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Enrico Zuddas * L'UMBRIA DEI PORTI Il titolo di questo contributo potrebbe sembrare provocatorio, giacché notoriamen- te l'Umbria attuale non ha sbocchi sul mare, ma lo è solo in apparenza, quando si pensi che la regione è attraversata in tutta la sua lunghezza dal Tevere il quale, se oggi ha una certa rilevanza (è il terzo fiume d'Italia), in età antica ne aveva una ben maggiore: secondo quanto afferma Dionigi di Alicarnasso poteva essere risalito fino alla sorgente da imbarcazioni fluviali di buona dimensione < 1 ), e ciò sembra confermato anche dai dati di scavo della villa di Plinio il Giovane presso S. Giustino nell'alta Val Tiberina < 2 l ; ancora nel Medioevo era possibile raggiungere almeno Perugia < 3 ). Sappiamo però che il regime fluviale alternava periodi di magra a inondazioni frequenti C 4 ), al punto che a Roma furono creati i curatores alvei Tiberis et riparum per sorvegliarne in permanenza la portata < 5 ). Da Plinio il Vecchio CG), infatti, apprendiamo che il fiume, tenuis primo, non era navigabile se non ricorrendo alla creazione di chiuse C 7 ) e/o sbarramenti, che consen- tivano di rialzare il livello delle acque, e ciò avveniva ogni nove giorni, non a caso in coincidenza con le nundinae. Plinio il Giovane < 3 l testimonia che il Tevere, navium patiens, medios agros secat omnisqueuges devehit in urbem. Tra i numerosi prodotti di cui la Valle Umbra riforniva l'Urbe C 9 ) sono da ricordare in primo luogo il vino, come rivela l'alta percentuale a Roma di anre "tipo Spello", la cui rma con il fondo piatto era particolarmente adatta al trasporto * Questo lavoro è frutto di una ricerca condotta sotto la supervisione delle prof.sse Giovanna Asdrubali e Maria Carla Spadoni, alle quali rivolgo il mio più sentito ringraziamento. D10N. HAL., III, 44, 1. MOLINA V 1DAL 1999, pp. 104, 107-108; MOLINA V IDAL 2008, p. 233. TouBERT 1973, pp. 631-640; MOCCHEGIANI CARPANO 1984, pp. 61-63; LE GALL 2005 2 , pp. 22- 23; BERGAMINI 2007, pp. 89-92, con bibl. prec. Sulla navigabilità nei secoli cfr. anche LussANA GRAS- SELLI 1990. Cf r . PuN., epist. V, 6, 12: aestate summittitur immensiqu.efluminis nomen arenti alveo deserit, au.tum.no resumit. D10 CASS., LV II, 14; SuET., Aug. 37; TAC., ann. I, 76 e 79. Cfr. LE GALL 2005 2 , pp. 155-156. PuN., nat. III, 53, 9. Ne sono state finora individuate tre sicure, tutte a nord di Sansepolcro: OCCHINI 1910, p. 96; Qu1uc1 1986b, p. 134. A Ponte San Giovanni (PG) si sono rinvenuti i resti di chiuse, forse medievali, ma che potrebbero essere la continuazione di strutture più antiche: CENCIAIOLI 2008, p. 388. Altre sono note a Ponte Felcino, Pretola e Ponte Valleceppi: CENCIAIOLI 2006, p. 16. 8 PuN., epist. V, 6, 12. Si pensi ad es. agli animali da sacrificio, famosi per le notevoli dimensioni e per il par- ticolare candore, allevati presso il Clitunno e Mevania: V ERG., georg. II, 146; PROP., II, 19, 25-26; COLUM., III, 8, 3; LucAN., I, 473-476; STAT., silv. I, 4, 128-129; Iuv., 12, 13. Cfr. anche Liv., II, 34, 5: nel 494 a.C. durante la carestia il grano proveniente dall'Etruria fu trasportato a Roma attraverso il Tevere. 137

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Enrico Zuddas *

L'UMBRIA DEI PORTI

Il titolo di questo contributo potrebbe sembrare provocatorio, giacché notoriamen­te l'Umbria attuale non ha sbocchi sul mare, ma lo è solo in apparenza, quando si pensi che la regione è attraversata in tutta la sua lunghezza dal Tevere il quale, se oggi ha una certa rilevanza (è il terzo fiume d'Italia), in età antica ne aveva una ben maggiore: secondo quanto afferma Dionigi di Alicarnasso poteva essere risalito fino alla sorgente da imbarcazioni fluviali di buona dimensione < 1), e ciò sembra confermato anche daidati di scavo della villa di Plinio il Giovane presso S. Giustino nell'alta Val Tiberina <2l;ancora nel Medioevo era possibile raggiungere almeno Perugia <3). Sappiamo però cheil regime fluviale alternava periodi di magra a inondazioni frequenti C4), al punto che aRoma furono creati i curatores alvei Tiberis et riparum per sorvegliarne in permanenza la portata <5). Da Plinio il Vecchio CG), infatti, apprendiamo che il fiume, tenuis primo, nonera navigabile se non ricorrendo alla creazione di chiuse C7) e/o sbarramenti, che consen­tivano di rialzare il livello delle acque, e ciò avveniva ogni nove giorni, non a caso in coincidenza con le nundinae.

