LUOGHI CURA n. 1/2006 · 2020. 7. 7. · MANUALE DI NEUROGERIATRIA IV edizione Presentazione...

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ORGANO UFFICIALE DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI GERONTOLOGIA E GERIATRIA Anno V - N. 4 Dicembre 2007 TRIMESTRALE ISSN 1723 - 7750 I luoghi della cura 4/2007 In caso di mancato recapito, rinviare al CPR Roma Romanina Stampe, per la restituzione al mittente previo addebito pagamento resi

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ORGANO UFFICIALE DELLASOCIETÀ ITALIANA DI GERONTOLOGIA E GERIATRIA

Anno V - N. 4Dicembre 2007

TRIMESTRALE

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50 I luoghi della cura 4/2007

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SOMMARIO

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ANNO V - N. 4 - 2007

I luoghidella cura

EDITORIALELivelli Essenziali di Assistenza: indicazioni per l’usoMarco Trabucchi, 5

QUADRO DI RIFERIMENTO POLITICO AMMINISTRATIVOIl Documento LEA sulle prestazioni residenziali e semiresidenzialiper anzianiEnrico Brizioli, 7

Il Documento LEA sulle prestazioni residenziali e semiresidenzialiper anziani: un commentoGianbattista Guerrini, 11

Nuova caratterizzazione dell’assistenza territoriale domiciliare e degli interventi ospedalieri a domicilioGianlorenzo Scaccabarozzi, 14

Nuova caratterizzazione dell’assistenza territoriale domiciliare e degli interventi ospedalieri a domicilio: un commentoFrancesco Landi, 20

ASPETTI CLINICO ASSISTENZIALIMigliorare la vista curando l’ambiente: possibile ed utileMauro Colombo, 23

SPUNTI DI DIBATTITOStati vegetativi permanenti: quale setting per quale curaRenzo Bagarolo, 25

FAMIGLIA E VOLONTARIATO“Il mio piccolo bonsai”. Modelli di cura, sovraccarico lavorativo e strategie di fronteggiamento dei caregiver di anziani dementiCarla Facchini, 28

APPUNTAMENTIUno sguardo al nostro futuro. La Conferenza di Gerotecnologia,Pisa 2008Mauro Colombo, 31

Direzione scientifica: Antonio Guaita, Francesco Landi, Ermellina Zanetti

Comitato editoriale:Renzo Bagarolo, Giovanni Bigatello, Stefano Boffelli,Renato Bottura, Gianna Carella, Antonietta Carusone,Francesca Castelletti, Chiara Ciglia, Mauro Colombo,Carla Facchini, Antonino Frustaglia, Cristiano Gori,Gianni Guerrini, Raffaele Latella, Luisa Lomazzi, RenzoRozzini, Marco Trabucchi, Daniele Villani

Direttore responsabileAndrea Salvati

Segreteria di redazioneLorenza M. Saini

Area pubblicitàPatrizia Arcangioli, responsabile (Roma)[email protected]

Area marketing & sviluppoAntonietta [email protected] [email protected]

CIC EDIZIONI INTERNAZIONALI s.r.l.Direzione, Redazione, Amministrazione:Corso Trieste, 42 - 00198 RomaTel. 06/8412673 r.a. - Fax 06/8412688E-mail: [email protected] web: www.gruppocic.com

Area Nord Italia:Via Matteotti, 52B - 21012 Cassano Magnago (VA)Tel. 0331282359 - Fax 0331287489

Trimestrale

Reg. Trib. di Roma n. 101/2003 del 17/03/2003

Stampa: Litografica ’79 - Roma

Abbonamento annuo: Italia € 10,00 (una copia € 3,50) -Estero € 20,00. L’IVA condensata nel prezzo di vendita èassolta dall’Editore ai sensi dell’art. 74, primo comma,lett. c), D.P.R. 633/72 e D.M. 29/12/89. Il giornale vieneanche inviato in omaggio ad un indirizzario di specialistipredisposto dall’Editore.

Finito di stampare nel mese di novembre 2007

Ai sensi del Decreto Legislativo 30/06/03 n. 196 (Art. 13) informia-mo che l’Editore è il Titolare del trattamento e che i dati in nostropossesso sono oggetto di trattamenti informatici e manuali; sonoaltresì adottate, ai sensi dell’Art. 31, le misure di sicurezza previ-ste dalla legge per garantirne la riservatezza. I dati sono gestiti in-ternamente e non vengono mai ceduti a terzi, possono esclusiva-mente essere comunicati ai propri fornitori, ove impiegati per l’a-dempimento di obblighi contrattuali (ad es. le Poste Italiane). In-formiamo inoltre che in qualsiasi momento, ai sensi dell’Art. 7, sipuò richiedere la conferma dell’esistenza dei dati trattati e richie-derne la cancellazione, la trasformazione, l’aggiornamento ed op-porsi al trattamento per finalità commerciali o di ricerca di merca-to con comunicazione scritta.

Il contenuto degli articoli rispecchia esclusivamente l’esperienzadegli autori.La pubblicazione dei testi e delle immagini pubblicitarie è subor-dinata all’approvazione della direzione dei giornali ed in ogni ca-so non coinvolge la responsabilità dell’Editore.Ogni possibile sforzo è stato compiuto nel soddisfare i diritti di ri-produzione. L’Editore è tuttavia disponibile per considerare even-tuali richieste di aventi diritto.

© Copyright 2007

Organo ufficiale della Società Italianadi Gerontologia e Geriatria

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ORGANO UFFICIALE DELLA SOCIETÀ ITALIANADI GERONTOLOGIA E GERIATRIA

I luoghi della cura

Un periodico scientifico-professionale, che affronta gli argomenti più rilevanti riguardanti l’assistenza alla persona anziana nelle diverse condizioni di vita, in particolare quando il bisogno rende necessario un supporto organizzato.

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DIREZIONE SCIENTIFICA

Antonio Guaita, Francesco Landi, Ermellina Zanetti

COMITATO EDITORIALE

Renzo Bagarolo, Giovanni Bigatello, Stefano Boffelli, Renato Bottura, Gianna Carella, Antonietta Carusone, Francesca Castelletti, Chiara Ciglia, Mauro Colombo, Carla Facchini, Antonino Frustaglia,Cristiano Gori, Gianni Guerrini, Raffaele Latella, Luisa Lomazzi, Renzo Rozzini, Marco Trabucchi, Daniele Villani

A B B O N A T E V I

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EDITORIALE

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n questo numero della rivista è pubblicato un dos-sier sul documento LEA che riguarda gli anziani.Il lettore troverà una spiegazione esauriente sui

contenuti di un testo di grande importanza teorica epratica nel nostro campo; in queste righe mi limito atrarre alcune considerazioni strategiche, perché i do-cumenti predisposti rappresentano un punto di par-tenza per una serie di ricadute e di progetti ai qualinon possiamo restare estranei.Un primo aspetto consiste nella definizione della nonautosufficienza dell’anziano come obiettivo primariodegli interventi. È essenziale che la geriatria dia un con-tributo per evitare caratterizzazioni generiche, soprat-tutto quelle che mirano a negare la specificità dellacondizione delle persone anziane.A noi sembrano ov-vietà, ma nel dibattito politico si trovano ancora resi-dui di posizioni che negano il rapporto tra malattie edisabilità e quindi una peculiarità indiscussa della con-dizione clinica dell’anziano. Contigua a questa proble-matica vi è quella degli strumenti di valutazione; nonsenza imbarazzo dobbiamo ammettere che è statoimpossibile definire uno strumento adottabile in tuttele regioni. Pur comprendendo i motivi storico-psicolo-gici di queste difformità, non possiamo accettare chein nome della comune “scienza” geriatrica non si pos-sano trovare punti di incontro.Tra i danni che questedifferenze provocano vi è anche quello di rendere dif-ficile una raccolta di dati a livello nazionale, che per-metta una realistica programmazione della risposta albisogno. Su questo tema la geriatria italiana deve gra-titudine a Enrico Brizioli che nel progetto “Mattoni” siè speso con coraggio e intelligenza per arrivare ad unaproposta unitaria.Un secondo aspetto riguarda la dotazione di servizi alivello nazionale. Come indicato negli articoli, vi sonoenormi, inaccettabili differenze tra le regioni, ma so-

prattutto un forte gradiente nord-sud. Se fino a qual-che tempo fa le differenze potevano essere giustifica-te dalla struttura della famiglia, più compatta e capacedi assistenza nelle regioni meridionali, oggi questa giu-stificazione è meno valida. Cosa si può fare? Comeconvincere la politica dell’importanza dei servizi per lepersone anziane fragili? Siamo sicuri che da parte no-stra (cioè la Sigg nelle diverse articolazioni regionali)non sia mancata un’adeguata azione di sollecito? Perquanto riguarda il rapporto tra l’assistenza domiciliarenelle sue varie forme e l’assistenza residenziale abbia-mo saputo dare indicazioni precise al programmatore?Quanti di noi si sono lasciati impressionare dalle esi-genze delle case di riposo (nelle varie espressioni), di-menticando che il luogo primario della vita della per-sona anziana è la sua casa? Confrontando i dati italianicon quelli di molte realtà europee si nota non soloun’offerta limitata in senso assoluto, ma anche unascarsa chiarezza nell’allocazione degli anziani nei servi-zi.Abbiamo largamente utilizzato il termine appropria-tezza, ma nei nostri ambiti manca la modellistica difondo sulla quale poter costruire un sistema equilibra-to, efficace e a costi controllati. Si pensi, a questo pro-posito, anche ai servizi di riabilitazione dell’anziano ealla confusione che ancora domina il settore rispettoall’area della postacuzie. Questa fase dell’assistenza èun misto di convalescenza e di riabilitazione; separarei due elementi è difficile. Di conseguenza sono stateproposte soluzioni tra loro molto diverse e non sem-pre razionali.Un altro aspetto riguarda l’esigenza sempre più sentitadi arrivare rapidamente ad una definizione dei risultatiche la rete dei servizi per l’anziano riesce a raggiungere.L’autorefenzialità che ha caratterizzato quest’area permolti anni ha impedito una sua valorizzazione, ma so-prattutto ha impedito una seria programmazione dei

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I luoghidella cura

Livelli Essenziali di Assistenza:indicazioni per l’usoMarco Trabucchi

Gruppo di Ricerca Geriatrica, Brescia

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EDITORIALE

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vari segmenti, perché non sapendo a cosa servono èdifficile definirne il fabbisogno. Fortunatamente sonosempre più numerosi gli studi e le sperimentazioni checontribuiscono a sottrarre quest’area al pessimismo peril quale le malattie croniche non possono essere modi-ficate da interventi di cura. Si dovrà arrivare, in un futu-ro non lontano, a definire una remunerazione dei servi-zi in base al risultato ottenuto, indipendentemente daglistrumenti utilizzati. Solo in questo modo ci si potrà sot-trarre al dominio della burocrazia da una parte, e ad at-teggiamenti parafraudolenti dall’altra. Sarà una stradalunga, con molti nemici, ma chi mette la condizione del-l’anziano come obiettivo primario del proprio lavoronon può non concordare. In questa logica incentrata sulrisultato potrebbe trovare posto anche la sperimenta-zione di organizzazioni low cost dei servizi. Quanto delrisultato è rinunciabile in cambio di una maggiore diffu-sione dei servizi stessi? Ovviamente si tratta di discus-sioni di grande delicatezza, ma in tempi di restrizioni

economiche dobbiamo – proprio come operatori inprima linea – avere il coraggio di affrontare i problemiper essere pronti a proporre ai politici ed ai program-matori soluzioni che rispettino la dignità e la libertà del-le persone anziane ammalate. E chi meglio dei medici edegli altri operatori geriatrici è in grado di definire e dirilevare queste condizioni?Molti altri sono i problemi attorno ad un’organizzazio-ne moderna dei servizi all’anziano. Il merito della com-missione Lea è stato quello di averli portati all’atten-zione della comunità scientifica, oltre che dei respon-sabili nazionali e regionali. Speriamo che le indicazionivengano colte, si apra un dibattito impegnativo e si ar-rivi presto a soluzioni rilevanti. Il punto cruciale è sem-pre lo stesso: a quanto i diversi punti di vista culturali,professionali, politici sanno rinunciare delle proprieposizioni di fronte ad un bisogno sempre più pressan-te e variegato?Ciascuno deve fare la sua parte, anche noi geriatri.

