli pazienti.

Letture consigliate

• Corbetta C, Weber G, Cortinovis F, Calebiro D, Passoni A, Vigone MC, et al. A 7-year experience with low blood TSH cut-off levels for neonatal screening reveals an unsu-spected frequency of congenital hypothyroidism (CH). Clin Endocrinol 2009;71(5):739-45.

• De Marco G, Agretti P, Montanelli L, Di Cosmo C, Bagattini B, De Servi M, et al. Identi-fication and functional analysis of novel dual oxidase 2 (DUOX2) mutations in children with congenital or subclinical hypothyroidism. J Clin Endocrinol Metab 2011;96(8):E1335-9.

• Fisher DA. Thyroid system immaturities in very low birth weight premature infants. Semin Perinatol 2008;32:387-97.

• Fugazzola L, Muzza M, Weber G, Beck-Peccoz P, Persani L. DUOXS defects: Genotype-phenotype correlations. Ann Endocrinol (Paris) 2011;72(2):82-6.

• Olivieri A, Medda E, De Angelis S, Valensise H, De Felice M, Fazzini C, et al.; Study Group for Congenital Hypothyroidism. High risk of congenital hypothyroidism in mul-tiple pregnancies. J Clin Endocrinol Metab 2007;92(8):3141-7.

• Sakka SD, Malamitsi-Puchner A, Loutradis D, Chrousos GP, Kanaka-Gantenbein C. Euthyroid hyperthyrotropinemia in children born after in vitro fertilization. J Clin En-docrinol Metab 2009;94:1338-41.

DISCUSSIONE

Aldo PincheraPer attenersi allo scopo di questo incontro, più che soffermarsi sui singoli aspetti – che sono vastissimi e richiederebbero ciascuno una lunga dissertazione – cre-do sia opportuno focalizzarsi sui problemi principali. A mio avviso, la prima parte della presentazione della Dott.ssa Weber è essenziale, in quanto evidenzia l’aumento di frequenza dell’IC. Lo screening dell’ipotiroidismo neonatale è stato una delle più grandi conquiste dell’endocrinologia sul piano della medicina sociale, e il riscontro di tale incremento di frequenza solleva un interrogativo estremamente importante: quali sono le cause di questo aumento? È un aumento reale, o vi sono fattori che lo rendono soltanto apparente? La risposta a queste

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capitolo 1 • CAUSE DI IPOTIROIDISMO COnGEnITO: UnA PATOLOGIA ETEROGEnEA

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domande ha ricadute notevoli anche dal punto di vista della sanità pubblica, poiché se vi sono cause ambientali potenzialmente migliorabili o rimovibili – come la carenza di iodio – esse offrono la possibilità di un intervento efficace. In quest’ottica assumono un considerevole rilievo le differenze di incidenza esistenti tra le varie nazioni, come pure il rapporto tra i diversi fattori di tipo ambientale nelle varie regioni geografiche.

Giovanna WeberTra le cause dell’aumento di incidenza dell’ipotiroidismo congenito vi sono sicuramente alcuni fattori ambientali, anche al di là della carenza di iodio. Le sostanze inquinanti, per esempio, hanno certamente un ruolo, sebbene non si sappia ancora molto né riguardo alla portata del loro effetto né riguardo alle modalità con cui esse interagiscono con i fattori epigenetici. Gli studi condotti dal Registro Nazionale Ipotiroidei Congeniti, dell’Istituto Superiore di Sanità, hanno mostrato che la distribuzione delle incidenze sul nostro territorio na-zionale è piuttosto eterogenea, anche in rapporto all’assiduità e all’accuratezza con cui viene effettuato lo screening. Tuttavia, stabilire quanto ciò sia dovuto allo iodio o ad altri fattori ambientali, oppure a un reale cambiamento nell’e-pidemiologia della malattia, è molto difficile.

Aldo PincheraPer rimanere nell’ambito del Registro Italiano si può citare il caso di Bolzano, città nella quale la frequenza dell’ipotiroidismo congenito è pari a circa la metà del valore medio nazionale. Bolzano è l’unico luogo in cui è stata adottata una iodoprofilassi efficace, la cui obbligatorietà ha fatto sì che la carenza iodica venisse pressoché debellata. Tuttavia, ritengo che ci si debba interrogare su quale sia la reale causa principale dell’aumento di incidenza dell’IC osservato negli ultimi anni. Se si considera che l’OMS ha indicato una concentrazione di TSH pari a 3 µU/ml come il valore al di sopra del quale si identifica la presen-za di una carenza iodica, credo che nell’analizzare i dati di incidenza non si possa prescindere da questo nuovo criterio. È possibile che tale riduzione della soglia per il TSH non rappresenti il determinante fondamentale dell’aumento di incidenza della malattia, ma è necessario rivalutare accuratamente i dati a nostra disposizione per stabilire se l’incremento dei casi di IC sia legato o meno a questa aumentata attenzione diagnostica.

Alessandra CassioNon vi è dubbio che la situazione ambientale, e in particolare la situazione ambientale iodica, possa avere una sua influenza. Nell’ambito del Registro Nazionale è attualmente in corso una serie di indagini volte proprio a valutare le differenze geografiche riscontrate fino a oggi. Un altro aspetto interessante è rappresentato dai bambini che manifestano inizialmente un lieve aumento del TSH e che in seguito, ricontrollati a distanza di qualche tempo, mostrano una forma di ipotiroidismo permanente. Non so se questi casi si possano qualifi-

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care come ipotiroidismi veri e propri o come “disfunzioni tiroidee da valutare nel tempo”, ma ritengo che il loro studio più approfondito sia una strada da percorrere per la ricerca futura, anche in chiave epigenetica.

Franco ChiarelliEsistono evidenze a favore del fatto che determinati fattori ambientali possano agire in maniera più profonda su alcuni geni rispetto ad altri, per esempio favorendo l’agenesia tiroidea rispetto all’ectopia?

Giovanna WeberA mia conoscenza, non vi sono dati specifici in questo senso. Tuttavia, in alcune alterazioni genetiche si osservano manifestazioni fenotipiche che ap-paiono variabili a seconda delle circostanze o dei momenti. Per esempio, nel caso di DUOX, ci sono bambini che risultano immediatamente scompensati, con valori di TSH che arrivano anche a 250 µU/ml a 10 giorni di vita, mentre nelle settimane successive questo scompenso rientra. È possibile quindi che esistano fattori “ambientali”, come una momentanea carenza iodica o un eccesso materno, in grado di slatentizzare l’estrinsecazione di un determinato substrato genetico che in assenza di tali fattori rimarrebbe più silente. È ovvio che un meccanismo di questo genere sia più facilmente ipotizzabile per alcuni tipi di geni (come appunto DUOX), mentre per altri (ad esempio TTF1) risulterebbe molto più difficile da dimostrare.

Massimo TonaccheraIn termini di incidenza dell’IC, io credo che la differenza fondamentale tra la situazione precedente e quella degli ultimi anni sia costituita dal fatto che è stato ridotto il valore di cut-off per la diagnosi, causando dunque un incremento dei casi classificati come ipotiroidei. Inoltre, vi è un aumento percentuale delle forme lievi con tiroide in sede, rispetto alle forme gravi con agenesia o ectopia della ghiandola. Alcune di queste forme riconoscono fattori genetici, altre fattori ambientali, ma ritengo che in molti casi sia essenziale l’interazione dinamica tra geni e ambiente. Le mutazioni di DUOX, per esempio, spesso in vitro non hanno un effetto così determinante, ma in circostanze ambientali con carenza di iodio anche lieve (come avviene in alcune zone d’Italia) possono provocare una leggera ipertireotropinemia, che qualche anno fa sarebbe stata considerata entro i valori della norma e che adesso viene invece classificata come ipotiroidismo. Al contrario in Giappone, dove la quantità di iodio è sufficiente, le medesime alterazioni possono non dare luogo ad alcuna manifestazione fenotipica partico-lare. Ciò che vediamo spesso nei nostri ambulatori è che quegli stessi bambini portatori della mutazione, una volta raggiunti i 3 o 4 anni di età, tornano ad avere una funzione tiroidea normale, probabilmente perché quando lo iodio è adeguato la ghiandola riesce comunque a compensare l’anomalia. A titolo esemplificativo, una nostra bambina con mutazione di DUOX mantiene una buona funzionalità tiroidea finché assume regolarmente piccole dosi fisiologiche

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capitolo 1 • CAUSE DI IPOTIROIDISMO COnGEnITO: UnA PATOLOGIA ETEROGEnEA

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di iodio (non disponibile in Italia), ma torna ad avere valori di TSH compresi tra 7 e 10 µU/ml appena sospende il trattamento.

Graziano CesarettiL’Italia sta diventando sempre più un Paese multietnico, come ogni altra nazione industrializzata. L’IC presenta aspetti epidemiologici peculiari nelle popolazioni extracomunitarie che vivono presso di noi?

Giovanna WeberRitengo che questo sia un problema enorme, non solo dal punto di vista della regolarità del follow-up, ma anche da quello della compliance nei confronti della terapia. Sotto l’aspetto eziologico, bisogna tenere presenti due elementi fondamentali: primo, spesso vi è un’elevata consanguineità all’interno del gruppo etnico, con conseguente aumento di incidenza di determinate muta-zioni; secondo, è possibile che il nuovo ambiente slatentizzi alterazioni della funzionalità tiroidea che nei Paesi di origine non si sarebbero manifestate, o che magari sarebbero rimaste non diagnosticate.

Luciano CavalloUn dato estremamente interessante della relazione della Dott.ssa Weber, che anche noi riscontriamo quotidianamente nella nostra pratica clinica, è il con-siderevole aumento del numero di soggetti con forme di ipotiroidismo lieve. Credo che ciò sollevi seriamente la questione del trattamento, nel senso che – specialmente a fronte del ridotto valore di cut-off per il TSH – vi è forse il rischio di adottare un approccio eccessivamente “interventista”, sottoponendo a terapia un numero fin troppo elevato di bambini.

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C A P I T O L O 2

Ipertireotropinemia nel neonato

Le principali cause di ipertireotropinemia nel neonato comprendono l’ipotiroidismo congenito permanente e una serie di forme transitorie di diversa origine: iperti-reotropinemia transitoria dei nati pre-termine, ipertireotropinemia transitoria da carenza iodica grave, da eccesso di iodio o da assunzione di farmaci antitiroidei in gravidanza, ipertireotropinemia transitoria da passaggio transplacentare di anticorpi contro il recettore tireotropinico e ipertireotropinemia transitoria apparentemente idiopatica con “falsa positività” del TSH al test di screening. Riguardo a quest’ul-tima forma, si è visto che in circa il 50% dei casi vi è la tendenza a mantenere nel tempo una condizione di “ipotiroidismo subclinico” con TSH >5 µU/ml (Fig. 1) e FT4 normale.

Questa tendenza sembra essere più marcata nei neonati che mostrano un TSH sierico aumentato (sempre con FT4 normale) anche in occasione del richiamo post-screening. Nel corso dei primi anni di vita, la prevalenza di tale ipertireotro-pinemia tra i bambini con “falsa positività” allo screening tende progressivamente a diminuire, sebbene a 8 anni di età permanga ancora un ipotiroidismo subclinico nel 25-30% dei soggetti (Fig. 2).

Fattori prenatali o neonatali che condizionano l’ipertireotropinemia in età evolutiva

Il rischio di ipertireotropinemia in età evolutiva è condizionato significativamente da una serie di fattori prenatali e neonatali, i più importanti dei quali sono il con-cepimento mediante tecniche di fertilizzazione in vitro, la durata della gestazione e la lunghezza del bambino alla nascita. In particolare, si è osservato che il TSH tende a mantenersi più elevato durante gli anni successivi alla nascita nei bambini con maggiore prematurità (Fig. 3) e in quelli di minore lunghezza (Fig. 4), mentre il peso neonatale non sembra avere una rilevanza particolare (Fig. 5).

Cause di ipertireotropinemia nel neonato e in età evolutiva

Filippo De Luca

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12

2

4

10

8

6

12

TSH

(μU

/ml)

Gruppo IIGruppo IControlli“Falsi positivi”

0

25

50

75

100

Pre

vale

nza

(%)

2,8 5,3 8,0Età (anni)

0

FIGURA 2. Prevalenza dell’ipotiroidismo subclinico nel corso degli anni in bambini che avevano mostrato un TSH >5 mU/ml al test di screening neonatale.

(Modificata da Leonardi et al., J Clin Endocrinol Metab 2008;93:2679-85)

FIGURA 1. Livelli di TSH a 16-44 mesi di età in bambini che avevano mostrato un TSH >5 mU/ml al test di screening neonatale.

(Modificata da Calaciura et al., J Clin Endocrinol Metab 2002;87:3209-14)

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capitolo 2 • CAUSE DI IPERTIREOTROPInEMIA nEL nEOnATO E In ETà EvOLUTIvA

13

2,5

10,0

7,5

5,0

12,5TS

H (μ

U/m

l)

Età gestazionale (settimane)30 35 4025 45

0,0

r=0,26; p <0,01

2

1

5

4

3

6

TSH

(μU

/ml)

Lunghezza alla nascita (SDS)-3 -2-5 -4 -1-6 0

0

FIGURA 4. Correlazione tra lunghezza alla nascita (espressa in punteggio di deviazione standard, SDS) e livelli di TSH a circa 6,5 anni di età. (Modificata da Radetti et al., J Clin Endocrinol Metab 2004;89:6320-4)

FIGURA 3. Correlazione tra età gestazionale alla nascita e livelli di TSH a circa 8 anni di età. (Modificata da Radetti et al., J Clin Endocrinol Metab 2007;92:155-9)

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Ipertireotropinemia in età evolutiva

Le cause maggiori di ipertireotropinemia in età evolutiva sono la tiroidite di Hashi-moto, le malattie croniche di origine non tiroidea, l’obesità grave, le mutazioni del gene che codifica per il recettore del TSH (TSH-R) e le terapie croniche con farmaci antiepilettici o con farmaci contenenti ioduri.

Tiroidite di HashimotoLa storia naturale della tiroidite di Hashimoto è caratterizzata dalla tendenza a sviluppare negli anni un ipotiroidismo lieve o conclamato, anche nei casi che si presentano inizialmente come eutiroidei. Questo andamento è più evidente nei bambini che fin dalle prime fasi mostrano un gozzo, una positività degli anticorpi antitiroidei o – come ha confermato uno studio molto recente pubblicato da Radetti et al. – la presenza concomitante di una malattia celiaca.

Malattie croniche non tiroideeLa fibrosi cistica, la celiachia, l’insufficienza renale cronica, la talassemia major, alcune sindromi genetiche (come le sindromi di Down e di Williams) e diverse altre condizioni possono associarsi a un aumento del rischio di ipertireotropine-mia. Anche il diabete mellito insulino-dipendente, come era emerso già negli anni Ottanta da esperienze del nostro gruppo, rientra fra queste patologie.

1

2

5

4

3

6

TSH

(μU

/ml)

Neonati piccoli per l’età gestazionale Neonati appropriati per l’età gestazionale0

FIGURA 5. Correlazione tra peso alla nascita e livelli di TSH a circa 6,5 anni di età. (Modificata da Radetti et al., J Clin Endocrinol Metab 2004;89:6320-4)

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capitolo 2 • CAUSE DI IPERTIREOTROPInEMIA nEL nEOnATO E In ETà EvOLUTIvA

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ObesitàIn base alla nostra esperienza, il 28% dei bambini ipertireotropinemici è obeso o presenta un sovrappeso significativo. Peraltro, nei bambini obesi l’ipotiroidismo subclinico è molto più frequente di quello conclamato. I meccanismi responsabili di questa associazione tra peso e ipofunzione tiroidea non sono chiari, ma i livelli di TSH appaiono correlati all’indice di massa corporea (Fig. 6). Inoltre, la riduzio-ne ponderale (in seguito a terapia dietetica o a interventi chirurgici) tende a far normalizzare la tireotropinemia.

Mutazione del gene per il recettore del TSHLe alterazioni delle proteine coinvolte nella biosintesi del recettore tireotropinico possono rendersi responsabili di ipertireotropinemia in età evolutiva. In un nostro studio, condotto su bambini italiani con ipotiroidismo subclinico apparentemente idiopatico, abbiamo riscontrato mutazioni non sinonime o polimorfismi del gene recettoriale nel 21,5% dei casi. Numerosi sono inoltre gli studi italiani che mo-strano un’elevata frequenza di mutazioni del gene per il TSH-R nei bambini con ipotiroidismo subclinico non autoimmune; tale frequenza varierebbe tra il 10% e il 40% e sarebbe più elevata nei casi con familiarità.

5

9

10

7

8

6

11

TSH

(μU

/ml)

Sovrappeso/obesità Ipoecogenicità tiroidea4

p=0,04 p=0,06

SìNo

FIGURA 6. Correlazione tra peso corporeo (a sinistra) o ipoecogenicità tiroidea (a destra) e livelli di TSH in 88 bambini e adolescenti con ipotiroidismo subclinico. (Modificata da Rapa et al., J Clin Endocrinol Metab 2009;94:2414-20)

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Terapia cronica con antiepiletticiGli studi sul rapporto tra terapia antiepilettica e ipertireotropinemia sono numerosi, ma i loro risultati appaiono contrastanti. I farmaci più a rischio sembrerebbero essere valproato e carbamazepina, ma anche in questo caso le esperienze non sono univoche: alcuni suggeriscono che sia più dannoso il primo, altri la seconda.

Trattare o non trattare l’ipotiroidismo subclinico?

Un aspetto di primario interesse è rappresentato dalla necessità o meno di sottopor-re a terapia ormonale sostitutiva i bambini con ipertireotropinemia. Nel corso del 2007 è stata pubblicata una rassegna sistematica di tutti gli studi sull’ipotiroidismo subclinico presenti nel Cochrane Database, evidenziando come su 2513 lavori soltanto 12 descrivessero trial clinici randomizzati sulla terapia con LT4: in 11 di essi il farmaco era stato messo a confronto con placebo, in uno era stato confron-tato con l’assenza di trattamento. Nel loro complesso questi trial – tutti condotti esclusivamente su pazienti adulti – consentivano di trarre le seguenti conclusioni: la terapia con LT4 non determinava un miglioramento della sopravvivenza né una riduzione della morbilità cardiovascolare; tra LT4 e placebo non vi erano differenze in termini di qualità della vita; infine, la terapia produceva alcuni effetti positivi sui lipidi ematici e sui parametri di funzionalità ventricolare sinistra.

L’unico studio attualmente disponibile sulla storia naturale dell’ipotiroidismo subclinico non trattato in età pediatrica è stato pubblicato nel 2009 da un gruppo collaborativo italiano, che ha esaminato 92 bambini di età inferiore a 15 anni con malattia idiopatica di lieve entità (TSH compreso tra 5 e 10 μU/ml). Dopo 2 anni di follow-up con valutazioni cliniche, auxologiche e tiroidee è emerso che nel 41,3% dei soggetti il TSH si normalizzava, nel 46,7% si manteneva entro il range di 5-10 μU/ml e nel 12% aumentava fino a un valore compreso tra 10 e 15 μU/ml. Durante il periodo di osservazione non si sono sviluppati sintomi ipotiroidei né alterazioni concomitanti della statura, dell’indice di massa corporea (BMI) o delle concentrazioni ematiche di FT4. L’analisi dell’accrescimento lineare e dell’outcome intellettivo ha rivelato che l’ipotiroidismo subclinico idiopatico di lunga durata, anche se non trattato, non era associato a modificazioni significative della crescita, della maturazione ossea, del BMI e della funzione cognitiva, né ad altri problemi ascrivibili all’ipotiroidismo stesso, neanche dopo diversi anni. Pertanto, la conclu-sione dello studio è stata che l’impatto clinico della malattia idiopatica lieve non trattata in età pediatrica non sembrava essere particolarmente pesante.

L’attuale punto di vista della letteratura internazionale – non essendo dispo-nibili studi pediatrici – è che negli adulti di età superiore a 55 anni il rischio di evoluzione dell’ipotiroidismo subclinico verso la forma conclamata dipenda dai valori basali del TSH, e più precisamente sia pari al 2% con un TSH iniziale di 5,0-9,9 μU/ml, al 20% con un TSH iniziale di 10,0-14,9 μU/ml e al 73% con una tireotropinemia basale di 15,0-19,9 μU/ml. Inoltre, la presenza di un gozzo tiroideo aumenta il rischio di progressione di un fattore pari a 2,47. Le proposte terapeutiche

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capitolo 2 • CAUSE DI IPERTIREOTROPInEMIA nEL nEOnATO E In ETà EvOLUTIvA

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più recenti suggeriscono dunque che la terapia con LT4: 1) sia sempre indicata in presenza di una tireotropinemia di 10-20 μU/ml; 2) sia potenzialmente indicata anche nei bambini con TSH compreso tra 5 e 10 μU/ml, se coesistono fattori di rischio significativi di una tireopatia sottostante (p.es. gozzo, autoanticorpi positivi e/o altro); 3) sia di dubbia applicazione nei bambini con TSH di 5-10 μU/ml che non presentano alcun segno di malattia tiroidea sottostante.

Letture consigliate

• Calaciura F, Motta RM, Miscio G, Fichera G, Leonardi D, Carta A, et al. Subclinical hypothyroidism in early childhood: a frequent outcome of transient neonatal hyperthyro-tropinemia. J Clin Endocrinol Metab 2002;87(7):3209-14.

• Cerbone M, Bravaccio C, Capalbo D, Polizzi M, Wasniewska M, Cioffi D, et al. Linear growth and intellectual outcome in children with long-term idiopathic subclinical hypothyroidism. Eur J Endocrinol 2011;164(4):591-7.

• Leitner AY, Pellegrini F, Beck-Peccoz P, Wanker P, Persani L, Radetti G. The natural history of the hyperthyrotropinemia of children born prematurely. J Endocrinol Invest 2012;35(3):260-4.

• Leonardi D, Polizzotti N, Carta A, Gelsomino R, Sava L, Vigneri R, et al. Longitudinal study of thyroid function in children with mild hyperthyrotropinemia at neonatal screening for congenital hypothyroidism. J Clin Endocrinol Metab 2008;93(7):2679-85.

• Radetti G, Fanolla A, Pappalardo L, Gottardi E. Prematurity may be a risk factor for thyroid dysfunction in childhood. J Clin Endocrinol Metab 2007;92(1):155-9.

• Radetti G, Renzullo L, Gottardi E, D’Addato G, Messner H. Altered thyroid and adrenal function in children born at term and preterm, small for gestational age. J Clin Endocrinol Metab 2004;89(12):6320-4.

• Rapa A, Monzani A, Moia S, Vivenza D, Bellone S, Petri A, et al. Subclinical hypothyroi-dism in children and adolescents: a wide range of clinical, biochemical, and genetic factors involved. J Clin Endocrinol Metab 2009;94(7):2414-20.

• Sakka SD, Malamitsi-Puchner A, Loutradis D, Chrousos GP, Kanaka-Gantenbein C. Euthyroid hyperthyrotropinemia in children born after in vitro fertilization. J Clin En-docrinol Metab 2009;94(4):1338-41.

• Villar HC, Saconato H, Valente O, Atallah AN. Thyroid hormone replacement for subcli-nical hypothyroidism. Cochrane Database Syst Rev 2007 Jul 18;(3):CD003419.

• Wasniewska M, Salerno M, Cassio A, Corrias A, Aversa T, Zirilli G, et al. Prospective evaluation of the natural course of idiopathic subclinical hypothyroidism in childhood and adolescence. Eur J Endocrinol 2009;160(3):417-21.

DISCUSSIONE

Massimo TonaccheraCome abbiamo visto da questa esaustiva presentazione, nella nostra pratica clinica ci troviamo di fronte a bambini con TSH lievemente elevato che tal-volta riconosce una causa ben identificabile, come la terapia con valproato,

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l’epilessia, la sindrome di Williams, ecc. Tuttavia, nella maggior parte dei casi l’ipertireotropinemia non sembra associata a cause evidenti. In queste circo-stanze è senz’altro possibile che vi sia alla base qualche alterazione genetica, ma ritengo che un aspetto non sufficientemente approfondito sia quello dello stato iodico del bambino. Generalmente, infatti, siamo abbastanza consapevoli della situazione iodica materna, ma lo siamo molto meno riguardo ai primi mesi di vita nel neonato, periodo durante il quale, peraltro, abitualmente non viene consentito l’uso del sale negli alimenti a lui destinati. Credo che sarebbe utile, anche in questa sede, fornire qualche indicazione al riguardo.

Graziano CesarettiA questo proposito è molto importante – specificatamente per noi pediatri – considerare il contenuto di iodio nel latte artificiale che viene somministrato ai bambini. Alcuni tipi di latte hanno un apporto iodico adeguato, mentre altri non lo hanno. E poiché per vari motivi si sta diffondendo sempre di più l’utilizzo di latti a basso costo (che sono quasi tutti privi di iodio), è necessario prestare attenzione a questo aspetto, per non trovarsi tra qualche anno ad avere bambini che hanno sofferto una carenza iodica nella prima e seconda infanzia.In termini terapeutici, credo che sia molto opportuna la distinzione fatta da Filippo De Luca tra i bambini con ipotiroidismo subclinico associato ad altre condizioni patologiche e i bambini in cui l’ipertireotropinemia non si accompagna ad alterazioni particolari. In quest’ultimo caso, cioè nei soggetti altrimenti sani, è verosimile che la terapia sostitutiva non abbia – almeno a priori – un’indicazione assoluta.

Franco ChiarelliVorrei chiedere a Filippo De Luca come si comporterebbe dal punto di vista terapeutico in un bambino con TSH di 8 μU/ml e forte familiarità per malattie autoimmuni, che tuttavia risulti negativo agli anticorpi antitiroidei.

Filippo De LucaSi tratta certamente di un soggetto con elevato rischio di sviluppare nel tempo un’autoimmunità tiroidea. In questo caso l’assenza di anticorpi non consente di escludere del tutto che vi sia già in atto un’iniziale reazione immunitaria contro la ghiandola, pertanto ritengo senz’altro che il tratta-mento sia indicato.Per quanto riguarda la carenza iodica, già 30 anni fa in Sicilia era stato osser-vato che i livelli medi di TSH erano sistematicamente più elevati nelle zone di endemia, rispetto al resto della regione. Personalmente sono dunque molto sensibile al problema, tanto che ho inserito la carenza di iodio tra le possibili cause di ipertireotropinemia sia nel neonato sia nel bambino più grande.