Plinio il Giovane <3l testimonia che il Tevere, navium patiens, medios agros secatomnisquefruges devehit in urbem. Tra i numerosi prodotti di cui la Valle Umbra riforniva l'Urbe C9) sono da ricordare in primo luogo il vino, come rivela l'alta percentuale a Roma dianfore "tipo Spello", la cui forma con il fondo piatto era particolarmente adatta al trasporto

* Questo lavoro è frutto di una ricerca condotta sotto la supervisione delle prof.sse GiovannaAsdrubali e Maria Carla Spadoni, alle quali rivolgo il mio più sentito ringraziamento.

D10N. HAL., III, 44, 1. MOLINA V 1DAL 1999, pp. 104, 107-108; MOLINA V IDAL 2008, p. 233. TouBERT 1973, pp. 631-640; MOCCHEGIANI CARPANO 1984, pp. 61-63; LE GALL 20052, pp. 22-

23; BERGAMINI 2007, pp. 89-92, con bibl. prec. Sulla navigabilità nei secoli cfr. anche LussANA GRAS­SELLI 1990.

Cfr. PuN ., epist. V, 6, 12: aestate summittitur immensiqu.efluminis nomen arenti alveo deserit, au.tum.n.o resumit.

D10 CASS., LVII, 14; SuET., Aug. 37; TAC., ann. I, 76 e 79. Cfr. LE GALL 20052, pp. 155-156.

PuN., nat. III, 53, 9. Ne sono state finora individuate tre sicure, tutte a nord di Sansepolcro: OCCHINI 1910, p. 96;

Qu1uc1 1986b, p. 134. A Ponte San Giovanni (PG) si sono rinvenuti i resti di chiuse, forse medievali, ma che potrebbero essere la continuazione di strutture più antiche: CENCIAIOLI 2008, p. 388. Altre sono note a Ponte Felcino, Pretola e Ponte Valleceppi: CENCIAIOLI 2006, p. 16.

8 PuN., epist. V, 6, 12.Si pensi ad es. agli animali da sacrificio, famosi per le notevoli dimensioni e per il par­

ticolare candore, allevati presso il Clitunno e Mevania: V ERG., georg. II, 146; PROP., II, 19, 25-26; COLUM., III, 8, 3; LucAN., I, 473-476; STAT., silv. I, 4, 128-129; Iuv., 12, 13. Cfr. anche Liv., II, 34, 5: nel 494 a.C. durante la carestia il grano proveniente dall'Etruria fu trasportato a Roma attraverso il Tevere.

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su barche fluviali cioJ, e l'olio (proveniente però dalla Sabina centrale), il cui commercio siriflette nel nome medievale del "P01to dell'olio" presso Otricoli C11 l. Importante era ancheil legname c12l, usato per le costruzioni e come combustibile: Livio ricorda che nel 205 a.C.i Perusini e i Clusini ne fornirono ex publicis silvis per le navi di Scipione ci3J. Sicuramentesi trattò in questo caso di un trasporto eccezionale, ma ciò dimostra l'esistenza di una orga­nizzazione del trasporto fluviale già normalmente operante sul territorio. Un pondus ligna­rium del peso di centocinquanta libbre, della fine del IV d.C., attesta l'attività di pesatura dei carichi di legname che passavano per Otricoli <14l. Quanto alla esportazione di laterizie ceramiche (notissime, ad esempio, le figline Ocriculanae e Narnienses), valga per tutti il caso del complesso produttivo di Scoppieto, dove furono operanti circa cinquanta diversi vasai per tutto il I secolo d.C. fino all'età traianea; la sigillata qui prodotta è presente sia in Italia (Todi, Perugia, Chiusi, e a scendere Otricoli, Roma, Ostia) sia nelle province (Cagliari, Cartagine, Alessandria, Atene, Olimpia, Smirne) < 15l_

Esisteva, ma era sicuramente inferiore, anche un flusso in senso inverso: Cicerone < 16l ricorda l'accusa rivolta a Milone di avere trasferito armi attraverso il Teverenella sua villa ad Otricoli. Gli stessi scavi di Scoppieto testimoniano come nel II secolo d.C. alla fase produttiva si sostituisca un'importazione di merci < 17l_

Limitato era invece il trasporto di passeggeri, che solo in casi eccezionali lascia­vano le vie terrestri; emblematico l'episodio del ritorno a Roma di Pisane, che nel 20 d.C., abbandonata la Flaminia, si imbarcò a Narnia per raggiungere Roma (Nare ac moxTiberi devectus) < 18l.

La documentazione letteraria ed archeologica può essere integrata da alcune epigrafi, a cominciare da un interessante frammento di base in travertino (fig. 1), databile per la paleografia al I secolo d.C., conservato a Todi, noto attraverso il solo catalogo del museo cittadino < 19l_ Dell'iscrizione onoraria mancano gli elementi onomastici dell'onorato e l'in­dicazione dei dedicanti, mentre sono leggibili le ultime tre righe con il seguente testo:

jlum[inu]m quae in Tibere (!) influnt (!)

patrono.

IO MANCONI 1989; PANELLA 1989, pp. 143-146; LAPADULA 1997, pp. 128, 147-150; vd. ancheTCHERNIA 1986, pp. 253-254. Recenti indagini archeologiche in una villa suburbana a Spello (via Bal­dini) hanno confermato per la seconda metà del I secolo d.C. l'esistenza di una consistente produzione vinicola, che utilizzava il Clitunno prima e poi il Tevere per giungere fino a Roma; la notizia è con­fermata da Iuv., 7, 117-11 9, 121. Spello era però solo uno dei centri produttivi: sappiamo da Plinio il Vecchio ( nat. XIV, 36-37, 39) come fossero particolarmente noti il vitigno Tudernis di Todi, l 'hirtiola di Bevagna ed un'uva, nigro acino, che si produceva a Modena, ma che aveva il nome di Perusinia.