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NURSING GERIATRICO Collana diretta da M. Trabucchi

L. Kennedy-Malone, K.R. Fletcher, L.M. Plank

MANUALE DI CLINICA GERIATRICA PER INFERMIERII edizione italiana dalla II edizione inglese a cura di Marco Trabucchi

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QUADRO DI RIFERIMENTO

POLITICO AMMINISTRATIVO

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L a commissione LEA, a seguito di un lungo lavoroistruttorio, ha approvato nel maggio 2007 un do-cumento di riordino e classificazione delle presta-

zioni residenziali (www.ministerosalute.it/imgs/C_17_pubblicazioni_646_allegato.pdf).La difficoltà del lavoro è stata essenzialmente dovuta alfatto che il sistema residenziale, sviluppatosi in Italia aseguito delle previsioni dell’art. 20 della legge finanzia-ria del 1988, ha avuto una crescita rapida ma disordi-nata, con forti disomogeneità regionali e con livelli ditutela e di offerta non sempre adeguati.Alla base di questi problemi c’è probabilmente l’assen-za di una regolamentazione nazionale di questo setto-re, che pure registra ormai un numero di posti lettosuperiore a quelli ospedalieri.Con l’obiettivo di colmare questi vuoti, la CommissioneLEA è stata chiamata a produrre un documento di in-dirizzo che fornisse elementi per la corretta individua-zione delle prestazioni all’interno del perimetro di co-pertura del SSN. È stato quindi affrontato il tema delladefinizione di “prestazioni residenziali” che sono rivoltea situazioni in cui coesistono, con diversa graduazioneed interconnessione, il problema della non autosuffi-cienza e della non assistibilità a domicilio. I due parame-tri non sono assoluti ed esclusivi in quanto una perso-na gravemente non autosufficiente può risultare assisti-bile a domicilio in particolari condizioni di supporto fa-miliare e di assistenza domiciliare; viceversa, una perso-na anche parzialmente non autosufficiente può risultarenon assistibile a domicilio in assenza di un supporto fa-miliare adeguato. In ogni caso, l’opzione residenziale vaconsiderata come una subordinata rispetto ad una ade-guata organizzazione dell’assistenza a domicilio e, conte-stualmente, come un diritto per tutti coloro per i qualil’opzione domiciliare non sia praticabile.

DEFINIZIONE DI PRESTAZIONE RESIDENZIALE

Altro tema rilevante è quello della appropriata gra-duazione dell’impegno assistenziale, che deve esseretarato essenzialmente sui diversi bisogni sanitari dell’o-spite assumendo che ogni struttura deve comunqueessere in grado di gestire in modo adeguato, per tuttigli ospiti, il problema della non autosufficienza e gliaspetti di cura della persona, rispetto della dignità esocializzazione.Sebbene questo approccio possa apparire scontato, larealtà è che troppe regioni hanno focalizzato solo sul-la “misura” della non autosufficienza le griglie di acces-so e la gradazione delle cure. La commissione ha inve-ce condiviso l’idea di andare oltre la semplice applica-zione di una scala ADL, prevedendo che ogni pazien-te venga valutato con uno strumento di ValutazioneMultidimensionale (VMD) validato in grado di guidarela costruzione di un piano di assistenza e di produrreun indice sintetico di case-mix assistenziale, capace dileggere bisogni sanitari e fragilità e di tradurli in stan-dard assistenziali.Gli strumenti individuati dalla commissione per la valu-tazione degli anziani sono quelli testati dal Mattone n. 12

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I luoghidella cura

Il Documento LEA sulle prestazioniresidenziali e semiresidenziali per anzianiEnrico BrizioliDirezione Generale dell’Istituto S. Stefano, Ancona

Si intende per prestazione residenziale e semiresiden-ziale il complesso integrato di interventi, procedure e at-tività sanitarie e socio-sanitarie erogate a soggetti nonautosufficienti, non assistibili a domicilio all’interno diidonei “nuclei” accreditati per la specifica funzione. Laprestazione non si configura come un singolo atto assi-stenziale ma come il complesso di prestazioni di carat-tere sanitario, tutelare, assistenziale e alberghiero ero-gate nell’arco delle 24 ore.

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QUADRO DI RIFERIMENTO

POLITICO AMMINISTRATIVO

I luoghidella cura

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e proposti come base per il nuovo flusso informativodella residenzialità: VAOR-RUG/SVAMA/SOSIA/AGED.La graduazione dell’impegno assistenziale, che vienevalutato sul paziente attraverso gli strumenti di VMDindicati, comporta differenti livelli di intensità di cureche sono stati semplificati in quattro tipologie di pre-stazioni identificate con i medesimi codici di attività in-dividuati dal Mattone n. 12. La scelta dei “codici” con-sente di non interferire con le diverse classificazioni enomenclature regionali esistenti; appare tuttavia evi-dente come le prestazioni R1 siano riconducibili a nu-clei speciali per pazienti in stato vegetativo, le presta-zioni R2 siano riconducibili al modello di RSA adotta-to dalla maggioranza delle regioni, le prestazioni R2 Dsiano riferibili ai Nuclei Speciali Alzheimer, le prestazio-ni R3 siano riferibili alla tipologia “Residenza Protetta”.Più semplice la classificazione delle prestazioni semire-sidenziali riferite ai Centri Diurni generici (SR) e aiCentri Diurni Alzheimer (SRD) (Tab. 1).Una parte rilevante della discussione è stata dedicataalla rilettura delle prestazioni residenziali nell’ambito diun modello integrato di continuità di cure.A giudizio della commissione, le cure residenziali si col-locano, in parallelo con quelle domiciliari, lungo un per-corso di Acuzie/Post-acuzie/Cronicità che individua pre-cisi livelli di assistenza e di appropriatezza. La post-acu-zie è di competenza del sistema della riabilitazione/lun-

godegenza, mentre la gestione delle problematiche as-sistenziali nei quadri di relativa stabilità è di pertinenzadel sistema residenziale. È evidente che moduli di riabi-litazione intensiva e di lungodegenza possono essererealizzati anche in strutture extra-ospedaliere, purchèdotate dei necessari requisiti impiantistici e diagnostici,oltre che degli standard assistenziali. In ogni caso, i mo-duli residenziali di riabilitazione post-acuzie devono ave-re percorsi autorizzativi, standard, protocolli, flussi infor-mativi del tutto autonomi e distinti dalle strutture resi-denziali destinate alla semplice assistenza a medio-lungotermine della persona non autosufficiente. L’utilizzo delflusso SDO e dei codici 56 e 60, anche in sede extrao-spedaliera, sono la base per questa differenziazione,mentre la gradazione su più livelli di intensità di cura edi finalità terapeutiche è la base per inquadrare in mo-do corretto la riabilitazione estensiva.Chiarita la possibile confusione con le prestazioni di ri-abilitazione, un contributo fondamentale del docu-mento è riferito alla caratterizzazione delle prestazio-ni residenziali identificabili come intensive ed estensi-ve, piuttosto che di mantenimento.In questo ambito il concetto di “intensività” non puòessere riferito ad una fase temporale predefinita deltrattamento, ma all’entità delle risorse sanitarie neces-sarie per garantire una adeguata assistenza, anche nellungo termine. La identificazione delle 4 tipologie di

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Codice Descrizione

R1 Prestazioni erogate in nuclei specializzati (Unità di Cure Residenziali Intensive) a pazienti non autosufficienti richieden-ti trattamenti intensivi, essenziali per il supporto alle funzioni vitali come ad esempio: ventilazione meccanica e assisti-ta, nutrizione enterale o parenterale protratta, trattamenti specialistici ad alto impegno (tipologie di utenti: stati vege-tativi o coma prolungato, pazienti con gravi insufficienze respiratorie, pazienti affetti da malattie neurodegerative pro-gressive, ecc.).

R2 Prestazioni erogate in nuclei specializzati (Unità di Cure Residenziali Estensive) a pazienti non autosufficienti con ele-vata necessità di tutela sanitaria: cure mediche e infermieristiche quotidiane, trattamenti di recupero funzionale, som-ministrazione di terapie e.v., nutrizione enterale, lesioni da decubito profonde, ecc.

R2D Prestazioni erogate in nuclei specializzati (Nuclei Alzheimer) a pazienti con demenza senile nelle fasi in cui il disturbomnesico è associato a disturbi del comportamento e/o dell’affettività che richiedono trattamenti estensivi di caratte-re riabilitativo, riorientamento e tutela personale in ambiente “protesico”.

R3 Prestazioni di lungoassistenza e di mantenimento, anche di tipo riabilitativo, erogate a pazienti non autosufficienti conbassa necessità di tutela Sanitaria (Unità di Cure Residenziali di Mantenimento).

SR Prestazioni Semiresidenziali – Trattamenti di mantenimento per anziani erogate in centri diurni.

SRD Prestazioni Semiresidenziali Demenze – Prestazioni di cure estensive erogate in centri diurni a pazienti con demenzasenile che richiedono trattamenti di carattere riabilitativo, riorientamento e tutela personale.

Tabella 1 - Classificazione delle prestazioni residenziali per anziani e codici di attività.

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QUADRO DI RIFERIMENTO

POLITICO AMMINISTRATIVO

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prestazioni residenziali (R1, R2, R2D, R3) e di 2 delleprestazioni semiresidenziali (SR e SRD), consentequindi di definire sottolivelli di assistenza che individua-no le cure intensive (R1), quelle estensive (R2, R2D,SRD) e quelle di mantenimento (R3, SR).Questa classificazione, che appare rilevante anche inun’ottica di partecipazione alla spesa, consente lo svi-luppo di standard qualificanti del servizio che fissano,almeno in via generale, l’apporto quali-quantitativo diassistenza prevista per ogni nucleo (Tab. 2).La commissione ha inoltre individuato una serie di in-dicatori di verifica che, associati al flusso informativoche si svilupperà con l’attuazione del progetto Matto-ni, potrà consentire il monitoraggio nel tempo di que-sto livello di assistenza (Tab. 3).Con maggiore difficoltà la commissione si è mossa sulfronte della quantificazione di standard ottimali di of-ferta. A fronte di una situazione di partenza che vedeun’offerta media nazionale di 20-25 posti letto per1.000 anziani (contro una media Europea di 50), si re-gistrano infatti forti disomogeneità regionali distribuitesecondo un gradiente Nord-Sud (Tab. 4).

Anche se il dato ISTAT 2003 è oggi sicuramente supe-rato, riteniamo che il differenziale non sia certamentecolmato. Tuttavia, la forte disomogeneità regionale, lamarcata dipendenza tra questo livello di offerta e i ser-vizi alternativi, l’assenza di un flusso informativo, hannoportato la commissione ad evitare per il momentol’individuazione di uno standard di offerta preordinato.Al solo fine di stimare la spesa a regime, è stata effet-tuata una stima calcolata su un ipotetico obiettivo, dicirca 40 posti letto per 1.000 anziani, che porterebbela spesa per l’assistenza residenziale agli anziani sopra i12 miliardi di euro, di cui almeno 7 in carico al FSN.Poiché l’attuale spesa in carico al FSN è stimabile nel-l’ordine dei 2,5 miliardi di euro, un sistema a regimecon questi rapporti di partecipazione alla spesa com-porterebbe maggiori oneri di circa 5 miliardi di europer la sola assistenza agli anziani. Il problema non si po-ne per le Regioni che sono già su quei livelli di offerta,ma per quelle che dovrebbero colmarli.È evidente quindi che la criticità del LEA residenziale,una volta chiariti i contenuti prestazionali, sia oggi riferi-bile alle risorse necessarie per garantire in modo unifor-

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I luoghidella cura

Tabella 2 - Standard qualificanti la prestazione.

Prestazioni* Standard qualificanti**

R1 Guardia medica: h 24Assistenza medica: 300 minuti/die per nucleoInfermiere: h 24Assistenza globale > 210 minAssistenza infermieristica > 90 min

R2 Assistenza medica: 160 minuti/die per nucleoInfermiere h 24Assistenza globale > 140 minAssistenza infermieristica > 45 min

R2D Assistenza: 120 minuti/die per nucleoInfermiere h 12Assistenza globale > 140 minAssistenza infermieristica > 36 min

R3 Assistenza medica: 80 minuti/die per nucleo Infermiere h 8Assistenza globale > 100 minAssistenza infermieristica > 20 min

SR Staff: Infermiere, OSS, AnimazioneAssistenza globale > 50 min

SRD Staff: Infermiere, OSS, PsicologoTerapia cognitiva e orientamentoAssistenza globale > 80 min

Tabella 3 - Indicatori di verifica.

Prestazioni* Indicatori

R1 – Numero posti letto per 1.000 anziani– Numero di assistiti– Tasso occupazione annuo medio– N. pazienti in lista di attesa– Durata media attesa

R2 – Numero posti letto per 1.000 anziani– Numero di assistiti– Tasso occupazione annuo medio– N. pazienti in lista di attesa– Durata media attesa

R2D – Numero posti letto per 1.000 anziani– N. pazienti in lista di attesa– Durata media attesa

R3 – Numero posti letto per 1.000 anziani– N. pazienti in lista di attesa– Durata media attesa

SR – Numero posti letto per 1.000 anziani– N. pazienti in lista di attesa– Durata media attesa

SRD – Numero posti letto per 1.000 anziani– N. pazienti in lista di attesa– Durata media attesa

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QUADRO DI RIFERIMENTO

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me le prestazioni su tutto il territorio nazionale, constandard adeguati e con criteri coerenti di partecipazio-ne alla spesa. Queste risorse possono essere reperite inparte attraverso un’azione di medio periodo di ulterio-re riorganizzazione della rete ospedaliera, in parte attra-verso la creazione di un fondo integrativo.Tuttavia, an-che nel caso di coesistenza di più fondi, la gestione delsistema con autorizzazioni, regole e percorsi dovrà ri-manere, a mio avviso, in capo ad un unico soggetto re-golatore.

BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA

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ANNO V - N. 4 - 2007

P Popolazione PL × 1.000 Popolazione > 64 PL × 1.000

Valle D’Aosta 884 12.0909 7,31 23.433 37,72Piemonte 35.286 4.231.134 8,34 916.000 38,52Liguria 6.500 1.572.197 4,13 409.211 15,88Lombardia 53.000 9.108.645 5,82 1.693.000 31,31Veneto 31.522 4.577.408 6,89 847.005 37,22Trentino 10.717 950.475 11,28 162.310 66,03Friuli Venezia Giulia 9.155 1.191.500 7,68 258.283 35,45Emilia Romagna 24.454 4.030.220 6,07 908.950 26,90Toscana 12.820 3.516.296 3,65 801.081 16,00Marche 6.575 1.484.601 4,43 327.113 20,10Umbria 2.387 834.210 2,86 192.017 12,43Lazio 9.662 5.145.805 1,88 948.604 10,19Abruzzo 4.177 1.273.284 3,28 264.791 15,77Molise 1.252 321.044 3,90 68.568 18,26Campania 3.939 5.725.098 0,69 835.353 4,72Puglia 5.738 4.023.957 1,43 656.548 8,74Basilicata 718 596.821 1,20 113.496 6,33Calabria 2.154 2.007.392 1,07 349.729 6,16Sicilia 7.547 4.972.124 1,52 857.125 8,81Sardegna 3.184 1.637.639 1,94 268.701 11,85

Italia 231.671 57.320.759 4,04 10.901.318 21,25

Tabella 4 - Dati ISTAT su offerta di posti letto residenziali in Italia.

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QUADRO DI RIFERIMENTO

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Nel gennaio del 1992, pur nel pieno di una trava-gliata stagione politica, il Parlamento della Re-pubblica approvava il Progetto Obiettivo Anzia-

ni nazionale che, nel delineare la rete dell’AssistenzaGeriatrica, indicava, tra le articolazioni fondamentali ditale rete, la Residenza Sanitaria Assistenziale quale“struttura extra-ospedaliera per anziani disabili, preva-lentemente non autosufficienti, non assistibili a domici-lio, abbisognevoli di trattamenti continui e persistenti,finalizzata a fornire (loro) accoglienza ed erogazione diprestazioni sanitarie, assistenziali, di recupero funziona-le e sociale”, riconoscendo a pieno, con questa defini-zione, la valenza anche sanitaria delle strutture resi-denziali per gli anziani non autosufficienti, e la necessi-tà del “massimo (grado di) integrazione degli interven-ti sanitari e sociali”.Un primo riconoscimento della connotazione socio-sanitaria di valenza sanitaria di questi presidi, ed un ro-busto impulso alla loro realizzazione, erano in realtàgià venuti dalla legge finanziaria per il 1989 (art. 20,Legge 67/1988) che prevedeva, accanto ad un Pianonazionale di investimenti nella rete ospedaliera, la rea-lizzazione di residenze per anziani non autosufficienti,e dal successivo DPCM 22 dicembre 1989 che ne fis-sava i requisiti strutturali.Nel maggio scorso la Commissione nazionale per ladefinizione e l’aggiornamento dei Livelli Essenziali diAssistenza (LEA) istituita dal Ministero della Salute hadefinito, in un documento facilmente scaricabile dal si-to internet del Ministero, i “contenuti tecnico-profes-sionali” delle prestazioni residenziali e semiresidenzialiper gli anziani non autosufficienti: passaggio fondamen-tale per una programmazione socio-sanitaria che si

proponga di salvaguardare, pur nel rispetto delle spe-cifiche competenze regionali, quei principi generali diuniversalità, equità ed appropriatezza che lo stessoDocumento richiama a garanzia dell’accesso alle pre-stazioni residenziali.Di fatto, la situazione dalla quale parte il lavoro dellaCommissione appare contrassegnata da un’estremaeterogeneità e dalla impossibilità anche solo di costrui-re un quadro informativo coerente a livello nazionale.Diversa, da Regione a Regione, è la collocazione delleResidenze all’interno dei sistemi sanitari e sociali, diver-si sono i modelli autorizzativi, le modalità e l’entità deifinanziamenti da parte del FSN, gli strumenti di valuta-zione degli utenti e di individuazione del case mix, glistandard organizzativi e gestionali; la stessa denomina-zione di RSA assume nelle singole Regioni significatidifferenti.Altissima è soprattutto la variabilità delle do-tazioni di posti letto (si va, secondo i dati forniti dall’I-STAT per il 2003, dai 66,03 posti letto per 1.000 an-ziani del Trentino ai 4,72 della Campania!): variabilitàche non può certo essere giustificata solo dalla pre-senza di realtà sociali e culturali non omogenee, mache sottende ad una drammatica difformità delle pos-sibilità di accesso ad un servizio essenziale per gli an-ziani non autosufficienti.Il Documento predisposto dalla Commissione LEA of-fre, a mio avviso, alcuni punti fermi largamente condi-visibili proprio alla luce dell’esperienza lombarda: dalladefinizione di prestazione residenziale quale “comples-so di prestazioni di carattere sanitario, tutelare, assi-stenziale e alberghiero erogate nell’arco delle 24 ore”a soggetti non autosufficienti e non assistibili a domici-lio, che la colloca decisamente nell’area dell’integrazio-

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I luoghidella cura

Il Documento LEA sulle prestazioniresidenziali e semiresidenziali per anziani: un commentoGianbattista Guerrini

Fondazione Brescia Solidale, Brescia

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ne socio-sanitaria; alla necessità che l’accesso sia sub-ordinato ad una valutazione multidimensionale, a ga-ranzia della “effettiva appropriatezza dell’indicazione”.Importante è anche il riconoscimento della instabilitàclinica connessa pressoché obbligatoriamente alla (po-li) patologia cronica invalidante e, di conseguenza, del-la forte valenza sanitaria che tali residenze devono as-sumere per saper affrontare tale instabilità, gestire“problematiche intercorrenti, anche acute”, dispiegare“significativi e continui trattamenti di natura sanitaria,anche per il supporto alle funzioni vitali”.La specificità delle prestazioni non risiederebbe, per-tanto, per la Commissione, in una minore intensivitàdegli interventi assistenziali (che pure può caratteriz-zare alcuni moduli o “codici di attività” del sistema del-le residenze), quanto nell’obiettivo di questi interventiche, per la degenza ospedaliera in acuzie, è la soluzio-ne di eventi acuti o di situazioni “critiche” che richie-dono elevate dotazioni diagnostico-terapeutiche; perla riabilitazione o la “lungodegenza post-acuzie” è ilraggiungimento di un risultato “in un arco temporalerelativamente prevedibile e comunque limitato”; men-tre per la prestazione residenziale appare essere il so-stegno alla persona nel suo progetto di vita (il docu-mento parla un po’ genericamente di “aspetti di uma-nizzazione e personalizzazione dell’assistenza, anche inragione della prolungata durata della degenza”; benpiù efficacemente, le linee guida della SIGG per le RSA– per ribadire, mi pare, lo stesso concetto – definisco-no l’attività medica nelle RSA “un’attività di presa in ca-rico sia della salute che della malattia, quindi del per-corso fisiopatologico che lega malattia e disabilità, conattuazione di programmi di terapia che si integranocon i programmi di sostegno globale alla persona, at-tuati dalla équipe di cura”).Il Documento valorizza inoltre lo stretto rapporto del-la residenza per gli anziani non autosufficienti con larete dei servizi socio-sanitari, sottolineando come es-sa può e deve operare, anche con accoglienze tempo-ranee, ed inserirsi nei programmi di dimissione protet-ta dall’ospedale a “garanzia di continuità assistenziale”con l’obiettivo di “accompagnare il recupero funziona-le e predisporre le condizioni anche logistico-organiz-zative per il reinserimento a domicilio”. In nessun caso“deve essere intesa come una soluzione finale del per-corso, ma come un nodo dinamico della rete che pre-veda la dimissibilità a domicilio in tutte le situazioni incui le condizioni di assistibilità siano recuperate”. Sem-pre ad una logica di rete risponde l’auspicio che la re-

sidenza si organizzi in nuclei a diversa intensità assi-stenziale, così da saper intercettare e rispondere conflessibilità alla variabilità dei bisogni dell’utenza del ter-ritorio di riferimento.L’articolazione di queste diverse tipologie di prestazio-ni erogate dalle Residenze, e gli “standard qualificanti”(di personale) per i diversi livelli prestazionali, sono il-lustrati nel contributo di Enrico Brizioli. A mio pareresarebbe opportuno che il Documento prevedesse, ac-canto ai Nuclei Alzheimer, nuclei specializzati nella (oprestazioni erogate di) assistenza residenziale intensiva(R1) a pazienti che richiedono un supporto alle fun-zioni vitali (per SVP, grave insufficienza respiratoria, ma-lattie neurodegenerative progressive, ecc.) e nelle cu-re estensive di pazienti ad elevata instabilità clinica(R2). Resta semmai un dubbio sull’adeguato dimensio-namento dei relativi standard assistenziali (anche se ilraffronto non è facile, essi appaiono inferiori agli stan-dard fissati dalla Regione Lombardia, ed ancor più ai li-velli assistenziali, in genere superiori, effettivamente ga-rantiti dalle residenze lombarde). In compenso, il rife-rimento per i codici R1, R2 ed R2D alle cure intensiveed estensive definite dal DPCM 29 novembre 2001 fa-rebbe ipotizzare, per queste prestazioni, un onere to-talmente (o prevalentemente) a carico del FSN: avva-lorerebbe tale ipotesi la stima di una spesa a carico delSSN, per il complesso delle prestazioni residenziali, su-periore a quella destinata a gravare sulle famiglie e/osui Comuni.Il Documento non scioglie alcuni nodi, peraltro nonsemplici: dalla scelta di un unico strumento di Valuta-zione Multidimensionale valido per tutto il territorionazionale, alla proposta di indicatori di processo e dirisultato per la valutazione della qualità dell’assistenzaerogata, fino alla definizione di standard di offerta del-la rete delle residenze (anche se la prefigurazione delsuo impatto economico fa riferimento ai 35 posti let-to per 1.000 anziani, e ne rileva una sostanziale com-patibilità con la spesa sanitaria globale).Resta peraltro fondamentale che il Ministero della Sa-lute abbia avvertito l’esigenza di definire livelli essenzia-li di assistenza in un ambito – la cura a lungo terminee l’assistenza residenziale e semiresidenziale agli anzia-ni non autosufficienti – a cui l’evoluzione demograficaed epidemiologica del Paese assegna un rilievo semprepiù significativo.A questa consapevolezza deve evidentemente segui-re, oltre alla capacità/volontà delle singole Regioni dicompletare il proprio percorso normativo, la reale di-

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sponibilità di adeguati finanziamenti finalizzati: secondouna prima stima operata dalla Commissione, l’incre-mento effettivo della spesa a regime sarebbe del restopari a poco più del 5% del FSN e “la copertura di que-sti maggiori oneri potrebbe avvenire in parte con azio-ni di redistribuzione della spesa sanitaria… in parte at-traverso la istituzione di un Fondo vincolato” (di cuil’attuale governo ha avviato, sia pure al momento inmodo poco più che simbolico, il finanziamento).L’esperienza condotta nella Regione Lombardia negliultimi due decenni ha dimostrato infatti che grazie al-l’effettiva disponibilità di risorse – tanto in conto capi-

tale quanto in conto gestione – ed alla definizione pre-cisa dei modelli di servizio, dei requisiti strutturali e ge-stionali e del percorso autorizzativo, è stato possibilemobilitare le risorse economiche, professionali edumane delle comunità locali, ed incrementare progres-sivamente l’offerta delle strutture residenziali per glianziani non autosufficienti e la loro qualità complessi-va, realizzando un effettivo sostegno tanto alle politi-che sociali di diversificazione degli interventi di tuteladella popolazione anziana, quanto alle politiche sanita-rie di contenimento delle degenze e di qualificazionespecialistica dei presidi ospedalieri.