Marco CappaÈ stato detto giustamente che nelle forme di ipertireotropinemia associate a

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capitolo 2 • CAUSE DI IPERTIREOTROPInEMIA nEL nEOnATO E In ETà EvOLUTIvA

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sindromi genetiche (come le sindromi di Down e di Williams) vi è un’indica-zione più forte di altre ad effettuare la terapia sostitutiva. Va tuttavia ricordato che nella sindrome di Williams la prevalenza dell’ipoplasia del lobo tiroideo sinistro è più elevata di circa il 33%, e che le forme senza ipoplasia tendono maggiormente a normalizzarsi nel tempo. Pertanto, nelle forme sindromiche di ipotiroidismo subclinico sarebbe bene prestare maggiore attenzione allo studio morfologico della ghiandola.

Aldo PincheraRiguardo alla rassegna sistematica del Cochrane Database, l’interpretazione dei suoi risultati dipende da quale tipo di evidenza si desidera avere per prendere le decisioni terapeutiche, cioè se si desidera un’evidenza in chiave positiva (“vi è la prova che la terapia sostitutiva non abbia un effetto favorevole”) o un’evidenza in chiave negativa (“non vi è la prova che la terapia sostitutiva abbia un effetto favorevole”). La rassegna pubblicata ha fornito il secondo tipo di evidenza, cioè non ha trovato dimostrazione che il trattamento con LT4 migliori la sopravvivenza o gli eventi cardiovascolari. Tuttavia, ritengo che Filippo De Luca abbia centrato la questione, cioè che – una volta identificato l’aumento del TSH – l’atteggiamento terapeutico debba essere modificato in base agli eventuali problemi concomitanti. Se il bambino ha una tiroidite, se è stato sottoposto a interventi chirurgici o a terapia con radioiodio, se assume farmaci, ecc., allora la terapia è senz’altro indicata. Al contrario, nel bambino altrimenti sano e normale, la strategia di astenersi dal trattamento è un’opzione concreta e percorribile. In questo modo si riduce considerevolmente l’ampiezza della “zona grigia” in cui permane il dubbio terapeutico. Naturalmente tutto ciò si applica soltanto ai casi con TSH lievemente aumentato, ovvero compreso tra 5 e 10 μU/ml (intervallo che attualmente si è spostato fra 3 e 7 μU/ml con le nuove metodiche di dosaggio del TSH), mentre per i bambini con tireotro-pinemia superiore a 10 vi è consenso generale sull’opportunità di procedere al trattamento senza ulteriori precisazioni.Appare inoltre corretto il problema sollevato da Franco Chiarelli: come compor-tarsi nel bambino con ipertireotropinemia lieve che non ha anticorpi contro la tiroide ma presenta una familiarità per malattie autoimmuni? In primo luogo, bisogna ricordare che nella fase iniziale della tiroidite di Hashimoto si posi-tivizzano solo gli anticorpi anti-tireoglobulina, mentre quelli anti-perossidasi risultano negativi. In secondo luogo, i metodi di dosaggio degli anticorpi an-titiroidei sono soggetti a un’estrema variabilità, facendo sorgere problemi di affidabilità tutt’altro che trascurabili. Infine, la diagnosi di tiroidite si pone abbastanza agevolmente con l’ecografia. Pertanto, in un bambino con ipoti-roidismo subclinico senza autoanticorpi, un’ecografia suggestiva di tiroidite iniziale – a maggior ragione se associata a familiarità – configura indubbiamente l’adeguatezza della terapia sostitutiva con LT4. Ciò sottolinea ancora una volta la necessità di attingere costantemente al buon senso clinico, oltre che alle evidenze numeriche, per prendere decisioni terapeutiche appropriate.

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C A P I T O L O 3

Il problema dei range di normalità: dal neonato all’età evolutiva

Luciano Cavallo

I l tema dei range di normalità degli indici tiroidei in età pediatrica è legato a tre ordini di problematiche principali: la scelta dei parametri di valutazione della

funzionalità ghiandolare, le tecniche di laboratorio utilizzate e la determinazione dei limiti di normalità nelle varie situazioni neonatali e nelle diverse età pediatriche.

Parametri di valutazione della funzionalità tiroidea

All’inizio dello scorso decennio, la determinazione degli ormoni tiroidei totali (TT4 e TT3) è stata pressoché abbandonata – restando confinata all’ambito sperimentale e alla valutazione degli ipertiroidismi più gravi – perché le variazioni congenite e acquisite dei livelli delle proteine leganti (specie prealbumina e albumina legante) ne riducevano notevolmente il valore clinico. Pertanto, ai fini clinici negli ultimi 10 anni sono state dosate quasi esclusivamente le frazioni ormonali libere (FT4 e FT3), pari rispettivamente allo 0,02% della TT4 e allo 0,3% della TT3. Tutta-via, anch’esse non sono scevre da problemi. Già una decina di anni fa era stato evidenziato che i campioni sierici di pazienti con malattie croniche non tiroidee potevano mostrare livelli elevati di FT4 se valutati con un determinato metodo, e livelli normali o bassi se valutati con un altro metodo. Inoltre, è tuttora controverso cosa dosino in realtà i kit analitici per la FT4 e la FT3 disponibili in commercio. Recentemente, poi, è emerso che la variabilità delle proteine di legame rappresen-ta un problema non solo per le concentrazioni degli ormoni totali, ma anche per quelle delle frazioni libere. Ciò comporta un rischio di errata interpretazione e di errata diagnosi nei test di funzionalità tiroidea, con la conseguente possibilità di una gestione clinica non ottimale e dell’istituzione di un trattamento non neces-sario in ghiandole altrimenti sane. In aggiunta, sono numerosi i farmaci – anche di comune impiego – che competono con T4 e T3 per il legame proteico, alterando così i risultati dei dosaggi in termini di FT4 e FT3. Tra questi farmaci vi sono la furosemide, i salicilati, i FANS (che hanno un effetto bifasico, con un iniziale au-mento di FT4 e FT3 e una loro successiva normalizzazione in seguito a feedback

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negativo) e l’eparina; in caso di terapia eparinica, come è noto, il prelievo per la determinazione degli ormoni tiroidei deve essere effettuato ad almeno 10 ore di distanza dalla somministrazione dell’anticoagulante e il campione deve essere conservato a 4 °C per un periodo non superiore a 24 ore. Nel loro complesso, tali considerazioni portano a credere che oggi la stima più attendibile dei livelli sierici di tiroxina si ottenga con il dosaggio del TT4 corretto per le alterazioni della thyroid binding globulin (TBG), parametro che dunque dovrebbe essere reintrodotto nella pratica clinica come “gold standard” di riferimento.

Tecniche di laboratorio

Le attuali metodiche per il dosaggio degli ormoni tiroidei si possono suddividere in due grandi categorie: metodi assoluti (dialisi/RIA, ultrafiltrazione/RIA), che offrono il vantaggio di essere molto precisi, ma sono scarsamente applicabili alla pratica clinica perché di difficile esecuzione, e metodi relativi (immunodosaggio a due fasi, immunodosaggio a una fase con ligando marcato e tracciante analogo radioattivo, immunodosaggio a una fase con ligando macromolecolare marcato, immunodosaggio a una fase con anticorpi marcati), che hanno il vantaggio di essere automatizzabili e riproducibili, ma forniscono risultati estremamente eterogenei. In uno studio pubblicato recentemente, in cui 54 campioni sierici sono stati inviati a circa 1000 laboratori diversi per un totale di circa 31.000 dosaggi di FT4 e FT3, è stata riscontrata un’ampia variabilità delle concentrazioni ormonali libere misurate con test immunologici, variabilità che in alcuni casi ha raggiunto un valore superiore al 20%. Gli autori hanno concluso dunque che i laboratori dovrebbero informare i medici sulle metodiche analitiche utilizzate e sui loro intervalli di riferimento, e che i medici dovrebbero evitare di ricorrere a metodi differenti durante il follow-up dei singoli pazienti. Risultati simili erano stati ottenuti anche in un lavoro precedente, che aveva dimostrato un tasso di variabilità dei livelli ormonali tiroidei – valutati con 5 metodiche diverse – compreso tra il 50% per la TT4 e il 92% per la FT4. Negli ultimi anni è stato sperimentato il dosaggio di FT4 e FT3 mediante la tecnica della cromatografia liquida ad alte prestazioni accoppiata alla spettrometria di massa in tandem (Fig. 1), che ha dimostrato di possedere una migliore correlazione con i livelli di TSH rispetto ai test immunologici. Questo metodo, sebbene non possa essere considerato di routine, potrebbe rivelarsi utile particolarmente durante la gravidanza o gli stati patologici non tiroidei, in cui il legame proteico di T4 e T3 interferisce in maniera considerevole con gli altri metodi analitici.

Limiti di normalità nel neonato e nelle età pediatriche successive

Oltre alla variabilità dei livelli ormonali dovuta ai fattori proteici o alle tecniche laboratoristiche, vi sono modificazioni dei parametri tiroidei legate all’età e al sesso

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capitolo 3 • IL PROBLEMA DEI RAnGE DI nORMALITà: DAL nEOnATO ALL’ETà EvOLUTIvA

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FT4 misurata con i IA (ng/dl)

FT4

mis

urat

a al

la M

S/M

S (n

g/dl

)

0 0,5

0,5

0

1

1,5

2

2,5

3

3,5

4

4,5

1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 4,5

FT4 misurata alla MS (ng/dl)

log

TSH

(mIU

/l)

0 0,50,0

0,1

1

10

1 1,5 2 2,5 3 3,5 4 4,5

r = –0,90

FT4 misurata con i IA (ng/dl)

r = –0,82

0 0,50,0

0,1

1

10

1 1,5 2 2,5 3 3,5 4

FT4 misurata con i IA (pg/ml)

r = –0,57

0 20,0

0,1

1

10

4 6 8 10 12 14FT4 misurata alla MS (pg/ml)

log

r = –0,72

TSH

(mIU

/l)

0 20,0

0,1

1

10

4 6 8 10 12

FIGURA 1. Cromatografia liquida ad alte prestazioni accoppiata alla spettrometria di massa in tandem (MS): la correlazione tra i livelli di FT3 o FT4 e la concentrazione di TSH (in scala logaritmica) è più elevata rispetto a quella che si osserva con i test immunologici (IA). (Modificata da Jonklaas et al., Clin Chem 2009;55:1380-8)

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24

0

50

100

150

200

250

300

350

nmol

/l

12(3-24) h

35(25-48) h

60(49-72) h

82(73-95) h

109(101-120) h

130(123-143) h

>4 aa

TT4 minTT4 medianoTT4 max

FIGURA 3. Andamento delle concentrazioni sieriche di TT4 nei primi 5 giorni di vita e dopo il 4° anno di età. (Modificata da Cavallo et al., Acta Paediatr 1976)

0

5

10

15

20

25

30

35

40

15 (8-24) h 32 (25-42) h 54 (49-71) h 108 (74-144) h

TSH minTSH medianoTSH max

nmol

/l

FIGURA 2. Andamento delle concentrazioni sieriche di TSH nei primi 5 giorni di vita. (Modificata da Cavallo et al., Acta Paediatr 1976)

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capitolo 3 • IL PROBLEMA DEI RAnGE DI nORMALITà: DAL nEOnATO ALL’ETà EvOLUTIvA

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del bambino. Tuttavia, in quest’ambito gli studi non sono concordi. Alcuni, per esempio, affermano che in età prepuberale non vi sono differenze ormonali tra maschi e femmine (né per il TSH né per TT4, TT3, FT4 e FT3), altri che le fem-mine hanno una maggiore concentrazione di TT4 rispetto ai maschi, altri ancora che i maschi hanno livelli più elevati di FT3 rispetto alle femmine. Similmente, secondo alcuni studi la pubertà non incide sui valori ormonali, mentre secondo altri essa determina un incremento di TSH, TT3 e FT3. Per quanto riguarda il neonato, è ben noto come si verifichi un picco del TSH nelle primissime ore di vita, seguito da una progressiva riduzione che porta alla normalizzazione dei livelli di tireotropina solitamente verso la quinta-sesta giornata (Fig. 2). Le concentra-zioni di T4 risentono del picco tireotropinico verso il secondo giorno di vita, cui fa seguito una più lenta riduzione che tuttavia, alla fine della prima settimana, presenta ancora valori nettamente superiori a quelli che si riscontrano nelle età successive (Fig. 3). Anche la T3 ha un picco in seconda giornata, ma nei giorni seguenti le sue concentrazioni si riducono più rapidamente di quelle della T4 e al termine della prima settimana di vita sono decisamente inferiori a quelle delle età più adulte (Fig. 4).

Una situazione particolare è quella dei neonati pretermine, il cui numero è in progressivo aumento. In linea generale, questi bambini hanno livelli di T4 più bassi rispetto ai neonati a termine (in parte a causa della ridotta concentrazione di TBG), livelli che appaiono correlati con l’età gestazionale o il peso alla nascita.

0

50

100

150

200

250

300

350

nmol

/l

9(1-24) h

37(28-48) h

61(49-69) h

76(75-95) h

103(101-113) h

126(121-129) h

> 4 aa

TT3 minTT3 medianoTT3 max

FIGURA 4. Andamento delle concentrazioni sieriche di TT3 nei primi 5 giorni di vita e dopo il 4° anno di età. (Modificata da Cavallo et al., Acta Paediatr 1976)

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L’incremento post-natale di TSH, T4 e T3 è qualitativamente simile a quello dei nati a termine, ma è quantitativamente inferiore e dopo una settimana presenta spesso valori inferiori a quelli osservati alla nascita; questo fenomeno è dovuto verosimilmente a fattori diversi, quali carenze nutrizionali, bassi livelli di TBG, immaturità dei sistemi di controllo dell’asse ipotalamo-ipofisi-tiroide, immaturità biosintetica tiroidea e aumentato utilizzo tissutale. Inoltre, l’elevata morbilità dei neonati prematuri si associa frequentemente a un’ulteriore riduzione di TSH, TT4, TT3 e TBG, oltre che a concentrazioni variabili di FT4 e T3 inversa (rT3); tale quadro è sovrapponibile a quello che si osserva nelle patologie croniche non tiroidee dell’età adulta. Anche riguardo ai neonati pretermine, tuttavia, non mancano i dati contrastanti. Uno studio abbastanza recente, ad esempio, ha mo-strato un progressivo aumento di TT4 e TT3 che si protrae fino al termine del primo mese, senza riduzioni entro la prima settimana di vita, rilevando inoltre una serie di altre differenze rispetto a quanto esposto in precedenza: assenza di variazioni significative di FT4, riduzione progressiva del TSH durante il primo mese, valori di TT4, TT3 e FT3 che a 26-29 settimane risultavano inferiori a quelli riscontrati a 30-32 settimane, mentre FT4 e TSH non mostravano differenze. Nei bambini prematuri vi sono poi diversi fattori che possono contribuire ad alterare le concentrazioni ormonali tiroidee: nei neonati di età gestazionale <28 settimane, la terapia steroidea sembra ridurre ulteriormente TSH e FT4, il trattamento con aminofillina, caffeina, desametasone, diamorfina o dopamina è potenzialmente associato a variazioni dei livelli sierici di TSH, TT4, TT3 e FT4 e, infine, è impor-tante la metodica utilizzata per il dosaggio della FT4, poiché è stato visto che le procedure non dialitiche sono associate più frequentemente al riscontro di basse concentrazioni dell’ormone rispetto alle tecniche dirette con dialisi all’equilibrio. Di conseguenza, come si può definire l’ipotiroxinemia transitoria nei neonati pretermine? La definizione più recente – suggerita da Williams e collaboratori – la descrive come una concentrazione di TSH normale o bassa, associata a una concentrazione di TT4 pari o inferiore al 10° percentile del TT4 cordonale per la medesima età gestazionale con neonato in utero. Per orientarsi più facilmente nella pratica clinica, esistono apposite tabelle che riportano i valori normali medi in funzione delle settimane di età gestazionale.

La variabilità dei livelli sierici di TSH, FT4 e FT3 continua a essere spiccata anche nelle età pediatriche successive al primo anno di vita. Se si analizzano i principali lavori pubblicati in letteratura su questo argomento, si osserva come i valori che per uno studio rappresentano un centile molto elevato, per un altro studio possano trovarsi a un centile assai più basso, sebbene tali variazioni ri-sultino generalmente più spiccate per i limiti superiori dei range di normalità, rispetto ai limiti inferiori. In ogni caso, ancora una volta è opportuno sottoli-neare che disporre di un valore ormonale assoluto, senza essere a conoscenza della metodica laboratoristica impiegata per ottenerlo, ha un significato clinico praticamente nullo.

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Conclusioni

Nelle età pediatriche vi è una notevole variabilità delle concentrazioni sieriche degli ormoni tiroidei totali e liberi, che nelle situazioni borderline non risultano essere dirimenti. Inoltre, il range di normalità varia considerevolmente in rapporto alla metodica di dosaggio utilizzata, che dunque dovrà essere sempre specificata e non dovrebbe essere modificata durante il follow-up del paziente. Generalmente, ma non costantemente, i valori di TSH, TT4, TT3, FT4 e FT3 sono descritti in progressiva riduzione dalla fine del 1° anno al 18° anno di vita. Generalmente, ma non costantemente, il sesso e lo stadio di sviluppo puberale sono descritti non influire sui valori dei parametri tiroidei. Nel neonato pretermine, non solo è impossibile definire il range di normalità degli ormoni tiroidei totali e liberi alla nascita (che varia in base al metodo di dosaggio e all’età gestazionale), ma sembra essere variabile anche il profilo ormonale durante il primo mese di vita. In questo eterogeneo gruppo di bambini, i fattori confondenti sono numerosi e comprendono, tra gli altri, l’età gestazionale, il peso alla nascita, il grado di maturità dell’asse ipotalamo-ipofisi-tiroide, la presenza di patologie concomitanti non tiroidee e le terapie somministrate.

Letture consigliate

• Azad RM. Abnormal serum thyroid hormones concentration with healthy functional gland: a review on the metabolic role of thyroid hormones transporter proteins. Pak J Biol Sci 2011;14:1313-26.

• DeBoer MD, Lafranchi SH. Pediatric thyroid testing issues. Pediatr Endocrinol Rev 2007;5(S1):570-7.

• Dilli D, Oguz SS, Andiran N, Dilmen U, Buyukkagnici U. Serum thyroid hormone levels in preterm infants born before 33 weeks of gestation and association of transient hypothyro-xinemia with postnatal characteristics. J Pediatr Endocrinol Metab 2010;23:899-912.

• Fisher DA. Thyroid system immaturities in very low birth weight premature infants. Semin Perinatol 2008;32:387-97.

• Giovannini S, Zucchelli GC, Iervasi G, et al. Multicentre comparison of free thyroid hormones immunoassays: the Immunocheck study. Clin Chem Lab Med 2011;49:1669-76.

• Jonklaas J, Kahric-Janicic N, Soldin OP, Soldin SJ. Correlations of free thyroid hormones measured by tandem mass spectrometry and immunoassay with thyroid-stimulating hormone across 4 patient populations. Clin Chem 2009;55:1380-8.

• O’Reilly DS. Thyroid function tests-time for a reassessment. BMJ 2000;320:1332-4.• Sapin R, Schlienger JL. Thyroxine (T4) and tri-iodothyronine (T3) determinations: tech-

niques and value in the assessment of thyroid function. Ann Biol Clin 2003;61:411-20.• Soldin OP, Soldin SJ. Thyroid hormone testing by tandem mass spectrometry. Clin Bio-

chem 2011;44:89-94.• Stockigt JR. Free thyroid hormone measurement. A critical appraisal. Endocrinol Metab

Clin North Am 2001;30:265-89.• Stockigt JR. Lim CF. Medications that distort in vitro tests of thyroid function, with

particular reference to estimates of serum free thyroxine. Best Pract Res Clin Endocrinol Metab 2009;23:753-67.

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• Williams FL, Ogston SA, van Toor H, Visser TJ, Hume R. Serum thyroid hormones in preterm infants: associations with postnatal illnesses and drug usage. J Clin Endocrinol Metab 2005;90:5954-63.

DISCUSSIONE

Alessandra CassioConcordo sul fatto che il lavoro di Williams e collaboratori sia il più attendi-bile in merito all’ipotiroxinemia nei prematuri, poiché è l’unico che riesce ad avere un’osservazione longitudinale e a mettere in rapporto i valori riscontrati con le concentrazioni cordonali rilevate nei feti di età gestazionale equivalente. Tuttavia si tratta di lavori complessi, con numerosi fattori confondenti, che invitano anche noi ad esaminare seriamente il problema. Nell’ambito dei neo-nati pretermine, mi sembra che si stia imponendo la tendenza a differenziare i bambini gravemente immaturi da quelli con età gestazionale più avanzata, in modo da identificare una categoria con rischio particolarmente elevato nella quale, forse, potrebbe avere senso istituire qualche forma di trattamento. Qual è il vostro parere in proposito?

Luciano CavalloIl numero dei neonati con peso alla nascita estremamente basso è in progressivo aumento. Tuttavia, fornire un’indicazione terapeutica univoca non è possibile, perché i pareri sull’argomento – rispecchiati anche dagli statement e dalle linee guida – sono eterogenei e discordanti: alcuni affermano che l’ipotiroxinemia debba essere trattata, mentre altri sostengono che in questa popolazione essa sia una condizione fisiologica e che, pertanto, l’eventuale trattamento rappre-senterebbe una forzatura ed esporrebbe il bambino ad altri ordini di problemi. La difficoltà dell’offrire una risposta a queste tematiche dipende non solo dal fatto che bisognerebbe studiare gli effetti dei due opposti approcci terapeutici a distanza di molti anni (operazione assai problematica), ma anche dal fatto che ogni neonato pretermine è un caso a sé stante, con caratteristiche individuali notevolmente complesse e spesso profondamente differenti da quelle degli altri bambini prematuri, anche se di pari età gestazionale. La quantità delle varia-bili in gioco è talmente elevata – e così composita è la loro declinazione – che estrapolarne un discorso di tipo generale risulterà forse inattuabile.

Aldo PincheraI dati che sono stati presentati sono estremamente importanti. Tuttavia, è ne-cessario riflettere su alcune questioni di ordine pratico, perché uno dei nostri compiti è quello di fornire indicazioni orientative che possano essere di aiuto nell’attività clinica quotidiana. Che esista un’ampissima variabilità, sia tra una metodica laboratoristica e l’altra sia tra un individuo e l’altro, è fuori dubbio. Nondimeno, mi sembra che una risposta interessante sia venuta dallo studio

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danese di Laurberg e collaboratori, che valutando longitudinalmente per cir-ca un anno i singoli individui della loro popolazione hanno osservato che la maggiore variabilità esisteva tra un soggetto e l’altro, mentre nell’ambito dello stesso soggetto i valori erano assai più costanti. Inoltre, essi hanno visto che ogni paziente poteva essere ben caratterizzato in base ai due o tre parametri tiroidei esaminati, tra i quali segnatamente il TSH e la T4. Da queste considerazioni – e da quanto esposto nella relazione appena ascoltata – emergono due concetti fondamentali. Il primo è che, a causa della variabilità tra le diverse procedure analitiche, non è possibile confrontare i risultati di un laboratorio con quelli di un altro. Pertanto, ciascuna struttura deve maturare la propria esperienza, basandosi sulle proprie tecniche laboratoristiche e sull’individualità dei propri pazienti per una corretta interpretazione dei quadri clinici. Il secondo concetto è che si può caratterizzare con più precisione il singolo paziente ricorrendo non a un solo parametro (com’è abitudine, per esempio, negli USA, in cui per vari motivi viene spesso dosato il solo TSH), bensì a un “corredo” di almeno due parametri, cioè TSH e T4: l’analisi congiunta dei loro valori può dare informa-zioni più attendibili rispetto alla sola determinazione della tireotropina. Inoltre, in Italia vi è la diffusa abitudine di dosare pressoché sistematicamente anche la T3, che rappresenta dunque un terzo parametro disponibile. A fronte della notevole variabilità emersa negli ultimi 10-15 anni a carico sia degli ormoni totali sia delle loro frazioni libere, potrebbe essere interessante approfondire il possibile ruolo della T3 nella caratterizzazione dei pazienti, capitalizzando così una peculiarità quasi esclusiva del nostro Paese.

Graziano CesarettiA mio avviso esistono diverse “fasce di fisiologia tiroidea” nell’evoluzione di un individuo: la prima va da 0 a 1 anno, la seconda da 1 a 3 anni e la terza dai 3 anni alla pubertà. Un bambino molto piccolo, per esempio, ha una concentrazione di T3 molto più elevata di quella dell’adulto, che poi scende progressivamente assumendo un certo valore fra 1 e 3 anni e ancora un altro valore dopo i 3 anni, per poi stabilizzarsi su livelli decisamente più bassi quando l’organismo raggiunge la maturità. La mia proposta è quindi quella di differenziare i range di normalità in base a tali fasce (0-1 anno, 1-3 anni e oltre i 3 anni), prendendo inoltre in considerazione non solo il TSH ma l’insieme di TSH, T4 e T3.

Luciano CavalloL’aspetto della variabilità dei valori ormonali tra i diversi laboratori è di impor-tanza capitale, perché nelle strutture ospedaliere pubbliche del nostro Paese le gare d’appalto per l’assegnazione delle procedure analitiche vengono bandite con cadenza annuale. Ciò determina un continuo cambiamento delle ditte forni-trici e, conseguentemente, delle metodiche da esse utilizzate. Nel follow-up dei pazienti con concentrazioni ormonali borderline questo problema può divenire considerevole, perché non consente la valutazione accurata delle modificazioni di piccola entità verificatesi nel tempo. Sarebbe quindi opportuno che tali gare

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venissero bandite con una cadenza almeno triennale, in modo da rendere più costanti e omogenee le valutazioni.

Giovanna WeberConcordo pienamente sull’importanza di valutare non solo il TSH, ma il com-plesso dell’assetto ormonale TSH-FT4-FT3. Tuttavia, almeno in Lombardia, vi è oggi l’indicazione a dosare inizialmente soltanto il TSH, procedendo poi con la determinazione della FT4 solo in caso di alterazioni tireotropiniche. Motivazioni di carattere prevalentemente economico – peraltro sempre più imprescindibili – stanno dunque rendendo difficoltosa l’esecuzione sistematica dei tre dosaggi ormonali “classici”. Pertanto, è forse opportuno cominciare a indagare scientificamente quali siano le circostanze cliniche in cui l’apporto concomitante di TSH, FT4 e FT3 può offrire un reale valore aggiunto, in modo da limitare l’esecuzione del triplo dosaggio ai soli casi di effettiva necessità e ottimizzare così l’allocazione delle risorse sanitarie.