Il CENCIAIOLI 2012, in part. pp. 26-29. 12 SrnAB., V, 2, 5; vd. anche D10s0No 2008, pp. 251-283. Il toponimo stesso di Ponte Valleceppi

sembra ricordare la fluitazione di legname sul fiume. 13 Liv., XXV III, 45, 16-18.

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14 «AE», 1994, 577; CENCIAIOLI 2012, p. 150, n. 51 (con bibl. prec.). 15 BERGAMINI 2008. 16 Cic., Mii. 64.17 Vd. BERGAMINI 2007, p. 89, con bibl. prec. 18 TAC., ann. III, 9. 19 GAGGIOTTI 2009, pp. 68-69, 11. 55.

Fig. 1. Todi, Museo Lapidario: base in tra­vertino , da Tuder.

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Si segnala la grafia influnt con le due vocali contratte in una sola; il verbo è detto spesso di fiumi che sboccano in altri fiumi o in mare <20J, sicché si può ricostruire con certezzajlum[inu]m. La forma in Tibere può interpretarsi come accusativo con perdita di -m finale (sempre debole nella pronuncia), senza però del tutto escludere lo scambio di in+ablativo al posto di in+accusativo di moto, fenomeno sintattico tipico della lingua volgare. Nella flessione di Tiberis le uscite -em (ace.) ed -e (abl.) sono quasi inusitate: il grammatico Pompeo cita l'esempio, fittizio, da condannare, in hoc Tibere <21 l; si consi­deri però martures Simplicius et Faustinus qui passi sunt influmen Tibere et positi sunt in cimiterium etc. in ILCV 2000.

Il riferimento aflumina che confluiscono nel Tevere sembra confermare l'origine umbra del frammento, di cui si ignora l'esatta provenienza, ma che secondo la tradizio­ne orale sarebbe stato trovato a Todi. Infatti, nella regione il Tevere riceve le acque di numerosi affluenti: tra i maggiori, sulla riva sinistra presso Pontenuovo, è il Chiascio, che nasce dallo spartiacque appenninico e comprende anche i suoi subaffluenti, Topino e Clitunno, seguito, piì:t a valle, presso Marsciano, dal Nestòre, e, poco sotto Orvieto, dal Paglia, l'affluente piì:t importante tra quelli di destra, che scende dal!' Amiata e che convoglia anche le acque del Chiani <22J. Nell'Umbria meridionale il Tevere raccoglie il piì:t significativo affluente di sinistra, il Nera, il quale, anche con l'apporto delle acque del Velino, del Salto e del Turano, aumenta a tal punto la portata del Tevere che esistono

2° Cfr. PuN., nat. III, 53; VARR., ling. V, 28 qua Anio infiuit in Tiberim; CAES., Gall. I, 8 , l lacuLemanno, qui infiumen Rhodanum influit; CAES., Gall. I, 12, l fiumen est Arar, quod per fines Haeduo­rum et Sequanorum in Rhodanum infiuit. Vd. in generale Thes. I. L. V II 1, 1469 , 61 ss.

2' GL V, p. 192, 24 ss.; cfr. anche NEUE, WAGENER 1902, pp. 324,327. 22 PuN., nat. I II , 53 parla di Tinia e Clanis, estendendo il nome Tinia a tutto il bacino Clitunno­

Chiascio (su cui S1sANI 2012, pp. 412-413) ed il nome Clanis al Paglia-Chiani. Nel 1782 il Chiani fu sbarrato artificialmente in seguito ad un accordo tra il governo pontificio e quello della Toscana; da quel momento le acque dei laghi di Chiusi e di Montepulciano furono convogliate nell'Arno. Il Chiani , nel suo corso superiore , non ha più avuto un letto proprio entro cui scorrere ed è oggi regolamentato tramite canali per tutta la valle che prende il nome di Val di Chiana.

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detti popolari come "Tevere non cresce se Nera non mesce" e "il Tevere non sarebbe Tevere se non ci fosse il Nera a dargli da bere".

È soprattutto nei punti di confluenza che dovevano sorgere i principali porti: per esempio a Pontenuovo di Torgiano, non lontano da Vettona, dove il Chiascio sbocca nel Tevere (23), e a Todi in località Pian di Porto, dove l'approdo fu distrutto da un 'alluvione nel 1150 <24l_ A sud-est di Orvieto, subito a monte della confluenza del fiume Paglia nel Tevere, sulle rive di entrambi i corsi d'acqua, sorgeva l'importante porto di Pagliano <25l;oggi le strutture messe in luce a fine Ottocento si trovano a un centinaio di metri dal fiume, perché la costruzione della diga di Corbara (1952-1962) ha ridotto il Tevere a ruscello fino all'incontro col Paglia deviandolo dall'alveo antico. Anche per altri corsi d'acqua umbri in età moderna sono state realizzate opere di regolamentazione, ricostrui­bili mediante i documenti d'archivio e la cartografia storica <26l: così il Topino, che inorigine scorreva sotto Mevania <27l, ha subito una deviazione nel Seicento in seguito alle bonifiche della pianura folignate. Senza tali derivazioni e canalizzazioni si comprende la navigabilità in antico di tali affluenti, attestata da Strabone per il Teneas e il Nar <2sJ,e da Plinio il Giovane per il Clitunno <29l.