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I luoghidella cura

S.P. Roose, H.A. Sackeim

DEPRESSIONENELL’ETÀ SENILEPresentazione dell’edizione italiana di Pier Luigi Scapicchio

Sotto l’egida dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria

Volume cartonato di 448 paginef.to cm 22×28€ 60,00

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PREMESSA

Insieme all’invecchiamento della popolazione stacambiando anche la tipologia delle malattie di cui lepersone soffrono e muoiono quali gravi malattie

croniche, cancro e patologie multiorgano. Aumentanogli anni di vita in condizione di dipendenza, ed aumental’indice di fragilità molto alta. Ciò causa un complesso in-treccio di fragilità fisiche, psicologiche e sociali, e il mani-festarsi di nuovi bisogni che, con l’avvicinarsi della mor-te, cambiano rapidamente. Per tali ragioni sono sempremaggiori le richieste d’attivazione di forme complesse eavanzate di cura che richiedono il trasferimento a do-micilio di cure intense e specifiche (tipiche della “medi-cina della complessità”), diverse da quelle che servonoper la fase acuta (basate sulla “medicina dell’evidenza”)perché diversi sono gli obiettivi di salute. In sostanza, ri-sulta evidente come una delle partite sulla quale si mi-surerà la tenuta del sistema di welfare sia proprio quel-la dell’assistenza domiciliare. In questo contesto assumeparticolare importanza il documento, approvato dallaCommissione Nazionale Lea il 18 ottobre 2006, che ca-ratterizza le cure domiciliari per profili di cura differen-ziati assumendo il principio della progettazione del “mi-glior percorso di cura domiciliare possibile” per malati,dove si combinano gradi differenti di comorbilità, disabi-lità e fragilità spesso estreme. Sono fortemente chiama-te in causa sia le competenze professionali (definite at-traverso un puntuale elenco di prestazioni) che quelleorganizzativo-gestionali (con l’indicazione delle figureprofessionali maggiormente coinvolte, dei tempi medi diaccesso e delle fasce orarie di operatività del servizio),

nella ricerca di una combinazione ottimale dei livelli as-sistenziali che qualifichino l’adeguatezza della rispostaclinico-asssitenziale ed organizzativa in funzione dellanatura dei bisogni.Da anni i piani di programmazione sanitaria indicanonello sviluppo delle reti di cure domiciliari una concre-ta ed efficace risposta alle fasi avanzate di malattie cro-niche o inguaribili, anche a breve aspettativa di vita. So-lo ora, però, con questa “nuova caratterizzazione del-l’assistenza domiciliare”, si esce dalla genericità e dalladisomogeneità superarando le definizioni approssima-tive degli interventi domiciliari, per loro natura menostandardizzabili di quelli in regime di ricovero in strut-tura residenziale, ma non per questo necessariamentepiù semplici; anzi, proprio la complessità è la chiave dilettura di situazioni e contesti in cui interagiscono nu-merose e differenziate dimensioni (Giunco, 2005). Ilconcetto di fragilità, anche se non completamentechiarito, non può lasciare spazio ad interventi generici,carichi di pregiudizi, e alla rinuncia a curare con gli stru-menti possibili. L’aumento del rischio indotto dalla fra-gilità non esime dal programmare atti preventivi mira-ti o cure adeguate, ed è indispensabile definire questolivello (Trabucchi, 2005). Di seguito si riassumono ipunti salienti ed i principi che hanno ispirato la reda-zione del documento.

LA DEFINIZIONE DELLE CURE DOMICILIARI

Le cure domiciliari consistono in trattamenti medici,infermieristici, riabilitativi, prestati da personale qualifi-

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Nuova caratterizzazione dell’assistenzaterritoriale domiciliare e degli interventiospedalieri a domicilio1

Gianlorenzo Scaccabarozzi

Direzione Dipartimento della Fragilità, Asl di Lecco

———————————————————————1 Questo contributo sarà pubblicato anche sul n. 164 - settembre/ottobre 2007 della rivista Salute e Territorio.

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cato per la cura e l’assistenza alle persone non auto-sufficienti e in condizioni di fragilità, con patologie in at-to o esiti delle stesse, per stabilizzare il quadro clinico,limitare il declino funzionale e migliorare la qualità del-la vita quotidiana. Nell’ambito delle cure domiciliari in-tegrate risulta fondamentale l’integrazione con i servi-zi sociali dei comuni. Il livello di bisogno clinico, funzio-nale e sociale deve essere valutato attraverso idoneistrumenti che consentano la definizione del program-ma assistenziale, ed il conseguente impegno di risorse.

LA CARATTERIZZAZIONE DEI PROFILI DI CURA

Le risposte domiciliari sono definite da precisi stan-dard qualificanti e differenziati in relazione alla com-plessità del caso. Nella Tabella 1 sono riportati gli Stan-dard qualificanti le attività di cure domiciliari in funzionedella natura del bisogno, dell’intensità assistenzialedefinita attraverso l’individuazione di un coefficiente(CIA2) della complessità in funzione del mix e dell’im-pegno delle figure professionali coinvolte nel piano as-

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———————————————————————2 CIA = Coefficiente di intensità assistenziale: numero GEA/ numero GdC.

Profilo di cura Natura Intensità Durata Complessitàdel bisogno media

(CIA = GEA/ Mix delle figure professionali / Operatività del servizio GDC)1 impegno assistenziale (fascia oraria 8-20)

Figure professionali previste in funzione del PAI2 e tempo medio in minuti per accesso domiciliare

CD Prestazionali Clinico Infermiere (15-30’) 5 giorni su 7 (Occasionali o cicliche programmate) Funzionale Professionisti della Riabilitazione (30’) 8 ore die

Medico (30’)

CD Integrate di Primo Livello Clinico Fino a 0,30 180 giorni Infermiere (30’) 5 giorni su 7(già ADI) Funzionale Pofessionisti della Riabilitazione (45’) 8 ore die

Sociale Medico (30’)Operatore sociosanitario (60’)

CD Integrate di Secondo Livello Clinico Fino a 0,50 180 giorni Infermiere (30-45’) 6 giorni su 7 (già ADI) Funzionale Professionisti della Riabilitazione (45’) 10 ore die da lunedì

Sociale Dietista (30’) a venerdìMedico (45’) 6 ore il sabatoOperatore sociosanitario (60-90’)

CD Integrate di Terzo Livello Clinico Superiore a 0,50 90 giorni Infermiere (60’) 7 giorni su 7 (già OD) Funzionale Professionisti della Riabilitazione (60’) 10 ore die da lunedì

Sociale Dietista (60’) a venerdì Psicologo (60’) 6 ore die sabato e festivi Medico e/o Medico Specialista (60’) Pronta disponibilità medicaOperatore sociosanitario (60-’90) ore 8/20

Cure Palliative malati terminali Clinico Superiore a 0,60 60 giorni Infermiere (60’) 7 giorni su 7 (già OD CP) Funzionale Professionisti della Riabilitazione (60’) 10 ore die da lunedì

Sociale Dietista (60’) a venerdì Psicologo (60’) 6 ore die sabato e festiviMedico e/o Medico Specialista (60’) Pronta disponibilità medica Operatore sociosanitario (60-90’) 24 ore

1 CIA = Coefficiente Intensità Assistenziale; GEA = Giornata Effettiva Assistenza; GDC = Giornate Di Cura (durata PAI).2 PAI = Programma Assistenziale Individuale.

Tabella 1 - Standard qualificanti i LEA Cure Domiciliari.

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sistenziale individuale (Valore Gea3), della durata me-dia del piano di cura (Gdc4) in relazione a precise fasitemporali (intensiva, estensiva, lungoassistenza) e dellefasce orarie di operatività dei soggetti erogatori.Sono previsti i seguenti profili/livelli assistenziali:

1. “Cure Domiciliari Prestazionali” caratterizzate daprestazioni sanitarie occasionali, o a ciclo program-mato, in riposta ad un bisogno puntuale di tipo me-dico, infermieristico o riabilitativo che, anche qualo-ra si ripeta nel tempo, non presupponga l’individua-zione di un piano di cura multidisciplinare.

2. “Cure Domiciliari Integrate di primo-secondo li-vello”. Le cure di primo e secondo livello assorbo-no quelle già definite ADI5. Questa tipologia di cu-re domiciliari – in funzione della differente com-plessità/intensità – è caratterizzata dalla formulazio-ne del Piano Assistenziale Individuale (PAI), redattoin base alla valutazione globale multidimensionale,ed è erogata attraverso la presa in carico multidi-sciplinare e multiprofessionale; si rivolge a malatiche, pur non presentando criticità specifiche o sin-tomi particolarmente complesssi, hanno bisogno dicontinuità assistenziale ed interventi programmatiche si articolano sui 5 giorni (I livello) o sui 6 gior-ni (II livello).

3. “Cure domiciliari integrate di terzo livello e curedomiciliari palliative a malati terminali” assorbonoquelle già definite OD6 e l’assistenza territorialedomiciliare rivolta a pazienti nella fase terminale(OD-CP7). Tali cure sono caratterizzate da una ri-sposta intensiva a bisogni di elevata complessità,definita dal PAI ed erogata da un’équipe in posses-so di specifiche competenze. A determinare la cri-ticità e l’elevata intensità assistenziale concorronol’instabilità clinica, la presenza di sintomi di difficilecontrollo, la necessità di un particolare supportoalla famiglia e/o al caregiver. Si tratta di interventiprogrammati sui 7 giorni settimanali e, per le curepalliative, è prevista la pronta disponibilità medicasulle 24 ore, di norma erogata dall’équipe di cura,e comunque da medici specificamente formati.

L’INDIVIDUAZIONE DELLE PRESTAZIONI

Per ogni livello assistenziale, e per ogni profilo profes-sionale, sono state individuate prestazioni relative al-l’attività clinica di tipo valutativo, diagnostico, terapeu-tico, all’attività educativo relazionale-ambientale ed al-l’attività di programmazione.Viene delineato un sistema capace di affrontare concompetenza aspetti clinico assistenziali e tecnico orga-nizzativi complessi, con una specifica attenzione alle at-tività che accompagnano le situazioni umanamente piùdifficili.A tale proposito, si individua nella funzione di “ca-se management” lo strumento per una concreta presain carico dei bisogni complessivi del malato e della suafamiglia allo scopo di supervisionare e coordinare l’inte-ro iter assistenziale. In tal modo i servizi si adattano alsingolo paziente che riceve ciò di cui ha bisogno, pun-tualmente declinato per profili di cura – intensità assi-stenziale – figura professionale, quando ne ha bisogno,con garanzia di continuità di cure sulle 24 ore. La fami-glia è supportata negli atti assistenziali da uno specificopercorso formativo per il self / family care management.La definizione delle principali prestazioni erogabili (no-menclatore delle prestazioni domiciliari) che qualificano iprogressivi livelli assistenziali, e le specifiche figure pro-fessionali, hanno reso possibile l’individuazione deglistandard quanti-qualitativi e la determinazione di ipo-tesi remunerative degli erogatori.

L’INDIVIDUAZIONE DI UN SET MINIMO DI INDICATORI

DI VERIFICA E LA DEFINIZIONE DI CRITERI OMOGENEI

DI ELEGGIBILITÀ

Nella Tabella 2 vengono riassunti gli indicatori di verificadell’erogazione delle cure domiciliari e i criteri di eleggi-bilità. Per la rete di cure palliative sono stati richiamati gliindicatori e gli standard previsti dal DM 22/2/2007 n. 43(Decreto del Ministero della Salute n. 43 - 22/2/2007).Si compie, in tal modo, un importante passo versoun’appropriata, uniforme ed equa risposta ai malati chenecessitano di cure domiciliari continuative ed erogate

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———————————————————————3 GEA = Giornata Effettiva di Assistenza: giorno nel quale è stato effettuato almeno un acccesso domiciliare; il Valore Gea esprime il costo della giornatadi assistenza in funzione del mix e del numero di accessi effettuati da uno o più operatori.4 GdC = Giornate di cura: durata del piano di cura dalla presa in carico alla dimissione dal Servizio.5 ADI: Assistenza Domiciliare Integrata.6 OD: Ospedalizzazione Domiciliare.7 OD-CP: Ospedalizzazione Domiciliare Cure Palliative.

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toe

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QUADRO DI RIFERIMENTO

POLITICO AMMINISTRATIVO

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da équipe dedicate ed integrate dalla componente spe-cialistica. Tutto ciò a garanzia di un razionale impiegodella spesa sanitaria, una riduzione dei ricoveri impropri,un’adeguata personalizzazione/umanizzazione dell’assi-stenza e, in definitiva, anche di un migliore funzionamen-to degli ospedali stessi destinati ad assumere, semprepiù, il ruolo di strutture erogatrici di cure intensive in fa-se acuta e di prestazioni diagnostico-terapeutiche adelevata complessità.