Francesca CalaciuraIl problema dell’attendibilità dei laboratori assume contorni ancora più netti se si considera che, per motivi di risparmio economico, talvolta si ricorre a kit analitici a basso costo che offrono minori garanzie rispetto a reagenti più affidabili e conseguentemente più costosi. Tornando a un piano più strettamen-te clinico, concordo con il Prof. Pinchera sull’importanza di approfondire il ruolo della T3. Nei bambini con ipertireotropinemia persistente, ad esempio, la T3 è sistematicamente più elevata rispetto a quanto si osserva nei gruppi di controllo, anche quando il laboratorio è sempre il medesimo. È quindi lecito porsi alcuni interrogativi sul significato di tale alterazione: l’aumento della T3 in caso di TSH elevato, a prescindere dalla variabilità dei livelli ormonali in età pediatrica, è un possibile segno di compenso, come avviene nelle zone con carenza iodica endemica? O è invece il segno di una carenza concomitante nella popolazione ipertireotropinemica? Forse potremmo provare a formulare qualche iniziale risposta a queste domande.

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C A P I T O L O

Obiettivi della terapia

Gianni Bona, Alice Monzani

Nell’ipotiroidismo congenito (IC), i principali outcome sui quali si misura la capacità della terapia sostitutiva di essere efficacemente vicariante rispetto

all’ormone tiroideo endogeno sono di ordine auxologico, neurocognitivo, cardio-vascolare e riproduttivo.

Outcome auxologici

Dal punto di vista auxologico, il trattamento consente indubbiamente di ottenere risultati soddisfacenti. Salerno et al. hanno dimostrato che bambini con IC iden-tificato allo screening neonatale sono in grado di raggiungere una statura finale adeguata, al di sopra del target parentale, indipendentemente dall’eziologia della malattia di base, dalla sua gravità e dalla dose iniziale di L-T4 (Fig. 1). Allo stesso risultato sono giunti anche Delvecchio et al., che hanno valutato bambini – sem-

4

-2

1

0

-1

2

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2

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Alte

zza

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S)

A B

Età cronologica (anni) Età cronologica (anni)0 2 4 6 8 10 12 14 16 0 2 4 6 8 10 12 14 151 3 5 7 9 11 13

Età

osse

a (a

nni)

FemmineMaschi

FIGURA 1. Altezza corporea espressa in score della deviazione standard (SDS) (A) ed età ossea (B) in rapporto all’età cronologica, in bambini con IC identificato allo screening neonatale. (Modificata da Salerno et al., Eur J Endocrinol 2001;145:377-83)

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pre identificati attraverso lo screening neonatale (dunque individuati e trattati precocemente) – che raggiungevano una statura superiore al target parentale in entrambi i sessi, indipendentemente dalla causa e dalla gravità dell’IC. Nel loro studio, il principale determinante della statura finale è risultato essere la statura all’inizio della pubertà.

D’altronde, l’efficacia della terapia sostitutiva sull’accrescimento corporeo era emersa anche in epoca precedente all’applicazione sistematica dello screening ne-onatale, quando la diagnosi e il trattamento venivano spesso effettuati in una fase più tardiva rispetto ad oggi. Chiesa et al., nella prima metà degli anni ’90, avevano mostrato infatti che il raggiungimento del target staturale e di maturazione ossea a 5 anni non era significativamente differente in 5 gruppi di bambini nei quali la terapia era stata iniziata a età diverse entro i 24 mesi di età (<2 mesi, 2-3 mesi, 3-6 mesi, 6-12 mesi o 12-24 mesi). Osservazioni analoghe erano state fatte anche da Siragusa et al., mettendo a confronto bambini con diagnosi clinica posta entro il primo anno di vita e bambini con malattia identificata allo screening neonatale: entro 10 mesi dall’inizio del trattamento, il primo gruppo aveva recuperato com-pletamente il divario ponderale e staturale presente alla diagnosi.

Questi risultati sembrano essere indipendenti dalla dose iniziale di L-T4 som-ministrata, come hanno indicato ancora Salerno et al. in uno studio su 83 bambini trattati con tre diversi range di dosaggio: 6-8 μg/kg/die, 8,1-10 μg/kg/die o 10,1-15 μg/kg/die. All’età di 4 anni, non sono state osservate differenze significative tra i gruppi riguardo ad altezza, peso, circonferenza cranica ed età ossea.

Outcome neurocognitivi

In termini neurocognitivi, la terapia sostitutiva con ormone tiroideo esogeno risulta essere un po’ meno soddisfacente rispetto a quanto avviene in ambito auxologico. Soggetti con IC valutati all’età di 12 anni, trattati a partire da circa 1 mese di vita con una dose media di L-T4 pari a 6,8 μg/kg/die, mostrano un quoziente intel-lettivo (QI) di performance inferiore rispetto ai loro fratelli, particolarmente nei domini della comprensione, del completamento di figure, del disegno a blocchi e dell’assemblaggio di oggetti. Inoltre, sembra che vi siano differenze dipendenti dall’età in cui vengono effettuati i test di valutazione: in età prescolare appaiono deficitarie le funzioni di copia di simboli, copia di figure geometriche e ripetizione di frasi, nonché la maggioranza delle competenze alfabetiche; in età scolare, invece, prevale il deficit nel riconoscimento di errori ortografici.

Weber et al., in uno studio che ha valutato sia gli aspetti neuropsicologici sia quelli neurofisiologici, hanno evidenziato che nei bambini ipotiroidei vi erano una carenza al test Rey-A di copia (indicativa di lesioni organiche subcliniche a livello del sistema nervoso centrale) e un ritardo nei potenziali evocati neurosensoriali, rispetto ai bambini sani. Quando è stato fatto il confronto tra bambini ipotiroidei trattati precocemente e bambini trattati più tardivamente (>30 giorni), i primi hanno ottenuto punteggi più alti in quasi tutti i test neurocognitivi (sebbene la signifi-

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capitolo 4 • OBIETTIvI DELLA TERAPIA

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catività sia stata raggiunta solo per il disegno a blocchi) (Fig. 2a), ma non hanno mostrato differenze nei potenziali evocati neurosensoriali (Fig. 2b). Quest’ultimo reperto potrebbe indicare la presenza di un danno verificatosi in epoca prenatale, che non può essere compensato neppure istituendo precocemente la terapia sostitutiva.

La combinazione tra tempistica del trattamento e dosaggio iniziale del farmaco appare fondamentale per ottenere un normale sviluppo mentale e psicomotorio. Bongers-Schokking et al., suddividendo in 4 gruppi una popolazione di 61 bam-bini in base alla precocità della terapia (<13 vs ≥13 giorni) e al suo dosaggio (≥9,5 vs <9,5 μg/kg/die), hanno valutato gli indici di sviluppo mentale (MDI) e psico-motorio (PDI) a 10 e a 30 mesi di età. Dallo studio è emerso che, in presenza di un IC grave, l’unico gruppo che otteneva punteggi MDI e PDI normali era quello trattato precocemente e con alte dosi iniziali, mentre in presenza di una malattia

300

200

250

150

100

350

ms

300

200

250

150

100

5

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350

ms

Verbale

Copia

Disegno a blocchi

Numeri-simboli

Memoria

Copia

Memoria

QI totale

PerformanceWISC-R

Rey-A

Rey-B

Bender

B

A

Potenziali evocati uditivi P300N1 N2 P3 P3-N3

0

50

Potenziali evocati neurosensoriali LLSEPP40 P300 P40-P300

0

TardivoPrecoce

Punteggio60 10040200 80 120

TardivoPrecoce

FIGURA 2. Punteggi dei test neuropsicologici (A) e risultati dei potenziali evocati (B) in bambini con IC trattati precocemente (≤30 giorni) o tardivamente (>30 giorni). (Modificata da Weber et al., Neurol Sci 2000;21:307-14)

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ip otiRoiD isM o Co n Genito

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lieve tutti i gruppi mostravano punteggi MDI normali, tranne i bambini trattati tardivamente e a basse dosi (tab. 1).

Gli stessi autori, in uno studio pubblicato successivamente, hanno osservato che, rispetto ai soggetti sani di controllo, i bambini ipotiroidei risultavano deficitari sia nelle scale visuomotoria e verbale, sia nei punteggi comportamentali globali, di attenzione e di aggressività. Inoltre, il mantenimento di livelli di TSH ≤0,5 μU/ml durante la terapia era associato a punteggi significativamente migliori sia al QI sia alla scala verbale, rispetto alla persistenza di livelli di TSH >0,5 μU/ml.

L’importanza del TSH è sottolineata anche da un lavoro di Simoneau-Roy et al., i quali, oltre a non riscontrare differenze nel QI e nei punteggi comportamentali tra bambini in età scolare con IC grave o moderato e soggetti di controllo, hanno osservato che il numero degli episodi di ipotrattamento (TSH >6 μU/ml) era correlato con l’ansia e la disattenzione, mentre il numero degli episodi di ipertrattamento (TSH <0,8 μU/ml) era correlato con la riduzione dei punteggi verbali.

Il dosaggio iniziale della terapia e il tempo impiegato per normalizzare i pa-rametri tiroidei sono stati esaminati congiuntamente da Selva et al., che hanno rilevato come i soggetti trattati con dose iniziale più elevata (50 μg/die) avessero un QI globale più alto rispetto ai soggetti trattati con basse dosi (37,5 μg/kg) (Fig. 3); la normalizzazione della funzione tiroidea in un periodo superiore a 2 settimane è risultata associata a punteggi cognitivi, attentivi e di profitto più sfavorevoli, rispetto alla normalizzazione entro 1-2 settimane di trattamento.

In un altro studio, condotto su 155 bambini trattati a una mediana di 19 giorni di vita con una dose iniziale di 10-15 μg/kg/die di L-T4 e valutati a 24 mesi, i fattori associati a un quoziente di sviluppo meno soddisfacente sono risultati la maggiore gravità dell’IC, le minori concentrazioni basali di T4 e – nuovamente – il più lungo tempo di normalizzazione del TSH.

Hauri-Hohl et al. hanno invece valutato le abilità neuromotorie in bambini più

Tabella 1. Risultati del test di Bayley in funzione della precocità del trattamento, della dose del farmaco e della gravità dell’iC. (Modificata da Bongers-schokking et al., J Pediatr 2000;136:292-7)

Gruppo di trattamento

MDI PDI

IC grave IC lieve IC grave IC lieve

Precoce/Alta 124 ± 16 125 ± 10 123 ± 9 120 ± 13

Precoce/Bassa 103 ± 10 124 ± 11* 109 ± 8 123 ± 12*

Tardivo/Alta 99 ± 23 122 ± 10* 101 ± 10 117 ± 7*

Tardivo/Bassa 97 ± 20 110 ± 10 113 ± 4 111 ± 14

Valore p 0,035 0,016 0,001 NS

Totale 106 ± 19 118 ± 11* 111 ± 11 117 ± 12

MDI, indice di sviluppo mentale; PDI, indice di sviluppo psicomotorio; NS, non significativo.* p <0,005 (IC lieve vs IC grave).

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capitolo 4 • OBIETTIvI DELLA TERAPIA

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grandi (età media: 13,8 anni), trattati precocemente (mediana: 9 giorni) con dosi ormonali elevate (dose iniziale mediana: 14,7 μg/kg/die). Nel complesso, i soggetti ipotiroidei hanno mostrato punteggi ridotti nell’attività motoria pura e in quella motoria adattiva fine, evidenziando inoltre come la maggiore gravità della malattia, il sesso maschile e l’inizio più tardivo del trattamento fossero tutti correlati con una performance motoria più sfavorevole.

Infine, nello stesso studio citato precedentemente in merito ai parametri auxo-logici (con suddivisione dei pazienti in base alla dose iniziale di L-T4), Salerno et al. hanno mostrato che una dose iniziale elevata di L-T4, in grado di normalizzare rapidamente i livelli di TSH, è associata a un miglioramento del QI a 4 anni di età.

Outcome cardiovascolari

Esistono ormai evidenze consolidate che indicano come la terapia a lungo termine con L-T4 sia associata a effetti sfavorevoli sull’apparato cardiovascolare, determi-nando in particolare una disfunzione diastolica del ventricolo sinistro, un’alterata tolleranza allo sforzo e un aumento dello spessore intima-media a livello carotideo. Anche in questo contesto si dimostrano importanti i livelli di TSH durante il trat-tamento, poiché il numero di episodi di TSH <0,5 o >4 μU/ml dopo il primo anno di vita e la concentrazione media di TSH in periodo puberale sono fattori predittivi indipendenti del riempimento diastolico e della performance cardiovascolare.

50

80

90

60

70

110

100

120

PerformanceVerbaleQI

Globale

10

*

1010 6 1010 6 1010

50 μg37,5→62,5 μgp<0,05

37,5 μg

*

FIGURA 3. valutazione del QI in bambini con IC trattati con tre diversi dosaggi iniziali di L-T4. (Modificata da Selva et al., J Pediatr 2005;147:775-80)

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La presenza di alti livelli di TSH, inadeguatamente corretti dalla terapia sostitu-tiva particolarmente durante la pubertà, può produrre effetti sfavorevoli significativi anche sulle proprietà elastiche e funzionali dell’albero vascolare periferico (Fig. 4).

Outcome riproduttivi

Dal punto di vista riproduttivo la terapia sostitutiva sembra essere adeguatamente vicariante. Il tasso di fertilità risulta sovrapponibile tra soggetti con IC e controlli sani, sia nel sesso femminile sia in quello maschile (Fig. 5). Inoltre, la fertilità non appare influenzata dall’epoca di inizio del trattamento, dalla dose iniziale di L-T4 o dall’adeguatezza del controllo complessivo della malattia.

2

6

0

4

10

14

8

12

18

16

20

8

14

5

11

20

26

17

23

32

29

35

FMD

(%)

ControlliPazienti con IC

DC

(kPA

–1 x

10–3

)

ControlliPazienti con IC

p=0,0003 p<0,0002

FIGURA 4. Dilatazione mediata dal flusso (FMD) e distensibilità in sezione trasversa (DC) dell’arteria brachiale in soggetti di circa 19 anni con IC e inadeguata correzione del TSH perdurante

da prima della pubertà. (Modificata da Oliviero et al., Eur J Endocrinol 2010;162:289-94)

0,00

0,75

0,50

0,25

1,00

0,00

0,75

0,50

0,25

1,00

A

Tempo alla gravidanza (mesi)0 5 10 15 20 25

ControlliIC

Hazard ratio=1,14 (0,89-1,47) p=0,31(aggiustato per età, fumoe storia riproduttiva)

Controlli sani e donne con ipotiroidismo congenito

B

Tempo alla gravidanza (mesi)0 5 10 15 20 25

ControlliIC

Hazard ratio=0,98 (0,58-1,66) p=0,95(aggiustato per età, fumoe storia riproduttiva)

Controlli sani e partner femminili di uominicon ipotiroidismo congenito

FIGURA 5. Tassi cumulativi di gravidanza in donne con IC (A) e nelle partner femminili di uomini con IC (B) trattati precocemente con L-T4.

(Modificata da Hassani et al., J Clin Endocrinol Metab 2012;97:1897-904)

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capitolo 4 • OBIETTIvI DELLA TERAPIA

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Vi è ancora spazio per la terapia di combinazione con L-T4 + T3?

L’idea di associare la T3 alla L-T4 nella terapia dell’IC, che ha avuto il maggior numero di sostenitori circa 8-10 anni fa, è stata recentemente riportata in au-ge alla luce di due osservazioni di fondo. La prima è che alcuni pazienti con ipertireotropinemia persistente nonostante il trattamento con L-T4 riescono a ottenere la normalizzazione del TSH, della FT4 e della FT3 aggiungendo T3 esogena alla L-T4 stessa. La seconda è che, poiché in alcuni studi il trattamento efficace dell’ipotiroidismo è associato a un recupero soltanto parziale delle fun-zioni neurocognitive e del benessere psicologico, è possibile che la sola terapia con L-T4 non sia pienamente adeguata a garantire una funzionalità cerebrale ottimale. Il tempo e l’esecuzione di ulteriori studi ci diranno se questa sia una strada ancora percorribile.

Conclusioni

Ricapitolando, in ambito auxologico la terapia sostitutiva con ormone tiroideo può dirsi certamente soddisfacente, mentre più controverso è l’aspetto degli outcome neurocognitivi. Nel valutare questi ultimi è necessario prendere in considerazione i fattori di variabilità terapeutica che influenzano in maniera significativa la prestazione cognitiva, comportamentale e motoria, quali la dose iniziale di L-T4, la tempistica nell’istituzione del trattamento e soprattutto il tem-po di normalizzazione del TSH. Inoltre, è bene tenere conto degli effetti a lungo termine esercitati dalla L-T4 sull’apparato cardiovascolare, mentre la funzione riproduttiva sembra essere adeguatamente preservata. Infine, rimane forse aperto un potenziale dibattito riguardo al possibile ruolo della terapia combinata con levotiroxina e liotironina.

Letture consigliate

• Biondi B, Wartofsky L. Combination treatment with T4 and T3: toward personalized replacement therapy in hypothyroidism? J Clin Endocrinol Metab 2012;97:2256-71.

• Bongers-Schokking JJ, de Muinck Keizer-Schrama SM. Influence of timing and dose of thyroid hormone replacement on mental, psychomotor, and behavioral development in children with congenital hypothyroidism. J Pediatr 2005;147:768-74.

• Delvecchio M, Salerno M, Acquafredda A, Zecchino C, Fico F, Manca F, et al. Factors predicting final height in early treated congenital hypothyroid patients. Clin Endocrinol 2006;65:693-7.

• Hassani Y, Larroque B, Dos Santos S, Ecosse E, Bouyer J, Léger J. Fecundity in young adults treated early for congenital hypothyroidism is related to the initial severity of the disease: a longitudinal population-based cohort study. J Clin Endocrinol Metab 2012;97:1897-904.

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• Salerno M, Micillo M, Di Maio S, Capalbo D, Ferri P, Lettiero T, et al. Longitudinal growth, sexual maturation and final height in patients with congenital hypothyroidism detected by neonatal screening. Eur J Endocrinol 2001;145:377-83.

• Salerno M, Militerni R, Bravaccio C, Micillo M, Capalbo D, Di MS, et al. Effect of different starting doses of levothyroxine on growth and intellectual outcome at four years of age in congenital hypothyroidism. Thyroid 2002;12:45-52.

• Salerno M, Oliviero U, Lettiero T, Guardasole V, Mattiacci DM, Saldamarco L, et al. Long-term cardiovascular effects of levothyroxine therapy in young adults with congenital hypothyroidism. J Clin Endocrinol Metab 2008;93:2486-91.

• Simoneau-Roy J, Marti S, Deal C, Huot C, Robaey P, Van Vliet G. Cognition and behavior at school entry in children with congenital hypothyroidism treated early with high-dose levothyroxine. J Pediatr 2004;144:747-52.

• Weber G, Mora S, Prina Cerai LM, Siragusa V, Colombini J, Medaglini S, et al. Cognitive function and neurophysiological evaluation in early-treated hypothyroid children. Neurol Sci 2000;21:307-14.

DISCUSSIONE

Massimo TonaccheraPer quanto riguarda la terapia combinata con L-T4 + T3, circa 4 o 5 anni fa è stato pubblicato un lavoro olandese i cui risultati erano piuttosto allarmanti, poiché descrivevano la comparsa di problemi neuropsicologici in giovani adulti che erano stati trattati prevalentemente con T3 in età infantile. Pertanto, se pure vi fosse un margine di discussione per l’inserimento della T3 nella terapia dell’a-dulto, ritengo che in ambito pediatrico l’ormone fondamentale rimanga la T4.

Alessandra CassioLa nostra esperienza con l’associazione T4-T3 è stata negativa. A suo tempo abbiamo condotto (forse unico caso in letteratura) uno studio randomizzato su neonati con IC, individuati mediante lo screening e trattati poi con sola T4 o con la combinazione di T4 e T3. Il dosaggio della T3 era piuttosto prudente – e questo forse può rappresentare un elemento di debolezza dello studio dal punto di vista dell’efficacia – ma sta di fatto che non abbiamo osservato alcuna differenza significativa tra i due gruppi di trattamento.

Aldo PincheraMi sembra di poter affermare che il concetto fondamentale espresso da Alice Monzani sia stato che quanto più precocemente iniziamo la terapia, tanto migliori saranno i suoi risultati in termini di outcome. Credo che questo sia un aspetto da sottolineare con decisione. Se si raffronta la situazione odierna a quella di circa 40 anni fa, quando gli endocrinologi dovevano fare fatica per convincere i neonatologi a somministrare 8-10 μg/kg/die, rischiando addirit-tura di essere tacciati di sconsideratezza terapeutica, i dati attuali sono lì a dimostrare che il TSH deve essere normalizzato il più rapidamente possibile,

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capitolo 4 • OBIETTIvI DELLA TERAPIA

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e che per farlo occorrono dosi iniziali molto più elevate rispetto a quelle usate in passato. La domanda che si potrebbe porre, casomai, è la seguente: esiste un limite di dosaggio al di sopra del quale è bene non spingersi? Vi sono evidenze a questo proposito?

Alice MonzaniA mia conoscenza, non vi sono studi che indichino specificamente quali siano i livelli di dosaggio da considerare eccessivamente alti. È indubbio, tuttavia, che esistono effetti sfavorevoli associati sia all’ipotrattamento sia all’ipertrattamento, dunque è necessario mantenere il TSH entro un range ben preciso senza scon-finare nell’una o nell’altra situazione. Abbiamo visto, in particolare, quali siano le conseguenze dell’ipertrattamento sulla sfera neurocognitiva, soprattutto a livello verbale. Ciò sottolinea ulteriormente la centralità del controllo del TSH.

Mariacarolina SalernoIn realtà, sebbene i pazienti ipotiroidei rappresentino una parte importante della nostra attività assistenziale, a mio avviso mancano studi clinici abbastanza ampi e sufficientemente ben condotti che tengano conto in maniera corretta di tutte le variabili terapeutiche elencate. Il più delle volte le evidenze scaturiscono da popolazioni ridotte o da visioni soltanto parziali del problema, trascurando talora la gravità dell’ipotiroidismo, talaltra i soggetti di controllo o i fratelli dei pazienti, talora il tempo di normalizzazione del TSH, altre volte ancora la compliance familiare o – elementi importantissimi – il vissuto parentale e il contesto socio-culturale della famiglia. Dal punto di vista di un eventuale “dosaggio massimo consentito”, per esempio, uno studio eseguito in Svizzera ha valutato la somministrazione di una dose iniziale fino a 23 μg/kg/die, ma purtroppo l’analisi degli effetti collaterali dell’ipertrattamento non è stata approfondita a sufficienza. Inoltre, forse anche noi, nel nostro rapporto con i neuropsichiatri infantili, non sempre abbiamo ben chiare le modalità con cui andare a ricercare eventuali sottili alterazioni che ci indichino l’opportunità di non incrementare ulteriormente i dosaggi. Pertanto, ritengo che su molte questioni rimangano ancora aperti diversi interrogativi.

Filippo De LucaRicordo anch’io gli anni in cui, dopo la prima proposta di una dose iniziale pari a 5 μg/kg/die, fu difficile far comprendere dapprima la correttezza di una dose da 8 μg/kg/die e poi l’opportunità di trattare con 12 μg/kg/die, che rappresenta attualmente lo standard di più largo utilizzo nel mondo. Dal punto di vista dell’eventuale associazione T4-T3, io eviterei di complicare ulteriormente le già difficili scelte terapeutiche con l’aggiunta della liotironina, che a mio parere andrebbe riservata a casi particolari estremamente selezionati. Piuttosto, forse è bene sottolineare come il riscontro di un aumento isolato della T3 costituisca uno dei motivi più frequenti per il quale vengono inviati alla nostra osservazione bambini in cui non sussiste alcun motivo clinico per sospettare una patologia

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tiroidea. Si tratta di soggetti con TSH e FT4 perfettamente normali, in cui si osserva un rialzo della FT3 dovuto quasi invariabilmente al sovrappeso o alla presenza di una franca obesità. Personalmente, dunque, ritengo che si potrebbe eliminare il dosaggio della FT3 dalle determinazioni della funzionalità tiroidea eseguite di routine, riservandolo a situazioni particolari in cui sia necessario approfondire il quadro con maggiore dettaglio. Si eviterebbero così non solo molte consultazioni endocrinologiche inutili, ma anche la continua ripetizione di esami di laboratorio superflui.

Graziano CesarettiMi allineo completamente alla posizione di Filippo De Luca, poiché anche noi abbiamo esperienza quotidiana di accessi impropri nei nostri ambulatori, determinati unicamente da un incremento isolato della T3: bambini obesi (ricordiamo che circa un terzo della popolazione infantile italiana è in sovrap-peso) o figli di genitori che sono stati convinti a recarsi dall’endocrinologo per il timore di un’ipotetica trasmissibilità delle loro stesse affezioni tiroidee. Le potenziali soluzioni, dunque, sono due: o si diffonde nella maniera più ampia possibile il concetto che nel bambino la T3 può essere isolatamente elevata per motivi che non hanno nulla a che fare con la patologia tiroidea, oppure si elimina il dosaggio della T3 dalle determinazioni di routine della funzionalità ghiandolare.

Aldo PincheraIl problema del rialzo isolato della T3 è comune a diversi indici di laboratorio dotati di elevata sensibilità, tra i quali è emblematico l’esempio della troponina in caso di sospetto infarto miocardico. Ora, dal punto di vista pratico, credo che da un lato dovremmo dare chiare indicazioni riguardo al fatto che l’aumento della sola T3 in età pediatrica non rappresenta nulla di serio in quanto tale, e dall’altro – in termini di ricerca – dovremmo cercare di definire un po’ meglio quali siano i range di rischio della T3 stessa. Questi aspetti sono importanti, perché anche tra i tireologi non sempre si tiene nella dovuta considerazione il concetto della specificità di età, concetto che si è soliti applicare con maggiore disinvoltura alla popolazione anziana, ma che proprio nel periodo evolutivo assume un rilievo fondamentale. Inoltre, sarebbe opportuno organizzare riunioni congiunte con i responsabili dei laboratori di analisi, perché modifichino sui loro referti l’indicazione dei range di normalità per la T3, tenendo conto proprio della suddetta specificità di età. Per quanto riguarda l’eventuale rimozione del dosaggio della T3 dalle determinazioni tiroidee di routine, credo che si debba essere molto cauti, perché una volta ottenuta la sua abolizione sarebbe poi estremamente difficile poterla reintrodurre qualora se ne ravvisasse la neces-sità. L’aspetto su cui mi concentrerei maggiormente, dunque, è quello di una corretta interpretazione del dato di laboratorio.