Chiaramente alla facile navigabilità si accompagnava una non trascurabile attività economica; ecco dunque che l'ipotesi interpretativa più valida per l'epigrafe di Todi appare quella di una dedica in onore di un patrono da parte di una corporazione di battellieri che operava sugli affluenti del Tevere, anche se non altrimenti attestata per il tratto a nord di Roma; tuttavia l'esistenza di codicari(i) nabiculari(i) infernates <30l, in servizio fra Ostia e Roma in età costantiniana, potrebbe far presupporre anche un gruppo distinto operante da Roma in su.

Il genitivo che segue l'indicazione degli associati specifica solitamente il luogo dove si svolgevano le attività, sia il mare (ad es. navicularii maris Hadriatici), sia le acque interne, ad es. nautae lacus Lemanni <31l o [n]autae un[i]versi Dan[uvii] <32l.

23 MANCONI l 985-86, pp. I 65-171.24 BERGAMINI 200 l, pp. 167-168. I ricorrenti toponimi Barca, Barcaccia, Nave, Barchetto, Porto,

frequenti lungo tutto il corso del Tevere (a nord di Città di Castello, nei pressi di Torgiano, Deruta, Todi, Baschi, ecc.), sono di grande aiuto nell'individuare i punti di approdo, ma vanno letti con molta cautela, in quanto non sempre è facile stabilire la risalenza cronologica, e talvolta può essere indicato un semplice traghetto tra le due sponde. V d. F1urr1, STANCO 2005, p. 124. Su alcuni di questi approdi cfr. BERGAMINI 2008, pp. 303-304.

25 MORELLI 1957; BRuscHETTI 2008. La tecnica edilizia e i materiali rinvenuti indicano una data­zione del complesso attualmente visibile alla prima età imperiale e una frequentazione del sito dall'età tardo-repubblicana (la prima moneta è del 32 a.C.) fino agli inizi del V secolo.

26 BETTONI 1990; S1SANI 2012, pp. 409-412; per il territorio di Otricoli vd. LEU 2012. 27 Sull' emporium fluviale di Mevania cfr. ora CAMERIERI, MANCONI 2010, pp. 25-29.28 STRAB., V, 2, IO e V, 3, 7. Per il Tinia e il Clanis si doveva ricorrere al sistema di chiuse di cui

si è detto sopra (PuN., nat. III, 53, 9). A Narni il porto doveva certamente trovarsi al di là delle Gole del Nera; alcune strutture sono state individuate in località Stifone, ma non sono pertinenti a un cantiere navale come sostenuto da ARMADORI 2012.

29 PuN., epist. V III, 8, 3. 3° CIL, XIV 131 = ILS 687. Cfr. anche C/L, XIV 185: codicari nav(iculari) ù�fra pontem

S(ublicium). Si può ricordare una dedica ostiense posta ad Adriano tra il 126 ed il 138 d.C. in cui compaio­no navicula rii et negotiantes quibus coire et alveo Tiberis navigare concessum est ( «AE», 1955, 184).

31 «AE», [926, 2: ma cfr. anche «AE», 1939, 102 nautae lacu Lemanno qui Leusonnae con­sistunt.

32 CIL, III 7485 (dedica a Giulia Domna dalla Mesia inferiore); vd. DE SALVO 1992, pp. 611-645.

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La lacunosità del testo e la grande varietà dei nomi di queste associazioni (attestate per es. nell'area padana: navicularii, nautae, negotiatores etc.) impediscono di ricostruire l'esatto nome dei dedicanti, che doveva occupare la riga precedente (al nominativo).

Non diversamente che per i collegia di navicularii marini <33>, esiste un buon nume­ro di attestazioni di patroni <34> anche per quelli delle acque interne: si veda ad esempio, per l'Italia, il collegium nautarum Comensium <35> e forse anche Ticinensium <36>, e, per il Rodano e i suoi affluenti, i nautae Rhodanici, Ararici e Druentici <31>; escludendo le testimonianze ostiensi <33>, il nostro sarebbe il primo per l'area tiberina.

Una delle testimonianze più rilevanti della presenza di navi e traffici nei fiumi umbri è costituita dalla stele (fig. 2) di uno schiavo Priamus che ha la qualifica di magister navium <39>:

Priamus Mar(cii) serv( u)s magiste( r) navium.

Nonostante si ignorino le circostanze esatte del rinvenimento, non deve stupire la provenienza da Collemancio, dove è sempre stata conservata, giacché l'antica Urvinum Hortense sorgeva in una posizione particolarmente strategica su un'altura in grado di dominare tutta la vallata sottostan­te da Perusia a Spoletium, e così anche la confluenza del Topino e del suo subaffluen­te Ose nel Chiascio.

Contrariamente a quanto afferma Jean Rougé <40>, secondo cui i1 nesso magister navium indicherebbe esclusivamente l' ad­detto al carico di una nave, il sintagma non ha un significato univoco e a seconda dei contesti può non essere facile distinguere le mansioni di capitano, di timoniere o di

Fig. 2. Cannara, Museo Comunale: stele di Priamu.s, da Urvin.u.m Hortense.