LA VALORIZZAZIONE ECONOMICA DEI PROFILI DI CURA

Con la valutazione economica degli interventi domici-liari rivolti ai malati fragili, sulla base di bisogni qualita-

tivamente e quantitativamente definiti, si fornisconoelementi per una puntuale programmazione delle ri-sorse umane e strumentali necessarie a garantire inmodo omogeneo i LEA, attraverso il trasferimento diattività dal livello ospedaliero e/o residenziale a quellodomiciliare, con l’obiettivo di mantenere l’equilibrioeconomico finanziario complessivo. Questa prospetti-va consentirà, tra l’altro, di uscire dal circuito di unospedale, vissuto dai cittadini – in mancanza di alterna-tive credibili – come perno del sistema, che drena unaquota rilevante di risorse impedendo ai servizi domi-ciliari territoriali di crescere e fidelizzarsi. La letteratu-ra e le esperienze di buona pratica hanno dimostratocome al crescere di servizi di cure domiciliari, caratte-rizzati da precisi standard qualitativi (livelli assistenziali

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I luoghidella cura

Profilo di cura Indicatori Valori Criteri di eleggibilitàstandard

Per tutti i livelli N. 1 Numero Asl che erogano tutti i livelli/ 100% Non autosufficienza Numero totale Asl Disabilità motoria permanente/temporanea

tale da impedire l’accesso agli ambulatori di competenzaDeterioramento cognitivo di livello elevatocon disturbi del comportamento

CD Prestazionali Condizioni anche temporanee di particolare (Occasionali o cicliche fragilità clinicaprogrammate)

CD Integrate N. 2.1 Numero malati assistiti >= 65 anni / 3,5%2

di Primo Livello residenti >= 65 anni

CD Integrate N. 2.2 Numero malati assistiti >= 75 anni / 7%di Secondo Livello residenti >= 75 anni

CD Integratedi Terzo Livello

Cure Palliative N. 3 Numero malati deceduti per anno a causa >= 45%malati terminali di tumore ( Istat ICD9 cod. 140-208) assistiti

dalla rete di Cure palliative a domicilio/numero malati deceduti per malattia oncologica per annoN. 4 Numero annuo di giornate di cure palliative >= al valore sogliaerogate a domicilio per malati deceduti a causa individuato perdi tumore (Istat ICD9 cod. 140-208) l’indicatore n. 3N. 5 Numero di malati nei quali il tempo massimo moltiplicato per 55di attesa fra segnalazione e presa in carico (espresso in giorni)domiciliare è inferiore o uguale a 3 gg/numero malati curati a domicilio con assistenza conclusa 80%

1 Gli indicatori individuati costituiscono una indicazione per gli organismi deputati all’attività di verifica.2 Il valore dello standard indicato si riferisce alla sola popolazione anziana in quanto rappresenta il target principale.

Tabella 2 - Indicatori di verifica dell’erogazione delle cure domiciliari1 e dei criteri di eleggibilità.

Condizioni di fragilità clinica in malatimultiproblematici anche al fine di prevenire ilricovero ospedalieroContinuità assistenziale in fase di dimissionedall’ospedale o da una struttura residenzialeterritoriale Quadri clinici instabili che richiedono unmonitoraggio continuativo e di adeguamentodella terapia compatibili con la permanenza aldomicilio Stati vegetativi e di minima coscienza Condizioni di terminalità oncologica e nonSclerosi Laterale AmiotroficaAids

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POLITICO AMMINISTRATIVO

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differenziati per complessità in grado di assicurare cu-re specialistiche, intensità assistenziale in funzione del-la natura del bisogno, continuità di cure sui sette gior-ni e pronta disponibilità medica sulle 24 ore per le cu-re di fine vita), non solo migliora la qualità e la conti-nuità dell’assistenza (i malati e le loro famiglie quandopossibile scelgono e gradiscono di essere curati a ca-sa) diminuiscono in modo significativo il tasso di ospe-dalizzazione, la durata delle degenze ed il tasso di rico-vero in strutture residenziali degli ultrasettantacin-quenni.La stima del costo pro capite per residente, al raggiun-gimento dei valori standard proposti negli indicatori diverifica, di cui alla Tabella 2, è pari a € 18 (di cui € 4per le cure palliative).Tali costi non comprendono la spesa farmaceutica, pro-tesica, diagnostica, specialistica e di laboratorio, i costi ag-giuntivi per l’assistenza domiciliare dei MMG ed il ribal-tamento dei costi aziendali del soggetto erogatore.

CONCLUSIONI

Il lavoro sviluppato dalla Commissione Nazionale Leaapre ad un nuovo scenario nel quale individuare lospazio per proteggere le parti più fragili della popola-zione, assicurando loro un servizio sanitario e socialein grado di rispondere alle necessità, che sono mute-voli. Nei soggetti fragili, fatti acuti intercorrenti, anchebanali, danno origine all’insorgenza di complicanze, ag-gravamenti delle patologie concomitanti, oscillazionicliniche, ritardi nella stabilizzazione. Ai nuovi bisogni èpossibile rispondere in modo efficace purché vi sia:– una correlazione tra gli interventi assistenziali, e un

coordinamento dei diversi settori impegnati, in gra-do di assicurare la necessaria continuità delle curetra servizi ospedalieri, domiciliari e residenziali;

– una adeguata lettura della complessità dei problemida affrontare attraverso la valutazione multidisciplina-re e multidimensionale, capace di misurare in modopuntuale ciascuna delle componenti della fragilità;

– lo sviluppo di competenze, di livello anche speciali-stico, in grado di gestire al domicilio la complessitàdel percorso di cura e la variabilità con la quale siesprimono e si modificano i bisogni del malato;

– un’appropriata stima delle risorse assistenziali neces-sarie che identifichi il setting assistenziale in terminidi mix delle figure professionali coinvolte (valore eco-nomico della giornata effettiva di assistenza), di dura-

ta del percorso di cura e di impegno assistenziale(intensità dell’assistenza ovvero frequenza degli acces-si);

– uno stretto collegamento con il volontariato e conle risorse informali della comunità.

Il documento sulla caratterizzazione delle cure domi-ciliari indirizza verso lo sviluppo di azioni capaci di for-nire risposte concrete ai problemi dei malati e delle lo-ro famiglie, affiancando alle capacità tecnico-scientifi-che anche le necessarie competenze gestionali. Si pro-spettano Servizi in grado di agire con precisione neimetodi, con chiarezza di obiettivi, capaci di verificare ilproprio operato in termini di appropriatezza, ancheattraverso l’adozione di specifici indicatori assistenzialie gestionali. Se non sono lasciate sole le famiglie scel-gono e gradiscono le cure a casa: c’è più qualità, più ef-ficienza, maggiore rispetto delle abitudini di vita dellepersone e delle loro scelte.In base ai dati messi a disposizione dai rapporti sull’ADIdi Cittadinanzattiva (2006) nel nostro Paese si registrauna scarsa diffusione della terapia del dolore e dellacontinuità assistenziale, sia nel passaggio dalle cure ospe-daliere alle domiciliari che nella copertura sanitaria sul-le 24 ore; inoltre, alcuni costi dell’assistenza ricadono an-cora sulle famiglie. Il Lea domiciliare non è omogenea-mente garantito: le regioni del sud sono quelle che in-vestono meno nella costruzione della rete domiciliareed i livelli di copertura complessivi (numero assistiti, oremedie di assistenza per assistito e costo procapite) puressendo in crescita sono ancora molto bassi rispetto aivalori standard indicati.Chi è istituzionalmente preposto a garantire i Lea nonpuò rinunciare a sostenere lo sviluppo delle cure do-miciliari soprattutto nelle situazioni più estreme, tecni-camente faticose, costose e psicologicamente più pe-santi. Ci attendiamo, nei prossimi anni, un significativosviluppo del settore, ma anche una puntuale opera dimonitoraggio delle azioni intraprese e dei risultati rag-giunti dalle regioni.

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I luoghidella cura

D.G. Blazer, D.C. Stefens, E.W. Busse (eds.)

MANUALE DI PSICHIATRIAGERIATRICAIII edizione

Sotto l’egida dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria

Volume cartonato di 624 paginef.to cm 22×28€ 120,00

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M igliorare la capacità dei servizi socio-sanitarial fine di soddisfare le esigenze degli anzianiè una delle più importanti sfide dei nostri

tempi. La maggior parte delle persone anziane, anchequelle che presentano una importante disabilità, pre-ferisce rimanere al proprio domicilio; allo stesso tem-po, per effetto dell’introduzione dei DRG, gli ospedalihanno sempre più ridotto la durata della degenza condimissioni precoci di pazienti instabili e ancora biso-gnosi di cure. È anche per questo che l’assistenza do-miciliare alle persone anziane ha acquistato sempremaggiore rilevanza.Tuttavia, la responsabilità per il “ca-re management”, tra le varie figure professionali chepartecipano all’assistenza agli anziani, rimane scarsa-mente definita, per cui i pazienti anziani che non han-no un referente unico tra l’assistenza sanitaria prima-ria e secondaria, e l’assistenza sociale, rischiano di nonottenere gli interventi adeguati. Come viene anche de-finito nel documento, una possibile soluzione può es-sere rappresentata dall’integrazione dei servizi sanitarie quelli sociali: questa integrazione è possibile nell’am-bito di una assistenza continuativa geriatrica, e attra-verso programmi di “case management” (Landi et al.,1999a).Tuttavia, queste strategie che si sono dimostra-te efficaci ed efficienti nel documento, non vengonoespressamente citate.Il problema non è quindi solo la definizione dei livelliessenziali di assistenza, ma è soprattutto quello di de-finire come è possibile realizzare e quindi accedere atali livelli di assistenza. La sig.ra Maria, ottantenne “fragi-le”, che ha perso da poco il marito, che abita all’ultimopiano di un palazzo senza ascensore, affetta da diabetemellito in terapia insulinica con frequenti episodi di ipogli-

cemia, che nell’ultima settimana è caduta a terra, con unsolo figlio che vive lontano, con una pensione tale da nonpermetterle una badante fissa, riuscirà ad essere assisti-ta a domicilio? E se sì, come verrà assistita? La tipologiadi assistenza sarà uguale se la sig.ra Maria vive a Paler-mo piuttosto che a Trento? E chi sarà mai in grado diconfrontare, in termini di eleggibilità al servizio domi-ciliare, la sig.ra Maria siciliana e quella trentina? E anco-ra, quale analisi di outcome sarà mai possibile in que-sto contesto?Ammettiamo che la sig.ra Maria abbia i requisiti di ac-cesso alle cure domiciliari (requisiti ben delineati neldocumento) sia se abita a Trento che se abita a Paler-mo; un’altra domanda sorge spontanea: ma la sig.raMaria e/o i suoi familiari dove devono andare se real-mente necessitano di servizi differenti da “integrare”(sanitari e sociali)? In Comune? Alla ASL di riferimen-to? E nell’ambito del Comune e/o della ASL, a qualeporta/sportello devono rivolgersi?Le prestazioni possibili da erogare a domicilio (occa-sionali, ciclo programmato, primo, secondo e terzo li-vello) sono elencate con chiarezza e dovizia di parti-colari. Inoltre, delineando la tipologia delle cure domi-ciliari si fa riferimento alla formulazione del Piano As-sistenziale Individuale, redatto in base alla “valutazioneglobale multidimensionale”. Questo è sicuramente unpasso fondamentale per la realizzazione di programmidi assistenza domiciliare in tutte le Regioni italiane. Maaltre domande emergono senza trovare risposta neldocumento. Basta un elenco dettagliato di prestazioniper organizzare un servizio di assistenza domiciliare? IlPiano Assistenziale Individuale chi lo programma e chipoi lo realizzerà? E perché la valutazione multidimen-

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Nuova caratterizzazione dell’assistenzaterritoriale domiciliare e degli interventiospedalieri a domicilio: un commentoFrancesco Landi

Dipartimento Scienze Gerontologiche-Geriatriche e Fisiatriche, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma

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sionale non è più geriatrica ma “globale”? La valutazio-ne multimensionale (VMD) è da sempre “geriatrica”per definizione. In un triangolo rettangolo, il quadratocostruito sull’ipotenusa é equivalente alla somma deiquadrati costruiti sui cateti: questo è il Teorema di Pi-tagora e nessuno si sognerebbe di cambiargli nome. LaVMD sta alla geriatria come Pitagora sta al suo teore-ma!Questa non è la posizione autoreferenziale di un ge-riatra, ma è una posizione supportata da una infinità dievidenze scientifiche; è importante sottolineare comequeste evidenze non derivino solo da studi americanio nord europei, ma anche da innumerevoli studi por-tati a termine nel nostro Paese (Landi et al., 2001a).Nel documento si parla espressamente di “valutazioneglobale dello stato funzionale del paziente attraversosistemi di valutazione sperimentati e validati su ampiascala, standardizzati e in grado di produrre una sintesidelle condizioni cliniche, funzionali e sociali per l’elabo-razione del piano assistenziale individuale (PAI) per-mettendo, nel contempo, la definizione del case – mixindividuale e di popolazione”. Al mondo esiste un so-lo strumento che fa tutto questo (dimostrato e valida-to): in Italia si chiama VAOR e nel resto del mondo èconosciuto come MDS (Landi et al., 2000). Se gliobiettivi del documento sono “definire” e “aggiornare”circa i livelli di assistenza delle cure domiciliari, sarebbestato importante chiamare le cose con il loro nome edare indicazioni precise, non solo in termini di presta-zioni (prelievo ematico di sangue capillare piuttostoche irrigazione dell’orecchio) a chi poi andrà a pro-grammare e quindi realizzare il servizio di cure domi-ciliari.In relazione a quanto detto, tutte, o buona parte, del-le domande che quotidianamente si pone la sig.ra Ma-ria, e quelle del geriatra che scrive, potrebbero trova-re una risposta quando la programmazione di un ser-vizio di Assistenza Domiciliare Integrata passasse, oltreche per tutto quello delineato nel documento, ancheper questi due punti: a) il modello organizzativo daadottare, b) lo strumento di VMD da utilizzare.Le evidenze scientifiche ci suggeriscono chiaramenteche l’organizzazione migliore è quella basata sull’acces-so unico ai servizi sanitari e sociali (unica richiesta edunico sportello) e sul case manager o coordinatoredel caso (Bernabei et al., 1998; Landi et al., 1999b; Lan-di et al., 2001b; Landi et al., 2004; Onder et al., 2007).Il successo è garantito quando esiste una stretta colla-borazione tra case manager, unità valutativa “geriatri-