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capitolo 4 • OBIETTIvI DELLA TERAPIA

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Giovanna WeberCome è stato giustamente sottolineato, dal punto di vista neurocognitivo l’o-biettivo terapeutico nell’IC è quello di raggiungere un quoziente intellettivo normale. Tuttavia, credo che siamo tuttora ancorati a una visione un po’ ridut-tiva di questa “normalità”, forse troppo legata al dato strettamente numerico dei test per il QI, e che in questo campo vi siano ancora molte disomogeneità e molti aspetti da approfondire. Per esempio, io sono convinta (sebbene non sappia se riuscirò mai a dimostrarlo) che i bambini ipotiroidei utilizzino vie neurologiche alternative “vicarianti” che consentono a molti di loro di perve-nire ugualmente al risultato, compensando in maniera più o meno ampia le carenze neurologiche, di mielinizzazione, ecc. dovute alla malattia. Pertanto, a mio parere siamo ancora lontani dal poter affermare che il nostro obiettivo è raggiunto, e penso che come italiani – avendo un’esperienza di ricerca in quest’ambito e disponendo di dati di registro – sarebbe oltremodo interessante condurre uno studio in tale direzione.

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C A P I T O L O

Terapia dell’ipotiroidismo congenito

Mariacarolina Salerno

L’obiettivo della terapia dell’ipotiroidismo congenito (IC) è di assicurare una normale crescita somatica e uno sviluppo neurologico adeguato, non

solo in termini assoluti, ma anche in termini relativi al potenziale familiare e socio-culturale del bambino. Tra le variabili più importanti di cui tenere conto dal punto di vista terapeutico vi sono il tipo di farmaco e le sue modalità di somministrazione, il dosaggio, la tempistica iniziale del trattamento e il moni-toraggio dei suoi effetti.

Formulazioni e modalità di somministrazione di levotiroxina

L’unico standard terapeutico attualmente riconosciuto per l’IC è rappresentato dal trattamento con levotiroxina (L-T4). Il farmaco viene universalmente impiegato sotto forma di compresse, ma in alcuni Paesi – tra i quali l’Italia – è disponibile anche in formulazione liquida standardizzata. Una possibile alternativa alla L-T4 è costituita dalla liotironina (T3) o dalla terapia di combinazione con L-T4 e T3. L’uso di L-4 in forma liquida e l’eventuale utilizzo di T3 sono discussi più detta-gliatamente in altre relazioni di questo Workshop.

Le compresse di L-T4 vanno somministrate dopo frantumazione e sospensione in pochi millilitri di acqua o di latte, possibilmente 30-60 minuti prima che il bambino assuma il primo pasto o la prima poppata del giorno. Ottenere questa condizione di digiuno assoluto non è semplice, particolarmente nei bambini più piccoli. Tuttavia, se le modalità di preparazione del farmaco e la tipologia della colazione sono sufficientemente regolari, è possibile somministrare la terapia anche più ravvicinata al pasto, purché tutta la procedura si mantenga costante nel tempo. La biodisponibilità della L-T4 può essere influenzata dall’assunzione concomitante di diverse sostanze, tra cui proteine della soia, alcuni minerali (segnatamente ferro e calcio), supplementi di fibre, colestiramina o altre resine, fenobarbital, idrossido di alluminio e antiacidi. Recentemente è stato segnalato che anche il simeticone,

5

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ip otiRoiD isM o Co n Genito

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principio attivo dei preparati prescritti per le coliche gassose dei neonati, può ridurre l’assorbimento dell’ormone tiroideo.

Un aspetto che forse vale la pena di approfondire è la possibilità di spostare l’assunzione del farmaco dalla mattina prima di colazione alla sera prima di an-dare a letto. Quando questo tentativo è stato compiuto in donne adulte ipotiroidee che mostravano un controllo insoddisfacente della malattia, la somministrazione serale della L-T4 ha migliorato significativamente sia le concentrazioni di TSH sia i livelli di FT4 (Fig. 1). Nel neonato o nel lattante è verosimile che questa procedura sia più difficoltosa (dato l’orario abbastanza precoce in cui abitualmente vengono

0

2

1

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3

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TSH

(μU

/ml)

9 9632421181512

Tempo (ore)

L-T4 mattutinaL-T4 serale

A

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FT4

(pm

ol/l)

9 9632421181512

Tempo (ore)

L-T4 mattutinaL-T4 serale

B

FIGURA 1. Livelli di TSH (A) e di FT4 (B) in 12 donne ipotiroidee, prima e dopo il passaggio dalla somministrazione mattutina a quella serale di L-T4.

(Modificata da Bolk et al., Clin Endocrinol 2007;66:43-8)

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capitolo 5 • TERAPIA DELL’IPOTIROIDISMO COnGEnITO

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messi a dormire i bambini di questa età), ma nel bambino un po’ più grande o nell’adolescente potrebbe rappresentare una valida alternativa per i casi con TSH meno controllato.

Dosaggio della terapia

Le attuali linee guida statunitensi ed europee – elaborate rispettivamente dalla Ame-rican Academy of Pediatrics e dalla European Society for Paediatric Endocrinology – raccomandano entrambe un dosaggio iniziale di L-T4 compreso tra 10 e 15 μg/kg/die. Queste dosi, pari a circa il doppio di quelle utilizzate fino a 10-15 anni fa (5-6 μg/kg/die), da principio erano state guardate con preoccupazione a causa del timore di ipertrattamento. Tuttavia, il loro impiego si è dimostrato adeguato per ottenere la normalizzazione della funzione tiroidea nel più breve tempo possibile, cioè approssimativamente 3 giorni per la T4 totale o la FT4 e circa 2-4 settimane per il TSH. Tali valori sono scaturiti principalmente dal lavoro di Selva et al. già citato in precedenza da Alice Monzani, in cui la rapida normalizzazione dei para-metri tiroidei con il dosaggio da 50 μg/die (pari a circa 14,5 μg/kg/die) è risultata associata a un migliore outcome neurocognitivo rispetto a dosaggi inferiori (37,5 μg/die, pari a circa 11 μg/kg/die) o progressivamente superiori (37,5→62,5 μg/die, pari a circa 18 μg/kg/die). In altre parole, quanto più velocemente si raggiunge lo stato di eutiroidismo – che le linee guida identificano con la normalizzazione non solo della FT4 ma anche del TSH – tanto migliore sarà la prognosi del bambino.

All’interno del range posologico raccomandato (10-15 μg/kg/die), il dosaggio da utilizzare può essere scelto in base al tipo di difetto e/o alla gravità dell’ipo-tiroidismo, parametri che nella maggior parte dei casi sono coincidenti: le forme di IC da agenesia, infatti, sono associate ai valori più alterati di FT4 e TSH, mentre le forme da disormonogenesi sono generalmente le più lievi e quelle da ectopia si collocano in una posizione intermedia. Mathai et al., in uno studio in cui hanno suddiviso i loro pazienti in base alle tre forme di difetto tiroideo appena citate, trattando poi ogni forma con un dosaggio diverso di L-T4 (agene-sie 15 μg/kg/die, ectopie 12 μg/kg/die, disormonogenesi 10 μg/kg/die), hanno ottenuto risultati sovrapponibili nei tre gruppi (Fig. 2). Tuttavia, poiché il valore assoluto degli indici di funzionalità tiroidea non segue invariabilmente questa distribuzione così rigida, è bene includere sempre nelle decisioni terapeutiche anche i livelli di TSH e FT4.

L’outcome dell’IC è influenzato da numerosi fattori diversi, e la terapia è soltanto uno di essi. Per esempio, nello studio di Selva et al. citato precedentemente, quando la popolazione è stata suddivisa in base alla presenza di ipotiroidismo moderato o grave, i bambini con malattia grave hanno mostrato un QI non ottimale nonostante gli elevati dosaggi di farmaco utilizzati (Fig. 3a). E ancora, nel medesimo studio, i bambini con IC – seppure trattati adeguatamente – hanno ottenuto punteggi di QI inferiori rispetto a quelli dei loro fratelli sani (Fig. 3b); quest’ultima circostanza è particolarmente indicativa, poiché in questo caso i pazienti e i controlli appar-

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tenevano allo stesso contesto familiare e socio-culturale, pertanto non vi erano fattori confondenti legati alla diversa provenienza dei bambini. Di conseguenza, sebbene lo studio abbia alcuni elementi di debolezza (come le ridotte dimensioni del campione e l’ampia fascia di età considerata, compresa tra 2 e 8 anni), esso suggerisce che gli esiti del trattamento siano di tipo multifattoriale e che non dipendano esclusivamente dalla patologia di per sé o dalle variabili di ordine

FT4

(pm

ol/l)

0

20

40

30

10

50

TSH

(μU

/ml)

0

40302010

120

180

160

140

10050

200

Settimane dopo l’inizio del trattamento0 1 32 4 65 1 32 4 5

Settimane dopo l’inizio del trattamento0 6

Agenesia (L-T4 15 μg/kg/die)Ectopia (L-T4 12 μg/kg/die)

Disormonogenesi (L-T4 10 μg/kg/die)

TSH a 2 settimane– agenesia: 4,8– ectopia: 6,2– disormonogenesi: 3,7

A B

FIGURA 2. Livelli di FT4 (A) e di TSH (B) in pazienti con agenesia, ectopia o disormonogenesi tiroidea trattati con dosi differenti di L-T4.

(Modificata da Mathai et al., Clin Endocrinol 2008;69:142-7)

110

90

100

80

70

120

110

90

100

80

70

120

A

QIGlobale Verbale Performance

60

FratelliPazienti

50

*

18 13 15 10 15 10

B

QIGlobale Verbale Performance

60

5016 16 16 16 16 16

ModeratoGravep<0,05*

FIGURA 3. Punteggi di QI ottenuti in bambini con IC moderato o grave (A) e in bambini con IC confrontati con i loro fratelli sani (B). (Modificata da Selva et al., J Pediatr 2005;147:775-80)

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terapeutico. Ciò è confermato dal fatto che, ad esempio, le attuali differenze di outcome tra i pazienti ipotiroidei e i loro fratelli sani non sono molto diverse da quelle osservate negli anni in cui si utilizzavano dosi iniziali di L-T4 decisamente inferiori, indicando dunque che l’incremento dei dosaggi farmacologici non ha ancora risolto tutti gli aspetti del problema. Anche le passate esperienze del nostro centro indicano che, nonostante vi sia un miglioramento significativo del QI con il passaggio da dosi di 6-8 μg/kg/die a dosi di 10-15 μg/kg/die, la differenza tra i bambini che cominciano con 10 μg/kg e quelli che cominciano con 15 μg/kg appare abbastanza esigua.

Tempistica del trattamento

La prontezza con cui si istituisce la terapia ormonale sostitutiva è di importanza fondamentale per l’outcome neurocognitivo dell’IC. L’esperienza indica che, se si comincia il trattamento al di là della terza settimana, le prestazioni cognitive raggiungono livelli soddisfacenti solo se si impiegano dosi iniziali più aggressive (Fig. 4). Ciò nonostante, anche in questo ambito permangono alcuni aspetti non com-pletamente chiariti, che depongono ancora una volta per una genesi multifattoriale dell’outcome intellettivo. Nel 2009, il gruppo svizzero di Beatrice Latal ha condotto uno studio in cui 63 bambini con IC identificato allo screening neonatale sono stati trattati precocemente (in media dal 9° giorno di vita) con dosi elevate di L-T4 (in media 14,7 μg/kg/die, ma in alcuni casi anche oltre 23 μg/kg/die), esaminando poi gli outcome cognitivi a lungo termine all’età di 14 anni. Tali condizioni erano

70

80

90

100

QI

+7 punti

>21 giorni<21 giorni

L–T4 8-10 µg/kg/dieL–T4 10-15 µg/kg/die

FIGURA 4. Punteggi di QI ottenuti in bambini con IC trattati prima o dopo il 21° giorno di vita, con due diverse dosi di L-T4. (Modificata da Salerno et al., Thyroid 2002;12:45-52)

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dunque ottimali per la valutazione degli esiti intellettivi in presenza del miglior trattamento possibile. Ebbene, la misurazione del QI a 14 anni, aggiustato per sesso e per stato socio-economico, ha rivelato che i ragazzi ipotiroidei avevano un QI glo-bale significativamente più basso rispetto ai loro coetanei sani, e che i soggetti con agenesia tiroidea avevano un punteggio di performance significativamente inferiore rispetto ai soggetti con disgenesia della ghiandola (tab. 1). Pertanto, nonostante un trattamento precoce ad alto dosaggio e una terapia sostitutiva ottimale per l’intera età pediatrica, questi adolescenti hanno manifestato ugualmente un certo deficit intellettivo, non particolarmente profondo ma pur sempre significativo. Il fatto che tale deficit sia apparso più marcato nei ragazzi con agenesia della tiroide – cioè nella forma di ipotiroidismo più grave – lascia probabilmente intendere che in questi casi il coinvolgimento intrauterino sia talmente intenso da rendere insufficiente anche la migliore terapia postnatale possibile. Come è stato riferito nella precedente relazione, più recentemente gli stessi autori hanno evidenziato che bambini con IC trattati secondo le stesse modalità ottimali sopra descritte manifestavano anche alcuni deficit motori in età scolare, particolarmente a carico dell’attività motoria pura e dei movimenti fini di tipo adattativo; tali deficit, analogamente a quelli intellettivi, apparivano più marcati nei soggetti con agenesia, rispetto a quelli con disgenesia tiroidea (Fig. 5).

Per quanto riguarda l’outcome dell’accrescimento somatico, è stato già sotto-lineato come esso non sia influenzato in maniera significativa dalla maggiore o minore precocità con cui viene istituita la terapia né dal dosaggio iniziale della L-T4, consentendo ai bambini ipotiroidei di raggiungere gli stessi target staturali dei loro coetanei sani.

Monitoraggio

Secondo l’American Academy of Pediatrics, il monitoraggio della terapia con ormo-ne tiroideo deve avere l’obiettivo di mantenere la FT4 entro il range alto normale (1,4-2,3 ng/dl) e il TSH entro valori inferiori a 5 μU/ml (idealmente, entro valori compresi tra 0,5 e 2 μU/ml). Particolarmente nelle fasi iniziali del trattamento,

Tabella 1. punteggi di Qi (aggiustati per sesso e stato socio-economico) ottenuti in bambini con iC trattati precocemente con alte dosi di L-t4, suddivisi in base al tipo di difetto tiroideo e confrontati con soggetti di controllo sani. (Modificata da Dimitropoulos et al., Pediatr Res 2009;65:242-8)

Totale(n = 63)

Agenesia(n = 26)

Disgenesia(n = 33)

Controlli(n = 175)

QI scala globale, media (DS) 101,7 (1,4)‡ 98,7 (2,1)‡ 104,2 (1,9)§ 111,4 (0,81)

QI verbale, media (DS) 102,2 (1,3)‡ 100,9 (2,0)‡ 103,3 (1,8)§ 109,3 (0,76)

QI performance, media (DS) 100,8 (1,5)‡ 96,5 (2,3)‡ 104,1 (2,1)†§ 110,9 (0,86)

DS, deviazione standard. † p ≤0,05, disgenesia vs agenesia. ‡ p <0,001 § p ≤0,01 vs controlli.

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quando le dosi di L-T4 sono più elevate, è necessario evitare il rischio che il bam-bino vada in ipertiroidismo. Pertanto, le linee guida statunitensi raccomandano di effettuare i controlli periodici con la seguente frequenza: 2 e 4 settimane dopo l’inizio della terapia; ogni 1-2 mesi nei primi 6 mesi di vita; ogni 3-4 mesi tra i 6 mesi e i 3 anni di età; ogni 6-12 mesi dai 3 anni in poi; infine, 4 settimane dopo ogni variazione del regime posologico. Il concetto della normalizzazione del TSH – oltre che della FT4 – è relativamente recente, se si pensa che anche solo 20 anni fa veniva considerata normale una tireotropinemia di 10-15 μU/ml. Oggi sappia-mo che per il benessere dei bambini ipotiroidei è fondamentale che il TSH scenda fino a valori normali, tuttavia è incerto se in età pediatrica la sua riduzione debba essere necessariamente così stringente da mantenere i livelli ematici al di sotto di 2 μU/ml, come suggeriscono gli americani. A questo proposito, probabilmente è opportuna una revisione critica dei range di normalità del TSH nelle diverse fasce di età, anche al fine di evitare gli episodi di ipertrattamento.

Dal punto di vista cardiovascolare, è stato già detto come il trattamento cronico con L-T4 esponga al rischio di effetti indesiderati a carico della funzione ventricolare sinistra, della tolleranza all’esercizio fisico e dello spessore delle pareti vasali. Il

-2

–4

2

0

Pun

tegg

io z

Movimentiassociati

Equilibriostatico

Movimentiadattativigrossolani

Movimentiadattativi �ni

Attiivitàmotoria pura

DisgenesiaAgenesia

*

§**

Linee bianche nei box: mediane. Dimensioni dei box: range interquartile.Estremi superiore e inferiore, collegati al box con linea punteggiata: 1,5 x range interquartile.Linea tratteggiata in corrispondenza dello 0: valore normale.

*p = 0,03. **p = 0,01. §p <0,001.

FIGURA 5. Outcome neuromotori osservati in età scolare in bambini con IC trattati precocemente con alte dosi di L-T4, suddivisi in base al tipo di difetto tiroideo. (Modificata da Hauri-Hohl et al., Pediatr Res 2011;70:614-8)

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corretto monitoraggio della terapia assume dunque particolare rilevanza anche in quest’ottica, poiché è stato dimostrato che sia gli episodi di ipertrattamento sia quelli di ipotrattamento sono significativamente correlati alla performance cardiovascolare.

Conclusioni

In sintesi, le dosi terapeutiche di L-T4 attualmente consigliate consentono di ottenere un miglior outcome intellettivo globale rispetto ai dosaggi che si utilizzavano fino a qualche tempo fa. Tuttavia, per valutare compiutamente gli effetti del trattamento sugli outcome cognitivi a lungo termine sono necessari ulteriori studi su ampie casistiche, che tengano conto in maniera adeguata di tutte le diverse variabili coin-volte: età di inizio della terapia, gravità dell’ipotiroidismo, livello socio-culturale della famiglia, atteggiamento parentale nei confronti della malattia, compliance per il trattamento, ecc. Inoltre, è opportuno valutare con studi appropriati la necessità o meno di modulare la dose iniziale di L-T4, unitamente alle eventuali modalità con cui effettuare tale modulazione.

Letture consigliate

• American Academy of Pediatrics, Rose SR; Section on Endocrinology and Committee on Genetics, American Thyroid Association, Brown RS; Public Health Committee, Lawson Wilkins Pediatric Endocrine Society, Foley T, Kaplowitz PB, Kaye CI, Sundararajan S, Varma SK. Update of newborn screening and therapy for congenital hypothyroidism. Pediatrics 2006;117(6):2290-303.

• Bolk N, Visser TJ, Kalsbeek A, van Domburg RT, Berghout A. Effects of evening vs mor-ning thyroxine ingestion on serum thyroid hormone profiles in hypothyroid patients. Clin Endocrinol (Oxf) 2007;66(1):43-8.

• Dimitropoulos A, Molinari L, Etter K, Torresani T, Lang-Muritano M, Jenni OG, et al. Children with congenital hypothyroidism: long-term intellectual outcome after early high-dose treatment. Pediatr Res 2009;65(2):242-8.

• Hauri-Hohl A, Dusoczky N, Dimitropoulos A, Leuchter RH, Molinari L, Caflisch J, et al. Impaired neuromotor outcome in school-age children with congenital hypothyroidism receiving early high-dose substitution treatment. Pediatr Res 2011;70(6):614-8.

• Mathai S, Cutfield WS, Gunn AJ, Webster D, Jefferies C, Robinson E, et al. A no-vel therapeutic paradigm to treat congenital hypothyroidism. Clin Endocrinol (Oxf) 2008;69(1):142-7.

• Salerno M, Micillo M, Di Maio S, Capalbo D, Ferri P, Lettiero T, et al. Longitudinal growth, sexual maturation and final height in patients with congenital hypothyroidism detected by neonatal screening. Eur J Endocrinol 2001;145(4):377-83.

• Salerno M, Militerni R, Bravaccio C, Micillo M, Capalbo D, Di MS, et al. Effect of different starting doses of levothyroxine on growth and intellectual outcome at four years of age in congenital hypothyroidism. Thyroid 2002;12(1):45-52.

• Salerno M, Oliviero U, Lettiero T, Guardasole V, Mattiacci DM, Saldamarco L, et al. Long-term cardiovascular effects of levothyroxine therapy in young adults with congenital hypothyroidism. J Clin Endocrinol Metab 2008;93(7):2486-91.

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• Selva KA, Harper A, Downs A, Blasco PA, Lafranchi SH. Neurodevelopmental outcomes in congenital hypothyroidism: comparison of initial T4 dose and time to reach target T4 and TSH. J Pediatr 2005;147(6):775-80.

DISCUSSIONE

Franco ChiarelliTalvolta, nella pratica clinica, capita ancora di vedere bambini il cui trattamen-to a lungo termine non è condotto in maniera ottimale. Nel nostro centro, ad esempio, vi è stato il caso di un bambino di 2 anni al quale avevamo impostato noi fin dalla nascita la terapia con L-T4, che dopo un soggiorno di 6 mesi in Francia, sebbene sia stato seguito da un’ottima struttura, è rientrato in Italia con un TSH di 15 μU/ml. Come si può fare, in termini più generali, per garan-tire che la qualità del trattamento venga mantenuta e per evitare che si allenti l’attenzione nei confronti di un follow-up adeguato?E ancora un altro aspetto: la raccomandazione a tenere i valori del TSH al di sotto di 5 μU/ml o tra 0,5 e 2 μU/ml deriva da evidenze specifiche o scaturisce prevalentemente dall’esperienza personale di chi ha elaborato le linee guida e i documenti di consenso? In altre parole, esiste la prova scientifica che un TSH inferiore a 2 μU/ml sia associato a un outcome più favorevole rispetto a un valore inferiore a 5 μU/ml? Il gruppo berlinese di Annette Grüters, per esempio, sostie-ne che per ottimizzare il trattamento il TSH debba essere compreso tra 1 e 2.

Mariacarolina SalernoLa domanda su come garantire l’ottimizzazione del trattamento temo che non abbia una risposta univoca e definitiva. Ovviamente si potrebbe auspicare l’ese-cuzione di follow-up più ravvicinati, ma i follow-up ravvicinati sono un’arma a doppio taglio, perché se da un lato mantengono adeguatamente “sotto pressione” la famiglia del bambino o – in un’età successiva – direttamente il ragazzo o l’adolescente che si autogestiscono, dall’altro conferiscono anche un maggiore impatto psicologico alla malattia cronica. Pertanto, è necessario bilanciare in modo equilibrato i due aspetti. Nella mia esperienza, il centro di riferimento per le patologie tiroidee ha un grande potere di sorveglianza, perché quando si delega il controllo della malattia al pediatra di libera scelta accade spesso che i genitori riducano la loro attenzione. L’avere di fronte un appuntamento, un impegno prefissato presso la struttura di riferimento, aiuta a mantenere un giusto livello di consapevolezza nella famiglia. Il problema degli adolescenti è un po’ più complesso, poiché a quell’età – anche se si viene seguiti in maniera impeccabile – è facile che emerga la tendenza a non accettare la propria condi-zione, a rifiutare il concetto di malattia perdurante. Da questo punto di vista, un ruolo fondamentale è svolto dalle modalità con cui negli anni precedenti è stata educata la famiglia, accompagnandola verso una gestione serena e non traumatica dell’IC.

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Per quanto riguarda le raccomandazioni sui valori del TSH, a quanto mi ri-sulta non esistono studi specifici a sostegno di un cut-off di 5 o di 2 μU/ml. È verosimile che il gruppo della Dott.ssa Grüters adotti come riferimento un valore inferiore a 2 perché nel loro centro l’IC viene trattato con 50 μg/die di L-T4 indipendentemente dal peso corporeo, dosaggio che rapportato al peso può raggiungere anche i 18-20 μg/kg/die. Tuttavia, la domanda offre lo spunto per esaminare la possibilità di condurre uno studio apposito su questo argo-mento: i centri italiani, se adeguatamente coordinati, possiedono certamente una casistica complessiva idonea alla valutazione retrospettiva degli outcome in funzione dei livelli di TSH raggiunti.

Aldo PincheraLa questione dei valori normali del TSH ha avuto origine dagli studi della Dott.ssa Spencer, una biologa che lavora nel laboratorio di Nikolov a Los Angeles, la quale ha dapprima ottimizzato i dosaggi della tireotropina e successivamente ne ha verificato il range di normalità. Da queste ricerche è emerso che il valore normale dell’ormone è sicuramente inferiore a 3 μU/ml, e su questa base è stata avviata la revisione complessiva degli intervalli di riferimento per il TSH, sia nell’adulto sia nel bambino. Di fatto, non esiste la prova incontrovertibile che una concentrazione inferiore a 2 μU/ml rappresenti il valore di TSH ideale. Esiste però la constatazione che i soggetti normali, esenti da qualunque patologia e anche da qualsiasi interferenza sui livelli di TSH, possiedono valori di tireotro-pina compresi in quell’ambito. Per inferenza, dunque, si deduce che anche nei pazienti ipotiroidei si debbano raggiungere concentrazioni analoghe. La Dott.ssa Grüters, a Berlino, si attiene a questi dati. Il mio parere personale è che le evidenze siano tendenzialmente più a favore delle 2 μU/ml che delle 5 μU/ml; ovvero, detto in altri termini, che attualmente sarebbe necessario provare che il valore di 5 μU/ml sia migliore rispetto al valore di 2 μU/ml, piuttosto che provare il contrario.Per quanto riguarda gli outcome neurocognitivi e il successo complessivo del trattamento, dalla relazione di Mariacarolina Salerno emerge chiaramente che un ruolo fondamentale è svolto dal contesto familiare in cui vive il paziente. Pressoché tutti i nostri maggiori insuccessi terapeutici, infatti, dipendono gene-ralmente dal fatto che i genitori sono assenti (materialmente o affettivamente) o non riescono ad accettare in modo sereno la malattia. E su quest’ultimo aspetto il medico può influire molto a fondo. Il ruolo della famiglia è importante non solo nei primissimi anni di vita, in cui il bambino è totalmente dipendente dai genitori, ma anche nelle età successive, quando la costruzione di un ambiente psico-affettivo adeguato consente all’adolescente e poi al giovane di affrontare con equilibrio e consapevolezza la propria condizione. A questo proposito, è fuori dubbio anche il notevole miglioramento che ha determinato nella gestione della malattia la creazione dei centri di riferimento per l’IC, mentre in precedenza questi bambini venivano indirizzati a varie strutture pediatriche non sempre dotate della necessaria competenza.