33 Patroni di navicularii a Pesaro: C/L, XI 6362, 6369, 6378. Patroni dei navicularii marini Arelatenses: C!L, XII 672 = !LS 1432; C/L, XII 692.

34 Sui patroni dei corpora naviculariorum vd. DE SALVO 1992, pp. 265-271. 35 C/L,V5295,5911=/LS7527. 36 «AE», 1977, 327 = 1992, 792; BoFFO 1977. 37 CIL, XII 982 = ILS 6986 = «AE», 1998, 876 (patrono nautarum Druenticorum et u.triculario­

rum corporis Ernaginen.sum). Cfr. anche C/L, XII 731. 38 Cfr. ad es. il caso dell'ostiense Sentius Felix, patronus scaphariorum et lenu.nculariorum

traiectus Luculli (CIL, XIV 409 = ILS 6146). 39 C/L, XI 5183 = Suppi. /t. 27, 2013, pp. 136-138. 40 RoUGÉ 1966, pp. 234-238; cfr. anche BOTTIGELLI 1942, pp. 75-76.

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responsabile dei trasporti effettuati mediante imbarcazioni c41 l. A volte (in particolare intesti poetici) l'espressione equivale a gubernator: a titolo di esempio, nell'Eneide Palinuro è definito magister c42l. In relazione alla navigazione per mare e in ambiti più strettamentemilitari i due incarichi sono nettamente differenziati: tra i rappresentanti convocati da Scipione in occasione della partenza per l'Africa figurano infatti per ogni nave, oltre a due soldati, sia i gubernatores, cui si danno istruzioni sulla rotta da seguire, sia i magistri navium c43l; il fatto che per il trionfo di Gneo Ottavio su Perseo i magistri ricevano uncompenso doppio rispetto ai gubernatores conferma la rilevanza della figura, da identi­ficarsi così con il comandante C44l. Tuttavia nelle fonti giurisprudenziali <45l si ricordanoplures magistri per una stessa nave (che ovviamente non può avere più di un capitano), i quali andranno allora identificati come agenti commerciali; Ulpiano <46l riferisce magister all'intendente del proprietario di una nave, cui totius navis cura mandata est. Anche nel nostro caso, tenendo conto della condizione servile di Priamus, dobbiamo pensare che si tratti di uno schiavo impegnato per conto del proprio padrone in attività di trasporto di merci e/o passeggeri, a meno che non si voglia vedere in lui uno schiavo imprenditore che impegnava il suo peculium nel trasporto e nel commercio, ovviamente su scala ridotta.

La relazione tra il magister e il carico è confermata dall'iscrizione su un' anforetta di Pompei <47l, nella quale, nonostante le difficoltà di scioglimento delle parti iniziale e finale del testo, si capisce che il trasporto di campioni commerciali dall'Africa alla Campania sulla nave Victoria di C. Umbricius Ampriocus è curato dal magister M. Lartidius Vitalis, originario di Clupea in Tunisia (soggetto del transvexit iniziale); il nome di P. Pompilius Saturus, al genitivo, potrebbe riferirsi all'armatore (segue infatti l'indicazione dell'insegna).

Nondimeno, se si considera la stazza limitata delle imbarcazioni che potevano solca­re il Tevere e i suoi affluenti e quindi anche il numero ridotto di personale a bordo, non è da escludere che il magister sommasse in sé diverse funzioni e che quindi allo stesso tempo fosse il supervisore del carico e il responsabile della rotta. Ne è una prova un affresco del III secolo d.C. da una necropoli sulla via Laurentina, ora ai Musei Vaticani <48l: nella navecaudicaria lsis Giminiana il magister Farnaces è rappresentato su un cassero a poppa con in mano la barra del timone, mentre sorveglia le operazioni di stoccaggio a bordo di sacchi di grano dagli horrea del porto: dunque una sorta di comandante-pilota e sovrintendente.

L'assommarsi dei due incarichi di magister e gubernator in uno stesso personag­gio è ora confermata da un nuovo graffito parietale proveniente dalla Casa di Lucceia Primitiva nell'Insula delle Ierodule ad Ostia <49l.

La cronologia alta del nostro testo ha di recente indotto a postulare una penetra­zione capillare del latino in Umbria, già a quest'epoca, anche negli strati più umili, che

41 Thes. l. L. VIII, 80, 82 ss. 42 VERG., Aen. V, 867 amisso magistro; VI, 353-354 excussa magistro ... navis; ma cfr. anche

VEG., mii. IV, 43 clavum regentis magistri. 43 L1v.,X X I X,25,7-12. 44 Liv.,XLV,42,2-3. 45 DIG.,XIV,1,1,13. 46 D10., XIV, I, l, I. 47 «AE», 195 I, 165 (= CJL, I V 9591), rr. 3-7: Ante(missa?) exemplar(ia?) I tra(ns)v( exit) XVCC,

I in n(ave) C(ai) Umbr(ici) Amprioci vecta lovis et I luno(nis) parasemi Victoria P(ubli) Pompili I Sa­turi, mag(ister) M(arcus) Lartidius Vitalis domo Clupeis.

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48 CIL, XIV 2028; MEIGGS 19732 , pp. 294-295, fig. 25; MoccHEGIANI CARPANO 1984, pp. 44-47.49 MOLLE 2013, pp. 217-220, 11. 64.