ca” territoriale e medico di medicina generale. Il casemanager rappresenta il braccio operativo della unitàvalutativa al fine di consentire ai pazienti di identificareun responsabile dei loro problemi, e di dare al medicol’opportunità di stabilire una continuità di assistenza.Questo sforzo di integrazione e collaborazione puòessere facilitato e continuamente supportato dall’usodi uno strumento di valutazione multidimensionale diseconda generazione (Landi et al., 1999a). Lo stru-mento VAOR per l’Assistenza Domiciliare, infatti, è sta-to concepito per aiutare lo staff che assiste il pazientead identificare tutte le sue necessità sia sanitarie chesociali, e ad individuare possibili strategie preventive,curative e riabilitative. Una valutazione globale è il re-quisito per lo sviluppo di piani di assistenza più ade-guati, e solo un intervento diretto agli specifici bisognipuò consentire una razionale utilizzazione delle risor-se con un contenimento dei costi. Inoltre, la raccoltacompleta di dati, e la successiva realizzazione di un da-tabase, sembra essere il miglior approccio per monito-rizzare la qualità dell’assistenza fornita e il suo impattosulla qualità della vita. Questo nel documento è scrit-to, e non capisco perché nessuno abbia avuto il “co-raggio” di scriverlo chiaramente con nome e cognomeper identificarlo in maniera corretta.Un’ultima considerazione non polemica, e che non ri-guarda i colleghi e amici che hanno lavorato al tavolodelle cure domiciliari. Leggendo il documento ne ave-vo avuto il sospetto, l’uso della tecnologia l’ha confer-mato. Con l’opzione “trova parola” ho cercato nel do-cumento i termini “geriatra”, “geriatria”, “geriatrica”.Solo un risultato positivo, e solo nell’allegato 3 scopria-mo che la geriatria è disciplina specialistica che, al paridella medicina interna, può erogare prestazioni a do-micilio. Rinnegare sul piano semiologico, e più in gene-rale semantico, la geriatria (ad esempio, non scriverechiaramente che è il geriatra il protagonista dell’assi-stenza domiciliare, non scrivere che la valutazione èmultidimensionale “geriatrica”) è un errore che nontiene conto delle evidenze scientifiche, dell’epidemio-logia e della demografia, e soprattutto confonde i po-litici e gli amministratori responsabili della programma-zione.

BIBLIOGRAFIA

Bernabei R, Landi F, Gambassi G, Sgadari A, Zuccala G, Mor V, RubensteinLZ, Carbonin P. Randomised trial of impact of model of integrated care and

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QUADRO DI RIFERIMENTO

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J.E. Morley, M.S.J. Pathy, A.J. Sinclair

MANUALE DI NEUROGERIATRIAPresentazione di C. Caltagirone

Volume cartonato di 588 pagine€ 60,00

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ASPETTI CLINICO ASSISTENZIALI

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PREMESSA

Il titolo contiene un’affermazione che è particolar-mente valida per le persone anziane, il 18% dellequali riporta una qualche disabilità legata alla vista.

Difatti, la perdita visiva presenta una prevalenza che cre-sce dall’1% a 65 anni, al 15% ad 85 anni ed oltre. Que-sti dati sono relativi agli USA, e fanno riferimento ad unacondizione di residuo visivo ≤ 50% [nell’occhio più vali-do, anche dopo eventuale correzione] (Albert et al.,2006), assimilabile alla “ipovisione lieve” secondo la le-gislazione sanitaria italiana. Nel mondo occidentale, unapersona su 4 oltre i 75 anni ha problemi di vista (Neu-stadt-Noy, 2006). Al di là del riflesso sulla qualità di vita,questo deficit implica non solo disabilità – a tutto cam-po, comprese mobilità e relazioni sociali, coinvolgendosoprattutto le donne – ma anche maggiore mortalità,nelle osservazioni prospettiche (Wallhagen et al., 2001;Albert et al., 2006).Va sottolineato che se i problemi divista – e di udito – possono interessare anche soggettiche invecchiano bene per altri versi, le persone affetteda degenerazione maculare senile presentano un ri-schio 3 volte più elevato di avere un udito difettoso, ri-spetto ai coetanei non interessati dalla degenerazionemaculare (Guralnik, 1999).

VISTA ED INVECCHIAMENTO

Le principali modificazioni apportate dall’età alla vistapossono essere riassunte in una ridotta trasmissione edaumentata diffusione della luce attraverso tutto l’occhio,e nel restringimento della pupilla. Ne derivano una sen-sibile difficoltà ad adattarsi a condizioni di scarsi illumi-nazione e contrasto, e di abbagliamento; un restringi-

mento del “campo visivo utile”, che richiede una rapidapro cessazione delle immagini, mediante attenzione se-lettiva e condivisa; una scarsa capacità a distinguere i co-lori scuri. Conseguono, nella vita quotidiana, difficoltà aleggere etichette o caratteri su carte di credito, segnalisullo schermo di un telefono cellulare o di un videore-gistratore, maggiori incidenze di cadute od incidentistradali (Watson, 2001). Uno studio (Albert et al., 2006)ha indagato quanta parte dell’indebolimento visivo siaattribuibile all’invecchiamento, e quanto invece sia dovu-to a problemi correggibili dell’occhio. Confrontando lacomponente della riserva visiva attribuibile a fattorioculari (quali vizi di rifrazione non corretti, come nel ca-so di occhiali non appropriati, lesioni corneali, cataratta,ed altri problemi dei mezzi di trasmissione della lucenell’occhio) con l’altra componente della riserva visivadovuta alle condizioni di illuminazione ambientale, si ot-tengono risultati particolarmente interessanti in terminigerontologici di salute e validità:• 3 anziani su 5 si potrebbero giovare in maniera signi-

ficativa dell’innalzamento nei livelli di illuminazione do-mestica;

• una quota analoga si avvantaggerebbe da cure oftal-miche appropriate;

• i livelli di incapacità nella cura alla propria persona siridurrebbero del 9% (dal 16,4 al 14,9%) attraverso ilrecupero della quota di riserva visiva dovuta all’illumi-nazione ambientale;

• lo stesso tipo di incapacità si ridurrebbe del 22% (dal16,4 al 12,8%) mediante il recupero della componen-te della riserva visiva derivante dalla correzione di si-tuazioni patologiche dell’occhio;

• estrapolando simili risultati ottenuti presso un cam-pione di 80enni relativamente in buone condizioni al-l’intera popolazione statunitense, 4 milioni e mezzo dianziani americani che vivono al proprio domicilio si

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I luoghidella cura

Migliorare la vista curando l’ambiente:possibile ed utileMauro Colombo

Istituto Geriatrico “Camillo Golgi” e Fondazione “Golgi Cenci”, Abbiategrasso (MI)

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ASPETTI CLINICO ASSISTENZIALI

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avvantaggerebbero di migliori condizioni di illumina-zione domestica e cure oftalmiche adeguate;

• per indagini di questo tipo, bastano apparecchi porta-tili e di uso semplice.

Va ricordato che una cattiva percezione dei contrasti edella profondità comporta una probabilità di frattura difemore aumentata di poco ma in maniera significativa,ed indipendente da altri fattori di rischio. Basta uno sbi-lanciamento nell’acuità visiva tra i due occhi a determi-nare una riduzione nella mobilità, e nuovamente mag-gior rischio di frattura d’anca, tra le persone anziane(Guralnik, 1999).

L’AMBIENTE VISIVO E LE FUNZIONI

Una indagine di quasi 30 anni fa aveva rilevato, nelle ca-se delle persone anziane, livelli di illuminazione pari adun decimo di quelli riscontrati negli ospedali: fu sufficien-te introdurre lampade da 60 watt per migliorare l’acui-tà visiva nell’82% delle persone studiate, riducendo del40% la prevalenza della disabilità legata alla vista (Culli-nan et al., 1979). Oggigiorno si raccomandano illumina-zioni focalizzate per cercare piccoli oggetti ed esaltare icontrasti, lampade fluorescenti per ridurre l’abbaglia-mento, fonti luminose collocate a media altezza per ot-timizzare la riflessione della luce, e soluzioni differenzia-te per i vari ambienti domestici (www.lrc.rpi.edu, sito dilinee guida, visitato in data 22-7-7).La vista fornisce la conoscenza delle condizioni statichee dinamiche del percorso, essenziali per la locomozione.Sia i giovani che gli anziani, in normali condizioni visive,adottano la strategia di privilegiare settori specifici delcampo visivo. Le persone anziane sembrano fare più af-fidamento sulla porzione centrale del campo visivo, ri-spetto ai giovani adulti. Inoltre, gli anziani si soffermanoper maggiore tempo sui bordi del percorso, compresi glispigoli tra pavimenti e pareti. Sembra che il mancato ri-corso a quest’ultima strategia, combinato alla tendenzaa prestare una maggiore attenzione ai passi che devonoessere ancora percorsi, piuttosto che a quelli in corso diesecuzione, caratterizzi gli anziani a maggior rischio dicaduta (Chapman e Hollands, 2006). Anche qui ha im-portanza il livello dell’illuminazione, che deve essere ele-vata affinché le persone anziane mantengano lo sguardodiretto in avanti (come fanno i giovani), e una velocitàdel passo costante. Se l’illuminazione è fioca, gli anzianirallentano il passo, come prima manovra di adattamen-to; quindi, per loro diventa importante la presenza di se-

gnali visivi che demarchino il percorso, sempre al fine dimantenere lo sguardo lungo la direttiva di marcia (Itoh,2006). Peraltro, alcuni Autori ritengono che le caratteri-stiche della superficie siano più importanti dell’illumina-zione del percorso, ed anche dell’età, riguardo alla rego-larità del passo, sia in ampiezza che in ritmo (Thies et al.,2005). Quanto alla utilità di allenare specificatamente lafunzione visiva mediante esercizi di ricerca ed identifica-zione visiva, non è ancora chiaro se si possano ottenerericadute rilevanti per la funzionalità quotidiana, a brevecome a lungo termine (Edwards et al., 2002). Sebbenesi possa conseguire un “ringiovanimento funzionale” di 7fino a 14 anni, in persone in buona salute di età compre-sa tra 65 e 94 anni, anche per gli allenamenti alla memo-ria episodica verbale od alla risoluzione di problemi me-diante il ragionamento, sembra che i risultati rimanganocircoscritti alla specifica funzione esercitata (Willis et al.,2006). Stiamo iniziando a decifrare il fascino del linguag-gio visivo che “l’occhio della mente” (la retina) invia alcervello (Werblin e Roska, 2007).

BIBLIOGRAFIA

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SPUNTI DI DIBATTITO

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In questi anni, il miglioramento continuo delle cure el’efficacia degli interventi sanitari nel campo dell’e-mergenza e delle tecniche di rianimazione sta deter-

minando il progressivo aumento del numero di perso-ne affette da disabilità “catastrofica”, esito di traumi o pa-tologie acute gravemente invalidanti.Si sta delineando un nuovo quadro epidemiologico chesegnala la disabilità di lungo periodo come un problemasociale di peso ed interesse non più solo tra la popola-zione anziana, ma anche giovane e adulta; fino a qualcheanno fa, il peso della disabilità in queste fasce di popola-zione era determinato prevalentemente da patologiaconnatale/congenita.Sono interessanti le stime fatte da Eisinberg (www.who.int/entity/mental_health), secondo il quale nel 2020(Tab. 2) gli incidenti stradali passeranno al 3° posto e lemalattie cerebrovascolari al 4° (nel 1990 occupavano ri-spettivamente il 9° ed il 6° posto.Tab.1) nella classificadelle cause di disabilità misurata in DALYs (Anni vissutiin presenza di Disabilità) raddoppiando, di fatto, la loroincidenza.