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Dal punto di vista del dosaggio iniziale della L-T4, è evidente che nella prima fase della malattia bisogna somministrare un carico farmacologico conside-revole. In termini fisiopatologici, il problema è più o meno analogo a quello dei pazienti adulti tiroidectomizzati, nei quali l’asportazione della ghiandola e la terapia radiometabolica provocano un depauperamento totale della tiro-xina in tutti i tessuti corporei. In queste condizioni, per poter reintegrare e ridistribuire la tiroxina dapprima nei tessuti e poi nel torrente circolatorio (con conseguente ripristino delle concentrazioni ematiche), il dosaggio ini-ziale della terapia sostitutiva dovrà essere necessariamente generoso, e solo in seguito si potrà ridurre adottando una dose di mantenimento inferiore. I bambini con agenesia tiroidea si trovano in una condizione ancora più grave, poiché non hanno mai avuto tiroxina nei loro tessuti, fin dalla vita intraute-rina: pertanto, all’inizio del trattamento per l’IC dovranno ricevere una dose di L-T4 decisamente elevata.Esiste poi il problema della cosiddetta “ginnastica terapeutica”, cioè dei continui aggiustamenti di dosaggio del farmaco effettuati sulla base di un’interpreta-zione affrettata dei livelli di TSH. Nell’adulto, la questione nacque dal fatto che, quando furono stabiliti i primi parametri di valutazione con Reginald Hall, a Newcastle, si affermò l’opportunità di verificare il raggiungimento dei valori desiderati di TSH dopo soli 20 giorni dalla modificazione terapeutica eseguita. Oggi sappiamo che questo intervallo di tempo è troppo ridotto, e che per valutare in maniera attendibile gli effetti di piccole variazioni della L-T4 sono necessari da 2 a 4 mesi di attesa. Nella popolazione pediatrica, specie nei primi 2 anni di vita, ovviamente bisogna essere più assidui nel monitoraggio, ma rimane valida l’esortazione a non modificare la terapia sulla base di un unico elemento e, in caso di dubbio, è meglio produrre un leggero eccesso terapeutico che rischiare un possibile difetto di trattamento. La ponderatez-za e l’equilibrio nel giudicare le eventuali modificazioni del TSH diventano oltremodo importanti nel bambino più grande e nell’adolescente, per evitare che la ginnastica terapeutica costringa questi pazienti a vedere continuamente “medicalizzata” la propria esistenza.Una breve considerazione, infine, va fatta sulla questione dell’assunzione a digiu-no della L-T4. Come ha accennato Mariacarolina Salerno, se la prima colazione si svolge sempre nello stesso modo, il rispetto assoluto del digiuno non è una necessità imprescindibile. Il nostro scopo, infatti, non è quello di massimizzare l’assorbimento del farmaco, bensì quello di mantenerlo costante nel tempo.

Massimo TonaccheraLa difficoltà nello stabilire il valore ottimale di TSH per i bambini con agenesia tiroidea dipende anche dal fatto che – contrariamente a quanto avviene negli adulti che contraggono una tireopatia ad un certo punto della loro vita – non abbiamo punti di riferimento riguardo alle loro concentrazioni fisiologiche di tireotropina prima della malattia. Con ogni probabilità, sebbene nessuno lo abbia ancora dimostrato, questi bambini hanno un’alterazione del setpoint

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tiroideo e quindi necessitano di dosaggi più elevati di L-T4 per ottenere un TSH di 1 o 2 μU/ml, il che avviene a spese di una FT4 più alta rispetto alle attese. In confronto, un bambino con carcinoma della tiroide che venga operato e poi sottoposto a terapia sostitutiva, ha bisogno di dosi molto inferiori per raggiun-gere lo stesso valore di TSH.

Alessandra CassioMa come facciamo a sapere se con quei valori di TSH e FT4 i tessuti e la situa-zione metabolica del bambino con agenesia tiroidea siano effettivamente a posto?

Massimo TonaccheraDobbiamo basarci esclusivamente sui dati biochimici, poiché non conosciamo i suoi valori iniziali e siamo di fronte a un difetto di quel setpoint che, secondo il parere di autorevoli esperti, si stabilisce nel periodo perinatale.

Luciano CavalloAlcuni degli argomenti che sono stati toccati mi trovano parzialmente in di-saccordo. In primo luogo, a mio avviso il passaggio dalla somministrazione mattutina a quella serale non è così facilmente attuabile, specie nella popola-zione adolescente che, in linea teorica, sarebbe la principale destinataria di questo provvedimento. A quell’età, infatti, l’individuo comincia ad ampliare la sfera dei suoi contatti e delle sue attività sociali, e preso da questi nuovi inte-ressi rischierebbe più facilmente di dimenticare l’assunzione del farmaco. In secondo luogo, personalmente continuo a preferire la somministrazione della L-T4 a digiuno, piuttosto che consentire il suo ravvicinamento al pasto sulla base di un’ipotetica regolarità e costanza di quest’ultimo. Questo approccio mi sembra più percorribile negli adulti, che hanno ormai raggiunto una certa stabilità di abitudini, mentre credo che nei bambini la standardizzazione della prima colazione sia assai meno consueta. In terzo luogo, trovo eccessive le rac-comandazioni della American Academy of Pediatrics in merito alla frequenza del follow-up nelle età comprese tra 6 mesi e 3 anni. Se da un lato comprendo e condivido sia la necessità di essere particolarmente assidui fino a 6 mesi di vita, sia la ragionevolezza di eseguire controlli semestrali dopo i 3 anni, dall’altro ritengo che un follow-up trimestrale fino al terzo anno di età rappresenti una medicalizzazione eccessiva della vita del bambino.Riguardo al rapporto tra dosaggio della L-T4 e tipo di difetto tiroideo, da uno studio retrospettivo condotto alcuni anni fa presso il nostro centro è emerso che, su 150-200 soggetti ipotiroidei seguiti fino all’età adulta, i pazienti con agenesia della ghiandola avevano assunto dosi complessive di L-T4 sensibilmente supe-riori a quelle dei pazienti con disgenesia, i quali a loro volta non presentavano una differenza significativa rispetto ai soggetti con tiroide in sede. Viceversa, i pazienti con FT4 molto basso alla nascita (dunque affetti da un ipotiroidismo grave) non avevano assunto una dose globale di farmaco marcatamente supe-riore a quella usata nelle forme moderate. Pertanto, nella nostra esperienza,

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la situazione anatomica della tiroide sembra avere più influenza sui dosaggi terapeutici rispetto all’entità del deficit ormonale.

Mariacarolina SalernoTornando solo un istante all’importanza dei centri di riferimento per la presa in carico e il follow-up dei bambini con IC, io credo che la loro istituzione da un lato abbia rappresentato un grande successo per la cura di questi pazienti, ma dall’altro rischi oggi di costituire un vistoso insuccesso per i responsabili della programmazione sanitaria: vi sono infatti una crescente carenza di finanziamenti e un progressivo disconoscimento della loro utilità e, da ultimo, si comincia a ipotizzare di demandare i controlli periodici al pediatra di libera scelta.

Aldo PincheraRitengo che l’ipotesi di affidare completamente al pediatra di libera scelta il follow-up di una patologia così delicata sia del tutto improponibile. Piuttosto sarebbe importante che, anche nell’ambito dei centri che si occupano di IC, venissero individuate le strutture che possiedono una reale e profonda espe-rienza in questo campo. A titolo esemplificativo, nell’ambito della chirurgia tiroidea è stato visto non solo che circa la metà dei 41.000 interventi eseguiti annualmente in Italia risulta essere di dubbia utilità, ma anche che circa tre quarti di questi interventi vengono eseguiti presso strutture che non effettuano più di 3 operazioni tiroidee nell’arco dell’anno. Mi sembra essenziale, dunque, anche l’individuazione dei centri di eccellenza per la cura dell’IC, in analogia con quanto è stato fatto – ad esempio – per la gestione dei trapianti d’organo sul territorio nazionale.

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C A P I T O L O 6

D al punto di vista delle decisioni terapeutiche, i pazienti con ipotiroidismo si possono suddividere in due grandi categorie, cioè i soggetti ancora non

trattati e quelli già in terapia.

Pazienti ancora non trattati

Il riscontro di un ipotiroidismo franco – con TSH >10 µU/ml e FT4 bassa – non pone problemi decisionali particolari, mentre più complessa è la situazione nel caso di un ipotiroidismo subclinico, cioè con TSH compreso tra 5 e 10 µU/ml e FT4 normale.

Ipertireotropinemia isolataL’aumento isolato del TSH può avere carattere transitorio (come in caso di tiroidi-te subacuta, patologie non tiroidee, stress fisico, deprivazione da sonno, obesità, terapia con amiodarone o litio, ecc.) oppure permanente (tiroidite di Hashimoto, mutazione del recettore per il TSH, pseudoipoparatiroidismo, alterata sintesi tire-otropinica, sindrome di Down, glicogenosi di tipo I, sindrome di Williams, epatite C, TSH biologicamente inattivo, presenza di anticorpi eterofili, ecc.). La secrezione della tireotropina, come è noto, avviene in maniera pulsatile con intervalli di 1-2 ore, è influenzata dall’ambiente e presenta un ritmo circadiano con picco dopo la fase di addormentamento. Prima di operare qualunque scelta clinica, l’incremento del TSH deve essere confermato nel tempo e l’ipertireotropinemia necessita di un’accurata diagnosi.

Riguardo al valore del limite superiore di normalità per i livelli sierici di TSH, il dibattito è tuttora in corso. Alcuni autori considerano già patologiche concentrazioni pari o superiori a 2,5 µU/ml, mentre altri spostano questo limite a 4-5 µU/ml.

Inoltre, come abbiamo visto nelle precedenti trattazioni, vi sono problematiche legate alla variabilità dei risultati analitici tra i diversi laboratori.

Terapia dell’ipotiroidismo in età evolutiva e in fase di transizione

Giorgio Radetti, Marco Cappa

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ip otiRoiD isM o Co n Genito

58

È necessaria una terapia nell’ipotiroidismo subclinico?L’opportunità o meno di trattare l’ipotiroidismo subclinico è anch’essa oggetto di discussione. Per quanto riguarda l’adulto, le linee guida congiunte della American Association of Clinical Endocrinologists, della American Thyroid Association e della Endocrine Society sono state modificate nel corso degli anni. Nella prima versione, pubblicata nel 2004, esse raccomandavano di iniziare la terapia qualora il TSH fosse superiore a 10 µU/ml e stabilivano che non vi era alcuna evidenza a favore della necessità del trattamento per valori di TSH compresi tra 4,5 e 10 µU/ml. Inoltre, sottolineavano l’importanza di una diagnosi corretta, di una riconfer-ma dei dati di laboratorio e della valutazione dell’eventuale presenza di segni o sintomi di malattia tiroidea. Circa un anno più tardi, le medesime società scien-tifiche hanno pubblicato una revisione delle stesse linee guida in cui si afferma un principio opposto, cioè che non vi sono evidenze che la terapia con L-tiroxina comporti effetti negativi per il paziente con valori di TSH compresi tra 5 e 10 µU/ml, pertanto il trattamento viene raccomandato. In questo nuovo documento si asserisce inoltre che la suddivisione dei valori di TSH tra minori o maggiori di 10 µU/ml è artificiosa, che esistono soggetti che possono risultare sintomatici anche con valori di TSH compresi tra 5 e 10 µU/ml e che andrebbe lasciata una maggiore autonomia di scelta al clinico, in modo che possa individualizzare la terapia in base alle caratteristiche del singolo paziente.

Fattori che influenzano la decisione terapeutica in età pediatricaPer la terapia dell’ipotiroidismo subclinico in età pediatrica, al momento, non esistono linee guida condivise. Le cause più comuni di ipertireotropinemia iso-lata nel bambino sono la tiroidite di Hashimoto (la più frequente in assoluto), le alterazioni tiroidee congenite lievi di tipo funzionale e/o strutturale, l’obesità, la sindrome di Down, la pregressa prematurità neonatale e la sindrome di Williams. In questi pazienti, tra i fattori che possono influenzare la decisione di intraprendere o meno il trattamento vi sono la conoscenza della storia naturale della malattia e la valutazione delle eventuali ripercussioni di questa scelta sull’accrescimento e sullo sviluppo neurocognitivo del bambino.

In un lavoro pubblicato nel 2006, il Gruppo di Studio sulla Tiroide della So-cietà Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP) ha esaminato la storia naturale della tiroidite di Hashimoto suddividendo 160 adolescenti in due gruppi: 105 con TSH normale (gruppo 0) e 55 con TSH compreso tra 5 e 10 µU/ml (gruppo 1). Dopo 5 anni di follow-up, nel 29% dei ragazzi del gruppo 1 il TSH si era normalizzato, in un altro 29% aveva mantenuto valori compresi tra 5 e 10 µU/ml e nel 42% dei casi aveva superato le 10 µU/ml; nel gruppo 0, le percentuali corrispondenti sono state rispettivamente del 65%, 9% e 26% (Fig. 1). L’evoluzione della malattia è risultata quindi piuttosto variabile, sia in presenza sia in assenza di un TSH iniziale alterato. Nel 2009, uno studio pro-spettico condotto dal gruppo del Prof. De Luca su una popolazione pediatrica con ipertirotropinemia isolata ha dimostrato che la storia naturale della malattia era caratterizzata da una riduzione progressiva del TSH, che in circa l’88% dei

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capitolo 6 • TERAPIA DELL’IPOTIROIDISMO In ETà EvOLUTIvA E In FASE DI TRAnSIzIOnE

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pazienti il TSH si normalizzava o rimaneva immodificato e che le modificazioni del TSH non risultavano associate alle concentrazioni di FT4, né allo stato clinico del paziente, né ai valori dei parametri auxologici. In un altro lavoro, pubblicato recentemente dal nostro gruppo, il decorso della malattia è stato seguito per 3 anni suddividendo i pazienti in base agli stessi criteri utilizzati per lo studio SIEDP (gruppo 0 con TSH normale e gruppo 1 con TSH compreso tra 5 e 10 µU/ml), osservando un andamento del TSH simile a quello riportato in prece-denza (Fig. 2a). Il medesimo andamento è stato osservato anche nei 59 pazienti

Ultima visitaPrima visita

23 (41,8%)

55

105

TSH >10 μU/ml

TSH 5-10 μU/ml

TSH <5 μU/ml10 (9,5%)

68 (64,7%)

16 (29,1%)

16 (29,1%)

Gruppo 1

Gruppo 0

27 (25,7%)

FIGURA 1. Studio SIEDP sulla storia naturale della tiroidite di Hashimoto: dopo 5 anni di follow-up, oltre il 50% dei pazienti è rimasto o è diventato eutiroideo. (Modificata da Gruppo di Studio sulla Tiroide della SIEDP, J Pediatr 2006;149:827-32)

Ultima visitaPrima visita Ultima visitaPrima visita

34

87

236

TSH>10 μU/ml

TSH5-10 μU/ml

TSH>5 μU/ml

31

170

17

36

Gruppo 1

Gruppo 0

35

TSH>10 μU/ml

TSH5-10 μU/ml

TSH>5 μU/ml

8

2859Gruppo 1

A B

23

FIGURA 2. Studio di Radetti et al. sulla storia naturale della tiroidite di Hashimoto: evoluzione dei livelli di TSH nella popolazione generale dello studio (A) e nei pazienti con ipertireotropinemia isolata e anticorpi negativi (B). (Modificata da Radetti et al., Clin Endocrinol (Oxf) 2012;76:394-8)

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ip otiRoiD isM o Co n Genito

60

0,0

0,5

1

2

1,5

2,5

Alte

zza

(SD

S)

Ultima visitaPrima visitaUltima visitaPrima visita

SDS, standard deviation score.

U/ED

FIGURA 3. Studio SIEDP sull’ipotiroidismo subclinico: il trattamento non ha influenza sulla crescita. (Modificata da Gruppo di Studio sulla Tiroide della SIEDP, J Pediatr 2006;149:827-32)

BMI (SDS)

TSH

(μU

/ml)

0,0

5

10

7,5

2,5

12,5

r2 = 0,956;p<0,0001

107,50 12,5

Paz

ient

i con

ano

mal

ieec

ogra

�che

tiro

idee

(%)

0

30

70

60

50

40

20

10

80

52,5

TSH (μU/ml)

r = 0,29; p<0,05

107,50 12,5

BM

I (SD

S)

0

10

20

52,5SDS, standard deviation score.

FIGURA 4. Studio di Radetti et al. sulla correlazione tra obesità e funzione tiroidea: l’indice di massa corporea (BMI) è significativamente correlato ai livelli di TSH e alle

anomalie ecografiche della tiroide. (Modificata da Radetti et al., J Clin Endocrinol Metab 2008;93:4749-54)

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capitolo 6 • TERAPIA DELL’IPOTIROIDISMO In ETà EvOLUTIvA E In FASE DI TRAnSIzIOnE

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del gruppo 1 che avevano un’ipertireotropinemia isolata con anticorpi negativi (Fig. 2b), a dimostrazione del fatto che la storia naturale dell’aumento isolato del TSH non è ancora ben conosciuta, né sono identificabili fattori prognostici sicuri. In termini di impatto sull’accrescimento del bambino, i dati raccolti dalla SIEDP sembrano indicare che sottoporre o meno a terapia l’ipotiroidismo subclinico non abbia influenza sulla crescita (Fig. 3). Anche le indagini condotte sullo sviluppo neurocognitivo indicano che effettuare o meno il trattamento non sia associato a ripercussioni significative. Uno studio in cui sono stati arruolati 1327 adole-scenti con ipotiroidismo subclinico ha dimostrato chiaramente che la malattia non aveva conseguenze sulla sfera cognitiva, e uno studio di dimensioni assai più ridotte (11 pazienti) ha mostrato che la terapia con tiroxina non migliorava lo sviluppo neuropsicologico dei bambini. Mancano ancora dati attendibili, invece, sull’associazione con le dislipidemie.

L’obesità infantile è associata significativamente all’aumento dei livelli sierici di TSH (Fig. 4), correlazione che sembra essere influenzata sia dall’indice di massa corporea (BMI) sia dal volume della ghiandola tiroidea. Ciò suggerisce di avere cautela nel porre diagnosi di ipotiroidismo in un bambino obeso con ipertireotro-pinemia, e indica l’opportunità di approfondire ulteriormente le indagini. Anche la prematurità, come si è detto, è legata a un incremento del TSH. In questo caso il fattore dirimente sembra essere l’età gestazionale, più che il basso peso alla nascita in sé e per sé. Verosimilmente, alla base del fenomeno vi è una alterata funzionalità del recettore del TSH.

Pazienti già in trattamento

Nei pazienti già in terapia per ipotiroidismo, si tratta di stabilire se esiste una necessità assoluta di proseguire il trattamento o se vi sono i margini per tentarne la sospensione. In questa scelta sono coinvolti fondamentalmente tre ordini di fattori. Il primo, e più importante, è la causa di fondo dell’ipertireotropinemia: è ovvio che un ipotiroidismo persistente e irreversibile (come si osserva nell’agenesia tiroidea) non offrirà alcuna possibilità di interruzione, ma in altre condizioni questa eventualità può essere più concreta. Il secondo fattore è legato al fatto che recentemente sono stati modificati i criteri per iniziare una terapia con tiroxina, per cui vengono tollerati valori più elevati di TSH (fino a 10 mU/ml).

Ciò potrebbe aver portato negli ultimi anni a un eccesso di trattamenti, al-cuni dei quali potrebbero rivelarsi non necessari. Infine, vi è la possibilità che la causa dell’ipertireotropinemia sia suscettibile di un’evoluzione favorevole, rendendo non più indispensabile la somministrazione di L-tiroxina. È quanto sta cercando di stabilire il nostro gruppo nella tiroidite di Hashimoto, attraverso uno studio in cui a pazienti con tiroidite francamente patologica viene sospeso il trattamento dopo 1 o più anni, valutando nel tempo il comportamento del TSH. I dati preliminari indicano che vi è un sottogruppo di soggetti in cui i livelli di tireotropina rimangono bassi anche a distanza di un anno dalla

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ip otiRoiD isM o Co n Genito

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sospensione della terapia (Fig. 5), suggerendo dunque che in casi selezionati si possa sperimentare tale approccio, seguendo nel tempo la sua evoluzione a medio e lungo termine.

Letture consigliate

• Gharib H, Tuttle RM, Baskin HJ, et al. Consensus Statement #1: Subclinical thyroid dysfunction: a joint statement on management from the American Association of Clinical Endocrinologists; American Thyroid Association; Endocrine Society. Thyroid 2005;15:24-8.

• Radetti G, Gottardi E, Bona G, et al.; Study Group for Thyroid Diseases of the Italian Society for Pediatric Endocrinology and Diabetes (SIEDP/ISPED). The natural history of euthyroid Hashimoto’s thyroiditis in children. J Pediatr 2006;149:827-32.

• Radetti G, Maselli M, Buzi F, et al. The natural history of the normal/mild elevated TSH serum levels in children and adolescents with Hashimoto’s thyroiditis and isolated hyperthyrotropinaemia: a 3-year follow-up. Clin Endocrinol (Oxf) 2012;76(3):394-8.

• Surks MI, Ortiz E, Daniels GH, et al. Subclinical thyroid disease: scientific review and guidelines for diagnosis and management. JAMA 2004;291:228-38.

• Wasniewska M, Salerno M, Cassio A, et al. Prospective evaluation of the natural course of idiopathic subclinical hypothyroidism in childhood and adolescence. Eur J Endocrinol 2009;160(3):417-21.

0,1

1

10

100

1000

TSH

(μU

/ml)

2 mesi 6 mesiSTOP

FIGURA 5. Protocollo STOP-terapia nella tiroidite di Hashimoto: risultati preliminari in termini di modificazioni del TSH a 2 e 6 mesi.

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capitolo 6 • TERAPIA DELL’IPOTIROIDISMO In ETà EvOLUTIvA E In FASE DI TRAnSIzIOnE

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DISCUSSIONE

Franco ChiarelliConsiderato che, come abbiamo visto, diversi pazienti con tiroidite di Hashi-moto in cui viene sospesa la L-tiroxina hanno poi la necessità di riprendere il trattamento a causa della ricomparsa dell’ipotiroidismo, e considerato che la terapia è ben tollerata, qual è la ragione per non trattare sistematicamente tutti i pazienti?

Marco CappaDal punto di vista meramente pratico, l’approccio di trattare tutti i pazienti sulla base del fatto che la terapia non ha effetti collaterali di rilievo, e che in questo modo si previene la comparsa o l’aggravamento dell’ipotiroidismo nei soggetti suscettibili, è sicuramente sensato. Tuttavia, lo scopo del protocollo STOP-terapia non è di elaborare una strategia clinica, bensì di comprende-re quale sia la storia naturale delle tiroiditi qualora vengano lasciate senza trattamento. In questa prospettiva, il suo disegno sperimentale è coerente con l’obiettivo che ci si è prefissi. Bisogna tenere presente, inoltre, che la popolazione dello studio è costituita da adolescenti, non da neonati con ipotiroidismo congenito.

Mariacarolina SalernoCredo che sia necessario distinguere tra loro le diverse cause di ipotiroidismo subclinico. Esistono patologie – e tra queste a mio avviso è compresa anche la tiroidite di Hashimoto – per le quali la ricerca dimostrerà verosimilmente che il trattamento è comunque opportuno, ma ve ne sono altre in cui è probabile che i margini di discrezionalità si dimostrino più ampi. In entrambi i casi, tuttavia, è importante che la terapia sia maggiormente standardizzata, e che la decisione di trattare o non trattare una determinata condizione sia suffragata da evidenze scientifiche adeguatamente disegnate. Solo così sarà possibile individuare con ragionevole attendibilità sia i sottogruppi di pazienti in cui si può tentare con maggiore disinvoltura la sospensione o l’omissione del trattamento, sia i sotto-gruppi in cui invece sarà bene istituire la terapia con la massima sollecitudine.

Luciano CavalloRitengo che sia importante valutare il contesto clinico in cui si sviluppa l’i-pertireotropinemia. In soggetti in cui l’aumento del TSH si accompagna a una condizione patologica evidente (la tiroidite è solo uno degli esempi, ma ve ne sono molti altri), anche una lieve ipertireotropinemia è suscettibile di trattamento a causa delle più elevate probabilità che la malattia evolva sfavorevolmente. Al contrario, un lieve incremento isolato del TSH in un soggetto altrimenti sano, che in un certo senso ha semplicemente la necessità di “far lavorare” la propria tiroide a un ritmo un po’ più sostenuto per mantenere lo stato eutiroideo, nella maggior parte dei casi non avrà bisogno di terapia.

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Graziano CesarettiIo credo che il giusto approccio clinico non sia quello di chiedersi “perché non trattare il paziente?”, bensì quello di domandarsi “perché trattarlo?”. In altre parole, andrebbero spiegate le ragioni che giustificano l’intervento terapeuti-co, non le ragioni che ne giustificano l’eventuale omissione. In quest’ottica, il primo punto da prendere in considerazione, come è stato già detto, è il tipo di diagnosi. Un’ipertireotropinemia isolata è, per sua stessa definizione, un lieve aumento del TSH in assenza di qualunque altro segno patologico, pertanto a mio avviso nella maggior parte dei casi non andrebbe trattata. Inoltre, esisto-no numerose forme transitorie di ipertireotropinemia che tendono a risolversi spontaneamente senza necessità di ulteriori interventi. La tiroidite autoimmune, in linea generale, è una condizione in cui la terapia può essere indicata, ma anche in questo caso esistono circostanze in cui essa non è indispensabile: per esempio, in bambini con TSH, T4 e T3 normali, positività più o meno marcata degli anticorpi, ipoecogenicità tiroidea di grado minimo e assenza di gozzo o di altre alterazioni, si può decidere di seguire nel tempo l’evoluzione del quadro senza istituire immediatamente il trattamento. In altri termini, la terapia non va certamente demonizzata, ma è bene che sia individualizzata e soprattutto motivata da condizioni ben precise.