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sarebbe spiegabile con massicce deduzioni viritane e, addirittura, con la concessione della civitas Romana al distretto urvinate prima della guerra sociale <50>. In realtà unaattestazione precoce del latino nella Valle Umbra può essere ricondotta al fatto che essa era attraversata dalle vie Flaminia e Amerina ed era in contiguità con l 'ager Romanus; del resto anche nell'etrusca Perusia esistono epigrafi sepolcrali in latino nel II secolo a.C. <51 >. Inoltre, chiunque esercitasse attività imprenditoriali e commerciali, anche perconto terzi, doveva necessariamente conoscere "l'inglese" del tempo.

Come accennato sopra, le "navi" di cui sarà stato responsabile Priamus sono da identificare con le imbarcazioni fluviali di ridotte dimensioni, capaci di affrontare le acque basse e di portata discontinua dell'alto corso del Tevere. Stando a Plinio il Vecchio neppure con il sistema di chiuse il Tevere poteva essere reso navigabile per lunghi tratti, praeterquam trabibus verius quam ratibus <52>; ancora nel secolo XIX

larghe zattere, dette "chiodare", aperte su due lati per consentire l'accesso ai carri con il carico, erano largamente utilizzate per i trasporti da Perugia e Orte verso Roma <53>_ Tuttavia, data la complessità dei traffici, dobbiamo presupporre l'utilizzo anche di altri tipi di imbarcazioni: prime fra tutte le lintres, che nelle fonti risultano impiegate esclu­sivamente per la navigazione fluviale e lacustre <54>, ma anche le caudicariae, destinateal trasporto di derrate alimentari e tipiche della navigazione sul Tevere <55>. La risalitaavveniva principalmente mediante un sistema di alaggio, con traino operato da buoi o da schiavi, mentre la discesa doveva sfruttare la forza della corrente <56l.

La difficoltà di far corrispondere i termini nautici delle fonti con le tipologie dei documenti figurati rende insicura l'identificazione dell'imbarcazione riprodotta sulle due facce laterali (fig. 3a) di un altare a Nettuno <57>, venerato come dio delle acque interne: potrebbe trattarsi di una scapha, nave a remi piccola e a forma di falce, che normalmente aveva funzione di rimorchiatore nelle manovre portuali ma anche talvolta di scialuppa di salvataggio in mare e di traghetto da una sponda all'altra <5sl_ L'iscrizioneopistografa <59l risale al I secolo d.C.; è qui inclusa sia perché il luogo di rinvenimento"ad lacum Velini", non lontano dalla cascata delle Marmore <60l, sebbene in antico perti­nente al territorio di Re ate, appartiene oggi alla regione Umbria, sia perché attualmente essa è conservata nel Museo Comunale di Terni:

50 S1sAN12007,pp. 178,403,n.104. 51 CIL, XI 7096, 7101; BENEDErn, SPADONI 2011, pp. 407-426. 52 PuN., nat. III, 53-55. Sulle rates vd. FEST., p. 339 L, s.v. Cfr. anche LEWIN 1983; D10SONO

2008, pp. 266-267. 53 MINCIARELLI 1995,pp.116-117, 123-124. 54 Sono dette navesfluminales nella definizione di NoN., p. 858 L. Da VAL. MAX., Il, 4, 5 siamo

informati di un viaggio dalla Sabina a Roma con una linter, che portava circa 5 persone. Cfr. DE SALVO1992, pp. 168-171; LE GALL 20052, pp. 262-267.

55 VARRO, vita pop. Rom., frg. ap. NoN. p. 858 L; SEN., brev. 13, 4. LE GALL 20052, pp. 275-283.56 MOCCHEGIANI CARPANO 1984, pp. 47-52. 57 CIL, XI 4175 = Suppi. It. 18, 2000, pp. 84-85; ARNALDI 1997, pp. 140-143, n. 20; S1SANI 2008,

p. 152, 11. 156.58 Gli scapharii non sono attestati lungo il corso del Tevere a monte di Roma; la documentazio­

ne è soprattutto ostiense. DE SALVO 1992, pp. 166-168. 59 Tra le due epigrafi si registrano alcune varianti: sulla fronte si ha lib( ertus), il termine Ocrisi­

vae presenta le I Longae ed in nesso VAE; nella faccia posteriore la seconda I di Nigri è montante, e si leggono L(ibertus) ed Ocrisiva( e).

60 BuONOCORE 2001, pp. 121-122.

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Fig. 3. Terni, Museo Comunale: ara a Neptunus; faccia laterale (a) e fronte (b), da Le Marmore.

Neptuno sacrum L(ucius) Valerius Nigri l(ibertus) Menander, porti tor Ocrisivae.

Sulla fronte (fig. 3b) è rappresentato al centro tra due delfini Nettuno, coperto da un mantello che scende sul braccio sinistro, con un tridente nella mano destra e un pesce nella sinistra. Nella faccia posteriore una figura con il capo velato sacrifica davanti ad un altare; potrebbe essere lo stesso personaggio al timone rappresentato sulle facce laterali ed essere identificato con il dedicante, Menander. Si tratta chiara­mente di un traghettatore, un portitor, che collegava due approdi o sul fiume Velino o su uno dei tanti specchi lacustri di cui era ricca la valle <61l. Dal momento che la voceumbra C62l okri- significa "altura", nel genitivo Ocrisivae è da riconoscere un toponi­mo, la cui denominazione comprendeva sia l'area montuosa che quella sottostante pianeggiante e acquitrinosa.