Queste disabilità, nelle situazioni gravi si presentano conquadri clinico-assistenziali associati ad alterato Stato diCoscienza, che vanno dal Coma allo “Stato di MinimaCoscienza” (caratterizzati da una severa alterazione dicoscienza con presenza di una minima, ma definita, ma-nifestazione comportamentale in relazione con il conte-sto ambientale) che, spesso, vengono indistintamenteassimilati allo “Stato Vegetativo”.Solo da pochi anni, sulla base delle diverse presentazio-ni cliniche, evoluzioni e prognosi, si comincia ad avereuna più chiara percezione delle differenti caratteristichedei diversi stati clinici. Si riportano di seguito i criteri perla Diagnosi differenziale, rimandando per una più pun-tuale trattazione della problematica al Documento del-la Commissione tecnico-scientifica del Ministero dellaSalute (Commissione Tecnico-Scientifica del Ministerodella Salute, 2005).Le difficoltà di inquadramento nosologico rendono diffi-cile anche la valutazione delle dimensioni del fenomenoe la conseguente programmazione dei servizi sanitari esocio sanitari. I dati di incidenza e prevalenza presenti in

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I luoghidella cura

Stati vegetativi permanenti:quale setting per quale curaRenzo Bagarolo

Direzione Sanitaria Piccolo Cottolengo Don Orione, Milano

Malattia o lesione DALYs (migliaia) % sul totale % cumulativa

Tutte le cause 1.379.238Infezioni delle basse vie respiratorie 112.898 8,2 8,2Malattie diarroiche 99.633 7,2 15,4Lesioni perinatali 92.313 6,7 22,1Depressione 50.810 3,7 25,8Cardiopatia ischemica 46.699 3,4 29,2Malattie cerebrovascolari 38.523 2,8 32,0Tubercolosi 38.426 2,8 34,8Morbillo 36.520 2,6 37,4Incidenti stradali 34.317 2,5 39,9Anomalie congenite 32.921 2,4 42,3

Tabella 1 - Prime dieci cause di DALYs persi nel mondo, per entrambi i sessi, 1990.

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SPUNTI DI DIBATTITO

I luoghidella cura

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letteratura, pur in considerazione delle differenze terri-toriali e di servizio, fanno ritenere accettabile un indicedi fabbisogno di circa 5 posti letto per 100.000 abitanti.Il nostro sistema di cure sanitarie si è in gran parte fat-to carico di queste situazioni, con prolungate permanen-ze presso i reparti ospedalieri o di riabilitazione intensi-va ed estensiva, ma le prognosi e le sopravvivenze sem-pre più prolungate stanno mettendo in crisi il sistema e

pongono la necessità di una riflessione sulla qualità di ri-sposta che nel tempo, oltre alla cura, possa garantire unadignitosa qualità di vita per il disabile e la sua famiglia.I giovani, gli adulti, e raramente gli anziani colpiti da que-sta disabilità, una volta terminato il percorso all’internodel sistema di servizi sanitari, sempre più raramente fan-no ritorno al domicilio (l’elevato carico assistenziale esanitario è difficilmente compatibile con la necessità di

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Malattia o lesione DALYs (migliaia) % sul totale % cumulativa

Tutte le cause 1.388.836Cardiopatia ischemica 82.325 5,9 5,9Depressione 78.662 5,7 11,6Incidenti stradali 71.240 5,1 16,7Malattie cerebrovascolari 61.392 4,4 21,1Pneumopatie croniche ostruttive 57.587 4,2 25,3Infezioni delle basse vie respiratorie 42.692 3,1 28,4Tubercolosi 42.515 3 31,4Guerra 41.315 3 34,4Malattie diarroiche 37.097 2,7 37,1HIV 36.317 2,6 39,7

Tabella 1 - Prime dieci cause di DALYs persi nel mondo, per entrambi i sessi, 2020.

Stato COMA SV SMC LOCKED-IN

Consapevolezza No No Parziale Preservata

Apertura occhi No Si Si Si

Funzione motoria Riflessa/postura Posture,movimenti Non consistente Quadriplegia movimenti retrattili occasionali oculari verticalistereotipati

GCS E 1-2 M1-4 V 1-2 E 4 M1-4 V1-2 E4 M1-5 V1-4 E4 M1 V1

Attività EEG Solitamente lenta Solitamente lenta Dati insufficienti Solitamente nella normaAttività Cerebrale Attività Cerebrale

Percezione dolore No No Non conosciuta Si

Funzione respiratoria Depressa o variata Normale Normale Normale

Funzione uditiva Nessuna Breve orientazione Esegue ordini incosciente Preservata

Funzione visiva Nessuna Breve orientazione Inseguimento con lo Preservatasguardo

Comunicazione Nessuna Nessuna Vocalizzazione, Afonia/anartriacomunicazione Movimenti oculari verbale/gestuale verticali

Emozioni Nessuna Breve o pianto Contingente pianto Preservatariso

Tabella 3 - Diagnosi differenziale (tratta da Clinical Medicine 2003; 3:249-54).

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produrre reddito da parte del gruppo famigliare) e permolti si apre la prospettiva di un’accoglienza in un servi-zio residenziale in grado di erogare assistenza e cure sa-nitarie di lungo periodo (Unità Speciali di AccoglienzaPermanente - SUAP).Nel nostro Paese sono pochi i servizi residenziali speci-ficamente attivati in grado di accogliere e di rispondereai bisogni di elevata intensività sanitaria di questi pazien-ti; in diverse regioni (Veneto, Piemonte, Toscana, EmiliaRomagna, Lombardia, e altre) sono state attivate risorsee date risposte diversificate, spesso sulla base dell’emer-genza ed, a volte, in modo improprio, senza progetto econ scarsa programmazione.Persone di età anche molto diverse, con disabilità e qua-dri clinico-assistenziali associati ad alterato Stato di Co-scienza, hanno destini molto diversi dettati più dal casoo da logiche “collocative” che dalla prognosi o dalla de-finizione di un percorso di cura, e non raramente i ser-vizi proposti vengono rifiutati o accettati “ob-torto col-lo” dal disabile e/o dalla famiglia.La tipologia di servizio proposta è oggi così disomoge-nea che situazioni clinico assistenziali simili possono rice-vere risposte assistenziali profondamente diverse per ri-sorse impiegate, competenza e filosofia di cura; vi sonopersone che rimangono per anni in reparti di Lungode-genza specialistica o presso Unità di Gravi Cerebrolesio-ni (UGC) all’interno di Riabilitazioni di Mantenimento,ed altre accolte precocemente (anche in situazione disubacuzie) in Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA) avolte senza una appropriata valutazione di accesso aservizi riabilitativi intensivi o estensivi.Infine, il fattore età deve essere considerato indipenden-temente dal quadro clinico in quanto può contribuire amodificare evoluzione e prognosi fino alla stabilizzazionein situazioni clinico assistenziali a volte incompatibili fraloro. Ad esempio, la permanenza di giovani o adulti inambienti geriatrici, oppure l’inserimento di persone inStato di Minima Coscienza ad esito “catastrofico” in am-bienti con presenza di giovani o adulti con disabilità adesito di patologia connatale/ congenita, oppure ancoracon disabilità associata a disturbi del comportamento.

PROPOSTE AVANZATE

La Commissione tecnico-scientifica ministeriale che si èoccupata degli Stati Vegetativi permanenti ha propostoun indice programmatorio di 3-5 posti ogni 100.000 abi-tanti per le SUAP (Unità Speciali di Accoglienza Perma-

nente) per soggetti in Stato Vegetativo o Stato di Mini-ma Coscienza. Una delle questioni prioritarie da affron-tare potrebbe essere la differenziazione tra “Stato Vege-tativo” e “Stato di Minima Coscienza”, ed il loro diversodestino.Tale differenza individua anche il percorso di cu-re croniche da intraprendere (sanitario o socio-sanita-rio) e di conseguenza la partecipazione o meno al co-sto del servizio (come previsto dai Livelli Essenziali diAssistenza - LEA).Nei mesi scorsi il gruppo tecnico ministeriale del “Pro-getto Mattone 12”, che ha lavorato sulle prestazioni re-sidenziali e semiresidenziali (Ministero della Salute,2007a), ha avanzato alcune proposte recepite in partedalla Commissione Ministeriale sui Livelli Essenziali di As-sistenza (LEA) relativamente a servizi residenziali e, fraquesti, quelli dedicati a “utenti in stato vegetativo o co-ma prolungato” (Ministero della Salute, 2007b) (vediTab. 1 e 2 dell’articolo di Enrico Brizioli).Come si può notare, sono stati creati servizi dedicaticon percorsi di cure differenti, prevalentemente secon-do il criterio discriminante dell’età (anziani vs disabiliadulti); da un rapido confronto si può notare una so-stanziale omogeneità di risorse assistenziali attivate.I dati di assistenza globale standardizzati per il criterio invigore in regione Lombardia di minuti/settimana/ospiteprevede per attività classificate R1 1470 min/sett/osp. eper attività classificate RD1 (livello A) 910 min/sett/osp.(riabilitazione mantenimento) – 1470 min/sett/osp. (di-sabili con responsività minimale). Diventa quindi fonda-mentale definire bene criteri di accesso e di appropria-tezza delle cure.Infine, non bisogna dimenticare che la progettazione eorganizzazione di questi nuovi servizi richiede una modi-fica anche della cultura sanitaria-assistenziale e di accom-pagnamento individuale, che dovranno essere orientatipiù alla persona che alle patologie, così da garantire mo-dalità adeguate di accoglienza e cura, dove, compatibil-mente con la prognosi, vita e cure si devono integrare.

BIBLIOGRAFIA

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I luoghidella cura

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FAMIGLIA E VOLONTARIATO

I luoghidella cura

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I n tutti i Paesi occidentali, i temi della cura e dell’as-sistenza ai soggetti non autosufficienti stanno acqui-sendo un rilievo crescente sia per il consistente in-

cremento di grandi anziani, sia in quanto l’allentamentotra declino dell’autonomia funzionale, cronicità e morta-lità rende possibili lunghi periodi di non-autosufficienzae di bisogno di cura (Gensini et al., 2005). Questi temisono ancora più rilevanti in Paesi, come l’Italia, in cui lepolitiche sociali pubbliche hanno un ruolo modesto, e incui la famiglia è l’ambito di gran lunga più consistenteper la presa in carico degli anziani non autosufficienti(Gori, 2006)1. Certo, al modello familistico tradizionalesi sta sostituendo, in misura crescente, un nuovo model-lo che, pur mantenendo la centralità affettiva e organiz-zativa della famiglia, sposta però al suo esterno – di nor-ma donne immigrate – il lavoro concreto di cura: si sti-ma che siano oltre 600.000 quelle che accudiscono an-ziani e che vivono con loro (Da Roit e Castegnaro,2004).Tuttavia, specie nei ceti meno abbienti, il lavoro dicura continua ad essere di prevalente titolarità dei fami-liari, con considerevoli ripercussioni sulle loro condizio-ni di vita (Censis, 1999; Facchini, 2006b).Rispetto a questo mix di mutamento e di tradizione, cisembra interessante focalizzare l’attenzione sui care-gi-ver di anziani affetti da demenza per la specificità che ta-le malattia comporta sia per il lavoro di cura, che per larelazione tra i soggetti coinvolti. Infatti, mentre per altrepatologie si configura una relazione certamente asim-

metrica nelle attività concretamente svolte, ma simme-trica in termini di mutuo riconoscimento, le cure presta-te ad una persona affetta da demenza delineano una re-lazione del tutto asimmetrica in quanto caregiver e assi-stito hanno capacità del tutto dissimili di contestualizza-re sé stessi e l’altro, nel presente e, spesso, anche nellaloro storia pregressa (Trabucchi, 2003). Quindi, al con-trario di quanto di norma accade per le patologie checolpiscono le capacità motorie, spesso il caregiver nonha in cambio del suo impegno un riconoscimento daparte dell’altro: vale a dire che si trova nella possibilitàche il proprio impegno, lavorativo e emozionale, nonabbia una contropartita in termini di risorse simbolichedi identità (Honneth, 2002; Pizzorno, 2007).A tal fine utilizzeremo alcuni dati di una ricerca sui ca-regiver di anziani non autosufficienti che aveva l’obiet-tivo di cogliere fattori esplicativi e loro ripercussioni suiprincipali modelli di cura: domiciliarità con presa in ca-rico ‘totale’; domiciliarità con ricorso ad aiuti esterni;istituzionalizzazione ‘partecipata’, ovvero con la perma-nenza di un forte coinvolgimento dei familiari2.

LAVORO DI CURA E RICORSO ALL’ISTITUZIONALIZZAZIONE

In primo luogo, i dati confermano come la demenzatenda a comportare livelli di autosufficienza particolar-mente modesti (ha valori IADL molto elevati il 78,9%,

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“Il mio piccolo bonsai”Modelli di cura, sovraccarico lavorativo e strategiedi fronteggiamento dei caregiver di anziani dementi

Carla Facchini

Facoltà di Sociologia, Università degli Studi di Milano - Bicocca

———————————————————————1 Basti considerare che gli anziani disabili sono circa il 16% (Facchini, 2006a), quelli in Istituto o assistiti dai servizi domiciliari complessivamente circa il 5%;nei paesi dell’Europa centro-settentrionale, i tassi di ricovero degli anziani sono invece pari al 6-9%, quelli di chi riceve l’assistenza domiciliare all’8-10% (Go-ri e Pesaresi, 2005).2 La ricerca ha coinvolto 224 caregiver residenti in provincia di Milano e si è conclusa nel 2005.Tra gli anziani del campione, le demenze riguardano quasiil 40%. In circa un terzo dei casi si ha una presa in carico diretta, in un altro terzo il ricorso a persone retribuite, in un altro terzo il ricovero in Istituto, macon visite almeno quotidiane.Tale struttura dei dati non riflette quella della popolazione di riferimento, ma risponde all’obiettivo di avere sottocampioni si-gnificativi dei tre modelli di presa in carico.