Alessandra CassioConcordo pienamente sia sulla necessità di inquadrare il caso clinico con la maggior precisione possibile, ponendo una diagnosi corretta, sia sull’inidoneità di adottare un approccio terapeutico “interventistico” a tutti i costi, sulla sola base dell’innocuità del trattamento. Bisogna infatti ricordare che, sebbene la L-tiroxina non sia gravata da effetti collaterali di rilievo, la sua somministra-zione è pur sempre un atto medico che incide sulla vita dei pazienti; inoltre, spesso deve essere utilizzata nel momento critico dell’adolescenza, in cui alle problematiche legate all’età si sommano anche le difficoltà di compliance e di accettazione della patologia.

Aldo PincheraLe due versioni delle linee guida statunitensi, citate nella presentazione, esem-plificano bene i due estremi dell’approccio terapeutico nei confronti dell’ipo-tiroidismo subclinico: nel primo caso, si afferma l’importanza di una soglia di cut-off per la terapia (10 µU/ml) e si sostiene l’assenza di evidenze scientifiche a dimostrazione dell’utilità del trattamento al di sotto di tale soglia; nel secondo, si asserisce l’artificiosità di suddetta soglia e si raccomanda la somministrazione del trattamento anche con valori di TSH superiori a 5 µU/ml, portando a sostegno di questa tesi l’assenza di evidenze sulla pericolosità della terapia. Come spesso accade, la posizione più equilibrata consiste verosimilmente nel combinare i due approcci. Stabilire una linea di demarcazione per le concentrazioni di TSH è senz’altro opportuno, in modo da individuare i soggetti che – salvo eventuali e documentate eccezioni – dovranno essere trattati con certezza perché la loro

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capitolo 6 • TERAPIA DELL’IPOTIROIDISMO In ETà EvOLUTIvA E In FASE DI TRAnSIzIOnE

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tiroide funziona male; al momento, sembra ragionevole porre tale soglia a 10 µU/ml. Al di sotto di questo valore, il quadro clinico va interpretato nella sua interezza e nella sua complessità. Per esempio, una concentrazione di TSH pari a 6 µU/ml potrà essere lasciata senza terapia se non si accompagna ad alcun’altra modificazione patologica, ma necessiterà probabilmente di un trattamento se il paziente ha subito un pregresso intervento chirurgico, se ha una positività anticorpale, se assume farmaci potenzialmente in grado di squilibrare l’assetto ormonale tiroideo, ecc. Il nocciolo del problema consiste nel ridurre il più pos-sibile quella regione di incertezza nella quale le decisioni terapeutiche non sono ancora suffragate da idonee evidenze scientifiche, mirando sì all’individualizza-zione del trattamento, ma a un’individualizzazione scientificamente solida, non demandata alla sola esperienza del clinico. Da questo punto di vista, studi come il protocollo STOP-terapia nella tiroidite di Hashimoto possono fornire infor-mazioni preziose. Al di fuori di un protocollo sperimentale, nella pratica clinica quotidiana, è del tutto verosimile che una tiroidite autoimmune con aumento del TSH debba essere trattata. Ma se uno studio scientifico dovesse dimostrare che vi sono casi in cui il trattamento non è necessario perché la malattia evolve spontaneamente in senso favorevole, e contribuisse a caratterizzare correttamente tali casi, allora avremmo ridotto in maniera costruttiva la “zona grigia” dell’in-certezza decisionale. Ed è proprio questo l’obiettivo a cui dovremmo aspirare.

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L-tiroxina come terapia di elezione nell’ipotiroidismo congenito

I principali fattori in grado di influenzare la prognosi a breve e lungo termine dell’ipotiroidismo congenito (IC) si possono suddividere in due grandi categorie: prenatali e postnatali. I primi, che sono legati essenzialmente alla malattia in quanto tale, comprendono i livelli di T4 materna e la gravità dell’ipotiroidismo stesso. I secondi, che invece sono legati prevalentemente al follow-up postnatale, compren-dono l’età in cui viene iniziata la terapia, il tipo di terapia prescelto, il dosaggio del farmaco, il monitoraggio, la compliance e una serie di fattori socio-culturali. Per quanto riguarda il tipo di terapia, sebbene si possa dire che non è stata ancora identificata con certezza la terapia ormonale ottimale per l’IC, vi è ormai la ten-denza pressoché unanime a considerare la L-tiroxina come il farmaco di elezione.

Uno studio randomizzato e controllato, condotto dal nostro gruppo alcuni anni fa su una piccola casistica di neonati con IC diagnosticati mediante screening e trattati con la sola L-tiroxina o con una terapia combinata T4/T3, aveva messo in evidenza che lo sviluppo psicomotorio a 6 e 12 mesi non era significativamente differente nei due gruppi con diversa modalità di trattamento e la terapia combinata con T4/T3 non sembrava produrre alcun vantaggio rispetto alla monoterapia con T4 (tab. 1).

Terapia con L-tiroxina: nuove modalità di somministrazione

Alessandra Cassio

Tabella 1. studio di Cassio et al. sul trattamento dell’iC con t4 o con t4 + t3: entrambe le terapie ormonali sono più efficaci rispetto al controllo, ma l’aggiunta di t3 non offre vantaggi rispetto alla monoterapia con t4. (Modificata da Cassio et al., Pediatrics 2003;111:1055-60)

DQ a 6 mesi DQ a 12 mesi

T4 95 (85-102) 90 (86-95)

T4 + T3 96 (90-100) 90 (87-98)

Controlli 101 (98-107)# 102 (100-106)#

DQ = Developmental Quotient.# p <0,05 versus terapia con T4 o con T4 + T3.

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ip otiRoiD isM o Co n Genito

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Questi risultati sono stati confermati più recentemente in una revisione sistematica della letteratura realizzata da Escobar-Morreale et al.

Allo stato attuale, la terapia con T3 o con l’aggiunta di T3 alla L-tiroxina vie-ne riservata ad alcuni casi particolari e molto selezionati, tra i quali ad esempio l’ipotiroidismo associato alla presenza di angiomi epatici voluminosi, che spesso producono grandi quantitativi di rT3.

L-tiroxina in formulazione liquida

Recentemente è stata resa disponibile anche in Italia, come era già avvenuto negli Stati Uniti e in altri Paesi, la formulazione liquida di L-tiroxina, che va ad aggiungersi alla formulazione in compresse per il trattamento di tutte le forme di ipotiroidismo, compreso quello congenito. Una goccia della formulazione liquida contiene 3,75 μg di L-tiroxina.

Vantaggi e svantaggiIl primo vantaggio dell’impiego di L-tiroxina in forma liquida consiste nella sua semplicità di somministrazione, che in linea di massima è gradita anche ai genitori del bambino: essi infatti considerano generalmente più difficoltosa la gestione delle compresse, che richiede il loro frazionamento, il discioglimento, ecc. Altri aspetti favorevoli sono rappresentati dalla migliore titolabilità della dose e dalla possibilità di adeguare meglio il dosaggio terapeutico alle esigenze di ogni singolo paziente.

Il principale svantaggio di questa formulazione è costituito invece dal rischio di commettere errori nel conteggio delle gocce, particolarmente nel caso dei neonati e dei lattanti per i quali può essere più difficile l’utilizzazione delle confezioni liquide monodose. Da questo punto di vista appare molto importante l’approccio che lo staff sanitario realizza, già al momento dell’iniziale conferma diagnostica, nella corretta ed esaustiva informazione alla famiglia. Vi sono poi alcuni aspetti ancora non completamente valutati e compresi nel paziente con IC nei primi mesi di vita, quali la bioequivalenza e le modalità di assorbimento e farmacocinetica delle diverse formulazioni. Infine, per il pediatra, un problema può essere rappre-sentato dai possibili effetti indesiderati dell’etanolo presente tra gli eccipienti della soluzione liquida (una goccia di L-tiroxina liquida contiene 8,6 mg di etanolo).

Stato dell’arteTutti gli studi comparativi fra formulazione liquida di L-tiroxina e formulazione in compresse sono stati condotti su volontari sani o su pazienti adulti con forme acquisite di ipotiroidismo, pertanto i loro risultati non sono facilmente trasferibili alla popolazione pediatrica con IC. Gli unici due studi non comparativi riguar-danti neonati e lattanti con IC trattati sin dall’iniziale conferma diagnostica con una formulazione liquida di L-tiroxina sono stati eseguiti uno in Francia e l’altro in Germania.

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capitolo 7 • TERAPIA COn L-TIROxInA: nUOvE MODALITà DI SOMMInISTRAzIOnE

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Nello studio francese, adeguatamente condotto e con disegno sperimentale prospettico, 51 lattanti con IC sono stati trattati con L-tiroxina liquida alla dose iniziale di 8 μg/kg/die, ottenendo la rapida normalizzazione della funzione tiroidea nel 90% dei casi. In un sottogruppo di pazienti con forme più gravi di ipotiroidi-smo, è stato necessario un adeguamento del dosaggio terapeutico con sommini-strazione di dosi più elevate di L-tiroxina e conseguente normalizzazione molto più tardiva, oltre i due mesi di vita, del TSH (Fig. 1). Gli autori concludono che

L-T4

μg/k

g/d

5,5

6

7

8

7,5

6,5

8,5

Giorni di trattamento

pmol

/l

0 150

10

20

30

30 60 120

** **

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FIGURA 1. Studio di Touati et al. sull’impiego di L-tiroxina in formulazione liquida nell’IC: andamento delle concentrazioni del farmaco e dei livelli di TSH, FT4 e FT3. (Modificata da Touati et al., Eur J Pediatr 1997;156:94-8)

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l’impiego sistematico di dosi relativamente elevate di L-tiroxina espone al rischio di sovradosaggio, mentre dosi più alte possono essere riservate a casi selezionati di bambini con ipotiroidismo più grave.

Lo studio tedesco era invece di tipo retrospettivo e ha preso in esame 28 bambini con IC suddivisi in due gruppi in base alla dose iniziale mediana di L-T4: 12,3 μg/kg/die (gruppo A) o 10,1 μg/kg/die (gruppo B). Le concentrazioni di TSH si sono normalizzate mediamente dopo circa una settimana nel gruppo A e dopo circa due mesi nel gruppo B (Fig. 2). Gli autori concludono che, quando si usa L-tiroxina in forma liquida, la dose iniziale necessaria per normalizzare il TSH non è inferiore a quella della formulazione in compresse. Questi risultati appaiono in parziale disac-cordo con quelli dello studio precedente, ma bisogna tenere conto della retrospetti-vità del protocollo tedesco e della minore rigorosità del suo disegno sperimentale.

Sono stati pubblicati i risultati preliminari di un nostro studio randomizzato che confronta l’outcome a breve termine (6 mesi) in neonati affetti da IC trattati con formulazione liquida (gocce) o in compresse di L-tiroxina ( J Pediatr, 2013). I 42 pazienti arruolati nello studio sono stati suddivisi in due gruppi in base alla gravità prenatale della malattia (forme severe e forme moderate) valutata mediante il grado di maturazione ossea neonatale e all’interno di ciascun gruppo i pazienti sono stati randomizzati al trattamento con la formulazione liquida o solida. Il dosaggio iniziale di L-tiroxina è stato titolato in funzione della gravità dell’ipotiroidismo, restando tuttavia nell’ambito delle dosi raccomandate dalle linee guida internazionali (10-15 µg/kg/die). Con entrambi i trattamenti, le concentrazioni di TSH si sono normaliz-

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FIGURA 2. Studio di von Heppe et al. sull’impiego di L-tiroxina in formulazione liquida nell’IC: andamento dei livelli di TSH.

(Modificata da von Heppe et al., J Pediatr Endocrinol Metab 2002;17:967-74)

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capitolo 7 • TERAPIA COn L-TIROxInA: nUOvE MODALITà DI SOMMInISTRAzIOnE

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zate al primo controllo nella maggior parte dei casi; tuttavia, nel corso dell’intero follow-up, la percentuale di soggetti con TSH soppresso (cioè inferiore al limite minimo di normalità) è risultata significativamente più alta nei pazienti trattati con la formulazione liquida. I livelli di F-T4 si sono mantenuti oltre i limiti supe-riori del range di normalità per l’età per buona parte del follow-up con entrambe le formulazioni. I livelli di F-T3 sono aumentati in maniera significativamente più marcata nel gruppo trattato con le gocce, in particolare nei pazienti affetti da forme severe di ipotiroidismo con funzionalità tiroidea residua. Per quanto riguarda le forme moderate di ipotiroidismo, l’andamento dei livelli ormonali tiroidei è stato simile a quello osservato nelle forme severe, sebbene con variazioni meno marcate.

Esposizione all’etanoloGli unici studi attualmente disponibili sui possibili effetti avversi derivanti dalla somministrazione di etanolo nei primi mesi di vita sono stati condotti nelle madri durante la gravidanza e/o l’allattamento, e forniscono dunque solo una stima in-diretta dell’esposizione fetale e neonatale. Da queste esperienze è emerso che una dose giornaliera di etanolo fino a 75 mg non sembra associata ad effetti negativi a breve o a lungo termine. I dati del nostro studio, sia pure estremamente prelimi-nari, appaiono indicare un ritmo accrescitivo ed uno sviluppo psicomotorio entro i range di normalità, anche nei bambini con forme severe di ipotiroidismo che sono stati esposti a dosi di etanolo superiori a 75 mg/die, ma un monitoraggio a lungo termine in più ampie casistiche di pazienti appare indispensabile prima di giungere a risultati conclusivi.

Conclusioni

L-tiroxina è il farmaco di elezione per il trattamento dell’IC. Nei primi mesi di vita la formulazione liquida ha il vantaggio di una maggiore semplicità di som-ministrazione e appare determinare in tutti i casi una rapida normalizzazione dei livelli di TSH. L’uso sistematico delle dosi più elevate attualmente raccomandate dalle linee guida internazionali può produrre segni di sovradosaggio, con una maggiore tendenza alla soppressione del TSH rispetto all’impiego delle compresse. Nell’impiego della formulazione liquida dosi iniziali non superiori a 10 μg/kg/die appaiono sufficienti a ottenere l’effetto terapeutico desiderato, particolarmente nei neonati in cui la funzione tiroidea residua è più efficace. Soprattutto nei primi mesi di vita, è fondamentale un attento monitoraggio per realizzare un dosaggio individualizzato ottimale.

Letture consigliate

• Cassio A, Cacciari E, Cicognani A, et al. Treatment for congenital hypothyroidism: thyro-xine alone or thyroxine plus triiodothyronine? Pediatrics 2003;111:1055-60.

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• Cassio A, Monti S, Rizzello A, et al. Comparison between liquid and tablet formulations of levothyroxine in the initial treatment of Congenital Hypothyroidism. J Pediatr 2012 in press.

• Rastogi MV, LaFranchi SH. Congenital hypothyroidism. Orph J Rares Dis 2010; 5:17-25.• Touati G, Leger J, Toublanc JE, et al. A thyroxine dosage of 8 mg/Kg per day is appropriate

for the initial treatment of the majority of infants with congenital hypothyroidism. Eur J Pediatr 1997;156:94-8.

• Von Heppe JH, Krude H, L’Allemand D, Schnabel D, Gruters A. The use of L-T4 as liquid solution improves the practicability and individualized dosage in newborns and infants with congenital hypothyroidism. J Pediatr Endocrinol Metab 2002;17:967-74.

DISCUSSIONE

Luciano CavalloPer quanto riguarda l’eventuale imprecisione del dosaggio cui si potrebbe andare incontro con la formulazione in gocce, bisogna tenere presente che l’alternativa è rappresentata dalle compresse, che il più delle volte vanno frazio-nate ed espongono dunque a un livello di approssimazione anche più elevato. Ipotizzando poi situazioni estreme in cui il bambino dovesse ingerire l’intero flacone di liquido, le conseguenze sarebbero certamente minori rispetto all’in-gestione di un intero blister di compresse. In ogni caso, nella nostra esperienza, bambini che hanno ingerito 15-20 compresse di L-tiroxina non hanno avuto effetti sfavorevoli particolari, quindi ritengo che nel complesso il problema della precisione posologica possa essere trascurato.

Alessandra CassioIn linea teorica, effettivamente, è vero. Tuttavia vi sono alcuni aspetti – meno ponderabili, per così dire – dei quali è bene tenere conto e che devono far sì che i sanitari si accertino del livello di affidabilità della famiglia già al momen-to della iniziale conferma diagnostica. Inoltre, chi somministra le gocce deve ricordarsi che esse vanno diluite in una piccola quantità di liquido, altrimenti la loro instillazione diretta nella bocca del bambino può approssimarsi a una sorta di somministrazione sublinguale della quale non conosciamo le caratte-ristiche farmacocinetiche.

Marco CappaDai dati che sono stati presentati sembrerebbe – almeno in teoria – che si deb-ba ridurre il dosaggio iniziale della formulazione liquida rispetto a quella in compresse, a causa della sua tendenza a produrre livelli ormonali più elevati e una maggiore soppressione del TSH.

Alessandra CassioIn base ai dati preliminari sembrerebbe che questa considerazione sia corretta, ed è possibile che in futuro emergerà l’indicazione ad usare dosi iniziali legger-

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capitolo 7 • TERAPIA COn L-TIROxInA: nUOvE MODALITà DI SOMMInISTRAzIOnE

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mente più basse quando si somministra L-tiroxina in forma liquida, rispetto alla formulazione solida. Di fatto, nel complesso si sa abbastanza poco sulle variabili farmacocinetiche che intervengono nel neonato e nel lattante. Pertanto, è opportuno assumere sempre il maggior numero di informazioni possibile sulla gravità dell’ipotiroidismo, sulle sue caratteristiche, sulla situazione ti-roidea materna, ecc., al fine di scegliere il dosaggio del farmaco nel modo più appropriato, evitando le generalizzazioni acritiche e sistematiche.

Francesca CalaciuraDal punto di vista della cinetica di assorbimento, ritengo che la risposta risieda nella formulazione stessa, cioè nel fatto che il farmaco è in forma liquida: l’as-sorbimento delle soluzioni liquide, infatti, è notoriamente più rapido rispetto alle corrispondenti formulazioni solide. Ad ogni modo, nel caso di L-tiroxina è possibile “trasformare” in liquido anche le compresse, poiché esse si sciolgono spontaneamente in acqua senza necessità di sminuzzamento o triturazione, operazioni che aumentano il rischio di una certa perdita di composto. Per quanto riguarda il fenomeno della soppressione del TSH all’inizio della terapia (che si osserva anche negli ipotiroidismi moderati trattati con le compresse), credo che esso meriti una crescente attenzione. Se il TSH rimane soppresso anche in occasione dei controlli successivi, al clinico viene a mancare un punto di riferimento importante per l’aggiustamento dei dosaggi, considerato che sulle concentrazioni di FT4 – a causa della loro variabilità – si può fare un minore affidamento. In queste condizioni, il rischio non è soltanto quello del sovratrat-tamento iniziale (che nei primi 15 giorni di vita non rappresenta un problema, se è di breve durata), ma anche quello dell’eventuale sottotrattamento successivo indotto dalla persistenza della soppressione tireotropinica.

Giovanna WeberAnche il nostro gruppo ha condotto uno studio caso-controllo (con 39 pazienti) analogo a quello dei colleghi di Bologna, osservando sostanzialmente la me-desima tendenza all’aumento della soppressione del TSH con la formulazione liquida. Ciò fa pensare in effetti a un più rapido e più adeguato assorbimento del farmaco, e sottolinea ancora una volta la necessità di individualizzare non solo la terapia, ma verosimilmente anche la cadenza dei controlli periodici. Con tutta probabilità, L-tiroxina in forma liquida richiede la massima attenzione durante i primi 6 mesi di trattamento, mentre in seguito ci si può forse uniformare a quanto viene fatto in altre situazioni meglio conosciute. Anche l’esposizione all’etanolo è probabilmente massima nei primi mesi di vita, sebbene il periodo in cui il neonato assume le dosi più elevate sia comunque relativamente breve.

Aldo PincheraIn termini pratici, i principali vantaggi della formulazione liquida rispetto a quella solida sono rappresentati dalla rapidità di assorbimento (sebbene sia stato sottolineato come nel neonato e nel lattante sia molto più difficile valutarne la

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farmacocinetica in maniera attendibile, particolarmente in rapporto ai pasti) e dalla facilità di individualizzazione della dose. Riguardo a quest’ultima bisogna ricordare che un tempo, nell’adulto, il dosaggio della L-tiroxina era fisso e che gli ipotiroidei, anche se leggermente sottotrattati, non vanno incontro a problemi eccessivi. La difficoltà nasce quando una terapia che è già di per sé subotti-male viene somministrata a neonati con IC, nei quali anche piccole variazioni terapeutiche possono avere ricadute cliniche considerevoli: è questo il motivo per cui in tali pazienti è bene pensare a una personalizzazione delle dosi. In età infantile, almeno in prima istanza, la formulazione in gocce è quella che dovrebbe consentire la migliore titolazione posologica. Tuttavia, occorre dire che riguardo al suo impiego non possediamo ancora un’esperienza sufficiente. Quando analizziamo i dati relativi alla rapidità di azione, agli effetti sugli or-moni tiroidei e sul TSH, ecc., probabilmente non facciamo altro che adottare i medesimi criteri che utilizziamo per le compresse da una formulazione di tipo diverso, operazione che non sempre è perfettamente ammissibile. È necessario quindi maturare una certa esperienza nell’uso di L-tiroxina in forma liquida.Per quanto riguarda la soppressione del TSH, indubbiamente dovremo im-parare a calibrare meglio il dosaggio delle gocce per ridurre il più possibile questo fenomeno, ma vi è anche la tendenza ad attribuirgli un’importanza forse eccessiva. Generalmente, di fronte a un TSH soppresso, non si pensa che le sue concentrazioni richiedono un periodo di 6-8 mesi per rientrare nel range di normalità e si è inclini a modificare rapidamente la terapia, con il rischio di ridurre troppo il trattamento. In un’ottica più equilibrata, i livelli di TSH dovrebbero senz’altro essere considerati una guida importante per la correzio-ne della terapia, ma in primo luogo non ci si dovrebbe basare soltanto su di essi e in secondo luogo la loro soppressione non dovrebbe essere considerata un’urgenza terapeutica.Riguardo all’utilizzazione terapeutica della T3, è noto che la sua somministra-zione esogena è associata alla presenza di picchi ematici immediati e alla sua rapida scomparsa dal circolo, il che la rende poco idonea all’impiego clinico. D’altro canto, la T3 che viene prodotta per metabolizzazione della T4 durante il trattamento con L-tiroxina non può essere considerata del tutto soddisfa-cente, né in termini di omogeneità dei livelli ematici, né dal punto di vista del funzionamento di determinate strutture cerebrali. Ciò potrebbe costituire un ulteriore stimolo allo studio più approfondito delle proprietà di L-tiroxina in formulazione liquida.

Alessandra CassioConcordo pienamente riguardo al buon senso con cui interpretare la soppres-sione del TSH, tanto è vero che nel nostro centro le decisioni terapeutiche in caso di soppressione tireotropinica vengono prese con l’ausilio delle concen-trazioni di F-T4.

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C A P I T O L O

Aderenza al trattamento: i problemi dei genitori e dei pazienti

Roberto Gastaldi

L a prevalenza delle malattie croniche è in progressivo aumento in tutto il mondo e si prevede che questo trend prosegua per i prossimi 20 anni. Curare una

malattia cronica significa dover comunicare al paziente che egli non guarirà mai e questo rende difficile accettare sia la patologia come tale, sia la terapia a lungo termine che essa comporta.

Per questo motivo, il trattamento delle malattie croniche è spesso problematico non solo per il paziente, ma anche per il medico.

Definizioni

L’espressione “aderenza alla terapia” indica il comportamento del paziente rispetto alla terapia prescritta, nella fase di avvio, nella prosecuzione e nelle eventuali mo-difiche che si rendano necessarie con il passare del tempo. Il termine “aderenza” implica pertanto un coinvolgimento attivo, volontario e collaborativo da parte del paziente al fine di raggiungere l’obiettivo terapeutico. Questa definizione viene attualmente preferita rispetto a quella di “compliance”, che può essere definita come il grado di corrispondenza tra prescrizione medica e comportamento del paziente. In questa definizione è implicito un atteggiamento passivo verso la prescrizione terapeutica, a differenza di quanto invece accade se consideriamo il termine “aderenza alla terapia”.

La mancata aderenza al trattamento può essere di tipo primario, ovvero il paziente non si procura neppure i farmaci prescritti, oppure di tipo secondario, il paziente interrompe la terapia in atto: quest’ultima è la forma più frequente. La decisione di non aderire alle prescrizioni può avvenire in qualsiasi momento del percorso terapeutico, dal primo acquisto del farmaco fino agli acquisti successivi (Fig. 1). Dobbiamo peraltro ricordare che è stata descritta la situazione limite di mancata aderenza da parte del medico prescrittore il quale non prescrive il far-maco necessario.

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Fattori che influenzano l’aderenza alla terapia

Gli elementi in grado di influenzare l’aderenza al trattamento possono riguardare la patologia, il paziente e/o i suoi genitori, il regime terapeutico, il rapporto con il medico e/o il sistema sanitario e la sfera socio-economica.

Fattori legati alla patologiaNelle patologie croniche che prevedono un impiego costante e duraturo di farmaci, l’aderenza alla terapia è migliore. Questa affermazione è confermata dai dati relativi a patologie quali ipotiroidismo congenito (IC), diabete o ipertensione dove viene descritta un’aderenza pressoché “completa” nel 70% dei casi (Fig. 2). Una minore aderenza alla terapia si può osservare in patologie quali asma, malattie allergiche o psoriasi nelle quali la terapia può essere ciclica oppure al bisogno.