Sempre in relazione alle pratiche cultuali, tre iscrizioni umbre a Tiberinus si aggiungono al modesto numero di dediche poste a questo dio <63), a dispetto del suoruolo nella leggenda della fondazione di Roma <64): un'ara (o base) in travertino data­bile probabilmente al I secolo d.C. (fig. 4) e trovata nel 1607 presso le sponde del

61 Sulla "questione delle Marmore" vd. Su.ppl. lt. 18, 2000, pp. 45-46. 62 ANCILLOTTI, CERRI 1996, p. 386.63 CJL, VI 773 = JLS 626, di età dioclezianea, dove il dio è definito pater omnium aquarum, e la

nota iscrizione di P. Lucilius Gamala (CJL, XIV 376) che restaurò, tra l'altro, la cella del pater Tiberi­nus.

64 Virgilio sposta infatti alla sua foce l'approdo dei Troiani; il deus ipse loci Tiberinus apparein sogno ad Enea e lo rassicura (Aen. VIII, 86-89); la sua acqua è usata cultualmente sia da Turno che

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fiume non lontano da Baschi <55); dalla tra­dizione erudita, ma con testo tramandato in maniera inesatta <55), è menzionata inoltreuna dedica al Tevere e alle Ninfe rinve­nuta sulla riva sinistra a Pieve S. Stefano. Infine, un'epigrafe da Orte testimonia l 'of­ferta di un altare a Tiberinus da parte di un evocatus Augusti <57), il quale si vantadi avere preso l'iniziati va primus omnium in seguito ad un voto formulato durante il servizio (fig. 5):

Sex. Atusius Sex.f. Fabia Roma Priscus, evoc( atus) Aug( usti), primus omni= um aram Tiberin( o) posuit quam cali= gatus voverat.

Il monumento, oggi murato a Villa Albani a Roma, fu ritrovato haud nimis longe ab alveo Tiberis. Ad Horta infatti la

L'UMBRIA DEI PORTI

Fig. 4. Baschi, Museo Comunale: ara a Tibe­rinus, da Baschi.

confluenza con il Nera rendeva il Tevere navigabile tutto l'anno, cosicché la città dispo­neva di diversi porti <53): quello di Castiglioni-Seripola, alla confluenza del Rio Grande,riscoperto negli anni Sessanta durante i lavori di costruzione dell'Autostrada del Sole, è l'unico ad essere stato oggetto di scavi sistematici <59). Da questa località provieneuna dedica alla Bona Dea Isiaca <70) da parte di una spira, un sodalizio misterico, che,quindi, in sé non sembra avere attinenza con la navigazione (fig. 6). Qualche legame ètuttavia ipotizzabile tenendo conto della provenienza dell'ara e della singolare forma di sincretismo religioso che assimila la dea ad Iside <71), venerata anche come protettricedel traffico navale <72).

da Enea (VIII, 69-70; IX, 22-23); gli sono tributati onori (VIII, 61-62; X, 423). Diversamente, LE GALL 1953, p. 2, definisce Tiberinus come una divinità "insignificante e senza personalità", adorata per la forza delle sue acque (LE GALL 1953, p. 66).

65 C/L, XI 4644 = ILS 3902 = GAGGIOTTI 2008, p. 417, n. 771: Tiberino sacr(um). Il cattivo stato di conservazione è dovuto a reimpiego come supporto di una croce a Baschi; fu anche effettuata una rasura per obliterare il testo, ma, non essendo questa riuscita bene, si decise di coprirlo con una tavola lignea praticando altri cinque fori lungo i margini.

66 REPETTI 1833, p. 253; AEBISCHER 1932, p. 125. 67 CIL, XI 3057 = ILS 2152. 68 NARDI 1980, pp. 306-307; QuILICI 1986a, pp. 207-209. 69 NARDI !980,pp.117-118. 70 «AE», 1992, 537 = Suppi. It. 18, 2000, pp. 254-255, con bibl. prec.; BRICAULT 2005, p. 579,

n. 503/0901, conservata al Museo di Orte.71 Vd. MALAISE 1972, pp. 189-191. 72 Secondo i Fasti Furii Filocali (I. I., XIII, 2, pp. 243, 419-420) e i Menologia (/./.,XIII, 2, pp.

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Fig. 5. Roma, Villa Albani: epigrafe di Sex. Atusius Priscus, da Orte.

Fig. 6. Orte, Museo Comunale: ara alla Bona Dea lsiaca, da Seripola.

Recentemente si è tentato <73l di collegare alle attività emporiche di TifernumTiberinum una lastra posta a Venere Vincitrice (fig. 7), rinvenuta nella probabile area portuale della città <74l:

Veneri Victrici L(ucius) Arronius Amandus, Vlvir Aug( ustalis), solo privato s(ua) p( ecunia) j( ecit).

Tale relazione è stata suggerita da una dedica alla stessa divinità trovata nel porto di Pagliano 05l, considerando che tale culto è attestato in Italia, fuori di Roma, solo in questi due siti, di cui Pagliano è senz'altro un porto. Tuttavia, se è vero che Venere Euplea = Euploia è nata dal mare ed è protettrice dei naviganti, in quanto Victrix sembra essere connessa solo con le vittorie. A Roma, infatti, il culto fu introdotto da Pompeo nel 55 a.C., nel tempio che sovrastava la cavea del teatro votato nel 61, in

287,293, 419-420) il 5 marzo veniva celebrato il navigium lsidis per solennizzare la ripresa primaverile della navigazione con il varo di una nave dedicata alla dea. FLORIANI SQUARCIAPINO 1962, pp. 30-33.