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FAMIGLIA E VOLONTARIATO

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contro il 65,9% rilevato per le altre patologie) e si tra-duca in un’elevata richiesta di interventi continui, an-che non programmati (87,9%, contro il 41,1%) e quin-di, in un’accentuata gravosità della presa in carico, siaper quanto riguarda il tempo direttamente impiegatonel lavoro diretto di cura, sia, ancor più, per quantoconcerne la presenza ‘necessaria’, specie quando l’an-ziano è relativamente più autonomo. In effetti, un an-ziano allettato, specie se sopito, può essere meno im-pegnativo di un anziano che coniuga un forte deterio-ramento delle capacità cognitive con il mantenimentodi capacità motorie: nel primo caso si tratta ‘solo’ disupportare l’anziano per le funzioni che non è in gra-do di svolgere, nel secondo si tratta ‘anche’ di evitareche compia azioni che è invece tecnicamente in gradodi svolgere, frapponendosi quindi anche ad un suo vo-lere3.Il risultato è che, in non pochi casi, il ‘lavoro di cura’ siestende ben al di là del tempo fisico strettamente vin-colato alle operazioni necessarie per l’accudimento, esi dilata fino ad occupare, tendenzialmente, ‘tutto’ iltempo di chi assiste, riverberandosi negativamentenon solo sul mantenimento delle reti sociali del care-giver, ma anche sulle sue relazioni familiari4.

“Quanto tempo dedico? Togliendo il tempo per le faccen-de di casa, il resto è quasi tutto per lei” (donna che as-siste la madre a casa)“Tutto il giorno lo dedico a lui e alla casa… Sono sempreimpegnata, anche di notte, generalmente dorme, ma tal-volta è agitato…” (donna che assiste il marito)

Ma sulla maggiore propensione alla istituzionalizzazio-ne dell’anziano demente gioca anche la presenza di fe-nomeni quali l’agitazione, fisica e verbale (presenti nel42,1% e nel 31% dei casi), l’aggressività, fisica o verba-le (il 29,8% e il 32,8%) o la perdita dei freni inibitori(quasi il 20%). Che alla base di molte scelte di ricove-rare l’anziano in istituto vi siano queste specifiche pro-blematicità emerge con forza dalle interviste, che testi-moniano la gravità della situazione che i caregiver si so-no spesso trovati a fronteggiare:

“Me la sono tenuta in casa fino a che lei ha proprio persoil lume della ragione… perdeva la memoria, dava in escan-

descenze… ho dovuto per forza di cosa ricoverarla perchénon si viveva più… altrimenti non l’avrei certo ricoverata…è stato proprio necessario… e poi non riconosceva più nes-suno…” (uomo con la madre in istituto)“Era diventata aggressiva… Non sempre, ma…” (donnacon la madre in istituto)“Sono tornata a casa e ho trovato il gas aperto tre volte…ero spaventatissima” (donna con la madre in istituto)“Apriva la porta e se ne usciva nudo, in mutande… dellevolte prendeva le medicine e le buttava nel gabinetto, e nonce ne accorgevamo” (donna con il padre in istituto)“Mi accusa di voler la sua morte, mi dice che lo odio…l’altro giorno gli stavo dando le gocce e pensava fosse ve-leno…” (donna che assiste il marito)

Un ulteriore fattore che influisce sul modello di cura èdato dal fatto che la complessiva perdita di ‘sé’ dell’an-ziano demente, e la sua non consapevolezza della real-tà in cui vive, tendono a comportare, per i familiari, chel’anziano perda lo statuto sociale di ‘soggetto’ con vis-suti relazionali con i quali ci si deve, e ci si può con-frontare, ma assuma piuttosto le caratteristiche di un‘oggetto’; certo, di un ‘oggetto’ vivente al quale presta-re cura ed attenzione, ma incapace di tessere relazio-ni significative con l’ambiente che lo circonda, e dun-que sostanzialmente opaco rispetto ad esso (‘il miopiccolo bonsai’ è la significativa definizione che un figliodà del padre con un avanzato stadio di Alzheimer).In questi casi, l’onere della cura, non più controbilan-ciato dal timore che l’anziano possa soffrire per esse-re stato inserito in un istituto, tende ad assumere, peril caregiver, i tratti di un sacrificio sostanzialmente ‘inu-tile’ che non ha motivo di continuare.

TRA STRESS E AUTOVALORIZZAZIONE

La pesantezza del lavoro di cura, e il suo impatto suambiti cruciali per la propria quotidianità, si ripercuo-tono, ovviamente, sul vissuto complessivo dei caregiver,comportando affaticamento e stress. Ancor più diffusi,tra quanti accudiscono anziani con altre patologie, so-no fenomeni quali insonnia (quasi il 50%), tristezza, de-pressione, agitazione, (quasi il 40%), minor interesse

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I luoghidella cura

———————————————————————3 Basti citare che la necessità di interventi continui, anche non programmabili, sale all’87,9% per gli anziani dementi, contro il 41,1% per quelli affetti da al-tre patologie.4 Non caso, la probabilità che i figli accudiscano i genitori, specie se dementi, è molto maggiore se essi non hanno un proprio nucleo familiare.

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FAMIGLIA E VOLONTARIATO

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verso le attività quotidiane, affaticabilità, sensi di colpa,vuoti di memoria (circa il 30%). Un po’ meno presen-ti (attorno al 5-10%) fenomeni di scarsa concentrazio-ne, scarso appetito, sonno eccessivo. Il risultato di que-sta larga diffusione di elementi di problematicità è chesolo il 12,1% di chi assiste anziani dementi non presen-ta alcuno dei sintomi sondati, mentre il 20% ne pre-senta uno, il 18% due, il 16% tre, l’8% quattro, l’8% cin-que, il 10% sei o più.Ma la complessità e la sofferenza del vissuto dei care-giver emerge con forza ancora maggiore dalle intervi-ste, in cui ricorrono sistematicamente i temi della tri-stezza, della preoccupazione per il presente e, ancorpiù per il futuro, o anche riferimenti all’onere econo-mico della cura: tale problematicità, in non pochi casi,dà luogo ad una consistente assunzione di ansiolitici edi tranquillanti, nella ricerca di tamponare, o, almeno, dinon farsi travolgere dalla tristezza e dalla depressione:

“Mi sento depressa, poi mi prende quest’ansia… che farabbia a mio marito e ai miei figli… perché sono troppoansiosa” (donna che assiste la madre)“È una faticaccia, sto impazzendo, anche se so che fac-cio tutto il possibile…” (donna che assiste la madre)“Adesso prendo i calmanti che mi ha dato il mio medicomi ha detto: “Signora, prenda dei calmanti così si aiuta unpo’, e si rilassa…” (donna che assiste il marito)

La presa in carico diretta sembra così accettabile solose si riescono ad elaborare strategie specifiche con cuifronteggiare non solo la fatica, ma anche la perdita del-la relazione conseguente alla demenza e al disconosci-mento che spesso l’anziano ha del care-giver. In alcuneinterviste viene così posto l’accento su alcune pratichedi cura che cercano di recuperarne la soggettività:

“Mi piace vestirla e tenerla in ordine, portarla dal parruc-chiere, le faccio fare le mani…” (donna che assiste lamadre)“Le lavo la faccia, le metto la cremina, è una cosa che, se-condo me, la mamma la percepisce… perché quando ho

finito di lavarle la faccia si mette lì con la faccia così e stalì, e aspetta che io le spalmi la crema, ecco…” (donnache assiste la madre)

A partire da tali pratiche i caregiver sembrano cerca-re, in modo più o meno esplicito, di costruire una re-lazione o, almeno, la parvenza di una relazione conl’anziano, confermando come siano le pratiche e i ge-sti meno “funzionali” in senso stretto, ma che si confi-gurano come “qualcosa in più”, che fanno assumere, allavoro di cura, le caratteristiche di “dono” (Caillé eGodbout, 1992): ovvero, quelle caratteristiche in gra-do di modificare, per il caregiver, la rappresentazionesociale del suo agire, fornendogli un senso per la pro-pria identità (La Valle, 2001).

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ANNO V - N. 4 - 2007

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APPUNTAMENTI

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A fronte della crescente richie-sta, da parte delle personeanziane, di mantenere una

buona qualità di vita, anche in presen-za di invalidità o malattie (demenzacompresa), la tecnologia può fornirerisposte utili, ma solo a patto che ven-gano prese opportune misure. Oc-corre cioè che vengano tenute in con-to caratteristiche, necessità e desideridei destinatari della tecnologia. La tec-nologia può essere pro-capacitanteoppure in-capacitante, creare oppor-tunità, soluzioni, stimoli ed integrazio-ne, ma anche ingenerare difficoltà, fru-strazione, isolamento e stigmatizzazio-ne. Il rapporto ambivalente tra perso-ne anziane e computer – non a casomenzionato su di un recente bolletti-no (telematico) del Gruppo di Ricer-ca Geriatrica (luglio 2007) – ne è te-stimonianza. In Italia, solo il 15% degliultra65enni adopera un personalcomputer, e solo il 6% naviga in rete.L’articolo in questione menziona espli-citamente una possibile “disabilità in-dotta” da insufficiente alfabetizzazionedigitale. Ma tale “segregazione infor-matica” non costituisce un destinoinevitabile, come dimostra il successodelle iniziative formative.Viceversa, ne-gli Stati Uniti, dove da oltre 20 anni èattivo un programma apposito come“Seniornet”, la quota di anziani chefrequentano la rete è del 22%; valorisimili (20%) si registrano nel RegnoUnito. Tenendo conto che il numerodi persone che (negli USA) “navigano”in rete è del 51% nella decade 55-64anni, non è casuale che l’apprendi-mento a distanza si stia proponendocome un sistema promettente per la

formazione del personale “anziano” –in termini di attività lavorativa – in tut-to il mondo. Ma se una persona anzia-na su 5 soffre di qualche disabilità chepuò compromettere l’utilizzo di uncomputer, sono opportune le opzioniche già oggi consentono di personaliz-zare ed ottimizzare l’utilizzo degli stru-menti e della “rete”. Nuovamente, in-vece, i luoghi comuni valgono pocotra gli anziani: le indagini sul campo di-mostrano una vicinanza a volte un po’forzosa, ma pur sempre proficua, concomputer e rete telematica che rien-trano, ormai, nel lessico quotidiano. Sipuò scoprire così che molti anzianihanno sostituito il telefono e la postatradizionali con la posta elettronica,meno costosa e più rapida, per tener-si in contatto con persone magari nondirettamente contattabili per proble-mi di mobilità, o di destrezza nellascrittura, per effettuare acquisti o pre-notazioni, ecc. La consapevolezza checomputer e rete fanno ormai partedella vita moderna sembra ampia-mente acquisita; semmai, le personeintervistate preferiscono nettamente– rispetto al gergo pieno di neologismie metafore – una terminologia “fami-liare” che rispetti i loro valori e con-suetudini: per esempio, nel “cyberspa-zio” non si può concretamente uscirea passeggiare…La tecnologia può contribuire pure almiglioramento della qualità di vitaper le persone cognitivamente dete-riorate, non più solo mirando alla si-curezza oggettiva e soggettiva, o con-trollando i disturbi psichici e com-portamentali, ma anche offrendo op-portunità di svolgere attività significa-

tive e gradevoli, a partire dai singoliprofili biografici, tenendo conto dicome avviene, nel reale contestoquotidiano, l’interazione tra capacitàresidue del soggetto ed ambiente divita. La tecnologia può soccorrereanche chi è impegnato a prestare as-sistenza alle persone con demenza:per esempio, in caso di vagabondag-gio, un comportamento che coinvol-ge il 60% dei malati di Alzheimer, eche può contrapporre il diritto allariservatezza della persona cognitiva-mente deteriorata con le necessità dipoterla rintracciare. Ed anche in Pae-si dove la sensibilità verso l’autono-mia delle persone dementi è parti-colarmente attenta, la crescente per-vasività delle tecnologie della comu-nicazione – e della normativa relativa– ha modificato, secondo indagini sulcampo, la percezione delle priorità inquesto dilemma etico: la possibilità dirintracciare la persona errabondaviene paragonata a quella di chiun-que adopera un telefono cellulare.Gli argomenti qui accennati costitui-scono esempi di “Gerotecnologia”(parola coniata quasi 20 anni fa in Eu-ropa): gli studiosi che – provenientidalle discipline più diverse – si interes-sano a questo nuovo ambito di co-noscenze e prassi, si sono radunatein una società scientifica, nata nel1997, e dotata di un proprio giorna-le [www.gerontechjournal.net]. Pisaospiterà la 6ª Conferenza Internazio-nale della società, dal 4 al 7 giugno2008: per conoscere meglio il nostropresente, e gettare uno sguardo alnostro stesso futuro, visitate il sito:www.isg08.org.

ANNO V - N. 4 - 2007

I luoghidella cura

Uno sguardo al nostro futuroLa Conferenza di Gerotecnologia, Pisa 2008

Mauro Colombo

Istituto Geriatrico “Camillo Golgi” e Fondazione “Golgi Cenci”, Abbiategrasso (MI)

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