Fattori legati al paziente/genitoriIn questi casi le variabili che possono influenzare l’aderenza alla terapia sono la conoscenza della patologia in atto, l’ansia per la prognosi futura, le problematiche di tipo psicosociale, emotivo o finanziario e le convinzioni di natura culturale o religiosa. Molto importanti sono la motivazione a eseguire il trattamento e la fiducia verso il medico e/o la struttura sanitaria che prende in carico il paziente:

Farmaco mai prescritto(Non-aderenza del prescrittore)

Compilazione della ricetta

Decidere di aderire

Farmaco non riacquistato(~40% a 12 mesi)

(Non-aderenza secondaria)Ricetta nuovamente utilizzata

Farmaco mai assunto(10-20%)

Dosi alterateIstruzioni non comprese

Utilizzo della ricetta come prescritto

Farmaco mai acquistato(15%-20)

(Non-aderenza primaria)Utilizzo della prima ricetta

FIGURA 1. Momenti del percorso terapeutico in cui può verificarsi una mancata aderenza al trattamento.

(Modificata da Bloom, Clin Ther 1998;20:671-81; Cardinal et al., Can J Cardiol 2004;20:417-21)

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capitolo 8 • ADEREnzA AL TRATTAMEnTO: I PROBLEMI DEI GEnITORI E DEI PAzIEnTI

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instaurare un rapporto empatico fra medico-paziente e genitori è spesso alla base di un buon risultato terapeutico.

Fattori legati al regime terapeuticoUn regime posologico complesso o molto frazionato nella giornata, una via di somministrazione poco gradita, l’interferenza più o meno marcata con le attività quotidiane, la comparsa di effetti collaterali, il costo della terapia e le difficoltà di approvvigionamento o la scarsa disponibilità dei farmaci sono fattori che riducono l’aderenza al trattamento. In particolare, per quanto riguarda il frazionamento della terapia durante la giornata, è stato dimostrato che l’aderenza si riduce progressi-vamente con l’aumentare delle somministrazioni giornaliere (Fig. 3). In pratica, nei casi in cui sia possibile, la mono-somministrazione è di gran lunga preferibile.

Fattori legati al medico e/o al sistema sanitarioIl medico e le strutture sanitarie, sia dal punto di vista individuale sia da quello logistico-organizzativo, hanno un ruolo importante per garantire un’aderenza ade-guata. Elementi chiave in questo ambito sono la corretta informazione del paziente e dei familiari, il coinvolgimento attivo nel programma terapeutico, l’efficacia della comunicazione (in termini di linguaggio, di partecipazione, di disponibilità di tempo), la competenza del medico, la riduzione dei tempi di attesa, l’ottimizzazione

10%

30%

40%

20%

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Disturbiepilettici

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Iper-colesterolemia

Ipertensione

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60,8

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0-19% 20-39% 40-59% 60-79% 80-100%

FIGURA 2. Livelli di aderenza osservati in diverse patologie croniche, espressi come percentuale di possesso del farmaco. (Modificata da Briesacher et al., Pharmacotherapy 2008;28:437-43)

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delle visite di follow-up (non solo in termini di qualità, ma anche di frequenza, di periodicità e di accessibilità del personale sanitario), la possibilità di avere sempre lo stesso medico di riferimento (compatibilmente con i limiti organizzativi) e, non ultimo, la facilità di accesso alle strutture sanitarie.

Valutazione dell’aderenza

Per la verifica dell’aderenza al trattamento si possono utilizzare metodi diretti e metodi indiretti. Tra i primi ricordiamo l’osservazione diretta del paziente mentre assume la terapia e la verifica degli indicatori ematochimici modificati dal farmaco.

I metodi indiretti comprendono l’indagine anamnestica, la valutazione delle risposte cliniche, la misurazione degli indicatori fisiologici, il coinvolgimento delle persone che accudiscono il paziente e sistemi di verifica della condotta terapeutica, per esempio il conteggio delle compresse o delle fiale effettivamente consumate.

Aderenza in età pediatrica e nell’ipotiroidismo congenito

L’aderenza alla terapia nelle patologie croniche dell’età pediatrica è sostanzialmente simile a quella dell’adulto, con tendenza a una flessione con il passare degli anni. Al fine di contrastare questo trend vorremmo sottolineare ancora l’importanza di instaurare un rapporto di fiducia e collaborazione fra medico-paziente e famiglia:

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)

4 volte al giorno3 volte al giorno2 volte al giorno1 volta al giorno0

FIGURA 3. Aderenza alla terapia in rapporto al numero di somministrazioni giornaliere previste dallo schema posologico. (Modificata da Claxton et al., Clin Ther 2001;23:1296-310)

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capitolo 8 • ADEREnzA AL TRATTAMEnTO: I PROBLEMI DEI GEnITORI E DEI PAzIEnTI

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se non vi sarà questa stretta interazione, risulterà difficile ottenere, come detto, un buon risultato terapeutico.

I dati disponibili in letteratura sull’aderenza alla terapia nell’ipotiroidismo sono molto scarsi: vengono descritti un aumento delle prescrizioni di L-tiroxina con il progredire dell’età e una percentuale di (scarsa) aderenza alla terapia stimabile intorno al 20% (Fig. 4), mentre non sembra essere di maggiore utilità il materiale cartaceo informativo rispetto alle istruzioni verbali fornite dal medico. Al fine di

50

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FIGURA 4. Prevalenza delle prescrizioni di L-tiroxina in rapporto all’età dei pazienti. (Modificata da Hunter et al., Arch Dis Child 2000;83:207-10)

Tabella 1. Farmaci e alimenti che possono interferire con la funzione tiroidea.

Effetto sulla funzione tiroidea Farmaci/alimenti

↑ o ↓ della secrezione ormonale • Amiodarone, iodio

↓ della secrezione di TSH • Dopamina, glucocorticoidi, citochine

Accelerazione della clearance epatica di T4 • Anticonvulsivi

Alterazione della conversione di T4 in T3 • b-bloccanti, glucocorticoidi, amiodarone, propiltiouracile

↑ di TBG, T3 e T4 totali • Estrogeni, tamoxifene

↓ di TBG, T3 e T4 totali • Androgeni, steroidi anabolizzanti

Alterazione dell’assorbimento di tiroxina • Idrossido di alluminio, solfato ferroso, carbonato di calcio, soia

Alterazioni dell’autoimmunità • Interleuchina 1, interferone a, interferone b

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identificare i reali casi di scarsa aderenza alla terapia con L-tiroxina deve essere considerata la possibile interferenza fra alcuni farmaci e alimenti e il metabolismo tiroideo (tab. 1).

Un motivo di apprensione nei genitori riguarda le conseguenze per la mancata assunzione della dose giornaliera di tiroxina. In questi casi teniamo un atteggia-mento rassicurante e non colpevolizzante, sottolineando da un lato l’importanza dell’assunzione giornaliera del farmaco, dall’altro rassicurando che la mancata as-sunzione di una dose di tiroxina non comporta alcun problema clinico immediato, anche se ciò può avere un effetto negativo sul valore di TSH.

Strategie per migliorare l’aderenza

La mancata aderenza alla terapia ha un prezzo molto elevato in termini sia me-dici sia economici. Negli Stati Uniti è stato calcolato che questa è responsabile del 10% di tutti i ricoveri ospedalieri, del 30% dei ricoveri nella popolazione over65 anni e dell’esecuzione di circa 20 milioni di visite mediche ogni anno. In termini monetari, il costo annuale della mancata aderenza negli Stati Uniti è approssimativamente di 290 miliardi di dollari, una cifra pari all’intera copertura finanziaria del sistema Medicare per un’annualità del decennio 1980-90. Incre-mentare l’aderenza alla terapia nelle patologie croniche rappresenta pertanto un investimento sia in termini di prevenzione primaria (abbattimento dei fattori di rischio) sia in termini di prevenzione secondaria (riduzione degli effetti negativi a lungo termine). Nel caso dell’IC possiamo agire in modo articolato, ma rimane essenziale:• esporre al paziente/genitori le finalità del trattamento, i rischi della mancata ade-

renza e soprattutto gli effetti positivi sulla crescita fisica e sullo sviluppo intellettivo del bambino. Durante l’adolescenza si dovrà insistere sulle possibili complicanze metaboliche e cardiovascolari dovute a una scarsa aderenza alla terapia;

• pianificare un follow-up regolare, che almeno nei primi 2 anni di vita deve essere seguito con estrema regolarità;

• gestire adeguatamente gli effetti indesiderati; • essere disponibili all’ascolto del paziente e prevedere efficaci meccanismi di

feedback, aiutare il paziente a organizzare l’assunzione del farmaco nella ma-niera più semplice e razionale possibile.

In sostanza, attraverso l’integrazione reciproca tra informazione, motivazione e competenze specifiche, bisogna stimolare un comportamento finalizzato al miglio-ramento nell’aderenza alla terapia (Fig. 5). Nel paziente pediatrico in particolare rendere semplice l’assunzione della terapia riveste un ruolo cruciale: nel caso della tiroxina l’impiego di formulazioni liquide e di buona palatabilità può essere utile, così come il coinvolgimento attivo delle persone che accudiscono il bambino e il ricorso a tecniche di rinforzo per sottolineare che migliore è l’aderenza alla terapia migliore sarà l’outcome fisico e mentale.

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capitolo 8 • ADEREnzA AL TRATTAMEnTO: I PROBLEMI DEI GEnITORI E DEI PAzIEnTI

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Conclusioni

Il problema della scarsa aderenza alla terapia è mondiale, interessa tutte le età della vita e tende ad amplificarsi con l’aumentare delle patologie croniche. Per migliorare l’aderenza alla terapia è necessario il concorso del paziente, della famiglia e del medico. È di fondamentale importanza avere a disposizione terapie personalizzate per le caratteristiche del singolo paziente e che siano di facile somministrazione. Migliorare l’aderenza alla terapia significa non solo curare con più efficacia, più sicu-rezza e meno complicanze, ma anche ridurre i costi sanitari per l’intera collettività.

Letture consigliate

• Bloom BS. Continuation of initial antihypertensive medication after 1 year of therapy. Clin Ther 1998;20(4):671-81.

• Briesacher BA, Andrade SE, Fouayzi H, Chan KA. Comparison of drug adherence rates among patients with seven different medical conditions. Pharmacotherapy 2008;28(4):437-43.

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Informazione

Motivazione

Competenze Modi�cazionedel comportamento

FIGURA 5. Strategia per il miglioramento dell’aderenza.

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ip otiRoiD isM o Co n Genito

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DISCUSSIONE

Aldo PincheraCredo che dalla relazione di Roberto Gastaldi emerga molto chiaramente un punto di grandissima importanza, cioè che il rapporto del medico con il pa-ziente, e ancor più con la famiglia, è assolutamente essenziale. In occasione degli incontri con le associazioni dei pazienti, tenutisi in vista della Giornata Mondiale della Tiroide 2012, si è sottolineata la necessità di lavorare insieme per migliorare sempre più la qualità dell’assistenza, e in particolare è stata avvertita l’esigenza di portare la comunicazione tra medico e paziente su un piano che, anche dal punto di vista del linguaggio e della strutturazione del messaggio, sia facilmente comprensibile a tutti. Noi riteniamo che una delle modalità con cui si può raggiungere efficacemente questo scopo sia quella delle cosiddette Frequently Asked Questions (FAQ), cioè la compilazione di un elenco delle domande che più frequentemente vengono rivolte dai pazienti ai medici, corredate delle relative risposte stilate dai medici stessi. Per rendere ancora più efficiente il metodo, si può pensare di far elaborare le domande dagli stessi pazienti e, dopo aver fornito le risposte, effettuare test di verifica per valutare se esse hanno soddisfatto il bisogno di conoscenza oppure no. Questo stesso meccanismo, che nei termini appena descritti è stato ipotizzato per le patologie tiroidee in generale, potrebbe essere applicato specificatamente all’IC, magari preparando un libretto in forma cartacea da consegnare alle famiglie come au-silio alla gestione dei loro bambini. Credo che in alcune strutture questa idea sia già in via di realizzazione.

Luciano CavalloNella nostra esperienza, considerando anche l’attuale livello di consapevolezza dei genitori dei bambini, che si informano – soprattutto tramite Internet – sulle tematiche inerenti ai problemi psicologici, alle difficoltà di apprendimento, al quoziente intellettivo, ecc., la domanda che ci viene posta più spesso è: quale sarà il futuro del bambino? Per offrire una risposta concreta e realmente tangibile alle famiglie, noi abitualmente convochiamo per il follow-up diversi bambini di varie età nella stessa giornata, in modo che i genitori dei pazienti più piccoli possano rassicurarsi vedendo che i bambini più grandi sono cresciuti senza problemi, grazie alla terapia sostitutiva. Per quanto riguarda l’eventuale dimenticanza oc-casionale di una dose di L-T4, accanto al ribadire l’essenzialità del trattamento per lo sviluppo fisico e cognitivo del bambino, credo sia importante anche non

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capitolo 8 • ADEREnzA AL TRATTAMEnTO: I PROBLEMI DEI GEnITORI E DEI PAzIEnTI

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creare ansie eccessive nei genitori, che altrimenti rischiano di colpevolizzarsi incrinando la serenità necessaria per una gestione positiva della malattia.

Roberto GastaldiAnche noi, di fronte ai dubbi dei genitori sulla mancata somministrazione, abbiamo il medesimo atteggiamento rassicurante. Così come assicuriamo ai genitori che l’assunzione della L-T4 diventerà un’abitudine talmente routinaria che risulterà difficile non somministrare la dose giornaliera, ma qualora dovesse accadere li tranquillizziamo sull’assenza di conseguenze cliniche sfavorevoli, anche se potrebbero esservi ripercussioni sui valori di TSH. Tuttavia, in gene-rale, bisogna dire che nell’IC l’aderenza al trattamento è decisamente buona.

Franco ChiarelliLa presenza concomitante di altre malattie croniche, oltre all’ipotiroidismo, può peggiorare in qualche misura l’aderenza alla terapia?

Roberto GastaldiPer la nostra esperienza, la concomitanza di due patologie croniche non crea problemi di mancata aderenza nei confronti di una o dell’altra malattia. Per esempio, è di riscontro relativamente frequente la presenza contemporanea di celiachia e tiroidite linfocitaria, ma ciò non comporta difficoltà nel seguire la dieta priva di glutine e nell’assumere congiuntamente la L-T4. Lo stesso accade nei casi in cui coesistono tiroidite e diabete.

Giovanna WeberRecentemente, in una delle occasioni in cui ho presentato i dati dello studio comparativo tra L-T4 in compresse o in gocce, di fronte all’osservazione che nel gruppo trattato con la forma liquida vi era una maggiore inibizione del TSH rispetto al gruppo trattato con la forma solida, un collega ha rilevato giustamente che la minore inibizione associata all’uso delle compresse poteva dipendere dal fatto che, dopo la preoccupazione iniziale per la diagnosi di IC, i genitori avessero rispettato meno rigorosamente l’intervallo di digiuno precedente all’assunzione del farmaco. Un’altra possibilità era rappresentata da una potenziale interferenza con la L-T4 da parte degli alimenti utilizzati per lo svezzamento neonatale. Credo che ciò debba far riflettere sulla necessità di valutare sempre con molta attenzione non solo il contesto e le circostanze in cui si decide di impiegare una certa preparazione piuttosto che un’altra, ma anche i mezzi che abbiamo a disposizione per fare fronte a eventuali riduzioni dell’aderenza al trattamento.

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C A P I T O L O

Ipertireotropinemia neonatale e funzione cognitiva nell’adolescente

Francesca Calaciura

L’ipotiroidismo neonatale, se non trattato, determina un grave e irreversibile danno neurologico. Pertanto, l’obiettivo primario dello screening e del tratta-

mento dell’ipotiroidismo congenito (IC) è il raggiungimento di un normale sviluppo psico-intellettivo. Lo screening, oltre a identificare precocemente le forme classiche e note di IC, ha permesso l’individuazione di un ampio spettro di alterazioni della funzione tiroidea neonatale aventi durata e gravità variabili. Le linee guida per lo screening e il trattamento dell’IC hanno individuato una serie di problematiche connesse a queste forme, dedicando attenzione a diversi punti controversi: valore soglia del TSH al richiamo (dipendente dai limiti di riferimento per età), storia naturale dell’ipertireotropinemia, eziologia e diagnosi differenziale, distinzione tra forme transitorie e forme permanenti, necessità o meno di effettuare la terapia dal momento che mancano studi a lungo termine sull’outcome cognitivo.

Storia naturale dell’ipertireotropinemia

Uno studio longitudinale condotto presso il nostro centro, iniziato alla fine degli anni Novanta, ha seguito nel tempo 56 bambini positivi allo screening (cut-off del TSH >20 µU/ml in quegli anni) che al richiamo presentavano un TSH normale o ai limiti alti: <5 µU/ml (gruppo 1, n = 33) o >5 <11,7 µU/ml (gruppo 2, n = 23), con livelli di T4 normali e quindi classificati come falsi positivi o con lieve iper-tireotropinemia transitoria. In questa coorte è stata rivalutata la funzione tiroidea all’età di 2-3 anni, di 5-6 anni e di 8-9 anni, prendendo come riferimento normale un valore massimo di TSH pari a 4 µU/ml, corrispondente alla terza deviazione standard (centile 99,7) osservata in soggetti sani di controllo di pari età prove-nienti dalla stessa area geografica. Il riscontro di un TSH superiore a 4 µU/ml è stato classificato come ipertireotropinemia persistente o ipotiroidismo subclinico o compensato.

A 2-3 anni il 50% dei bambini mostrava valori di TSH elevati (33% del gruppo 1 e 76% del gruppo 2) (Fig. 1). Nelle osservazioni successive tutti i bambini con

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funzione tiroidea normale a 2-3 anni mantenevano normali i livelli di TSH, mentre nel gruppo dei bambini con TSH elevato a 2-3 anni a 8 anni il 50% presentava ancora una condizione di TSH elevato. Quando a 5 anni di età sono state valutate la morfologia tiroidea e la presenza di eventuali alterazioni genetiche (mutazioni o polimorfismi dei geni per la tireoperossidasi e per il recettore del TSH), è stata riscontrata un’elevata frequenza di anomalie morfologiche e/o genetiche in en-trambi i gruppi dello studio (tab. 1) ma in particolare 13 dei 14 bambini con TSH persistentemente elevato a 8 anni presentavano alterazioni di tipo morfologico o genetico (tab. 1).

Questi dati suggeriscono che i medesimi fattori che determinano l’IC, quando meno gravi, possono causare forme più lievi di ipotiroidismo, compreso l’ipoti-roidismo subclinico o compensato. Una parte di questi bambini può normalizzare la propria funzione tiroidea, e ciò potrebbe riflettere la progressiva diminu-zione della richiesta funzionale tiroidea in rapporto alla crescita. Se il difetto tiroideo è di minore entità e i fattori ambientali sono favorevoli, la funzionalità ghiandolare può rientrare nei limiti della norma. È quindi probabile che l’IC sia una patologia multigenica e multifattoriale, in cui la variabile interazione tra fattori intrinseci (anomalie morfologiche, mutazioni genetiche, maturità del feedback ipotalamo-ipofisi-tiroide) e fattori estrinseci (apporto iodico, farmaci e/o anticorpi materni) si manifesta attraverso un continuum di forme cliniche, dalle più gravi alle più lievi.

2

4

10

8

6

12

TSH

(μU

/ml)

8-95-62-38-95-62-3Fasce di età (anni)

0

Gruppo 2Gruppo 1

Gruppo 1 (n = 33): TSH 0,8-4,9 μU/mlGruppo 2 (n = 23): TSH 5–11,7 μU/ml

FIGURA 1. Funzione tiroidea nell’infanzia in bambini con ipertireotropinemia neonatale transitoria. (Modificata da Calaciura et al., J Clin Endocrinol Metab 2002;87:3209-14;

Leonardi et al., J Clin Endocrinol Metab 2008;93:2679-85)

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capitolo 9 • IPERTIREOTROPInEMIA nEOnATALE E FUnzIOnE COGnITIvA nELL’ADOLESCEnTE

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Conseguenze sul piano cognitivo

L’ipotiroidismo neonatale, anche se di breve durata, può dunque costituire un marker di patologia tiroidea successiva, ma soprattutto, anche quando è di breve durata, può causare alterazioni dello sviluppo psico-intellettivo. Gli ormoni tiroidei giocano infatti un ruolo critico nello sviluppo del sistema nervoso centrale che avviene in gran parte durante i primi 2 anni di vita (Fig. 2).

Diversi anni fa il nostro gruppo ha condotto uno studio sullo sviluppo psico-intellettivo in 9 bambini con ipotiroidismo o ipertireotropinemia transitoria, iden-tificati allo screening su cordone (TSH >50 µU/ml, T4 media 47,6 nmol/l), la cui funzione tiroidea al richiamo a 30-90 giorni risultava nella norma (TSH 3,1 µU/ml, T4 105,5 nmol/l). All’età di 7-8 anni, la funzione tiroidea valutata con il test al TRH mostrava in alcuni soggetti una condizione di ipotiroidismo subclinico (range TSH basale 0,9-7,7 µU/ml, range TSH 20’ 12,4-51,2 µU/ml). Lo sviluppo psico-intellettivo era valutato mediante QI (WISC-R) e confrontato con un gruppo di controllo di bambini nati nello stesso periodo, nella medesima area geografica ma con TSH normale alla nascita. I bambini con ipotiroidismo transitorio presentavano un QI significativamente più basso rispetto ai controlli, particolarmente nella scala Globale e in quella della Performance (Fig. 3). Inoltre, quando la coorte dei bambini con ipotiroidismo neonatale era suddivisa in due sottogruppi in base ai livelli di T4 alla nascita (T4 >4 µg/dl o <4 µg/dl), i soggetti con T4 più bassa mostravano punteggi significativamente più bassi rispetto ai soggetti con T4 più elevata (Fig. 4).

Questi dati indicano che l’ipotiroidismo neonatale, anche di breve durata, determina un deficit neurocognitivo e che l’entità di tale difetto è in rapporto con

Tabella 1. Alterazioni morfologiche e genetiche osservate a 5 anni e 8 anni di età in bambini con ipertireotropinemia neonatale transitoria. (Modificata da Calaciura et al., J Clin Endocrinol Metab 2002;87:3209-14; Leonardi et al., J Clin Endocrinol Metab 2008;93:2679-85)

Anomalie morfologiche Alterazioni geniche

A 5 anni Gruppo 1 TSH normale (n = 16)

• Ipoplasia di un lobo: 5• Gozzo: 1

• Mutazione di TPO: 1• Polimorfismo di TPO: 1• Polimorfismo di TSH-R: 5

Gruppo 2 TSH normale (n = 9)

• Emiagenesia: 1 • Mutazione di TPO: 1• Polimorfismo di TSH-R: 2

TSH elevato (n = 19)

• Ipoplasia di un lobo: 8• Emiagenesia: 4• Gozzo: 2

• Polimorfismo di TPO: 1• Mutazione di TSH-R: 1• Polimorfismo di TSH-R: 4

A 8 anni Gruppo 2 TSH normale (n = 5)

• Ipoplasia di un lobo: 2

TSH elevato (n = 14)

• Ipoplasia di un lobo: 6• Emiagenesia: 4• Gozzo: 2

• Mutazione di TSH-R: 1

TPO, tireoperossidasi; TSH-R, recettore per il TSH.

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ip otiRoiD isM o Co n Genito

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Mesi di gravidanza

1° picco di crescita del SNC 2° picco di crescita del SNC

T4 materna↑ desiodasi cerebrale

0 3° mese 5° mese Nascita 6 mesi 2 anni

IPOTIROIDISMO CONGENITO SPORADICO

proliferazione neuronale

migrazione neuronale

sinaptogenesi

moltiplicazione delle cellule gliali

migrazione delle cellule gliali

sviluppo delle rami�cazioni dendritiche

sviluppo delle connessioni sinaptiche

mielinizzazione

FIGURA 2. Sviluppo del sistema nervoso centrale fetale e neonatale.

50

100

Pun

tegg

io d

i QI

VerbalePerformanceTotale

***

0

ControlliIpotiroidismo congenito transitorio ** p <0,01

p <0,05*

FIGURA 3. Punteggi di QI (scala WISC-R) a 7-8 anni in bambini con ipotiroidismo transitorio di breve durata e in soggetti sani di controllo in un’area di endemia gozzigena.

(Modificata da Calaciura et al., Clin Endocrinol 1995;43:473-7)

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capitolo 9 • IPERTIREOTROPInEMIA nEOnATALE E FUnzIOnE COGnITIvA nELL’ADOLESCEnTE

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la gravità della malattia. Infatti, i principali indicatori di gravità dell’IC, utilizzati per distinguere le forme più severe da quelle più lievi, sono considerati il ritardo dell’età ossea (che rappresenta un marker dell’effetto biologico) e i valori della T4 alla diagnosi (che esprime l’entità del deficit tiroideo).

Decisione terapeutica

L’individuazione di forme di ipertireotropinemia variabili, sia in termini di durata sia in termini di gravità, pone in maniera ancora più consistente il problema del comportamento terapeutico, specie nei casi – identificati allo screening per valori di TSH elevati, associati o meno a una riduzione della T4 – che mostrano soltanto un lieve aumento del TSH al richiamo.

Raccomandazioni delle linee guida

Le linee guida AAP/ATA/LWPES raccomandano di adottare una strategia diversa in funzione dei livelli di TSH osservati. In presenza di un TSH >10 µU/ml oltre le prime 2 settimane di vita (valore generalmente considerato patologico), si consiglia di iniziare il trattamento e rivalutare il bambino nel tempo. L’utilità della terapia nei

70

90

110

Pun

tegg

io Q

I

VerbalePerformanceTotale

T4 >4,0 μg/dlT4 <4,0 μg/dl

50

FIGURA 4. Punteggi di QI (scala WISC-R) a 7-8 anni in bambini con ipotiroidismo transitorio, suddivisi in base ai valori di T4 alla nascita. (Modificata da Calaciura et al., Clin Endocrinol 1995;43:473-7)

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casi in cui il TSH rimane persistentemente tra 6 e 10 µU/ml oltre il primo mese di vita è più controversa, e deve comunque tenere conto dei range di riferimento per l’età. In presenza di un TSH <6 µU/ml, si consiglia di non procedere al trattamen-to e seguire il bambino, anche per identificare quelle forme che si ripresentano a distanza di tempo dopo una momentanea normalizzazione della tireotropinemia. In tutti i casi, dunque, le linee guida sottolineano la centralità del follow-up e, per i bambini in cui viene avviata la terapia, raccomandano di rivalutare successiva-mente anche la correttezza della diagnosi. Tuttavia, poiché attualmente non sono disponibili studi prospettici randomizzati sull’outcome cognitivo nei bambini con ipertireotropinemia lieve, rimane tuttora aperta la questione se il trattamento per ridurre il TSH offra realmente un beneficio clinico oppure no.