73 SISANI 2006, p. 70; MIGLIORATI 2008, pp. 379 e 383-385.74 CIL, XI 5928 = !LS 5399. 75 C/L, XI 7275 = MORELLI 1957, pp. 29-32 (con foto): Veneri Victrici sac(rum) I Cn(aeus)

lunius Priscus [((centuria))] I [c]oh( ortis) V I vig(ilum) ex v( oto) [p( osuit?)]. Alla r. 2 l'integrazione pro­posta è preferibile per motivi di spazio a mil(es); alla r. 3 ex v(oto) è più comune rispetto a ex v(isu).

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Fig. 7. Città di Castello, Palazzo Comunale: dedica a Venus Victrix, da Tifernum Tiberinum.

occasione del triplice trionfo orientale; ancora nelle monete è rappresentata con la mela d'oro, in riferimento al giudizio di Paride. Nelle due iscrizioni umbre manca poi un qualunque collegamento esplicito ad attività portuali, essendo i dedicanti l'uno un seviro augustale di Tifernum Tiberinum, l'altro un centurione dei vigiles di Roma. Inoltre l'iscrizione di Città di Castello risulta essere stata dedicata a proprie spese e loco privato, cosa che potrebbe al massimo riferirsi ad un edificio nei pressi del porto, ma non al porto stesso, che apparteneva ai loca publica. Le due dediche sembrano dunque da considerarsi espressione di devozione privata indipendenti dalla destinazio­ne dei siti dove sono state trovate. Questo tuttavia non inficia l'ipotesi di una localiz­zazione di strutture portuali nell'area a sud delle mura medievali di Città di Castello, presso l'ansa del Tevere, essendo questo il punto più idoneo per lo scalo fluviale urbano della città romana. Qui infatti sono stati ritrovati nel 1911 quattro ambienti di un edificio con tracce di murature in opera reticolata e pavimenti a mosaico.

È stato messo in relazione a strutture portuali anche il culto ad Arna di Fortuna 06l,

il cui tempio a Roma sorgeva all'estremità nord del Foro Boario, in stretta relazione con il Portus Tiberinus, mentre al I e al VI miglio della via Portuense, in Tiberis ripa, erano situati i templi di Fors Fortuna trans Tiberim attribuiti a Servio Tullio <77J_ Tuttavia, se per il santuario di Arna, noto principalmente da cinque iscrizioni <73J dedicate ex voto a Fortuna, è altamente probabile una funzione emporica e di controllo sulla sottostan­te valle del Tevere <79), ciò non comporta, soprattutto in assenza di dati archeologici, l'esistenza di un ulteriore approdo, oltre a quelli già supposti di Ponte Felcino, Ponte Valleceppi csoJ e Pontenuovo.

76 DIOSONO 2010, p. 97.77 Alla festa, la Tiberina descensio del 24 giugno, descritta in Ov.,fast. VI, 773-786, il popolo

romano si recava sia a piedi che su imbarcazioni ornate di fiori; cfr. anche Cic.,fin. V, 10 e 70.78 CIL, XI 5607-5611 = Suppl. lt. 27, 2103, pp. 221-224 (I secolo d.C.).79 DONNINI, Rosi B0Nc1 2008, pp. 13-14, con bibl. prec. Sui santuari di confine vd. ZIFFERERO

1995, pp. 333-337; AIGNER FORESTI 2001, pp. 79-89. 8° CENCIAIOLI 2008, p. 388. Avanzi di ponti in nucleo cementizio e rivestiti di blocchi squadrati

sono a Ponte Valleceppi, Ponte Felcino e Ponte San Giovanni (di cui restano due piloni).

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ENRICO ZUDDAS

Per l'Umbria il Tevere era dunque molto di più che un semplice confine naturale tra le Regiones VI e VII, in quanto accorciava le distanze geografiche, commerciali e culturali con l'Urbe.

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Riassunto

Per l'Umbria il Tevere era molto più che un semplice confine naturale con la regio VII, ma era una grande arteria in grado di collegare ogni parte della regione con Roma, in alternativa alle vie con­solari. Le fonti epigrafiche, benché in numero ridotto, confermano che il Tevere e i suoi affluenti erano solcati da imbarcazioni destinate a attività commerciali, organizzate secondo un sistema associativo finora sconosciuto per il tratto a nord di Roma. La relazione tra il fiume e alcuni culti è provata per Nettuno e Tiberino, mentre resta incerta nel caso della Bona Dea lsiaca e poco probabile per Venus Victrix e Fortuna.

Parole chiave: Umbria; Tevere; porti fluviali; collegi; magister navium; Tiberinus.

Abstract

For Umbria the Tiber was much more than a natural border with the regio VII, but was a major artery that can connect every part of the region with Rome, as an alternative to the consular roads. The epigraphic sources, although few in number, confirm that the Tiber and its tributaries were plowed by vessels for commerciai activities, organized within an associative system not otherwise known for the area north of Rome. The connection between the river and some cults is proved for Neptune and Tiberinus, while it remains uncertain in the case of the Bona Dea lsiaca, and appears unlikely for Venus Victrix and Fortuna.

Keywords: Umbria; Tiber; river ports; professional associations; magister navium; Tiberinus.

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