Evidenze dalla letteratura

Gli studi pubblicati in letteratura sulla relazione tra ipertireotropinemia e sviluppo psico-intellettivo sono molto pochi e riguardano quasi tutti l’aumento del TSH in un’età pediatrica più avanzata rispetto a quella neonatale. Alvarez-Pedrerol et al., in un lavoro del 2007, riscontravano un deficit nell’esecuzione della scala di Mc-Carthy (che valuta gli outcome neurofisiologici) in bambini in età prescolare i cui livelli di TSH erano compresi entro il quartile più elevato del range di normalità, rilevando inoltre che gli stessi bambini erano a rischio di sviluppare un deficit di attenzione e iperattività. Molto recentemente, Ergur et al. non hanno osservato differenze significative del QI globale tra i soggetti di controllo e una coorte di 17 bambini e adolescenti (età da 7 a 17 anni) con TSH compreso tra 5 e 25 µU/ml, evidenziando però in questi ultimi una riduzione significativa nei punteggi di alcune sottoscale sensibili al deficit di attenzione. Tuttavia, la popolazione di questo studio era probabilmente troppo eterogenea per poter trarre conclusioni attendibili. In un lavoro già citato durante una precedente relazione, nel quale Cerbone et al. hanno valutato in maniera metodologicamente adeguata un gruppo di 30 bambini di circa 8 anni con ipotiroidismo subclinico lieve, mettendoli a confronto con 30 soggetti di controllo, tra i due gruppi non è stata riscontrata alcuna differenza significativa in termini di QI globale, QI verbale e QI performance (tab. 2).

Nel 2006 sono stati pubblicati due articoli che, nonostante alcuni limiti meto-dologici, avevano ciascuno un proprio spunto di interesse. Il primo studio è l’unico finora disponibile in cui siano stati analizzati bambini con ipertireotropinemia o “ipotiroidismo compensato” neonatale (T4 normale, TSH <40 µU/ml; n = 8) o acquisito dopo il primo anno di vita (T4 normale, TSH <20 µU/ml; n = 3). Di questi 11 bambini, 6 erano in terapia con L-T4 (gruppo 1) e 5 non erano in trat-tamento (gruppo 2). Il protocollo sperimentale prevedeva l’esecuzione iniziale dei test neuropsicologici e di funzionalità tiroidea; in base ai risultati di questi ultimi, la terapia con L-T4 poteva essere interrotta nel gruppo 1 e iniziata nel gruppo 2, per poi ripetere sia i test cognitivi sia quelli tiroidei dopo circa 90 giorni di questa nuova assegnazione terapeutica. In tal modo, gli 11 pazienti fungevano da

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capitolo 9 • IPERTIREOTROPInEMIA nEOnATALE E FUnzIOnE COGnITIvA nELL’ADOLESCEnTE

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controlli di se stessi. In questo studio a breve termine, la terapia sostitutiva con L-T4 non sembrava influenzare in alcun modo la funzione neuropsicologica, e la coorte esaminata mostrava deficit di attenzione significativi nell’esecuzione dei test cognitivi (TOVA e TOH) rispetto a quanto atteso in una popolazione normale di pari età. Nel secondo studio, Wu et al. hanno descritto la prestazione cognitiva in ben 1327 adolescenti americani di 13-16 anni arruolati nello studio NHANES-III (ampia indagine volta a valutare i livelli di TSH, T4 e anticorpi antitiroidei nella popolazione statunitense), osservando che – inaspettatamente – i punteggi ottenuti alle scale WISC-R e WRA-R tendevano ad essere più bassi nei ragazzi con iperti-roidismo subclinico e più elevati in quelli con ipotiroidismo subclinico.

Nel lavoro pubblicato da Rovet et al. nel 1989, in bambini in terapia con L-tiroxina per IC venivano confrontati i livelli di T4 nei primi 12 mesi di vita tra quelli classificati dal punto di vista comportamentale come “difficili” o “facili”. I bambini definiti “difficili” avevano una tiroxinemia mediamente più elevata tra il primo e il terzo mese di vita, rispetto ai bambini classificati come più “facili” (Fig. 5), a confermare che anche l’ipertiroidismo può determinare alterazioni dello sviluppo psico-intellettivo.

I pro e i contro della terapia

Da quanto esposto appare evidente che la decisione di trattare con L-T4 i bambini con ipertireotropinemia neonatale presenta diversi pro e contro. Il periodo im-mediatamente postnatale è un periodo critico per lo sviluppo cerebrale, la terapia con L-T4 è un trattamento semplice e poco costoso e la possibilità che l’ipertire-otropinemia produca sui tessuti effetti sfavorevoli a lungo termine che, seppure minimi, potrebbero risultare clinicamente importanti, gioca senz’altro a favore della terapia. Tuttavia, non è stato dimostrato che la terapia è necessaria, la som-

Tabella 2. Caratteristiche cliniche e punteggi di Qi a 8 anni in bambini con ipotiroidismo subclinico persistente e in soggetti sani di controllo. (Modificata da Cerbone et al., Eur J Endocrinol 2011;164:591-7)

Ipotiroidismo subclinico persistente

(n = 30)

Controlli(n = 30)

p

Età (anni) 8,4 ± 0,7 9,1 ± 0,6 NS

TSH (µU/ml) 5,8 ± 0,3 2,5 ± 0,3 <0,0001

FT4 (pmol/l) 15,4 ± 0,8 15,7 ± 0,3 NS

QI totale 99,7 ± 1,9 101,6 ± 2,4 NS

QI performance 100,4 ± 1,9 104,3 ± 2,1 NS

QI verbale 99,1 ± 2,2 100,1 ± 2,9 NS

NS, non significativo.

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ministrazione di L-T4 aumenta la “medicalizzazione” di bambini che in realtà non ne avrebbero bisogno (con conseguenti problemi etici, ansie familiari, incertezze sull’aderenza alla terapia, ecc.) e, soprattutto, esiste il rischio di esporre i bambini agli effetti negativi del sovradosaggio, specialmente in quei casi che – essendo più lievi – hanno necessità di dosi sensibilmente più basse.

Conclusioni

Se si decide di iniziare un trattamento dell’ipertireotropinemia neonatale, il dosaggio della L-T4 deve essere adeguato alla minore gravità di queste forme e monitorato attentamente in modo da mantenere i livelli di TSH entro il range di normalità per l’età del bambino. Nei casi che iniziano la terapia, è fondamentale rivalutare la diagnosi intorno ai 3 anni di vita, così da distinguere le forme transitorie da quelle persistenti. Inoltre, per comprendere meglio quali siano le conseguenze dell’ipertireotropinemia neonatale sulla sfera psico-intellettiva, è necessario con-durre studi randomizzati e controllati che prevedano un follow-up neurocognitivo a lungo termine.

Il progressivo e rapido aumento delle conoscenze sta ampliando sempre più lo spettro delle possibili patologie tiroidee neonatali; pertanto, assumono crescente importanza l’attività e la competenza dei centri di riferimento per la gestione e il follow-up dei bambini che risultano positivi allo screening per l’IC.

0

5

10

15T4

(μg/

dl)

“Dif�cili”“Facili”

126 943210Età (mesi)

FIGURA 5. Livelli di T4 nei primi 12 mesi di vita, in bambini con ipotiroidismo congenito in terapia con L-tiroxina classificati come “difficili” o come “facili” dal punto di vista

comportamentale. (Modificata da Rovet et al., J Pediatr 1989;114:63-8)

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capitolo 9 • IPERTIREOTROPInEMIA nEOnATALE E FUnzIOnE COGnITIvA nELL’ADOLESCEnTE

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C A P I T O L O

Apartire dal momento in cui il bambino con ipotiroidismo congenito (IC) viene dimesso dalla neonatologia ospedaliera, la sua presa in carico complessiva

è compito del pediatra di famiglia, che dunque – specie in considerazione del ca-rattere cronico dell’IC – rappresenta un polo importante nella gestione generale di questa patologia. Pertanto, al di là di una competenza specialistica endocrinologica che non rientra fra le sue incombenze, il pediatra di famiglia deve conoscere una serie di aspetti e di problematiche che gli consentano di orientarsi correttamente lungo il percorso clinico del bambino. Tra questi aspetti vi sono, per esempio, il riconoscimento delle possibili cause di falsa negatività nel dosaggio del TSH, la valutazione auxologica del paziente, il controllo del suo sviluppo psico-motorio, la ricerca dei segni clinici di eventuali malformazioni associate, la verifica dell’ade-renza alla terapia, il supporto al bambino e alla famiglia e, infine, il coordinamento di tutte le afferenze multidisciplinari deputate alla gestione specialistica del caso.

Cause di falsa negatività del TSH

I motivi per cui la famiglia di un bambino con IC potrebbe non venire a conoscenza della malattia sono molteplici e riguardano sia l’ambito laboratoristico (mancata o errata esecuzione del prelievo, mancato invio del cartoncino per le analisi, scambio o errore tecnico del laboratorio), sia gli aspetti comunicativi (mancata comunica-zione al punto nascita, mancata comunicazione alla famiglia), sia i veri e propri casi di mancata diagnosi (per deficit di TSH o TRH, per la presenza di forme lievi da ectopia, da ipoplasia o da disormonogenesi, ecc.). Il pediatra di famiglia può contribuire a ridurre la probabilità che si verifichino tali situazioni, esercitando una certa attenzione anche su questi passaggi.

Valutazione auxologica

La valutazione auxologica del bambino si compone di una serie di misurazioni che è bene che il pediatra esegua in occasione delle visite periodiche e dei bilanci di salute: lunghezza o statura del neonato o del bambino, peso corporeo, indice di

Aspetti sanitari pediatrici

Giuseppe Saggese

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massa corporea, andamento della crescita verso la statura bersaglio, circonferenza cranica in rapporto all’età, statura da seduto, età ossea. L’alterazione di uno o più di questi parametri, infatti, può essere la prima spia di potenziali problemi in atto.

I nomogrammi per la curva di crescita sono strumenti di semplicissimo uso e di grandissima utilità per valutare l’andamento dell’altezza e del peso corporeo del bambino (Fig. 1) e forniscono informazioni preziose ancora prima di poter disporre di qualunque determinazione laboratoristica o strumentale. Grazie a questi, per esempio, è possibile visualizzare in maniera molto immediata il progressivo miglio-ramento delle variabili somatiche indotto da una terapia sostitutiva ben condotta e supportata da una buona aderenza.

FIGURA 1. nomogramma per la curva di crescita staturo-ponderale, in cui sono riportati i valori di altezza e peso corporeo di una bambina con IC: il trattamento con L-T4 ha portato

alla normalizzazione dei parametri auxologici nel corso degli anni.

TH(statura bersaglio)

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capitolo 10 • ASPETTI SAnITARI PEDIATRICI

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Lo stesso tipo di informazioni può essere riportato sotto forma di grafico a istogrammi, ponendo in ascissa l’età cronologica e in ordinata i centili o le de-viazioni standard del parametro che si vuole esaminare (Fig. 2). Nei primi 12-24 mesi di vita, la curva ponderale ha maggiore importanza rispetto a quella staturale, che invece diventa il principale indicatore di buona crescita e salute a partire dal secondo anno di età.

Anche l’età ossea è un elemento estremamente importante, che il pediatra dovrebbe sempre rilevare; la sua determinazione seriata permette di documentare dapprima il deficit di maturazione ossea associato all’ipotiroidismo (Fig. 3a,b) e poi il suo miglioramento in seguito alla terapia con L-T4 (Fig. 3c).

–0,2

0,2

–0,4

–0,6

–0,8

0,6

0,4

0,8

1,0

0,18

0,33

0,51

0,77

1,04

1,57

2,01

2,53

3,08

3,57

4,05

4,57

5,04

5,46

5,95

6,46

6,98

7,44

7,99

8,46

9,03

9,50

10,0

210

,59

11,0

511

,52

12,0

112

,59

13,0

513

,52

14,0

814

,42

15,1

515

,70

16,2

80,

000,

000,

0018

,27

SDS

Età cronologica

Statura (SDS)Maschi

–1,0

50

25

75

100

0,13

0,34

0,58

0,74

1,08

1,43

2,05

2,42

2,93

3,42

3,99

4,57

5,03

5,53

6,08

6,53

7,06

7,50

7,96

8,34

8,89

9,39

9,76

10,3

5

Cen

tili

Età cronologica

Statura (centili)Femmine

0

0,0

FIGURA 2. Grafici a istogrammi che illustrano l’andamento dell’altezza corporea – espressa in deviazioni standard (in alto) o in centili (in basso) – in funzione dell’età cronologica, nella popolazione complessiva dei bambini con IC seguiti dal centro ospedaliero dell’autore.

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Controllo dello sviluppo psico-motorio

Come è stato giustamente ricordato nel capitolo precedente, lo sviluppo del sistema nervoso centrale avviene in grandissima parte nella seconda metà della gestazione e nei primi 12-18 mesi di vita extrauterina, periodi in cui le strutture cerebrali sono particolarmente suscettibili agli squilibri dei parametri tiroidei (Fig. 4). Rastogi e La Franchi, in un articolo monografico pubblicato nel 2010 sull’Orphanet Journal of Rare Diseases, hanno sottolineato come l’avvento dei programmi di screening neonatali abbia consentito di identificare e trattare più precocemente i bambini con IC, e come tali sforzi abbiano notevolmente migliorato gli outcome neurocognitivi di questi pazienti. Tuttavia, proseguono gli autori, non tutti gli studi riportano una prestazione psico-intellettiva completamente normale. Da una rassegna sistematica compiuta nel 2007 dallo stesso La Franchi, in cui sono stati esaminati tutti i 51 articoli disponibili in letteratura sull’outcome neuro-cognitivo in bambini con IC rispetto ai loro fratelli sani o a soggetti di controllo normali, è emerso che 18 studi non rilevavano alcuna differenza, mentre 33 riscontravano differenze significative, con QI di 5-25 punti più bassi nei bambini ipotiroidei. Circa un anno prima, l’American Academy of Pediatrics aveva segnalato una serie di alterazioni cerebrali minori, più sfumate, comprendenti deficit della motricità (alterazione fine della coordinazione occhio-mano, deficit dell’equilibrio, impaccio motorio), deficit dell’attenzione (mag-giore distrazione, deficit di memorizzazione), deficit comportamentali (lentezza, scarsa iniziativa) e ritardo del linguaggio. La consapevolezza e la sensibilità clinica del pediatra di famiglia, che ha l’opportunità di valutare regolarmente il bambino, possono aiutare a identificare per tempo alcune di queste deviazioni, contribuendo a inquadrarle e affrontarle nella maniera più conveniente.

Ricerca delle malformazioni associate

Un altro campo nel quale il pediatra dovrebbe essere in grado di orientarsi, sebbene sia di maggior competenza dello specialista neonatologo, è quello delle malfor-

FIGURA 3. Radiografie della mano in una bambina di 3 anni con IC prima del trattamento (A), di una bambina di 3 anni sana (B) e della stessa bambina

con IC dopo 1 anno di trattamento (C). Si osservano la profonda immaturità ossea in A rispetto a B e il notevole miglioramento della maturazione ossea in C rispetto ad A.

A B C

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capitolo 10 • ASPETTI SAnITARI PEDIATRICI

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mazioni associate all’IC. In uno studio di El Kholy et al. del 2007, la prevalenza delle malformazioni extratiroidee nei bambini con IC è risultata pari al 15,9%, cioè oltre 5 volte più elevata rispetto a quella della popolazione generale. Le anomalie più frequenti sono a carico del cuore, ma piuttosto comuni sono anche quelle che interessano il sistema muscolo-scheletrico, come la brachidattilia.

È ipotizzabile che tra la disgenesia tiroidea e queste malformazioni concomitanti vi sia una correlazione; Olivieri et al., analizzando i dati del Registro Nazionale Italiano degli Ipotiroidei Congeniti per gli anni 1991-1998, hanno osservato una prevalenza di malformazioni associate pari all’8,4% su un totale di 1372 pazienti con IC (Fig. 5). La tab. 1 riporta alcuni studi in cui è stata descritta la frequenza delle malformazioni congenite totali e cardiache in pazienti con IC.

Nascita

AnniSettimane

15 351050 32130 402520 4

Periodo fetale e postnatale

D3

TSH

Ormone tiroideo materno

Aumento della D2 e della T3 nella corteccia cerebrale

Legame della T3 ai recettori nucleari cerebrali

Cretinismo neurologico Cretinismo mixedematoso

Ipotiroxinemia materna Ipotiroidismo congenitoPrematurità

Recettori nucleari di cervello, fegato, polmone, rene, ecc.

Secrezione di ormone tiroideoGhiandola tiroide

A

Striato

Neocortex

Cervelletto, cellule granulari del giro dentato

Coclea

Mielinizzazione

Proliferazione delle cellule gliali

Formazione delle sinapsi

Rami�cazione assonica e dendritica

Migrazione neuronale

Proliferazione neuronale

C

B

FIGURA 4. Fasi dello sviluppo cerebrale (C) e dell’ormonogenesi tiroidea (A) e patologie correlate (B). (Modificata da Bernal et al., Nat Clin Pract Endocrinol Metab 2007;3:249-59)

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Cause genetiche di IC e consulenza genetica

Strettamente correlato al problema delle malformazioni associate vi è quello delle forme di IC geneticamente determinate, che spesso si accompagnano caratteristi-camente ad alterazioni a carico di altri organi e apparati. La tab. 2 offre una pa-noramica delle principali cause genetiche di IC, elencandone il gene responsabile, la proteina per cui esso codifica, il tipo di ereditarietà, l’eventuale modificazione del volume tiroideo e le possibili anomalie extratiroidee concomitanti.

Sebbene la consulenza genetica approfondita sia ovviamente compito del gene-tista, è bene che il pediatra abbia qualche nozione di base su queste patologie, in modo da saper fornire alle famiglie dei suoi pazienti le informazioni fondamentali sulle cause e la potenziale trasmissibilità di tali condizioni. La disgenesia tiroi-dea, per esempio, è una condizione sporadica che non presenta alcun rischio di ricorrenza, come è stato dimostrato anche dagli studi condotti sui gemelli. Vi è

Labio- o palatoschisi (n=6)

Sindrome non cromosomica (n=1)

Malformazioni urologiche (n=5)

Apparato digerente (n=7)

Malformazioni polmonari e respiratorie (n=1)

Altre anomalie cromosomiche (n=4)

Anomalie muscoloscheletriche (n=14)

Malformazioni genitali (n=1)

Anomalie della cute (n=2)

Sistema nervoso centrale (n=12)

Apparato vascolare periferico (n=1)

*Cardiopatie congenite e anomalie dei grandi vasi (n=76)

*esclusi 4 bambini preterminecon dotto arterioso pervio isolato

Anomalie dell’occhio (n=6)

8,8

55,9

0,7

4,4

5,1

3,7

2,9

0,7

0,7

10,3

0,7

1,5

4,4

%30 5010 200 40 60

FIGURA 5. Malformazioni associate all’IC, osservate negli anni 1991-1998 in 1372 pazienti iscritti al Registro nazionale Italiano degli Ipotiroidei Congeniti.

(Modificata da Olivieri et al., J Clin Endocrinol Metab 2002;87:557-62)

Tabella 1. studi sulla prevalenza delle malformazioni associate all’iC.

Studio Casi di IC (n)

Malformazioni congenite neonatali

Malformazioni congenite cardiache

Grant et al. (1998) 467 7% 1,7%

NECHC (1988) 297 5,4% 2,4%

Devos et al. (1999) 234 5,2% 3%

Olivieri et al. (2002) 1372 8,4% 5,5%

NECHC, New England Congenital Hypothyroidism Collaborative.

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capitolo 10 • ASPETTI SAnITARI PEDIATRICI

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invece una chiara familiarità nelle anomalie asintomatiche dello sviluppo tiroideo (cisti del tireoglosso, lobo piramidale, emiagenesia), la cui frequenza nei parenti di primo grado si attesta intorno al 21%. Nei casi di disormonogenesi possono essere presenti mutazioni a carico dei geni per il simportatore sodio-iodio, per la tireoperossidasi, per la tireoglobulina o per le iodotirosina-deiodinasi; tutte queste forme sono a trasmissione autosomica recessiva, pertanto il rischio di ricorrenza è pari al 25%. La sindrome di Pendred (con mutazione in posizione 7q22-31.1) è anch’essa autosomica recessiva.

Tabella 2. Cause genetiche di iC.

Gene ProteinaEredi- tarietà

Volume tiroideo

Malformazione associata

Ipotiroidismo centrale (ipofisario)

TSHB Subunità B del TSH AR Ø o N —

TRHR Recettore del TRH AR Ø o N —

POU1F1 Fattori di trascrizioneipofisari

AR/AD Ø o N Deficit di PRL, GH

PROP1 AR Ø o N CPHD, massa ipofisaria

LHX3 AR Ø o N CPHD, massa ipofisaria, colonna cervicale rigida

LHX4 AD Ø o N CPHD, difetti della sella turcica o della fossa cranica posteriore

HESX1 AR/AD Ø o N CPHD, displasia setto-ottica

PHF6 X-linked Ø o N CPHD, epilessia, displasia setto-ottica

Aplasia o ipoplasia della tiroide

TSHR Recettore del TSH AR Ø , ≠ o N —

PAX8 Fattori di trascrizione tiroidei

AD Ø Agenesia renale

TITF1 AD Ø o N Coreoatetosi, pneumopatia

TITF2 AR Ø Palatoschisi, atresia delle coane

GNAS1 Proteina di segnale AD N Osteodistrofia

Difetti della sintesi degli ormoni tiroidei

TPO Perossidasi AR ≠ —

THOX2 Ossidasi AR ≠ o N —

TG Proteina di deposito AR ≠ o N —

Pendrina Trasportatore anionico AR ≠ o N Ipoacusia neurosensoriale

NIS Simportatore sodio-iodio

AR ≠ o N —

DEHAL1 Ricircolo dello iodio AR ≠ o N —

Difetti dell’azione degli ormoni tiroidei

MCT8 Trasportatore transmembrana della T3

X-linked ≠ o N Anomalie neurologiche gravi

THRB Recettore nucleare degli ormoni tiroidei

AD/AR ≠ o N Iperattività, disturbi dell’apprendimento

AD, autosomica dominante; AR, autosomica recessiva; CPHD, deficit combinato degli ormoni ipofisari; N, normale; PRL, prolattina.(Modificata da Karges and Kiess, Congenital Hypothyroidism. In: Krassas et al. (eds), Diseases of the thyroid in childhood and adolescence. Karger, Basilea, 2007)

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Interazione con il ginecologo per i disordini tiroidei materni in gravidanza

Il pediatra dovrebbe essere a conoscenza del fatto che nelle gestanti affette da patologia tiroidea è opportuno adottare tempestivamente tutti i provvedimenti terapeutici del caso, in modo da ridurre il più possibile il rischio che insorgano problemi tiroidei anche nel feto. In primo luogo, è necessario individuare e trattare prontamente ogni forma di ipotiroxinemia/ipotiroidismo materno. In secondo luogo, va ottimizzato il trattamento antitiroideo nelle gestanti con malattia di Graves, così da prevenire l’ipotiroidismo fetale con eventuale gozzo associato. Nei casi in cui si sviluppa un gozzo ipotiroideo fetale resistente agli approcci terapeutici conven-zionali, si può valutare la possibilità di ricorrere alle iniezioni intra-amniotiche di tiroxina, particolarmente nelle donne a rischio di parto distocico.

Coordinamento delle afferenze multidisciplinari

Sulla base di quanto è stato esposto in questo capitolo e in gran parte dei preceden-ti, appare evidente che la gestione ottimale del bambino con IC richiede l’azione armonica e sinergica di un team multidisciplinare di specialisti, i quali, ciascuno con le competenze che gli sono proprie, affrontino correttamente la molteplicità di aspetti che la malattia presenta. Il compito di coordinare tutte queste afferenze specialistiche – che comprenderanno un endocrinologo, un neuropsichiatra infantile, un laboratorista, un genetista, un ginecologo, ecc. – spetta al pediatra: non solo al pediatra/neonatologo ospedaliero, ma soprattutto al pediatra di famiglia. È quest’ul-timo infatti, in virtù del suo rapporto peculiare e insostituibile con la famiglia del paziente, che conosce a fondo sia la situazione clinica del bambino (in tutti i suoi passaggi evolutivi), sia il contesto sociale, economico e culturale in cui il bambino stesso si inserisce. Egli si trova dunque in una posizione privilegiata per seguire attivamente il decorso clinico dell’IC e per consigliare, supportare, informare, coadiuvare e orientare i genitori dei pazienti in ogni passaggio di questo percorso.

Letture consigliate

• Gruters A, Krude H. Detection and treatment of congenital hypothyroidism. Nat Rev Endocrinol 2011;8:104-13.

• Karakoc-Aydiner E, Turan S, Akpinar I, Dede F, Isguven P, Adal E, et al. Pitfalls in the diagnosis of thyroid dysgenesis by thyroid ultrasonography and scintigraphy. Eur J Endocrinol 2012;166:43-8.

• LaFranchi SH. Approach to the diagnosis and treatment of neonatal hypothyroidism. J Clin Endocrinol Metab 2011;96:2959-67.

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Ipotiroidismocongenito

A cura di M. Cappa e P. Vitti

Ipotiroidismo congenitoQuest’opera è frutto di un workshop che si proponeva di riunire specialità diverse della medicina, come la pediatria e l’endocrinologia, intorno a una problematica attuale quale il trattamento dell’ipotiroidismo nelle varie età. Il quadro che è emerso dalle esperienze qui riportate in età sia pediatrica sia adolescenziale è quello di una terapia di notevole complessità.

Il risultato del workshop è sintetizzato in questo pratico manuale, che offre al lettore indicazioni preziose sulle cause, sugli obiettivi della terapia nonché sull’importanza dell’aderenza al trattamento che vede impegnati sia il bambino sia i genitori. Inoltre, grande importanza viene data al ruolo del pediatra di famiglia.

• Indicazioni essenziali ma pratiche ed esaustive

• Utilizzo di tabelle riassuntive e di flow chart a colori

• Ogni capitolo riporta in chiusura l’esperienza clinica degli esperti D

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